CANTINE DA PREMIO,
dove si incontrano territorio, vino e architettura
Attenzione estetica, sostenibilità e integrazione con la natura, il settore enologico è la nuova sfida dei designer che progettano spazi simili ad autentiche opere d'arte come Cantina Ceresé, eletta "miglior edificio dell'anno".
di Rossana Cuoccio
Uno dei fenomeni più interessanti degli ultimi anni nella realtà del vino italiano è quello che coinvolge sempre di più progettisti, architetti, designer e paesaggisti nei processi di creazione dei suoi spazi dando vita a vere e proprie cantine d'autore. In termini di attrazioni turistiche l'industria del vino è seconda solo ai siti culturali. Attualmente, in tutto il Paese sono aperte al pubblico circa 20mila cantine. Negli ultimi decenni molte di queste sono state ridisegnate attraverso concorsi o commissioni e sono spesso al centro del dibattito architettonico. I viticoltori e le viticoltrici italiani hanno voluto scommettere su una ricerca architettonica contemporanea di alta qualità che sapesse affrontare requisiti tecnici, aspetti paesaggistici e esigenze specifiche dell'industria vinicola, affermandosi così come sintesi tra impresa agricola e punto di riferimento architettonico, unendo accoglienza, produzione e territorio. E la cantina si configura quindi simbolo primario di un messaggio e dei valori che l'azienda vuole veicolare al pubblico.
Basti pensare alla ricerca degli architetti Bricolo e Falsarella che, con la Cantina Gorgo di Custoza (VR) e con il recente ampliamento hanno creato un luogo gentile e di grande quiete che recentemente ha vinto "La medaglia dell'architettura del vino", ideato dall'Ordine degli architetti di Treviso, in accordo con il Comune di Valdobbiadene (TV), e volto ad individuare `il miglior progetto di valorizzazione dei territori DOCG, DOC, IGT sull'ambito nazionale". Oppure allo studio asv3, capitanato dall'architetto Valbonesi, che è stato altresì protagonista negli ultimi anni, insieme alla famiglia Antinori, nella realizzazione della Cantina del Bruciato e della nascosta e discreta tenuta di Guado al Tasso, nei territori toscani tra Bolgheri e Castagneto Carducci, quest'anno vincitrice del `Premio Architettura Toscana'.
Degne di nota, in questo senso, sono anche la pura e potente distilleria di whisky (la prima in Italia) Puni di Werner Tscholl a Glorenza (BZ) e la sfaccettata ed elegante Cantina Bulgari Podernuovo a Siena di Alvisi Kirimoto + Partners che ha vinto il Premio Architettura Toscana nel 2017. L'Osteria dell'Architetto, promossa da Casabella e ProViaggiArchitettura, insegue e racconta, invece, proprio la cultura del saper fare legata all'architettura del vino.
In questo scenario non risulta difficile pensare che il Premio Italiano di Architettura 2024 sia stato attribuito proprio a una cantina, considerata il miglior edificio dell'anno. Triennale di Milano e MAXXI di Roma, alla quinta edizione del Premio Italiano di Architettura, hanno infatti deciso di premiare quest'anno, nella categoria Miglior Edificio, la Cantina Ceresé, progettata dallo Studio Pizzi, diretto dal giovane architetto milanese Pietro Martino Federico Pizzi, per "aver saputo armonizzare le qualità simboliche e formali di una geometria pura, come quella del cerchio, e allo stesso tempo un legame forte con il luogo, i materiali locali, il paesaggio".
La Cantina Vinicola Ceresé, fondata nel 2004 da Maria Enrica Bonatti e Giovanni Marneli, oggi affiancati dai figli Anna e Oscar, si trova nel Parco di Montevecchia e della Valle del Curone a Lecco, nella famosa terra dei "promessi sposi", e si estende per circa 21 ettari con vigneti di Pinot Nero, Merlot e Sauvignon Blanc. "Il progetto nasce dal sogno del committente di voler lasciare sul territorio una costruzione in grado di instaurare un profondo e duraturo legame con il territorio e con la coltivazione dell'uva, che storicamente caratterizza la collina di Montevecchia", ha spiegato Pizzi. "L'area di intervento era stata destinata dai piani urbanistici comunali alla realizzazione di un'isola ecologica a servizio del comparto industriale di Montevecchia, strappando il terreno dalla sua connotazione agricola. Con un enorme sforzo, si è riusciti a trasformare la destinazione prevista credendo nell'idea di costruire un fabbricato che sapesse mediare tra settore produttivo e agricolo, che fosse in grado di diventare un ambito di lavoro, ma anche un luogo dove poter apprezzare e ascoltare i processi della natura che lo abbracciano".
SOGNO,TENACIA, RISPETTO
L'architetto sintetizza il progetto con tre parole chiave: "Sogno. Citando l'architetto Piero Bottoni, la Cantina è qui "perché fu un sogno e una poesia e perché io vi ho creduto. Giacché sogno e poesia muovono, malgrado le apparenze, il mondo. Tenacia. Dimostrata da tutti gli attori che hanno partecipato a quest'opera (dal committente ai tecnici sino alle maestranze), di fronte alle sfide, alle complessità e agli imprevisti che quotidianamente hanno accompagnato la realizzazione della Cantina e spesso cercato di minarne le fondamenta. Rispetto. Per un territorio fin troppo spesso maltrattato da un'edilizia governata da processi confusi, violenti e disarmonici. Per i materiali impiegati, nella loro essenza, pensando al loro processo di vita e invecchiamento, così che possano crescere e maturare insieme all'edificio e alla vita che ospiterà".
Avvicinandosi alla Cantina Ceresé, si percepisce dapprima solo la linea rosa della copertura, a doppia curvatura, sospesa sui vigneti. Al di sotto di essa, si estende il volume destinato al punto vendita e lo spazio della piazza aperta, così vicina ai filari delle vigne e ai boschi circostanti, da poterli quasi sfiorare con la mano. Al centro della copertura, si allarga una grande apertura circolare la quale restituisce la vista delle terrazze, che, scalettando le pendici delle prime Prealpi, conducono lo sguardo al santuario della Madonna del Carmelo, che domina tutto il territorio dal crinale di Montevecchia. Col digradare della pendenza del terreno, emergono i tre fronti della parte di fabbricato al di sotto della piazza dove sono ricavati gli spazi di lavoro. Si distribuiscono in quattro navate principali, aperte nella loro parte terminale verso il bosco che lambisce il viale d'accesso.