COEFFICIENTE DI GINI/2016 DEL REDDITO DISPONIBILE EQUIVALENTE Corso di Laurea in Economia dei Mercati e degli Intermediari Finanziari / RAIMONDO MARZULLO
fonte dati ISTAT (http://www.istat.it/it)
INDICE DI GINI
Cumulative share of income earned
Il coefficiente di Gini, introdotto dallo statistico italiano Corrado Gini, è una misura della diseguaglianza di una distribuzione. È spesso usato come indice di concentrazione per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza. L’idea alla base dell’indice di gini è di calcolare la differenza, in valore assoluto, fra le coppie di cittadini e poi sommare tali differenze. È un numero compreso tra 0 ed 1. Valori bassi del coefficiente indicano una distribuzione abbastanza omogenea, con il valore 0 che corrisponde alla pura equidistribuzione, ad esempio la situazione in cui tutti percepiscono esattamente lo stesso reddito; valori alti del coefficiente indicano una distribuzione più diseguale, con il valore 1 che corrisponde alla massima concentrazione, ovvero la situazione dove una persona percepisca tutto il reddito del paese mentre tutti gli altri hanno un reddito nullo.
Perfet distribution line sometimes called 45 degree line Gini Index N-1
Lorenz Curve
G=
∑ 1
(Fj - Qj ) N-1
∑ j=1
Fj
The cumulative share of people from lower income Nel grafico della curva di Lorenz, oltre alla spezzata di concentrazione ovvero i punti limitrofi congiunti a formare una curva, viene rappresentato la linea di equidistribuzione che è il segmento che congiunge il punto 0,0 al punto 1,1. Ogni punto situato su tale segmento ha la proprietà di avere le coordinate uguali, cioè Qi=Fi per ogni i; così, se l’ammontare del carattere fosse equidistribuito fra tutte le unità del collettivo, i punti corrispondenti giacerebbero sulla linea di equidistribuzione. L’area della superficie compresa tra la curva di Lorenz e la linea di equidistribuzione viene detta area di concentrazione. Nel caso di massima concentrazione tutto il carattere è posseduto da una sola unità e le restanti n-1 non detengono nulla, quindi si ha che Qi=0 per i=1, …, n-1 e Qn=1. Graficamente accade che la spezzata di concentrazione coincide con l’asse delle ascisse fino all’(n-1)-esima unità per poi raggiungere il punto (1,1). Dunque la spezzata di concentrazione cambia la sua forma a seconda che il carattere osservato sul collettivo sia più o meno concentrato: più è vicina alla linea di equidistribuzione e più l’ammontare totale del carattere è equidistribuito fra le unità; più è vicina all’asse delle ascisse maggiore è la concentrazione del carattere nel collettivo.
COM’È DISTRIBUITA LA RICCHEZZA IN ITALIA?
Commento: L’indice di Gini, ideato dall’omonimo statistico italiano, è uno strumento della statistica descrittiva che serve a studiare una particolare statistica dei dati di concentrazione. Si tratta di un tipo di variabilità relativa a caratteri trasferibili, ovvero qualità che possono essere detenute da alcuni soggetti piuttosto che da altri, ma che possono tuttavia passare da un individuo all’altro. Ad esempio, ha senso parlare di concentrazione se ci riferiamo ad aspetti come il reddito della ricchezza o il numero di auto detenute, ma non ha senso farlo se pensiamo al peso o all’altezza che ovviamente non sono caratteri trasferibili. Per comprendere cosa intendiamo per concentrazione prendiamo come esempio un collettivo statistico composto da cinque individui. Immaginando di voler studiare l’intensità con la quale ciascuno di questi individui detiene un determinato bene, come uno smartphone, i due possibili casi estremi sono i seguenti: a) ciascun individuo detiene esattamente uno smartphone; b) tutti gli individui non hanno alcun smartphone tranne il quinto che ne detiene cinque. Nella prima situazione parleremo di equidistribuzione ovvero di quella situazione limite in cui la concentrazione è nulla cioè il carattere è distribuito con varie intensità tra tutti i possessori. Se ci trovassimo in questa situazione speciale il valore dell’indice di Gini sarebbe 0. Quando, invece, si configura uno scenario come il secondo ci troviamo nel caso limite diametralmente opposto. In questa situazione parleremo di massima concentrazione poiché il bene in questione viene detenuto da un unico soggetto rispetto al collettivo. Quando è così l’indice di Gini assume il suo valore massimo che è 1. Da questo ragionamento ne segue che i casi della realtà debbano necessariamente collocarsi entro questi due estremi. Per questo motivo l’indice di Gini varia tra 0 e 1: quanto più il suo valore è vicino allo 0, tanto più convergeremo verso uno scenario di equidistribuzione; viceversa, quanto più l’indice tende a 1 tanto più ci avvicineremo ad una situazione di massima concentrazione. Le caratteristiche di questo indice evidentemente si prestano bene per l’analisi della ricchezza di una nazione. Studiarne la concentrazione, infatti, è un modo per radiografare le modalità con cui il benessere economico è più o meno equamente distribuito tra i cittadini oppure no. Molto interessante è anche il confronto tra i valori di una determinata area geografica rispetto a quelli di un’altra perché consente di focalizzarci sulle differenze, se ci sono, tra la ripartizione della ricchezza nelle diverse realtà nazionali. Nello specifico l’indagine in questione si riferisce all’esame dell’andamento della concentrazione in Italia nell’ultimo decennio.
STUDIO INDICE DI GINI IN ITALIA NELL’ULTIMO DECENNIO
Il rapporto tra il reddito posseduto dal 20% della popolazione con i redditi più alti e il 20% con i redditi più bassi, passa dal 0,618 del 2008, al 0,624 del 2010, per salire al 0,632 nel 2011 e attestarsi al 0,641 del 2012 (calcolato sul reddito 2011): il 20% più alto riceve un ammontare di reddito di 5,5 volte superiore a quello del 20% più basso. Il livello è superiore alla media europea, prossimo a quelli del Regno Unito (che tra il 2008 e il 2012 mostra una diminuzione della disuguaglianza), Estonia e Croazia e inferiore a quelli di Spagna e Grecia (che mostrano un aumento della disuguaglianza) e di Lettonia, Romania, Bulgaria e Portogallo (per i quali si registra una diminuzione della disuguaglianza). Tra il 2008 e il 2012 si segnala anche un aumento della disuguaglianza in termini di ricchezza, che torna sui livelli osservati all’inizio dello scorso decennio: l’indice di concentrazione di Gini sale al 64% (era il 62,3% nel 2010 e il 60,7% nel 2008) e la quota di ricchezza totale posseduta dal 10% più ricco della popolazione raggiunge il 46,6% (era il 45,7% nel 2010 e il 44,3% del 2008). Il grafico mostra l’andamento dell’indice di Gini della ricchezza netta degli italiani negli ultimi 25 anni come si nota il valore dell’indice si attesta mediamente intorno al valore di 0,62 con fluttuazione a rialzo o al ribasso che dipendono evidentemente dalle congiunture economiche. Un valore dell’indice di circa 0,62 sta ad indicare una significativa concentrazione ovvero fotografa una situazione nella quale la ricchezza tende di più ad essere ripartita di pochi possessori che il contrario. Una possibile spiegazione di questo trend è nel problema della sperequazione sociale che affligge l’Italia da molti decenni. È stato calcolato (fonte rapporto OXFAM Settembre 2015) che il 20% degli italiani più ricchi detiene il 61,6% della ricchezza; mentre il 20% degli italiani più poveri ne detiene appena lo 0,4%, si tratta cioè di dati in linea con i valori del coefficiente di Gini trovati e che spiegano la tendenza della concentrazione nel nostro paese.
LA CONCENTRAZIONE DELLA RICCHEZZA SALE ANCORA Distribuzione della ricchezza netta. Anni 1991-2012. Valori assoluti e percentuali
Invece, se si considera l’indice di Gini italiano per le ripartizioni geografiche, si nota un netto divario tra Mezzogiorno e Centro-nord, con un coefficiente di disparità sempre più alto nel Sud Italia, fatta eccezione per la fine degli anni Sessanta e nel 1980.
INDICE DI GINI ITALIANO PER RIPARTIZIONE GEOGRAFICA 45
41
37
Mezzogiorno
33
Centronord
29
25 1968
1972
1976
1980
Fonte: elaborazione su dati Istat e Vacchi (2011)
1984
1988
1992
1996
2000
2004
2008
2012
Con riferimento ai principali Paesi Europei dell’area euro, ai Paesi Europei ma non appartenenti alla sfera dell’euro e infine ad un confronto con i principali Paesi mondiali.Focalizzandoci sui Paesi dell’euro sono stati esaminati i trend dei cinque principali contesti territoriali. Essi sono: la Germania, la Grecia, la Francia, l’Italia e la Spagna. Il grafico numero uno evidenzia che tra questi Paesi quello che presenta un livello di concentrazione più basso è la Germania. Si parte da un valore di 0,261 per il 2005 ad un valore di 0,297 nel 2013, con un trend sostanzialmente stabile nel corso del decennio dove l’unico picco di lieve entità si registra nel 2007 ovvero nella fase finale di incubazione dell’ultima crisi economica. Un valore medio di Gini al di sotto dello 0,3 indica che per questo Paese il livello di concentrazione è particolarmente basso ovvero è garantito un determinato livello di equità nella distribuzione della ricchezza. Analizzando la Francia ritroviamo una situazione praticamente analoga. La nazione transalpina se pur registrando valori dell’indice leggermente più alti di quelli tedeschi, si attesta per tutto il decennio su un valore al disotto dello 0,3, con un unico caso di sforamento della soglia ancora nel 2007, con un valore di 0,303. Particolarmente interessante anche il confronto tra i trend dei restanti tre Paesi, Italia, Spagna e Grecia dove sono state maggiori le ripercussioni, in questo decennio, della recessione economica. Va subito detto che in tutti e tre i casi l’indice di Gini si attesta a livelli superiori, sempre più alti dello 0,3, ma mai superiori allo 0,4. Quello che differisce è l’andamento storico. La Grecia infatti è quella che partiva da un valore della concentrazione più alto di tutti nel 2003, un livello di 0,347 che con leggeri scostamenti è restato sostanzialmente inalterato per tutto il decennio tanto da riconsegnare a fine 2014 ancora uno 0,347. E’ in lieve miglioramento invece il trend italiano. Nel 2004, primo anno disponibile il bel paese partiva da un valore di 0,323. Durante il decennio gli scostamenti da questo riferimento sono stati poco rilevanti, tuttavia non hanno presentato picchi ma una costante stabilità tanto da portare l’Italia al 2014 ad un livello di Gini di 0,327 quindi al di sotto di quello greco. Più dinamico è l’andamento della Spagna. Gli iberici partivano da un valore 0,31 nel 2003, cioè da uno scenario sensibilmente migliore in fatto di equità rispetto a quello di Italia e Greci, tuttavia nel corso del decennio i valore spagnolo si è rilevato costantemente in crescita se pur contenuta tanto da riconsegnare alla fine dell’indagine un livello di concentrazione di 0,345 che è pressoché identico a quello greco. Nel complesso l’analisi dei principali paesi appartenenti all'euro sembra configurare una relazione inversa tra concentrazione e forza economica, cioè nei Paesi più forti vi è una minore concentrazione è viceversa. Spostandoci nell’area dei Paesi Europei non appartenenti all’euro l’indagine si focalizza su quattro grandi realtà: Regno Unito, Bulgaria, Polonia e la Svezia. Innanzitutto va subito segnalato che anche in questo caso l’indice di Gini si trova compreso mediamente tra valori dello 0,3 e 0,4.
CARTOGRAMMA DEL EUROPA 2014
25,9 a 27,6 20 a 25,9
27,6 a 30,8 Dati non disponibili
34,7 a 35,5 30,8 a 34,7
La tendenza per quest’area geografica è quella di una maggiore concentrazione; partendo dagli anglosassoni il grafico conferma un livello dell’indice di partenza pari allo 0,34 nel 2003. Tale valore tuttavia nel decennio è stato caratterizzato dal ribasso, attestandosi a fine indagine su un risultato positivo dello 0,302. Da notare che il principale Paese non aderente all’euro ha visto una riduzione della concentrazione costante proprio a cavallo della recessione economica. Singolare è invece la situazione della Bulgaria. Il paese balcanico partiva infatti nel 2003 da un valore bassissimo dello 0,24 sceso allo 0,205 nel 2005. Da questo momento in poi l’indice è iniziato a salire con una certa importanza fino a fine indagine con un picco massimo di 0,359 nel 2008 e un valore di chiusura di 0,254, quindi leggermente inferiore. Decisamente più stabile è il quadro polacco. Il Paese si attesta infatti su un valore finale di 0,308 ma il dato è in costante decrescita dal 2005 dove toccava la soglia di 0,356. La voce fuori dal coro è caratterizzata dalla Svezia. Il Paese scandinavo si attesta infatti sempre su valori decisamente più bassi dell’indice. Nel 2004 la concentrazione svedese era pari a 0,23 , questo dato che andato tuttavia crescendo si è attestato su un basso valore finale di 0,249 nel 2013. Nel complesso l’esame dei Paesi che non hanno adottato la moneta unica evidenzia scenari differenti da caso a caso, giustificabili, evidentemente, in base alle peculiari caratteristiche di ciascun singolo sistema economico. L’ultima fase dell’indagine è quella che mette a confronto l’andamento dell’indice dei Paesi UE con le principali realtà mondiali. In questo senso non mancano le sorprese. I Paesi UE rispetto alla scenario mondiale configurano un livello di concentrazione decisamente più basso. Nel decennio oggetto d’esame infatti il dato globale UE è pressoché costante su un livello di 0,205. Si tratta di valori molto bassi se confrontati con quelli di USA, Cina, Russia e Sud Africa, ovvero le altre aree geografiche considerate. Gli Stati Uniti hanno un dato stabile ma il Paese oltre oceano partiva nel 2003 da un livello di concentrazione di 0,469, decisamente alto. Tale livello è andato poi leggermente aumentando nel corso del periodo per attestarsi su un risultato finale di 0,48. Più in costante è il dato russo. Il Paese partiva infatti nel 2003 da un valore di 0,383. Dopo una leggera flessione nel biennio successivo la Russia ha toccato il suo picco minimo proprio contestualmente all’inizio della crisi economica con un dato nel 2008 pari a 0,341 dopo questo momento la concentrazione in Russia è andata via via crescendo. Il picco massimo infatti viene raggiunto solo due anni dopo con un valore dello 0,44 mentre nel 2013 l’indice si attesta su un valore di chiusura di 0,401. Il Paese che però registra il livello di concentrazione più “preoccupante” è il Sud Africa. In questo caso la disponibilità di dati è parziale ,tuttavia questo non influisce sul commento di uno scenario che si attesta su valori medi della concentrazione sempre superiori allo 0,63 nel 2003 addirittura il valore dell’indice era pari allo 0,67 per toccare il valore record di 0,674 solo l’anno dopo. In leggera flessione è invece il trend successivo che però riconsegna un valore finale di 0,631 superiore di quasi 0,2 punti al dato Americano che è il più alto. Anche il confronto mondiale conferma che l’andamento della concentrazione è strettamente legato alle caratteristiche del modello economico su cui è calcolato. In quest’ottica i Paesi UE nel loro complesso fanno registrare una buona performance in termini di equità distributiva. Tuttavia non va dimenticato che si tratta comunque di un dato globale, che dunque non può tenere conto delle singolarità di ciascun Paese afferente, singolarità che invece emergono in maniera chiara come visto, nell’analisi più particolareggiata dell’area.