Reader’s Bench
tutto il mondo dei libri su una panchina
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L’AUTUNNO CALDO DI BOOKSALAD! Tante le novità in uscita per la casa editrice toscana specializzata in thriller tedeschi!
Booksalad sarà presente al Pisa Book Festival (15-17 Novembre) allo stand n.155 e alla Fiera di Roma Più Libri Più Liberi (5-8 Dicembre) stand T21 primo piano. KARL OLSBERG SARÀ OSPITE D’ONORE AL PISA BOOK FESTIVAL. La vita di Mark Helius è perfetta: benestante, una casa in centro e una bella moglie. In più la sua azienda di software con sede ad Amburgo sta per presentare ai suoi investitori un’innovazione in campo informatico che sconvolgerà ogni certezza: DINA, il primo sistema di comunicazione intelligente. Ma il giorno della presentazione qualcosa non va per il verso giusto: DINA sembra non funzionare e commette degli errori inspiegabili. Il prestigio e la credibilità di Mark crollano ed in breve si ritrova pieno di debiti e con sua moglie che lo accusa di essere un fallito. Improvvisamente il co-fondatore dell’azienda e suo amico Ludger Hamacher, viene ucciso e Mark è accusato dell’omicidio. Mentre cerca disperatamente di provare la sua innocenza i computer di tutto il mondo impazziscono. Sembra che qualcuno abbia trasformato DINA in un virus potentissimo. Sono forse i cyber-terroristi responsabili dell’omicidio? Oppure è internet che ha iniziato a sviluppare una propria personalità? Per Mark e la hacker Lisa Hogert la battaglia tra la vita e la morte è iniziata.
VINCENT KLIESCH SARÀ PRESENTE AL GARFAGNANA IN GIALLO IL 23/24 NOVEMBRE. Berlino. Un uomo è avvelenato dalla moglie. Dopo l’omicidio la donna si impicca nel suo appartamento. Tutto fa pensare a un dramma familiare. Ma qualcosa non quadra. Nel luogo del crimine viene rinvenuto un messaggio: riporta nei dettagli ciò che poi è accaduto. Il commissario Julius Kern è perplesso. Chi poteva sapere già tutto? Omicidio-suicidio o c’è qualcos’altro da scoprire? C’è davvero un Profeta della Morte? Decide di indagare in questa direzione, ma il tempo stringe. Riceve lui stesso una predizione: tutto si compirà in tre giorni. Per precauzione è sospeso dal caso. Ma quando si rende conto che dietro c’è il suo acerrimo nemico Tassilo Michaelis è chiaro che per salvare sé e la sua famiglia dovrà cavarsela da solo. La gara contro il tempo è iniziata.
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Indice / Novembre 2013 6/ Postcards from Lucca 2013 di Clara Raimondi
40/ Ultimo omaggio a Wagner di Chiara Silva
72/ Casual writer di Diego Rosato
8/ Come nasce un buon fumetto di Diego Rosato
44/ Per dieci minuti con Chiara Gamberale
78/ L’oceano in fondo al sentiero di Clara Raimondi
di Daniele Campanari
82/ Marchiadonica e Abradabad di Danylù Louliette Kazhan
12 / Comic soon... natale nei cinema e in libreria di Francesca Cerutti
16/ Intervista a Vincent Kliesch
autore de Il profeta della morte
di Claudia Peduzzi 20/ L'arte russa del tè di Nicoletta Tul
46/ Lucarelli uno e Trino di Diego Rosato 48/ In giro per il mondo con Viola di Clara Raimondi 50/ Più libri più liberi di Simone di Biasio 52/ Un matrimonio e il funerale di Daniele Campanari
22/Coi tuoi occhi Lorenza Ghinelli
54/ Living readers di Clara Raimondi
di Claudio Volpe
58/ Maria Grazia Calandrone
24 / Tutti fuori da scuola di Daniele Campanari 26/ Bianche bugie di Danylù Louliette Kazhan 30/Pandora hearts di Jessica Marchionne 34 / Contatti due di Claudio Turetta
38/ Dove eravate tutti?
di Simone di Biasio 60/ Ansia di Alberto Petrosino 64/ Oro rosso del sud di Clara Raimondi 66/ In lapponia a caccia di aurore boreali di Alessia Spinella 68/ Capinera di Gloriana Giardilli
di Daniele Campanari
80/ Prodotti interno loro di Simone di Biasio
84/ Musica inverno 2013-2014 a cura dei Massive Distortion 86/ La lezione di Tiziano nel neomodernismo di Simone di Biasio 88/ About a boy di Clara Raimondi 92/ Appetizers dalle truckers di Clara Raimondi 94/ Reader’s club
Reader’s Bench: Direttore editoriale: Clara Raimondi Direttore responsabile: Simone di Biasio Creative designers: Francesco Miserendino, Veronica di Biasio Vicedirettore: Diego Rosato
Buona visione e buon divertimento con
Redazione: Mattia Galliani Cristina Monteleone Claudia Peduzzi Chiara Silva Nicoletta Tul Claudio Turetta Floriana Villano Claudio Volpe Daniele Campanari Si ringraziano: Chiara Gamberale Paolo di Paolo Maria Grazia Calandrone Vincent Kliesch Fabrizio Galliccia Alberto Petrosino Gloriana Giardilli Francesca Cerutti Massive Distortion: Roberto Gavini Alessandro Pietrostefani www.readers-bench.com readersbench@gmail.com Reader’s Bench Tutto il mondo dei libri su una panchina Blog letterario
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Reader’s Bench sta cambiando
Reader’s Bench Magazine sta cambiando sotto i vostri occhi. E’ diventato un bimestrale, ha aperto le porte a nuovi contenuti dedicati al cinema, all’arte, al viaggio e all’arredamento ma non tradisce mai la sua unica vocazione: parlare di libri ai lettori. E nel segno di questa tradizione, che ormai ci accompagna da tre anni, si focalizzano gli sforzi di una grafica sempre più accattivante e di uno sforzo incentrato a proporvi contenuti di qualità. Le interviste, tra le altre ricordiamo quelle a Chiara Gamberale e a Paolo do Paolo, e le esclusive come l’incontro con Vincent Kliesch per la prima volta in Italia con il suo Il Profeta della Morte, fanno di Reader’s Bench una rivista sempre sul pezzo e che cerca di tenervi informati sulle uscite più interessanti del periodo. Non mancheranno, come al solito, le rubriche che questa volta cambiano volto (non posso anticiparvi tutto) e che si prendono molto più spazio: Young Writers, per esempio, diventa un intero speciale dedicato alla scrittura elle pubblicazioni di giovani autori esordienti. Recensioni, approfondimenti e tanto spazio per la lettura con i racconti della nostra Danylù Louliette Kazan, di Alberto Petrosino che ritorna tra le pagine del magazine con “Ansia” e di Gloriana Giardilli con la sua Capinera. E poi ci saranno le poesie di Daniele Campanari e di Simone di Biasio che ci introdurrà anche alla prossima edizione di Più Libri Più liberi. Ma su Reader’s Bench Magazine troverete questo e molto altro (non posso svelarvi tutto!). Ah dimenticavo la cover realizzata da Fabrizio Galliccia è un omaggio che abbiamo voluto fare a questa ultima edizione di Lucca Comics and Games. Tra le pagine, ve lo anticipo, è possibile che troviate qualche buon suggerimento per i vostri acquisti natalizi e chissà che non arrivi qualche sorpresa. Voglio farvi i migliori auguri per un vero Natale da Readers, ci vediamo il 23 gennaio e sarà già il 2014! Clara Raimondi Vi aspetto su clararaimondi@readers-bench.com
sei
RB magazine
Postcards from Lucca 2013 Lucca Comics and Games è il più grande evento culturale in Italia? Secondo alcuni sembrerebbe proprio di sì e non non si allontaniamo troppo da questa visione. E’ una questione di numeri? Non solo ma è soprattutto per il senso di totale dedizione che l’organizzazione ha dimostrato nei confronti dei fruitori che hanno potuto assistere ad eventi unici, incontri con autori di primo livello. Lucca si è dimostrato, ancora una volta, un evento imperdibile per gli amanti del cinema, del fumetto e non solo. Un incontro capace di richiamare una folla oceanica e di essere culturale e popolare allo stesso tempo. La cultura non dovrebbe essere a portata di tutti? E Lucca rende la cultura (e sì se ve lo state chiedendo consideriamo i fumetti e il cinema due delle tanti manifestazioni dell’arte) facilmente fruibile e appetibile. Qualcuno di voi potrà dirci che la portata dell’evento mal si presta ad essere organizzato nel centro del capoluogo toscano. Altri non potranno riconoscersi nella definizione di evento culturale ma non si può nascondere il successo di un evento che diventa, per chi fa informazione e per i semplici appassionati, uno di quelli da segnare in rosso sul calendario.
Fabrizio Galliccia
Il silenzio di certa stampa non ha di certo danneggiato l’evento e anche lo scarso interesse da parte dei nostri colleghi blog non ha sortito grandi effetti. E proprio a questa edizione di Lucca Comics e alla sua parte più innovativa, l’artist alley che si trovava proprio all’ingresso della manifestazione, abbiamo dedicato la copertina di questo numero di Reader’s Bench Magazine. Realizzata da Fabrizio Galliccia racconta la storia di un supereroe che si aggira per la città e, dietro di lui, i resti di un'ultima, cruenta battaglia contro il male. Testimoni di quanto accaduto un panchina ed un fumetto lasciato lì per caso. Accomodatevi!
nato a Marino (RM) il 22-12-1979 www.ghostriderontheroad.blogspot.com Disegnatore di fumetti, Illustratore e Storyboard artist Collabora con le case editrici Aaron Works (Heavy Bone), 7age (Radairk), Star Comics (The Secrets), Editoriale Aurea (John Doe, Lancio Story, Skorpio, Axel Ardan) Cover e art work per dischi e dvd (Kaledon, Raindogs, Vidharr, Sarvepainen, LEA, Francesco La Dolcetta) Realizza storyboard per cortometraggi (3 millesimi di secondo, Spirito d’iniziativa), mediometraggi (Amigdala) e pubblicità (De Longhi, Roncato, Sanpellegrino)
sette
RB magazine
Come nasce un buon fumetto
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RB magazine
di Diego Rosato Qualche tempo fa vi ho parlato di un nuovo fumetto, Axel Ardan, anticipandovene l'uscita prima e recensendone i primi tre episodi dopo. Oggi abbiamo chiesto ai due autori, il disegnatore Fabrizio Galliccia e lo sceneggiatore Giovanni Masi, di accomodarsi sulla nostra panchina e parlarci un po' del loro lavoro.
Non so perché, ma mi viene spontaneo pronunciare Axel Ardan alla francese, con gli accenti sulle ultime sillabe: da dove viene fuori questo nome? Giovanni: Allora, il nome viene dal francese. Volevamo, al solito, un nome che fosse in linea con la tradizione dei nomi degli eroi dell’avventura, da Peter Parker a Dylan Dog. Volevamo poi Buongiorno e benvenuti sulla panchina dei lettori. omaggiare Jules Verne, perché Axel per molte cose è figlio di Per prima cosa vorrei chiedervi di parlarci un po' di voi e del quel tipo di racconti fantastici. Così ci siamo messi a cercare un vostro sodalizio. nome che ci piacesse e “suonasse bene”. Fabrizio scova il nome Giovanni e Fabrizio: Ci conosciamo da un sacco di tempo, e di Ardan, che è quello di un personaggio minore delle opere di da un sacco di tempo volevamo collaborare su qualcosa. Il problema è che non riuscivamo mai a trovare il progetto giusto. Almeno finché Enzo Marino, direttore dell’Editoriale Aurea, si è dimostrato interessato a vagliare alcune nostre proposte. L’occasione era davvero ghiotta, e così ci siamo messi al lavoro. E poi è arrivato Axel Ardan, un fumetto “elettropunk”, ovvero? Giovanni e Fabrizio: Axel Ardan è un progetto un po’ particolare. È molto classico nella sua impostazione narrativa di base. L’invasione, il gruppo di sopravvissuti, l’eroe al centro dell’azione... ma cerca anche di essere sempre un po’ fuori dagli schemi. La scelta quindi di fare una fantascienza che fosse qualcosa di abbastanza inedito (prendere lo steampunk e rivederlo in chiave elettrica per poi impiegarlo in una storia d’invasione) ci sembrava divertente. Poi di più non possiamo dire, perché la scelta di una tecnologia piuttosto di un’altra è fondamentale per la storia e non vorremmo dare troppe anticipazioni.
RB magazine
dieci Verne, che a sua volta era un omaggio, l’anagramma di Nadar. forma di diffusione? Giovanni e Fabrizio: Proprio perché è nato per un diretto interessamento dell’Aurea. La serializzazione in rivista è stata la base da cui partire, non una scelta a posteriori. Ovvio che poi ci piacerebbe vedere Axel rilegato in un bel volume, ma questo dipenderà dal successo del personaggio e dalla volontà dell’editore. Anche perché la saga completa sarà di un trecento pagine, non proprio un volumetto agile. Dopo la fine di questa prima serie vedremo ancora il personaggio di Axel Ardan? Giovanni e Fabrizio: Anche qua, dipenderà molto dall’editore. Perché Axel dovrà sottostare alla dura legge del mercato. Da parte nostra, un paio di idee su come continuare la saga di Axel ce le abbiamo. Ma ancora, certe cose esulano anche la volontà degli autori. Axel Ardan ha delle particolarità nella trama molto meno scontate di quanto possa sembrare all'inizio (Pur non volendo svelare dettagli ai lettori, posso dire che non è la solita invasione aliena): quanto è difficile dopo quasi un secolo di fumetto trovare ancora degli spunti originali. Giovanni: Dopo un secolo di fumetto, altrettanto di cinema e svariati millenni di letteratura, ormai le storie sono state già raccontate tutte. Per come lavoro io, cerco sempre di trovare magari una nuova luce sotto cui guardare un determinato intreccio, o mischio cose tra loro molto lontane per provare a raccontare qualcosa di nuovo. Almeno, questa è l’idea, poi a volte viene meglio e a volte peggio. Ammetto che, con Axel, sono molto soddisfatto di come le cose si siano incastrate. E poi bisogna disegnare quelle idee in modo adeguato. Come si sceglie il tratto, la luce (stavo per scrivere “la fotografia”) e la sequenza scenica di un fumetto come Axel Ardan? Fabrizio: penso che nel fumetto tutto deve essere ai fini della narrazione. Deve essere scorrevole, spettacolare quando serve (visto che non ci sono limitazioni di effetti speciali). In particolare, con Giovanni lavoriamo che ogni cosa che uno dei due fa, deve essere approvata dall’altro. Dalla sceneggiatura ai disegni c’è un confronto serrato. Fortunatamente, ci fidiamo molto uno del lavoro dell’altro, quindi il lavoro è molto sereno. In generale, come se la passa secondo voi il fumetto in Italia? Giovanni e Fabrizio: Per alcuni versi, molto male. Ci sono pochi investimenti, poche sicurezze per lo sviluppo di un’industria culturale e, in generale, pochi posti in cui fare fumetti che non siano legati a grossi marchi. Per altri versi, ci sono marchi storici che reggono molto meglio di altre situazioni analoghe il passaggio del tempo. E poi ci sono gli autori. In Italia abbiamo alcuni autori clamorosi. Peccato che sia molto difficile farli uscire da un mercato autoreferenziale come quello del fumetto nostrano.
undici
RB magazine
Potete anticiparci qualcosa sui vostri progetti futuri? Quali saranno le vostre prossime uscite? Giovanni: Personalmente, continuo a lavorare come story editor e sceneggiatore per il cinema d’animazione, poi tra breve ricomincerò a pubblicare gratuitamente sul mio blog un romanzo breve (l’editoria elettronica, tra blog ed eBooks, è una cosa che mi diverte sempre). E poi ci sono altri progetti all’orizzonte, soprattutto a fumetti, ma è davvero troppo presto per parlarne. Fabrizio: Ci sono parecchie cose in cantiere, spero di poterne parlare presto! Ci consigliereste qualche buona lettura? Giovanni: L’intervista, di Fior (un vero gioiello italiano uscito da poco). Dororo, di Tezuka (che è un capolavoro giapponese scritto e disegnato da un maestro assoluto) e La Lega degli Straordinari Gentleman, di Moore e O’Neill, (capolavoro del fumetto anglosassone). Fabrizio: Batman - Year one (Miller-Mazzucchelli) classico che ogni disegnatore dovrebbe avere sulla scrivania. Corto Maltese - Una ballata del mare salato (Pratt) una delle letture più belle che ci possano essere. Dylan Dog - Mater Morbi (Recchioni-Carnevale) a mio parere uno dei punti più alti del fumetto popolare italiano. Grazie e buon lavoro Giovanni e Fabrizio: Grazie a te!
Per approfondire Skorpio - anno XXXVIII dal n° 27 di AA.VV., Editoriale Aurea, 120 pagg ca, 2,80 euro
Coming soon... natale nei cinema e in
n libreria
quattordici
RB magazine
di Francesca Cerutti
Taccuini alla mano! La prossima stagione cinematografica si preannuncia molto ricca e variegata, complice anche il periodo natalizio che vedrà sul grande schermo film perfetti per le famiglie. Controllate se le vostre sale cinematografiche di fiducia hanno qualche formula di abbonamento, perché i prossimi mesi saranno fitti di prime visioni! Ecco qui per voi una selezione dei titoli più interessanti. Imperdibile per tutti i fan di Woody Allen “Blue Jasmine”, girato anche nella cara e amata Manhattan, città musa del regista che vanta come protagonisti Alec Baldwin e Cate Blanchett; di genere documentaristico invece “Indebito”, scritto da Vinicio Capossela e Andrea Segre che firma anche la regia, racconta la crisi greca sulle tracce del rebetiko, la musica della ribellione di questo paese. Prosegue la trilogia di “Lo Hobbit”, tratto dall’omonimo libro di J. R. R. Tolkien che vedrà sul grande schermo l’adattamento della parte centrale del romanzo intitolata “la desolazione di Smaug”. Made in casa Disney abbiamo poi “Frozen – Il regno di ghiaccio”, musical animato che tutti vedranno nelle vacanze natalizie. La storia di Frozen ha origine da una fiaba di Hans Christian Andersen, celebre per aver scritto “La sirenetta”, trasformata anch’essa in cartoon proprio da mamma Disney nel 1989, una versione molto distante dall’originale.
Per gli amanti di Ben Stiller al cinema arriva “I sogni segreti” di Walter Mitty, che vede lo stesso Stiller alla regia, remake di un film del 1947 intitolato “Sogni proibiti”, tratto dal racconto “The Secret Life of Walter Mitty” scritto da James Thurber nel 1939. Restando sempre nel campo dei film provenienti dal mondo della narrativa, sembra da inserire nella lista dei “da vedere” anche “Philomena” di Stephen Frears basato sul romanzo “The Lost Children of Philomena Lee” di Martin Sixsmith, presentato all’interno del concorso ufficiale della 70a mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove è stato insignito del Premio Orsella per la migliore sceneggiatura. Proseguiamo il nostro viaggio all’interno dei film tratti da libri con l’ultima fatica di George Clooney, “The Monuments Men”, ispirato all’omonimo libro di Robert M. Edsel che racconta di come una sezione dell’esercito americano - composta da critici e esperti d’arte - abbia dovuto, durante la seconda guerra mondiale, preservare il patrimonio artistico internazionale cercando di recuperare tutte le opere d’arte rubate dai nazisti.
Saranno lieti i fan di Terry Gillian di sapere che l’inverno porterà nelle sale cinematografiche una sua pellicola: ambientata in un futuro distopico, presentata a Venezia, non gode però di recensioni positive da parte della critica, ma se queste non vi sono di ostacolo, dovete segnarvi sulla lista il titolo “The Zero Theorem”. I fan di Soderberg potranno poi ammirare la sua nuova pellicola presentata a Cannes, “Dietro i candelabri”, interessante film di genere biografico che racconta la storia del pianista Liberace e della sua storia d’amore con Scott Thormson. Concludiamo la carrellata con “American Hustle” di David O’Russel, che vanta un cast davvero stellare e che si propone di narrare la storia reale dell’operazione Abscame dell’FBI, nata negli anni settanta per indagare sulla corruzione all’interno del congresso degli USA. Infine “Inside Llewyn Davis” dei fratelli Cohen che racconta la vita del cantante folk Dave Van Ronk ed è stato presentato al festival di Cannes 2013 dove si è aggiudicato il Gran Prix della Giuria. Dopo un autunno cinematografico caldo, possiamo assicurarvi che l’inverno sarà… bollente!
Intervista a Vincent Kliesch autore de Il profeta della morte
diciassette
RB magazine
di Claudia Peduzzi È in uscita a novembre, edito da Booksalad, lo psicothriller “Il profeta della morte”, terzo episodio di una saga che pare aver appassionato i lettori tedeschi. L'autore, Vincent Kliesch, è un volto noto in Germania lavorando per la Tv sia come conduttore, che come attore comico. Il suo vero amore è però la scrittura, testimoniato dal fatto di aver vinto il primo concorso letterario a soli 9 anni.
Tassilo e non è tra gli assertori della massima “il Bene trionfa sempre”? La ragione per la quale scrivo thriller è che sono interessato a raccontare storie di assassini. Chi sono? Perchè lo fanno? Probabilmente è il mio tentativo di superare l'orrore quotidiano e di comprenderlo. Anche se alla fine i fatti terribili rimangono quasi sempre incomprensibili. Mi piace pensare che, quando il lettore termina di leggere un Il primo atto della “trilogia della morte” è stato pubblicato nel mio libro, abbia la sensazione che il male sia stato sconfitto. Al2010, ma i lettori italiani si devono accontentare dell'epilo- meno per una volta, almeno per un po'. Anche se la lotta tra il go. La trama, di per sé, non è particolarmente originale: da un bene e il male ovviamente non finirà mai. parte il male, personificato dal killer seriale Tassilo Michaelis, dall'altra il bene, nelle vesti dell'ispettore berlinese Julius Kern. L'autore tuttavia è bravo ad inserire “storie nella storia”. Tassilo deve fare i conti con un emulatore di cui non condivide l'etica (anche i serial killer hanno dei principi morali), mentre nel dipartimento di polizia ne succedono di tutti i colori. L'autore inoltre non dimentica il suo esordio professionale come ristoratore e non nasconde la sua passione per la buona cucina, preferibilmente italiana, accompagnata da vini accuratamente selezionati. Purtroppo le dettagliate descrizioni del killer Tassilo non si limitano alle dissertazioni sulla differenza tra Chardonnay e Cabernet, ma sono estese anche al suo singolare hobby di fare a pezzi le persone. Non sono una grande appassionata di particolari sanguinari e la lettura mi ha causato una nottata di incubi di cui avrei fatto volentieri a meno, di conseguenza l'idea d'intervistare un sadico maniaco non mi entusiasmava particolarmente. Vincent Kliesch si è invece rivelato un personaggio dotato di humor (forse avrei dovuto immaginarlo visto che è un attore comico) e ha risposto con impegno alle mie domande, poco convenzionali e velatamente provocatorie. La mia opinione su di lui è decisamente mutata a suo favore e concordo con la sua opinione, che il valore di un opera letteraria emerga solo in un secondo tempo e che dipenda principalmente dal fatto che la storia sia stata raccontata bene o meno. Herr Kliesch, tra le sue molteplici attività vi è quella di conduttore di dibattiti. Guardando alla sua trilogia come alla rappresentazione dell'eterna lotta tra bene e male Lei, in quanto autore, rappresenta il moderatore tra i due antagonisti, Julius Kern e Tassilo Michaelis. Sbaglio o Lei fa il tifo per
diciotto
RB magazine L'osservazione che ha fatto sul moderatore è giustissima. Cercando di non avere alcun preconcetto desidero raccontare dei fatti e riferire al lettore come e perchè sono accaduti. Se a volte si ha la sensazione che parteggi per “il cattivo” è solo per evitare di raccontare una mera storia “d'inquisitori”. L'ispettore Kern, la sua vita privata e tutto ciò che per lui è importante e condiziona le sue scelte sono parte fondamentale e irrinunciabile della trilogia.
semplice voyerismo, ma perchè la sessualità fa parte dei nostri istinti e il timore nei riguardi della violenza e della morte è una delle nostre paure più grandi. Il confronto con questi istinti richiama sempre il nostro interesse. Quando si guarda più da vicino ci accorgiamo che anche le piccole storie d'amore, fedeltà e valori morali, anch'esse sempre presenti nei miei libri, vengono in egual misura recepite e discusse dai lettori. Può darsi che la qualità della narrazione venga recepita solo in un secondo tempo. Una storia raccontata male non legherà il lettore all'autore, la volta successiva sceglierà il libro di qualcun altro.
posso lottare per giorni interi con singole parole, finchè non ho la sensazione di aver trovato il termine giusto.
Il caposervizio del giornale scandalistico Fadenkreuz, il preferito di Tassilo, afferma che per vendere carta stampata servono sesso e violenza. Non trova sconfortante pensare che i lettori apprezzino solo i particolari scabrosi e siano scarsamente interessati alla narrazione in sé? A sostenere questa teoria sono i Media. A mio parere, dopo i Lei ha detto che le interessa legislatori, la polizia e i tribunali, la stampa è la quarta colonna spiegare PERCHÈ un assasdello stato. Essa ha più influsso sui pensieri e le azioni delle persino si comporta in un certo sone di qualsiasi altra istituzione. I Media possono influenzare le modo. Concordo sul fatto che elezioni, far apparire qualcuno simpatico o repellente, possono un comportamento deviato condizionare l'opinione pubblica con massime già pronte che abbia delle validissime ragioni devono solo essere accettate. Quindi la “voce” della stampa è e che nel 90% dei casi dietro ad uno psicopatico omicida si ricorrente in tutti i miei libri. Sesso e violenza sono dei mez- nasconde un bambino impaurito, ma non crede che essere zi espressivi della letteratura. Secondo me ciò avviene non per così immaginifico ed esplicito nelle scene di violenza possa spingere all'emulazione qualche potenziale assassino dotato di meno fantasia? In realtà ho discusso a lungo di questo con la mia casa editrice. Non credo sia molto probabile che le mie descrizioni ispirino un potenziale assassino. Innanzitutto ci vorrebbe una predisposizione sociopatica. Persone con questi problemi difficilmente pensano di poter trovare in un libro materiale utile per loro. Non credo in queste cose. Penso che non sarebbe giusto, nei confronti dei lettori, se gli autori di thriller eliminassero le descrizioni degli omicidi – molto amate – solo per evitare un potenziale pericolo. È come se si vietassero tutte le automobili per evitare che un giorno una singola persona possa essere investita. La trilogia sembra essere la moda editoriale del momento. Lei è anche attore, scrivendo romanzi seriali, così come recitando in una serie TV, non si rischia di restare “imprigionati” in un ruolo? Quando crei un personaggio e fai una serie è difficile uscirne. Soprattutto se ha successo. I lettori comprano un certo autore perchè apprezzano il suo stile e desiderano rincontrare i suoi personaggi. Pensate di aver voglia di mangiare cibo italiano, andate in un ristorante italiano e il cuoco vi comunica che ha deciso di offrire solo cibo cinese. Non tornereste più volentieri in quel posto. Forse anche il cibo cinese è buono, ma non è quello che volevate. Quando i lettori vorranno leggere una storia nuova o provare uno stile diverso compreranno il libro di un altro autore. Ha detto di aver iniziato a scrivere da bambino. A quell'età si scrive per soddisfare un bisogno interiore e non in funzione di un ritorno economico. Purtroppo nella società at-
diciannove tuale qualsiasi attività è stata mercificata e ogni talento viene valutato solo in proporzione alla quantità di denaro che permette di guadagnare. Lei è anche attore e conduttore, che posto occupa oggi la scrittura nella sua vita? La scrittura è la mia personale fonte di forza. È lei che ha trovato me! Già da quando avevo 14 anni mi ha costretto a seguirla. Il fatto che oggi mi porti anche denaro per vivere è incredibile, credo che scrivere sia lo scopo della mia vita. Spesso è anche un peso. Soprattutto quando combatto con me stesso, perchè ho dei dubbi su quello che vorrei comunicare con un dialogo o un capitolo. In questi casi posso lottare per giorni interi con singole parole, finchè non ho la sensazione di aver trovato il termine giusto. È opinione diffusa in Italia che i tedeschi non abbiano un'alta opinione del nostro paese ad eccezione del clima e della cucina. Nel suo romanzo, invece, oltre allo scontato apprezzamento per cibo e vino, ho notato con stupore che il capo del dipartimento di polizia non solo è donna, ma ha anche un nome di origine italiana. È così anche nella versione tedesca o le origini del commissario cambiano a seconda del
RB magazine paese in cui il romanzo viene tradotto? Daniela Castella, il capo del reparto omicidi, non è italiana. È sposata con un italiano e conosce la lingua, ma è tedesca. L'ho scelta così perchè viene descritta come una donna forte e sicura di sé e dovevo aggiungere un marito adeguato al suo personaggio. Un italiano focoso e pieno di temperamento mi sembrava perfetto. In Germania pensiamo che gli uomini italiani siano tutti così. Oltre a ciò posso solo confermare le sue osservazioni: l'Italia è molto amata dai tedeschi. È una delle nostre mete preferite per le vacanze e amiamo anche il vostro cibo e il vino. Solo degli incontri calcistici Italia – Germania non parliamo molto volentieri …
L’arte russa del tè
di Nicoletta Tul
Chi non si è imbattuto in un romanzo di Chekov, Gorki o Toltstoj dove il samovar non era il protagonista di una scena di pathos familiare? In Russia il tè è un rito ed una normalità, parte della vita quotidiana di moltissime persone. I samovar dove l’acqua ribolle e canta sono presenti ovunque dagli uffici ai vagoni dei treni a lunga percorrenza. Il samovar è imprescindibile dalla tradizione russa ed il suo delicato canto diventa un sommesso brontolio mentre sale la temperatura dell’acqua. Questo magico oggetto è composto da una parte inferiore che contiene l’acqua e che è un bollitore che mantiene sempre a temperatura l’acqua. Un tempo alimentato da braci che riscaldavano un condotto d’aria all’interno del bollitore, oggi prevalentemente elettrico. Sopra il bollitore c’è un incavo che serve per posare la piccola teiera che rimane sempre calda e che contiene un tè nero molto concentrato. I russi versano due dita di tè nero nel bicchiere e poi lo allungano con acqua calda prelevandola dal rubinetto del bollitore. Poi bevono il tè facendo sciogliere una zolletta di zucchero che stringono fra i denti perché come diceva Puskin l’estasi è bere tè nero con una zolletta di zucchero fra le labbra. I russi sono bevitori incalliti di tè e fin dal XIX secolo quando il tè iniziò a diffondersi in tutte le regioni dell’Impero Russo per dire resto o mancia si utilizzava il termine “za chaj” ossia “per il tè” e da sempre amano il tè con aggiunta di agrumi, fette di limone o anche marmellata di arance o ciliegie, questa tradizione ha origini antichissime e risale ad una abitudine cinese di epoca Tang, periodo in cui il tè si beveva con varie aggiunte di frutta o verdura e spezie. Attraverso le vie carovaniere che portarono il tè e le porcellane in Russia dalla Cina, arrivò anche l’abitudine di varie aggiunte che i Russi subito adottarono con entusiasmo. E con quale cibo si abbinano i tè alla russa? Ovviamente con blini, le mitiche focaccine di grano saraceno da abbinare a panna acida caviale e salmone, vi svelo la ricetta migliore per prepararli e per gustarveli nelle fredde serate invernali, con del tè alla russa ovviamente! Yogurt intero 150gr latte 150ml lievito di birra fresco 14 gr un cucchiaino di zucchero Farina 00 350gr farina di grano saraceno 100gr uova 3 burro 100gr panna fresca 150 ml Sale e burro per la padella Montate a neve gli albumi con un pizzico di sale e montate a parte la panna fresca. Setacciate insieme le due farine, intiepidite il latte e fateci sciogliere il lievito oppure utilizzate del lievito chimico. Mescolate tuorli, yogurt, farine, burro sciolto e latte a filo e fate riposare a temperatura ambiente per almeno 30 minuti. Unite successivamente panna ed albumi con la frusta. Scaldate la padellina con una virgoletta di burro e cuocete poco impasto fino a farlo dorare ed ottenere dei piccoli pancake. Serviteli caldi con creme fraiche e salmone o uova di pesce. Buon appetito e buon tè alla russa in compagnia di un grande classico della tradizione letteraria di questo immenso paese!
Coi tuoi occhi Lorenza Ghinelli
ventitre
RB magazine
di Claudio Volpe Il nuovo romanzo di Lorenza Ghinelli, "Coi tuoi occhi" è il racconto di solitudini, vuoti, assenze e impossibilità che caratterizzano il vissuto di ognuno di noi. C'è l'amore, ce n'è tantissimo nelle pagine di questo libro ma è un amore non scontato, non banale, un amore che si fa costruzione, lotta per superare l'impossibilità, consapevolezza che dal dolore può nascere qualcosa. Amore che è scoperta di se stessi, odio di se stessi e poi dedizione a se stessi. Resilienza è la parola d'ordine della Ghinelli scrittrice e di questo suo ultimo romanzo. Resilienza che è la capacità si assorbire la spinta del male senza spezzarsi, incamerare la sofferenza dell'esistenza e farne possibilità di riscossa. È la storia di Irma e Carla, due ragazze distanti per età e vissuto ma i cui destini finiranno per incontrarsi e fondersi. In un susseguirai costante di variazioni temporali vengono descritte le vite delle due ragazze, quella di Irma che già da bambina scopre il sesso in tutte le sue forme e impara a fare del proprio corpo una merce, o meglio, una scorza durissima con la quale proteggere la propria interiorità; quella di Carla, del suo segreto relativo alla propria sessualità e della particolarità che porta nei suoi occhi. Lo stile di Lorenza Ghinelli è inconfondibile, dirompente, incisivo. La costruzione delle immagini è carne viva, ferita che sgorga sangue e speranza, corpo alla ricerca della vita filtrata attraverso le sensazioni. "Per quanto Carla acceleri, i fantasmi tengono il passo. Lei a Rimini non c'era finita, era incominciata. È ritornano le estati, rotolano nella sua memoria come slavine ingorde. Quante? Una, due, tre, quattro, cinque, sei e sette. Tutte insieme a Salvatore, amico, amante, compagno e fratello. Torna l'università, facoltà di biologia a Bologna, tornano i pomeriggi solitari a suonare sempre la chitarra, pomeriggi trascorsi a sedere studiando o appesa al telefono: torno il prossimo weekend, mi manchi da impazzire, certo che ti penso. E poi il clic del ricevitore e ancora i libri, i batteri nei vetrini colori indecifrabili, batteri luminescenti, professori luminescenti che verbalizzano luminescenti "non superato" e tornano le lacrime, luminescenti anch'esse ma dal medesimo sapore di sale di quelle di tutti" Le parole si incontrano, si scontrano, fanno sesso, fanno l'amore, si aggrappano alla speranza di una felicità che prima o poi dovrà colpire ognuno di noi. Sono parole che cercano il coraggio di dire, spiegare, parlare di un amore che è amore punto e basta, amore immenso che forse è l'unica ragione per cui davvero vale la pena stare al mondo. Sono parole che creano quelle di Lorenza Ghinelli: vicende, personaggi, significato. Sono parole che stanno lì a dirci che nella vita potrà accadere di tutto, si potrà toccare
il fondo in giovanissima età, si potrà odiare se stessi e finire per anestetizzare la propria anima, rendendola insensibile all'amore perché l'amore cela sempre il rischio di un dolore che può distruggerci ma stanno li a dirci anche che, nonostante tutto, bisogna vivere e andare incontro all'amore, quello vero che ti fa sentire immortale ed eternamente felice. Perché una vita senza amore forse è una vita sprecata.
Tutti fuori da scuola
di Daniele Campanari ventiquattro come il suono vocale che ripeto spesso e che solo io conosco il significato cinematografico. che m'hanno insegnato in ventiquattro? non ricordo di aver conosciuto Dante di aver visto Leopardi sulle carte o di aver scritto della Guerra come Ungaretti. manco Michelangelo della scultura ricordo. vaghi i ricordi come vaghi gli scolari tutti fuori da scuola: chi per pranzo chi per l'amore chi per gioco chi per confusione: non ricordo alcuno che si avvedesse dal fare la moltiplicazione se non quel Figlio decantato dall'alcolica Risurrezione. che abbia perso la memoria? non lo escludo
Bianche bugie
di Danylù Louliette Kazhan
E’ successo qui, alla stazione di Jinhar, ancora una volta. Come sempre. La stazione, questo limbo forzato, la mia pena, la mia chance. Teatro di una vita, dove snocciolo gli anni, come grani di un rosario, ostinato, infinito. I grani sono tanti, le mie dita stanche di consumarli; le labbra impastate dall’amarezza che questa preghiera ha lasciato dietro di sè. Ogni grano una storia, ogni storia un epilogo, e quello di Elisabeth avrei preferito non raccontarlo mai, credimi. Se fosse stato in mio potere frenare questa orazione, congelare il moto della litania, e bloccare Lizzie a metà, tra un grano e l’altro, come una preghiera senza amen, lo avrei fatto. Ma il tempo, per quanto bizzarro nel suo scorrere, non si frena, e con esso l’empio destino che ci imbastiamo attorno. Potevano essere le sei del mattino quando la vidi: inquietante, disperata, accartocciata nel suo dolore. Fingeva, come sempre. Mentiva così bene da credere alle sue stesse bugie; creava trame così complesse che alla fine, la sua mente provata, smarriva il filo logico delle cose. Rabbrividisco al ricordo di lei che si aggrovigliava annaspando all’interno della sua tela, tanto da divenire parte integrante del ricamo, dimentica di essere lei stessa creatrice del suo oscuro disegno. Da sola infatti aveva cucito quei vestiti di menzogne, al cui interno sembrava essere a suo agio; abiti, nei quali scherniva se stessa senza pietà, succube dei suoi stessi deliri. Sapeva di essere bugiarda. Si definiva un’attrice senza palco né spettatori. Era solita dire: “un giorno la scena sarà mia, e mi esibirò con il più grandioso degli spettacoli, a cui questa silente stazione abbia mai assistito”. E lo diceva mentre arrotolava una banconota: un gesto meccanico per lei, quanto quello di tirare dal naso polveri di dubbia provenienza. Sapevo che tutto per lei era privo di senso. La realtà le appariva falsa, l’ennesimo inganno, come pure quest’ultimo, disperato gesto. Non ho fatto in tempo a gridarle che in quel gioco perverso, l’unica ad applaudire sarebbe stata la morte. Eppure eravamo lì, uno di fronte all’altra, pochi metri tra me e lei. Così vicini, e però distanti un tempo infinito in quell’attimo che collassava su se stesso lentamente, tanto da non permettermi di afferrarla. Io e Lizzie distanti un’intera vita: la sua. L’ho guardata incapace di muovermi. Paralizzato dal caos che frantumava ogni mia certezza. L’ho guardata senza vederla. Sconvolto dall’agghiacciante previsione, il mio corpo vibrava come un binario incandescente sotto lo stridere inconsapevole dei freni. Ho temuto per lunghi istanti, di perdere l’udito e la ragione, e li avrei sacrificati entrambi, davvero, pur di non assistere all’abbraccio fatale tra Lizzie il gigante di ferro. L’ho vista con i miei occhi tuffarsi, un sorriso accennato, di nuovo e per sempre convinta della sua bugia.
RB magazine In pochi istanti il treno ha travolto tutto, sferragliando in una pioggia di scintille, come fuochi d’artificio in una pozza d’acqua. O forse erano stelle riflesse in pozzanghere putride dopo la pioggia. Come quella della sera prima, in cui Elisabeth mi aveva chiesto di trovare la differenza tra i veri astri e il loro riflesso. Io avevo taciuto, e lei, con gli occhi vividi fissi in quel liquido scuro aveva detto: «sono uguali. Solo piccole, pallide luci. Non puoi toccarle. C’è solo una differenza tra le stelle in cielo e queste nel fango: quelle sono molto più lontane!» Le sue ultime parole erano così cariche di resa e sconforto che l’ho guardata deluso: «E tu cosa sei? Una stella o il suo riflesso? Quanto è distante la vera Lizzie da me?». A quel punto lei, stringendo le spalle e guardando al cielo, ha risposto: «Io sono entrambi. Dipende da dove guardi, da dove mi cerchi e da quanto sei disposto a rischiare. Se guardi in alto potresti perderti, ma se ti accontenti del fango, sicuramente non ti capiterà nulla di grave. Io sono vicinissima a te e quando vorrai sapere la verità … » ha proseguito, gettando una pietra nella pozza d’acqua, «basterà cancellarmi». Una voragine scura in quell’istante ha inghiottito le stelle. Erano rimasti solo ossa e sangue. Lizzie è morta davanti ai miei occhi colmi di disinganno, in fondo ci è riuscita, ha cancellato per sempre la stella e il suo riflesso. Tutto era rosso dove prima c’era stata lei. Il treno era rosso, i binari sporchi di sangue; una goccia amaranto, sulla mia guancia, si era affrettata a raggiungere quella che dai binari, era schizzata sul mio cuore. Diceva di amarmi, capisci? Lei non sapeva amare nessuno. Non avrebbe mai fatto quel gesto se mi avesse amato, se si fosse amata anche solo un briciolo, anche solo una goccia cento volte più piccola di quella che si è schiantata sul mio cuore. Elisabeth. Lizzie. Una ragazzina, come tante ne ho viste e vissute. Un altro amore, un’altra figlia strappata al mondo. Ricordo grida attorno a me; quei pochi che si trovavano sulla banchina erano arretrati verso la biglietteria, quasi a difendersi dall’orrore a cui Lizzie li aveva chiamati. Di fianco a me una donna stringeva al petto il figlio impedendogli di guardare. Io invece ho guardato, quello spettacolo era per me, in fondo; non mi sarei sottratto al suo grottesco invito. Mentre ancora il treno sibilava nello strazio della frenata, mi sono liberato della giacca e della presa ferrea di qualche addetto alla ferrovia che intuendo le mie intenzioni ha provato a fermarmi. Lacerato da un silenzio assordante mi sono lanciato tra i binari. Puoi non credermi, non ero più padrone delle mie azioni, del dolore che mi straziava le ginocchia e della disperazione che masticava la mia anima. Le mie mani cercavano, frugavano attraverso quel disordine di ossa e sangue. Volevo qualcosa, che potesse confermarmi che comunque si trattava ancora di lei. Che era esistita. Devi sapere che Lizzie non amava i monili. Era solita indossare solo un ciondolo, una piccola ampolla d’argento che diceva essere il contenitore della sua anima. Quel gioiello, custode della droga, si posava sul suo candido petto e oscillava scosso dai singhiozzi quando lei piangeva. Mi divertivo a farlo rotolare tra i piccoli seni dopo l’amore, e ora che ci penso forse c’era davvero la sua anima
ventotto intrappolata nel metallo. Quando l’ho trovato tra le sue carni straziate, ho riversato su di esso impotenza, rabbia, dolore. Bagnato del sangue di Lizzie, quel ciondolo si è macchiato anche del mio. L’ho frantumato con furore. Guarda le mie mani, guardale, portano i segni dell’inutile scontro con il nemico di Elisabeth. «Stolto, hai creduto davvero che fossi morta?». Mi pare di sentire la sua voce, mentre si prende gioco di me, anche adesso, che non esiste più. Non è stato facile innamorarmi di lei e non sarà semplice dimenticarla. Lizzie aveva 18 anni, i capelli rosso fuoco e gli occhi come onice, venati da miriadi di esplosioni d’oro che le illuminavano lo sguardo. I suoi occhi erano vivi, nonostante la vita in lei si stesse spegnendo lentamente, divorata dalla polvere bianca di cui non riusciva a fare a meno. Eppure l’altro ieri, soltanto l’altro ieri lei era tra le mie braccia, tutta intera, malgrado il suo spirito fosse simile a uno specchio infranto. Ho persino tentato di ricomporla, mentre si raffreddava tra le mie mani e disperatamente cercavo di abbracciare quel misto di carne bruciata e tumefatta. Senza di lei io morirò a ogni treno in partenza e a ogni treno in arrivo. Ricordo la prima volta che la vidi. Ferma davanti a me, solo i binari tra noi, lo sguardo perso nel vuoto, tutta avvolta da un’aura di pallore e autodistruzione. Era arrivata in stazione con il primo treno del mattino. Sola. L’acquazzone della notte precedente aveva lasciato spazio a un timido e pallido sole, che si affacciava, stanco, da dietro la toilette delle donne. Così come un treno me l’ha donata, un treno me l’ha portata via. Mi spiace averti tediata con il mio dolore. Perdonami, Nora, è successo solo ieri e hai forse fatto l’errore di chiedere informazioni alla persona sbagliata. Sei solo una ragazzina, forse hai la sua età. Non giudicarla però, non giudicarmi. Ciascuno ha i suoi demoni. Qual è il tuo?
ventinove
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Danylù Louliette K. è una sognatrice.
Da sempre appassionata d’Arte in ogni sua forma, esplora lo scibile che questa materia può offrire. Dalla pittura, alla scultura, alla musica fino alla poesia, facendo della scrittura la sua forma di comunicazione. Scrive canzoni per diversi gruppi musicali e dopo due anni di conservatorio in cui studia musica elettronica, sperimenta la carriera di cantautrice. Molto impegnata nel sociale, per un anno lavora come volontaria presso un circolo dedicato ai disordini alimentari. Dopo numerosi corsi e seminari, seguita da una naturopata, scrive un manuale sui diversi tipi di alimentazione. Molto attenta al progresso e alla tecnologia, si avvicina all’arte digitale e intraprende la carriera di Digital Painter, Grafica e Web Designer. Cura un suo spazio web e collabora con vari blog come articolista e recensore (Sognando Leggendo, Reader’s Bench).
Pandora Hearts di Jessica Marchionne
Pandora
a Hearts
RB magazine Pandora Hearts è un manga shonen di genere soprannaturale e avventura dell’autrice Jun Mochizuki, edito in Italia dalla Square Enix e distribuito dalla Star Comics. È un manga che mi ha conquistata per la sua trama originale e per la caratterizzazione davvero ben accurata dei personaggi non troppo stereotipati. L’ambientazione è gotica-vittoriana, atmosfera che più adoro nei manga. Già da questo si può capire quanto lavoro ci sia nel background, nei vestiti e negli artwork. L’eleganza si mescola alle classiche atmosfere cupe, all’orrido, a volte anche a scene splatter passando poi, solo dopo qualche pagina, a siparietti comici dove i personaggi sono resi ‘deformed’, senza che questo però crei una disarmonia che magari ci si aspetterebbe. Le varie atmosfere vengono amalgamate così bene che non se ne avverte il distacco quando si passa da una dall’altra. La trama. Il giorno del suo quindicesimo compleanno, Oz Vessalius, appartenente a una delle quattro grandi famiglie ducali, si appresta a partecipare alla sua cerimonia per aver raggiunto la maggiore età che decreterà il suo passaggio nel mondo adulto. La celebrazione viene però interrotta da un gruppo di uomini incappucciati che, accusando la sua stessa esistenza d’essere un peccato, lo sigillano nell’Abisso, un mondo dove la realtà è distorta e da cui sembra che nessuno sia mai riuscito a fuggire. Una volta finito lì, Oz si ritrova in un mondo contorto, pieno di creature maligne chiamate ‘chain’che possono stipulare patti con gli esseri umani, oltre ad ucciderli. Oz incontrerà qui il chain B-Rabbit, un coniglio nero con occhi rosso sangue che è in grando di assumere anche le fattezze di una ragazzina di nome Alice che ha il grande desiderio di uscire da quel mondo per andare a recuperare i frammenti della memoria che ha perso. Avendo quindi lo stesso desiderio, Oz stipula un patto con lei e riesce ad uscire dall’Abisso, con naturalmente il peso di un simile contratto che se non troverà il modo di arrestare, lo farà cadere nuovamente nella disperazione dell’Abisso una volta che la lancetta sul sigillo a forma di orologio che si è formato sul suo petto avrà completato un giro. La trama da questo momento in poi è un intreccio incredibile: verranno presentati tanti nuovi personaggi interessanti, si svilupperà sulla ricerca dei ricordi di Alice, sul mistero che si infittisce dietro un’organizzazione chiamata ‘Pandora’ i cui intenti sono poco chiari e su una tragedia risalente a molti anni prima. Riassumerla in poche righe non le renderebbe giustizia, per que-
trentadue sto invito alla lettura del manga. L’unico personaggio che subisce leggermente lo stereotipo è Alice, la classica tsundere della situazione, ovvero la ragazza che si comporta da dura ma che in realtà è molto sensibile e tenera. Adoro il momento in cui si comincia a capire cosa è successo in quel suo passato dimenticato e come si rafforzano i legami dei personaggi man mano che la storia prosegue. In particolare quello fra Oz e il suo servo Gilbert, che però viene trattato come un carissimo amico d’infanzia e da cui avrà sempre un fedele supporto. Interessante è anche questo personaggio, dal passato misterioso e dal carattere triste e malinconico, che lo ha reso uno dei miei preferiti. Indubbiamente ci sono delle chiare allusioni al romanzo di Lewis Carroll ‘Alice nel paese delle meraviglie’, e non solo per la ragazza di nome Alice che può prendere le sembianze di un coniglio e che vive nell’Abisso, un ambiente completamente surreale ma che qui, più che nel fantastico sconfina nell’orrido. Ci sono pure uno Stregatto e un Cappellaio Matto, entrambi con un passato molto oscuro e triste. Inoltre le ambientazioni sono tipiche del romanzo in questione: vengono ritratte spesso sale da tè, oggetti animati e i vestiti sono adatti a un’atmosfera del genere. Del manga finora abbiamo 13 volumi, mentre in Giappone sono arrivati al numero 20. È stata realizzato anche un anime che conta una sola serie di 25 episodi. I disegni dell’anime sono molto curati e fedeli a quelli meravigliosi del manga. Inoltre l’anime offre tra le più belle OST (Original SoundTrack) che io abbia mai sentito e che reputo davvero perfette. Vi consiglio specialmente di ascoltare Lacie’s melody e ‘Everytime you kissed me’, tra le mie preferite. C’è comunque da fare una piccola annotazione negativa sull’anime: in casi come questi, ovvero quando viene realizzato mentre il manga è ancora in corso, questo o avrà un finale differente o seguirà pian piano l’andamento del manga. Pandora Hearts non ha un finale differente ma è stato interrotto. Quindi l’episodio finale lascia aperti tutti i dubbi e si deve per forza leggere il manga. Di solito quand’è così ci si aspetta la seconda serie ma purtroppo per Pandora Hearts non è mai stata annunciata. Una trama, insomma, davvero ben strutturata e complessa. Ha ottenuto un ottimo successo e secondo me lo merita tutto. Sono sicura che se vi appresterete a leggere questo manga, vi rimarrà impresso più di qualche personaggio per via del suo sorprendente carisma e back ground. Se siete interessati al mistero e al fantastico questo è davvero un manga perfetto da leggere!
Contatti due
trentacinque
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di Claudio Turetta Tempo fa abbiamo parlato sulla nostra panchina di "Contatti provini d’autore" e della mostra itinerante che tempo fa ha fatto tappa anche da noi a Latina. Abbiamo anche annunciato l’uscita del secondo volume e finalmente mi ritrovo a parlarvene qui. Il volume segue la stessa formula del primo: un ritratto celebre ed il provino a contatto, ovvero il foglio da dove si sviluppano tutte le foto di quel rullino in miniature senza ritocco. Un procedimento che, fino a qualche tempo fa, era una prassi comune e con il quale i fotografi, gli editor e i grafici facevano una scelta preventiva delle foto da mandare in stampa. Adesso con le nuove macchine fotografiche digitali le foto vengono "provinate" sul computer o già al momento successivo allo scatto. Questo volume, mette a nudo le foto celebri che tutti noi conosciamo. Scopriamo, grazie al libro di Gianmaria De Gasperis,
anche la storia e la cronologia di ciascuno di questi scatti. Una sorta di reportage sulla storia della fotografia fatto in presa diretta. Ma Contatti II è molto di più. Spesso pensiamo ai grandi fotografi come maghi in grado di realizzare con un solo scatto un capolavoro. Il libro di Postcard ci dimostra, invece, come tutto sia il risultato di un attento lavoro di selezione. In più sottolinea come l’occhio del fotografo si modifichi nel corso del tempo e di come, valutando due foto scattate in momenti diversi, sia chiaro che l’autore abbia avuto un’evoluzione. Tra i fotografi nel libro troviamo: Steve McCurry con uno scatto estratto dal suo lavoro "The Last Roll", fatto con l’ultimo rullino prodotto dalla Kodakchrome.
trentasei
RB magazine Ma ci sono altri fotografi che hanno regalato immagini famose nell’iconografia moderna, come ad esempio Tom Zimberoff
Oppure Mick Rock Poi c’è Michael Kenna che ci presenta uno scorcio di Hoshu: E così via ma non abbiate paura non vi voglio menzionare tutti i fotografi ma vi invito lo stesso a comprare questo libro e sappiate che, al suo interno, troverete parecchie sorprese ad attendervi. Per chi ama la fotografia e per chi ama, in particolar modo, il reportage.
Contatti - Provini d’autore - Volume II, a cura di Gianmaria de Gasperis edizioni Postcart, pagine 215 12,50 EUR
Dove eravate tutti? Intervista a Paolo di Paolo
È un Paolo Di Paolo con parole pronte per ogni occasione quello che risponde alle domande che gli pongo: dalla vita da scrittore trentenne alla conoscenza nata per caso con Antonio Tabucchi: “Ho imparato semplicemente osservandolo, anche nei momenti più quotidiani, più semplici, e rubando con lo sguardo qualcosa”. Lo scrittore romano parla anche del Premio Strega e della prospettiva comune di molte persone di lasciare l’Italia.
trentanove
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di Daniele Campanari Il 1926, la Torino antifascista: tutto sembrava, scrivendo, così distante dai temi del libro precedente. In verità, il rapporto con il passato, con quella che per comodità chiamiamo Storia e il tema della giovinezza tornano in "Mandami tanta vita" anche se da una prospettiva diversa. Dirò di più: se ripenso ai miei primissimi racconti, scritti sulla soglia dei vent'anni, mi accorgo che già c'erano molti semi dei libri futuri. Forse nascosti, ma c'erano. Questo per dire che "a posteriori" siamo costretti a riconoscere una certa continuità nel nostro lavoro. “Mandami tanta vita”, sembra una richiesta. Lo è, è una frase del protagonista – ispirato a Piero Gobetti – rivolta alla sua donna, Ada: “Le tue lettere per me sono vita, quindi mandami tanta vita”. È una frase vera, che ho trovato nell’epistolario di Gobetti.
Permettimi di cominciare questa intervista con un ricordo: Paolo Di Paolo terzo classificato al Premio Strega. Cosa significa, per te, l’importante riconoscimento? Essere in finale allo Strega è stato un bel traguardo, che mi ha lusingato e insieme anche un po' stordito. È stato in ogni caso fondamentale per far conoscere a un pubblico più vasto il mio lavoro - e questo, anche per il cinema, è ciò a cui in fondo servono i premi. Come vivono, oggi, gli scrittori trentenni come te? Vivono, credo, mettendo insieme molte cose, molte “scritture” per varie destinazioni. A meno che non vendano centinaia di migliaia di copie. Qualcuno c’è. O c’era. Mandami tanta vita è il romanzo che, diciamolo, riconosce il tuo successo. Come e quando è nata l’idea di raccontare le vicende dei protagonisti? Dopo "Dove eravate tutti", guidato dalla volontà di assentarmi dal presente (in quel romanzo parlavo del nostro tempo, dell'Italia di questi anni), sono andato a cercare una storia lontana.
Quale ricordo hai di Antonio Tabucchi? Come ho detto in tante occasioni, ho avuto la fortuna di incontrare fin da ragazzino molti grandi scrittori che ammiravo. Li ho cercati un po' come si cercano gli attori o le rockstar, scrivendo una lettera e vedendo che succede. Di solito, nulla. Nel mio caso è nato un dialogo imprevisto, e dal dialogo spesso anche una collaborazione. Da ciascuno di loro ho imparato qualcosa ma, come ripeto sempre, non perché si mettessero dietro una cattedra. Così è stato anche per Tabucchi. Ho imparato semplicemente osservandolo, anche nei momenti più quotidiani, più semplici, e rubando con lo sguardo qualcosa. Non so bene cosa, ma è stato come andare a bottega da un artista più esperto e di enorme talento. Qualcosa si impara sempre. L’editoria italiana vive nel pieno della crisi economica e per un giovane esordiente è difficile emergere… Lo è meno rispetto a vent’anni fa. È più semplice avvicinare un editor, esordire con una grande casa editrice. Il problema, piuttosto, è non scomparire subito. Andare all’estero o restare in Italia? Non dovrebbe essere un “aut aut”. Si può andare, e tornare. Fuggire non dovrebbe essere l’unica prospettiva.
Ultimo omaggio a Wagner
quatantuno
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di Chiara Silva Il 2013 è stato l’anno di Richard Wagner e anche Reader’s Bench Italia lavora a opere come il Tristan e il Parsifal. Inoltre, si rivela vuole porgere il suo tributo al grande compositore e librettista fondamentale l’incontro con la filosofia di Arthur Schopenhauer tedesco. In tutto il mondo si è infatti celebrato il bicentenario che suggerisce a Wagner una nuova visione e interpretazione del della nascita di Wagner, mettendo in scena i suoi capolavori. mondo. Grazie alle letture schopenhaueriane si raffredda in lui Richard Wagner è una figura importantissima del Romantici- l’animo rivoluzionario che lascia invece spazio al pessimismo di smo tedesco che ha rivoluzionato il mondo musicale ottocen- cui sono pervase le opere successive. tesco. Il compositore nasce a Lipsia nel 1813 e fin da bambino L’incontenibile e incostante personalità di Wagner si riflette si contraddistingue per il suo spirito esuberante che negli anni molto anche nei suoi rapporti con le donne. Il primo matrimodella giovinezza lo porta a simpatizzare e a impegnarsi per i moti nio con Minna non è mai stato ben assortito ed è crollato anrivoluzionari. Non ancora ventenne inizia la sua preparazione che a cause delle numerose storie d’amore extra-coniugali di lui. musicale e scrive le prime opere in cui già si notano le tipiche Il compositore trova nel 1863 l’anima gemella in Cosima von caratteristiche wagneriane. Bülow, con cui vive felice fino alla morte, avvenuta nel 1883. Nel corso degli anni i diversi incarichi da direttore d’orchestra Proprio Cosima, dopo la morte di Wagner, amministrerà l’anin varie città europee non bastano a soddisfare Wagner e a dargli nuale Festival di Bayreuth, ideato dal compositore stesso per la una sufficiente stabilità economica e sociale perché il composi- promozione dei suoi drammi. Wagner vuole, infatti, un particotore ha più alte aspettative, ma poco senso pratico. Prende parte lare teatro riservato alla sola rappresentazione delle sue opere, in a Dresda alle rivolte del 1849 particolare alla monumentale e queste iniziative antiborghesi tetralogia L’anello del Nibegli costano il lavoro e un manlungo. dato d’arresto che lo obbliga a L’anello del Nibelungo (in migrare a Zurigo. originale Der Ring des NibeL’esilio in Svizzera rappresenlungen) è un ciclo di quattro ta l’occasione di rinascita per drammi formato da un proWagner, che può finalmente logo (Vorabend) e tre gioresprimersi libero dalle connate: L’oro del Reno (Das vezioni sociali e artistiche Rheingold), La valchiria (Die dell’epoca. Negli anni dopo Walküre), Sigfrido (Siegfried) il 1850 si verificano diversi e Il crepuscolo degli dei (Die avvenimenti importanti per Götterdämmerung). La geneil compositore. I consigli e il si dell’opera è durata, a causa sostegno di amici come il muanche di diverse interruzioni, sicista Franz Liszt lo aiutano a 26 anni (dal 1848 al 1874) e raggiungere una certa celebririsente di tutti gli episodi deltà grazie alla rappresentazione la vita del maestro. Dal titolo di opere come il Tannhäuser. sembra che l’intera opera si La conseguente stabilità ecobasi sul poema epico del XIII nomica gli permette perciò di secolo Il canto dei Nibelunghi; realizzare il sogno di potersi un soggetto molto popolare dedicare interamente alla sua all’epoca di Wagner e utilizzaarte e alla composizione delto da diversi artisti prima di lui le sue opere. Numerosi sono per i loro lavori. Tuttavia, solo i viaggi in Italia intrapresi da la trama de Il crepuscolo degli Wagner. I lunghi e frequenti dei si ricollega alle vicende narsoggiorni in diverse localirate nel poema epico. È bene, tà italiane costituiscono una infatti, sottolineare che la teIl trionfo delle figlie del Reno in una grande fonte di ispirazione per tralogia di Wagner non è una illustrazione di Arthur Rackham il compositore che proprio in fedele riproduzione operistica
quarantadue
RB magazine de Il canto dei Nibelunghi, poiché il compositore ha attinto anche da altre fonti epiche come l’Edda e la Saga dei Völsungar trame, personaggi e motivi ricorrenti che ha poi rimaneggiato secondo il suo genio. Per quanto il soggetto di Wagner sia stato personalizzato, la vera creatività del compositore si esprime nella realizzazione del dramma secondo principi ben precisi. Siccome Wagner non condivide la tradizione musicale del suo tempo e non ama gli artifici tipici dell’opera francese e italiana, si pone l’obiettivo di creare un’opera d’arte naturale che affondi le sue radici nel passato reale o mitologico di un popolo, per riuscire poi a interagire realmente con il pubblico. Oltre a quest’imperativo, Wagner lavora alla realizzazione del Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte totale, in cui
tutti gli elementi che costituiscono l’opera (quello musicale, canoro, recitativo e scenico) interagiscono per giungere ad una sintesi calibrata e perfetta dell’opera d’arte stessa. Un’altra esigenza di Wagner è quella di creare una lingua e una musicalità adatte alla lingua tedesca per dare vita al tanto agognato capolavoro. Per conoscere davvero Wagner e la sua arte però non resta che andare a teatro e lasciarsi affascinare.
Letture consigliate: Wagner, Richard: Der Ring des Nibelungen. Reclam, Stuttgart 2012, 552 pagine, 12,00€. Chop, Max: L’anello del Nibelungo di Richard Wagner. A cura di Ettore Napoli, Narcissus.me, 2013, 254 pagine, versione ebook a 4,99€. Qui potete scaricare i libretti in lingua originale con traduzione italiana de L’anello del Nibelungo Ascolto consigliato: Un brano a scelta dalla tetralogia
Il Festspielhaus di Bayreuth
Per dieci minuti con Chiara Gamberale
È stata una scoperta imprevista. Sì, come per Colombo e la sua America. Conoscevo Chiara Gamberale per servizio da microfono. Non avevo letto nemmeno un suo libro. Poi, il passo vago in libreria con un’amica, lei, con un dattiloscritto in mano: “Grazie”, dico prima di leggere il titolo: “Quattro etti d’amore, grazie”. Grazie ancora, dunque, per il destino preso, pagato e letto. Tre giorni fa è uscito “Per dieci minuti”, l’ultimo lavoro editoriale della scrittrice romana. Ne parla in esclusiva a Reader’s Bench: “Di giorno in giorno, di dieci minuti in dieci minuti, sono cominciate ad accadermi cose davvero sorprendenti”.
quarantacinque
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di Daniele Campanari
Cito: “La scrittura è la babysitter della mia nevrosi”. Che cosa significa scrivere? Per me scrivere è l’unico rimedio all’esistenza… Davvero. È sempre stato così, fin da quando ero bambina. Ascoltavo una storia e dentro di me saliva, improvvisa, una specie di pace. Scrivere è venuto da sé, di conseguenza. Raccontare una storia riusciva ancora più profondamente a consolarmi, di pene che neanche riuscivo a individuare. È ancora così. Chiunque abbia intenzione di scrivere per decisione presa o per vocazione mistica ha uno scrittore, una scrittrice di ispirazione. Chi ha ispirato il tuo percorso narrativo? Qual è il libro che ha riempito di inchiostro la tua penna? Sono tanti, tantissimi…Come per quanto riguarda le persone che hanno ispirato il nostro percorso, anche per i libri dipende dall’età. Ma il primo libro in assoluto che mi ha fatto sentire, forte, il desiderio di scrivere, è stato il primo che ho letto: “Piccole Donne”, di Louise May Alcott. L’ultimo a ispirarmi è stato “Vicino al cuore selvaggio”, di Clarice Lispector. In “Quattro etti d’amore, grazie” (Mondadori, 2013) affronti il tema dell’insoddisfazione. Un’insoddisfazione che è lo specchio riflesso della vita reale, della crisi d’amore, economiche e lavorative… Sì. Ma che è soprattutto insita nell’essere umano. È una maledizione, ma anche una benedizione, quel morso allo stomaco che non ci fa mai sentire sazi, mai paghi. Siate affamati, siate folli: ricordate le parole, perfette, del discorso di Steve Jobs agli studenti di Standford? Se nell’insoddisfazione non si cade, ma se dall’insoddisfazione si parte, si può cambiare il mondo. A cominciare da noi stessi: come fanno Erica e Tea, le protagoniste di “Quattro etti d’amore, grazie”.
“per dieci minuti” è l’unico libro che potessi scrivere.
Testa o Cuore? Pancia! Purtroppo sono un’inguaribile istintiva. Tre giorni fa è uscito il tuo ultimo libro… ** Sì. “Per dieci minuti” è l’unico libro che potessi scrivere: me ne sono accorta mentre vivevo sulla mia pelle l’esperimento ispirato a Steiner che racconto…Per un mese, per dieci minuti al giorno, ho fatto una cosa nuova, mai fatta prima: venivo da un periodo
difficile, non riuscivo a trovare la forza per il cambiamento che la mia vita imponeva. Grazie a questo gioco l’ho trovata. È un modo per superare gli schemi mentali con cui crediamo di proteggerci, mentre in realtà da quegli schemi siamo imprigionati. Di giorno in giorno, di dieci minuti in dieci minuti, sono cominciate ad accadermi cose davvero sorprendenti…E il libro si è scritto da solo. Con una spruzzata di autofiction, naturalmente. Scrittrice, conduttrice radiofonica e televisiva: chi è Chiara Gamberale, oggi? Una persona alla ricerca. Cosa consigli agli aspiranti scrittori? Di scrivere cose che gli siano necessarie. Solo così potranno essere necessarie a chi le leggerà.
Lucarelli uno e trino
È dura la vita del lettore, se si hanno dei gusti molto vari: non si riesce a star dietro ai propri autori preferiti, che per giunta spesso aumentano di numero, ed alle loro pubblicazioni. Così capita di leggere l'ultima opera del proprio beniamino con mesi di ritardo, perché si ha già una pila di libri in coda, ma questo può presentare dei vantaggi, perlopiù economici. La riprova di ciò l'ho avuta a Torino, durante l'ultimo Salone del Libro: mentre decine di persone erano in coda per acquistare l'ultimo libro di Dan Brown (che la Letteratura mi perdoni per averlo menzionato), io con lo stesso budget acquistavo tre libri allo stand della Multiplayer e della E/O (3x2), tre allo stand della Melampo e della Elliot (sconto fiera), tre allo stand della Newton Compton (ottimi prezzi)... e non ho ancora avuto tempo di leggere molti di questi libri. Ma il vero affare, lo si fa con le raccolte! Se infatti uno dei libri allo stand E/O era l'intera saga de “L'alligatore” di Massimo Carlotto, dall'altro non mi sono lasciato sfuggire ben due raccolte di romanzi di Carlo Lucarelli, “L'ispettore Coliandro” e “Il commissario De Luca”, tre opere a volume, per un totale di sei
gustose storie del maestro italiano del noir. Così, mentre tutti stanno leggendo o hanno appena letto “Il sogno di volare”, l'ultimo capitolo della saga di Grazia Negro, io, per la disperazione della Magna Direttrice, che ci vuole sempre sul pezzo, ho fatto un bel tuffo nel passato, trascorrendo delle piacevolissime ore con due singolari investigatori. La prima raccolta comprende le vicende narrate in “Nikita”, “Falange armata” e “Il giorno del lupo”, con l'aggiunta di un'introduzione dell'autore sulla genesi del personaggio Coliandro, l'imbranato, ma onesto e tenace protagonista che dà il titolo al volume. Il povero sovrintendente resta invischiato suo malgrado in vicende più grandi di lui, spesso per correre dietro a Nikita: un razzista, maschilista, non troppo sveglio, ma in fin dei conti onesto poliziotto che prende più botte che scelte azzeccate, ma alla fin fine risolve il caso e riesce a non farsi sbattere in qualche remota questura. Coliandro è un poliziotto frustato, ma con manie di protagonismo, che immancabilmente finisce con creare situazioni grottesche, da cui spesso deve essere tirato fuori dalla sua amica Nikita.
di Diego Rosato
Tre gialli ben costruiti e divertenti... peccato solo per qualche accento fuori luogo (il “dò” è sistematico), ma per il resto un gran bel volume. Per non parlare del Lucarelli giornalista un po' troppo chiacchierone... “L'ispettore Coliandro” di Carlo Lucarelli, Einaudi, 338 pagg, 14,00 euro Di tutt'altro spessore è il commissario De Luca, il più giovane commissario dell'Italia fascista, un uomo ossessionato dal suo essere poliziotto, sempre e comunque. Nei tre romanzi ambientati tra la fine della repubblica di Salò e la nascita della Repubblica Italiana, De Luca fa i conti con il suo passato nella Brigata Politica di polizia, che lo ha fatto finire nella lista dei condannati a morte dai partigiani, e intanto indaga su casi apparentemente semplici, ma in realtà sempre intrecciati con la torbida vita politica dell'epoca. La raccolta “Il commissario De Luca”, comprende “Carta bianca” (il primo romanzo scritto da Lucarelli, che forse risente un pochino della sua scarsa esperienza, creando un intreccio un po' meno intricato di quelli cui ci ha abituato, ma ce ne fossero di opere prime così!), “L'estate torbida” e “Via delle oche”, tre brevi romanzi fatti di indagine, insonnia e inappetenza, oltre che di donne con un grande ascendente sull'introverso poliziotto. Una ulteriore conferma dell'ottimo connubio tra noir e storie nei romanzi (ad esempio questo, questo e questo) di Lucarelli “Il commissario De Luca” di Carlo Lucarelli, Sellerio, 320 pagg, 16,00 euro In totale, ben sei splendidi romanzi tra cronaca/storia e noir: paura, eh?
RB magazine
quarantotto
In giro per il mondo con Viola
Mi chiamo Viola Veemer: papà olandese, mamma francese... cittadina del mondo
di Clara Raimondi Viola ha 12 anni ed è nata in una famiglia eccezionale esattamente durante l’autunno 1881 nel bel mezzo di un mercato indiano e su un carrozzone. Strano modo di venire al mondo vero? Eppure questo è solo l’inizio della storia una piccola, bionda, eroina che con coraggio e poesia compirà il viaggio più difficile della vita: crescere. Ma non sarà poi così dura grazie alla famiglia che la circonda: il papà domatore di insetti, la mamma tenera e protettiva, il nonno e lo zio direttore del circo in cui lavora e vive. Non ve l’avevo detto? Viola vive nel Cirque de la Lune con tutta la sua famiglia composta da personaggi davvero unici. Si parlano tante lingue ne Cirque de Lune e tutti vivono dandosi una mano, confrontandosi, scoprendo e accettando le differenze degli altri. E’ in questo modo che Viola decide di affrontare la vita e le sfide che le si presenteranno davanti. Farà anche tanti incontri Viola: il primo con Toulouse Lautrec dal quale imparerà il valore del colore (il suo nome Viola non vi dice niente?) e dell’arte e poi con il maestro Dvorack dal quale imparerà la sinfonia dell’amicizia. Ma l’incontro fondamentale lo farà con la vita stessa che la metterà alla prova. Nel libro si alterneranno estate, autunno, inverno e poi Francia, Stati Uniti e un viaggio, l’ultimo, alla scoperta delle leggi che regolano il cerchio della vita. Tre episodi magistralmente scritti da Teresa Radice ed illustrati a Stefano Turconi che realizzano un vero e proprio capolavoro.
Perfette i dialoghi, la sceneggiatura (con continui rimandi letterari e c’è persino un brano musicale trascritto tra le pagine) ed il colore (elemento straordinario che racconto al pari dei testi) che diventa perfetta incarnazione delle parole. Viola ed il suo fantastico mondo prendono vita tra le nostra mani e perdersi nella sua storia è un piacere che non vorresti finisse mai. La componente disneyana, non me ne vogliano gli autori, si vede eccome! Ma questo non è un gap bensì un valore aggiunto. Non è forse Disney la fabbrica dei sogni per eccellenza? Beh con Viola Giramondo sono convinta che tutti i Little Readers riusciranno a dare libero sfogo alla loro immaginazione. Il libro ci da la prova che il fumetto è un mezzo narrativo straordinario e che, a partire da un immaginario comune, si possono realizzare storie di volta, in volta sempre diverse ed appassionanti. L’ideale per far viaggiare, in compagnia di Viola, i nostri Little Readers che non faranno alcuna difficoltà ad entrare nella storia e a pensare alle immagini del fumetto come ad un vero e proprio film. Il regalo perfetto per i vostri bambini e per tutti quelli che non voglio rinunciare alla fantasia. Viola Giramondo, Tunue, collana Tipitondi, 126 pagg, 16,90 euro
quarantanove
RB magazine
“Più libri più liberi”, ma qualcuno in libro all’anno
Forse non tutti lo sanno, ma dal Governo Letta qualcosa è nato. E non è un altro figlio del debito pubblico. Ciccia fuori nientepopodimenoché un Fondo straordinario, nell'ambito del disegno di legge di stabilità 2014, che destina 120 milioni di euro per il triennio 2014-2016 all'innovazione tecnologica e digitale, all'ingresso di giovani qualificati nei new media, a ristrutturazioni aziendali e ammortizzatori sociali. D’altronde continuare così non si può. I numeri del settore editoriale parlano chiaro. La contrazione del fatturato delle imprese editoriali è pari al 14% tra il 2008 ed il 2011. Gli unici dati di segno positivo sono
quelli che segnalano la crescita del volume di vendite dell'editoria on line. Le copie digitali vendute via web superano ormai le 185mila unità al giorno. Crescono i lettori di una singola copia che passa di mano in mano (e vabbe‘). Così si pensa di estendere anche all'editoria digitale la riduzione dell'Iva al 4% di cui oggi gode l'editoria cartacea. Ogni tanto qualche bella notizia. Come sostiene l’ultimo report della Fondazione Symbola e Unioncamere, “Io sono cultura”, l’industria culturale frutta al Paese il 5,4% della ricchezza prodotta, (75,5 miliardi di euro) e dà lavoro a quasi 1.400.000 cittadini, il 5,7% del totale degli
mezzo a noi non legge nemmeno un di Simone di Biasio
occupati italiani. Sì, ma i libri si leggono? L’Associazione italiana editori ce l’ha sbattuto in fronte: un italiano su due non legge nemmeno un libro all’anno. Eppure ogni 12 mesi vengono pubblicate 50.000 novità, di cui il 25% da piccoli e medi editori. E siccome quest’ultimi faticano ad arrivare al grande pubblico dal 5 all’8 dicembre 2013 a Roma se ne occupa “Più libri più liberi”, una grandissima vetrina al Palazzo dei Congressi dell’Eur per la piccola e media editoria e per circa 50.000 titoli. La 12a edizione tratterà anche i problemi succitati. Già, ma in che modo? Intanto con l’iniziativa “Più libri più idee”, che è un
modo per rispondere a queste domande con dei seminari gratuiti nelle università: come si progetta un graphic novel?, cos’è un Seo specialist o un e-reputation manager?. chi si occupa di infografica e come si può sfruttare il visual storytelling in campo editoriale?,cosa significa creare un prodotto transmediale? Voi lo sapete? Io no! Quindi mi sono già iscritto. Piccolo, ma approfondito, è bello. Se ci si sente “Più Libri più Liberi” ancora di più.
Un matri
imonio e il funerale di Daniele Campanari
è un cuore che l’aspettava sull’altare vestito a festa perché il matrimonio delle anime è come due fuochi che uniscono al calore delle bestie nel bosco. Simone è un cuore che l’aspettava sull’altare e avrebbe atteso la benedizione dei santi le minuscole mani delle bambine e lo strusciare della purezza sul pavimento bestemmiato. Simone l’aspettava sull’altare e Veronica era il suo cuore: palpiterà di paure e futuro investito quando Dio, fotografi e fratelli lanceranno riso sulla bara di legno
Living Readers Vivere e arredare ha tutto un altro valore se sei un lettore di Clara Raimondi Le librerie ma anche portariviste, poltrone, lampade e tutto quello che è indispensabile per vivere al meglio la nostra passione. Una puntata speciale di Lifestyle dedicata all’arredamento da Readers! Di quanto spazio abbiamo bisogno per i nostri libri? E perché le librerie non bastano mai? . E poi è meglio leggere su una comoda poltrona o su un pouf? Questioni che i Readers conoscono bene e alle quali possiamo dare una risposta proponendovi alcune soluzioni (e no, non vi diremo mai di smettere di comprare libri!)
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Si chiama Buk (1) il portariviste in polietilene di B-Line che potete trovare in vendita su LoveTheSign (105 euro), in tantissimi colori. Una forma curva che ben si presta ad ospitare per incastro un altro Buk e che è perfetto per libri e riviste. Sharpener Desk Tidy Deluxe di Suck Uk (37,80 euro) (2) sembra un gigantesco temperamatite ma in realtà è quello che le vostre penne stavano aspettando, un modo divertente per tenere in ordine la nostra scrivania. Si chiama Big Square (3) il pouf Sedit perfetto per i vostri momenti di relax. E’ colorato, morbido e completamente sfoderabile lo trovate su HobbyToo.com (285 euro).
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Jazz di Doimo Design (2.008 euro) (4) è una libreria modulare in due laccato bianco e frontali color tirreno o corallo. Bellissima singolarmente e ancora di più se decidiamo di accostare i due colori e di dare più personalità all’ambiente. I moduli si possono separare e spostare. Ha la struttura a scacchiera Trend di Kreativissimi (5) ed è composta da tanti moduli (ogni modulo costa 478 euro) in rovere naturale che potete disporre a vostro piacimento . Sfruttando l’altezza e gli spazi offerti potrete riempire ogni spazio di questa libreria pensata quasi esclusivamente per contenere libri. La lampada da tavolo (6) perfetta per il nostro comodino e la scrivania é Nest di Accademia (399 euro) ma è disponibile anche una versione e diventa perfetta per i nostri momenti in poltrona. Tessuto sintetico e legno rendono questa lampada un oggetto artigianale di grande bellezza.
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12 Giornali, riviste, libri e chi piÚ ne ha ne metta nel cestino in feltro riciclato Restore di Muuto (79 euro) (7) E’ calda e comoda come un abbraccio Clarissa Hood di Moroso, la poltrona geometrica ed accogliente allo stesso tempo. Scocca in fibra di poliestere e morbida imbottitura per una vera poltrona da Readers! (8)
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La libreria Conbuki di Valsecchi (424 euro) la trovate in vendita su Kreastore ed è la soluzione giusta per tutti quelli che hanno problemi con lo spazio ma non di certo con i libri. (9) Ptolomeo di Opinioni Ciatti (399 euro) è la libreria verticale self standing che permette di impilare tantissimi libri. Esiste in due colori: nero e bianco e in tre diverse versioni. (10) Sagaform produce la mug Loop (11) (5 euro) in gres e il leggio (12) (24,90 euro) in legno naturale che vedete nella foto. Un’accoppiata vincente!
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RB magazine
cinquantotto
I “fossili” che ci portiamo dentro e il prossimo libro della poetessa Calandrone di Simone Di Biasio
“(...) sotto la capriola dei bambini/ che raggiunge dio in petto come un sobbalzo/ e un rimpianto/ di quando anch’egli fu umano”. Non lo sapevo. Non lo sapevo che dio – uno qualunque degli dei - fosse stato umano. Ma sì, come avrebbe potuto comprenderci sennò? Il caldo si percepisce grazie al freddo, il divino grazie al terreno. E non sapevo nemmeno che la mancanza di una prefazione potesse rendere più potente questa assenza, ma solo se il proemio è già una dichiarazione di poetica eccezionale. Cercavo “la scimmia randagia” e l’ho trovata. Mi rincuora che ancora non l’abbia scoperta nemmeno lei, Maria Grazia Calandrone, una delle maggiori poetesse contemporanee, tanto da arrovellarsi sulla preistoria della nostra anima. Se volete sapere di più di lei, andate sul suo sito o digitate il suo nome su google. Non è una minaccia, ma un modo per dire che lei è già in buona parte qui, in questa intervista che ci ha gentilmente concesso (insieme all’inedito finale). E in cui ci svela il lavoro per il prossimo libro. Che problema ha la poesia? “Piace, ma non vende” (Nicola Crocetti): come dire “gustoso, ma non si mangia”; tutti poeti, nessun poeta; nelle scuole la poesia è morta. Come se ne esce?
Scrivere il teatro è come parlare ai bambini: rende la poesia più chiara, comprensibile
Posso dire per esperienza diretta che nelle scuole la poesia è vivissima, che i ragazzi ne sono anzi affamati, in un primo momento perché la identificano con l’espressione di sé. È evidente che la poesia non sia espressione di sé, ma, per cominciare a frequentarla e magari, un domani, a praticarla, va benissimo crederlo. Lavorando e soprattutto leggendo, si comprenderà la qualità migliore della poesia, che è quella di aiutarci a conoscere il mondo, più che i nostri sentimenti, si scoprirà che la poesia è l’esatto contrario dell’io, ovvero: via di fuga dall’io attraverso la porta principale: il mondo. Quanto alle vendite: tutta la mia comprensione e il mio rispetto ai problemi degli editori che continuano a scommettere sulla poesia, ma le vendite vanno misurate nel lungo periodo. Anche secoli, intendo. Per Platone il poeta era un menzognero, perciò nel suo stato ideale non avrebbe trovato posto. Sartre – un po’ più tardi – diceva che la poesia, rispetto alla prosa, è inutile, specie perché apolitica. Che idea ti sei fatta tu della poesia? Platone riteneva che la poesia non rappresentasse un vero sapere, in quanto risultato di ispirazione divina: intuizione dunque, piuttosto che argomentazione. A definire “fingitore” il poeta fu Pessoa. Quanto a Sartre, argomentava che la poesia non riuscisse a essere
cinquantanove mai veramente l’oggetto da essa nominato e che riferisse la propria intenzione e la propria dedica a un tempo astorico, dell’assenza, che non tocca davvero l’esistente del mondo e dunque non incide sul contingente. Sia Platone che Sartre erano filosofi (sebbene Sartre sia stato anche poeta), dunque entrambi difendevano la propria scelta, privilegiavano per forza di cose il proprio modo di stare a contatto con il mondo e con il pensiero del mondo. La poesia è proprio quello che essi descrivono: non è un metodo, le sue conclusioni non sono scientificamente dimostrabili: è una folgorazione che raggiunge una similitudine umana, astorica e magari anche atemporale. Ma non per ciò è meno vera. Quando ci si può definire poeti? Chi o cosa lo stabiliscono? Il tempo. Gli altri. Meglio: gli altri, nel tempo. Polemicuccia. Sei d’accordo sul fatto che la poesia italiana sembra un po’ troppo “settentriocentrica” (qualcuno direbbe senza mezzi termini: milanocentrica)? Da Roma in giù sono pochissimi quelli che riescono ad entrare nell’Olimpo (se esiste un Olimpo o un Elicona) di antologie e grandi editori... Questo che affermi vale più per l’editoria che per la poesia. Per fare alcuni nomi di poeti che abitano a Roma (due dei quali, tra l’altro, provengono dalle isole): Anedda, Magrelli, Insana.
RB magazine La lettura dei tuoi versi mi colpì molto per una tonalità vocale “animale”, dell’anima. È vero che è frutto di uno studio attento dell’interpretazione orale dei testi? Forse, nella tua domanda, “animale” e “dell’anima” sono sinonimi, o forse intendi una identità tra anima e animale: scelgo di propendere per la seconda ipotesi, poiché ritengo il corpo (l’animale che siamo) la sola anima che abbiamo in terra. In entrambi i casi: non ho studiato per eseguire i miei testi, provo semplicemente a leggere scomparendo, senza interpretare, cerco di rendere con la voce l’effetto della pagina bianca. Proprio nel rovescio del mélo, che contiene anche un cd di (mie) letture, ho infatti descritto questa modalità “lettura bianca”. Sai usare bene i social network, la radio, la tv: i puristi dicono che non bisogna “sporcarsi”. Pensi che sia anche un’idea del genere a relegare la poesia sempre in un angolo stretto e luminosissimo? Io credo che ognuno interpreti il mondo a seconda della propria inclinazione naturale. Io sono naturalmente curiosa e mi piacciono le sfide. Da ragazza credevo che la poesia fosse aristocratica. Ma presto ho capito che la poesia deve includere il mondo, qualunque esso sia, dunque deve conoscerlo, attraversarlo, viverlo e offrirlo rielaborato. Credo che la poesia sia una forma di fratellanza anche esistenziale. Il poeta arroccato manifesta la sua paura del mondo. Ma, soprattutto, dà troppo ragione a Sartre!
Che ruolo ha un poeta nel 2013? Se un poeta riesce a essere umanamente all’altezza delle proprie paro- Quale consiglio daresti ad un giovane scrittore, anzi, ad un giole, ha il ruolo di esempio di etica e di estetica. Non è poco. vane poeta? Leggere, leggere, leggere. What else? Qual è l’opera, tra quelle che hai scritto, che senti più tua? Stai lavorando a qualche raccolta di prossima uscita? Per quanto affermato finora, sono costretta a dichiararmi più affezio- “Età dell’oro” nata all’opera che sento meno “mia”! Gioco e non gioco con tentativi universali… Dunque La vita chiara, perché è quella che tratta più dico di quando, per la troppa gioia ampiamente di storia e di persone storicamente esistite (Teresa d’A- d’essere amati, cadiamo vila, Chopin, Hafez). sulla terra oh!, viva carne Ora sto lavorando a una serie fossile. Il tema è la possibilità di movi- che perderai la voce mento di qualcosa rimasto fermo in noi dalla nostra preistoria. Un nel pianto, dico di quando gesto, un sorriso, una richiesta. Ci sono incontri, fatti della vita, che ispirati, noi costruiamo con martello e chiodi lo scenario arrivano così in profondità dentro di noi da riattivare il passato e e il fossile di un angelo stacca darci una seconda possibilità, forse una seconda vita. le ali dalla calce dei muri, a fondoscena. dico di quando Mai tentata dal romanzo? io abbracciavo in te tutta la vita: la tua Direi di aver già ceduto alla tentazione: nel 2011 ho pubblicato per e la mia, che brillavano unite da una gioia preistorica Sossella L’infinito mélo. nella notte, che accadeva da ovest sulla campagna. dico di quando Il teatro: quanto si influenza dalla poesia e viceversa? tu ritornavi vergine per me Sperando di avere compreso bene la domanda, rispondo secondo la in una trasparente emorragia di luce – oh!, cosa mia esperienza: il teatro, nella scrittura di un poeta, è una poesia più straordinaria pronunciabile, più comunicativa. Occorre porsi il problema della ri- di natura ordinaria – oh!, vita cezione immediata delle proprie parole e dunque è necessario fare tutta intatta, tutta chiarezza. Perciò un poeta che scrive per il teatro viene aiutato da disordinata, prima che l’amore questo esercizio a illimpidirsi. Lo stesso effetto che si ottiene doven- pulisca do parlare ai bambini. Dunque tornare alla poesia dopo aver scritto tutto, all’indietro teatro rende la poesia più chiara. E scrivere teatro da poeti rende la tutto, la vita intera scrittura teatrale più densa.
Ansia
di Alberto Petrosino
RB magazine C’era una cosa nascosta tra le pieghe della notte. Una cosa in grado di sfuggire ai raggi della luna. E sebbene l’oscurità ne celasse i contorni alla vista, tanto che la sua esistenza pareva confondersi con un brutto scherzo del pensiero, bastava quella malevola sensazione, quell’angoscia pulsante nel buio, a renderla reale. La ragazza correva nuda, senza fiato: serpeggiava tra le onde smeraldo della brughiera guidata da una meta imposta dal delirio di paura; si voltava, scopriva di non poter vedere ciò che era avviluppato nel grembo ignoto delle tenebre; si voltava di nuovo, ancora, ma perdeva l’equilibrio; caracollava passo dopo passo con le mani tese in cerca di un appiglio nel vuoto. Forse non era abbastanza veloce. L’aria nel petto bruciava: traduceva i respiri affannati in folate di lava dritta nei polmoni, rendeva ogni singolo pensiero un inno alla sopravvivenza. E mentre l’erba alta le sfiorava le gambe con un fresco bacio dal sapore di rugiada, i piedi, scalzi, affondavano nell’inconsapevolezza di un sentiero costellato da sassi aguzzi e spine taglienti come rasoi. Ferite sanguinanti lasciavano un marchio scarlatto al suo passaggio, il terrore esiliava lontano qualsiasi particella di dolore. C’era un filo di vento ad accarezzarle la pelle della schiena: un soffio tiepido, un caldo sussurro d’estate che riusciva a tenere a bada i brividi del corpo senza per questo poter placare quelli dell’anima. Spirava da Est, seguendo la fuga di lei, galoppando sugli steli d’erba con un sussurro frusciante: portava con sé la promessa che la cosa laggiù, la cosa nascosta nella brughiera, presto l’avrebbe raggiunta. Forse non era abbastanza veloce. Dalla notte emerse un’ombra più nera delle altre; la ragazza sentì il cuore pompare speranza: un edificio avanzava nel buio, facendosi più vicino ad ogni metro perdifiato, ergendosi in mezzo al campo come una rupe tinta di tenebra. L’erba cedeva il passo senza opporre resistenza; le mani artigliavano l’aria aggrappandosi freneticamente all’idea di una salvezza poco distante; le labbra trattenevano a stento un urlo a metà tra gioia e disperazione. La cosa strisciava là dietro, alle sue spalle: si contorceva insinuandosi tra i rovi sporchi di sangue, seguendo impronte di piedi scalzi impresse tra terra e ghiaia, percorrendo quello stesso sentiero senza mai fermarsi. Sempre più vicina. Di più. Forse non era abbastanza veloce. L’alito della notte le scivolò lungo la schiena in un brivido: le accarezzò i capelli con dita gelide; sfiorò la pelle del collo scendendo giù lascivo, tra la curva delle scapole, svanendo in un pensiero tendente all’abisso. La ragazza s’abbandonò ad un urlo strozzato: un suono gorgogliante, non attribuibile ad una semplice, per quanto straziante, voce disperata, ma fatto d’irrealtà ed essenza d’incubo. Quando l’erba alta diradò, aprendosi in un ampio spiazzo d’aspro terreno battuto, lei non se ne accorse; andò avanti incespicando
sessantadue un solo istante, con le gambe lucide di sudore costellate da piccoli marchi cremisi ed i piedi contusi e sanguinanti. La luce pallida della luna sbiadì attraverso le lacrime mostrando una casa avvolta dalle ombre. Sembrava grande, forse due piani o più, con le pareti rivestite di legno scuro che si arrendevano all’incedere di tempo ed intemperie ostentando assi pregne di marcio e varchi sconnessi tra le imposte chiuse. Fu incapace di invocare aiuto. Nella mente le sfumò la consapevolezza che, se una risposta non avesse accolto il suo richiamo, per lei sarebbe stata la fine. Percorse i pochi metri che la separavano da una piccola veranda d’ingresso senza riuscire a distogliere gli occhi dalla porta che avrebbe decretato il suo destino. Sbatté alla soglia con tutto il peso; si piegò a spingere verso di essa; sfregò la nuda pelle a contatto con schegge di legno e dolore; artigliò le dita ad un battente di ferro rosso incrostato di ruggine. Era chiusa. Un “No” perso tra singulti e singhiozzi fece eco ai suoi pensieri. La cosa nella brughiera sgattaiolò tra le spine, più vicina, attirata dal debole lamento. Il corpo di lei premette all’uscio, divenne un tutt’uno con i nodi umidi delle assi marcite; infine si sgonfiò contro la crudeltà di una porta sprangata. Poi la ragazza vide il buio. Come neanche il più luminoso dei fari avrebbe saputo fare, le tenebre celate all’interno della casa risucchiarono la sua attenzione verso un piccolo squarcio che s’apriva nella parete: là dove il legno imputridito mostrava un dazio pagato allo scorrere degli anni. Un foro d’oscurità che sfuggiva al chiarore della luna. Fu il tempo d’un battito di cuore. Si gettò a capofitto verso quel pertugio troppo stretto per un corpo umano; verso quell’anfratto nero entro il quale persino un piccolo animale avrebbe faticato a passare; verso l’unica via di salvezza. S’aggrappò ai frammenti affioranti: tirò e spinse, sbuffò fatica, strattonò e picchiò fino a quando il marcio non cedette alla disperazione. S’accucciò, restò con il ventre al suolo, con il seno schiacciato sul pavimento e la faccia premuta contro qualcosa che puzzava di morte; strisciò e si divincolò come un verme: incurante dei chiodi arrugginiti, delle schegge e dei barbigli di ferro che le straziavano la carne della schiena e le graffiavano la nuca strappandole a ciocche i lunghi capelli. Urlò. Urlò forte: più forte che poté. Evocò tra denti digrignanti un grido colmo di rabbia, terrore e voglia di vivere. Forse non era abbastanza veloce. Poi fu dentro, e quella speranza racchiusa nel varco di tenebre tramutò lo spazio tutto attorno a lei in un sudario opprimente, nero come la pece. L’interno della casa era un grembo di nulla e respiri ansanti; gli occhi della ragazza saettarono scrutando l’oscurità: ciechi testimoni di un buio impermeabile.
sessantatre La cosa nascosta nella brughiera ora non era più nascosta. S’aggirava all’esterno, nella luce grigio perla della sera; strisciava lungo le mura sfregando sul legno; s’addossava alla porta; sbirciava tra le fessure. Non poteva entrare là dentro. Non poteva attraversare il varco. O forse… Lei d’impulso si mosse avanti: un impercettibile primo passo nell’ignoto; calpestò qualcosa d’umido e sconosciuto. Si morse un labbro dal sapore di sangue. Nell’insondabile niente di forme scure i sintomi della paura assumevano un’identità solida, concreta, devastante: la mente diveniva tramite inscindibile tra realtà ed immaginazione, donando a quella moltitudine d’ombre perse nell’ombra corpi fatti d’angoscia e anime d’incubo. La ragazza arrancò smarrita. Cercò di sforzare la voce modulando una richiesta stridula: un “C’è nessuno?” che svanì debole nell’aria stantia. “No” tacque il silenzio. “Si” sussurrò, invadente, un pensiero distorto. Tra le tenebre dell’inconscio vi erano ipotesi pericolose; più vicine della cosa che s’aggirava là fuori. Fantasie in grado d’uccidere. Lievitò in avanti con mani tremanti, sperduta, poggiando i piedi su domande letali alle quali, pregava con tutta se stessa, il buio non avrebbe mai dato risposta. Le assi del pavimento gemettero sotto al suo peso: un debole lamento del legno che in quel silenzio fatto di timori risuonò acuto come uno strillo. All’esterno la cosa lo sentì. Gli occhi della ragazza scesero a patti con le ombre: scrutarono avidi nell’oscurità, delineando forme ammantate di scuro. In una luce fatta d’ipotesi e speranze le sembrò d’intravedere quel che restava dell’arredamento. Sagome informi di oggetti misteriosi le sfilarono accanto mentre, lenta e guardinga, avanzava a piccoli passi verso il limite ultimo del buio. Alzò le mani e sfiorò qualcosa di concreto; ci si spinse contro con tutta se stessa, appoggiando il volto ad una parete dal profumo di muffa. Vi restò premuta, coltivando coraggio, l’infinito attimo di lunghi respiri. Un infinito troppo breve. Là fuori la cosa sbatté impietosa contro l’ingresso: un tonfo sordo; un rumore di cardini sofferenti piegati da violenza inarrestabile. Ancora. La ragazza strusciò contro la parete con il viso pigiato nel legno e le labbra storte in una smorfia priva di concetto. Le pupille dilatate, saettanti, frenetiche. Si mosse verso destra, tastando con febbrile psicosi, fino a che lo spazio vuoto di un passaggio non rischiò di farle perdere l’equilibrio risucchiandola nuovamente nell’ignoto. Avanti sembrava aprirsi un varco. Caracollò a dritto tenendo aperte le braccia: lambendo con la punta delle dita le mura parallele di un corridoio che pareva con-
RB magazine durla tra le pieghe nascoste della casa. Brividi d’oscurità le accarezzarono la pelle del corpo. Interminabili passi carichi di dubbio la condussero là dove le forme sconnesse di gradini ammantati di scuro s’arrampicavano verso l’alto: verso altre domande. La cosa s’infranse all’ingresso in un fragore di legno spezzato. Con i polmoni in apnea ed il cuore che le inciampava nel petto la ragazza salì la scala incurante delle vecchie assi strillanti. Perse l’equilibrio; capitolò in avanti urtando uno spigolo d’acuto dolore; arrancò gattonando alla cieca; si trovò, senza neanche sapere come, accucciata contro una parete fatta di benedetta realtà: aggrappata a se stessa nel buio più totale. La porta dabbasso cedette con un ultimo, roboante schianto; e fu silenzio e tremenda attesa. Un male antico, capace di rendere le tenebre ancora più cupe, scivolò all’interno allungandosi sulle assi marce del pianterreno. La cosa scivolava sicura nel corridoio, verso le scale, attirata dal richiamo di un’anima atterrita. La ragazza restò rannicchiata al suolo: immobile, inerte, sconfitta. Sprangò le palpebre e l’oscurità sembrò meno fosca. Poi nella casa risuonò il debole gemito d’un gradino; e mentre l’ossigeno lasciava posto a nere boccate di panico ed i rintocchi del cuore si spegnevano con spasmi di resa, tra le pieghe di una percezione violentata dall’incubo alla ragazza sembrò d’udire un richiamo suadente provenir dalle ombre. Il silenzio sussurrava il suo nome…
Alberto Petrosino
nasce a Livorno nel 1985. È alle medie che comincia ad interessarsi a giochi, hobby e letture che lo avvicinano al mondo Fantasy. La passione per l’universo fantastico cresce di anno in anno, guidandolo a scrivere racconti in grado di condurlo in un luogo incantato dal quale non vorrebbe mai far ritorno. La scrittura diventa uno strumento che crea un tramite tra vita ed immaginazione. Frequenta la Facoltà di Psicologia di Firenze, arrivando a specializzarsi in Psicologia Sociale e delle Organizzazioni. Pian piano si rende conto che scrivere è un modo per vivere nuovi sogni, poiché quelli degli altri a volte non bastano.
RB magazine
Oro Rosso del Sud
sessantaquattro
Arancia. Percorsi siciliani di cultura, natura, gastronomia.
di Clara Raimondi Edizioni Estemporanee è la casa editrice de La guida ai vini naturali e Le migliori 99 maison di Champagne ma è anche la stessa che si occupa di autori sudamericani (sul blog trovate la recensione di Mejides) che ultimamente si è aperta alle pubblicazioni destinate ai più piccoli e ai loro genitori con la collana Perchésì che conta già due pubblicazioni grazie a Chiara Mezzalama e Aline Cantono. Il progetto ambizioso di Luca Burei è quello però di fare della gastronomia il fiore all’occhiello della sua casa editrice che, più volte e non parlo solo della guide, si è sempre distinta per l’attenzione ai particolari e alla narrazione degli ingredienti della nostra cucina. Era già successo con L’estetica del fungo di Carmelo Chiaramonte e continua con Arancia, la monografia dedicata all’oro rosso del sud. Carmelo Chiaramonte con Elvira Assenza e la prefazione di Franco Battiato si uniscono per raccontare in 228 pagine la storia, le tradizioni, i gusti dell’arancia. Sapete quali sono le cultivar più diffuse nel nostro paese? Da dove viene il magico frutto dorato e perché si sia diffuso proprio in Sicilia? Queste e molte altre curiosità verranno svelate all’interno del libro da Elvira Assenza che ricostruisce la storia del frutto dai suoi albori. Un excursus storico e geopolitico che racconta un territorio in cui davanti ad ogni portone c’era un albero di arance. Pomi dorati utilizzati come biglie per strada o più semplicemente per decorare e profumare la casa. Dell’arancia non si buttava via niente ed era così predominante da aver, nel corso dei secoli, influenzato la lingua, i
sessantacinque
RB magazine modi dire ma anche condizionato l’immaginario artistico e cinematografico. I profumi, le consistenze e i sapori dell’arancia vengono affidati a Carmelo Chiaramonte che regala, nella parte finale del libro, alcune delle sue migliori ricette: le sarde alla beccafico al profumo di arancia, il suo celebre sushiliano o il sorbetto al profumo di agrumi. Ma il libro non finisce qui e con la magnifica introduzione di Battiato ci porta anche alla scoperta delle voci del popolo, dei venditori ambulanti al mercato le cui parole sono riportate nel testo, con traduzione, ed affiancate da magnifiche foto e illustrazioni che raccontano i volti, gli strumenti, i luoghi della raccolta delle arance. Un progetto ambizioso che inizia già nella cura del volume: una bellissima sovracopertina ed un’allettante copertina rigida serigrafata che porta in bella vista il frutto dorato, per non parlare della carta e della ricerca stilistica che rendono ogni pagina una vera e propria esperienza di lettura. Molto di più di una semplice monografia, di un saggio o di un libro di cucina: tutto il mondo dell’arancia raccontato da tre grandi siciliani. Un volume da tenere in bella mostra e da consultare e consultare ogni volta che ha il desiderio di sentire profumo di zagare. Arancia nasce anche grazie all’interessamento di Oranfrizer, azienda italiana leader nella produzione e commercializzazione delle arance che si batte per la conoscenza e la diffusione della cultura legata al frutto siciliano sempre più minacciato dai competitor stranieri e da una crisi che ha decisamente ridotto il consumo di frutta nel nostro paese. Arancia. Percorsi siciliani di cultura, natura, gastronomia, Edizioni Estemporanee, 228 pagg, 25 euro.
In Lapponia a caccia di aurore borea
Siete stanchi dei ritmi frenetici della quotidianità, del rumore assordante del traffico metropolitano, del grigiore diffuso della vostra città? Allora prendete carta e penna e scrivete a Babbo Natale una lettera con i vostri desideri…anzi, esageriamo…andate direttamente a trovarlo in Lapponia! Riempite la valigia di capi pesanti e termici (il freddo è secco, ma la temperatura arriva fino ai -30°) e avventuratevi in questa terra ricca di tradizioni. Tra sci alpino ed escursioni con slitte trainate da husky, pesca sul ghiaccio e saune tonificanti, il tempo trascorrerà rilassante e piacevole. E se all’improvviso vedrete il cielo mutare forma e colore, mettetevi comodi e godetevi lo spettacolo straordinario che la natura vi offre: è l’aurora boreale. Nella Lapponia del Nord si vedono in media ogni due notti da settembre a marzo.
ali
di Alessia Spinella
Capinera
di Gloriana Giardilli
RB magazine Era bella la mia mamma, unica figlia di Rosetta e Silvio, nata nel 1938 dopo tredici anni di matrimonio quando ormai avevano perso la speranza. La famiglia viveva a San Chirico Raparo, piccolo paese agricolo nel cuore della Lucania, lui bracciante agricolo lei casalinga tuttofare. Quando la levatrice aveva messo per la prima volta la neonata tra le braccia della madre, Rosetta e Silvio si erano guardati negli occhi e all’unisono avevano esclamato: “assomiglia alla bisnonna Clementina, speriamo solo per il colore dei capelli”. Difatti Maria era nata con tanti capelli e tutti di un bel rosso carota. Spiccavano quei capelli tra tutte le teste rigorosamente nero corvino dei parenti, sia da parte di padre che di madre, prima di lei, l’unica ad avere quel colore, era stata solo la bisnonna materna Clementina,vergogna della famiglia e da tutti depennata dall’albo genealogico. Bella era bella la mia mamma, una mini Venere di Milo, corpo a clessidra, che nulla aveva da invidiare alle maggiorate che andavano di moda a quei tempi, pelle diafana, un visino da bambola, occhi verdi smeraldo e una boccuccia a cuore, ma quello che colpiva in Maria appena la si guardava era una cascata di morbidi boccoli rosso carota che le arrivavano fino alla vita. All’età di 18 anni aveva conosciuto Giuseppe, giovane muratore di soli 21 anni che abitava in un paese a cinque chilometri dal suo. Maria si era gettata a capofitto in quell’amore e dopo nove mesi aveva potuto coglierne i frutti, infatti era diventata mamma di Anna, una bella bimba dai capelli neri e carnagione olivastra che rispecchiava in pieno i canoni della famiglia. Giuseppe, alla notizia che presto sarebbe diventato padre, aveva ritenuto giusto emigrare al nord con la prospettiva di trovare un lavoro più remunerativo per poter dare una vita agiata a Maria e alla loro bambina. Dopo aver giurato amore eterno a Maria e promesso ai genitori di lei che sarebbe tornato per sposarla, aveva preparato la sua valigia di cartone pressato ed era partito, di lui non si ebbero più notizie, più e più volte Maria era andata a trovare i mancati suoceri ma nemmeno loro avevano più saputo niente del figlio. Rosetta e Silvio si erano quindi ritrovati all’età, lei di 53 anni e lui 58, a dover aiutare la figlia a crescere la bambina. Tra litigi e riappacificazioni, musi lunghi e giorni senza rivolgersi la parola, erano passati cinque anni. Anna cresceva bene, era una bambina buona e ubbidiente, i nonni la adoravano, lei in loro vedeva le due figure genitoriali, con la madre invece aveva un rapporto che somigliava a quello tra sorelle. Maria di questo soffriva, i genitori a volte la rimproveravano davanti alla figlia e non le permettevano di partecipare all’educazione di Anna: tacitamente, ma neanche troppo, veniva incolpata per essere una ragazza madre e dipendente in tutto e per tutto da loro. Fu così fino al giugno del 1962, quando Maria sganciò la bomba. Attese l’ora di cena e quando furono tutti riuniti intorno al tavolo, senza fare tanti giri di parole, informò i genitori che lei e Anna l’indomani sarebbero partite per andare a vivere a Milano. Lo zio di Donata, la sua amica del cuore, le aveva trovato lavoro come assistente agli anziani presso una casa di riposo e le aveva
settanta anche trovato una stanza in affitto presso una sua conoscente. Detto ciò Rosetta corse in camera a piangere e urlare. Silvio, dopo varie imprecazioni, scelse il mutismo assoluto guardandosi bene dal rivolgere anche un solo sguardo in direzione della figlia, solo Anna, non avendo capito nulla della discussione, finì la sua cena. L’indomani di buon’ora, Maria e Anna si recarono nella piazza del paese per prendere la corriera che le avrebbe portate in città e da lì, con il treno, sarebbero partite alla volta di Milano; con loro portavano due valigie sgangherate e un fagotto contenente pane e formaggio che sarebbe servito da pranzo e cena durante il viaggio. Alla stazione ferroviaria di Potenza, Maria poté acquistare solo un biglietto di terza classe, fortunatamente Anna non aveva ancora raggiunto il metro di altezza quindi non pagava. I pochi soldi che
Maria aveva portato con se doveva farli bastare per diversi giorni. Arrivarono a Milano a notte fonda, come da accordi presi. Lo zio di Donata, tale Antonio, le aspettava ai binari. Le riconobbe subito grazie alla descrizione che ne aveva fatto la nipote. Ad attenderli fuori dalla stazione, c’era una macchina nera, grande, lussuosa, alla guida un amico di Antonio, caricate donne e valigie l’uomo partì sgommando verso la periferia. Durante il breve viaggio, Antonio descrisse a Maria il lavoro che sarebbe andata a fare: dallo stupore apparso sul viso della ragazza si rese conto che la nipote Donata non le aveva spiegato nulla. Già dall’indomani sera doveva iniziare, il tempo è danè (il tempo è
settantuno denaro:) prima si cominciava, meglio era. Anna durante la notte sarebbe rimasta affidata alle cure della sciura Margherita, la proprietaria di casa dove Antonio aveva affittato la stanza per loro. Tutto programmato, tutto calcolato, non ci sarebbero stati problemi: si sarebbero trovate senz’altro bene. Maria, piangendo e tenendo per mano la figlia, iniziò a salire le scale della casa di ringhiera come se dovesse andare al patibolo. Lei che l’amore lo aveva fatto solo per amore ora doveva farlo per lavoro, era entrata in un vortice che la stava risucchiando e da cui non poteva tirarsi indietro. L’indomani mattina la sciura Margherita svegliò Maria e Anna che era quasi mezzogiorno, le aveva lasciate dormire fino a tardi per dar
loro modo di riprendersi dalla stanchezza del lungo viaggio e anche perché a Maria sarebbe toccato sempre e solo il turno di notte “alla casa di riposo”. Ad Anna disse che d’ora in avanti l’avrebbe dovuta chiamare zia e considerarla tale visto che insieme avrebbero trascorso tantissimo tempo. La sciura Margherita, donna dal vissuto travagliato visibile sul viso incartapecorito, sulle cui palpebre erano sparsi etti di ombretto azzurro il più risucchiato dalle rughe, avvisò Maria che alla “casa di riposo” volevano signore ben vestite e a modo, ma di non preoccuparsi che avrebbe pensato lei a tutto: era pagata anche per questo. Nel pomeriggio iniziò la trasformazione di Maria. La sciura Margherita le tagliò i capelli alle spalle, li tinse di un nero corvino, che
RB magazine faceva risaltare ancora di più il pallore della pelle e gli occhi verde smeraldo, abilmente li raccolse in un ciuffo, passò quindi all’abbigliamento, pose sul letto diversi vestiti tra i quali scelse uno smanicato dalla gonna a palloncino di color bianco con grandi pois neri, le mise ai lobi un paio di orecchini di plastica bianchi e dello stesso colore prese scarpe e borsa. Ora era pronta per andare al lavoro. In strada c’era l’amico di Antonio che l’aspettava con la macchina, l’avrebbe accompagnata lui tutte le sere per accertarsi che arrivasse in orario, Maria strinse forte tra le braccia Anna e senza voltarsi, per non far vedere alla figlia le lacrime che solcavano il viso, uscì andando incontro al suo destino. Passò così un anno durante il quale Anna aveva iniziato la scuola, la sciura Margherita si occupava a tempo pieno di lei e le si era sinceramente affezionata, Maria si era abituata al lavoro, era cambiata radicalmente, della ragazza ribelle di San Chirico Raparo non era rimasto più nulla, ora obbediva ciecamente ad Antonio. Una mattina di inizio autunno del 1963, due poliziotti fecero irruzione nella casa di ringhiera della sciura Margherita, la arrestarono e presero in custodia Anna dicendole, senza mezzi termini, che la madre aveva avuto un brutto incidente ed era volata in cielo. Due giorni più tardi Anna era di nuovo a San Chirico Raparo nella casa dei nonni, la madre per ovvi motivi era stata sepolta a Milano. Sono Anna, ho 56 anni, sono nata a San Chirico Raparo, mia madre si chiamava Maria, è morta in un incidente quando io avevo solo 6 anni, sono cresciuta con i miei nonni Rosetta e Silvio che mi hanno amata tanto e a cui ho voluto un gran bene. Ho studiato e sono diventata insegnante elementare, non ho figli e non sono sposata. Da oltre 20 anni insegno presso una scuola in provincia di Parma dove abito. Questa mattina, sembrava una mattina come le altre scandita dalla solita routine, fino a quando ho ricevuto la telefonata del questore di Milano, il dottor Paolo Loiacono, in cui mi comunicava che finalmente, dopo 50 anni, avevano arrestato l’assassino di mia madre, un certo Santo Maisto di 73 anni ritenuto serial killer di prostitute che aveva confessato l’omicidio di mia madre e di una sua amica. Sono seduta sulla poltrona rossa del mio salottino da quasi 4 ore, questa poltrona rossa su cui mi accomodavo la sera a guardare la televisione, ora mi sembra più morbida, avvolgente tanto da sentirmi abbracciare con fare consolatorio, sembra non volermi lasciare andare oppure sono io che non riesco a tirarmene fuori, ho ancora tra le mani l’unica fotografia che ritrae me e mia madre mentre, davanti al maestoso duomo di Milano davamo da mangiare ai piccioni, la piazza era piena di neve e noi eravamo felici, mamma pagò un fotografo per immortalare quel momento senza sapere che sarebbe stato irripetibile. Solo ora capisco i silenzi dei miei nonni quando io volevo parlare di lei, ora tutto ha un senso, anche la sua sepoltura a Milano, fatta non perché lei amava quella città ma per la vergogna di riportare la figlia prostituta al paese. Domani, appena la poltrona mi lascerà andare, chiamerò il dottor Loiacono e gli chiederò dove è sepolta la mia bellissima mamma. C’è un fiore che da troppo tempo attende di essere posato lì.
Causal writer Speciale esordienti
di Diego Rosato Quand'ero ragazzino, alle medie, se non ricordo male, mi imbattei per la prima volta nella figura di Italo Svevo e rimasi alquanto sorpreso. Ricordo che non mi colpì particolarmente la sua scrittura, ma la sua figura di scrittore-lavoratore, per me bizzarra ed inedita. Avevo infatti a quell'epoca un'immagine idealizzata e romantica dello scrittore e più in generale dell'artista: doveva essere un uomo di cultura, dedito solo alla sua arte, in cui profondeva ogni sforzo e da cui traeva ogni sostentamento. Scoprire invece che c'era chi si dedicava alla scrittura solo in seconda battuta (Italo Svevo passò dal lavoro in banca a quello nel negozio di vernici del suocero) era una novità assoluta. In realtà non mi rendevo conto che ci sarebbe ben poco di romantico in una visione del genere: bisogna essere dotati di mezzi di sostentamento adeguati per dedicarsi esclusivamente alla scrittura, a meno di non avere un talento straordinario già in età precoce e la fortua di riuscire a dimostrarlo nelle sedi opportune. Pare che l'Italia sia uno dei paesi in cui si legge meno, ma anche uno di quelli in cui si scrive di più e la maggior parte degli scrittori che conosco (da quando lavoro per Reader's Bench ne ho conosciuti parecchi) sono quelli che io definisco un po' ironicamente (in realtà auto-ironicamente, perché faccio parte anche io della schiera) “casual writer”, parodiando la divisione che si fa abitualmente in ambito videoludico tra casual gamer e hard gamer. Perché scrivere è una passione, non un mestiere. Alcuni sono fortunati e riescono a vivere con le loro passioni, ma per altri non è così: il mondo dei casual writer è complesso e variegato e tra loro c'è anche chi magari non vuole trasformare la sua passione in una professione, per non voltarsi indietro un giorno e rendersi conto che ormai scrivere è diventato un obbligo e niente più. Molti scrittori-lavoratori sognano di vendere un milione di copie, vincere il premio Strega e vedere il loro libro trasposto in una pellicola ad Hollywood, ma pochi, veramente pochi, rinuncerebbero alla loro passione in cambio di tutto questo, perché dietro uno scrittore, uno vero, uno che ci mette l'anima in quello che scrive, c'è prima di tutto un lettore “evoluto”, uno che si emoziona per un buon libro e desidera più di tutto trasmettere quelle emozioni ai suoi consimili, facendo quel passo in più che gli consenta di vivere la sua passione letteraria attivamente. Scrivete, leggete, lavorate, vivete: non rinunciate a niente. Concedevi dell'ozio, perché ogni tanto serve anche ricaricare un po' le batterie, ma ricordate sempre che più una passione brucia e più bisogna lasciarla bruciare, se non si vuole finire bruciati.
Il fratello povero di Mourinho Sono sempre grato a Christopher Moore, perché quando avevo deciso di rinunciare alla ricerca di un libro veramente divertente, quando mi preparavo ad una lunga agonia come lettore di libri comici, quando avevo deciso di lasciar perdere i libri presentati come esilaranti, venne in mio soccorso e mi diede nuova fiducia negli scrittori del settore. Non che dopo di lui non abbia preso nuove batoste, ma ogni tanto mi è capitato anche qualche altro piacevole incontro. L'ultimo mi ha portato nei campionati di calcio di Eccellenza della Campania, a tifare per l'Atletico Minaccia Footbal Club. Uno scalcinato allenatore di campionati di calcio minori, uno di quelli che non ha mai terminato una stagione sulla sua panchina, sogna di diventare come il suo idolo Mourinho ed allenare il Real Madrid, ma deve lottare con una moglie delusa, i conti da pagare e gli ingaggi che non arrivano, consolato solo da una figlia amorevole. Quando finalmente arriva la chiamata del direttore sportivo dell'Atletico Mincaccia Footbal Club, con tanto di proclami di campagna acquisti faraonica e progetti epocali, la strada sembra aprirsi per una brillante carriera, ma non tutto va per il meglio ed il povero “mistèr” si ritrova con un'accozzaglia di casi umani degni di un programma di Barbara D'Urso, più che di un campionato di calcio. Tra mille imprevisti, sarà proprio dalle persone più insospettabili che l'allenatore riceverà aiuto e riuscirà a raddrizzare un pochino le sorti sue e della sua squadra. Ho detto tante, ma tante volte che i libri ci chiamano. Questo romanzo è venuto a cercarmi addirittura mentre ero in macchina e tutto stavo facendo purché prestare attenzione alla radio, eppure mi è saltato all'orecchio il titolo di questo libro e devo dire che se non altro ha ripagato le ore che passo in auto con qualche momento di spensierata allegria.
l'opera ha un tono meno volgare e grottesco, nei limiti che l'ambientazione consente. Il protagonista è una simpatica canaglia, megalomane e convinta di essere il nuovo Mourinho (mentre a me all'inizio ricorda tanto il vecchio Zeman), un po' misogino, almeno finché non è costrettoa ricredersi, e sicuramente più attaccato al pallone che alla famiglia, ma almeno è una persona onesta. Qualche piccolo problema possono creare alcune frasi in dialetto (campano e pugliese) stretto: io non sono proprio brianzolo, eppure ho avuto qualche difficoltà a decifrare alcuni dialoghi. Per appassionati di pallone in cerca di un po' di risate. Forse, dopo gli ultimi anni di scandali calcistici, risate amare, ma sempre meglio degli sfoghi di Moratti e Galliani. PS: Una nota pignola per i lettori: la storia che il calabrone per le leggi della fisica non potrebbe volare è una colossale balla! Non esiste apide, vespide o affino il cui volo non concordi a pieno con ciò che prevede l'aerodinamica.
Il libro è divertente, spassoso, con punte veramente brillanti. Certo, per gli appassionati del genere non sarà difficile ricono- “Atletico Minaccia Football Club” di Marco Marsullo, Einaudi, scere alcuni spunti da film come “L'allenatore nel pallone”, ma 224 pagg, 17,00 euro (9,99 euro in ebook)
Un po’ di educazione civica Diciamo la verità: pochissimi di noi hanno mai letto o anche solo sfogliato la nostra Costituzione, anche molti di quelli che vorrebbero cambiarla e che si indignano quando sentono dire che deve cambiare. Tale è l'ignoranza in materia, che si sono viste scene di esultanza quando la televisione nazionale ha delegato ad un comico il compito di spiegarla in trasmissione (poi non ci si stupisca se un altro comico fonda un partito e fa incetta di voti). Forse proprio per far incuriosire i lettori alla nostra Carta o per una tesina (come si evince dal prologo), Roberto Trama ha pensato di scrivere un romanzo un po' particolare. La storia narra di una famiglia italiana con un nonno che ha dovuto lasciare il lavoro e deve trovarne un altro, una coppia che nasconde un segreto, uno zio che vive all'estero ed una ragazza che sta iniziando il suo percorso universitario. Vicende tutt'altro che dissimili dalla realtà, nell'Italia dei giorni nostri in cui la Costituzione è più utilizzata come slogan che effettivamente applicata. L'idea infatti è proprio quella di scandire la narrazione con dieci articoli della Costituzione Italiana, per un totale di undici capitoli (l'articolo 1 apre e chiude la narrazione), per raccontare un'Italia cinica, deludente ed in mano a Caporali gretti e meschini. Questo piccolo romanzo è molto più scorrevole di quanto il suo rapporto con la Costituzione potrebbe far pensare. La Carta infatti è una sorta di protagonista innominato o quasi mai nominato e di termini legali ce ne sono ben pochi. Direi anzi che forse sarebbe stato carino, ad inizio capitoli, citare gli articoli di ispirazione, per evitare al lettore di doverli rintracciare per conto proprio. Un modo diverso di avvicinarsi alla nostra Costituzione ed in“Costituzione” di Roberto Trama, Self-publiching, 102 pagg, consueto di raccontarne le continue storture. 7,92 euro (2,99 in ebook)
Come diventare re in poche semplici lezioni
Non è difficile descrivere questo libro, ma bisogna comunque usare le dovute precauzioni per non banalizzarne il contenuto. In un'epoca che ha visto nascere la prosa breve, Federico Basso Zaffagno ci propone un libro di aforismi, ma, badate bene, non si tratta della solita raccolta di frasi celebri di menti più o meno blasonate. Dopo una prefazione di Sandro Gros-Pietro sull'aforisma in generale e sul libro in particolare ed un'introduzione dell'autore che pone l'attenzione prevalentemente sul bisogno di individualità e di pensiero creativo, per non giudicare un'idea solo in base a chi la propone, l'autore riporta infatti un elenco di suoi aforismi, sui temi più disparati. La definizione migliore del libro la dà proprio Sandro Gros-Pietro, che paragona l'opera ad un racconto in cui l'autore presenta solo l'ambientazione. Ritengo questo libro l'equivalente letterario degli assiomi, apparentemente slegati e matematicamente indimostrabili, se non in altri contesti, raccolti per costruire una teoria, anzi, perché il lettore si costruisca la sua teoria. Il linguaggio utilizzato è forbito e molto ricco, tanto nelle introduzioni, quanto negli aforismi, che, inutile dirlo, sono brevi, diretti, ma non sempre lineari, sicuramente mai piatti.
“Il re del proprio mondo” di Federico Basso Zaffagno, Genesi Editore, 120 pagg, 12,00 euro
Ora potrei esprimere un giudizio sulla validità di questi aforismi, perlomeno su quanto io li considero validi, ma non lo farò per due ottimi motivi: innanzitutto ritengo che un'opinione meriti di essere sempre valutata senza preconcetti e quindi non voglio influenzarvi e poi preferisco riportare al lettore la possibilità che l'autore dà di saggiare il suo pensiero visitando il sito che cura. Scrivere aforismi, concentrare un pensiero in poche parole, non è mai facile, per questo chi lo fa ha la mia ammirazione. Se anche voi amate questo particolarissimo genere letterario, date una chance a questo autore: penso che meriti un po' del vostro tempo.
Pigliate ’na... supposta Che il corpo umano sia un universo ancora parzialmente inesplorato non è certo una novità. Non di rado infatti, non solo medici e scienziati, ma anche autori di fantascienza spendono il loro tempo immaginando nanosonde, microcapsule e quant'altro per addentrarsi nei sistemi umani. Forse il più famoso esempio di ciò è “Viaggio allucinante”, non a caso nato dalla mente di un signore che di biologia se ne intendeva. Ma cosa pensate che accadrebbe se in futuro la tecnologia (perlomeno una sua versione non troppo aggiornata) per la miniaturizzazione fosse disponibile anche in Italia e cadesse in mano ai politici?
leggero, sufficientemente scurrile per volume che parla di festini e pratiche endoscopiche, con tutte le ovvie implicazioni grottesche del caso, senza scadere nella volgarità gratuita... non più di quanto si senta in televisione, comunque. Asimov aveva un gran senso dell'umorismo (un giorno vi parlerò di “Rompicapo in quattro giornate”): mi chiedo cosa avrebbe pensato di questo libro. Io che l'idea è buona, ma si potrebbe ancora sviluppare.
Circa cento anni nel futuro, il Presidente del Consiglio è affetto da un'ernia iatale e, per esigenze di festin... ehm, impegni istituzionali, non può sopportare la lunga degenza che l'intervento richiederebbe, così, grazie alla tecnologia di miniaturizzazione, sperimentata moooolto accuratamente su una escort, un sottomarino miniaturizzato, con a bordo tre uomini di equipaggio, è infilato nel cu... ore dell'apparato digerente del premier: riusciranno i nostri eroi ad uscire da quella situazione di me... diocri prospettive e salvare il degen... te? Libri che iniziano annunciando che riferimenti a fatti e persone è puramente casuale ne ho letti centinaia, ma mai come in questo caso penso che tale precisazione sia dovuta, perché bisogna ricorrere a tutta la propria capacità di distacco per non ricondurre ogni singolo evento e personaggio ad un suo attualissimo corrispettivo. Ancora una volta, la fantascienza si presta alla satira, dunque, rendendo facile per l'autore creare un mondo alternativo in cui inserire i mali di quello reale, nella fattispecie una classe politica gretta e meschina, che, avendo per le mani una tecnologia potenzialmente utilissima come la miniaturizzazione, come primo esempio pratico vuole sperimentare i piaceri di una prostituta miniaturizzata. Lo stile di questo breve romanzo (o racconto lungo) è discorsivo,
“Viaggio allucinante III” di Vincenzo Costanza, Sesat Edizioni, 74 pagg, 1,99 euro (ebook)
L’oceano in fondo al sentiero di Clara Raimondi
Il mondo di un bambino di sette anni è fatto di cose semplici: famiglia, scuola, giochi e/o letture. Non è stato diverso per il piccolo Neil. E sì parlo proprio di Neil Gaiman che è a tutti gli effetti il vero protagonista de L’oceano in fondo al sentiero (191 pagg, 17,50 euro, 9,99 in formato Kindle, traduzione di Carlo Prosperi), il nuovo romanzo uscito qualche settimana fa per Mondadori Strade Blu. Quando si cresce i ricordi dell’infanzia non solo tendono a dissolversi ma fatti, avvenimenti di poca importanza diventano eventi di una portata enorme ed altri, ben più significativi, diventano minuzie, cose di cui si è persa ogni memoria. Stessa cosa per le persone o gli incontri che facciamo nella nostra vita, di alcuni non ricordiamo nemmeno i nomi, di altri ci resta un ricordo indelebile. E’ un po’ quello che è accaduto allo stesso Gaiman che, vuoi per la lontananza dalla moglie alla quale voleva raccontare la sua infanzia, vuoi per le richieste dell’amico Jonathan Strahan, pesca materiale dal suo passato per mettere in piedi una storia autobiografica in cui torna tutto il mondo immaginifico dell’autore che abbiamo imparato a conoscere in questi anni. La storia de L’oceano in fondo al sentiero parte dalla fine: un uomo di sessant’anni torna nei luoghi della sua infanzia per un funerale e la vista della vecchia abitazione e di uno stagno, che agli occhi di un bambino poteva sembrare un oceano, riportano a galla vecchi ricordi e un nome: Lettie Hempstock. Una strana amica d’infanzia per un bambino che di compagni di giochi non aveva mai avuti a causa proprio di quella passione per la lettura che lo allontanava dal mondo reale, da una famiglia poco affettiva e da una sorella fastidiosa. E di tutte le persone che abitavano in quel posto il nostro protagonista ricorda solo lei ed un misterioso cercatore di opali il cui cadavere sarà ritrovato proprio alla fine di quel sentiero. Questa morte misteriosa scatenerà potenti forze oscure che ci concentreranno nella terribile figura di Ursula Monkton, la nuova governante, venuta chissà da quale dimensione per impadro-
nirsi della famiglia del nostro protagonista e per distruggere il suo mondo. L’unica in grado di credere a quanto di assurdo sta accadendo è Lettie che con la madre e la nonna cercheranno di respingere le forze oscure. Lettie e la sua famiglia sono delle streghe? Non c’è dato saperlo ma il fatto è che rappresentano, con la loro bizzarra fattoria sospesa nel tempo, il solo luogo sicuro in cui un bambino spaventato e perseguitato da forze oscure può trovare conforto. Realtà ed immaginazione si confondono proprio come avviene nella mente di un bambino o in quella di un adulto che ha deciso di dimenticare alcuni avvenimenti del passato. Gli elementi tipici della narrazione di Gaiman ci sono tutti: passi autobiografici, forze oscure che tentano di distruggere il pianeta, la solitudine di un protagonista sempre in rotta con il mondo. E poi ci sono loro, le parole utilizzate dallo scrittore, che come un perfetto incastro ci portano alla scoperta di altri mondi possibili e non ti forniscono dettagli esatti per sapere dove stai andando. Ed il bello è proprio questo, farsi trasportare dalla narrazione e rivedersi nel mondo di Gaiman che, a differenza di quanto vuol farci credere, è rimasto in strettissimo contatto con il bambino protagonista di questa sua storia. Non sappiamo bene a che cosa credere, ma una cosa è certa: non c’è luogo migliore (e parlo delle pagine dei suoi romanzi) dove potremmo essere. Nel libro (oltre all’atmosfera già citata che lo rende una delle letture migliori del periodo) non mancano tantissimi riferimenti letterari, dal primo Dick Whittington and His Cat (antica favola inglese) ad altri che, sono sicura, vi divertirete e a trovare nel testo.
Se solo s’intuisse il valore dell’altro, se ci si vestisse di gentilezza se ogni giorno ci curassimo appena di un’altra persona se il Pil si fondasse sul benessere e mai il contrario si potrebbe bestemmiare gli economisti impartire loro corsi di aggiornamento sulla scomparsa della moneta reale e sull’entrata in borsa del valore che cresce ad interesse altrissimo degli altri allora sì, si potrebbe iniziare da smettere di chiedere alle cose di fare più del loro dovuto di svolgere il compito per cui sono chiamate al telefono solo di telefonare al battito di abbattere al fiore di fiorire alla testa di testare al destino di destinare alla paste di impastare al verde di rinverdire al dovuto di dovere alla vista di avvistare al verso di riversare alla politica di dare al vento di inventare alla statua di istituire al vaso di invasare al male di ammalarsi per sempre. Si dovrebbe chiedere alle cose di cosa hanno bisogno per nominarsi meglio e poi permettere alla penna di impennare al monitor di monitorare al mare di amare alla casa di accasare al giornale di aggiornare richiedere alle macchine di andare e agli uomini di guidare.
Pr
rodotto Interno Loro di Simone di Biasio
Marchardionica e Abradabad Due nuovi episodi di Mondo9
Il disegno è stato realizzato da DanylÚ Louliette Kazhan
di Danylù Louliette Kazhan
Dario Tonani torna a sorprenderci con due nuovi episodi di Mondo9, il ciclo di racconti ambientati su questo terribile e tossico mondo. Deserti velenosi, macchine infernali, malattie incurabili e uccelli a seguito delle grandi navi, non sono gli unici orrori di questo mondo infernale. L’autore svela nuovi particolari di questo affascinante realtà da incubo: nuovi scorci di paesaggi, nuovi animali, nuovi personaggi e soprattutto nuove ripugnanti creature. L’essere umano su Mondo9 ha la stessa importanza di una formica nel nostro mondo. L’impressione è proprio quella. Cosa importa se ne schiacci una? Chi se ne accorge? Che valore ha? Se già nei primi quattro capitoli si aveva l’impressione che la vita umana fosse meno di niente, in queste due nuove avventure, questa sensazione viene amplificata a dismisura, forse anche a causa delle nuove minacce che serpeggiano tra le ardenti sabbie. Mentre leggevo questi due nuovi episodi mi sono detta: Deve essere dura la vita su mondo9, dove la sera il tuo ultimo pensiero è: anche oggi, ho rubato un altro giorno alla morte. Leggendo Mechardionica però, rifletti anche su una questione importante: la morte su Mondo9 non è il peggiore dei mali da fronteggiare, c’è di peggio... di peggio. Come sempre i nomi scelti per i capitoli di questa saga sono molto evocativi, riempiono la bocca, si impastano con la saliva e accarezzano le labbra come i petali di un fiore (mangia ruggine of course!). M E C H A R D I O N I C A...Un pugno di sabbia e metallo in bocca, sapore di ferro e veleno, esplosione di suono a fior di pelle. Abradabad... un mantram? Dal suono più dolce e freddo, il secondo capitolo non si presenta meno terrificante del primo. Ma non voglio svelare nulla di più, solo chi conosce l’autore può immaginare cosa aspettarsi e comunque non vedrà le proprie aspettative deluse, tutt’altro! Una caratteristica che amo molto nella scrittura di Dario Tonani sono le metafore visive che usa: Sfilacciato nel cielo biancastro, uno stormo di aliquadre s’incuneò in quota all’interno di un oblungo coagulo di nubi temporalesche. E questo non è che un esempio. Una lettura dunque interessante sia per i cultisti del genere che per i non addetti ai lavori. Noi aspetteremo con ansia l’uscita dei nuovi capitoli per tenervi aggiornati sulle nuove affascinanti e raccapriccianti avventure di Mondo9. Il disegno rappresenta Garrasco, uno degli uomini più importanti dell’intera saga, che come l’ho definito parlando con Dario Tonani: è una presenza assente, che aleggia tra le pagine a suon di cigolii e clangori.
Musica inverno 2013/2014
Il 2013 ci ha donato fino ad adesso numerose uscite musicali interessanti: ci sono stati i ritorni storici di Pearl Jam , Queens of the Stone Age e My Bloody Valentine, la consacrazione nelle alte vette del rock degli Arctic Monkeys, le nuove uscite di band culto nella scene indie come Editors, Kings of Leon e Arcade Fire.....forse Ë mancato il vero capolavoro ma insomma la scena ci ha regalato dischi interessanti da ascoltare con piacere. Ma cosa aspettarsi dall'incipiente inverno? Sicuramente un graditissimo ritorno che calcherà le scene musicali a breve ( seconda metà di novembre) Ë quello degli A Perfect Circle: anticipati dal singolo "By and down" usciranno niente di meno che a distanza di pochi giorni la raccolta "Three Sixty" e l'album live " A Perfect Circle Live: Featuring Stone and Echo", sicuramente nulla che far‡ gridare al miracolo visto
l'assenza di inediti a parte il singolo sopraccitato, ma trattandosi di una band assente da quasi dieci anni dalle scene musicali Ë comunque un ritorno pi˘ che gradito. Novembre sar‡ anche il ritorno di uno degli enfant prodige dell'indie rock britannico, tale Jake Bugg e la sua nuova fatica "Shangri La", nonchè dei Melvins, band pioniera della scena grunge e tutt'ora ispirazione di molte grandi band della scena sludge metal che tornano con l'album "Tres Cabrones". Dicembre, mese storicamente non ricco di grandissime uscite, ci regala degno di nota solamente un disco live di Nick Cave "Live from KCRW", e il ritorno dell'AOR/Arena rock dei Boston con "Life,Love & Hope" segno che comunque come al solito passeremo il mese a fare altro nelle migliori tradizioni italiche, mentre l'anno venturo ci regalerà delle perle interessantissime. A Gennaio
featuring with
avremo i ritorni di due band nostrane cardini del circuito underground: Linea 77 con "C'eravamo tanto armati" e gli Zen Circus con "Canzoni contro la Natura" ma sopratutto di una band fondamentale per il movimento post rock: gli scozzesi Mogwai con "Rave Tapes" ci faranno fare la solita incetta di suoni eterei e sofisticati con i quali ci hanno deliziato e cullato negli anni passati. Nulla di eclatante per ora da segnale per i mesi di febbraio e marzo, ma probabilmente Ă‹ ancora presto per gli annunci ufficiali, anche se numerosi sono gli artisti di cui si preannunciano i nuovi lavori nel 2014: U2, Roger Waters, Foo Fighters, Iron Maiden, Metallica, Rammstein, Dream Theater, Opeth, Tool sono tutte band che dovrebbero regalarci qualcosa nell'anno venturo e chissĂ se qualcosa non giunga anche nei primissimi mesi dell'anno.
La lezione di Tiziano nel Neomodernismo
ottantasette
RB magazine
di Simone Di Biasio
Un pugno. Questo è il gesto che nel mio immaginario caratterizza Giovanni Paolo II, prossimo Santo. Una delle scene forse più incredibili ed inaspettate. Il Pontefice sta lottando con il Parkinson, ma continua ad affacciarsi sul mondo. Però biascica, a stento deglutisce. D’istinto sferza un pugno sul leggio. L’uomo sta tutto lì. Lo stesso braccio che nel ritratto di André Durand sembra indicare una direzione, un cammino perpetuo. Si tratta di uno dei dipinti più noti raffiguranti Karol Woijtyla, anche per la storia che lo introduce. Esattamente trent’anni fa, infatti, il pittore irlandese ha l’opportunità di ritrarre il Papa dal vivo, grazie a due sessioni di posa concesse dal Vaticano. C’è però un piccolo problema. L’artista si aspettava un Pontefice in abiti “ufficiali”, mentre Giovanni Paolo II si presenta completamente di bianco vestito. Un dettaglio - e al contempo un’assenza di dettagli - che spiazza Durand, il quale chiede un’ulteriore sessione. Concessa. Woijtyla ci scherza in inglese: “Speriamo sia la volta buona!”. Ne viene fuori un’opera che vanta crediti col ritratto raffaelliano di Giulio II, ma che nella rifrazione dello spazio e della luce offre riflessioni neomoderniste. Quasi 20 anni dopo, nel 2004, Durand cede alla “tentazione” di realizzare una seconda versione del ritratto. Il Papa invecchia non semplicemente sotto i colpi del tempo, bensì anche sotto quelli delle pennellate durandiane. Sempre inconfondibili, ampie e delicate. “Egli [Giovanni Paolo II] sembra che stia usando la sua posizione e fama per fare una dichiarazione su tutte le vite. Sta dicendo che non vuole essere messo fuori dal palcoscenico prima che sia pronto ad andarsene. Egli sta dicendo che la sua sofferenza è universale. Ma, soprattutto, sta dicendo che tutte le vite sono preziose, e che egli ha diritto a vivere la sua vita fino alla fine, per quanto dura possa essere”. Così scriveva Martin Kettle sul “The Guardian”. Oggi Durand dice di star vivendo “uno dei periodi più felici della mia vita”. Lo fa tra Sperlonga e Fondi, nella Riviera di quell’Ulisse di cui aveva letto sin dall’infanzia. Numerose le opere realizzate in questo ultimo anno di nuova ispirazione (www.durandinfondi. it), mentre è in uscita “Totus Tuus”, un catalogo interamen-
te dedicato ad una Trinità particolare: Giovanni Paolo II, la Vergine Maria e la vita. Si tratta di un volume edito da “Hornet Fine Art”, che contiene non soltanto dipinti dal 1983 ad oggi, ma anche una particolare ed interessante sezione dedicata ai fotomontaggi con cui le sue opere si rigenerano. “Totus Tuus” era il nome dell’enciclica adottato da Giovanni Paolo II, approfondita nel libro “Varcare la soglia della speranza” (A. Mondadori, 1994). Ora tornano prepotentemente anche vista del processo di santificazione più veloce che la storia ricordi.
About a boy I magnifici tre: dal libro, al film alla colonna sonora
di Clara Raimondi
RB magazine Il 20 novembre si festeggia ogni anno la giornata mondiale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e proprio per tenere bene a mente i punti fondamentali di quanto stabilito dalla convenzione internazionale abbiamo deciso di dedicare questo primo appuntamento con I Magnifici Tre (la nuova rubrica di RB preso on line anche sul blog) ad About a Boy il romanzo di Nick Hornby.
novanta Nella giungla rappresentata dalle grandi metropoli di oggi è difficile non solo costruire rapporti veri e sinceri ma anche trovare una sola persona che abbia voglia di ascoltarci o di passare un po’ di tempo in nostra compagnia.
Ma Marcus, adolescente dall’aria scanzonata, non ci sta e cerca in Will l’amico e il padre che non ha mai avuto. Con la sua ineIl libro ma anche la pellicola e la colonna sonora per una nuova guagliabile dolcezza e semplicità riuscirà ad infondere nel cuore avventura che, di volta in volta, vi porterà alla scoperta delle e nelle menti degli adulti che lo circondano la fiducia verso il migliori trasposizioni. prossimo. Un ragazzo, il romanzo di Nick Hornby, racconta la storia del trentaseienne Will, che si mantiene con gli introiti di una vecchia canzone di Natale e preferisca circondarsi di cose più che di persone, che incontra l’adolescente Marcus, figlio di genitori separati e decisamente fuori dal mondo. Vi sembra impossibile che questi due abbiano qualcosa in comune? Se iniziassimo a considerare la solitudine che contraddistingue le loro esistenze e le difficoltà che hanno avuto con le rispettive famiglie d’origine dopo un po’ vi convincereste che Will e Marcus non sono poi così distanti l’uno dall’altro.
Nick Hornby racconta la storia di un’amicizia e di questo strano rapporto padre/figlio e allo stesso tempo scandaglia la nostra società e l’impossibilità di coltivare rapporti umani. Scandagliare è la parola esatta per uno scrittore che si limita ad osservare dal suo periscopio e a lasciare che siano i protagonisti e i personaggi a parlare della loro storia. Quello che viene fuori è un racconto vero, asciutto per quelli abituati a lunghi approfondimenti, ma che certamente restituisce la realtà così com’è. Una lettura imperdibile se amate lo scrit-
novantuno tore inglese o se siete alla ricerca di un romanzo sincero. Altrettanto imperdibile il film diretto dai fratelli Weitz e con protagonista Hugh Grant. Tolti i riferimenti alla prima metà degli anni ’90 (nel libro di Hornby si inserisce la morte di Curt Cobain), ci trasferiamo nella Londra del 2001. Per molti di voi About a boy verrà considerato poco più di un blockbuster eppure se dovessimo sforzarci di immaginare il vero Will non andremo poi tanto lontano dall’immagine di Hugh Grant. Condizionamento da parte di una delle piccole più viste e apprezzate degli ultimi anni? Ma potreste immaginare un altro ad impersonare Will al posto dell’attore inglese? Anche qui una pellicola non pretenziosa che lascia molto spazio agli attori: una menzione d’onore per Nicholas Hoult, da poco divenuto attore di una saga romance/zombie, e per Toni Collette che arrivava dal successo dell’indipendente Le nozze di Muriel. Se dovessimo dare a Hornby l’altra parte di un binomio sceglieremo sicuramente la parola musica. E di musica dei gruppi di tendenza che Will ama e che Marcus nemmeno conosce è disseminato tutto il libro di Hornby. E proprio la musica diventa un linguaggio attraverso il quale Will e Marcus si conoscono e attraverso questo mezzo il ragazzo comincerà a capire meglio il mondo e a crescere. La scena finale, quella dell’esibizione musicale davanti alla scuola, nel libro non esiste ma tende ancora di più a rafforzare la funzione unificatrice della musica. La colonna sonora presenta diversi pezzi che appartengono alla musica pop ma i brani che trascinano la pellicola e che fanno da apripista sono quelli di Badly Drawn Boy. Artista inglese scelto dallo stesso Hornby. Ai più sconosciuto, Badly Drawn Boy si cimenta per la prima volta in una colonna sonora e fa bingo. Il singolo Something to talk about è un incredibile successo. Il video di presentazione vede come protagonista il cantautore che ripercorre la sua vita ed incarna anche uno dei concorrenti del programma televi-
RB magazine sivo che Will e Marcus vedono insieme ogni pomeriggio. Un ritmo semplice, un ritornello orecchiabile per una canzone che ognuno di noi ricorda. Che fine ha fatto Badly Drawn Boy? Dopo il successo iniziale ha continuato a produrre dischi, l’ultima sua uscita appartiene però al lontano 2006.
RB magazine
novantadue
Appetizers dalle Truckers
Abbiamo conosciuto le Truckers l’anno scorso in quel di Lucca. Erano una delle novità più interessanti della scorsa edizione e non solo perché si trattava di un collettivo tutto al femminile ma perché Claudia Balboni, Eleonora Carlini, Elena Casagrande, Arianna Florean, Azzurra M. Florean, Giovanna Niro, Sara Pichelli e Claudia SGI si mettevano in gioco con un progetto ambizioso. Nasceva nel 2012 il Truckers Studio con un primo albo, What The Fake, in cui ognuna delle ragazze si cimentava nel racconto di alcune leggende metropolitane. Un numero da collezione per la cura delle immagini proposte e per il progetto editoriale (scritto in italiano e in inglese) che riportava, oltre alle storie, bellissime immagini curate come vere e proprie locandine cinematografiche (trovate l’intervista al collettivo sul nostro canale YouTube) E per questa edizione di Lucca Comics quali erano le novità? La prima, forse la più importante, era che le Truckers erano nello stand dedicato agli autori. Per la prima volta a Lucca si proponeva l’artist alley, una delle pratiche più comuni all’estero. Gli artisti, sganciati dalle loro case editrici, lavorano a diretto contatto con il pubblico che ha la possibilità di farsi realizzare degli sketch e conoscere di persona gli artisti. Un tentativo fortemente voluto non solo dalle Truckers ma anche da tutti gli altri artisti presenti (tra gli altri anche Fabrizio Galliccia, autore della cover di questo numero). Naturalmente non sono mancate le critiche e le difficoltà di questa prima proposta ma siamo sicuri che questo esperimento continuerà anche per la prossima edizione. Per il resto le Truckers ci hanno lasciato con i loro Appetizers, un libricino che solo a sfogliarlo ti mette la voglia di farti disegnare qualcosa e una serie di segnalibri che preannunciano l’uscita del 2014. Sfondo nero e citazioni letterarie ... chissà di cosa parlerà il prossimo albo ma se restate incollati alla panchina ne scoprite di più!
novantatre
RB magazine
di Clara Raimondi
RB magazine
Reader’s club
novantaquattro
RB magazine
novantacinque
Si era svegliata. Batté le palpebre nell’oscurità impenetrabile. Spalancò la bocca e respirò con il naso. Batté di nuovo le palpebre. Sentì scorrere una lacrima, la sentì sciogliere il sale lasciato da altre lacrime. La saliva non le scendeva più in gola, il cavo orale era secco e duro. La pressione interna tendeva le guance. Era come se il corpo estraneo che aveva in bocca fosse sul punto di farle esplodere la testa. Ma che cos’era, che cos’era? Il primo pensiero concepito al risveglio era stato che avrebbe voluto sprofondare di nuovo. Sprofondare in quell’avvolgente abisso buio e caldo. L’effetto dell’iniezione che l’uomo le aveva fatto non era ancora finito, ma lei sapeva che il dolore incombeva, lo capiva dai lenti, sordi colpi che scandivano le pulsazioni e dal flusso spasmodico del sangue nel cervello. Lui dov’era? Era proprio alle sue spalle? Trattenne il respiro, rimase in ascolto. Non udì nulla, però ne percepiva la presenza. Come un leopardo Il Leopardo di Jo Nesbo
Jo Nesbo torna in libreria con Polizia ed un nuovo caso per Harri Hole (Einaudi, 635 pagg, 21 euro) Il corpo massacrato di un poliziotto è ritrovato alle porte della capitale norvegese, sulla scena di un crimine rimasto irrisolto e su cui lui stesso aveva indagato. Qualche tempo dopo viene scoperto il cadavere di un suo collega: stesse modalità di esecuzione, stesse coincidenze. A questo punto non può essere un caso. I delitti sono tanto feroci quanto perfetti, ed è chiaro a tutti che l’assassino ha appena cominciato. Fermarlo è un lavoro per Harry Hole. Ma di Harry Hole non c’è traccia.
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