Magazine Gennaio 2014

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Reader’s Bench

tutto il mondo dei libri su una panchina

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L’AUTUNNO CALDO DI BOOKSALAD! Tante le novità in uscita per la casa editrice toscana specializzata in thriller tedeschi!

Booksalad sarà presente al Pisa Book Festival (15-17 Novembre) allo stand n.155 e alla Fiera di Roma Più Libri Più Liberi (5-8 Dicembre) stand T21 primo piano. KARL OLSBERG SARÀ OSPITE D’ONORE AL PISA BOOK FESTIVAL. La vita di Mark Helius è perfetta: benestante, una casa in centro e una bella moglie. In più la sua azienda di software con sede ad Amburgo sta per presentare ai suoi investitori un’innovazione in campo informatico che sconvolgerà ogni certezza: DINA, il primo sistema di comunicazione intelligente. Ma il giorno della presentazione qualcosa non va per il verso giusto: DINA sembra non funzionare e commette degli errori inspiegabili. Il prestigio e la credibilità di Mark crollano ed in breve si ritrova pieno di debiti e con sua moglie che lo accusa di essere un fallito. Improvvisamente il co-fondatore dell’azienda e suo amico Ludger Hamacher, viene ucciso e Mark è accusato dell’omicidio. Mentre cerca disperatamente di provare la sua innocenza i computer di tutto il mondo impazziscono. Sembra che qualcuno abbia trasformato DINA in un virus potentissimo. Sono forse i cyber-terroristi responsabili dell’omicidio? Oppure è internet che ha iniziato a sviluppare una propria personalità? Per Mark e la hacker Lisa Hogert la battaglia tra la vita e la morte è iniziata.

VINCENT KLIESCH SARÀ PRESENTE AL GARFAGNANA IN GIALLO IL 23/24 NOVEMBRE. Berlino. Un uomo è avvelenato dalla moglie. Dopo l’omicidio la donna si impicca nel suo appartamento. Tutto fa pensare a un dramma familiare. Ma qualcosa non quadra. Nel luogo del crimine viene rinvenuto un messaggio: riporta nei dettagli ciò che poi è accaduto. Il commissario Julius Kern è perplesso. Chi poteva sapere già tutto? Omicidio-suicidio o c’è qualcos’altro da scoprire? C’è davvero un Profeta della Morte? Decide di indagare in questa direzione, ma il tempo stringe. Riceve lui stesso una predizione: tutto si compirà in tre giorni. Per precauzione è sospeso dal caso. Ma quando si rende conto che dietro c’è il suo acerrimo nemico Tassilo Michaelis è chiaro che per salvare sé e la sua famiglia dovrà cavarsela da solo. La gara contro il tempo è iniziata.

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Indice / Gennaio 2014 8/ Cover artist story di Clara Raimondi 14 / Novità anime 2014 di Jessica Marchionne 16/ Studenti timidi di Daniele Campanari

50/ Gino e la concorrenza di Mattia Roland Galliani 52/ Sono queste le ragazze mancine di Clara Raimondi 54/ # di Simone di Biasio

56/ Alessandro Cinquegrani di Daniele Campanari

18/ Il funerale di Neruda di Chiara Silva

20/ Simona Baldelli di Daniele Campanari

58/ Quando il cacciatore diventa preda di Diego Rosato 24 / Old Republic di Diego Rosato 30/ Attendo la primavera 24 fps di Francesca Cerutti

32/Anteprima: fumetti di versi di Simone Di Biasio

38 / A caccia di piante rare e di storie uniche di Nicoletta Tul

60/ Scrivo.Me di Clara Raimondi 62/ 4 chiacchere ad un tavolo da ping pong di Claudio Turetta 64/ Lauren di Andrea Corona 66/ Antonio Pennacchi di Daniele Campanari

44/ Francesco Falconi di Valentina Di Martino

70/ Fu’Ad e Amila di Clara Raimondi

46/ Faccio conoscenza con il parto Anteprima Giuntina 48/ Caduti nella rete di Claudia Peduzzi

72/ Mogwai- Rave tapes di Massive Distortion 74/ Reader’s club


Reader’s Bench: Direttore editoriale: Clara Raimondi Direttore responsabile: Simone di Biasio Creative designers: Francesco Miserendino, Veronica di Biasio Vicedirettore: Diego Rosato

Buona visione e buon divertimento con

Redazione: Mattia Galliani Cristina Monteleone Claudia Peduzzi Chiara Silva Nicoletta Tul Claudio Turetta Claudio Volpe Daniele Campanari Valentina Di Martino Ufficio Stampa: Sara e Elena ufficiostampa@readers-bench.com Si ringraziano: Antonio Pennacchi Simona Baldelli Francesco Falconi Alessandro Cinquegrani Annalisa Leoni Francesca Cerutti Massive Distortion: Roberto Gavini Alessandro Pietrostefani www.readers-bench.com readersbench@gmail.com Reader’s Bench Tutto il mondo dei libri su una panchina Blog letterario Reader’s Bench è una rivista culturale senza scopo di lucro, pertanto non rappresenta una testata giornalistica in quanto i contenuti vengono aggiornati senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 07/03/2001. Reader’s Bench is licensed under a Creative Commons. AttribuzioneNon commerciale- Non opere derivate 3.0- Unported License. Note Legali: Reader’s Bench comunica che le informazioni, le immagini e il testo contenuti nella rivista sono protette dalla legge sul copyright ed autorizza la visualizzazione e lo scaricamento dei materiali disponibili presso questo magazine online ad uso strettamente personale, non a fini commerciali. Nel caso in cui sulla rivista vengono utilizzate contenuti di terzi, essi possono chiedere la rimozione degli stessi. Non é consentito modificare, né riprodurre, né trasmettere i materiali presenti nella rivista. Reader’s Bench proibisce l’uso del contenuto senza un preliminare permesso scritto della redazione eccetto il caso in cui si voglia visualizzare il contenuto sullo schermo del computer e stamparne una copia qualsiasi, solo per uso privato, senza scopo di profitto o altro autorizzato dalla legge.



Arrividerci !


E’ tempo di salutarci, di dirci addio … Preoccupati? Ma no, non dovete non ci stiamo salutando per sempre, ma ci stiamo solo dando appuntamento al prossimo numero di Reader’s Bench Magazine. E sì per questo sarà l’ultimo numero con la grafica a cui visiere abituati. Abbiamo deciso di dare un sferzata di energia e vitalità e di mettere mano all’impaginazione per un magazine sempre più nuovo e coinvolgente. Qualcuno di voi si starà chiedendo: Va bene, ma che cosa contiene questo numero? Potrei rispondevi con il nome dei nostri straordinari ospiti: Simona Baldelli e il suo Evelina e le fate (Giunti), Alessandro Cinquegrani con Cacciatori di frodo (Miraggi Edizioni), Antonio Pennacchi che si è accomodato tra le pagine per raccontarci del suo Storia di Karel (Bompiani) e Francesco Falconi che si è lasciato andare in una lunga intervista in cui ci ha parlato di una nuova fase per la sua scrittura. Ma sarà un numero anche ricco di anteprime, perché abbiamo avuto la possibilità di farvi conoscere il primo graphic novel dedicato ai poeti italiani contemporanei, per Nino Aragno Editore, con l’intervista a Nicola Bultrini, uno degli autori, e di farvi leggere un estratto da Una giovinezza nel ghetto di Varsavia di Alina Margolis-Edelman grazie alla casa editrice Giuntina. Ma Reader’s Bench è questo e molto altro: le rubriche, le recensioni, i libri al cinema e gli articoli dedicati al lifestyle, le poesie, la fotografia, il divertimento con Gino il Vermino, la musica dei Massive Distortion e anche la possibilità di scoprire nuovi autori come Andrea Corona. Un lavoro di squadra che cerca di raccontarvi, ogni volta, le uscite editoriali più interessanti del periodo, di intervistare gli autori e di cercare di parlare alla vostra passione per la lettura (che poi è anche la nostra!). Chiudiamo con il nostro club esclusivo, vi ringraziamo per l’affetto con cui ci seguite ogni giorno sul sito e vi diamo appuntamento per il 24 marzo. Da parte mia e di tutto lo staff di Reader’s Bench, un immenso grazie! Clara Raimondi Scrivetemi a readersbench@gmail.com o a clararaimondi@readers-bench.com


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Cover artist story

di Clara Raimondi

Annalisa Leoni è stata già ospite della vostra panchina per un’intervista (link). A lei chiedevamo i retroscena del lavoro di disegnatore e di insegnante per i laboratori Tunué. Adesso le cose per Annallisa sono cambiata:, è diventata una delle colourist più affermate grazie al suo lavoro per Orfani (Bonelli-2013, prima e seconda serie in lavorazione) e ha da poco terminato di colorare a Riveder le stelle di Milo Manara. Due progetti estremamente diversi ma che hanno un unico comuni denominatore: il colore. E’ lui il vero protagonista della prima serie a colori firmata Bonelli ed è sempre lui una delle chiavi di lettura di uno dei progetti editoriali più interessanti dell’anno appena trascorso. Nulla di nuovo (se seguite RB avrete sicuramente letto l’intervista che abbiamo realizzato in quel di Lucca con Annalisa Leoni, Alessia Pastorello e Giovanna Niro). Un esperimento nuovo per il nostro paese che incarna perfettamente il nuovo obbiettivo di Bonelli che sta cercando un nuovo pubblico, più giovane, per cui poter diventare un punto di riferimento. Scommessa vinta? Orfani è riuscito, grazie alla pubblicità e alla comunicazione on line o la distribuzione del numero zero nei Game Stop, raggiungere le quote di vendita di serie ben più note e longeve e per una seria alla sua prima stagione (stanno già lavorando alla seconda) è un grandissimo risultato. Ma non siamo qui per parlare di Orfani, almeno non solo, ma per conoscere l’artista di questo numero e per scoprire tutte le fasi di lavorazione della copertina. Accomodatevi! Ciao Annalisa! E’ sempre un piacere averti sulla panchina e lo è ancora di più questa volta che sei tra le pagine del nostro magazine e sulla copertina. A proposito di copertina (a cui ho dato io il titolo di Sogno d’inverno), è possibile che i nostri Readers vogliano saperne di più. Come è nata? Che cosa ti ha ispirato? E, soprattutto, ti piace Sogno d’inverno o le avresti dato un altro titolo? La copertina è scaturita da una serenità creativa che mi sta accompagnando in questo periodo , grazie alla quale sto riscoprendo l’amore per il disegno. Purtroppo quando si trasforma una passione in un lavoro si rischia a volte di tramutarla in qualcosa di negativo o in una fonte di tensione ed insicurezza. Ultima-

mente invece, vuoi una serie di cambiamenti e consapevolezze acquisite, sto riscoprendo la gioia di esprimere in modo semplice quello che sento. E questa copertina ne è l’emblema. Nonostante dovessi disegnare la copertina invernale, ho deciso di soffermarmi sul calore che solo l’inverno può suscitare, cioè il piacere di perdersi in qualcosa di caldo là dove fuori c’è il freddo. Qui il caldo doveva essere un sentimento, una sensazione, non qualcosa di materiale e ho cercato tramite vari fattori di suscitare in chi la guarda dei sentimenti di serenità, purezza e un certo senso di accoglienza. Per questo ho deciso di ambientarla in mezzo agli alberi, nella natura, cosa c’è di più fresco e puro di una bella boccata d’aria pura in mezzo alla neve candida? Poi ho stabilito che l’orario doveva essere il tramonto perché riscalda il cuore e tranquillizza, virando più verso l’arancione e il giallo, colori che rappresentano

Annalisa Leoni Ha frequentato la Scuola Romana del fumetto. Durante la scuola ha avuto modo di avere le sue prime esperienze lavorative come character designer e storyboard artist per la Spark Animation Studios. Dopo la scuola ha lavorato per lo studio d’animazione Top Toon e per l’Accademia Italiana Videogiochi(AIV). Dopo questa parentesi da character designer è iniziato il lavoro d’illustratrice, prima per la collana delle Pop Pixies e poi per la Eli Editore con la realizzazione delle illustrazioni per il romanzo Frankenstein o il monderno prometeo. Nel mentre di tutto cioè ha cominciato le sue prime esperienze come colorista prima per la GP, poi per la Piemme Jr e la Eli Editore. Ora lavora principalmente come colorista , in questi ultimi due anni ha collaborato con la Glénat per il giornalino Tcho Magazine, con la Clair de Lune per l’albo a fumetti Alix et Arsénou: Rome, con la Pixar/ Disney per la graphic novel Monster University e infine per la Panini con la storia del maestro Mila Manara “A Riveder le stelle” della collana Manara: i capolavori a colori. Attualmente lavora come colorista per la Sergio Bonelli Editore, alla serie Orfani.


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il calore familiare. Infine ho scelto come protagonista una bambina che nella sua innocenza si perde in un mondo di storie protetta dal SUO dolce mostro delle nevi (a cui lei ha regalato tanti guantini perché poteva avere freddo) e ho arricchito il tutto con uno spruzzo di curiosità genuina, come quella di un animale, in questo caso la volpe. Il titolo Sogno d’inverno mi piace, sarebbe bello poter vivere almeno in un sogno una cosa del genere.

della metà del tempo impiegato per la prima proprio per questo si è deciso di cambiare approccio al colore, altrimenti non avremmo fatto in tempo a lavorala. Il team si è ridotto (io, Alessia Pastorello e Giovanna Niro) e di comune accordo si è deciso di studiare una colorazione diversa. Io mi sono occupata del compendio del colore che comprende appunti tecnici sulla carta, molte references filmiche e concept art da cui prendere ispirazione e soprattutto un diverso metodo di colorazione, molto più sintetico, ma allo stesso tempo efficace Il mestiere di colorista (usiamo l’accezione italiana) anche e d’impatto. se abbiamo tentato di spiegarlo nel nostro incontro durante l’ultima edizione di Lucca Comics ha, per molti, diversi Non poteva mancare neanche una domanda su Riveder le lati oscuri. Allora voglio chiederti di nuovo: Chi è e cosa fa stelle di Milo Manara. Come è nata questa collaborazione? il colorista? E’ un mestiere che si impara in corso d’opera o Anche, qui, è inutile dirlo vogliamo avere tutte le informaesistono dei corsi? Vogliamo saperne di più! zioni del caso. Pronta? Erroneamente oggi giorno si pensa che per colorare al computer, quindi con l’ausilio di Photoshop, basti saper utilizzare il programma e poi affidarsi a pennelli, effetti e sciocchezze varie, se la si pensa così si fa il primo grande errore, perché questo programma dev’essere inteso solo come una nuova tecnica, al pari di tempere, acquerelli ed altri, e come queste bisogna imparare ad usarla al meglio applicando la teoria che si studierebbe per dipingere “analogicamente”.Quindi bisogna studiare la teoria dei colori, le luci, la composizione e poterla applicare a quel mezzo. Personalmente non ho frequentato corsi o simili, ho imparato con la gavetta, lavorando, sbagliando, studiando per conto mio e seguendo consigli di colleghi. Penso che alla base di un buon colorista ci debba essere prima di tutto gusto e tanta voglia di studiare. Se poi lo si fa tramite corsi o da autodidatta quello sta a voi deciderlo. Il tuo è un lavoro da freelance che spesso ti porta a lavorare per realtà diversissime tra loro (basti pensare al progetto Orfani o alla collaborazione con Manara), come riesci a combinare il tuo gusto personale con le richieste che via via ti arrivano? Come definiresti il tuo modo di lavorare, il tuo stile? Il lavoro di colorista porta a collaborare con molte realtà e ciò è bellissimo perché ogni volta bisogna adattarsi a nuove vesti, trovare un modo di colorare che si abbini bene al disegno cercando di farne uscire fuori solo il meglio. Non so sinceramente se dai vari lavori che ho fatto s’intravede uno stile particolare ma cerco sempre di ricavare il massimo da le cose più semplici , mi piace l’ordine nelle tavole, quindi cerco di renderle sempre vive e poi di base c’è il mio gusto cromatico che spero piaccia ai lettori.

Per la collaborazione con Manara sono stata contatta dall’editore della Panini che si è occupato di tutta la collana “Manara i capolavori a colori”. Mi è stato detto che il maestro aveva visto e apprezzato i miei lavori sul blog, quindi mi si chiedeva di fare una prova su una serie di tavole tratte da storie diverse. Naturalmente onoratissima da tutto ciò non ci ho pensato due volte, ho fatto le prove e sono andate molto bene. Mi è stato richiesto di colorare “ A riveder le stelle” e di utilizzare uno stile poco invasivo, quindi una predominanza di tinte piatte e colori non troppo saturi. La sfida è stata proprio in quello, cioè rendere armoniose delle tavole in cui non potevo utilizzare luci ed ombre. Progetti in cantiere? Qualche anteprima? Per ora sto finendo la prima serie di Orfani e lavorando sulla seconda, c’è forse all’orizzonte la possibilità futura di una collaborazione con una delle artiste italiane che stimo di più in assoluto e spero sinceramente che vada in porto e riguardo ai sogni personali, beh per il momento sto riscoprendo la gioia del disegno come hobby, chissà se poi in futuro ne scaturirà qualcosa...vedremo... Dacci tutti i contatti così che sia possibile per ciascun Reader seguire le tue peripezie e restare aggiornati sul tuo lavoro. BLOG GENERALE : http://leoniannalisa.blogspot.it/ BLOG COLORISTA : http://annalisaleoni-colorist.blogspot.it/ PORTAFOGLIO ON LINE: https://www.behance.net/AnnalisaLeoni

Parliamo di Orfani (era impossibile che non ti facessi una Ringraziamo Annalisa Leoni per la sua disponibilità. domanda a riguardo). Sappiamo che state lavorando alla seconda serie. Qualche anticipazione? (sono in ginocchio in questo momento) Il progetto subirà della variazioni? Sono previsti cambiamenti anche nel team di lavoro? (siamo curiosissimi) Sulla storia della seconda serie di Orfani non posso dire nulla, pena fustigazione, ma posso parlarvi un po’ del dietro le quinte. La serie per una questione logistica sta venendo su con la metà



Novità anime 2014

È appena cominciata la stagione invernale e sono quindi in arrivo tutte le novità in tema anime e manga! Infatti, proprio da questa settimana, verranno rilasciati i nuovi anime che resteranno in programmazione fino a marzo.

Nonostante siano state veramente poche le informazioni rilasciate prima della pubblicazione della lista di anime che ci avrebbero accompagnato in questa stagione, i fan si sono già fatti sentire esprimendo le loro aspettative sugli anime in arrivo tramite diversi sondaggi che sono stati fatti in rete. Dai risultati quelli più attesi di questa stagione, e che potrete cominciare a vedere da adesso se interessati, sono stati i seguenti: Chuunibyou Demo Koi ga Shitai, sequel di una serie già completa che ha ricevuto molti commenti positivi da parte dell’utenza. È un anime che si concentra sulla vita adolescenziale di alcuni ragazzi e che è riuscito a ottenere un grande successo, tanto che ne è stato tratto anche un film; Gin so Saji (o Silver Spoon), anche questo è una seconda serie e ha incuriosito specialmente per via della sua autrice Hiromu Arakawa, famosa per aver realizzato il capolavoro quale è Full Metal Alchemist; Nisekoi, un manga che ha riscosso un discreto successo e che ora

vedrà la sua trasposizione in anime a opera dello studio Shaft (molto famoso per anime quali Madoka Magica o Monogatari, ad esempio). La storia vede coinvolte due band rivali che cercheranno di risanare i rapporti costringendo i figli dei rispettivi capi a fidanzarsi, nonostanti i due si detestino; Seitokai Yakuindomo, ancora una seconda serie, risultata leggermente meno di spicco rispetto agli altri anime già menzionati. Genere: commedia, scolastico; Super Sonico the Animation: attesissimo e già molto famoso in precedenza dato che la ragazza protagonista è la mascotte della software house Nitro-


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RB magazine

di Jessica Marchionne

plus (di cui voglio ricordare anime di spicco come il già citato Madoka Magica, Steins;Gate e Fate/Zero). La ragazza viene presentata come una studentessa universitaria, fotomodella e cantante; Space Dandy, nuovo anime di cui ho notato davvero parecchia pubblicità, dato che è diretto da Shinichiro Watanabe (famoso per Cowboy Bebop). Ci ritroviamo in un’era futuristica in cui il protagonista, insieme al suo robot, va a caccia di alieni, di cui ne vedremo sempre di nuovi ogni settimana. Questi sono solo i titoli più ‘chiacchierati’ dato che la lista di questa stagione invernale è davvero lunga. Non mancano infatti commenti entusiastici su altri anime in attesa, come Youkai watch, Seikai Seifuku o Wake Up Girls, che hanno catturato l’attenzione anche quando circolavano sul web solo semplici immagini. Un’altra piacevolissima notizia di questi ultimi tempi è stata quella del rilascio del trailer del film d’animazione che vedrà protagonisti i famosi Cavalieri dello Zodiaco, con una veste grafica completamente rivisitata. Il film si intitolerà ‘Saint Seiya: Legend of Sanctuary’ ed uscirà in Giappone quest’estate, in occasione dei quaranta anni di carriera dell’autore, Masami Kurumada. Non è stato ancora svelato nulla riguardo la trama, ma già i fan sono impazienti specialmente perché è dal 2010 che si aspetta l’annuncio di questo film.

È una stagione davvero ricca di nuovi anime, senza dimenticare che molte serie della stagione autunnale, viste le molte puntate, sono ancora in programmazione. Date un’occhiata ai titoli e cominciate a vedere quelli che più vi ispirano!


studenti timidi


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di Daniele Campanari

quanta tenerezza mi fanno gli studenti timidi a parlare di poesia, mischiano il mucchio dei professori bassi di statura ma coi saperi nei palazzi. si mischiano, tutti ancora studenti e ragazzini e gli amici di fianco persuasi da improbabili sms d'amore. si dice che moriremo tutti, insieme quando? non lo so, né come se su sedie rosse di giovedì sotto un palcoscenico vuoto dove vive morta l'immagine proiettata del fico. quanta tenerezza mi fanno le ragazzine volontarie dell'adolescenza che parlottano chinate sui capelli al mio primo rinnovato approdo sul mare lontano da Latina come se io non vedessi come se volessero che vedessi e parlottano chissà di cosa che io non immagino o non oso


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Il funerale di Neruda di Chiara Silva

Nonostante il BookCity Milano sia finito da un po’ di tempo, non si è cancellato dalla mia memoria il ricordo della bella e commovente presentazione del libro Il funerale di Neruda: garofani rossi per Pablo che vorrei condividere con i lettori di Reader’s Bench. La presentazione a cui ho potuto partecipare nel corso del festival letterario meneghino si è svolta al Teatro Piccolo e ha visto la partecipazione dell’autore Renzo Sicco e di alcuni uomini della sua compagnia teatrale che hanno dato magnificamente vita al testo. Il libro infatti è un testo teatrale che rievoca le circostanze della morte e del funerale del grande poeta cileno, entrambi indissolubilmente legati al golpe militare di Augusto Pinochet. Per i lettori che non conoscono a fondo Neruda può forse risultare strano l’accostamento alla vita politica cilena, in quanto Neruda è famoso per essere uno dei massimi poeti dell’amore. Ma Neruda non si è limitato solo a questo. Ricardo Eliezer Neftalí Reyes Basoalto, vero nome di Pablo Neruda cambiato poi in onore del poeta ceco Jan Neruda, nasce il 12 luglio 1904 a Parral in Cile e fin da giovane dimostra la sua inclinazione per la scrittura, incoraggiato dalla sua insegnante Gabriela Mistral, vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura nel 1945. Dagli anni Venti inizia a pubblicare raccolte di poe-

sie, come il celebre volume Venti poemi d’amore e una canzone triste del 1924. A fianco della sua produzione poetica, Neruda intraprende la carriera diplomatica in varie zone del pianeta. Stringe amicizie importanti come quella con Rafael Alberti e Federico García Lorca, la cui uccisione nel 1936 per mano dell’esercito fascista del generale Francisco Franco sancisce la completa adesione agli ideali marxisti che già Neruda condivideva. Nonostante il disincanto causato dalle rivelazioni sulle ombre del regime sovietico dopo la morte di Stalin, Neruda non rinnega le sue idee comuniste e scende in politica, sostenendo la sinistra cilena e il candidato presidente Gabriel González Videla nel 1946. Nel giro di poco tempo però, Neruda si dissocia dalla politica violenta e repressiva di Videla che lo costringe all’esilio e a numerosi spostamenti in Argentina, Europa, Messico, India, Cina e URSS. Neruda fa ritorno in patria nel 1952, quando il governo di Videla è ormai al termine e quando viene richiesta la sua presenza per sostenere il futuro presiedente Salvador Allende. Negli anni Cinquanta e Sessanta Neruda pubblica diverse opere come Canto general del 1950, Las piedras del Chile del 1960 e Memorial de Isla Negra del 1964; mentre il 1971 è l’anno in cui l’Accademia Svedese gli conferisce il Premio Nobel per la Let-


diciannove teratura. Intanto, il poeta continua il suo impegno in politica, sostenendo Salvador Allende nella sua nuova corsa alla presidenza del paese. Grazie anche al contributo di Neruda, nel 1970 Allende diventa il primo presidente socialista del Cile ad essere eletto democraticamente. “La via cilena verso il socialismo” di Allende però viene vista con paura e sospetto dal governo statunitense e ampiamente criticata dalla destra cilena. L’avversione per la politica di Allende culmina l’11 settembre 1973, quando il generale Augusto Pinochet prende il potere con un colpo di stato, attaccando il palazzo presidenziale in cui muore Allende. Anche Neruda, in circostanze più oscure, trova la morte in seno alla nascente dittatura: dodici giorni dopo il golpe muore per la degenerazione del tumore alla prostata di cui era affetto da tempo. Mentre la terza moglie Matilde con pochi intimi riporta a casa la salma dall’ospedale, i militari di Pinochet compiono l’ennesimo sfregio al poeta, allagando e danneggiando la sua abitazione per dissacrarne la memoria. Da questa scena incomincia e si sviluppa l’opera di Renzo Sicco che è la messa in scena della veglia funebre per il grande poeta cileno; i cui personaggi sono Matilde, Neruda stesso con alcuni testimoni e amici. Neruda è stato un grande poeta, non solo per le sue opere e per la sua vita ma anche, e forse soprattutto, perché in grado di raccogliere attorno a sé l’intero popolo cileno. Neruda, infatti, è riuscito a squarciare le tenebre in cui voleva sigillarlo la dittatura di Pinochet: il suo funerale è stato il primo momento dal golpe in cui i cittadini cileni, rischiando ripercussioni da parte del regime, osarono disubbidire al coprifuoco e alla sorveglianza militare, inneggiando al loro poeta e a Salvador Allende. Le memorie di Neruda si trovano nel libro Confesso che ho vissuto pubblicato postumo nel 1974.

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Sepúlveda, Luis; Sicco, Renzo: Il funerale di Neruda: garofani rossi per Pablo. El funeral de Neruda: claveles rojos para Pablo. Claudiana, Torino 2013, 136 pagine, 12,90 €.


Non impariamo mai nulla intervista a Simona Baldelli

di Daniele Campanari

“Significa tornare a vedere, sentire, parlare esattamente come se si tornasse ad avere cinque anni”. Tra le altre cose, ho chiesto a Simona Baldelli cosa significasse scrivere un romanzo dal punto di vista bambino. Poi mi ha raccontato di Evelina, delle fate, e della venuta al mondo del suo primo libro grazie al Premio Calvino. Una venuta particolare perché all’improvviso, dopo la poca considerazione editoriale. Cominciamo da qui, da Evelina e le Fate (Giunti – 2013): è il tuo romanzo d’esordio, il primo e finalista al Premio Calvino 2012. Tra le altre cose c’è la Seconda Guerra Mondiale, c’è l’ambientazione italiana, ci sono gli sfollati, le bombe. E poi c’è Evelina, 5 anni: una bambina. Chi è Evelina?

visibili da tutta la famiglia. Come dico spesso, tutto quello che è narrato in “Evelina e le fate” è accaduto davvero. Fate incluse. Io mi sono limitata a dar loro un nome.

Tutti siamo stati bambini con emozioni e sensazioni varie. Qualcuno ha vissuto pure la guerra. Ma cosa significa racEvelina è mia madre che aveva esattamente cinque anni nel ’44, contare con gli occhi, le orecchie, i gesti e poi parole di una anno in cui è ambientata la storia e viveva proprio in quel caso- bambina? lare a Candelara, un paese nei pressi di Pesaro, che è il teatro di tutte le vicende che narro. Quasi tutti gli episodi che racconto Significa tornare a vedere, sentire, parlare esattamente come se sono accaduti lì o comunque in quella zona. Ai racconti di mia si tornasse ad avere cinque anni. Posso dire che, per quel che madre e mio padre (che è Giorgio, il bambino di otto anni che concerne la scrittura, la scelta del linguaggio è stata in qualche fa la vedetta per i partigiani che appare in un capitolo del libro) modo la “fatica” maggiore. ho aggiunto alcune notizie ed altri materiali che mi sono stati Avendo deciso da subito di integrare la storia con alcuni dialoghi forniti dall’ANPI di Pesaro. Come vedi, non ho faticato molto in dialetto, per dare maggiore veridicità e colore alla storia, ho per trovarla, questa storia. dovuto scrivere il romanzo mantenendo sia la fedeltà alla lingua che la coerenza con la “soggettiva” (per usare un termine cineDetto chi è Evelina dobbiamo pure dire chi sono le fate… matografico) di Evelina. Poiché il punto di vista era quello di una bambina di cinque anni, contadina, analfabeta, che non ha Tutto il nostro Paese (l’Italia, intendo) è costellato di zone dove mai visto nulla se non l’aia nella quale vive, mi sono imposta di vivono “presenze” come quelle che descrivo nel romanzo, e, che usare solo ed esclusivamente dei vocaboli che potessero essere tu ed i lettori lo crediate o meno, a Candelara sono piuttosto fa- credibili nella sua testa e nella sua bocca. Ad un certo punto mi cili da incontrare. Tuttora. Figure come quelle del libro, la Nera sono accorta che non potevo usare termini semplici come “pere la Scèpa, abitavano davvero in casa di mia madre ed erano plesso”, “moltitudine”, “frequente” ed infinite altre… insomma,


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la fatica maggiore è stata quella di costruire un linguaggio ricco ed articolato utilizzando un bagaglio estremamente povero di vocaboli. Spero di esserci riuscita. Inoltre, poiché le vicende che narro sono materia che tutt’oggi dà luogo a discussioni e polemiche (visto che ancora non siamo riusciti a fare i conti con il periodo che va dalla Resistenza all’immediato dopoguerra) avevo la necessità di mantenere uno sguardo il più possibile neutro. Ho usato la soggettiva di Evelina proprio come fosse una telecamera che si limitava ad osservare e filmare i fatti, senza preconcetti, pregiudizi o sovrastrutture culturali. La bambina non può avere e non ha opinioni “precotte”, quindi permette al lettore di farsi le sue. Ammetto che, da lettrice, non ne posso più di scritti nei quali non mi vengono sottoposti fatti e storie, ma si cerca soltanto di vendermi opinioni. E questo lo trovo insopportabile. Non volevo, quindi, commettere questo errore io stessa…

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ti sotto terra. Premi letterari: sì o no e perchè? Certamente sì. Poiché seri, chiaro. Ti porto il mio personale esempio: quando ho mandato il manoscritto al Premio Calvino, contemporaneamente l’ho inviato a una decina di case editrici, fra grandi e piccole. Nessuna risposta. Poi, quando il mio nome è stato pubblicato fra quelli dei finalisti al Calvino, sono stata cercata da una schiera di editori, molti dei quali avevano già ricevuto da mesi il manoscritto… Insomma, se non ci fosse stato il PIC, credo che avrei avuto una gran difficoltà a pubblicare “Evelina e le fate”, forse sarebbe accaduto fra anni, forse mai, sicuramente non con una casa editrice prestigiosa come Giunti. E certamente non sarei, ora, a pochi mesi dall’uscita del prossimo. I Premi sono un modo per mettere in rete i vari soggetti dell’editoria, editori, scrittori, critici, lettori… che c’è che non va? Certo, vi sono premi che nascono con l’unico scopo di incassare la “tassa di iscrizione a parziale copertura delle spese di segreteria…” come dicono molti. Ma quelli sono facili da stanare, basta leggere lo Statuto delle Associazioni che li promuovono.

Ho preso queste righe da Evelina e le fate. Non dico in quale parte; ma le ho prese: “Facevano tutti un gran rumore, specialmente quelli che suonavano le trombe delle moto e delle macchine. Quelli che stavano più lontani, già sulla via per il mare, non parevano neanche dei cristiani. Erano formiche che andavano una dietro l’altra a infilarsi sotto terra”. Ci vedo due momenti: il rumore che è gioia e non più guerra; la ritirata sotto coperta degli uomini formica. Credo che siano Chi è il tuo scrittore preferito? immagini bellissime ognuna col prodotto suo. Immagini poetiche, vere… John Fante ed in particolare adoro “Aspetta primavera. Bandini”. Queste righe che hai scelto sono le mie preferite e, per quanto riguarda il “mio” punto di vista, posso dire che è la mia esatta posizione circa le vicende che ho narrato. Inoltre, aggiungo che ho scritto del ’44 con lo sguardo ben aperto sul presente, per arrivare a verificare che Vico aveva davvero ragione. Solo che ora i “corsi e ricorsi storici” sono sempre più brevi. Non impariamo mai nulla, dimentichiamo troppo. Ripetiamo gli stessi errori anche a distanza di pochi anni, abbiamo una memoria più breve di quella dei pesci rossi nella boccia di vetro. Per quello stiamo, secondo me, ancora infila-


RB magazine Quando ho letto quel libro ho provato una specie di folgorazione, davvero, e mi sono detta: voglio provarci anch’io! Riesci dunque ad immaginare l’emozione quando, lo scorso 23 agosto, ho ricevuto il Premio Letterario John Fante, e proprio dalle mani dei figli, Dan e Victoria? Capitolo spinoso: pubblicazione a pagamento: cosa ne pensi? Non mi sento di demonizzare chi sceglie l’autopubblicazione per cercare di emergere. Oppure, semplicemente, per soddisfare il proprio ego o la vogla di vedere il proprio nome stampato su una copertina. Ognuno è libero di investire/spendere i propri euro come crede, Chi si concede una vacanza alle Seychelles, chi pubblica la biografia del “caro estinto”. Lo trovo legittimo, che male c’è? Vorrei solo un po’ più di onestà da parte delle case editrici. Credo che sarebbe molto più rispettoso, non solo per gli scrittori ma specialmente per i lettori, se sulla copertina ci fosse una segnalazione che indica se il libro è stato acquistato dalla casa editrice oppure se lo scrittore ha pagato per essere pubblicato. Alcune case editrici hanno ideato un logo che dice NOEAP (No Editoria A Pagamento) che dovrebbe per legge (a mio parere) essere inserito sulle copertine dei libri che non sono stati pubblicati con il finanziamento diretto dello scrittore. Spesso i libri editi con il sistema dell’autopubblicazione, non hanno subito nessuna selezione, sono fatti a volte senza cura, non hanno avuto editing, correzione di bozze, sono pieni di errori, strafalcioni, non tutti, chiaro, ma la maggior parte sono così, poiché vengono pubblicati non perché un editore crede ed investe su un autore, ma perché rappresenta semplicemente un “business”. I lettori dovrebbero sapere tutto ciò. E poi scegliere. Pensa a te come scrittrice all’esordio e di dare tre consigli. Non a una persona a caso. Ma a un aspirante scrittore che vuole pubblicare il romanzo che ha scritto e che è accomodato nel cassetto… Allora, ammetto che sto per fare una sorta di “copia e incolla” con quanto rilasciato in un’altra intervista, ma sono cose nelle quali credo fermamente e poi, in fin dei conti, copio solo da me stessa… dunque: Leggere, leggere, leggere. Poi, salire sui mezzi pubblici per ascoltare la gente quando è stanca, arrabbiata, sconfortata e quindi parla senza filtri e difese (vengono fuori le verità più assolute), non avere mai idee preconcette e navigare a vista, mangiare cibi sempre diversi (le spezie, oh, le spezie!) e capire perché un vino è sempre diverso dall’altro, ascoltare molto e parlare il giusto; andare al cinema, camminare, possibilmente avere un animale in casa, aiutare gli amici. Provare ad occuparsi delle piccole cose domestiche come cambiare un interruttore della luce che non funziona o sturare un lavandino. Ballare e

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cantare, meglio se contemporaneamente. Essere curiosi, curiosi, curiosi. Fare lavorare meno il cervello e più le mani, gli occhi, la bocca e le orecchie. I pensieri sono brutti da leggere, sanno di pistolotto fatto la domenica mattina da un prete svogliato. I pensieri non si vedono, le cose sì. Meno aggettivi e più sostantivi. Scrivere preferibilmente quando si è un po’ arrabbiati (non tristi, ché si è noiosi, ma arrabbiati!), scrivere quando si è felici, ma poi rileggere quando si è arrabbiati! fare leggere le proprie cose a poche e fidate persone, ascoltare tutti ma non dare retta a nessuno, tener conto delle opinioni altrui, ma fare di testa propria. La gente ama sentirsi parlare e non appena può dare un parere… infine, sperare nella fortuna. Certo, promuoversi da soli, bussare alle case editrici, alle agenzie, farsi conoscere attraverso blog et similia… ma è dura, dura, dura (a meno di avere tanti Santi in Paradiso…) mandare i propri scritti a festival e concorsi. E sperare di essere finalisti al Premio Calvino, perché allora, qualcosa succede davvero.


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La cara vecchia Repubblica


di Diego Rosato Tra i nerd della Galassia non è difficile trovarne alcuni che siano contemporaneamente fan di Star Wars ed appassionati di videogiochi... Sì, va bene, abbassate la mano, vi ho visto! Era solo un'introduzione! Quello che volevo dire è che uno dei primi effetti dell'acquisizione da parte della Disney della casa di produzione di George Lucas è stata la chiusura nell'Aprile scorso della LucasArt, celebre casa di produzione videoludica nota per Monkey Island, ma anche per diversi giochi relativi a Star Wars. In particolare, dall'unione con la Bioware, è nata la saga ambientata nella vecchia Repubblica, composta da tre giochi di ruolo, “Star Wars – Knights of the Old Republic”, “Star Wars – Knights of the Old Republic 2: The Sith Lords” e il MMO “Star Wars – the Old Republic”. Quest'ultimo gioco, uscito nel 2011, è ambientato circa 3.500 anni prima la battaglia di Yavin (“Star Wars - Episodio IV: Una nuova speranza”) e racconta degli eventi successivi all'attacco alla Repubblica da parte del redivivo Impero Sith, attacco culminato con il sacco di Coruscant, la fuga dell'Ordine Jedi su Thyton e il trattato di pace che ha messo in crisi la Repubblica stessa, ora costretta a leccarsi le ferite. Mentre l'Imperatore continua le sue losche trame ed i Jedi cercano di ricostruire le difese perdute, la tensione tra le due fazioni sale inesorabilmente. Scaricando il software (disponibile solo per sistemi Windows), il giocatore potrà decidere se schierarsi con la Repubblica o con l'Impero e, come in ogni gioco di ruolo, scegliere una tipologia di personaggio più adatto al suo stile di gioco. È possibile giocare gratuitamente, ma con delle forte limitazioni: per accedere a tutte le funzioni del gioco, l'utente deve pagare un abbonamento mensile, oppure acquistare almeno 5 € di crediti per accedere a una versione intermedia (qualche limitazione in meno della free). Il motivo per cui questo videogame, nonostante sia un po' in crisi di introiti, si è guadagnato di diritto un posticino sulla nostra panchina è che, come spesso accade nell'universo espanso di Guerre Stellari, da esso sono nati tre romanzi recentemente pubblicati dalla Multyplayer.it: Alleanza fatale, di Sean Williams Inganno, di Paul S. Kemp Revan, di Drew Karpyshyn Nei prossimi articoli vi parlerò di questi libri.


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Lucas in salsa Asimov

Vi è mai capitato di pensare a quante affinità ci sono tra l'Impero Sith e la Repubblica Jedi? Due caste di sacerdoti guerrieri che lottano per imporre la loro visione alla Galassia, arruolando bambini, strappati alle famiglie; due strutture fortemente gerarchizzate e burocratizzate; due codici antitetici, ma simmetrici. Forse proprio per questo, oltre tutte le differenze e le diffidenze, in caso di un'estrema minaccia, perfino Jedi e Sith arriverebbero ad allearsi... almeno temporaneamente. Dopo la guerra terminata col sacco di Coruscant ed il susseguente trattato che ha umiliato la Repubblica, un pirata che lavora per conto degli Hutt si imbatte in una misteriosa nave senza insegne che preferisce autodistruggersi, piuttosto che lasciarsi abbordare. Il pirata tuttavia riesce a recuperare alcuni reperti del relitto, che gli Hutt decidono di mettere all'asta. Delegati della Repubblica, emissari dell'Impero, un Jedi accompagnato da una ex-soldatessa ed un misterioso mandaloriano sono tutti interessati al computer di bordo di quella nave ed alla rotta che dovrebbe aver registrato, eppure c'è qualcosa di molto più interessante ed inquietante all'asta, qualcosa che costringerà i maggiori eserciti della galassia ad unirsi per sopravvivere. Qualche tempo fa vi ho parlato di un certo Isaac Asimov e, tra le altre cose, vi avevo detto che anche Star Wars ha attinto dal suo repertorio. Se vi capitasse di leggere “Alleanza fatale” di Sean Williams, già autore della saga de “Il potere della Forza”, trovereste questa mia affermazione ancora più fondata. Sinceramente non so quanto l'autore avesse in mente l'opera dello scrittore americano, ma io, soprattutto nella seconda parte del libro, non ho potuto fare a meno di pensare al Ciclo dei Robot, in particolare a “Io, robot” ed in generale agli “esperimenti” di Asimov sulla possibilità

di autoevolvuzione delle forme di vita artificiali. Il perché non posso dirvelo, senza anticiparvi troppi dettagli. “Alleanza fatale” di Sean Williams, MulComunque, sia che si tratti tiplayer.it, 520 pagg, 19,00 euro di un omaggio voluto o di una semplice coincidenza, l'idea di Williams non è affatto male ed aggiunge alla saga quel tocco di novità che rende la consueta lotta tra Lato Chiaro e Lato Oscuro della Forza meno banale e prevedibile. La storia, insomma, è ben congegnata e la gran quantità (e varietà) di personaggi rende l'intreccio particolarmente avvincente, per fortuna, perché altrimenti ben cinquecento pagine non finirebbero mai, invece mi sono ritrovato per più di una volta a notte fonda a dover chiudere il volume controvoglia.


Amore e forza non vanno d’ accordo Solitamente nei romanzi mi piace il cattivo. Sarà per una propensione al Lato Oscuro o solo perché molto spesso nelle storie che leggo il buono è un personaggio piatto, monolitico, predeterminato. Senza contare che di solito è il cattivo a dare il via alla storia, ad iniziare il conflitto a creare scompiglio. Un buon esempio di ciò che voglio dire è rappresentato da “Inganno”, il secondo romanzo della saga di Star Wars “Old Republic”, scritto da Paul S. Kemp Nell'anno 3656 prima della Battaglia di Yavin, dopo decenni di Guerra tra la Repubblica Jedi e l'Impero Sith, le due fazioni stanno trattando la pace su Alderaan. Durante le trattative, però, un manipolo di Sith guidato dal feroce e spietato Darth Malgus e dalla sua compagna schiava Eleena fanno irruzione nel tempio Jedi su Coruscant, la capitale della Repubblica, uccidendo tutti i Jedi presenti e radendolo al suolo. È l'inizio dell'attacco noto come il Sacco di Coruscant, che durerà tre giorni e porterà a dure condizioni di resa per i Jedi. Durante questi tre giorni, Darth Malgus combatterà contro gli intrighi politici della corte imperiale, ma dovrà anche stare attento ad una Jedi ribelle che ha giurato di vendicare il suo Maestro ed un contrabbandiere di spezia deciso a violare il blocco imperiale per assicurare un futuro migliore alla sua famiglia. Dicevo appunto del cattivo: Darth Malgus. Se nel romanzo non mancano le citazioni (il contrabbandiere corelliano, ex militare, accompagnato da una Jedi non ancora completamente matura vi dice niente?), dall'altra il Signore dei Sith protagonista della storia può ricordare inizialmente il più famoso Darth Vader, per via del residuo di bontà, anzi, di amore, che c'è in lui, ma, rispetto a questi, Malgus ha una propensione all'odio ed una risolutezza ben maggiori... e ben più tragiche.

“Inganno” di Paul S. Kemp, Multiplayer.it, 315 pagg, 15,00 euro

E di Lato Oscuro, o quanto meno grigio, dovremmo parlare anche per quanto riguarda i “buoni”, un ex soldato che, dopo la morte della moglie, non fa che precipitare in una spirale di debiti ed accettare lavori abietti, e una Jedi decisa a mettere da parte il suo Ordine per vendicare la morte del suo maestro, cedendo all'ira. La struttura del libro è divisa nei tre giorni del Sacco, con un ritmo incalzante, appena rallentato da alcune descrizioni, ed uno stile semplice e diretto, come si conviene ad un buon romanzo di avventura. Resta un po' di curiosità per la sorte di alcuni (uno in particolare) personaggi, ma la storia merita davvero di essere letta.


Lato Oscuro, andata e ritorno quarantacinque

L'universo di Star Wars è pieno di Jedi che avvertono chiunque sui pericoli del Lato Oscuro, soprattutto sull'impossibilità di salvarsi una volta ceduto ad esso. Eppure ci sono Jedi come Yoda e Windu capaci di attingere al Lato Oscuro senza perdervisi ed altri che hanno abbandonato il Lato Chiaro per poi farvi ritorno, come Darth Vader e lo stesso Luke Skywalker. Tra di essi spicca uno dei più potenti Jedi mai esistiti, Revan, cui è dedicato un romanzo di Drew Karpyshyn, autore della trilogia di Darth Bane. Nella vecchia Repubblica, quando la Guerra dell'Iperspazio sembra solo un lontano ricordo, Revan, Jedi assurto alla gloria per aver sconfitto i Mandaloriani e poi caduto nell'onta per essere passato al Lato Oscuro ed aver tentato di conquistare la galassia, è stato ufficialmente riabilitato per aver fatto ritorno al Lato Chiaro della Forza, ma a prezzo di perdere i ricordi di ciò che era

accaduto. Eppure in lui si agita un presagio, forse i residui di una memoria che sta tornando, in merito ad una terribile minaccia che incombe sulla Repubblica. Nonostante le difficoltà, Revan decide di lasciare una moglie incinta per partire alla ricerca della misteriosa minaccia e neutralizzarla, trovandosi contro Jedi, Mandaloriani e Sith. Che un personaggio come Revan meriti di essere approfondito e sviluppato è ovvio e non a caso è uno dei personaggi più celebrati dai fan, pur non essendo comparso nei film: un Jedi potentissimo, uno dei pochi che, seppur a caro prezzo, ha raggiunto la consapevolezza che i due Lati della Forza sono due facce complementari della stessa medaglia. Un eroe ed una canaglia, forse il più umano degli Jedi. Il romanzo sfiora gran parte degli eventi della vita di Revan ante-


“Revan” di Drew Karpyshyn, Multiplayer.it, 350 pagg, 15,00 euro

cedenti alla fine della guerra contro Darth Malak, eventi in cui si accenna nel volume e che quindi richiederebbero un minimo di conoscenza del personaggio per permettere una maggiore comprensione della narrazione. Il racconto procede secondo i punti di vista dello stesso Revan e di Darth Scourge, un signore dei Sith che si imbatterà quasi per caso nelle vicende del protagonista e finirà per influenzarne irrimediabilmente il destino. Un gran bel romanzo, che solo non basta a colmare le curiosità sul suo protagonista.


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Attendo la primavera ventiquattro fotogrammi al secondo di Francesca Cerutti

Ultimi fuochi d’autunno e primi bagliori di primavera: ma cosa ci attende al cinema? Febbraio e marzo si preannunciano ricchi di interessanti novità e di ritorni assolutamente da non perdere! Tra remake, supereroi, film biografici in questi due mesi al cinema troverete film per tutti i gusti. Il mese denominato “degli innamorati” comincia con RoboCop, approdato per la prima volta sul grande schermo nel 1987, torna diretto da José Padilha, un cult che gli appassionati del poliziotto-robot non potranno

di certo perdersi. A firmare la regia di un nuovo film ci saranno anche i fratelli Cohen con A proposito di Davis, incentrato sulla vita di un musicista folk degli anni ’60 che ha mosso i primi passi nel Greenwich Village. Omaggio al fotoreporter e regista Tim Hetherington da parte di Sebastian Junger che porta sul grande schermo il documentario dal titolo Which Way is the Front from Here? The Life and Time of Tim Hetherington. Per gli amanti di Verdone, il regista torna nelle sale cinematogra-


t r e n t uno

fiche italiane con Sotto una buona stella che vede tra gli attori protagonisti anche la bravissima Paola Cortellesi, il film racconterà la storia di un ricchissimo broker che si ritrova a dover abitare con i propri figli e i nipoti dopo aver perso lavoro e moglie nel giro di soli due giorni. Mentre per gli amanti della Lego e soprattutto per tutti quelli che sono cresciuti in mezzo ai mattoncini colorati, improvvisandosi architetti, è impossibile perdersi The Lego Movie di Phil Lord, Chris Miller e Chris McKay che vedrà protagonisti molti degli omini più famosi del mondo Lego. Perla del mese di febbraio e sicuramente il film molto atteso dagli amanti di Mary Poppins è Saving Mr. Banks di John Lee Hancock, che propone di raccontare l’incontro tra la scrittrice P. L. Travers e il signor Disney e di come hanno costruito insieme il film Mary Poppins, film che ci ha insegnato quella parola di trentatre lettere che è stato il nostro rompicapo senza senso di quando eravamo bambini: supercalifragilistichespiralidoso. Marzo pazzerello porta con sé, oltre alla primavera tanto attesa, il nuovo film di Ferzan Ozpetec, una brillante commedia dal titolo Allacciate le cinture, per gli amanti dei videogiochi in sala ad attenderli ci sarà Need for Speed di Scott Waugh, film ispirato all’omonimo videogioco. Ritorna Spike Jonze con Her, la storia di un uomo che si innamora della voce di un computer. Grace di Monaco diretto da Oliver Daban ci racconterà la storia della principessa più celebre ed elegante di tutti i tempi: la bellissima e bravissima attrice Grace Kelly.

RB magazine Sempre di genere biografico è il film For No Good Reason di Charlie Paul con Johnny Depp e Therry Gilliam, che racconta la storia dell’illustratore e caricaturista inglese, personaggio molto significativo che ha segnato profondamente il mondo dell’arte. Tra i film più attesi è da segnalare anche l’ultima fatica di Wes Anderson, The Grand Budapest Hotel, ambientato alla fine degli anni Venti, il regista ha dichiarato di essere stato fortemente influenzato dall’età dell’oro di Hollywood, il periodo in cui lavoravano registi come Lubitsch e Billy Wider, periodo che riprenderà proprio in questa nuova opera. Gli amanti dei fumetti Marvel non resteranno a bocca asciutta, arriva infatti nelle sale il sequel di Captain America, dal titolo Captain America – Il soldato d’inverno diretto da Anthony Russo e Joe Russo; il primo episodio non ha riscosso grande successo presso i fan, però ci auguriamo che il secondo sia nettamente superiore. Questi e molti altri sono i film che troverete in sala tra febbraio e marzo, una programmazione sicuramente supercalifragilispichestiralidosa. Non rimane altro da dire, solo…Buona visione!


Anteprima: Fumetti di versi la prima graphic novel made in italy di poesia


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di Simone Di Biasio La poesia non ha alcun problema. Semmai è il mercato ad avere problemi con la poesia.

Probabilmente Alda Merini questo proprio non se lo aspettava. Credo non se lo aspetterebbero nemmeno poeti viventi, tra i più grandi italiani contemporanei, come Damiani, Rondoni, Calandrone, Zeichen. Però qualcosa di simile la Merini aveva iniziato a farlo: segnare sul muro della sua stanza da letto - con il rossetto - i numeri di telefono più utili per alleviare la sua solitudine. Questa volta ad essere disegnati non sono esattamente cifre, ma i versi stessi. Ebbene sì, a Gennaio la Nino Aragno editore proporrà la prima graphic novel tutta italiana di poesia e noi di Reader’s Bench vi sveliamo qualche anteprima con questa intervista a Nicola Bultrini, poeta egli stesso e ideatore di questa storia.

È giusto che la poesia faccia la poesia anche altrove? È sempre stato l’unico genere restio a certe ibridazioni.

L’idea di una graphic novel (la prima) dedicata interamente ed esclusivamente alla poesia nasce dall’incontro con Mauro Cicarè, un bravissimo pittore ed anche fumettista. Con lui condivido la curiosità di sperimentare linguaggi nuovi, anche formati dalla commistione di linguaggi già noti. La storia è ambientata in un futuro ipertecnologico che vorrebbe escludere la poesia dalla vita dell’uomo. Un intervento misterioso lascerà invece che la poesia torni all’uomo. È ovviamente una trama di fantasia, ma attinge ad una paura reale. Il nostro, pur nella leggerezza di un fumetto, vuole essere un inno alla poesia e allo stesso tempo una rivendicazione del suo spazio. Naturalmente questo può e deve essere riferito anche all’arte in generale.

Secondo te perché oggi soffre così tanto la poesia? A me sembra che ce ne sia gran voglia (accantonando ciò che distingue la poesia dalla non-poesia), eppure non vende. Dov’è il punto della questione?

Non direi. Il teatro classico era in versi, la musica e la poesia interagiscono tantissimo (e non mi riferisco al genere della “canzone”). Del resto, la poesia è sempre sé stessa, una necessità insopprimibile. Lo dimostra il fatto che è stata scritta e letta grande poesia anche nelle situazioni più tragiche ed estreme. È stata scritta e letta poesia anche ad Auschwitz. Ungaretti ha scritto le sue cose migliori nel fango di una trincea. Figuriamoci se la poesia può trovarsi a disagio in un fumetto. Cicarè ha un tratto forte e originale che riesce ad caratterizzare in maniera efficacissima Fantasy e mistero, con al centro la poesia, a fumetti. Perchè? l’umanità dei personaggi, anche quelli “periferici”.

Ma la poesia in un fumetto come ci sta? Benissimo, direi. Preciso che non si tratta di un’antologia e, nella scelta dei testi poetici, non è stata fatta alcuna scelta né di stile né di qualità. Certo, abbiamo operato un taglio (della storia, dei personaggi) disinvolto, niente affatto accademico. I soggetti che agiscono sono i poeti, ma non c’è un protagonista principale. Per i volti dei poeti ci si è liberamente ispirati ad alcuni dei nostri maggiori poeti contemporanei. I quali peraltro ci hanno fatto dono dei versi inediti che sono inseriti nel testo. Insomma, tutto per dire che la poesia esiste in carne ed ossa.

La poesia non ha alcun problema. Semmai è il mercato ad avere problemi con la poesia. La questione è annosa e difficile da decifrare chiaramente. Tra l’altro bisogna anche fare distinzioni da paese a paese. In Iran, per fare un esempio, non è affatto così: i poeti sono famosissimi e un libro può diventare un best seller da decine di migliaia di copie vendute, in poche settimane. Qui da noi entrano in gioco varie componenti che vedono coinvolti diversi soggetti. Dalla scuola, all’editoria, ai media. Tutti sono prontissimi a lamentare le difficoltà di veicolare la poesia. Poi si scopre che il pubblico dei fruitori di poesia è immenso. Certo, non bisogna accontentarsi di assistere ad un recital, bisogna prima di tutto leggere, e in questo vincere una pigrizia spesso indotta dal sistema dei consumi in cui viviamo. Ma è un fatto certo che una moltitudine enorme di persone nutre una sincera e istintiva sensibilità verso la poesia. I poeti si lamentano di non avere spazio, però poi quando gli si concede spazio spesso lo usano per …lamentarsi di non avere spazio! Forse vorrebbero fare grandi numeri nelle vendite. Ma perché? È un paradosso che (anche da poeta) trovo incomprensibile. Chi scrive poesia lo fa per una necessità viscerale e incondizionata. Quando Leopardi




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ha scritto L’infinito, non credo proprio si sia preoccupato delle ed ossa, che “accade” una volta al mese. L’attenzione è dedicata vendite o di essere invitato a qualche talkshow! alla poesia, alla narrativa, alla saggistica, all’arte, alla musica. E lo scopo è di coinvolgere il pubblico in un incontro materiale Insieme ad altri redattori hai fondato la rivista “Viva”, che con l’arte. Ovviamente ci sono gli ospiti, ovvero gli autori, che per la poesia è già una dichiarazione d’intenti. E non è né di testimoniano quindi del lavoro silenzioso, ma operoso, dell’arcarta, né digitale, ma fisica. Il destino della poesia? tista. Però al pubblico diciamo sempre, alla fine degli incontri, di non sentirsi sazi e di riprendere questo incontro da soli, in un Il destino della poesia è già dato. È canto, parole, lingua, che tra- rapporto diretto e non mediato, con l’opera d’arte. L’arte è viva ducono sentimenti, emozioni, visioni. È una cosa scritta, e così più che mai, è parte della vita dell’uomo, dall’origine del mondo sarà sempre. Nessun social network la potrà cambiare. ad oggi. Certo, si trasforma, utilizza strumenti sempre nuovi, ma VIVA è un’esperienza emozionante. Stas’ Gawronski, Claudio nella sostanza rimane fedele a sé, perché l’uomo, nei vizi e nelle Damiani e Pino Salvatori ed io diamo vita ad una rivista in carne virtù, è sempre lo stesso.


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NICOLA BULTRINI è nato nel 1965 a Civitanova Marche, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato le raccolte di versi La coda dell’occhio (Marietti, 2011), I fatti salienti (Nordpress, 2007). La sua raccolta Occidente della sera è presente nell’VIII° Quaderno Italiano di Poesia Contemporanea (Marcos y Marcos, 2004). Per la poesia ha vinto il Premio Montale, sezione "Inediti", edizione 2002. Sue poesie e scritti vari sono stati pubblicati su riviste (tra cui "Poesia", "Nuovi Argomenti", "Galleria"). Alcune traduzioni di poeti iraniani contemporanei sono state da lui curate con Chiara Riccarand e pubblicate su "Poesia" e "Testo a fronte". Alcuni racconti sono stati pubblicati su "Il Racconto". Scrive per i quotidiani “Il Tempo” e “L’Avvenire”. Come studioso della Prima Guerra Mondiale, ha pubblicato per Nordpress Edizioni vari saggi, tra cui.: La grande guerra nel cinema (2008 – prefazione di Mario Monicelli); Pianto di pietra – la grande guerra di Giuseppe Ungaretti (2007 – prefazione di Andrea Zanzotto); Gli Ultimi – i sopravvissuti ancora in vita raccontano la Grande Guerra (2005); L’ultimo fante – la Grande Guerra sul Carso nelle memorie di Carlo Orelli (2004). MAURO CICARE’ è nato nel 1957 a Macerata, vive e lavora a Civitanova Marche. E’ disegnatore di fumetti, illustratore e pittore. Ha realizzato libri di illustrazione e fumetto tra cui: Fuori di Testa (Editori del Grifo, 1993), Le forbici di Paolino su testi di Vincenzo Mollica (Edizioni Di, 1999), Quasi (Edizioni Di, 2001), Fellini Sognato (aa.vv. - Grifo Edizioni, 2002), L’enigma del condominio (Nicola Pesce Editore, 2007), La partita, con un testo di Ascanio Celestini, (Editrice Tricromia Roma, 2008), Zero Tolleranza (aa.vv. - Becco Giallo, 2008), Eddy Mano Pesante (NPE, 2009), Dupa Grave et la chat Mimine (aa.vv. - Ed. La Debrouille, Francia, 2010), Sibilla di Fabio Santilli (Art. & Co. 2010), Angelo Nero, su testi di Angelo Ferracuti (il manifesto-Alias/Edizioni BD, 2010/11/12), Le avventure del Gigante Morgante (Edizioni Di, 2012), Tutto Fuori di Testa (Edizioni Di, 2013). Ha collaborato come illustratore con varie case editrici tra cui Utet Librerie, Giulio Einaudi Editore, Feltrinelli Editore, illustrando copertine di libri per Paolo Nori, Ermanno Cavazzoni, Stefano Benni, Eduardo Mendoza, Manuel Vàzquez Montàlban e altri. Ha pubblicato su Frìzzer, Tempi Supplementari, Frigidaire, L’ Eternauta, Il Grifo, Heavy Metal USA, Il Caffè Illustrato, Panorama Economy, La Repubblica, Alias, il manifesto, Global Magazine, Il Falcone Maltese. Ha esposto la sua produzione grafica e pittorica in gallerie private e istituzioni pubbliche, sia in Italia che all'estero. Insegna Fumetto all'Accademia di Belle Arti di Macerata. Sito web: www.maurocicare.it


A caccia di piante rare e di storie un di Nicoletta Tul

Royal Botanic Kew Gardens, Londra, un piccolo angolo di Paradiso Tropicale nel centro della bucolica cittĂ Inglese. Una meta obbligatoria se prevedete di passare un fine settimana a Londra e se come me siete appassionati di piante e botanica, ma credetemi se non lo siete dopo aver visitato i Kew Gardens ed aver letto "Cacciatori di Piante" lo diventerete di sicuro! Questi giardini sono Patrimonio dell' Unesco e sono il concentrato di tutte le ricerche e scoperte botaniche fatte dai ricercatori

Inglesi fra il Seicento ed il periodo Vittoriano, qui arrivavano piante esotiche da ogni angolo del Mondo, spesso trafugate e rubate come preziosi tesori. I giardini sono uno spazio enorme che comprende moltissime serre come quelle delle Palme, dei fiori acquatici, la Waterlily House, la Bonsai House e la Alpine house, oltre alla pagoda cinese inaugurata nel 1761, l'orto botanico e l'arboreum, dal 2000 c'è anche la famosa banca dei semi che custodisce semi preziosi di piante rare o in via di estinzione.


niche

Visitare queste serre è un'emozione in ogni periodo dell'anno, silenziose e bianche d'inverno, rigogliose e verdissime in estate, profumate ed incantevoli in primavera, per non parlare dei colori degli alberi giapponesi in autunno. Ma per saperne di più prima di partire vi consiglio un libro davvero stupendo scritto a quattro amni da Mary Gribbin e John Gribbin, "Cacciatori di Piante", Scienza ed Idee,euro 26,p. 347. Vi avevo già parlato di queste figure affascinanti, uomini e don-

ne che a bordo di navi e galeoni, vanno acaccia di piante esotiche per conto della Regina, se ne parla in "For all the tea in China" che racconta la storia di Robert Fortune o nel "Fiume dell'oppio" di Amitav Gosh dove i destini di cacciatori di piante di incrociano con quelli dei commercianti di oppio, tè e spezie. Le gardenie, le orchidee, le magnolie, il tè, i selvaggi rododendri, i dolci mandarini cinesi, i bambù, glicini, corniole, iris, canne, peonie, azalee, caprifogli, crisantemi, insomma la lista dei tesori trafugati dall'Oriente e portati a noi tramite questi valorosi e coraggiosi personaggi è praticamente infinita. Molte piante introdotte in Europa dai cacciatori hanno innescato passioni per i giardini alla giapponese o all'orientale, tanto che in epoca Vittoriana nei giardini della dame più in vista non potevano mancare l'Anemone Japonica, la Camelia Japonica o la Mahonia Japonica, anche la Regina Vittoria ne andava matta! Delle undici vite narrate nel libro, una in particolare è interessante, la botanica e pittrice Marianne North i cui magnifici dipinti ancora adornano i Kew Gardens e che ricca e colta scienziata inaugurò i primi viaggi al femminile in giro per il Globo all'insegna della scienza e della scoperta. Una donna colta ed aristocratica (diversamente all'epoca era molto difficile che una donna potesse intraprendere un viaggio simile) ma anche ribelle che lotto contro la società maschile e femminile per poter continuare a viaggiare il Mondo per scoprire e dipingere nuove varietà di piante. Il giardino alla Marianne è noto a tutti i grandi appassionati, un tripudio di Passiflore, amarillidi, noci moscate, scarpette di Venere e Sigilli di Salomone.. insomma un giardino da sogno, apoteosi di opulenza e bellezza.


Reader’s Kitchen

di Clara Raimondi



RB magazine Torniamo tra pentole, fornelli e libri per la rubrica più gustosa e divertente di Reader’s Bench Magazine. Prendiamo il via con tre libri e tre cuochi che si dividono tranquillamente tra le loro cucine e la tv per regalarci i loro trucchi, le loro ricette e i loro pareri sul pianeta cibo. Iniziamo questa carrellata con Simone Rugiati, volto noto della tv che arriva in libreria con Casa Rugiati. Gli ingredienti dello chef, famoso per le sue cene/happening, sono semplici: prodotti di stagione, rispetto per gli ingredienti, ricette semplici. E’ con queste regole basilari che Simone Rugiati ci porta a casa sua, dove tra cene e pranzi con la famiglia e gli amici, ci farà comprendere, fino in fondo, l’importanza di curare con la massima attenzione il cibo che portiamo a tavola. 120 ricette e un intero anno per scoprire i segreti della sua cucina attraverso il susseguirsi delle stagioni. (Casa Rugiati, Rizzoli, 207 pagg, 16,90 euro). Si può raccontare la propria biografia attraverso le proprie ricette? Bruno Barbieri, uno dei cattivissimi giudici di Master Chef nonché cuoco stellato, si descrive come un uomo con la valigia. Quello dello chef è un percorso a ritroso nel tempo: dall’Emilia alla conquista del mondo, fino al ritorno in Italia, all’apertura del suo noto ristorante e all’avventura televisiva. Ora tutte le tappe di questo viaggio sono raccolte in Vi Emilia via da casa. (Rizzoli, 287 pagg, 16,90 euro). Aneddoti, foto, ricette, suggerimenti per raccontare una carriera, una passione e per infondere in tutti i lettori lo stesso amore e la voglia di esprimersi ai fornelli. Che cosa ci fanno nello stesso libro una nutrizionista, la dottoressa Stefania Ruggeri, e chef Rubio, al secolo Gabriele Rubini? Semplice, reinterpretano la dieta mediterranea. Ricerca scientifica e creatività si combinano per creare l’accoppiata vincente ed ottenere una dieta svecchiata, bilanciata e in grado di stare dietro alle esigenze di oggi. Chef Rubio, come al solito, ci stupirà con la sua estrosità e la dottoressa Ruggeri introdurrà nella nostra dieta cereali integrali e tante spezie per mangiare sano senza rinunciare al gusto. La nuova dieta mediterranea (Gribaudo, 159 pagg, 15,90 euro) è in libreria e non aspetta altro che essere ri-scoperta.

quarantadue


quarantatre

RB magazine


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quarantaquattro

I miei nuovi progetti intervista a Francesco Falconi

Francesco Falconi comincia a pubblicare nel 2006 la saga fantasy Estasia per poi approdare in Mondadori 17 libri dopo con Muses. La caratteristica della scrittura di Francesco, forse sta nell'approfondimento dei personaggi che entrano nell'immaginario del lettore come vere persone in carne ed ossa, perdendo lo stereotipo classico da genere fantastico. Con Francesco, ogni tanto si fa il punto della situazione. Lo incontro questa volta per Reader's Bench in un momento di transizione.

municazione social, che si è conclusa un'era. Ce ne vuoi parlare? Ho dedicato gli ultimi 2-3 anni alla scrittura, revisione e incontri sui due libri di Muses. Adesso mi aspetta un periodo di pausa, si fa per dire, a livello di eventi perché mi concentro su nuovi progetti. Cosa ti ha lasciato l'esperienza tra le Muse?

Muses è stata un'esperienza del tutto nuova, a livello di trama, Ciao Francesco! Benvenuto a reader's bench. Accomodati su stile, soggetto. Erano obiettivi molto più sfidanti rispetto ai miei questa panchina e facciamo due chiacchiere, ti va? precedenti romanzi. Temevo di fallire, di non riuscire a rendere Proprio in questo periodo, leggevo sui tuoi vari canali di co- su carta un personaggio complesso come Alice. Le critiche dei


quarantacinque

di Valentina Di Martino lettori però sono state molto positive e pressoché unanimi, questo mi ha dato coraggio di pormi alla ricerca di mete ancora più sfidanti. Tu usi molto bene i social network, coinvolgendo pienamente i tuoi fan in attività artistiche. Come nasce questa idea? Uso i social network in primis perché mi piace. Se usati correttamente possono essere fonte di svago, di informazione e un mezzo per rimanere in contatto con gli amici e i lettori. I social facilitano da un lato il contatto con i fan, per cui è possibile scambiarsi idee e opinioni e, perché no, inventarsi anche qualche gioco. Perché alla fine è importante non prendersi mai troppo sul serio. L'affetto dei miei lettori è straordinario e mi dà energia per continuare. Puoi parlarci del tuo nuovo progetto e del suo sviluppo tra indovinelli su Instagram online? Quando sta per uscire un mio libro, purtroppo alcuni siti lanciano mesi prima il titolo e a volte stralci di trama, per cui mi sono divertito su Instagram a scrivere delle parole legate al mio prossimo romanzo, Gray. Parole che ovviamente identificano la trama, il senso del romanzo e personaggi. Il fantasy è una scelta o una necessità? Nessuna delle due. Il fantastico - più che fantasy - è una veste per raccontare una storia. Gray avrà solo una leggera sfumatura fantastica. Quando potremo goderne? Uscirà a maggio, per il Salone del Libro di Torino. Ci consigli una canzone, un film e un libro? Tra gli ultimissimi visti/letti/ascoltati. Film: La grande Bellezza di Sorrentino. Libro: Splendore della Mazzantini. Musica: Charms, Abel Korzeniowski Grazie Francesco! E alla prossima! Grazie a tutti i lettori! http://www.francescofalconi.it/


Faccio conoscenza con il parto

Anteprima Giuntina: Capitolo estratto da “Una giovinezza nel getto di Varsavia”

«Il ghetto continuò a bruciare molto a lungo, ma non si sentivano più gli spari. Proprio allora, là accanto ebrea. E capii che ormai per sempre, fino alla morte, sarei rimasta insieme ai carbonizzati, ai morti soffocat erano morti perché non potevano non morire, a coloro il cui destino non avevo condiviso».

L’azione era finita. Riuscii a sgusciare fuori e corsi in cortile. A cercare la mamma. Le porte di tutti gli appartamenti erano spalancate. In giro neanche un’anima. L’appartamento al terzo piano era deserto. Il tavolo e le sedie rovesciate, in cucina il gas acceso, il bollitore vuoto. Silenzio. Lo stesso nell’appartamento al secondo piano. Ci abitavano un medico con la sua grande famiglia e la mia nonna di Varsavia. In qualche modo era riuscita a sopravvivere fino ad allora. Entro con cautela. Nella prima stanza un silenzio di tomba, la finestra spalancata, un piumino sul davanzale della finestra. Nel mezzo della seconda stanza una pila di vestiti e di libri. Entro nella terza stanza, in punta di piedi. Rimango impietrita. Sul tappeto accanto alla parete c’è mia non-

na. Sui muri, sul tappeto, schizzi di frammenti di ossa, ciuffi di capelli, macchie gialle, un fiume di sangue. La nonna abitava nella prima stanza. Si vede che aveva cercato di fuggire, non aveva consentito che la prendessero viva. Nell’appartamento al piano terra: silenzio. Entro. In cucina la stufetta, con il tubo che arriva fino al soffitto, è accesa. Accanto siede una donna, e tiene i piedi fra la brace. I piedi bruciano, ne sento il fetore, la donna non si muove. Quella donna era una violinista. Dicevano che avesse talento come Grayna Bacewicz. Ora siede in un appartamento deserto e tiene i piedi rigonfi per la fame dentro una stufa. Scivolo fin verso il cortile. Gela. Tutto è abbandonato. L’ala dei malati è deserta. Tutte le porte sono scardinate, le finestre spalancate, non c’è anima viva. I letti sono vuoti, una coperta pende


di Alina Margolis-Edelman

al muro, per la prima volta nella vita mi sentii veramente ti, ai gassati nei rifugi, a coloro che avevano combattuto ed

217 pagg - 14 euro Le memorie di Alina Margolis-Edelman (1922-2008) sono uniche nella grazia della loro semplicità. La sua testimonianza di bambina e di adolescente, scritta cinquant’anni dopo, ci porta da Lódź, sua città natale, a Varsavia dentro e fuori le mura del ghetto, e ci parla del tragico eroismo quotidiano di uomini e donne destinati alla più crudele delle morti e che lei salva così dall’oblio. Dopo la guerra, Alina si è laureata in medicina, ha sposato Marek Edelman, il leggendario vicecomandante dell’insurrezione del ghetto di Varsavia, e come pediatra si è dedicata per tutta la vita ai bambini più disagiati. da una ringhiera, un lenzuolo è buttato per terra, l’acqua gelata in un bicchiere su un tavolo. Dov’è la mia mamma? Corro al primo piano. Lo stesso. Di colpo mi irrigidisco. C’è qualcuno. Tedeschi? In fondo alla stanza, fra i letti vuoti, una giovane donna aveva partorito. Senza una parola, senza un lamento. I capelli neri incollati dal sudore le cadevano sulla fronte. Accanto al letto stava una ragazzina col vestito rosa delle allieve della Scuola Infermiere. Una mia compagna del gruppo delle adulte. Vicino a lei un medico. Lo conoscevo, abitavamo nella stessa ala del caseggiato. Era giovane, allegro, fischiettava e quando mi passava accanto mi ripeteva sempre: «Come te la passi, collega?». Mi fermai, rimasi acquattata.

Non fecero caso a me. Un attimo dopo udii un vagito lacerante. Nelle grandi mani del dottore, con la testa in basso, si inarcava un neonato rossastro, ricoperto di muco. Gridava! Vidi tutto come sotto una luce più intensa. Vidi lo sguardo interrogativo rivolto dal dottore alla madre. Vidi lei fare un cenno quasi impercettibile del capo. Vidi un secondo sguardo rivolto in direzione dell’abito rosa dell’infermiera. E subito dopo il gesto di lei: afferrò un cuscino dal letto accanto e lo premette sul neonato. Il vagitoad esso si sentiva appena. L’azione era finita. Da lontano rimbombavano ancora gli spari.


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Caduti nella rete

quarantotto


quarantanove

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di Claudia Peduzzi

Vi siete mai resi conto che l’intera popolazione mondiale si è dimostrata inspiegabilmente ingenua lasciandosi trascinare in una trappola ben congegnata? Mi riferisco a INTERNET (net = rete), la ragnatela (web) in cui tutti siamo stati intrappolati come mosche. Credere che uno strumento, la cui radice etimologica risiede nel termine rete, potesse contemplare la possibilità di una qualsiasi forma di libertà dimostra un livello d’ingenuità all’ennesima potenza. Apparentemente la tecnologia dovrebbe essere al nostro servizio per semplificare le attività quotidiane. Avete sperimentato questa “semplificazione” in luoghi come la banca, la posta o l’ufficio tributi? Erano anni che non avevo bisogno di uno sportello bancario e sono stata costretta a perdere più di un’ora di tempo per NON versare un assegno, non avendo la più pallida idea di quale fosse l’IBAN della mia banca on-line. Durante l’inutile attesa ho avuto molto tempo pensare e mi sono resa conto che, a livello tecnologico, la semplicità non esiste, o meglio, come ha scritto Roberto Cotroneo in un suo recente articolo, “richiede un enorme complessità”. L’informatizzazione delle operazioni bancarie o postali avrebbe dovuto tagliare i tempi e le code, invece queste sono aumentate in maniera esponenziale. Prevedere nei programmi ogni minima variabile necessita di formule complesse: dove un tempo era sufficiente un’annotazione a matita ora serve un’operazione codificata. Ma il problema “tempo” (quello che serve per scrivere il programma più quello necessario ad eseguirlo) è solo la punta dell’iceberg. Il vero, grande pericolo è che la tecnologia parla una lingua che noi non conosciamo. Si tratta di un codice segreto (la famosa lingua dei programmatori) che dà a chi la padroneggia un enorme potere. Un anonimo hacker ha rivelato di essersi introdotto nel 2012 in oltre 420.000 computer mediante un botnet (rete di computer per rubare informazioni personali) chiamato Carna (la dea romana che protegge la salute dell’uomo) al solo scopo di dimostrare la facilità con cui è possibile accedere ai dispositivi connessi in rete. In questo caso inoltre la debolezza del sistema non è legata alle password di accesso alle reti wireless (troppo facili o assenti), ma a quella dei router, predefinite in fabbrica e della cui esistenza credo ben pochi siano consapevoli. La cosa buffa è che l’hacker ha dichiarato di averlo fatto al solo scopo “di divertirsi con i computer e con Internet, un piacere che pochissime persone potranno mai sperimentare” . La storia si ripete sempre. In passato il potere era nelle mani di chi sapeva leggere e scrivere, nel prossimo futuro sarà nelle mani di chi conosce il linguaggio segreto delle macchine e della tecnologia.


Gino e la concorrenza...


di Mattia Roland Galliani


Sono queste le ragazze mancine? di Clara Raimondi

La connotazione di mancino ha avuto fin dagli esordi un aspetto prettamente negativo. Coloro che scrivevano con la sinistra erano spinti a stravolgere la loro natura per adeguarsi alla regola che imponeva l’uso della destra come simbolo di razionalità e vicinanza a Dio. I mancini scrivevano con la mano del demonio, si diceva, e rappresentavano l’eccezione alla regola e l’irrazionalità che si doveva contrastare in ogni modo. Di aristotelica memoria è anche il concetto che alla destra appartiene l’universo maschile mentre alla sinistra quello femminile.

E proprio sull’intricato mondo delle donne si concentra da sempre la scrittura di Stefania Bertola che torna in libreria con Ragazze mancine ( Einaudi, 281 pagg, 18,50 euro). Le protagoniste del romanzo, Adele e Eva, sono ad una svolta nella loro vita: la prima ha visto frantumarsi il mondo di ipocrisie che si era costruita intorno, la seconda deve ammettere di non poter vivere senza amore e che è arrivato il momento di credere di nuovo in una storia e magari di trovare un padre per sua figlia. Due donne costrette a fare scelte importanti, ma perché definirle


Si lasciano trasportare dagli eventi e anche i sentimenti che le legheranno a due fratelli non sembrano esplodere di passione. Il turbinio di eventi che dovrebbe coinvolgere le protagoniste (con l’esclusione delll’happy hand che distingue ogni chick lit) non c’è, così come la spontaneità e la pazzia che una lettrice si aspetterebbe da due ragazze mancine. Non un colpo di testa si rintraccia nella narrazione e pare che l’unico obbiettivo di queste finte ragazzacce sia trovare una buona sistemazione. Ma basta questo in un buon romanzo al femminile? E perché esiste tutta questa reticenza nel parlare dei romanzi della Bertola come dei più classici romanzi chick lit all’italiana? La scusa poi di farci credere che le protagoniste siano così diverse (così come i loro rispettivi partner) non regge. Sfogliando le pagine si capisce benissimo che le due protagoniste sono, non solo simili, ma spinte dallo stesso obbiettivo. mancine? Forse questa definizione si adatterebbe ai tiri, quelli spesso sì che sono mancini, della vita che le ha portate a condurre un’esistenza diversa da tutto quello che si erano immaginate. Ma se cercate nelle due protagoniste quella forza propulsiva, quella mancanza di giudizio che spesso le donne hanno nei momenti clou della loro vita, vi state sbagliando. Le ragazze della Bertola vengono coinvolte, loro malgrado, in una serie di disavventure che le porteranno a nuove importanti conquiste ma si ha come l’impressione che non ne siano davvero padrone.

Solo qualche cenno e la descrizione di Eva e Adele sembra completata quando non sarebbe stata una cattiva idea andare ad approfondire un po’ di più il loro trascorso. Riusciamo a capire il loro passato solo da brevi flashback per poi tornare nella quotidianità di una città, l’onnipresente Torino, e della sua fauna rappresentata da personaggi poco edificanti. La lettura di per sé non resta impegnativa e la Bertola ci fa trascorrere qualche piacevole ora ma rimane l’amaro in bocca per quelle ragazzacce che avrebbero potuto combinare qualche guaio in più.


# A E. Sanguineti e agli emoticons di Simone Di Biasio


siamo #quellicheguardanoaterra e quindi #quellichenonguardanoilcielo con l'#iphone sotto i piedi e le scarpe calzate alle dita delle mani siamo #quellicheguardanoaterra e si perdono i traffici celesti le coincidenze nuvolari le direzioni delle #sciemessaggio siamo #quellicheguardanoaterra per la vergogna di scoprirsi gli #occhi perché non ci sono #tag per sguardi #wired per paura che #internet sia solo un #link di odori e perciò mettono profumi dentro i cuori degli #smartphone affinché ci innamoriamo dello schermo che ci vede affinché ci innamoriamo della vista che ci scherma siamo quelli che guardano a terra e scrivono senzaspazitraleparole - forse per innovare il vuoto, forse per rinnovarlo la generazione che perde tutte le conversazioni che affida alle memorie i ricordi e non viceversa che scatta foto interessanti coi filtri altrui, si rappresenta in video ed è già vecchia ma poi da vecchi che rimane che rimane da sfogliare oltre le rughe Eravamo #quellichenonvolevanomorire


Scrivere è una colpa? Intervista ad Alessandro Cinquegrani

Cacciatori di frodo è un romanzo col cosiddetto flusso di coscienza. Qualcosa in contrario? Chiariamo: un tale romanzo è dettato che riflette, conduce, e poi parla con e per i personaggi. Niente di strano. Ho fatto una lunga chiacchierata con Cinquegrani. Una chiacchierata al contrario perché parte da alcune domande che potrebbero essere considerate da fine intervista. Una chiacchierata che tu, lettore, puoi considerare valida dalla prima riga. E se la consideri valida ti invito a leggere. Altrimenti vai dove ti pare. detto che sia la migliore. Però bisogna stare molto attenti a riconoscere questi pochissimi editori in mezzo ai mille truffatori. Chi è lo scrittore? Sono d’accordo con Umberto Saba quando dice che scrivere è una colpa, la pubblicazione una assoluzione. O forse ha ragione McEwan quando dice addirittura che lo scrittore non ha possibilità di espiazione. Ad ogni modo alla base c’è uno strappo, che genera il bisogno di scrivere. Credo in una scrittura che sia espressione narrativa di un se stesso segreto, inguardabile altrimenti e anche irriconoscibile sulla pagina. Non credo negli scrittori profeti, nei sociologi, negli antropologi, credo in chi scava nelle profondità e ne trae mostri marini che lui stesso non conosce, che magari Alessandro, con te ho deciso di fare un esperimento: faremo un’intervista al contrario. Cosa significa? Significa che lo spaventano ma sono terribilmente suoi. partiremo da alcune domande che per regola mai scritta dovrebbero stare alla fine. Se accetti sappi che le sorti legate Per comodità: chi è il lettore? al lettore di questo dialogo sono due: leggere o chiudere la Ogni lettore è diverso. C’è chi legge per svago, per passare un pagina. Accetti? paio d’ore della sua minuscola vita, ma a me questo lettore inteAccetto molto volentieri. Del resto sei tu che fai le regole del gio- ressa poco. Mi interessa piuttosto chi cerca un’apertura di monco. E a me piace molto muovermi all’interno di regole prestabili- do, come diceva Heidegger, chi esce dal libro con le ossa rotte, te. Uso impormene spesso per riuscire a destreggiarmi tra i molti chi ne emerge una persona nuova, cambiata. Come lettore, io impegni. Per scrivere Cacciatori di frodo, per esempio, mi sono cerco questo tipo di libri. dato dieci giorni di tempo per scriverlo, dovevo scrivere almeno Antoine Albalat ne “L’arte di scrivere” dice che “Avere del dieci pagine al giorno per cento pagine totali. E così è andata. talento significa capire che si può fare di meglio”. Cos’è il talento? Cosa pensi dell’editoria a pagamento? Per quanto riguarda la narrativa, semplicemente l’editoria a pagamento non è editoria. Sfrutta i sogni di molte persone, giovani e meno giovani, per guadagnare dei soldi e prenderli in giro. Bisogna dire molto chiaramente che non si tratta di editoria e che è del tutto inutile. Per la poesia è un po’ diverso. Ci sono editori dignitosi e anche importanti che si fanno pagare. La poesia non ha mercato costituzionalmente e quella che ha mercato non è

Credo che una buona norma nella vita, da insegnare ai nostri ragazzi, sia: non credere nel talento. Non vuol dire che il talento non esista, ma crederci è sempre una scorciatoia. Se ho un talento innato è inutile che mi applichi, che lavori, e se non ce l’ho non posso farci niente, è altrettanto inutile. Molte cose invece semplicemente si imparano. Poi io credo che una dose di talento, più che innato costruito nei nostri primi anni di vita, esista e


cinquantasette

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di Daniele Campanari sia fondamentale.

nanimità di una giuria per vincere il premio.

Nel 2012 viene pubblicato “Cacciatori di frodo” (Miraggi Edizioni), tuo primo romanzo. Il libro racconta la storia di Augusto che tutte le mattine percorre a piedi con una nuvola al guinzaglio un binario morto per recuperare la moglie che vuole suicidarsi. Da dove è arrivata l’idea di narrare questa e le altre vicende che formano il contenuto?

Cosa pensi dei concorsi letterari?

Nel 90 per cento dei casi sono inutili. Servono a qualche associazione culturale per racimolare qualche soldo. Poi ce ne sono altri di seri, da selezionare con molta attenzione. Poi ce n’è uno e uno solo come il Premio Calvino. Questo per quanto riguarda gli inediti. Per gli editi, i premi importanti sono giochi che mi È molto difficile dire da dove nascano delle immagini. Tanto divertono molto, sono un modo per far parlare di letteratura, più che io non l’ho cercata. Non mi sono mai detto “ora devo non ho pregiudizi su di loro. scrivere un romanzo, da dove dovrei iniziare?”. Piuttosto un bel giorno è nata nella mia mente Elisa che camminava nella sua Quando potremmo accogliere la tua nuova pubblicazione? sottoveste bianca e i suoi lunghi capelli neri lungo il binario, e andava a sdraiarsi lì. Era un’immagine ossessiva, che tentavo di Non lo so. Ci sto lavorando, è quasi pronta. Poi dovrò decidere respingere perché non avevo il tempo di farla venire al mondo, cosa farci, come muovermi. Ad ogni modo sarà un libro molto ma lei insisteva, giorno e notte, così ho deciso di prendermi cura diverso da “Cacciatori di frodo”, almeno per quanto riguarda di lei, per qualche giorno, e oggi è fra noi. lo stile. “Cacciatori di frodo” è un’esperienza Il tuo stile di scrittura accoglie una cascata di parole e con- isolata e irripetibile, alcetti a volte ripetuti. Concetti che potrebbero infastidire chi meno per il momento. legge perché allontanato da difficoltà di comprensione… Tempo fa hai ricorFrancamente non credo che il punto sia la difficoltà di com- dato che alcuni proprensione. Non c’è nulla di difficile da comprendere, e il fatto di fessori del liceo che ripetere le cose più volte non può che facilitare la comprensione. frequentavi avevano Il punto è la sintonizzazione emotiva. Il lettore deve accettare di consigliato ai tuoi assumere il passo del pensiero del protagonista, con le sue spi- genitori di mandarti rali concentriche, abbandonando le linee rette. Se il lettore non a lavorare. Poi sei diaccetta il suo passo non entra nel libro, ne resta fuori, freddo. ventato critico cineQuesto stile chiede al lettore di seguirlo, di fidarsi di lui. C’è matografico, hai pubchi vuole imporsi sul libro e ne resta fuori e chi lo accetta e vi si blicato diversi volumi immerge totalmente. Quando è stato fatto lo spettacolo teatrale e il romanzo succitatratto da questo romanzo, che ha conservato lo stile a spirale del to. Vuoi dire qualcoromanzo, nessuno degli spettatori ne è rimasto fuori, perché nel sa ai tuoi vecchi inseteatro è ovvio che sia l’attore a dettare i tempi e lo spettatore ad gnanti? accettarli. Anche il romanzo andrebbe letto a voce alta, con i suoi tempi. Non sono tipo da portare rancori. Può darsi Cacciatori di frodo ha sfiorato la vittoria del Premio Calvino che allora dessi davvero 2010. Cosa avrebbe significato vincere il premio? questa impressione. Oggi che sono ricercatore universitario, so che sono molto diverso da allora. Le persone cambiano, e io mi Non credo sarebbe cambiato molto. Al Premio Calvino ci sono sento cambiare a velocità altissima. Credo che se oggi fossi idenpersone davvero eccezionali che fanno propri tutti i manoscritti tico a quando frequentavo il liceo, ci sarebbe davvero poco da che selezionano per la finale. Li sostengono con tutto l’entusia- sperare sulla mia persona. Ciò detto, è chiaro che gli insegnanti smo e la competenza possibili. Hanno fatto questo grosso lavoro di scuola hanno responsabilità enormi, e che le loro parole posdi promozione anche con “Cacciatori di frodo”, solo che non ha sono condizionare le scelte delle persone meno decise di quanto trovato un grande editore. Forse fa parte della sua particolarità sia stato io. Ovviamente loro devono cercare di fare il meglio, di scrittura, forse nessuno si sarebbe aspettato questa risonanza ma la vita offre sempre centomila situazioni così, centomila svolsui media che sta avendo. Ad ogni modo non è un romanzo per te, se si prende la strada giusta si va avanti se si prende quella tutti i gusti e per tutte le stagioni, non avrebbe mai trovato l’u- sbagliata si torna indietro. E va bene che sia così.


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cinquantotto

Quando il cacciatore diventa preda


cinquantanove

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di Diego Rosato

Quando durante l'ultima intervista Marcello Simoni ci ha annunciato l'uscita del terzo episodio della saga di Ignazio da Toledo, da una parte siamo stati felici della bella notizia, dall'altra meno, perché abbiamo anche appreso che si sarebbe trattato dell'ultimo capitolo di una trilogia. Superato lo choc, ho messo le mani sull'ultimo volume, di recente pubblicazione, dello scrittore di Comacchio e devo dire che, se di chiusura si tratta, perlomeno è una chiusura in bellezza. Nell'anno 1229 uno dei primi inquisitori della storia, Konrad von Marburg, dà la caccia ad una misteriosa setta di Luciferiani, ma non è il solo: un misterioso cavaliere armato di una strana lancia sputafuoco uccide tutti quelli che sembrano coinvolti nella vicenda. Seguendo le orme dei delitti e un misterioso mantello, l'inquisitore si imbatte in un fantomatico magister di Toledo e si convince che si tratti proprio di Ignazio Alvarez da Toledo: l'unica possibilità per il mercante di reliquie e suo figlio Uberto di evitare il rogo sarà trovare il vero magister. Su chi sia Ignazio da Toledo ho scritto di tutto, oltre che parlarne diverse volte con l'autore: un uomo la cui inquietudine è seconda solo alla curiosità, quella curiositas che lo porta sempre a trovarsi nei guai, per solo amore della conoscenza. Eppure in questo terzo capitolo Ignazio si trova invischiato suo malgrado in un'altra vicenda che vede coinvolte autorità ecclesiastiche, sette segrete, misteriose reliquie e intricati enigmi. Non mancano riferimenti e citazioni di personaggi ed avvenimenti storici realmente accaduti: scorrendo le pagine, possiamo infatti imbatterci in un giovanissimo Tommaso d'Aquino, un irrequieto Federico II, un fanatico Konrad von Marburg ed un temibile Michele Scoto, oltre ad una (neanche troppo) fantasiosa ipotesi sul sangue di San Gennaro. Rispetto ai capitoli precedenti, in questo ultimo episodio della saga del mercante più che l'enigma che si cela dietro il nemico di Ignazio (che si palesa ben prima delle ultime pagine) è l'ansia per la sorte del mercante a tenere banco:

fino alla fine, il lettore non riesce davvero ad immaginare come riuscirà il protagonista a cavarsi d'impaccio, questa volta. La scrittura è come abitudine dello scrittore di Comacchio elegante, ricca, ma mai pesante, molto coinvolgente. Non manca al termine del volume un'appendice con la spiegazione dei riferimenti storici presenti nel volume. L'ennesimo volume di Simoni che mi ha costretto a continuare a leggere fino allo sfinimento.

“Il labirinto ai confini del mondo” di Marcello Simoni, Newton Compton, 384 pagg, 9,90 euro (4,99 euro in ebook)


Scrivo.Me: Il nuovo portale Mondadori per gli Young Writers

Prima che riparti la seconda stagione dei video e dei post della serie Consigli a un giovane scrittore e riparta l’attività del sito Young Writers, continuiamo sulla pagine del magazine ad informarvi sulle novità dedicate agli scrittori esordienti. Sarà saltato agli occhi di tutti voi che il gruppo Mondadori ha smesso di vendere i suoi e-book su Ultima Books, la libreria on line di Simplicissimus Books Farm. Una notizia che ha fatto molto discutere e che rientra nel nuovo piano commerciale del gruppo che evidentemente, data l’impennata di vendite per questo formato, vuole gestire autonomamente la faccenda e-book. Tra qualche mese i libri digitali della Mondadori saranno ritirati da tutte le piattaforme di e-commerce, un dato ampiamente esaustivo che ci dimostra come l’azienda voglia vere il massimo controllo. E poi ecco l’annuncio di scrivo.me un sito, una rivista dedicati agli scrittori e in particolari modo a quelli che tentano la via del

self publishing. E una domanda sorge spontanea: non è che questo sito sia la fase iniziale di un nuovo progetto Mondadori intenzionato ad offrire un servizio che permetta agli autori di pubblicare e vendere i libri in self pub? Un’offerta non molto differente da quella già presente su Simplicissimus e che prende il nome di Narcissus. Non credo che sia un’ipotesi così lontana e prima del lancio vero e proprio, Mondadori pensa bene di preparare il terreno con un sito in scroll verticale che presenta sezioni ben distinte: l’ultimo articolo in evidenza, la presentazioni delle sottocategorie (La palestra, l’Officina e il Salotto), gli ultimi articoli inseriti e i più letti. Al self publishing di solito viene imputato una scarsa cura nell’impaginazione, nella correzione e nella gestione della grammatica. Come risponde scrivo.me? Con la palestra dove ogni utente può risolvere ogni incertezza e trovare risposte ai suoi dubbi.


di Clara Raimondi

Nell’officina vengono offerti tutti gli strumenti per scrivere o trovare l’ispirazione (tra gli altri: le app per scrivere su iPhone e iPad o le dritte per prendere l’ispirazione da Google Maps o Spotify …) e poi c’è il salotto che raccoglie alcuni input per innescare le discussioni. Non esiste ancora un forum (a questo punto, dato che il sito è nato a novembre, non credo sia una delle prossime priorità) e l’unica possibilità di interagire è quella offerta dal form per i commenti offerto dotto ogni post. Ed ecco che scrivo.me diventa immediatamente un sito d’informazione, una rivista con il contributo di grandissime firme del giornalismo, esperti delle nuove frontiere della comunicazione ma manca una reale possibilità per gli scrittori di esprimere i propri dubbi e magari di rivolgere le loro domande agli esperti. Resta comunque un buon punto di riferimento e non mancano spunti da cui prendere ispirazione per il proprio lavoro. Dopo

l’importanza di farsi conoscere sul web, avere un proprio blog, viene anche sottolineata l’importanza di farsi notare dai blog letterari. Sicuri che siano i consigli giusti? To be continued …


4 chiacchere ed un tavolo da ping po

Un tavolo, questo è il fulcro centrale di questo libro. Intorno ad esso interagiscono i due soggetti ed intorno ad un tavolo (da ping pong) si saranno concessi una chiaccherata. “Ping pong conversation” è appunto il titolo originale ed i protagonisti di questo lungo scambio di domande/risposte sono Francesco Zanot, critico fotografico e curatore di mostre e Alec Soth, fotografo di fama internazionale. Da bravo curatore, Zanot, seleziona una sequenza di foto, estratte da altre realizzate da Soth nei suoi lavori, accompagnate da domande e relative risposte dalle quali si evince il percorso che ha intrapreso (e tuttora continua) il fotografo americano nella sua carriera, partendo dalle prime foto, passando per i suoi lavori più famosi “Sleeping by Mississipi” e “Niagara”, fino ai più recenti come “Le Belle Dames Sans Merci”, che ho avuto la fortuna di ammirare due anni fa al Festival della fotografia a Roma. In questo modo si crea così un fotoracconto che ci permette di percorrere la vita e l’idea del racconto fotografico di Soth, sviluppando un suo linguaggio fotografico, fornendo la chiave per comprendere la presenza di determinati elementi e l’uso di certe

tecniche. Leggendo il libro, osservando le foto, si nota come lo stile di Soth sia cambiato nel corso degli anni, un po’ per voglia di sperimentare, un po’ per necessità, come ad esempio per “Fashion Magazine”, in cui si è cimentato con un tipo di fotografia diverso rispetto a quello intrapreso per i primi lavori. Si scoprono degli aneddoti legati alla figlia adottiva Carmen, la quale ha partecipato come fotografa al suo progetto “Brighton Picture Hunt” che a soli sette anni era già in grado di cavarsela egregiamente con la macchina fotografica. A prescindere da tutto, ciò che mi ha appassionato di più di questo libro è il percorso personale di Soth: come abbia cambiato il suo stile rimanendo fedele solamente al suo il banco ottico, che non è proprio una fotocamera leggera. Per il resto ha sperimentato, provato, fallito, recuperato foto, azzardato. Insomma non è mai stato fermo in un canone ma è stato mobile nel suo stile. Ho trovato personalmente illuminate il fatto di far prendere coscienza di come la presenza di determinati elementi all’interno delle foto, di alcune scelte di composizione (la presenza di


ong

certe informazioni, l’utilizzo delle forme geometriche), aiutandomi a capire come voglio sviluppare la mia fotografia e che la strada da percorrere è tanta. L’ho apprezzato per le informazioni, per i fotografi menzionati e per le idee e le valutazioni che poneva Zanot a Soth, facendomi riscoprire alcuni concetti legati al lavoro di fotoreporter e di racconto fotografico: come una foto scartata sia potenzialmente una parte di un lavoro successivo. Come avrete capito il libro l’ho gradito tantissimo e merita di essere letto e di trovarsi nella libreria di ogni fotografo. Ringraziamo la casa editrice Contrasto che ci ha gentilmente messo a disposizione una copia del libro.

di Claudio Turetta

Lezioni di fotografia - Conversazioni intorno ad un tavolo, di Francesco Zanot con Alec Soth, Edizioni Contrasto Due, 179 pagine, 21.90 EUR


Lauren

di Andrea Corona

Un racconto ispirato a “I sognatori: Lauren la diva” di Chiara Coccorese Lauren ha la pelle che sembra di carne sbiadita, ma forse è fatta soltanto di plastica gommosa. Sicuramente le guance non sono di porcellana, perché non vi sono crepe sul suo viso. È una creatura languida, che compare tutti i giorni alle 11 in punto. Precisamente alle ore 11 e 11 secondi. Lauren parla con la bocca serrata, come in un sogno sinistro. Fornisce risposte che devono necessariamente essere interpretate. Non puoi aspettarti che ti dia soluzioni, ma piuttosto che ti sottoponga un’equazione da risolvere. Dunque, se stai cercando delle certezze, c’è il rischio che i tuoi dubbi aumentino a dismisura, sino a gonfiare il cielo e sfondare lo spazio. Lauren è uno e molti. È fatta di aspirazioni, ricordi, paure. Sogni, anche. Il suo nome è sconosciuto ai più, ma chi la incontra sa riconoscerla. Ha tanti volti. E i suoi occhi sono spalancati, per esplorare intensamente tutti i mondi possibili.

azzurri, che si affacciano su meravigliosi universi. L’Artista è immersa nei ricordi. E nei sogni. Sogni fatti di suoni e colori, d’immagini astratte e di bizzarre creature. L’Artista studia la perfezione di quei colori. Assorbe la potenza scarlatta dei significati nascosti in quel soggetto. Si fonde con esso. Un viso gentile, quello dell’Artista. Le labbra appena piegate in un sorriso accennato, lo sguardo dolce, ma profondo e imperscrutabile. Sembra quasi triste. Prende la stanza tra le mani, sistema la libreria, e Lauren le narra la sua storia. Una storia fatta di bellezza e crudeltà, di amore e dolore, di lealtà e tradimenti. Per questa notte, Lauren ha terminato. Un nuovo ricordo (ma forse è un sogno o la visione di un’altra realtà) ha preso forma tra le dita febbrili dell’Artista, e la diva può ora tornare alla sua stella. Quando Lauren si allontana, una lacrima scivola sul volto dell’Artista. Ne percepisce il distacco. Il silenzio e l’assenza quasi la soffocano. Ma sa che tornerà. Lei torna sempre. Con una nuova storia. Con nuove parole, nuovi significati e nuovi colori. E con nuove risposte da interpretare.

Lauren vive su una stella. O nel fango delle paludi. A volte vaga per gli sterminati campi di grano delle praterie americane, altre su ruvide montagne rocciose, o tra le sabbie rosse di pianeti lontani. Sola nella sua stanza, Lauren è ovunque. E in nessun luogo. La gente pensa che l’Artista sia un po’ strana. Ma Lauren conosce la verità. E sa che quelli strani sono gli altri, rinchiusi nell’aFissando la sua stella cometa, scruta attraverso l’oscurità per car- rida sterilità delle proprie vite, ciechi (oh, sì!) alla bellezza e ai pirne la luce. E, a un tratto, la vede. Allora si libra nell’aria, e l’as- sogni. Nel profondo del suo cuore, l’Artista sa di non essere sola. senza di gravità sublima la sua danza di gioia. Poi, come rugiada Creatori e sognatori come lei, provenienti da ogni luogo, s’inestiva all’apparir del sole, Lauren si dissolve. È il suo segreto e il contrano tutti insieme nella stanza dell’arte e dei sogni impossuo destino. Nessuno sa come riesca a sopportare questo scacco sibili. Ed è innanzitutto a loro che Lauren può rivelarsi. Perché perenne. Eppure lo fa. Ogni giorno. Lauren nasce, fiorisce, gio- il suo canto è un sibilo nel quale si manifesta in punta di piedi isce, appassisce e muore. il miracolo della creazione. Perché il suo respiro è il sogno di coloro che sognano. E perché il suo sussurro annuncia che solo Lauren è una diva sensibile e invisibile, che si mostra soltanto l’impossibile può accadere. a chi può vederla. E Lei è lì, come sempre. A fissare con aria sognante la sua diva di prosciutto crudo e la stanza che le ha Adesso l’Artista conosce finalmente la risposta. costruito. I suoi occhi somigliano a quelli di Lauren, tanto che le due potrebbero essere una sola persona: lisci capelli lunghi, E può fotografare la sua diva, perché anche il mondo possa vedi color castano chiaro, come chiara è la pelle. E grandi occhi derla.



Il futuro va costruito Intervista ad Antonio Pennacchi

Per Antonio Pennacchi il presente non è chiaro e il futuro è un v in anticipo. Dalla salvezza della Terra a “Storia di Karel”, dalle politica: Pennacchi mi ha parlato di tutto, ma proprio tutto ciò


sessantasette

viaggio che non si conosce e incertezze editoriali alla che viviamo (e vivremo).

RB magazine

di Daniele Campanari

Partiamo da qui, da oggi ma con lo sguardo diretto al futuro. Come lo vedi il futuro della Terra? Eh, il futuro… il futuro non lo si può conoscere in anticipo, il futuro va costruito. È un viaggio. Quello che credo io è che sia un viaggio verso una realtà migliore, in cui progressivamente riusciremo a eliminare la violenza, le sopraffazioni. Non è vero che l’età dell’oro è nel passato, l’età dell’oro la possiamo solo conquistare nel futuro. Ma è un processo lento, graduale, globale. E il presente? Del presente capisco sempre poco. I miei libri sono sempre rielaborazioni del passato, il tentativo di trovare un senso negli eventi del passato per avere una bussola che mi possa orientare nel presente. Oggi tendiamo a ignorare il passato e a credere che quello che ci capita oggi avvenga a noi per la prima volta nella storia dell’umanità. Non è così. Anche gli antichi romani si lamentavano delle stagioni, rimpiangevano i sapori di una volta e si lamentavano di tutti quegli acquedotti che deturpavano il paesaggio delle campagne romane, e che noi oggi invece guardiamo con stupore e ammirazione. Ecco, oggi io quando vedo un viadotto in autostrada penso alla bellezza delle cose fatte dall’uomo e che lasciano un segno nel paesaggio. Stesse domande ma con soggetti aggiunti: presente e futuro editoriale Ah, questo lo devi chiedere agli editori. Io ho molto rispetto per i ruoli. In ogni cosa ognuno deve fare e preoccuparsi di quello che gli compete. Certo, oggi siamo in un momento di enorme crisi generale ed è inevitabile che questo si ripercuota nel settore editoriale, ma – anche qui – di crisi dell’editoria e di “fine del libro” ne sento parlare da sempre. A livello generale pare che i primi segni di ripresa si inizino a vedere, sta a tutti – editori compresi – fare in modo che ci si riesca ad agganciare questa ripresa. Non è un caso che t’abbia chiesto del futuro a inizio conversazione: dopo Canale Mussolini (Mondadori 2010) dove racconti le vicende dell’Agro Pontino relative alla bonifica fascista, nel 2013 pubblichi Storia di Karel (Bompiani), un romanzo, appunto, futuristico ambientato in un posto che non esiste nella realtà attuale. Hai sempre detto di narrare storie vissute o che ti hanno raccontato: Storia di Karel chi te l’ha suggerito? Anche lì – come in tutti i miei libri - ci sono le storie della mia


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sessantotto

vita, della mia famiglia, dei miei amici, dei miei compagni, della gente che conosco. L’idea nasce da un racconto per un progetto dell’Anonima Scrittori. Bisognava scrivere un racconto di fantascienza in 2500 battute e io ho inserito un episodio della mia infanzia, di quando mio padre mi portava al circo, in un contesto fantascientifico e da lì è nato tutto. Ne abbiamo fatto prima un laboratorio di scrittura collettiva, molto interessante, è stato pubblicato su Nuovi Argomenti. E poi ho ripreso l’idea e ne ho fatto questo romanzo.

I coloni, gli abitanti che popolano lo spazio di terra ai margini della galassia, devono sottostare alla Federazione che esercita un potere invisibile, globale. Di’ la verità: pensavi alla politica italiana …

Quando ho iniziato a scriverlo pensavo sarebbe stato un romanzo di testa, un pretesto per parlare di temi politici – lo sviluppo, la decrescita - sfruttando l’espediente del futuro e utilizzando i toponimi e le suggestioni della Latina degli anni ’50 per arricchire il paesaggio. Mano mano che andavo avanti con la scrittura invece mi rendevo invece conto che quelli erano tutti pretesti e che – sotto – stava uscendo il solito romanzo “di pancia” in cui emergevano i temi personali. Come al solito. Il bambino che si sente rifiutato e si ribella per farsi notare, la voglia di riscatto, la sapienza degli anziani, le donne forti che plasmano la realtà…

Presente: cosa serve per risollevare le sorti del nostro Paese?

Al contrario, alla politica italiana non ci ho proprio pensato. Nell’anno in cui ho scritto Storia di Karel mi sono praticamente isolato da tutto. Non compravo più regolarmente i giornali, non guardavo la televisione, ero completamente immerso nell’universo che stavo creando. Questo mi ha risparmiato tutti i patemi Anche in questo romanzo c’è la tua Latina (vedi il Palazzo M d’animo del periodo delle ultime elezioni. Ogni tanto qualcuno che diventa K, vedi la via Epitaffio che diventa Epitaphium). mi raccontava delle cose, e alcune – ma ancora nessuno se ne è Pare che niente possa tagliare il legame che hai con la città accorto – sono pure finite nel libro, ma le osservavo con distacpontina … co. Mi sono risparmiato un sacco di arrabbiature.

Il lavoro. Il lavoro e la voglia di sognare, di avere fiducia in sé stessi. Rimboccarsi le maniche e spingere tutti insieme per uscire dalla crisi, senza piangerci addosso, ma consapevoli che la forza per farlo ce l’abbiamo. Stando a quanto raccontato nelle pagine del libro, due sono i divieti che gli abitanti devono considerare: utilizzo di tabacco e petrolio. Analizziamo il primo tra presente e futuro: cosa accade se alle persone si vieta di avere un piacevole vizio? Che lo fai diventare ancora più piacevole… E se dovesse venire a mancare il petrolio saremmo spacciati. Che si fa, bruciamo la carta per affrontare gli inverni? L’umanità è sopravvissuta anche senza petrolio. In Storia di Karel il petrolio però è un paradosso. È un pretesto per dire che non si può fare la morale – dal caldo delle nostre case riscaldate a metano – a chi d’inverno muore di freddo su come riesce a scaldarsi. Certo, anche io sono contro l’energia derivante dai combustibili fossili inquinanti e credo nella necessità della ricerca di una forma di energia pulita. Un’energia del futuro che però possiamo già intravedere anche nel presente, anche se non ce ne rendiamo conto. È l’energia legata all’atomo. Lo dicono le equazioni einsteniane: E=mc2 in cui E è l’energia, m è la massa e c è la velocità della luce. Al quadrato. Il che significa che l’energia è interna alla struttura del cosmo. In un litro d’acqua, ossia un chilo di materia, c’è energia pari a 1 chilo per 320.000 chilometri al secondo, moltiplicato ancora per 320.000. Datti una regolata di quanta energia c’è in un litro d’acqua. C’è più energia che in un intero giacimento di petrolio. Gran parte della psicosi del nucleare è legata alla lobby dei petroli. Siamo appena agli inizi della ricerca nel nucleare, oggi utilizziamo i combustibili radioattivi, ma non sta scritto da nessuna parte che dobbiamo restare legati a quelli. Quell’energia sta in un atomo di uranio, ma anche in uno di acqua. Certo, il nucleare ha provocato incidenti, ma basta fare una comparazione statisti-


sessantanove ca, pensa a quanti morti ha provocato un incidente banalissimo – legato ai combustibili tradizionali – come quel treno di gas che è esploso a Viareggio. E quanti morti ha provocato dall’inizio della storia il carbone, con le miniere e tutto quanto. In termini statistici è come la differenza tra viaggiare in aereo o in automobile. Tanta gente è terrorizzata dall’aereo, ma ogni volta che sali su un aereo hai centomila probabilità in meno di morire di quando sali su una macchina.

RB magazine Poi arrivano i bambini che con la loro innocenza fanno capire a tutti che qualcosa si può fare per vivere meglio … Ecco, mi correggo, prima ancora di Foost gli eroi veri sono i bambini. E i bambini più che l’innocenza hanno l’incoscienza, e i giovani hanno l’intraprendenza e la sfrontatezza di mettere in dubbio i dogmi, è quello il motore del mondo.

Se c’è qualcuno che può salvare la Terra, chi pensi che possa Perché uno dei protagonisti della storia, quello che dà nome essere tra il bambino e la cultura … al libro (Karel), è un intellettuale? Non poteva essere, che so, un idraulico? La Terra non deve essere salvata, è esistita milioni di anni prima che ci apparisse sopra l’uomo e esisterà per altri milioni di anni Karel non è un intellettuale, è uno che ama i libri e i classici – e ancora. È l’uomo che deve salvarsi e le due armi che abbiamo le trapeziste – e per tutto il libro non sappiamo neanche che me- sono proprio quelle che hai indicato: i bambini, perché è il susstiere fa. Potrebbe essere benissimo un idraulico che la sera – pri- seguirsi delle generazioni che porta il progresso e la cultura perma di addormentarsi o di andare al circo – legge un bel libro. La ché è ciò che ci rende diversi dagli animali. Però anche le donne, distinzione artificiale che si fa tra lavoro manuale e intellettuale, va, perché sono loro che fanno i figli e muovono il mondo. Da come se il secondo fosse più nobile, è un pregiudizio tutto italia- quando il primo uomo ha iniziato a scheggiare una selce – o, no. Nei miei libri tutti i personaggi e i lavori hanno pari dignità, meglio, da quando la prima donna ce lo ha mandato – per creanzi, se guardi bene, in Storia di Karel, quello che mi diverto a are il primo utensile per agire sulla materia, lì il nostro destino prendere più in giro è proprio “l’intellettuale”, Jurij, il bibliote- è stato segnato. Nostro compito è la conoscenza, affrontare le cario della Colonia, ma sempre con affetto, però. Mentre l’eroe sfide e vincerle, risolvere i problemi, conquistare nuovi mondi e vero del romanzo è Foost, l’homo faber, il costruttore di tutto. l’emancipazione per tutti. Cosa può esserci di più degno e bello?


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Fu’ad e Jamila

Lapis Edizioni non finisce mai di stupirci e porta in libreria, per la collana Lapislazzuli, una storia di straordinaria contemporaneità. Parlare ai più piccoli anche di fatti di cronaca e spiegare loro le motivazioni dietro tutto quello che vedono in televisione o di cui sentono parlare dai più grandi, sembra essere l’obbiettivo della casa editrice romana. Ma Lapis Edizioni, spesso, fa molto di più e cerca di colmare il vuoto lasciato dalle famiglie e dalla scuola. E’ il caso di Fu’ad e Jamila di Cosetta Zanotti e Desideria Guicciardini (13,50 euro) un progetto nato per caso: dapprima quaderno utilizzato dalla Caritas Italiana per l’animazione ed ora un libro che non può mancare nella libreria di ogni Little Readers. Fu’ad e Jamila sono marito e moglie, si amano e aspettano un bambino. Un vero e proprio idillio se non fosse che la coppia è costretta ad abbandonare il loro paese a causa della guerra e della carestia che ha colpito il loro paese. Non rimane altro per loro che abbandonare la loro terra, salire su una carretta del mare e sperare un futuro migliore nella terra aldilà dell’orizzonte. Due dei tanti migranti che ogni anno sbarcano sulle nostre coste e di cui non conosciamo il passato ma soprattutto le difficoltà del viaggio verso la vita e la felicità. Cosetta Zanotti e Desideria Guicciardini, insieme alla conoscenza maturata sul campo della Caritas, hanno

settanta

di Clara Raimondi

raccolto tutti gli elementi per descrivere, anche ai più piccoli, tutte le tappe della traversata. Grandi tavole e disegni stilizzati, quasi tribali, vengono utilizzati per raccontare la storia di Fu’ad e Jamila e l’alternanza di colori freddi e caldi serve ogni volta a caratterizzare la perdita o riaccendersi della speranza. Un testo profondo e avvincente che non racconta solo una storia ma anche la nostra realtà Sono 232 milioni i migranti nel mondo che come Fu’ad e Jamila cercano una via di scampo e, anche se i fatti di Lampedusa sembrano ormai lontanissimi nel tempo, non è ma il caso di abbandonare un argomento del genere o di non informare anche i più piccoli. I rifugiati, è questo il nome che compete a chi lascia il suo lavoro a causa della guerra o delle persecuzioni politiche, non provengono solo dall’Africa ma anche dal Medio Oriente, dall’Europa dell’Este e dal sud America. Molti di questi migranti raggiungono le coste del nostro paese e tra di loro ci sono sempre tanti, tantissimi bambini che spesso conoscono la malvagità degli uomini e assistono sconcertati agli incidenti che avvengono durante questi viaggi della speranza. Alcuni arrivano con almeno un genitore ma la maggior parte soli e senza nessun aiuto. A loro e a tutti i Little Readers curiosi di conoscere la verità è dedicato questo libro imperdibile.


se t tant un o

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Mogwai - Rave tapes I Mogwai sono stati tra gli iniziatori e tra le prime leve del movimento post rock, un genere fondamentalmente di nicchia ma portato in auge dal successo dei Sigur Ros che hanno saputo dargli un allure quasi pop a tratti, ma senza mai scadere nella banalit‡. Il movimento ha creato prodotti eccellenti in ogni angolo del globo ( canada,giappone,francia, perfino italia e sopratutto nella glaciale islanda) ma se parliamo di Trinit‡ sacra i nomi rimangono quelli: Mogwai, Slint e Tortoise....tutti gli altri hanno attinto da questo patrimonio chi copiando pi˘ sfacciatamente chi usandolo per poi trovare la sua strada. Per questo ogni volta che esce un disco di queste tre band Ë una festa per chi ama il genere, anche se i Mogwai rimangono probabilmente il top raggiungibile da questo movimento, capaci di creare dischi mai banali pur senza mai sconvolgere il loro sound e rimanendo abbastanza fedeli a se stessi. Con queste premesse, a tre anni di distanza dal capolavoro " Hardcore will never dies, but you will" ( intermezzati dal discho di Remix "A Wrenched Virile Lore" e dalla bellissima colonna sonora per il serial francese "Les Revenants) la band di Glasgow ritorna a deliziarci con la loro ultima fatica: "Rave Tapes". Ve ne abbiamo parlato mostrandovi nel corso del mese delle anteprime e permettendovi di ascoltarlo in anteprima grazie ai prodigi del clouding, ma ora finalmente dopo un ascolto attento diciamo la nostra: altrove ho letto e ho sentito parlare di un album di grandissima qualit‡ maabbastanza lontano stilisticamente dai classici della band, ma personalmente ritengo che invece si tratti di una felice sintesi tra tutto quello che Ë il passato del Mogwai e la voglia di sperimentare a tratti qualcosa di nuovo. Se infatti la traccia di apertura "Heard About you last night" fa pensare ai pezzi pi˘ meditativi e riflessivi della band con queste tastiere eteree e trasognanti, sicuramente la secona traccia "Simon Ferociosus" appare abbastanza inusuale con queste tastiere e questo synth che fa un po new wave/ synth rock anni '80, mentre la successiva "Remurdered" seppure facendo abbondante uso della parte elettronica rimanda molto di pi˘ ai classici Mogwai. La quarta traccia "Hexon Begon" Ë un breve intermezzo ( breve per i loro canoni ovviamente) dove esce l'anima pi˘ noise e shoegaze della band con un intrecco di synth e di chitarre distorte, cosÏ lo stesso la successiva "Repelish", una base parlata con sottofondo di tastiere e chitarre un po monotona( l'unico pezzo sotto tono dell'album a mio avviso). In "Mastercard" esplode l'anima rock pi˘ graffiante della band con parti di chitarra e batteria che attingono dall'hard rock pi˘ puro ( e hard rock sembrerebbe senza il tappeto di synth e tastiera in sottofondo), mentre la successiva "Deesh" Ë quasi epica con questo ritmo crescente ed incalzante di tastiera,chitarra e batteria. Seguono due pezzi abbastanza tradizionali e un po crepuscolari come "Blues Hour" (unico pezzo veramente cantato dell'album) e "No Medicine for Regret" ( l'intreccio di tastiere pi˘ ispirato dell'abum sicuramente) e si chiude con la traccia che Ë stata scelta come primo singolo per questo lavoro: "The Lord is out of Control" con la sua voce robotica accompagnata da beat elettronici e chitarre distortissime. In definitiva un album molto apprezzabile ed interessante, non siamo al livello di "Hardcore Will never dies, but you will" che ha rappresentato per me il culmine compositivo di questa meravigliosa band, ma sicuramente Ë un disco da ascoltare e riascoltare pi˘ volte, in attesa della meravigliosa performance che ci attenderà a fine Marzo a Bologna.



Reader’s Club Non bisogna mai avere paura dell’altro perchè tu rispetto all’altro sei l’altro

Andrea Camilleri torna in libreria con la Creatura del desiderio, Skira Editore (144 pagg, 14,50 euro). Nel 1912, un anno dopo la morte di Mahler, la sua giovane vedova, considerata la più bella ragazza di Vienna e allora poco più che trentenne, incontra il pittore Oskar Kokoschka. Inizia una storia d'amore fatta di eros e sensualità, che sfocerà ben presto in una passione tanto sfrenata quanto tumultuosa. Viaggi, fughe, lettere, gelosie e possessività scandiscono i successivi due anni, durante i quali l'artista crea alcune fra le sue opere più importanti, su tutte La sposa del vento. Ma la giovane donna è irrequieta e interrompe brutalmente la relazione. Kokoschka parte per la guerra con la morte nel cuore. Al suo rientro in patria, traumatizzato dal conflitto e ancora ossessionato dall'amore perduto, decide di farsi confezionare una bambola al naturale con le fattezze dell'amata. Questa è la sua storia.



Il nuovo Buk Modena

Dopo alcuni rinvii, è ufficiale: la prossima edizione di Buk Modena si terrà al Foro Boario il 22 e il 23 febbraio prossimi. Neanche a chiederlo, Reader’s Bench sarà lì come come media partner ufficiale per raccontarvi degli incontri e delle tantissime scoperte letterarie che faremo. I problemi con la burocrazia e i gestori del Foro Boario hanno scusato all’inizio alcuni cambianti di data (per giorni si è parlato di un rinvio e la data era quella del 22-23 marzo), ma poi la squadra capitanata da Francesco Zarzana ha risolto ogni incertezza ed abbiamo la data ufficiale. Il 22 e il 23 febbraio dalle 9,30 e fino alle 19,30, il Foro Boario sarà il crocevia di incontri, presentazioni e dibattiti sul mondo della letteratura. Un appuntamento imperdibile anche per gli ospiti, italiani e stranieri, che sono stati annunciati: Valerio Massimo Manfredi e Davide Rondoni. Un’edizione che sarà ricordata per gli ospiti femminili di grandissimo livello. Saranno a Modena le scrittrici Pauline Delpeche, Laure Mi Hyun Croset e Anne Marie Mitterand. Cento espositori, 60 appuntamenti e tantissimi eventi collaterali di grandissimo livello dal concerto di Anne Etchegoyen allo spettacolo teatrale Conciliare Stanca scritto dallo stesso Zarzana, musicato da Angela Floccari e interpretato da Caterina Vertova. Un monologo che cerca di affrontare e di parlare della violenza sulle donne. Per Buk Modena allora quest’anno parleremo di tripla vocazione: apertura all’estero, impegno contro la violenza sulle donne e ospiti di grandissimo livello per un’edizione da non dimenticare. E poi ci saranno loro: i libri e le presentazioni e i dibattiti che a Buk Modena cercano sempre di conciliare le diverse forme della comunicazione. Francesco Zarzana nella sua impresa sarà coadiuvato dai giornalisti Ezio Luzzi, voce storica della radio, e dalla giornalista di Repubblica Federica Angeli. Noi, naturalmente, vi terremo aggiornati su tutte le novità e sulla panchina troverete tutte le informazioni e le notizie utili su questa straordinaria edizione di Buk Modena. Buk Modena è stato anche inserito dal Ministero per i Beni e le Attività culturali tra Le città del libro.



Torna per un pugno di libri


Sta per partire una nuova edizione di Per un pugno di libri. La trasmissione storica di Rai Tre torna con una nuova edizione a partire dal 1 febbraio. Tanti i cambiamenti previsti per il programma a partire dalla programmazione. Per un pugno di libri infatti sceglie una nuova fascia oraria e arriva il sabato pomeriggio alle 17. Abbandonata la domenica si passa anche ad una nuova presentatrice. Non avevamo fatto in tempo ad abituarci alla Pivetti che arriva Geppi Cucciari che, insieme al fedelissimo Dorfles, traghetterà le squadre in gara verso la vittoria. Un cambio di guardia che cerca di dare un taglio netto a tutto quello che abbiamo visto in precedenza. Verranno introdotti giochi nuovi ed una sorta di collegamento ipertestuale che porterà in ogni puntata il riferimento ad un argomento, anche preso dal cinema o dalla televisione. Siamo stai negli studi della Rai del Nomentano neanche due anni fa per parlare con la redazione e per capire come nasce ogni singola puntata e dalla nostra visita abbiamo intuito che qualcosa in Per un pugno di libri doveva cambiare. Non era solo una questione di presentatrice (peraltro simpatica e competente) ma di uno svecchiamento generale di cui aveva bisogno la trasmissione. Per un pugno di libri ha come ospiti le classi di ragazzi provenienti da tutta Italia? E allora perché non utilizzare i mezzi di comunicazione utilizzati dai più giovani? Pare che, finalmente, le nostre domande abbiamo trovato una risposta e sia stato attivato persino un account Twitter (cercateli con @pugnodilibri) e una pagina Facebook (peraltro già esistente) che speriamo venga aggiornata con regolarità. Si sarebbe potuto fare molto di più (un sito aggiornato, un live twitting) ma non tutto è perduto, aspettiamo almeno la prima puntata! Chissà magari saranno presi in esame dalle squadre romanzi più vicini ai nostri giorni. Vedremo e nel frattempo faremo di tutto per tornare negli studi e parlarvi di questo nuovo Per un pugno di libri.


Isabel Allende, oggi


Nel Reader’s Club, il luogo più esclusivo fatto per veri lettori, vi abbiamo sempre dato in anticipo o in esclusiva solo notizie per veri intenditori ma ora è arrivato anche il momento di commentare le uscite editoriali più calde del periodo. E sicuramente tra queste è impossibile non nominare l’ultima fatica di Isabel Allende che torna in libreria con Il Gioco di Ripper, naturalmente per Feltrinelli, e proposta con un lancio pubblicitario in grande stile: sito italiano completamente aggiornato, possibilità di leggere giorno per giorno sul portale alcune pagine del romanzo e persino un gioco di carte ispirato al romanzo e al videogioco, quello vero, nato un po’ di tempo fa. Sembrerebbe tutto nella norma se non ci fosse un piccolo dettaglio: la scrittura dell’autrice. Negli ultimi tre romanzi (e si vogliamo inserire anche Amore, la raccolta nata per l’editore tedesco della scrittrice che è arrivata qualche mese anche da noi) qualcosa è cambiato. Dimenticate i riferimenti storici dei suoi romanzi, le eroine dominate da istinti e passioni primordiali e, inutile dirlo, non sperate nemmeno di rintracciare quel realismo magico che ha da sempre ha caratterizzato la scrittrice cilena. O dovremmo dire la scrittrice statunitense? Perché la vicinanza al mercato americano ha decisamente avuto un forte peso sulle sue pubblicazioni. Se c’è un dato certo è la volontà da parte dell’Allende da una parte di stupire il suo pubblico affezionato e dall’altra di accaparrarsi un nuova schiera di lettrici, possibilmente giovani, possibilmente amanti delle nuove frontiere offerte da internet e già appassionate a generi come lo young adult, il noir e addirittura il thriller. Non sappiamo che cosa o chi ci sia dietro in un cambiamento così importante ma sappiamo che Il Quaderno di Maya (l’ultimo romanzo uscito, ndr) ha segnato un punto di svolta e quest’ultima fatica ne è la sua diretta estensione. Generi completamenti nuovi per l’autrice che crediamo non siano solo frutto della spinta del marito, anch’egli scrittore, ma di un preciso intento dell’editore statunitense di cambiare il volto e la penna dell’Allende. Ma questo non sarebbe nemmeno uno dei tanti problemi che potremmo riscontrare: tutti gli scrittori si evolvono e cambiano nel tempo ma qui assistiamo ad un vero e proprio stravolgimento e vediamo articoli che parlano della scrittrice sui siti di approfondimento interamente dedicati al mondo del thriller, vera e propria fantascienza se dovessimo paragonare questa uscita a L’isola sotto il mare che arrivò in libreria appena cinque anni fa, nel 2009. Forse per le giovani lettrici che hanno sentito parlarne dalle sorelle maggiori o dalla madre non sarà un grosso problema leggere ed appassionarsi a questa nuova Allende. Alla fine Amanda/Maya è una ragazza che ha parecchi punti di contatto con alcune giovani d’oggi, in special modo con quelle che hanno difficoltà nel fare amicizie e che si trovano meglio nel mondo virtuale più che in quello reale. Ma, a parte la vicinanza o meno delle protagoniste dei nuovi romanzi alle lettrici di oggi, rimane il fatto che questa non è la Allende che abbiamo imparato a conoscere e forse solo la lettura approfondita scioglierà ogni dubbio ma senza avere più punti di riferimento sarà difficile.


A come Alessi

Si è concluso proprio ieri il Macef, la fiera mercato del design, che ora prende il nomi di Homi Milano. Cambio di nome ma sempre la stessa filosofia: raccontare lo stile dell’abitare in tutte le sue forme. Il design italiano è da sessant’anni un punto di riferimento per il mondo. Abbiamo creato linee, forme, architetti, designer e oggetti che sono entrati nell’immaginario comune. Tra questi creatori di idee che poi hanno preso vita e forma divenendo incarnazione stessa dell’abitare con gusto c’è sicuramente la Alessi. L’industria metallurgica piemontese fondata negli anni ’20 subisce un sostanziale rinnovamento da parte del figlio del fondatore Carlo Alessi. E’ lui ad avere l’idea di unire alla produzione una certa cura nella progettazione, cosa che farà ancora meglio Alberto negli anni ’70 quando decide di avvalersi dell’aiuto di designer come Catiglioni, Sapper e Stark Nascono così oggetti divenuti dei veri e propri cult nel mondo del design, oggetti di uso comune che vengono arricchiti di straordinari particolari e funzionalità a cui nessuno prima aveva pensato e non c’è una casa nel mondo che non abbia un Alessi in casa. La fortuna di Alessi non si è mai interrotta nel tempo un po’ grazie ad una tradizione familiare che perdura di generazione in generazione, un po’ anche grazie alla capacità di sapersi rinnovare nel tempo. E dell’evoluzione del design, delle nuove possibilità offerte dalla rete e delle nuove leve italiane ci parlerà Chiara Alessi in Dopo gli anni zero. L’evoluzione del design italiano (Laterza, 126 pagg, 12 euro). Un membro del famiglia Alessi si mette a disposizione per fare il punto dell’evoluzione del gusto nell’arredamento dal duemila ad oggi, raccontando oltre 200 designer italiani. Un’occasione unica per conoscere uno dei nostri più grandi vanti.




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