Adozioni e dintorni - GSD Informa aprile 2012

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Adozione e dintorni GSD informa - mensile - aprile 2012 - n. 4

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Scuola



aprile 2012 | 004

GSD informa

di Simone Berti

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editoriale

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psicologia e adozione

La doppia appartenenza nell’adozione di Ondina Greco

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salute e adozione

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scuola e adozione

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giorno dopo giorno

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leggendo

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sociale e legale

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trentagiorni

Carenza di Vitamina D e rachitismo di Raffaele Virdis Una carta d’intenti per la Scuola di Livia Botta La bicicletta... prestata di Marta e Alberto Le cronache della barchetta di Marina Zulian L’adozione da parte di coniugi residenti all’estero di Angelamaria Serpico

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redazione Simone Berti direttore, Firenze direttore@genitorisidiventa.org; Luigi Bulotta caporedattore, Catanzaro,

editore Associazione Genitori si diventa - onlus via Gadda, 4 Monza (MI) www.genitorisidiventa.org info@genitorisidiventa.org

impaginazione e grafica Maddalena Di Sopra, Venezia; Pea Maccioni, Lecce; Paolo Faccini, Milano

ricerca iconografica Simone Berti, Firenze; Eliana Gentile, Teramo; Anna Guerrieri, L’Aquila. correzione bozze Luigi Bulotta, Catanzaro;

progetto grafico e illustrazioni studio redazioni, Francesca Visintin, Venezia immagini Simone Berti, Firenze; Roberto Gianfelice, L’Aquila; Ilaria Nasini, Firenze; Eliana Gentile, Teramo; Mariagloria Lapegna, Napoli; Paola Di Prima, Monza; Simone Sbaraglia, Roma, Diana Giallonardo, L’Aquila, Raffaella Ceci, Monza.

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di Simone Berti

Legami

editoriale

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Aprile è il mese in cui ogni anno si svolge l’Assemblea di Genitori si diventa onlus. E’ l’unico momento dell’anno in cui tanti soci e volontari possono incontrarsi, guardarsi, toccarsi al di là delle proprie realtà territoriali. Spesso condividiamo stando distanti, intrecciamo parole che ci giungono dense e feconde, ma senza che ad incrociarsi siano gli sguardi, a stringersi le mani, a ricambiarsi le smorfie, a scoprirsi i sorrisi. E’ un’occasione di dare consistenza a quello che abbiamo messo al primo posto nella nostra associazione: ritrovarsi per condividere i piaceri e le difficoltà dell’essere genitori, perché l’incontro, il confronto, il non sentirsi soli sono tra gli ingredienti più importanti nell’avventura di accompagnare i nostri figli nella crescita. Che senso ha per noi essere gli uni con gli altri? Lo stare insieme nasce da una mancanza. Stiamo insieme perché manchiamo sempre di qualcosa e perché dobbiamo qualcosa gli uni agli altri. Intanto sono stati i nostri figli, desiderati, attesi, presenti, ingombranti, disordinati a portarci ad avvicinarci gli uni agli altri. Tra tutte le cose che i nostri figli ci hanno donato c’è stato anche farci riconoscere il bisogno che abbiamo dell’altro. Desiderare una famiglia è desiderare di creare legami e vincoli, ma quanto è difficile tenere fede poi a questo! E quanto coraggio occorre semplicemente nello stare insieme, gli uni accanto agli altri con le nostre differenze e singolarità. A mischiarsi senza cancellare le sfumature e i contrasti, a volte eclatanti, che ci siamo intestarditi a sostenere e promuovere anziché rincorrere la loro cancellazione. Siamo famiglie che abbiamo deciso di scommettere sul valore di nuovi legami costruiti sul desiderio e impariamo presto quanta cura occorra per coltivare le relazioni che creiamo. Legami che mischiano sangue, colori, odori, che assaporano le differenze e a volte ne esaltano le particolarità. Legami che mischiano perché non hanno bisogno di negare o dissimulare come la buona educazione spesso stupidamente invita a fare. Basta pensare a quante volte siamo portati nell’esperienza quotidiana, spesso senza riflettere e animati dal timore di favorire il razzismo, a reprimere e zittire il bambino che per esempio torna da scuola e


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rivela la differenza somatica con il suo compagno. Come se sottolineare la diversità fosse di per sé un pericolo, quasi rivelare un segno di vergogna: “ cosa dici, non conta. E‘ un bambino come te” e non riusciamo a dare valore al percepire la ricchezza di ciò che è diverso, la bellezza di riconoscere la molteplicità. Rifiutiamo ciò che è stato percepito perché negare la differenza con gli altri è sempre il primo passo con cui speriamo di accantonare la differenza che ciascuno porta già in sé. L’esperienza dell’adozione ci scuote nelle nostre certezze e ci cambia. E continua a scuoterci e a cambiarci. Come ogni genitorialità, ma in modo più deciso, ci mette di fronte alla mancanza e alla differenza di cui siamo portatori. Dolorosamente ci scopre meno equipaggiati di come ci piaceva pensarci. Faticosamente ci ha spinto ad uscire dall’isolamento nella quale troppo spesso tendiamo a rinchiuderci. Abbiamo tutto intorno ideali fortemente individualistici, basati sulla realizzazione e sulla prestazione. Entrare in rapporto con l’altro spesso è faticoso, a volte conflittuale, ma altre appagante, tenero, sorprendente. Non basta lo sforzo di un singolo, ma occorre farsi promotori di una cultura del limite e della differenza. La nostra libertà non è stare nell’assenza di vincoli nei confronti degli altri. Si sogna una libertà incondizionata e invece la felicità non può essere senza legami. L’altro è anche il mio limite, ma i limiti sono salutari perché bisogna sempre perdere qualcosa per guadagnare altrove. Tuttavia non dobbiamo dimenticare quanto promuovere la differenza possa essere faticoso e quanto abbia bisogno di essere sostenuta. Non è sempre esplosione di colori, il combinarsi di sapori o il miscuglio degli odori. Spesso ha le tinte grigie della solitudine, del sentirsi inadeguati, sprovvisti di energie, senza proprie risorse. E così non conosce la quiete, non conosce il riposo. Porteremo quindi a Marina di Massa tutti questi colori, odori,


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dimensioni e suoni diversi e li lasceremo fare baccano insieme con clamore, lasciando convivere armonie e dissonanze. E mentre le attività esteriormente imporranno un ritmo frenetico sarà proprio questo frastuono che ci consentirà di riposare quieti e festosi uno accanto all’altro. Adozione e dintorni presenta questo mese alcuni contributi che toccano a diversi livelli la fatica di sostenere la diversità. Troverete, infatti, un interessante contributo sull’importanza di conciliare gli elementi diversi che possono contrassegnare la nostra origine, un racconto che tocca la facilità con cui tanti buoni propositi si sgretolano di fronte a qualcosa che avvertiamo come minaccioso, esperienze che raccontano lo stare insieme attraverso i libri e il radunarsi intorno alla lettura, e infine vengono presentati due protocolli scolastici che hanno l’intento di costituire un aiuto concreto ai diversi soggetti operanti nella scuola intorno alle problematiche dell’adozione. E non solo... anche per questo mese buona lettura!


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psicologia e adozione 8

Ondina Greco psicologa, psicoterapeuta di coppia e famiglia Centro d’Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia Servizio di Psicologia Clinica di Coppia e Famiglia, Università Cattolica, Milano

La doppia appartenenza nell’adozione

L’adozione dà origine ad un processo che si prolunga per tutta la vita e la cui eco risuona anche nelle successive generazioni.

Se l’adozione, infatti, ha origine da un evento puntuale (il primo incontro con il figlio adottivo), dal punto di vista psicologico la costruzione del legame adottivo si configura come un processo che si snoda nel tempo. Si parla, infatti, di transizione adottiva, per sottolineare come il percorso che porta alla costruzione di questa specifica forma di genitorialità e di filiazione sia lento e progressivo e richieda continui aggiustamenti sia da parte dei membri della famiglia nucleare che della famiglia estesa. La qualità della transizione dipende da come tutti i soggetti coinvolti (genitori, figli, famiglie d’origine) affrontano e superano le molteplici sfide e i compiti di sviluppo che si presentano nel corso della vita familiare. Come è noto, il termine adottare deriva dal lati-

no ad+optare = scegliere, ma il sostantivo adoptio è usato anche in botanica per indicare l’innesto delle piante: innestare significa introdurre una parte viva in un’altra, in modo tale che esse si congiungano armonicamente e portino un frutto terzo. Tale metafora illumina il bambino come portatore di una propria ricchezza personale, indipendente dalla famiglia adottiva. L’adozione, dunque, non può essere concepita come un processo unidirezionale, nel quale i genitori adottivi colmano con le proprie risorse le carenze e i deficit del bambino, la cui origine è rappresentabile come “vuota”, se non addirittura come radicalmente “danneggiata”. L’adozione, al contrario, si costituisce come un processo di scambio, per la presenza reciproca di bisogni e


di risorse da parte sia dei genitori che del figlio. Una prospettiva “salvifica” da parte della famiglia adottiva, anche se quasi sempre inconsapevole, rischia di sviluppare una relazione rigidamente asimmetrica, che finisce con l’essere violenta, in quanto il figlio – per quanti sforzi faccia non potrà mai riparare il “difetto” che viene posto all’origine. Occorre quindi cambiare prospettiva. L’adozione si configura come un sistema familiare complesso, che è stato definito “meta-famiglia”, all’interno del quale esistono due realtà, una presente ed una distante e perduta; gli eventi e le

persone del periodo prima dell’adozione e quelli incontrati con l’inserimento nella famiglia adottiva. Il fatto che solo uno dei due poli sia presente sul piano concreto non equivale tout court all’impallidimento dell’altro, perché il rilievo psicologico delle figure assenti, presenti a livello simbolico e non solo (si pensi ai figli adottivi di diversa etnia), assume nel tempo un diverso peso per il figlio adottato, rimanendo magari per anni sullo sfondo, ma divenendo in alcuni periodi presenza di primo piano. Quella del figlio adottato è dunque una doppia appartenenza, destinata a caratterizza-

re tutta la vita del figlio adottivo ma anche dei suoi genitori, evidenziandosi in periodi cruciali, come l’adolescenza o la transizione alla genitorialità, quando il figlio adottato a sua volta diventerà genitore. Il figlio adottivo – e con lui i suoi genitori – sono dunque chiamati a compiere il complesso cammino d’integrazione tra le due parti della propria storia, quella precedente e quella successiva all’evento adottivo. La qualità dell’adozione si gioca allora nella capacità di vedere il proprio e l’altrui come elementi diversi conciliabili in un luogo “meta”, costituito dalla relazione adottiva, chiamata

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a costruire un nostro che contenga il “qui ed ora” e il “là ed allora”. Occorre una logica di connessione, et-et, mentre una logica di esclusione, out-out, è destinata ad implodere sotto la spinta integrativa che lo sviluppo psicologico provoca nel figlio durante la sua crescita. Si può quindi affermare che la capacità dei genitori di accogliere compiutamente il loro figlio – i suoi desideri, il suo modo di essere e la sua storia – disegni il perimetro ospitale entro cui il minore potrà cercare lungo gli anni, spesso per tentativi contraddittori, il proprio punto di equilibrio tra presente e passato. In questa

situazione il figlio si sentirà accolto, qualunque sia la propria posizione: sentirà che gli è permesso sia fare domande e comunicare fantasie rispetto alla sua famiglia d’origine, sia assestarsi in una posizione “evitante”, che può essere temporanea o permanere anche per molto tempo. Quando invece vengono sentiti come minacciosi gli elementi legati al passato, proprio o del figlio, e i genitori sono paralizzati nell’incapacità/rifiuto di trattare il tema della sua diversa origine, si crea un perimetro genitoriale ristretto, in cui la coppia adottiva riesce a “sintonizzarsi” con il minore solo se quest’ultimo mantiene

una posizione “evitante” o di “negazione” del passato. Appena il figlio fa una mossa in direzione di una migliore integrazione, si creano dinamiche di incomprensione e aumenta la distanza emotiva reciproca. E’ indispensabile aiutare i genitori adottivi a ricordare come l’adozione richieda al figlio – che ha gli stessi bisogni di ogni bambino – un complesso lavoro d’integrazione tra due esperienze diverse e non automaticamente conciliabili. La parola “esperienza” si può riferire altrettanto bene a ciò che il bambino ha “vissuto” prima dell’adozione, nei casi in cui egli sia stato adottato dopo la prima infan-


zia, oppure all’esperienza immaginata, fantasticata lungo gli anni, che può essere profondamente presente e attiva nel bambino e nei suoi genitori, anche se è stato adottato a pochi giorni o a pochi mesi di vita. Il disegno qui riportato, relativo ad un minore di sedici anni adottato all’età di cinque anni dal Brasile, mostra un esempio d’integrazione in atto. Le linee curve che racchiudono i diversi elementi rappresentano i confini delle varie famiglie secondo il ragazzo (O. Greco, Il lavoro clinico con le famiglie complesse. Il test La doppia luna nella ricerca e nella terapia. Franco Angeli, Milano, 2006). Si

può

osservare

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come

Rafael disegni il perimetro della propria famiglia adottiva, in cui s’inserisce insieme ai suoi genitori, come un confine ampio in cui vengono ospitati anche l’esperienza e i ricordi del

periodo

pre-adottivo

in Brasile. L’associazione esperienza scout - esperienza in Brasile è data per ovvia e vissuta positivamente (e accettata pacificamente dai genitori che l’hanno incoraggiata).

“Io dal Brasile mi ricordo solo gli alberi alti sotto cui giocavo... forse è per questo che mi piace essere scout” (Rafael)


salute e adozione

Raffaele Virdis pediatra

Carenza di vitamina D e rachitismo 12

Il rachitismo florido o da carenza di vitamina D, una patologia tipica dei bambini che sembrava scomparsa, è ancora presente in bambini immigrati, meno spesso in quelli adottati, e talvolta in bambini italiani anche se in forma più leggera.

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, a pochi anni dall’identificazione del fattore anti-rachitogeno (vitamina D, 1930), grazie alle migliorate condizioni di vita e di alimentazione e alla possibilità di una prevenzione, la malattia sembrava quasi scomparsa nei paesi più ricchi. In quelli poveri, per lo più nel sud del mondo, il rachitismo non è mai stato molto frequente sia perché le altre e diffuse carenze alimentari in parte lo nascondevano, sia per la presenza di abbondanti “riserve” di un fattore protettivo e preventivo naturale quale è il sole che ne limitavano la gravità. Dal punto di vista clinico la mancanza di vitamina D determina inadeguata crescita e mineralizzazione ossea, con gravi deformità scheletriche ed alterazioni

biochimiche come calcemia bassa, causa, a sua volta, di ipotonia muscolare, tetania e convulsioni. La carenza di vitamina D può essere conseguente sia a un insufficiente apporto della stessa con l’alimentazione che a un’inadeguata esposizione diretta ai raggi ultravioletti (RUV) della luce solare. I RUV interessati sono quelli che hanno una lunghezza d’onda di 296-310 nm, non passano attraverso i vetri delle finestre e sono scarsi nei mesi invernali nelle regioni temperate e nordiche (sopra il 35° parallelo). La vitamina, inoltre, è molto scarsa negli alimenti tradizionali, specie in quelli più utilizzati dai bambini come latte (materno o vaccino), derivati dei cereali, vegetali e carne. Fanno eccezione le uova e il fegato dei pesci, quest’ultimo è


sfruttato da quasi due secoli come importante fonte naturale di vitamine: il famoso olio di fegato di merluzzo, spauracchio (per il sapore sgradevole), ma anche salvezza di generazioni di bambini da metà ottocento fino a 40-50 anni or sono. La vitamina introdotta con gli alimenti o sintetizzata nella cute grazie ai RUV, partendo da un metabolita del colesterolo comunemente presente nel sangue, deve essere attivata nella cute a colecalciferolo (o vit D3), un vero pre-ormone che poi è trasformato (idrossilato) nel fegato e nel rene nella forma attiva, più ormone che vitamina (1,25-idrossi vitamina D). Quest’ultimo agisce sull’intestino favorendo l’assorbimento di calcio e fosforo e sulle ossa promuovendo un continuo ricambio metabolico

e la loro crescita e mineralizzazione. Poiché questo meccanismo è, in sintesi, il processo tipico della crescita, la mancanza della vitamina la rallenta tramite l’inibizione della maturazione cartilaginea ed ossea. Si determina anche, in seguito all’aumentata secrezione di paratormone in un tentativo di compenso, una riduzione della mineralizzazione ossea (osteomalacia, che corrisponde all’osteoporosi dell’adulto), maggiore plasticità delle ossa (perché più “molli”) e loro importanti deformazioni spontanee o sotto carico (gambe storte arcuate o a “X”, anomalie toraciche quali rosario rachitico e solco di Harrison, tumefazione “a braccialetto” dei nuclei d’ossificazione delle ossa lunghe a livello di polsi e caviglie, debolezza della teca cranica ed altre ancora).

Le migliorate condizioni di alimentazione e di vita (compresa una maggiore esposizione all’aria aperta e al sole), il diffuso uso di somministrare olio di fegato di merluzzo ai bambini a rischio (e negli USA l’aggiunta di vitamina D al latte pastorizzato del commercio fin dalla seconda guerra mondiale), portarono alla quasi completa eradicazione della malattia nelle nazioni industrializzate compresa la nostra. Negli anni settanta del novecento il rachitismo carenziale sembrava ormai circoscritto e solo un ricordo del passato, per quanto alcune situazioni patologiche, come varie forme di malassorbimento non diagnosticato o non ben curato (celiachia, fibrosi cistica) o malattie renali ed epatiche o terapie prolungate con antiepilettici e cortisonici o, infine, strette

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diete anallergiche o culturali (figli di vegetariani, macrobiotici, veganiani) potessero ancora provocare nuovi casi. In conseguenza di ciò l’interesse per il problema diminuiva con perdita di attenzione e competenze sia da parte dei medici sia dell’organizzazione sanitaria. Nel frattempo, era iniziato un importante flusso migratorio dai paesi del sud del mondo verso i paesi più ricchi ma con clima, abitudini sociali e alimentari differenti. Nell’ultimo ventennio del novecento si è rincominciato ad osservare casi di rachitismo fra i bambini immigrati nel nord Europa da paesi tropicali o subtropicali e fra gli afroamericani. Fra le cause ricordiamo la povertà, il prolungato allattamento al seno (il latte materno è gravemente carente di vitamina D) senza un supplemento della vitamina in un clima meno soleggiato di quello d’origine, una scarsa esposizione all’aria aperta per motivi culturali, religiosi e sociali, ed infine la pelle scura. La pigmentazione cutanea è, infatti, un ostacolo alla penetrazione dei RUV ed un bambino africano può avere bisogno di un’esposizione sei volte più prolungata di un coetaneo nord-europeo per ottenere la stessa produzione cuta-


nea di vitamina D. Come già detto, negli ultimi decenni le segnalazioni di consistenti casistiche di rachitismo carenziale si sono moltiplicate nei paesi industrializzati, specie del nord Europa ed America, ma anche noi a Parma abbiamo osservato numerosi pazienti e, nonostante l’allarme lanciato, continuano ad arrivare nuovi casi. Segnalazioni simili giungono anche da altre parti d’Italia, compreso il meridione, e sembrano riguardare soprattutto gli immigrati dal sud del mondo, ma frequenti sono anche i bambini adottati, sia con pelle scura sia quelli provenienti da prolungati ricoveri in “orfanotrofi” dell’Europa dell’est. Nell’arco di 6-7 anni, fra il 1998-99 ed il 2004 avevamo raccolto una casistica di circa 40 bambini con segni clinici o biochimici di rachitismo carenziale. La maggior parte dei pazienti era immigrata ed allattata al seno, ma con nostro stupore abbiamo trovato che un terzo circa erano bambini italiani senza patologie concomitanti. I bambini locali avevano forme più lievi, ma come la maggior parte degli altri erano stati allattati al seno e non avevano ricevuto un supplemento di vitamina D. In conclusione, la ricom-

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parsa del rachitismo, come pure la recente recrudescenza della tubercolosi, sempre in seguito al nuovo fenomeno immigratorio e alle adozioni internazionali, c’insegna a non perdere di vista malattie un tempo molto diffuse, poi ben controllate o quasi scomparse grazie al progresso sociale e sanitario. Il loro ritorno spesso trova i medici e tutta l’organizzazione sanitaria impreparata a riconoscere tempestivamente sia le malattie stesse sia la pericolosità della situazione, e ci ammonisce a non “abbassare la guardia” di fronte a malattie di notevole importanza sociale quali quelle dovute ad agenti infettivi o a fattori ambientali che pensavamo di avere ormai sotto controllo. Nel caso specifico della carenza di vitamina D con-

sigliamo a tutti i bambini adottati, sia provenienti dal sud del mondo sia da paesi europei, un supplemento di almeno 400 unita al giorno di vitamina (pari a 10 mcg), particolarmente importante durante il periodo di crescita rapida dopo l’adozione, e da proseguire anche negli anni successivi durante i mesi invernali. In caso poi di rachitismo conclamato, anche se lieve, è opportuno dare, per un tempo limitato e sotto stretto controllo medico, una dose maggiore di vit D (2000-5000 U) con un supplemento di calcio, oltre ad una dieta ricca di esso (latticini). Consigliamo, inoltre, una particolare attenzione al problema anche durante l’adolescenza (altro periodo di crescita rapida), specie nelle bambine con maggiore pigmentazione cutanea che spes-

so, a differenza dei maschi, passano meno tempo all’aria aperta e al sole. Il consiglio è particolarmente importante per le adolescenti musulmane che incominciano a “velarsi” e fanno solitamente una vita più ritirata. Al momento dell’arrivo del bimbo adottato è importante controllare che fra gli esami di screening richiesti vi siano anche calcemia, fosforemia, fosfatasi alcalina ed eventualmente anche la 25OH-vitamina D (come recentemente la Regione Emilia-Romagna ha aggiunto agli esami previsti dal Protocollo Regionale adozioni Internazionali). Oltre a prevenire il rachitismo, l’importanza di avere buoni livelli ematici di vit D è stata enfatizzata negli ultimi anni da numerosi studi che hanno ipotizzato un ruolo di questa vitami-


na/ormone nella regolazione della risposta immunitaria Secondo alcuni, non a caso, le epidemie d’influenza raggiungono il loro picco proprio quando da alcune settimane i raggi solari delle nostre latitudini non hanno più i RUV necessari alla sintesi della vitamina. Altre ricerche hanno mostrato un probabile ruolo preventivo della vit D nei riguardi di alcuni tumori, di malattie respiratorie ed infine di patologie del sistema nervoso. Per esempio, la sclerosi multipla è rara nelle regioni tropicali, dove i RUV “buoni” sono presenti tutto l’anno e così la schizofrenia sembra colpire maggiormente soggetti che fin dalla vita uterina sono stati carenti di vit D. A sua volta il diabete mellito giovanile sembra interessare con una frequenza 2.4 volte superiore alla

media i bambini con bassi livelli vitaminici nel primo anno di vita. Molti pediatri sono restii a consigliare un supplemento vitaminico prolungato a causa di numerosi casi di iperdosaggio negli anni cinquanta del secolo scorso, ma le dosi consigliate oggi di 400 U/die (10 mcg) sono ben lontane da quelle tossiche (certamente superiori a 5000 U al giorno per periodi lunghissimi di molti mesi o anni in assenza di segni clinici). Più importante è invece la correlazione fra eccessiva esposizione al sole e melanoma, specie se un soggetto di pelle chiara ha avuto più “ustioni solari” in età infantile. Questo problema ha portato ad una recrudescenza di rachitismo negli USA fra i bambini più scuri di pelle, perché l’allarme lanciato dai dermatologi è

stato molto duro con conseguente minore esposizione dei bambini al sole ed uso di filtri solari a protezione molto elevata. Anche di fronte a questo rischio bisogna comportarsi con intelligenza e non eccedere nei due estremi, lasciando giocare i bambini all’aria aperta parzialmente coperti e soprattutto evitando ustioni o abbronzature troppo rapide e radicali.

Bibliografia essenziale 1. Wharton B, Bishop N. Rickets. Lancet. 2003; 25:1389–1400. 2. Misra M, Pacaud D, Petryk A, Solberg FC, Kappy M. Vitamin D deficiency in children and its management: Review of current knowledge and recommendations. Pediatrics. 2008; 122:398–417. 3. Holick MF. Resurrection of vitamin D deficiency and rickets. Journal of Clinical Investigation. 2006; 116:2062–2072.

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psicologia scuola e adozione 18

Livia Botta

Psicoterapeuta e Formatrice Responsabile del Progetto “Adozione e scuola” dell’ANSAS Liguria www.liviabotta.it - www.adozionescuola.it

Una carta d’intenti per la Scuola

Le problematiche sottostanti al successo scolastico di bambini e ragazzi adottati sono fortunatamente diventate, negli ultimi anni, oggetto d’interesse crescente.

Ha preso avvio un processo di riflessione e approfondimento sfociato in molteplici e importanti iniziative: proposte formative rivolte agli insegnanti e agli operatori dell’adozione, messa a punto di prassi condivise (linee guida, protocolli, vademecum per insegnanti), sperimentazioni di buone pratiche didattiche e di accoglienza. Alcune questioni cruciali (dopo quanto tempo dall’arrivo inserire i bambini a scuola e in quale classe, come affrontare lo studio della storia personale e la questione della diversità etnica) sono oggetto di riflessione e dibattito in diverse sedi: dal gruppo di lavoro del MIUR recentemente costituito alle associazioni di genitori. C’è da dire, tuttavia, che l’input per queste riflessioni è partito soprattutto dalle associazioni di geni-

tori e che la scuola, salvo rare e lodevoli eccezioni, risulta ancora impreparata e spesso scarsamente consapevole delle specificità e dei bisogni di cui gli alunni adottati sono portatori. Inoltre, mentre la riflessione sulla scuola dell’infanzia e primaria è ormai ricca, più carente è quella sui cicli scolastici successivi. Eppure il fatto che oggi tanti bambini arrivino in adozione già grandi, e che dunque vengano inseriti a scuola negli ultimi anni delle elementari o direttamente nella scuola media, insieme alla constatazione che alcune comuni problematiche adolescenziali possono presentarsi negli adottati con particolare virulenza, inducono a portare rapidamente al centro dell’attenzione anche la scolarizzazione secondaria.


il sito Internet www.adozionescuola.it, la pubblicazione di un Vademecum per insegnanti.

scuola dell’infanzia e primaria, l’altra per la scuola secondaria di 1° e 2° grado. Può essere consultato sul nostro sito. La carta individua le “attenzioni” che le scuole Ma con quale sensibili alla realtà dell’ascopo è stata dozione e dell’affido dorealizzata questa vrebbero mettere in atto carta d’intenti? nei confronti degli alunni e La finalità del delle loro famiglie, sia sotgruppo che l’ha to l’aspetto organizzativo prodotta è farne che per quanto riguarda la un’occasione di sensibilizzazione del componente relazionale e personale scolastico didattica. Un aspetto ritenuto prioalle problematiche ritario è l’istituzione della adottive. figura di un docente reL’ultima realizzazione è ferente che possa fare da una Carta d’Intenti per la cerniera tra scuola, famiscuola elaborata dalle in- glia e servizi e che, grazie segnanti che partecipano alla competenza più approal corso di formazione di fondita sulle peculiarità quest’anno, con la collabo- dell’adozione, possa essere razione di genitori adottivi punto di riferimento per i e operatori dell’adozione. colleghi che hanno alunni Si tratta di un documento adottati nelle loro classi. in due versioni: una per la Altri punti cardine riguar-

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E’ a partire da questa analisi che dal 2008 ha preso avvio all’interno del nucleo ligure dell’ANSAS (Agenzia Nazionale di Sviluppo dell’Autonomia Scolastica, ente del Ministero dell’Istruzione che si occupa di ricerca e formazione degli insegnanti) il progetto “Adozione e Scuola”, con la finalità di diffondere una cultura dell’adozione nelle istituzioni scolastiche del proprio territorio. Il gruppo di progetto iniziale, composto da insegnanti, si è in seguito arricchito con la partecipazione di genitori adottivi e operatori dell’adozione (psicologi, assistenti sociali). In questi anni ha promosso incontri di sensibilizzazione e formazione rivolti a docenti e dirigenti scolastici, iniziative di rete con gli altri soggetti che si occupano di adozione sul territorio,

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dano i tempi e le modalità del primo inserimento scolastico dei bambini adottati; l’opportunità di far riferimento, nello svolgimento delle normali attività didattiche, ai diversi modelli di famiglia presenti nella realtà odierna, e di prestare particolare attenzione, nel momento della costruzione dei primi concetti temporali, a proporre attività che possano includere le storie personali di tutti gli alunni; la necessità di

programmare percorsi didattici personalizzati se necessario. Ma con quale scopo è stata realizzata questa carta d’intenti? La finalità del gruppo che l’ha prodotta è farne un’occasione di sensibilizzazione del personale scolastico alle problematiche adottive. L’intenzione è di presentarla alle scuole del territorio, per verificare quante e quali la sentano a tal punto in sintonia con la propria cultura educativa

da farla propria, quante ne colgano anche solo alcune parti per assumerle nel loro progetto di scuola. Ogni istituzione scolastica elabora un proprio Piano dell’Offerta Formativa nel quale illustra il proprio progetto didattico, di cui i contenuti della carta d’intenti potrebbero entrare a far parte. Conoscere a priori in che misura una scuola sia consapevole delle specificità e criticità dell’adozione e


che attenzione sia pronta a prestare al percorso scolastico di bambini e ragazzi adottati potrebbe rappresentare per i genitori un ancoraggio importante, sia nel primo contatto con la scuola dei loro figli che nel prosieguo del loro percorso scolastico.

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Più in generale, lo scopo della carta d’intenti è dare un aiuto puntuale e concreto ai diversi soggetti coinvolti: agli insegnanti, che possono trovare nella carta indicazioni e suggerimenti operativi; ai genitori, che possono farsi un’idea di cosa è possibile chiedere agli insegnanti dei loro figli, all’interno dei vincoli di fattibilità consentiti dalle norme scolastiche.

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CARTA D’INTENTI PER SCUOLE DELL’INFANZIA E PRIMARIE La scuola xxx, consapevole che la presenza di alunni adottati o in affido familiare è un dato strutturale che riguarda l’intero sistema scolastico, s’impegna a:

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l Curare la sensibilizzazione dei docenti alle problematiche dell’adozione e dell’affido familiare, promuovendo appositi momenti formativi e/o segnalando le proposte provenienti da agenzie esterne; l Istituire la figura di un docente referente (o componente di una commissione specifica: accoglienza, integrazione, ecc.), con competenze sulle problematiche dell’adozione, che si faccia carico di: l Promuovere e facilitare i contatti scuola-famiglia, offrendo nella fase di prima accoglienza un servizio informativo completo sulla scuola (POF, struttura scolastica, conoscenza di alcuni docenti e del mediatore linguistico-interculturale); l Organizzare e gestire, al momento dell’iscrizione, un colloquio conoscitivo con i genitori, senza forzature, riguardante paese di provenienza del bambino, percorso scolastico pregresso, livello di conoscenza della lingua italiana, caratteristiche della personalità e predisposizioni; l Supportare i docenti della classe nella realizzazione di eventuali percorsi didattici personalizzati; l Essere interlocutore nel rapporto con i soggetti (servizi, enti, associazioni) che si occupano di adozione e affido sul territorio; l Monitorare l’andamento dell’inserimento e del percorso formativo durante l’anno; l Curare il passaggio d’informazioni sull’alunno tra i diversi gradi di scuola; l Avere una chiara conoscenza di chi e quanti sono gli alunni adottati o in affido presenti a scuola. I docenti, consapevoli che le differenze sono una risorsa e che l’inclusione va sostenuta, s’impegnano a: l Proporre attività per sensibilizzare le classi all’accoglienza e alla valorizzazione di ogni individualità; l Facilitare la comunicazione con un ascolto attivo e creare un buon

clima di classe in cui ciascun bambino possa sentirsi a proprio agio; l Ampliare in entrambi gli ordini di scuola l’area del gioco e dell’espressione corporea per favorire processi di socializzazione ed espressività; l Fare attenzione nella scelta dei libri di testo e delle letture (narrativa, fiabe tradizionali e moderne, ecc.) al modello di famiglia veicolato e al linguaggio utilizzato; l Creare occasioni, alla portata dei piccoli discenti e con le opportune mediazioni didattiche, per parlare delle diverse tipologie di famiglia esistenti nella società odierna, riferendosi a un concetto di famiglia come legame affettivo e relazionale; l Favorire la partecipazione a laboratori a classi aperte, con regole “morbide” e uso flessibile degli spazi. Nei confronti degli alunni adottati o in affido presenti in classe, gli insegnanti s’impegnano a: l Iniziare da subito la collaborazione con la famiglia, mantenendola nel tempo e mostrando disponibilità per colloqui non rigidamente cadenzati dal calendario scolastico, per conoscere a fondo la situazione del bambino, senza forzature e atteggiamenti invadenti e, in itinere, per definire e aggiustare il percorso formativo; l Mantenere in classe un atteggiamento equilibrato, evitando sia di sovraesporre gli alunni adottati o in affido (con attenzioni eccessive, richieste dirette di parlare della loro storia, ecc.), sia di dimenticarne la specificità (proponendo attività e argomenti che implicitamente li escludano); l Creare occasioni in cui gli alunni adottati o in affido si sentano inclusi e, se lo desiderano, possano parlare di sé e della propria cultura d’origine o rappresentare la propria storia attraverso il disegno o altre attività espressive, anche con l’aiuto dei mediatori linguistico-interculturali e/o dei genitori; l Affrontare in modo diverso dal consueto la prima costruzione dei concetti temporali, evitando di proporre attività quali la prima foto, il certificato di nascita, l’albero genealogico, da sostituire con proposte che raggiungano gli stessi

obiettivi rispettando e valorizzando la storia personale di ciascuno; l Se necessario, predisporre percorsi didattici personalizzati calibrati sulle esigenze di apprendimento degli alunni, nei limiti di quanto previsto dalla normativa. Per il primo inserimento e l’accoglienza nella scuola dell’infanzia e primaria di bambini/e adottati/e internazionalmente, la scuola s’impegna a: l Valutare attentamente il percorso scolastico pregresso e le informazioni fornite dai genitori per individuare la classe di frequenza appropriata, prendendo a riferimento le indicazioni della cm 24/06; l Prestare attenzione, nella scelta della classe, a evitare la concentrazione di specificità diverse e particolarmente problematiche; l Consentire inserimenti non immediati e/o una riduzione iniziale dell’orario scolastico per privilegiare il consolidamento dei legami familiari; l Dare al bambino la possibilità di familiarizzare con il nuovo ambiente tramite visite alla scuola e incontri con compagni e insegnanti in momenti preliminari all’effettiva frequenza; l Ricorrere ai mediatori linguisticointerculturali per conoscere il contesto linguistico, culturale, scolastico, i modelli educativi, le modalità di comportamento e relazionali del paese d’origine del bambino, le criticità che potrebbero presentarsi nel nuovo contesto, oltre che per facilitare linguisticamente l’inserimento se necessario; l Predisporre percorsi didattici personalizzati calibrati sulle esigenze di apprendimento degli alunni, nei limiti di quanto previsto dalla normativa (dpr 275/99, dl 59/04, cm 24/06); l Garantire azioni di insegnamento intensivo utili a promuovere una buona competenza dell’italiano come lingua di studio; l Monitorare, riconoscere esplicitamente e gratificare i progressi nell’apprendimento e le competenze possedute o acquisite; l Collaborare con i servizi che seguono la famiglia nel post-adozione (legge 476/98), in particolar modo nei casi più complessi.


CARTA D’INTENTI PER SCUOLE SECONDARIE DI I° E II° GRADO La scuola xxx, consapevole che la presenza di alunni adottati o in affido familiare è un dato strutturale che riguarda l’intero sistema scolastico, s’impegna a: l Curare la sensibilizzazione dei docenti alle problematiche dell’adozione e dell’affido familiare, promuovendo appositi momenti formativi e/o segnalando tempestivamente le proposte provenienti da agenzie esterne; l Istituire la figura di un docente referente, che: l Abbia conoscenza di chi e quanti sono gli alunni adottati o in affido presenti a scuola; l Conosca e tenga i contatti con i soggetti (istituzioni, servizi sociosanitari, agenzie educative, mediatori linguistici-interculturali, ecc.) che a diverso titolo si occupano di adozione e affido sul territorio; l Faccia da tramite se necessario tra famiglie e consigli di classe; l Supporti i docenti che hanno alunni adottati o in affido nelle loro classi segnalando le risorse disponibili (materiali didattici, opportunità di formazione e/o di consulenza, ecc.); l Curi il passaggio d’informazioni sull’alunno tra i diversi gradi di scuola. I docenti, indipendentemente dalla presenza o meno di alunni adottati o in affido nelle loro classi, s’impegnano a: l Fare attenzione, nella scelta dei libri di testo, ai modelli di famiglia presentati e al linguaggio utilizzato, scegliendo i testi più aperti ai diversi modi di “fare famiglia” e al pluralismo culturale di oggi; l Prestare attenzione, nella scelta delle letture e degli argomenti di studio, alle situazioni familiari degli alunni, evitando proposte che potrebbero mettere a disagio o escludere implicitamente qualcuno; l Proporre attività per sensibilizzare le classi all’accoglienza, alla valorizzazione delle diversità, all’inclusione; l Proporre argomenti di studio (a carattere linguistico, storico, sociale, geografico, giuridico, economico) che facciano riferimento

ai diversi modelli familiari presenti nella società odierna, alle forme d’interdipendenza e mobilità delle persone a livello mondiale, alla convivenza e ibridazione delle culture. Nei confronti degli alunni adottati o in affido presenti in classe, gli insegnanti s’impegnano a: l Mantenere un atteggiamento equilibrato, evitando sia di sovraesporli (con attenzioni eccessive, richieste dirette di parlare della loro storia, ecc.), sia di dimenticare la loro specificità (proponendo attività e argomenti che implicitamente li escludano); l Creare occasioni in cui si sentano inclusi e, se lo desiderano, possano parlare di sé (ad es. riferendosi al concetto di famiglia come legame affettivo e relazionale; stimolando la scrittura autobiografica; sottolineando le pluriappartenenze culturali che caratterizzano la nostra società, ecc.), anche con l’aiuto dei mediatori linguistici-interculturali e con progetti mirati; l Sostenere il loro senso di appartenenza alla classe e lo sviluppo dell’autostima, utilizzando rinforzi positivi; l Mantenere una stretta collaborazione con la famiglia per la definizione e il monitoraggio del percorso formativo; l Se necessario, introdurre elementi di flessibilità e personalizzazione nel piano educativo, nei limiti di quanto consentito dalla normativa vigente e curando la trasmissione delle informazioni al ciclo di studi successivo. Nel caso di primo inserimento nella scuola secondaria di ragazzi adottati internazionalmente, la scuola s’impegna a: l Preparare l’inserimento tramite contatti preventivi con la famiglia, per raccogliere informazioni sulla scolarità pregressa e sugli aspetti personali che i genitori ritengono utili a una comprensione dei comportamenti del figlio e al buon inserimento scolastico; l Ricorrere ai mediatori linguisticiinterculturali per conoscere il contesto linguistico, culturale,

scolastico, i modelli educativi, le modalità di comportamento e relazionali del paese d’origine dell’alunno, le criticità che potrebbero presentarsi nel nuovo contesto, oltre che per facilitare linguisticamente l’inserimento se necessario; l Valutare attentamente il percorso scolastico pregresso e le informazioni fornite dai genitori per individuare la classe di frequenza appropriata, prendendo a riferimento le indicazioni della cm 24/06; l Prestare attenzione, nella scelta della classe, a evitare la concentrazione di specificità diverse e particolarmente problematiche; l Consentire inserimenti non immediati e/o una riduzione iniziale dell’orario scolastico per privilegiare il consolidamento dei legami familiari; l Dare all’alunno la possibilità di familiarizzare con il nuovo ambiente tramite visite alla scuola e incontri con compagni e insegnanti in momenti preliminari all’effettiva frequenza; l Garantire azioni d’insegnamento intensivo utili a promuovere una buona competenza dell’italiano come lingua di studio; l Nel caso di alunni con una carente scolarizzazione pregressa, predisporre un contratto di corresponsabilità tra famiglia, alunno e scuola, da verificare periodicamente, per guidare il graduale processo di adeguamento alle routines scolastiche; l Predisporre percorsi didattici personalizzati calibrati sulle esigenze di apprendimento degli alunni, nei limiti di quanto previsto dalla normativa vigente (dpr 275/99, dl 59/04, cm 24/06); l Monitorare, riconoscere esplicitamente e gratificare i progressi nell’apprendimento e le competenze possedute o acquisite; l Collaborare con i servizi che seguono la famiglia nel post-adozione (legge 476/98), in particolar modo nei casi più complessi.

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giorno dopo giorno

Marta e Alberto

La bicicletta... prestata

Emozioni dal Blog di Marta e Alberto su Radiomamma.it 24

Da un po’ di tempo sta parcheggiato ai bordi dei giardini pubblici di zona. Un finestrino è rabberciato con il nastro adesivo. E’ abitato inequivocabilmente da una famiglia rom, con un numero imprecisato di figli. Intorno al camper malmesso circolano le voci più disparate. Il fastidio è corale e unanime: gli zingari sono ladri, bisogna temerli ed evitarli accuratamente. Lo dicono tutti, persino una nostra amica che ha adottato il suo bimbo lasciato in ospedale da una mamma rom (rigorosamente “rumena” per la cerchia dei parenti). Ed io che pensavo che le famiglie adottive fossero vaccinate contro il razzismo… Mi sento ipocrita perché istintivamente controllo lo zaino quando incontro qualche rom sul tram, eppure non riesco proprio

a dire ai miei figli di star loro lontani. “Mamma, ma portano via i bambini!” esclama il mio cucciolo di otto anni. Lo incenerisco con lo sguardo. E subito lo interrogo: “Chi ti ha raccontato questa sciocchezza?” E lui, serafico: “Il nonno!”. Per fortuna non parla di mio padre, ma… Reagisco: “Il nonno è anziano. Anche le sue paure sono vecchie”. E chiudo il discorso. Pochi giorni dopo, ai giardini, si chiacchiera tra mamme. I figli scorrazzano lì intorno. Si avvicina lesta una bimbetta rom che guarda con gli occhietti vispi e un po’ languidi la bicicletta di una delle compagnette di mio figlio. La madre è quella del gruppo più aperta e le propone di fare pure un giretto. “Ingenua! Tu sei pazza.” Le dicono le altre. Io solidarizzo con la

mamma coraggiosa e controcorrente. La bambina fa un giro, due, poi tre, infine la perdiamo di vista… “Vedi? Cosa ti avevo detto?” Il disappunto dilaga. La situazione si fa pesante. La piccola proprietaria della bicicletta inizia a piangere. La madre resta interdetta. Tutte le presenti si sentono ora legittimate a sputar sentenze, in un crescendo senza sosta. “E poi…i loro bambini sono anche aggressivi”, rincara la dose un’altra madre adottiva. “Per forza - provo a contrastare io - se nessuno vuole mai giocare con loro. Come ti sentiresti ad essere costantemente escluso?” Ma tira una brutta aria. Il gruppo si sparpaglia. C’è chi cerca la bici, chi richiama i propri figli un po’ stizzito, chi si allontana con un sorrisetto tra il dispiaciuto e il compiaciuto.


Alla fine la bicicletta ricompare all’improvviso. La riporta la mamma rom, in silenzio. Una mamma egiziana è andata a cercarla nel camper. Forse le ha anche detto che se la bicicletta non fosse ricomparsa, avrebbe chiamato la polizia. Le voci di giardino iniziano a circolare. Come sempre fuori controllo. Torniamo a casa con un sapore amaro in bocca. Mio figlio ha osservato tutto e mi interroga con lo sguardo. Io non so esattamente cosa pensare. Tanti discorsi sull’accoglienza, sulla diversità che arricchisce si sgretolano in pochi attimi quando sentiamo minacciate le nostre sicurezze. E’ vero: la bicicletta rischiava di sparire. Ma come adulti e come genitori, possiamo dire no ad una bambina che ci chiede di prestarle un gioco? Cosa

insegniamo ai nostri figli? Io mi ostino a dire che la bicicletta gliela avrei data anch’io...

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leggendo Marina Zulian responsabile della BibliotecaRagazzi di BarchettaBlu

Cronache dalla barchetta - 15

TuttInsieme. Libro che gira, Libro che leggi. Il mese della lettura 2012 26

In questo articolo voglio parlare di libri in un modo speciale. Vi voglio raccontare come la Biblioteca Ragazzi di BarchettaBlu organizza a Venezia ad aprile 2012 il Mese della lettura. Si tratta di una iniziativa dedicata ai bambini e alle loro famiglie. Le molteplici attività e i laboratori coinvolgono anche le scuole della città e le proposte hanno tutte come protagonista il libro e il mondo della lettura. Racconto di questa iniziativa che si chiama Libro che gira, libro che leggi poiché sono convinta che

per creare l’abitudine alla lettura in adulti e bambini, per superare la vecchia e stereotipata concezione che i libri puzzino di muffa, per convincere educatori e insegnanti che lo strumento della lettura può essere un valido ausilio didattico, sia assolutamente necessario far conoscere e far girare i libri portandoli anche in spazi inusuali e inaspettati. Da sei anni la Biblioteca Ragazzi di BarchettaBlu organizza nel mese di aprile una serie di eventi, spettacoli, incontri sul tema del libro e della lettura. Ogni anno il filo condutto-

re è rappresentato da un anniversario, da un evento speciale o da un tema legato ad un particolare argomento da divulgare fra i bambini. La terza edizione dell’aprile 2009 si è liberamente ispirata al futurismo nell’anno del centenario della pubblicazione del Manifesto dell’omonimo movimento; la quarta edizione dell’aprile 2010 è stata dedicata al libro tattile illustrato, a metà strada tra il libro didattico e il libro d’arte e la quinta edizione del 2011 intitolata GiocosaMenteChimica si è ispirata all’anno internazionale della chimica.


Per quanto riguarda la sesta edizione del 2012, il tema conduttore è TuttInsieme, in occasione dell’anno europeo del volontariato e della cooperazione sociale. Attraverso i libri e le letture si vogliono invitare le famiglie e i bambini ad uscire dalle proprie abitazioni e a riversarsi nelle piazze e nelle strade per incontrarsi e stare insieme. La strada in un certo senso può essere intesa come luogo materico fatto di terra, pietre, polvere, vento, pioggia, case, animali, persone, segnali, suoni, rumori, luci, giochi ma anche come scambio di idee, culture, speranze, sogni. La strada come bivio, scelta, prospettiva, superamento dei confini, deviazione o comunicazione. La strada come incontro e scambio multigenerazionale e interculturale. Nelle diverse iniziative il TuttInsieme può essere rappresentato da un posto fisico “qui-vicino-difronte”, dal superamento dei confini “nessun posto-oltredappertutto” , dalle storie di sogni e invenzioni con il “più in là-lontano-chissà dove” e da uno luogo di superamento dei pregiudizi e di accoglienza della diversità con i’ “attraversosupero-oltrepasso”. In questo senso le letture

riguardano libri che parlano di strade dove ci si incontra, più che di strade per andare da qualche parte come per esempio La strada che non andava in nessun posto, un classico di Gianni Rodari. Quando sei anni fa, con un gruppo di amici, di genitori, di educatori ci siamo accorti che nella nostra bella biblioteca e nella nostra particolare città non si faceva abbastanza per far girare, usare, conoscere i libri, abbiamo pensato che se i bambini e le famiglie non venivano troppo spesso a prendere i libri in biblioteca, erano i libri che dovevano andare dai bambini. E così abbiamo fatto: ogni anno, nel mese di aprile, i libri escono dalle biblioteche, dalle librerie e vanno a trovare bambini e adulti nelle calli e nei campi che a Venezia corrispondono alle strade e alle piazze; sono state organizzate persino delle letture nel grande salone centrale di una banca, in uno storico palazzo veneziano e in alcuni musei, fino ad allora assolutamente inaccessibili ai bambini. Naturalmente abbiamo chiesto aiuto a molti enti per il sostegno economico e organizzativo. Le iniziative e le attività di questo progetto si realizzano

infatti per il sesto anno grazie alla proficua collaborazione di associazioni, cooperative, enti pubblici e privati; in particolare, oltre naturalmente a BarchettaBlu che organizza gli eventi, fondamentali sono i contributi offerti con modalità differenziate, dall’Assessorato alle Politiche Educative del Comune di Venezia, dalla Municipalità di Venezia, dall’Università Ca’ Foscari e da altri sponsor. Durante i mesi precedenti all’iniziativa e nel corso del mese di aprile 2012, BarchettaBlu e gli altri soggetti interessati creano una vera e propria rete in città, collaborando attorno al progetto di promozione della lettura. Nella realizzazione di questa manifestazione BarchettaBlu coinvolge all’interno del centro storico di Venezia i soggetti più vari e si avvale di importanti collaborazioni con biblioteche, librerie e musei. In questo contesto vengono realizzate una serie di attività, laboratori, incontri soprattutto dedicati ai bambini. I laboratori creativi e di lettura ad alta voce sono organizzati in modo da garantire al bambino la possibilità di vivere il racconto, la fiaba, la storia in una dimensione ludica ma

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al tempo stesso di vivere il libro come un oggetto caro e prezioso. La scelta delle letture e dei materiali è fatta per stimolare la curiosità e la ricerca, la creatività e la fantasia sulla base delle competenze e delle abilità specifiche di ogni fascia di età. In ogni luogo sono stati predisposti degli spazi speciali dove i bambini e

le loro famiglie possano trovare accoglienza, calore e vitalità; vari tipi di allestimento sono realizzati per accogliere le letture luminose, le multi letture, le maratone di lettura per grandi e piccini. Infatti nell’ideazione e nella realizzazione del progetto sono coinvolti i bambini delle scuole che partecipano ai laboratori, ma anche

gli insegnanti che frequentano le giornate formative e i genitori che ascoltano le storie nelle attività pomeridiane e del fine settimana. L’idea di base è incuriosire, far venire la voglia di guardarsi attorno, stimolare la necessità di cercare e in conclusione aiutare ad aprirsi al mondo e alla relazione con gli altri.

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In questo senso segnalo il grande albo illustrato La gigantesca piccola cosa nel quale si racconta di tante persone, bambini e bambine, ragazze e signori, mamme e nonni alla ricerca di qualche cosa che vedono passare e che non riescono a riconoscere o ad afferrare: un giorno d’estate è passata vicino ai piedi di Sebastiano, per mesi una signora l’ ha aspettata sulla porta di casa. C’è chi

la incrocia per caso, nell’attimo più impensato; chi l’aspetta per anni, invano; chi la incontra, ma non sa riconoscerla; chi si affanna a cercare di afferrarla; chi addirittura pensa di comprarla; chi la vede solo passare, ma si accontenta; chi ne ha paura; chi la riconosce in un odore o in un profumo. Ma che cosa sarà mai? Quelli che sono riusciti ad attraversarla anche sotto la pioggia o anche solo per un minuto o due gli è bastato. Qualcuno l’ ha trovata fra i granelli di sabbia o dentro un fiocco di neve, tra i giochi di bambino o nella scatola delle caramelle. A volte però, a chi non la conosceva, la gigantesca piccola cosa ha fatto talmente tanta paura che molti si sono rinchiusi in se stessi, hanno allontanato le altre persone e hanno costruito i

muri più alti. Un giorno si è nascosta persino in una lacrima. Molti hanno provato a inseguirla, a procurarsela con i soldi o a rinchiuderla in una scatola; ma è impossibile conservarla. A volte si posa su di noi per un attimo e poi se ne va, si rannicchia sotto il nostro naso ma noi non la vediamo. Lei non fa che passare. Ma una cosa è certa: la si può trovare negli sguardi e negli abbracci degli altri. Sfogliando questo libro, proprio fino all’ultimo, si cerca nella nostra mente di immaginare cosa possa essere questa cosa, si fanno delle ipotesi e delle proposte; solo nell’ultima pagina si scopre che qualcuno è riuscito perlomeno a darle un nome. Per Beatrice Alemagna, autrice di testo e illustrazioni, è la felicità. Leggendo il libro, parole e


disegni ci ispirano suggestioni ed emozioni e ci ricordano i nostri genitori, i nostri figli, i nostri amici e i nostri cari. 111111111111 Come in ogni edizione, il format del mese dalla lettura prevede anche l’allestimento di una esposizione di opere d’arte, di illustrazioni o di libri che richiamino il tema dell’anno. Anche nel 2012 è prevista la realizzazione di una esposizione che, grazie alla collaborazione con l’Associazione Illustratori, porta a Venezia l’Annual una colorata e fantasiosa mostra di illustrazioni. Un particolare allestimento adatto ad una utenza di adulti e di bambini viene realizzato nella centrale e caratteristica Sala San Leonardo a Cannaregio, nel cuore di Venezia. Tutti possono visitare la mostra e ascoltare le letture, ammirare le opere selezionate dall’associazione illustratori e partecipare alla creazione di un’opera d’arte collettiva. Ogni adulto, ogni bambino, ogni persona che visita la mostra può lasciare il suo personale e originale segno nella piattaforma del Tuttinsieme: per qualcuno è una piazza, per qualcuno è una cit-

tà, per qualcun’altro è un pianeta o un mondo ideale. Ognuno può comunque prendere un pezzettino di cartone ondulato, una stoffa variopinta, una carta colorata, un bottone e realizzare una parte dell’opera collettiva Tuttinsieme.

L’Annual è una prestigiosa vetrina per gli illustratori, sia per quelli già affermati sia per coloro che stanno intraprendendo la carriera di illustratori. La selezione è affidata ad una Giuria composta da stimati professionisti del settore, due illustratori, due art-director, un critico e cambia ogni anno. L’Annual si propone di selezionare le migliori e più valide opere all’interno di tutte le tipologie di illustrazione intesa come arte applicata: dalle illustrazioni editoriali, pubblicitarie e istituzionali a quelle utilizzate in discipline come l’interior design e l’architettura; dalle immagini per libri pop-up e per la scolastica a quelle per i giochi fantasy; dai disegni umoristici e fu-

metti alle animazioni 3D; dalla street art alla Body Art e ad ogni possibile altra applicazione. Durante la visita alla mostra, bambini e adulti sono condotti attraverso un percorso alla scoperta delle mille sfaccettature e possibilità delle opere degli artisti e sono stimolati a pensare alle storie che queste illustrazioni raccontano, anche con l’aiuto di una animatrice che sottolinea alcuni particolari e stimola immaginazione e fantasia. 111111111111 Le letture ad alta voce e animate e i laboratori di costruzione del libro sono condotte da esperti dell’equipe di BarchettaBlu che si occupano da anni di didattica ludica e di letteratura per l’infanzia. I laboratori di costruzione del libro seguono il metodo Giocare con l’Arte di B. Munari che parte dalla consapevolezza che l’esperienza diretta facilita le conoscenze del bambino che può esprimere liberamente la propria creatività in un gioco solo minimamente guidato. Quindi la ricerca del bambino è libera e foriera di grandi emozioni. Attraverso i libri e le letture si invitano bambini, ragazzi e famiglie ad incon-

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trarsi e a stare insieme. Mentre in campo le letture sono animate all’aria aperta, in biblioteca le letture sono accompagnate da im-

magini proiettate con la le opere esposte e l’atelier lavagna luminosa, nella è dedicato alla costruzione sala dell’esposizione sono di un libro cooperativo. raccontate anche con l’ausilio delle illustrazioni del- 111111111111

Altre iniziative si svolgono tutto il mese, ma in particolare nelle giornate da giovedì 19 a domenica 22 aprile in concomitanza con il Festival della Letteratura dell’Università Ca’ Foscari di Venezia intitolato Incroci di Civiltà. Per la prima volta il Mese della lettura realizza una collaborazione con l’università che ha previsto nel suo Festival molte iniziative dedicate a bambini, ragazzi e famiglie. Nel pomeriggio di sabato 21 aprile il prestigioso Auditorium dell’Università Ca’ Foscari viene allestito come una speciale biblioteca con punti di lettura e angoli per sfogliare i libri viventi. Come in una biblioteca si possono prendere in prestito i libri, ma questi non sono di carta ma sono delle persone in carne e ossa dalle quali

ascoltare le storie: - si prenota il libro in un grande registro/tabellone - si prende in prestito il libro vivente per un tempo di circa 20/30 minuti - in un incontro a tu per tu, si parla con il libro vivente e si sfoglia la storia come in un libro. Il percorso del lettore è lo stesso di chi prende in prestito un libro in una biblioteca reale; il lettore deve fare richiesta di prestito al bibliotecario e poi viene accompagnato a conoscere il libro. Ognuno è libero di scegliere un libro da un catalogo in base ai propri interessi e curiosità, per interrogarlo e avere l’opportunità di conoscere realtà di vita diverse dalla propria, con le quali difficilmente si entra in contatto nella quotidianità. Ogni lettore ha dei diritti e

delle regole da rispettare.I diritti del lettore sono quello di poter prendere in prestito qualsiasi libro disponibile e di poter fare domande al libro vivente.Le regole per il lettore sono di effettuare una sola lettura, di usufruire del prestito per un periodo limitato di tempo e di compilare il questionario di valutazione dell’esperienza. Come in una vera e propria biblioteca, i libri sono la risorsa più importante della Biblioteca Vivente. Sono una risorsa umana, in quanto ogni libro è una persona che, per diverse caratteristiche ha una storia speciale da raccontare. Il titolo è la chiave che permette al lettore di capire che tipo di storia andrà ad affrontare durante la lettura/discussione. Anche ogni libro ha dei diritti e delle regole da ri-


spettare. I diritti del libro sono di essere trattato con rispetto, di poter interrompere la lettura quando lo ritiene opportuno e di non rispondere ad alcune domande se indelicate. Infine per il libro le regole sono di trattare con rispetto il lettore, di ascoltare con attenzione le domande e soprattutto di essere sé stesso. Questa prima edizione veneziana della Biblioteca Vivente si intitola Racconti di viaggio. Libri parlanti raccontano le loro storie. L’iniziativa prevede l’incontro tra diverse realtà italiane che lavorano con “ragazze e ragazzi del mondo“ e si articola in realtà, oltre che con l’attuazione della biblioteca vivente, anche con un percorso formativo e con l’avviamento di una rete di lavoro. Alcune persone provenienti da diversi paesi e da diverse culture si fanno libro, raccontano il loro viaggio concreto o metaforico e vengono sfogliate da altre persone interessate al tema e alla storia. La Biblioteca Vivente a Venezia si ispira a esperienze ormai consolidate e sperimentate in diverse città italiane ed europee. Gli obiettivi sono quelli, da una parte di far conoscere un patrimonio culturale e umano di cui cittadine e

cittadini del mondo sono portatori, dall’altro quello di offrire opportunità di scambio di esperienze e di formazione tra diverse realtà, nell’ottica di avviare un progetto di rete, ricerca e pratica educativa con adolescenti e giovani del mondo. Dalle 15.00 alle 20.00 alcuni animatori e attori animano lo spazio esterno dell’auditorio e raccolgono le richieste del prestito dei libri viventi. I lettori vengono accompagnati nei salottini dove sono collocati i libri. organizzati affinchè la lettura avvenga in un clima piacevole. 111111111111

Contemporaneamente all’esterno dell’auditorio è organizzato Lo Scambialibro, mercatino dei libri usati dei bambini. I bambini di Venezia allestiscono, organizzandosi in piccoli gruppi di amici, un mercatino dell’usato, esponendo libri, videocas-

sette, giornalini, carte da gioco e dvd. Ciascun gruppetto allestisce su un telo una vetrina per l’esposizione degli oggetti che vuole scambiare, poi gira tra le bancarelle, offre libri in cambio di altri libri, propone scambi e baratti. Alla fine dell’iniziativa bambini e genitori sono invitati a raccogliere tutti i libri scambiati e a trasferirsi nel vicino campo San Barnaba per l’iniziativa La gessettata. Si tratta ancora una volta di un’opera collettiva nella quale bambini e famosi illustratori insieme realizzano, sulla pavimentazione del campo attorno al pozzo, un grande disegno con i gessi. Spesso nei libri per bambini il linguaggio delle immagini è tanto importante quanto quello delle parole e quindi gli illustratori svolgono un ruolo importantissimo nella realizzazione dei libri per l’infanzia. Sono presenti gli illustratori dell’associazione Illustrazioni in corso con Giulia Orecchia, Lucia Scuderi, Dario Cestaro e altri, le cui illustrazioni arricchiscono molti libri che vengono letti durante il mese. Conoscere coloro che hanno riempito di disegni e colori i nostri libri preferiti è un bellissima occasione e realizzare con

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loro un gigantesco disegno è una grandissima emozione. Come per esempio conoscere Lucia Scuderi, autrice di moltissimi libri e dell’ultimissimo albo illustrato Cavaliere Souvenir pubblicato da Artelibri. E’ la storia del cavaliere Eustachio, che esce tutti i giorni di corsa ed è sempre occupato in mille affari. E’ la storia di uno strano personaggio che esce dalle quattro mura domestiche e viaggia in lungo e in largo. Vuole vedere il mondo, vuole conoscere le persone, vuole restare nei disparati posti dove arriva, ma deve sempre andare, ha troppe cose da fare. Tutti i giorni esce di corsa Un cavaliere senza borsa Si chiama Eustachio l’accelerato In mille affari sempre occupato Eustachio attraversa la campagna, scala una montagna, incontra un essere gigante che lo vorrebbe conoscere, ma non può fermarsi e, senza perdere un momento, deve stare sempre in movimento. Incontra anche una strana ma affascinante fanciulla che lo invita nel suo regno e un drago sul fondo di un lago

che lo invita ad una sfida. Il cavaliere Eustachio ripete a tutti che vorrebbe restare ma ha troppe cose da fare. Il nostro protagonista mi ricorda tanto molti adulti, molti genitori che a volte, quasi come soldatini, corrono da una parte all’altra senza riuscire a fermarsi; sono esausti ma non riescono a godere delle cose belle che li circondano. Anche Eustachio è molto stanco, vorrebbe riposare, ma continua a camminare. Si ferma solo quando incontra un gruppo di bambini che lo guardano incuriositi e gli fanno mille domande. Quando gli chiedono cosa sta cercando e perché corra senza mai fermarsi, Eustachio si rende conto che nemmeno se lo ricorda più. Anche noi adulti spesso facciamo proprio così. Per fortuna i bambini convincono Eustachio a fermarsi e a raccontare le sue avventure in giro per il mondo. Poi, tutti assieme, decidono che non c’è tempo da sprecare quando è il momento di giocare; così si divertono e giocano insieme per lungo tempo. Come i bambini, che trovano sempre il momento per il gioco poiché è un ricco di emozioni e di relazioni, così anche gli adulti dovrebbe-

ro trovare dei momenti per abbandonare tutte le loro frenetiche occupazioni e dedicarsi alle relazioni con gli altri, anch’esse piene di emozioni e ricche di sentimenti. Ho scritto questo articolo per raccontare come sia possibile realizzare molte iniziative attorno ai libri. Questo articolo rappresenta anche una spinta per genitori, educatori e tutti coloro i quali si interessano di bambini ad andare nelle biblioteche, nelle librerie, nei comuni a chiedere iniziative di promozione alla lettura dedicate a scuole e famiglie poiché sono preziose occasioni per stare con gli altri.


Bibliografia La strada che non andava in nessun posto. R. Rodari, Emme Edizioni, 2010 La gigantesca piccola cosa. B. Alemagna, Donzelli, 2011 Cavaliere souvenir. L. Scuderi, Artebambini, 2012 Soffio di Vento. E. Lodolo, Fed. Naz. delle Ist. pro Ciechi, 2009, Vicini. M. Colombo, Kalandraka, 2008 Il pacchetto rosso. L. Wolfsgruber, 2009

Il gigante più elegante della città. J. Donaldson, Emme Edizioni, 2009 Zoom. B. Istvan, Il Castoro, 2003 Uno e sette. G. Rodari, EL, 2010 Ballare sulle nuvole. V. Starkoff, Kalandraka, 2010 La città dei fiori. S. Zavrel, Arka, 1988 L’Universo. F. Faval, Editions du Dromedaire, 2000

Ogni anno il Cantiere Grafico di BarchettaBlu progetta e realizza un gioco a tema legato al mese della lettura e all’argomento scelto come filo conduttore delle iniziative. Quest’anno, in occasione della collaborazione con il festival della Lettura Incroci di Civiltà dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, realizza il gioco incrociAMOci il cui obiettivo è incontrare gli altri in giro per i cinque continenti. Naturalmente, a differenza del gioco tradizionale a cui si ispira che prevede di mangiare l’avversario se si arriva sulla stessa casella, in questo caso, se si arriva in una casella già occupata, si può tirare ancora poiché la relazione con gli altri regala più energia.

Link utili www.barchettablu.it www.incrocidicivilta.org www.associazioneillustratori.it http://illustrazion iincorso.wordpress.comwww.bibliotecavivente.com

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sociale e legale

Angelamaria Serpico Avvocato specializzato in diritto di famiglia e diritto minorile

L’adozione da parte di coniugi residenti all’estero 34

La legge sull’adozione (4/5/1983 n. 184) consente ai cittadini italiani residenti all’estero di proporre la propria disponibilità all’adozione internazionale distinguendo due ipotesi: 1) che essi risiedano nel Paese estero da meno di due anni 2) che siano stabilmente residenti all’estero da più di due anni

Nel primo caso occorre seguire la procedura stabilita dalla normativa italiana. Pertanto l’istanza per essere dichiarati idonei all’adozione internazionale deve essere presentata al tribunale per i minorenni italiano del luogo di ultima residenza in Italia. Gli accertamenti saranno svolti dai servizi territoriali italiani del luogo di ultima residenza, ovvero, a seconda delle procedure adottate dai singoli tribunali, dalle autorità consolari del luogo della loro attuale residenza, appositamente delegate e sempre che esse dispongano delle strutture per svolgere tali attività, oppure ancora da servizi pubblici o organismi privati del Paese di residenza, su specifica autorizzazione del tribunale italiano. Una volta ottenuto il

decreto di idoneità, i coniugi dovranno conferire l’incarico ad uno degli enti italiani e la procedura si svolgerà secondo le fasi ordinarie, fino al rilascio dell’autorizzazione all’ingresso in Italia del minore e alla trascrizione del provvedimento straniero di adozione nei registri dello stato civile italiano, su ordine del competente tribunale per i minorenni. Nel secondo caso i coniugi possono scegliere se seguire la procedura stabilita dalla normativa italiana (come nel caso precedente), ovvero seguire la normativa del Paese in cui risiedono. In questo secondo caso, gli aspiranti all’adozione potranno attivare la procedura in base alla legge del paese estero di residenza. Una


volta perfezionatasi l’adozione, gli adottanti dovranno chiedere al tribunale per i minorenni italiano competente per territorio il riconoscimento del provvedimento straniero di adozione, con conseguente trascrizione del medesimo nei registri dello stato civile italiano. Questa istanza consentirà al minore adottato di acquisire la cittadinanza italiana. Occorre sottolineare che, finché la sentenza straniera di adozione non è trascritta in Italia, il minore adottato all’estero non può ricevere il visto d’ingresso in Italia. Pertanto, è opportuno che

gli interessati promuovano quanto prima la procedura di riconoscimento da parte del tribunale italiano. In caso di trasferimento della famiglia adottiva all’estero durante il periodo di affidamento preadottivo, la procedura sarà seguita attraverso il Consolato. Ciò, ovviamente, anche in caso di adozione avvenuta all’estero da parte di cittadini italiani che poi rientrano in Italia durante il predetto periodo.

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Domande tratte dallo sportello GSD

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se avrete avuto la residenza in Francia per almeno due anni. Tale adozione sarebbe riconosciuta anche dallo stato Italiano. Prima che siano trascorsi due anni, come indicato nell’ipotesi precedente, i cittadini italiani residenti all’estero devono far riferimento al tribunale per i minorenni del luogo della loro ultima residenza o, in mancanza di quest’ultima, al Tribunale per i minorenni di Roma (art. 29 bis). Tale ultima ipotesi, effettivamente, comporterebbe In base all’art. 36 n. 4 del- i disagi da voi evidenziati la legge sull’adozione (L. nel quesito, anche se, evi4 maggio 1983 n. 184) po- dentemente, gli operatori treste adottare un minore terrebbero conto della cirin base alla legge francese costanza.

Buongiorno, mi è stato consigliato da una cara amica che ha appena adottato di rivolgermi a voi per alcune questioni. Siamo una coppia di 32 e 33 anni e desideriamo tanto iniziare il percorso per adottare un bambino. Siamo entrambi italiani ma viviamo in Francia da quasi 2 anni (la residenza qui l’abbiamo da settembre 2011). Mi sono informata presso il Consolato Italiano che mi ha detto che possiamo fare la domanda presso il Tribunale del nostro comune in Italia e sviluppare il percorso a distanza. Non sono però

certa della fattibilità di questo percorso (non é condizione obbligatoria la residenza in Italia per fare domanda di adozione in Italia? e logisticamente come si svolgerebbero i colloqui con lo psicologo? Noi potremmo anche scendere in Italia per ogni colloquio ma la visita a casa per esempio?...). Vi sarei grata se riusciste a darmi qualche informazione e consiglio a riguardo.

Mio marito si trasferirà per lavoro in Svizzera e prenderemo la residenza lì, anche se io vivrò un po’ in Italia e un po’ in Svizzera. Non abbiamo ancora iniziato le pratiche adottive perché raggiungeremo i 3 anni di matrimonio solo a luglio di quest’anno. Quali problemi comporterà questa situazione sulle pratiche per l’adozione nazionale? L’esperienza svizzera dovreb-

be essere temporanea, non pensiamo di certo di adottare un bambino e accoglierlo in una famiglia dislocata un po’ qui e un po’ lì, ma non avrebbe senso rinunciare a questa possibilità quando ci aspetta un lungo periodo di attesa e pratiche burocratiche. Cosa comporta la residenza in Svizzera?

caso di disponibilità all’adozione presentata da cittadini italiani residenti all’estero è competente il Tribunale per i Minorenni del distretto in cui si trova il luogo dell’ultima residenza. Se la residenza nello stato estero durerà più di due anni continuativamente, sarà possibile presentare domanda per l’adozione internazionale in base alle L’art. 29 bis della legge n. norme del paese straniero 84/1983 stabilisce che in (art. 36, legge cit.).


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trentagiorni

ADOZIONI INTERNAZIONALI, CAMBOGIA: LE COPPIE POTRANNO ADOTTARE DAL 2013 Il ministero degli affari sociali della Cambogia ha finalmente annunciato che dal 1 gennaio 2013 ricomincerà finalmente a ricevere i dossier delle coppie che intendono fare adozione internazionale. La notizia arriva dopo una lunga attesa e un ulteriore rinvio nella ricezione dei depositi, prevista in un primo momento ad Aprile 2012. Il rinvio è stato necessario per permettere al Paese di rafforzare il sistema interno di protezione dell’infanzia, ad oggi tuttora in corso, relativamente alla disseminazione della nuova legge sulle adozioni internazionali, da poco varata. Questo processo è supportato dalle autorità e dagli enti stranieri che collaborano con la Cambogia, con progetti di cooperazione nonché con il finanziamento diretto delle attività previste dal governo stesso. Il prossimo passo per rendere effettiva la riapertura è l’accreditamento degli enti autorizzati, in via di definizione in questi giorni, con il supporto tecnico della nostra

Ambasciata a Bangkok. In occasione della missione a Phnom Penh del 2011, svolta per presenziare al Seminario conclusivo del programma di cooperazione avviato due anni fa con il Regno di Cambogia, l’allora Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Sen. Carlo Giovanardi, Presidente della Commissione per le Adozioni Internazionali, e il Ministro del Regno di Cambogia per gli affari sociali, Ith Samheng, hanno sottoscritto l’accordo previsto dalla normativa cambogiana ai fini dell’accreditamento delle organizzazioni straniere autorizzate ad operare nel campo delle adozioni internazionali. Per effetto di questo accordo, tutti gli 8 Enti Autorizzati italiani già operativi in Cambogia potranno riprendere le loro attività nel Paese, previa appunto l’ottemperanza delle procedure di deposito delle richieste. Fonte: www.aibi.it IMMIGRAZIONE. MINORI NON ACCOMPAGNATI, L’ALLARME DELLA BICAMERALE Le conclusioni di due anni e mezzo di lavoro Dopo due anni e mezzo (l’indagine conoscitiva era stata deliberata il 23 ottobre

2008), la Commissione bicamerale d’infanzia ha licenziato il documento conclusivo dell’indagine sui minori stranieri non accompagnati (MNSA), rilevando come questi ragazzi «attraversano una serie di fasi spesso confuse di accoglienza e permanenza, che non di rado sfocia nella loro dispersione o addirittura sparizione». I numeri Il fenomeno è in crescendo. Nel 2006 i minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio italiano erano 789. L’anno dopo erano già 1.450. Nel 2011, anche per effetto della “primavera araba” sono entrati in Italia 3.802 minori stranieri non accompagnati, di cui 835 si sono resi irreperibili. In generale, dice la relazione, solo il 30% dei minori risulta identificato. Attualmente sono 2.456 i minori accolti in strutture e 599 nelle strutture temporanee di accoglienza. Il percorso Il primo rilievo mosso dalla Commissione Bicamerale Infanzia è «l’estrema pericolosità del viaggio attraverso cui i minori arrivano in Italia». Diversamente che per gli adulti, infatti, il grosso dei minori arriva in Italia via


mare. Tra le ragazze, molte arrivano incinta «a seguito di violenze subite durante il viaggio». Il primo obiettivo da raggiungere, spiega la Commissione, «è una tempestiva procedura di identificazione fin dal momento della prima accoglienza», attraverso una vera «task force di personale specializzato e rappresentanti delle ong accreditate». Molti minori infatti si allontanano dalle comunità alloggio che li ospitano e «questo passaggio è quello che presenta i maggiori profili di vunerabilità perché in questa fase i minori sono esposti a seri pericoli di sfruttamento da parte della criminalità organizzata». La proposta Oltre alla task force di ong e volontari specializzati che intervengano nella prima accoglienza, il rapporto conclusivo della Bicamerale Infanzia propone il rilascio di un «vero e proprio documento di identità» e la trasformazione «di parte dei sussidi per l’accoglienza di MNSA in particolare di quelli provenienti dalla Libia in borse lavoro per i minori ultrasedicenni», con il «doppiovantaggio di creare un percorso di inserimento

lavorativo per i minori, tolgiendoli all’inattività e facendo percepire alla comunità la loro utilità sociale». Fonte: www.vita.it VENETO, NEL 2011 324 MINORI ADOTTATI Dal 2000 ad oggi 3.476 adozioni. Oggi firmato un protocollo che coinvolge anche il pubblico tutore dei minori e il mondo della scuola per favorire l’inserimento VENEZIA – Lo scorso anno sono stati 324 i minori entrati in Veneto a seguito di adozioni nazionali o internazionali. Il dato registra un lieve calo rispetto al 2010, quando furono adottati 335 minori (fonte Cai). Nel complesso, dal 2000 al 2011 il numero di adozioni nella regione arriva a quota 3.476, rappresentando il 9,6% del totale nazionale. Per le adozioni internazionali i paesi di provenienza principali sono stati nel 2011 Russia (81 bambini), Colombia ed Etiopia (47), India (24), Brasile (17), Ucraina (13), Cina e Perù (10). L’occasione per fare il punto sulla situazione è stata offerta dalla sottoscrizione del nuovo protocollo d’intesa operativo 2012-2014 sulle adozioni nazionali e internazionali. L’accordo, firmato questa mattina a

Venezia, prevede la sinergia tra regione, enti autorizzati, aziende Ullss e, per la prima volta, pubblico tutore dei minori e ufficio scolastico regionale. “Con quest’atto rafforziamo e riaggiorniamo gli obiettivi del sistema veneto adozioni, che è tra i più validi d’Italia” sottolinea l’assessore veneto alle Politiche sociali Remo Sernagiotto. La collaborazione con il mondo della scuola permetterà di garantire accompagnamento e servizi di vicinanza alle famiglie e ai bambini adottivi: “Sul territorio sono attivati da tempo progetti di formazione per gli insegnanti - aggiunge l’assessore - poiché per l’inserimento scolastico di un bambino adottato, in particolare se proveniente da un paese straniero, va attuata una capacità di comprensione e di accoglienza specifica”. Nel corso dell’incontro odierno sono state anche presentate le “Linee guida sull’adozione nazionale ed internazionale in Veneto”, uno strumento di consultazione e di riferimento per tutti gli operatori del pubblico e del privato sociale. Fonte: www.redattoresociale.it

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