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Edifici laintelligenti: situazione
Nel 2021 ripartiti gli investimenti (+25%) grazie al Superbonus, che ha dato una spinta all’efficienza energetica e al mercato, ma ha anche generato dinamiche ingestibili, tra cui l’aumento smisurato dei prezzi
a cura di Roberto Corti
DDopo un 2020 in deciso calo, sono ripartiti gli investimenti del comparto edilizio per migliorare l’efficienza degli edifici, in primo luogo energetica, e garantire l’elettrificazione dei consumi: circa 9,5 miliardi di euro il giro d’affari nel 2021 (+25% rispetto al 2020, che era stato, al contrario, in diminuzione dell’11%), cui vanno aggiunti i 38,560 miliardi tra superfici opache (i cosiddetti “cappotti”) e vetrate, spinti dal Superbonus e dall’aumento vertiginoso dei prezzi dell’energia dovuto all’instabilità geopolitica. Sono alcuni dei dati messi in evidenza dallo Smart Building Report 2022, redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e presentato lo scorso 10 novembre. “Alcuni incentivi, in particolare il Superbonus, hanno avuto il merito di riportare l’attenzione sull’efficienza energetica degli edifici e di dare una forte spinta al mercato – ha commentato Federico Frattini, Responsabile dell’Osservatorio e Vicedirettore dell’Energy&Strategy – ma hanno anche generato dinamiche ingestibili, a partire dall’aumento smisurato dei prezzi. Crediamo che gli incentivi siano determinanti per centrare gli obiettivi europei di decarbonizzazione (che non possono fare a meno dell’efficientamento del comparto edilizio, responsabile in Europa di circa il 40% dei consumi energetici), ma l’analisi che abbiamo condotto indica che dovrebbero essere strutturali, avere procedure più snelle e rendere il cittadino co-partecipe dei costi almeno per il 10-15%”. Questo, infatti, è quanto emerge da una survey condotta tra gli operatori del settore, con cui sempre l’Osservatorio si confronta per la stesura del Report. “Di pari passo con gli incentivi, da estendere anche alla parte tecnologica e digitale degli edifici, cioè quella più propriamente smart, andrebbero introdotti come nel resto d’Europa obblighi stringenti per migliorare progressivamente il patrimonio edilizio, particolarmente datato – continua Frattini. Le performance degli edifici dovrebbero essere tutte misurate, dando un senso alle tante certificazioni che al momento risultano frammentate e non cogenti”.
Parco edilizio vecchio
Il parco edilizio italiano, per il 92% costituito da edifici residenziali, è in gran parte vecchio e trarrebbe grande giovamento dalle ristrutturazioni: il 62,3% del patrimonio abitativo e il 37,8% di quello destinato ad altri usi, infatti, ricade in classi energetiche molto basse, F o G, nonostante negli ultimi tre anni gli immobili in Italia abbiano consumato complessivamente meno della media europea, con un calo del 6,8% tra il 2017 e il 2020. Al momento, il tasso annuo di ristrutturazione profonda in Italia è dello 0,85% e permette di tagliare i consumi tra i 4 e i 5,5 TWh l’anno (e le emissioni tra 0,8 e 1,1 Mtonnellate di anidride carbonica). Sommando questi risultati con quelli ottenibili dalle nuove costruzioni maggiormente efficienti, in corso di realizzazione o in progetto, al 2030 gli edifici in classe energetica A o superiore arriverebbero al 12,8%, contro l’attuale 5,1%, con una riduzione dei consumi compresa tra il 6% e l’8% kWh/metro quadrato, cioè dagli attuali 611 TWh a un range che va da 628 a 640 TWh. Tuttavia, non sarebbe ancora sufficiente: per centrare gli obiettivi europei di riduzione del 55% delle emissioni a fine decennio, il tasso di ristrutturazione profonda dovrebbe aumentare del 50%. L’edilizia è responsabile di una quota molto