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Rodenticidi anticoagulanti
Rodenticidi
anticoagulanti
Spunti di riflessione per una corretta pratica di impiego
La gestione integrata e sostenibile di un infestante dovrebbe prevedere un approccio critico all’impiego dei prodotti chimici, privilegiando, laddove possibile, misure di gestione alternative.
Nell’ottica di contribuire agli obiettivi di sostenibilità, le attività di gestione dei roditori sono certamente utili per contribuire a raggiungere gli obiettivi n.2 (“Fame zero”) e n.3 (“Salute e Benessere”), considerando gli impatti di natura sanitaria e merceologica che i roditori possono avere in ambito di Sicurezza Alimentare e Salute Pubblica. Anche il goal n.15 (“La vita sulla terra”) coinvolge tali attività, sia in termini di protezione della fauna non-bersaglio durante le attività di “derattizzazione” ma anche per la tutela stessa della biodiversità, talvolta minacciata dalle stesse popolazioni di roditori (ratti), quali predatori di animali con status di protezione. Le interconnessioni e le considerazioni da fare sono pertanto molteplici ed è chiaro che un’efficace ed efficiente azione di contrasto ai roditori infestanti sia assolutamente necessaria. Per queste motivazioni, nonostante alcune caratteristiche tossicologiche ed eco-tossicologiche non favorevoli, i rodenticidi ad azione anticoagulante sono tutt’ora presenti nel mercato italiano ed europeo. Tuttavia, questa disponibilità non dovrebbe essere interpretata quale lasciapassare per un impiego quasi esclusivo di questi strumenti. A monte della progettazione di un sistema di misure di gestione alternative, è necessario conoscere adeguatamente lo scenario operativo e l’infestante da
In ottica di gestione integrata e sostenibile, laddove possibile, sono preferibili misure di gestione alternative all’uso di prodotti chimici
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I rodenticidi rappresentano ancora lo strumento maggiormente impiegato per il controllo dei roditori
Francesco Fiorente
Consulente in Pest Management
gestire, le aspettative delle Parti interessate, le condizioni di impiego e tutte le implicazioni derivanti dalla selezione di ogni metodo di monitoraggio e controllo considerato.
Condizioni di impiego
Con specifico riferimento alla gestione dei roditori sinantropici, quali ratti e topi, è possibile già da tempo avere a disposizione diversi strumenti tecnici diversi dai prodotti biocidi ad azione rodenticida: trappola per la cattura di vario tipo (anche con rilevamento remoto), adescanti non tossici, strumenti di tipo fisico, alcune tipologie di disabituanti, ecc. Tuttavia, i rodenticidi rappresentano lo strumento maggiormente impiegato per il controllo dei roditori, sebbene nel corso degli ultimi anni, molti aspetti siano stati modificati circa le loro condizioni di impiego, grazie a modifiche normative di un certo rilievo. Il loro uso diffuso è certamente giustificato anche dall’efficacia, soprattutto a breve-medio periodo, di questi prodotti e dal costo contenuto. Ad oggi, sembra che le modifiche normative, che in qualche misura limitano una certa modalità di impiego di questi prodotti, rappresentino un elemento ostico relativamente alla loro applicazione e alla conseguente riduzione dell’impiego dei rodenticidi. Sul mercato italiano si stima la disponibilità di oltre 300 formulati biocidi rodenticidi che nella quasi totalità sono rappresentati appunto da rodenticidi ad azione anticoagulante (AVK). Essi sono soggetti a numerose condizioni di impiego, differenziate anche per tipologia di utilizzatore. Quest’ultima è determinata anche dalle concentrazioni di sostanza attiva in essi contenuti.
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In sintesi, si tratta per lo più di anticoagulanti di seconda generazione che comprendono le sostanze attive brodifacoum, bromadiolone, difenacoum, difetialone e flocoumafen; sono in grado di controllare roditori che sono resistenti ad alcuni altri anticoagulanti (I generazione), ma che hanno una tossicità e persistenza nell’ambiente maggiore rispetto agli anticoagulanti di prima generazione. Sono state individuate tre tipologie di utilizzatori per questi prodotti, partendo dalla premessa che i formulati con concentrazioni ≥ 30 ppm (es. 0,005%) sono da considerarsi ad esclusivo uso di utilizzatori professionali e utilizzatori professionali formati (in quest’ultima categoria rientrano i “derattizzatori professionisti”, con le dovute differenze relative alle modalità di impiego), in virtù anche delle disposizioni derivanti dai Regolamenti CLP e REACH, per cui prodotti classificati H360D (“Può nuocere al feto”) siano destinati al solo uso professionale. § “General Public”, ovvero l’utente domestico non professionale, al quale è concesso l’acquisto di prodotti con concentrazioni < 30 ppm di AVK, in confezioni di dimensioni massime di 150 g (per formulati in pasta, grano, pellet) e 300 g (per blocchetti). § Utilizzatore “Professional”, ovvero le persone che usano i prodotti nell’ambito di un’attività professionale (agricoltori, coloro che sono coinvolti in zootecnia, nelle imprese alimentari, ecc.), ai quali sono accessibili formulati contenenti formulazioni ≥ 30 ppm in grandi confezioni. § Utilizzatore “Trained Professional”, il professionista formato. In tale figura è collocato il Derattizzatore professionista, ovvero quelle persone che utilizzano i biocidi nell’ambito dell’esercizio di impresa di derattizzazione, come individuata ai sensi della vigente normativa (L. 82/1994 e DM 274/1997). Anche in questo caso sono utilizzabili i formulati contenenti AVK in concentrazioni ≥ 30 ppm ed in grandi confezioni.
Per ogni categoria di utilizzatore sono previste condizioni di impiego ben specifiche, riportate sulle etichette dei prodotti stessi. Sebbene non costituisca una novità in senso assoluto, emerge come l’impiego permanente di esche anticoagulanti sia di fatto non consentito, se non a particolari condizioni operative nell’ambito delle quali solo un’Impresa professionale di Derattizzazione può agire entro limiti. Infatti, solo in caso di infestazioni o di condizioni particolari che ne possano dimostrare la necessità, i Professionisti formati della Derattizzazione potranno stabilire, documentandola, la necessità di mantenere in maniera permanente questa tipologia di esche. Prima che questo accada, viene espressamente richiesto ai Fornitori di Servizi di applicare queste sostanze nell’ambito di un approccio integrato che veda la limitazione dell’uso degli AVK (a partire dalle limitazioni nelle aree interne delle Imprese alimentari) a vantaggio di altre tecniche di controllo (per es. impiego di trappole) e che incoraggi le pratiche di prevenzione e corretta gestione degli ambienti, formalizzando i rilievi e le decisioni intraprese.
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È consigliabile che le aziende alimentari si affidino ai servizi di operatori professionisti, prevedendo un referente interno a coordinamento delle attività
L’impatto ambientale
Il tutto poi assume ulteriore rilievo se si considerano gli impatti delle esche rodenticide sulla fauna non-bersaglio, sia in caso di intossicazione primaria (consumo diretto delle esche) che di intossicazione secondaria (consumo di roditori intossicati ancora vivi e/o di loro carcasse). La limitazione all’uso permanente delle esche AVK presuppone da parte del Fornitore Professionale del Servizio di De-
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rattizzazione, un approccio integrato che non preveda l’automatismo dell’impiego dei rodenticidi in qualsiasi situazione potenzialmente “a rischio”. È necessario, invece, approfondire mediante ispezioni preliminari e successivamente mediante riesami periodici dell’andamento del servizio, la reale necessità di impiegare le esche rodenticide, senza replicare schemi consolidati che poco poggiano le loro motivazioni su un’analisi oggettiva dei dati derivanti dagli eventuali consumi di esca rodenticida. Tra gli altri aspetti da considerare vi è poi l’ampio capitolo, tutt’ora in fase di “scrittura”, sulla prevenzione e sulla gestione della resistenza agli anticoagulanti. Paradossalmente, un approccio “acritico” alla derattizzazione che si serva solo di esche rodenticide, potrebbe portare a distribuire esche in luoghi in cui non sia necessaria la loro presenza, senza di-
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stinzioni tra aree a maggiore o minore rischio, considerando anche la possibilità che una parte del rodenticida possa essere consumato da altri animali, tra cui insetti, molluschi e animali non-target propriamente detti. Anche relativamente alle quantità di esca presenti in ogni erogatore (comunque sempre indicate nelle etichette ministeriali), si potrebbe configurare anche la possibilità che in alcuni di essi sia presente una quantità di esca non adeguata per la tipologia di area, anche esponendo i roditori stessi a quantità di rodenticida di molto superiore a quella necessaria per il suo controllo. È quindi necessario impostare un corretto sistema di monitoraggio, non necessariamente basato sull’impiego “automatico” di esche rodenticide utilizzate in modalità permanente, che possa fornire delle fotografie significative della presenza dei roditori, per poi programmare azioni conseguenti che possano anche prevedere anche (e non solo) l’impiego dei rodenticidi. Nella modalità di applicazione, inoltre, anche l’impiego mediante la tecnica del “Pulsed baiting” sarebbe auspicabile: la tecnica prevede l’eliminazione progressiva della popolazione di roditori, evitando distribuzioni di prodotto eccessive e inutili, ottimizzando i quantitativi di esca, limitando così i rischi per le specie non bersaglio. Ad oggi, la maggior parte delle etichette dei prodotti rodenticidi non prevede l’applicazione di questa tecnica. Nel mitigare i rischi derivanti dall’uso dei rodenticidi con anticoagulanti, è possibile anche fare riferimento all’impiego di prodotti che contengono quantità ridotte di sostanza attiva (per es. 25 ppm); in questo caso, essi possono essere indicati come utili laddove vi sia una bassa competizione alimentare. Quanto finora indicato è di fatto riportato sulle etichette ministeriali dei prodotti. La lettura attenta delle etichette dei prodotti rodenticidi è fondamentale. Dovrebbero essere utilizzati per controllare ratti e topi solo prodotti autorizzati per tale uso, considerando tutte le indicazioni di etichetta che prevalgono su qualsiasi guida sulla buona prassi disponibile da altre fonti. In questo contesto, è evidente che questo nuovo approccio debba essere condiviso sia dai derattizzatori professionisti che dai clienti che usufruiscono di questa tipologia di servizio: è auspicabile pertanto che entrambi gli attori, coadiuvati anche dalle Autorità di controllo, possano confrontarsi a riguardo, stabilendo le migliori strategie che siano allo stesso tempo conformi alle disposizioni cogenti, ma anche coerenti con gli obiettivi di un piano di gestione dei roditori, in funzione delle attività svolte presso un sito e le sue caratteristiche peculiari.
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Scegliere la strategia migliore
In sostanza, la proposta di “abbandonare” un metodo consolidato di gestione dei roditori può alle volte creare delle resistenze al cambiamento, temendo un peggioramento “automatico” delle condizioni igienico-sanitarie di un sito, immaginando scenari con elevate infestazioni da roditori in assenza di esche.
L’implementazione di un corretto sistema di monitoraggio consente di evitare il ricorso “automatico” alle esche rodenticide
In realtà, un’accurata valutazione dei rischi, può fornire indicazioni utili sulla migliore strategia che potrà anche prevedere l’impiego di sostanze rodenticide ma non solo, magari limitandole a particolari aree di un sito o in determinati periodi dell’anno. In questo aspetto, andrà comunque considerato anche l’eventuale impatto economico di alcune strategie alternative all’impiego di esche rodenticide, che dovrà essere necessariamente valutato e che potrebbe rappresentare uno dei freni al cambiamento. Qualsiasi scelta di tipo tecnico dovrebbe essere supportata da una documentazione attestante un esame delle condizioni operative, in modo da applicare razionalmente questa tipologia di prodotti che, nonostante le varie limitazioni, è ancora legittimamente presente nel mercato italiano ed europeo.
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Per un’adeguata progettazione di un sistema di misure di gestione alternative è necessario conoscere bene lo scenario operativo e l’infestante da gestire
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