Adozione e dintorni GSD informa - bimestrale - luglio/agosto 2015 - n. 4
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Mali
luglio-agosto 2015 | 004
GSD informa
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editoriale
di Luigi Bulotta
psicologia-pedagogia e adozione
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Genitori, diamoci da fare di Monica Nobile giorno dopo giorno
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Diario di un’adozione - parte quarta di Valentina Cafiero leggendo
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Parole fuori di Marina Zulian Un’altra immagine di me Prefazione di Anna Guerrieri sociale e legale
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La situazione delle adozioni in Mali di Berta Martin Beltran La costruzione di un amore di Anna Guerrieri trentagiorni
Registrazione del Tribunale di Monza n. 1840 del 21/02/2006 Iscritto al ROC al n. 15956
redazione Luigi Bulotta direttore, Catanzaro direttore@genitorisidiventa.org; Simone Berti, Firenze
editore Associazione Genitori si diventa - onlus via Gadda, 4 Monza (MI) www.genitorisidiventa.org info@genitorisidiventa.org
impaginazione e grafica Maddalena Di Sopra, Venezia; Paolo Faccini, Milano progetto grafico e illustrazioni studio redazioni, Francesca Visintin, Venezia immagini Simone Berti, Firenze; Roberto Gianfelice, L’Aquila;
ricerca iconografica Simone Berti, Firenze; Anna Guerrieri, L’Aquila. abbonamenti e contatti email Luigi Bulotta redazione@genitorisidiventa.org copyright Tutto il materiale scritto dalla redazione è disponibile sotto la licenza Creative Common Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo 3.0. Significa che può essere riprodotto a patto di citare Adozione e Dintorni - GsdInforma, di non usarlo per fini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza. Info: redazione@genitorisidiventa.org Antonio Fatigati, direttore responsabile
di Luigi Bulotta
Cosa c’è di nuovo
editoriale
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L’orrore provoca assuefazione. E’ così, lo è sempre stato. Perché i fatti che ci provocano indignazione e dolore, se si ripetono per troppo tempo, si stemperano fino a diventare quasi accettabili. E le immagini dei cadaveri alla deriva, quelle che raccontano la disperazione e il dolore delle migliaia di uomini, donne e bambini che hanno preso d’assalto le nostre coste e le frontiere di tutta Europa, durano da tanto, troppo tempo. E’ una reazione umana, un meccanismo comprensibile che ci aiuta a confinare l’orrore in un angolo per isolarlo e proteggerci dal dolore che ci provoca. Questa tragedia di dimensioni epocali, che sta spingendo migliaia di persone ad accettare di affrontare la morte e violenze di ogni tipo, per se stessi e per i propri cari, per intraprendere viaggi su cui non vi è nessuna certezza, non è destinata però a terminare in tempi brevi e renderà difficile a noi occidentali riuscire a mettere la testa sotto la sabbia, continuare a far finta di nulla, specialmente a quei paesi che non sono raggiungibili direttamente dall’esodo. Troppa la disperazione che li spinge a fuggire, troppo il personale carico di orrore che si lasciano alle spalle perché questo esodo possa arrestarsi. Troppe le responsabilità e i secoli di sfruttamento di quei popoli, di quei territori e le ingerenze nelle politiche locali per mantenere situazioni di vantaggio economico perché noi occidentali ci si possa allontanare dalle nostre responsabilità, ora che un continente che abbiamo minato nel profondo deflagra da tutte le parti. Il pensiero di questo numero è dedicato a loro, agli ultimi che non hanno responsabilità alcuna della loro situazione e del loro destino e cercano salvezza rivolgendosi a noi, dall’altra parte di un mare che è nostro, ma anche loro.
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psicologia-pedagogia e adozione 6
di Monica Nobile pedagogista - counsellor
Genitori, diamoci da fare
Come tutti ormai sanno dal dicembre scorso sono state approvate le linee guida per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati. Si è trattato di un importantissimo traguardo poiché ora le famiglie possono avvalersi di un documento del Ministero che mette nero su bianco alcuni importantissimi contenuti rispetto alle attenzioni necessarie nei confronti delle famiglie e dei bambini adottati. Il 9 luglio 2015 poi, con la votazione definitiva sul DDL “La Buona Scuola” l’attuazione delle linee guida, è entrata definitivamente a far parte della nuova legge, portando per la prima volta la parola adozione all’interno di una riforma scolastica. Ciò significa che esiste ora la possibilità di non sentirsi più definire da insegnanti e dirigenti genitori
apprensivi, di non doversi più difendere davanti ad affermazioni quali ma tutti i bambini… ma ormai sono passati anni dall’adozione… Significa anche che per un bambino appena arrivato in adozione esiste un orientamento sull’inserimento scolastico, graduale e rispettoso delle sue specificità e che le famiglie non dovranno più combattere (speriamo) per iscrivere il proprio figlio in una classe non necessariamente corrispondente alla sua età anagrafica. In sintesi, le famiglie possono portare con sé, ai colloqui con i referenti scolastici, il testo delle linee guida e far valere alcuni fondamentali concetti che specificano e stabiliscono la speciale condizione degli alunni adottati, quelli appena arrivati, quelli già
da un po’ nella nuova famiglia, quelli adolescenti che spesso entrano in crisi. Le famiglie possono anche richiedere, sulla base di un testo di legge ufficiale, che nei passaggi da un grado di scuola all’altro, gli insegnanti si passino consegne e informazioni, affinché i bambini non perdano la loro storia e le famiglie non debbano ricominciare tutto da capo nel far conoscere le criticità e le attenzioni necessarie verso i loro figli. Molti chiedono se le linee guida sono una legge, a tutti gli effetti, da far valere con “la forza” se necessario. Credo sia importante spostarsi da questa ottica. Le linee guida sono un testo ufficiale emanato dal MIUR, ma per farle valere occorre la pazienza, il dialogo, l’impegno da parte delle famiglie ad organiz-
zarsi per farle valere. Non tanto come atto di forza calato dall’alto, ma come strumento per un dialogo che apra alla collaborazione e alla cooperazione educativa. E’ sempre stato così, nella scuola più che mai. Fatta la legge occorre far passare un messaggio, avviare un processo culturale, promuovere un movimento di idee e di sperimentazione. Con la passione e la determinazione più che con la forza. Perché se vogliamo che un insegnante faccia davvero riferimento ai contenuti proposti dalle linee guida, dobbiamo convincerlo, promuovendo prima di tutto l’informazione e la formazione. Le linee guida prevedono un insegnante referente per l’adozione e l’attivazione di percorsi formativi. Alcune scuole si sono già
mosse, spesso grazie alla presenza di insegnanti e dirigenti che sono anche genitori adottivi e quindi sensibili al tema. Alcune scuole promettono di prendere in considerazione le possibilità di incontri formativi, non sappiamo come e quando. Alcune scuole hanno totalmente ignorato la circolare ministeriale. Ora tocca a noi… Genitori, professionisti, insegnanti, tutti coloro che hanno a cuore il tema dell’adozione devono tirarsi su le maniche e intraprendere strade creative, costruttive, con impegno e determinazione. Concretamente cosa si può fare? Innanzitutto leggere bene il testo delle linee guida. Disponibile al link http:// www.istruzione.it/allegati/2014/Linee_di_indiriz-
zo_per_favorire_lo_studio_ dei_ragazzi_adottati.pdf Successivamente tentare di fare rete tra genitori per promuovere la formazione degli insegnanti. E’ molto importante spiegare che si tratta di un’opportunità per tutta la classe poiché la formazione che molti di noi professionisti propongono, riguarda il benessere di tutta la classe. In questo senso la presenza di un bambino adottato a scuola è un’opportunità, dà la possibilità di riflettere sui processi di insegnamento/apprendimento, sulle relazioni tra bambini, sulla gestione delle emozioni. E’ importante far passare il messaggio che non si sta chiedendo un investimento per uno o pochi bambini adottati ma che tutta la classe può godere di una buona formazione degli in-
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segnanti, della promozione di una sensibilità verso TUTTI i bambini, ognuno a loro modo speciale. Per questo è importante far rete con i genitori adottivi ma anche con tutti gli altri genitori, coinvolgendoli in progetti sul benessere a scuola. Occorre contattare i rappresentanti di classe e di istituto, ancor meglio farsi eleggere come rappresentanti. Chiedere udienza al collegio docenti e al dirigente. Aprire un dialogo con gli insegnanti più sensibili e aperti chiedendo che ci aiutino a fare da “apripista”. Puntare su alcune importanti precisazioni presenti nelle linee guida: q La formazione di tutto il personale scolastico è un aspetto imprescindibile per garantire il successo formativo degli alunni adottati q Le Istituzioni scolastiche, anche collegate in rete, potranno promuovere percorsi di formazione finalizzati allo sviluppo di competenze specifiche di carattere organizzativo, educativo e didattico del personale scolastico. Occorre inoltre sottolineare l’importanza di alcuni aspetti fondamentali relativi all’applicazione delle linee guida:
q Proporre percorsi formativi che offrano contributi teorici e pratici spendibili con tutto il gruppo classe, in un’ottica di inclusività e di superamento degli stereotipi e a favore di modelli e approcci finalizzati alla promozione del benessere a scuola. q L’attenzione ai temi dell’affido familiare e dell’adozione, parte dalla premessa di una buona accoglienza e integrazione di bambini speciali, ma è occasione per sviluppare un approccio finalizzato al benessere di tutti gli allievi q Ricordare che il dolore è un talento, chi lo ha vissuto può avere una marcia in più nella comprensione delle cose della vita, nella lettura dei fatti. Un bambino adottato a scuola è un’occasione preziosa, non uno svantaggio Ed ecco in sintesi cosa ognuno di noi è tenuto a fare per dare vita e gambe a questa importante legge: q leggere e stampare le linee guida q consegnarne una copia agli insegnanti del proprio figlio chiedendo venga portata in collegio docenti q consegnarne una copia al dirigente scolastico chiedendo di attivare i percorsi formativi previsti q consegnarne una copia ai rappresentanti di classe e istituto chiedendo venga
portata nelle riunioni di consiglio q fare rete con TUTTI i genitori per il benessere in classe dei figli: un bambino adottato in classe è un’ottima opportunità q fare gruppo con genitori e associazioni per portare la richiesta di applicazione delle linee guida q promuovere iniziative di finanziamento: mercatini, lotterie, ecc. Nei miei ormai 35 anni di lavoro con le scuole ho avuto spesso il privilegio di portare avanti con passione idee innovative e progetti sperimentali. So per certo che una legge non basta e che nessun progetto può essere avviato senza la convinzione, la passione e la volontà di chi ci crede. Non aspettiamoci quindi che qualcosa cada dall’alto, muoviamoci insieme e chi trova strade, chi ha idee, chi riesce a mettere in atto percorsi, informi tutti gli altri. In un movimento vitale di cui oggi più che mai c’è bisogno, a scuola e nella comunità, per gli allievi adottati, ma in generale per bambini e ragazzi che hanno bisogno di tutta la nostra intelligenza e creatività.
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giorno dopo giorno
di Valentina Cafiero
Diario di un’adozione - parte quarta 10
A José Enrique e Juan Camilo. Ed è a loro che mamma V. dedica questo diario di viaggio e di vita. Un tributo ai miei piccoli e desideratissimi uomini che meritano una parola scritta almeno per ogni loro giorno della nostra nuova vita insieme per fare memoria del loro passato, per custodirlo, accoglierlo e amarlo sempre perché è tutto questo che li rende speciali e soprattutto li rende figli nostri. 13 giugno Devo dire che è proprio da una giornata moscia come questa che si percepisce che stiamo diventando famiglia. Nonostante la vivacità, ognuno ha fatto le sue cose oggi. Loro desiderosi di casa e intimità l’hanno trascorsa tra letto, tv e disegno, io a fare lavatrici e cucinare dopo la corsetta mattutina e il papà a poltrire. Infine passeg-
giata insieme tutti al supermercato. Il ritmo è lento, a volte lentissimo e le giornate non passano mai, ma ci stiamo abituando a stare tutti insieme nella buona e nella cattiva sorte. Purtroppo la sentenza non è arrivata ancora, quindi toccherà rimanere qui fino a mercoledì - giovedì con questo lungo weekend davanti e vi assicuro che ci stiamo facendo tutti tanta forza per poter resistere a questo limbo. Domani programmiamo un’altra gita e abbiamo un giorno in meno da aspettare per iniziare la nostra vera vita. Tra gli altri episodi divertenti della vacanza… Tutti in spiaggia ci fermavano e li scambiavano per gemelli, ma Juan Camilo sempre pronto a mettere i puntini sulle i rispondeva sempre no gemelos no, solo hermanitos. Tornati a Pereira i due si prendono
i complimenti da tutti per quanto sono abbronzati e carini. E la mia di abbronzatura perché non la vede mai nessuno? Primo giorno prima di scendere in spiaggia…. Io giro in casa in costume con solo il pezzo di sotto José Enrique mi guarda e dice e no mamà indicandomi le tette, toca taparlas, asì no se puede. È un grande. E infine qualche nota sulle nostre selezioni musicali. Non conoscendo nulla di nulla abbiamo iniziato con l’inno Forza Napoli di Nino D’angelo, la tamburriata nera e poi i balli sudamericani tipo mueve la colita o asì vose me mata che dobbiamo cantare sempre rigorosamente per strada quando camminiamo. Mentre eravamo lì poi io facevo lo squalo a mare e gli cantavo se la llevó el tiburón (squalo sarebbe) e loro si ammazzano dalle
risate. Per finire un toco di romanticismo con besame, besame mucho che alla parte “porque tengo miedo perderte, perderte otra vez” adesso prevede anche una piroetta. Baci a tutti e tifate per la nostra resistenza 14 giugno Speriamo ultimo sabato a Pereira. A breve inizierò il conto alla rovescia. Per farci tutti forza e cercare di goderci al meglio questi giorni soli soletti senza farci prendere dalla depressione oggi altra gita: Finlandia. È stata davvero carina, tipo Salento, ma più curata e con un’atmosfera più allegra. Abbiamo fatto un ricco pranzo locale, questa volta sembrava anche più di qualità, sempre riso, fagioli, banana fritta e l’ottima zuppa di carne, verdura e yucca che mi piace tanto e l’immancabile succo. Siamo arriva-
ti poco prima della partita Colombia - Grecia ed erano tutti rintanati in casa e bar con le magliette addosso e bandiere ovunque. Le pesti ci hanno concesso il primo tempo in un bar dove abbiamo esultato al primo goal con tutti i presenti e poi il secondo tempo un po’ di sfuggita scroccando pipì varie nei bar, ma gli ultimi 20 minuti ho lasciato da solo il papà e io sono stata con loro nella piazzetta pittoresca dove hanno fatto amicizia con altri due bimbi. È stato allora che al terzo goal c’è stato un boato e mi sono vista tutto lo spettacolo della gente che esultava e si divertiva mentre i bimbi giocavano sotto i miei occhi e io mi sono commossa, mi ha fatto un effetto strano e ho pensato che questo mondiale non ce lo saremmo più dimenticati tutti quanti. Vedere tutta la gente che esulta-
va mi sembrava di ottimo auspicio per la Colombia e la mia nuova famiglia. Anche a raccontarlo mi viene il freddo addosso. Diciamo che sono rientrata di nuovo nella fase della paura nel senso che ho una voglia matta di tornare, ma allo stesso tempo lasciare questo posto so bene che significherà lasciare una parte di noi qua e perdere quello strano equilibrio che in fondo tutti noi abbiamo trovato. Abbiamo adottato? Siamo stati adottati noi? Devo dire che il confine è davvero molto difficile da stabilire. Come eventi salienti della giornata abbiamo un dentino in fase di caduta. José Enrique non sta nella pelle. Aspetta la “hada de los dientes” manco fosse babbo natale. Viene ogni cinque minuti e mi fa vedere che quasi ci siamo. Si sente un uomo quasi dovesse
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partire per il militare. Mi fa tanta tenerezza pensare che ho un figlio a cui già cadono i denti, ma che lo amo come se li stesse ancora mettendo. Tra le altre cose oggi mi ha richiesto delle sorelline, in particolare se loro sono già in Italia. Io gli ho detto che appena andiamo in Italia le chiamiamo e lui mi ha detto no mamma io voglio vederle. Non potete capire come sono felice di questa cosa e che possa avere un contatto con loro. Intanto Juan Camilo inizia a mettersi a dispettucci tipo che se non diamo anche a lui il coltello a tavola poi non mangia, che se non diamo a lui i soldi per pagare al ristorante rompe, mentre José Enrique si gongola e cerca di fare il primo della classe. Ma diciamo che rientra tutto nel giro di 5 minuti con baci e abbracci.
Intanto è in cottura il pezzo di carne per il pranzo domenicale di Pereira. Vottà a passà. Baci 15 giugno Speriamo ultima domenica a Pereira… ma una giornata da non dimenticare. L’evento della giornata è stata la caduta del primo dentino di José Enrique. Era felice come una Pasqua. Abbiamo conservato, spazzolato e messo da parte la reliquia preziosa che è diventata presto oggetto di contese e gelosie. Io stamattina sono andata a correre e ho “demorato” un pochino e l’ho trovato già alzato che aveva apparecchiato per la colazione e mi è saltato addosso per farmi vedere la finestrella. Devo dire che mi sono commossa pure io, non tanto per il dente, ma senza fare polemiche se non me la preparo io la colazione con il cavolo che qual-
cuno ci pensa. Poi di sua iniziativa è andato anche a fare i letti e si è vestito a fighetto per la grande giornata. Il problema è che Juan Camilo non accetta ovviamente di poter avere una cosa in meno a lui anche se si tratta di un guaio o una malattia. Dagli una medicina e lo fai felice. Infatti ha sofferto di gelosia tutta la giornata. Vi dico solo che oggi pomeriggio si è addormentato vicino a me e visto che prima di pranzo era urtato un po’ vicino alla porta si è svegliato fingendo un braccio paralizzato. Io e il papà ci siamo anche preoccupati, poi quando è comparsa l’ananas sbucciata d’incanto il dolore è sparito. Passeggiata, corse e sfrenamento e prima della doccia serale non mi posso fare la doccia mamma, ho un dolore al braccio, attenta quando mi togli la maglietta. Poi il
dentino è sparito improvvisamente perché il monello lo ha trafugato. È stato capace di mangiare tutta la cena con la sinistra e di accelerare solo negli ultimi bocconi per non perdersi il gelato. Mamma mia, questi ci ciucciano proprio il sangue!!! Fatemi tradurre 5000 parole al giorno è più facile. Non si perdono nulla. Io stamattina visto che ho superato il mese di permanenza in Colombia mi sono dovuta fare la tinta. Chiaramente nessuno a farsi i fatti propri e ognuno a dire la sua. Sì anche mama Helena se la faceva. Ah mamma a me piacciono neri. A un certo punto Juan si è presentato in bagno con uno sgabello e io ho detto no Juan non mi serve e lui no mamma io devo guardare bene. Il grande fratello è praticamente zero al confronto. Per non parlare dell’inventario che
fanno per casa della spesa. Mamma, ricordati di comprare i cereali, mamma domani più pane, quello di oggi è già finito. Mamma di carta igienica ne abbiamo solo una. Mamma piove togli i panni da fuori. Sono due maschi che valgono più di una suocera. Giusto per rendervi ancora meglio l’idea della cosa, vi dico che anche andare in bagno fuori casa è un evento. Devo dire che ho fatto un ottimo terrorismo sullo sporco, le malattie e ispirandomi alla favola di Aladino (letta anche 100 volte al giorno) che quando entra nella grotta la tigre dice “aqui no se toca nada excepto la lámpara” riesco a seminare un discreto panico. Chiaramente qualcuno ci guarda male quando José Enrique grida al fratello Juan aqui está sucio no toques nada e il povero proprietario del locale
si prende pure collera. Da bravi bimbi non toccano, prendono la carta per alzare la tavoletta, ma poi mi cadono ancora sui pantaloni abbassati sul pavimento, nella mano nel lavandino per schizzare, a chi scarica prima e struscia tutto il muro, insomma si lotta contro i mulini a vento. Tanto sono sicura che i batteri scappano di sicuro. Il papà intanto per spronarli a comportarsi bene e ad aggiudicarsi premi, ha creato un concorso a premi: Niño del día e niño de la noche per chi si comporta meglio e alla fine della giornata c’è il verdetto con rullo di tamburi. Yo soy yo, no yoooo. Oggi ha anche telefonato alla “hada de los dientes” per chiedere se veniva e cosa doveva fare per aggiudicarsi il premio. Juan Camilo fa, wow non ci posso credere hai il numero di telefono!!!
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Che dite la stiamo perdendo la testa? A domani 16 giugno Altra data importante, oggi è arrivata finalmente la notizia che aspettavamo: la sentenza è pronta. Domani il papy va in tribunale a firmarla per poterla portare a Bogotà con noi e finire le ultime carte. Eravamo in autobus per andare a questo famoso parco del cafè di Armenia ed è arrivata la notizia. Il papà è rimasto senza parole, io una volta entrati nel parco siamo entrati nel teatro per vedere lo spettacolo e mentre le due cozzette si azzeccavano a me perché avevano paura quando spegnevano le luci dello spettacolo io piangevo pensando all’ufficialità della cosa. La mia gestazione è stata lunga, molti sanno quante ne abbiamo passate e i momenti bui, ma penso che questa sterilità sia stata un dono per la nostra vita. Questo percorso mi ha dato la possibilità di conoscere tanti cari amici che adesso sono dei pezzi delle nostra vita, ma mi ha fatto arrivare a queste due magnifiche “joyas preciosas” come li chiamo io. Non saremo mai dei genitori perfetti e siamo solo all’inizio e chissà quante ce ne aspettano, ma siamo felici di averli con noi e che siano parte
di noi. Pensando a tutti gli iter e i discorsi sul bambino ideale e immaginato e quello reale, posso dire che è stata un’esperienza bellissima decostruire il concetto di “pancia” e abbandonarci a questo amore che alla fine sembra più naturale e forte di qualsiasi altra cosa. Vabbé oramai è miele puro qua, basta così torno in me. Intanto continuate tutti a tifare perché dopo la firma della sentenza l’avvocato dovrà andare a Balboa, il paese di nascita dei bimbi per ritirare l’estratto di nascita originale, quindi non sappiamo ancora esattamente quando partiamo per Bogotà. Baciiiiiiii 17 giugno È il caso di iniziare il conto alla rovescia, - 10 anche perché gli scleri aumentano e non se ne può più. Stasera abbiamo iniziato a preparare le valigie per Bogotà, ma di fatto sapremo se si parte solo domani in mattinata. I tempi e l’organizzazione colombiani sono molto più che last minute e questo mi fa andare in bestia. Di fatto se non è domani sarà venerdì perché l’appartamento da sabato è fittato e quindi dobbiamo sloggiare. Mi sembra assurdo che qualcuno possa prendere il nostro posto in
questa casa dove sembra che viviamo da un’eternità e dove è nata la nostra famiglia. Un altro aspetto sul quale io e Raffaele riflettevamo oggi che ci fa stringere un po’ il cuore è l’idea dello sradicamento. Ogni volta che per strada vedono un chivas (classico bus colombiano) loro dicono chivas, quando vedono le empanadas per strada dicono me encantan. E anche se entreranno nuove cose a far parte della loro vita, queste cose tra poco non ci saranno più. È probabile che tra poco sparirà anche la loro mama Helena che continua a farci compagnia dopo la pausa di San Andrés soprattutto con Juan Camilo che la nomina sempre. Quando camminiamo per il centro mi dicono venivamo qua, facevamo questo ecc. Penso che queste persone facciano parte della nostra vita e io ascolto sempre con interesse quando mi raccontano le cose che dicono di questa famiglia. Per il resto le giornate in casa sono sempre faticose da gestire. Se si esce si rompono di camminare e dicono di chiamare un taxi, ma per tornare a casa a fare che? Noi dobbiamo far passare il tempo. Impegnarli tutti e due in attività senza farli litigare è altrettanto faticoso e que-
sto ci fa desiderare sempre più una vita definitiva. Si perdono e si rompono i giochi, si salta, si corre, si chiama in continuazione e 24/24 a volte ti fa saltare i nervi, poi li metti a letto che si addormentano e all’improvviso faccia da angioletti. Le sceneggiate non mancano. Tra gli altri episodi di guasti tecnici abbiamo avuto la lavatrice ieri che improvvisamente ha fatto un rumore assurdo e loro sono saltati dal letto e volevano da me una spiegazione tecnica scientifica della cosa e poi siamo passati alle varie origini del rumore. Mamà yo penso que fue eso, mamà no yo pienso que… E poi tipo cavalluccio rosso, mamma io stavo da solo in camera, e che paura quel rumore a ripetizione senza fine. Poi abbiamo avuto il freezer
che si scongelava e perdeva acqua. Mamma è stato Juan Camilo, no mamma adesso bisogna asciugare il pavimento con te che passi la pezza e loro con i piedi che finiscono proprio dove è bagnato. E poi sempre ah mi hai comprato la maglietta della Colombia e perché tu non te la compri? Ah ti vai a fare la doccia? E perché adesso e non più tardi? Hai fatto cacca? Ah sì fammi controllare bene che non sia pipì. Notte a tutti, pronti a salutare Pereira. 19 giugno Già... la memoria. Come disse Vania all’inizio di questo viaggio, come è strano il destino di questi bimbi, nascere in Colombia per divenire in Italia. Riflettevo su questo ieri sera quando camminavamo su di un ponte che abbiamo fatto mille volte in
questi giorni e che forse i miei bimbi non attraverseranno più. Il ponte simbolo di passaggio, transizione verso un nuovo posto da dove forse non torneranno più indietro. Lasceremo tra qualche giorno la Colombia e qui abbandoneremo un pezzetto della nostra nuova vita. Non riesco a descrivere le sensazioni che stiamo provando io e Valentina, siamo felici ma anche nostalgici, tristi, emozionati, straniti perché andiamo via da un luogo dove abbiamo trovato i nostri amori, le nostre gioie, dove abbiamo sentito tanta umanità intorno a noi. Amenità dei luoghi e delle persone incontrate per strada, nei negozi, negli autobus. Tutti ci guardavano con sorriso e ammirazione perché avevamo loro, qualcuno capiva cosa stavamo facendo,
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altri chiedevano chi erano quei bimbi, quel pezzetto di Colombia che porteremo sempre con noi finché il destino lo vorrà. Il papà 20 giugno Siamo a Gogotà (come dicono le pesti) da ieri notte. È successo tutto molto velocemente. Ieri giornata speciale. Partita della Colombia e decidiamo di vederla in piazza con addosso le magliette della Colombia. Io ho iniziato a piangere dalla mattina perché questi sono esagerati e non potete capire che cosa combinano. È un entusiasmo travolgente e mi sembrava quasi quasi volessero salutarci per farci finire in bellezza la nostra permanenza qui. Poi chiama l’avvocato che mi dice che le carte sono pronte, ci incontriamo in piazza per darmi i documenti e mi dice pure ma dove vi siete
venuti a mettere? Orami siete proprio diventati locali. Mi abbraccia forte e dopo poco chiama la referente per dirci di partire stesso la sera. Corsa a casa per le valigie con tanto entusiasmo, ma vi assicuro che è stato dolorosissimo. Abbiamo raccolto le poche cose con le quali sono arrivati i bimbi: i pochi giocattolini vecchi e datati, le loro camicette a quadri e i loro jeansini e due zainetti minuscoli che racchiudevano tutto ciò che avevano e buttato via l’ultimo pannolino di Juan Camilo che non si è mai bagnato da quando sta con noi. Insieme lo abbiamo salutato e buttato via e io ripensavo alla prima sera quando José Enrique mi ricordava di metterlo al fratello altrimenti si orinava. I disegni fatti insieme appesi al muro, le palle regalate il primo giorno lasciate in
terrazza e il nostro cuore là dentro. E poi le guardie del palazzo, l’ultima passeggiata sul ponte che abbiamo attraversato tante volte e loro che inconsapevoli salutano la loro città affidati a noi senza sapere che era un addio. Io e Raffaele eravamo veramente tanto provati emotivamente nonostante fossimo felicissimi di chiudere questo capitolo e siamo ancora molto scossi, per la stanchezza, per il nuovo adattamento e perché adesso ci sembra di sentirci ancora più responsabili del passo che abbiamo fatto e questo a volte si trasforma in nervosismi di vario genere, ma in realtà è solo uno scarico emotivo di tutte queste cose messe insieme. Tra l’altro ieri è stata una giornata da incubo. Siamo partiti alle 10 di sera già con livelli di eccitazione oltre ogni limite. Le valigie: la porto io, no la
porti tu. Metto questo, no quello. Questa è mia, e la tua? E i disegni? E i giocattoli? L’uomo ragno in mano però devo spingerla io. In aeroporto: porqué se demora? Il nastro divisorio, lo tiro, lo piego, lo allargo, lo stringo fin quando non parte e si stacca. In aero: mi siedo vicino al finestrino, no il corridoio, no mamma, no papà, avanti, indietro. Juan Camilo per la seconda volta minaccia di farsela addosso come sul volo per San Andrés in fase di atterraggio e la hostess ci fa la grazia, va in bagno e non fa nulla. Perché? Perché tieni le corna!!! È il suo gioco preferito a livello di Gardaland è lo scarico del bagno dell’aereo. Poi riprendi le valigie, io, tu, mamma, no con mamma, no con papà, no io avanti. Intanto ho sete, beviamocela, no conserviamola per dopo, poi pipì. Ci viene a
prendere il collaboratore dell’ente del primo giorno e chi è questo? E come lo conosci? E dove ci porta? E dorme con noi? Arrivo in albergo, corsa a chi preme il pulsante dell’ascensore. Loro continuano a premere il 3 della calle 14, ma no è il 6 adesso e non ci arrivi è troppo alto, no mi metto sulle punte. Arrivo in casa 1 di notte e mamma senza più forze e un mal di testa epocale dice bimbi adesso tutti subito a dormire è tardissimo e Juan Camilo no, mamma Helena ci faceva sempre vedere i cartoni prima di dormire. Mo ti spedisco con un calcio nel sedere subito da mamma Helena se non ti addormenti!!! (tranquilli non l’ho detto, ma l’ho pensato) Stamattina risveglio prima delle 8. Che dite il sopprimiamo? Nuovo adattamento, una casa comoda e carina, ma
con atmosfera alberghiera freddina, giriamo per la struttura e spesso ci perdiamo anche noi perché è tutto molto grande. Il centro commerciale di fronte è un’immensità. Siamo andati per fare la spesa ma ce ne siamo usciti subito perché era impossibile con loro a vagare in quei reparti che richiedevano ore. Poi che facciamo? Dove siamo? Andiamo in giro con lo scagnozzo della referente proviamo solo noi per la città? Diciamo che ce la siamo presa comoda oggi e domani ci pensiamo e intanto una settimana ancora davanti, una sola, ma grande come una montagna da scalare. Il freddo, sembra di essere in ottobre inoltrato e vederli sentire freddo mi fa sentire male. Immaginate a non aver mai messo un giubbino addosso in vita vostra? Dicono continuamente che
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hanno freddo e per fortuna avevo qualcosa di pesante, ma domani dovrò correre ai ripari. Ci sentiamo un po’ spaesati e anche soli in questa città caotica ed enorme con noi che abbiamo solo loro e loro che dipendono totalmente da noi. Poi incontro con la referente e altre coppie e José Enrique riinizia a fare lo scemo. Di nuovo fase regressiva? Parla come un bebè e invece di rispondere alle domande ride come uno scemo. Lo dobbiamo sgridare? Raffaele dice
che lo faceva perché gli piaceva la bimba. Non lo gratifichiamo abbastanza? E perché di nuovo si è attaccato al papà di questa bimba? Di nuovo un passo indietro. Vabbè sapevamo che lo avrebbe rifatto. Ma siamo fortunatissimi, non fortunati. L’altra coppia con due gemellini di 4 anni oggi è andata dal neurologo, il bimbo ha disturbi del linguaggio e loro sono molto preoccupati. In fondo che vuoi che siano le stranezze di José Enrique al confronto? E poi oltre i
genitori dei gemellini anche un’altra sorellina di 8 anni anche lei affidata a un’altra famiglia. Quindi erano 3 e a noi 5. Tanti bambini, tante speranze, legami che si creano e altri che si spezzano o che non ci sono mai stati. Il mondo è sempre andato avanti così e noi non lo sapevamo o stiamo scoprendo noi qualcosa di nuovo? Bogotà, Pereira, Napoli, Trento, Livorno, Bari, qua non si capisce più niente, siamo tutti lontani, ma così vicini. Notte a tutti
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leggendo Marina Zulian responsabile della BibliotecaRagazzi di BarchettaBlu
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Direttamente dalla Biblioteca Ragazzi Barchetta Blu di Venezia 20
6. Questo mese: Avventura
In un paese che ha perduto le parole per raccontare, un Saltimbanco e un’oca decidono di riportarle tra gli abitanti. Molto tempo prima, quando i pesci volavano e le rape crescevano sugli alberi, le storie se ne andavano a spasso portate dal vento. Tutti erano affascinati dalle parole che si intrecciavano e raccontavano storie. Le parole erano importanti perché portavano i ricordi e le storie da una generazione all’altra. Anche nella piazza del
paese la vita era cambiata e senza le parole non c’erano neanche le persone a raccontarsi le storie e a condividere vissuti di posti lontani o di accadimenti della giornata. Il paese era quindi abitato da persone sole e mute, incapaci di stringere relazioni e immerse in una vita arida. I due protagonisti, in una fresca sera d’estate, iniziarono a girare per le strade con degli strani cartelli. Ognuno aveva una scritta diversa:”bicicletta, so fare, paura …” Le parole si infilavano piano piano nella memoria dei passanti che ricominciarono a parlare e ad ascoltare. Così, di ricordo in ricordo, di racconto in racconto, arrivarono altre parole e altre storie. I cartelli del saltimbanco erano proprio come dei fiammiferi che riaccendevano la memoria. A ritrovar le storie è l’ele-
gante albo illustrato, selezionato nella terna dei finalisti del premio Andersen 2015 come miglior libro dai 6 ai 9 anni, che riesce a creare una atmosfera suggestiva e anche onirica. Il mondo arido e grigio del paese senza parole viene gradualmente sostituito. Con questo poetico albo si vuole fare un vero e proprio invito a non dimenticare le storie del passato, a come nascono e a come si mescolano diventando storie nuove. Storie di persone e di rapporti pieni di emozioni. Particolarmente belle le immagini di Daniela Iride Murgia che in modo surreale oltrepassano le normali collocazioni e dimensioni delle cose e delle persone con degli accostamenti fantasiosi. Insieme all’albo illustrato c’è un artistico Gioco dell’oca che sembra simile
regna un silenzio troppo grande e che i suoi amici topi, i suoi simili, sono spariti. La vita fino ad allora era stata bella e comoda ma improvvisamente erano comparsi dappertutto degli strani aggeggi meccanici e il mondo degli uomini era diventato pericoloso. Erano delle vere e proprie trappole. L’avventura del piccolo topo inizia tra rumori di fogli e squittii ma ben presto assume un colorazione cupa e preoccupante. La metafora con la situazione della Germania del 1912 è lampante. Le trappole per i topi fanno subito pensare alle difficoltà che gli uomini devono affrontare. Il coraggio e l’intelligenza del piccolo Lindbergh però, lascia viva la speranza in un mondo migliore. Tutti i topi sono scappati in America, ma ora per lui è troppo tardi perché i gatti sorvegliano tutti i porti e le stazioni. Il protagonista rischia la vita e si nasconde nelle fogne. Ma In Lindbergh il protagoni- anche qui non è al sicuro. sta è un topolino curioso e In ogni pagina si affaccia il amante delle storie; vaga topolino pieno di paura ma inarrestabile nelle biblio- deciso ad andare avanti e teche degli uomini, sfo- a non scoraggiarsi. Progliando polverose pagine prio dalle spettrali creature con possenti ali nere di libri. Un giorno, dopo esser re- incontrate nel sottosuolo, stato mesi e mesi nascosto al topolino viene una idea a leggere, si accorge che folgorante: doveva riuscia quello tradizionale ma che in realtà prevede delle penitenze originali. Ad ogni casella bisogna rispondere, ricordare e raccontare, secondo il modello descritto nel libro. I bambini possono così provare da protagonisti come le parole e i ricordi possano essere magici. Alla casella 4 “Paura” si deve raccontare dell’ultima volta che si ha avuto paura o se si conosce una formula scaccia paura. Alla casella 21 “Sorpresa” bisogna raccontare quando abbiamo fatto una sorpresa. Alla casella 23 “Marachella” bisogna dire se si ha mai fatto una marachella … e chi non racconta resta fermo un turno!
re assolutamente a volare anche lui dall’altra parte dell’oceano. Vuole costruire un mezzo che lo faccia volare. I disegni di Leonardo lo ispirano per progettare e calcolare. Vecchi ingranaggi di orologi, viti, scatolette, lacci di scarpe, rotelle e biglie lo aiutano a realizzare il suo prototipo. Creare un marchingegno volante si rivelò davvero complicato e per molte settimane il geniale topolino apportò modifiche al suo progetto. A poco a poco una vera macchina volante prese forma tra mucchi di cianfrusaglie di ogni genere e specie. Il minuscolo inventore era fiducioso come mai. Quanta energia ci trasmette il protagonista! Quanta voglia di non mollare davanti alle difficoltà insegna a grandi e piccini questa potente avventura! In questo albo illustrato si alternano tavole drammatiche e divertenti. Quando nonostante il temporale Lindbergh si lancia verso il campanile con il suo velivolo, siamo tutti con lui. Come i genitori con i bambini che camminano, cadono e si rialzano, tutti i lettori sono travolti dalla sua determinazione e dalla sua energia positiva. Volare aldilà dell’oceano rappresenta la possibilità che tutti noi abbiamo di volare in un’altra realtà, Di sognare, progettare e rea-
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lizzare un mondo migliore rispetto a quello in cui si vive. I tentativi falliti non mancano, ma di arrendersi non se ne parla nemmeno! La casa editrice Orecchio Acerbo pubblica ancora una volta un caldo e intenso albo illustrato che, anche se consigliato dai 7 anni, è splendido e avvolgente anche per ragazzi e adulti. Una storia in equilibrio tra realtà e sogni, speranze e disillusioni, frustrazioni e conquiste.
Sempre edito da Orecchio Acerbo, Piccolo Elefante cresce è il libro vincitore del Premio Andersen 2015 nella categoria 0/6 anni. Questo piccolo albo illustrato riesce, con semplici parole e raffinate immagini, a mettere in evidenza come i bambini siano capaci di trasformare ogni istante in una esperienza unica e irripetibile; come i bambini, con le loro infinite risorse, riescano a vincere paure e difficoltà. Il racconto inizia in cucina
mentre Piccolo Elefante suo letto, tirandosi le coperte fin sopra la testa. sta cenando. Piccolo Elefante ricorda Ebbene si! Il viaggio di Piccolo Elefante era inaspetalla sua mamma: tatamente diretto proprio nel suo letto! Per la prima Stanotte è la notte della volta aveva deciso di andamia avventura. re a dormire da solo. Sto per andarmene per Quella notte affronterà conto mio, tutto solo. l’oscurità della sua stanOh si lo so. Non za e vincerà le sue paure. dimenticherei mai una Il protagonista è deciso a cosa simile (risponde la confrontarsi con le ombre mamma) e a vincere la sfida con se Da questo momento ogni stesso. Come si vede in cocosa che Piccolo Elefante pertina, Piccolo Elefante fa assume un altro sapore si è preparato bene con il e ogni gesto diventa im- mantello dello zio, il capportante: mangiare il dol- pello a cilindro del nonce speciale preparato dalla no, le scarpe del papà e il mamma, darle un bacio, prezioso cibo della mampreparare accuratamente ma. Porta con se anche tutto ciò che può servire, una spada, una lanterna salutare tutte le persone e l’inseparabile orsacchiotche gli vogliono bene e to. Quella notte sarà “una prima volta” come tante ce persino lavarsi i denti. In previsione del viaggio, ne saranno nella sua vita. Piccolo Elefante sta atten- Riuscendo in questa, sarà determinato a riuscire anto a tutti i particolari. Ma dove sarà diretto in che nelle altre sfide che la questa misteriosa avven- vita gli metterà davanti. tura? Solo nelle ultime pagine viene svelato l’arcano. Bene. Ora vado per conto mio. Tutto solo. E con la sua lanterna e la sua spada sguainata attraversò coraggiosamente la grande sala. Svoltò coraggiosamente in camera sua e saltò coraggiosamente … nel
Anche nell’albo illustrato per bambini più piccoli Piccolo Orso scopre l’aurora si racconta dell’avven-
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così. Un giorno Lupa Gentile li invitò a non nascondersi, a partire per scoprire il mondo e li guidò oltre il ponte, al Bosco del Sole. Proprio là, dove sorge l’aurora, Piccolo Orso scoprì che il suo cuore è luminoso come il sole e che la vita vale la pena di essere vissuta. Piccolo orso aveva anche Come scritto anche alla un papà. fine del libro, la storia di Quando papà orso si Piccolo Orso ci fa percorrearrabbiava aveva tuoni re un viaggio dentro il connella voce e lampi negli flitto e ci fa vedere come occhi: un vero temporale. l’esperienza traumatica Spesso Mamma Orsa della violenza possa troe Piccolo Orso avevano vare uno spazio di ascolto paura di lui. e di accoglienza in cui sia Allora Piccolo Orso si possibile scoprire i colori rifugiava sotto l’ombrello. dell’aurora. Anche in quePiccolo Orso era triste e si sto caso leggere la favola e sentiva solo; quando aveva giocare con i suoi protagopaura si nascondeva sotto nisti, fornisce l’opportunil’ombrello e si sentiva invi- tà di vivere una esperienza sibile. Ma a lungo andare condivisa tra grandi e picnon gli piaceva più sentirsi cini. tura di un orso che deve oltrepassare il Ponte Sospeso e superare le proprie paure. Vuole raggiungere l’arcobaleno perché piove troppo forte nella Foresta Buia dove abita con la sua mamma. Piccolo Orso aveva un ombrello …
Bibliografia delle Novità dalla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna 2015 Avventura A ritrovar le storie. A. Gozzi, M.Morini, D.I.Murgia, Edizione Corsare, 2014 Lindbergh. T. Kuhlmann, Orecchio Acerbo, 2014 Booktrailer http://www. orecchioacerbo.com/editore/index.php?option=com_ oa&vista=booktrailer&bt= 3s4YFzRhO_s&t=Lindber gh&Itemid=72 Piccolo Elefante cresce. S. Joslin, L.Weisgard, Orecchio Acerbo, 2014 Piccolo orso scopre l’aurora. E. Nava, P. Giordo, S. Junakovic, 2015
leggendo
Un’altra immagine di me Prefazione di Anna Guerrieri 24
E’ in arrivo “Un’altra immagine di me”, il nuovo libro della collana dell’associazione. Vi proponiamo di seguito la prefazione a cura di Anna Guerrieri. In questo libro passiamo attraverso degli incontri, di storia in storia e di voce in voce accompagnati dalla narrazione dell’autrice. Il tema è quello del divenire genitori, le voci quelle di tante persone adottate. Voci che è nostro privilegio ascoltare grazie al contatto che l’autrice ha saputo creare con i protagonisti. E’ attraverso questo contatto, questa capacità e voglia di ascolto, che è nata la possibilità delle persone intervistate di narrarsi e quindi di darsi a noi lettori. In questo modo ci viene permesso di far parte di una riflessione sul senso del diventare padri e madri quando si è diventati
figli per adozione. Concepire un figlio, dare alla luce un figlio, adottare un figlio significa sempre misurarsi con se stessi e la propria storia di figli, scommessa sul futuro che richiama e rievoca quello che sta alle nostre spalle, il nostro passato. «Sai, un figlio ti svela, sia nei tuoi momenti peggiori, sia nelle tue risorse e la mia prima figlia in questo è stata una grande maestra. Nel momento in cui ho partorito mia figlia mi sono vista madre, di quella creatura partorita, ma allo stesso tempo mi sono rivista figlia, seppur non abbia nessun ricordo della mia nascita». Da padri e madri scopriamo in noi stessi le madri e i padri che ci hanno dato alla luce e cresciuto ed è proprio grazie ai loro ricordi e alle loro parole che possiamo “pensare” la nostra
nascita. Possiamo immaginare di sapere grazie alle loro parole e alle “storie” di famiglia, ma se le loro parole mancano, se loro mancano, cosa sappiamo di noi e della nostra nascita? Viaggiamo senza mappe, in un territorio inesplorato, “uncharted”? Forse, allora, i figli che ci nascono possono anche diventare delle luci-guida (come sovente i figli diventano per le strade della vita). «La mia prima figlia somiglia molto a me, è la prima nella quale mi sono ritrovata e mi ritrovo tutt’oggi fisicamente e quindi anche quel desiderio di riconoscere dei tratti familiari, che non trovavo, hanno avuto compimento con la sua nascita. Quando guardo lei, rivedo me, è come se fosse, per certi versi, un’altra me e questo ha avuto i suoi pro e i suoi contro» Diventando genitori ci mi-
Greta Bellando Un’altra immagine di me
Un’altra immagine di me
Edizioni ETS
qF &✐ %✐q F q F % ✐ ✐ [ q & F % ✐ q Adulti adottati oggi genitori: un percorso di narrazione
Genitori si diventa | 12
Edizioni ETS
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suriamo con quello che i nostri genitori ci hanno raccontato delle loro attese, del nostro concepimento, di come siamo nati. Se, tuttavia, con noi non sono rimasti, se mancano, se la nostra storia di famiglia inizia con altri e altrove, cosa teniamo allora dentro di noi? E come lo ricostruiamo? Il nostro corpo probabilmente ha in se i primi ricordi tattili e corporei, le prime sensazioni ma la nostra mente razionale può solo viaggiare attraverso il bosco dei messaggi che il corpo ci manda immaginando codici di decrittazioni che ci lasciano sempre un certo sapore incerto. Da genitori in divenire, immaginiamo i nostri figli prima ancora di averli e incontrarli, ne immaginiamo il corpo e i tratti e ce li figuriamo nel futuro. Da madri e padri adottivi facciamo i conti con cosa significhi fare tutto questo senza il nostro corpo che si trasforma, senza poter immaginare somiglianze, senza potersele inventare in alcun modo, senza sapere cosa ci aspetta. Eppure immaginiamo, eppure sogniamo creando nella nostra mente quello spazio che ci permetterà di accogliere il bambino e la bambina che incontreremo e che dovremo portarci dentro e fare nostri. E questo
spazio è denso di pensieri su se stessi e su chi siamo e chi siamo stati e chi saremo. Diventare genitori mette in discussione e fa fare i conti con noi stessi e con chi ci ha generato e chi ci ha cresciuto. Ciò che incontriamo in questo libro è, dunque, un pensiero complesso sul proprio passato e sui propri figli, un pensiero che si misura con la propria storia e con quello che si sa di essa. In attesa di un figlio il pensiero inevitabilmente corre ai propri genitori ed in questo caso ai genitori di origine come a quelli adottivi. Il figlio che nascerà assomiglierà anche ai genitori di origine e porterà con se una parte di storia passata sovente sconosciuta. Il figlio che nascerà “assomiglierà”, diventerà “radici proiettate in avanti”, qualcuno in cui rispecchiarsi e intravedere in carne e sangue una storia che non si è vissuta, o non si può razionalmente compiutamente ricordare. Incontriamo, nelle pagine che seguono, riflessioni sulla propria madre di origine, pensieri, percezioni, di quello che può essere stato per loro una gravidanza nel contesto che poi ha portato a lasciare i figli, sulla loro situazione di donne, sulle loro scelte e sulle loro “non scelte”.
«Il pensiero che lei fosse stata da sola ad affrontare queste cose mi sembrava incredibile. Se penso che poi fosse in un contesto più difficile del nostro; io provo molta tenerezza per lei, perché adesso ho in mente cosa una donna può provare durante una gravidanza, quindi ho avuto la sensazione di averla molto vicina». «Io ho memoria di nostra madre, quella di nascita, certo non ho un ricordo visivo del suo volto, ero troppo piccola, ma ricordo il suo essere affettiva nei nostri confronti, era dolce e premurosa, all’inizio questo mi è mancato e ne soffrivo» Incontriamo riflessioni e racconti sulle proprie madri adottive, madri che spesso si misurano una volta di più con la propria infertilità e con la complessità del non poter trasmettere alle figlie l’esperienza di un parto che non hanno avuto o di un figlio neonato che non hanno cullato e accudito, madri “accanto” e madri di nuovo fertili attraverso la maternità delle figlie e la paternità dei figli. «Con la mia mamma adottiva ho condiviso molto; seppur lei non avesse vissuto una gravidanza, era mamma ed è oggi l’esem-
pio da seguire; ho provato molta tenerezza quando mio figlio è nato e lei mi chiedeva di insegnarle a mettere i pannolini perché lei non lo sapeva, oppure le pappe e quindi alle volte ci rivolgevamo a mia nonna, che lei sapeva più di noi perché lo aveva fatto e questo legame a tre ci ha unito tantissimo e poi io e mia mamma eravamo complici». «La mia genitorialità mi ha portata molto ad avvicinarmi a nostra madre, abbiamo un po’ colmato quella mancanza che avevo percepito sino a quel momento e siamo diventate complici, confrontandoci, chiedendole consigli, e adesso stiamo recuperando quell’affetto che magari inizialmente faceva fatica a venir fuori, anche se so che c’era» «Alla fine quando abbiamo ricevuto il decreto di idoneità, un pomeriggio mia
mamma è venuta a trovarci con tutti i documenti che conservavano della nostra adozione e ci ha fatto leggere la relazione degli psicologi; a me ha fatto molto piacere condividere una cosa così privata. In quel momento ci siamo capite realmente, al contrario della gravidanza, a cui lei non era preparata, infatti non sapeva nemmeno da che parte prendere il bambino appena nato» Incontriamo pensieri su di se e sul significato della propria storia quando si diventa genitori attraverso l’adozione. «Attraverso i miei figli io ho dovuto rivivere parte della mia storia ma questo non l’ho vissuto come una difficoltà ma come un vantaggio, nel senso che mi sono resa conto che tutto il lavoro che io avevo fatto in tutti questi anni su di me aveva funzionato; io ho rivisto tutti i flash della mia
storia e ciò è stato positivo perché mi ha dato delle risorse, perché io posso cercare di adattare le mie soluzioni, non per risolvere i loro problemi, ma per cercare di dar loro degli input per trovare le soluzioni più idonee al loro problema». Non sono ancora molti i testi che permettono di fare un viaggio come quello che compare in queste pagine. Si tratta di un’assenza che era importante cominciare a riempire e questo libro lo fa con grande semplicità e umiltà attraverso le voci dei protagonisti, le donne e gli uomini adottati che nel diventare genitori ci donano una parte di se, della propria identità, del proprio pensiero sulla propria storia, del senso di appartenenza e somiglianza e di cosa significhi essere genitori e figli.
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sociale e legale
di Berta Martin Beltran
La situazione delle adozioni in Mali
Riflessioni e analisi di una madre adottiva dal Mali fortemente impegnata a favore delle adozioni nel paese di origine del proprio figlio 28
Le adozioni in Mali sono chiuse nei confronti dei cittadini che non sono di nazionalità maliana. Il fermo avvenne dopo l’applicazione del Nuovo Codice della Famiglia, che fu adottato tramite una votazione all’unanimità dei deputati, il lontano 2 dicembre 2011, e fu ratificato da parte del Presidente il 31 dicembre 2011, dopo lunghi e complicati dibattiti politici e religiosi, importanti mobilitazioni collettive ed evoluzioni considerevoli tra il primo progetto del 2009 e la versione finale adottata. Il Mali era ed è immerso in una situazione sociale e politica molto complicata, segnato dalla forte influenza dell’Alto Consiglio Islamico che è molto potente sia nella società che nella
politica. L’approvazione del nuovo Codice della Famiglia arrivò dopo difficili trattative tra il governo, i gruppi sociali e l’Alto Consiglio Islamico stesso. Il codice lasciò l’articolo 540 come fonte di regolazione delle adozioni internazionali, togliendo dal testo precedente la parte che faceva riferimento ai requisiti necessari per le adozioni da parte di cittadini stranieri. Questo articolo è in contraddizione però con l’articolo 523 dello stesso codice, che parla chiaramente di adozione internazionale. L’interpretazione di questo nuovo codice non aveva causato nessun blocco delle adozioni per gli stranieri, finché nell’ottobre del 2012, per decreto ministeriale non fu nominato un nuovo
direttore dell’autorità centrale per le adozioni. Questo nuovo direttore, il signor Bakary Traoré, fu il responsabile del fermo definitivo delle adozioni, facendo per la prima volta un’interpretazione veramente restrittiva del codice e rendendo quindi impossibile l’adozione dei bambini orfani maliani da parte di cittadini stranieri. A confermare questa sua decisione, il 5 dicembre 2012 il Ministero della Giustizia maliana emise una circolare che invitava tutti i magistrati ad applicare l’articolo 540 del Codice della Famiglia e quindi a non emettere nessuna sentenza di adozione internazionale a favore di cittadini non maliani. Dopo anni di lotta da parte delle famiglie rimaste con i dossier delle adozione
bloccati nel paese in attesa di un abbinamento, finalmente il 7 agosto 2014 la Corte Suprema del Mali si pronunciò contro la decisione del blocco dell’autorità maliana e quindi a favore del ricorso proposto dall’avvocato Diallo, che rappresentava tre famiglie francesi con i dossier bloccati. Tale blocco fu definito dalla Corte come un abuso di potere da parte dell’autorità centrale maliana per le adozioni. Questa sentenza ha consentito quindi, di completare tutte le adozioni che erano in corso. Alla data odierna, settembre 2015, quasi tutte le famiglie sono tornate a casa con i propri figli (ne mancano solo un paio). E’ importante però sottolineare che attualmente le adozioni sono chiuse. Anche se la stessa autorità centrale maliana sembra accettare il deposito di nuovi dossier, sembra che al momento non ci sia ancora la possibilità di gestirli, in altre parole sembra che vengono accettati ma subito congelati. Anche se il Mali ratificò la Convenzione dell’Aja nel 2006, e ne conferma la sua sottoscrizione, lo fa in riferimento unico ed esclusivo per le adozioni
internazionali da parte di cittadini maliani residenti all’estero. E’ molto importante sottolineare questo aspetto per non creare confusione, la ratifica e l’accettazione di sottostare alla Convenzione non implica che il paese accetti le adozioni internazionali per i cittadini NON maliani. Per poter includere i cittadini non maliani, il paese deve fare ancora un percorso legislativo per modificare l’articolo 540 del Codice della Famiglia; esiste già una proposta di modifica che però deve essere presentata al Parlamento per essere discussa e poi votata. Le adozioni in questo paese sono una questione sociale, politica e religiosa molto complicata e delicata, lo dimostra il fatto che tale modifica è in ballo da maggio 2013, quando un gruppo di lavoro stabilì la necessità di un cambio legislativo in tale senso. Inoltre, l’attuale nuovo Ministro della Giustizia maliano oppone una chiara resistenza all’applicazione della sentenza della Corte Suprema, egli infatti giudica tale sentenza come sbagliata e definisce erronea l’interpretazione che la Corte stessa ha fatto della combinazione degli articoli 523 e 540 del Codice
della Famiglia. Questo lascia intuire chiaramente che la sentenza potrebbe non venire applicata e che quindi il suo Ministero potrebbe continuare a mantenere il blocco delle adozioni, calpestando le decisioni della Corte Suprema maliana che, non dimentichiamo, è l’organo superiore di giustizia nel paese. Le adozioni nazionali in questo paese sono quasi inesistenti e i maliani che vivono all’estero e che desiderano adottare minori orfani del proprio paese si contano sulle dita di una mano. Quale sarà il destino dei poveri bambini che sono stati dichiarati abbandonati e non hanno una famiglia? Quale sarà la vita che si prospetta a questi piccoli bimbi che oltre i 5 anni di età non possono essere adottati, come detta la legge maliana, e che quindi non potranno più rimanere negli orfanotrofi che li accolgono? Ci auguriamo che il Mali possa trovare una celere soluzione per tutti, che le adozioni internazionali possano riprendere e tutti questi piccoli possano trovare una famiglia per sempre. Per ora però non è così, resta solo una forte speranza.
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sociale e legale
di Anna Guerrieri Presidente di Genitori si Diventa Onlus
La costruzione di un amore scegliere l’adozione, sostenere le famiglie adottive 30
I contenuti portati da Genitori si diventa Onlus durante la tavola rotonda tenutasi al convegno “Adozione internazionale in cerca di futuro. La scelta politica dell’accoglienza”, organizzato da Amici dei Bambini a Gabicce dal 25 al 27 agosto 2015 sono parte di quanto segue: Sino a che in Italia e nel mondo esisteranno bambini e bambine in stato di abbandono lo strumento dell’Adozione ed in particolare quello dell’Adozione Internazionale saranno fondamentali per realizzare il diritto di ogni bambino ad avere una propria famiglia. E’ quindi nostro dovere far sì che l’Adozione sia posta, una volta per tutte ed in modo permanente, al centro dell’attenzione della società civile, delle Isti-
tuzioni e della politica con chiarezza e positività. La storia della famiglia che adotta ha a che fare con la costruzione di un amore, un amore che è linfa vitale da mettere a disposizione a favore dei bambini e delle bambine in attesa in Italia e nel mondo. E’ solo attraverso adozioni realizzate con cura, in modo trasparente ed etico che viene riparato l’enorme danno inferto ai troppi bambini e bambine in stato di abbandono. Gli anni di esperienza con l’associazionismo famigliare insegnano, con umiltà, che prestando ascolto a chi vive l’adozione si possono individuare strategie utili ed efficaci. Esempio di buona prassi sono le Linee di Indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati. Vorrei immaginare che un simile tipo di lavoro si possa fare
ancora! La difficoltà e l’isolamento vissuti da chi ha adottato e fronteggia, a volte, situazioni molto complesse, la confusione, l’incertezza e l’attesa accidentata di troppi che desiderano adottare dicono quanto sia urgente agire concretamente ed agire subito. Mancano i dati relativi all’adozione internazionale 2014 e manca l’andamento di questi primi 8 mesi del 2015. Sono mancanze importanti per chi si occupa di Adozione Internazionale e per chi vuole progettare strategie a favore delle famiglie, ma non possiamo più aspettare i dati, è necessario affrontare il presente così come è e mettere a disposizione, ognuno di noi, idee, esperienze e competenze. Iniziamo con il non dirci più solo i problemi ma provando ad immaginare
Ci risulta che ben più recentemente fosse stato creato un Tavolo Costi a revisione di quanto fatto i cui risultati sembrano non essere mai apparsi. E’ urgente che tutto questo lavoro venga rivisitato e che gli aggiornamenti vengano prontamente pubblicati sui siti della Commissione Adozioni e di ogni Ente Autorizzato. Il sito della Commissione Adozioni dovrebbe essere punto di riferimento reale dove trovare in modo chiaro e conDa anni, come anche evi- creto le informazioni certe denziato dalle associazioni su tutto quel che riguarda familiari del CARE nell’au- le prassi di adozione interPrima dell’Adozione: dizione alla Commissione nazionale proprio a partire Le coppie che devono dare Infanzia del 2012, serve dai costi. E’ sulla traspamandato ad un Ente Au- una revisione dei costi renza di questi dati essentorizzato per l’Adozione per le pratiche in Italia e ziali che si gioca la crediInternazionale si trovano all’estero proposti dagli bilità del sistema adozione davanti una grande plu- Enti autorizzati. Svaria- Italiano e delle Istituzioni. ralità di soggetti differenti ti anni fa la Commissione Internazionali L’importanza delle fasi di tra loro, molto diversificati Adozioni anche nel solo dare le in- aveva stabilito dei tetti. preparazione e accompasoluzioni. Alcune saranno ingenue o impossibili, alcune poco praticabili ma abbiamo il dovere di volare alto e di farlo subito se non vogliamo continuare ad assistere al perpetuarsi di uno stato di confusione e disinvestimento. Dunque a partire da quanto fatto e detto da tanti anni di associazionismo di base e di attività pre e post adottive, ecco alcune ipotesi di lavoro sull’adozione internazionale, a piccoli passi, partendo dal concreto e dal quotidiano.
formazioni. Dopo 15 anni tale diversificazione appare eccessiva e sintomo di un sistema opaco e confuso. Ad esempio, i siti degli Enti Autorizzati dovrebbero tutti riportare in modo trasparente costi, prassi, coppie prese in carico, abbinamenti, adozioni effettuate, ecc. (art.17 della Delibera n.13/2008 della Presidenza del Consiglio dei Ministri). Così non è. Non dovrebbe essere difficile rimediare.
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gnamento verso l’adozione è evidente da sempre. E’ una buona preparazione e informazione che possono aiutare ad evitare la sensazione di spiazzamento e di “non saper che fare” che spesso intervengono (e a lungo) dopo l’adozione. La capacità di fare rete dei vari attori coinvolti (Servizi, Enti, Associazionismo) per garantire questa preparazione può essere fondamentale e tale capacità può crescere solo in un sistema che la agevoli e che lavori per far sì che le famiglie possano accedere a differenti tipi di attività con una riduzione degli oneri. Dunque, come già chiesto dal CARE, sempre nel 2012, bisogna ideare delle agevolazioni fiscali per abbattere i costi certificabili sostenuti dalle coppie anche durante il percorso di preparazione verso l’adozione.
Durante l’adozione: Vanno stabiliti criteri per cui Enti Autorizzati che vanno in stessi paesi e regioni possano collaborare affinché coppie che si trovino bloccate con un Ente possano concludere l’iter con altri senza oneri aggiuntivi. Più in generale, Enti Autorizzati che operano in uno stesso paese e in una stessa regione dovrebbero poter collaborare secondo un sistema omogeneo. Per far questo però le prassi in uno stesso paese debbono essere trasparenti e condivise. E’ un’utopia? In alcuni paesi tutto continua sembrare dipendere dal potere dei “referenti in loco”. E’ possibile parlarne in modo concreto?
divisi garantendo la trasparenza della procedura Ricordiamo che nell’art.12 della Delibera n.13/2008 è scritto: “I collaboratori dell’ente all’estero devono essere retribuiti per le loro prestazioni soltanto dall’ente. Le coppie in carico all’ente non possono fare da tramite per i pagamenti.” Anche di questo aspetto che, se disatteso, contribuisce a diffondere una sensazione di opacità del sistema, è possibile parlarne in modo concreto?
Manca ancora un fondo per gestire le situazioni di grandi crisi, in particolare quelle che si traducono in seri problemi all’estero (Kirghizistan, RDC, ecc.). Ricordiamo che nel Dicembre 2013 furono le Associazioni del Coordinamento La modalità di pagamento CARE a chiedere tale fonall’estero debbono seguire do a favore delle famiglie modelli standard e con- allora bloccate nella Re-
pubblica Democratica del Congo. Non ne vediamo traccia e i problemi perdurano. Ricordando che l’art. 1, comma 152, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, prevede la costituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, del “Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali”, “finalizzato al rimborso delle spese sostenute dai genitori adottivi per l’espletamento della procedura di adozione ...”, nonché la relativa dotazione finanziaria pari a 10 milioni di euro per l’anno 2005, ricordando come di il Fondo sia stato rifinanziato negli anni ci chiediamo cosa sia successo per chi ha adottato dal 2011 in poi. Ci risulta infatti che ancora non abbiano ottenuto rimborso neanche tutte le coppie
che hanno adottato nel 2011 creando un divario critico tra coloro che nel 2011 hanno ottenuto un rimborso e chi non lo ha ricevuto. Tutto questo accade nonostante le richieste di stabilizzazione del Fondo abbiano una lunga storia. Ricordiamo infatti l’impegno delle Associazioni di CARE nel 2013 per altro recepito nel gennaio 2014 nella mozione Adozioni Internazionali 1/00326 che impegnava il governo: “ad adottare ogni iniziativa utile a reperire le risorse necessarie per erogare i rimborsi relativi alle procedure di adozione ancora in sospeso (anni 2011, 2012, 2013), nonché a stabilizzarli per il futuro, attraverso un aumento delle risorse disponibili per il Fondo per le politiche della famiglia.”
Dopo l’adozione: Dopo l’adozione ancora troppo spesso la solitudine, la confusione e la mancanza di mezzi e risorse continuano ad affliggere tante famiglie. Si scopre, solo dopo, che la preparazione era solo sulla “carta”, che le informazioni non bastavano, che la società può rivelarsi meno accogliente di quanto si immaginava, che le criticità dei figli sono davvero ampie e non di rapida evoluzione, e che noi stessi non sapevamo come saremmo stati. Serve davvero una ridefinizione delle complessità del post adozione che sia centrato sui cambiamenti che l’adozione ha subito in questi anni, anni in cui le famiglie Italiane hanno generosamente mostrato di saper essere piene di risorse e accoglienti. L’Italia è stata infatti in prima li-
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nea rispetto a tanti paesi per quel che riguarda l’accoglienza di bambini più grandi e di bambini con bisogni speciali. Ci sembra davvero incredibile che dopo tanti anni in cui questo viene detto e ripetuto ci troviamo nuovamente e dover dire che è impossibile ideare buone prassi nel post adozione senza un reale e concreto monitoraggio longitudinale delle famiglie adottive che tenga conto delle situazioni di fallimento ma soprattutto di quelle di disagio (drop out scolastico, difficoltà di inserimento nel mondo nel lavoro, prese in carico psichiatriche, difficoltà con la giustizia, comunità…). Solo a partire da questo sarà possibile comprendere la molteplicità di interventi utili alle famiglie (consulenza dei genitori, gruppi di mutuo aiuto, interventi pedagogici in famiglia, terapia, ecc.). E vale la pena sottolineare come tale ridefinizione non possa gravare interamente, in termini economici, sulle spalle delle famiglie.
occupano di famiglie adottive vanno sostenuti e rafforzati e vanno messi in grado (grazie alla formazione e alla riorganizzazione delle risorse) di dare alle famiglie la pluralità di attenzioni necessarie ben oltre il così detto anno di post adozione. Va ridefinito il significato di servizio di post adozione da parte degli Enti Autorizzati e vanno definiti dei costi standard per le relazioni all’estero. Le famiglie possono avere bisogno di relazioni aggiuntive (per esempio a fini scolastici). E’ possibile immaginarne la gratuità?
Bisogna permettere alle famiglie adottive di avvalersi di ogni possibile agevolazione fiscale per quel che riguarda le spese sostenute per poter accedere a servizi di post adozione nei primi tre anni dalla formazione della famiglia adottiva (audizione Commissione Infanzia CARE 2012). Infatti sempre più spesso le famiglie affrontano l’esigenza di logopedia, I servizi territoriali che si psicomotricità, terapia per
bambini duramente provati e per dare ai figli quanto necessario si rivolgono a strutture private. Serve una revisione della normativa sui congedi malattia dato che l’attuale normativa penalizza chi accoglie in adozione o in affido bambini di 6 anni e oltre, poiché il comma 2 dell’art. 50 del d.lgs. 151 del 2001 prevede che entrambi i genitori (adottivi o affidatari) abbiano diritto di astenersi dal lavoro per tutti i periodi corrispondenti alle malattie del figlio fino a che il figlio non abbia compiuto i 6 anni di età. Dai 6 agli 8 anni, invece, ciascun genitore, alternativamente, ha diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di cinque giorni lavorativi all’anno. E’ necessario un investimento diffuso e omogeneo in tutta Italia sulla formazione di Dirigenti e Insegnanti al fine di garantire la concreta attuazione delle Linee di Indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati.
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trentagiorni
SONO 34 I BIMBI CHE VIVONO IN PRIGIONE Trentaquattro bambini vivono in cella con le loro madri, ma sono più di centomila i minori che hanno un genitore detenuto. La vicenda del bimbo della «coppia dell’acido», separato dalla madre a poche ore dalla nascita, riaccende i riflettori anche sulla realtà dei piccoli che sono dietro le sbarre. Una «vergogna da superare», per il ministro della Giustizia Orlando, che un mese fa ha assunto pubblicamente l’impegno di arrivare a «quota zero» entro la fine dell’anno. Dei 34 bambini «reclusi» senza colpa quelli che vivono propriamente in carcere sono 19 e la maggioranza di loro (9) si trova a Rebibbia Femminile. Gli altri 15 sono invece negli Icam, gli istituti a custodia attenuata per le madri, che hanno caratteristiche strutturali diverse rispetto ai penitenziari e ispirate a quelle di una casa di civile abitazione. In queste realtà il regime penitenziario attuato è di tipo familiarecomunitario, incentrato sulla responsabilizzazione del ruolo genitoriale e finalizzato ad assicurare una crescita senza traumi ai minori. Per ora gli Icam sono quattro e si trovano a Milano, Venezia, Senorbì (Sardegna) e Torino.
Fonte: ilmessaggero.it UNA RETE DI PROTEZIONE PER I MINORI IMMIGRATI Sui minori non accompagnati che arrivano in Italia sulle carrette del mare la normativa ha bisogno di una marcia in più. Deve essere aggiornata anche alla luce del l’esplosione delle migrazioni forzate dichi fugge dai conflitti e dalla fame. I minori giunti in Italia soli dai loro Paesi sono raddoppiati dal 2012 al 2014, passando da 5.821 a 10.536. E nei primi sette mesi dell’anno siamo già a quota 8.442. Alla Camera è in stallo da dieci mesi un disegno di legge, presentato da 26 deputati di maggioranza e opposizione, che mette a punto nuove regole, superando lacune e farraginosità. Un provvedimento che istituisce un sistema informativo, tende a promuovere l’affidamento familiare, introduce una procedura unica di identificazione, adotta misure per favorire l’inserimento scolastico, anche tramite l’utilizzo dei mediatori culturali. Facilita la possibilità di convertire il permesso di soggiorno ai 18 anni in permesso di lavoro, anche autonomo. Da adottare rapidamente anche il Piano nazionale contro la tratta, con
attenzione ai minori, ancora in stand by nonostante sia scaduto il13 giugno 2015 il termine previsto dalla legge per l’adozione. Eppure serve una rete di protezione nazionale per chi è vittima di tratta o sfruttamento. (N.Co.) Fonte: Ilsole24ore.it FRANCIA: STATO CIVILE ANGLI NATI DA UTERO IN AFFITTO Via libera della Corte di cassazione francese all’iscrizione nei registri dello Stato civile di bambini nati all’estero da madre surrogata, il cosiddetto “utero in affitto”. “Gli atti di nascita di cui si richiede la trascrizione devono menzionare come padre colui che ha effettuato il riconoscimento di paternità e come madre la donna che ha partorito”, scrive la corte di cassazione, secondo cui “le regole di trascrizione sugli atti civili francesi (...) vanno applicate” anche in questa fattispecie. A un anno dalla condanna della Francia da parte della Corte europea dei diritti umani (Cedh), la più alta giurisdizione francese era chiamata ad esprimersi sul caso di due bambini di una coppia gay francese nati all’estero da una madre surrogata. Fonte: unita.tv
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CARE inaugura lo Sportello Scuola e Adozione Il CARE mette a disposizione di genitori e insegnanti uno Sportello virtuale dove è possibile segnalare qualsiasi difficoltà di bambini e bambine adottati in materia di inserimento scolastico, con particolare attenzione al momento del primo ingresso e alle fasi di passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria.
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Il Coordinamento CARE è attivo informalmente dal 2009 e si configura come una rete di associazioni familiari, adottive e/o affidatarie, attive sul territorio nazionale. Si è costituito, ai sensi della legge quadro sul volontariato 266/91, in associazione di secondo livello (associazione di associazioni) il 15 ottobre 2011.
Le segnalazioni verranno analizzate caso per caso e a tutte verrà data risposta. Le questioni riconducibili ad un’analisi del MIUR verranno ad esso sottoposte previo assenso delle famiglie coinvolte. L’obiettivo dello Sportello è soprattutto quello di agevolare in tempi rapidi la soluzione dei problemi concreti delle famiglie. Si tratta di un aiuto concreto per le famiglie e per gli insegnanti ma anche per tutti coloro che seguono le famiglie stesse (enti autorizzati e servizi territoriali) nello spirito di “agevolare l’inserimento, l’integrazione e il benessere scolastico degli studenti adottati”, obiettivo dichiarato anche dal recente protocollo congiunto CARE-MIUR. Invitiamo tutte le Associazioni e tutte le persone interessate a dare la massima diffusione e socializzazione a questa iniziativa.