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L’impianto

L’impianto

Una vita da Tecnologo alimentare vissuta nella filiera del latte

Francesca De Vecchi

Tecnologa alimentare

Antonio Fierro è responsabile Gestione Qualità di Centrale del latte di Brescia Spa. Una vita da tecnologo alimentare. “Non avrei potuto fare altro - dice ad un certo punto dell’intervista -. Penso sia uno dei lavori più belli al mondo”. Non stupisce quindi che per parlare di sé come professionista, Antonio Fierro parta dalla scuola e dall’importanza di una solida cultura di base, anche in ambito tecnico.

Quindi, quanto è importante la scuola nel lavoro che si sceglierà di fare?

Io credo poco nella specializzazione spinta, cioè nella formazione tipicamente anglosassone. Penso piuttosto sia importante avere una solida preparazione generale, tecnica o umanistica che sia. Acquisire bene le nozioni di chimica, matematica, fisica, per le professioni tecniche, si rivela sempre una ricchezza, anche se da studente non si riesce a coglierne fino in fondo l’utilità. Ognuno di noi è a sé ovviamente, ma la scuola deve garantire una solida preparazione di base, senza la quale un professionista rischia di trovarsi senza gli strumenti per capire la complessità delle situazioni e dei processi.

E poi?

E poi la passione. Quella che io chiamo “la fame” o “lo sguardo della tigre” (lo dice con fare ironico, ndr), che è sempre importante nella vita, e a maggior ragione in ambito lavorativo. Significa essere curiosi, voler capire; significa avere la caparbietà di applicarsi per comprendere i fenomeni. Che è diverso dall’essere competitivi o arrivisti, dal voler primeggiare. Implica invece passare ore del proprio tempo a studiare. Ecco, se e quando accade tutto ciò, ci si può considerare sulla strada giusta.

Quale è stato il suo percorso di studi? Mi sono laureato in scienze delle preparazioni alimentari e poi ho ottenuto l’abilitazione come tecnologo alimentare. Ho cominciato a lavorare nella pubblica amministrazione, poi ho fatto il libero professionista, quindi ho aperto un’azienda. Dopo averla venduta sono entrato in Centrale del Latte di Brescia.

Un percorso quasi completo. Cosa ha imparato da ognuna di queste esperienze?

Dalla pubblica amministrazione ho in parte sofferto la mancanza di riconoscimento per

ANTONIO FIERRO responsabile Gestione Qualità Centrale del Latte di Brescia

l’iniziativa personale ma imparato la “pazienza” di dare il tempo alle cose, in un ambito complesso e spesso rallentato dalla burocrazia. Da libero professionista e poi imprenditore ho imparato l’importanza del confronto continuo con se stessi e con gli altri e la perseveranza, la costanza, il “mai tirarsi indietro”. In azienda - che è la dimensione che ad oggi preferisco - ho capito il valore del “compromesso”, che concilia istanze anche distanti senza mai comunque mortificare la qualità e la correttezza del lavoro. La nostra

1930: nasce la Centrale del Latte di Brescia

professione, più di altre attività tecniche, ha un’etica rigorosa, perché abbiamo a che fare con la salute delle persone. L’etica del settore alimentare è oggi chiamata in causa anche sulle sfide ambientali, come dimostra la situazione pandemica. È una professione carica di responsabilità a cui non possiamo derogare.

Ha mai pensato che avrebbe potuto fare altro?

No. Negli anni, dalla laurea in poi, la passione per questa materia è rimasta la stessa di quando studiavo. L’ho scelta per interesse e l’ho seguita con dedizione. Avendo fatto il laboratorista, il mio modo di lavorare non prescinde mai dal mettere in dubbio il risultato. Questo permette di prevenire e di verificare a fondo che non siano stati fatti errori, così da essere sicuri di dare la risposta corretta ad una domanda o ad un problema. Del resto il saper dire “non lo so” è una forma di umiltà che ti fa anche essere curioso.

E si torna alla curiosità come motore di crescita. Vale altrettanto per le relazione e la gestione dei gruppi di lavoro?

Il bravo manager conosce se stesso ma conosce anche gli aspetti della psicologia umana e i meccanismi comportamentali, necessari per cogliere le diverse forme dello stare insieme sul lavoro. Grande o piccola che sia, un’azienda è una piccola comunità di persone che non si scelgono. La relazione ha bisogno di essere favorita. Quindi studio anche la psicologia comportamentale. Mi dà quella sensibilità in più per riuscire ad uscire dalle difficoltà, capire come affrontarle; per comprendere come riuscire ad ottenere il massimo da persone su cui magari non ci ha un particolare ascendente. Questo però è uno studio che ho portato avanti da solo, perché ancora in molte aziende non è considerato un aspetto importante della formazione manageriale. Ma dovrebbe essere il passo successivo per una formazione professionale completa e soddisfacente.

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