Viae 2018 italienisch

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COLLE ISARCO · VAL DI FLERES · VIPITENO · CAMPO DI TRENS · PRATI-VAL DI VIZZE · VAL RIDANNA · VAL RACINES · VAL GIOVO

2018

VIPITENO-RACINES

La natura in pentola Buoni, sani ed ecosostenibili: prodotti del contadino

“Scrivania o malga” Ospiti da Lisi Friesenbichler

Senso di libertà Avventure mozzafiato in quota



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Recinti artisticamente intrecciati

Rotondità gastronomica

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Senso di libertà

Sci ad alto gradimento nell’Alta Valle Isarco

Indice 04 Recinti artisticamente intrecciati Come costruire con legno di larice e abete uno steccato intrecciato

30 Il Sacro Monte Il Monastero di Sabiona, un luogo di forte quiete e momenti di silenzio

06 La natura in pentola Una breve visita al maso Ungererhof in Val di Giovo

32 Mitiche “Stuben” Un gioiello tra passato e presente

10 Senso di libertà Avventure in cima alle montagne dei dintorni di Vipiteno

36 Gelo invernale e calde luci L’Avvento in Valle Isarco nei luoghi e … nei bicchieri

14 “Affascinante e pieno di segreti” L’ausiliario ai beni culturali Alexander Messner e il “suo” museo

38 Giù veloci in slittino Avventure su due pattini

18 “Scrivania o malga” Lisi Friesenbichler è l’anima buona della baita Joggele-Alm

40 Sci ad alto gradimento Voglia di sci in pista e leccornie in tavola

20 Piacere, Oswald A colloquio con Oswald von Wolkenstein-Rodenegg

42 L’inverno lontano dalle piste Sport invernali alternativi

23 Rotondità gastronomica Il canederlo, un piatto da riciclo entra nell’alta cucina

44 Tutto da scoprire

26 La natura nel bicchiere Il latte è l’oro bianco, anche in Valle Isarco

46 Info Tutto sul clima, su come arrivare e sui collegamenti

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Testo: Barbara Felizetti Sorg Foto: Oskar Zingerle

Recinti artisticamente intrecciati

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TRADIZIONI Legno di larice, giovani rami d’abete e tanta pazienza sono gli elementi per creare bellissimi steccati intrecciati

Steccati intrecciati hanno una lunga ­tradizione nella zona di Vipiteno. In primavera, prima che il bestiame ­andasse al pascolo, si riparavano i ­recinti. E i contadini hanno fatto di ­necessità virtù: per costruire questi recinti non servono chiodi. Valentin Wurzer di ­Ridanna da quasi dieci anni produce steccati intrecciati. Ecco un facile corso di fai da te per costruire uno steccato. Ma attenzione: non è facile quanto sembra.

1.

4.

Per i pali dello steccato scavare a distanza di ca. 2,5 metri buchi profondi 60 centimetri. Prima di fissare nella terra i pali di legno di larice (diametro di ca. 25 cm), la parte inferiore dev’essere bruciata esternamente con fuoco fino a diventare carbone. Questo aumenta di molto la resistenza del legno. Importante: i pali vanno interrati con luna calante nel segno della vergine, così diventano notevolmente più stabili.

Spaccare da un tronco di larice assi da steccato e appuntirli sulla sommità. L’altezza dello steccato di regola è di 1,30 m, ma può cambiare secondo l’esigenza. A volte si utilizzano assi di varie altezze. Per ogni metro lineare sono necessarie otto o nove assi.

2. Ritagliare con una motosega nei pali un buco grande 10 x 14 cm, dove inserire più tardi i pali trasversali, sempre in larice. La resistenza del legno di larice è di circa 30-40 anni, mentre quella di abete si aggira sui 10 anni.

3. Tagliare i pali trasversali (8 x 9 cm) con una lunghezza di 2,5 m e piallare gli spigoli. Utilizzare esclusivamente legno buono, possibilmente senza rami – altrimenti si spaccano facilmente.

5. Dopo aver creato un piccolo fossato tra i pali dello steccato, vanno inserite le assi delle steccato appoggiandole ai pali trasversali e fissandole con giovani rami d’abete. Questi rami vengono dapprima bruciati sul fuoco o cotti in acqua calda. I recinti devono essere intrecciati nuovamente ogni dieci anni.

6. Lo steccato intrecciato è una vera opera d’arte e abbellisce qualsiasi giardino, attirando l’attenzione dei vicini e passanti. Tuttavia la sua costruzione richiede qualche tempo: gli esperti impiegano per dieci metri di steccato circa tre giorni.

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Testo: Barbara Felizetti Sorg Foto: Oskar Zingerle

La natura in pentola

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ENO-GASTRONOMIA

Niente Coca Cola, niente patatine, niente panini. Al maso Ungererhof in fondo alla Val di Giove vicino a Vipiteno ci sono solo bevande e pietanze fatte in casa. E gli ospiti ne sono entusiasti. “Questo diventa formaggio” racconta Walter Rainer mentre con una schiumarola mescola 100 litri di latte, dai quali oggi vuole ricavare 6 forme di formaggio. “Le migliori”, spera Walter. Da otto anni assieme a sua moglie Maria gestisce il maso di famiglia Ungererhof in fondo alla Val di Giovo. Agli inizi hanno gestito il maso come la malga Kalcheralm, che avevano in gestione per 33 anni. Ma con il tempo dal menù sono spariti patatine e maccheroni alla pastora per lasciare il posto a ravioloni di patate ripieni di aghi di abete rosso, aglio orsino, romice o pino mugo, fettuccine fatte in casa con ragù di selvaggina, agnello o coniglio, rafano e mirtilli rossi, quello che le stagioni offrono. Nulla di industriale, solo piatti tipici dovevano arrivare in tavola. All’inizio gli ospiti erano perplessi. Un cacciatore, che ha dovuto rinunciare al suo Cynar, addirittura ha minacciato di non tornare più. Nel frattempo i bambini divorano le patate arrosto altrettanto volentieri come le patatine fritte e gli ospiti arrivano apposta per mangiare insalata di crauti, frittelle e canederli.

Tutto dal proprio orto

Sono speciali e al contempo semplici i piatti sfiziosi che Walter Rainer e la sua Maria preparano al maso Ungererhof nella Val di Giovo

Walter e Maria amano mangiare le verdure del proprio orto. Quest’anno però dovranno comprarne anche dai contadini della zona, perché la grandine ha rovinato l’insalata, il prezzemolo, le rape e i crauti rossi, come anche le fragole. “Ho quasi pianto”, racconta Walter. Tutto quello che cresce attorno al suo maso è sacro per lui, come anche le sue venti galline, gli otto maiali, le 25 pecore, le otto vacche e i sette vitelli. Quando c’è in menu l’arrosto, allora Walter dall’alpeggio della cooperativa di Casalupa preleva un agnello. “Noi utilizziamo tutto.” Con lo stomaco di maiale e manzo si prepara la trippa per creare in autunno la minestra di trippa. Come associato del marchio “Gallo rosso” dell’Unione Agricoltori e Coltivatori Diretti Altoatesini il maso Ungererhof sottostà a rigidi controlli di qualità. La maggior parte delle materie prime proviene dalla propria agricoltura. Alcuni ingredienti possono essere acquistati, ma solo se provengono dalle immediate vicinanze.

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A volte la bellezza nasce dalla pura e semplice naturalezza

Walter ama stare vicino al paiolo per tagliare la cagliata, toccarla e controllarla. Di tanto in tanto produce formaggio fresco o ricotta per i domenicali “Krapfen” della Val di Giovo.­Da cinque anni Walter produce formaggio. “Imparo qualcosa di nouvo ogni volta. Chi non produce formaggio ogni giorno, perde la sensibilità”. Il formaggio grigio lo fa Maria. “Perché lo sa fare meglio di me.”

“Ragazzo, impara a ­cucinare” Da 46 anni Walter cucina. “Ragazzo, impara a cucinare, così abbiamo uno in meno da sfamare”, si diceva una volta. Ha sfacchinato fino a 15 ore al giorno, di notte riscrivendo le ricette. Ancora oggi Walter cucina volentieri, ma non ha più voglia di pulire e riordinare. È sua moglie ad aiutarlo in questo. “Attenzione, adesso travaso.” Walter svuota la cagliata nelle fuscelle bucherellate in plastica. “Quello che esce dai buchi, lo ricevono i maiali.” D’inverno Walter porta i maiali al macello al maso Pretzhof in Val di Vizze o a Bressanone, poi li divide e prepara lo speck. 400 kg, il fabbisogno annuale. Nella camera dell’affumicatura c’è una pancetta di tre anni, “un vecchietto.” Walter lo taglia rego8 | viae 2018

larmente e lo spazzola per togliere lo strato di muffa. Per le salsicce fatte al maso si utilizza carne di maiale e di vitello, poco sale, pepe, pimento, aglio e qualche volta anche carne di cervo. Un macellaio ha insegnato a Walter, che è cacciatore, come fare salsicce e lo speck in casa. Le salsicce, però, si fanno solo con la luna piena: “Il formaggio e il burro non si fanno quando la luna si trova in concomitanza con un segno d’acqua, perché il latte allora è più acquoso.” Ciò che cresce sotto terra viene raccolto nei giorni di luna calante, sopra la terra con luna crescente. La settimana scorsa, durante la produzione di formaggio, sono mancati corrente e riscaldamento. Il formaggio è diventato durissimo. “Non sempre tutto riesce, quando non si usano prodotti chimici”, racconta Walter. “Con il nostro formaggio facciamo canederli, gnocchetti e salse.” Prima di poter servire il formaggio, viene testato da un laboratorio. Walter gira il formaggio, dopo mezz’ora lo rigira e poi ancora, dopo lo gira ogni secondo giorno. Non ha mai dovuto buttare via del formaggio. “No, una volta. Le forme si sono gonfiate come palloncini”. Walter ha riflettuto a lungo perché allora era successo. Chi vuole avere


UNGERERHOF Fam. Walter Rainer Casalupa 6 39040 Racines/Val di Giovo tel. +39 0472 766468 cell. +39 333 4001926 info@ungerer.bz.it www.ungerer.bz.it Orari d’apertura Aperto dal 1° marzo al 31 maggio da venerdì a domenica; dal 1° giugno al 6 gennaio da mercoledì a domenica. Richiesta la prenotazione. Come arrivare In macchina: da Vipiteno andare in direzione Racines. Dopo 3 km seguire l’indicazione per Val di Giovo. Dopo 7 km il maso Ungererhof si trova proprio alla fine della valle. A piedi: dal Passo Giovo sul sentiero 12 (ca. 45 minuti) o da Casateia lungo il sentiero panoramico di Giovo fino al maso (ca. 2,5 ore)

buon latte da formaggio, per tre settimane deve rinunciare a foraggio insilato. In stalla le vacche erano accanto ai vitelli. “Forse una ne ha mangiato un po’ di nascosto.”

Martedì Walter e Maria fanno festa Fanno parte del maso dieci ettari di prati e cinquanta di bosco. Un bracciante svolge i lavori nella stalla. Da quasi 40 anni Walter e Maria sono insieme giorno e notte. “Qualche volta litighiamo”, sorride Walter, “ma poi facciamo subito pace.” Oggi è martedì, per Walter e Maria è domenica. Alle undici tolgono i loro grembiuli, camminano verso una malga, comprano distillati o albicocche in Val Venosta o raccolgono prugne a Meltina, dove è cresciuta Maria. Fare marmellate e succhi, mandare avanti la casa e

seguire gli ospiti sono i compiti di Maria. Lei raccoglie lamponi, ribes e sambuco, che cuoce in acqua, aggiungendo acido tartarico, limone e zucchero. Gli ospiti amano il suo succo di sambuco, i suoi infusi di erbe fatti con fiori di rododendro, menta, sambuco e ortica, ma anche i suoi modi gentili con i quali al mattino in terrazzo serve la colazione e alla sera la cena nella stube di legno. In cantina i formaggi maturano sulle assi di legno. Domani Walter girerà le forme, le sfregherà con un fungo, affinché vi possa crescere una bella muffa, bagnerà il pavimento per rendere l’aria più umida. La madre di Walter era un’ottima malgara. “Mannaggia, avessi potuto imparare da lei”, si rammarica oggi. Se si parla di qualità, Walter non è mai contento. Forse proprio questo fa parte del suo successo. viae 2018 | 9


Testo: Barbara Felizetti Sorg Foto: allesfoto.com, Manuel Kottersteger

Senso di ­libertà Le cime possenti e le ripide pareti rocciose formano attorno a Vipiteno uno scenario grandioso. Tuttavia dipende sempre dai punti di vista: per alcuni le montagne sono minacciose, per altri trasmettono uno smisurato senso di ­libertà. La guida alpina Hubert Eisendle di Fleres ci guida sulle più belle ­cime panoramiche di Vipiteno e dintorni.

“Specialmente verso sud si apre una vista travolgente (…) dove nei giorni tersi si riesce a vedere addirittura lo specchio d’acqua argenteo dell’Adriatico, il Monte Maggiore vicino a Fiume e le Alpi Dinariche. E a questo si aggiunge ovunque sotto i piedi il grandioso paesaggio dei ghiacciai, che si stende davanti a casa (…) come un grande giardino.” Queste entusiastiche parole sono state scritte alla fine del XIX secolo da Carl Arnold di fronte al panorama che gli si presentò al Rifugio “Imperatrice Sissi” a 3.195 metri d’altitudine sulla cima al Bicchiere in Val Ridanna. Arnold era presidente della sezione Toplice del Club alpino austriaco e germanico (DuÖAV) e nella zona attorno a Vipiteno fece costruire numerosi rifugi.

Nei giorni di cielo terso la vista sulle innumerevoli cime montuose dell’Alto Adige sembra infinita

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Il mondo diventa molto piccolo “La vista panoramica dal Bicchiere è veramente grandiosa“, è quanto afferma la guida alpina Hubert Eisendle di Fleres. Sta proprio tornando da un tour di più giorni nelle Alpi di Stubai, durante il quale ha anche passato una notte all’imponente rifugio. “È veramente impressionante quanto lontano si vede quando il tempo è sereno. Cime maestose, che viste dal basso sembrano barriere minacciose e invalicabili, qui si possono quasi toccare con un dito e ti fanno sembrare il mondo molto piccolo”, spiega Eisendle. Anche se in pratica è impossibile vedere Venezia o oltre da qui, tuttavia ogni qualvolta Hubert riesce a conquistare la cima rivive l’emozione dell’infinito senso di libertà come se fosse la prima volta. In realtà non è la conquista della cima il fine ultimo delle sue scalate: “In fin dei conti ogni montagna non è altro che una montagna, nulla di più e nulla di meno”, continua pensieroso. “Quello che cerco sono le intense emozioni che vivo lungo la salita verso la cima, le sfide che


ATTIVITÀ affronto per salire in montagna. Sono proprio queste esperienze che rendono indimenticabili per me ogni singola montagna e cima.” Non necessariamente devono essere escursioni d’alta montagna o scalate particolarmente difficili come il Bicchiere, il Tribulaun o il Picco della Croce a regalare momenti indimenticabili. “Qui nei nostri dintorni ci sono anche molte montagne facili da raggiungere, dalle quali si possono godere comunque panorami incredibili, come ad esempio la Cima di Stilves o il ‘Köpfl’”. Alcune escursioni non sono particolarmente difficili, tuttavia richiedono una buona condizione fisica come il Sasso di Mareta, la Punta Bianca o la Creda Rossa.

ogni sasso e ogni roccia”, ricorda Hubert. Fin dalla nascita vive l’amore per le montagne ed era così anche logico, che come suo padre, ha scelto di diventare guida alpina, facendo la dura formazione professionale. “Capisco però che le montagne per alcune persone possano sembrare minacciose, specialmente quando dal fondovalle la vista sale sulle imponenti cime”, spiega Hubert. “Se però si affronta la spesso dura e impegnativa salita, alla fine arrivati in cima si viene più che ricompensati per le fatiche con straordinarie vedute panoramiche, e con un po’ di fortuna, si può vedere anche molto lontano.” Anche se non fino alla città della laguna.

Questione di punti di vista Hubert Eisendle è cresciuto tra le montagne nel vero senso della parola. I suoi genitori, Paul e Maria, per molti anni a Fleres hanno gestito il rifugio Calciati al Tribulaun a 2.369 metri d’altitudine. “Da bambino ha passato i mesi estivi ai piedi del Tribulaun, conosco

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Non sempre ci vuole un tremila da ­scalare, le montagne attorno a Vipiteno offrono­ ­passeggiate adatte ad ogni gusto e ad ogni condizione fisica 12 | viae 2018


ATTIVITÀ

La guida alpina Hubert Eisendle non è il classico alpinista estremo: “Per me l’intensa avventura sulla via verso la cima è molto più importante”

Cima di Stilves (2.420 m)

Punta Bianca (2.706 m)

L’escursione, partendo dal Passo di Pennes, è corta e facile – in compenso la vista panoramica è affascinante. Mattinieri possono vivere qui da molto vicino come i primi raggi di sole salgono da dietro le cime circostanti. Punto di partenza: Passo di Pennes Difficoltà: facile Percorso: 4,7 km Durata: 1,5 ore

La cima, vistosa per forma e colore, si differenzia decisamente dalle montagne circostanti ed è una meta molto frequentata. Indimenticabili sono qui i tramonti, quando gli ultimi raggi di sole sfiorano la croce in cima – e poi all’improvviso il buio più totale. Per questo si consiglia l’utilizzo di frontalino e di molta esperienza. Punto di partenza: Schmuders/ Vizze Difficoltà: media Percorso: 12,7 km Durata: 6 ore

“Köpfl” (2.189 m) Bicchiere (3.195 m) La scalata più bella porta sul ­Bicchiere. Con i suoi 3.195 metri non è la cima più alta della zona, ma la cima con il rifugio più alto dell’Alto Adige, il rifugio Gino Biasi al Bicchiere (Becherhaus, già ­Rifugio Imperatrice Elisabeth). Punto di partenza: Ridanna Difficoltà: alta Percorso: 13 km Durata: 11 ore

Una gita facile porta sul “Köpfl” al Monte Cavallo, la montagna di Vipiteno, che non richiede né condizione fisica né particolare esperienza. In ogni momento del giorno si gode un panorama bellissimo, soprattutto al mattino al sorgere del sole. Punto di partenza: Vipiteno, stazione a monte del Monte Cavallo Difficoltà: facile Percorso: 3,5 km Durata: 2 ore

Creda Rossa (2.895 m) La cima frastagliata della Creda Rossa è una vera avventura, soprattutto quando dalla cima si gode la vista mozzafiato sui ghiacci eterni delle Alpi di Zillertal e della Val di Vizze fino a Vipiteno. Punto di partenza: Vizze Difficoltà: media Percorso: 9,8 km Durata: 4,5 ore

Tribulaun (3.097 m) Sasso di Mareta (2.192 m) Il lungo crinale tra Ridanna e ­Racines richiede un po’ di condizione fisica, ripaga la fatica con una vista panoramica unica. Lungo il percorso verso la croce si può ammirare una fiorente flora alpina. Punto di partenza: Ridanna Difficoltà: media Percorso: 13 km Durata: 6 ore

Il Tribulaun, la cima marcata a Fleres sul confine italo-austriaco è una delle cime più ambite delle Alpi di Stubai. Sulla via normale marca un grado di difficoltà 3, ma ci sono anche altre scalate ancora più difficili. Punto di partenza: Fleres Difficoltà: alta Percorso: 11,4 km Durata: 11 ore

Picco della Croce (3.135 m) Ai piedi dell’imponente doppia cima del Picco della Croce si trova il Lago Selvaggio, che per la vista panoramica fa quasi concorrenza al Picco della Croce. Punto di partenza: Niederflans/ Campo di Trens Difficoltà: alta Percorso: 18,1 km Durata: 8,5 ore

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Testo: Barbara Felizetti Sorg Foto: Oskar Zingerle

Da venticinque anni sorveglia i tesori storici e culturali della città nel Museo Civico e Museo Multscher nella Casa della Commenda. L’intervista con Alexander Messner, ausiliario ai beni culturali.

Alexander Messner

Signor Messner, dopo venticinque anni la sua attività di ausiliario ai beni culturali l’appassiona ancora? Alexander Messner: (ride) Nel frattempo faccio quasi parte dell’inventario del museo, ma la mia attività mi appassiona ancora. Ci sono stimoli e sfide soprattutto nello scegliere le attrazioni della nostra ricca collezione e ricostruire i contesti storico-culturali dell’insieme. Quali sono le attrazioni del Museo Civico e Museo Multscher? Innanzitutto nel museo si ripercorre la storia dell’Ordine Teutonico e nel contempo anche la storia dell’edificio stesso, non solo per la sua importanza locale, ma nel contesto europeo. Inoltre presentiamo le corporazioni della città con par14 | viae 2018

ticolare attenzione ai pesi e alle unità di misura. Ospitiamo anche un grandissimo archivio storico, dove si trovano anche alcuni scritti dello studioso universale Vigil Raber, che all’epoca del Rinascimento non era solo pittore, ma anche autore, collezionista e regista teatrale. Il più grande fascino esercitano tuttavia sempre ancora le parti dell’altare tardo-gotico del 1456/58 del maestro Hans Multscher di Ulma, che qui sono esposte.

Che gli scultori avessero anche dipinto, questo è un dato di fatto sicuro. Per l’altare di Vipiteno tuttavia la discussione è ancora aperta. Nel Tirolo quest’altare rappresenta una delle opere più importanti, un modello da seguire per molti artisti che sono seguiti. Tuttavia l’altare anche dopo 550 anni è come una “bella addormentata nel bosco”, che deve essere baciata per svegliarsi. Proprio questo lo rende così avvincente.

L’altare Multscher racchiude ancora grandi segreti Si, è vero. Fino ad oggi scienziati e storici studiano e discutono quali parti effettivamente risalgono alla mano di Multscher, che all’epoca era la “stella” tra gli artisti tardo-­gotici.­

In tutti questi anni si instaura un rapporto personale con le opere d’arte e gli artisti? Certo. Se non ci fosse un rapporto personale, allora sarebbe un lavoro come tutti gli altri, senza emozioni e, scusate l’espressione, senza

­­ eccitazioni. Questa profonda passione porta alla continua voglia di ricerca, di saperne di più sulla materia. Per questo per me ogni giorno è così emozionante come il mio primo giorno di lavoro. Come riesce ad emozionare i visitatori del museo? La passione va trasmessa. Se io stesso sono entusiasta, è relativamente facile, trasmettere questa emozione agli altri. Dopo così tanti anni ho anche tanta esperienza nei rapporti con i visitatori. Tuttavia l’approccio è molto diverso, talvolta anche difficile, ma nella maggior parte delle volte riesco nel mio intento. In ogni caso è importante porre il visitatore, indipendentemente dall’età, al centro,


CULTURA Colori intensi caratterizzano le scene della Passione di GesĂš dipinte da Hans Multscher nel XV secolo, dando nelle sue opere al contempo una visione particolare della vita della Madonna viae 2018 | 15


MUSEO CIVICO E MUSEO MULTSCHER Via della Commenda 11 39040 Vipiteno tel. 0472 766464 fax 0472 762245 e-mail museum@sterzing.eu Aperto da inizio aprile a fine ottobre ma - sa, dalle 10 alle 13 e dalle 13.30 alle 17 Chiuso do, lu e giorni di festa visite guidate per gruppi su richiesta

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facendo attenzione ai suoi bisogni e ascoltando le sue domande. Parla anche con le figure della mostra? (ride) No, la mia passione non arriva a tanto. Quando non ci sono visitatori, mi piace sedermi davanti alle tavole di Multscher e cerco dettagli, che forse mi sono sfuggiti o che non ho ancora scoperti. È un particolare fascino che anche dopo tanti anni è ancora molto vivo e mi stupisco di questo fatto. Ma questo dimostra anche che oggigiorno spesso non siamo più in grado di capire antiche opere d’arte e la loro simbologia. Qualche volta vorrei salire su ­una macchina del tempo e tornare

i­ndietro­ nella storia per discutere con gli artisti delle loro opere. Forse così riuscirei a scoprire, quanto le nostre interpretazioni odierne corrispondono o discordano dalle vere intenzioni dell’artista. Lei si occupa anche di arte moderna? Certamente m’interesso anche d’arte moderna e contemporanea. Molti artisti di oggi non danno risposte, ma sono alla ricerca. Il mercato dell’arte moderna tuttavia spesso mi fa anche sorridere. Spesso dietro si cela un gigantesco meccanismo comunicativo e di PR. Secondo me nell’arte si è già raggiunto lo zenit e ora ci dirigiamo nuovamente verso un’arte primitiva.


I resti dell’altare a portelle creato da Hans Multscher per la Parrocchiale di Vipiteno possono essere ammirati nell’Edificio dell’Ordine Teutonico

L’arte è come la ruota della storia, che si muove continuamente. Nella collezione esiste un dipinto che lei preferisce? Si, preferisco decisamente le tavole di Multscher. Nessuna in particolare, ma tutte nella loro complessità. O meglio: amo tutto le opere di Hans Multscher. Perché bisogna assolutamente visitare il “suo” museo? Anche se il museo si trova al di fuori della città, tuttavia qui è molto ben documentata buona parte della storia della città di Vipiteno. E poi anche perché qui c’è ancora da scoprire un segreto non risolto da molti secoli...

L’ALTARE MULTSCHER Hans Multscher, nato attorno al 1400 nell’Allgäu e morto attorno al 1467 a Ulma, è considerato nell’area culturale tedesca il migliore e più famoso scultore di altari del suo tempo. Tra il 1456 e il 1459 produsse per la nuova Parrocchiale di Vipiteno l’altare maggiore. Quest’altare tardo-gotico a portele è uno delle più belle opere sacrali dell’intero arco alpino. Attorno al 1779 l’altare fu rimosso durante la barocchizzazione della chiesa. Le portele ottimamente conservate e famose ben oltre i confini, che sono esposte nel Museo Multscher, rappresentano scene della Passione di Gesù e raccontano alcune parti della vita della Madonna.

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Lisi Friesenbichler è l’oste della Baita Joggele-Alm e l’anima ispiratrice del centro culturale e musicale

Testo: Barbara Felizetti Sorg Foto: Oskar Zingerle

“Scrivania o malga” A 1.987 metri d’altitudine in Val Ridanna si trova la piccola baita Joggele-Alm. Superata l’ultima salita, da lontano si sentono già allegre risate, canti e il suono di una fisarmonica. Da sempre qui l’allegria e la musica sono di casa, grazie alla gestrice della baita, Lisi Friesenbichler, e alla sua diligente aiutante, entrambe amanti di musica fin dalla nascita. 18 | viae 2018

Lisi è originaria della Stiria in Austria, ma la conoscono ormai ben oltre i confini della valle e in Val Ridanna è considerata un’istituzione. Grazie ad una fortunata coincidenza, come ce ne sono spesso nella vita, Lisi è arrivata proprio in Val Ridanna. Nata da una famiglia di contadini, ha scelto una professione commerciale e per vent’anni ha lavorato in una grande ditta edile. Come esperta fiscalista allora ebbe anche contatti con Herbert Pixner, musicista altoatesino. A quei tempi la carriera di Herbert era ancora agli inizi e le sue potenzialità musicali erano note solo a pochi. Herbert allora venne a sapere che si cercava un gestore per la Malga Joggele. Non si fece perdere l’occasione e Lisi lo


CULTURA

JOGGELE-ALM Ci sono varie possibilità per raggiungere la Joggele-Alm: una è lungo una bella camminata che dalla frazione di Ento a Ridanna porta alla malga. Il percorso è ben ­segnalato, si percorre in 1-1,5 ora, senza grandi difficoltà, ma non adatta a passeggini. Persone con handicap possono chiedere all’Ufficio forestale l’autorizzazione di utilizzo della strada forestale e raggiungere così la malga in auto. Orari d’apertura: Metà giugno fino a metà settembre

Senza altoparlanti e amplificatori, la musica in malga è allo stato puro

seguì. Per quattro anni, dal 2007 al 2010, hanno gestito insieme la baita. In questo periodo sono state create le basi per la fama della malga come “hotspot” culturale e musicale. I fan arrivavano a flotte quasi in pellegrinaggio fino al leggendario punto d’incontro di musicisti alla Joggele-Alm, dove sapevano di trovare qualcosa di molto speciale: musica popolare geniale e originale, concerti e rappresentazioni teatrali nella stalla come anche esibizioni uniche sul Lago Fuchssee.

Energia per tutta la giornata Le loro strade si sono ormai divise: la carriera musicale di Herbert ha preso il volo, si è trasferito a Innsbruck e si è sposato. Lisi però è tuttora coinvolta nel management di Herbert. Privatamente Lisi ha trovato in Martin il suo compagno ideale. Entrambi condividono l’amore per la libertà e le montagne: “Godersi il sorgere del sole e il silenzio bevendo insieme un caffè ci dà l’energia per tutta la giornata”, si entusiasma Lisi. Musica e cultura giocano ancora un ruolo importante nella vita di Lisi. Lei suona un po’ la fisarmonica, e le sue operose aiutanti, che in parte studiano musica al conservatorio Mozarteum, dilettano gli ospiti con divertenti pezzi musicali, cosa che a tutti piace molto, naturalmente. Prossimamente è in programma un concerto che alcuni musicisti terranno in malga come ringraziamento per l’utilizzo della Joggele-Alm come locale di prova e studio musicale. “Il successo lo si deve all’autenticità della musica”, spiega Lisi, “non amo amplificatori e altoparlanti, perché così va perso il carattere autentico e tipico della musica popolare.” Quella che viene proposta alla Joggele-Alm è veramente tutt’altro che la tipica musica sparata a tutto volume: questa musica arriva dal cuore e tocca il cuore. Nel frattempo Lisi gestisce la Joggele-Alm ormai da undici anni e ha imparato ad apprezzare la vita in malga. “Non lo faccio per i

soldi”, spiega, “ma per la qualità della vita. Nella mia professione precedente come controller guadagnavo decisamente di più, ma era un lavoro complesso e impegnativo, che richiedeva anche moltissima responsabilità.” Un lavoro che spesso portava ai limiti delle proprie capacità. In malga, in realtà, si è in piedi dal mattino presto a sera tardi, senza weekend liberi, ma “la testa è molto più libera.” Lisi ama i cambiamenti: “Fare sempre lo stesso lavoro anno per anno è monotono” e perciò non la cosa giusta per lei. E così si occupa accanto all’accudimento di 20 vitelli e di tutti gli altri lavori della malga anche degli interessi fiscali di Herbert; il tutto a quasi 2.000 metri d’altitudine. Poiché in baita non c’è internet, senza esitare Lisi prende il suo laptop sotto braccio e cammina fino alla vicina croce di montagna e da lì può inviare e ricevere mail e notizie.

Impegno sociale Durante il resto dell’anno Lisi lavora in un ufficio a Steinach, un comune dietro il confine del Brennero. Qui può disporre in autonomia del suo tempo e ogni quando è possibile assieme al suo compagno intraprende gite di sci alpinismo. Anche i viaggi hanno grande importanza nella sua vita; specialmente l’Ecuador, il paese sudamericano, la appassiona. Sulle persiane della baita sono esposte numerose foto ricordo che Lisi ha fatto durante i suoi viaggi. Un ospite che era in visita alla baita, le ha parlato della povertà in questo paese e da allora lei si impegna con tutta l’anima per sostenere diversi progetti d’aiuto. Anche una parte delle entrate degli eventi culturali vengono devoluti a tali progetti. “Non posso salvare il mondo e quello che faccio è solo una goccia sulla pietra calda”, racconta Lisi, “ma con la mia piccola parte voglio contribuire affinché il mondo diventi un po’ migliore.”

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Testo e foto: Oskar Zingerle

Piacere, Oswald

Diretto discendente: Oswald von ­Wolkenstein-Rodenegg accanto al ritratto del suo famoso antenato, il ­menestrello, poeta e diplomatico Oswald von Wolkenstein 20 | viae 2018


Il menestrello, cavaliere e diplomatico Oswald von Wolkenstein è stato uno dei personaggi più straordinari del Tardo ­Medioevo. I suoi discendenti, i Conti von ­Wolkenstein-Rodenegg, sono ancora i comproprietari di Castel Rodengo. Incontriamo uno di loro per l’intervista nelle storiche stanze ancora abitate. Il suo nome: Oswald von Wolkenstein-Rodenegg.

VIAE: Signor von Wolkenstein, lei è legato al menestrello, poeta e politico Oswald von Wolkenstein non solo per partentela, ma in modo particolare per l’eccezionale omonimia. Sente in un certo senso questo legame particolare con il suo antenato? Oswald von Wolkenstein-Rodenegg: La distanza temporale di oltre 500 anni è enorme, per cui eventuali parallele sono piuttosto dovute al caso. Fin da bambino ho sempre cantato volentieri e facevo parte del coro di voci bianche di Wilten a Innsbruck. Quello che mi lega anche al mio antenato è l’interesse per la diplomazia. Io stesso lavoro in un ente d’interessi collettivi, la Camera di Commercio del Tirolo. Anche Oswald von Wolkenstein si è impegnato fino ad arrivare al Concilio di Costanza ed era consigliere di imperatori e re.

Probabilmente molto spesso le chiederanno del suo famoso antenato. Le dà fastidio? E cosa risponde alle persone che glielo chiedono? Il legame con il mio antenato crea spesso strane situazioni. A scuola ho sempre dovuto tenere la stessa relazione su di lui, cosa che con il tempo mi ha dato assai fastidio. Inoltre ho partecipato a diversi programmi televisivi austriaci e germanici. Come persona piuttosto restia alla presenza mediatica non ho mai cercato queste occasioni, ma poi le ho sempre sfruttate anche per mettere in scena il paese di Rodengo e il castello. Alla sua famiglia appartiene metà di Castel Rodengo assieme ai nobili von Thurn und Taxis. Usa il castello per passarvi le vacanze? Come si vive in queste storiche mura?

Vivo con la mia famiglia a Innsbruck e lavoro anche lì. Pertanto il castello a Rodengo è effettivamente la nostra residenza vacanziera, tuttavia l’attenzione è meno sulla vacanza piuttosto che sulle attività per il mantenimento del castello. Una delle sfide più grandi al momento è il problema statico della parte alta del castello, che cerchiamo di risolvere assieme ai politici altoatesini che per fortuna solo molto attenti al patrimonio culturale dei castelli. Non è una sensazione strana vivere in un castello? No, per niente. Mia zia e prima di lei mio zio hanno reso il castello un luogo molto abitabile. L’ala adibita ad abitazione è in tutto paragonabile a un normale appartamento: c’è un bagno molto normale, la lavatrice, una cucina con il fornel-

lo a gas e così via. Per riscaldare ci sono le stufe di ceramica, così che fino all’inizio d’autunno ci si vive molto bene. L’arredamento è in parte straodinario: ci sono letti a baldacchino molto antichi, muri affrescati e stube rivestite di legno. Accanto alle stanze ci sono anche locali che di tanto in tanto utilizziamo per concerti, mostre o convegni aperti al pubblico. Ha mai incontrato qualche spirito del castello? Di notte ad esempio nel castello si sentono molti rumori diversi, che alle persone facilmente impressionabili possono sembrare strane. Io nel frattempo mi sono abituato. Da ragazzino ero spesso al castello e ho “accompagnato” le visite guidate, nel senso che di tanto in tanto da un nascondiglio gettavo sassolini nelle viae 2018 | 21


Castel Rodengo troneggia in modo impressionante sopra la gola del Rienza ed è il simbolo del paese omonimo

OSWALD VON WOLKENSTEIN

sale. Ai visitatori stupiti la guida, complice delle mie marrachelle, allora raccontava, che molto probabilmente si trattava di uno spirito, che secondo il suo racconto spesso e volentieri butta sassolini che poi potevano anche trasformarsi in monete d’oro. Esiste inoltre un dipinto dello zio Arthur nella parte alta del castello, dove sembra che ci sia una sua mano che sporge dal dipinto. E qui si racconta che lui si porta all’interno del quadro chiunque voglia male al castello.

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Qual’è il suo posto preferito nel castello? Ce ne sono molti. Mi piace stare nel giardino. È molto bello, grande e con un’esposizione verso sud, soleggiato, ma anche con posticini ombreggiati. Da lì si ha una vista spettacolare sullo Sciliar, a sinistra la Plose, a destra il Gitschberg. Per molti visitatori questo luogo di silenzio è molto particolare perché da lì si gode di una vista panoramica sullo Sciliar.

Nato: attorno al 1377, probabilmente a Castel Schöneck a Falzes/Val Pusteria o a Castel Forte/ Trostburg a Ponte Gardena Genitori: Friedrich von Wolkenstein (che ha preso il nome da Castel Wolkenstein in Val Gardena) e Katharina von Villanders (antica casata nobile del Tirolo) Professione: menestrello, compositore, poeta, politico, diplomatico, cavaliere 5 figli e 2 figlie Morto: 1445 a Merano

OSWALD VON WOLKENSTEIN-RODENEGG Nato: nel 1969 a Innsbruck Luogo di residenza: Innsbruck Professione: Direttore del reparto Industria alla Camera di Commercio del Tirolo 2 bambini


Rotondità gastronomica

ENO-GASTRONOMIA

Testo e foto: Oskar Zingerle

I napoletani hanno la pizza, i milanesi la loro “milanese”, i liguri le “trofie al pesto”, ad Amatrice c’è l’Amatriciana e in Alto Adige i canederli, i famosi “Knödel”. Nati come piatto povero per riciclare i resti, i canederli da tempo ormai sono presenti nell’alta cucina. “viae” ne parla con Helmut Bachmann, chef-insegnante e autore di successo di libri di cucina altoatesina, della quale non è solo un profondo conoscitore, ma che l’ha anche influenzata in modo decisivo.

Il più altoatesino dei piatti: il canederlo allo speck (“Speckknödel”) viae 2018 | 23


Signor Bachmann, il canederlo è un’invenzione tirolese? Cosa si sa sulla storia di questa prelibatezza rotonda? Helmut Bachmann: Non si può dire che il “Knödel” è solo tirolese, poiché è molto presente anche in Austria e in Germania. L’origine del canederlo però la si può con grande probabilità cercare nella vita povera e difficile tra le montagne del Tirolo. I contadini dovevano provvedere da soli al proprio sostentamento con quanto si produceva al maso, come pane, farina, latte, erbe e uova. Ogni tanto c’erano anche speck e formaggio. Molto probabilmente a un certo punto dai resti di questi alimenti si è arrivati a formare un grande gnocco cotto in acqua – un piatto povero di riciclo costituito da pochi ingredienti ma con un alto valore nutrizionale, ideale per la dura vita in montagna. Oggi si conoscono innumerevoli tipi di canederli… Secondo la posizione geografica si sono sviluppati diversi tipi di canederli. In Valle Isarco, ad esempio, i canederli di grano saraceno (in tedesco “Schwarzplentene Knödel”) poiché qui si coltivava il grano saraceno, che sta proprio alla base di questo tipo di canederlo. A Bressanone e nei dintorni di Velturno i canederli di grano saraceno si mangiano ancor’oggi volentieri nel latte freddo, mentre da altre parti si accompagnano con i crauti. Uno dei canederli più amati è il “Kasnocke”, il gnocco di formaggio. Come mai in questo caso si è passati a una forma diversa dal tondo? Questo dipende probabilmente dall’attrezzo utilizzato per formare il canederlo. Invece del mestolo per canederli si può utilizzare un

grande cucchiaio, che ha una forma più allungata e meno rotonda. Lo gnocco al formaggio (“Kasnocke”) si trova soprattutto nella zona di Vipiteno. Una specialità è invece il “Leberknödel”, il canederlo di fegato… In effetti in passato il canederlo di fegato rappresentava un vero banchetto e veniva cucinato solo nei giorni di festa come a Natale. Nelle locande invece i “Leberknödel” si trovano in lista tutto l’anno. Di solito c’era sempre un macellaio nelle immediate vicinanze, poiché il fegato di vitello non veniva molto richiesto, le locande avevano sempre a disposizione la materia prima. Il canederlo è un piatto da tutti i giorni, ma si trova anche nell’alta cucina. Com’è possibile? Beh, nell’alta cucina il canederlo tradizionale viene perlopiù interpretato in modo moderno, ad esempio come soufflé di canederlo. Gli ingredienti di base sono sempre gli stessi, come anche in quello di saraceno che viene affinato con uno speciale formaggio di montagna. Lo si può poi appoggiare su una schiuma di erbette, con olio di erba cipollina o accompagnare con salse e creme o anche ricoprirlo con una crosta speciale. Non ci sono limiti alla creatività e ai tipi di canederli. Con il canederlo ci si può sbizzarrire, quasi giocare con ingredienti e gusti. Il canederlo lei lo mangia anche a casa sua? Io sono un vero fan dei canederli, specialmente quelli preparati da mia moglie. Preferisco un buon canederlo allo speck con insalata verde e pomodori freschi a qualsiasi tagliata di manzo.

Canederli semplici e particolari, ad esempio quelli al fegato o agli spinaci, al fomaggio o al grano saraceno 24 | viae 2018


Qual’è il segreto di un canederlo perfetto? Innanzitutto l’impasto dev’essere preparato al momento e avere la giusta consistenza. Il canederlo deve avere una forma regolare e dev’essere liscio all’esterno. L’acqua deve cuocere al punto giusto. Dopo l’immersione dei canederli il punto d’ebollizione non deve abbassarsi troppo, devono solo bollire per 12 o 13 minuti secondo la misura dei canederli, non essere cotti a temperatura alta. Dopo la cottura il canederlo viene subito servito. Se rimane in acqua per 10 minuti, si può ugualmente mangiare, ma non è più un canederlo perfetto. In alcuni posti i canederli vengono anche cotti a vapore. Si può fare, ma non è proprio il gusto che io preferisco…

IL PERSONAGGIO

E ci sono anche una serie di canederli dolci, che da noi sono tradizionali. Giusto, anche questi canederli hanno l’origine nei masi, come i canederli di prugne e albicocche. Per tradizione i frutti vengono avvolti in un impasto di patate, molto buono, come anche nella variante con l’impasto di ricotta o ricotta e pane. Come nei canederli normali il segreto sta nella preparazione fresca: riempire, cuocere, servire!

LIBRO CONSIGLIATO „Gustare nelle Dolomiti – 33 x canederli“ 80 pagine ISBN: 978-88-8266-560-9 Athesia Editore

I CANEDERLI DC ENO A R A GRANO S NTA(“SCHWARZPOLE KNÖDEL”) rsone: Ingredienti per 4 pe raffermo o + 120 g pane bianco rli pane per canede to a piccoli + 80 g porro taglia dadini , finemente + 1 spicchio d’aglio tritato gliata a + 100 g pancetta ta ni di piccoli da + 50 g burro qua + 100 ml latte o ac + 2 uova emente + 1 C prezzemolo fin tagliato ano saraceno + 100 g farina di gr + sale

+

Helmut Bachmann è cuoco per passione, che da molti anni trasmette ai suoi allievi come insegnante presso la Scuola professionale provinciale alberghiera e alimentare Emma Hellenstainer a Bressanone e con molto successo: alcuni dei suoi ex-alunni oggi gestiscono rinomate cucine e ristoranti in Italia e all’estero o sono diventati chef stellati. Assieme a Heinrich Gasteiger e Gerhard Wieser Bachmann ha scritto numerosi libri di cucina, tra i quali il più famoso “Cucinare nelle Dolomiti”.

Preparazione:

dini. Far rosolare Tagliare il pane a da porro, aglio e nel burro i dadini di ungere al pane. gi pancetta, quindi ag latte o acqua, ne pa al re Aggiunge farina di grano sauova, prezzemolo, gamare bene. al raceno e sale e am pasto coperto l’im o sc Mettere in fre are dalla massa per 30 minuti. Formli in acqua salata i canederli e cuocer coperti per metà. i canederli di CONSIGLIO: Servire odo, con gulabr grano saraceno in pa. ra di ti au cr n co sch o

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Testo: Veronika Kerschbaumer Foto: Claudia Ebner, Veronika Kerschbaumer, thinkstockphotos.com

La natura nel bicchiere

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Latte è mutevole: allo stato puro o trasformato come yogurt, formaggio fresco o stagionato, promette alto grado di piacere luculliano. Per secoli il liquido bianco ha rappresentato la base dell’esistenza dei contadini di montagna della Valle Isarco. In ogni litro di latte c’è tanto lavoro e tanta passione dei contadini – e delle vacche.

Mattino, cinque e mezza. Mentre il sole si alza lentamente sopra il dorso della montagna e si specchia nella rugiada, nelle stalle della Valle Isarco si lavora intensamente. Le vacche masticano già il fieno e l’erba o affondano i loro musi nelle mangiatoie, alcune muggiscono impazienti. Le vacche sanno esattamente quando devono essere munte e il contadino ha da rispettare gli orari. Appena attacca ai capezzoli puliti la mungitrice automatica, il latte viene aspirato rumorosamente e raccolto nel contenitore refrigerato. Raramente ormai il contadino impiega il suo sgabello da mungitura sotto la vacca per mungere a mano. La tecnica ormai dà un decisivo aiuto nello svolgere questo lavoro impegnativo e che impiegava molto tempo. Per le vacche e i contadini negli ultimi anni molto è stato modernizzato, hanno visto molti cambiamenti, in parte nati dalla propria necessità. Alcuni osano anche fare un passo indietro, non alla mungitura a mano, ma un ritorno al latte fieno. Le vacche ricevono solamente fieno seccato all’aria e una quantità ben definita di mangime integrativo a base di granaglie e sementi, che fornisce gli animali di sufficiente energia, forza e minerali.

Sole, sudore e muscoli Quando iniziano le prime calde giornate e l’erba è abbastanza alta, è il tempo della fienagione. Allora nel fondovalle si sente il crepitio delle falciatrici e dei trattori che con le lame taglienti attraversano le distese di prati. Sui prati non troppo ripidi dopo le falciatrici arrivano i trattori, che imballano l’erba con una pressa ricoprendo ermeticamente le balle con pellicole di plastica. Grazie alla copertura ermetica enzimi vegetali e microorganismi vengono eliminati, mentre batteri di acido lattico iniziano a trasformare gli zuccheri in acidi. L’erba fresca in questo modo si conserva e mescolata al fieno e al mangime integrativo arriva nelle mangiatoie delle stalle locali.

Lavoro, sudore e muscoli Un altro metodo di conservazione dell’erba è l’essicazione. Questa tradizionale procedura si segue in Valle Isarco, anche perché molti dei prati sono semplicemente troppo ripidi perché siano lavorati con grossi e pesanti macchinari. Tanto lavoro manuale, sudore, muscoli

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e bel tempo sono necessari perché i contadini della Valle Isarco – o meglio il loro bestiame – abbiano sufficiente fieno a disposizione. Le falciatrici idrostatiche dotate di larghi cerchi in lega solcano i campi nel loro andirivieni. L’erba falciata è distribuita in modo tale da poter asciugare uniformemente. Quando il lato superiore è secco, bisogna rivoltare tutto per far essiccare anche la parte inferiore. Non deve essere troppo umido, altrimenti il fieno ammuffisce, ma non deve neanche essere troppo secco. Per raggiungere la giusta via di mezzo, ci vuole tanta esperienza da parte 28 | viae 2018

del contadino. Quando è raggiunto il giusto momento di essiccazione, il fieno è raggruppato con larghi rastrelli in lunghe file, poi raccolto dal caricafieno e portato nei fienili ben ventilati. Qui il fieno è stoccato fino a quando attraverso la botola viene buttato nella stalla sottostante.

Grande cultura casearia Latte fieno o latte convenzionale: in Valle Isarco l’oro bianco ha una grande tradizione. Un tempo il latte rappresentava la base dell’esistenza dei contadini di montagna perché non c’era molto da comprare. Chi possedeva una vacca, aveva buone

possibilità di sopravvivere, grazie alla minestra di latte, alla mosa preparata con farina e latte, ricotta o burro sempre presenti nelle madie dei masi. Tutto veniva lavorato senza sprechi e senza buttare nulla, molto geniale! Il latte magro, ad esempio, che rimaneva dalla lavorazione del burro, si trasformava in “Graukäse”, formaggio grigio – un formaggio acido dal gusto e profumo intenso con un contenuto di grassi minimo. La produzione di formaggio grigio non è una stregoneria e oggi molte malghe di montagna in Valle Isarco lo producono. Famoso è il “grigio” che viene servito alla Malga Prantneralm

sopra Vipiteno – accompagnato, per modo di dire, da una vista panoramica sui ghiacciai dello Stubai e sul Tribulaun di Fleres. Alla Malga Kreuzwiesenalm sull’altipiano di Luson ci si è invece specializzati nella produzione di varietà di formaggi tradizionali prodotti con latte fresco. Accanto al “Graukäse”, formaggio grigio, nel caseificio viene prodotto un saporito formaggio di malga, ma anche formaggio fresco e formaggio di capra, come anche un formaggio acido, considerato il progenitore dell’arte casearia di Luson. Se i casari delle malghe tagliano in proprio nelle loro caldaie di rame


la cagliata, nel fondovalle l’economia lattiero casearia si avvale di una ben funzionante rete di cooperative. Questo fa sì che il latte lavorato nella Latteria Vipiteno viene trasformato in yogurt che si trova negli scaffali a Berlino e Bologna, mentre la Latteria Bressanone produce mozzarella che viene utilizzata sulle pizze in Giappone.

Dalla Valle Isarco nel mondo A Vipiteno nel 1884 qualcosa si mosse: numerosi contadini decisero di unirsi nella “Latteria a vapore” per trasformare il latte prodotto ai loro

masi in burro e formaggio e per commercializzare tali prodotti in modo professionale. Il burro di Vipiteno da subito divenne il principale prodotto d’esportazione. In vagoni pieni di blocchi di ghiaccio i blocchi di burro partirono per raggiungere addirittura la corte imperiale di Vienna. Negli anni venti del secolo scorso anche nei contadini brissinesi nacque il desiderio di trasformare il latte e di commercializzare. Dal 1978 la Latteria Bressanone “Brimi” conquista con le sue mozzarelle gli scaffali in Alto Adige, in Europa e oltre i confini. L’idea di produrre in Alto Adige un formaggio fresco così

tipicamente italiano, allora fu un’impresa audace. Tuttavia il successo ha dato ragione, e così non solo la mozzarella, ma anche la ricotta prodotta dal siero di latte rimasto dalla produzione di formaggio, ricevono un premio dopo l’altro. Il gioco d’insieme tra lungimiranza e consapevolezza della tradizione si rispecchia anche nella nuova linea di produzione della Latteria a Bressanone. Da molto tempo ormai alcuni contadini di montagna dei dintorni di Bressanone conferiscono esclusivamente latte fieno, che si trova negli scaffali in forma non trasformata - o forse in futuro come

prima mozzarella di latte fieno in tutto il mondo. Si sente dunque la differenza tra latte normale e latte fieno? Su questo punto le opinioni divergono. Come comune denominatore in entrambi i tipi di latte è da considerare la passione dei contadini con i loro tradizionali metodi di lavoro e la straordinaria qualità del latte.

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Testo: Doris Brunner Foto: Oskar Zingerle

Il Sacro Monte

Da secoli la gente va in pellegrinaggio al Monastero di Sabiona sopra ­Chiusa, uno dei luoghi di pellegrinaggio più antichi – un luogo di forte ­quiete, che regala momenti di silenzio.

Il maestoso crocefisso nell’abside della Chiesa del Sacro Cuore sembra essere miracoloso 30 | viae 2018


CULTURA

VISITE Il monastero è liberamente accessibile, mentre la parte conventuale non può essere visitata. Nei mesi di luglio e agosto ogni mercoledì si svolgono visite guidate gratuite nella C ­ appella di Santa Maria; punto d’incontro alle ore 15 o alle ore 16.30 davanti alla Cappella di Santa Maria a Sabiona. Altre visite possono essere richieste all’Associazione turistica di Chiusa, tel. +39 0472 847424. La Chiesa della Santa Croce, la Chiesa del Convento e la Cappella di Santa Maria sono aperte ogni giorno dalle ore 8 alle 17. La Cappella di Santa Maria è aperta nei seguenti orari: luglio, agosto e settembre: ma, me, ve, sa dalle ore 14 alle 17 ottobre: ve, sa dalle ore 14 alle 17 Ulteriori informazioni: www.chiusa.info Il Monastero di Sabiona grazie alla sua posizione unica sopra la città degli artisti di Chiusa è considerato “l’acropoli del Tirolo”

Le maestose mura di pietra che circondano il Monastero di Sabiona lo difendono dal mondo esterno. La suoneria insistente dello smartphone e lo sguardo continuo sul calendario sono lontani. Appena si entra nel cortile interno del Monastero di Sabiona, si è avvolti da un silenzio ristoratore. Si sente solo il leggero gorgoglio dell’acqua che sgorga dalla fontana. Al di sopra il cielo risplende di un azzurro rassicurante.

“Basta solo stare fermi in silenzio” Non serve essere praticanti per percepire l’atmosfera piena di pace, che emanano luoghi di forza come Sabiona. Dal VI secolo fino al 960 circa qui si trovava la sede vescovile; da Sabiona la fede cristiana si diffuse in tutto il Tirolo. Oggi nel modesto monastero vivono in rigida clausura ancora cinque benedettine molto vecchie. Durante le ore di preghiera e di lavoro evitano di parlare tra di loro. I momenti di silenzio per loro non rappresentano una grande rinuncia, ma fanno parte della quotidianità. “Non sempre c’è bisogno di parole. Qualche volta basta stare fermi in silenzio”, racconta Suor Maria Ancilla Hohenegger, undicesima badessa a Sabiona.

Antico luogo di pellegrinaggio del Tirolo Scalini in pietra portano dal cortile interno al portone di legno della Chiesa della Santa Croce. La cattedrale episcopale d’un tempo è la più grande delle quattro chiese e cappelle, che si trovano all’interno del Monastero di Sabiona. È situata sul punto più alto del Sacro Monte ed è rivolta verso est, lì, dove sorge il sole e dove il magnifico mondo delle Dolomiti si staglia verso il cielo.

I variopinti affreschi laterali e sui soffitti all’interno della chiesa rappresentano mondi lontani. La pittura illusionistica ricorda scenografie di opere barocche, emanando leggerezza e gioia. L’imponente crocefisso nell’apside viene avvolto dalla luce e sembra risplendere. Dicono che faccia miracoli. Da secoli i pellegrini arrivano fino a qui in cerca di guarigione, di speranza o forse solo di silenzio. Così anche i ladini della Val Badia da oltre mezzo secolo ogni tre anni si recano in pellegrinaggio a Sabiona; un cammino a piedi lungo tre giorni passando per i passi dolomitici accompagnati da preghiere e canti.

Passo dopo passo verso la quiete La rupe, sulla quale si erge il Monastero come sospeso nell’aria, digrada ripida. Questa singolare posizione sopra la cittadina degli artisti, Chiusa, è valsa al monastero la denominazione di “acropoli del Tirolo”: una fortezza costruita sulla sommità più alta vicino alla città. Si arriva in cima a piedi attraverso una piccola porta nelle vecchie mura di cinta della città. La salita verso Sabiona rappresenta da sempre una passeggiata idilliaca, rimasta invariata da secoli. Scalini in pietra portano dapprima fino a Castel Branzoll, dove il percorso si divide nella più ripida via dolorosa e nell’ombreggiata passeggiata Sabiona. Il monastero, in qualunque modo, va conquistato dai pellegrini lentamente. Passo dopo passo si arriva camminando alla quiete. Solo allora il grande portone, ricavato dalla massiccia roccia, concede l’accesso a questo luogo sacro.

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Testo: Veronika Kerschbaumer Foto: Oskar Zingerle

Come se con i loro imponenti muri di pietra naturale dovessero custodire un tesoro – così i masi costruiti sui ripidi pendii che da Chiusa nel fondovalle salgono fino su a Velturno, Villandro e Barbiano, hanno resistito per secoli. E in effetti un gioiello della più autentica tradizione contadina viene custodito all’interno degli antichi masi: la Stube.

Attenzione a non inciampare! Superato il piccolo ostacolo costituito dalla soglia di legno rialzata, nella Stube si apre un mondo del tutto particolare. Inizia un viaggio a ritroso nel tempo, che innanzitutto inizia dall’olfatto. Mentre gli occhi devono abituarsi alla luce soffusa che regna nella Stube ricoperta di legno, si percepisce un profumo unico e del tutto speciale e inconfondibile. Le antiche Stube sanno sempre leggermente di terra, un po’ di muffa dolciastra, di grasso e antico. Sembra che le assi di legno e la mobilia abbiano assorbito e conservato questo profumo per decenni, anzi secoli, solo per rilasciarlo ora e adesso. Questo sentore di antico assieme alla luce soffusa sono responsabili perché al primo impatto all’entrata nella Stube si venga avvolti da un’atmosfera di familiarità e di tranquillità.

Sotto il crocifisso nell’angolo il tavolo di legno L’angolo del Signore, talvolta decorato come un piccolo altare casalingo, non può mancare in ogni Stube tradizionale contadina

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A Barbiano, Villandro e Velturno nelle antiche Stube è di casa la tradizione, oggigiorno qualche volta anche derisa e della quale è in parte data persa la consapevolezza, ma anche una forte modernità.

Antico, vintage e contemporaneo si mescolano in una particolare combinazione di stili


TRADIZIONI viae 2018 | 33


La luce fioca penetra dalla finestra della Stube, grazie a Dio, perché la luce soffusa genera un’atmosfera particolare

Nella Stube si entra in sintonia con il passato. Nulla è kitsch, nulla di troppo o fuori luogo: il centrino bianco con il ricamo di una massima o un versetto fatto con punti a croce, le pannocchie arancioni adagiate sopra il crocefisso appeso sopra il tavolo di legno, l’acquasantiera nella quale un tempo si emergevano le dita automaticamente all’entrata nella Stube, il crocefisso stesso sistemato nel cosiddetto “angolo del Signore” (sempre rivolto verso est), al quale si alzavano gli occhi al momento della preghiera prima di mangiare. 34 | viae 2018

Dal suo posto sopra il tavolo della Stube, il Redentore poteva vegliare sulla famiglia contadina e sui loro ospiti, poiché il tavolo rappresentava il punto centrale della vita sociale. Qui ci si riuniva per discutere di affari, per scambiarsi pettegolezzi e chiacchiere, per giocare a carte e soprattutto per consumare i pasti principali tutti insieme. E nella piccola comunità del maso la disposizione dei posti a tavola era ben definita: gli uomini si sedevano sulla panca appoggiata dietro al tavolo, mentre le donne che dovevano portare in tavola il

mangiare e poi anche sparecchiare, stavano sedute sulle sedie o sulla panca aggiunta al tavolo, chiamata “Fürbank”. Questa panca è da comparare a quelle tipiche di legno da birreria, ma più corta e per questo molto scomoda. Comunque le donne non avevano molto tempo da star sedute, perché anche il cucinare era una faccenda particolare. Un tempo, prima che ci fossero i fornelli a gas o elettrici, bisognava avere molta esperienza e dimestichezza per saper cucinare con la legna. Se nel forno si metteva troppa legna,

i cibi bruciavano, al contrario se si metteva troppo poca, allora i cibi non si cuocevano bene. E solo la contadina sapeva esattamente su quale punto del forno a legna il calore era forte, dove porre la pentola per l’arrosto o dove tenere calde le pietanze.

Caloriferi bianchi Per quanto gradevole è la permanenza in una vera Stube, in quasi ognuna c’è anche un posto chiamato “inferno”. Si tratta di un piccolo spazio tra il muro e la parte lunga


Mentre il fuoco riscalda la stufa della Stube, il fumo viene u ­ tilizzato per affumicare le ­mezzene di speck

della stufa a olle, spazio appena sufficiente per sistemarvi un’asse di legno, dove ci si ritirava per fare una pennichella. Altri posti molto gradevoli per un riposino erano la panca vicino alla stufa munita di un appoggio per la testa e il ponteggio direttamente sopra la stufa a olle. Sulle stanghe poste attorno alla stufa, un tempo si appendevano i vestiti da asciugare. Nei giorni particolarmente freddi l’intreccio di stanghe, chiamato anche “sciarpa della stufa” serviva per riscaldare i sotto indumenti dei bambini. La stufa in muratura di pietra e argilla veniva riscaldata o dalla cucina o dal corridoio. Grazie alla sua caratteristica struttura con pietre il calore veniva mantenuto per oltre 12 ore anche nei giorni più freddi dell’inverno con meno 20 gradi all’esterno. Bisogna considerare che la Stube e la cucina erano gli unici ambienti riscaldati al maso. Unicamente le stanze situate sopra la Stube profittavano del calore, una volta per l’insufficiente isolamento del soffitto, come anche per il buco del calore. Infatti sopra la stufa spesso nel soffitto fu praticato un buco che si poteva aprire e chiudere con una copertura scorrevole. Così il gradevole calore della Stube poteva salire nella stanza sovrastante, dove di regola dormiva il capofamiglia con sua moglie.

Immergersi in un mondo passato Un ricordo dell’antico mondo contadino è stato tramandato in alcune Stube odierne, soprattutto nel riutilizzo dei ritratti in bianco e nero attorniati da semplici cornici di legno. Sguardi fissi, sulle bocche qualche volta un sorriso appena accennato e le mani nodose segnate dal duro lavoro fanno parte dell’inventario tanto quanto i centrini ricamati e il crocefisso nell’angolo del Signore. E se ora qualcuno ha voglia di immergersi in questo mondo passato, non fa altro che aspettare l’autunno. Da ottobre molte famiglie contadine a Chiusa, Barbiano, Villandro e Velturno aprono le loro Stube agli ospiti per il tradizionale “Törggelen”. Succhi di mela e uva, vino nuovo, piatti sostanziosi e castagne arrostite riportano la Stube e il suo tavolo alla loro originale funzione: il punto centrale della vita sociale. viae 2018 | 35


Testo: Veronika Kerschbaumer Foto: Claudia Ebner

Gelo invernale e calde luci U

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ATTIVITÀ

Il gelo avvolge i rami degli alberi. Le dita d­ elle mani gelano durante la passeggiata nella ­luce fievole. Gli stand di legno, che si s­ tringono l’uno all’altro nei mercatini di N ­ atale della Valle Isarco, riscaldano l’atmosfera. I tre mercatini più grandi a Vipiteno, Bressanone e Chiusa illuminano le serate invernali non solo con luci raccolte, ma affascinano con ­programmi di particolare effetto.

Vipiteno Durante l’Avvento la città mineraria di Vipiteno si presenta al meglio: catene luminose segnano i contorni dei merli sulle facciate delle case, gli alberi in Piazza Città brillano quasi quanto le stelle in cielo. La Torre delle Dodici fa quasi da guardia sull’andirivieni raccolto che c’è tra le casette del mercatino di Natale. Solo il 5 dicembre la quiete prenatalizia viene interrotta dal corteo dei diavoli e di San Nicolò: appena cala il buio, personaggi inquietanti dalle facce nere, coperti di pelliccia e dotati di corna attraversano con urli e grida le vie della città. Il loro scopo è di spaventare quanti più visitatori possibile e di coprirli con grasso e fuliggine. Chi nonostante ciò osa girare per la città, viene ricompensato: assieme ai diavoli (“Krampus”) c’è San Nicolò, che assieme all’inserviente Ruprecht e ai mori distribuiscono regali ai bambini. Orari d’apertura e informazioni su www.mercatinonatalizio-vipiteno.com

Bressanone

AVVENTO DELLA VALLE ISARCO NEL BICCHIERE Con i frutti che in autunno maturano in Valle Isarco si può preparare una gustosa bevanda calda per le giornate invernali. Mele succose e dolci vengono raccolte attorno a Bressanone. Il microclima particolare tra le giornate estive calde e le notti fresche fanno crescere attorno a Chiusa dell’uva dal gusto fresco e fruttato. I mirtilli rossi cresciuti sui pendii montuosi sopra Vipiteno aggiungono una porzione di vitamine. Ingredienti: 1 litro succo di mela 0,5 litro vino bianco 4 C marmellata di mirtilli rossi Preparazione: Riscaldare in una pentola il succo di mela assieme al vino bianco, aggiungendo poi la marmellata di mirtillo rosso. Servire nei ­bicchieri.

A ragione Piazza Duomo a Bressanone con la sua particolare architettura è considerata una delle piazze più belle. Incorniciato dai due campanili barocchi del Duomo, dall’imponente Torre Bianca della Parrocchiale di S. Michele e il Municipio, è allocato il mercatino di Natale. Accanto a piccole leccornie, bevande calde e una molteplicità di vari addobbi natalizi Bressanone durante il periodo prenatalizio offre un momento clou particolare: a partire dal primo weekend dell’Avvento il cortile del Museo Diocesano di Bressanone si riempie di luci variopinte accompagnate da musiche impressionanti e una storia proiettata sulle storiche facciate. Dopo il successo della trilogia “Il sogno di Soliman”, da fine novembre 2018 parte il nuovo show di luci e musiche; il nuovo tema però non può ancora essere svelato. Orari d’apertura e informazioni sul mercatino su: www.brixen.org/it/eventi/grandi-eventi/mercatino-di-natale.html Informazioni e date dello show di luci e musiche su www.brixen.org

Chiusa Durante i quattro fine settimana dell’Avvento la cittadina di Chiusa fa rivivere epoche storiche ormai passate, poiché l’incantevole città storica offre la scenografia naturale per il mercatino di Natale dal tema “Natale medioevale”. La calda luce delle innumerevoli candele e fiaccole avvolge le facciate degli edifici storici e gli stand del mercatino di Natale festivamente decorati con rami d’abete. Mentre il guardiano notturno passa lentamente e controlla le strade e le viuzze raccontando storie, da un altro angolo si sente risuonare musica. Nel frattempo negli accampamenti medievali si alzano le fiamme dai focolari e le donne nei loro costumi storici in velluto e lana girano mestoli nei calderoni di rame o tessono stoffe. Orari d’apertura e informazioni su www.chiusa.info

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Testo: Veronika Kerschbaumer Foto: Oskar Zingerle

Giù veloci in slittino Che cosa hanno in comune un urlo allegro, fiocchi di neve e il vento in viso? Fanno parte del divertimento in slittino: in famiglia nel tempo libero, in velocità da sportivi senza paura o con più calma per scendere in mezzo al bosco innevato. Con l’aiuto di alcuni suggerimenti e particolari regole gli amici dello slittino, e quelli che lo vogliono diventare, possono godere appieno quest’attività sportiva.

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IN SLITTINO NEI DINTORNI Ladurns Monte Cavallo (Vipiteno) Fosse (Val di Vizze) Birchwald (Stilves) Dosso (Stilves) Val Giovo/Val di Mezzo Racines Malga Freundalm (Telves) Malga Prantneralm (Smudres) Gasse (Ridanna) Allriss (Val di Fleres) Zirago (Brennero)

5,2 km 8,5 km 1,3 km 0,5 km 1,6 km 0,5 km 4,9 km 1,9 km 3,5 km 0,5 km 3,5 km 6,5 km

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Testo: Oskar Zingerle Foto: Alex Filz, Oskar Zingerle

Sci ad alto gradimento Non sempre chi si mette gli sci ai piedi e scende lungo le piste ha l’intento di ­fare esercizio fisico. Spesso invece è il senso di libertà durante la sciata, la vista ­fantastica e l’aria cristallina a rendere lo sci un’attività ad alto gradimento. E in tutto questo non può assolutamente mancare una cosa: l’ampia offerta ­gastronomica delle innumerevoli baite lungo le piste. 40 | viae 2018


ATTIVITÀ Alto gradimento in montagna: i piaceri della tavola sono altrettanto importanti come quelli sulle piste da sci

Monte Cavallo, Ladurns o Racines-­ Giovo, i dintorni di Vipiteno hanno molto da offrire per lo sciatore. La vicinanza alla cresta principale delle Alpi fa sì che le condizioni di neve siano sempre ideali. Sciatori esperti come anche famiglie e principianti apprezzano l’offerta varia di piste che insieme superano i 50 chilometri. Grazie agli impianti di risalita moderni non ci sono lunghe code e danno così la possibilità di raggiungere velocemente le piste, cioè l’obiettivo principale di chi va a sciare. Ma anche il più grande stacanovista delle piste ogni tanto ha bisogno di una pausa, sedersi, prendere un aperitivo stando al sole oppure riscaldarsi i piedi gelati in una calda baita. Monte

Cavallo, ­Ladurns e Racines-Giovo offrono una vasta gamma di baite, tra le quali ben tre baite TOP. TOP è l’acronimo di “Tested Outstanding Place”, cioè posti speciali, dove gli standard di alta qualità vengono controllati e rispettati severamente. Così ad esempio gli osti delle baite TOP fanno particolare attenzione alla gestione consapevole della natura attraverso la raccolta differenziata o l’utilizzo di energie rinnovabili. Sul menù la regionalità dei prodotti e dei piatti è in primo piano, che siano piatti tradizionali o creazioni innovative sempre preparati con prodotti locali. La baita Sternhütte al Monte Cavallo è una baita TOP. La baita tradizionale a quota 1.946 metri non è solo famosa per la splendida vista

sull’Alta Valle Isarco ma anche per la sua ottima cucina. Negli ultimi anni accanto alla baita sono stati costruiti moderni chalet, che rappresentano un affascinante contrasto alla baita originale. Fanno inoltre parte delle baite TOP la Furlhütte al Monte Cavallo e la Edelweißhütte a Ladurns. E vale sempre la pena di fare una sosta golosa non solo qui, ma anche nelle altre baite del comprensorio. Anche se una baita non ha il contrassegno TOP, non vuole assolutamente dire che non ci si trova o non si mangia bene. Ma soprattutto la cosa migliore è mangiare sempre in buona compagnia.

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Testo: Oskar Zingerle Foto: thinkstockphoto.com, Alex Filz, Thilo Brunner

L’inverno lontano dalle piste

Chi vuole vivere l’inverno in un modo diverso, trova molte opportunità in Valle Isarco. Gli altipiani di Villandro, ­Barbiano, Velturno, Luson e Rodengo, le valli laterali idilliache di Funes, Ridanna e Fleres, come anche i monti innevati di Fundres ­sono mete ideali per sport invernali alternativi.

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ATTIVITÀ

Passeggiate invernali Lo scricchiolio ritmico sotto i piedi, l’aria invernale cristallina nelle narici e la vista panoramica mozzafiato – una passeggiata attraverso il paesaggio innevato della Val di Funes, ad esempio sul sentiero Adolf Munkel ai piedi delle Odle di Funes, rimane un ricordo perenne. Secondo il tempo a disposizione e la propria condizione fisica, chiunque può affrontare questa passeggiata. Da consigliare è la sosta in una delle baite o dei punti di ristoro, dove sui menu si trova un’ampia scelta di piatti classici come il “Kaiserschmarrn”, i canederli e altre specialità locali.

Sci d’alpinismo Il silenzio immenso in mezzo alle montagne impressionanti – un’escursione di sci d’alpinismo non è fatta per pantofoloni, tuttavia anche chi è mediamente allenato può affrontare in Valle Isarco questo sport affascinante su tracciati sicuri. L’attrezzatura può essere noleggiata presso centri specializzati, mentre per la scelta dei percorsi è bene chiedere consiglio agli esperti. Una delle zone più belle per lo sci d’alpinismo è quella dei Monti di Fundres. Accompagnati da una guida alpina vale la pena di affrontare la gita sulla Cima Piatta a Valles (2.699 m.s.l.m.) o sul Monte Guardia (3.068 m.s.l.m.). Il “Skigitschtrack”, il percorso ben segnalato, porta in cima alla vetta più spettacolare dell’area vacanze ski e malghe Gitschberg Jochtal.

Sci di fondo L’ampia fine della Val Ridanna è caratterizzata da uno scenario incantevole, dove godersi il paesaggio innevato con gli sci di fondo ai piedi. Incastonata tra le montagne, la pista da fondo corre lungo tutta la valle su terreno perlopiù pianeggiante. Qualche salita interrompe il corso della pista, che però si può anche evitare. Un divertimento particolare è il biathlon per ospiti che si tiene ogni anno e che dà ad ognuno la possibilità di provare questo sport sempre più amato.

Racchette da neve Fissati agli scarponi si parte con le racchette da neve sull’ampia Alpe di Villandro oppure sulle alpi di Barbiano o Velturno. Quest’attività sportiva fa scoprire l’inverno in un modo del tutto inaspettato. La folta coltre di neve copre ogni rumore e il silenzio ovattato fa bene all’uomo, ma anche alla selvaggina. Sono tante le tracce di cervi, caprioli, lepri, scoiattoli e di molti altri animali che qui si possono scorgere. Chi ha pazienza e magari anche un binocolo, può addirittura osservare questi esseri schivi dal vivo. Con una guida esperta si possono anche abbandonare i percorsi preparati e camminare attraverso il paesaggio innevato incontaminato.

Slittino Chi non può appassionarsi per lo sci o lo snowboard, può forse trovare nello slittino lo sport adatto per compiere ugualmente discese avventurose. Proprio perché lo slittino è adatto a persone con diverse nozioni di utilizzo del mezzo, è un divertimento ideale per famiglie con bambini. Delle oltre 50 piste da slittino presenti in Valle Isarco la pista “RudiRun” sulla Plose è la più lunga e una delle più lunghe d’Italia. Proprio per la sua lunghezza è relativamente impegnativa, ma è facilmente raggiungibile con la cabinovia. viae 2018 | 43


Tutto da scoprire Gola di Stanghe

Castel Wolfsthurn

Senza sosta il rio Racines all’inizio della valle omonima ha scavato il suo letto per secoli nel marmo bianco fino a formare una gola profonda, la “Gilfenklamm”. Per passerelle e ponti sospesi il sentiero segue il percorso dell’acqua impetuosa attraverso la gola di marmo più particolare d’Europa. www.racines.info

Le origini di Castel Wolfsthurn, situato su una collina a Mareta di Racines, sono sconosciute. Nel XVIII secolo il castello fu tras­formato nell’unico castello barocco dell’Alto Adige e oggi ospita dietro alle sue 365 finestre alcune preziose sale con arredi originali d’epoca e il Museo ­Provinciale della caccia e della pesca. www.wolfsthurn.it

Castel Rodenegg

Vipiteno La città mineraria si merita il riconoscimento dei “Borghi più belli d’Italia”. La Torre delle Dodici, il simbolo di Vipiteno, divide la Città Vecchia dalla Città Nuova, entrambe attraversate da un’incredibile via dello shopping costeggiata da sontuose case borghesi ricche di Erker e tetti merlati. www.vipiteno.com

Abbazia dei Canonici Agostiniani Novacella L’abbazia fondata nel 1142 con la sua chiesa abbaziale tardobarocca, il chiostro gotico, il Pozzo delle Meraviglie, la biblioteca con manoscritti unici e la pinacoteca storica è una delle strutture conventuali più grandi del Tirolo. L’Abbazia di Novacella è anche famosa per i suoi vini bianchi vinificati nella propria cantina. www.abbazianovacella.it

A Rodengo si trova dal 1140 il castello più potente e più grande dei suoi tempi. Il ciclo di affreschi del XIII secolo raffigurante la leggenda di Ivano dipinto da Hartmann von Aue rappresenta il ciclo di dipinti murali profani più antichi dell’area culturale tedesca. Castel Rodenegg è ancora oggi in possesso dei discendenti di Oswald von Wolkenstein. www.gitschberg-jochtal.com

Alpe di Rodengo/Luson e Sass de Putia Con i suoi 20 chilometri quadrati l’Alpe di Rodengo/Luson è l’alpe più lunga dell’Alto Adige e uno degli altipiani più grandi d’Europa. I prati d’altura sono attraversati da innumerevoli sentieri, dai quali la vista è quasi sempre rivolta verso il Sass de ­P­­­utia, l’imponente pilastro dolomitico alto 2.875 metri. www.gitschberg-jochtal.com


Malga Fane La Malga Fane alla fine della Val di Valles è un vero gioiello. A 1730 metri di quota si trova il piccolo paese di montagna con la chiesa del 1898 e numerose baite costruite nello stile tradizionale con i tetti di scandole. Molte baite sono aperte, e nel caseificio della Malga Fane il latte fresco viene tras­ formato in gustosi formaggi. www.gitschberg-jochtal.com

Forte di Fortezza Costruita nel 1833 sotto l’Imperatore Ferdinando I°, la fortezza ospita accanto ad una mostra permanente sulla sua storia anche mostre temporanee, nelle quali arte, modernità e storia si fondono. Nella fortezza si trova anche l’info-point BBT con tutte le informazioni sul più grande cantiere d’Europa. www.forte-fortezza.it www.bbtinfo.eu

Bressanone A Bressanone, con i suoi 1.100 anni la città più antica del Tirolo,­­ s’incontrano arte, cultura, sport e voglia di vivere. Di particolare interesse sono il Duomo con le sue due torri, il chiostro romanico con i preziosi affreschi tardogotici, la vecchia residenza dei principi vescovi con il Museo diocesano e il Museo dei presepi, e i portici con i numerosi negozi e caffè. www.brixen.org

Tre Chiese Dove nella piccola frazione di Tre Chiese si trovava una fonte sacra pagana e un luogo di forza, tra il XIII e il XVI secolo furono costruite tre chiesette attigue arricchite con affreschi e altari a portelle gotici. A Tre Chiese diversi personaggi importanti, come Sigmund Freud, hanno passato periodi di villeggiatura. www.chiusa.info

Chiusa e il monastero di Sabiona Non è da meravigliarsi se da sempre Chiusa affascina grandi pittori e poeti. Le strette viuzze medievali e le strette case borghesi della città storica con il dominante monastero di Sabiona sul Monte Sabiona costituiscono il particolare fascino della cittadina. Anche per questo Chiusa fa parte dei “Borghi più belli d’Italia”. www.chiusa.info

Odle Patrimonio UNESCO Dal 2009 il parco naturale Puez ­Odle nella valle dolomitica di ­Funes con le guglie dolomitiche delle Odle fa parte del Patrimonio Naturale­­ UNESCO. Davanti a questo panorama incredibile si trova a Funes la chiesetta di San Giovanni in Ranui con il caratteristico campanile a cipolla, uno dei motivi più fotografati. www.villnoess.com


Info

Oltre 300 giornate di sole all’anno Temperature* MESE MIN. Gennaio -3,8 Febbraio -1,4 Marzo 2,9 Aprile 7,0 Maggio 10,8 Giugno 14,0 Luglio 15,9 Agosto 15,4 Settembre 12,2 Ottobre 6,7 Novembre 1,1 Dicembre -2,9 * Dati a °C

Collegamenti aerei Gli aeroporti più vicini sono a Innsbruck (ca. 85 km), a Bolzano (ca. 40 km) e a Verona Villafranca (ca. 190 km). Durante tutto l’anno trasferimenti in pullman dagli aeroporti low cost di Bergamo, Verona e Innsbruck a partire da 25 €. www.valleisarco.com

Come arrivare in auto Venendo da sud, imboccando l’autostrada del Brennero in direzione Verona-Bolzano, si arriva (uscita Chiusa, Bressanone Nord/ Val Pusteria, Vipiteno e Brennero) direttamente nella regione turistica della Valle Isarco. Come arrivare in treno Fermate per tutti i treni IC e EC nelle stazioni di Bressanone, Fortezza e Brennero nonché, per i treni regionali, nelle stazioni di Ponte Gardena, Chiusa e Vipiteno. Servizi navetta collegano poi ogni ora o più volte al giorno, a seconda della località di destinazione, le stazioni di arrivo con le località turistiche prescelte. www.sii.bz.it

Mobilcard La Mobilcard Alto Adige dà la possibilità di viaggiare con tutti i mezzi pubblici locali e anche con qualche funivia in tutto l’Alto Adige per scoprire anche le vallate più remote. La Mobilcard è disponibile nelle associazioni turistiche della Val Isarco. www.mobilcard.info

Distanza ed ore di viaggio da/a Bressanone » Verona 190 km ca. 2,0 h » Milano 330 km ca. 3,5 h » Venezia 310 km ca. 3,5 h » Torino 380 km ca. 5,0 h » Firenze 380 km ca. 4,5 h » Roma 700 km ca. 6,5 h

AMBURGO BERLINO FRANCOFORTE MONACO KUFSTEIN INNSBRUCK

STOCCARDA

KEMPTEN ZURIGO BREGENZ LANDECK

Passo Rombo

SALISBURGO VIENNA

Brennero

Passo Resia

VIPITENO SS12

BRUNICO

SS40

BRESSANONE MERANO SILANDRO

CHIUSA

SS244

SS38

Tubre

BOLZANO

Associazione Turistica Racines Casateia, Via Giovo 1 I-39040 Racines (BZ) – ALTO ADIGE tel. +39 0472 760 608 – fax 0039 0472 760 616 info@racines.info – www.racines.info

Editore Valle Isarco Marketing Bastioni Maggiori, 26A, 39042 Bressanone tel. +39 0472 802 232, info@valleisarco.com www.valleisarco.com

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LIENZ

SS51

Passo Monte Croce A22

Passo Stelvio

Contatto Associazione turistica Vipiteno Via Piazza Cittá 3 , I-39049 Vipiteno (BZ) – ALTO ADIGE tel. +3939 0472 765 325 – fax +39 0472 765 441 info@infosterzing.com – www.vipiteno.com

SS49

MEBO

SS38

Responsabile per i contenuti Willy Vontavon (willy.vontavon@brixmedia.it)

A

SS621

Passo Giovo CH

Colophon viae Iscrizione al Tribunale Bolzano No 02/2002 del 30/01/2002

MAX. 5,5 9,1 14,5 18,6 23,0 26,7 29,0 28,4 24,4 18,2 10,8 5,9

Passo Sella

SS12

TRENTO VERONA MILANO VENEZIA MODENA ROMA

CORTINA VENEZIA

Passo Costalunga

N Uscita autostradale

km 0

10

20

Associazione Turistica Colle Isarco Piazza Ibsen 2, I-39041 Brennero (BZ) – ALTO ADIGE tel. +39 0472 632 372 – fax +39 0472 632 580 info@gossensass.org – www.colleisarco.org

Tiratura 21.000 (10.500 in italiano e 10.500 in tedesco)

Design e grafica Tini Schwaze e Evelyn von Mörl, Brixmedia Srl (www.brixmedia.it)

Redazione Brixmedia Srl (www.brixmedia.it)

Copertina Manuel Kottensteger

Traduzioni Uta Radakovich

Stampa Artprint srl, Bressanone

Progetto e redazione fotografica Oskar Zingerle, Brixmedia Srl (www.brixmedia.it)

www.fsc.org




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