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IMPIANTI DI CLIMATIZZAZIONE E COVID-19: RIPARTIAMO DALLA IAQ

SPECIALE Climatizzazione

Impianti di climatizzazione e Covid-19: ripartiamo dalla IAQ

La pandemia ha dimostrato l’importanza degli impianti per ridurre il rischio di contagio, a patto però che siano progettati e gestiti correttamente

PATRIZIA RICCI

All’inizio della pandemia da Covid-19 si è parlato molto, e non sempre a ragione, del ruolo che gli impianti di climatizzazione e ventilazione possono avere nel combattere o, viceversa, nel diffondere il virus, spesso fornendo informazioni non corrette e arrivando a proporre soluzioni estreme come lo spegnimento degli impianti. Dal punto di vista tecnico, è stato appurato che ventilazione, ricambio dell’aria e filtrazione contribuiscono a ridurre la concentrazione di SARS-CoV-2 nell’aria e quindi il rischio di trasmissione (purché tali impianti siano ben gestiti). Al contrario, gli spazi non climatizzati possono causare stress termico e, soprattutto nei soggetti più deboli, ridurre la resistenza alle infezioni. In generale, quindi, secondo gli esperti lo spegnimento dei sistemi di climatizzazione e ventilazione non è una misura raccomandata per ridurre la trasmissione del virus. Una cosa è però certa: questa emergenza pone tutti gli addetti del settore delle costruzioni di fronte alla responsabilità di realizzare impianti HVAC che siano in grado di garantire un’elevata qualità dell’aria indoor (IAQ) e quindi un effetto positivo sulla salute. Coniugare i due imperativi di una migliore qualità dell’aria e di una sempre più elevata efficienza energetica rappresenterà la più grande sfida del futuro dell’impiantistica, anche se, vale la pena ricordarlo, non esiste “la” soluzione unica, ma tante soluzioni diverse, declinate secondo gli schemi più adatti per ciascuna differente tipologia di utenza.

LE PROBLEMATICHE DEGLI IMPIANTI

La ventilazione, naturale o forzata, è vista dalla gran parte delle persone come necessaria per il ricambio dell’aria fisiologica, per respirare aria fresca. In realtà sfugge ai più il concetto di qualità dell’aria – Indoor Air Quality (IAQ) – associato anche alla purezza dell’aria all’interno degli edifici, che deve essere priva o quasi di contaminanti di varia natura, che possono provocare malessere o danno alla salute, tra i quali sono compresi anche microrganismi quali insetti, batteri e virus. Una delle strategie per l’ottenimento di una buona IAQ è l’induzione di aria esterna (ventilazione) al fine di diluire gli inquinanti: la concentrazione dell’inquinante nell’ambiente è infatti tanto minore quanto maggiore è la portata d’aria esterna. Dato che la ventilazione naturale risulta non costante e poco affidabile, perché legata agli andamenti statistici delle variabili ambientali esterne (clima), è meglio

ventilare utilizzando un impianto di ventilazione o un impianto di climatizzazione dotato di ventilazione, aumentando le por-

tate di aria esterna, cioè la quantità di aria che l’impianto preleva dall’esterno e immette nell’ambiente chiuso. Di norma, infatti, l’aria condizionata immessa negli ambienti è costituita da una miscela di aria esterna e di aria “ricircolata”, cioè ripresa dall’ambiente interno, fatta passare attraverso un filtro, e reimmessa nella macchina che tratta l’aria (UTA, unità trattamento aria), dove viene miscelata con l’aria esterna, raffreddandola (in estate) o riscaldandola (in inverno). In questo modo si riduce la necessità di potenza termica che l’impianto deve fornire per portarla alle condizioni desiderate. È ormai dimostrato che la ventilazione meccanica contribuisce alla riduzione del rischio di contagio (per grandi distanze) nei locali chiusi e quindi occorre fare in modo che ci sia una maggior ventilazione con aria esterna incrementando, ove possibile, il numero di ricambi orari, e chiudendo (nei casi in cui è richiesto) il ricircolo dell’aria, attuando inoltre un programma di manutenzione adeguato. Si fa comunque presente che le prestazioni di un sistema di ventilazione (naturale o forzata) non possono essere espresse soltanto attraverso la portata o il tasso di ricambio dell’aria. Infatti, a parità di tali valori, variando ubicazione e dimensioni della rete di distribuzione e immissione dell’aria, è possibile ottenere modalità diverse di rimozione degli inquinanti. La norma UNI 10339:1995 prevede un approccio prescrittivo per la progettazione degli impianti: il numero di ricambi orari varia da 0.5 Vol/h per usi residenziali, a 1-2 Vol/h per usi civili (solitamente si calcola ipotizzando 10 L/s per persona). Per il controllo della qua-

lità dell’aria, la norma prevede un’adeguata ventilazione degli ambienti in modo da diluire l’inquinante al di sotto dei valori di soglia indicati o facendo sì che le condizioni non risultino indesiderabili per non più del 20% delle persone (standard

ASHRAE 62-89R). La norma è da tempo in fase di revisione. Per i nuovi edifici, le indicazioni ministeriali costituiscono nuovi riferimenti normativi per la progettazione degli impianti di climatizzazione.

L’EFFICACIA DELLA VENTILAZIONE

Nel caso in cui l’inquinante sia un virus, come il SARS-CoV-2, presente nell’aerosol, la sua concentrazione (numero di particelle per unità di volume) è espressa in termini di carica virale (numero di virus per unità di volume o quanta di produzione virale). La prima

cosa da stabilire è il numero delle cariche virali elementari presenti in ambiente via aerosol, perché il rischio di contrarre il virus è direttamente proporzionale a tale valore. Una carica virale elementare è definita come il nucleo di una gocciolina trasportata dall’aria in grado di causare l’infezione delle persone suscettibili al virus con una probabilità del 63%; in linguaggio tecnico-scientifico è detta appunto “quantum”. Essendo la relazione che esprime la concentrazione di inquinanti di tipo esponenziale, maggiore è il flusso di ventila-

zione, minore è la concentrazione interna e maggiore è l’intensità della sorgente interna, maggiore è la concentrazione

interna. La concentrazione dei quanta/m³, C(t), nota la produzione oraria dei q=quanta/h, è data dalla seguente relazione:

Con n numero di ricambi orari e V = volume di spazio (m3). È possibile quindi calcolare le concentrazioni di inquinanti, quanta/m³, o le portate d’aria esterna necessaria per avere una prestabilita concentrazione di patogeno. La relazione che lega la concentrazione media dei quanta/m³ e la produzione oraria dei quanta/h/m³ è data da:

Noti i quanta/h si può calcolare la probabilità di contagio individuale e generale. Si evince che: maggiore è la portata d’aria di rinnovo, maggiore è il tasso di ventilazione, minore è il numero di cariche virali elementari presenti in ambiente; raddoppiando il volume si dimezzano sia la concentrazione dei quanta/m³ che la produzione dell’infezione, quanta/h. Se si hanno più ambienti in serie il passaggio dell’aria di ventilazione dal primo ambiente verso l’ultimo porta con sé i quanta di infezione ma si abbassa la concentrazione per unità di volume e la produzione oraria. Di conseguenza anche il rischio individuale diminuisce. Analogamente, se si utilizza il ricircolo dell’aria la portata d’aria immessa negli ambienti aumenta e la concentrazione dei quanta/m³ diminuisce. Il ricircolo tuttavia deve essere attuato utilizzando filtri ad alta efficienza e sistemi di abbattimento batterico e virale, altrimenti si rischia di portare cariche virali anche in ambienti nei quali non sono presenti. Per questo, secondo le indicazioni dall’ISS, il ricircolo dell’aria attraverso ambienti multipli non è consentito. È altresì evidente che, se è sempre attiva la sorgente, non si potrà mai annullare del tutto la carica virale media dell’ambiente ma la si potrà comunque diminuire di molto, sotto la soglia minima per cui, se inalata da un soggetto sano, questo non contragga l’infezione. Le considerazioni finora esposte sono stati effettuate dagli esperti basandosi sui dati dell’influenza comune. Nel caso del SARS-CoV-2 le persone suscettibili sono in numero molto maggiore e il virus è più contagioso. Il rischio di contagio è molto più alto in assoluto. Ad

oggi nessuno sa con certezza quale sia il valore di soglia del

Covid-19, cioè quale sia la dose infettiva, il che rende impossibile determinare con certezza quale deve essere la quantità di aria di ventilazione che occorre introdurre in un dato ambiente per garantire condizioni di sicurezza rispetto alla possibilità di infezione. Si cerca di attuare la massima ventilazione possibile e compatibile con lo stato del sistema edificio-impianto esistente per ridurre al minimo la possibilità di contrarre l’infezione (ALARA principle, As Low As Reasonably Achievable).

CLIMATIZZAZIONE SENZA VENTILAZIONE

Non tutti gli impianti di climatizzazione (cioè che controllano temperatura e umidità dell’ambiente interno) sono dotati della funzione di ventilazione (impianti a tutt’aria o aria primaria e terminali locali). Il vantaggio della ventilazione meccanica, dedicata o inclusa nell’impianto di climatizzazione, sta nella possibilità di filtrare l’aria esterna immessa nell’ambiente. Questi impianti, solitamente impiegati per la climatizzazione dei grandi spazi comuni, come ad esempio i supermercati, devono operare con la maggior quantità di aria esterna possibile compatibile con le caratteristiche dell’impianto stesso, eventualmente eliminando il ricircolo dell’aria interna. Se l’impianto non è dotato di ventilazione, il sistema lavora, se ad aria, con un ricircolo interno totale: aspira l’aria dall’ambiente interno, la raffredda o la riscalda, e la reimmette nello stesso ambiente, modalità, questa, caratteristica di tutti i sistemi di condizionamento detti split, dei ventilconvettori, ad armadietto, a soffitto o canalizzati. In questo caso, a seconda che l’impianto serva un unico ambiente o più ambienti, si possono configurare più scenari per i quali si rimanda ai consigli degli esperti [AiCARR (2020), Prontuario sul ruolo degli impianti di climatizzazione invernale ed estiva nella riduzione della diffusione della COVID-19].

IAQ: LE METODOLOGIE DI APPROCCIO

Le metodologie di approccio al problema del controllo della qualità dell’aria sono essenzialmente tre: 1) approccio prescrittivo: si prescrivono le portate d’aria minima o massima per persona (oppure per m2 di superficie) in base alla categoria e alla destinazione d’uso dell’edificio (UNI 10339:1995); 2) approccio prestazionale: fissati i limiti di concentrazione degli inquinanti, le portate di aria esterna devono garantire tali limiti (questa metodologia richiede la conoscenza degli inquinanti e delle sorgenti); 3) approccio olfattivo: si limitano le concentrazioni di inquinanti in modo da ridurre la percezione olfattiva degli stessi. L’applicazione del metodo richiede la stima del carico inquinante sensoriale totale e la determinazione della portata d’aria sufficiente a contenere la percentuale di persone in soddisfatte dalla percezione dell’aria al di sotto di una certa soglia. Il danese Ole

Fanger (Fanger, 1988) ha introdotto a questo proposito due unità di misura: l’olf, dal latino olfactus, che rappresenta la quantità di inquinanti percepibili aerodispersi da parte di una persona adulta con attività sedentaria, e il decipol, dal latino pollutio, che quantifica invece la qualità percepibile dell’aria e corrisponde alla sensazione avvertita respirando in uno spazio chiuso inquinato da un olf e sottoposto all’immissione di 10 l/s di aria pulita. Alla teoria di Fanger, il cui metodo da molti viene riconosciuto come efficace e di facile impiego, si rimprovera tuttavia un’eccessiva tendenza alla semplificazione.

FILTRAZIONE DELL’ARIA

La filtrazione svolge un ruolo essenziale nel controllo e mantenimento di livelli di contaminazione accettabili. Con l’utilizzo di sistemi filtranti ad elevata efficienza si assicura il corretto ricambio dell’aria, poiché viene immessa aria nuova e filtrata, permettendo l’espulsione di quella inquinata e garantendo protezione anche contro le polveri sottili (PM10 e PM2,5) e i microrganismi. Il sistema di filtrazione può essere posizionato esclusivamente sulle prese d’aria esterne (Outside Air Treatment), soprattutto nel caso di ambienti outdoor particolarmente inquinati; oppure può essere utilizzato per creare zone di bypass all’interno del sistema dei condotti di aerazione (Partial Supply Air Treatment). Questo sistema è valido quando sono note le concentrazioni di inquinanti indoor e outdoor e il livello di riduzione delle concentrazioni richiesto è comunque modesto e facilmente gestibile. I risultati migliori si ottengono nei sistemi in cui si ha l’installazione di opportuni sistemi di filtrazione sugli eventuali punti di ricircolo (ammesso prima dell’emergenza Covid-19) e sopra opportuni sistemi di bypass (Full Supply Air Treatment). I filtri si caratterizzano per: ■ la frazione arrestata del particolato inquinante (efficienza); ■ le perdite di carico del flusso d’aria durante l’attraversamento; ■ l’intervallo di tempo tra una manutenzione (sostituzione o pulizia dei filtri) e l’altra. Esistono vari tipi di filtri: ■ filtri meccanici, che arrestano polveri tra 0,5 e 1 µm. Sono dei materassini di materiale fibroso attraversati da aria con velocità compresa tra 1 m/s e 4 m/s. Il costo è contenuto e la perdita di carico è bassa, ma aumenta in modo rilevante con l’intasamento; ■ filtri elettrostatici, utilizzati per particelle tra 0,001 µm e 0,5 µm. Il campo elettrico (circa 12 kV) ionizza l’aria e la superficie del particolato contenuto in essa. Le particelle aderiscono ad una piastra carica di segno opposto in un campo elettrostatico; ■ filtri chimici che eliminano particolari gas o vapori, ad esempio i filtri a carbone attivo. Questi filtri sono caratterizzati da processi di adsorbimento.

La filtrazione meccanica dell’aria si basa su diversi meccanismi fisici che possono avvenire singolarmente o in accoppiata. La scelta delle diverse tipologie di filtro è oggi regolata da più normative (UNI EN 10339, EN 779, UNI EN 1822) le quali permettono di definire con precisione le caratteristiche del filtro in relazione alla classe di efficienza e impiego. Senza entrare nel merito della descrizione delle diverse caratteristiche, si possono individuare in base alla norma UNI 779:2012 “Filtri d’aria antipolvere per ventilazione generale – determinazione della prestazione di filtrazione” le tre seguenti macro-categorie o gruppi: ■ filtri grossolani (G), detti anche pre-filtri; ■ filtri medi (M); ■ filtri fini (F).

In particolare, è la norma UNI EN 1822-1 “Filtri per aria ad alta efficienza (EPA, HEPA, ULPA) – Parte 1: classificazione, prove di pre-

stazione, marcatura” che regola l’applicazione dei filtri per l’aria ad alta e altissima efficienza e a bassissima penetrazione (EPA, HEPA, ULPA) utilizzati nel campo della ventilazione e del condizionamento dell’aria. La presa d’aria esterna non deve essere collocata in prossimità di una strada di grande traffico, di una ribalta di carico/scarico automezzi, di scarichi di fumi o prodotti della combustione, in punti vicini a espulsioni industriali, di servizi igienici o comunque di aria viziata o contaminata, in vicinanza di torri di raffreddamento o torri evaporative, oppure a un’altezza minore di 4 m dal piano stradale più elevato di accesso all’edificio. In funzione dell’efficienza, si distingue tra filtri: ■ M: media efficienza; ■ A: alta efficienza; ■ AS: altissima efficienza.

La proposta di aggiornamento della UNI 10339:1995 prevede nuovi valori delle portate di ventilazione che dovranno essere comprensive di una quota fissa, costituita esclusivamente da aria di apporto esterna, e di una quota dipendente dalla qualità dell’aria interna desiderata, e quindi tale da limitare le concentrazioni massime degli inquinanti critici. Oltre che da un’adeguata portata d’aria trattata, il raggiungimento della qualità dell’aria desiderata dipende anche dal livello di filtrazione della stessa. Da qui la definizione della classe minima di filtrazione in funzione della destinazione d’uso, del livello di qualità desiderato e del livello di qualità dell’aria esterna. Una maggiore attenzione al risparmio energetico è perseguibile contenendo le portate d’aria, in particolare quella esterna, imponendo la regolazione automatica o manuale delle portate proporzionalmente all’affollamento dell’ambiente, limitando le resistenze aerauliche, utilizzando componenti a più elevata efficienza e provvedendo alla manutenzione dei filtri.

ALTRI METODI DI RIDUZIONE DEL RISCHIO DI CONTAGIO

Gli impianti a tutt’aria senza ricircolo non pongono problemi per il rischio di contagio aereo. L’aria esterna, infatti, considerata non infetta, viene filtrata normalmente con filtri adeguati all’edificio e poi distribuita negli ambienti tramite una rete aeraulica. Gli impianti che, per motivi essenzialmente dovuti al risparmio energetico, effettuano il ricircolo dell’aria interna con conseguente miscelazione con l’aria di rinnovo esterna, possono presentare invece un maggior rischio di contagio aereo. In questo caso è necessario inserire dispositivi battericidi e lampade UV per debellare il virus presente nell’aerosol. Nel caso in cui non sia possibile intervenire in tal senso, le norme vigenti impongono la chiusura della serranda del ricircolo in modo da far funzionare l’impianto a sola aria esterna. Per impianti centralizzati si può effettuare la filtrazione antibatterica delle UTA (Unità di Trattamento Aria) sia per impianti di condizionamento che di ventila-

IL CONTESTO NORMATIVO SULLA QUALITÀ DELL’ARIA INDOOR

UNI 10339:95. In vigore ormai dal 1995, la norma è attualmente oggetto di revisione. In questi ultimi anni, infatti, la Comunità Europea ha emanato diverse Direttive per il miglioramento degli ambienti interni. Tra queste, la direttiva EPBD sull’etichettatura energetica degli edifici, sulla base della quale il CEN ha preparato svariate norme applicative per il calcolo del fabbisogno energetico dei sistemi di riscaldamento, dei sistemi di ventilazione e climatizzazione. Una di queste è la EN 13779, base per la modifica della UNI 10339 da parte del CTI (Comitato Termotecnico Italiano) già posta in inchiesta pubblica. La norma fornisce indicazioni per la classificazione e la definizione dei requisiti minimi degli impianti e dei valori delle grandezze di riferimento durante il loro funzionamento, ma anche l’individuazione degli elementi che il committente e il fornitore devono indicare nell’offerta, i documenti per l’ordine e le condizioni da rispettare nel corso della fornitura. La UNI individua anche i parametri e i tassi di concentrazione limite dei diversi inquinanti (biossido di zolfo, particolato, monossido di carbonio, ozono, biossido di azoto, piombo) per la valutazione della qualità dell’aria. Prescrive che la distribuzione dell’aria debba garantire che il flusso immesso si misceli con l’aria ambiente in tutto il volume convenzionale occupato, con velocità dell’aria all’interno del locale entro determinati limiti, e comunque non superiore a 0,3 m/s in corrispondenza della superficie luogo dei punti distanti 60 cm dal perimetro della griglia. Ai fini della qualità dell’aria interna, è importante anche la posizione della presa d’aria esterna, per la quale la norma definisce dove non deve essere collocata. In ogni caso, sia l’aria esterna, sia quella di ricircolo devono essere filtrate tramite l’impiego di filtri di classe appropriata, funzione dell’efficienza degli stessi. La nuova versione della norma sarà composta da quattro parti: Parte 1 – Definizioni e classificazione. Prescrizioni relative a componenti e a sistemi aeraulici; Parte 2 – Procedure per la progettazione, l’offerta e la fornitura di impianti aeraulici; Parte 3 – Requisiti di qualità dell’aria e prestazioni degli impianti aeraulici a servizio di edifici e ambienti non residenziali; Parte 4 – Requisiti di qualità dell’aria e prestazioni degli impianti aeraulici a servizio di edifici e ambienti residenziali. UNI EN 16798-1:2019. Prestazione energetica degli edifici – Ventilazione per gli edifici – Parte 1: Parametri di ingresso dell’ambiente interno per la progettazione e la valutazione della prestazione energetica degli edifici in relazione alla qualità dell’aria interna, all’ambiente termico, all’illuminazione e all’acustica – Modulo M1-6. La norma descrive e approfondisce il tema della qualità dell’aria per gli edifici con e senza VMC. Per quest’ultimi vengono

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elencate le metodologie di calcolo per determinare le portate di ventilazione. I parametri di progettazione per la qualità dell’aria interna devono essere derivati utilizzando uno o più dei seguenti metodi: ■ Metodo 1: basato sulla qualità dell’aria percepita; ■ Metodo 2: basato su valori limite per la concentrazione degli inquinanti; ■ Metodo 3: basato su portate d’aria di ventilazione. All’interno di ciascun metodo, il progettista può scegliere tra diverse categorie di ambienti interni. La norma definisce per due tipologie di ambienti (a bassa emissione e a bassissima emissione) i limiti per alcuni parametri, quali i composti organici volatili totali (TVCO) e la formaldeide. La CO2 è il principale indicatore della qualità dell’aria. È prodotto dall’uomo e facilmente misurabile con la strumentazione. I valori limite per gli ambienti interni sono stati aggiornati rispetto alla versione precedente della norma (UNI EN 15251). CEN/TR 16798-2:2019. Energy performance of buildings – Ventilation for buildings – Part 2: Interpretation of the requirements in EN 16798-1 – Indoor environmental input parameters for design and assessment of energy performance of buildings addressing indoor air quality, thermal environment, lighting and acoustics (Module M1-6). UNI EN 16798-3:2018. Prestazione energetica degli edifici – Ventilazione per gli edifici – Parte 3: Per gli edifici non residenziali – Requisiti prestazionali per i sistemi di ventilazione e di condizionamento degli ambienti (Moduli M5-1, M5-4). All’interno dei riferimenti normativi sopra citati vengono approfonditi sotto diversi aspetti i temi degli inquinanti, dei relativi valori limite, delle strategie di ventilazione, delle portate e della filtrazione in funzione della destinazione d’uso.

zione centralizzata. Oggi sono stati messi in commercio kit completi di filtrazione, sistema battericida UV e sistema di controllo della carica batterica e/o virale. Le radiazioni UV che si dimostrano efficaci per l’abbattimento dei microrganismi sono le UV-C. I raggi emessi dalle lampade germicide UV-C hanno lunghezza d’onda centrata su 254 nm che corrisponde alla frequenza di massimo effetto germicida, che permette di inattivare il 97% delle particelle di diametro 0,1 micron e il 95% delle particelle di diametro 1 micron. La filtrazione per effetto fotovoltaico si basa sulla produzione di ioni positivi e negativi che, in presenza di umidità nell’aria, proOducono acqua ossigenata (H 22 ) che attacca e decompone il materiale organico. L’efficacia di questo dispositivo è stata verificata per i batteri (legionella), i virus dell’influenza, della SARS e altri già noti. Lo scorso giugno 2020, alcuni studi dell’Università Statale di Milano hanno dimostrato l’efficacia distruttiva dei raggi UV-C con lunghezza d’onda di 254 nm nei confronti dei legami molecolari di DNA e RNA dei virus, compreso il virus SARS-CoV-2. Sono disponibili anche lampade UV inseribili in qualunque punto del canale d’aria ed esistono in commercio ventilconvettori muniti di lampada germicida UVC ad effetto foto-catalitico igienizzante. Oltre ai sistemi foto-catalitici, sono disponibili anche sistemi ionizzanti al plasma freddo o Non-Thermal Plasma (NTP), detti Cold Plasma Generator, CPG. Questi dispositivi agiscono per inattivazione degli agenti patogeni attraverso scariche elettriche nell’aria che producono radicali ossidrilici H e OH che attaccano e uccidono batteri e virus. Questi dispositivi non richiedono le protezioni richieste dai sistemi foto-catalitici e possono anche essere montati su terminali esistenti, sia fancoil che UTA. Nelle UTA si possono montare a valle delle batterie fredde o a monte del ventilatore di mandata o anche all’interno dei canali di distribuzione dell’aria. Ovviamente è molto più semplice costruire nuovi impianti con inglobati i nuovi sistemi di protezione dal contagio aereo piuttosto che intervenire su impianti esistenti, quando disponibili, inserendo ex novo filtri e batterie UV, in quanto occorre tenere presenti problemi di varia natura: spazio insufficiente le nuove apparecchiature; impossibilità di inserire le protezioni per l’uomo per le radiazioni UV-C; indisponibilità di spazi per l’inserimento delle sonde UV nei canali; basso tempo di permanenza dell’aria all’interno delle UTA o dei fan coil in caso di bassi valori di ricircolo dell’aria; necessità di fermare le attività durante i lavori di refurbishment.

BIBLIOGRAFIA

1 WHO (2020), Infection prevention and control during health care when COVID-19 is suspected. Interim guidance, 19 march 2020, World Health Organization 2 AiCARR (2020), Prontuario sul ruolo degli impianti di climatizzazione invernale ed estiva nella riduzione della diffusione della COVID-19 3 Livio Mazzarella, Coronavirus e climatizzazione. Quando, come e perché accendere l’aria condizionata, Quine S.r.l. 2020 4 “Progettazione di impianti di climatizzazione e la COVID-19” – Seminario di approfondimento a cura dell’ing. Giuliano Cammarata, organizzato dal Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano in collaborazione con Quine S.r.l., 16 e 23 ottobre 2020

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