Adozioni e dintorni - GSD Informa giugno-luglio 2012

Page 1

Adozione e dintorni GSD informa - mensile - giugno-luglio 2012 - n. 6

GSD informa

he

Origini biologic

ntare

itĂ alime s s e c e n : e n io z a cola

Prim

lia

mig Da vacanza a fa

za

servatez ri a ll e d la te tu a L



giugno-luglio 2012 | 006

GSD informa

di Anna Guerrieri

4

editoriale

8

psicologia e adozione

Origini biologiche: il ruolo dei genitori adottivi di Franco Carola

12

salute e adozione

18

scuola e adozione

22

giorno dopo giorno

24

Compleanno, che passione di Marta e Alberto

26

leggendo

32

sociale e legale

38

trentagiorni

Prima colazione: necessità alimentare di Raffaele Virdis Una circolare su Scuola e Adozione di Anna Guerrieri Da vacanza a famiglia

Le cronache della barchetta di Marina Zulian La tutela della riservatezza nell’adozione di Angelamaria Serpico

Registrazione del Tribunale di Monza n. 1840 del 21/02/2006 Iscritto al ROC al n. 15956

redazione Simone Berti direttore, Firenze direttore@genitorisidiventa.org; Luigi Bulotta caporedattore, Catanzaro,

editore Associazione Genitori si diventa - onlus via Gadda, 4 Monza (MI) www.genitorisidiventa.org info@genitorisidiventa.org

impaginazione e grafica Maddalena Di Sopra, Venezia; Pea Maccioni, Lecce; Paolo Faccini, Milano

ricerca iconografica Simone Berti, Firenze; Eliana Gentile, Teramo; Anna Guerrieri, L’Aquila. correzione bozze Luigi Bulotta, Catanzaro;

progetto grafico e illustrazioni studio redazioni, Francesca Visintin, Venezia immagini Simone Berti, Firenze; Roberto Gianfelice, L’Aquila; Ilaria Nasini, Firenze; Eliana Gentile, Teramo; Mariagloria Lapegna, Napoli; Paola Di Prima, Monza; Simone Sbaraglia, Roma, Diana Giallonardo, L’Aquila, Raffaella Ceci, Monza.

abbonamenti e contatti email Luigi Bulotta redazione@genitorisidiventa.org copyright Tutto il materiale scritto dalla redazione è disponibile sotto la licenza Creative Common Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo 3.0. Significa che può essere riprodotto a patto di citare Adozione e Dintorni - GsdInforma, di non usarlo per fini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza. Info: redazione@genitorisidiventa.org Antonio Fatigati, direttore responsabile


di Anna Guerrieri

Il Care nella CAI

editoriale

4

E’ di questi giorni la notizia che la Commissione Adozioni Internazionali (CAI) ha finalmente riempito un vuoto che datava dal 2009, designando i due membri che mancavano a rappresentare l’associazionismo famigliare. Si tratta di Monya Ferritti, Presidente del Coordinamento CARE, e di Francesco Mennillo, Presidente dell’Associazione Coordinamento delle famiglie adottanti in Bielorussia. Per la nostra associazione è un momento importante, di valenza storica, perché uno dei membri, attraverso la sua Presidente, è proprio il CARE, coordinamento di cui Genitori si diventa è stato promotore esattamente nel 2009 e cui in questi anni ha lavorato con dedizione ed energia. Genitori si diventa fa parte del CARE e ci crede perché crede che solo attraverso un’ampia condivisione tra tante associazioni piccole e grandi, anche molto differenti fra loro, si possa elaborare una visione politica del mondo dell’adozione e dell’affido che sappia porre istanze alte e concrete al tempo stesso alle istituzioni. Due esempi di questo si sono già realizzati nel lavoro sulla scuola al MIUR e nella recente audizione in Bicamerale (i testi possono venir letti sul sito del CARE www.coordinamentocare. org). Ora la CAI. Quando Genitori si diventa si ritirò dalla Commissione proprio nel 2009, uno dei motivi era legato alla rappresentatività delle famiglie. Come poteva una singola associazione, sia pur grande, avere la forza per rappresentare in modo efficace i temi alti che venivano fuori dall’associazionismo famigliare? Come interpretare al meglio un ruolo così delicato e cruciale? Essere designati in CAI era un impegno enorme verso le famiglie adottive tutte che non poteva ridursi ad aver designato un singolo come membro della CAI. Quel che contava non era che ci fosse un nome indicato da un’associazione, ma come questo nome interpretava il suo ruolo a nome delle famiglie. Era quindi fondamentale che a farlo fossero tante associazioni unite e dotate di un sistema democratico di confronto e condivisione, capaci quindi di portare in CAI temi di vasta portata. Altrimenti, chi e perché deciderebbe cosa sollevare in Commissione come istanza urgente? Altrimenti, come condividere l’impegno assunto essendo membri della CAI a nome delle famiglie? Si tratta di


una scommessa grande che il comunicato stampa del CARE riassume efficacemente dicendo: “La nomina della Presidente del Coordinamento CARE offre il giusto riconoscimento, per ruolo e rappresentatività, all’unica realtà italiana che raccoglie 18 associazioni familiari adottive attive su tutto il territorio nazionale. Nell’ambito di questo nuovo e delicato ruolo all’interno della CAI, il CARE ribadisce il proprio impegno alla proficua e dialettica collaborazione con tutti i componenti la Commissione e le istituzioni interessate, con l’obiettivo di dare il proprio contributo all’adempimento dei principi stabiliti dalla Convenzione de L’Aja del 19 maggio 1993, facendovi giungere la voce, l’esperienza e la realtà delle famiglie adottive, portatrici di uno sguardo unico e insostituibile.” E questo sguardo unico e insostituibile è necessario se vogliamo che al centro di ogni discussione istituzionale ci siano le persone, i bambini prima di tutto e le loro famiglie. Il sistema adozioni internazionali deve essere un meccanismo tagliato sulle persone, che su esse si misuri. Questo se vuole essere etico nonostante un mondo che etico non è. Questo se vuole prendersi cura in modo onesto di minori in un mondo dove i bambini e le bambine sono spesso visti

5


editoriale

6

semplicemente per ultimi. In un mondo di adulti, di scambi internazionali, di meccanismi alti e bassi, di capacità ed incompetenze, sono i bambini a subire quanto accade sopra la loro testa. Lo sguardo delle famiglie, al loro meglio, in un processo di discussione e condivisione vasta, è uno sguardo che può dare un contributo di valore per rendere più curato quanto accade, sia che si parli della comunicazione per chi deve adottare, sia che si parli di prassi, sia che si parli di direzioni, sia che si parli di ricerca, di cultura o di impegni sociali a favore delle famiglie che adottano. Per questo motivo Genitori si diventa è felice di essere parte del CARE, contribuirà sempre alla sua crescita ed è onorato di fare parte di un Coordinamento che non si tira indietro nell’impegnarsi a livelli importanti per i bambini e le bambine in stato di abbandono nel mondo.


7


psicologia e adozione 8

Franco Carola psicologo, psicoterapeuta e gruppoanalista

Origini biologiche - Il ruolo del genitore adottivo: quali compiti

Rispondere al quesito sulle origini con frasi standard, magari dettate da un senso di protezione o dalla volontà di lenire il dolore del vuoto originario rischia di accentuare processi di colpevolizzazione nel bambino.

Il segreto, ciò che non ci viene permesso di conoscere, che viene celato al nostro sapere, relativo alle informazioni circa le origini biologiche, da una parte costituisce un grave ostacolo al raggiungimento di un’identità personale, ma dall’altra protegge da una realtà potenzialmente dolorosa. Non è quindi assolutamente detto che un bambino voglia a tutti i costi sapere delle proprie origini. Il vuoto originario, quando non colmato attraverso la parola, la discussione e il confronto tra le reciproche fantasie di genitore adottivo e bambino, può produrre nel figlio una grave scissione, con conseguenze patologiche sul suo sviluppo evolutivo. Egli potrebbe lentamente sviluppare e sperimentare un senso del sé non coerente, un’identità non definita, una incom-

pletezza autobiografica, una disconnessione genealogica con correlata delegittimazione dei genitori adottivi e conseguente rivendicazione della propria appartenenza ai genitori biologici. Rispondere al quesito sulle origini con frasi standard, magari dettate da un senso di protezione o dalla volontà di lenire il dolore del vuoto originario, tipo: “Tua madre è stata costretta ad abbandonarti dalle circostanze, ma in realtà non avrebbe voluto. Non era cattiva”, rischia di accentuare processi di colpevolizzazione nel bambino. La beatificazione della madre biologica “abbandonica”, quando si basa su voci raccolte, scenari non riconducibili a realtà, su notizie incerte o storie non toccate con la propria mano, non fa altro che innescare una serie di logiche emotive


spesso controproducenti. Il bambino potrebbe nel tempo costruire in sé, in maniera più o meno consapevole, idee del tipo: “Se mia madre era così buona, allora deve esserci qualcosa di sbagliato in me. Ero pericoloso? Ero cattivo? Cosa c’è di sbagliato in me?”. L’idealizzazione dei genitori biologici “abbandonici” può portare il bambino a colpevolizzarsi e a introiettare l’aggressività originariamente rivolta a loro, maturando un’idea di Sé come di una persona sbagliata, danneggiata. L’identificazione con il rifiuto primario viene confermata. Egli non può sentirsi arrabbiato con loro. L’aggressività verrà

deviata o verso i genitori adottivi, o verso se stesso. Il senso di colpa può essere all’origine di un’identità di tipo masochistico. “Io sono sbagliato, per questo mi hanno abbandonato. Io sono un rifiuto, alieno alla società che mi circonda”. Oppure la colpa verrà “spostata” sugli unici genitori a disposizione o sul contesto sociale: “Qualcuno mi ha reso “sbagliato” e qualcuno dovrà pagare per questo”. E cosa accade quando il genitore adottivo fornisce al figlio un’immagine negativa e colpevolizzante dei genitori biologici? Se da una parte il bambino si sente meno colpevole, dall’altra egli diverrà comunque ere-

de simbolico, portatore di un bagaglio originario ideale “negativo”. Il meccanismo di difesa più utilizzato in questo caso è quello della negazione e della rimozione, cioè si attuerà uno sforzo comune a figli e genitori finalizzato a “non vedere” e a non riferirsi a eventi o informazioni relative alle origini. Le notizie dolorose circa il comportamento del genitore biologico vengono sistematicamente escluse da ogni processo di elaborazione: il bambino dimostrerà sempre meno curiosità, ma rischierà di manifestare comportamenti altamente incongrui, così come potrà esperire una emotività “limitata”, incompleta, fat-

9


10

ta più di eccessi che di intensità. L’evento biologico della nascita, del cui senso fisiologico la famiglia adottiva appare privata, viene sostituito dal processo di legittimazione di appartenenza al nuovo gruppo famigliare. Tale processo, già avviatosi nel genitore dal momento in cui riconosce a se stesso la volontà di rivestire tale ruolo, nel bambino si attua attraverso la possibilità di raccontare, di raccontarsi, di esprimere la complessità dei dubbi, delle fantasie e delle paure che accompagnano il suo non sapere di sé. Da un lato

avremo quindi genitori che, riconosciuta la decadenza del ruolo genitoriale di chi ha abbandonato il proprio figlio consanguineo, decidono di diventare procreatori di un figlio generato da altri, dall’altro lato ci sarà un figlio che potrà riconoscersi in un campo famigliare in grado di accogliere i vissuti rabbiosi e di incertezza assoluta circa l’ambigua realtà originaria. La possibilità per un adulto di poter pensare alle proprie perdite o lutti, per esempio generati dalla sterilità, così come da aspetti della propria storia biografica, permette la creazione

di un ponte tra il proprio vissuto e le origini del bambino. Il genitore, consapevolizzato il processo emotivo sotteso alle perdite vissute, reali o simboliche che siano state, può divenire fornitore di affetto e comprensione per il bambino che affronta il difficile compito di ricostruzione autobiografica. Il figlio, sorretto dalla disponibilità non invasiva o ansiogena dell’adulto, potrà elaborare una profonda comprensione delle proprie perdite senza che l’emotività lo spinga ad agiti comportamentali ambivalenti e poco decifrabili per i genitori.


Genitori: quali sono i compiti fondamentali? I compiti fondamentali dei genitori sono: 1) Cercare di reperire quante più informazioni possibili e tenersi pronti ad offrirle ai propri figli in modo filtrato e graduale, in base all’età del bambino e alla sua capacità di comprensione; 2) Facilitare e sostenere un’elaborazione narrativa autobiografica nel proprio figlio, guidandolo verso una corretta attribuzione di significati agli eventi; 3) Sostenere l’elaborazione di fantasie laddove non vi siano notizie certe, in modo da permettere una “navigazione” interiore nel giovane, in un più ampio processo di conoscenza di Sé e rafforzamento della propria identità; ma il compito più importante e significativo che il genitore deve svolgere è promuovere una

cultura di verità e onestà sempre e comunque. Le informazioni possono rappresentare per il bambino degli appigli a cui collegare il suo dolore, consentendogli di dare alla sua sofferenza un senso che ne giustifichi la presenza dentro di sé. E’ molto utile aiutare i bambini adottati a capire il perché sono stati abbandonati, ma questo non basta; è ancor più utile aiutarli a cogliere e accettare i vissuti negativi di rabbia e d’impotenza generati dal rifiuto primario. Tale comprensione favorirà la significazione di quei comportamenti aggressivi rivolti all’esterno o su e stessi; attitudini comportamentali che non derivano da misteriosi impulsi che albergano in un sé cattivo, ma dall’aver sperimentato esperienze traumatiche delle quali magari non si

serba il ricordo, ma che in Sé esistono e possono continuare ad agire e a produrre disagio. Il tema delle origini è vasto e articolato quanto lo è il processo evolutivo di ogni essere umano. Poter riflettere insieme ai propri figli su un argomento del genere è la possibilità di viversi in una profonda comunione emotiva, impregnata di verità e rispetto reciproco. È dare un senso più profondo alla propria identità individuale e famigliare. BIBLIOGRAFIA – Fonzi D., Carola F., “Il tema delle origini: strumenti operativi”, Seminario Asl RmB, Roma, 2011 – Heimann P., “Bambini e non più bambini”, Borla, Roma, 1989 – Winnicott D.W., “Bambini”, Raffaello Cortina Ed., Milano, 1996

11


salute e adozione

Raffaele Virdis pediatra

Prima colazione: necessità alimentare 12

I fini della colazione sono principalmente quelli di fornire energia per l’attività del mattino, specie dopo il prolungato digiuno notturno.

La mia esperienza con bambini adottati dall’estero è ormai più che venticinquennale e negli ultimi anni ho notato una diminuzione di bambini che passavano rapidamente da uno stato di magrezza e spesso vera denutrizione al sovrappeso (e talvolta franca obesità) in pochi mesi dopo l’arrivo. Il problema si è ridotto notevolmente ma non è sparito, per cui penso possano essere utili alcuni consigli e considerazioni su uno dei principali aspetti dell’alimentazione: la prima colazione. Ancora nell’Ottocento e nei primi decenni del novecento il problema di gran parte della popolazione era di avere qualcosa da mangiare, non lo scegliere fra tanti cibi o come distribuirli nella giornata, per cui la prima colazione era un lus-

so dei ricchi e sebbene fosse anche una necessità dei lavoratori, spesso andati a letto la sera precedente ancora affamati, raramente veniva consumata. Il poterla fare era segno di appartenenza ad una classe sociale elevata, oggi, che è alla portata di tutti, il non farla è ancora segno di bassa estrazione, non per motivi economici ma culturali. Questa cattiva abitudine, però, sta diventando trasversale e sempre più bambini e giovani di tutte le classi sociali non mangiano più al mattino prima della scuola o consumano una colazione insufficiente o errata dal punto di vista della qualità. Studi epidemiologici recenti rivelano che ben il 20-30% di bambini ed adolescenti non fa la prima colazione, e che solo il 30% la fa in modo adeguato quan-


titativamente e qualitativamente. Cosa intendiamo per “modo adeguato” in età evolutiva? Ci risponde un Consensus sulla prima colazione (1) elaborato da un gruppo di esperti nominati dalle più importanti società scientifiche del settore pediatrico e nutrizionale SIP, SIED, SIO, ADI e altre e dalla “Nutrition Foundation of Italy”, organismo scientifico che, occorre dirlo, è sostenuto dall’industria alimentare. Questa ha svolto il ruolo di coordinamento e ha sponsorizzato gli incontri e parte degli studi, ma i risultati e le raccomandazioni sono rigorosamente neutre, senza mai porre l’accento sui prodotti dell’industria. Il Consensus raccomanda che a colazione si assuma il 1520% del fabbisogno calorico giornaliero, e che questo sia rappresentato per il 50-

60% da carboidrati, inoltre che procuri una buona parte della quota quotidiana di micronutrienti e fibre.

migliorare la qualità della dieta giornaliera, evitando numerosi snack, il bisogno di zuccheri semplici o di cibi-spazzatura (salatini, I fini della colazione sono patatine, caramelle e proprincipalmente quelli di dotti simili) per rompere il fornire energia per l’attivi- digiuno, inoltre previene tà del mattino, specie dopo l’abbuffata a pranzo per la il prolungato digiuno not- troppa fame, dopo 16-18 turno. Oggi, noi adulti ten- ore dall’ultimo vero pasto diamo ad essere quasi tutti della sera precedente. ipernutriti e, dopo una cer- Composizione della prita età, anche sovrappeso, ma colazione: i cibi ideali perciò non è più impor- sono i carboidrati complestante come una volta ave- si a basso indice glicemico re a disposizione calorie solitamente presenti nei alimentari pronte all’uso; prodotti da forno, dal pane in età evolutiva al contra- alle fette biscottate ai birio, quando si è impegnati scotti ai dolci casalinghi con la scuola e lo studio, (con poco zucchero e grasuna colazione abbondan- si), e nei cereali pronti per te ed adeguata provvede la prima colazione. Nonoenergia per l’attività fisica, stante l’industria alle spall’attenzione e la concentra- le, fra i cibi suggeriti non zione, ed evita la sonnolen- ci sono le tante merendine za da eccessive calorie e pubblicizzate alla televida digestione pesante per sione, per il possibile eccesi troppi grassi. Una cor- so di conservanti e grassi retta colazione serve poi a saturi, ma il loro consumo

13


14

complementare non viene demonizzato. I carboidrati sono particolarmente “buoni” se accompagnati a fibre, perciò è importante rivalutare quelli integrali e consumare regolarmente la frutta fin dalla colazione. La presenza di fibre permette una riduzione di calorie per peso di prodotto, modula l’assorbimento degli zuccheri migliorando sia la risposta insulinica, sia la tolleranza glucidica

ed aumenta il senso di sazietà. La prima colazione deve anche fornire una modesta quota di zuccheri semplici, di proteine e di lipidi. Una tazza di latte di 200 ml circa completa i carboidrati in questo senso, per cui è importante scoraggiare l’abbandono del latte per supposte intolleranze, o per coliti o altre idiosincrasie parentali o famigliari. A questo proposito, uno

studio fatto a Parma fra i bambini che frequentavano il Giocampus ha mostrato che nell’80% dei casi la scelta della colazione dipende dalla madre (2) e quindi dai suoi gusti, dalle sue impressioni, conoscenze e credenze. Purtroppo non si possono cambiare le abitudini da un giorno all’altro, perciò in caso d’abbandono del latte da tempo, lo scrivente consiglierebbe di utilizzare suc-


cedanei vegetali quali latte di soia o, nel caso si preferisca il the (meglio deteinato in un bambino, rinforzare i prodotti da forno con grassi con creme da spalmare quali minime quantità di burro o margarina o la graditissima nutella, senza però esagerare e non tutti i giorni. Marmellate di frutta (anche tutti i giorni), nutella, cioccolato sono previsti in alcuni dei molti modelli di colazione che gli esperti consigliano; tanti perché come per il pranzo e la cena è bene variare, ed anche il breakfast è più gradito se non è sempre lo stesso e se può offrire una scelta in base ai gusti, ai desideri, all’umore ed anche al tempo a disposizione quel giorno. Le proteine sono fornite soprattutto dal latte (o yogurt) e la loro qualità è alta, e in minore misura da pane, prodotti da forno e cereali per colazione, specie se integrali. Anche la maggior parte dei lipidi dovrebbe derivare dal latte, per cui preferire, nei bambini non sovrappeso, la forma intera a quella parzialmente sgrassata o integrare quest’ultima, senza però eccedere il 2025% delle calorie totali, come invece succede nei breakfast anglo-sassoni a base di uova, bacon, salsicce, formaggi e condimenti

vari. Se la tipologia delle colazioni proposte è tipicamente italiana, a base fondamentalmente di latte e carboidrati, una certa importanza è data ai cereali da colazione, ormai diffusi anche da noi ma non tipici della nostra cultura alimentare. La loro importanza deriva dalla possibilità di trovare prodotti integrali che hanno le caratteristiche metaboliche dette in precedenza, essendo ricchi di fibre, e dal fatto che sono integrati con vitamine e micronutrienti al punto che una porzione tipica di 30 grammi, poco più di un pugno di questi prodotti, riesce a dare oltre il 50% dei LARN (Livelli di Assunzione giornalieri Raccomandati Nutrizionali) per buona parte di loro. Studi americani hanno mostrato che il loro regolare consumo correla con BMI bassi (quindi aiuta a prevenire sovrappeso ed obesità) e con più bassi livelli dei nocivi colesterolo LDL e lipoproteine ad alta densità (3). Gli stessi studi epidemiologici rivelano che il consumo di cereali per la prima colazione cala con l’età, più nelle femmine che nei maschi, come anche l’abitudine a consumare il breakfast (3). Al contrario in Italia sembra che questa usanza sia in aumento negli adulti,

certamente non abituati da giovani a consumarli, e anche indipendentemente dai risultati del “Phisician’s Health Study” americano che ha mostrato una riduzione del 20% del rischio di mortalità per cause cardiovascolari fra i 40 e gli 84 anni nei soggetti con consumo regolare di questi prodotti a colazione. Molti, non avvezzi a fare colazione al mattino, si giustificano affermando che non hanno tempo, tale scusa può essere comprensibile a metà giornata, sul lavoro con tanti impegni presenti a qualsiasi ora, ma per la prima colazione è sufficiente alzarsi 15 minuti prima ed eventualmente avere a disposizione prodotti pronti o in parte prepararli dalla sera precedente. I genitori preoccupati per il sonno dei figli ricordino che per la loro salute fisica e mentale, presente e futura, è meglio alzarsi mezzora prima piuttosto che saltare la colazione. Inoltre che rincomincino a mandare a dormire i figli ad un’ora adeguata, vale a dire presto, massimo alle 21-22 della sera a seconda dell’età. Importanza della colazione: una colazione di tipo mediterraneo, ma in genere il fare colazione, ha importanti effetti metabolici e preventivi. Essa aiu-

15


16

ta a regolare il senso della fame, limitando l’assunzione di un eccesso di calorie nella giornata e il desiderio di mangiare cibi ipercalorici e di bassa qualità nutrizionale. Studi epidemiologici su adulti e bambini hanno mostrato che il non consumare la colazione si correla alla presenza di obesità, allo sviluppo della stessa nelle età successive e di conseguenza alle malattie cardiovascolari e al diabete mellito di tipo 2. Addirittura il saltare la colazione si correla all’obesità ancor più del consumo di alcolici e dell’inattività fisica, e nei bambini che non fanno colazione l’obesità è 2-3 volte più frequente che negli altri (1). L’aver fatto colazione si-

gnifica maggiore energia per lo sport e il gioco, più attenzione e concentrazione e miglior rendimento scolastico. Inoltre, con essa aumentano i livelli di attenzione, la capacità di memorizzazione e di risoluzione dei problemi matematici e la comprensione della lettura e dell’ascolto. Gli effetti non riguardano solo le prime ore postprandiali, ma possono durare per tutta la mattina, specie se la quota di micronutrienti e di fibre è adeguata e, se la buona abitudine è regolare e continua, durano nel tempo migliorando l’efficienza dei processi cognitivi. A mio parere, infine, non bisogna condannare a priori le abbondanti colazioni

“nordiche” o l’abitudine di mangiare un vero pasto al mattino, presente in tanti popoli, per affrontare meglio le fatiche della giornata e del lavoro, purché si riducano i pasti successivi in modo da non superare l’introito calorico consigliato riguardo ai bisogni fisiologici ed al consumo giornaliero. Anche da noi molte persone che esercitano mestieri faticosi e con elevato dispendio di energie hanno bisogno di calorie durature che solitamente assumono sotto forma di panini con salumi, formaggio e altro, importante però non accompagnarli con alcol e ridurre i pasti successivi, specie quello serale non seguito da dispendio energetico.


17

Un ultimo commento riguarda l’attenzione e il comportamento dei genitori “adottivi”: un nostro studio sotto forma di questionario (non ancora pubblicato) ha mostrato che, nell’ottica che “genitori si diventa”, i bambini adottivi fanno una migliore pri-

ma colazione dal punto di vista qualitativo e in percentuale maggiore rispetto agli altri, inoltre eseguono regolarmente attività fisica e sportiva, a conferma della mia impressione che il sovrappeso sia nettamente diminuito fra loro negli ultimi vent’anni.

Bibliografia 1) Marangoni, F, Poli A, Agostani C et al.: Documento di consenso sul ruolo della prima colazione nella ricerca e nel mantenimento della buona salute e del benessere. ADI Magazine 2009; 2:1-10, 2) Vanelli M, Iovane B, Bernardini A, et al.: Breakfast habits of 1,202 Northern italian children admitted to a summer sport school. Breakfast skipping is associated with overweight and obesity. Acta Biomedica 2005; 76:79-85 3) Albertson AM, Affenito AG, Bauserman R, et al.: The relationship of ready-to-it cereal consumption to nutrient intake, blood lipids, and body mass index of children as they age through adolescence. J Am Diet Assoc 2009;109:1557-1565


psicologia scuola e adozione 18

di Anna Guerrieri

Una circolare su Scuola e Adozione

Le problematiche sottostanti al successo scolastico di bambini e ragazzi adottati sono fortunatamente diventate, negli ultimi anni, oggetto d’interesse crescente.

L’11 Giugno 2012 il MIUR ha inviato una Circolare ai Dirigenti Generali degli Uffici Scolastici regionali informandoli dell’istituzione di un gruppo tecnico nazionale di studio e lavoro per rilevare le problematiche educative e didattiche più ricorrenti, connesse all’inserimento scolastico dei minori adottati e in condizione di affidamento temporaneo etero familiare. In tale gruppo per le associazioni famigliari sono presenti genitori si diventa (che ne ha promosso la creazione) e il Coordinamento CARE. Questa prima Circolare si occupa di adozione e soprattutto chiede di convogliare verso il MIUR tutti i dati possibili sulle buone prassi (di ordine organizzativo e didattico) messe finora in atto dalle singole scuole. Nella stessa Circo-

lare il MIUR chiede anche di individuare un funzionario dell’Ufficio Scolastico Regionale che sarà riferimento in materia per l’Amministrazione centrale e per le Istituzioni Scolastiche statali e paritarie di ogni ordine e grado. E’ un primo passo fondamentale in materia di scuola e adozione. Significa che la Scuola come istituzione riconosce la questione come di rilievo e decide di attivarsi a livello centrale. Di fatto non è più possibile ora fare finta che il tema non esista, che delle specificità non ci siano, non è più possibile negare la realtà. A questo dovrà seguire molto lavoro, ulteriore attenzione, altre circolari. Ma il primo gradino è stato salito.


19


20


21


giorno dopo giorno

Da vacanza a famiglia passando da Kiev 22

Sarebbe stata un‘estate diversa quella del 2002, sarebbe nata mia nipote, la figlia di mio fratello. Io e lui condividiamo la casa al mare, quindi inevitabilmente il mio compagno ed io saremmo stati coinvolti e le nostre vacanze al mare sarebbero state travolte dall’arrivo della bimba. Anche i nostri amici, ospiti fissi nella casa al mare, avevano dovuto rivedere i loro programmi. Tutti rigorosamente senza figli, esattamente come noi, non ci pensavano neanche lontanamente a passare le loro vacanze con una neonata tra i piedi. Così, quando una conoscente mi parlò di un’associazione che faceva venire bambini/ragazzi dall’Ucraina per dar loro la possibilità di passare un periodo al mare, proponendomi di ospitare un bambino, mi

sembrò l’estate giusta. La nostra solita estate senza orari, senza impegni e con la casa piena di amici senza figli era oramai compromessa, tanto valeva regalare una vacanza al mare a un bambino. E così contattammo i responsabili di questa associazione e dopo un po’ di tira e molla – si, no, non ci sono più bambini, ci sono due fratelli, no sono sorelle – arrivò il responso: è un maschietto di 6 anni. Totalmente inesperta di bambini, chiesi lumi alle mie amiche con prole e mi procurai vestiti estivi taglia sei anni, ovviamente mai usati, visto che il bambino vestiva invece taglie inferiori ai 3 anni! Giunse il giorno dell’arrivo e noi puntuali ci presentammo all’aeroporto. Ricordo perfettamente quando si aprirono le porte del gate e uscirono, rigorosa-

mente in fila, una trentina di bambini e ragazzi. Nella confusione generale, dove l’italiano si mischiava a una lingua a noi sconosciuta, nell’attesa paziente che ci venisse consegnato il nostro piccolo ospite, una turista riportò dentro un bambino, piccolissimo e con l’espressione da vero monello, che, malgrado quelli che dovevano essere rimproveri da parte degli accompagnatori ucraini, non voleva saperne di stare fermo ad aspettare. Approfittando infatti di un momento di disattenzione ecco che adesso si fiondava su una scala mobile che aveva attratto la sua curiosità. N., il mio compagno, per puro spirito collaborativo con il gruppo, gli andò dietro. Riuscì così a intrattenerlo andando su e giù. Nel frattempo mi guardavo intorno per capire chi potesse essere il


bambino con cui avrei passato i prossimi due mesi. Era proprio lui, era quello che andava su e giù per le scale mobili tenendo per mano N.! Per un momento pensai che questa ospitalità probabilmente sarebbe stata un po’ più complicata di quello che avevamo pensato. Le successive 48 ore furono un vero incubo. Continuava a girare instancabilmente per casa, accendendo e spegnendo tutto: luci, cancelli, serrande, cappa della cucina. Furono due mesi bellissimi, stancanti ma bellissimi. Eravamo felici di avere potuto dare a quel meraviglioso bambino la possibilità di una vacanza al mare, con la sorpresa che lui a noi aveva dato veramente molto di più. La partenza fu un grande dolore per tutti.

A novembre decidemmo di andare a trovarlo. Anche se il bambino stava in istituto, sicuramente – immaginavamo – la presenza di una mamma, di una nonna, insomma di qualcuno, la davamo per scontata. Il bambino, pensavamo, avendo “già” sei anni, se non avesse avuto nessuno sarebbe stato già dato in adozione. Volevamo conoscere questo qualcuno e capire come poter aiutare il nostro piccolo ospite ad avere una vita migliore. In istituto scoprimmo che le cose stavano diversamente. Non avevamo mai pensato di adottare, non sapevamo nulla di adozione. Mettere al mondo un figlio è una grande responsabilità, adottarlo lo è ancora di più. A febbraio decidemmo. Ci sposammo in fretta e furia e l’indomani depositammo

domanda di idoneità all’adozione al Tribunale dei Minori. Passarono altri due anni durante i quali lui veniva in Italia nel periodo estivo e nelle vacanze di Natale e noi andavamo a trovarlo a novembre e nelle vacanze di Pasqua. Il 3 maggio 2005 atterravamo in Italia finalmente in tre. Finalmente famiglia.

23


giorno dopo giorno

Marta e Alberto

Compleanno, che passione 24

Si avvicina a grandi passi la data di compleanno del mio cucciolo. Il compleanno ricorda il giorno della nascita, momento su cui gravano molte domande, molte ombre per i bambini adottati. Lapalissiano. Forse è per questo che noi genitori adottivi abbiamo all’inizio un rapporto un po’ ambivalente con i compleanni e le relative feste. Noi, quando sono nati, non c’eravamo. C’è anche la faccenda della data presunta di nascita: molto spesso, essa è stata stabilita a tavolino nel Paese d’origine, spesso privo di anagrafe, magari anche anticipata di anni per rendere il bambino più “appetibile” per l’adozione internazionale. Si sa: più i bambini sono piccoli più incontrano i bisogni di genitorialità delle coppie.

Conosco una bimba etiope che, per far contento il papà, nel fatidico giorno spegne una candelina in meno, anche se ha rivelato ai suoi amici – tra cui mio figlio - di avere un anno se non due in più. C’è la tentazione di alcuni genitori, soprattutto nei primi tempi, di dare maggior risalto alla data d’ingresso in famiglia, rispetto al compleanno. Un tentativo un po’ maldestro di cancellare la vita precedente? Poi, passato il periodo di rodaggio, anche noi genitori adottivi ci gettiamo nella mischia. Presi dalla solita ansia di prestazione e dal bisogno compulsivo di socializzazione, con la scusa dei figli che devono inserirsi, entriamo nel vortice delle feste di compleanno. Negli anni

della materna e della prima elementare ho partecipato a party di ogni tipo, con un figlio tendenzialmente piuttosto recalcitrante. Ho conosciuto tutta l’ampia gamma del mercato delle feste: la versione country, nazional popolare, radical chic. Con animazione da villaggio turistico (quella che mio figlio detesta più di tutte) o con più artigianali picnic nel parco corredati da tornei a palla prigioniera e bandiera. Quest’anno volevo dire basta. Non ho la forza di ospitarli tutti in casa nostra, rispolverando quattro accordi alla chitarra e i giochi di prestigio della zia: i bimbi sono esigenti, ma soprattutto noi adulti temiamo di non essere all’altezza e il disordine che crea una frotta di venti bambini è indominabile.


25

Non ho voglia di rimanere in ansia per le previsioni del tempo che minacciano di mandare la festa al parco all’aria. Anche se ho dei ricordi bellissimi di una festa di compleanno organizzata da mia sorella più grande per me con una mega caccia al tesoro.

Il tesoro era un cestino di albicocche: me le vedo ancora davanti agli occhi, con la buccia vellutata. A mio figlio piace molto la frutta, ma temo proprio che rimarrebbe deluso da un tesoro fatto solo di frutta e vitamine. L’ho comunicato a lui che

quest’anno festeggeremo in maniera più sobria. Vi risparmio le reazioni… Beh, per fortuna mia figlia è nata in piena estate e ad agosto siamo sempre fuori Milano!


leggendo Marina Zulian responsabile della BibliotecaRagazzi di BarchettaBlu

Cronache dalla barchetta - 16 Il catalogo dei genitori - Prima puntata 26

In questi ultimi anni le case editrici hanno sfornato molti libri sul tema della genitorialità. Molte volte avrei voluto scrivere un articolo in relazione a questi libri ma mi sono sempre fermata davanti ad alcune domande: Come si può fare per non cadere nelle descrizioni stereotipate di mamme e papà? Come fare per non essere scontati o banali? Quando,

come in questo caso, il problema mi crea troppa ansia, tendo a rimandare in attesa di un’illuminazione. Ho cercato storie, albi illustrati, manuali, recensioni ma non sono riuscita a trovare una regola universale per affrontare l’ostico argomento in modo equilibrato. Ho continuato la mia ricerca aggrappandomi a ciò che qualcuno aveva detto molti secoli fa: “il compito dei libri è seminare dubbi e non raccogliere certezze. Forse, solo se uno semina bene, qualche certezza può arrivare, ma sempre quando meno la si aspetta”. E così ho deciso di incamminarmi in questa difficile tematica con la paura di usare termini sbagliati, irrispettosi, poco sensibili. A farmi decidere che era proprio arrivato il momento di raccogliere le idee e fare il punto sull’argo-

mento è stato l’assistere alla presentazione del libro Catalogo dei genitori di Claude Ponti. Già il termine catalogo mi ha fatto una certa impressione. Avevo da poco letto un documento sull’adozione che sottolineava come per rispondere veramente alle esigenze dei minori e non a quelle dei futuri genitori adottanti, l’adozione avrebbe dovuto essere fondata sull’invio, da parte dei Paesi di origine, delle notizie concernenti i minori da adottare e non, come molto spesso avviene, con la trasmissione, ai Paesi di origine dei minori, della documentazione dei numerosi candidati adottanti alla ricerca di minori con determinate caratteristiche. Da qualche anno questo fenomeno esercita forti pressioni sui paesi di origine e poiché la richiesta


di minori adottabili è superiore all’offerta, si sono sviluppate forme di abuso con addirittura cataloghi per l’acquisto di bambini. Quindi non partivo ben predisposta verso il libro, anche se rovesciava la situazione. Il grande albo illustrato ha addirittura in ultima pagina un buono d’ordine per richiedere i genitori scelti. Inoltre, prima ancora dell’indice, l’autore dedica un intera pagina a quello che può essere considerato uno slogan pubblicitario per il libro: I tuoi genitori sono pesanti, stancanti, appiccicosi, urticanti, barbosi, rompiscatole, sdrucciolevoli? Cambiali! Sono lagnosi bavettosi, chiacchieroni, scaccolosi, noiosi? Cambiali! Ti scocciano, non li sopporti, non ti ascoltano, mettono a posto la tua stanza, calpestano i tuoi giocattoli, si rifiutano di lasciarti a casa, ti portano in vacanza? Cambia genitori! Il Catalogo dei genitori con il suo esplicito sottotitolo per i bambini che vogliono cambiarli, presenta genitori avventurieri, solitari, cartonati, complicati, avviluppanti, fifoni, vicini. Queste sono solo alcune delle tipologie di genitori che si possono incontrare

tra le pagine dell’inventario dell’illustratore francese, ma quelle che mi hanno più colpito sono i genitori usa e getta, genitori di bambini orfani, genitori assenti. Io non ho mai pensato di cambiare i genitori e ciò in un primo momento mi ha rassicurato, ma sono stata comunque assalita da un dubbio: i miei figli hanno mai desiderato cambiare i loro? Sicuramente solo i genitori più coraggiosi sono in grado di leggere il libro ai propri figli e di sopportare un loro eventuale desiderio di cambiamento. Questo catalogo invita a farlo, se lo si desidera. Basta scegliere i nuovi genitori con relativi accessori e in meno di quarantottore vengono consegnati muniti anche di garanzia e con la possibilità di essere restituiti. Quindi, se si cambia idea, il Catalogo si riprende i genitori e riporta quelli originali intatti e riposati. I genitori del Catalogo non hanno prezzo e possono essere scambiati tutte le volte che si vuole. La prospettiva di andare un po’ in vacanza dal ruolo di mamma mi ha piacevolmente sfiorato, ma se quando io voglio restare, mio figlio decidesse invece di cambiarmi?

Nel grande libro si susseguono le schede dei genitori come in una sorta di listino di inserzioni per la vendita. I vari articoli rappresentano genitori nuovi pensati per realizzare i desideri dei lettori stanchi di quelli vecchi. Pagina dopo pagina si susseguono i modelli più svariati e ogni tipo è accompagnato da una immagine, da una descrizione dettagliata delle caratteristiche e da eventuali accessori. Il libro è decisamente ironico e divertente ma che effetto può produrre nei bambini? Molti affermano che non sia adatto ad un pubblico di giovani lettori ma che sia piuttosto adatto ai genitori affinché possano interrogarsi su cosa fare e cosa evitare. Nei bambini potrebbe non piacere per niente o impaurire l’idea di scherzare o giocare sul concetto di cambiare i genitori; in particolare nei bambini adottivi che già un volta hanno dovuto fare un cambiamento e hanno dovuto, con un percorso doloroso, riuscire ad accettarlo, potrebbe non essere positivo leggere questo libro. La delicatezza e la trasgressività dei testi, i buffi dettagli e gli stravaganti particolari rendono questo libro un capolavoro ma

27


28

non posso non chiedermi se possa risultare offensivo o solamente cerchi di stimolare un confronto sui temi della diversità. Sembra quasi suggerirci che siamo tutti uguali e tutti diversi, ciascuno con le proprie peculiarità, punti forti e deboli, pregi e difetti. Fondamentale a questo punto è capire il pensiero dell’autore e ciò che lo ha spinto a creare questo originale libro. Ponti opera una forte critica in relazione all’idea di genitorialità: opponendosi a ciò che accade normalmente, sono i bambini che possono immaginare, creare e scegliere un genitore nuovo ogni qual volta lo desiderino. Viene rovesciata la legge per cui sono gli adulti/genitori che operano le scelte per i bambini/ figli e non viceversa. Viene anche sottolineata la domanda, valida sia per i figli biologici che adottivi, “perché sono capitato in questa famiglia e con questi genitori?”

sere bambino la voglia di cambiare e la fantasia per farlo. Spesso non si riesce a confessare a se stessi o agli altri ciò che si è o si vorrebbe essere. Nell’intento dell’autore l’ironia, il divertimento, la leggerezza del libro permettono anche ai bambini di mettere a fuoco la realtà, ridimensionare le criticità, vedere la situazione in modo affrontabile e gestibile. Ho provato a giocare con i miei figli a inventare personaggi strampalati, trasfigurando le caratteristiche fisiche ed esagerando alcuni tratti caratteriali ed è davvero divertente! Probabilmente Ponti ha voluto fare lo stesso descrivendo i genitori del catalogo in modo ridicolo e poco somigliante a genitori veri, ma somigliante piuttosto a strani animali inventati. La bellezza e il fascino sta soprattutto nel fatto che ognuno di loro si presenta nelle proprie imperfezioni. Secondo punto a favore del libro: il Catalogo propone il messaggio che non Nelle varie interviste, mi esistono genitori completi, è molto piaciuta l’idea di perfetti ma tante possibibase dell’autore. Leggendo li combinazioni adatte ai le descrizioni e guardan- tanti possibili bambini. do le immagini i bambini E ciò mi rassicura nuovapossono, in una operazione mente, essendo molto critiintrospettiva, cercare di ca in relazione soprattutto capire i propri desideri e alla mia personale imperle proprie aspettative. Sta fezione di mamma. nella natura stessa dell’es- In una recensione viene

sottolineato come in occidente siamo abituati ad un unico modello famigliare. In Ponti, con ad esempio le cinque mamme, ci viene suggerito che possono esistere gruppi che non sembrano propriamente famiglie come le intendiamo noi, ma che costituiscono comunque una formazione solida e unita. Ancora una volta ci viene quindi suggerito che esistono famiglie diverse da quelle a cui siamo abituati e che è sempre più difficile ipotizzare un modello universale di famiglia. La descrizione dei tanti genitori del Catalogo è molto diversa dalla maggior parte dei modelli proposti dalla televisione ma anche da tanti altri libri illustrati. Generalmente i modelli proposti non sono tanti e diversificati ma hanno tratti comuni e somiglianze evidenti. Riprendendo la tesi iniziale, per la quale i libri devono seminare dubbi, e considerando che queste pagine me ne provocano mille, non posso arrivare alla conclusione che leggerle ne valga comunque la pena. Essere diversi è un valore o uno svantaggio? Forse tutte e due le cose. Come ci si sente quando si ha accanto qualcuno che non risponde ai canoni in cui


la maggioranza si ritrova? Quanto è importante essere come si vorrebbe o come il mondo ci vorrebbe? Spesso mi rendo conto che tra responsabilità schiaccianti, solitudini, incomprensioni, difficoltà di comunicazione, l’ironia trova poco posto nelle nostre vite. Troppo spesso siamo abituati a guardarci con poca ironia. Mi piacerebbe riuscire a vedere le cose da angolature diverse, riuscire a trovare nei difetti anche qualche aspetto positivo, non procedere per

meccanismi automatici e scontati come fa Ponti con i suoi personaggi; probabilmente solo così è possibile sospendere i giudizi, accettare i limiti propri e degli altri, arrivando anche a ridere di se stessi. Ponti ci racconta ancora che realizzando il libro ha tenuto conto del fatto che spesso le storie per bambini e ragazzi non vengano lette dagli adulti. Sperando che non sia anche il destino di questa sua opera, l’autore decide di mettere

una specie di suggerimenti in forma velata per i genitori, con l’augurio che quest’ultimi imparino a lasciare i bambini liberi di compiere le loro scelte. Ad ogni modo, in questo improbabile catalogo di strampalati e buffi genitori, ogni bambino potrà ritrovare qualcosa del papà o della mamma e potrà giocare a trasformarli, almeno nella fantasia, magari per arrivare alla conclusione che quelli che ha non sono poi così male.

111111111111 111111111111 111111111111

Per “dimostrare la mia correttezza” presento un libro universalmente riconosciuto come un testo semplice ma sensibile, pieno di poesia e tenerezza, nato dall’esperienza della stessa autrice. In Mamma di pancia, mamma di cuore, le due protagoniste sono una

mamma e una bambina. Trascorrono insieme una giornata d’estate al mare, circondate da sole, allegri costumi da bagno, giochi divertenti. Sin dall’inizio la scrittrice Anna Genni Miliotti e l’illustratrice Cinzia Ghigliano giocano con i contrasti come per esempio quello fra l’intenso e scuro colore di Sheffali, bambina di origini indiana, e la pelle chiara, anche se abbronzata, di mamma Cristina, italiana di nascita. Mamma e bambina non assomigliano alle altre mamme e bambine sulla spiaggia. Le altre mamme e figlie si assomigliano, hanno certe uguaglianze nei colori della pelle, dei capelli, degli occhi, dei tratti del viso o del

corpo. Sheffali e Cristina sono accomunate solo dal reciproco amore. In un dialogo fitto, sotto la doccia, nella dolcezza di una intensa giornata al tramonto, un po’ nascoste dalla complicità della schiuma da bagno alla pesca, mamma e bambina si dicono cose vere e difficili: al mondo esistono mamme di pancia e mamme di cuore; presa per mano dalla mamma Cristina, la piccola Sheffali scopre la differenza e inizia a conoscere la verità. Cristina non è una mamma di pancia e lo dice alla sua bambina di cuore, e la bambina di cuore incalza la sua mamma che non è mamma di pancia, perché le dica le cose che si devo-

29


30

no dire e sapere quando una mamma e una bambina hanno scambi di cuore, senza che ci siano stati scambi di pancia. Perché una mamma di pancia lascia la sua bambina a una mamma di cuore? E chi è questa mamma di pancia? L’amava la sua bambina? E se l’amava, perché non l’ha tenuta con sé? Tocca a lei, alla mamma di cuore, dire con tutto l’amore cose che altrimenti non si potrebbero dire. Il libro di grande formato e di rara bellezza, nelle illustrazioni e nel testo, è attento nel rassicurare e nel sottolineare la bontà e la bellezza dell’essere al mondo. A completare il volume, vi è una riflessione sull’adozione e dei suggerimenti bibliografici per ragazzi e genitori. La spinta decisiva a scrivere su questo tema è arrivata anche durante un in-

contro dedicato al supporto alla genitorialità; una mamma ci ha raccontato la sua storia di figlia adottiva e di mamma naturale. Il suo racconto è stato dolce e struggente all’inizio ma poi i toni sono diventati forti e ruvidi e alla fine è sbottata: Sono stanca e stufa di sentire sempre queste orribili parole “adottiva e biologica”. Ma perché bisogna sempre sottolineare queste differenze? Spesso, quando ero solo una bambina, mi chiedevano se pensassi mai ai miei genitori naturali. Cosa avrebbe potuto rispondere una bambina? Quando un giorno ho iniziato a rispondere che pensare a qualcuno che ti ha maltrattata e abbandonata non fosse una cosa naturale, hanno smesso di domandarmelo. Ma continuavano a ripetere a mia mamma di quanto fosse stata coraggiosa a scegliere di essere una mamma adottiva! Che ingiustizia

dover sentire quelle frasi e che banalità sentirle ancora oggi pronunciare. Ora che sono anch’io mamma mi ripeto che ciò che conta è la mamma di cuore, ma la rabbia e il senso di inadeguatezza mi accompagnano sempre. Tutte le partecipanti a quel gruppo hanno ringraziato quella bella mamma per averci aperto il suo cuore, ma io in particolare ho messo in discussione ancora più cose. Spesso rispondo ai genitori che capisco bene gli stati d’animo, ma lo riesco a fere veramente? Che difficile comprendere sentimenti così profondi e radicati! Ho allora deciso, insieme agli altri genitori, di iniziare a prendere in considerazione alcuni libri che avevo preparato e leggerli con occhi nuovi, ascoltarli con orecchie diverse, cercando di immedesimarsi con il cuore di quella mamma, per quanto ciò fosse possibile.

111111111111 111111111111 111111111111 La discussione procedeva pre e non esclusivamente soffermandosi su come i li- rappresentano mamme bri che parlano di rapporti standardizzate, ho mostrafra mamme e figli, dai ro- to un libro da poco pubblimanzi agli albi illustrati, cato. Presentato a Bologna tendano a presentare una alla Fiera Internazionale figura di mamma stereo- del libro per Ragazzi 2012, tipata. Per dimostrare al il libro affronta infatti il mio gruppo di mamme che tema della maternità, oggi i miei amati libri non sem- a volte sofferta e ottenuta


al di fuori di schemi stereotipati. In modo semplice e divertente il libro Di mamma ce n’è una sola? non perde di vista l’importanza di usare certi toni per affrontare questi argomenti con bambini anche molto piccoli (il libro è destinato a bambini della scuola d’infanzia). Si racconta dei diversi modi in cui una mamma può diventare mamma e un bambino può arrivare in una famiglia. Ad accomunare tutte le mamme c’è la capacità di dare amore, cura e attenzione ai figli che decidono di avere. Naturalmente anche in questo caso le critiche e le accuse sono state molte: Se ci sono mamme adottive, ci sono anche mamme che abbandonano e come si può far accettare ad un bambino una realtà come questa? L’incontro è stato molto acceso e naturalmente non ha portato a soluzioni adatte per tutti; tutti noi abbiamo però concordato che, nei tempi e nei modi adeguati, i percorsi personali vanno affrontati e ognuno ha il diritto di conoscere il proprio. L’albo illustrato racconta le esperienze di due bambine coetanee, fiere delle loro mamme attente e affettuose anche se molto impegnate. Il confronto tra le due mamme procede pa-

rallelo fino a quando una delle due bambine sostiene di avere due mamme e lascia nell’amica una forte perplessità: si possono avere due mamme? quanti tipi di mamme esistono? La domanda passa di bambino in bambino e alla fine si scoprono le tante possibilità di essere mamma. Il dialogo di questi bimbi piccoli sulla maternità e sulle svariate modalità con cui i bambini vengono alla luce e arrivano nelle braccia della loro mamma è realizzato in modo diretto e a volte spiazzante; probabilmente più per gli adulti che per i bambini. L’autrice infatti afferma di aver provato a immedesimarsi in un bambino di 4 anni con i suoi dubbi e i suoi interrogativi, capendo che quando inizia a fare le prime domande su questo argomento significa che è arrivato il momento in cui vanno affrontati questi temi. Comunque, se si vuole improntare il rapporto in modo naturale, non esiste un’età giusta per parlare con i propri figli e si possono affrontare tutti gli argomenti della vita sin dai primi anni. Ancora una volta è più difficile per un adulto che per un bambino capire che esistono diversi modi di venire al mondo, diversi modi

di essere amati, diversi tipi di famiglie. Spesso sono gli adulti che creano barriere e sono in difficoltà, magari perché quando loro erano bambini, nessuno ha affrontato questi temi in maniera aperta e naturale. Talvolta gli adulti non parlano ai bambini di certi argomenti, per un senso di inadeguatezza e di paura o per esorcizzarli, quasi sperando che “se non se ne parla, non potrà accadere”. Ma naturalmente non è così e leggere è sempre un modo affascinante per avere spunti di discussione. … continua Bibliografia Catalogo dei genitori. C. Ponti, Babalibri, 2010 Mamma di pancia, mamma di cuore. A. Genni Miliotti, Editoriale Scienza, 2003 Di mamma c’è n’è una sola. I. Paglia, Fatatrac, 2012

31


sociale e legale

Angelamaria Serpico Avvocato specializzato in diritto di famiglia e diritto minorile

La tutela della riservatezza nell’adozione 32

L’accesso alle informazioni sulle origini biologiche nell’adozione nazionale

La diffusione di notizie che rivelino lo status di figlio adottivo, nei casi in cui non sia prevista da norme di legge (si pensi ad esempio ai divieti matrimoniali) comporta la pena della reclusione da sei mesi a tre anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio. Se compiuto da altre persone, la pena è di tre mesi di reclusione o la multa da 103 a 1.032 euro. Si applicano le stesse pene se la diffusione di notizie avviene successivamente all’affidamento preadottivo e senza l’autorizzazione del Tribunale per i Minorenni (art. 73 L. 184/1983). Tale disposto non riguarda, ovviamente, i rapporti interni tra genitori e figli adottivi, anzi ultimamente il legislatore, recependo una prassi consolidata da tempo tra i soggetti che

operano nel campo delle adozioni, ha sancito il diritto per il figlio adottivo di conoscere tale sua situazione, seppure con un limite, lasciato in vigore dall’art. 177, comma 2 del D.Lgs. n. 196/2003 di cui si dirà oltre. Le informazioni relative ai genitori biologici dell’adottato, previa autorizzazione del Tribunale dei Minori, possono essere comunicate: – ai genitori adottivi, solo per gravi e rilevanti motivi e solo in quanto esercenti ancora la patria potestà sul minore; – al responsabile di un presidio sanitario o di una struttura ospedaliera, in caso di gravi ed urgenti motivi di salute; – all’adottato maggiorenne ma infra venticinquenne. Le informazioni possono essere fornite anche senza


autorizzazione nei seguenti casi: – all’Ufficiale di Stato civile per la verifica della sussistenza degli impedimenti matrimoniali; – all’adottato maggiorenne se i genitori adottivi siano morti o divenuti irreperibili; – all’adottato venticinquenne. Entrambe le ultime due ipotesi saranno esaminate a breve. La L. 28 marzo 2001 n. 149, in parziale riforma della L. 184/1983, ha introdotto nel nostro ordinamento il concetto di conoscibilità del proprio status di figlio adottivo così innovando l’art. 28 della legge sulle adozioni. All’adottato è altresì consentito sapere chi siano i propri genitori naturali. L’articolo 28 dispone, quindi, che i genitori adottivi debbano informare il minore adottato con le modalità ed i termini che ritengono più opportuni: ad essi, dunque, è demandata ogni valutazione e scelta della tempistica anche se sembra ragionevole che essi non debbano attendere il raggiungimento della maggiore età da parte del figlio, dal momento che il legislatore nella norma in esame si riferisce comunque a “minori”. Al

raggiungimento del venticinquesimo anno, inoltre, è possibile accedere ad informazioni concernenti l’identità dei genitori naturali e, qualora ciò sia utile per gravi motivi attinenti alla salute, l’accesso a queste informazioni è consentito anche prima, cioè al raggiungimento della maggiore età (art. 28, 5 comma). A tale scopo, occorre presentare istanza al tribunale per i minorenni del luogo di residenza. Il Tribunale esperisce un’istruttoria sentendo tutte le persone ritenute utili e, valutato che la conoscenza delle notizie non siano pregiudizievoli all’equilibrio psico-fisico del richiedente, autorizza con decreto l’accesso alle notizie richieste. E’ tuttavia da sottolineare che il comma 7 del predetto articolo (così come modificato dall’art. 177 D. Lgs. 196/2003 sopra menzionato) non consente l’accesso alle informazioni relative alla madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata nella dichiarazione di nascita resa ai sensi dell’art. 30, comma 1 del D.P.R. 3/11/2000 n. 396 e che serve ai fini della redazione dell’atto di nascita da inserire nei registri dello stato civile. I minori non riconosciuti, quindi, non hanno la possibilità di accedere

alle loro origini biologiche, come ha anche precisato la giurisprudenza: “Non si può autorizzare l’accesso alle informazioni sulle proprie origini biologiche e sull’identità della madre naturale se l’adottato non sia stato da lei riconosciuto alla nascita, giacché in tale ipotesi - ai sensi del comma 7 dell’art. 28 novellato dalla l. 4 maggio 1983, n. 184 il legislatore ha attribuito maggior rilievo alla posizione soggettiva del genitore naturale rispetto al contrapposto interesse dell’adottato.” (cfr.Tribunale Minorenni Perugia 21 giugno 2002). Si deve tuttavia tener conto che, anche nel caso della donna che voglia partorire nell’anonimato, per effetto del D.M. 16/7/2001 n. 349 “deve essere comunque assicurato un raccordo tra il certificato di assistenza al parto privo dei dati idonei a identificare la donna che non consente di essere nominata con la cartella clinica custodita presso il luogo dove è avvenuto il parto”. Ciò rende, quindi, tecnicamente sempre possibile risalire alle generalità della partoriente tramite l’accesso ai documenti sanitari (anche se, vale la pena di sottolineare come l’accesso al testo integrale sia normalmente consenti-

33


34

to decorsi cento anni dalla formazione del documento, mentre prima della scadenza di questo periodo, dall’atto verranno sempre eliminati i dati sensibili riguardanti la partoriente). Molteplici sono stati quindi, tra gli operatori del diritto, gli orientamenti volti a consentire anche in questo caso l’accesso alle informazioni, in quanto si tende a tutelare il principio che la conoscenza delle proprie radici costituisca il presupposto indefettibile per l’identità personale dell’adottato, che assurge a vero e proprio diritto soggettivo con la conseguenza che la negazione di questo diritto, per il solo fatto che la madre abbia dichiarato di non voler essere nominata, costituirebbe una vera e propria violazione del diritto di ricerca delle proprie origini e dunque del diritto all’identità personale dell’adottato. Alcuni giudici di merito hanno offerto una possibile soluzione alla contrapposizione tra gli interessi della madre biologica e quelli del figlio adottivo stabilendo la necessità di verificare se la volontà della madre all’anonimato persista o meno; è quindi stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 in esame, laddove non condiziona,

appunto, il divieto per l’adottato di accedere alle informazioni sulle proprie origini alla previa verifica, da parte del giudice, all’attuale persistenza di quella volontà (cfr. Trib. Firenze, ordinanza 21 luglio 2004, in G.U. n. 3, prima serie speciale, anno 2005). La Corte Costituzionale, investita della questione, si è espressa nel senso che debba prevalere l’interesse della gestante che, in situazioni particolarmente difficili sotto il profilo personale, economico e sociale, abbia deciso – non abortendo - di non tenere con sé il bambino; la decisione che ne è conseguita ribadisce, quindi, la necessità di garantirne l’anonimato. Nel conflitto tra il diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini e il diritto della madre a non essere nominata, viene quindi nuovamente confermata la prevalenza del diritto di quest’ultima. Occorre tuttavia precisare che l’orientamento dei Tribunali per i minorenni è molto prudente nel consentire l’accesso alle origini anche negli altri casi, pur consentiti dalla legge vigente. Permane, infatti, una rigorosa valutazione del caso specifico sia per l’adottato diciottenne che per il venticinquenne, come dimostrato dalle se-

guenti pronunce: “L’adottato infraventicinquenne, pur avendo raggiunto la maggiore età, ha di regola uno sviluppo psicologico ancora parziale ed il rischio di un turbamento psichico, ottenute le informazioni, può essere molto forte.” (cfr. Tribunale minorenni Torino, 28 ottobre 2004). Ancora: “Va autorizzato l’accesso alle informazioni relative ai genitori biologici da parte di persona adottata ultraventicinquenne, già impegnata in una psicoterapia in proprio al fine di ricostruire la sua storia personale. Dalle informazioni del consultorio familiare presso il quale il ragazzo sta conducendo la psicoterapia, si esclude che l’accesso alle informazioni riguardanti la propria famiglia biologica possa determinare in lui un grave turbamento” (cfr. Tribunale minorenni Sassari, decreto 31 luglio 2002). Inoltre: “l’avvenuto decesso di entrambi i genitori adottivi, di per sé, non elimina il pericolo di un “grave turbamento” nell’adottato, paventato dalla norma, che potrebbe comunque verificarsi al momento dell’individuazione dei propri genitori naturali autori di un abbandono sempre gravemente traumatico.”


(cfr. Tribunale minorenni zione della banca di dati Sassari, decreto 30 maggio relativa ai minori dichiarati adottabili, istituita 2002). dall’art. 40 L. 28/3/2001 Infine: “L’istanza dell’adot- n. 149” ha precisato che tato venticinquenne tesa l’accesso alla banca dati è a conoscere informazioni consentito solo per il tracirca l’identità dei genito- mite del Tribunale per i ri biologici e della propria minorenni. origine deve essere accolta In questo senso anche la qualora non pregiudichi il giurisprudenza: “Sussiste suo equilibrio psico-fisico, la competenza del T.M. a tenendo comunque conto deliberare in ordine all’auall’adottato del consenso dei genitori, torizzazione dell’età dell’adottando e ultraventicinquenne ad acdelle sue conoscenze in me- cedere ad informazioni che rito all’adozione” (cfr. Tri- riguardano la sua origine e bunale minorenni Firenze, l’identità dei propri genitori biologici.” (cfr. Tribunale 30 ottobre 2001). minorenni Sassari, 16 genSebbene la norma in esame naio 2003). sembri disporre che l’adottato ultraventicinquenne Anche la dottrina si monon abbia bisogno dell’au- stra divisa tra chi è favotorizzazione del TM per revole al diritto all’accesso accedere alle informazioni alle informazioni e chi lo che lo riguardano, il decre- nega. In particolare, tra le to 24/2/2004 n. 91 “Rego- opinioni più restrittive, si lamento recante modalità evidenziano le perplessidi attuazione e organizza- tà di chi teme che le nuo-

ve norme possano nella pratica portare a creare ulteriori dubbi ed insicurezze nella famiglia adottiva considerata nella sua interezza, non potendosi peraltro trascurare gli effetti negativi che alcune notizie potrebbero avere sulla personalità dell’adottato, messo al corrente di informazioni drammatiche, quali ad esempio il concepimento a seguito di violenza sessuale od incesto; la malattia mentale di uno od entrambi i genitori biologici; etc. La giurisprudenza ha offerto ulteriori precisazioni sull’interpretazione dell’articolo 28. In particolare ha chiarito che le informazioni sulle origini possono riguardare non solo i genitori naturali ma anche, ad esempio, i fratelli o le sorelle: “L’istanza proposta da persona adottata ultraventicinquenne,

35


36

ai sensi dell’art. 28 comma 5 l. n. 184 del 1983, come introdotto dall’art. 24 l. n. 149 del 2001, al fine di ottenere informazioni circa la sua origine e i suoi genitori naturali, può anche essere rivolta, alla luce di una complessiva interpretazione sistematica dell’istituto, all’acquisizione di informazioni circa parenti diversi dai genitori biologici (nella specie circa le sorelle). Di regola, ed ove possibile, devono essere preventivamente sentite, in modo riservato, le persone destinate a relazionarsi con il richiedente nel caso in cui l’istanza sia accolta” (cfr. Corte appello Torino 29 aprile 2004). Non è ammesso, però, il caso contrario: “Ritenuto che l’art. 28 l. n. 184/1983 consente solo alla persona adottata di ottenere notizie relative ai propri genitori di sangue, non è accoglibile la domanda volta ad ottenere dati e

notizie sui propri fratelli germani, ormai maggiorenni ed a suo tempo adottati, tanto più quando questi ultimi non hanno mai fatto richiesta di conoscere i propri parenti di sangue, manifestando, al riguardo, un assoluto disinteresse malgrado i tentativi dei germani non adottati di riallacciare, con essi, anche ricorrendo a programmi televisivi, gli auspicati rapporti.” (cfr. Tribunale minorenni L’Aquila, 17 gennaio 2008). Il motivo della pronuncia appena citata risiede nella circostanza che, secondo la giurisprudenza, solo il diretto interessato possa avere accesso alle informazioni, e non altri soggetti. Il principio è confermato anche dalla seguente massima: “Difetta di legittimazione ad agire chi intenda accedere alle informazioni sui genitori biologici del proprio padre, adottato con adozione legittimante,

e nel frattempo deceduto”. (cfr. Tribunale minorenni Sassari 16 gennaio 2002). Sulla possibile rilevanza dei legami di sangue sotto il profilo penale, in giurisprudenza si è affermato il seguente principio: “Ritenuto che ai minori adottati con l’adozione legittimante va assicurato in ogni modo il diritto al segreto sulla loro nuova identità, sull’identità dei loro genitori d’affetto e sul luogo di residenza della loro nuova famiglia, il T.M. può emettere, anche nei confronti del giudice penale che indaga su gravi fatti di reato commessi dai genitori di sangue degli adottati, un provvedimento di inibitoria diretto ad evitare che i minori adottati possano, comunque, essere rintracciati.” (cfr. Tribunale minorenni Perugia 7 febbraio 2000).


L’accesso alle informazioni nell’adozione internazionale Per quanto riguarda l’adozione internazionale, l’art. 37 L. 184/1983 dispone che, successivamente all’adozione, la CAI può comunicare ai genitori adottivi, anche tramite il Tribunale per i minorenni, solo le informazioni che hanno rilevanza per lo stato di salute del minore. Dispone, inoltre, che le informazioni riguardanti le origini dei minori rimangono conservate sia presso il Tribunale per i minorenni che la medesima CAI. All’ultimo comma stabilisce che “per quanto concerne l’accesso alle altre informazioni valgono le disposizioni vigenti in materia di adozione di minori italiani”. Perciò, nel caso in cui – come peraltro avviene solitamente – i genitori adottivi abbiano già l’atto di nascita originario del minore – con l’indicazione, quindi, dei genitori biologici - ed altri documenti a lui relativi (es.: anamnesi sanitaria, biografia, etc.) sembra che essi possano senz’altro comunicare tali notizie al proprio figlio così come previsto e reso obbligatorio dalla legge.

glia, ma sento il bisogno di conoscere le mie origini. Ho già presentato richiesta al Tribunale dei Minori di Milano, ma la risposta è stata negativa, anche da parte della Dott.ssa Pomodoro che mi ha contattato telefonicamente, la quale ha affermato che la legge impedisce di dare informazioni per difendere la privacy; ma i diritti di chi non ha chiesto di venire al mondo e che da adulto vuole avere notizie almeno sulla propria storia sanitaria, chi li difende?? Proprio non c’è la possibilità di conoscere le proprie origini, perlomeno in forma anonima? E’ possibile che qualche persona illuminata prenda le difese delle persone come me e presenti un disegno di legge che venga incontro a queste legittime aspettative? Grazie per quanto potrete fare; aspetto con ansia una Vs. risposta. Cordiali saluti.” Risposta: “La legge 184/1983, come da ultimo riformata (art. 28 comma 5), consente all’adottato di poter accedere ad informazioni relative alla propria origine biologica, previa valutazione del Tribunale per i MiDomanda: “Ho 32 anni, sono stato norenni. Il veto da parte adottato quando avevo 35 delle istituzioni può essere giorni; amo la mia fami- dato dalla necessità di tu-

telare la privacy della madre naturale, che messa a conoscenza della richiesta può non essere favorevole; oppure dalla circostanza che la madre naturale abbia partorito in assoluto anonimato e che pertanto non sia in alcun modo rintracciabile, come espressamente previsto dal comma 7: “l’accesso alle informazioni non è consentito se l’adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale e qualora anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato o abbia manifestato il consenso all’adozione a condizione di rimanere anonimo.” Domanda: “In quali casi è possibile ricevere dal Tribunale informazioni sanitarie sui genitori naturali?” Risposta: “Le informazioni sanitarie relative ai genitori naturali del minore saranno comunicate ai genitori adottivi dallo stesso TdM solo nel caso che ciò sia rilevante per il bambino; in caso contrario la privacy dei genitori naturali sarà tutelata omettendo ogni diversa ed irrilevante informazione.”

37


trentagiorni

SENZA IL SOSTEGNO GIUSTO LA BOCCIATURA NON VALE Se l’alunno portatore di handicap non va bene a scuola, perché non ha ore di sostegno a sufficienza, non può essere bocciato. E’ quanto si evince da una sentenza della terza sezione bis del Tar del Lazio depositata il 5 luglio scorso (6887/2012). Il caso riguardava un alunno di scuola superiore che non era stato ammesso alla classe successiva per gravi e diffuse insufficienze in quasi tutte le discipline. L’alunno, peraltro, era stato fatto oggetto di un piano educativo individualizzato (Pei) e in tale piano erano stati indicati obiettivi minimi che lo studente non era stato in grado di raggiungere. Ma ciò si era verificato soprattutto perché all’alunno non era stato assegnato un docente di sostegno a orario pieno, ma solo per 4 ore la settimana. Il tutto nonostante fosse stato riconosciuto portatore di handicap grave

(art. 3, comma 3 della legge 104/92). In buona sostanza, dunque, all’alunno non era stato riconosciuto il diritto all’integrazione scolastica. Di qui gli scarsi risultati alla fine dell’anno. I genitori del ragazzo, però, non si erano rassegnati ed avevano presentato ricorso al Tar, lamentando che il loro figliolo non avrebbe dovuto essere valutato solo in riferimento ai risultati di profitto. Ma con riguardo al fatto che non era stato messo in condizione di lavorare in modo proficuo, perché l’amministrazione non gli aveva assegnato l’insegnante di sostegno full time. E i giudici hanno accolto il ricorso facendo presente che l’alunno sarebbe stato valutato «alla stregua di un qualsiasi candidato cui siano state riscontrate carenze che hanno condotto al mancato raggiungimento di livelli di preparazione accettabili» si legge nella sentenza «senza cioè la precipua considerazione (stante il

suo stato di handicappato) della effettiva consistenza della attività di sostegno che era stata ritenuta di indispensabile e precipua rilevanza nel Piano educativo individualizzato predisposto nel corso dell’anno scolastico che si sono ridotte solo alla usufruizione di un esiguo numero (quattro ore di sostegno nell’anno scolastico di cui trattasi)». E proprio l’inadeguatezza del numero di ore di sostegno (solo 4) attribuite all’alunno, sarebbero state la causa dell’inadeguatezza dei risultati di fine anno. Di qui l’annullamento della bocciatura e la condanna dell’amministrazione a pagare1500 euro di spese legali alla famiglia dell’alunno. La sentenza rischia di scatenare un contenzioso seriale perché le situazioni analoghe sono centinaia, in tutto il territorio nazionale. Fonte: Italia Oggi


39 TREMILA NEONATI ABBANDONATI, SERVE PIÙ ASSISTENZA ALLE MADRI Ogni anno in Italia vengono abbandonati circa 3mila neonati: per la maggior parte (73%) figli di italiane, il resto di straniere, prevalentemente tra i 20 e 40 anni (le minorenni sono il 6%). E su tremila abbandoni, solo 400 avvengono negli ospedali; il resto è fuori controllo e i ritrovamenti avvengono a volte quando ormai è troppo tardi. L’allarme arriva dalla Società italiana di neonatologia (Sin), secondo cui è urgente assicurare una maggiore assistenza alle madri attraverso tre strumenti: la possibilità di partorire in ospedale senza riconoscere il proprio figlio che verrà immediatamente avviato a un percorso di adozione (progetto “Madre Segreta”), la “ruota degli esposti” e l’assistenza domiciliare alle puerpere. Fonte: www.corriere.it

IL VIETNAM RIPARTE DALL’IRLANDA Dal 2009 c’erano forti difficoltà ad adottare in Vietnam, dopo l’emersione di alcuni illeciti. In questi anni il paese ha migliorato le sue procedure. E a settembre riparte dall’isola verde Il Vietnam riparte con le adozioni internazionali. Lo fa con l’Irlanda, con cui a settembre firmerà un accordo. Lo ha annunciato l’Authority per le Adozioni d’Irlanda (AAI) e a darne notizia in Italia è AiBi. L’AAI «è lieta di annunciare che è gli accordi amministrativi con il Vietnam sono ormai ampiamente condivisi. Si spera che l’accordo per definire le modalità amministrative sarà firmato nel corso di una visita in Irlanda dal ministro della Giustizia vietnamita nel mese di settembre, ospitato dal Ministro per l’Infanzia Ms. Frances Fitzgerald TD». Tra il 2001 e il 2010 il Vietnam è stato il secondo maggior

Paese di provenienza dei figli adottivi irlandesi dopo la Russia. Un fortissimo rallentamento delle adozioni era arrivato nel 2009, dopo che le autorità locali avevano emesso sei condanne per adozioni illecite: «È questo un ottimo indicatore della volontà delle autorità vietnamite di porre fine alle pratiche illecite nel campo dell’adozione internazionale» aveva detto Graziella Teti, responsabile del settore adozioni internazionali del Ciai. Il Vietnam è uno dei Paesi con la più bassa età media dei minori (nel Rapporto statistico sul 2011 la Cai la dava a 1,5 anni). In Italia nel 2011 sono stati adottati 142 minori vietnamiti, il 3,5% dei 4.022 totali. L’anno prima erano stati il doppio, 251. Il record storico nel 2008, con 313 minori entrati. Fonte: www.vita.it


e n i l n o e r a i l g o Da sf Approfondimenti e novità sul mondo dei minori in ogni suo aspetto: tutela, condizioni di vita, diritti negati, scuola, società, futuro, adozione, affido.

ABBONARSI è FACILE! Visita il sito

g

r o . a t n e v i d i s i r o t i www.gen

Ecco le nostre proposte di abbonamento Abbonamento on-line semplice

(giornale trasmesso in formato elettronico) Abbonamento on-line integrato (giornale in formato elettronico più i due volumi annui nella collana ETS/Genitori si diventa) non dimenticate di comunicare il vostro indirizzo e-mail a redazione@genitorisidiventa.org

15 euro 30 euro


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.