Lettori senza frontiere - Letteratura - ESTRATTO

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Le E tt . F or um S. i s a Cit e g te IS nz alli rio BN a D 97 fro . Li R. D 8- nt pp id 88 ie er on -4 re a i 72 - S -2 Le . Po 21 t t 2- e zzi 0 ra tu ra Questo volume, sprovvisto del talloncino a fronte (o opportunamente punzonato o ­altrimenti contrassegnato), è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE ­GRATUITO, fuori commercio (vendita e altri atti di disposizione vietati: art. 17, c. 2 L. 633/1941). Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d). Esente da bolla di accompagnamento (D.P.R. 6-10-1978, n° 627, art.4. n° 6).

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ISBN 978-88-472-2226-7 Volume 3 + Quaderno abilità e competenze 3 + M.I.O. BOOK ISBN 978-88-472-2216-8 Volume 3 + M.I.O. BOOK ISBN 978-88-472-2217-5 Quaderno abilità e competenze 3 + M.I.O. BOOK ISBN 978-88-472-2219-9 Volume 3 per studenti con BES, specifico per DSA + CD Audio ISBN 978-88-472-2218-2 Volume 3 per studenti con BES, specifico per non madrelingua + CD Audio

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Antologia per la scuola secondaria di primo grado

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Letteratura

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Letteratura

ISBN 978-88-472-2222-9 Volume 1 + Mito ed epica + Quaderno abilità e competenze 1 + M.I.O. BOOK ISBN 978-88-472-2223-6 Volume 1 + Mito ed epica + M.I.O. BOOK ISBN 978-88-472-2206-9 Volume 1 + M.I.O. BOOK ISBN 978-88-472-2207-6 Mito ed epica + M.I.O. BOOK ISBN 978-88-472-2208-3 Quaderno abilità e competenze 1 + M.I.O. BOOK ISBN 978-88-472-2210-6 Volume 1 per studenti con BES, specifico per DSA + CD Audio ISBN 978-88-472-2209-0 Volume 1 per studenti con BES, specifico per non madrelingua + CD Audio

Per la classe 3a

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Lettori senza S. Citterio

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Lettori senza frontiere

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Nuove idee per una nuova scuola

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I testi sono forniti di audioletture, utili per ogni tipo di difficoltà nel lavoro in classe e nello studio a casa.

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S. Citterio

R. Didoni

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Antologia

per la scuola secondaria di primo grado

Letteratura


Coordinamento editoriale: Emanuele Pirani Redazione: Luca Brecciaroli, Emanuele Pirani, Studio Redazionale Maddali & Bruni Consulenza didattica: Giovanna Dolcini, Claudia Ferri, Simone Frontini, Barbara Giuliodoro, Barbara Vilone Gli Autori ringraziano Anna Di Sapio per la scelta dei testi della sezione La letteratura dei nuovi italiani. A Daniela, che ci ha insegnato la forza delle parole e dell’esempio. Progetto grafico: Alessandra Coppola Impaginazione: Alessandra Coppola, Daniele Montalbini Illustrazioni: Gianfranco Spione, Roberto Tomei Copertina: Giorgio Lucarini Referenze fotografiche: Fotolia, iStockphoto, Thinkstock, 123rf, archivio fotografico Gruppo Ed. Raffaello Coordinamento M.I.O. BOOK: Paolo Giuliani Ufficio multimedia: Enrico Campodonico, Andrea Fanelli, Paolo Giuliani, Luca Pirani Le parti ad alta leggibilità di quest’opera sono state realizzate con la font leggimi © Sinnos editrice Stampa: Gruppo Editoriale Raffaello

Il Gruppo Editoriale Raffaello mette a disposizione i propri libri di testo in formato digitale per gli studenti ipovedenti, non vedenti o con disturbi specifici di apprendimento. L’attenzione e la cura necessarie per la realizzazione di un libro spesso non sono sufficienti a evitare completamente la presenza di sviste o di piccole imprecisioni. Invitiamo pertanto il lettore a segnalare le eventuali inesattezze riscontrate. Ci saranno utili per le future ristampe.

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Le origini Il quadro storico

Il quadro letterario

L’età di mezzo La caduta dell’impero romano e i regni romano-barbarici

2

Carlo Magno e il feudalesimo Il ruolo della Chiesa Dal latino al volgare L’affermarsi del volgare toscano I primi documenti in volgare

3 3 3 4 5 5

Anonimo, Indovinello veronese Anonimo, Placito di Capua

6 6

Il Duecento Il quadro storico

Il quadro letterario

La rinascita dopo il Mille Lo sviluppo delle città La lotta tra papato e impero La nascita dei Comuni e delle Repubbliche marinare

8 9 9

• Jacopo da Lentini, Amore è uno desio che vien da core

10 La poesia religiosa: la lauda 10 La Scuola siciliana 10 Il Dolce Stil Novo e la poesia comico-realistica 11 La prosa: i libri di viaggio 11 Francesco d’Assisi

Francesco d’Assisi, Il cantico delle creature Jacopone da Todi Jacopone da Todi, Donna de Paradiso Guido Guinizzelli Guido Guinizzelli, Io voglio del ver la mia donna laudare

12 12 15 15 18 18

III


indice M.I.O. BOOK

Guido Cavalcanti

20

Guido Cavalcanti, Voi che per li occhi mi passaste ’l core

20

Cecco Angiolieri

Cecco Angiolieri, S’i’ fosse fuoco

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22 22

Dante Alighieri

24 Dante Alighieri, Tanto gentile e tanto onesta pare 26 Marco Polo

28

Marco Polo, Tre veneziani alla corte del Gran Khan

28

Il Trecento

Il quadro storico

Il quadro letterario

Il conflitto tra guelfi e ghibellini La crisi del Trecento La fine del Comune e la nascita delle Signorie Lo scisma della Chiesa cattolica L’affermazione del volgare come lingua letteraria La novella I racconti meravigliosi dell’Oriente: Le mille e una notte

Le grandi opere

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DIDATTICA INCLUSIVA

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Testo senza frontiere

IV

La Divina Commedia Dante e il suo tempo La struttura de La Divina Commedia Il viaggio di Dante: simboli e allegorie L’universo di Dante L’Inferno Il Purgatorio Il Paradiso La lingua

32 32 33 33 34 35 35 36 36 36 37 38 39 41 42 43

Dante Alighieri, La selva oscura 44 47 Dante Alighieri, Caronte 50 Dante Alighieri, Paolo e Francesca 54 Dante Alighieri, Ulisse 58 Dante Alighieri, Ugolino della Gherardesca 63 Dante Alighieri, Manfredi Dante Alighieri, L’incontro con Beatrice 66

• Dante Alighieri, Farinata • Dante Alighieri, Casella • Dante Alighieri, Piccarda Donati • Francesco Petrarca, Padre del ciel, dopo i perduti giorni • Giovanni Boccaccio, Federigo degli Alberighi


indice M.I.O. BOOK

Dante Alighieri, Inno alla Vergine Francesco Petrarca Francesco Petrarca, Solo e pensoso i più deserti campi Francesco Petrarca, Erano i capei d’oro a l’aura sparsi Giovanni Boccaccio Giovanni Boccaccio, Chichibio e la gru Giovanni Boccaccio, Giotto e messer Forese

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70 72 74 76 78 80 83

Il Quattrocento Il quadro storico

Il quadro letterario

Le Signorie e i Principati La discesa di Carlo VIII Le grandi scoperte geografiche Una nuova cultura: l’Umanesimo La corte come centro di diffusione della cultura L’invenzione della stampa

86 87 87 88 89 89

Lorenzo de’ Medici

90

• Angelo Poliziano, I mi trovai, fanciulle, un bel mattino

Lorenzo de’ Medici, Il trionfo di Bacco e Arianna 90

Il Cinquecento Il quadro storico

Il quadro letterario

La rivoluzione economica La Riforma La Controriforma I caratteri della letteratura rinascimentale La questione della lingua La nuova figura di intellettuale Ludovico Ariosto

Ludovico Ariosto, Proemio Ludovico Ariosto, La pazzia di Orlando Ludovico Ariosto, Astolfo sulla Luna Niccolò Machiavelli

Niccolò Machiavelli, Le qualità del principe

94 95 95 96 97 97

• Niccolò Machiavelli, Dedica orquato Tasso, •T Proemio

98 100 103 107 114 115

Torquato Tasso

118 Torquato Tasso, La morte di Clorinda 120 Torquato Tasso, Rinaldo nella selva incantata 123

V


indice M.I.O. BOOK

Contenuti digitali integrativi

Il Seicento Il quadro storico

Il quadro letterario

Le grandi monarchie europee Il dominio spagnolo in Italia L’intolleranza religiosa e l’Inquisizione L’aspirazione a stupire: il Barocco Il marinismo La nascita della scienza moderna

130 131 131 132 133 133

• Galileo Galilei, La favola dei suoni

Giovan Battista Marino

134 Giovan Battista Marino, Il canto dell’usignolo 134 Galileo Galilei 137 Galileo Galilei, Dialogo sopra i massimi sistemi 138

Il Settecento Il quadro storico

L’Europa dei primi anni del secolo e la rivoluzione industriale La Rivoluzione americana e la nascita degli Stati Uniti d’America

Il quadro letterario

La Rivoluzione francese L’Arcadia e la nascita del melodramma Il secolo dei lumi La riforma del teatro L’evoluzione della lingua italiana Giuseppe Parini

Giuseppe Parini, La vergine cuccia Carlo Goldoni

Carlo Goldoni, Mirandolina

140 141 141 142 142 143 143

• Vittorio Alfieri, Ultima storietta puerile

144 145 148 149

Il primo Ottocento Il quadro storico

Il quadro letterario

VI

La fine dell’impero napoleonico Il Congresso di Vienna e la Restaurazione Il Risorgimento Il ritorno al classicismo Una nuova sensibilità: il Romanticismo

156 157 157 158 158

• Alessandro Manzoni, La notte degli imbrogli • Alessandro Manzoni, L’assalto al forno delle grucce


indice M.I.O. BOOK

Il Romanticismo in Italia

159

Ugo Foscolo

160 161 163 165

Ugo Foscolo, A Zacinto Ugo Foscolo, Alla sera Ugo Foscolo, Dei sepolcri Giacomo Leopardi

Le grandi opere

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DIDATTICA INCLUSIVA

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Testo senza frontiere

Giacomo Leopardi, L’infinito Giacomo Leopardi, Il sabato del villaggio Giacomo Leopardi, Alla luna Alessandro Manzoni Alessandro Manzoni, Il Cinque Maggio I Promessi Sposi Il genere del romanzo storico Le fasi dell’elaborazione La trama La struttura della narrazione I personaggi I significati

Contenuti digitali integrativi

168 170 172 175 177 178 183 183 183 184 185 186 187

Alessandro Manzoni, I bravi 188 191 Alessandro Manzoni, Il commiato 194 Alessandro Manzoni, La monaca di Monza 198 Alessandro Manzoni, Gertrude 200 Alessandro Manzoni, Lucia e l’innominato Alessandro Manzoni, Don Rodrigo e la peste 203 Alessandro Manzoni, La madre di Cecilia 209 Alessandro Manzoni, Il sugo della storia

213

Tra Ottocento e Novecento Il quadro storico

Il quadro letterario

L’unificazione italiana La situazione italiana dopo l’Unità La politica imperialista I nuovi progressi scientifici: la seconda rivoluzione industriale Il Naturalismo francese Il Verismo italiano

216 217 217 217 218 219

• Carlo Collodi, Come andò che maestro Ciliegia… • Edmondo De Amicis, I miei compagni

VII


indice M.I.O. BOOK

Giovanni Verga

Giovanni Verga, Rosso Malpelo Giosue Carducci Giosue Carducci, Nevicata Giosue Carducci, Pianto antico Il quadro letterario

La crisi dell’uomo contemporaneo: il Decadentismo La scoperta del verso libero La nascita della psicoanalisi Giovanni Pascoli

Giovanni Pascoli, X Agosto Giovanni Pascoli, L’assiuolo Gabriele D’Annunzio Gabriele D’Annunzio, La pioggia nel pineto Italo Svevo Italo Svevo, I buoni propositi Luigi Pirandello Luigi Pirandello, Distrazione

Contenuti digitali integrativi

220 221 232 233 235

237 238 238 239 240 242 244 245 250 251 254 255

Il primo Novecento Il quadro storico

Il quadro letterario

Il quadro letterario

VIII

La Prima guerra mondiale Il primo dopoguerra La Seconda guerra mondiale Il Crepuscolarismo

260 261 261 262

Guido Gozzano

263

Guido Gozzano, La signorina Felicita ovvero la Felicità

263

Il Futurismo

266

Filippo Tommaso Marinetti

267

Filippo Tommaso Marinetti, Dal manifesto del Futurismo

267

• Giuseppe Ungaretti, Stella, mia unica stella • Umberto Saba, Tre momenti


indice M.I.O. BOOK Il quadro letterario

L’Ermetismo I poeti

270 270

Giuseppe Ungaretti

271 272 274 276

Giuseppe Ungaretti, Veglia Giuseppe Ungaretti, Natale Giuseppe Ungaretti, I fiumi

Contenuti digitali integrativi

Eugenio Montale

279 Eugenio Montale, Meriggiare pallido e assorto 280 282 Eugenio Montale, La casa dei doganieri Salvatore Quasimodo

Salvatore Quasimodo, Ed è subito sera Salvatore Quasimodo, Alle fronde dei salici

284 285 286

Umberto Saba

288

Umberto Saba, Mio padre è stato per me «l’assassino» Umberto Saba, Città nel sole

289 291

Il secondo Novecento Il quadro storico

Il quadro letterario

Il secondo dopoguerra 292 La situazione dell’Italia 293 La fine del secondo millennio 293 Il Neorealismo 294 Italo Calvino

295

Italo Calvino, Pin il ciabattino e Kim il commissario

296

Beppe Fenoglio

Beppe Fenoglio, L’incontro con i partigiani Elio Vittorini

Elio Vittorini, E perché loro? Cesare Pavese

Cesare Pavese, L’attacco Alberto Moravia

Alberto Moravia, Il tesoro Primo Levi

Primo Levi, L’arrivo ad Auschwitz

• Italo Calvino, Ultimo viene il corvo E • lio Vittorini, Il ritorno • Dino Buzzati, La notizia

300 300 303 303 307 307 311 311 317 317

IX


indice M.I.O. BOOK

Pier Paolo Pasolini

Leonardo Sciascia, Un omicidio sull’autobus

321 321 325 325

La Neoavanguardia Il Postmodernismo I contemporanei

330 330 331

Pier Paolo Pasolini, Il palo della tortura Leonardo Sciascia

Il quadro letterario

Elsa Morante

332 Elsa Morante, Useppe alla scoperta del mondo 332 Dino Buzzati

Dino Buzzati, Il colombre Sandro Penna

Sandro Penna, Scuola Vittorio Sereni

Vittorio Sereni, Amsterdam Giorgio Caproni

346 346 348 348

Giorgio Caproni, Marzo

350 350

Mario Luzi

352

Mario Luzi, Nell’imminenza dei miei quarant’anni

352

Alda Merini

Alda Merini, La voce delle montagne

355 355

Edoardo Sanguineti

357

Edoardo Sanguineti, Piangi, piangi, che ti compero…

357

Umberto Eco

Umberto Eco, La biblioteca-labirinto

359 359

Antonio Tabucchi

363

Antonio Tabucchi, Si chiamava Francesco Monteiro Rossi

363

Alessandro Baricco

Alessandro Baricco, T.D., thanks Danny

X

339 339

369 369

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indice M.I.O. BOOK

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La letteratura dei nuovi italiani Il quadro letterario

Una nuova letteratura Gli inizi Scrittori italiani di seconda generazione

372 373 373

Kossi Komla-Ebri

374 374

Kossi Komla-Ebri, Mal di… Gabriella Ghermandi

Gabriella Ghermandi, Amarech e Daniel Amara Lakhous

Amara Lakhous, L’odio per la pizza Mihai Mircea Butcovan

Mihai Mircea Butcovan, In volo sopra la città Anilda Ibrahimi

Anilda Ibrahimi, Il rogo Danilović Igiaba Scego

Igiaba Scego, Termini

• Tamara Jadrejcic, Il bambino che non si lavava

380 380 385 385 389 389 394 394 399 399

XI


Le origini letteratura

Pieter Bruegel il Vecchio, Banchetto nuziale, 1568, Kunsthistorisches Museum, Vienna.

Il quadro storico L’età di mezzo Il Medioevo è un periodo storico lunghissimo durato circa mille anni, compreso tra il 476 d.C., anno della caduta dell’impero romano d’Occidente, e il 1492, anno della scoperta dell’America. La parola «Medioevo» deriva dal latino e significa «età di mezzo». Gli umanisti coniarono questo termine perché consideravano il Medioevo un’epoca buia, piena di superstizione e di ignoranza, ma in realtà si trattò di un periodo ricco di trasformazioni, con i suoi momenti negativi, ma anche con i suoi splendori. L’anno Mille divide il Medioevo in Alto Medioevo (dal 476 d.C. fino all’anno Mille) e Basso Medioevo (dal Mille fino al 1492).

La cattedrale Notre Dame di Parigi.

2


le origini

La caduta dell’impero romano e i regni romano-barbarici Nell’anno 476 d.C. il re barbaro Odoacre depone Romolo Augustolo, imperatore romano. Con il crollo dell’impero romano d’Occidente, tra la fine del V secolo e l’inizio del VI, nacquero nuovi regni, chiamati romano-barbarici perché al loro interno convivevano Romani e Germani, due popoli profondamente diversi per lingua, usi e religione. La convivenza tra Germani e Romani non fu facile, ma ben presto i Germani affidarono ai funzionari romani, in quanto più esperti, l’organizzazione dei regni, riservandosi il potere militare e politico. In questo periodo, le devastazioni, i saccheggi e le carestie provocarono un forte calo demografico e una grave crisi economica.

Carlo Magno e il feudalesimo

Albrecht Dürer, Ritratto dell’imperatore Carlo Magno, 1511-12, Germanisches Nationalmuseum, Norimberga.

Con la nascita dei regni romano-barbarici l’impero romano d’Occidente si sgretolò in tante realtà politiche. Sarà Carlo Magno a creare nuovamente un impero, anche se di breve durata, con l’appoggio del papato. Egli infatti, divenuto re dei Franchi nel 768, essendo di religione cattolica, si proclamò difensore di questa religione e protettore della Chiesa. Intraprese dunque numerose guerre di espansione, grazie alle quali gli fu attribuito appunto il titolo di «Magno», cioè «grande», anche con l’intento di diffondere la religione cattolica tra i pagani. Durante la messa di Natale dell’800, Carlo si fece incoronare imperatore a Roma da papa Leone III. Rinasceva così, anche se con un’estensione minore, l’impero romano d’Occidente, che aggiunse la denominazione di «sacro» (Sacro romano impero d’Occidente) perché coronato dall’approvazione di Dio per mano del pontefice. Carlo Magno, non potendo governare direttamente un regno così vasto, lo suddivise in territori, detti contee e marche, che affidò a governatori di sua fiducia. Essi a loro volta concedevano porzioni dei loro domini ad altre persone a loro fedeli. Nasceva così il feudalesimo, un’organizzazione politica, sociale ed economica per cui il signore elargiva a un feudatario un territorio (feudo) da sfruttare, in cambio di aiuto in guerra. Il feudatario diveniva vassallo (servo, persona sottoposta) del signore, ma ambedue, durante la cerimonia pubblica dell’investitura, si giuravano reciproca fedeltà.

Il ruolo della Chiesa In questo contesto storico di frammentazione del potere politico, la Chiesa costituì un fondamentale punto di riferimento per tutta la popolazione. I vescovi avevano un preciso ruolo politico e sociale oltre che religioso; essi erano a capo della diocesi e da loro dipendevano tutti gli altri religiosi. Inoltre spesso erano proprio loro a difendere gli abitanti delle città dagli attacchi nemici e a sfamare la popolazione durante le carestie. La Chiesa contribuì anche alla ripresa culturale dell’Europa: i monaci nei loro conventi, detti anche abbazie, cominciarono a copiare a mano (da qui il termine «amanuensi») i testi dei classici greci e latini, evitando che andassero perduti. Le abbazie a poco a poco diventarono così veri e propri centri culturali ed economici.

3


letteratura

Il quadro letterario Le origini

Dal latino al volgare La lingua ufficiale dell’impero romano era il latino. I Romani avevano avviato un processo di romanizzazione, imponendo a tutti i popoli conquistati non solo le loro leggi ma anche la lingua, unificando così l’impero da un punto di vista politico, giuridico e linguistico. Le popolazioni sottomesse, per integrarsi nelle comunità, furono costrette ad abbandonare la propria lingua e a parlare il latino. Occorre tuttavia distinguere tra il latino letterario (latino scritto), usato dagli ecclesiastici, dai dotti e dalle persone colte, insegnato nelle scuole e utilizzato per redigere documenti ufficiali e il latino parlato, usato dal vulgus, cioè dal popolo, nella vita di tutti i giorni. Il latino parlato, infatti, era una lingua meno rispettosa delle regole grammaticali e sintattiche, ricca di espressioni quotidiane e locali, nonché di parole latine che si erano ormai modificate e di termini importati dalle lingue barbare. Il latino parlato, detto «volgare» perché parlato dal vulgus, sovrapponendosi alle lingue locali si arricchiva di nuovi termini, dando origine a diverse varietà della stessa lingua a seconda delle zone geografiche; in questo modo i linguaggi si distanziarono sempre di più tra di loro, allontanandosi dalla comune matrice latina.

Pieter Bruegel il Vecchio, Grande Torre di Babele, 1563, Kunsthistorisches Museum, Vienna.

4


le origini

Targhetta posta sullo spiazzale in piazza Medaglie d’Oro a Capua recante la dicitura del Placito.

Nacquero così le lingue volgari, dette anche romanze, perché nate nei territori dell’impero romano, o neolatine (cioè «nuove lingue latine»), perché derivanti dal latino. Alcune di queste lingue divennero poi lingue nazionali, come l’italiano, il francese, lo spagnolo, il portoghese e il rumeno; altre, invece, rimasero lingue parlate ma non a livello nazionale, come il sardo, il ladino, il provenzale, il catalano, il vallone (Belgio) e il romancio (Svizzera). Inizialmente il volgare veniva usato solo nella comunicazione orale ma successivamente, a partire dal X secolo, divenne anche lingua scritta. Il latino, invece, rimase in uso come lingua della Chiesa che cercò di salvaguardarlo dai cambiamenti: solo nel Concilio Vaticano II (1962-1965) la Chiesa deciderà di abbandonarlo definitivamente non usandolo più nella celebrazione della messa.

L’affermarsi del volgare toscano In Italia il volgare si differenziò in tante parlate a seconda della zona di diffusione dando vita a vari volgari locali, da cui si svilupparono i dialetti. Nel Trecento il toscano, e più precisamente il fiorentino, si impose su tutti gli altri volgari, tanto da dar origine in seguito alla lingua italiana. Ciò accadde per vari motivi, primo fra tutti l’importanza che la Toscana aveva in questo periodo dal punto di vista economico e culturale; inoltre, il fiorentino era, tra le lingue volgari, quella più simile al latino, quindi più facile da apprendere, ed era la lingua usata dagli scrittori che si ispiravano al modello letterario Stampa del 1472 de La Divina Commedia, Palazzo Trinci, dei classici. Foligno. Dante Alighieri fu il primo scrittore a usare il fiorentino in un’opera letteraria, dandogli così dignità culturale. Il grande poeta, pur avendo utilizzato il latino in altre opere, scrisse La Divina Commedia in volgare, contribuendo così alla sua diffusione e al suo affermarsi come lingua autonoma.

I primi documenti in volgare Nell’842, in Francia, appare il primo documento ufficiale scritto in latino e volgare: il Giuramento di Strasburgo. Carlo II il Calvo e suo fratello Ludovico II il Germanico, nipoti di Carlo Magno, decidono di incontrarsi a Strasburgo per giurarsi fedeltà reciproca e stringere alleanza contro il fratello maggiore, Lotario. Le formule di questo giuramento vengono pronunciate nelle lingue effettivamente parlate dai due eserciti: ormai il cambiamento è avvenuto, le lingue volgari si sono diffuse e hanno vita autonoma dal latino. In Italia i primi documenti scritti in volgare risalgono al IX-X secolo e sono l’Indovinello veronese e il Placito di Capua.

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letteratura

Indovinello veronese Le origini

Anonimo Risalente probabilmente alla fine dell’VIII o agli inizi del IX secolo, di autore ignoto, scoperto nel 1924 in un codice della Biblioteca Capitolare di Verona, l’Indovinello veronese rappresenta il documento più antico in volgare italiano. L’Indovinello, che è una metafora dell’atto dello scrivere, non ha alcuna valenza letteraria e interessa solo per il suo valore documentario. Gli ultimi due versi sono la formula di ringraziamento in uso a quel tempo.

1. boves: i buoi sono le dita dello scrivano. 2. pratalia: i bianchi prati sono i fogli di pergamena. 3. versorio: il bianco aratro è la penna. 4. semen: il seme nero è l’inchiostro.

Se pareba boves1, alba pratalia2 araba albo versorio3 teneba, negro semen4 seminaba. Gratias tibi agimus omnipotens sempiterne deus.

Parafrasi Spingeva davanti a sé i buoi arava i bianchi prati teneva il bianco aratro, seminava un nero seme. Ti rendiamo grazie o Dio onnipotente ed eterno.

Placito di Capua Anonimo I tre versi che seguono fanno parte di un documento risalente al 960 d.C., la sentenza di un giudice (un «placito»), compilato a Capua, in Campania. La causa vedeva i monaci di Montecassino opposti a un signore locale, il quale rivendicava il possesso di alcune terre del monastero. Nel testo, tre testimoni dichiarano che le terre in questione appartengono da trent’anni alla comunità benedettina: poiché dopo questo periodo di tempo le terre diventavano di proprietà, i monaci risultano esserne dunque i legittimi proprietari.

1. ki: qui, nella carta. 2. parte: la comunità monastica di Montecassino.

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Parafrasi 1 Sao ko kelle terre per kelli fini che ki So che quelle terre con quei confini di cui qui contene, trenta anni le possette parte2 si tratta, per trenta anni le possedette Sancti Benedicti. la parte di San Benedetto.


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LDeuecento origini

COMPRENDERE IL TESTO 1. I primi documenti in volgare hanno una valenza letteraria? Motiva la tua risposta. 2. Nell’Indovinello veronese chi è il soggetto sottinteso? 3. Il Placito di Capua si riferisce a una contesa tra due parti; qual è l’oggetto in questione? 4. L ’Indovinello veronese è una metafora dell’atto dello scrivere. A chi è paragonato colui che scrive?

RICONOSCERE LA FORMA E USARE LE PAROLE 5. L ’Indovinello veronese può essere diviso in due sequenze: individuale nel testo e assegna a ciascuna di esse un titolo. 6. Nell’Indovinello veronese come rimano i versi tra loro? 7. N ell’Indovinello veronese trovi il termine «albo» che deriva dal latino albus e significa «bianco». Quali parole italiane derivano da albus? 8. I n quale persona vengono esposti i fatti narrati nel Placito di Capua? Dopo aver risposto, riscrivi il testo in italiano utilizzando un’altra persona a tua scelta. 9. N el primo verso del Placito di Capua «Sao ke kelle per kelli fini che ki» che tipo di figura retorica viene utilizzata? 10. Nel Placito di Capua sono presenti ancora dei termini in latino? Sono presenti dei termini che sono ancora in uso oggi? Se sì, individuali e sottolineali con colori diversi.

RIFLETTERE, RIELABORARE, APPROFONDIRE amo in

sieme

11 D opo aver letto le schede storiche e letterarie ti sarai fatto un’idea del perché è stata abbandonata la lingua latina a favore del volgare; rifletti su questo argomento e discutine con i compagni. impari

12. Perché il latino parlato fu detto «volgare»? Da dove deriva questo termine? 13. In che cosa il latino parlato o volgare si differenziava dal latino scritto o letterario? 14. Tra tutti i volgari parlati in Italia quale si impose su tutti e perché?

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Il Duecento letteratura

Canaletto, Ritorno del Bucintoro al molo, 1734 circa, Royal Collection, Windsor.

Il quadro storico La rinascita dopo il Mille Alla morte di Carlo Magno il Sacro romano impero viene diviso fra i figli. A causa di tale frammentazione, nuovi popoli invasori si presentano alla porte dell’impero, attirati dai territori ormai indeboliti. Prima i Saraceni, poi gli Ungari e infine i Normanni (o Vichinghi) vanno a mescolarsi con le popolazioni locali, contribuendo alla nascita e alla formazione dei nuovi Stati nazionali. A cavallo del nuovo millennio si registra in Europa il segno di una progressiva ripresa demografica ed economica che porta maggiore stabilità e sicurezza nei territori favorendo la ripresa intensiva dei commerci e dell’attività agricola, quest’ultima principale fonte di sostentamento e di ricchezza dell’uomo medievale. L’introduzione di nuove tecniche agricole, quali il mulino ad acqua e l’uso dell’aratro pesante, che permette di scavare più a fondo la terra, nonché l’utilizzo di nuove tecniche di rotazione delle colture contribuiscono a portare maggiore prosperità e benessere. Un’ulteriore causa della ripresa economica può essere individuata nel cambiamento delle condizioni giuridiche dei servi che, da sempre sottomessi al padrone, possono ora ricevere dei piccoli poderi da gestire.

Mulino sulla Senna, miniatura del XIV secolo.

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D uecento

Lo sviluppo delle città La ripresa demografica ed economica dell’anno Mille favorisce lo sviluppo delle città e l’Italia è uno dei territori europei dove l’inurbamento è più evidente, a causa della naturale posizione geografica della penisola, al centro degli scambi commerciali tra Oriente e Occidente. La città medievale è il polo d’attrazione per tutti coloro che vogliono fare fortuna e trovare un lavoro e vede il sorgere di una nuova classe sociale, la borghesia, formata dagli abitanti dei borghi. Oltre alle persone che vi si recano in cerca di un impiego, si spostano in città anche coloro che, come i contadini e i mercanti, vogliono vendere e acquistare merci nelle fiere e nei mercati. Il termine «fiera» deriva dalla parola latina feria, cioè «festa», con cui si indica la festa che si tiene in occasione del santo patrono di una città. Figura di rilievo della società medievale diviene il mercante, il quale per i suoi affari viaggia in tutto il mondo conosciuto affrontando rischi e pericoli. Sempre legate al mondo del commercio, in questo periodo si registra la nascita delle prime assicurazioni e banche.

Ambrogio Lorenzetti, Effetti del buon governo in città, 1338-1339, Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena.

La lotta tra papato e impero I contrasti che hanno come protagonisti il papato e l’impero dopo l’anno Mille prendono il nome di «lotta per le investiture» e nascono dalle ripetute ingerenze di ciascuno dei due poteri nella sfera dell’altro. Il nome di «lotta per le investiture» deriva dal fatto che causa scatenante di tali contrasti era il diritto che l’imperatore si arrogava di ordinare i vescovi, prerogativa da sempre della Chiesa. In seguito all’affermazione da parte di papa Gregorio VII del primato del potere papale su quello dell’imperatore, nel 1076 l’imperatore Enrico IV fa dichiarare decaduto il papa da parte di un consiglio di vescovi. Il papa, a sua volta, scomunica Enrico. La scomunica ha importanti conseguenze poiché, oltre alle implicazioni religiose, essa libera i sudditi dall’obbedienza al sovrano. Così per paura di movimenti insurrezionali nel suo impero, Enrico chiede perdono al papa; di lì a poco, però, egli marcia su Roma, depone Gregorio VII e nomina papa un suo uomo di fiducia. Lo scontro tra questi due poteri, però, è destinato a protrarsi a lungo, poiché, anche se il problema delle investiture è risolto, il primato sul mondo cristiano è ancora da stabilire.

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letteratura

Il Duecento

La nascita dei Comuni e delle Repubbliche marinare Grazie allo sviluppo economico e sociale, le città medievali iniziano ad affermarsi anche dal punto di vista politico. Il potere acquisito da parte di alcuni membri delle comunità cittadine porta alla formazione dei Comuni. Il termine «Comune» indica una forma di autogoverno di una città, tipica non solo dell’Italia ma anche della Francia, dell’Inghilterra e delle Fiandre. L’Italia è la prima a sviluppare la forma comunale, con caratteristiche proprie ed esclusive. Mentre i Comuni acquistano autonomia, diminuisce il potere dell’impero sulle città; dopo vari scontri si arriva alla pace di Costanza del 1183, con la quale l’imperatore Federico I, detto Barbarossa, concede il riconoscimento giuridico ai Comuni italiani. In funzione del loro forte sviluppo economico, Ritratto dell’imperatore Federico I, detto Barbarossa. i principali poli di sviluppo comunale in Italia Stemma della Marina Italiana sono le Repubbliche marinare: Amalfi, Pisa, Genova e Venezia acqui- con i simboli delle siscono una posizione di dominio sui traffici mediterranei per tutto il quattro Repubbliche marinare. secolo, e sono, tra di loro, in continua lotta per la supremazia.

Il quadro letterario La poesia religiosa: la lauda Per l’uomo medievale, la religione è parte integrante della vita dell’individuo. Secondo la concezione cristiana, nel mondo esistono due forze, il Bene, cioè Dio, e il Male, ovvero il Diavolo, la cui lotta influenza il corso dell’umanità. Ogni cosa è espressione del volere divino: la natura, le creature animali e anche lo spazio e il tempo. Particolarmente importante in quest’ottica è quindi l’introduzione in questo periodo di un nuovo genere letterario, la lauda; la parola deriva dal latino laus, «lode», e costituisce la prima forma di poesia religiosa scritta in volgare. Il termine fa riferimento all’argomento che viene trattato e cioè lodi alla Madonna, ai santi e a Cristo. Sua regione di diffusione è l’Umbria, dove nasce il movimento di san Francesco: a quest’ultimo, infatti, appartiene la prima lauda di cui abbiamo testimonianza, le Laudes creaturarum, più nota come Il cantico delle creature. I testi che ci sono pervenuti sono quasi tutti anonimi, ma possediamo quasi interamente la produzione di Jacopone da Todi, autore che ha saputo dare rilievo e definizione a questo nuovo genere letterario.

La Scuola siciliana Intorno alla metà del Duecento, iniziano a farsi conoscere in Italia le canzoni d’amore dei trovatori provenzali, cioè quei cantori che si esibiscono alle corti dei signori cantando le avventure d’amore di eroi con nobili fanciulle. Fautore della diffusione di questo genere in Italia è l’imperatore Federico II di Svevia (1194-1250), re di Sicilia e imperatore del

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Sacro romano impero. Alla sua corte di Palermo, tra il 1230 e il 1250 nasce la cosiddetta «Scuola siciliana», che dà inizio alla tradizione lirica in Italia. Argomento principale dei loro componimenti è l’amore cortese, sentimento nel quale la donna amata è considerata una figura lontana e irraggiungibile, a cui l’innamorato, durante il corteggiamento, porta rispetto e devozione. La vera innovazione poetica della Scuola siciliana è l’invenzione del sonetto; dal provenzale sonet, cioè «melodia», in riferimento a un componimento accompagnato con la musica, il sonetto è un breve componimento in versi endecasillabi, usato per la prima volta da Jacopo da Lentini (1210-1260), caposcuola dei poeti siciliani.

Il Dolce Stil Novo e la poesia comico-realistica Con «Dolce Stil Novo» si indica una nuova corrente poetica nata a Firenze tra il 1280 e il 1310 i cui maggiori esponenti sono Dante Alighieri e Guido Cavalcanti. Il vero e proprio iniziatore del genere, però, è il bolognese Guido Guinizzelli, che compone le sue opere prima dell’affermazione del movimento stilnovista fiorentino. L’espressione «Dolce Stil Novo» viene introdotta da Dante ne La Divina Commedia, più precisamente nel Purgatorio, dove il poeta ne delinea le caratteristiche principali. Le regole di questo nuovo genere vengono stabilite dagli stessi stilnovisti in un vero e proprio programma teorico, in virtù del quale si allontanano dalla scuola siciliana per alcuni aspetti, come per la diversa concezione dell’amore. Per gli stilnovisti, infatti, l’amore è un sentimento nobile e alto indirizzato alla donna, vista come figura divina ed eterea in grado di elevare spiritualmente l’innamorato: da qui l’espressione di donna-angelo. In contrapposizione con i temi stilnovistici, nasce in questo periodo in Toscana la poesia comico-realistica, detta anche «burlesca»; qui il tema amoroso è un sentimento concreto e passionale verso la donna, percepita così com’è, in carne e ossa. I poeti raccontano le loro avventure amorose usando la satira e la caricatura, spesso esagerando i difetti fisici dei protagonisti dei loro testi per ottenere un effetto comico. Il lessico viene adeguato ai contenuti e, in contrasto con il linguaggio alto degli stilnovisti, si usano parole della quotidianità e piene di doppi sensi, riprendendo anche termini della poesia cortese in chiave parodistica. I maggiori esponenti di questa corrente poetica sono Cecco Angiolieri e Rustico Filippi.

La prosa: i libri di viaggio

La partenza di Marco Polo per la Cina in una miniatura del XIV secolo.

La nascita del genere in prosa è legata al mondo dei mercanti, uomini non nobili ma arricchiti, che per scrivere utilizzano la lingua volgare e non quella latina. L’incremento dei commerci e la crescente richiesta di nuovi prodotti da parte del pubblico portano il mercante a viaggiare verso quei territori lontani intorno ai quali l’immaginazione collettiva aveva fantasticato a lungo, in particolare l’Oriente, considerato come un mondo fantastico, al centro di leggende e miti. Oltre che per ragioni economiche, i primi viaggi in Oriente vengono intrapresi anche per motivi religiosi; con le crociate (le guerre combattute dai sovrani europei per liberare i territori della Terra Santa dai musulmani) si evidenzia infatti l’importanza di un’opera di conversione al cristianesimo di questi territori. Il libro di viaggio che racchiude tutte le caratteristiche di questo genere è Il Milione, del mercante veneziano Marco Polo, dove egli racconta il suo soggiorno alla corte del Gran Khan nell’Estremo Oriente.

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letteratura

Il Duecento

Francesco d’Assisi Francesco nasce ad Assisi nel 1182. Suo padre è Pietro Bernardone, un ricco mercante di stoffe. Trascorre una giovinezza agiata e spensierata e inizia presto a lavorare con il padre; nel 1202 partecipa agli scontri armati tra Assisi e Perugia, durante i quali viene fatto prigioniero dai perugini. Dopo la liberazione, Francesco si ammala gravemente e durante la malattia entra in una profonda crisi spirituale, che lo spinge poi a rinunciare per sempre alla vita agiata, regalando tutti i suoi averi ai poveri: davanti al vescovo di Assisi, egli compie un importante gesto simbolico, spogliandosi di ogni cosa e restituendo tutto al padre. Si ritira quindi in meditazione e decide di fondare una comunità che possa vivere secondo gli insegnamenti del Vangelo, in completa povertà, dando assistenza agli ammalati e ai poveri e predicando la parola del Signore. Molti giovani credenti si radunano intorno a lui e nel 1210 papa Innocenzo III gli concede l’autorizzazione a fondare l’ordine dei Frati minori francescani. Negli ultimi anni della sua vita, Francesco, ormai quasi cieco, si ritira nella Porziuncola dove, nella notte tra il 3 e il 4 ottobre del 1226, muore. Nel 1288 papa Gregorio IX lo proclama santo. L’opera principale di san Francesco è Il cantico delle creature, conosciuta anche come Cantico di Frate Sole, scritta due anni prima della morte. Il cantico, scritto in volgare umbro, appartiene al genere delle laude poiché è una preghiera in cui si loda Dio per le meraviglie del creato.

Il cantico delle creature Francesco d’Assisi In questa lauda san Francesco rende omaggio al Signore attraverso l’opera di creazione da lui compiuta: dopo i primi versi dedicati al Signore stesso, egli passa a onorare il firmamento, gli elementi, l’uomo e la morte, quest’ultima considerata positivamente in quanto tramite dell’uomo giusto e retto per l’incontro con Dio. In tutto il componimento permane l’ideale francescano della vita da trascorrere in pace e armonia con la natura e le sue creature.

Altissimu, onnipotente, bon Signore, Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu Te mentovare.

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Parafrasi Altissimo, onnipotente, buon Signore, Tue sono le lodi, la gloria e l’onore e ogni benedizione. A te solo, Altissimo, si addicono, e nessun uomo è degno di nominarti.


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5 Laudato sie1, mi’ Signore, cum tucte le Tue creature, spetialmente messor2 lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione.

Lodato sii, mio Signore, con tutte le tue creature, specialmente il signor fratello Sole, il quale è la luce del giorno, e tu illumini noi per mezzo di lui. Ed esso è bello e raggiante con un grande splendore: di te, Altissimo, è il simbolo.

10 Laudato si’, mi’ Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.

Lodato sii, mio Signore, per sorella Luna e le stelle: in cielo le hai formate chiare e preziose e belle.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento et per aere et nubile et sereno et onne tempo, per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.

Lodato sii, mio Signore, per fratello vento, e per l’aria e le nuvole e il sereno e ogni tempo, per mezzo dei quali alle tue creature dai sostentamento.

15 Laudato si’, mi’ Signore, per sor’Aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Lodato sii, mio Signore, per sorella acqua, la quale è molto utile e umile e preziosa e pura.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Lodato sii, mio Signore, per fratello fuoco, per mezzo del quale illumini la notte: egli è bello e giocondo e robusto e forte.

20 Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

Lodato sii, mio Signore, per nostra sorella madre Terra, la quale ci sostenta e ci alimenta, e produce diversi frutti con fiori colorati ed erba.

Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo Amore et sostengo infirmitate et tribulatione.

Lodato sii, mio Signore, per quelli che perdonano in nome del tuo amore e sopportano malattia e sofferenza.

25 Beati quelli ke ’l sosterrano in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

Beati quelli che le sopporteranno in pace, perché da te, Altissimo, saranno incoronati.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali; 30 beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda nol farrà male.

Lodato sii, mio Signore, per nostra sorella morte corporale, dalla quale nessun essere umano può scappare: guai a quelli che morranno nel peccato mortale; beati quelli che (la morte) troverà nella tua santissima volontà, perché la seconda morte (quella dell’anima) non farà loro alcun male.

Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate et serviateli cum grande humilitate.

Lodate e benedite il mio Signore e ringraziatelo e servitelo con grande umiltà.

da Gianfranco Contini (a cura di), Letteratura italiana delle origini, Sansoni, Firenze 1994 1. Laudato sie: l’espressione, ripresa all’inizio dei versi successivi con «Laudato si’», costituisce la figura retorica dell’anafora, ripetizione di una o più parole all’inizio di più

versi per rendere più incisivo un concetto o un’immagine. 2. messor: è un titolo che indica altissima nobiltà, attribuito a Dio, ai santi e al re.

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letteratura

1. Individua gli elementi del creato citati ne Il cantico delle creature e spiega di ognuno il motivo della lode. 2. A chi si riferiscono le parole «Te» e «Tue»? E perché sono scritte con la lettera maiuscola? 3. N ella frase «a le Tue creature dài sustentamento», a chi o a che cosa ci si riferisce? B A Dio C Al Vento D Alla Terra A Al Sole 4. C he cosa dice san Francesco a proposito degli uomini che sanno sopportare le sofferenze e accettano di perdonare? 5. I l cantico delle creature è il primo esempio di lauda in volgare. Sapresti spiegare che cos’è questo componimento?

RICONOSCERE LA FORMA E USARE LE PAROLE 6. Da quante strofe è composta la lauda di san Francesco? 7. Secondo te, ci sono delle strofe che rimano tra di loro? Se sì, quali? Sottolineale nel testo. 8. R icerca nel testo le parole che sono simili al nostro italiano; poi, riscrivile con accanto la forma attuale corretta. 9. C he cosa significa l’aggettivo «clarite», riferito alla Luna e alle stelle? B Chiare C Carine D Esaurite A Chiassose 10. Che cosa significa l’aggettivo «iocundo» riferito al fuoco? 11. Nei primi quattro versi quali aggettivi si riferiscono a Dio? Sottolineali.

RIFLETTERE, RIELABORARE, APPROFONDIRE 12. La figura di san Francesco è associata anche al mondo animale, di cui il santo è il protettore. A questo proposito, famosa è la storia dell’incontro con il lupo di Gubbio: ne hai mai sentito parlare? Svolgi delle ricerche in merito e racconta in un breve testo questa straordinaria storia. amo in

sieme

13 C onosci altre storie leggendarie sulla vita del santo di Assisi? Raccontale in classe e confrontati con i compagni. impari

Il Duecento

COMPRENDERE IL TESTO

14. Per quale motivo san Francesco decise di scrivere Il cantico delle creature in volgare e non in latino, visto che il latino era ancora la lingua ufficiale della Chiesa?

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Jacopone da Todi Nato a Todi, in Umbria, intorno al 1233, Jacopone appartiene a una nobile famiglia della città, i Benedetti. Dopo aver studiato legge, intraprende la carriera notarile, conducendo una vita mondana. La sua esistenza subisce una svolta nel 1268, anno in cui la moglie muore accidentalmente e sul suo corpo viene ritrovato un cilicio, strumento di penitenza. Profondamento scosso, Jacopone si converte, dona tutti i suoi averi ai poveri e per dieci anni vaga come mendicante. Nel 1278 è accolto nell’ordine dei francescani come frate laico, aderendo al movimento dei «fraticelli», coloro che si oppongono fortemente alla corruzione della Chiesa. Si schiera apertamente contro papa Bonifacio VIII, firmando un manifesto che dichiara non valida la sua elezione; per questo motivo, Jacopone viene scomunicato e arrestato, e durante la sua prigionia scrive invettive contro il pontefice. Viene liberato solo dal successore di Bonifacio, papa Benedetto XI, e muore poco dopo, nel 1306. La sua produzione letteraria è molto vasta e a lui vengono attribuite circa cento laude in volgare umbro, che trattano temi della tradizione francescana. La sua visione poetica è sempre caratterizzata da un crudo pessimismo, che si trasforma in vero e proprio disprezzo per il mondo e per tutto ciò che è fisico, reale e concreto. Di Jacopone è anche la celebre preghiera Stabat Mater, scritta in latino e dedicata alla Madonna sofferente davanti alla croce.

Donna de Paradiso Jacopone da Todi Riportiamo un estratto della lauda più celebre di Jacopone da Todi. Tema principale è la passione di Cristo sulla croce, evento in cui viene mostrata l’umana sofferenza della Madonna davanti alla perdita del figlio. La poesia è scritta in forma di dialogo tra un fedele che assiste alla scena, forse san Giovanni, Maria e suo figlio Gesù.

«Mamma, perché te lagni?
 Voglio che tu remagni,

Parafrasi «Mamma perché ti lamenti? voglio che tu rimanga,

che serve mei compagni1, 95 ch’êl mondo aio aquistato,

che tu soccorra i miei compagni, che nel mondo ho acquisito».

«Figlio, questo non dire! Voglio teco morire,
 non me voglio partire

«Figlio, non dire così! Voglio morire con te, non me ne voglio andare

1. mei compagni: gli apostoli.

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Il Duecento

letteratura

fin che mo ’n m’esc’el fiato.
 100 C’una aiàn sepultura, figlio de mamma scura,

finché mi esce il fiato. Voglio che abbiamo una sola sepoltura, figlio di mamma infelice,

trovarse en afrantura mat’e figlio affocato!».

che ci troviamo nella stessa sofferenza la madre e il figlio soffocato!».

«Mamma col core afflitto, 105 entro ’n le man’ te metto

«Mamma con il cuore afflitto, ti metto nelle mani

de Ioanni, meo eletto2; sia to figlio appellato.

di Giovanni, il mio prediletto; sia chiamato tuo figlio.

Ioanni, èsto mea mate: tollila en caritate,

Giovanni, ecco mia madre: accoglila con amore,

110 àginne pietate, cà ’l core sì à furato».

abbine pietà, perché ha il cuore trafitto».

«Figlio, l’alma t’è ’scita, figlio de la smarrita,

«Figlio, l’anima ti è uscita (dal corpo), figlio della donna sgomenta,

figlio de la sparita, 115 figlio attossecato!

figlio della donna disperata, figlio avvelenato!

Figlio bianco e vermiglio, figlio senza simiglio,

Figlio (dal volto) bianco e rubicondo, figlio senza simili,

figlio e a ccui m’apiglio? Figlio, pur m’ài lassato!

figlio, a chi mi appoggerò? Figlio, mi hai abbandonato veramente!

120 Figlio bianco e biondo, figlio volto iocondo,

Figlio bianco e biondo, figlio dal volto gioioso,

figlio, perché t’à el mondo, figlio, cusì sprezzato?

figlio, perché ti ha il mondo figlio, così disprezzato?

Figlio dolc’e piacente, 125 figlio de la dolente,

Figlio dolce e piacente, figlio dell’addolorata,

figlio àte la gente mala mente trattato.

figlio la gente ti ha trattato male.

2. de Ioanni… eletto: di Giovanni, il mio discepolo prediletto.

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Giovanni, nuovo figlio, è morto tuo fratello. Ora sento la spada che fu profetizzata.

Ioanni, figlio novello, morto s’è ’l tuo fratello. Ora sento ’l coltello che fo profitizzato.

Che moga figlio e mate d’una morte afferrate,

Che muoiano figlio e madre da una stessa morte afferrati,

trovarse abraccecate 135 mat’e figlio impiccato!».

trovandosi abbracciati la madre e il figlio impiccato!». da Jacopone da Todi, Laude, Laterza, Roma-Bari 1980

COMPRENDERE IL TESTO 1. Chi sono gli interlocutori del dialogo? 2. Quale missione il figlio affida alla madre? Perché lei rifiuta il compito? 3. Chi è «Ioanni» nominato ai versi 106 e 108? Che cosa gli si chiede di fare? 4. Qual è l’evento che accade e che era già stato predetto?

RICONOSCERE LA FORMA E USARE LE PAROLE 5. Nel testo ci sono numerose anafore. Sottolineale. 6. In quale passo della lauda viene messa in risalto l’umanità della Madonna? 7. Con quali aggettivi viene descritto il figlio? Individuali e trascrivili. 8. Qual è il significato del verbo «profetizzare»? B Proporre A Dichiarare

C

Predire

D

Presentare

9. Identifica e sottolinea nel testo le parole che non sono più usate nella nostra lingua.

RIFLETTERE, RIELABORARE, APPROFONDIRE amo in

sieme

10 R ileggi le notizie sulla vita di Jacopone da Todi: per quale motivo il poeta ha dedicato questa laude e moltissime altre sue opere al tema religioso? Esprimi in classe la tua opinione e confrontala con quelle dei tuoi compagni. impari

amo in

sieme

11 I nsieme ai tuoi compagni prova a trasformare la lauda in una sceneggiatura teatrale scrivendo, accanto ai testi, i nomi dei personaggi che parlano. impari

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letteratura

Il Duecento

Guido Guinizzelli Nasce a Bologna intorno al 1230 da una nobile famiglia di parte ghibellina. Esercita l’attività di giudice ma, in seguito alla sconfitta del partito ghibellino, nel 1274 viene esiliato a Monselice, vicino Padova, dove muore nel 1276. Illustre esponente della poesia tosco-emiliana del Duecento, Guinizzelli è considerato come il fondatore dello stilnovismo; Dante stesso nel canto XXVI del Purgatorio lo indica come tale, in quanto i temi costanti delle sue poesie sono la lode della donnaangelo, cioè della donna intesa come creatura capace di condurre l’uomo a Dio, e della nobiltà d’animo. Della sua produzione poetica sono rimasti solo cinque canzoni, quindici sonetti e pochi altri frammenti, intrisi di riferimenti dotti e filosofici e indirizzati quindi al ristretto pubblico dell’élite intellettuale del tempo.

Io voglio del ver la mia donna laudare Guido Guinizzelli Il sonetto contiene già quelle tematiche che saranno proprie del movimento stilnovista e di Dante: la lode della donna, la concezione del suo saluto che conferisce la salvezza e il concetto di «cor gentile».

Io voglio del ver la mia donna laudare ed asembrarli la rosa e lo giglio: più che stella dïana splende e pare2, e ciò ch’è lassù bello a lei somiglio.

Parafrasi Io voglio lodare la mia donna così come è veramente e paragonarle la rosa e il giglio: ella più della stella diana (Venere) risplende e appare, e ciò che nel cielo è bello a lei paragono.

5

Verde river’ a lei rasembro e l’âre, tutti color di fior’, giano e vermiglio, oro ed azzurro e ricche gioi per dare: medesmo Amor per lei rafina meglio.

A lei paragono la verde campagna e l’aria, tutti i colori dei fiori, giallo e rosso, oro e azzurro e ricchi gioielli da donare: lo stesso amore grazie a lei diventa perfetto.

1

Passa per via adorna, e sì gentile 10 ch’abassa orgoglio a cui dona salute e fa ’l de nostra fé se non la crede3,

Passa per strada bella, e così gentile che abbassa l’orgoglio a chiunque doni il suo saluto e lo converte alla nostra fede se non è credente,

e nolle pò apressare om che sia vile. Ancor ve dirò c’ha maggior vertute: null’om pò mal pensar fin che la vede.

e non le si può avvicinare alcun uomo che sia ignobile. Inoltre vi dirò che lei ha una virtù ancora maggiore: nessun uomo può avere pensieri malvagi finché la guarda.

da Marco Berisso (a cura di), Poesie dello Stilnovo, Rizzoli, Milano 2006 1. del ver: in verità, cioè non dicendo menzogne. 2. più che… pare: pare più luminosa della «stella dïana», cioè del pianeta Venere.

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3. e sì… la crede: la donna emana grazia divina che viene estesa agli uomini tramite il saluto.


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D uecento

IL SONETTO Il sonetto è una particolare forma di componimento poetico attestato a partire dal secolo XIII. Nasce probabilmente in Sicilia, alla corte dell’imperatore Federico II e nei secoli successivi diventa la forma metrica più celebre e utilizzata della tradizione poetica italiana. Si compone di 14 endecasillabi (versi di 11 sillabe) in rima tra loro, raggruppati in due quartine (strofe di quattro versi) e due terzine (strofe di tre versi). Le rime seguono uno schema regolare: nelle quartine possono essere alternate (ABAB ABAB) o incrociate (ABBA ABBA); le terzine possono avere due rime alternate (CDC DCD), due rime incrociate (CDC CDC), tre rime ripetute (CDE CDE), oppure tre rime invertite (CDE EDC).

COMPRENDERE IL TESTO 1. A quali elementi della natura il poeta paragona la sua donna? 2. Con quale gesto della donna viene dispensata la grazia divina? 3. Quali sono gli effetti che la donna produce sugli altri con il suo saluto o più in generale con il suo comportamento? 4. N el sonetto il poeta descrive la donna lodando prima il suo aspetto fisico e poi le sue virtù morali. Individua nel testo queste due parti e sottolineale con colori diversi.

RICONOSCERE LA FORMA E USARE LE PAROLE 5.

Qual è la figura retorica che Guinizzelli utilizza più frequentemente in questo sonetto? A Anafora B Metafora C Similitudine D Iperbole

6. Che cosa significa il termine «gentile»? Fai una ricerca sul suo significato originale. 7. Individua e trascrivi tutti i verbi che il poeta usa come sinonimi del verbo «paragonare».

RIFLETTERE, RIELABORARE, APPROFONDIRE 8. I l verbo «laudare», espresso nella prima riga, evoca il tema della lode a Dio. Quale tradizione letteraria è alla base di questa concezione? In relazione alle letture precedenti, esprimi in un breve testo i caratteri principali di questa tradizione.

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letteratura

Il Duecento

Guido Cavalcanti Nasce a Firenze intorno al 1250 in una delle più potenti famiglie dell’epoca, di parte guelfa. In seguito a violenti scontri con i ghibellini, viene condannato all’esilio insieme ad altri esponenti guelfi: il provvedimento è firmato anche dall’amico e discepolo Dante, all’epoca priore della città. Si trasferisce quindi a Sarzana, un paese della Liguria confinante con la Toscana, ma si ammala subito di malaria; dato l’aggravarsi delle sue condizioni, gli viene concesso di tornare a Firenze, dove muore nell’agosto del 1300. A Cavalcanti si deve la definizione del canone stilnovista attraverso la rielaborazione di modelli della tradizione cortese e siciliana; in particolare, la canzone Donna me prega è considerata la sua opera «manifesto», nella quale indaga gli effetti dell’amore sull’uomo. Secondo la sua concezione, l’amore può essere una minaccia per la vita stessa, dal momento che mette a dura prova il fisico e la mente; l’incontro con la donna amata appare quindi come una sofferenza e non un mezzo per arrivare al divino. Cavalcanti ha lasciato un canzoniere che comprende 52 componimenti.

Voi che per li occhi mi passaste ’l core Guido Cavalcanti Nel seguente sonetto, Cavalcanti indaga gli effetti negativi dell’amore sul suo corpo. Prendendo spunto dalla poetica classica, egli descrive l’innamoramento come un processo che parte dagli occhi fino a raggiungere il cuore, consumando e facendo soffrire il poeta.

Voi che per li occhi mi passaste ’l core e destaste la mente che dormia, guardate a l’angosciosa vita mia, che sospirando la distrugge Amore.

Parafrasi Voi che attraverso gli occhi mi avete trafitto il cuore e avete risvegliato la mia mente che dormiva, guardate la mia vita angosciosa, che sospirando è distrutta dall’amore.

5

È vèn tagliando di sì gran valore2, che’ deboletti spiriti van via3: riman figura sol en segnoria e voce alquanta, che parla dolore.

Egli (l’amore) viene avanti con così grande forza, che i deboli spiriti vitali vanno via: rimane solo l’aspetto esteriore in suo potere e poca voce, che esprime dolore.

1

1. Voi... core: è qui descritto l’innamoramento, che avviene attraverso gli occhi e giunge al cuore. 2. È… valore: l’amore viene avanti con grande forza, facendo a pezzi il corpo del poeta.

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3. che’... van via: tanto che gli spiriti vitali vanno via, cioè l’amore consuma a tal punto da portare alla morte.


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D uecento

Questa vertù d’amor che m’ha disfatto 10 da’ vostr’occhi gentil’ presta si mosse: un dardo mi gittò dentro dal fianco.

Questa forza d’amore che mi ha distrutto dai vostri occhi gentili è uscita veloce: una freccia mi infilò dentro dal fianco.

Sì giunse ritto ’l colpo al primo tratto, che l’anima tremando si riscosse veggendo morto ’l cor nel lato manco4.

Il colpo arrivò diretto al primo scoccare, che l’anima tremolante si risvegliò e vide il cuore morto nella parte sinistra.

Guido Cavalcanti, Rime. Con le rime di Iacopo Cavalcanti, Einaudi, Torino 1986

4. che l’anima… manco: che l’anima si svegliò per il colpo e vide il cuore morto nella parte sinistra. Il cuore era morto poiché era stato colpito da Amore.

COMPRENDERE IL TESTO 1. Chi è il destinatario di questa lirica? 2. Che cosa succede al corpo del poeta quando si innamora? 3. Quali sono le due forze che combattono dentro il poeta? Come si conclude la battaglia?

RICONOSCERE LA FORMA E USARE LE PAROLE 4. Segna a fianco del sonetto lo schema metrico delle rime. 5. C ome rimano i versi all’interno di ciascuna strofa? C’è uno schema ricorrente? Che tipo di rima sapresti individuare? 6. Dividi in sillabe i versi della poesia e individua se hanno tutti la stessa lunghezza. 7. I ndividua e sottolinea nel testo tutte le parole collegate alla guerra usate per descrivere il processo dell’innamoramento. 8. Sono presenti delle metafore? Se sì, quali? Trascrivile e spiegale con le tue parole.

RIFLETTERE, RIELABORARE, APPROFONDIRE amo in

sieme

9 N ella concezione stilnovista di Cavalcanti l’amore per una donna è visto come un sentimento che distrugge gli animi. Ti ricordi come veniva considerato questo sentimento per i poeti della scuola siciliana? E per Guinizzelli? Scrivi in un breve testo il loro pensiero. Confrontati con i tuoi compagni. impari

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letteratura

Il Duecento

Cecco Angiolieri Nasce a Siena intorno al 1260 dalla famiglia di un ricco banchiere, Angioliero degli Angiolieri. Esponente del partito guelfo, è presente durante l’assedio ai rivali ghibellini del 1281, dove viene multato per essersi allontanato dall’accampamento senza autorizzazione. Nel 1289 combatte come alleato dei fiorentini contro Arezzo, occasione nella quale egli forse conosce Dante, a cui indirizza dei sonetti. Muore intorno al 1312, lasciando debiti tali da costringere i suoi cinque figli a rinunciare all’eredità paterna. L’opera di Angiolieri è costituita da più di cento sonetti in cui si ripetono le tematiche dell’amore per le donne e per i piaceri della tavola e del gioco d’azzardo, in perfetto accordo con la tradizione comico-realistica toscana. Tra i poeti di questa tradizione, egli è l’unico a fare un ampio uso della parodia, attraverso la quale presenta un mondo rovesciato rispetto a quello stilnovista; la sua poesia, per alcuni aspetti autobiografica, apre una visuale sul mondo popolare, indirizzandosi non più a un pubblico alto e dotto ma a quel ceto medio costituito dai mercanti e dagli artigiani, i quali possono veder rappresentati nelle sue opere i vizi del tempo.

S’i’ fosse fuoco Cecco Angiolieri In questo componimento il poeta vorrebbe trasformarsi di volta in volta in elementi e persone diverse (persino in Dio) per distruggere il mondo e la sua famiglia. Si tratterà di un desiderio reale o di una provocazione scherzosa? 1. ardereï: brucerei. 2. tempestarei: manderei molte tempeste.

3. imbrigarei: metterei nei guai, nelle «brighe».

S’i’ fosse fuoco, ardereï1 ’l mondo; s’i’ fosse vento, lo tempestarei2; s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei; s’i’ fosse Dio, mandereil’ en profondo; 5

s’i’ fosse papa, allor serei giocondo, ché tutti cristïani imbrigarei3; s’i’ fosse ’mperator, ben lo farei; a tutti tagliarei lo capo a tondo.

S’i’ fosse morte, andarei da mi’ padre; 10 s’i’ fosse vita, non starei con lui; similemente faria da mi’ madre.

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4. torrei: prenderei. 5. lasserei altrui: lascerei agli altri.

D uecento

S’i’ fosse Cecco, com’ i’ sono e fui, torrei4 le donne giovani e leggiadre: le zo[p]pe e vecchie lasserei altrui5. da Gianfranco Contini (a cura di), Poeti del Duecento, Ricciardi, Milano-Napoli 1960

COMPRENDERE IL TESTO 1. Di che cosa parla la poesia? 2. Nei primi tre versi il poeta immagina di trasformarsi in alcuni elementi della natura. Elencali e specifica che cosa vorrebbe fare. 3. Ti sembra che il poeta sia particolarmente provocatorio nei confronti delle due massime autorità del suo tempo, il papa e l’imperatore? Perché?

RICONOSCERE LA FORMA E USARE LE PAROLE 4. Q uesta poesia è un sonetto: prova a individuarne le caratteristiche tipiche, rispondendo alle seguenti domande. a. Quante strofe ha un sonetto? ................................................................................................................ b. Quanti versi hanno le diverse strofe? ................................................................................................... c. Quante sillabe conti (mediamente) in ciascun verso? ....................................................................... d. Qual è lo schema delle rime? ................................................................................................................. 5. Nel testo è presente la figura retorica dell’anafora: sottolineala e spiega quale effetto vuole produrre l’autore utilizzandola. 6. Tra la lingua volgare e quella contemporanea ci sono molte differenze lessicali. Prova a fare un’ipotesi sul significato dei seguenti termini. Italiano volgare

Italiano contemporaneo

giocondo imbrigarei a tondo sieme

amo in

7 C onfronta la tue ipotesi del precedente esercizio con quelle dei tuoi compagni, poi cercate insieme le risposte su un vocabolario. impari

RIFLETTERE, RIELABORARE, APPROFONDIRE amo in

sieme

8 Q uale visione della vita ti sembra emergere dalla poesia di Cecco? È condivisibile, almeno in parte? Discutine con i compagni. impari

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letteratura

Il Duecento

Dante Alighieri La vita Dante Alighieri nasce a Firenze nel 1265, da una famiglia appartenente alla piccola nobiltà guelfa, ma di modeste condizioni economiche. Studia retorica, grammatica e filosofia sotto la guida di Brunetto Latini, uomo e letterato di grande rilievo culturale. Negli anni giovanili coltiva una profonda amicizia con i poeti dell’epoca, tra cui Lapo Gianni, Cino da Pistoia, Guido Cavalcanti e Guido Guinizzelli, con i quali dà vita alla corrente poetica del «Dolce Stil Novo». Innamorato fin da bambino di Beatrice Portinari, una nobildonna fiorentina, Dante le dedica rime d’amore secondo la poetica stilnovista, che in seguito raccoglierà nella Vita Nuova. Beatrice diventa moglie di Simone de’ Bardi, mentre Dante nel 1285 sposa Gemma Donati: si tratta di un matrimonio combinato dalle famiglie, secondo l’usanza del tempo, e da questa unione nascono tre figli, Jacopo, Pietro e Antonia e forse anche un quarto, Giovanni, di cui però non si hanno notizie certe. Nel 1290, a soli ventiquattro anni, Beatrice muore e Dante, caduto in una profonda crisi, decide di dedicarsi agli studi teologici e filosofici. Fino al 1295 Dante vive lontano dalla scena politica, in quanto gli Ordinamenti di giustizia del priore Giano della Bella vietano ai nobili l’accesso alle cariche pubbliche. Con la cacciata del priore nel 1295, l’accesso alle cariche pubbliche è riaperto anche ai nobili iscritti a una delle Corporazioni. Dante si iscrive così all’Arte dei medici e degli speziali, dove assume cariche importanti fino a diventare priore della città nel 1300. A quel tempo, a Firenze il potere è nelle mani del partito dei guelfi, internamente diviso in due fazioni: i bianchi e i neri. Dante è schierato con i guelfi bianchi, i quali rivendicano la completa autonomia del Comune e rifiutano qualsiasi ingerenza del papa. Sempre in quegli anni, egli viene inviato come ambasciatore presso papa Bonifacio VIII per tentare di bloccarne l’intervento armato; quest’ultimo, infatti, aveva chiesto aiuto a Carlo di Valois per pacificare le due fazioni fiorentine, anche se il suo intento era in realtà quello di favorire guelfi i neri al potere. Mentre Dante si trova ancora a Roma, Carlo entra però a Firenze, permettendo ai guelfi neri di impadronirsi della città. Il poeta viene quindi processato per opposizione al papa e per corruzione nell’esercizio delle cariche pubbliche (baratteria) e, poiché non si presenta per discolparsi, nel 1302 viene condannato a una multa e a due anni di esilio. Trascorre quindi gli ultimi anni della sua vita lontano da Firenze, presso le corti di vari signori: dapprima presso gli Scaligeri e i Malaspina e successivamente a Ravenna, alla corte di Guido da Polenta, dove termina la stesura de La Divina Commedia. Nel 1315 gli viene concessa un’amnistia e il permesso di ritornare a Firenze ma egli la rifiuta perché avrebbe dovuto riBusto di Dante davanti al Castello di Poppi (Arezzo) che domina conoscersi colpevole, decidendo di rimanere la piana di Campaldino, teatro nel 1289 di una sanguinosa battaglia in esilio. Muore a Ravenna nel 1321. tra guelfi e ghibellini, raccontata dal poeta ne La Divina Commedia.

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D uecento

Le opere La maggior parte della produzione letteraria di Dante risale agli anni dell’esilio; fa eccezione la Vita Nuova, scritta durante la giovinezza e la cui struttura definitiva vede la luce nel 1293. Si tratta di una raccolta di poesie in volgare inserite all’interno di un racconto in prosa. Il tema principale di queste liriche è l’amore per Beatrice e il significato che esso assume nella vita del poeta. Appare qui il modello stilnovista della donna-angelo, cioè colei che infonde la grazia divina agli uomini, figura che Dante riprende da Guinizzelli e Cavalcanti, suoi modelli letterari. L’insieme delle composizioni poetiche di Dante, non riconducibile né alla Vita Nuova né al Convivio, prende il nome Henry Holiday, L’incontro immaginario tra Dante e Beatrice accompagnata dall’amica Vanna, 1883, di Rime e comprende quei componimenti che la critica Walker Art Gallery, Liverpool. moderna ha raccolto attingendo alla produzione compresa tra il 1283 e il 1307. Esse si dividono in cinque gruppi in base a criteri tematici e stilistici: • le rime stilnoviste, quelle più numerose, che trattano l’argomento amoroso secondo i modelli della scuola siciliana e toscana; • le rime comico-realistiche, che comprendono una tenzone tra Dante e l’amico Forese Donati, dove i due si prendono in giro attraverso espressioni in gergo; • le rime allegorico-dottrinali, nelle quali l’amore per la donna viene riproposto in chiave allegorica; • le rime «petrose», poesie dedicate a una giovane donna chiamata «petra», cioè «pietra», per la sua indifferenza all’amore; • le rime dell’esilio, in cui Dante affronta tematiche civili, presentandosi come il poeta della giustizia e della libertà. Tra il 1304 e il 1308 Dante si dedica alla stesura di un’opera, il Convivio, il cui intento è quello di realiz- Luca Signorelli, Dante sui libri, XV secolo, affresco della cappella di San Brizio, Duomo, Orvieto. zare una sorta di enciclopedia del sapere medievale in quindici trattati. È l’autore stesso a spiegare il titolo dell’opera, dicendo che egli intende creare un «banchetto» dove servire gli argomenti del sapere, necessari a chi non ha studiato e vuole intraprendere la carriera civile. L’opera rimane incompiuta: dei quindici trattati Dante ne scrive solo quattro. Nella volontà di fissare le regole del volgare, Dante compone il trattato De vulgari eloquentia, anche questo rimasto incompiuto. Nonostante lo scopo dell’opera sia quello di difendere il volgare, egli decide di scriverla in latino, la lingua usata dalle élite intellettuali dell’epoca per trattare argomenti importanti come la religione e la legge; in questo modo, egli vuole elevare la lingua volgare conferendole dignità. Altra opera che scrive in latino è il De Monarchia, risalente al periodo 1310-1313. Essa è composta da tre libri nei quali Dante sottolinea la necessità di arrivare a una monarchia universale, unica forma di governo che può assicurare la pace tra gli uomini; inoltre, egli sostiene la teoria medievale «dei due Soli», in base alla quale i due massimi poteri, il papa e l’imperatore, hanno pari dignità e agiscono in due ambiti diversi e pienamente distinti: l’ambito spirituale per il primo e quello politico per il secondo.

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letteratura

Il Duecento

Tanto gentile e tanto onesta pare Dante Alighieri Questo sonetto, che fa parte della Vita Nuova, è uno dei più rappresentativi del Dolce Stil Novo. Il tema è quello del saluto della donna amata, Beatrice, capace di ispirare grazia divina in coloro che, incontrandola, ne ammirano la nobiltà della figura. 1. onesta: decorosa nell’aspetto. 2. ch’ogne… muta: che tutti fanno silenzio. 3. e li… guardare: e gli occhi non osano guardarla. 4. benignamente… vestuta: con benevolenza, vestita d’umiltà, cioè ha un aspetto molto umile. 5. e par… mostrare: e sembra una creatura celeste, scesa sulla terra per mostrare la grazia divina. 6. Mòstrasi… piacente: si mostra così bella. 7. che… prova: che non può capire chi non la prova, chi non ne ha un’esperienza diretta. 8. e par… mova: e sembra che dal suo volto si muova. 9. che va… Sospira: che fa sospirare l’animo umano.

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Tanto gentile e tanto onesta1 pare la donna mia, quand’ella altrui saluta, ch’ogne lingua deven tremando muta2, e li occhi no l’ardiscon di guardare3.

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Ella si va, sentendosi laudare, benignamente d’umiltà vestuta4; e par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare5.

Mòstrasi sì piacente6 a chi la mira, 10 che dà per gli occhi una dolcezza al core, che ’ntender no la può chi no la prova7: e par che de la sua labbia si mova8 un spirito soave pien d’amore, che va dicendo a l’anima: Sospira9. da Gianfranco Contini (a cura di), Poeti del Duecento, Ricciardi, Milano-Napoli 1960


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D uecento

COMPRENDERE IL TESTO 1. Quali sono le caratteristiche fisiche e spirituali di Beatrice lodate nel sonetto? 2. Quali effetti produce Beatrice nelle persone che la vedono passare? 3. A quale creatura celeste viene indirettamente paragonata la donna? 4. P erché il poeta dice che non è in grado di spiegare ciò che suscita in lui l’apparizione di Beatrice? 5. Da quali versi si capisce che la donna, pur essendo una figura terrena, per il poeta assume un significato più alto, quasi divino? Sottolineali nel testo.

RICONOSCERE LA FORMA E USARE LE PAROLE 6. Scrivi lo schema metrico del sonetto. 7. Individua nel testo le figure retoriche utilizzate e trascrivile specificandone la tipologia. 8. In alcuni versi del sonetto sono presenti delle allitterazioni: individuale e sottolineale. 9.

Che cosa significa l’aggettivo «gentile» per gli stilnovisti? A Nobile per eleganza nel camminare B Nobile per raffinatezza nel modo di parlare e salutare C Nobile di nascita D Nobile d’animo

10. Il poeta usa spesso verbi che si riferiscono al senso della vista, come «parere», «guardare», «mirare», «mostrare». Secondo te, per quale motivo compie questa scelta lessicale? 11. Trascrivi le parole di questo sonetto che oggi non sono più usate nell’italiano moderno. 12. Quali elementi tipici della corrente poetica del Dolce Stil Novo ritrovi nel testo?

RIFLETTERE, RIELABORARE, APPROFONDIRE 13. Confronta il sonetto di Dante con la poesia di Cavalcanti, Voi che per li occhi mi passaste ’l core: quali analogie puoi riscontrare? amo in

sieme

14 L ’amore per una persona spesso prende avvio proprio perché si rimane colpiti dal suo aspetto fisico. Secondo te, è giusto dare molta importanza all’esteriorità oppure bisognerebbe anche conoscere a fondo quella persona prima di poter essere sicuri di amarla? Discutine in classe con l’insegnante e i compagni. impari

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letteratura

Il Duecento

Marco Polo Marco Polo nasce a Venezia nel 1254, da Matteo Polo, un ricco mercante. Nel 1271, Marco parte con il padre e lo zio Niccolò per raggiungere la corte di Kublai Khan nell’Estremo Oriente. I Polo vengono accolti con favore dall’imperatore che nomina il giovane Marco suo consigliere e gli affida numerose missioni diplomatiche. Dopo diciassette anni, Marco e i suoi familiari fanno ritorno a Venezia. Nel 1298 Marco partecipa alla battaglia di Curzola tra le repubbliche marinare di Venezia e Genova; fatto prigioniero, trascorre alcuni mesi in carcere a Genova, dove detta in francese le sue avventure in Oriente al compagno di prigionia, lo scrittore Rustichello da Pisa, che le raccoglie nel libro Il Milione, titolo che deriva dal soprannome della famiglia Polo, Emilione. Liberato e rientrato a Venezia, Marco riprende il lavoro nella società mercantile di famiglia, senza però compiere più lunghi viaggi. Muore nel 1324. Il Milione accoglie al suo interno numerosi generi letterari, dalla cronaca di viaggio al romanzo di avventura, dal trattato geografico ed etnografico, dato dalle numerose descrizioni dei luoghi e delle genti incontrate, alla relazione diplomatica. Inizia a essere conosciuto già nei primi anni del Trecento, grazie ad alcune copie messe in circolazione da Polo stesso, e in pochi anni diventa il libro italiano più noto della letteratura del Duecento.

1. papa non si facea: non si eleggeva il nuovo papa; essi dovevano portare un messaggio al papa, ma il precedente era morto e si tardava a eleggerne uno nuovo. 2. Grande Cane: scritto anche Grande Kane, è il Gran Khan, l’imperatore cinese, presso il quale i due mercanti dovevano tornare. 3. menarne: portare. 4. Vinegia: Venezia. 5. savio legato: il legato del papa nella città di Acri, in Terra Santa. 6. poscia che: dal momento che. 7. la sua parola: la sua autorizzazione. 8. Sepolcro: il Santo Sepolcro, dove venne sepolto il corpo di Cristo dopo la morte in croce.

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Tre veneziani alla corte del Gran Khan Marco Polo Niccolò e Matteo, rispettivamente padre e zio di Marco, devono consegnare una lettera del Gran Khan, imperatore cinese, al papa; una volta ottenuta la sua risposta, essi partono insieme a Marco per l’Oriente, dove il giovane entrerà in contatto con nuovi paesi e nuove genti.

Come li due fra[telli] si partiro da Vine[gia] per tornare al Grande [Kane] Quando li due frategli videro che papa non si facea1, mossersi per andarne al Grande Cane2, e menarne3 co loro questo Marco, figliuolo di messer Niccolao. Partirsi da Vinegia4 tutti e tre, e vennero ad Acri al savio legato5 che v’aveano lasciato, e disserli, poscia che6 papa non si facea, voleano ritornare al Grande Cane, ché troppo erano istati; ma prima voleano la sua parola7 d’andare in Gerusale(m) per portare al Grande Kane de l’olio de la làmpana del Sepolcro8: e ’l legato gliele diede loro.


D uecento

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Andaro al Sepolcro e ebbero di quello olio; e ritornaro a lo legato. Vede(n)do ’l legato che pure voleano andare, fece loro grande lettere al Grande Cane, come gli due frategli erano istati cotanto per aspettare che papa si facesse9, per loro testimonianza.

9. come gli… facesse: nella lettera si diceva che i due fratelli si erano trattenuti a lungo nell’attesa che si eleggesse il nuovo papa.

Len a

I due fratelli partirono e giunsero in Turchia nella città di Laias. Qui ebbero la notizia che il legato che avevano lasciato ad Acri era stato nominato papa con il nome di Gregorio X e, chiamati da lui, tornarono indietro. Il papa consegnò la sua ambasciata per il Grande Kane, ma volle farli accompagnare da due frati, Niccolao e Guglielmo. Giunti nuovamente a Laias, furono attaccati da Bondocdaire, sultano di Babilonia, e i due frati, avendo paura di continuare il viaggio, consegnarono le carte per il Grande Kane ai fratelli Polo e tornarono indietro. Niccolò, Matteo e Marco Polo proseguirono e quando il Grande Kane seppe che stavano per arrivare alla sua corte, quaranta giorni prima del loro arrivo mandò loro incontro dei servitori. Yenis

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Mumbai (Bombay)

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OCEANO PACIFICO

Da Nang Mekong

Bangkok

Marco Polo: viaggio di ritorno

Tokyo

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Marco Polo: viaggio di andata

Pechino

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Niger

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MONGOLIA

Hami Turpan (Turfan)

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Kuqa Aksu (Kucha)

Bactra Kabul

Kandahar

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Korla

Karakol Kashi (Kashgar)

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Samarcanda

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MAR MEDITERRANEO

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Istanbul (Costantinopoli)

Baku

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Roma

Yining Shihezi Urumqi

Bishkek

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MAR NERO

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Venezia

Via della Seta Percorsi secondari della Via della Seta

Pasai

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Melaka

Mappa del viaggio di Marco Polo.

Come i due fratelli vennero al Grande Cane L. Malawi

10. mastro palagio: al palazzo principale. 11. e molto s’umiliaro a lui: e molto si prostrarono a lui, si inginocchiarono. 12. Egli gli fece levare: li fece alzare. 13. vostro uomo: vostro servitore. 14. di niuno: di ognuno. Ora

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Za

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Quando li due frategli e Marco giugnéro a la grande città, andaro al mastro palagio10, ov’era il Grande Cane e co molti baroni, e ’nginocchiarsi dinanzi al Grande Cane e molto s’umiliaro a lui11. Egli gli fece levare12 e molto mostrò grande alegrezza, e dimandò chi era quello giovane ch’era con loro. Disse messer Niccolò: «Egli è vostro uomo13 e mio figliuolo». Disse il Grande Cane: «Egli sia il benvenuto, e molto mi piace». Date ch’ebbero le carte e’ privilegi che recavano dal papa, lo Grande Cane ne fece grande alegrezza, e dimandò com’erano istati. «Messer, bene, dacché v’abiàno trovato sano ed allegro». Quivi fu grande alegrezza della ro venuta; e de quanto istettero ne la corte ebbero onore piú di niuno14 altro barone.

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ling

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Il Duecento

letteratura

15. aparò: imparò. 16. savio: sapiente. 17. per suo mesaggio: per consegnare un messaggio, come ambasciatore. 18. e non sappiendo… l’ambasciata: e non sapendo dire nulla dei paesi che avevano visitato al di fuori delle ambasciate che avevano portato. 19. e dicea che piú… avea mandato: diceva che era più interessato a conoscere i costumi della gente dei paesi che visitava che il contenuto dell’ambasciata che portava. 20. era ito: era andato. 21. comendaron: lo ritenevano. 22. se vivesse: se fosse vissuto, dal momento che era giovane e i rischi all’epoca erano molti, con la possibilità di non arrivare alla vecchiaia. 23. e in tutto questo tempo… ambasciate: e in tutto questo tempo non smise mai di fare ambasciate. 24. che niuno uomo… anche: di ogni uomo che fosse nato.

Come lo Grande Kane mandò Marco, figliuolo di messer Nicolao, per suo messaggio Or avenne che questo Marco, figliuolo di messer Nicolao, poco istando nella corte, aparò15 li costumi de’ Tartari e loro lingue e loro lettere, e diventò uomo savio16 e di grande valore oltra misura. E quando lo Grande Cane vide in questo giovane tanta bontà, mandòllo per suo mesaggio17 a una terra, ove penò ad andare 6 mesi. Lo giovane ritornò: bene e saviamente ridisse l’ambasciata ed altre novelle di ciò ch’elli lo domandò, perché ’l giovane avea veduto altri ambasciadori tornare d’altre terre, e non sappiendo dire altre novelle de le contrade fuori che l’ambasciata18, egli gli avea per folli, e dicea che piú amava li diversi costumi de le terre sapere che sapere quello perch’egli avea mandato19. E Marco, sappiendo questo, aparò bene ogni cosa per ridire al Grande Cane. Come messer Marco tornò al Grande Kane Or torna messer Marco al Grande Kane co la sua ambasciata, e bene seppe ridire quello perch’elli era ito20, e ancora tutte le meraviglie e le nuove cose ch’egli avea trovate, sicché piacque al Grande Cane e tutti suoi baroni, e tutt[i] lo comendaron21 di grande senno e di grande bontà; e dissero, se vivesse22, diventerebbe uomo di grandissimo valore. Venuto di questa ambasciata, sí ’l chiamò il Grande Cane sopra tutte le sue ambasciate. E sappiate che stette col Grande Kane bene 27 anni, e in tutto questo tempo non finò d’andare in ambasciate23 per lo Grande Kane, poiché recò cosí bene la prima ambasciata; e faceali (il Gran Cane) tanto d’onore che gli altri baroni n’aveano grande invidia. E questo è la ragione perché messer Marco seppe piú di quelle cose che niuno uomo che nascesse anche24. da Marco Polo, Milione, Adelphi, Milano 1975

Tranquillo Cremona, Marco Polo davanti al Khan dei Tartari, 1863, Musei Capitolini, Roma.

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D uecento

COMPRENDERE IL TESTO 1. Quale avvenimento aveva impedito ai due fratelli Polo di ricevere risposta alla loro ambasciata? 2. Perché decidono di lasciare Acri e di ritornare subito dal Gran Khan? 3. Di quale notizia vengono informati mentre si trovano nella città di Laias? 4. Come vengono accolti dal Gran Khan? 5. Come si trova Marco Polo alla corte dell’imperatore? Quali competenze acquisisce? 6. Quali incarichi gli vengono affidati?

RICONOSCERE LA STRUTTURA DEL TESTO 7. I l brano è diviso in paragrafi. Scegline uno e fanne la trascrizione in italiano contemporaneo, aiutandoti con le note. 8. A quale genere letterario puoi ricondurre questo brano? In quale contesto sono nate le prime opere appartenenti a tale genere letterario? Rispondi facendo riferimento a quello che hai studiato.

CAPIRE E USARE LE PAROLE 9. Q uali nomi di cose o città sono scritti diversamente dall’italiano odierno? E quali, al contrario, sono ancora simili? Individuane alcuni e riportali in tabella. Nomi diversi

Nomi simili

RIFLETTERE, RIELABORARE, APPROFONDIRE 10. Nella società bassomedievale (tra l’XI e il XV secolo) la figura del mercante riveste un ruolo di grande importanza e spesso egli è anche un grande viaggiatore, come i membri della famiglia Polo. Nella figura del mercante l’interesse commerciale si mescola alla curiosità e al gusto per l’avventura. Fai una ricerca su questa figura e, anche sulla base di quanto hai studiato, cerca di delinearla nelle sue caratteristiche principali.

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Il Trecento letteratura

Paolo Uccello, La battaglia di San Romano, 1438, Galleria degli Uffizi, Firenze.

Il quadro storico Il conflitto tra guelfi e ghibellini Lo scontro tra papato e impero che prende avvio nel corso del Duecento vede direttamente coinvolti i Comuni italiani, i quali si dividono a seconda del sostegno offerto all’uno o all’altro potere: vengono chiamate guelfe quelle città che appoggiano il papa e ghibelline le città favorevoli all’imperatore. Di conseguenza, la politica dei Comuni cambia a seconda del prevalere, all’interno dei consigli cittadini, dei sostenitori dell’una o dell’altra parte. Con l’elezione dell’imperatore Manfredi, figlio di Facciata del Palazzo dei Papi ad Avignone, Francia. Federico II, il papa aveva temuto una sua forte ingerenza nella penisola italiana, dal momento che Manfredi si era assicurato l’appoggio di Genova e Venezia nonché dei ghibellini di Firenze che aveva aiutato nella presa di controllo della città a discapito dei guelfi. Alla sua morte, però, nel 1266 i ghibellini perdono con lui un importante sostenitore e si ha la conseguente ripresa del movimento guelfo, che tuttavia subisce una divisione interna: da una parte, i guelfi bianchi, ossia coloro che, pur difendendo il papa, reputano necessaria la presenza dell’imperatore; dall’altra, i guelfi neri, coloro che intendono concentrare l’intero potere nella figura del pontefice. Lo scontro tra le due parti si concretizza a Firenze con la vittoria dei guelfi neri nel 1302 e il conseguente esilio di tutti i guelfi bianchi, tra i quali Dante Alighieri.

La crisi del Trecento La forte ripresa economica dell’anno Mille si interrompe nei primi anni del Trecento, quando carestie ed epidemie cominciano a flagellare l’Europa; in particolare, nel 1348 un’epidemia di peste, la cosiddetta «peste nera», decima un terzo della popolazione europea.

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T recento

Questa profonda crisi, legata anche ai cambiamenti climatici e alle guerre, colpisce in particolare le zone rurali ma coinvolge anche le città, dove le attività artigiane e commerciali subiscono una battuta d’arresto. Soprattutto in Italia, dove le città primeggiano in molti campi, la situazione diventa molto critica, dando origine, in alcuni casi, a dei veri e propri conflitti interni tra il popolo minuto, costituito da lavoratori salariati e dalla piccola borghesia, e il popolo grasso, cioè la ricca borghesia mercantile. Un esempio di questi contrasti è il tumulto dei Ciompi (1378), scoppiato a Firenze, durante il quale i lavoratori tessili della lana insorgono e riescono a imporsi, ma poi vengono sconfitti dal popolo grasso che ritorna al potere.

La fine del Comune e la nascita delle Signorie Nel corso del Trecento anche le istituzioni comunali subiscono un indebolimento significativo. La principale causa è da individuare nei contrasti sociali che si sviluppano tra le grandi famiglie aristocratiche che si disputano il primato, la borghesia cittadina che trae la propria forza dalle Corporazioni e il popolo, escluso dai profitti economici e da ogni partecipazione alla vita politica. Naturale conseguenza di ciò è l’inizio di una lotta per la supremazia politica, per porre fine alla quale si arriva alla formazione della Signoria, nuova istituzione guidata da un signore, il più delle volte appartenente a una prestigiosa famiglia, al quale il consiglio cittadino conferisce quei poteri assoluti necessari a porre fine alle lotte intestine. Le prime Signorie che si instaurano sono quelle degli Este a Ferrara, dei Visconti a Milano e dei Medici a Firenze.

Lo scisma della Chiesa cattolica Nei primi anni del secolo esplode nuovamente la lotta tra il papato e l’impero con papa Bonifacio VIII e Filippo IV, detto il Bello, sovrano di Francia. Colpevole di aver tassato il clero, da sempre esente da imposte, Filippo viene scomunicato dal papa, ma egli reagisce facendolo arrestare ed eleggendo al suo posto il francese Clemente V. Il nuovo papa, però, trasferisce la sede pontificia da Roma ad Avignone, in Francia: questo evento dà origine alla cosiddetta «cattività avignonese», con cui si indica il periodo compreso fra il 1309 e il 1377, caratterizzato da una serie di papi francesi sottomessi all’autorità del sovrano. Con papa Gregorio XI la sede pontificia torna a Roma, ma un’altra profonda crisi coinvolge la Chiesa. Alla sua morte, infatti, viene scelto come successore un papa italiano, cosa che provoca il malcontento del clero francese che ne elegge uno proprio, con sede ad Avignone. Si apre dunque il Grande scisma d’Occidente: la Chiesa ha due papi, che per trentanove anni tengono diviso il mondo cattolico. Lo scisma verrà concluso dal concilio di Costanza (1414-1417) con l’elezione di un Anonimo, Trionfo della morte, 1446, affresco staccato, Palazzo Abatellis, Palermo. unico pontefice.

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letteratura

Il Trecento

Il quadro letterario L’affermazione del volgare come lingua letteraria Nel corso del Trecento si assiste all’avvio del fenomeno di unificazione linguistica dell’Italia grazie al volgare, quello toscano, in particolare fiorentino, diventato ormai il modello ufficiale delle composizioni liriche. Questo volgare riesce, a poco a poco, a ottenere anche il dominio in quegli ambiti che, fino a poco tempo prima, erano di esclusivo appannaggio del latino, come quello giuridico e diplomatico. Il principale fattore che porta alla prevalenza del volgare toscano sugli altri è senza dubbio il successo de La Divina Commedia di Dante, che viene letta in pubblico e della quale iniziano a circolare anche delle edizioni con commenti. Alle motivazioni letterarie si aggiungono, inoltre, quelle di natura sociale: in seguito alle lotte tra le varie città, infatti, molti poeti e letterati sono costretti all’esilio e quindi cominciano a girare l’Italia presso le corti dei vari signori importando la loro lingua. Il toscano è infine la lingua comune per gli scambi commerciali e le transazioni finanziarie. In questo periodo si assiste anche a una volgarizzazione della lingua latina; molti intellettuali infatti si apprestano a «volgarizzare» opere classiche in prosa: uno di questi, è Giovanni Boccaccio. L’uso del latino come lingua letteraria riprende comunque il sopravvento alla fine del secolo, imponendosi di nuovo come lingua della saggistica e della critica filologica e scientifica. Grande stimatore del latino è Francesco Petrarca, il quale riprende nei suoi componimenti alcuni aspetti e temi della poesia latina classica.

Domenico di Michelino, La Divina Commedia di Dante, 1465, Duomo, Firenze.

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T recento

La novella Con la diffusione di molte opere in volgare si allarga il pubblico di coloro che possono accedervi: mentre prima la letteratura era appannaggio di pochi poiché scritta in latino, ora con il volgare i generi letterari si diffondono anche tra il popolo. La prosa raggiunge il massimo rilievo con il genere della novella, prima in Spagna con Juan Manuel (1282-1348), fondatore del genere con il suo libro composto da novelle collegate da una storia principale, chiamata «cornice», e poi in Italia con Giovanni Boccaccio, il quale ne afferma l’autonomia rispetto alle altre tradizioni Sandro Botticelli, La novella di Nastagio degli Onesti, secondo episodio, letterarie. Mentre in Francia e Germania la 1483, Museo del Prado, Madrid. novella non trova seguito, in Inghilterra è rappresentata da Geoffrey Chaucer (1343-1400), scrittore che aveva letto e studiato il Decameron di Boccaccio e dal quale prende spunto per la sua opera I racconti di Canterbury: questo fatto dimostra quindi che la letteratura italiana aveva raggiunto livelli tali da poter influenzare le altre letterature europee.

I racconti meravigliosi dell’Oriente: Le mille e una notte Tra le varie tradizioni alle quali si ispira il genere novellistico vi sono le raccolte di racconti orientali, in primo luogo Le mille e una notte: da quest’opera, Boccaccio e altri novellisti prendono la struttura a cornice e alcuni spunti per le trame delle loro novelle. Le mille e una notte è un insieme di racconti scritti in arabo da vari autori, il cui nucleo originale risale al IX secolo e la cui stesura definitiva è datata all’XI secolo circa. La cornice, o storia principale, attorno alla quale ruotano tutti i racconti, narra di un re persiano il quale ha l’abitudine di uccidere una donna tutte le notti. Questo – una rito viene interrotto da Shahrazad, fanciulla che inizia a raccontare storie al re, rimandando il finale al giorno dopo per mantenere viva la sua curiosità e avere salva la vita: in questo modo, riesce a raccontare storie per mille e una notte, al termine delle quali, il re, innamorato, la prende in moglie.

Rene Bull, La Principessa e il Sultano, 1898, illustrazione per The stories for Arabian Nights Entertainments, edito da Longmans, Green & Co.

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La Divina Commedia Dante e il suo tempo

Agnolo Bronzino, Dante con La Divina Commedia, 1530, National Gallery of Art, Washington.

Dante vive nel Medioevo e dunque La Divina Commedia riflette il modo di pensare e di vivere del suo tempo. Tipicamente medievale è la concezione che considera Dio come presenza fissa nella realtà di ogni giorno, principio unico a cui ognuno deve fare riferimento per regolare il proprio modo di essere e i propri comportamenti. Concetto basilare è infatti la convinzione che l’uomo sulla terra è di passaggio, per cui tutte le sue azioni acquistano un senso solo in funzione della vera vita nell’aldilà, quando ciascuno raggiungerà la piena realizzazione di sé. Da ciò deriva anche che qualsiasi potere, sia quello spirituale della Chiesa sia quello politico dello Stato, è conferito e legittimato da Dio: all’uomo il dovere di sottomettersi alla loro autorità. Nello scrivere La Divina Commedia, Dante abbraccia questa concezione, facendo proprio l’ideale che tutto ciò che accade, i fatti e le azioni di cui è protagonista, sono tali perché voluti da Dio; egli si trova, però, a vivere in un periodo in cui la crisi dei due poteri, spirituale e politico, è molto forte e i valori che avevano scandito fino a quel momento la vita del singolo cominciano a essere messi in discussione.

La struttura de La Divina Commedia

Storia e letteratura

La Divina Commedia, composta tra il 1307 e il 1320 circa, è l’opera più significativa e importante di tutta la produzione dantesca, punto di arrivo di tutte le esperienze letterarie del poeta. Essa narra il viaggio immaginario nell’Aldilà compiuto dall’autore all’età di 35 anni, durante una profonda crisi spirituale. Il viaggio di Dante dura sette giorni e si svolge durante la Settimana Santa del 1300, anno in cui papa Bonifacio VIII proclama il primo giubileo. Il titolo originario dato da Dante all’opera è Comedìa, termine con cui nel Medioevo si indica una narrazione di argomenti inizialmente negativi che poi però si concludono in modo lieto; l’opera di Dante, infatti, inizia trattando dell’Inferno per giungere alla fine alla gioia luminosa del Paradiso. L’aggettivo «divina», invece, viene aggiunto da Boccaccio e appare per la prima volta nel 1555 in un’edizione della Commedia stampata a Venezia. La Divina Commedia è suddivisa in tre cantiche corrispondenti ai tre luoghi dell’Aldilà visitati dal poeta: l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Le tre cantiche si compongono ciascuna di 33 canti (l’Inferno ha in più un canto introduttivo), scritti in versi endecasillabi, raggruppati in terzine (strofe di tre versi) a rima incatenata (ABA BCB CDC). Questo tipo di rima permette al poeta di proseguire nella narrazione in modo fluido e continuo, senza spezzare il discorso alla fine di ogni terzina. Poiché è proprio Dante a inventare questo schema di rima, essa è detta anche «terzina dantesca».

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T recento

Il viaggio di Dante: simboli e allegorie Il viaggio di Dante inizia dall’Inferno: accompagnato dal poeta latino Virgilio, scende nella voragine infernale posta al centro della Terra, per poi risalire la montagna del Purgatorio collocata dall’altra parte del mondo, nell’emisfero australe. Risalita questa, Dante giunge nel Paradiso terrestre, dimora di Adamo ed Eva prima del peccato originale, e qui Virgilio cede il suo posto di guida spirituale a Beatrice. Dante si avvia così verso l’ultima tappa del suo viaggio, l’Empireo, sede dei beati e soprattutto di Dio; Beatrice lascia il poeta nelle mani di san Bernardo di Chiaravalle, che rivolge una preghiera alla Vergine Maria affinché conceda a Dante la forza spirituale di sostenere la visione di Dio. L’intero viaggio di Dante si snoda attraverso immagini allegoriche e simboliche a cominciare dal momento stesso della partenza; egli immagina, infatti, di essersi perso in una «selva oscura», simbolo del peccato in cui era caduto, e, per espiare le sue colpe, di compiere il viaggio verso la salvezza accompagnato da tre guide, che lo aiutano a superare le difficoltà del cammino: Virgilio, simbolo della ragione umana, che lo conduce nell’Inferno e nel Purgatorio; Beatrice, sua guida in Paradiso, la donna di cui Dante si era innamorato e la cui figura è resa nella concezione stilnovistica di donna portatrice di grazia divina; e infine, Bernardo di Chiaravalle, santo e teologo, studioso della Vergine, che accompagna il poeta nell’ultimo tratto del viaggio verso Dio. Tutto il poema assume dunque un significato allegorico. Esso esprime il desiderio dell’uomo di purificarsi dal peccato per ottenere la salvezza eterna e rappresenta il cammino che ogni cristiano deve compiere per raggiungere la grazia di Dio: dalla selva oscura del peccato Dante riesce a uscire grazie alla sua guida, Virgilio, che simboleggia la razionalità; le tre fiere che gli ostacolano il cammino, la lonza, il leone e la lupa, rappresentano i tre peccati capitali, rispettivamente la lussuria, la superbia e l’avidità; Beatrice è il simbolo della grazia divina e della fede, mentre san Bernardo rappresenta l’estasi ascetica. La Divina Commedia è allora non solo un poema allegorico ma anche didascalico perché fornisce un insegnamento morale e religioso all’uomo cristiano, invitandolo a riflettere sulla gravità del peccato.

Eugène Delacroix, Dante e Virgilio all’Inferno, 1822, Museo del Louvre, Parigi.

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La Divina Commedia

letteratura

Philipp Veit, Dante e Beatrice, particolare da L’empireo, 1817-1827, Villa Massimo, Roma.

Anche la struttura del poema è stata concepita alla luce della ricerca simbologica: tutta l’opera verte sulla ricorrenza del numero tre e dei suoi multipli; nel Medioevo il tre è il numero che esprime il concetto della Trinità cristiana ed è quindi considerato il numero perfetto in assoluto. Tre sono le cantiche, ciascuna composta da 33 canti più uno di introduzione generale al poema, tre sono i versi che compongono le terzine, tre le fiere che Dante incontra nel primo canto e che gli ostacolano il cammino, tre sono le sue guide, nove i cerchi che compongono l’Inferno, nove le parti in cui è diviso il Purgatorio e nove i cieli dell’Empireo.

L’universo di Dante La struttura dell’universo a cui Dante fa riferimento nel poema rispecchia il modello dominante nel Medioevo, ossia la teoria geocentrica elaborata dall’astronomo Tolomeo nel II secolo d.C. Secondo questa concezione, la Terra è incastonata in una sfera immobile al centro dell’universo, e attorno a essa ruotano le sfere concentriche dei nove cieli (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno, il cielo delle Stelle fisse e il cielo del Primo Mobile); tutto quanto è contenuto nell’Empireo, il cielo immobile dove risiede Dio con gli angeli e le schiere dei beati. La Terra è divisa in due emisferi: l’emisfero boreale, che comprende le terre emerse e ha al centro la città di Gerusalemme, luogo della crocifissione di Cristo, sotto alla quale è posto l’Inferno; l’emisfero australe, disabitato e composto da acque, nel mezzo del quale è situata la montagna del Purgatorio, esattamente agli antipodi di Gerusalemme. In base alla concezione religiosa del Medioevo, Lucifero, l’angelo più splendente e più vicino a Dio (Lucifero in greco significa «portatore di luce»), credendosi più potente di lui, si era ribellato all’autorità divina; per questo peccato di superbia, viene cacciato dal Paradiso insieme agli angeli suoi fedeli: la sua caduta crea la voragine infernale e si arresta solo quando Lucifero raggiunge il centro della Terra, ossia il punto più lontano da Dio.

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T recento

L’Inferno Nell’immaginario dantesco l’Inferno è descritto come una grande voragine a forma di cono rovesciato, il cui vertice giunge al centro della Terra dove dimora Lucifero, signore dell’Inferno. La voragine infernale è divisa in nove cerchi, i quali si restringono via via che si scende nelle viscere della Terra. I dannati sono situati in ciascuno dei cerchi e, più vicini sono a Lucifero, e quindi si allontanano da Dio, più le loro colpe risultano gravi e più atroce è la pena. Nella prima zona chiamata Antinferno, al di qua del fiume Acheronte, Dante colloca le anime dannate degli ignavi, cioè coloro che in vita hanno sempre rifiutato ogni decisione e non hanno avuto ideali in cui credere: per questo motivo, essi non sono degni di entrare nemmeno nell’Inferno.

PORTA DELL’INFERNO

GERUSALEMME

SELVA OSCURA

IGNAVI INFE AN T

FIUME ACHERONTE

RN O

LIMBO (NON BATTEZZATI)

IO RC H I CE IO RCH I I CE IO ERCH I II C IO E R CH IV C IO RCH V CE

LUSSURIOSI GOLOSI AVARI E PRODIGHI CCdIDi IO ONaDIcEitA tà RAdCell DSitI e M urIa PALUDE STIGIA

INCONTINENTI

MURA DELLA CITTÀ DI DITE

ERETICI IO ERCH VI C

O NE I G IR E RON II GI E IRON III G

FIUME FLEGETONTE VIOLENTI CONTRO IL PROSSIMO VIOLENTI CONTRO SE STESSI

VIOLENTI CONTRO DIO BURRATO VII CERCHIO RUFFIANI E SEDUTTORI ADULATORI GIA I B OL I A SIMONIACI LG II BO GIA L INDOVINI E MAGHI III BO GIA L BARATTIERI IV BO IA LG IPOCRITI V BO GIA LADRI I BOL IA V VIII CERCHIO OLG VII B LGIA CONSIGLIERI DI FRODE O VIII B GIA SEMINATORI DI DISCORDIA L FALSARI IX BO IA LG X BO POZZO DEI GIGANTI TRADITORI DEI PARENTI A N O Z I TRADITORI A DELLA PATRIA II ZON TRADITORI NA DEGLI OSPITI IX CERCHIO III ZO TRADITORI DEI NA BENEFATTORI IV ZO

VIOLENTI

FRAUDOLENTI (MALEBOLGE)

CAINA ANTENORA TOLOMEA

TRADITORI

GIUDECCA

LAGO COCITO

LUCIFERO

NATURAL BURELLA

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La Divina Commedia

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Mosè Bianchi, Paolo e Francesca, 1877, Galleria Civica d’Arte Moderna, Milano.

Passato l’Acheronte, Dante colloca il Limbo, dove si trovano le anime dei bambini morti senza battesimo e di coloro che hanno vissuto secondo virtù ma in un’epoca precedente alla venuta di Cristo, per cui hanno creduto in altri dei: tra essi il poeta Omero, i filosofi Platone e Aristotele e lo stesso Virgilio. Dopo il Limbo, si entra nell’Inferno vero e proprio e i dannati sono inseriti in due grandi zone: • nell’Alto Inferno, precisamente dal II al V cerchio, ci sono gli incontinenti, ossia coloro che si sono lasciati condurre dagli istinti: i lussuriosi, i golosi, gli avari e i prodighi, gli iracondi e gli accidiosi; • nel Basso Inferno, cioè dal VI all’IX cerchio, ci sono, invece, coloro che hanno usato la ragione per compiere il male: gli eretici, i violenti, distinti tra violenti contro il prossimo, contro se stessi e contro Dio, i fraudolenti, coloro che hanno attuato una frode verso chi si fidava di loro e, nell’ultima parte, i traditori, distinti in traditori dei parenti, della patria, degli ospiti e dei benefattori. I traditori sono i dannati che si trovano più vicino a Lucifero, che è posto al centro del nono cerchio, immerso in un lago ghiacciato, il Cocito; con le sue tre bocche mastica per l’eternità i tre grandi traditori dell’umanità: Giuda, colui che ha tradito Cristo, e quindi la Chiesa, Bruto e Cassio, traditori di Giulio Cesare e dell’impero. Le pene e le punizioni a cui sono sottoposti i dannati seguono la regola del contrappasso, la quale collega, per analogia o per contrario, la pena con il peccato commesso in vita. L’analogia prevede un pena simile alla colpa: ad esempio, i lussuriosi che in vita sono stati travolti dalla passione, ora vagano trascinati da turbini d’aria; il contrario, invece, prevede una pena opposta alla colpa: ad esempio, i golosi, che hanno amato il cibo in modo smisurato, ora sono condannati a stare in una palude puzzolente. All’interno di questi cerchi, Dante incontra sia figure della mitologia greca, come Minosse, Cerbero, Elena e Achille, sia personaggi a lui contemporanei come Guido da Montefeltro e Ugolino della Gherardesca.

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T recento

Il Purgatorio Il Purgatorio è il luogo dove sono custodite le anime di coloro che si sono pentiti dei loro peccati e aspettano di espiare le loro colpe per entrare in Paradiso. Dante descrive il Purgatorio come una montagna, alla base della quale si trova una spiaggia dove approdano le anime arrivate fin qui dalla foce del fiume Tevere. La spiaggia e la prima parte del monte costituiscono l’Antipurgatorio, dove, divise in quattro schiere, sostano le anime di coloro che si sono pentiti solo in punto di morte. Il Purgatorio vero e proprio è diviso in sette cornici, sette zone che chiudono a cerchio la montagna: in ognuna di esse sono accolte le anime di coloro che hanno ceduto ai sette peccati capitali (superbia, invidia, ira, accidia, avarizia e prodigalità, gola, lussuria) e che sono sottoposti a pene inflitte, come per l’Inferno, secondo la regola del contrappasso.

PARADISO TERRESTRE

LUSSURIA VII CORNICE AMORE ECCESSIVO DEI BENI TERRENI

GOLA VI CORNICE

AMORE POCO VIGOROSO DEL BENE

AVARIZIA E PRODIGALITÀ V CORNICE ACCIDIA IV CORNICE

IRA III CORNICE

AMORE DIRETTO AL MALE DEL PROSSIMO

INVIDIA II CORNICE PORTA DEL PURGATORIO

ANTIPURGATORIO

SUPERBIA I CORNICE

PRÌNCIPI NEGLIGENTI A PENTIRSI IV SCHIERA MORTI DI MORTE VIOLENTA III SCHIERA

SPIAGGIA

NEGLIGENTI A PENTIRSI II SCHIERA MORTI SCOMUNICATI I SCHIERA

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La Divina Commedia

letteratura

Così i superbi, che guardavano tutti dall’alto in basso, ora vagano con un macigno sulla testa che li costringe a camminare col capo chino; gli invidiosi, che in vita hanno guardato con invidia gli altri, sono condannati ad avere gli occhi cuciti con il fil di ferro; gli iracondi, che in vita si fecero trasportare dai fumi dell’ira, sono immersi in un fumo denso e nero; gli accidiosi, che sono stati lenti nell’agire, ora corrono senza mai fermarsi; gli avari e i prodighi, che si curavano troppo dei beni materiali, ora giacciono con la faccia al suolo, mani e piedi legati come in vita furono legati alle ricchezze materiali; i golosi che, pur circondati di alberi pieni di frutti, non possono raggiungerli e vagano affamati e assetati; i lussuriosi, che sono condannati a bruciare nel fuoco, simbolo della passione che li aveva arsi in vita. A mano a mano che si sale sulla montagna, i peccati sono meno gravi, dal momento che ci si allontana dall’Inferno e ci si avvicina di più a Dio. All’inizio della salita Dante era stato marchiato in fronte da un angelo con sette P, simbolo dei sette peccati capitali; via via che supera ogni cornice, dalla fronte scompare una lettera, simbolo del peccato appena espiato. Come era accaduto per l’Inferno, anche qui Dante incontra noti personaggi dell’epoca e amici, come i poeti Bonagiunta e Guinizzelli. In cima alla montagna si trova, infine, il Paradiso terrestre: Dante incontra qui Beatrice, che lo accompagna nel viaggio attraverso il Paradiso.

Il Paradiso Nel Paradiso dimorano le anime dei beati, le quali si trovano disposte nell’Empireo, il cielo di Dio; Dante immagina che esse gli vadano incontro nel cielo che meglio simboleggia la virtù che ha caratterizzato la loro vita. Ognuno dei nove cieli è mosso da una schiera di angeli che si distinguono per caratteristiche differenti (Angeli, Arcangeli, Principati, Potestà, Virtù, Dominazioni, Troni, Cherubini, Serafini): ad esempio, gli Angeli, che occupano la posizione più bassa delle schiere angeliche, sono coloro che sono più vicini agli uomini; i Serafini, che occupano il grado più alto della gerarchia, sono coloro che circondano il trono di Dio e che con i loro canti regolano il movimento di tutti i cieli dell’universo. Nel primo cielo si trovano quei beati che, per volere altrui, non hanno potuto prendere i sacri voti; nel secondo le anime di chi in vita ha fatto il bene per ricevere gloria; nel terzo gli spiriti amanti; nel quarto gli spiriti sapienti; nel quinto gli spiriti di coloro che hanno combattuto per la fede; nel sesto gli spiriti giusti; nel settimo gli spiriti contemplativi. Nell’ottavo cielo, Dante ha la visione di Cristo e dell’intera schiera dei beati, collocati all’interno di un anfiteatro a forma di rosa: al centro della rosa siede la Madonna, al cospetto della quale il poeta viene accompagnato da san Bernardo, ultima delle sue guide. La Vergine è circondata dai beati di grande fama, come san Francesco e sant’Agostino. Infine, Dante giunge al nono cielo per ricevere l’ultima visioPhilipp Veit, L’empireo, 1817-1827, ne, quella di Dio, fine ultimo di tutto il suo viaggio. Villa Massimo, Roma.

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Nuove idee per una nuova scuola

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Le E tt . F or um S. i s a Cit e g te IS nz alli rio BN a D 97 fro . Li R. D 8- nt pp id 88 ie er on -4 re a i 72 - S -2 Le . Po 21 t t 2- e zzi 0 ra tu ra Questo volume, sprovvisto del talloncino a fronte (o opportunamente punzonato o ­altrimenti contrassegnato), è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE ­GRATUITO, fuori commercio (vendita e altri atti di disposizione vietati: art. 17, c. 2 L. 633/1941). Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d). Esente da bolla di accompagnamento (D.P.R. 6-10-1978, n° 627, art.4. n° 6).

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