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RAFAEL GURIDI CURRICULUM VITAE

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ARTICULOS Y PUBLICACIONES

PARTE II: LIBROS Y CAPITULOS DE LIBROS


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a p í t u l o s d e l i b r o s

RAFAEL GURIDI CURRICULUM VITAE

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LIBROS Y CAPÍTULO DE LIBROS

1. “Continuidad y Ruptura: años 60 a 80 en la arquitectura española”. Capítulo de libro La Conservación del Patrimonio del Siglo XX. Criterios y experiencias en España y America Latina (ponencia invitada en del curso internacional UPM de verano del mismo nombre, dirigido por Fernando Vela). Madrid, agosto 2019 2.

“Cicatrice Urbane. Vivere e Abitare sototerra” en.: Antonio Conte (ed), La Citta´Scavatta. Paessaggio di patrimoni tra tradizione e innovazione. Roma: Gangemi editore, 2016, págs 73-76

3.

“Un lugar entre la tierra y las estrellas” en: Glez. Capitel, A., Métodos e instrumentos de la arquitectura moderna. Colección “Textos de Arquitectura y Diseño” (Selección de artículos) Ciudad de Buenos Aires: Diseño, 2016. págs 205-221.

4.

“Lc & Bauhaus in latin Amerika. Una doble mirada”, en: Esteban Maluenda, Ana, Rutas iberoamericanas. Contactos e intercambios en la arquitectura del S. XX. (próxima aparición). Madrid, octubre, 2016-08-30

5.

“Lecciones alemanas. Los bloques de Hans Scharoun en la Siemensstadt”, en: Alonso García, Eusebio, Alojamiento para otros modos de vida. Valladolid: Universidad de Valladolid, 2015, págs. 93-95

6.

“La utopía tecnológica frente a la realidad: Hervás y Leoz en Orcasitas" en: Alvarez Areces, M.A., Vivienda Obrera en la ciudad industrial del siglo XX. Espacio urbano, estrategias de habitación y regeneración de patrimonio industrial. Madrid:Abaco, 2015

7.

“Gigantes y fantasmas. Pasado, presente y futuro del mercado de frutas y verduras de Javier Ferrero”, en: Rafael Guridi et al (eds), Proyectar la Memoria II. Compartir experiencias para la conservación del Patrimonio Cultural Iberoamericano. Madrid: Rueda editorial 2015, 181-191.

8.

“Image and Identity: the experimental housing of Schorlemerallee, Hans & Wassili Luckhardt and Alfons Anker, Berlín” en: XIIth International Docomomo Conference. Bookwell Oy, Porvoo, Finland 2013, pag 276-282.

9.

“La estrategia del yudoca. Experiencias del taller de Nájera” en: Rafael Guridi et al (eds), Proyectar la Memoria I. Criterios y estrategias para la intervención, restauración y gestión del patrimonio cultural iberoamericano, Madrid: Rueda editorial 2014, págs 203-206 y 211-217

10.

“La fábrica Mirat en Salamanca: un ejemplo de memoria involuntaria”, en: Alvarez Areces, M., Paisajes culturales, Patrimonio Industrial y desarrollo regional. Gijón : INCUNA ed, 2013, págs 507-512.

11.

“La casa de Dorian Gray. Consideraciones sobre la actuación en la vivienda moderna”, en: Ibañez, J. et al (ed), 10 Años de Teoría y Tecnicas de Restauración. Madrid: DPA / Mairea ed., 2010, págs 43-45.

12.

“Edificio de viviendas en Avda. de la Reina Victoria 23 c/v Ibáñez Ibero”, en: Sambricio, C.,Un siglo de Vivienda Social, Tomo 1 , Madrid:Ed. Nerea, 2003, pags. 316-317

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TESIS (RESUMEN) Habitar la noche. Hans Scharoun y la vivienda unifamiliar como vehiculo de exploración proyectual. Resumen de tesis doctoral para premios ARQUITESIS 2010 de la fundación ARQUIA (Obtuvo 1ª mención)


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Y RUPTURA

Años 60 a 80 en la arquitectura española Capítulo de libro La Conservación del Patrimonio del Siglo XX. Criterios y experiencias en España y America Latina (ponencia invitada en del curso internacional UPM de verano del mismo nombre, dirigido por Fernando Vela)

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RAFAEL GURIDI

AUTOR


CONTINUIDAD Y RUPTURA CapĂ­tulo de libro Consevacion del Patrimonio del Siglo XX Madrid, agosto, 2019


CONTINUIDAD Y RUPTURA CapĂ­tulo de libro Consevacion del Patrimonio del Siglo XX Madrid, agosto, 2019


CONTINUIDAD Y RUPTURA CapĂ­tulo de libro Consevacion del Patrimonio del Siglo XX Madrid, agosto, 2019


CONTINUIDAD Y RUPTURA CapĂ­tulo de libro Consevacion del Patrimonio del Siglo XX Madrid, agosto, 2019


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CICATRICI URBANE. Vivere e Abitare sototerra Capítulo de libro LA CITTA’ SCAVATA Paesaggio di patrimoni tra tradizione e innovazione Antonio Conte et al. (ed) . pags. 73-76 Roma: Gangemi editore, 2016

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Rafael García Guridi

Cicatrici Urbane Vivere e Abitare sototerra

“Non c’è città più di Eusapia propensa a godere la vita e a sfuggire gli affanni. E perché il salto dalla vita alla morte sia meno brusco, gli abitanti hanno costruito una copia identica della loro città sottoterra. I cadaveri, seccati in modo che ne resti lo scheletro rivestito dipelle gialla, vengono portati là sotto a continuare le occupazioni di prima. (…)” Dicono che ogni volta che scendono trovano qualcosa di cambiato nell’Eusapia di sotto; i morti apportano innovazione alla loro città; non molte, ma certo frutto di riflessione ponderata, non di capricci passeggeri. Da un anno all’altro, dicono, l’Eusapia dei morti non si riconosce. E i vivi, per non essere da meno, tutto quello che gli incappucciati raccontano delle novità dei morti, vogliono farlo anche loro. Così l’Eusapia dei vivi ha preso a copiare la sua copia sotterranea. Dicono che questo non è solo adesso che accade: in realtà sarebbero stati i morti a costruire l’Eusapia di sopra a somiglianza della loro città. Dicono che nelle due città gemelle non ci sia più modo di sapere quali sono i vivi e quali i morti.

Italo Calvino, Le Città Invisibili. Eusapia, 1972 Cicatrici urbane La storia umana è di solito raccontata come un percorso di progressione continua. In realtà, gli storici dicono altrimenti: una serie di movimenti sovrapposti, avanti e indietro, una traccia sinuosa di dubbi e certezze, molte volte contraddittorie. Anche la storia degli insediamenti umani è un palinsesto di azioni e interventi sovrapposte, non tutte governate dalle leggi della logica razionale. Nel puzzle degli insediamenti urbani, appaiono ora e poi resti dimenticati, parti perdute, pezzi mancanti, come risultato dell’azione di molti processi diversificata attraverso il tempo che può essere preso come un’opportunità per antichi e nuovi usi. Tendiamo anche a considerare solo ciò che vediamo con i nostri occhi, e, quindi, dobbiamo solo considerare ciò che è visibile nelle nostre case, nei nostri monumenti, nelle nostre città: cioè, ciò che emerge dalla terra. Ma, come con gli iceberg, a volte ciò che rimane sotterraneo è molto

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più importante di quello che spunta sul terreno. Questo è vero in città antiche, molte volte fondate su scavate templi fondamentali o su una complessa rete di catacombe. Ma è anche guadagnando importanza in tempi attuali, dove la mancanza di spazio preme nostre moderne città ‘a scavare il terreno per ospitare un numero crescente di infrastrutture, servizi, e, più recentemente, complessi spazi di larga scala che si adattano difficilmente sul terreno. Città a clima duro, come Massar, negli Emirati Arabi (Norman Foster) o il sottosuolo di Montreal, ogni giorno più grandi, tendono a mantenere molte delle loro attività più complesse a livello sotterraneo. Come nel racconto di Calvino di Eusapia, (Le città invisibili, 1972), società moderne sviluppano oggi con schemi di doppia città, sopra e sottosuolo, ognuno pretendendo essere la fondazione, il nucleo, la ragione, ognuno esaminando la faccia dell’altra. Ma che cosa è esattamente vivere sottoterra? Quali implicazioni concettuale, strutturale, costruttivo o igienico viene richiesti? E ‘lo stesso, solo simili o completamente diverse di construire / vivere sul terreno? Facciamo un breve approccio ad alcune importanti questioni sul tema: Alcune nozioni ,a proposito dei construire sotterraneo 1. Massa Costruire sul terreno è un’operazione concettualmente opposta a quella di costruire sotto terra. Sul terreno, la massa deve essere aggiunta in cui non vi è alcuna: sotto terra, la massa deve essere estratta da dove c’è abbondanza; la prima è un’ operazione di addizione, la seconda, di sottrazione. 2. Struttura Sul terreno, le forze sono principalmente unidirezionale, dall’alto verso il basso. A eccezione di grattacieli alti, dove il vento è una forza che deve essere preso in considerazione, la gravità è la forza principale , lavorando in vettori paralleli che puntano al centro della terra. Opposti, gli spazi vuoti sotterranei sono esposti a forze centripete, premendo i muri esterni verso l’interno in tutte le direzioni, anche anti-gravità. Questo cambia completamente i concetti strutturali e requisiti di progettazione. 3. Luce Mentre sul terreno troppa luce è spesso un problema (termico, visivo, comfort), giù nelle costruzioni sotto terra, la luce è sempre una risorsa limitata che deve essere ottenuta la più possibile, maneggiata con cura e guidata alle luoghi più remote. Sul terreno, la luce viene frequentemente nelle direzioni orizzontali,

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attraverso de finestre, sistemi complessi da sole-protettori, persiane, tapparelle e tende; sotto terra, la luce proviene sempre dall’alto, scivolando dalle pareti interne.

Confronto tra le costruzioni sul livello del terreno e quelle soterra. I paramitri del confronto sono: massa, struttura, luce, aria, acqua, termico.

4. Aria Come la luce, l’aria è abbondante in superficie; c’è così tanti, che deve essere controllata: gli edifici traspirano con sistemi sofisticati che interscambiano la ventilazione con l’esterno. Differenze di temperatura tra facciate crea pressione che pompa l’aria esterna nell’edificio senza necessità di sistemi meccanici. Opposto a questo, sottoterra, la chisura degli spazi rende difficile la ventilazione; l’aria deve essere pompata dentro e fuori, spesso con l’aiuto meccanico. 5. Acqua Gli edifici su terreno devono avere solo una pelle impermeabile per proteggersi dall’acqua. Un strato fino impermeabile può essere sufficiente per condurre acqua che cade verso il basso. L’ acqua dalla pioggia può scorrere semplicemente da pareti esterne al pavimento. umidità del terreno può essere facilmente evitata, staccando il percorso verso l’alto di acqua o impostando l’edificio sopra il livello del suolo. Sotto terra, l’acqua preme verso l’interno in ogni muro di chiusura, ogni angolo, ogni giunto; facere una chiussura impermeabile è quasi impossibile: una macchina può facilmente evitare l’acqua piovana, ma se affondata, l’acqua si riverserà rapidamente. Quindi sotto terra, l’acqua sempre verserà all’interno, e dovrà essere pompata fuori. 6. Termico Mentre con acqua, luce e aria, costruzioni sotterranee presentano qualche svantaggio rispetto a quelli di superficie, qui è esattamente l’opposto: All’esterno, sbalzi di temperatura (giorno / notte, o inverno / estate) tendono a variare profondamente, mentre sottoterra, temperatura e umidità rimangono costanti, abbassando così la fornitura di energia per controllare la temperatura. Questo è stato uno dei motivi l’uomo ha abitato dimore sotterranee dall’inizio del suo tempo. Abitare sotterraneo Molto probabilmente, la grotta era prima casa dell’umanità, ed è stato utilizzato lungo tutta la storia da allora. Gli uomini che vivono in grotte sono chiamati troglodite “(dal greco” Troogli “, buco o grotta, e” dytis “, derivato da” dyno “, abitare), una parola spesso usata con connotazioni negative. Abitazioni rupestri sono stati utilizzati come un insediamento urbano in ambienti caldi, asciutti, come i paesi del Mediterraneo meridionale, sud degli Stati Uniti o della Cina. Il caso di Matera è uno particolarmente interessante come il caso 6


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di una doppia città, sopra e sottoterra, seguendo l’esempio del racconto di Calvino, una tecnica in cui la scavate massa di roccia è stata usata per costruire la parte emergente delle case. Quindi, ciascuna delle due città è fatta di surplus dell’altra, ciascuno essendo così il negativo concettuale dell’altra. dopo essere stato chiamata “la vergogna d’Italia” e rimossa tutta la sua popolazione, in una decisione inspiegabile, la città cerca oggi una nuova condizione urbana. I problemi delle nuove esigenze e necessità, le nuove standard familiari e nuovi modi di vivere e comprendere l’ambiente dell’uomo devono essere accordate con i principi rigidi e solidi della costruzione fisica di Matera. Oggi, abbiamo il vantaggio di una tecnologia più leggera e piccola che può essere introdotta con una minima presenza. Ma non tutti i problemi possono essere risolti facilmente, ci sono altri, come condotte idriche, l’accesso o la ventilazione che devono essere risolti sito per sito, passo per passo; Come a Stalingrado, questa è una battaglia che deve essere vinta casa per casa. E questa la sfida che si cerca di combattere nel Workshops “La città scavata:paesaggio di patrimoni tratradizione e innovazione”.

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UN LUGAR ENTRE LA TIERRA Y LAS ESTRELLAS. LUCES Y SOMBRAS EN LA TORRE EINSTEIN

Capítulo del libro Métodos e instrumentos de la arquitectura moderna. de Anton Gonzalez Capitel (ed), et al., Colección “Textos de Arquitectura y Diseño”, Ciudad Autónoma de Buenos Aires: Diseño, 2016 LIBRO O CAPÍTULO DE LIBRO REVISTA CON REVISIÓN PONENCIA PUBLICADA/ACEPTADA 2 2 2 2 2

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UN LUGAR ENTRE LA TIERRA... Capítulo del libro Métodos e instrumentos de la arquitectura moderna Madrid, mayo 2016

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&BAUHAUS IN LATINAMERIKA. UNA DOBLE MIRADA

Capítulo del libro“Rutas Iberoamericanas.Contactos e Intercambios en la Arquitectura del S.XX”. Ana Esteban maluenda (ed), UPM. Artículo basado en ponencia invitada en seminario internacional del mismo nombre (próxima publicación)

PONENCIA

R E V I S TA C O N R E V I S I Ó N LIBRO O CAPÍTULO DE LIBRO P U B L I C A D A / A C E P TA D A 2 2 2 2 2

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RAFAEL GURIDI

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LC & BAUHAUS IN LATIN- AMERIKA. UNA DOBLE MIRADA R a f a e l G u r i d i G a r c i a . E.T.S.A r q u i t e c t u r a , U P M .

Fig 1. Le Corbusier. Buenos Aires.: Croquis de su viaje de 1929, con 4 rascacielos en el Rio de la Plata

Sin ánimo de desconsiderar las aportaciones de arquitectos y artistas de países como Italia, Holanda o Rusia, se puede afirmar que la vanguardia arquitectónica europea de los años veinte descansa básicamente en dos pilares, que constituyen el “núcleo duro” de su corpus programático: la figura individual de Le Corbusier y un grupo de Arquitectos alemanes, unidos profesionalmente a través de asociaciones como el “Ring” (germen alemán de los futuros CIAM), pero especialmente vinculados a la Bauhaus como institución docente y experimental. Este artículo quiere ahondar en la relación que ambos pilares, la persona y el grupo, en su relación con Sudamérica, desde sus muy distintas perspectivas: tierra de promisión, nueva y libre de prejuicios, donde el Maestro suizo podrá por fin experimentar a gran escala los grand travaux que Europa le niega; tierra de oportunidad para muchos de los miembros de la vanguardia alemana, expulsados de su país --y luego de Europa--, donde su experiencia personal y su carácter pragmático se suma sin problemas con las tradiciones y técnicas locales. Para ello, vamos a ver un recorrido cruzado donde compararemos, como en Plutarco, las vidas paralelas de nuestros personajes a través de una doble lectura comparada de fechas y trayectorias.

LC & BAUHAUS IN LATINAMERIKA.: UNA DOBLE MIRADA Capítulo del libro Rutas Iberoamericanas.Contactos e intercambios en la arquitectura del S. XX Madrid, junio 2015

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Fig 2. Le Corbusier. Proyecto de casa para Victoria Ocampo, 1930

LC_1929. Le Corbusier inicia su primer viaje americano. Cruzará el atlántico 12 veces, ocho a Latinoamérica y cuatro a Norteamérica, animado por las sugerencias e invitaciones que le hacen, entre otros, el empresario cafetero brasileño Paulo Prado o el poeta Blaise Cendrars. En el nuevo continente espera el gran encargo para el nuevo mundo acorde con la escala de sus ambiciones: en este primer periplo americano, el mas largo de todos los realizados, visita Buenos Aires a instancias de la sociedad amigos del Arte, de la que forma parte fundamental Victoria Ocampo; además de otras ciudades argentinas (Avellaneda, la Plata, Mar del Plata), también visita en este viaje Montevideo, Asunción (inaugurando la línea aérea BBAA-Asunción) y finalmente, Sao Paulo y Río de Janeiro, de donde parte de regreso a París. En todas las ciudades que visita establece un claro objetivo: el gran encargo. Como a señalado Roberto Segre: “En Europa resultaba una tarea imposible reformar las viejas ciudades enfermas (…) Pero al descubrir las jóvenes urbes latinoamericanas… percibió que todavía podían corregirse y transformarse sin hacer tabula rasa de las preexistencias ambientales”. Salvo en Uruguay, donde acude a instancias académicas, en todas las ciudades busca el contacto de políticos, alcaldes, notables y personas de influencia para el encargo de sus ambiciosos proyectos. En Buenos Aires expone las primeras ideas del futuro Plan de la ciudad. Para Victoria Ocampo desarrolla una casa unifamiliar (que finalmente encargará al académico Alejandro Bustillo), y le presenta numerosos proyectos, como una torre o “rascacielito” en el barrio de Palermo o la idea de construir 17 “villas Savoye” en san Isidro; Ocampo introduce a LC a muchas otras personalidades, que también recibirán propuestas del maestro suizo: una casa en Zapallar para el embajador de Chile en BBAA, Matías Errazuriz, otra casa para el también diplomático Julián Martínez… Sin embargo, estas pequeñas obras no serían sino pequeñas demos para los “grands travaux” que ya esboza en sus visitas a Montevideo, Sao Paulo o Río de Janeiro.

Fig 3. Alexandre Altberg. Revista BASE nº 1,2 y 3. Rio de Janeiro, 1933

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Bauhaus_1926 - 1933

En uno de sus viajes europeos, Victoria Ocampo visita Berlin. Allí traba amistad con intelectuales (A. Einstein), y con arquitectos como Erich Mendelsohn –quien le enseña la casa que se esta haciendo en Am Ruperhorn, entonces aun en obras—y mas especialmente con Walter Gropius, a quien visita en su estudio. Ocampo se interesa por la Bauhaus, pero en vez de acercarse a Dessau, prefiere un contacto con su entonces director. Los dos primeros números de la revista Sur, que la argentina creará y dirigirá a partir del año siguiente, contarán con dos respectivas aportaciones del Arquitecto alemán. La Bauhaus, que comparte buena parte de la ortodoxia moderna con LC, difiere del suizo en una serie de estrategias fundamentales: Frente al personalismo de LC, propone el trabajo en equipo. Frente a la gran escala y al diseño de las ciudades, propone reformar el hábitat humano empezando por lo más próximo, lo más inmediato y pequeño, los objetos cotidianos. La arquitectura –y en última instancia, las ciudades—no serán sino lógicos desarrollos de los anteriores; coherentemente con el programa de la Bauhaus, cuyo conocido diagrama pedagógico sitúa en los cursos preliminares periféricos el estudio de la naturaleza, las formas elementales y las herramientas, para avanzar en el proceso de diseño hacia la Arquitectura, que ocupa el centro (los alumnos decían jocosamente que el taller de Arquitectura no era otro que el despacho del director, el Sr. Gropius). Mientras Le Corbusier, como un nuevo profeta, emprendería una serie de viajes por el orbe para llevar la buena nueva, en la Bauhaus se produce un movimiento contrario, centrípeto: como en el cuento borgiano del Aleph, el universo se concentra en un punto (Weimar, Dessau o Berlín), donde convergen alumnos de todo el mundo en una tarea total y colectiva.

LC_1936. El segundo viaje sudamericano de Le Corbusier le llevará de nuevo a Brasil, invitado por Lucio Costa. El nuevo gobierno de Getúlio Vargas impulsa la modernización del país, fomentando una imagen más contemporánea para sus instituciones. En 1935 se convoca un concurso para el nuevo Ministerio de Educaçao e Saúde Pública, que gana un proyecto neocolonial, prontamente descartado. El ministro de educación, Gustavo Capanema se lo encarga a Lúcio Costa, que forma un equipo con cinco jóvenes arquitectos: Eduardo Reidy, Carlos Leao, Jorge Moreira Ernani Vasconcelos y un jovencísimo Oscar Niemeyer. Tras varias versiones iniciales y no pocas vacilaciones, Costa convence a Capanema para invitar a Le Corbusier. El maestro suizo llega a Río el 12 de julio de1936, y permanecerá 5 semanas en Brasil, durante las cuales impartirá seis conferencias y avanzará un plan para la ciudad universitaria de Río, re-

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Fig 4. Le Corbusier. Croquis de Rio de Janeiro, con mega estructura lineal, 1936 30


cogido en su oeuvre complete, que no llegará a realizarse. El viaje es ante todo un reencuentro con los arquitectos brasileños de la nueva generación, Carlos Leao, Eduardo Reidy y muy especialmente, Oscar Niemeyer, con los que había establecido contacto en el anterior viaje de 1929. El motivo o pretexto aducido por Lúcio Costa para la incorporación de LC es una consulta sobre los brise-soleils del Ministerio de Educación, cuestionados por muchos informes. LC avala el proyecto, del que dice que es uno de los mejores realizados hasta la fecha en cualquier país. Sin embargo pone objeciones al emplazamiento, demasiado constreñido entre edificaciones, y propone uno alternativo, que permite un diálogo mas adecuado con el paisaje de Río que tanto había impresionado a LC en su primera visita. LC realizará unos croquis para la nueva localización, que servirán de punto de partida al diseño definitivo (si bien con significativas diferencias).

Fig 5. Apuntes de Hannes Meyer, traducidos al español y publicados por Tibor Weiner para su docencia en la Universidad de Santiago de Chile, ca. 1940

Bauhaus_1933 - 1945 El NSDAP (partido Nacional Socialista de los trabajadores alemanes, o partido Nazi) llega al poder por vez primera en enero de 1933. Inicialmente ambiguo respecto a las vanguardias, sus primeras medidas buscan el control absoluto de todos los organismos e instituciones, incluyendo las académicas. Se reorganizan los gremios y asociaciones profesionales, ahora de obligada pertenencia para ejercitar aún las profesiones mas independientes (artistas, pintores…), e impidiendo el acceso a las mismas a judíos o a los políticamente significados. El año 1933 ve partir la 1ª oleada del exilio. Los destinos son diversos: Francia, Reino Unido, Palestina y muy especialmente, el continente Americano. Estados Unidos es mirada como la nueva tierra de promisión, pero de difícil acceso, y grandes países latinoamericanos aparecen como razonables alternativas, mucho más accesibles. Muchos de los profesores, alumnos o colaboradores de la Bauhaus emprenderán este camino al sur: Arquitectos como Alexandre Altberg (Berlin 1908 -Marilia, Brasil, 2009, alumno de la Bauhaus y colaborador de Arthur Korn, sus orígenes judíos le llevarán a Río de Janeiro, donde levantará alguna de las construcciones modernas mas tempranas, editará “Base”, la primera revista brasileña de arquitectura moderna y organizará el 1º Salón de Arquitectura tropical en Río (abril, 1933), que, según el LC & BAUHAUS IN LATINAMERIKA.: UNA DOBLE MIRADA Capítulo del libro Rutas Iberoamericanas.Contactos e intercambios en la arquitectura del S. XX

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Fig 6. Walter Gropius, su mujer Ise y Josep Lluis Sert, recibidos por Paul Linier y Fernando Belaunde Terry a su llegada al aeropuerto de Lima, en 1953

prospecto, está presidido ni mas ni menos que por Frank Lloyd Wright y contará como organizadores con Lucio Costa y Gregori Warchavchic. Tibor Weiner (Budapest, 1906-Budapest, 1965), alumno de la Bauhaus y colaborador de Hannes Meyer, debido a su compromiso político se ve obligado a emigrar, primero a Basilea (1934), Paris (1936, donde colabora con Margarete Schütte-Lihotzky) y finalmente Chile, donde es conocido por su obra (Mercado Central de Concepción, 1940) y muy especialmente por su implicación en la Universidad de Santiago, donde renovará la docencia en base a la experiencia de la Bauhaus. Linier traducirá al español los apuntes de Meyer. En 1948, despedido con afecto por alumnos y profesores, regresará a su Budapest natal. Análoga labor docente realizará el también ex-alumno de la Bauhaus Paul Linder (1897-1968) en Perú, donde colabora con Fernando Belaúnde Terry en la reforma del Departamento de Arquitectura de la Universidad Nacional de Ingeniería (UNI) de Lima. En 1953, gestiona la visita de Walter e Isa Gropius con Josep Lluís Sert a Lima. La Bauhaus no fue exclusivamente una Escuela de Arquitectura. Muchos de sus alumnos tomaron otros caminos. En los años 30, habría recalado en la institución alemana un estudiante argentino, Horacio Coppola. Se interesa por la fotografía y se casa con la también estudiante Gretta Stern. Los orígenes judíos de esta les llevan de nuevo a Argentina, donde llevarán a cabo una renovación de la fotografía, con una fuerte presencia del surrealismo. Una reciente exposición en el MOMA recoge buena parte de su aportación.

LC_1938-1939. El El segundo contacto de Le Corbusier con Buenos Aires se produce con su Plan General para esta ciudad. Sin embargo, en esta ocasión, no hay encargo, ni tan siquiera viaje. Como en tantas otras ocasiones, LC anticipa proyectos que luego trata de colocar a las autoridades. Las circunstancias son conocidas: en su anterior visita de 1929, LC había realizado algunos apuntes sobre hipótesis de futuros desarrollos de la ciudad, incluyendo la creación de un distrito financiero en el corazón de la misma. Es conocida su ensoñación nocturna de 4 torres gigantes elevándose sobre el perfil de la costa y reflejándose en las aguas del Río de la Plata. Cuando en 1937, dos jóvenes arquitectos argentinos, Jorge Ferrari Hardoy y Juan Kurchan se presentan en su estudio parisino, LC retoma la idea de su Plan y les encarga su desarrollo, que LC & BAUHAUS IN LATINAMERIKA.: UNA DOBLE MIRADA Capítulo del libro Rutas Iberoamericanas.Contactos e intercambios en la arquitectura del S. XX Madrid, junio 2015

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ambos arquitectos realizan bajo supervisión del maestro durante los años 1938 a 1939. Mientras tanto, LC envía cartas a sus contactos argentinos, confiando en la capacidad de influencia de estos y abogando por la conveniencia de su plan. El Plan de Buenos Aires quedó confinado en los archivos de LC hasta que en 1947 el Ayuntamiento de Buenos Aires crea una comisión para el estudio de un Plan General que incluía entre sus miembros a Jorge Ferrari Hardoy, el cual propone nombrar a LC como asesor del comité. Este acepta el encargo, pero pide simultáneamente el encargo de un gran edificio que confirme las posibilidades de la arquitectura moderna en general (y las del arquitecto suizo en particular). El plan y el hipotético encargo generan un amplio debate, que acaba con la disolución del comité y el distanciamiento entre Ferrari Hardoy y LC, el cual manifiesta su amarga decepción. Fig 7. Le Corbusier. Plan de Buenos Aires. Fundación LC

Bauhaus_1938 - 1945 El En la primera oleada, habrían abandonado Alemania los que se vieron forzados por sus orígenes étnicos o su militancia política. Los no incluidos en los anteriores, quedan a la espera de tiempos mejores. Poco a poco, descubren que no hay lugar para ellos en un Reich cada vez mas inclinado a estéticas mas rancias. A partir de 1936, se produce un goteo continuo de exilios, ahora por razones económicas. La anexión de Austria en 1938 dispara el exilio de los arquitectos de esta nación, produciendo una segunda oleada a partir de este año. Es el caso de Willi (o Carlos Guillermo) Ludewig (Berlin, 1902-Buenos Aires, 1963), arquitecto con una amplia experiencia en Alemania. No fue un alumno de la Bauhaus, pero se acercó a Walter Gropius y a esta institución. Colabora en Berlin con Martin Wagner, arquitecto jefe de Berlin y colaborador con muchos arquitectos de la vanguardia berlinesa (Taut, Scharoun) en la realización de muchas Siedlungen. Casado con una judía, deciden emigrar (mas bien huir, de manera precipitada) a Argentina en 1935, donde ella tenia familiares. Allí, Willheim Ludewig se transformará en Guillermo Ludewig, desarrollando en Argentina una ingente obra que aunará su experiencia previa y su sólida formación tecnológica a las características geográficas y culturales del país americano. Walter Loos (Viena, 1905-Buenos Aires, 1972), arquitecto austriaco con una sólida formación (fue alumno de Josef Hoffman, Josef Frank o Adolf Loos, entre otros). Alterna una investigación tipológica y tecnológica con una refinada capacidad de diseño, tanto de viviendas como de mobiliario (realiza, entre otros, el proyecto para la casa del músico Alban Berg). En 1938, tras la anexión de Austria, se le ofrece el cargo de director de urbanismo de Viena, que rechaza; emigra a Inglaterra, para trasladarse en 1940 a Nueva York, donde contacta con Walter Gropius y Sigfried Giedion, y participa con sus diseños en la exposición “Contemporary American Design” en el MET. En 1941, viaja a Argentina, donde se establece definitivamente, desarrollando LC & BAUHAUS IN LATINAMERIKA.: UNA DOBLE MIRADA Capítulo del libro Rutas Iberoamericanas.Contactos e intercambios en la arquitectura del S. XX

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numerosos proyectos y diseños que incorporan técnicas y materiales de tradición local (madera, cuero, cuerda). Tras la guerra, en 1946, el gobierno austriaco le ofrece una cátedra y su participación para la reconstrucción de su Viena natal, cargos que rechaza. Hans Waloschek (Viena, 1899-Viena, 1985). Colabora en Alemania con Willi Ludewig (ver arriba) y, a instancias de este, se traslada a Argentina con su familia en 1936, donde desarrolló una ingente labor en el desarrollo de viviendas sociales y en arquitectura industrial (es muy celebrada su fábrica de vinagres Hüser en Buenos Aires). A diferencia de otros, en la posguerra regresó a Alemania, donde trabaja para la empresa Neue Heimat, desarrollando proyectos en Alemania, Brasil y Perú. Murió en su Viena natal en 1985. Fig 8. Willi Ludewig, casa Levi en Eduardo Madero, Buenos Aires

LC_1947-1951. Tras el fiasco del Plan de Buenos Aires, el Plan de Bogota se presenta a LC como la segunda oportunidad de intervención a gran escala en una gran capital latinoamericana; y a diferencia de la anterior, esta vez sí había un encargo oficial: la necesidad de ordenar el rápido crecimiento de la capital colombiana –necesidad especialmente urgente tras los sucesos de la asonada popular de abril de 1948 (el “bogotazo”), que incendian parte del centro histórico—llevan a llamar a Josep Lluís Sert y Paul Lester Wiener y su sociedad, la Town Planning Associates, que estaban desarrollando planes para Tumaco y Medellín. Sert, siempre fiel a su admirado LC, le propone la dirección de un Plan Director, que Sert y Wiener desarrollarán después en forma de un Plan regulador, con LC como asesor. Las diferencias con la experiencia de Buenos Aires son mas que evidentes, no solo por la presencia de su valedor Sert o el apoyo incondicional del alcalde Mazuera, sino por el enorme reconocimiento: a su llegada una masa de estudiantes de arquitectura, incondicionales del arquitecto, lo reciben en el aeropuerto con carteles de “a bas l’academie (abajo la academia)”. Es recibido por autoridades, festejado, celebrado y su nombre y apariciones son noticia en la prensa nacional. Le Corbusier realiza hasta cinco viajes a Colombia en estos años para presentar o seguir los trabajos del plan, que sin embargo, desarrollará en su oficina de Paris con la incorporación de tres jóvenes arquitectos colombianos: Germán Samper, Rogelio Salmona y Reinaldo Valencia. En septiembre de 1950 (4º viaje), LC hace entrega del Plan director, en el plazo acordado: un informe técnico, 17 planos y una maqueta (el centro cívico). A pesar de los prometedores inicios, el Plan de Bogota, como otros anteriores, está condenado a no salir del papel. La falta de apoyo de las autoridades del país, así como la oposición frontal de los propietarios del suelo lo condenan al fracaso. Posteriormente, LC señalaría: “Bogotá seguirá pateando en su mediocre destino”. Sin embargo, muchas de las enseñanzas de Bogotá se utilizaron en el posterior proyecto de Chandigarh. LC & BAUHAUS IN LATINAMERIKA.: UNA DOBLE MIRADA Capítulo del libro Rutas Iberoamericanas.Contactos e intercambios en la arquitectura del S. XX Madrid, junio 2015

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Bauhaus_1945

Fig 9. Marcel Breuer, parador Ariston, Mar del Plata, 1947

El nazismo y la guerra ha impulsado la gran diáspora de la vanguardia Alemania, especialmente hacia el continente americano, último reducto de la cultura europea y occidental, libre de las consecuencias más directas del horror y la destrucción de la guerra. Una generación de arquitectos y profesores de la Bauhaus se han instalado en el nuevo continente –especialmente en Estados Unidos—que, tras más de una década, ya sienten como propios. Con una visión bastante compartida en la inmediata posguerra por numerosos intelectuales y observadores, América aparece entones como un continente abierto, pragmático e integrador de numerosas culturas, libre de los ancestrales odios nacionales que han envenenado históricamente a los pueblos europeos. Si Europa es la historia y el pasado, América es el futuro. Desde su atalaya americana, se retoman experiencias de las vanguardias europeas, que en América adquieren nuevos tonos y matices. Josef Albers (Bottrop, Alemania, 1988-New Haven, USA, 1976), pintor, teórico, profesor de la Bauhaus, se traslada a Estados Unidos tras el cierre de la Bauhaus, estableciéndose como profesor en la Black Mountain College, una universidad fundada en 1933 (año del cierre de la Bauhaus); diseñador, fotógrafo, poeta, es conocido sobre todo por su faceta de pintor y sus trabajos sobre el color, que continuará en su nievo centro americano, y desde el que emprenderá una serie de conferencias y lecturas en el nuevo continente que le llevarán a Cuba y México, donde el encuentro con Luis Barragán proyecta un mutuo descubrimiento. El húngaro Marcel Breuer (Pecs, 1902-NY, 1981) otro de los profesores de renombre de la Bauhaus, especialmente conocido por sus diseños de mobiliario. Sus orígenes judíos le llevan a abandonar Alemania en 1933, primero en Inglaterra, para establecerse definitivamente en Estados Unidos como profesor en Harvard, además de emprender una exitosa carrera como diseñador de casas unifamiliares. Asociado a Walter Gropius, tanto académica como profesionalmente, en 1946 se establece por su cuenta en NY. Su contacto con Latinoamérica le viene a través de un viaje a Argentina en 1947, invitado por la Universidad de Buenos Aires (UBA) para dar un curso de ocho semanas, recibiendo la oferta de diseñar un Parador (realmente un café-restaurante) para revitalizar La Serena, un área en expansión en Mar del Plata, que diseñó y ejecutó (junto a los arquitectos argentinos Carlos Coire y Eduardo Catalano) en un tiempo record (apenas 60 días). Su elegante y sinuoso trazado languidece hoy en estado de abandono a la espera de una restauración de lo que arquitectos e historiadores consideran un icono de la modernidad en Argentina.

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LC_1949-1955. En 1947, Jorge Ferrari Hardoy había sido incorporado a la comisión para el Plan de Buenos Aires, donde propone el nombramiento de LC como asesor, el cual, como hemos visto, pidió el encargo de una gran obra. El proceso de contratación –o no-- de LC tuvo una gran repercusión en los medios argentinos, de manera que cuando el Dr. Pedro Domingo Curutchet –un médico que había hecho cierta fortuna con el diseño y fabricación de sus utensilios--, sin relación conocida con el mundo de la arquitectura, decide hacerse una casa-consulta que refleje su adquirido status, el nombre de Le Corbusier y su prestigio aparecen un día sí y otro también en la prensa. A falta del gran encargo público solicitado, Le Corbusier acepta el proyecto, que desarrolla íntegramente en su estudio parisino en 1949. Sin embargo, consciente quizás del valor testimonial que espera alcance la obra, LC resuelve el proyecto con atención y delicadeza. Dividida en dos cuerpos que alojan los programas profesional (consulta) y residencial, la casa Curuchet es una secuencia de espacios, recorridos y vistas cruzadas en los que constituye, sin duda, uno de los episodios mas celebrados del LC posterior a la guerra. Le Corbusier se hará retratar en su estudio con una maqueta del proyecto, que exhibirá con orgullo, a pesar de la relativa modestia del encargo. Le Corbusier confiará la ejecución a Amancio Williams, un arquitecto considerablemente mas joven –tenía 26 años menos que el maestro suizo—y de reciente reconocimiento con su más celebrado proyecto, la “casa-puente” para su padre, acabada en 1945. Williams introduce algunos cambios, pero en lo fundamental será respetuoso con el proyecto de LC. La casa del Dr. Curuchet se consagrará con el tiempo como una de las obras significativas –y por ende. Más reconocidasdel maestro suizo. Es también su única realización sudamericana, el único fruto de sus ocho viajes latinoamericanos.

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Fig 10,11. Le Corbusier, casa del Dr. Crutchet, Rio de la Plata:, 1949: exterior, plantas

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LC_1964. Trece años después de su ultimo viaje americano, tras el fiasco de Bogotá, LC realiza un último viaje al continente, para proyectar con su viejo amigo Oscar Niemeyer –uno de los pocos que conserva de sus primeros viajes-- la futura embajada de Francia en Brasilia, la nueva capital desarrollada según diseño de otro de sus antiguos admiradores, Lucio Costa. Con este último ha tenido una colaboración reciente: en 1954 han completado juntos la Maison de Brasil, una residencia de estudiantes vecina al pabellón suizo, casi una relectura del edificio del Joven LC, en clave brasileña. En 1962, Oscar Niemeyer ya no es el joven veintañero que llevaba a LC en salidas nocturnas por los bares de Lapa. Con 55 años, ya es un arquitecto de prestigio que comenzará en esa década a ser objeto de numerosos reconocimientos internacionales. Juntos diseñan el conjunto en dos edificios nítidos, un cilindro (edificio de la cancillería) y un ortoedro mas bajo (residencia del embajador), cerrado este último con un brise-solei. Se podría decir (véase arriba) que LC entra y sale de Brasil de la mano de un brise-solei. Como tantos otros encargos americanos, la embajada estará destinada a no abandonar el papel. LC moriría al año siguiente, en Cap Martin, el mismo lugar que había recibido, en verano de 1949 a Sert y Wiener y una delegación de la Oficina para el Plan de Bogota.

Fig 12,13. Le Corbusier, cOscar Niemeyer: proyecto para embajada de Francia en Brasilia, 1962

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Bauhaus_1968 El Si LC se despide del nuevo mundo con un proyecto de embajada no realizado, el fundador y primer director de la Bauhaus, Walter Gropius, parece realizar un recorrido paralelo, esta vez en Argentina. Al igual que LC., contará con la colaboración de un arquitecto local de prestigio, Amancio Williams. Y al igual que LC, el arquitecto europeo morirá al año siguiente, dejando la obra irrealizada. A diferencia de LC, Gropius no ha visitado nunca Argentina. Sus contactos con el país vienen a través de Victoria Ocampo (ver arriba) y de un ex colaborador alemán, Frank Moller, establecido en Buenos Aires y con quien plantea algún tipo de colaboración (una relación epistolar que no llega a producir encargos significativos). El contacto entre Gropius y Amancio Williams se produce por otra figura clave en nuestra narración: Josep Lluís Sert. Invitado a Harvard en 1951, Sert presenta Williams a Gropius. A partir de allí surge una relación mantenida por ambos. Paralelamente (o quizás por mediación de Gropius), la figura de Williams empieza a ser conocida en Alemania: en 1958, la revista “Bauen + Wohnen” publica su obra en 1958, en 1962 el gobierno federal le invita a dar una serie de conferencias y en 1964 le encargan el proyecto de un monumento en Berlín, no realizado. En 1968, Gropius llega a Bueno Aires con el encargo del proyecto, que realizan de manera conjunta en sus respectivas oficinas. A principios de 1969, el proyecto está finalizado, pero existen dificultades legales con el emplazamiento elegido. Mientras se estudian localizaciones alternativas, Walter Gropius fallece en Boston el mes de julio de ese mismo año. Fig 14,15. Walter Gropius, Amancio Williams: proyecto de embajada alemana en Argentina, 1968-69

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CONCLUSIONES El nuevo mundo se presenta como tierra de promisión para la modernidad, carente de decadentes prejuicios estéticos y de las inercias adocenadas de academias e instituciones educativas. El rápido desarrollo de América desde finales del S XIX hace necesaria la aportación de nuevos planes, infraestructuras y equipamientos públicos para unas crecientes necesidades. A diferencia de Europa, en América está –-casi-- todo por hacer. Le Corbusier se presenta como el heraldo de una nueva fe, de la cual él es su mas pertinente representante. A falta de encargos, propone él mismo los planes o proyectos que deben hacerse, y persigue su encargo. Busca el contacto con políticos y dirigentes antes que con arquitectos. Consciente de la pujanza y vitalidad que impulsa a estas sociedades, realizará un total de doce viajes a América, cuatro a Estados Unidos y ocho a Sudamérica, una auténtica labor de autopromoción centrado en su persona y en sus ideas. La suya es una misión de apostolado personal, una misión para señalar los desastres e incoherencias de las ciudades actuales y futuras y para las que solo él tiene la llave de salida. La Bauhaus, que comparte muchos de los postulados estéticos de LC, representa sin embargo en cierto sentido todo lo contrario; para empezar, es anti-personal y anti-personalista, cree en el trabajo colectivo, múltiple, superpuesto. Se trabaja de abajo arriba, empezando por el diseño del hábitat cotidiano, sus muebles y objetos. El impulsor y primer director de la Bauhaus, Walter Gropius, renuncia en 1927, cuando la institución empieza a tener reconocimiento. A diferencia de la radiación centrífuga de LC, que le impulsa a llevar la “buena nueva” por todo el mundo, la Bauhaus --como el Aleph de Borges-- concentra el universo en un punto. Solo cambia la sede por razones prácticas. Son los alumnos los que se acercan, en primera instancia desde los países vecinos, pero poco a poco cada vez desde países más lejanos, atraídos por la creciente onda de su prestigio. De no haber sido por las circunstancias políticas alemanas, la Bauhaus habría permanecido, ampliando cada vez más su ámbito de influencia. La diáspora producida por la irrupción del nazismo disuelve el grupo y atomiza a sus miembros en un sinfín de trayectorias individuales; muchas acaban recalando en el nuevo mundo, como hemos visto. Aparentemente inconexas entre sí, todos compartirán sin embargo las transferencias de las experiencias recibidas, que se integran fácilmente con tradiciones y técnicas locales, evidenciando el carácter pragmático y antidogmático de sus principios. Herederos de una experiencia que a la postre es básicamente educativa, muchos de sus miembros se implicarán en la transformación de la docencia arquitectónica en sus países de destino. Los caminos de LC y de los miembros dispersos de la Bauhaus rara vez son coincidentes. Sin embargo, ocasionalmente encontramos algunas figuras clave: Victoria Ocampo, Josep Lluís Sert, Amancio Williams, que aparecen como los enjarjes necesarios en los cruces de trayectorias personales.

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NOTAS 1.

Segre, R., Le Corbusier: los viajes al Nuevo Mundo. Cuerpo, naturaleza y abstracción. Texto escrito para el catálogo de la exposición Le Corbusier, el Sueño Americano, en el marco de la III Bienal de la Arquitectura de La Habana de 2006, que no llego a imprimirse (recogido en : http://www.cafedelasciudades. com.ar/arquitectura_46.htm

2.

Ocampo, V., “Carta al arquitecto Erich Mendelsohn de Berlin”.La carta puede leerse en español en la argentina Biblioteca Virtual Universal: http://www.biblioteca.org.ar/libros/134010.pdf . Está fechada en verano de 1932.

3.

Almodóvar Melendo, J.M., “Le Corbusier y el movimiento moderno en Brasil: la adaptación ambiental y cultural de la Arquitectura europea”, en Revista de historia y teoría de la arquitectura Nº 6-7. Sevilla, 2005

4. Su hostilidad a la vanguardia se establecerá a partir de 1936, con el denominado “discurso cultural” de Hitler y las exposiciones de “Arte degenerado” de Munich. No obstante, los nazis habrían admitido el uso del lenguaje de la vanguardia arquitectónica para usos industriales, reconociéndole una mayor racionalidad y eficiencia. 5.

“From Bauhaus to Buenos Aires: Grette Stern and Horacio Coppola”. Exhibition, may, 17 to Oct, 4, 2015, MOMA, NY)

6.

“En lo que a mi me concierne, he recibido de Argentina uno de los gestos mas decepcionantes de toda mi carrera (…). [Buenos Aires] es la ciudad sin esperanza, la ciudad catastrófica que conozco bien” LC, en: Lapunzina, A, Le Corbusier’s Maison Curuchet. Princeton Architectural Press, NY, 1977.

7. Sobre Willi Ludewig existe poca documentación. La más completa puede encontrarse en: Ludewig, Andres, “Guillermo Ludewig, arquitecto. Datos para su bibliografía”, en Gutierrez, R (ed) Alemanes en la arquitectura rioplatense. Buenos Aires: CEDODAL, 2005. existen además algunos artículos sobre su obra presentados en congresos DoCoMoMo. 8.

A fecha de hoy no hay una bibliografía completa de Walter Loos. Algunas de sus obras han sido recogidas en diversas publicaciones: “Una casa del Arquitecto vienés Walter Loos: casa en Kitzendorf”, en Nuestra Arquitectura, Buenos Aires, marzo,1934; “Casa en Mar del Plata”, en Nuestra Arquitectura, Buenos Aires, abril, 1946.

9.

Sobre el Plan de Bogotá hay un trabajo a cargo del grupo de Investigación Proyecto, Ciudad y Arquitectura, de la Universidad Uniandes, dirigido por Maria Cecilia O’Byrne, que ha producido seminarios, una exposición en el Museo de Bogotá (2010) y una publicación recogiendo buena parte de material inédito. Puede consultarse parte de la exposición en: www.lecorbusierenbogota.com . El libro se recoge en la bibliografía.

10. Lapinzina, A., Le Corbusier’s Maison Curutchet. New York: Princeton Architectural Press (1997). 11. Al año siguiente, 1963, es nombrado miembro de honor del Instituto Estadounidense de arquitectos. A partir de ahí, los premios, medallas y doctorados Honoris causa se suceden.

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LECCIONES ALEMANAS.

LOS BLOQUES DE HANS SCHAROUN EN LA SIEMENSSTADT

Capítulo del libro“Alojamiento para otros modos de vida”. de Eusebio Alonso García (ed), Universidad de Valladolid: 2015, pags 93 -95

PONENCIA

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RAFAEL GURIDI

AUTOR/ ES

ALOJAMIENTO PARA OTROS MODOS DE VIDA Workshop Internacional de Arquitectura 2013 Propuestas de actuación en el Barrio de la Rondilla de Valladolid Eusebio Alonso García, coordinador

Universidad de Valladolid

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LECCIONES ALEMANAS LOS BLOQUES DE HANS SCHAROUN LA SIEMENSSTADT Rafael Guridi Garcia. DPA, ETSAM, UPM

Fig. 1:Maqueta de la Ordenacion. (los bloques de Scharoun: los 3 de abajo, a la izda. Foto: Archivo AdK, Berlin)

C omo país tempranamente industrializado, Alemania sufre los problemas de la emigración interior mucho antes que España. El flujo de población del campo a la ciudad que en nuestro país no llega hasta la inmediata posguerra, en Alemania se produce a partir de los años veinte, un fenómeno que sobrepasa las capacidades de la ciudad burguesa decimonónica y que genera fenómenos como los Mietkaserne (“barracones de alquiler”), con altísimas densidades de ocupación y frecuentes fenómenos de subarriendo, en el que no era extraño que familias enteras de seis o más miembros ocuparan una reducida habitación. Conscientes del problema, son muchos los ayuntamientos (normalmente en manos del SPD o Partido Social Demócrata) que emprenden una política de vivienda pública, a menudo de la mano de arquitectos modernos, estratégicamente situados en puestos clave de la administración municipal; tenemos ejemplos como Ernst May en Francfort o, en el caso que nos ocupa, Martin Wagner en Berlín; promovido al cargo de Arquitecto-Jefe de la Ciudad (una suerte de concejal de urbanismo, con amplios poderes), emprende una política de nuevas colonias o Siedlungen, desarrolladas de la mano de los mejores arquitectos de la vanguardia alemana. La Siemensstadt Siedlung toma su nombre de la vecina fábrica de Siemens, un gigante eléctrico que empleaba en el lugar más de 10.000 trabajadores, en una extensión de varias hectáreas. Los problemas de localización y desplazamiento de una ingente masa obrera en horas punta lleva a la empresa a construir un tranvía propio que enlazaba las instalaciones de la fábrica con la línea LECCIONES ALEMANAS Capítulo del libro Alojamiento para otros modos de vida Valladolid, sept 2015

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Fig. 2: Vista de bloque 3, fig 4: planta de apartamento de 66 m2 (ambos de H. Scharoun) Archivo AdK, Berlin)

de S-Bahn (ferrocarril elevado). Uno de los solares vecinos, atravesado diagonalmente por esta línea de ferrocarril, será el emplazamiento elegido para el nuevo asentamiento. Para llevarlo a cabo, en 1929 Martin Wagner llama a seis arquitectos: Walter Gropius, Otto Bartning, Hugo Häring, Fred Forbat, Paul Rudolph Henning y Hans Scharoun; casi todos eran miembros del Ring. Cada uno presenta una propuesta de ordenación, y es finalmente el esquema de Hans Scharoun el elegido, entendiendo no obstante que todos desarrollarían sus propios bloques según el esquema general. El trazado del tranvía elevado a través del solar determina la propuesta de Scharoun, que, haciendo de las limitaciones virtud, plantea una propuesta en dos zonas separadas por el trazado ferroviario, la superior, con una ordenación de bloques longitudinales en posición NS, y la inferior, al sur de la línea del tranvía. Scharoun se reserva esta posición singular; como joven arquitecto, tiene mucho que contar, y prescinde de la serialización de otros arquitectos (p. eje. Los bloques de Hugo Häring) para realizar tres propuestas distintas, tres bloques lineales que rehuyen también el pie forzado de la estricta alineación Norte Sur prevalente en toda la Siedlung para desviarse con una serie de trazos vigorosos: dos bloques forman una suerte de embocadura que confluye precisamente en el paso bajo el tranvía elevado, enfatizando el punto acceso y creando una marca característica del lugar que aprovecha precisamente su parte mas problemática. El tercer bloque dibuja una curva que cierra el recinto en su limite sudoccidental, a modo de bastión. Como en el resto de la Siedlung, se parte de una tipología de bloque longitudinal de cuatro plantas (con ocasionales áticos) y estrecha cruja, lo que permite a las viviendas abrirse a las dos fachadas, Este y Oeste. A diferencia de nuestras prevenciones, en la Alemania del Norte la luz del sol es siempre bien recibida, y las viviendas la buscan tanto la levante como a poniente. La practica totalidad de las viviendas responden al carácter social y extensivo de las Siedlung de la época, viviendas, de uno o dos dormitorios, que no superan los 70 metros cuadrados. Sorprende el inteligente aprovechamiento que hace Scharoun de tan reducidas dimensiones.

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Valladolid, sept 2015


Fig 4: vista delapartamento de 66 m2 de H. Scharoun. Archivo AdK, Berlin)

En el mas oriental de los tres, resuelto con mayor economía de gestos (a diferencia de los otros, las escaleras se integran en la crujía y las terrazas son planteadas como grandes huecos de fachada, lo que confiere al bloque una mayor austeridad y limpieza), las viviendas, cuentan con 66 metros cuadrados y un programa de dos dormitorios; el estar queda como un lugar intermedio, paso obligatorio para todas las estancias de la casa. Esta disposición, habitualmente considerada como una mala solución que hipoteca el uso de la sala de estar, adquiere aquí características especiales: el estar queda configurado como un núcleo activador, un “espacio de en medio” (Raum der Mitte) tan querido a Scharoun, abierto, flexible y multifuncional. Este concepto lo llevaría el Arquitecto posteriormente a otras escalas y otros programas con bastante acierto (reacuérdese que la Philharmonie berlinesa surge de la voluntad expresa de llevar la música, en este caso el podio de la orquesta, al centro de la sala). En uno de estos apartamentos de 66 metros cuadrados, Scharoun residió durante 30 años (de 1930 a 1960), el periodo mas largo de su vida en una vivienda, demostrando una notable coherencia con sus propuestas arquitectónicas residenciales rara vez vistas en la profesión, especialmente en el campo de la vivienda social. Fig 5: El bloque 3, en 2003 (foto: A)

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L

A UTOPÍA TECNOLOGICA FRENTE A LA REALIDAD. LEOZ Y HERVÁS EN ORCASITAS. MADRID, 1957 -1966

Capitulo del libro Vivienda obrera en la Ciudad Industrial del siglo XX, que recoge actas del Seminario “De la Vivienda Obrera a la Vivienda de Protección Oficial”. Organizado por TICCIH_España, Parla, junio 2014

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RAFAEL GURIDI C R I S T I N A TA RTA S

AUTORES


La utopía tecnológica frente a la realidad. Hervás y Leoz en Orcasitas Madrid 1957-1966 Cristina Tartás Ruiz Universidad Politécnica ctartas@guriditartas.es

de

Madrid,

Departamento

Ideación

Gráfica

(

2012),

Madrid;

España,

Rafael Guridi García Dr. Arquitecto, profesor del Departamento de Proyectos Arquitectónicos de la Universidad Politécnica de Madrid, España, rguridi@guriditartas.es.

Fig 1. Orcasitas. Vista aerea , años 60

RESUMEN Etiquetas: Poblados Dirigidos, Orcasitas, Leoz y Hervás, INV (Instituto Nacional de la Vivienda). A mediados los años cincuenta se inicia en España un proceso social y político que tiene en la arquitectura moderna un curioso aliado.Sin relación intelectual aparente entre arquitectos y Régimen, éste que arrastra un gravísimo problema social de chabolismo suburbano, se vale de un grupo de gestores extraordinarios (Laguna y Valero, principalmente) que actuando desde dentro del propio régimen encargan a unos jóvenes arquitectos el desarrollo de miles de viviendas sociales.. La inteligencia de combinar un marco normativo y administrativo como fueron las Ordenanzas Técnicas y Normas Constructivas de 1955 con el decreto de Viviendas de Renta Limitada de 1956 y apoyarlo en el uso de una arquitectura racional y moderna, dieron como resultado la rápida construcción de miles de viviendas sociales y el éxito de un programa que tuvo mucha importancia política. La apuesta por equipos de arquitectos jóvenes, muchos de ellos recién llegados de sus estancias en el extranjero, con talento y enormes deseos de cambiar la arquitectura que se estaba realizando en España, consiguió aunar construcción y diseño, de forma que se impuso un lenguaje moderno, seco y racional con la máxima atención LA UTOPIA TECNOLOGICA FRENTE A LA REALIDAD Ponencia Publicada de congreso “De la Vivienda Obrera a la Vivienda de Protección Oficial” Madrid, jun 2014

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a los costes y plazos. Al mismo tiempo las soluciones de los “poblados” de nueva creación son ejemplos de un urbanismo de enorme interés. Entre los arquitectos que formaron parte de la denominada “quimera moderna” 1 está el equipo formado por Rafael Leoz y Joaquín Hervás. Ambos serán muy conocidos por sus investigaciones en el campo de la sistematización constructiva: el módulo HELE. Ambos arquitectos elaboraron en Orcasitas (1957-1966) un proyecto de urbanización para tres mil viviendas que reúne la tradición del urbanismo moderno (con referencia directa a Le Corbusier y Hilberseimer), el uso de sistemas de construcción autosuficientes (los poblados dirigidos se construían por sus propios habitantes), y un lenguaje arquitectónico depurado y abstracto que se basa en la geometría. Un componente no menor de Orcasitas (como de la mayoría de los Poblados Dirigidos) fue su vertiente social: el compromiso de los habitantes con sus viviendas y el de los arquitectos con su trabajo. El destino en forma de unas condiciones del suelo que sobrepasaba la capacidad tecnológica de la época dieron un especial significado a este compromiso, al futuro del propio Poblado y al nacimiento de un papel activo de sus habitantes en forma de asociacionismo activo, que jugaríann un papel decisivo en la transición política.

ABSTRACT keywords: Poblados Dirigidos, Orcasitas, Leoz Hervás, INV In Spain in middle fifties started a social and political process which found out in modern architecture a curious ally. Franco’s regime has to face with the serious problem of slum housing around Madrid City. But the intervention of great managers (inside the regime) and young architects developed together thousands of social housing in Spain. As a result of many elements (social regulations, technical and construction rules) but also of the strong support provided from modern and rational architecture and the use of systems based on easy and cheap construction process, the success of a social and political initiative – which were later to base the future Housing Ministry-- took place. Between them were Rafael Leoz and Joaquín Hervás (both belonged to the generation of others as Oiza, Corrales y Molezún, Carvajal) well known because their studies on standardization and construction systems: the HELE module was one of their investigations. These architects built in Orcasitas (an outskirts area near Madrid) a three thousand housing project, an interesting proposal which combined modern urbanism, self-sufficient construction systems and an architectural language abstract and pure based on geometry. The social component is not a minor element in Orcasitas case: the mutual compromise between the inhabitants, the houses and the architects. Destiny, under the shape of certain soil mechanical characteristics that overpassed the time’s technical knowledge gave a special meaning to this compromise, the future of the settlement itself and the role of the new born neighbour associations in the political turmoil of the Spanish transition.

1

Libro del mismo título: “La quimera moderna: los Poblados Dirigidos de Madrid en la arquitectura de los 50”, FernándezGaliano L., F. Isasi J., Lopera A. Ed. Blume Madrid 1989. LA UTOPIA TECNOLOGICA FRENTE A LA REALIDAD

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Ponencia Publicada de congreso “De la Vivienda Obrera a la Vivienda de Protección Oficial” Madrid, jun 2014


01. Introducción. Los poblados dirigidos constituyeron un capítulo excepcional en nuestra historiografía urbana del Siglo XX, “un momento estelar de la arquitectura española”, tal y como señalaba Luis Fernández Galiano.1 La capital intervención de dos figuras fundamentales, el arquitecto Julián Laguna como comisario para la Ordenación Urbana de Madrid y el abogado del estado Luis Valero Bermejo, al frente del Instituto Nacional de la Vivienda, bajo la premisa de la abolición del chabolismo y la solución de los problemas de vivienda vinculados a los movimientos de inmigración en la periferia madrileña de la posguerra, pusieron en marcha un ambicioso plan de nuevos asentamientos en manos de un grupo de jovencísimos arquitectos, de escasa o nula vinculación política con el régimen y apenas acabados sus estudios de arquitectura en la Escuela de Madrid: Sáenz de Oiza, Corrales y Molezún, Carvajal, García de Paredes, Vázquez de Castro, Iñiguez de Onzoño, Romany, Leoz y Hervás Julián Laguna desconfiaba tanto de la tramitación oficial de los planes de actuación, sujetos a largos plazos de tramitación, como de los arquitectos y urbanistas de las oficinas municipales; prefiere contar con equipos muy jóvenes, sin apenas experiencia en planificación urbana previa, pero con una actitud mas abierta y comprometida para una difícil tarea. La coartada de la “urgencia social” permitiría una tramitación y ejecución directa de planes y programas sin apenas control fuera de la propia Comisaría o INV; es en este último organismo donde , en 1955, Luis Valero aprueba el Reglamento de Viviendas de Renta Limitada, marco legal de los futuros poblados dirigidos, cuya andadura comenzaría en 1956, apenas un año después. Los planes de Laguna y Valero contemplaban tres fases: 1º Creación de los denominados Poblados de Absorción”, que resolvieran el problema del chabolismo y liberaran suelo para las fases siguientes, 2º, los Poblados Dirigidos, para resolver las necesidades de vivienda barata en la periferia urbana y 3º La consolidación de nuevos núcleos urbanos, que sirvieran de conexión de los anteriores con la trama urbana del Madrid consolidado. La relativamente breve permanencia de ambos protagonistas en sus respectivos cargos malogró en buena medida el desarrollo de la tercera fase. La elección de los arquitectos pertenecientes a una nueva generación, más vinculadas al panorama internacional que al vernaculismo o historicismo de sus predecesores, se produce en un momento especial de crisis y cuestionamiento de las bases canónicas del movimiento moderno. 1957, año en el que arrancan o se están empezando a edificar las primeras experiencias de los poblados dirigidos, es también el año de la Disolución de los CIAM en su último congreso en Otterloo; es también el año de la International Bauaustellung o INTERBAU de Berlín, donde buena parte de los maestros del Movimiento Moderno abandonan postulados urbanos genéricos más radicales en favor de experiencias concretas individuales más desligadas y directas. Buena muestra de la sensibilidad del momento y la perspectiva del panorama arquitectónico internacional contemplada desde España es la encuesta organizada por Carlos Flores y su revista Hogar y Arquitectura en 1958 a una selección de arquitectos de primera línea (que incluía nombres como Fisac, García de Paredes Cabrero, Muñoz Monasterio o Gutiérrez Soto) acerca de sus preferencias: arquitectos como Richard Neutra, el Mies de su etapa americana, Eero Saarinen y, muy especialmente, Arno Jacobsen se imponían a los nombres de los maestros de primera generación.2 LA UTOPIA TECNOLOGICA FRENTE A LA REALIDAD Ponencia Publicada de congreso “De la Vivienda Obrera a la Vivienda de Protección Oficial” Madrid, jun 2014

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02. Orcasitas:Utopía De los Poblados Dirigidos desarrollados bajo la tutela de Laguna y Valero, Orcasitas era el mayor, en extensión y en número de viviendas, casi 3000 (2965 viviendas). Los siguientes serían el de Entrevías de Oiza, Sierra y Alvear, con 2114 o el de Fuencarral de Romany, de 1839 viviendas. También presentaba el emplazamiento más libre de condicionamientos externos: una amplia zona libre de más de 33 hectáreas, situada entre Usera (al N) y Villaverde (al S), alejada de cualquier tejido urbano salvo la presencia de un vial de acceso inferior (actual trazado de la M-40). Rafael Leoz y Joaquín Ruiz Hervás abandonan una incipiente colaboración con Antonio Vázquez de Castro y Jose Luis Iñiguez de Onzoño en Caño Roto para abordar su propio Poblado Dirigido. Como ellos, eran jóvenes arquitectos apenas recién titulados (Rafael Leoz había acabado sus estudios en 1955, apenas un año antes del encargo). Leoz y Hervás aún no eran conocidos por su trabajo más difundido, su investigación en torno a sistemas geométricos para su aplicación en una estandarización flexible o módulo HELE (acrónimo de las primeras letras de sus apellidos), que presentarían en la Bienal de Sao Paulo de 1961. Fig 2. Orcasitas. Ordenación, según proyecto original

Aun así, su interés por la geometría y la abstracción está patente en su propuesta ya desde los planteamientos iniciales: frente a la poética neorrealista de Vázquez de Castro e Íñiguez de Onzoño en Caño Roto, el realismo minimalista de Oiza en Fuencarral-A o la evocación rural de Sota en Fuencarral-B, la apuesta de Leoz y Hervás es mucho más abstracta: parece derivarse de un proyecto previo teórico, ajeno a cualquier contexto, y posteriormente trasladado a una realidad concreta. Para Isasi, se trataría “(…)de un ejercicio teórico, plano y geométrico, adaptado luego a la realidad”.3. La observación es acertada, pero quizás haya que contemplarla a la luz de la génesis del encargo: la idea inicial contemplaba la creación de una serie de poblados gemelos, autónomos, que conformarían una serie alineada a lo largo del vial sur que les serviría de acceso, fuera del cual solo se extendería un tapiz de terreno plano virgen. El plan propuesto era, en efecto, mas un código o sistema de formación que una propuesta concreta. Finalmente, solo uno de estos “poblados” fue ejecutado, y su traslado a la realidad se reveló más problemático de lo esperado, como veremos. El esquema general bebía de las fuentes de las concepciones urbanas de Ludwig Hilberseimer, tal y como el propio Leoz reconocería.4 Tanto la ausencia de contexto determinante como, muy especialmente, la idea de “sistema” apto para crear una serie repetida pero diferenciada de agrupaciones (anticipando algunas de las obsesiones que fundamentarán la investigación posterior en torno al módulo HELE). LA UTOPIA TECNOLOGICA FRENTE A LA REALIDAD Ponencia Publicada de congreso “De la Vivienda Obrera a la Vivienda de Protección Oficial”

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La propuesta planimétrica de Leoz y Hervás para Orcasitas es como hemos dicho, posiblemente la más abstracta de todos los poblados dirigidos. Parte de un esquema de distribución en peine, con un eje central al que se conectan once módulos rectangulares a ambos lados (seis a izquierda, cinco a derecha del eje) de 100 x 260 metros. La obsesión de los arquitectos por evitar la monotonía y repetición lleva a plantear una serie de estrategias, empezando por un desplazamiento de 30 metros entre los módulos situados a izquierda respecto de los del lado derecho; el esquema queda configurado por un sistema de “doble peine”, de púas “desfasadas”, espalda contra espalda, antes que como una retícula. La propuesta contemplaba viviendas unifamiliares y en bloque; entre las unifamiliares había 720 viviendas sociales, construidas por el método de “prestación personal”; el resto, 572 viviendas, como las 1672 de los bloques, eran de tercera categoría.

Fig 3. Orcasitas. Vista aerea a lo lrgo del tiempo

Cada uno de los módulos de 100 x 260 metros se organizaba de manera análoga. Todos tenían semejante número de viviendas: Los centrales tenían 135 viviendas unifamiliares adosadas y 169 en bloque. Cada módulo contaba con su propia plaza o espacio libre de unos 30x30 metros. Los módulos extremos reducían su numero de viviendas para aportar un mayor espacio libre común. Cada módulo preveía una mínima dotación publica, sin especificar.

Usando estrategias geométricas muy similares a las que emplearán en su desarrollo del módulo HELE, el sistema propuesto por ambos arquitectos apuesta por las posibilidades creadas entre una máxima estandarización y una deseada flexibilidad. Apenas hay tipologías distintas: dos para las casas (sociales y de tercera categoría) y tres para los bloques: de 4 plantas con viviendas pasantes de doble orientación EW , de 4 plantas con corrala N y orientación S, y de 6 plantas, con viviendas dúplex, orientadas NS. Los módulos tipo presentan una análoga organización de vivienda. Sin embargo, siguiendo sus principios geométricos, introducen una serie de simetrías y variantes para romper la LA UTOPIA TECNOLOGICA FRENTE A LA REALIDAD Ponencia Publicada de congreso “De la Vivienda Obrera a la Vivienda de Protección Oficial” Madrid, jun 2014

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monotonía y garantizar la suficiente flexibilidad. Las operaciones de simetría se realizan según eje vertical NS, de manera que se conserven las orientaciones. La alternancia entre las distintas variantes evitan también patrones regulares demasiado evidentes. Una posterior revisión del plan elevó la altura de bloques de 4 a seis plantas. El análogo tratamiento dado a todos los bloques (idénticas soluciones de fachada, con hueco rasgado en toda la vertical en bloques) contribuyeron a dar al conjunto una imagen mas uniforme y estandarizada, mucho mas rígida (mas “Hilberseimer”) que lo posiblemente buscado por los arquitectos. La tipología de las plantas de Fig 4. Orcasitas. Vista general, recien acabada viviendas es muy racional, de mínimos. Todas las casas cuentan con no menos de tres dormitorios dobles, si bien de dimensiones tan ajustadas que los dormitorios secundarios carecen de espacio para armarios. Especial interés espacial presenta la solución de viviendas Dúplex, donde proponen una solución de galerías- corredor interiores en plantas alternas a modo de la Unidad de Habitación. Sin embargo, mientras en la propuesta lecorbusierana las semiplantas y plantas completas presentan el mismo ancho de crujía, obligando a situarse a las últimas encima y debajo sucesivamente de la planta de acceso, Leoz y Hervás presentan una interesante solución contrapeada, en el que las plantas inferiores desarrollan doble longitud, pero solo una fachada, y las superiores la mitad de la crujía pero van de fachada a fachada; esta solución permite colocar la zona de dormitorios en planta superior, respecto a la de acceso, en ambas viviendas. Los volúmenes semejantes de ambas plantas, unos prismas rectangulares, están girados 90º entre sí, y maclados dos a dos, una solución que anticipa muchas de las investigaciones espaciales posteriores.

Fig 5. Bloque y plantas de vivienda Duplex tipo D LA UTOPIA TECNOLOGICA FRENTE A LA REALIDAD Ponencia Publicada de congreso “De la Vivienda Obrera a la Vivienda de Protección Oficial”

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Fig 6. Organización vivienda duplex y módulo HELE

Fig 7. Planta General de Orcasitas, edificada

03. Orcasitas: Realidad Como el resto de los Poblados Dirigidos, Orcasitas hubo de desarrollarse con un presupuesto mínimo, lo que obligó a no pocas modificaciones y revisiones. La estructura de lo bloques, de hormigón armado, hubo de ser sustituida enteramente por fábricas de ladrillo portante: “(decidimos) ponernos enteramente en brazos del humilde e ibérico ladrillo cerámico. Este cambio del material de la estructura tuvo como consecuencia tener que cambiar todo el proyecto, incluso la ordenación de bloques”. 5 Sin embargo, la buscada solución de territorio virgen contemplada en el proyecto, finalmente no fue tal, y la realidad de la presencia de numerosos condicionantes (vías, canalizaciones, trazados eléctricos de alta/media tensión) obligaron a frecuentes cambios y replanteos. Se demuestra una vez más que la realidad de “tabula rasa” rara vez se da en Arquitectura. Con todo, el mayor problema, por el que es conocido el caso de Orcasitas y que lo llevó fatalmente a su desaparición fue el problema de su cimentación. Galiano e Isasi se refieren al Poblado como un caso de “rigorismo con pies de barro”.6 La condena estaba ya escrita en el suelo, unas arcillas expansivas aún poco conocidas en la época de su construcción. LA UTOPIA TECNOLOGICA FRENTE A LA REALIDAD Ponencia Publicada de congreso “De la Vivienda Obrera a la Vivienda de Protección Oficial” Madrid, jun 2014

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Fig 8. Orcasitas, recién terminada

Se ha acusado a los arquitectos y la empresa de falta de estudio geotécnico y del empleo de materiales de mala calidad. 7 Los materiales fueron análogos a os empleados en otros poblados dirigidos (en muchos casos eran los mismos suministradores), y en cuanto a la ausencia de cálculo, no es cierto: los arquitectos contaron con un sondeo, encargado a “Cimentaciones Especiales, S.A.” y un posterior estudio a la casa “Pilson-Pilotajes y Sondeos S.A.” para determinar y verificar las características del terreno. Estos cálculos, hechos con posterioridad a la redacción del proyecto, obligaron a cambios al el uso de cimentaciones especiales y a nuevos ajustes presupuestarios. Las primeras grietas aparecieron ya en obra, y los arquitectos y técnicos detectaron rápidamente el origen: cambios de volumen en la capa arcillosa sobre la que se asentaba la edificación, debido a variaciones de humedad. Sin embargo, adjudicaron tales efectos a una acción puntual: la ausencia de suministro de agua en la obra obligó a la extracción de la misma del terreno mediante motobombas: se llegaron a extraer una media de 300/400 m3 de agua por jornada de día de invierno/primavera (en tiempo seco debían suplementarse mediante camionesaljibe). Dado que las grietas se manifestaron inicialmente solo en viviendas unifamiliares, que fueron prontamente reparadas y reforzadas, los arquitectos y técnicos concluyeron que era la acción de la obra la única causante de deficiencias (entonces aún) puntuales, y que el efecto desaparecería tras la finalización de las mismas y la sustitución de los pozos por el suministro de red de agua.8

Fig 9. Orcasitas, detlles de viviendas en hilera LA UTOPIA TECNOLOGICA FRENTE A LA REALIDAD Ponencia Publicada de congreso “De la Vivienda Obrera a la Vivienda de Protección Oficial”

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En la época, el caso de las arcillas expansivas era aún poco conocido (de hecho, los arquitectos no emplean esta expresión, aunque describen perfectamente el fenómeno). las sucesivas deficiencias alargaron la obra, que no pudo ser entregada a sus propietarios hasta 1970. Bajo la dirección de arquitectos municipales se llevan a cabo diversas operaciones de recalces, hasta que en 1975, estos técnicos reconocen la ineficacia de estas operaciones. (al año siguiente, 1976, moriría Rafael Leoz, a la temprana edad de 55 años). La historia sin embargo tiene una segunda coordenada, aparentemente ajena a la disciplina arquitectónica, pero mas heroica y sin duda vital en el panorama político de la transición: los movimientos vecinales. En 1974 se crea –ilegalmente-- la asociación de vecinos “Guetaria” del Poblado Dirigido; esta asociación tendría un papel muy activo en la lucha por sus derechos –el acceso a una vivienda digna que todos habían pagado y muchos incluso levantado con sus manos—que marcaría la senda para numerosas asociaciones posteriores. Su trayectoria esta jalonada de episodios (manifestaciones, asambleas permanentes, actuaciones policiales , detenciones e incluso el asesinato de un líder vecinal a manos de la extrema derecha) hasta que, casi dos décadas después de iniciarse, el ayuntamiento de Madrid decide, de acuerdo con los vecinos, el derribo de los edificios y su sustitución por nuevos –y mas convencionales-- bloques de vivienda. El mayor y mas ambicioso de los poblados dirigidos, aquel que nació con voluntad de sistema para ser extendido por el territorio es, a fecha de hoy, el único de los poblados desaparecido.

Fig 10. Problemas y activismo de asociaciones

NOTAS 1

2 3 4

5 6 7

8

Fernández Galiano L. et al, La Quimera moderna. Los poblados dirigidos en la arquitectura de los 50. Madrid: Blume ed., 1989. Isasi, J.F., “Los Poblados en el urbanismo y la vivienda de posguerra”, en: La Quimera moderna… op. cit. p. 111. Isasi, Ibidem, “La ordenación que adoptamos al final en el poblado fue la clásica en ‘espina de pez’ creada por L. Hilberseimer para Chicago, puesto que la topografía del terreno se prestaba perfectamente a ello”. Leoz, R. Ruiz Hervás, J., “El Poblado de Orcasitas, en Temas de Arquitectura nº 22-24. Madrid, 1961 Leoz, R. Ruiz Hervás, J., “El Poblado de Orcasitas, en Temas de Arquitectura nº 22-24. Madrid, 1961 F. Galiano et al, La Quimera moderna… op. cit. p. 82. P. ej, en el Blog “Historia del Poblado Dirigido de Orcasitas”, de la Asociación de vecinos Guetaria: http://es.scribd.com/doc/28561963/Historia-de-ORCASITAS Todo el proceso está recogido por los arquitectos en: Temas de Arquitectura nº 22-24. Madrid, 1961

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GI G A N T E S

Y FAN PASADO, PRESENTE RO DEL MERCADO DE VERDURAS DE JAVIER

TASMAS Y FUTUFRUTAS Y FERRERO

Capítulo del libro Proyectar la Memoria II. Compartir esxperiencias para la conservación del Patrimonio Cultural Iberoamericano, de Rafael Guridi, Joaquin Ibañez y Fernando Vela (eds). Madrid: Rueda editorial, 2015 LIBRO O CAPÍTULO DE LIBRO REVISTA CON REVISIÓN PONENCIA PUBLICADA/ACEPTADA 2 2 2 2 2

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Proyectar la memoria II. Compartir experiencias para la conservaciĂłn del Patrimonio Cultural Iberomericano Madrid, 2015

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IMAGE

& IDENTITY. THE EXPERIMENTAL HOUSING OF SCHORLEMERALLEE. HANS 6 WASSILI LUCKHARDT, ALFONS ANKER, BERLIN, 1925-1930.

Ponencia leida y publicada en Congreso “XIIth INTERNATIONAL DOCOMOMO CONFERENCE”. Organizado por DOCOMOMO INTERNATIONAL COMITEE, Espoo, Finlandia 2012

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RAFAEL GURIDI C R I S T I N A TA RTA S OTROS

AUTORES


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E S T R AT E G I A D E L Y U D O C A EXPERIENCIAS DEL TALLER DE NÁJERA

Capítulo del libro Proyectar la Memoria. Criterios y estrategias para la intervención, restauración y gestión del Patrimonio Cultural Iberoamericano, de Rafael Guridi, Joaquin Ibañez y Fernando Vela (eds). Madrid: Rueda editorial, 2014 LIBRO O CAPÍTULO DE LIBRO REVISTA CON REVISIÓN PONENCIA PUBLICADA/ACEPTADA 2 2 2 2 2

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LA ESTRATEGIA DEL YUDOCA... CapĂ­tulo del libro Proyectar la memoria...

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A FÁBRICA MIRAT EN SALAMANCA. UN EJEMPLO DE MEMORIA INVOLUNTARIA

Ponencia leida y publicada en Congreso “Paisajes cultuales. Patrimonio Industrial y Desarrollo Regional ”. Organizado por INCUNA, Gijón, octubre 2013

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LA FÁBRICA MIRAT EN SALAMANCA. UN EJEMPLO DE MEMORIA INVOLUNTARIA Ponencia Congreso “Paisajes Culturales”, INCUNA. Gijón, octubre 2013

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LA CASA

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DORIAN GRAY.

Capítulo del libro “10 Años de Teoría y Tecnicas de Restauración” J. Ibañez et al (ed), DPA/Mairea libros; Madrid, mayo 2010. pags 43 -45

PONENCIA

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LA CASA DE DORIAN GRAY Capítulo del libro “10 años de Teoría y Tecnicas de Restauración” Madrid, mayo 2010

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DE VIVIENDAS EN EL PASEO DE YESERÍAS, MADRID

Capítulo de libro “Un siglo de Vivienda social” Tomo I.(Carlos Sambricio, ed.) Madrid, 2003

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EDIFICIO DE VIVIENDAS EN PASEO DE YESERÍAS Capítulo de libro “Un siglode vivienda social” Tomo I Madrid, 2003

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EDIFICIO DE VIVIENDAS EN PASEO DE YESERÍAS Capítulo de libro “Un siglode vivienda social” Tomo I

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