giorno dopo giorno
di Berta Martin
Una petizione per il Mali 36
Mi chiamo Berta Martin, sono spagnola e sposata da anni con Giampiero; viviamo a Genova, la sua città natale. Insieme, da due anni e mezzo abbiamo intrapreso la strada dell’adozione per arrivare da nostro figlio, in Mali. A luglio 2011 abbiamo dato l’incarico al nostro ente che ci aveva scelto come coppia pilota insieme ad un’altra famiglia, con la quale ormai siamo uniti nella lotta per portare a termine il progetto di famiglia che condividiamo. Stiamo vivendo un’attesa complicata, in un paese che sembrava tranquillo, ma nel quale nell’ultimo anno sono successi una serie di fatti molto gravi. Come genitori e come amanti della terra dei nostri figli, abbiamo deciso di portare avanti una PETIZIONE INTERNAZIONALE perché la riapertura delle adozioni
internazionali in Mali avvenga il prima possibile. Vogliamo fare arrivare alle autorità maliane l’opinione internazionale, lottiamo in nome di questi piccoli angeli che non possono urlare il grosso bisogno che hanno di avere una famiglia per sempre. Sono promotrice di questa iniziativa insieme ad un caro amico, Karl Babin, cittadino francese e titolare di una piccola Ong che aiuta il Mali da tanto tempo, e con la quale abbiamo collaborato già in diversi fronti. La petizione esiste in quattro lingue (italiano, spagnolo, francese e inglese) e sta girando in tutto il mondo. Il Mali è uno dei paesi firmatari della Convenzione dell’Aja per le adozioni. In Italia ci sono quattro enti che lavorano in Mali. L’elenco si trova sul sito della Commissione Adozioni Internazionali. In questo mo-
mento il paese è sommerso da una forte crisi economica e sociale, a causa del conflitto nel nord del paese, che si trova invaso da quattro gruppi islamisti da gennaio 2012, alcuni dei quali sono estremisti e terroristi. Il governo è un governo di transizione, messo in atto dopo un colpo di stato portato a termine a marzo del 2012 dall’esercito maliano. A dicembre del 2011, l’expresidente della Repubblica del Mali ratificò una legge interna che conteneva il nuovo Codice delle Persone e la Famiglia, al quale la popolazione si oppose fortemente attraverso molte manifestazioni. Il codice sembra esser stato frutto del processo di “islamizzazione” imposto dai gruppi etnici del Nord al governo del Mali, che esigevano l’indipendenza di quella parte di territorio che loro chiamano Azawad. Inoltre
minacciavano l’invasione e l’applicazione della Sharia se le loro richieste non fossero state accolte, fatti messi in atto e portati a termine un mese dopo, a cause delle esigue forze dell’esercito maliano. Il nuovo Codice delle Persone e la Famiglia del Mali dedica tre pagine all’adozione; sono venti articoli dei quali solo sei trattano l’adozione-filiazione. Il suddetto documento forma parte dell’ordinamento giuridico interno del paese. L’articolo 540 regola solo i requisiti delle coppie e persone di nazionalità maliana con un minimo di trenta anni che possono far domanda di adozione-filiazione. Se analizziamo bene l’articolo, si può osservare che il codice non fa riferimento alcuno ai requisiti dei cittadini non maliani. Questo ha portato a diverse inter-
pretazioni; fino a novembre del 2012 il direttore dell’autorità centrale per le adozioni lo interpretò come un’autorizzazione tacita, data dalla supremazia che la stessa Costituzione maliana dà ai trattati internazionali ratificati dal paese. Il direttore, basandosi sulla disposizione costituzionale e davanti alla NON denuncia da parte del Mali della Convenzione dell’Aja (entrata in vigore in Mali il 1° settembre 2006), considerò l’adozione da parte di cittadini stranieri giuridicamente sostenibile, ritenendo qualsiasi altra interpretazione chiaramente incostituzionale e assolutamente illegittima. Con l’arrivo, a novembre 2012, del nuovo direttore dell’autorità centrale questa interpretazione è stata completamente rivoltata e il Mali dichiarò che le ado-
zioni internazionali per cittadini non maliani non erano più possibili da quello stesso momento. Le procedure delle famiglie con abbinamento ufficiale firmato dall’autorità centrale sono andate avanti per l’interesse superiore del minore, ma ai dossier che si trovavano da anni o mesi nel paese (addirittura quelli accettati dalla commissione adozioni maliana e ai quali l’orfanotrofio ha già segnalato un minore) è stato comunicato che la procedura veniva fermata, finché questo articolo 540 non sarà modificato o interpretato ufficialmente in modo diverso. Da quel momento, gli enti che effettuano adozioni in Mali di diversi paesi (Francia, Spagna, Italia, Canada, ecc.), attraverso i loro referenti e avvocati locali, gli orfanotrofi pubblici e privati e le famiglie
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hanno iniziato un processo di sensibilizzazione perché le adozioni internazionali potessero riprendere. Si sono intraprese diverse vie per risolvere il problema. In questo momento gli avvocati locali sono in attesa di una risposta da parte della Corte Suprema del Mali relativa ad un ricorso presentato, dove si richiede la dichiarazione d’incostituzionalità dell’art.540 del Codice della Famiglia Maliano, ma soprattutto
la possibilità di poter concludere tutte le pratiche in corso. In Italia almeno una trentina di famiglie attendono che questo ricorso venga accettato. D’altra parte, l’attuale direttore dell’autorità centrale ha cambiato posizione. Dopo diverse riunioni con avvocati e orfanotrofi, e dopo essersi reso conto dalle conseguenze disastrose che comporterebbe la chiusura delle adozioni internazionali in un paese dove, per
cultura e tradizione l’adozione nazionale è quasi completamente inesistente, il direttore ha creato un gruppo di lavoro insieme ai referenti di diversi enti per scrivere una richiesta all’Assemblea Nazionale del Mali affinché dichiari momentaneamente nulla l’applicazione dell’articolo 540 fino a quando non sarà stato modificato. Inoltre, come abbiamo detto, le famiglie francesi, spagnole e italiane stiamo portando
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avanti la raccolta firme per la petizione internazionale che in questo momento ha superato le 3000 firme, per fare arrivare alle autorità maliane l’opinione internazionale sull’argomento. Fortunatamente le famiglie che al momento della chiusura delle adozioni avevano avuto l’abbinamento ufficiale con un minore ed era stata emessa la sentenza in cui venivano dichiarati genitori, stanno viaggiando a Bamako per
poi ritornare a casa con il proprio figlio. Nel frattempo nel paese è iniziato un conflitto armato in cui sono intervenute le forze internazionali, principalmente francesi; è in corso la riconquista del nord del Mali e si è messo in sicurezza sia la capitale Bamako che il sud del paese. Inoltre, grazie alla sensibilizzazione portata a termine dagli operatori del settore adottivo, la strada verso l’apertura delle adozioni
internazionali sembra ormai aver preso la direzione giusta. Non resta che attendere che l’articolo 540 del Codice della Famiglia venga dichiarato incostituzionale da parte dell’autorità competente in questa materia. Noi famiglie coinvolte lottiamo per raggiungere i nostri figli; lottiamo perché possano avere una famiglia per sempre, che li accolga con l’affetto e l’amore a cui hanno diritto.