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QUALE FUTURO PER I NOSTRI OSPEDALI

Quale futuro perinostriospedali

Quali sono le azioni da intraprendere per adeguare i nostri ospedali alle nuove esigenze dei pazienti in un contesto sociale in cui sta facendo da padrona la digitalizzazione. E quali opportunità offre l’innovazione tecnologica per contrastare situazioni di emergenza come quella legata alla pandemia di Covid-19?

In Italia esiste un ingente patrimonio di strutture sanitarie datate, parte delle quali edificate prima del ‘900 o prima della Seconda guerra mondiale: il 60% dei nostri edifici per la salute ha più di 40 anni, la metà dei quali ha dimensioni tali che mal si adattano ai moderni standard. La nostra sfida più importante (e anche, probabilmente, la più difficile) è saper cogliere che è in atto un importante cambiamento, sapere interpretarlo e, soprattutto, riuscire a tradurlo in esempi concreti. Ma verso quale modello di ospedale stiamo andando? L’opinione comune è piuttosto concorde nell’individuare alcuni aspetti caratteristici: █ pochi letti e degenze brevi; █ “Patient oriented” (in base alle specificità dei pazienti); █ elevata qualità “alberghiera”; █ strettissima integrazione con la ricerca (come dicono gli anglosassoni, from bench to bedside); █ alta tecnologia digitale; █ massima accessibilità (nei diversi orari del giorno e della notte); █ forte integrazione con la rete dei servizi sul territorio.

Tuttavia, mentre nel secolo scorso pensavamo (forse con una certa presunzione) di conoscere con certezza la configurazione che l’ospedale del futuro avrebbe assunto, oggi la maggiore consapevolezza risiede nel fatto che sicuramente sarà molto diverso da quello attuale a causa di fattori determinanti quali le tecnologie in rapida evoluzione, il cambiamento nello “stile di vita”, l’incremento delle cure ambulatoriali e a domicilio, la “migrazione” dei pazienti un tempo ospedalizzati verso altre strutture (per la cronicità, patient hotel, Maggie’s centres ecc.), la nascita dell’ospedale digitale. Allora, come ripensare l’ospedale alla luce della necessità di integrare le tecnologie digitali e creare connessione in quello che si sta configurando come un sistema sanitario “senza muri”?

Alcuni aspetti stanno cambiando molto il nostro modo di rapportarci alle strutture sanitarie: █ la rilevanza del benessere dei pazienti e dello staff: questo di traduce nell’enfasi sull’importanza dell’ambiente nel processo di guarigione; █ l’esperienza digitale del paziente: attraverso le tecnologie che consentono al paziente di restare connesso con il mondo esterno e di condurre un’esperienza positiva all’interno dell’ospedale (pazienti pediatrici) ma anche di interagire con lo staff “a richiesta”; █ i cambiamenti nelle modalità assistenziali: attraverso il monitoraggio clinico continuo del paziente con dispositivi portatili e uso di APP, l’utilizzo di BIG DATA, i trattamenti mirati e personalizzati;

█ l’automazione dei processi robotici a favore di una gestione più efficiente, di un servizio più attento al paziente e il risparmio di tempo per le attività “no core” da parte degli operatori.

Oggi il benessere del paziente si traduce anche in un maggior comfort interno, verso una degenza “customizzata” in cui è possibile personalizzare lo spazio (soprattutto nel caso di camere pediatriche), ascoltare musica, fare videochiamate, avere a disposizione sistemi per l’intrattenimento ecc. La progettazione di spazi intelligenti ed ergonomici con attraenti sale visitatori e vedute di ambienti naturali, rende la permanenza in ospedale più friendly: è ormai universalmente riconosciuto il ruolo terapeutico del “verde” con la creazione di healing garden e la progettazione secondo le “regole” del design biofilico (cioè ispirato dall’istintiva inclinazione umana a entrare in relazione con i sistemi, i processi e le forme della natura). Il benessere dello staff richiede luoghi di lavoro ergonomici, flessibili, condivisi (per agevolare lo scambio di informazioni e sapere) ma anche caratterizzati da differenti livelli di privacy (per svolgere le diverse attività di studio, relax, colloqui privati e non ecc.). L’Ospedale è sempre più “intelligente”: le informazioni vengono archiviate su cloud in modo sicuro; le cartelle cliniche sono informatizzate; la connessione internet è disponibile anche per gli ospiti. In alcuni ospedali del nord-Europa e degli Stati Uniti, quando i pazienti entrano in camera li attende un i-pad con il quale possono comunicare con il personale, apprendere circa la programmazione di visite ed esami, avere notizie sul proprio piano di cura, contattare la famiglia con video chiamate, chattare con parenti e amici, comandare sistemi di illuminazione, collegarsi a internet e ai social e – per i pazienti più piccoli – migliorare e approcciare il processo di cura attraverso il gioco. L’ospedale digitale sta producendo e produrrà radicali cambiamenti perché sta modificando profondamente l’esperienza del paziente, la sua modalità di gestione all’interno e fuori l’ospedale, ma anche la rapidità con cui possono essere prese le decisioni cliniche e operative. Inevitabilmente queste trasformazioni avranno una notevole influenza sul progetto: se prima, si portava la vita quotidiana dentro l’ospedale, con le grandi hall e hospital street su cui si affacciavano i negozi, la libreria, gli spazi espositivi ecc.; oggi, il paziente si connette con il mondo esterno direttamente dalla propria camera attraverso un semplice dispositivo mobile. Le rapide trasformazioni nel settore tecnologico e bio-medico, così come l’avvento della tecnologia 5G e delle smart technologies, stanno cambiando le modalità assistenziali e i tradizionali percorsi di cura grazie alla possibilità di realizzare cure “su misura”, l’utilizzo di wearable devices e di APP per la gestione

del paziente a domicilio e il monitoraggio quotidiano dei sintomi, l’analisi dei cosiddetti Big Data. La percezione di queste trasformazioni è evidente al Docrates Cancer Centre di Helsinki, un ospedale sostanzialmente senza letti in quanto non prevede attività operatoria al suo interno. Il piano di trattamento del paziente viene definito dalla struttura programmando l’attività chirurgica in altri ospedali, in caso di bisogno. La dimissione dei pazienti è supportata e accelerata dall’utilizzo di devices portatili e sistemi in grado di fare monitoraggio e vigilanza a distanza (anche dei sintomi), di intervenire tempestivamente anche attraverso supporto analitico con Big Data (set di dati raccolti e archiviati). In questo modo il paziente si sente accudito anche una volta tornato a casa. Gli ambienti per la cura sono molto confortevoli e dal carattere “poco ospedaliero”; i luoghi per il soggiorno prevedono la permanenza in un patient hotel adiacente, la cui gestione è totalmente alberghiera. Questa modalità recepisce un indirizzo ormai diffuso in alcuni Paesi in cui si è presa consapevolezza che ogni anno vengono ricoverati nelle unità di degenza, pazienti che non hanno necessità di essere ospedalizzati; un’indagine del Sistema sanitario inglese ha stimato tali pazienti in circa 30.000 unità e ha messo in evidenza che la gestione di 30 letti in un patient hotel determina un costo medio per l’ospedale pari al 20% in meno rispetto d una unità di degenza convenzionale. Sono facilmente comprensibili i benefici che una tale gestione comporta in termini di riduzione della “pressione” sull’ospedale, massimizzazione dell’uso efficiente dei letti e del turn-over dei pazienti, permanenza in un ambiente più distensivo per coloro che non necessitano di medicalizzazione, riduzione dei costi. Certo, la situazione di emergenza che stiamo vivendo con la pandemia di Covid-19 ci impone una riflessione sulla continua contrazione del numero dei posti letto ospedalieri che ha caratterizzato il decennio 2010-2017 nel nostro Paese. Il rapporto “State of Health in the EU – Italy”, frutto del lavoro congiunto dell’OCSE e dell’Osservatorio Europeo delle Politiche e dei Sistemi Sanitari in collaborazione con la Commissione Europea ha messo in evidenza che tale tendenza, sebbene in linea con quasi tutti i paesi dell’UE, ha portato ad una riduzione pari a circa il 30 %, attestandosi su 3,2 posti letto per 1.000 abitanti, ovvero su un valore nettamente inferiore alla media dell’UE. Per quanto attiene i posti letto in terapia intensiva, sempre secondo i dati Ocse, nel 2017 l’Italia poteva contare su 2,6 posti letto ICU totali ogni 1.000 abitanti, classificandosi al 19° posto su 23 paesi europei, appena sopra la Spagna (2,4 p.l. per 1000 abitanti) e ben lontana dalla Germania (6 p.l. per 1000 abitanti). Se è vero che non è probabilmente sostenibile modellare il nostro sistema sanitario in base alle esigenze che derivano da situazioni di emergenza, forse si potrebbero rivalutare forme di flessibilità già sperimentate, ad esempio, negli Stati Uniti e che poco successo hanno avuto in Europa e in Italia a causa degli eccessivi costi di realizzazione. Mi riferisco, per esempio al cosiddetto universal bed care delivery model che è stato adottato in alcuni ospedali americani, allo scopo di gestire il paziente nei diversi livelli di intensità assistenziale ed anche nella fase critica. Questo modello è nato con lo scopo di garantire maggiore sicurezza e minor stress per il paziente, limitandone i trasferimenti durante il percorso di cura e affidandone la gestione a un unico staff medico-infermieristico adeguatamente formato. In questo momento di crisi, la universal room avrebbe potuto costituire un interessante modello di rapida conversione dei posti letto da ordinari a intensivi. Certo, un esempio di questo tipo, mal si adatta ad un sistema sanitario che deve continuamente “fare i conti” con contrazione degli investimenti e degli aumenti di spesa, alla luce del fatto che i maggiori oneri riguardano non soltanto la fase di attuazione

(maggiori spazi, maggiori requisiti in termini di finiture, attrezzature ed impiantistica) ma anche in termini organizzativi (personale in grado di gestire anche la fase critica del paziente). Lo “tsunami” generato dalla pandemia ha sicuramente fornito un’accelerazione e un impulso alle tecnologie digitali, anche in Italia. Per quanto ci riguarda, risale al 2016 il Patto per la Sanità Digitale, inteso a gestire e promuovere la diffusione della sanità elettronica (eHealth) in modo coordinato in tutto il paese. Sebbene le Linee Guida Nazionali per la Telemedicina siano state elaborate nel 2014, da allora si è fatto poco in termini di implementazione. La situazione di necessità che si è venuta a creare con la “gestione” della infezione di coronavirus ha fatto rapidamente prendere coscienza delle opportunità offerte grazie all’utilizzo di modalità “smaterializzate” quali, ad esempio, il teleconsulto e il rafforzamento dell’assistenza territoriale e dei servizi al cittadino “a distanza”. In questi giorni di grave emergenza sanitaria, la telemedicina può sicuramente svolgere un ruolo molto importante nell’assistenza dei pazienti potenzialmente infetti direttamente al domicilio. Certo, un simile approccio, non costituisce una novità per i Paesi tecnologicamente più avanzati: █ HealthVillage.fi è una rete di 24 comuni finlandesi che utilizzano soluzioni cloud Microsoft per creare un ospedale virtuale in grado di fornire servizi sanitari digitali al fine di migliorare l’accesso dei pazienti, ridurre i costi, aumentare l’efficienza del sistema (in quanto gli operatori sanitari possono trattare più pazienti in meno tempo). La tecnologia digitale fornisce così servizi sanitari remoti in combinazione con cure mediche più tradizionali, in una forma di approccio ibrido; █ Airedale NHS Foundation Trust collega una serie di residenze per anziani via Telemedicina alla struttura ospedaliera 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 attraverso un contatto video tra medici e pazienti. Il risultato ottenuto da una simile gestione è stata la riduzione del 35% degli accessi ospedalieri e del 53% al DEA, oltre ad una riduzione delle giornate di degenza pari al 59%; █ Telemedicina a Bassa Intensità nel SUSSEX è una sperimentazione durata otto mesi di “telemedicina a bassa intensità” condotta nel periodo 2013-14 che ha coinvolto 92 residenti in case di cura e assistenza a cui sono stati forniti tablet Android dotati di un’app personalizzata, che ha consentito al personale di porre domande ai pazienti su come si sentivano. Attraverso l’analisi in remoto e l’attivazione di specifici alert (252 avvisi per insufficienza cardiaca, 181 per problemi respiratori, 36 per infezioni del tratto urinario e 20 per il diabete) si è ottenuto un calo del 75% dei ricoveri ospedalieri dovuto alla rapidità di intervento del personale.

Un interessante articolo pubblicato nel 2018 da Simon Wilson (Cto, Uk&I At Hpe Aruba) ha stigmatizzato i cambiamenti nell’in

dustria sanitaria al 2030. “…Nel prossimo decennio probabilmente passeremo a controlli medici più automatizzati al fine di soddisfare la maggiore domanda di medici a causa della carenza di personale e dei budget ridotti... il futuro sarà molto più snello...i tuoi organi vitali saranno monitorati utilizzando la tecnologia di imaging in grado di valutare la frequenza cardiaca, la temperatura e la frequenza respiratoria; i sensori eseguiranno un test della pressione sanguigna e dell’elettrocardiogramma (ECG) entro 10 secondi, e in seguito sarà possibile eseguire il triage automatico o persino la diagnosi. Con questa diagnosi più rapida,

non ci sarà attesa per i risultati o un appuntamento di follow-up per condividerli con il medico. ... Gli operatori sanitari avranno più tempo per concentrarsi sui pazienti ... avranno migliori repository di dati digitali e quindi informazioni molto più ricche per il processo decisionale. Meglio ancora, saranno in grado di accedere a tutti i record digitali dei pazienti sui loro dispositivi mobili. I pazienti stessi non dovranno nemmeno entrare in ospedale per la diagnosi. Con strumenti basati su app indossabili saremo in grado di monitorare la salute..”. Anche l’utilizzo della tecnologia in ambito logistico, in particolare per quanto attiene il controllo dei costi, è diventato imprescin dibile. Gli ospedali movimentano continuamente grandi volumi di mate riale tra laboratori, farmacia, cucina, lavanderia, amministrazione ecc. La funzione logistica (“no core” per l’ospedale) determina notevoli implicazioni in termini di costi, qualità e sicurezza. Una stima condotta dalla società di consulenza Deloitte mette in evi

denza che gli infermieri, in genere, trascorrono meno di due ore di un turno di 12 ore nella cura diretta del paziente. Già alcune realtà estere molto avanzate hanno compreso che l’uso della robotica costituisce uno strumento estremamente valido per l’automatizzazione dei servizi ospedalieri ausiliari e di back-office oltre che l’efficientamento dei processi, il miglioramento dell’affidabilità, la riduzione dei tempi e dei costi. Ma l’attualità degli eventi ci spinge ad ulteriori considerazioni circa l’impiego e la versatilità di tali automazioni. È notizia recentissima l’utilizzo di “robot-medici” in corsia presso l’Ospedale di Circolo di Varese al fine di aiutare il personale medico nella gestione dei malati infetti da Coronavirus: i robot entrano nelle camere e grazie alla telecamera di cui sono dotati, permettono il monitoraggio a distanza dei parametri da parte di medici e infermieri, oltre a fare un minimo esame obiettivo. Un sistema videocitofonico consente al personale di interagire con il malato, risparmiando tempo, limitando il consumo di dispositivi di protezione e, soprattutto, il rischio

di infezione per gli operatori sanitari. Come ha spiegato il professor Francesco Dentali, direttore del reparto di Medicina ad Alta Intensità “I robot non eliminano il contatto umano con il paziente, ma riducono gli accessi. Anzi, facendoci risparmiare il tempo di vestizione e svestizione, che ha un impatto notevole sulla nostra attività, a migliorare sarà anche la qualità del tempo che dedicheremo ai nostri pazienti”

PROGETTARE GLI OSPEDALI GUARDANDO AL FUTURO L’ospedale digitale ha cambiato le “domande” di chi si accinge a pensare all’ospedale del futuro. Se la domanda del passato era: “di quanti letti abbiamo bisogno?”, le domande del futuro sono: “Come migliorare la qualità dell’assistenza? Come creare processi più efficienti? Come migliorare l’esperienza del paziente e dello staff?” Allo stesso modo, cambiano anche le risposte: non più ospedali con tanti posti letto ma ospedali pensati in funzione dell’attività e dei processi di cura, con maggiori spazi per i servizi clinici (diagnostica, terapie, sale operatorie, imaging, laboratori, ambulatori ecc.) e la ricerca (health hub, acceleratori di ricerca); ospedali sempre più connessi con la rete e con il cittadino. Esagerando un po’ si può immaginare un futuro in cui “…sarà l’ospedale, in parte, ad andare dal paziente”: in alcuni Paesi esistono già forme ibride in cui ospedale reale e ospedale “virtuale” collaborano nel percorso clinico del paziente.

CONCLUSIONI Nel nostro Paese abbiamo un tempo medio che va dai 12 ai 20 anni dalla data di aggiudicazione di una gara per la realizzazione di un ospedale pubblico e alla sua messa in funzione e questo dipende da svariati motivi: tempi della gara e ricorsi, tempi di validazione e approvazione Enti, scelta dell’area spesso “infelice”, programmazione non efficace a monte della gara. Il risultato è che tanti “nuovi” ospedali, appena inaugurati, sono già “vecchi”! Del resto, le numerose iniziative messe in atto per fronteggiare in tempi record l’emergenza sanitaria creata dalla pandemia, seppure nella specificità dei casi, ci sta dimostrando che l’accelerazione dei tempi è realmente possibile e non costituisce una pura fantasia. In alcune realtà più avanzate siamo in presenza di una profonda ma soprattutto rapida trasformazione nell’approccio alla malattia e nel rapporto col malato. E in Italia, a che punto siamo? La sensazione (ma forse, la certezza) è che predominino ancora la cultura della ristrutturazione, la resistenza - anche psicologica -

Fonte: https://valori.it/scarse-competenze-e-capitale-umano-non-fannocrescere/ (elaborazione su dati Eurostat)

alle dinamiche di cambiamento, la disponibilità limitata di risorse economiche e talvolta la cattiva allocazione di quelle disponibili, una non elevata propensione alla trasformazione digitale (conoscenza, connettività, infrastrutture e dimensione del mercato). I dati OCSE mettono in evidenza che l’Italia è all’ultimo posto tra i paesi del G7 per investimenti in ricerca, sviluppo e inno vazione, con un irrilevante 1,3% del PIL orientato al futuro; la Francia spende il 2,2%, la Germania il 3%; la Finlandia destina all’innovazione finanziamenti prossimi al 3,5% del suo prodotto interno lordo. Questo gap non significa che si debbano ignorare le trasformazioni in atto perché in altri paesi sono già ampiamente iniziate. Il politico americano William Drayton sosteneva “Il cambiamento comincia quando qualcuno vede il passo successivo” L’auspicio è che l’approccio inedito che ha interessato anche il nostro Paese in quest’ultimo frenetico mese di lotta alla pandemia, non sia riservato solo alla fase emergenziale ma costituisca un punto di partenza per ulteriori sviluppi innovativi nella presa in carico del paziente durante il suo percorso di cura.

MARGHERITA CARABILLÒ Architetto, specializzata nella progettazione del settore sanitario e delle strutture Socio-assistenziali L’autrice

Nuovo ospedale diCordova tra tradizione einnovazione

A Cordova, un ex califfato nel sud della Spagna, un progetto di Enero Arquitectura prende come riferimento i motivi geometrici dei tradizionali mashrabiya arabi e li trasforma nella seconda pelle di un ospedale pubblico

DATI GENERALI

Titolo HOSPITAL QUIRÓNSALUD CÓRDOBA

Progettisti in RTP Enero Arquitectura

Importo lavori 23.650.000 €

Luogo di esecuzione Avenida del Aeropuerto,17 Còrdoba, Spain

Committente privato Ariza Directorship, S.L.

Periodo di esecuzione del servizio Inizio lavori: novembre 2016 Fine lavori: ottobre 2018

Prestazioni del servizio 115 posti letto

Superficie sanitaria 18.650 mq

█ Vista notturna dell'ingresso principale

Durante i secoli di dominazione islamica, la penisola iberica vide un grande sviluppo artistico in tutto il dominio omayyade del Califfato di Cordova, con la loro sede nell’omonima città. Oggi, la città andalusa conserva alcuni esempi eccezionali di architettura moresca, che anche in tempi di attrito con la comunità musulmana in Spagna e in Europa occidentale, fungono da ispirazione per l’architettura contemporanea.

IL CONTESTO Il nuovo ospedale di Cordova è stato sviluppato a partire dalla fine del 2014 dal principale fornitore di servizi sanitari spagnolo, Quironsalud, che ha scelto lo studio Enero Arquitectura per realizzarlo. Con oltre 12 anni di esperienza nella progettazione e costruzione di strutture sanitarie, Enero ha completato l’attività secondo i più alti standard di qualità, rispondendo alla domanda di un programma funzionale complesso elaborato da Quironsalud. Enero è uno studio composto da oltre 40 professionisti che si concentrano sui settori della sanità, dell’hotellerie e del patrimonio culturale. Nel febbraio 2019, il nuovo ospedale della città andalusa ha iniziato gradualmente ad aprire alcune aree sanitarie e al termine dello stesso anno tutti i servizi medici sono stati attivati fornendo la totalità delle cure ai pazienti. La proposta sviluppata da Enero ricerca la qualità degli spazi interni in tutte le aree previste dal programma funzionale, favorendo l’ingresso della luce naturale, un design accogliente per i pazienti e per tutti gli altri utenti e un utilizzo intelligente dell’energia necessaria ad alimentare l’ospedale. Gli spazi aperti dell’impianto sono stati organizzati in maniera coerente con quelli interni, favorendo le connessioni urbane e prestando particolare attenzione al paesaggio e alle aree ombreggiate pedonali disposte in continuità visiva e funzionale con gli spazi interni. Tutti questi fattori, oltre alla dimensione umana, sono stati fortemente considerati durante la progettazione, generando uno spazio architettonico moderno e attraente che ha permesso anche di valorizzare le rovine archeologiche ritrovate in prossimità dell’area, e la struttura storica vincolata collocata nella zona sud-orientale adiacente alla necropoli sotterranea.

█ I due volumi dell'ospedale. A sinistra il poliambulatorio e a destra gli spazi sanitari. Nell'intersezione dei due volumi l'ingresso all'atrio principale

█ Il modulo geometrico della facciata declinato anche sulla superficie orizzontale della copertura di ingresso

ORGANIZZAZIONE SPAZIALE Il progetto ha optato per organizzare le funzioni sanitarie in 2 volumi distinti intersecanti. Da un lato il blocco tecnico ospedaliero più grande e più alto, mentre accanto si trova l’edificio più piccolo destinato all’attività ambulatoriale. I due volumi sono disposti in modo divergente: il primo segue le regole geometriche dello sviluppo urbano, allineandosi con il confine orientale della proprietà. Il secondo è ruotato rispetto al primo, parallelo con il bordo opposto, oltre il quale si trovano i resti archeologici dell’antico nucleo islamico e la porzione della necropoli. La superficie complessiva dei due blocchi è di 23.500 metri quadrati, ovvero 18.650 metri quadrati al netto delle aree a parcheggio e delle superfici destinate a elementi tecnici e impianti. Questa disposizione volumetrica organizza nei punti di contatto tra gli edifici i due ingressi principali: nella parte anteriore quello per il pubblico pedonale esposto a sud e sul fronte opposto, da nord, l’ingresso dell’emergenza raggiungibile attraverso percorsi e flussi di traffico dedicati. L’involucro esterno si espande anche nelle zone di contatto tra i due edifici, fungendo da pergola che protegge entrambi gli ingressi sottostanti. Vi è un accesso pubblico aggiuntivo a servizio dell’area parcheggio posta al livello sotterraneo, mentre la logistica ha percorsi in entrata e in uscita dedicati, collocati su Airport Avenue. I due volumi sono stati sviluppati planimetricamente seguendo la medesima logica, ovvero attraverso la presenza di una grande corte centrale, simile a un chiostro, su cui si affacciano le varie funzioni primarie. La struttura ambulatoriale a un piano fuori ter-

█ Dettaglio della seconda pelle della facciata metallica

Planimetria piano seminterrato | (pag. 62)

Planimetria piano terra | (pag. 63)

Planimetria primo piano fuori terra | (pag. 64)

Planimetria piano secondo fuori terra | (pag. 65)

Planimetria piano terzo fuori terra | (pag. 66

Planimetria piano quarto fuori terra | (pag. 67)

█ Interno di una sala operatoria

ra gestisce in maniera autonoma tutte le attività di accoglienza, consultazioni e amministrative legate ai pazienti, mentre nell’edificio principale, sono presenti due livelli dedicati ai dipartimenti di degenza, collocati di sopra alle aree di emergenza, diagnostica e terapia intensiva. Entrambe le unità incorporano strutture di servizio, tra cui reception e accettazione, servizi igienici e aree di stoccaggio, nonché le connessioni verticali in modo che ognuno sia completamente indipendente dall’altro. Al piano seminterrato sotto l’edificio principale sono collocati tutti i servizi ausiliari e di supporto, mentre il garage si trova sotto l’edificio ambulatoriale. Complessivamente l’ospedale presenta sette piani fuori terra, 115 posti letto, 7 sale operatorie, 1 unità di radiologia vascolare, 2 unità di endoscopia, sale TC, risonanza, 1 area di fecondazione artificiale, 3 sale parto e 8 sale per diagnostica per immagini.

L’INVOLUCRO Il design architettonico dell’intervento ha perseguito l’obiettivo di massimizzare i benefici della luce naturale all’interno degli ambienti. L’ospedale è distribuito intorno ad una serie di interni cortili che, combinati con le superfici vetrate della facciata e i numerosi lucernari, riescono a illuminare praticamente tutti gli spazi distributivi e le aree di attesa. Il complesso ospedaliero è stato sviluppato con un linguaggio architettonico unitario su tutti i fronti, compresa la copertura, costituita da un doppio strato, che gli consente di sfruttare al meglio le condizioni climatiche locali filtrando il forte sole di Cordoba attraverso la pelle esterna reticolare. La luce artificiale viene controllata automaticamente in base alle condizioni di luce esterna. Lo strato più interno della pelle è realizzato con cellule costituite da porzioni opache e trasparenti prefabbricate. Il rivestimento ha un valore complessivo di trasmittanza U basso, pari a

1,1 W/mqK che contribuirà a fornire un controllo eccezionale sulla temperatura all’interno dell’edificio, mantenendo gli utenti a proprio agio durante tutti i periodi dell’anno. Il pannello sandwich fissato ai bordi della cellula costituisce il principale involucro termico. Lo strato esterno è invece un reticolo metallico, con un design che ricorda un disegno islamico ispirato ai mashrabiya arabi - motivi geometrici astratti che riflettono e modulano la luce solare verso l’interno. Il reticolo è color bronzo e oro, le cui tonalità cambiano a seconda dell’inclinazione del sole. Il vetro per la facciata (Guardian SunGuard® High Performance (HP) Amber 41/29) è stato scelto con cura per la sua combinazione di qualità estetica e prestazionale e per abbinarsi ai colori e alle sfumature del reticolo. È stato quindi selezionato un vetro ad elevato controllo solare combinato con un ottimo isolamento termico, rivestito da una pellicola con aspetto bronzo chiaro. Se è vero che il clima è stato il vincolo principale che ha indirizzato tutte le scelte costruttive dell’elemento, l’intervento non si concen

tra solamente nel dare risposte tecnologiche, ma guarda piuttosto ad integrarsi positivamente nel tessuto urbano e sociale, incoraggiando anche lo sviluppo generale del quartiere. L’involucro esterno dialoga direttamente con la città e con la sua storia ottimizzando l’inserimento dell’ospedale all’interno del paesaggio andaluso. Il contesto culturale e storico ha infatti un grande peso in una realtà come Cordoba, che è stata nominata Patrimonio dell’Umanità quattro volte. Il modello triangolare della facciata rappresenta l’evoluzione tecnologica dell’architettura mudéjar, e il suo design raggiunge un aspetto uniforme nonostante la presenza dei suoi spazi vuoti, fornendo quindi all’ ospedale unitarietà di linguaggio e grande versatilità e adattabilità alle esigenze interne.

STEFANO CARERA Architetto, Project Manager presso Tecnicaer Engineering L’autore

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