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Diritto e rovescio
Burro italiano è il momento della valorizzazione
La DOP potrebbe essere una delle soluzioni per far valere la qualità del burro italiano, così come la definizione di standard produttivi, un’etichetta più chiara e la cooperazione tra diversi produttori, enti e istituzioni
Martina Halker
Nel numero 5/2020 di Scienza e Tecnica lattiero casearia sono stati pubblicati due articoli sul burro: “Burro italiano, dove vai?” e “Quale futuro per il burro italiano?”, nei quali si metteva in risalto che mentre in Europa si registrano i “magnifici otto” burri con la DOP, il burro italiano resta incerto nel suo posizionamento, sebbene lo spazio di valorizzazione non manchi. Ci si chiedeva anche quale sia il burro migliore, riflettendo sul fatto che “la risposta dipende dal contesto in cui viene posta la domanda e forse al mercato non interessa il burro migliore, forse al mercato interessa un buon burro italiano”. Abbiamo quindi pensato di chiedere ad alcuni produttori se sia il momento di valorizzare il burro italiano e quali strategie si dovrebbero implementare.
ELEVATI LIVELLI QUALITATIVI PER IL BURRO ITALIANO
Fausto Marchetti: Il burro italiano, purtroppo, è spesso considerato un sottoprodotto della produzione del formaggio di tipo grana, cioè tipicamente del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano, e non un prodotto primario, caratteristica che si riflette di conseguenza anche sulle sue qualità organolettiche. Tanto che in passato il nostro burro è stato considerato di qualità inferiore rispetto a quello di produzione straniera, proveniente soprattutto dal nord Europa, probabilmente a causa della tecnologia utilizzata da affioramento, che garantisce una minore qualità rispetto a quello da centrifuga. Negli ultimi anni tali premesse hanno perduto di validità e il burro italiano è cresciuto raggiungendo elevati livelli qualitativi. Migliorando la qualità delle materie prime e
FAUSTO MARCHETTI
Direttore operativo di Virgilio
LIBERO STRADIOTTI
Presidente del Consorzio
del Provolone Valpadana
delle tecnologie produttive si è arrivati a ottenere un prodotto che compete alla pari con i migliori burri del nord Europa. Attraverso un pretrattamento presso il caseificio si ottiene una materia prima del tutto simile alla crema di centrifuga e la scelta di fermenti selezionati permettono di avere un prodotto che garantisce alta qualità e parametri organolettici simili ai burri europei, ma con le caratteristiche di consistenza e colore derivanti dall’utilizzo di panne locali. Tale prodotto presenta pertanto caratteristiche ideali per essere usato per prodotti da forno e pasticceria. A questa metodologia produttiva è stato accompagnato un miglioramento della qualità del latte, garantita dal controllo dell’intera filiera. Per implementare il consumo di burro italiano, occorre a nostro avviso diffondere una vera e propria “cultura alimentare”, sia verso il consumatore, che non sa quasi nulla del burro che compra e spesso, quando si parla di burro, ha pregiudizi e luoghi comuni, sia verso gli operatori e stakeholder che più utilizzano il burro di alta qualità. Tale operazione non potrà, a nostro avviso, essere fatta da un unico player, ma dovrà essere coordinata, programmata e governata da enti e istituzioni sia a livello nazionale che internazionale.
ATTENZIONE AL BENESSERE DEL BESTIAME
Libero Stradiotti: Il burro rappresenta, per i caseifici del nostro territorio padano, un ulteriore elemento che qualifica, insieme ai prodotti a indicazione geografica, l’offerta nei confronti del consumatore. Sebbene, negli anni, il consumo del burro sia stato “bandito” dalla tavola degli italiani per motivazioni strettamente connesse alla dieta, nuovi orientamenti alimentari stanno ridando vigore ai grassi di origine animale. Sull’esperienza che hanno maturato i formaggi tipici, o meglio, di quelli che si sono avvantaggiati di una denominazione di origine e che, proprio grazie a quello, sono diventati ambasciatori del prodotto italiano nel mondo, non escluderei un simile percorso virtuoso anche per il burro. Si tratterebbe, sostanzialmente, di attribuire una connotazione locale a questo prodotto per avvalorare, presso il consumatore, così come avviene per i formaggi, il burro come frutto di un settore primario sempre più attento all’alimentazione e al benessere del bestiame, favorendo un progressivo innalzamento della qualità del latte da cui trarre prodotti unici.
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Proporre la definizione di specifici standard anche per il burro, con tutto ciò che ne deriva in termini di sicurezza, igiene e garanzie, sarebbe, a mio avviso, un’opportunità da non scartare, collocando sul mercato un prodotto in grado di offrire al consumatore tutte quelle aspettative che vengono riservate ai prodotti di qualità.
UN PRODOTTO DI NICCHIA
Carla Occelli: Nel 2009 ho scelto di non entrare nell’arena di un mercato del burro di affioramento dominato dalla grande industria dei formaggi, ma da piccola artigiana mi sono ritagliata una nicchia con un prodotto ben specifico, il burro de I Segreti di Carla: 100% di panna da centrifuga, lavorato con la zangola. Soluzione che mi ha consentito di trovare un’identità con un prodotto unico tra i tanti disponibili nel mondo del consumo, all’insegna della discontinuità con una materia prima piemontese trasformata lo stesso giorno della scrematura ottenuta per centrifugazione e quindi con un metodo di lavorazione diverso. L’inserimento in questa nicchia di mercato ha, quindi, consentito all’azienda di non confrontarsi con i grandi competitor sul prezzo o sulla capacità di spingere con imponenti campagne di marketing/comunicazione. Dopo questa breve presentazione, provo a fare qualche considerazione sul mercato, visto da un’angolazione di piccola artigiana senza il supporto di dati statistici o di profonde analisi. Quello che osservo è che buona parte della grande ristorazione italiana o della grande pasticceria, per cui siamo famosi nel mondo, è costretta a fare ricorso a burri stranieri per conclamata assenza di prodotti italiani riconosciuti validi e di eccellenza. Stiamo parlando di un mondo che è sempre alla ricerca di prodotti autoctoni; si riportano “in vita” tuberi scomparsi o antichi grani di cui si era persa memoria, ma quando si arriva a parlare del burro, elemento essenziale di ricette ricercatissime e di invidiate espressioni dell’altissima sapienza riconosciuta al “Made in Italy”, spunta inevitabile il dispiacere di aprire un varco al burro straniero magari di qualità, ma straniero. Da operatrice del settore credo che sia giunto il momento di attuare delle iniziative non più differibili, di mettere mano alle attuali e poco chiare regole per andare incontro a medio-piccole realtà che faticano a entrare in un circuito rigido e soprattutto ai consumatori, oggi messi nell’impossibilità di fare scelte consapevoli. Mi riferisco alla necessità di interventi puntuali da parte dei soggetti preposti, attraverso interventi di maggiore attenzione alle diversità, magari con un sostegno economico per artigiani e piccole/medie aziende. Progetti mirati a colmare l’assenza di DOP nel burro, già presenti e vincenti all’estero, con maggiore at-
La valorizzazione del burro passa anche dall'attenzione alla filiera del latte
CARLA OCCELLI
Responsabile produzione de I Segreti di Carla
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tenzione alla filiera del latte italiano, chiarendo quelle zone d’ombra ancora esistenti. Fortemente prioritario risolvere, una volta per tutte, l’annoso problema delle etichette, spesso criptiche o non veritiere. Altrettanto auspicabile sarebbe la creazione di eventi dedicati, con iniziative di concerto tra il settore e i ministeri competenti, finalizzate alla diffusione dei prodotti di eccellenza ma soprattutto a diffondere cultura e conoscenza. C’è la necessità, a mio avviso, di introdurre regole basate su una sorta di blockchain con un controllo accurato di tutti i passaggi, dalla produzione del latte fino alla sua messa sul mercato nei vari prodotti/canali. Mi rendo conto che le cose elencate, semplici e condivisibili in apparenza, andranno a scontrarsi con una realtà complessa fatta da grovigli di interessi in cui quelli economici sovrastano spesso ogni altro principio, per quanto nobile ed elevato.
GIUSEPPE LOSI Professore Ordinario
di Industrie Alimentari dei Prodotti di origine animale presso l’Università di Bologna dal 1983 e Libero Docente in Industrie Agrarie (enologia, oleificio, caseificio)
UN CONSUMATORE PIÙ CONSAPEVOLE
Giuseppe Losi: La valorizzazione del burro italiano dovrebbe partire da una maggiore consapevolezza da parte del consumatore che il burro non si fa dal burro importato, ma dalla panna, come il vino si fa partendo dall’uva e non dal vino difettoso. Una delle possibili strategie da seguire è quella che passa attraverso la qualità dei nostri prodotti lattiero caseari, in particolare dei formaggi e del burro. Sottolineando che il burro è un co-prodotto derivante dalla produzione dei formaggi duri DOP, orgoglio della tradizione casearia nazionale. Soprattutto, dobbiamo far comprendere che per quanto riguarda i prodotti lattiero caseari il nostro Paese può competere solo a livello qualitativo, perché a livello quantitativo questo, per diversi motivi, è impossibile. Infatti, sono già presenti nel mercato alcune realtà, di dimensione certamente contenuta, ma di elevata qualità.
GIANLUCA BOSCHETTI
Responsabile marketing
Latteria Soresina
LA DOP COME VALORE AGGIUNTO
Gianluca Boschetti: Concordo sul fatto che ci siano opportunità per valorizzare il burro in Italia. Il punto è trovare il modo. Il mercato del burro in Italia è diviso in tre grandi canali: il retail, l’Horeca e l’industria. Per quanto riguarda GDO e negozi, è il consumatore che sceglie il burro da acquistare. Su questo fronte, più che negli altri canali, gioca un ruolo fondamentale la valorizzazione della marca. Nell’Horeca e nell’industria la valorizzazione è meno visibile al consumatore, che usufruisce di un prodotto finito in cui il burro è solo uno degli ingredienti. Altra questione da affrontare per capire che la valorizzazione del burro in Italia sarebbe auspicabile, ma non di semplice realizzazione, sono i numeri che ci distinguono enormemente, per esempio, dal mercato francese. Il consumo pro capite in Francia è circa 8 volte quello in Italia. È naturale, visto il sovrapporsi dell’utilizzo di olio extravergine d’oliva che si fa nel nostro Paese. Addentrandoci quindi nei numeri, in Italia, nel mercato retail, si vendono circa 43mila tonnellate di burro per un valore al consumo di 400 milioni di euro.
In Francia, invece parliamo di quasi 8 volte tanto. Con queste cifre, le aziende d’oltralpe hanno a disposizione risorse diverse da investire in comunicazione, ricerca e sviluppo. Inoltre, il mercato francese registra la presenza di produttori di importanti dimensioni, mentre l’Italia, nel settore retail, presenta un mercato molto frastagliato, in cui il primo produttore detiene meno del 9% di quota e il secondo è circa la metà del primo. Certo l’idea di una DOP del burro, nata dall’unione dei produttori in un Consorzio, permetterebbe di unire le risorse per una promozione unica. Inoltre, sono convinto che a prescindere dagli investimenti in comunicazione, la DOP sia un valore aggiunto, soprattutto di qualità percepita dal consumatore che ormai conosce bene il significato di questo marchio di qualità. Il burro italiano avrebbe tutte le caratteristiche per garantire la qualità che ci si aspetta da una DOP. È sufficiente lavorare al meglio sulla materia prima e sui processi produttivi. Noi, per esempio, abbiamo scelto di utilizzare solo panne fresche, che danno una qualità maggiore al prodotto finito. A volte si tende a enfatizzare troppo il burro da centrifuga, che, se prodotto da panne fresche e ottime tecnologie è sicuramente di qualità, ma a volte viene prodotto invece con burro congelato. Inoltre c’è da chiedersi se il consumatore conosca veramente il significato di panna da centrifuga. Per concludere, bene la valorizzazione del burro italiano, anche attraverso la DOP. Le questioni riguardano le risorse ed eventualmente mettere d’accordo tanti interlocutori. Nella questione, però, mi piace cogliere l’opportunità. Parliamo di un prodotto consolidato nella cucina italiana e che nel periodo Covid è cresciuto del 20%. In passato, la costante perdita di quote di mercato non era dovuta tanto al-
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la demonizzazione dei grassi animali, quanto alle abitudini alimentari degli italiani che cucinano sempre meno. La valorizzazione del burro italiano, a mio avviso, passerà anche attraverso la comunicazione sul suo utilizzo. Più si riuscirà a costruire una cultura di utilizzo del burro, più il consumatore saprà riconoscere le differenze di qualità delle sue diverse tipologie e quindi a valorizzarle. Anche perché il burro in cucina è un artefice di sensorialità con pochi pari.
AMPLIAMENTO DELL’OFFERTA DI MERCATO
Maurizio Moscatelli: La reale segmentazione del mercato del burro continua a essere quella basata sui formati e le referenze più vendute sono quelle che garantiscono battute di cassa inferiori o convenienza in termini di euro/kg. Nel mercato del burro si è assistito negli ultimi anni anche all’ampliamento dell’offerta realizzata dalle industrie produttrici, principalmente nelle aree benessere e intolleranze alimentari, anche se hanno un peso ancora marginale (7,1% del totale dei volumi del mercato): dal burro a ridotto tenore di grasso o alleggerito a quello a ridotto contenuto di colesterolo, fino al burro chiarificato e salato, ma anche il delattosato e il biologico. Negli ultimi anni abbiamo concentrato importanti risorse aziendali nello sviluppo del Burro Parmareggio, che ci hanno portato a creare una gamma sempre più ampia e attenta alle esigenze di un consumatore in continua evoluzione. La particolare attenzione alle materie prime, la differenziazione della gamma e dei formati, i lanci del burro delattosato e del burro bio seguendo i nuovi trend di mercato, importanti politiche di marketing attuate sulla categoria e un rapporto commerciale con la GDO basato sul reciproco obiettivo di sviluppo del business sono gli elementi che ci hanno permesso di ottenere in pochi anni la leadership in un mercato che ha visto momenti di difficoltà. Parmareggio ha cercato di innovare nel mercato del burro puntando sull’origine e sulla provenienza della materia prima, ovvero le panne provenienti dalla lavorazione del nostro Parmigiano Reggiano. Lo stretto contatto con i fornitori, consolidato negli anni, permette un accurato controllo fin dalle prime fasi della filiera produttiva, mentre controlli qualitativi durante le fasi di burrificazione e confezionamento mantengono alto il livello di sicurezza e qualità. Per andare incontro alle esigenze di consumo, abbiamo diversi formati sia con grammature ridotte e con bassa battuta di cassa disponibili presso la GDO, ma anche il canale Horeca o per l’industria. Il nostro burro è nato principalmente per il mercato interno, ma da alcuni anni abbiamo rilevato un crescente interesse in particolare da parte dei paesi del centro-est Europa.
MAURIZIO MOSCATELLI
Direttore commerciale di Parmareggio
QUALCHE DATO DI MERCATO
Il mercato del burro, con le sue oltre 20,5 milioni di famiglie e una penetrazione dell’82%, ha sviluppato nella distribuzione moderna negli ultimi 12 mesi circa 35.800 tonnellate per un fatturato di 335 miliardi di euro. Si registra un aumento a volume del +14,0% e a valore del +9,4%.1 Nella prima fase del lockdown la categoria del burro ha visto un incremento a doppia cifra (+53,3% a volume e +51,2% a valore), dovuto al cambiamento del carrello della spesa determinato dai nuovi modelli di consumo “cuochi in casa” che hanno favorito il comparto fresco del libero servizio di cui fa parte il burro. La crescita è stata guidata da un aumento a doppia cifra del parco acquirenti pari a 17,3 milioni di famiglie (+19%). Da registrare anche un incremento della frequenza di acquisto (2,8 atti nel trimestre +13%).2 La reale segmentazione di questo mercato continua a essere quella basata sui formati e le referenze più alto vendenti sono quelle che garantiscono battute di cassa inferiori o convenienza in termini di euro/kg. Le aziende hanno cercato, negli ultimi anni, di ampliare l’offerta soprattutto nelle aree benessere e intolleranze alimentari, anche se il peso è ancora marginale (7,1% del totale dei volumi del mercato). A fronte di una crescita di circa 26mila famiglie del comparto burro tradizionale, seppur con un peso nel mercato del burro ancora marginale continua la crescita a doppia cifra del segmento del delattosato (+23,8% a volume), ottenendo nell’ultimo anno l’apprezzamento di circa 2,4 milioni di famiglie (+272mila famiglie). Peso marginale all’interno della categoria anche per il segmento del biologico (2,2% a volume), ma con trend di crescita a doppia cifra (+12,0% a volume).3
[1] Nielsen Distr. Moderna - Dati AT al 04/10/2020 - Nielsen market summary dati homescan at feb 2020. [2] Nielsen Distr. Moderna - Dati bimestre marzo-aprile 2020 - Nielsen market summary dati homescan at feb 2020. [3] Nielsen Distr. Moderna - Dati AT al 04/10/2020 - Nielsen market summary dati homescan at feb 2020.