Il potere dell’amore e la genitorialità adottiva

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psicologia e adozione 8

Il potere dell’amore e la genitorialità adottiva

sono i contesti in cui viene applicato che lo connotano positivamente o negativamente. In psicologia il potere intride tutte le relazioni affettive e sociali e si riverbera nei comportamenti secondo modalità che derivano dall’esperienza del potere, esercitato e subito, che ogni individuo porta dentro di sé. A questo proposito noi non sappiamo praticamente nulla di ciò che i nostri bambini hanno esperito prima di arrivare in famiglia, possiamo solo supporlo, ma quanto possa essere stato per loro rassicurante o minacciosa la vicinanza dell’adulto non possiamo saperlo. Potere e famiglia All’arrivo in famiglia la Il potere è un’entità ben reazione dei bambini, definita, talvolta diffi- soprattutto se grandini, cile da individuare, né può essere molto diverbuono né cattivo in sé; sa di fronte al genitore Vi propongo una esplorazione intorno e dentro la relazione genitori e figli. A seconda della differente miscellanea tra ingredienti affettivi, emotivi, razionali e cognitivi che la compongono, il potere intrinseco proprio di questa relazione crea uno spazio libero dove crescere oppure una prigione. L’evidenza di quanto sia importante l’uno o l’altro contesto per il futuro dei figli è lampante: potranno essi trovare i luoghi più congeniali per esprimersi oppure saranno obbligati a scegliere tra la prigionia e una pericolosa evasione?

che esercita il suo ruolo, e questo dipende non tanto e non solo dall’autorevolezza del genitore, quanto dalle primitive esperienze del bambino, che noi non conosciamo, appunto. In ambito familiare, l’assunzione e la gestione del potere operata dai genitori è determinante nella crescita e nell’educazioni dei minori. I genitori esercitano sempre una profonda influenza sui figli e il loro potere è insito e legittimato nel ruolo genitoriale. Questa affermazione, apparentemente scontata, è fonte di fraintendimenti e fuorvianti pudori, poiché spesso la parola potere viene associata a scenari di arbitrarietà e prevaricazione, inaccettabili in nome di malintese pedagogie che scambiano ogni regola


educativa per repressione. Da parte del genitore adottivo impostare la relazione da questo versante, diciamo lassista, sia per scarsa consapevolezza di sé e del rapporto con i propri genitori, sia per evitare eventuali reazioni difficili e/o aggressive del bambino, non è così inconsueto; a volte, poi, il vissuto genitoriale è diverso tra madre e padre, in questi casi, se tra di essi l’alleanza viene meno, la difficoltà di comprendersi può rendere ancor più sfrangiato e ambiguo il loro ruolo. In realtà, la bussola delle scelte educative e, ancor prima, la possibilità di riconoscersi sufficientemente buoni e accoglienti, non può derivare esclusivamente dal gradimento espresso dal figlio e/o dall’evitamento della rabbia e del conflitto; è fondamentale che il fulcro dell’equilibrio familiare trovi il suo baricentro nella coppia genitoriale. Il potere del genitore è legittimo, perché inscritto e ben delimitato nel ruolo dell’adulto, che è tenuto a prendersi cura del bambino che ha adottato e ad accompagnarlo nel percorso verso l’adultità. Questo percorso implica l’instaurarsi di una relazione di dipendenza del piccolo, dipendenza totale, fisica ed affettiva, poiché il bambino affida al genitore la propria sopravvivenza fi-

sica e lo sviluppo armonico della propria mente. Cioè il proprio futuro. È possibile che alcuni bambini adottati, soprattutto i più grandi, tendano a sviluppare una contro dipendenza, facciano finta in pratica di non aver bisogno di niente e di nessuno. Ogni volta che in famiglia, nell’entourage o a scuola risuonano affermazioni come ‘questo bambino va come un treno… ha una marcia in più’ è necessario alzare la soglia dell’attenzione. Spesso a sostenere tale livello di prestazioni c’è la motivazione inconscia di non rischiare una nuova delusione e un nuovo abbandono. Se i genitori lasciassero spazio solo e collusivamente all’orgoglio e non cercassero la risposta a queste domande: ‘‘dove è il bambino che non ho ancora incontrato?’’, oppure ‘‘il bambino che ho incontrato negli incubi notturni o nelle furie diurne conosce e parla con il bambino dalle prestazioni fantastiche?’’, ‘‘ho accolto anche il piccolo terrorizzato?’’. Ecco, se nel sistema familiare gli adulti non riescono a far circolare le opposte emozioni che ruotano intorno a potere e impotenza, i bambini possono reggere anche per lungo tempo, ma a un certo punto non potranno evitare un doloroso crollo.

Coraggio/vigliaccheria nell’essere genitore Se il genitore non è consapevole di quanto sia concreto e reale il potere del suo ruolo, eserciterà quel potere ugualmente ma senza comprendere la responsabilità che comporta e le conseguenze derivate dallo svolgimento del suo compito. Attraverso l’assunzione di responsabilità si definiscono i confini del potere genitoriale, inizialmente assai ampi – con un po’ di retorica si può dire ‘di vita e di morte’ – ma nel tempo della crescita sempre più delimitati e chiari per lasciare spazio all’apprendistato del bambino come futuro adulto autonomo. La chiarezza dei limiti del potere genitoriale consente il riconoscimento del figlio come individuo, amato e protetto, ma non di proprietà di chi l’ha generato o adottato. Talvolta i genitori delle nuove generazioni hanno paura del potere implicato dall’atto di generare o adottare; e per timore di ripercorrere il modello abusante del padre-padrone di storica memoria, preferiscono un ruolo da ‘migliore amico di mio figlio’, dannoso e ambiguo. Nella peggiore delle ipotesi, questa relazione ingannevole, come il lupo trave-

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stito da agnello, diventa a sua volta abusante, impedendo la crescita maturativa del figlio. Infatti, l’abuso di potere genitoriale può presentarsi così subdolo e celato da essere indulgentemente scambiato per eccesso di amore e di protezione. Un dialogo

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Modesta: … Sono mai entrata in camera tua senza bussare?… Prando: No Modesta: Ho mai aperto una lettera indirizzata a te…? Prando: Mai. Modesta: … ti proibisco di oltrepassare lo spazio di libertà che mi spetta… E no! Non puoi diventare rosso Prando, sei un uomo, o preferiresti che ti chiamassi ancora ‘il mio bambino’? Non credo. E allora sappi… che, come quando alla tua età non ho subìto il ricatto dei vecchi, oggi, vecchia nei tuoi confronti, non ho intenzione di subire il ricatto dei giovani! Prando: Io non ricatto, mamma. Modesta: E invece sì, in nome della tua giovinezza e del fatto che io sono tua madre tu mi dici che dovrei dedicarmi a te, solo a te! Tu mi chiedi adesso… di scegliere tra te e Joyce, e io rigetto il tuo ricatto ri-

spondendoti che non sono né di tua proprietà né di proprietà sua, come tu stesso non sei proprietà assoluta di Modesta…». Goliarda Sapienza, L’arte della gioia, Torino, Einaudi, 2009, p. 371 Questo esempio di dialogo serrato tra una madre e un figlio adolescente è molto suggestivo. Il rischio di scivolare in un desiderio di rapporto esclusivo con un genitore, essere il figlio preferito ed essere preferito non solo tra i fratelli, è sempre in agguato. Ricordiamoci che un modo possibile per essere preferiti e preferire è quello di provocare ansietà, problemi e delusioni. Lo sviluppo di una relazione parentale sostenuta dalla cornice e dalle regole che ho cercato di mettere a fuoco, permette di non cadere nel tranello: solo il profondo rispetto degli spazi e della individualità del figlio ha permesso la forte e serena risposta di Modesta. Il potere imprigiona l’amore

dolamente, misconosciuto, nella relazione. Questo accade anche nei casi in cui l’adozione è stata mossa, a livello profondo, dal bisogno di raggiungere lo status genitoriale a tutti i costi, a causa della difficoltà di tollerare l’angoscia ed elaborare il grande dolore derivato dall’impotentia generandi o l’infertilità. Uno dei volti del potere ‘vigliacco e secondino’ del genitore si maschera nei gesti semplici di tutti i giorni ricoperti da spessa glassa di bontà; è necessario fare molta attenzione perché il concorso della tecnologia, che permette il monitoraggio continuo dei pensieri e delle azioni del figlio attraverso telefonate, sms, mms, social network ecc. confonde protezione e controllo, amore e possesso. Genitori e figli, alla fine potrebbero trovarsi prigionieri del rapporto esclusivo che hanno sviluppato. È perfino possibile che questa relazione di potere non venga svelata mai e sia ereditata dai nipoti e bisnipoti, ‘felici eredi di una famiglia tanto unita…’.

Al contrario, nel caso in cui l’interesse del genitore per il figlio abbia avuto la principale meta di tranquillizzare il genitore e non lo scopo di sostenere il Nella Mazzoni figlio, il ricatto entra sub- psicologa-psicoterapeuta


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