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Tecnologia applicata

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Diritto e rovescio

Diritto e rovescio

Castelmagno DOP

Un formaggio a pasta cruda con struttura friabile non gessata

GUIDO TaLLoNe

Responsabile formazione lattiero-casearia Agenform-Consorzio

Il Castelmagno DOP appartiene alla categoria dei formaggi “a pasta cruda” ovvero formaggi a cui, a seguito della fase di coagulazione, non vengono effettuati riscaldamenti (semicottura o cottura). Inoltre, anche se solamente per una parte della produzione (lunga stagionatura - oltre 6/8 mesi), alla categoria dei formaggi erborinati. Formaggio di latte vaccino (con “eventuali” aggiunte di latte ovino e/o caprino in percentuale da un minimo del 5% a una massima del 20%) intero - crudo, a pasta cruda, semidura, con stagionatura minima di 60 giorni. Il territorio di produzione è la Regione Piemonte, Provincia di Cuneo, nei soli tre comuni della parte alta della Valle Grana (Monterosso Grana, Pradleves e Castelmagno). Può essere prodotto anche nella menzione “di Alpeggio” quando è ottenuto da latte prodotto in alpeggi del medesimo territorio e caseificato ad altitudini non inferiori a 1.000 metri.

LA STORIA

Vi è un interessante documento storico dell’Istituto Pratico di Zootecnia e di Caseificio M. Soleri, risalente agli anni venti del 1900, che grazie a ONAF è stato “rimesso” in circolo tra i propri associati con una bellissima copia anastatica, dal titolo Il Formaggio di Castelmagno. Si indica il patrimonio zootecnico del comune di Castelmagno di quegli anni pari a: » Equini (asini e muli): totale 120 » Bovini (capi sotto l’anno, tori e torelli, giovenche e vacche): totale 618 » Ovini: totale 466 » Caprini: totale 275 E ovviamente si parla della “fabbricazione” del formaggio Castelmagno dove si testimonia in questo modo la Fase Tecnologica più distintiva del processo produttivo: “Dopo un tempo variabile da uno a 3 giorni in estate o 4 o 5 giorni in inverno secondo il freddo della stagione, la pasta si riprende e si rimescola… poi si colloca in una reticella di cotone e si introduce nella forma… prima premendo con le mani e poi con una pietra da 3 a 6 kg. Anche Giovanni Delforno nel suo testo fondamentale per i formaggi piemontesi I Formaggi tipici del Piemonte e della Valle d’Aosta [EDA 1981] si dilunga molto sulla descrizione generale e specifica (che indica l’importanza del formaggio nel panorama regionale) e in un passaggio scrive: “Se - come accade di frequente - il quantitativo di latte è insufficiente per ottenere una forma, si lascia riposare il latte per 2-3 giorni… Allorché si deve fare formaggio con il latte di più giorni, alcuni produttori preferiscono, invece, fare ogni volta le rispettive cagliate, che vengono poi tenute immerse in siero, affinché si conservino a lungo; dopo qualche giorno, raggiunto un quantitativo di almeno 5-6 kg di cagliata, si accingono a farne un formaggio”.

Processo produttivo: lo schema tecnologico

Latte crudo (fino a un massimo di quattro mungiture consecutive)

Eventuale scrematura per affioramento

L’aggiunta di fermenti è vietata

Riscaldamento da 30 a 38 °C

Aggiunta di caglio liquido di vitello (con almeno il 70% di chimosina), la quantità è in relazione a una durata di caseificazione variabile tra 30 e 90 minuti

Tagli della cagliata fino a ridurre i granuli alle dimensioni da chicco di mais a nocciola

Agitazione ed eventuali soste per 10-20 minuti al fine di facilitare la separazione del siero

Estrazione cagliata in tele

Le tele possono subire un’eventuale pressatura e poi essere appese oppure appoggiate su un piano inclinato per almeno 18 ore

La cagliata ottenuta viene tagliata a blocchi e messa in recipienti (anche di legno) e sommersa nel siero delle lavorazioni precedenti per un periodo che va dai 2 ai 4 giorni

Tritatura (manuale o meccanica)

Salatura nella cagliata tritata

Formatura con tela e stampo (anche di legno)

Pressatura e apposizione di matrice recante il marchio di origine in negativo

Stagionatura minima di 60 giorni con umidità 75-98% e temperatura tra 5 e 15 °C (Sono ammessi i seguenti trattamenti in crosta: spazzolature e/o lavaggi utilizzando sostanze naturali, che non abbiano effetto colorante diretto) Pasta prima e dopo la tritatura con stampi formati (credits: Consorzio di Tutela del formaggio Castelmagno DOP)

Inoltre può acquisire l’indicazione di “Prodotto di Montagna” se rispetta la normativa vigente in merito. Attualmente conta 11 produttori di cui 10 di azienda agricola e un caseificio cooperativo. La produzione per il 2019 è stata di 37.859 forme certificate, per un totale di circa 213.909,72 kg di formaggio certificato. L’ente di certificazione è INOQ. ASPETTI TECNOLOGICI IMPORTANTI Basse temperature di coagulazione e non semicottura

Stranamente in questa parte delle alpi occidentali (in specifico le Alpi Marittime) la pratica della semicottura non si è mai diffusa in passato, nacquero quindi formaggi che venivano coagulati a temperature in-

Tabella 1. Caratteristiche del Castelmagno DOP

DIMENSIONI (in relazione alla stagionatura minima)

Peso: da 2,0 a 7,0 kg

Scalzo: da 12,0 a 20,0 cm

Diametro: da 15,0 a 25,0 cm

CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE

Crosta: non edibile, sottile di colore giallo-rossastro, liscia, tendente al rigido e regolare ai minimi di stagionatura; assume invece un colore più scuro, si ispessisce e diventa rugosa con il progredire della stagionatura.

Pasta: bianco perlaceo o bianco avorio ai minimi di stagionatura, di colore giallo ocrato con eventuali venature blu verdastre all’interno col progredire della stagionatura, ottenute anche mediante la foratura delle forme secondo la tecnica tradizionale (manuale con ferri lunghi). Struttura: friabile ai minimi di stagionatura, più compatta col progredire della stagionatura.

Sapore: fine, delicato e moderatamente salato ai minimi di stagionatura; più saporito col progredire della stagionatura.

Tritatura della cagliata dopo la maturazione sotto siero (credits: Consorzio di Tutela del formaggio Castelmagno DOP)

Forme in stagionatura (credits: Consorzio di Tutela del formaggio Castelmagno DOP)

torno ai 30 °C (opuscolo del 1922 = 28 °C) e che poi non subivano nessun riscaldamento della miscela cagliata/siero. Questo passaggio tecnologico ha sicuramente influito sulla scelta di successive fasi, come vedremo, ma indica anche una impronta quasi esclusivamente mesofila al patrimonio lattico della materia prima di partenza, con interessanti risvolti di attività proteolitiche e lipolitiche sul prodotto in stagionatura.

Mantenimento della cagliata sotto siero

Come da disciplinare, la cagliata ottenuta in caldaia viene fatta spurgare in teli, la massa che si ottiene viene poi posta in contenitori in immersione il siero delle precedenti caseificazioni di media a una temperatura intorno ai 20 °C. Questa fase dura minimo 2 giorni e quindi certamente contribuisce ancora a un processo di acidificazione ma anche a un eventuale insorgenza di possibili inquinamenti con gonfiori indesiderati con effetti

IN CUCINA

Da sempre il Castelmagno DOP è impiegato come condimento degli gnocchi di patate (piatto tradizionale delle montagne cuneesi) dove, oltre al formaggio, anche le patate di montagna rappresentano molto bene il territorio.

fettuata con trituratori per uso alimentare (es. tritacarne, scegliendo la piastra con la giusta dimensione dei fori), è la fase più responsabile della definitiva struttura della pasta casearia (anche se successivamente è influenzata ancora da pressatura e stagionatura). È questa fase che conferisce al Castelmagno DOP la tipica struttura friabile (termine impiegato anche nel disciplinare di produzione) che erroneamente viene confusa con la gessatura.

Tipica struttura friabile della pasta di Castelmagno DOP

anche di mancato spurgo e conseguenze sulle caratteristiche organolettiche e strutturali, da qui si evidenzia l’importanza, ancora maggiore, dell’attenzione alla qualità del latte di partenza. È una fase che, proprio per queste durate, è sicuramente pochissimo frequente nel panorama caseario.

Tritatura della cagliata (Struttura friabile. Non gessata) Anche questa fase è sicuramente molto singolare, specialmente dopo i 2-4 giorni successivi alla caseificazione (anche 5 compresa la caseificazione e spurgo in tela). Nasce ovviamente dalla necessità di “unire” cagliate fatte in tempi differenti con minime quantità di latte, per raggiungere un volume sufficiente a produrre un singolo formaggio (in epoche dove i formaggi “piccoli” non erano ben accettati per la stagionatura, che un tempo non era sicuramente di breve durata). La tritatura, un tempo manuale, adesso ef-

Tabella 2. Dichiarazione nutrizionale

Valori nutrizionali medi per 100 g

ENERGIA

kj/kcal

1796/429

GRASSI

g 34,8

di cui acidi grassi saturi g 20

CARBOIDRATI

g 1,5

di cui zuccheri

PROTEINE

SALE

g 0,1

g 24,1

g 1,9

CASTELMAGNO DOP E I SUO FRATELLI

Nel mondo delle “doppie rotture” della cagliata Sicuramente particolare nella sua fase di tritatura della cagliata, il formaggio Castelmagno DOP ha dei fratelli e dei cugini che condividono questo aspetto tecnologico. In alcuni casi questa fase viene definita (anche se può far cadere in inganno) di “Doppia rottura della cagliata” intendendo una “seconda” rottura “fuori” dalla caldaia di coagulazione. Il fratello “quasi” gemello è il formaggio francese Bleu de Termignon (produzione di solo alpeggio del “versante” francese ai confini con la Valle Susa) con una tecnica molto simile sia per la “maturazione” sotto siero che per la tritatura. In Italia abbiamo un altro formaggio DOP che pratica la doppia rottura, anche se con obiettivi finali di struttura molto diversi: l’Asiago DOP.

Cagliata tritata di formaggio francese Salers

Stagionatura formaggio Cheddar

Formaggio francese Bleu de Termignon

Sempre in Francia sono presenti le AOC (DOP in francese) Cantal e Salers (la seconda definibile quale versione di nicchia del Cantal) anche qui con evidenti differenze nella struttura finale della pasta. Infine occorre menzionare anche la grande famiglia dei Cheddar che attraverso la fase definita Milling (fresatura) vede la riduzione a dimensione piccola (non come Castelmagno DOP) per una successiva formatura e pressatura. Formaggio francese Salers

Il Formaggio di Castelmagno - Prof. Dott. Cav. Uff. Carlo Remondino - Istituto Pratico di Zootecnia e di Caseificio M. Soleri - ONAF copia anastatica I formaggi tipici del Piemonte e della Valle d’Aosta - Giovanni Delforno - Edizioni EDA - 1981 Disciplinare di produzione Formaggio Castelmagno DOP

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