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mensile gratuito della Svizzera italiana per le nuove tendenze: musica sport moda hi-tech eventi cinema letteratura arte www aga agazine.ch www.resetmagazine.ch
UBS Snowsport Camps: Learn from the best!
Per tutti tra i 16 e i 30 anni: UBS e Swiss Snowsports spingono gli snowboarder e gli sciatori a intraprendere il livello successivo. In discipline come Halfpipe, Jibbing, Freeride, Skicross o Boardercross. Negli UBS Snowsport Camps si impara direttamente dai migliori, dagli esperti del Swiss Snow Education Pool. I clienti di UBS Generation e UBS Campus viaggiano a prezzi ancora pi첫 convenienti. Iscrivetevi subito. Snowsports. Con voi. Con noi. Per informazioni e iscrizioni: www.ubs.com/snowsports
editoriale Brand new re.set Re.set si “resetta” presentandosi nel duemilaecinque con un “vestito” nuovo, ideato dal nostro grafico Marco Cassino. Con questo restyling, grazie all’utilizzo di nuovi caratteri tipografici, la lettura è notevolmente migliorata, mentre lo stile grafico porta una fresca sensazione d’innovazione, presentando un design in linea con le tendenze della grafica moderna ed il nostro gusto personale. Per quanto riguarda temi e contenuti come sempre cercheremo di offrirvi aggiornamenti e spunti per tenervi informati e incuriosirvi sulle nuove tendenze, come daremo sempre spazio e visibilità ai giovani che si impegnano in modo propositivo portando idee, riflessioni e creatività. Abbiamo avuto molte testimonianze sulla capacità di re.set di catalizzare e stimolare molte persone, d’incuriosire, di smuovere un po’ le acque e di far spingere lo sguardo oltre. Questo per noi è un punto d’onore: le chiacchiere stanno a zero, il nostro messaggio è do it! Lo sport del lamento passivo, particolarmente diffuso a queste latitudini, non porta a nulla e ciò lo capisce sempre più gente. Se vi proponete con qualcosa di valido, nuovo o alternativo re.set vi può dare visibilità. Come sempre vi invitiamo a portarci suggerimenti, critiche, insulti e pernacchie. In questo numero troverete vari articoli riguardanti le novità culturali della stagione, più precisamente per quello che riguarda la musica ed il cinema, ma non solo. Stagione intensa, quindi, che noi seguiremo passo per passo, rinnovando informazioni e proposte ad ogni numero. E voi lettori... grazie per esserci e seguirci.
TREND.SETTERS
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REPORT - Guerrilla Store REPORT - Le freak c’est chic! / Il nippo-trend alle porte REPORT - Tsunami / SCANNER TRAVEL - Sayulita - Un Messico inedito FREE.STYLE
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REPORT - Xtreme Freeride - Verbier HI.TECH
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CYBERCORNER - CC - Creative Commons CYBERFLASH WEBCORNER / WEBFLASH GAMES - World Of Warcraft GAMES - Il mistero di Maggia RE.PLAY
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DISCHI- Recensioni MONDOPUNK DISCHI - Heavy shit! Post-metalcore del nuovo millennio DISCHI - Chemical Brothers INFORMER LIVE - Gun Funk LIVE - RAP©ITAL con Frankie Hi-Nrg Mc / Palco ai Giovani LIVE - 2nd Gen - Genio e sregolatezza LOCALCORNER - Lothar / Rocke LOCALCORNER - Imperial RE.VISION
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RE.VISION - Una lunga domenica di passioni / Costantine NEXTSCREEN RE.VISION - The Woodsman / The Grudge RASSEGNE RE.AD
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LIBRI LIBRI - Angeli e demoni COMICS - La città del peccato RE.ART
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AGENDA MOSTRE GALLERY - Psyké
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editore sagl ik mediat 2 3 6 4 cp no 04 luga ch - 69 eting e, mark o direzion ità per il ticin c li b b e pu zine.ch cassis renato g@resetmaga in market +91/970 24 45 / 1 tel +4 +91/970 24 46 / 1 4 fax + azione bile red a s n o p res ying e art bu Bernasconi a zine.ch ll Gabrie e@resetmaga n redazio 91/967 34 91 + / 1 4 tel + grafica layout e ssino a Marco C tik Sagl ia .ch d e per M esetmagazine r @ o marc zione distribu Sagl, Lugano ik Mediat stampa rti grafiche, ia Salvion inzona ll e B 0 0 65 izzera er la Sv o p à it c pubbli x Print, Zurig o Mediab roietto P o r d ox.ch San mediab 0 @ o t t ie 50 2 pro +1/205 / 1 4 + l te menti abbona servizio tmagazine.ch se www.re gazine a m t e re.s 2 3 6 4 CP no 04 Luga CH - 69
EDIATIK
M © 2005
Sagl
Rauchen gefährdet die Gesundheit. Nuit gravement à la santé. Fumare mette in pericolo la salute.
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TREND.SETTERS
REPORT
Guerrilla Store Shopping da vagabondi
di Tanica
Siamo invasi dalla tecnologia e questo in teoria dovrebbe facilitare la comunicazione. Tuttavia, poiché l’uomo scaltro è soprattutto un essere pragmatico, si può notare che la tecnologia se non è filtrata dalla materia grigia che ci pesa sul collo svolge solo la funzione di rendere molto più veloce la trasmissione di messaggi. Quello che ci frulla nella testa oggigiorno rimane in magazzino molto poco. Su internet, con un sms o un mms oppure attraverso il dialogo fra due telefonini le idee vengono comunicate contemporaneamente - o quasi – all’istante in cui vengono pensate. C’è del bene in questo? Certo. Ma c’è anche del male poiché è più facile credersi scrittori, giornalisti, poeti, inventori, ispettori, politici, giudici e quant’altro implichi una briciola di creatività. Non si nasce imparati, ebbene sì, neanche se si ha la fibra ottica o se ci si reputa pionieri della videochiamata. Con questo cosa voglio dire? Una cosa banalissima: che la velocità della società e della cultura continua ad aumentare. Se questa è la banalità, uno dei suoi riflessi lo è un po’ meno. Fosse anche solo per il fatto che è una vera novità: si parla dei vacant shop. Per introdurre questa novità di mercato vi preparo il palato con una sorta di opposto al vertice. Se ancora non lo sapete, a Milano proprio durante il periodo natalizio ha aperto Muji, store che si professa come non-marchio e che pertanto non trasforma le mode o le idiosincrasie dei designers in prodotti. Da vent’anni Muji è cancelleria, oggetti per il bagno e per la casa, accessori da viaggio, borse e abbigliamento. Tutti rigorosamente senza marca ma con un look distintivo e prodotti con materiali di ottima qualità. Questa è la filosofia di un posto che si presenta come minimalista, ordinato e creativo secondo il trend del megliole-cose-semplici-meglio-ancora-se-disegnate-bene. Insomma andare da Muji è come entrare in un tempio samurai, dove vige il credo dell’abbondanza che sorge dal nulla. Se Muji è la boutique del futuro, il pioniere del minimalismo di massa - sembra di entrare in una sorta di miniIkea radicalchic - c’è qualcosa che rema contro. Appunto, sono i guerrilla, vacant, pop-up, speedy o oneshot store. E qui ritorniamo al concetto di velocità.
La faccio breve: sono punti vendita senza insegne che rimangono aperti per circa un mese, o per il tempo necessario a esaurire la merce che offrono. Molto spesso merce che cerca di lanciare nuove tendenze soprattutto nella scena vintage o di street style. Certo non in quella dell’alta moda: ve le immaginate voi le commesse di Louis Vuitton che vanno a visitare il bugigattolo dove dovranno rintanarsi per un mese con il rischio di vedere un topolino, di spezzarsi un unghia aprendo la porta oppure di non avere uno specchio per una rastrellatina di mascara? Io no. Invece questi negozi itineranti, nati più che da un’intuizione da un’esigenza economica - provate a chiedere quanto costi l’affitto mensile di un negozio in Quinta Strada o sull’Avenue des Champs Elyseés o in via Montenapoleone - sono una bella sorpresa, non solo nel prezzo. Riuscire a non mancare l’appuntamento con uno di questi non luoghi credo provochi una certa punta di orgoglio perché è possibile scovarci delle vere e proprie chicche, spesso da non condividere con nessun altro della propria città o nazione - questo per i fashion victims è la massima aspirazione, l’esclusività totale del capo acquistato. Il primo è stato aperto due anni fa a New York da un certo signor R. Miller. Ormai sono sbarcati anche in Europa: Londra, Berlino, Barcellona e presto forse li vedremo anche in Svizzera. Non aspettatevi molta pubblicità però. Anche se fanno il verso alla tecnica del guerrilla marketing, quando devono parlare di sé usano solo Internet e quella sempreverde tecnica di comunicazione che tutti conosciamo come passaparola. La formula sembra funzionare così bene che anche le griffe più famose iniziano ad appropriarsi di questo insolito mezzo di vendita. Come ad esempio la sessantaduenne giapponese Rei Kawakubo, mente creativa della griffe Comme Des Garcons che ha aperto in tutto il mondo vari guerrilla store, la cui caratteristica è di vendere esclusivamente le creazioni della casa di moda. Qualcuno dice che si ispirino alla filosofia no-global. A me pare il contrario dato che balzano continuamente da un centro a un altro. Si accettano segnalazioni. Intanto fate un salto su www.guerrilla-store.com.
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TREND.SETTERS
REPORT
Le freak c’est chic! Dì anche tu basta al politically correct A disposizione il nuovo Cd pubblicato dalla Rete Tre, la radio dalle frequenze ridarelle... Le Freak c’est chic è la nuova parola d’ordine del palinsesto giovane della Rtsi, e significa che è ora di smetterla con il buonismo! Abbraccia la “freak-philosophy”! Fatti indicare nuove vie dall’unico manifesto ufficialmente riconosciuto di questo rivoluzionario stile di vita, Le Freak c’est chic, vera e propria summa in Cd dell’opera e delle parole di alcuni degli ultimi veri pensatori di questa caotica epoca: lo Zio Valdo, il maestro Roshosho e il suo celeberrimo allievo Merdosho Cageshi, Duilio Gianinella, il Dittatore, la recluta Carletto, Fra’ Poco e Andovai, tanto per citare i più influenti... nomi e voci che ci hanno accompagnato lungo il 2004 e che fa piacere ritrovare qui, in questo dischetto di plastica foriero di buon umore e allegria a go-go. La “freak-philosophy” è talmente freak, talmente radicale da scardinare uno dei capisaldi della società dei consumi, difatti Le Freak c’est chic non è in vendita. Quei disturbati della Tre lo regalano! Per entrare in possesso di questo prezioso tesoro del pensiero occidentale non devi far altro che ascoltare il “freak-point” di Rete Tre: quando senti nell’etere le magiche parole “Le Freak c’est chic” fiondati sul telefono più vicino e digita lesto 091 803 05 03.
Ma non è tutto, i tipi della Tre regalano questo Cd ai primi venti lettori che scriveranno un’email con l’intestazione “Freak” ed il proprio indirizzo completo a redazione@resetmagazine.ch Fatevi sotto, e ricordate, adesso, oggi, domani, dopodomani, sempre: prendetela con freak-philosophy! info su: www.rtsi.ch/prog/rete3
Il nippo-trend alle porte
“Egao wa kokoro no akusesari. Kyo wa dono egao”
È inconsapevole, visto che non ce ne rendiamo conto - forse - ma il Giappone è uno di quei paesi che più di altri influenzano il nostro gusto in fatto di trend. La patria del Sol Levante è attualmente il paese più creativo su tutte le nuove tendenze di moda. I giovani nipponici tra i 15 e i 35 anni sono in anticipo rispetto ai loro coetanei europei e statunitensi. La loro originalità è quindi una preziosa fonte di ispirazione per stilisti e trendsetters.
È qui che certe case di moda si son viste rinascere in una seconda giovinezza balzando sulle passerelle di tutto il mondo dopo anni di piatta attività. È qui che tutte le ragazze del mondo guardano con invidia le coetanee nipponiche che influenzano il loro gusto. Vittime di una dilagante e pandemica fashion-fever i giovani giapponesi non si risparmiano in fantasia e creatività nell’accostare stili in teoria antitetici, ma allo stesso accattivanti, imitati in seguito dai giovani di tutto il pianeta. Non solo cultori, ma anche sperimentatori ed anticipatori, dunque. Per chi fosse curioso e volesse essere sempre informato sugli stili più in voga, seguendone in tempo reale i repentini cambiamenti e trasformazioni c’è www. fashioninjapan.com, un sito coordinato da un designer francese, Loic Bizel, che ha lavorato con i più importanti marchi di moda in Giappone (Issey Miyake, Yohji Yamamoto, Isetan, Muji Rushi).
A Tokyo i luoghi di culto della moda sono i quartieri Shibuya, Harajuku, Omotesando, Kichijoji e Ginza. È in questi quartieri che i giovani dettano moda, e non solo in Giappone. Designers europei ed americani si recano spesso in queste zone per tastare ciò che è veramente trend, hype, top, insomma quello che tira di più. È qui che sono diventate di moda le mini scozzesi a pieghette, o i colori pastello degli anni passati, o la rivalutazione di certi marchi storici della pelletteria.
Sul sito troverete innumerevoli fotografie scattate nelle strade di Tokio e dei grandi centri nipponici in grado d’ispirare con originalità qualsiasi voglia di moda. Per chi volesse essere sempre up to date vale la pena, quindi, lanciare sempre un’occhio a Oriente. E ricordate sempre il proverbio giapponese che dice “Egao wa kokoro no akusesari. Kyo wa dono egao.” (Il sorriso è l’accessorio del tuo cuore. Che tipo di sorriso indosserai oggi?)
Gira tu il nostro prossimo spot per il cinema! David Lynch, Wim Wenders o Robert Altman? No, a girare il prossimo spot Parisienne potresti essere tu! Mandaci un’idea da Oscar e chissà che presto tu non possa seguire le orme dei più grandi registi. Con uno spot per il grande schermo, prodotto da Parisienne. Vuoi toglierti la curiosità? Allora, entra qui: *
*Da 18 anni.
cinemapeople.ch
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TREND.SETTERS
REPORT
Tsunami
Un pensiero rivolto alle vittime del maremoto.
di Giulia Praticò
E’ stato chiamato maremoto, nubifragio, cataclisma ed apocalisse. Tsunami. La sua potenza distruttiva ha sconvolto l’umanità e qualche illustre signore occidentale che con la sua lobby, ha organizzato cene di beneficenza, serate di gala, mostre, concerti lirici e catene di donazioni benefiche. E’ stata un’opportunità fornita ai paesi della triade economica per fare un po’ d’oziosa competizione dalle rispettive scrivanie dirigenziali a suon di cifre devolute e un’altra occasione di gonfiarsi le penne per qualche già tronfio presidente che promette con onnipotenza di poter sconfiggere le conseguenze “spiacevoli” di qualsiasi calamità. Sarebbe quindi, caldamente consigliato il suicidio? Per la stragrande maggioranza degli infranti cuori occidentali però, lo Tsunami ha rappresentato il ladro cosmico di uno dei paesaggi più belli (con i relativi alberghi e clubs) che si potesse sperare di inviare sottoforma di cartolina vacanziera a qualche collega invidioso, e di qualche settimana di divertimento particolare, economico e facile, soprattutto per alcuni signori ambigui e panciuti disposti a comprare cose e persone con la stessa leggerezza. E con estrema leggerezza sono stati depredati occhi e cuori di bambini che li avevano già pieni d’orrore e spavento, bambini che hanno visto il fango ingoiare i loro genitori e le macerie deturpare le loro case, bambini che per finire sono stati saccheggiati persino delle stesse viscere. Non ci sarà altro maremoto che potrà far vergognare la nostra società più di così.
Uno spazzolino nello stomaco
Lingue in estinzione
Il mio nome è Yahoo
Per 22 anni ha vissuto con uno spazzolino da denti nello stomaco senza accorgersi di niente. La disavventura è capitata a un cittadino arabo di 70 anni. L’uomo è stato operato a Riad e secondo i medici che l’hanno preso in cura sarebbe in buone condizioni. Il paziente ha riferito di non aver mai avuto disturbi: negli ultimi tempi, però, aveva avvertito per la prima volta qualche dolore e aveva deciso così di farsi vedere da un dottore. Nessuna notizia su come lo spazzolino sia arrivato nello stomaco del malcapitato. Che poi l’oggetto sia rimasto nello stomaco senza provocare danni, questo ha quasi del miracoloso.
Ogni due settimane scompare uno dei seimila idiomi minori parlati nel mondo: è l’allarme ‘linguistico’ lanciato sul sito della Bbc. I dialetti scompaiono sotto il peso dell’inglese e delle altre lingue dominanti. In Australia, un aborigeno di 60 anni è una delle ultime tre persone ancora viventi in grado di parlare il Mati Ke. Mesi fa, con la morte di una 98nne cinese è sparita una cultura unica: si è portata nella tomba l’unico linguaggio al mondo parlato solo dalle donne, il Nushu.
Eccentrica trovata quella di una coppia rumena, Nonu e Cornelia Dragoman, di Medis, che hanno deciso di chiamare il loro figlio neonato Yahoo. E’ un tributo al portale più famoso del mondo in quanto la coppia si è conosciuta grazie allo stesso, instaurando una relazione virtuale di tre mesi prima di conoscersi nella realtà. Quindi il piccolo sarà chiamato Lucian Yahoo Dragoman (Lucian in onore del nonno). Non vi sembra il nome di un eroe da videogioco picchiatutto? E a quando dei bebé battezzati Google, Amazon oppure Ebay?
Un chiodo in bocca
Il vampiro di Birmingham
Il sindaco di Praga mascherato
Aveva un chiodo in bocca e non se ne era accorto. Lo ha scoperto solo dopo sei giorni. Protagonista della vicenda, che ha davvero dell’incredibile, un operaio americano di 23 anni, che ha scoperto di avere quell’oggetto non identificato che, tra le altre cose, si era sparato lui stesso sotto il palato per errore. La scoperta è avvenuta da un dentista cui si era rivolto il ragazzo, guarda caso, per uno strano mal di denti. Il medico si è infatti accorto di un oggetto metallico conficcato nel cranio del paziente e ha chiesto, sbalordito, spiegazioni al suo paziente: una macchina sparachiodi aveva funzionato al contrario. Il chiodo è stato rimosso dopo un intervento di quattro ore.
A Birmingham, Gran Bretagna, è allarme vampiro. In tanti credono che nella zona del Ward End, e in altri quartieri, si stia aggirando da tempo un essere dalle sembianze umane che ha l’abitudine di azzannare i passanti. Secondo quanto raccontato da alcuni cittadini, il vampiro avrebbe azzannato un passante e poi aggredito a morsi i vicini dello stesso accorsi per aiutarlo. Un’altra persona ha detto di esser stata aggredita da un uomo che con un morso le avrebbe staccato un pezzo di carne da una mano. Le forze dell’ordine spiegano che potrebbe trattarsi di una strana forma di psicosi. Fino ad ora, infatti, le autorità non hanno ancora ricevuto alcuna denuncia formale di persone aggredite dal “vampiro”.
Il sindaco di Praga Pavel Bem ha voluto accertare di persona truffe e imbrogli per cui sono famosi i tassisti di Praga quando si presenta un turista. Ha perciò deciso di camuffarsi da turista italiano con parrucca e baffi, ed ha scoperto che la realtà è ben peggiore di quanto immaginato.La prima corsa di tre chilometri, da piazza della Citta’ Vecchia al Castello di Praga è costato al “turista” sindaco sei volte più del normale costo. Nel secondo esperimento, un altro tassista gli ha chiesto di essere pagato in euro e ne ha pretesi 20, mentre il tassametro segnava 120 corone pari a quattro euro. Tanto è bastato per far scattare Bem che da ora ha promesso di ricorrere alla magistratura contro i tassisti imbroglioni.
TRAVEL
TREND.SETTERS
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Pensando al Messico subito si penserà a spiagge cristalline, mare incontaminato, birra, mariachi, e tanta, anzi, mucha fiesta, vero ?
Sayulita
Vi parlerò di un altro Messico, ovvero quello che ho conosciuto e toccato con mano personalmente, quello della costa del Pacifico e meglio dello stato di Nayarit (costa ovest) dove, vicino a Puerto Vallarta (vi ricordate Love Boat? Attraccava regolarmente lì con il Capitano Stubing ed il suo equipaggio) c’è un villaggio ridente che si trova in una meravigliosa baia: Sayulita.
Un Messico inedito parole e foto di Natascia Juanita
Non descriverò per filo e per segno tutto ciò di concreto e tangibile c’è a Sayulita, mi piace l’idea di far correre la fantasia e non condivido questo nostro bisogno spasmodico di avere sicurezze e certezze di un eventuale meta di un nostro viaggio, domande tipiche del tipo: “la spiaggia com’è ?” “ma ci sono dei buoni ristoranti” “ci si diverte la sera?” “c’è la banca?”. Vi rendete conto di come siamo insicuri a volte e di come ci precludiamo il gusto della sorpresa, della scoperta? Sayulita: giornalmente baciata dal caldo e vivace sole messicano, dove l’oceano Pacifico grazie alla sua energia, alla sua potenza trasmette una grinta ma al tempo stesso una pace infinita... sarei potuta stare ore ed ore a contemplarlo nella sua maestosità; dove i cani di strada ti guardano con i loro occhioni malinconici mendicando qualsiasi cosa di commestibile, dove le galline, i galli e le oche passeggiano indisturbate per le strade e dove una famiglia di simpatiche iguana vive su un albero, chiamato santuario dell’iguana. La mia mente balena improvvisamente alla vista di meravigliosi colori della volta celeste: tramonti che mai ho visto in vita mia, colori vivi che trasmettono vibrazioni ed emozioni meravigliose e dopo il tramonto la notte si veste e a far da contorno una molteplicità di stelle brillanti e qui e là, se hai la pazienza e la fede vedrai stelle cadenti alle quali potrai donare più di un desiderio... e stai certo che se hai la mente libera e se sai seguire il tuo io interiore, il tuo istinto, i desideri si avvereranno, sempre.
Sayulita possiede un’energia, oserei dire, magica, in sé non vi è nulla di super attrattivo ma è proprio l’essenza che vi alberga, sembra come di vivere in un’altra dimensione dove è il momento, il qui ed ora, che è importante, i pensieri sul passato e tantomeno sul futuro non riescono a distogliere nessuno da quello che si fa adesso; all’inizio, non essendo abituata, mi sembrava qualcosa di strano ma una volta lasciata la presa è stato come farsi trascinare da un aquilone: ci si sente liberi e semplicemente vivi. Riuscire a godere di piccolezze come una passeggiata nella giungla ricca di colori, profumi, animali oppure semplicemente di una nuotata nell’oceano dove le onde ti fanno giostrare a destra e manca e dove ti senti solleticare le gambe da qualche branco di simpatici pesciolini. E poi volete mettere uscire ancora bagnati dall’acqua di mare, prendersi una birra gelata e sdraiarsi al sole... anche il lato godereccio a volte ha la meglio, per fortuna! La gente da quelle parti è come trasparente, priva delle armature che spesso nelle città o comunque nei posti, chiamiamoli, movimentati da stress e civiltà la gente indossa... a Sayulita ci si capisce con uno sguardo, un cenno e le energie fluiscono così naturalmente che si possono riconoscere le persone con le quali c’è una connessione, un legame. Non c’è alcuna scuola che ci possa insegnare a trasmettere un’emozione, un pensiero. La scuola migliore siamo noi stessi e quindi, abbattiamo gli schemi mentali e lasciamo sfogo totale al nostro io. Ecco, questo è possibile, qui a Sayulita, una piccola magica baia del Messico.
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FREE.STYLE
REPORT /// Decimo anniversario per l’Xtreme Freeride Contest di Verbier, un traguardo importante per questa manifestazione unica al mondo, il fiore all’occhiello dello sport estremo made in CH, un contest di richiamo internazionale di grande successo caratterizzato da una passione genuina per la montagna. >>>
FREE.STYLE
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Xtreme Freeride · Verbier 18-20 marzo 2005
L’evento di Verbier è ormai da qualche l’anno l’appuntamento più importante del freeride mondiale. Spesso, quando un’evento raggiunge tale portata tende a snaturarsi e gli interessi in gioco prendono il sopravvento, ma questo fortunatamente non è il caso del Xtreme Freeride di Verbier, che ha saputo preservare intatto negli anni il vero spirito dell’alta montagna e del freeride. I protagonisti
Negli anni questo evento ha influenzato il destino di molti freeriders, certi vicendo la conpetizione hanno potuto trovare degli sponsor e diventare dei riders professionisti, come Steve Klassen, leggenda del freeride e cinque volte vincitore dell’ Xtreme di Verbier: “Questa competizione ha un grande significato per me, mi da qualcosa sulla quale concentrarmi e pensare tutto l’anno. Questo evento mi ha richiesto il più grande impegno e la più grande consacrazione della mia vita.” Pioniera dell’Xtreme, Francine Moreillon, doppia campionessa mondiale di sci freeride rivela che: “Tutti gli artigiani dell’Xtreme che hanno dato tanto tempo e passione hanno creato un evento diverso da tutti gli altri. Hanno saputo creare una grande famiglia, suscitare delle vocazioni, condividere i loro sogni e reso pubblico quello che era considerato fino ad allora un’attività marginale. Pochi eventi hanno saputo far parlare tanto di sè, hanno saputo tessere dei legami d’amicizia e di solidarietà tra i partecipanti, gli organizzatori ed il pubblico stesso. La magia del freeride non si può spiegare, bisogna viverla dall’interno, sulla montagna, nelle feste, nelle sue gioie e nelle sue pene.” La competitzione
Per la decima edizione gli snowboarders e gli sciatori si daranno appuntamento come da tradizione sulla cima del Bec des Rosses. A contendersi i totoli per la categoria Snowboard saranno dodici uomini e quattro donne, nello sci dodici uomini. Ci si gioca tutto in una sola manche, niente qualificazioni, niente finali, così che i partecipanti dovranno dare il meglio di loro stessi in una sola discesa. Il pendio vertiginoso e roccioso del contest ha una pendenza di 45°-50°, i riders sanno che non hanno diritto all’errore, essi appartengono all’élite mondiale, hanno piena coscienza delle loro capacità e dei propri limiti. Durante l’anno questi atleti scendono da picchi anche più difficili ed impegnativi: il Bec des Rosses ha anche il pregio di esaltare a pieno le loro gesta ed è per questo che per loro stessi questa discesa risulta un vero piacere. Già dall’anno scorso il sistema di valutazione è stato semplificato, i tre criteri (scelta della linea, controllo e fluidità) sono stati riuniti in uno solo: l’impressione generale. Le note della giuria vanno da 1 a 10 e le discese non sono cronometrate. Powerade Outdoor Film Festival Verbier
Questo evento è diventato da tre anni un’appuntamento anche per i video sportivi, organizzato in un festival all’aperto nel cuore di Verbier, dove su comode chaise longues gonfiate ad aria si potrà gustare una selezione dei migliori filmati di sport outdoor. Novità di quest’anno nel festival è il nuovo progetto-competizione P.I.M.P (Professional Independent Mountain Pitctures). Prima della manifestazione otto squadre composte da uno a quattro riders, un regista ed un fotografo professionista avranno sette giorni a disposizione per produrre un cortometraggio, uno slide-show e delle fototografie. A sancire i vincitori delle tre categorie saranno i partecipanti stessi delle squadre.
Eventi collaterali
Durante i tre giorni della manifestazione gli spazi pubblici di Verbier si trasformano in un big party (ne dubitavate?), le strade sono chiuse al traffico e si svolgono una moltitudine di eventi collaterali d’intrattenimento, concerti e mercatini... Quest’anno per il decimo anniversario ci sarà anche una sorpresa, sappiamo solo che si chiama Scott Dirt Bike Show, dove il team Scott offrirà uno show unico nel centro di Verbier. C’è spazio anche per paracadutismo e parapendio e molto altro ancora. Per maggiori informazioni: www.xtremeverbier.com dove potrete trovare anche una moltitudine di video clip e fotografie.
ra no ancosa n a r e t n n ige tori te a inte Vert gli organizza stoso, quest ontatto u d c s o e f isse iversari prova a biente r. Esquo decimo ann re, in un am i forza che si me di Verbie n e e t d r d s i t n e e v X o i u ’ c u In q ta di cond di rispetto pirito dell n libro rie fou l s o , t o à o v a t l l r c i a e e o n bl ib un iù e regna , le mem one di l ato pub sensazi ontagna e ch speciale è st sensazionalid i momenti p a ù u m i e e s con la sta occasion i momenti p le idee forti ortiva dalla iPer que mette in lucegli aneddoti, festazione sp sauriente test c i Dvd che he, trascrive giato la man ressante ed eipanti, le preode r c e c e t o fi i f e n a h t i r ’ r c o ri st pa tog che hann 96. Que one che nioni dei intensi dizione nel 19ieri e le emoz a la preparazi di Nicolas He es e t o c prima za svela i pen izzatori e tut tige è un libr nibile in fran monian ni degli organquisses du Ver ne, ed è dispo cupaziontro simile. Es Editions Oliza e ai un’inco bblicato dall ranchi. ncese) da: a u r f f p , 4 e z 5 n o a ch doman n versio inglese lume (i alla seguente ia snowboard o v se ed in o t s nno egor i que copia d he rispondera itori nella cat a n u o i c c l i In pa nque lettor scorso i vin , indiprimi cino stati l’anno i Verbier?” ione “Xtreme”zo, a “Chi so eme Freeride dcon l’intestaz ome e l’indiriz dell’Xtrun e-mail con ta nonché il n t Inviare a risposta esa zine.ch a l g o a cand ne@resetm o i z reda
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HI.TECH
CYBERCORNER
CC · Creative Commons Il diritto d’autore personalizzato on-line di Gabriella Bernasconi
Il diritto d’autore in rete, un tema scottante e problematico. Innanzitutto è un argomento che tocca da vicino le industrie dell’intrattenimento, come musica, cinema, letteratura, che si battono a colpi di tribunali e processi contro la selvaggia pirateria download, pratica ormai d’uso comune che provoca ingenti danni ai loro affari; secondariamente tocca la sicurezza dei dati su tutti i siti web che pubblicano i loro contenuti in questo ambito “selvaggio”, la rete appunto, ancora esente da una regolamentazione internazionale che ne coordini i diritti d’autore. A venire in aiuto in questo caos, c’è Creative Commons, un progetto sotto l’egida del copyleft. Creative Commons è stato fondato nel 2001 negli Stati Uniti, ed è rappresentato da un consiglio d’amministrazione costituito da esperti di diritto informatico e di tematiche relative alla proprietà intellettuale, tra cui James Boyle (membro dell’Epic), Michael Carroll, Molly Shaffer Van Houweling (fra i primi membri dell’Icann), Lawrence Lessig (docente alla Stanford Law School), il professor Hal Abelson (docente di Computer Science al Mit), Eric Saltzman (avvocato, regista di documentari, esperto di diritto informatico), il regista di documentari Davis Guggenheim, il noto impresario giapponese Joi Ito ed Eric Eldred (editore di libri di pubblico dominio). Hanno contribuito al decollo dell’iniziativa molti studenti del Berkman Center for Internet and Society presso la Harvard Law School. La sede del progetto è presso la Stanford Law School (Stanford, California), da cui riceve sostegno e con cui condivide spazi e personale accademico. Creative Commons è anche patrocinato dai contributi di un gruppo sempre più vasto di sostenitori. Nell’estate 2003 Brasile, Finlandia, Giappone e Italia hanno aderito all’estensione e all’adozione del progetto nei rispettivi paesi, in specifico attraverso la Fundação Getulio Vargas Law School in Rio de Janeiro, l’Helsinki Institute for Information Technology, la prestigiosa piattaforma giapponese Glocom.org, e il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Torino. In Svizzera CC non è ancora presente. La prima apparizione pubblica di Creative Commons è avvenuta nel dicembre del 2002 con il varo in rete del portale www.creativecommons.org che offre una scelta di licenze per regolamentare il libero riutilizzo pubblico di un’opera, ossia è un’applicazione web che permette alle persone di destinare al pubblico dominio le loro creazioni o di mantenere il diritto d’autore su di esse, e permetterne l’ utilizzo per determinati scopi e condizioni. Le licenze Creative Commons non sono pensate per il software, bensì per altre tipologie di opere: siti web, opere educative e didattiche, musica, fotografia, letteratura, e blogs. Nel caso dei weblogs scegliendo una licenza Creative Commons si mantengono i propri
diritti d’autore ma allo stesso tempo si permette agli altri di utilizzarne i contenuti purché ne riconoscano la paternità - e solamente sotto le condizioni specificate. In parole semplici: si ha un sito su cui presentare i propri pezzi musicali, o si ha un blog su cui si pubblicano le proprie fotografie, oppure si coordina un sito di recensioni di libri? Grazie a Creative Commons si ha la possibilità di scegliere la soluzione che più aggrada. Per esempio: si vuole che i pezzi musicali possano essere scaricati dal proprio sito e magari anche remixati, ma non per scopi commerciali? Creative Commons mette a disposizione qualsiasi tipo di protezione a cui vogliate vengano affidati i contenuti che pubblicate in rete. Tra i progetti futuri dei promotori di Creative Commons c’è l’ufficializzazione internazionale con la disponibilità d’accesso per 25 paesi (con traduzioni e riadattamenti delle licenze), e poi l’avvallo di un progetto all’insegna della comunione e la condivisione dell’informazione scientifica; inoltre c’è in previsione d’integrare le licenze in almeno due applicazioni per ogni tipologia di pubblicazione come fotografie, audio, filmati e testi, alfine di raggiungere lo scopo principale dell’iniziativa, ovvero rendere abituale e comune l’utilizzo sulla rete della frase “Some rights reserved” (Alcuni diritti riservati). Il mensile di hi-tech per eccellenza Wired, sostiene con fermezza questo progetto: l’anno scorso ha pubblicato un cd musicale regolamentato dalla filosofia di Creative Commons. Hanno aderito vari artisti e band (tra cui i R.E.M., Beastie Boys, David Byrne, e Dan The Automator) che hanno messo a disposizione uno o più brani da scaricare, condividere e remixare a piacere ma non a fini di lucro. Il Wired Mag’s Creative Commons CD è disponibile sul sito www.legaltorrents.com. Ecco un’autorevole ed interessante testimonianza sugli sviluppi possibili di questo tipo di auto-regolamentazione. E’ una faccenda seria. Lo scopo primario di questo progetto è di contrastare le temute conseguenze delle “battaglie” in campo giuridico promosse dalle multinazionali della musica e del cinema, conseguenze che potrebbero mettere definitivamente il guinzaglio alla libertà d’espressione e condivisione in rete. Una auto-regolamentazione come quella creata da Creative Commons potrebbe quindi schivare una simile possibilità, nel segno della “buona volontà” da parte dei fruitori di Internet, un gesto che i tribunali americani non potranno ignorare. È perciò che si è visto urgente lo sviluppo di un progetto simile e di tali dimensioni, prendendo spunto da altri progetti analoghi precedentemente concepiti, cercando di raggrupparne tutte le potenzialità possibili. Un’iniziativa questa che ha bisogno d’essere sostenuta e diffusa. Pensateci, quando aprite un sito web od un blog.
HI.TECH
CC
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- Come funziona?
Avete un sito web sul quale pubblicate testi, musica, fotografie, filmati, grafiche, opere d’arte, ecc. e volete condividerli in rete, ma solo a determinate condizioni? Tramite il sito web www.creativecommons.org avete la possibilità di compilare una scheda con le relative regolamentazioni da voi scelte per la riproduzione e la diffusione dei vostri contenuti. Una volta compilata la scheda, vi sarà fornito un codice html/rdf per il bannerino Creative Commons - Some rights reserved che dovrà essere inserito nel vostro sito, accanto alla vostra opera. Questa icona punterà, tramite un collegamento ipertestuale, alla scheda della vostra licenza registrata sul sito di CC. Quindi agli utenti di passaggio sul vostro sito (o blog) basterà cliccare sulla icona CC per visualizzare la scheda sommaria con le regolamentazioni sui diritti che avanzate sui vostri contenuti. Se poi riterrete che tali termini non saranno rispettati da qualcuno potrete appellarvi alla violazione del diritto d’autore. Questa operazione è valida ed utile anche per chi non possiede un sito web, ma produce opere digitali (video, file musicali, fotografie, ecc) e vuole proteggerle dagli abusi. È semplice, facile e non costa niente.
CYBERFLASH
di alessio cassis
Centrino versione 2 La battaglia per la supremazia del mercato “mobile” tra AMD e Intel, vede quest’ultima fare la prima mossa con il lancio di Centrino 2 e la relativa piattaforma denominata Sonoma. Il nuovo chipset offre prestazioni più elevate riducendo allo stesso tempo i consumi, aumentando di conseguenza l’autonomia delle batterie. Con la ricerca di nuove tecnologie per il risparmio energetico, Intel conta di portare l’autonomia media di un laptop a otto ore. La rivale AMD, qualche tempo fa, aveva presentato al mercato un nuovo modello di processore mobile chiamato “Turion”, chiamato a sfidare la nuova tecnologia Intel.
Prende forma la pistola biometrica Secondo il New Jersey Intitute of Technology, i tempi sono maturi per l’adozione delle cosiddette Smart Gun, le armi da fuoco in grado di riconoscere colui che le brandisce. Grazie alla tecnologia biometrica denominata “Dynamic Grip Recognition”, l’attivazione dell’arma da fuoco è condizionata dai dati raccolti da sedici sensori, elaborati in seguito da un microprocessore presente sul calcio della pistola. Lo stato del New Jersey punta molto su questa tecnologia e sembra si accinga a varare una legge che imponga la vendita di armi esclusivamente se dotate di questo sistema.
L’FBI abbandona Carnivore L’FBI ha annunciato recentemente l’abbandono del progetto Carnivore, conosciuto anche come DCS 1000. Carnivore era un sistema sviluppato per l’intercettazione delle comunicazioni elettroniche. Dopo una lunga fase di progettazione milionaria, la polizia federale statunitense ha ritenuto meno dispendioso rivolgersi direttamente agli ISP per la raccolta di dati, decretando così la fine di Carnivore. Stessa sorte per “Virtual Case File”, un sistemone da 170 milioni di dollari che avrebbe dovuto facilitare la condivisione di informazioni tra i vari dipartimenti dell’FBI. Mai giunto alla fase operativa a causa di ritardi ed errori di progettazione, “VCF” è considerato ormai obsoleto e privo di interesse.
Tramonto per JPEG? La californiana Allume Systems ha annunciato lo sviluppo di un nuovo standard di compressione delle immagini, capace di ridurne le dimensioni del trenta per cento senza perdita di qualità. Allume Systems, società conosciuta per l’utility StuffIt, ha designato il nuovo standard con l’appellativo SIF (StuffIt Image Format), proponendolo già quale sostituto di jpeg. Gli addetti ai lavori hanno tuttavia accolto l’arrivo di SIF raffreddando lo slancio di Allume, sollevando una serie di domande a proposito di prestazioni e compatibilità. Le caratteristiche di questa tecnologia non sono state infatti ancora svelate alla comunità, e non è chiaro neppure se SIF sia compatibile con l’attuale standard jpeg.
Materia alla velocità della luce Se si parla di luce, è facile pensare che questa viaggi alla velocità della luce, ovvero trecento mila chilometri al secondo. Altra storia se si tratta di materia. Cent’anni or sono il buon vecchio Einstein disse che non era possibile per noi, come per qualsiasi materia, superare la velocità della luce, pena la disintegrazione o paradossi temporali vari. Ha destato quindi molto interesse la notizia secondo cui un gruppo di studiosi starebbe osservando una bolla di plasma muoversi ad una velocità pari al 99.9% a quella della luce. La bolla delle dimensioni di Giove, è composta di gas ad alta temperatura, ed in realtà sono ben diciannove i nove presenti dopo la virgola.
Robot al servizio di...chi? L’esercito USA si appresta ad inviare in Iraq i primi robot ad essere impiegati su un campo di battaglia. Denominati Special Weapons Observation Reconnaissance Detection System (SWORDS), questi apparecchi assomigliano più a dei cingolati radiocomandati, che a dei robot. L’intelligenza artificiale è limitata solo ad aspetti quali dispositivi di puntamento e speciali visori ottici, mentre l’azione è comandata totalmente da uno staff militare remoto. L’uso di SWORDS resta per il momento sperimentale ed è legato al progetto Future Combat System del DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), di cui gli aerei senza piloti “Predator” fanno parte.
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WEBCORNER
di alessio cassis
www.moderndrunkardmagazine.com
www.cleansoftware.org
www.divorzio.ch
www.collegehumor.com
Si potrebbe tradurre letteralmente in “rivista per il moderno ubriacone”, ed è esattamente ciò che questo sito si prefigge di rappresentare. Complici venti proibizionisti e crociate salutiste, alcuni buontemponi di Denver (Colorado) hanno pensato bene di mettere in piedi un sito che “tutelasse” i diritti dei grandi bevitori che, contrariamente a ciò che si pensa, non sono dei fannulloni combina-guai, bensì, una minoranza oppressa e ghettizzata. Questo semplicemente perché la gente cosiddetta per bene è gelosa della loro felicità. O almeno, questo è ciò che sostengono...
Internet offre la possibilità di scaricare ogni genere di software gratuito, o presunto tale. Come molti di voi avranno sperimentato, molti programmi definiti free, cioè gratuiti, contengono spesso fastidiosi sistemi pubblicitari, di raccolta di dati privati dell’utente o altri meccanismi nocivi per la vostra privacy e la salute del vostro amato pc. Cleansoftware.org aiuta gli utenti Windows a destreggiarsi in questa selva di offerte, selezionando per gli internauti unicamente programmi “clean”. Unitamente alla descrizione del software, il sito offre i link direttamente ai siti ufficiali e un comodo index per la ricerca.
Trovatomi a passeggiare per le aule della magistratura bellinzonese, la mia attenzione venne attirata dal suggerimento indirizzato ad una giovane donna: “Trova tutti i formulari che le servono su divorzio.ch” (!). In realtà, con il 50% dei matrimoni che vanno a rotoli, c’è poco da stupirsi dell’esistenza di tale sito e, semmai, sarebbe più stupefacente sapere quante persone in un anno fanno ricorso a queste pagine. Ma tant’è... divorzio.ch offre tutte le informazioni per coloro che decidono di avviare una pratica di divorzio. Con gli auguri di non dover mai fare capo a questo sito, né al suo creatore, l’avv. Alberto F. Forni.
Mi ha colpito questo sito non tanto per il contenuto ilare di foto e barzellette, in fondo ce ne sono molti di siti cosi, quanto per un articolo apparso su newyorker.com. Due ragazzi di Baltimora, iniziano mettono in piedi collegehumor.com con lo scopo di mettere a disposizione le varie amenità che gli studenti si inviano per posta elettronica. Nasce così un sito che può vantare otto milioni di visitatori al mese e, soprattutto, un business da 400 mila dollari l’anno. Come detto, non mi sono soffermato a lungo sul contenuto del sito, ma magari vale la pena farci una capatina per trovare qualche novità non ancora giunta su barzellette. it o bastardidentro.it.
WEBFLASH Mini è bello Mac mini e iPod shuffle www.apple.com
Navigare in sicurezza Netcraft Toolbar www.netcraft.com
Al MacWorld di San Francisco due sono le grandi novità che Jobs & soci hanno presentato in pompa magna. Nel segno di “piccolo è bello” hanno fatto capolino sul mercato Mac mini e iPod shuffle. Mac mini è un computer di ridottissime dimensioni, peso e, almeno per lo standard Apple, di prezzo. Il Mac mini costa all’incirca 500€, monta processori G4, un’unità combo DVD (DVD-RW opzionale), una scheda grafica Radon 9200, harddisk da 40 o 80 GB e 256MB Ram. Nell’acquisto è compreso MacOS X e la suite iLife. L’altra novità è l’uscita di iPod shuffle, il player super-compatto che a differenza dei suoi predecessori non è dotato di un disco fisso, ma di una memoria flash di 512, rispettivamente 1024 MB. Per contenere prezzo e dimensioni, iPod shuffle non è dotato di schermo lcd.
Netcraft è una società inglese attiva su Internet dal 1995. Specializzata in servizi di networking e sicurezza quali analisi delle reti e il testing di software, Netcraft ha presentato un prodotto dedicato alla sicurezza dell’utente in Internet. Dato l’aumento esponenziale del fenomeno fishing, truffe telematiche mediante siti realizzati ad arte per sembrare appartenenti a banche o siti di e-commerce, questo tool può rivelarsi un valido aiuto per gli utenti meno smaliziati per proteggersi da eventuali truffe. Netcraft Toolbar una volta installata all’interno di Internet Explorer, verifica che i siti visitati non facciano parte della lista nera di Netcraft. Blocca le finestre pop-up indesiderate e, grazie all’integrazione di WhoIs, mostra il paese di origine della pagina visitata, in modo di aiutare l’utente in caso di dubbio.
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GAMES
World of Warcraft
di michael bartolotti
Non mi dilungherò più sul fatto che di Mmorg (massive multiplayer role playing games) in circolazione ormai ne girino a centinaia, dall’avvento di Ultima on-line capostipite del genere, fino agli ultimi Everquest II, Planetside, Final Fantasy XI e compagnia, titoli più o meno validi, ma sempre con qualche piccola pecca che ne oscurava i pregi.
Ora, se qualche appassionato di videogiochi non conoscesse ancora la Blizzard Entertainment, dovrebbe avere la compiacenza di flagellarsi per la vergogna e quantomeno espiare i propri peccati rigiocandosi alcuni tra i migliori giochi mai apparsi su Pc. Sto parlando di mostri sacri come Diablo, Starcraft, Warcraft, e tutti i seguiti di questi meravigliosi strategici in tempo reale. E proprio da quest’ ultimo, Warcaft III per la precisione (uscito tra l’altro con un add-on impedibile: Frozen Throne) quelli della Blizzard si sono ispirati per trasportare il cupo mondo di Azeroth dalla sfera degli strategici a quella dei Mmorg. Non pochi all’inizio storsero il naso, venuti a sapere di questa decisione quantomeno coraggiosa, di trasporre uno dei giochi strategici più giocati in rete nel pernicioso mondo dei giochi on-line di massa, vista la difficoltà nel rendere un gioco mmorg, quantomeno stabile a livello di giocabilità. Ma chi, come il sottoscritto in passato seguì le lunghe gestazioni degli altri giochi targati Blizzard, sa che quei ragazzi non sbagliano mai un colpo e difatti ci troviamo di fronte al Capolavoro e nuovo punto di riferimento di un intero genere. World of Warcraft si differenzia dagli altri prodotti della stessa categoria per diversi aspetti, ma sostanzialmente per una qualità mai vista in questo tipo di giochi: essere dannatamente divertente ed immediato rispetto ai suoi concorrenti! Immaginate un gioco che rappresenti un intero mondo popolato da altri giocatori umani che, come voi, cercano di rendere il vostro avventuriero un eroe facendogli compiere gesta eroiche e valorose. Converrete con me che la cosa possa essere un po’ complicata per quelli che non hanno mai avuto a che fare con questo tipo di videogames. Gli altri giochi di solito soffocano i neofiti con vagonate e vagonate di istruzioni, tutorial, spiegazioni su tutte le migliaia di opzioni presenti,
facendo scoraggiare la maggior parte dei “principianti”dopo poche ore. Qui invece l’aria che tira è diversa. Crei il tuo personaggio e scegli dall’inizio se farlo appartenere ai “buoni” o ai “cattivi”. Difatti nel gioco sono presenti due fazioni in combutta da secoli: L’alleanza e L’orda. Da una parte L’alleanza è rappresentata da diverse razze quali i nani dalla forza sorprendente, gli elfi oscuri, famosi per la loro agilità e capacità di rendersi invisibili nell’ombra, gli gnomi abili nella costruzioni di marchingegni e grandi pensatori, ideali per le classi di magia ed infine gli umani con una grande adattabilità ma con nessuna peculiarità. Insomma la classe intermedia per antonomasia. Invece, se sceglierete di appartenere all’orda, cioè al regno dei “cattivi”, potrete decidere se impersonare un orco, eccellente come guerriero, un Tauren, una specie di uomo bisonte la cui resistenza è conosciuta in tutta Azeroth, il Troll che è un po’ la controparte degli elfi oscuri dell’alleanza ed infine i non-morti, che rappresentano la versione putrefatta degli umani dell’alleanza. Dopo aver scelto la fazione e la razza, bisognerà decidere la classe di personaggio che vorrete interpretare. La scelta varia dal guerriero, al mago ed il chierico, fino ad arrivare al paladino e allo sciamano. Ne ho citate solo alcune tra le innumerevoli classi presenti, ma sappiate che ognuna di esse consente un tipo di gioco completamente differente ed unico. Ed è qui che questo videogioco fantasy apparentemente come molti altri tira fuori gli artigli. Ogni giocatore si troverà immediatamente immerso in un mondo vivo e pulsante dove verrete subito chiamati a combattere e provare le proprie capacità in battaglia. Il sistema di combattimento è intuitivo ed efficace e consente una varietà considerevole di stili di attacco, tutto questo agevolato da un sistema di comandi immediato. Inoltre, rispetto ai normali giochi di ruolo, qui l’azione è concitata: i combattimenti sono veloci e mai ripetitivi e questo aspetto è talmente equilibrato che, sia che si decida di essere cavaliere solitario che di aggregarsi ad un gruppo di amici ed affrontare le migliaia di missioni disponibili insieme, l’azione sarà sempre vertiginosa.
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“ La guerra tra Orda e Alleanza è (ri)cominciata ”
Sono tanti gli aspetti di questo gioco per i quali potrei scrivere pagine e pagine di lodi, come non menzionare l’idea innovativa abbinata alla propria barra dell’esperienza, utile per gente con poco tempo a disposizione per giocare, che consente di fare esperienza più in fretta lasciando il proprio personaggio in una delle tante locande presenti su Azeroth di modo che al proprio ritorno , a dipendenza del tempo trascorso, potrete fare il doppio dell’esperienza rispetto ai punti assegnati di solito per le uccisioni dei nemici. Il fatto inoltre che abbia menzionato le due differenti fazioni, non è per nulla solo un aspetto estetico. Vi troverete dopo un po’ ad incrociare e dover affrontare giocatori della fazione opposta mentre sono intenti a portare avanti le loro missioni. E facile intuire che, nonostante sia estremamente divertente giocare contro nemici programmati dal computer, affrontare giocatori umani ha tutto un altro sapore. Se a questo ci aggiungete il sistema di combattimento menzionato in precedenza capirete subito le potenzialità di questo gioco. Gioco che è tuttora in continua espansione.
La trama che fa da sfondo alle vicende non è statica ma in continua evoluzione ed inoltre una nuova modalità di gioco dovrebbe prendere piede già tra poche settimane. Non bisogna dimenticarsi che la Blizzard è cresciuta grazie agli strategici e, come è facile intuire, non hanno lasciato le loro conoscenze inutilizzate. Stanno implementando delle aree di gioco dove le due fazioni si fronteggeranno per il possesso del territorio attraverso un sistema di conquista che rievoca le battaglie degli strategici dei giochi precedenti dove, però qui ogni personaggio è controllato da un giocatore. Il tempo a mia disposizione è esaurito, anche se di cose da dire ce ne sarebbero ancora. Comunque questo è uno di quei giochi che deve far parte della collezione di chiunque, che si ami o non si ami questo tipo di ambientazione. Il videogioco nasce per far divertire e questo prodotto ne è la sintesi! À vous choisir.
Il Mistero di Maggia Un luogo di fantasia ed immaginazione di Marco Mascaro
The Myst ed i suoi seguiti hanno indubbiamente inventato un nuovo modo di intendere le avventure grafiche: il sistema di esplorazione in prima persona a schermate fisse ed il mondo fantastico in cui proiettavano il giocatore rendeva l’esperienza di gioco assolutamente coinvolgente. Si sono sicuramente ispirati a questo genere di titoli i due ragazzi del comune di Maggia che, dopo aver fondato il gruppo Stelex Software, ha prodotto a titolo amatoriale Il Mistero di Maggia.
Il prodotto, assolutamente gratuito e scaricabile dal sito ufficiale www.maggia.ch/gioco, ripropone le strutture tipiche del filone: attraverso una visuale in soggettiva dovrete esplorare le zone più ricche di storia e tradizione nel comune, rappresentate da schermate fisse preparate grazie alle centinaia di foto che i due giovani hanno scattato con il permesso del comune. Il Mistero di Maggia è un’appassionante caccia al tesoro in prima persona ambientata negli anfratti del paese di Maggia e dintorni. Scoprendo indizi e risolvendo i complessi enigmi che ci verranno proposti dovremo trovare il tesoro dei templari, che si dice sia stato nascosto da qualche parte nell’area dall’ordine cavalleresco secoli addietro. Il gioco consiste quindi in una totale immersione nell’interazione con l’ambiente circostante. Nonostante non si tratti di una produzione professionistica, si nota, soprattutto nella cura delle locazioni e nella costruzione degli enigmi, la rimarchevole cura e dedizione che i due hanno posto nel completare Il Mistero di Maggia. Consiglio a tutti di dare almeno un’occhiata al gioco, non solo perché è gratuito e “nostrano”, ma soprattutto perché si presenta come un’avventura solida, che saprà suscitare interesse in tutti gli appassionati del genere.
KEEP COOL NEXT WINTER Check out www.winston.ch* and enjoy a chalet for a season!
* Riservato ai fumatori di oltre 18 anni domiciliati in Svizzera.
Light in Taste
Nuit gravement à la santé. Rauchen gefährdet die Gesundheit. Fumare mette in pericolo la salute.
The Chemical Brothers Nella stanza dei bottoni
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RE.PLAY
DISCHI
Adam Green Gemstones Rough Trade
And You Will Know Us By The Trail Of Dead - Worlds apart Interscope
Mando Diao Hurricane Bar Emi
Head Automatica Decadence Warner
Quando sentii per la prima volta i Moldy Peaches, avevo subito capito che facevo parte di un movimento a cui non mi ero ancora reso conto di appartenere. Un modo di interpretare la vita e la musica in chiave puramente adolescenziale e spensierata, tipico di chi è consapevole di vivere meglio tra le nuvole che nel mondo reale. I Moldy Peaches in un certo senso hanno rappresentato questo stile di vita e Adam Green, anche da solista, è sempre riuscito a farmi vivere in modo straordinario questo pensiero. Gemstones con i suoi ritmi energici, continui cambiamenti di melodia assolutamente non svogliati e un’esecuzione impeccabile, esce dagli schemi che lo avevano caratterizzato e reso così speciale fino ad oggi. Con questo non voglio dire che l’enfant prodige dell’anti-folk non sia un genio o che manchi di originalità, ma che ha scelto un modo diverso d’esprimersi. Prendiamo ad esempio Gemstones, brano che apre e dà il nome al disco. È un continuo altalenarsi tra lenti giri folk, spezzati da cavalcanti ponti veloci, senza però mai arrivare a dare un’identità precisa al pezzo. Un sentimento che si percepisce su tutta la durata del disco e che trova in Carolina, Who’s Your Boyfriend e Choke On A Cock gli spunti migliori. Lo smarrimento di quelle sensazioni di essere perdutamente innamorati con il mondo che ci trasmettevano gli album precedenti, in Gemstone si perdono e rendono il disco piacevolmente sobrio.
Immagino che un giorno, durante il 2003 ad Austin, Texas, i Trail Of Dead si siano ritrovati per decidere quale sarebbe stata la strada da percorrere per cercare di mantenere le attese create dall’incredibile successo di critica e di pubblico ottenuto con il loro ultimo lavoro. Source Tags and Codes, il loro terzo album e debutto per una major era stato infatti definito come un capolavoro, il miglior album del 2002 per alcuni, un pietra miliare del rock del nuovo secolo per altri. Immagino che i Trail Of Dead abbiano anche deciso che il percorso iniziato con il loro omonimo debutto (1998) e Madonna (2000) e conclusosi appunto con Source Tags and Codes era arrivato al capolinea. Il nuovo album doveva essere diverso, più ricercato nelle sonorità, più pulito e delicato nella produzione e decisamente più variato nella struttura stessa dei pezzi. I Trail Of Dead hanno collaborato con gruppi di coristi e archi cercando di miscelare accompagnamenti deliberatamente orchestrali alla violenza intrinseca della loro musica. Ora, dopo avere finalemente ascoltato il grandioso risultato di questo lungo processo compositivo, sono giunto a due conclusioni. Prima di tutto I Trail Of Dead sono cambiati, hanno voluto e sono riusciti ad evolvere cercando di frenare la loro selvaggia cattiveria per incanalare la stessa energia in una ricerca sonora di sicuro interesse. Secondo, la loro evoluzione ci ha regalato un album di rara bellezza e intensità.
Il secondo album del quartetto svedese Mando Diao, Hurricane Bar, suona molto alla Libertines, tutto fino all’ultimo pezzo, e qua e là sentirete qualche eco alla Oasis. Questo per rendere immediatamente chiaro il concetto. Che questo possa essere considerato un demerito, non lo so, ma sicuramente fa un po’ storcere il naso da parte di una band che in passato vedeva in ben altri epigoni le proprie is/aspirazioni. Ma non tutto il male viene per nuocere, quindi diamo una possibilità a questi quattro bravi ragazzi: la musica è frizzante, fresca e ritmata, il look è à point, e lo stile è cool. Ok. Fin qui ci siamo. Passiamo alla produzione: per questo disco si è tirato fuori il termine retro-garage... ebbene di vintage qui nemmeno l’ombra, troppe menate in studio di registrazione, troppa “igiene”, troppa gente che ci ha messo il becco. Un po’ di sporcizia in questi casi non guasta mai, ecchecavolo! In definitiva le canzoni dei Mando Diao si fanno ascoltare se non si hanno particolari pretese, tuttavia meriterebbo un trattamento - paradossalmente - meno accurato. Quello che poi inoltre rende perplessi è il comunicato stampa della casa di distribuzione elvetica, che annovera tra i fan di questa band la nostra Miss Svizzera, la bella Fiona Hefti. Oh, che questo sia una garanzia non lo metto in dubbio, ma permettetemi di dire che tra produzione e promozione, qualcosa non quadra. Posso fidarmi solo delle mie orecchie. Che non mentono mai. E gridano vendetta.
Se il cantante dei Glassjaw si mette a trafficare con un rinomato produttore hip-hop, vuol dire che bolle sotto qualcosa d’esplosivo. Ecco la miscela: un fottuto speedy-pfunk-crossover. Head Automatica è il frutto del talento vocale e compositivo di Daryl Palimbo messo nelle mani di Dan “The Automator” Nakamura (Gorillaz, Handsome Boy Modeling School). Il titolo: Decadence. Già la copertina in questo senso è esplicita: una bella figona che balla completamente persa, luci e colori sgargianti da discoteca anni ‘80, ed in bella vista il simbolo del dollarone. Mattacchioni! Un disco glam, ruffiano, accattivante, trendy, smaccato. E questo ci piace molto, ci fa solo del bene, è una bella boccata d’ossigeno. Grande interprete il bel Palimbo, catchy e dentro fino al collo in questo magma punk-disco-funk. Sentire Beating Heart Baby, un brano da tarlo, perfetto per stendere le ragazze. E quello che segue, Please Please Please? Un insinuante martello dance-rock, sexy ed incalzante, con un retrogusto alla Bowie anni ‘80. È un disco improntato sulla positività, veloce e dinamico. L’infernale Dance Party Plus - che ospita Tim Armstrong dei Rancid - assieme ad I Shot William H. Macy formano una doppietta micidiale da pogo sfrenato. Yeahhh! Di gran effetto Head Automatic Soundsystem, funky hip-hop soul, disimpegnato e sincopato, qui il vocalist Palimbo, sempre lui, ce la mette tutta e si conquista così il posto del cantante più sfacciato e birichino che ci sia in giro. Un disco da ascoltare in macchina con una bella ragazza. Mettete le cinture, e viaaaaaa!
damiano dug merzari
naca
iggi
the professor
3/5
4½/5
2/5
3½/5
RE.PLAY
General Patton vs. X-Ecutioners Joint Special Operations Task Force
Ipecac Quando ho visto il nome di Mike Patton affiancato a quello degli X-Ecutioners ho pensato: “ahiahiahi”. Impossibile sapere cosa ci aspetta, e prevedere l’imprevedibilità di questi mostri creativi. Mike Patton definito da molti il Frank Zappa moderno, si diverte solo esplorando l’inesplorato, guidato dal suo genio, provando accostamenti impossibili, sperimentando in manipolazioni di suoni e voci. Dopo il capitolo Faith No More il prolifico generale ha lasciato il suo segno in preziose collaborazioni su tutti i fronti della musica, l’ultima in Medulla di Bjork. X-Ecutioners sono tra i più illustri manipolatori di giradischi della scena hip hop, maestri dello scratch&mix, imprevedibili, esplosivi, matti e geniali. Non sono sorpreso di questo sodalizio, Patton non poteva non essere tentato dalla nuova scena dell’alternative hip-hop che negli ultimi anni è probabilmente la più innovativa in assoluto. E che cosa esce da questa special task force? Un disco di genio, un megamix dove si sovrappongono e susseguono trip hop, hip hop, funk, jazz, latina, lounge, blue grass, folk, soul, jungle, la psichedelia dei synth anni sessanta... poi tanti imprevedibili ed elaborati campionamenti come il combattimento di un vecchio film di kung-fu, un solo di tabla, colpi di scratch che fanno godere una donna. Patton ci mette anche qualche cantata di faithnomoriana memoria ed esce pure la sua passata esperienza con John Zorn in un momento free-jazznoise. Su tutto manipolazione e suprema Arte del mix. No shit, this is the ultimate megamix!
taunus
5/5
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LCD Soundsystem LCD Soundsystem Emi
Roots Manuva Awfully Deep Big Dada
Matamachete Matamachete Altri Suoni
È da un anno che aspettiamo questa uscita, e si dice che quella cosa che si fa attendere sia sempre la più dolce. Lcd Soundsystem, un nome mormorato nei corridoi di New York, ovvero quanto di più hype ci sia in ambito elctro-clash e disco-punk. James Murphy e Tim Goldsworthy sono le menti del team DFA (Death From Above), etichetta discografica - ora in collaborazione con la major Emi - e studio di registrazione divenuto ambitissimo dopo aver prodotto House Of Jealous Lovers, il singolo che ha reso celebri i Rapture e battezzato il movimento disco-punk. Nel 2004 il duo avrebbe dovuto produrre un’album per Britney Spears. Fortunatamente Murphy ha pensato di dedicarsi a questo superlativo lavoro omonimo, che lo catapulterà sulle piste di tutte le discoteche, restando contemporaneamente godibile per i palati più raffinati ed alternativi. Qui esprime le sue molteplici abilità musicali e vocali in tutta la loro sfrontatezza, sotto l’occhio vigile dell’amico Goldsworthy, e lo fa a botte di funk, punk, art-wave, e con quello spruzzo d’acid house memorizzato nel suo patrimonio genetico, roba che sfida le regole prevedibili del rock e della dance. Ben sedici tracce (nella full version doppio Cd) di aggressivo beat: l’album si apre con l’ottima Daft Punk Is Playing At My House che sarà anche il primo singolo ufficiale abbinato a un remix dei Soulwax. Siamo di fronte a quella svolta che nè i Rapture, nè i Franz Ferdinand sono riusciti ad imporre, ma solo ad accennare. Lcd Soundsystem è una faccenda decisamente più punk ... e con questo disco farete la differenza nei vostri dj-set.
A tre anni dalla sua consacrazione tra i grandi della scena hip hop inglese (e internazionale) ottenuta con Run Come Save Me, Rodney Smith alias Roots Manuva ritorna con un nuovo album che lo attesta come uno dei più innovativi artisti in circolazione andando ben oltre i confini del cosiddetto hip hop, in questo caso è più appropriato parlare di black music. Roots Manuva è veramente “avanti”, lo aveva già dimostrato, ma in questo disco la sua arte risulta ulteriormente raffinata e le idee espresse decuplicate (!). Ma cosa lo rende così unico e speciale? Stile e attitudine innanzi tutto, in Roots Manuva senti profondamente le radici (e le sofferenze) della musica “nera” e al contempo è moderno, come detto: avanti, in sintonia con le ultimissime tendenze (dub, hip hop, drum’m’bass, electro...). E questo non risulta da un banale inserimento di un tamburo tribale qua e la, qui è una questione viscerale, e si sente. Impressionanti i beats e i campionamenti, mai scontati, ogni suono è sviluppato e curato dando alla musica un’atissimo tasso di originalità, è un ipercreativo quest’uomo. Poi Awfully Deep ha il pregio di catturare avvolgendoti in un mood primordiale e urbano allo stesso tempo. Parlando della voce, questo è il suo lavoro più lirico in assoluto, Rodney Smith è cresciuto a Londra ma ha origini jamaicane e si sente, è un caso che a mio giudizio siamo di fronte all’ultimissima evoluzione di quel jamaican sound che anni fa inseminò il Regno Unito? Attestato di maturità anche per l’etichetta Big Dada, che ultimamente sta pubblicando dischi strepitosi, oggi una label di riferimento.
Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate. C’era molta attesa da parte degli addetti ai lavori locali per questa uscita discografica che rappresenta una sorta di reunion. Eccovi la line-up: alla voce Stefano Bancalà (Quickstand, Sophistry, Fang Tooth) e Cesare Tondelli (Erode, Real Deal, Quickstand), per chitarre e programming troviamo Maurizio “Monnezza” Forte (Real Deal, Proud Mary, Zodiac Project), al basso Ivo Griggio (Versi Vari, Gionata) e alla parti di batteria Claudio Cheulini (Weed). È probabilmente la produzione più bastarda mai sentita a queste sperdute latitudini del globo, un massacro cyber-punk-core, condito di jungle beats e industrial metal. Per darvi qualche immediato riferimento pensate a Ministry, Nine Inch Nails, Prodigy, Envy, e Atari Teenage Riot. Scorrendo la scaletta troviamo anche accenti di dub in Twisted con il featuring di Mary Birch alla voce, in Tetsuo un omaggio al grande capolavoro del cinema cyber, e feroci denuncie socio-politiche in Democracy. Mi fermo qui: quest’album parte all’attacco e distrugge qualsiasi ordine costituito, si rivolta, è furioso negli screaming dei vocalist, e danza brandendo il suo machete insanguinato nella urban-jungle. Quando ho tolto il disco, vi giuro che il mio lettore cd ci ha messo una mezz’ora a riprendersi dall’urto. Mata Machete è un ottimo disco, compatto, senza pietà e ha serie possibilità di farsi notare anche nella terra più ricettiva a questo tipo di musica, il Giappone, dove non a caso l’etichetta ticinese Altri Suoni è distribuita. Fatelo vostro, però attenzione a non farvi male.
mr. loop
5/5
taunus
5/5
stoner
3½/5
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RE.PLAY
DISCHI
The Ex Turn Touch And Go
Emiliana Torrini Fisherman’s woman Rough Trade
Sonny Landreth Grant Street SugarHill
Mina Bula Bula Sony Music
Home alone and happy/nothing brings me down. Inizia così il secondo album di Emiliana Torrini, una morbida scaletta di dodici intime ed atmosferiche canzoni che entrano nella circolazione sanguigna, riscaldandola, rallentandola, fluidificandola. Cominciamo con i riferimenti musicali. L’introspezione che troviamo in Fisherman’s woman è riconducibile a quella di Nick Drake, Julie Holland, Ben Gibbons e Cat Power. Quindi delicatezza ed intimità sospesa, eterea. Nel calore della sua casa, sola, felice, tra luci di candele, una tazza di tisana fumante, Torrini ha saputo tessere un’arazzo a piccoli punti, raffinato e elegiaco. La cantautrice 27enne si è allontanata dall’elettronica del passato per avvicinarsi qui in una dimensione acustica. Chitarre, voce, qualche leggero tocco di pianoforte... Un arazzo di fili di seta. Per metà italiana e per metà islandese, Emiliana è cresciuta in quel luogo misterioso e particolare che è Reykjavik. Ma non confondetela con la più nota Björk. Niente a che fare con il folletto islandese. È una semplice e sussurrata voce che viene dal freddo, ed è dovuto forse a questo che ascoltandola sembra d’essere sotto ad un piumone mentre fuori tutto si cristallizza. Non d’immediato ascolto, da assaporare poco a poco, come una tisana appunto, e solo se si vuol permettere che questa totale assenza di fretta ci copra e ci rimbocchi le coperte. Un disco per fermarsi, per sospendere l’attimo, per fotografare il respiro. Disco impregnato di una solitudine sorridente.
Sonny Landreth è un chitarrista vecchia maniera, probabilmente uno dei musicisti più sottovalutati del panorama blues di questi anni. Eppure la passione e la tecnica cristallina ne dovrebbero fare uno degli ultimi guitar hero in circolazione. Relegato in un mercato di nicchia, Sonny è uno dei musicisti più apprezzati dagli addetti ai lavori, un virtuoso dello slide che si è costruito un’originale carriera da comprimario di lusso lavorando al fianco di Mark Knopfler, John Hiatt e Bonnie Raitt. Grant Street è il suo ultimo album dal vivo, terzo disco per la SugarHill, registrato alla Grant Street Dancehall di Lafayette (New Orleans). Il concerto nasce semplicemente attorno ai suoi veloci fraseggi, supportato da David Ronson al basso e Kenneth Blevins alla batteria. La chitarra parte subito protagonista nel travolgente strumentale Native Stepson, un blues dai colori cajun. Il suo approccio allo strumento, ed in particolare il suo stile fingerpicking a due mani, dà quasi l’impressione che ci siano due chitarristi sul palco, ed il pezzo si sviluppa come un fiume in piena. Le citazioni alla tradizione rock blues si susseguono nei pezzi successivi: Broke Hearted Road pesca a piene mani dal Delta, Gone Pecan e U.S.S. Zydecoldsmobile sono una festa travolgente in puro stile louisiana, Blues Attack, Wind in Denver e All About You macinano blues potente e ruvido. Il disco si conclude con Pedal To Metal e Congo Square, praticamente un’unica jam session lunga sedici minuti circa. Un buon disco dal vivo insomma: puro, scintillante sliding blues.
La vediamo spesso passeggiare per le vie di Lugano, immersa nei suoi pensieri, una donna normale, che si fa gli affari suoi. Ma quando ci si ritrova di fronte alla sua voce e alla sua verve musicale, è impossibile dimenticare quanto sia grande la grande Mina. Bula Bula: il titolo dell’album è un’isola immaginaria, un’espressione che spesso la cantante usa per indicare un luogo ideale. In copertina la vediamo come una specie di ethno-regina la cui treccia viene tirata da un elefantino immerso in un’ambientazione africana. Sempre originale nella scelta delle sue immagini, come in quella dei brani da interpretare: dodici tracce selezionate fra le migliaia proposte da autori affermati e da ammiratori che ogni anno giungono alla sua residenza. In questo lavoro ci sono Nicolò Fragile, poi Alex Britti in Se, il poeta Roberto Roversi in 20 parole, Cheope e il figlio Massimiliano Pani, e pure musicisti sconosciuti al grande pubblico. L’inconfondibile e ineguagliabile voce spazia da brani leggeri a grandi aperture funky e jazz, in un susseguirsi di canzoni legate da un sottile filo conduttore: nessuna pietà per gli uomini. Un argomento preso in maniera scanzonata (L’animalone), ma pure disillusa (nel singolo Vai e Vai e Vai). Da rendere noto anche cover di La Fin Des Vacances di Boris Vian e Henri Salvador, interpretata splendidamente (c’è bisogno di dirlo?). In coda anche un’altra cover, nascosta nella ghost track, Fever di Peggy Lee. Semplicemente perfetta!
owen
rubenPaz
gabi
4/5
3½/5
5/5
The Ex, più di venticinque anni di storia per questo incredibile combo olandese, che ha esordito negli squat di Amsterdam e con riottosa furia punk/wave ha attraversato il secolo indenne. La sua sperimentazione sonora ha fatto scuola, non per niente il sommo Steve Albini qui presente ha collaborato innumerevoli volte, idem altri nomi eccellenti (Sonic Youth, Tortoise, Tom Cora). Punk, no-wave, jazz ed improvvisazione, sudore e sangue, aste di ferro, radiotrasmittenti ed unghie, contrabbassi, violini e furia elettrica. Gente che sa suonare fottutamente bene. www.theex.nl iggi
4/5
Feeder Pushing the senses Echo Feeder: sono in giro da un decennio, però non hanno mai ottenuto la corona promessa - da NME in primis - della best british band, giacché soffiata sotto il naso dai rocker Libertines. Pushing the senses è il loro quinto album. Un disco improntato sulla potenza vocale e sulla acquisita capacità di tessere coinvolgenti melodie pop-punk. Belle alcune ballate dal gusto coldplayano, ma non è abbastanza, non per sfondare definitivamente, anche se obiettivamente questo potrebbe essere definito il loro lavoro più concentrato. the professor
2½/5
RE.PLAY
NAS Street’s Disciple Columbia records
Kissogram
Siamo nel mainstrem dell’Hip Hop, quello che si vede su Mtv e vende milioni di copie per intenderci. NAS è il rivale storico di Jay-Z, questi due personaggi si contendono il primato della scena di New York dal 1997. Il disco è buono e da prendere a scatola chiusa per gli amanti dell’hip hop di tendenza. Il video che state vedendo in questo periodo è Bridging The Gap, brano fortemente blues che Nas ha prodotto in duo con suo padre, il musicista Olu Dara. E’ un doppio Cd, che poteva però stare tranquillamente su uno solo tagliando pochi futili minuti...ma si sa, nell’hip hop l’opulenza non guasta, anzi. taunus
Biffy Clyro Infinity Land Beggars Banquet
Low The Great Destroyer Rough Trade
Cosa succede di questi tempi nella scena berlinese? Eccovi un prezioso riferimento, il primo album dei Kissogram, un duo che l’anno scorso, sopratutto in tourné con Peaches, ha stupito mezza Europa con superbe esibizioni live. Io c’ero, e devo ammettere che aspettavo da mesi l’uscita di questo disco. Lo stile: rock’n’roll disco, costruita con sintetizzatori e drum machines anni ‘80, ritmiche danzerecce, attitudine new wave, voci profonde e sensuali, passando dal dancefloor a vere e proprie canzoni. Presente e preziosa, l’assistenza spirituale di David Bowie e dei Velvet Underground. Wilkommen in Berlin!
Infinity lannd il terzo album dei Biffy Clyro, formazione di Glasgow, potrebbe essere quello della conferma. Pop-core di qualità, irriverente ed abrasivo, intelligente, idocrisiaco, trasversale di una band che sta percorrendo una strada che adagio ma sicuro la porterà verso vette più alte. Per il momento godiamoci questo dischetto caldo, nervoso, adrenalinico: una buona compagnia, niente di stravolgente ma molto godibile, e piacevolmente diretta ed onesta.
L’idea nata ai Low,dieci anni fa, era di suonare il più quietly possibile. Ora, sotto la produzione di Dave Friedmann (già con The Falming Lips e Mercury Rev) tornano con un album in cui la malinconia del passato viene sostituita da un mood di gran spessore, sporco e nero, lievemente folk, ma contaminato da chitarre marcatamente psycho-noise, da bassi fuzzosi e dalla ispirata voce di Mimi Parker. Differente ma non per questo spiazzante, i Low offrono momenti intensissimi e spettacolari. Consigliato.
stoner
iggi
owen
The Secret Live of Captain Ferber
Louisville Records
4½/5
25
4½/5
3/5
3½/5
da los angeles: fat andy
Shadowboxer of the tunnel Dark at the end
Policia A tribute to the Police The Militia group
cords State of Grace Re
Un progetto che vede la partecipazione di vari membri di gruppi punk rock quali ex Screw 32, uno dei primi gruppi della scuderia Fat Wreck, Nerve Agents, Fury 66 e Silent Film Stars. Mentre stavo ascoltando Now That I Have Your Attention, o Wonderland Drive pezzi che da soli riassumono davvero il meglio che il punkrock underground possa offrire oggi, mi sono venuti in mente con un po’ di nostalgia gli anni piû belli ed interessanti di questo genere musicale. Se i gruppi vi dicono qualcosa e vi piace un po’ di old-school anni ‘90 questo disco fa per voi. Hardcore furioso ma a tratti anche melodico. La potenza vocale di Andrew Champion ex Screw 32 sembra trafiggere le casse dello stereo.
Finalmente reperibile questa favolosa raccolta di cover dei Police. Dodici pezzi rifatti per l’occasione da gruppi emo-punkrock-indie-screamo-posthardcore, quali: Fall Out Boy con una rockeggiante versione di Roxanne, No Motiv con Synchronicity, una versione dei Motion City Soundtrack con sintetizzatori per la bella Thruth Hits Everybody. Molto bella Wrapped Around Your Finger cantata a mo’ di pianto dagli Underoath. Essendo in tema consiglio a chi piacciono i Police di ascoltarsi assolutamente Murder By Numbers con i Maxeen, ultimi arrivati ma di grande intrattenimento dal vivo. É un disco genuino, un disco di cover davvero unico, una compilazione di cover come non si sentiva da tempo, e che farà piacere sia a chi il punk rock piace e a chi no. Summers, Copeland e Sting non ci son più e mai torneranno, ma almeno abbiamo ancora musicisti degni di imitarli e ricreare un po’ di magia.
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RE.PLAY
DISCHI
Heavy shit! io
millenn o v o u n l e d e r o lc Post-meta
di iggi
Matt Bayles nella musica rock e metal è sempre più attivo. Talentuoso ingegnere del suono e produttore (“I’am a tattooed record producer/engineer guy, drinker of vodka tonic”), ha lavorato con Pearl Jam (per Binaural), Stone Gossard, Joan Osborne, e molti altri. Oggi Bayles sta diventando uno dei guru del metal moderno, il cosidetto post-metalcore. Come lui stesso afferma: “I enjoy recording heavy shit!”
Il buon Bayles ci sta vedendo giusto, come no! Mentre l’hardcore più classico pare ormai in fase di stasi, e lo stesso dicasi per il death/thrash-metal fossilizzatosi a stilemi istituzionalizzati (sic), in giro ci sono delle bands che stanno scrivendo il metal del nuovo millennio. E quindi il lungimirante Bayles ha messo le sue magiche manone sulla console e alla produzione per le emergenti band Isis, Buried Inside e Mastodon.. Figlie di quei magnifici precursonri che sono i Neurosis ed i Converge - due gruppi ancora sulla cresta dell’onda che già violentarono il concetto hc old-school negli anni ’90 - queste band sono le più interessanti oggi in circolazione, e rappresentano tutto quello che significa estremismo e violenza sonica, nella sua forma più attuale e avangardistica. Ogni band ha un suo sound ed una sua spiccata personalità, e tutte si distinguono non solo per accertate abilità strumentali, ma anche per le profonde e sbalorditive linee compositive. Con queste band si passa dall’hard-core più radicale al prog anni ’70, attraverso il punk, l’industrial, il post-rock, e violente evoluzioni metal anni’90. Le voci sono prevalentemente screamo/sludge, ma in alcuni momenti passano a soluzioni più armoniche e liriche. Qui si parla di riff giganteschi, e di sbalorditivi e feroci innesti psych/ prog, di tempi assolutamente soprannaturali, in costante rivoluzione, e soprattutto di assenza di qualsiasi pretesa di “radiofonicità”... vi consiglio di darci un’orecchio, queste sono le nuove heavyways del metal.
isis
Mastodon Leviathan (Relapse)
Buried Inside Chronoclast (Relapse)
Isis Panopticon (Ipecac)
Per i Mastodon questo è il momento della consacrazione internazionale. E questo dopo l’Ep Lifesblood di stampo tendenzialmente hardcore ed un debut-album dalle linee più complesse ed originali (Remission). Ora è il momento di Leviathan edito dalla Relapse Rec. (attualmente la label più attiva nel post-metalcore). Quest’album è forse quello che più d’altri rappresenta il genere. Leviathan accorpa con maestria il thrash, il progressive, l’hard-core, lo stoner e l’industrial. Proprio il caso dire che è un lavoro “mastodontico”, uno che segnerà il metal negli anni a venire. Un peso massimo. www.mastodonrocks.com
Buried Inside è un quintetto canadese, ora accasato presso la Relapse, che ha già all’attivo due album, I And Of The Self e Suspect Symmetry. Il nuovo Chronoclast, il cui inquietante sottotitolo è “Selected essays on time-reckoning and auto-cannibalism”, porta un sound post hardcore estremizzato al massimo, ma che in certi sorprendenti momenti si apre a sferzate melodiche ed evocative. Un album pregno di furia cieca contrapposta ad una calma “logorante”, in un’alternarsi spiazzante e fuorviante. Feroce e fatale.
Prodotto da Bayles per la Ipecac (la label di quel genio di Mike Patton), gli Isis raccolgono la lezione dei Neurosis proponendo questo album spettacolare, epico, cupo, organico, a tratti ipnotico, tra elettronica, psycho-melodie e furia pura, chitarre granitiche e ritmiche progressive che nel climax portano ad altezze vertiginose. Un disco che ha capacità di penetrare nel tessuto nervoso, di catalizzarne le nevrosi e concentrarle in un buco nero. Capolavoro post-metalcore del nuovo millennio.
www.buriedinside.com
www.sgnl05.com
RE.PLAY
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Chemical Brothers Nella stanza dei bottoni di taunus
Un gradito ritorno questo dei Chemical Brothers, dopo aver venduto otto milioni di copie in poco più di un decennio. Tom Rowlands e Ed Simons si ripresentano dimostrandoci ancora una volta la loro bravura e la loro indiscussa classe, quella di chi si sa rinnovare interpretando al meglio i gusti e le tendenze attuali, proponendoci un greatest hits di cliché musicali come solo loro sanno fare e meglio di quanto abbia fatto Moby ultimamente.
Push the Button è un disco accessibile al grande pubblico, un po’ commerciale e un po’ no... per capire perché passiamo all’ascolto a questo quinto album del duo inglese, scorrendo in rassegna gli undici brani della scaletta. Singolo apripista, Galvanize, ospita l’hip hopper Q-Tip, che da la sua attitudine political rap, il brano si distingue subito con un ritornello bollywoodiano capace di acchiappare subito l’orecchio di qualsiasi essere vegetale... noiosino, ma i contenuti lasciano ben sperare per un remix. In The Boxer l’ospite è Tim Burgess dei Charlatans che con la sua voce illumina questo gustoso retro-disco-funk stroboscopico. La musica cambia con Believe, il singolo dell’album in puro stile Chemical, quello che tutti si aspettano, quello che fa decollare il dance floor. Ancora un innesto Charlatans, ma questa volta è il batterista Jon Brookes a dare il suo contributo a Hold Tight London assieme con la vocalist AnnaLynne Williams, un brano emozionale, dolce ed etereo ma che mantiene una base dance beat. Con Come Inside torna il ritmo incalzante, i sinth decollano di nuovo. Non male, ma un po’ sfac-
ciatamente scontato. Ci pensa però subito The Big Jump ad alzare il tenore di originalità e freschezza musicale, trascinandoci di nuovo con grande stile sul dance floor. Poi arriva Left Right, vi aspettavate un pezzo rap? Ebbene ecco un esercizio di stile fine a stesso per accontentare anche questo cliché (che ruffiani!). Le luci stroboscopiche si spengono, rimane solo la palla a specchio ad illuminare la sala da ballo: bella novità questa, è un lento, è dolce, emozionale, romantico e delicatissimo questo Close your Eyes. Altra piacevole novità è Shake, Break, Bounce, forse il brano più innovativo con percussioni, chitarra acustica e frammenti elettronici, dolce e perverso. Continuiamo con le interessanti stranezze di questo nuovo Chemical, Marvo Ging è happy e trippy allo stesso tempo (vedi anche stoned), qui rivive la scena indie inglese dei bei vecchi tempi, e funziona alla grande. A chiudere l’album un pezzo alla Underworld elettro-epico, Surface to Air, confortante, fluttuante e progressivo, perfettamente azzecato. Non è la rivoluzione, ma nel complesso (hip hop escluso) i Chemical passano la prova, troverete dei bei momenti schiacciando il bottone. Per gli appassionati è disponibile in rete (a voi cercarlo) il “bootleg” di re-mix Flip the Switch, l’album formato da versioni alternative e re-mix di tutti i brani che compongono Push The Button dei Chemical Brothers. L’operazione ha avuto il beneplacito di Ed Simmons: “Di solito i mix o i tagli li facciamo noi per poterli suonare. La cultura dei bootleg non è una cosa nuova. È qualcosa che le persone fanno abitualmente; prendono dei frammenti dai dischi di altre persone e fanno un mix per DJ”. I remixers di Flip the Switch (Fujikato, Belief, Dunproofin, JoolsMF e Idiotech, tra gli altri) sono gli stessi autori che realizzarono Always Outsiders, Never Outdone, ovvero il disco remix di Always Outnumbered, Never Outgunned dei Prodigy.
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RE.PLAY
INFORMER
/// La nota band Portishead ha rivelato in una recente intervista di essere al lavoro su un nuovo disco, che dovrebbe vedere la luce entro la prima metà dell’anno. La notizia segue di pochi giorni l’annuncio di un concerto storico che si terrà il 19 febbraio a Bristol, dove i Portishead divideranno il palco per la prima volta (per beneficenza a favore delle vittime dello tsunami) con l’altra band simbolo del triphop, i Massive Attack. Alla serata parteciperanno Robert Plant, i The Coral, e molti altri...
/// Gli Eels pubblicheranno il loro nuovo doppio album alla fine di aprile, esattamente il 26. Il doppio Cd s’intitolerà Blinking Lights and Other Revelations e sarà composto da ben trentatré tracce. Si prospetta un lavoro interessante e ricco di collaborazioni, tra cui con Tom Waits, Peter Buck dei Rem e John Sebastian dei Lovin’Spoonful. Tra le tracce i brani “Marie Floating Over the Backyard”, “God’s Silence”, “Trouble With Dreams” e “Last Days of My Bitter Heart”.
/// Il regista di The Aviator Martin Scorsese ha confermato che sta effettivamente lavorando ad un film su Bob Dylan, uno dei suoi idoli da sempre. Questo documentario farà parte della collana American Masters, una serie di un’ora sui grandi della musica a stelle e strisce, che andrà in onda quest’estate sui networks americani. “Voglio realizzare un film onesto” ha detto il regista in una recente intervista “Cercando di evitare qualsiasi possibile restrizione”. Però c’è ancora un piccolo (!) ostacolo... Scorsese non ha ancora contattato il diretto interessato!
/// La storica band inglese dei New Order sta ultimando gli ultimi ritocchi del nuovo album che vedrà la luce il prossimo 28 marzo. Pare sia un ritorno ad un sound che ricordi maggiormente lo stile electrodance del fortunato album Technique (1989). L’album, il cui titolo è Waiting For The Sirens Call, è prodotto da John Leckie (Stone Roses, Radiohead) e Steven Street (Blur, The Smiths). Nella line up della band è stato inserito Phil Cunningham (già negli Electronic), reclutato per sostituire Gillian Gilbert, costretto ad una pausa da motivi familiari.
/// A luglio il contratto fra gli Oasis e la Sony scadrà e le principali label internazionali stanno combattendo a spada tratta per accaparrarsi la band. L’ultimo atto di collaborazione con la Sony sarà l’uscita del nuovo album, prevista per questa primavera, mentre per il futuro, le etichette in lizza sarebbero la EMI e la V2: “Ora è questione di chi mette più soldi sul tavolo”, ha fatto sapere un membro del management del gruppo, “Tutti vogliono Liam e Noel... gli Oasis possono vendere ancora milioni di dischi”.(!)
/// Gli El Guapo cambiano nome e firmano per Touch & Go. Con il loro nuovo moniker, Supersystem, debutteranno sull’etichetta di Chicago il prossimo 12 aprile con l’album Always Never Again. Sempre in grado di fondere in modo unico il pop al punk, all’hip-hop, alla dancehall e alle influenze “world”, il trio composto da Pete Cafarella, Rafael Cohen, Justin Moyer a cui si è ora aggiunto il batterista Josh Blair, pubblicherà anche un dodici pollici il 22 febbraio.
/// Gli Slint, una delle più seminali post-rock band anni ‘90, saranno Europa e Stati Uniti in tournée. Torneranno a esibirsi dall’11 marzo 2005 inaugurando il loro giro del mondo con un concerto alla Great American Music Hall di San Francisco. L’idea del tour è partita dopo l’annuncio del concerto che gli Slint terranno alla prossima edizione del festival All Tomorrow Parties, che si terrà dal 25 al 27 febbraio a Camber Sands, in Inghilterra, festival di cui la band ha curato l’intero cartellone.
/// Scott Herren aka Prefuse73 è pronto a pubblicare il suo nuovo album. Per festeggiare questo avvenimento Herren ha deciso di avvalersi della collaborazione eccellente di artisti del calibro di Aesop Rock, i Beans, The Books, Tyondai Braxton, Broadcast, Cafe Tacuba, Camu Tao, Claudia & Alejandra Deheza (dei On!Air!Library!), DJ Nobody, ElP, Ghostface, GZA, Kazu Makino (dei Blonde Redhead), Masta Killa, Pedro e di RZA. Che botta, ragazzi!
LIVE
RE.PLAY
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Nuova etichetta discografica in Ticino, la Gun Funk Records.
Qualcuno già conoscerà questo nome perché Gun Funk è un noto negozio di articoli per gli amanti dell’abbigliamento hiphop. Per entrare nel merito e conoscere meglio la storia di quest’etichetta - che si presenterà ufficialmente al pubblico con il party del 26 febbraio al Metrò di Lugano - abbiamo incontrato Nest, uno dei fondatori dell’etichetta. Partiamo subito con il who’s who, presentaci i membri della famiglia Gun Funk. I membri della famiglia Gun Funk sono numerosi. Riferendoci strettamente all’etichetta discografica Gun Funk Records, siamo circa una quindicina. Jay ed io, oltre ad essere artisti dell’etichetta, siamo i titolari. Dj C.I. è stato il nostro primo artista e collaboratore ufficiale ed ora riveste anche la carica di direttore tecnico di studio. Collaborano inoltre con noi Dafne Gobbi, che si occupa dei lavori di artwork, e Laura Pedrazzi, che invece cura la comunicazione aziendale. Infine è da poco attivo il Gun Funk Street Team, una sezione speciale attualmente composta da dieci ragazze e ragazzi che sostengono la promozione sul campo. Come dicevo abbiamo tanti altri collaboratori, ma magari li presentiamo tutti un’altra volta... Quando è nata l’idea di fondare un etichetta discografica, raccontaci una cronistoria. L’idea di fondare una mia etichetta discografica è nata verso la fine degli anni ‘90. Ero da poco uscito da un’esperienza deludente con alcune major italiane ed osservando la scena hip hop americana, francese ed italiana, mi sono convinto che la miglior soluzione per un artista del mio genere fosse l’autoproduzione e l’indipendenza. Nell’agosto 2002 Jay ed io abbiamo aperto il Gun Funk Shop a Lugano. Parallelamente all’amministrazione del nostro negozio, siamo rimasti attivi nella
scena organizzando eventi hip hop a Lugano, suonando in giro e producendo la nostra musica e diversi mixtape. A partire dal 2003 i nostri viaggi di lavoro a New York ci hanno permesso di acquisire una coscienza più ampia per sviluppare l’idea di un’etichetta discografica indipendente. Nel 2004 Jay ed io abbiamo iniziato a lavorare a Il Coscritto e ci siamo resi conto che era giunta l’ora di concretizzare questo progetto. Abbiamo così colto questa opportunità e con l’aiuto di Dj C.I. ci siamo impegnati con la massima serietà e professionalità. Ed eccoci qua, operativi e pronti a proporre sul mercato il nostro primo prodotto discografico ufficiale. Parliamo dello stile musicale, qual’è la linea artistica della Gun Funk Records? La nostra prima linea artistica è sicuramente hip hop e, di conseguenza, la musica rap. Siamo intenzionati a lavorare con artisti rap di talento e per il momento la nostra attenzione è rivolta alla scena italiana. In futuro vorremmo collaborare anche con artisti americani, francesi, latini ed occuparci di r&b ed altri stili che secondo noi suonano “gun funk baby”! Per il nostro coming out abbiamo prodotto Il Coscritto, il mio album d’esordio. Questo disco è un importante obiettivo che abbiamo raggiunto dopo un duro ed intenso lavoro di coordinazione e collaborazione, partendo dalla fase creativa (nella Cassaforte Studio) passando a quella più manageriale. Non
è stato facile, ma il 26 febbraio presenteremo al pubblico il nuovo album, due videoclip, il sito ed il nostro spettacolo. Per riuscire a proporsi con successo instaurare buone collaborazioni è fondamentale, quali sono i vostri partner? Al momento il nostro partner più importante è la Ti-Promotion, che in questa fase di start-up è di grande sostegno nella comunicazione e nella gestione della nostra economia aziendale. Abbiamo inoltre altri partner con i quali collaboriamo in diversi settori. Ad esempio Casiumani di Milano ci fa da consulente per il mercato italiano, e Puntozeta si occupa delle pubbliche relazioni. Siamo inoltre in buoni rapporti con alcune radio e riviste sia in Svizzera che in Italia. Questo party d’inaugurazione al Metrò è molto importante, immagino che sarà un evento diverso dagli altri che avete già organizzato... Esatto! Sicuramente il party hip hop più potente dell’anno a Lugano! In programma abbiamo la presentazione dell’album e dei due nuovi videoclip, un concerto da paura, un sacco di ospiti e sorprese... il divertimento è no doubt!! Salutiamo Nest e la crew della Gun Funk Records, che ritroveremo il 26 al Metrò. Noi vi diamo appuntamento al prossimo numero di marzo nel quale presenteremo il nuovo album di Nest e quindi, come sempre, restate sintonizzati sulle frequenze di re.set!
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RE.PLAY
LIVE
RAP©ITAL con Frankie Hi-Nrg Mc 25 febbraio Garage Music - Castione Grande appuntamento con il più autorevole e credibile esponente della scena hip-hop italiana, Frankie Hi-Nrg, venerdì 25 febbraio al Garage Music di Castione, ore 22.30.
Grande possibilità di vedere dal vivo questo artista di prima classe, che con i suoi dischi e le sue parole sa smuovere le coscienze. Il percorso narrativo dello show si snoderà attraverso un’accurata scelta di brani tratti dal repertorio di Frankie Hi-Nrg e proposti in versioni completamente riarrangiate, con un sound in cui acustica ed elettronica creano una atmosfera essenziale e di grande impatto, una perfetta amalgama di forme e contenuti. Da “Potere alla parola” a “Fight da faida”, passando per “Quelli che benpensano” e “Libri di sangue”, Frankie Hi-Nrg racconta uno spaccato dell’Italia vista attraverso la lente del rap, in una formula inedita ed inconsueta, ma ancora energica e tagliente, nello stile che da sempre lo contraddistingue. Prevendite dei biglietti 28 franchi, presso: (By Pinguis - Bellinzona, Network Store Jeans - Biasca e Locarno, Music City Soldini - Locarno, Mediamarkt – Lugano) info: www.garagemusic.ch
Winter sessions
Palco ai Giovani
Trentacinque sono i gruppi che il 18-19-20 febbraio si esibiranno al Centro Esposizioni di Lugano per la “winter session” di Palco ai Giovani. Tre serate quindi, dedicate alle band punk, rock, pop, hip hop, metal della regione che presenteranno brani propri, e tra cui verranno selezionate quelle che potranno poi esibirsi sul palco del festival estivo Palco ai Giovani previsto in Piazza Manzoni a Lugano dal 9 all’11 giugno prossimi. A giudicare i giovani gruppi di età tra i 15 e 30 anni, ci saranno volti noti nel settore musicale quali giornalisti, musicisti, insegnanti di musica, critici e organizzatori di eventi che, grazie alla loro esperienza, sapranno dare la giusta valutazione sulle band. Durante il sabato sera il Dicastero Giovani ed Eventi, organizzatore della manifestazione, coglierà l’occasione per premiare gli Stone River, vincitori dell’edizione 2004 e i Trestato, che riceveranno il premio originalità Manor. Si prospetta quindi una kermesse interessantissima, l’ideale per tastare il polso alla scena musicale della nostra regione. Palco ai Giovani è una manifestazione in continua evoluzione, che accoglie un numero sempre maggiore di giovani e artisti: in questa edizione sono più di centocinquanta. Numeri impressionanti che certificano quanto la musica sia amata e seguita nel nostro cantone.
Programma
Venerdì 18 febbraio dalle ore 20.00 alle 01.00: The V.AC., Satellights, The Hell and Us, Marchio Registrato , Kaso e Maxi, Francis Farmer, Root of Death, Cafelactice, CLM e Àndre. Sabato 19 febbraio dalle ore 18.30 alle 01.00: Shimes, Bronco, Triste, The Buried Port, Rock’n’Rejoice, Skaldapanke, Funky Fuchi, The Pussywarmers, Noir Perspective, BCS, La Filarmonica di Pepe Nero, The Beansidhe e Infinity. Domenica 20 febbraio dalle 15.30 fino alle 22.00: Mad Desire, Rapist, Menial, Punkseck, Guinnass, Wonder Lili, Trestato, Nobody, My Stupid Dream, Zona Sun, Fxxxing Machine, Necrophoenix e Audience. Biglietto per una giornata 5 franchi/ pass per tre ingressi 10 franchi. Biglietto combinato ingresso singolo, trancio di pizza e una bibita analcolica a scelta 10 franchi/ Venerdì e sabato sera attivo il servizio di trasporto notturno Nottambus (fermata Lido). Fermata Cornaredo (Cinestar) per coincidenza con Capriasca Night Express. Info e programma dettagliato su: www.palcoaigiovani.ch tel. 058/866.74.42 - e-mail: eventi@lugano.ch.
RE.PLAY
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aio ugano L 18 febbr m o o Living R niadc)Gen 2 n o c t e s t con Chriszod Live -up dj se (warm
2nd Gen
Genio e sregolatezza >>> 2nd Gen aka Wajid Yaseen, esponente della scena elettro sperimentale britannica, sarà a Lugano presso il Living Room il 18 febbraio per un concerto che si preannuncia come uno degli appuntamenti della stagione. Lo abbiamo raggiunto a Londra, dove risiede, per fare due chiacchiere. intervista di chrisz 2nd Gen è Wajid Yaseen, ma chi è quest’uomo, facci una cronistoria della tua vita. All’età di sei anni mio padre cantava inni devozionali e io facevo da corista, è li che ho imparato l’armonia e ad esibirmi. Sono nato a Manchester dove ho frequentato la scena electro e hip hop, poi mi sono trasferito a Londra dove ho lavorato per la Mute records nel loro ufficio vendita, dopodiché mi sono trasferito in Svezia dove suonavo in paio di gruppi punk dandomi alla ribellione, alle droghe, al sesso e facevo anche il dj radiofonico. Tornato a Londra ho lavorato per l’etichetta Beggars Banquet fino a quando mi hanno cacciato perché considerato un “asshole”... Ho suonato per un anno e mezzo il basso con Fun Da Mental fino al momento in cui ho pubblicato il primo album come 2nd Gen, Noise Sculptures, per la Flo records. Quindi sono passato alla Mute, ho fatto ancora dischi, tanti tour ed installazioni d’arte, ancora dischi, poi sono passato alla Quatermass records, ho iniziato il side project Uniform con l’etichetta berlinese Ad Noiseam... Tu sei anche cantante dei Dirthole, dicci qualcosa di questo progetto. E’ una band-frankenstein, ogni membro appartiene ad un gruppo diverso. Neil dei Tindersticks alla chitarra, Ashley dei Headbutt al basso, Kirsten dei Project Dark alla batteria, e altri membri di Membranes, Leechwoman, Spectreman, Pulkas. Abbiamo registrato un album ai Toe Rag Studios (il mitico studio “vintage” di Londra, N.d.R.) e abbiamo fatto diverse date
riscuotendo un grande successo. Credo che il sound sia un 60’s garage punk o qualcosa del genere. E cosa mi dici del tuo altro progetto Uniform? E’ un sound molto complesso, schizofrenico, elettronica micro-tonale, come del free jazz ma senza masturbazione. Con la Ad Noiseam di Berlino sto preparando il prossimo lavoro, per il momento ho mixato una traccia con Lydia Lunch alla voce, una con Dalek, poi doveva esserci un contributo di John Balance dei Coil, ma come sai è morto tragicamente poche settimane fa. L’artwork del primo disco è stato fatto dall’artista performer Franko B, se non lo conosci vai e cerca... è stupefacente. Com’è la situazione in Inghilterra per la scena electro-underground? Che futuro vedi... Da un po’ sto vivendo una vita da eremita, in tutta onestà non ho una dannata idea di cosa stia succedendo. C’è una nuova scena chiamata grime che propone una corrosiva drum and bass minimalista con sopra veloci vocalizzi sputati. Suona ok, ma non è esattamente la mia cosa... io preferisco i suoni astratti, non riesco a sentire quel che vorrei sentire così lo faccio da me. Chi sono attualmente, a tuo giudizio, i produttori musicali più interessanti? Qualsiasi produttore che si avvicina a Whitesnakes, Def Leppard, Iron Maiden e Eddie Van Halen. Che piani hai per il futuro? Uscire con il nuovo album di Uniform, lavorare ad un paio di collaborazioni di installazioni artistiche, produrre dei brani per altra gente, e avere ogni tanto un “fucking break”. 2nd Gen è un personaggio interessante e poliedrico, che saprà sicuramente sorprendere il pubblico con le sue soluzioni contaminate dalle innumerevoli influenze che hanno caratterizzato il suo percorso musicale. Appuntamento quindi al Living Room, il 18 febbraio, per una serata intensa e di sicuro fascino musicale. (www.livingroomclub.ch)
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RE.PLAY
LOCALCORNER
Il Post di Lothar Dada-folk, proto-electro-punk, emo-techno.... Quali definizioni si possono dare ad un disco trasversale e particolare come Post? Concepito e prodotto da Lothar di Locarno, che già c’aveva incuriosito con il suo primo demo Tunellismo e che ora torna alla riscossa. di iggi
Dal primo ascolto di Post, Lothar mi è già empatico. Sento che Lothar è un gran consumatore di musica come me, e che in questo suo lavoro ha riassunto gli anni ’90, ma non senza fare l’occhiolino agli ’80, alla musica classica e alla contemporanea. E questo per dare uno spazio temporale nel quale si muove l’ispirazione dei dieci pezzi (più traccia fantasma) di questo sorprendente lavoro. Cominciamo dal suono: low-fi, una parola che significa tutto o niente. Ma che in poche lettere riassume un concetto più proisacamente detto “home-made”. Ecco se devo trovare un difetto in questo disco è il suono, che è sì low-fi, ma che deve essere elaborato ulteriormente per arrivare ad una perfetta imperfezione. Mi rendo conto che si tratti di una questione logistica, quindi il mio non è da considerare un demerito, bensì uno sprono a lavorarci sopra - possibilità tecniche permettendo - perché merita, questa musica dadaista, sperimentale, obliqua, disarmante, merita d’essere apprezzata nei suoi particolari e nella sua completezza. Una mente effervescente quella del Nostro, un novello Beck (mi si perdoni il confronto, ma è lampante) che sa shiftare dal folk alla electro alla melodia agli scretch con ingenua abilità. Oltre ogni genere quindi, “post”, appunto. Qui possiamo sentire alcuni riferimenti antitetici, Tom Waits vs. Kraftwerk, oppure Lou Barlow vs. Arvo Pärt, Yann Tiersen vs. Suicide... Paradossale, e proprio per questo interessante. E completo di un’insinuante malinconia, speziata però da uno spirito malizioso. In questa ottica degni di nota i brani Kindergarten (10000/4), Dal Marciapiede, We Don’t Like Amerika, e Quadro Di Una Società Obliterante. Una proposta difficile, intima, non immediata come la maggior parte dei Cd pubblicati alle nostre latitudini. Per la quale ci vuole un certo ascolto, attento e pronto a coglierne le potenzialità. Gli intenti sono ottimi, la creatività è accesa, la curiosità sui prossimi sviluppi è tanta. Nell’attesa... go on Lothar! Post è disponibile in vendita a 15 franchi presso: Dimensione Musica - Locarno, Music City - Locarno e Pinguins - Bellinzona, oppure presso email loooooothar@hotmail.com / Heremit Records Ltd. tel. 078-720099
Rocke
Al servizio della musica
/// Ottima iniziativa, quella della webzine Rocke, un portale della Svizzera italiana, curato da alcuni giovani della regione, che tratta il rock nelle sue più svariate forme.
Questa webzine si prospetta come una vetrina ideale per tutti gli appassionati di musica del cantone. Arrichita di informazioni in tempo reale, di date concerti della regione e oltre, di recensioni e schede degli artisti più in voga, di un forum dove proporre e discutere di musica e dintorni, e di una sezione apposita dedicata alla realtà locale ed emergente, questa webzine ancora in via di sviluppo offre dalle prospettive interessanti e completa il panorama dell’informazione per i giovani della regione. Aggiornamenti costanti e scelta musicale up-to-date, fanno di questo sito un punto d’incontro per tutti quelli che cercano una ‘tana’ dove poter discutere di musica e di cultura. In poche parole, questo è l’indirizzo giusto, ma per far sì che il progetto prenda il volo i webmasters del sito sono disponibili a qualsiasi collaborazione. Vi piace un disco e ne volete parlare? Avete la passione per una band e lo volete rivelare al mondo? Volete fare un’intervista ad un gruppo locale? Rocke è qui a vostra diposizione! info su: www.rocke.altervista.org per contatti: inforocke@gmail.com
Imperial
RE.PLAY
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Quando c’è la consapevolezza so, spaziano molto di più, la nostra linea è data dai nostri suoni e dal nostro modo di suonare personale più che da una direzione univoca di genere, così è anche molto più difficile mantenere la compattezza e l’omogeneità, ma credo che ci siamo riusciti comunque, producendo un lavoro molto interessante. Tu e Grant (ovvero la Malfunction records) siete un nucleo attorno al quale ruotano vari musicisti e vocalist. Che cos’è che vi stimola degli altri? Penso che tutti siano stimolati, ognuno in modo
diverso e per cause diverse e con scopi diversi, l’importante è creare il gruppo che funzioni e che viaggi come un treno in corsa; come in un treno ogni compartimento ha i suoi compiti: c’è la locomotiva che trascina, ci sono i vagoni-passeggeri, il vagone ristorante, le cuccette, ognuno non può vivere senza l’altro e non avrebbe senso da solo, come noi.
/// Imperial, un nuovo nome s’affaccia nel panorama musicale ticinese con la pubblicazione di un Cd omonimo (disponibile nei negozi di dischi della regione). Ecco i componenti: Grant Dow (drums) e Mila Merker (bass), che assicurano l’impatto ritmico e la solidità delle fondamenta (anche a livello organizzativo), Davide Portacci (The Voice) che è un cantante d’eccezione e cangiante che spazia da linee armoniche a furie scatenate ed infernali; e infine fondamentali sono i due chitarristi Stefano Balestra e Adamo Giovanoli, il primo un artista dei ricami melodici strappamutande, il secondo un mago della ritmica, graffiante e psichedelica. È difficile conciliare cinque elementi con personalità talmente spiccate? È difficile, ma quando la cosa funziona i risultati sono strabilianti. Sentiamo che ci racconta Mila Merker a proposito di quest’entusiasmante avventura.
Imperial: sono curiosa sulla scelta di questo nome... a che si riferisce? Imperial è il nostro modo
di considerare la musica che facciamo: cerchiamo di essere il più imperiali possibile, vogliamo che il nostro approccio sia diretto e prorompente, che secondo noi è poi anche l’unico modo di fare musica, o di fare qualsiasi altra cosa: o ci credi al mille per cento oppure lascia perdere! Imperial rappresenta la nostra conquista del mondo, ma anche la conquista della nostra consapevolezza. Siete una band formata da ‘veterani’ della scena musicale ticinese. Quale è la differenza tra questo progetto e quelli che avete seguito in precedenza? La differenza fondamentale è
che si tratta di una band in cui fin dall’inizio tutti sono coinvolti e partecipano attivamente alla costruzione del nostro impero. Secondo me Imperial è più basato sulle melodie, le dinamiche e i movimenti all’interno delle canzoni ma anche ai collegamenti tra una canzone e l’altra. Quindi il lavoro è più maturo e completo. Le canzoni sono più variate, non sono legate a un genere ben preci-
Leggendo i testi del disco (in inglese, perlopiù scritti da te) scopro un sapore vagamente gotico, in senso letterario. È una sensazione giusta? È una domanda un po’ difficile da rispondere perché
penso che alcuni testi si possono interpretare in maniere diverse, però per Promised Land, We’ll Return e Deep Storm è sicuramente vero. I nostri testi parlano della festa e della celebrazione di una vita vissuta al massimo delle proprie possibilità (Imperial), di relazioni ed esperienze interpersonali (Steal Your Crown, Child, Medusa, Shut You Down), di stati d’animo difficili (sempre con uno stimolo a riprendere in mano la propria vita e reagire e affrontare la vita con fierezza: Some Days, Leaving Today, New Morning). E’ molto bella la copertina ed incuriosisce l’affresco dello scheletro (le foto sono di Stefano Balestra)... Qui ci ricolleghiamo anche ai testi, la morte ci
corre dietro con la falce alzata ed è meglio che corriamo (“Corri veloce al par del vento” c’è scritto sul soffitto della cappella di Cevio e sul nostro cd) per non farci raggiungere, quindi cerchiamo di vivere la vita facendo quello che ci piace fare e quello che ci dà più soddisfazione e gioia! Spesso ci rendiamo conto che necessitiamo qualcosa solo quando questa ci manca, non apprezziamo abbastanza quello che abbiamo perché lo diamo per scontato. Quindi la morte ci rammenta il valore della vita, gli affreschi nella cappella sono del ’700 ma il loro messaggio è sempre ancora valido. Il primo concerto dal vivo sarà il 25 marzo al Garage di Castione in compagnia dei luganesi Plain. Avete in programma di suonare altrove? Vogliamo suonare dappertutto! Sicuramente suone-
remo nei locali del Ticino, ci piacerebbe molto, inoltre siamo già in contatto con delle case distributrici per distribuzione a livello nazionale e organizzazione concerti, ma non abbiamo ancora definito ancora niente per il momento. I prossimi progetti per la band e la vostra etichetta, Malfunction records? Gli sforzi ora sono puntati su Imperial, ab-
biamo in programma di fare presto un video live e stiamo già buttando giù le nuove canzoni per il secondo disco, Grant sta finendo di registrare il secondo (o terzo, o primo, a seconda di come lo si guarda) disco degli Shimes, i nostri amici di Brissago. Il grande progetto dell’anno è però la pubblicazione del Cd per l’anniversario dei dieci anni di Malfunction, con brani inediti, remix, versioni live e altre chicche del nostro glorioso passato (Real Deal, Mydevice, URF, Planet Crash, Naïve ecc.) Chi volesse contattarvi dove deve rivolgersi? Preghiamo di visitare il nostro sito: www.malfunction.ch (scaricate la foto di Grant e appendetela sul vostro letto, vi farà fare sogni tranquilli) e scriverci a: malfunction@malfunction.ch (proposte di matrimonio vanno indirizzate all’attenzione di Stefano Balestra alias Doctor Love), oppure a: Malfunction records Mila Merker/Grant Dow via Respini 7 6600 Locarno, infine anche telefonarci: Mila - 079 455 93 79 (tra le 8:00 e le 8:15 sono sotto la doccia). intervista di Iggi
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RE.VISION
CINEMA
di ado bader
Una lunga domenica di passioni L’amore di due giovani contro l’assurdità della guerra
Corre l’anno 1919. La prima guerra mondiale è appena finita. Una giovane ragazza zoppicante di nome Mathilde aspetta il proprio fidanzato, partito per il fronte due anni prima. Ma un giorno giunge una brutta notizia: Manech (Gaspard Ulliel), come migliaia di altri soldati, è caduto sul campo di battaglia. La giovane Mathilde si rifiuta di accettare i fatti ed è convinta che il suo amato sia ancora vivo. Un anziano sergente le rivela d’aver assistito alla fucilazione di Manech e di quattro suoi commilitoni. Spinta dalla forza di volontà e dall’amore, Mathilde riuscirà a ricostruire gli ultimi terribili momenti nella trincea e a scoprire la verità.
Dopo averci fatto sognare in una Parigi da fiaba, il regista e l’interprete de Il favoloso mondo di Amelie tornano a lavorare insieme. A dare respiro al celebre romanzo di Sébastien Japrisot vi è la splendida interpretazione di Audrey Tautou e la mano esperta del talentuoso Jean-Pierre Jeunet (Délicatessen, Alien - La Clonazione). Ricostruito in maniera puntigliosa (dalle scenografie ai costumi) Una Lunga domenica di passioni ricorda, in alcuni momenti, Salvate il soldato Ryan e ha la forza di mostrarci come l’amore possa alleviare l’orrore della guerra.
Keanu Reeves, investigatore dell’occulto in
In occasione dell’uscita di Una lunga domenica di passioni la Warner Bros Pictures mette in palio due biglietti per la visione del film ai primi cinque lettori che invieranno un email (completo di nome, cognome e indirizzo) con l’intestazione “Lunga domenica” a redazione@resetmagazine.ch.
Constantine In occasione dell’uscita di Constantine la Warner Bros Pictures mette in palio terrificanti gadget e biglietti per la visione del film ai primi cinque lettori che risponderanno esattamente alla seguente domanda: Quale altro supereroe fa parte della squadra DC-Comics? • Batman • Daredevil • Spider-man
Alcuni lo reputano il più intrigante comic-book presente sulla scena attuale. Sta di fatto che Hellblazer, scaturito nel 1985 dalla penna di Alan Moore, è un universo unico nel suo genere. Per avere un’idea di che aria si respira nel fumetto basta elencare alcuni titoli degli albi pubblicati (“Dangerous habits”, “Damnation’s flame” e “Hard time”) o consultare il sito www. dccomics.com. John Constantine non è certo un modello per bambini: un detective-eroe senza super poteri, che vive in un cupo e cinico universo dominato da inquietanti presenze demoniache. Un vero è proprio duro con cui non ti
metti certo a scherzare. In John si rispecchia la disillusione per un mondo che sta decadendo: alcool, donne e una vita sempre sull’orlo del precipizio. Un giorno una poliziotta di nome Angela Dodson (Rachel Weisz) richiede il suo aiuto per fare luce su un misterioso omicidio dove ha trovato la morte sua sorella gemella. L’indagine li condurrà ad aprire le porte del tenebroso mondo soprannaturale, che si annida nelle viscere di Los Angeles. Se avete il coraggio di gettarvi in questa terrificante avventura, l’appuntamento è al cinema il 4 marzo prossimo.
Inviate un email (completo di nome, cognome e indirizzo) con la risposta e l’intestazione “Constantine” a: redazione@resetmagazine.ch
NEXTSCREEN
Ancora un film biografico per Liam Neeson diretto da Steven Spielberg. Secondo quanto riporta il sito di Variety, dopo aver raccontato la storia del miliardario Howard Hughes in The Aviator, il regista girerà un film su Abraham Lincoln interpretato da Liam Neeson. Secondo quanto trapelato da Hollywood il film sarà ispirato a The Uniter – The Genius Of Abraham Lincoln, biografia scritta dalla storica Doris Kearns Goodwin. O meglio, quasi completamente scritta: del futuro libro esiste solo un manoscritto e per trovarlo in vendita bisognerà aspettare la fine dell’anno. Inoltre sembra che il saggio si concentrerà soprattutto sugli anni della guerra civile americana.
L’ottimismo è una questione genetica? Questo l’argomento del prossimo film con l’attore emergente Seann William Scott. Il titolo? Quale se non The Optimist? Secondo le ultime notizie, il film ha come protagonista un uomo nato senza il gene dell’infelicità. Il che vuol dire che possono accadergli le sfighe più assurde, ma lui sarà sempre ottimista e sorridente. Naturalmente, le cose diventeranno interessanti quando s’innamorerà di una giornalista cinica, delusa e nichilista. Queste le notizie disponibili sul film, sul nome del regista non ci resta che aspettare aggiornamenti e naturalmente... essere ottimisti.
Attore impegnatissimo Hugh Jackman! dopo i vari
X-Men e Van Helsing, il futuro di Jackman ha a che fare con il musical. Stando a quanto trapelato, l’attore australiano ha firmato un contratto con Walt Disney Pictures per la realizzazione di almeno tre musical cinematografici, possibilmente da soggetti originali. Pare che a convincere Disney sia stato Boy From Oz, uno spettacolo teatrale andato in scena a Broadway con Hugh Jackman nei panni del protagonista (la sua interpretazione gli è valsa il Tony Award, vale a dire il più prestigioso riconoscimento del settore). Ma tutto ciò comincerà ad essere realizzato dal 2006. Intanto Jackman dovrà terminare quanto già in preparazione, cioè The Fountain di Darren Aronofsky e X-Men 3.
Natassia Malthe sarà
una delle protagoniste di DOA: Dead Or Alive, l’adattamento del noto videogame picchiatutto. E’ un film pensato apposta per far sbavare gli spettatori, soprattutto quelli che hanno un debole per le fanciulle coraggiose e spudoratamente belle. La Malthe sarà una delle quattro splendide e feroci protagoniste del film, e la trama si svolgerà in un’isola esotica con location in Cina (quindi si prevedono dei procaci bikini). Alla regia del film c’è il cinese Corey Yuen e alla sceneggiatura J.F. Lawton, quello di Pretty Woman (!).
La breve ma intensa vita di Ian Curtis - frontman dei Joy Division, icona degli anni ‘80, suicidatosi a soli 24 anni - diventerà presto un film interpretato da Jude Law. Touching From A Distance (questo il titolo della pellicola, che riprende il nome dal libro scritto dalla vedova di Curtis) è in fase di realizzazione a Manchester, città natale dei Joy Division e centro nevralgico di oltre 15 anni di musica britannica. Il produttore esecutivo è Tony Wilson, scopritore della band e fondatore della Factory Records, e dietro la macchina da presa ci sarà Anton Corbijn, acclamatissimo fotografo di moda e musica e già autore di videoclip di U2, Depeche Mode e molti altri.
Un ispettore del fisco innamorato che sente una voce nella propria testa, che commenta ogni azione non sempre in modo favorevole. Questa la trama del nuovo film di Will Ferrell, Stranger Than Fiction. A regia di Marc Forster (Monster’s Ball, Neverland) la pellicola avrà come co-protagonista l’attrice Maggie Gyllenhaal. Ferrell sta seriamente avviando una carriera come attore comico di successo: dopo essere stato una colonna del Saturday Night Live, sta diventando un volto apprezzato dal pubblico cinematografico statunitense. L’abbiamo visto nei primi due Austin Powers, in Zoolander, Elf, Starsky & Hutch, e nell’ultimo film di W. Allen Melinda e Melinda.
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Si mormora che sarà Sophie Marceau ad interpretare Sophie Neveu, la studiosa francese che affianca il protagonista Robert Langdon (che sarà interpretato da Tom Hanks) nell’adattamento del romanzo più bestseller che c’è, Il Codice da Vinci. A dire il vero la voce non è ancora confermata ufficialmente in quanto c’è un altra candidata al ruolo, la bella Julie Delpy. Finora il regista Ron Howard ha scritturato ufficialmente solo due attori: Tom Hanks nel ruolo protagonista e Jean Reno in quello dell’ispettore di polizia. L’inizio delle riprese è previsto per marzo del 2005.
Trapelano indiscrezioni in base alle quali Martin Scorsese e Robert De Niro sarebbero al lavoro per riportare su grande schermo Taxi Driver. L’idea è di proporre il seguito dell’allucinata odissea urbana di Travis Bickle, un veterano del Vietnam affetto da una seria instabilità mentale, che nel film del 1975 fa il taxista di notte in una New York di peccato, violenza e disperazione. De Niro e Scorsese (già regista della pellicola originale) stanno pensando alla nuova sceneggiatura: il concetto base è quello di scoprire cosa ne è stato di Travis Bickle, di raccontare come passa la vecchiaia e come ci è arrivato. Il fatto che De Niro abbia 61 anni rema a favore; Scorsese, poi, non ha perso lo smalto. Un progetto che può davvero diventare realtà.
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CINEMA
The Woodsman Il segreto svelato
di Stefano Kirk
Argomento scomodo: la pedofilia. Dunque materia scottante con cui la regista Nicole Kassel offre al pubblico con The Woodsman - Il segreto, un film forte, coinvolgente e profondo. Coinvolgente, sì, perché surrealmente vi ritroverete a seguire con partecipazione alle vicende del protagonista, un supremo Kevin Bacon, che uscito dal penitenziario dopo dodici anni per un’accusa di molestie pedofile, torna a casa. Ma il rientro non è facile: la sorella non lo vuole incontrare, la polizia lo tiene sotto sorveglianza, i colleghi della falegnameria lo minacciano e deve sottoporsi a periodiche visite dallo psicologo designato dal tribunale. Inevitabilmente si ritroverà faccia a faccia con le sue pulsioni più buie, ma a scatenarle non è il suo desiderio, ma quello di un uomo che molesta i bambini di fronte alla scuola. Walter, questo il nome del protagonista - spiando l’uomo - si rivede nei
gesti del pedofilo all’opera, e riconosce per la prima volta in essi la brutalità e gli intenti dannosi, fino a tentare d’impedirne la realizzazione finale. L’incontro di una bambina al parco, che gli confessa dolore e strazio a causa degli abusi perpetrati dal proprio padre, sconvolge Walter, che conosce così per la prima volta l’altra faccia della medaglia, ossia la sofferenza delle vittime. Il pregio di questo film è di seguire la trama evitando qualsiasi preconcetto (per esempio Walter non è un pedofilo che ha subito una violenza da bambino, ed è stato accusato solo per molestie) e scansando qualsivoglia sdolcinatura, grazie ad uno sguardo non scontato e per niente buonista. Il realismo dei personaggi e delle situazioni è profondo e sensibile, cercando così di levare il velo sulle possibili ragioni che spingono questi uomini di abusare dell’infanzia. Notevole l’interpretazione di Kevin Bacon (questo film gli è già valso la candidatura all’Oscar come migliore attore protagonista), che dopo Sleepers e Mystic River, ha di nuovo a che fare con il tema della pedofilia. La co-protagonista Kyra Sedgwick è compagna di Bacon nel film e nella vita. Tra gli interpreti anche Mos Def, David Alan Grier, Benjamin Brett e Kevin Rice. Consigliato.
The Grudge La solita minestra
di Fabio Colombo
Capita che, nel corso di ostinati tentativi volti alla conquista di una mèta, una qualunque, scegliete voi quale, ci si possa perdere per strada. Se volessimo essere meno generici potremmo proporre dei nomi e avanzare l’ipotesi che probabilmente il signor Takashi Shimizu, ammaliato dai riflessi dorati provenienti dall’occidente cinematografico, abbia deciso con questo suo nuovo The Grudge di limitarsi al massimo in ogni qualsivoglia sforzo creativo. Non si spiega altrimenti il fatto che da quattro anni il suddetto regista ci propina in versioni più o meno diverse quel che si usa dire la solita minestra. Comprensibile, visto il successo (a mio avviso meritato) ottenuto dalla precedente uscita home-video dell’originale Ju on. Dunque perchè cambiare una formula che funziona? Ecco quindi, supportato da un efficace trailer, The Grudge: nuovi protagonisti (americani: Sarah Michelle Gellar, Bill Pullman, Clea Dubai), stessa storia. Difficile definirlo un sequel, più appropriato etichettarlo come mera riproduzione con ausilio maggiorato di attori dai tratti caucasici. Almeno questa è l’opinione ricorrente tra chi ha potuto vedere entrambi i films. Anche chi si aspettava una rivisitazione
in chiave interculturale dovrà ricredersi ed abbandonare questa chiave di lettura. In realtà, a dispetto di questa critica iniziale, bisogna ammettere che questo nuovo episodio riserva momenti pregevoli. Basata su una leggenda giapponese che vuole il permanere delle emozioni legate alla morte nel luogo in cui la morte stessa è sopraggiunta, la pellicola scorre in un climax ascendente di tensione davvero efficace e non comune per il genere. Takashi conosce i trucchi per lasciarci incollati alla poltrona e li sfrutta a piene mani: immagini orrorifiche in sequenza breve, movimenti di camera sinistramente impercettibili, suoni inquietanti, atmosfere minimaliste (azzeccate le luci e le locations). Come se non bastasse, aggiungiamoci anche piani temporali non lineari e l’introduzione di scene di cui si fatica a comprendere il ruolo nell’ambito piú ampio della trama del film. Tutti fattori che, anche in virtú dei loro aspetti irrazionali, fanno presagire sempre piú ardentemente un’inevitabile scena chiarificatrice in grado di svelare chissá quali retroscena e ricomporre i vari tasselli mancanti. Il problema è che la scena in questione... non arriva mai. Quando intuiamo che dietro a tutta questa sapiente costruzione visiva c’è il vuoto narrativo, allora subentra la noia e la tensione cala fino ad essere definitivamente uccisa (questo si che fa paura) nel finale. A questo punto, quando uscendo dalla sala cercherete di imitare il verso della diabolica creatura attorno alla quale ruota il film, finirete per trovarvi pure un aspetto comico. Non male per un horror movie.
RASSEGNE
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Cinema in tasca Realizzata dal Dicastero Eventi e Iniziative in collaborazione con Cinema Cittadella 2000 di Lugano è partita da metà gennaio la rassegna Cinema in tasca che vede riuniti i migliori film del trascorso anno cinematografico. Spaziando attraverso diversi generi e nazionalità differenti, la rassegna offre quei film che hanno saputo colpire ed emozionare pubblico e critica. Alcuni hanno avuto l’unanime plauso, è il caso dell’ultimo cartone Pixar Gli Incredibili o dell’acclamato secondo episodio delle avventure di Spiderman; altri hanno fatto discutere, si pensi ai pareri divergenti nati a proposito di The Village. Tutti attirano lo sguardo dello spettatore d’oggi affrontando (e non sempre risolvendo) questioni di grande attualità. Il tema della memoria, ad esempio riaffiora sia come spunto per una commedia d’amore originale e personalissima (Se mi lasci ti cancello) sia per costruire l’identità di un nuovo modello di eroe (The Bourne Supremacy). Ma la memoria è anche la base per la fantasia, una fantasia che rende immortali i momenti speciali della vita di ciascun uomo come afferma Tim Burton in Big Fish; un film che merita uno sguardo approfondito, come lo meritano Le chiavi di casa e School of rock. Tre film, per tutta la famiglia, che commuovono e divertono grazie alla loro
straordinaria capacità di raccontare storie quotidiane. Un’offerta unica, non soltanto per gli appassionati di cinema, ma anche per chi vuole trascorrere una piacevole serata gustando ad un modico prezzo i migliori film dell’anno. Per seguire il ciclo sarà possibile acquistare una tessera che consente di vedere i dieci film in programma a un prezzo eccezionale: fr. 30.00 per giovani (fino ai 25 anni) e AVS, fr. 40.00 per gli adulti, con uno sconto ulteriore del 10% per i tesserati Lugano Card, la tessera per il tempo libero. Iscriversi è semplice: basta richiedere la tessera mezz’ora prima della proiezione (quella delle 18.15 o 18:30 e quella delle 20.30 o 20:45) presso il Cinema Cittadella. Le tessere sono disponibili fino ad esaurimento. Le tessere ( e la Lugano Card) sono disponibili anche allo sportello del Dicastero presso Villa Carmine in via Trevano 55 a Lugano, durante gli orari di apertura degli uffici (08:00-12:00; 13:30-17:30; il martedì anche dalle 12:00 alle 13:30; il mercoledì anche dalle 17:30 alle 18:30). Per ulteriori informazioni e programma completo: Settore Eventi e Iniziative, Dicastero Giovani ed Eventi, Città di Lugano Tel. 058 / 866 74 40; e-mail: eventi@lugano.ch
Cinemino segnala per la rassegna Come sopravvivere in provincia
Capturing the Friedmans Capturing the Friedmans (USA, 2003) narra della vita di una famiglia di Long Island, la cui tranquillità viene incrinata quando il capofamiglia Arnold Friedman viene arrestato nel 1987 insieme al figlio Jesse con l’accusa di molestie sessuali su minori. Avendo la famiglia sempre avuto l’abitudine di documentare la sua vita attraverso filmini casalinghi, il filmaker esordiente Andrew Jarecki ha la possibilità di inserirsi (e accompagnare noi) nella loro esistenza quotidiana alla ricerca di indizi, trovando alla fine elementi surreali, più di quanto ci si possa aspettare.
Capturing the Friedmans è un documentario disturbante e
Capturing the Friedmans è un documentario disturbante e capace di provocare un alternanza di emozioni come rabbia, compassione, repulsione e divertimento. Un documentario in cui l’unica cosa certa è l’isterismo collettivo che fa perdere al caso ogni dimensione sensata. Premio speciale della giuria al Sundance Festival del 2003 e candidato all’Oscar nel 2004 come migliore documentario, tra i vari premi ottenuti Capturing the Friedmans ha ottenuto quelli assegnati dal circolo dei critici di Seattle, Boston, San Francisco e New York. E’ stato inoltre premiato alla Mostra Internacional de Cinema São Paulo (2003), al Toronto Film Critics Association Awards (2003) e al XX Festival Internacional de Documentales de Madrid (2004).
capace di provocare un alternanza di emozioni come rabbia, compas-
Un’occasione unica, questa, per vedere una pellicola d’alto spessore documentaristico. Appuntamento quindi, mercoledì 23 febbraio alle ore 21.00, presso Living Room (via Trevano 89a), Lugano.
sione, repulsione e divertimento
www.thermos.org/cinemino
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RE.AD
LIBRI
Ben Schott
L’originale miscellanea di Schott Sonzogno
Ecco un libro che si autodefinisce colmo di notizie inutili. Ma cosa sono le notizie inutili? Sono quelle che vi fanno fare una bella figura, quelle che inaspettatamente colmano alcune lacune, quelle che vi permettono di partecipare ai giochi televisivi come Il Milionario... Notiziole, curiosità, classifiche, stranezze, dati scentifici e storici. Di tutto un po’ è costituita L’originale miscellanea di Schott, una straordinaria raccolta di fantastici trivia. In questo libretto possiamo trovare informazione sui sette peccati capitali, sulle varie dimensioni delle uova, sulle rockstar morte prematuramente, sui proverbi dedicati al tempo, sui titoli di tutti gli inni
nazionali, sugli anni dello zodiaco cinese, sulla nomenclatura golfistica, su tutti i film di Fantozzi, sulle regole dei duelli, su come fare un nodo a farfalla, e su tanto tanto altro che vi farà sorridere e divertire. Non un libro da leggere tutto d’un fiato, ma da tenere sempre a portata di mano, e da consultare poco a poco. Vedrete, vi sorprenderete spesso di rimanere bloccati fissi su una pagina, meravigliati ed incantati. Abbiamo bisogno di queste notizie, di queste curiosità. Ci fanno sentire parte di un mondo originale, fantasioso, imprevedibile, dal quale c’è sempre qualcosa da imparare, qualcosa per cui sorprendesi. Come disse il grande Oscar Wilde: “E’ triste dirlo, ma al giorno d’oggi c’è una grande scarsità di informazioni inutili.”
Shirley Jackson
L’incubo di Hill House Adelphi
Chiunque abbia visto qualche film del terrore con al centro una costruzione abitata da sinistre presenze si sarà trovato a chiedersi almeno una volta perché le vittime di turno non optino, prima che sia troppo tardi, per la soluzione più semplice, ovvero scappare, allontanandosi senza voltarsi indietro. Non è il caso dei protagonisti de L’incubo di Hill House, il professor Montague (un professore di antropologia) ed i suoi ospiti, che nella fantomatica ed inquietante “casa della collina” passano dei giorni per una ricerca sugli eventi paranormali che infestano il luogo. Detto così potrebbe sembrare un romanzo horror, come spesso è stato scritto sulle recensioni apparse alla sua uscita. Ma così non è. E’ una definizione promozionale inesatta, che trae in inganno e delude chi s’aspetta di trovare una storia alla Stephen King. Shirley Jackson, un’autrice scomparsa nel 1965 ed oggi considerata creatrice di autentici classici del terrore, pubblicò questo romanzo per la prima volta nel 1959. L’incubo di Hill House è piuttosto un libro
gotico, pregno del più classico humor sarcastico inglese che rende la storia psicologicamente avvincente, senza scadere nel truculento. Protagonista principale è Eleanor Vance, una giovane donna con facoltà medianiche e per la prima volta nella sua vita libera dai logoranti impegni famigliari: essa vive l’esperienza dentro la casa, in compagnia degli altri studiosi che più che studiare il luogo pare che studino lei, in una sorta d’esaltazione euforica causata dalla libertà appena acquisita, ma frammentata dalle sue paure più inconsce, scatenate dalla casa stessa. La casa: con le sue torrette buie, le sue porte che sembrano aprirsi da sole, con i suoi suoni misteriosi, colpi contro le porte, scritte che compaiono sui muri, abiti stracciati da mani invisibili, le correnti gelide, e poi le presenze strane che sembrano uscire dalla casa, inseguendo Eleanor, sempre lei. Una casa che decide per tutti, e soprattutto per Eleanor, è lei la prescelta, colei che la casa ha deciso di tenersi per sempre...
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IN BREVE
Nicholson Baker Checkpoint Mondadori
Daniel Pennac Grazie Feltrinelli Siamo a teatro: il vincitore di un premio letterario ci mostra le spalle e grida “Grazie!” verso la platea che ha di fronte. Il problema è: chi, come e perché ringraziare? Ringraziare è difficile, imbarazzante, ha delle regole non scritte ma inderogabili. Un piccolo libro-monologo, un grandissimo Daniel Pennac, che con questo scritto omaggia i suoi lettori, divertendo ma allo stesso tempo facendo riflettere. Scritto per il teatro, ma anche per noi pigroni da poltrona.
Renato Martinoni e Antonio Pelli Lo sguardo degli altri L’immagine della Svizzera Italiana nei viaggiatori delSettecento Salvioni Edizioni Interessante e coinvolgente ricerca di conversazioni, scritti, testimonianze ed immagini dei viaggiatori forestieri che hanno visitato le nostre terre nel Settecento e che ne descrivono le genti, l’alimentazione, gli usi e le tradizioni, la vita sociale, la religione, la salute, l’emigrazione, la giustizia. Uno sguardo “straniero” che viene dal passato, necessario per capire il nostro presente. Consigliato.
dal 10 al 13 marzo Palazzo della Permanente - Milano Mostra del Libro Antico - XVI edizione I libri del nostro passato Il tradizionale appuntamento per gli appassionati bibliofili, la Mostra del Libro Antico, alla sua XVI edizione, si svolgerà dal 10 al 13 marzo, nella sua cornice storica, il Palazzo della Permanente di Milano.
Più di cinquanta tra le più importanti librerie antiquarie internazionali offrono in questa occasione l’opportunità di ammirare migliaia di pregiati volumi, che percorrono ogni strada del sapere, fonti inesauribili di conoscenza, ma anche di divertenti curiosità. Dato il successo di visitatori dello scorso anno, la mostra rimarrà aperta al pubblico per quattro giorni anche in occasione della sedicesima edizione. La mostra si sviluppa su un’estensione temporale di oltre seicento anni, partendo dai manoscritti miniati e dagli incunaboli per giungere a libri di grande pregio del XIX secolo e a importanti iniziative editoriali del XX secolo. Fra i prestigiosi volumi che saranno in mostra, molti meritano un’attenzione particolare, come il Liber de potestate et sapientia Dei di Ermete Trismegisto, tradotto in latino da Marsilio Ficino,
Le poco più di cento pagine del ultimo libro di Nicholas Baker sono scritte sotto forma di dialogo tra due vecchi amici, uno dei quali ha chiamato l’altro nella sua stanza d’albergo per comunicargli la sua decisione: “Voglio assassinare il Presidente” esclama Jay senza mezze misure. A quella parole Ben trasale e da qui comincia il racconto del background, la ricostruzione di come Jay sia giunto ad una simile decisione. Dietro quel “Jay” si cela lo stesso autore mentre Ben è una specie di alter ego, un freno inibitore, più esattamente l’avvocato del diavolo. Pungente, mordace, soprendente, Nicholas diviene a tutti gli effetti un Michael Moore con la penna, dando voce all’altra America, quella lontana dai sondaggi e dai centri di potere, quella contraria alla violenza preventiva.
preziosa terza edizione stampata a Venezia nel 1481, oppure il Sidereus Nuncius Magna di Galileo Galilei, un saggio di importanza assoluta per la storia delle scienze, di cui la Librairie Sourget di Chartres presenta per la prima volta sul mercato l’edizione “princeps” stampata a Venezia e datata 1610. Questi e altri volumi di estrema rarità rendono questa mostra un must per tutti gli addetti e gli amanti della carta stampata rivelando tesori e meraviglie che nessuna tecnologia moderna saprà estinguere. L’uomo moderno è nato con la parola scritta, e questo non ce lo dimenticheremo mai, perché i libri, compagni fedeli e mai assenti, c’accompagneranno sempre, fino alla fine dei tempi. info: www.mostradellibroantico.it
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LIBRI
Angeli e demoni
Dan Brown
Angeli e demoni Mondadori
Sulla scia del successo
Il fenomeno Dan Brown ha appassionato i lettori di tutto il mondo. Le sue storie condite di suspence, enigmistica, esoterismo e superstizioni hanno fatto il giro del mondo e si possono definire senz’altro l’evento editoriale degli ultimi due anni. Chi tra noi non ha visto le alte colonne di libri a sua firma in vendita nei supermercati durante le feste natalizie?
L’uscita del ormai mitico Il Codice da Vinci ha avuto un’impatto clamoroso, quasi fragoroso, grazie ai temi affrontati che mettono in scena una moderna caccia al Santo Graal, il simbolo per eccellenza di innumerevoli leggende. Trattasi di religione, di credenze popolari, di sette nascoste (come il Priorato di Sion, nel quale avrebbe fatto parte Da Vinci e altri grandi artisti e pensatori di tutti i tempi), d’Inquisizione, di codici ed enigmi irrisolti... tutto quello che è necessario per solleticare la curiosità dei lettori. Un romanzo innanzitutto di fiction, da prendere con le pinze, come si sono affrettati a specificare i critici, gli studiosi ed i teologi alla sua uscita. Ora Il Codice Da Vinci è in commercio pure in versione illustrata, sfiziosa versione per chi non ha ancora letto il romanzo, inutile per chi l’ha già fatto. Questo successo sta per essere bissato da Angeli e demoni, il nuovo thriller appena pubblicato da Brown, ma scritto tre anni prima del Codice. E’ una storia ambientata a Roma in cui compare per la prima volta il personaggio del professore di iconografia religiosa Robert Langdon. La vicenda ruota attorno ad un complotto progettato contro il Vaticano da una temibile setta segreta che, secondo il racconto di Dan Brown, fu fondata all’epoca della Controriforma da alcuni scienziati intenzionati a difendere la libertà e l’autonomia della scienza di fronte alla religione, ovvero gli “Illuminati”. Perseguitati dal Vaticano, gli adepti di questa setta sono scomparsi ufficialmente, infiltrandosi segretamente e in maniera diffusa negli alti ranghi del potere. Il canovaccio del thriller si snoda su un’attuale risorgimento degli Illuminati e sulla loro intenzione di distruggere definitivamente la Chiesa Cattolica Romana. Il tutto ha inizio con la morte di un pre-
te-scienziato inventore di una macchina segreta che nelle mani sbagliate può diventare un’arma micidiale, e con il rapimento di quattro importanti prelati candidati alla tiara papale. Il protagonista, il professor Langdon, che ha scritto un libro specifico sulla setta, viene contattato in qualità di esperto per scoprire le mosse dei congiurati, e verrà ben presto affiancato nelle indagini dalla figlia dello scienzato assassinato, anch’essa un esperta scienziata e studiosa di enigmi e misteri. La trama prosegue tra segretissimi documenti conservati nell’archivio Vaticano, e sulle orme di un misterioso “cammino esoterico”, in una frenetica corsa contro il tempo e la morte, tra le piazze e le chiese della Roma antica. Dopo avere affascinato milioni di lettori, Dan Brown offre con Angeli e demoni un’altro romanzo pieno di suspense che incuriosice molto, ma che non appassiona quanto Il Codice da Vinci. Purtroppo il finale piuttosto surreale e sconclusionato rende vana ogni presunta velleità storica, e nella trama c’è qualche strafalcione fastidioso per quanto riguarda la location ed i dati temporali. Per esempio: viene descritta una “nuotata” del protagonista nella fontana Bernini in Piazza Navona, una fontana dove l’acqua non supera i venti centimetri d’altezza! Non è un’opera letteraria destinata a durare in eterno, quindi, ma una lettura passatempo, evasiva, da consumare in fretta. Mossa astuta quella di pubblicarlo sulla scia del successo del Codice!
di stefano kirk
COMICS
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o r t n o c e r e s s Il diritto di e ruder
McG fiante di Aaron
dalla penna graf Gli States visti
da gi? È una doman re americani og e se m es ti ul ca le ifi o gn at si m Cosa tutto som a m , re de on sp un cui è difficile ri messo l’idea di ane ci hanno tras quale i disaccordi elezioni americ l a mente diviso, ne ando un problem paese sostanzial nt ve ici stanno di in om le on al i ec nz ed i na al soci e, anche di ir st ge da le ci ffi sempre più di nale. litica internazio certezze della po ...
... Eppure spesso non emerge nettamente la consapevolezza che accanto all’idea di un’America quale culla della democrazia, ne esista un’altra nascosta, che digrigna i denti e graffia. Un’America che vive ai margini, disillusa, cinica e indignata, che non crede al sogno americano, se mai è esistito, e rivendica il diritto di essere contro le istituzioni, le ipocrisie, le bugie di questo paese delle grandi contraddizioni. Questa America non la troveremo mai nei kolossal hollywoodiani, né tanto meno in televisione, ma esiste ed è viva. Se proprio abbiamo desiderio di conoscerla possiamo trovarla nello sguardo accigliato di un bambino afro americano di dieci anni di nome Huey, protagonista delle strisce a fumetti dal titolo The Boondocks (Arcana Editore, 2004) di Aaron McGruder, che costituisce attualmente l’avanguardia del fumetto politico americano. The Boondocks dipinge con tagliente sarcasmo il marciume ed i vizi di quest’America seminascosta e nel farlo riesce anche a farci divertire. Infatti, nonostante il protagonista della striscia non rida una sola volta in queste pagine, il lettore difficilmente riuscirà a non sorridere. Tuttavia, il sorriso che suscita The Boondocks non è quello ingenuo di Calvin & Hobbes di Watterson, né può essere accostato all’ironia surreale di The Peanuts di Schultz. È un sorriso tagliente, duro, a denti stretti, che lascia un gusto un po’ amaro in bocca. Leggendo questi fumetti diviene, allora, legittima la domanda che Michael Moore si pone nella prefazione del libro: “Come è finita questa roba su un quotidiano?”. In effetti, The Boondocks non ha mai avuto vita facile sulle testate statunitensi. Nonostante il successo della striscia, che attualmente viene proposta da numerose pubblicazioni nazionali fra le quali Newsweek e Time, l’autore si è dovuto spesso scontrare contro ripetuti e continui tentativi di censura. Benché qualcuno di questi tentativi sia andato a buon fine, Aaron McGruder non ha mai fatto retromarcia rispetto alle
sue posizioni ed ha continuato a proporre tavole traboccanti dello spigoloso e caustico sarcasmo che lo contraddistingue. Un sarcasmo figlio della libertà intellettuale di quest’autore, il quale attraverso il suo alter ego cartaceo si diverte a sbeffeggiare il potere, l’economia, la televisione, i luoghi comuni sugli afro americani. Nessuno viene risparmiato da Huey Freeman - mai cognome fu più azzeccato - il protagonista della striscia. Sono bersagli delle sue invettive tanto Bush, quanto Bin Laden, la CIA, Puff Daddy, Wall Street e persino Babbo Natale. Non c’è spazio in queste vignette per l’ipocrisia del “politically correct”, non c’è ombra di “buonismo”, ma solo tanta rabbia acida ed una sarcastica rappresentazione della realtà. Visti i contenuti e i tempi che corrono, c’è da chiedersi per quanto tempo ancora lo spirito libero, critico e irriverente di Aaron McGruder potrà resistere ai numerosi tentativi di tappargli la bocca. Leggiamolo in fretta quindi, non si sa mai. More info: www.boondocks.net Aaron McGruder The Boondocks (Arcana)
di kovacs
RE.ART
/// fino al 15 febbraio Museo Hermann Hesse Montagnola Hugo Ball : Il magico Vescovo lettere e fotografie /// dal 16 febbraio al 30 aprile Fondazione Galleria Gottardo Lugano Jean-Pascal Imsand fotografie /// dal 18 febbraio al 3 aprile Museo d’Arte Mendrisio Didier Ruef: Africa Nera fotografie /// fino al 19 febbraio Biblioteca Cantonale Bellinzona Alessi Tea & Coffe Towers architetti di fama mondiale ed i loro servizi di the e caffé /// fino al 23 febbraio Fondazione Monte Verità Ascona Golo Mann (1909-1994) immagini e testi /// dal 26 febbraio al 3 aprile Museo Cantonale d’Arte Lugano Andrej Tarkovskij: Luce Istantanea fotografie 1979 - 1984 /// fino al 27 febbraio Castelgrande - Bellinzona Artisti ticinesi al lavoro nei loro ateliers fotografie di Fredy Bachmann e Patrizia Falconi /// fino al 6 marzo Museo Cantonale d’Arte (Ala est) Lugano Elisabeth Arpagus: Aude dipinti e fotografie 1996-2003 /// fino al 17 marzo Galleria al Parco Muralto Arte tessile patchwork-quilts di Bertha Fisher e Margherita Radner /// fino al 17 aprile Museo Civico delle Belle Arti Lugano Arte in Ticino 1803-2003 Il superamento delle avanguardie 1953-2003
AGENDA TOPSHOWS
/// Fino al 20 febbraio PAC - Milano
/// fino al 20 febbraio Museo d’Arte Ravenna Alberto Giacometti Una vasta rassegna sull’artista svizzero Alberto Giacometti, grande scultore, ma anche eccellente disegnatore e incisore.
Spazi Atti / Fitting Spaces
Il programma espositivo del Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano presenta fino al 20 febbraio con una mostra collettiva dal titolo Spazi Atti / Fitting Spaces - 7 artisti italiani alle prese con la trasformazione dei luoghi.
/// fino al 27 febbraio Kunsthaus Zurigo Monet’s garden con 70 opere di Claude Monet nella mostra più completa sul padre dell’impressionismo. /// fino al 27 febbraio Foro Boario Modena Action Painting Arte americana 1940-1970: dal disegno all’opera con opere di Hofmann, Gorky, Pollock, Kline, de Kooning, Gottlieb, Motherwell, Tobey, Francis, Conrad Marca-Relli, Mark Rothko, Clyfford Still e Lee Krasner, a confronto con opere di Kandinsky, Klee, Schwitters, Ernst, Mondrian, Kupka, Matta e Albers. /// fino al 25 aprile Società Promotrice delle Belle Arti Torino Gli impressionisti e la neve La Francia e l’Europa con opere di Claude Monet, Courbet, Pissarro, Sisley, Caillebotte, Guillaumin, Manet, Gauguin, Bernard, van Gogh e altri + Much, Giacometti, Segantini + opere dalla Scandinavia, Russia, Est Europa, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Germania, Svizzera e Italia. /// fino al 13 marzo Fondazione Pierre Gianadda Martigny Jean Fautrier con oltre 120 opere, dipinti, disegni e sculture, in un’ampia retrospettiva del pittore Jean Fautrier (Parigi 1898 - Châtenay-Malabry 1964), considerato il padre dell’informale.
La mostra è curata da Jean-Hubert Martin e Roberto Pinto e propone opere di Mario Airò, Massimo Bartolini, Loris Cecchini, Alberto Garutti, Marzia Migliora (con la collaborazione di Riccardo Mazza), Luca Pancrazzi, e Patrick Tuttofuoco, sette artisti che, in questi ultimi anni, hanno lavorato intorno al concetto di spazio sensibile, da fruire mediante i sensi, da vivere e abitare. Nell’esposizione si tiene conto di differenti approcci a questo aspetto della ricerca e vengono realizzate installazioni ad hoc che riflettono il modo di costruire la percezione dello spazio e dei luoghi ed interagiscono con la struttura espositiva. In esposizione quindi un’alternarsi di spazi reali, risultato di vere e proprie costruzioni ideate dagli artisti trasformando gli ambienti preesistenti, a spazi virtuali creati con luci suoni e odori. Esiste ormai una lunga tradizione artistica che, mettendo da parte la rappresentazione della realtà, impegna direttamente l’artista nella trasformazione della spazio che lo circonda. Se poi si ragiona su Milano, dal punto di vista architettonico questa città ha un’apparenza di grande uniformità: pur esistendo architetture di differenti tipologie o stili ed epoche storiche distanti tra loro, c’è un certo senso dell’ordine e una tonalità di fondo che amalgamano il suo paesaggio. Alcuni tra i più interessanti artisti italiani, soprattutto quelli che gravitano intorno alla città lombarda, hanno approfondito e sviluppato la ricerca su questi concetti di spazio sensibile e la mostra allestita al PAC intende testimoniarne il lavoro. Un video a cura di Mario Gorni documenterà il backstage della mostra con interviste agli artisti. Info: www. pac-milano.org
>> Massimo Bartolini - Mixing Parfums 2000, porta girevole luminosa con profumo Patrick Tuttofuoco - Y - 2004, courtesy Studio Guenzani - Milano, foto: Marco di Vincenzo
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MOSTRE
Jean-Pascal Imsand dal 16 febbraio al 30 aprile Fondazione Galleria Gottardo / Lugano
All’inizio degli anni ‘90, Jean-Pascal Imsand (1960-1994) è tra gli enfants terribles della fotografia in Svizzera. Giovane di talento, individualista, conquista presto una certa fama nei più svariati generi fotografici, in particolare nel ritratto e nel paesaggio urbano. Realizza anche fotomontaggi, un genere in cui può dare libero sfogo alla sua immaginazione. Collabora con diversi giornali (L’Hebdo, Das Magazin, du, Neue Zürcher Zeitung, Le Nouveau Quotidien, Tages Anzeiger). A partire dal 1987 lavora per conto del World Economic Forum di Davos, assicurando la copertura dell’avvenimento. Realizzare dei reportage non gli dispiace, lo testimonia il fatto che nel 1990 diventa membro dell’agenzia parigina Vu e nel 1991 della zurighese Lookat.
Alberto Flammer
RE.ART
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Galleria Gottardo a Lugano rinnova il proprio annuale appuntamento con la fotografia e, per proseguire nella sua ricerca, propone la retrospettiva di un autore svizzero: Jean-Pascal Imsand. Presentata dapprima a Winterthur, questa mostra ha proseguito il suo percorso a Losanna per giungere ora a Lugano. Nel 1988 si trasferisce a Zurigo, città in cui effettua reportage nel suo quartiere del Kreis V: la Limmatstrasse, gli stagionali della ferrovia, il Brocki-Land (un rigattiere non lontano da casa sua), i disabili della Werkstube, l’ambiente della droga del Letten. Se per lui Zurigo è un soggetto che si presta soprattutto al reportage, Losanna è una città di cui evoca volentieri il mondo notturno nei suoi aspetti più strani e inquietanti. Personalità ribelle, sensibile, tormentata e romantica come molti giovani artisti di altre epoche, Jean-Pascal Imsand è uno dei rappresentanti più brillanti e singolari della fotografia svizzera della fine del ventesimo secolo. La mostra presso la fondazione Gottardo di Lugano riunisce per la prima volta le principali opere del suo breve ma intenso periodo creativo e alza il velo sul suo mondo di immagini personale e poetico, sulla sua vita di fotografo tra realtà e sogno, tra documento e immaginazione. info: www.galleria-gottardo.org
Radiografie e risonanze
fino al 22 febbraio La Fabbrica / Losone
Presso La Fabbrica di Losone è in atto la mostra fotografica di Alberto Flammer Radiografie e risonanze, a cura di Antonio Ria. Alberto Flammer è nato Muralto, in Canton Ticino, nel 1938. Apprende giovanissimo la tecnica e l’arte della fotografia dal padre, fotografo rigoroso, e si dedica alla fotografia di architettura, di opere d’arte e di pubblicità, portando avanti contemporaneamente una approfondita ricerca personale. La sua prima mostra collettiva risale al 1960 presso la Galleria d’Arte Moderna di Milano; la sua prima personale è avvenuta a Locarno nel 1963. Sono seguite numerose esposizioni in musei e gallerie fotografiche di grande prestigio in molte città europee. Ha collaborato con vari architetti, tra cui Mario Botta, e a molte monografie d’arte. Vive a Verscio, in Canton Ticino. La mostra presenta una ventina di radiografie e una diecina di risonanze magnetiche stampate dall’autore: una ricerca - come scrive Antonio Ria nell’introduzione al catalogo - che mira a “confrontare scienza e arte, tecnica e arte” all’interno di una lunga
Faces in the Crowd fino al 6 marzo Whitechapel Art Gallery / Londra
tradizione della storia dell’arte e della fotografia. “Ma qui c’è qualcosa di diverso - aggiunge Ria - Flammer cerca un nuovo sapere. L’arte sa, ciò che la scienza conosce. Non basta conoscere, occorre sapere“. Quindi i contenuti delle immagini di Flammer non sono staccati dall’estetica, dalla ricerca formale. “All’apparenza dunque - conclude Ria nella sua presentazione - queste immagini di Alberto Flammer possono essere prese come documenti di realismo. Ma, a guardare bene e a pensare nei tempi lunghi della storia dell’arte, c’è in esse una grande invenzione. Nella raffigurazione plastica bloccata delle radiografie e delle risonanze magnetiche di Flammer c’è alla fine una piena, programmata, attentissima sublimazione. Quasi un modo nuovo di concepire le cose e gli esseri umani (e se stesso): di raccontare il tempo”. L’esposizione, che si inserisce nel programma degli eventi e mostre di arti figurative de La Fabbrica coordinati da Riccardo Lisi, è accompagnata da un catalogo, a cura di Antonio Ria, pubblicato a Losone nelle edizioni «la fabbrica». La mostra è patrocinata dal Comune di Losone.
“The apparition of these faces in the crowd; petals on a wet, black boug.”
Da questa frase tratta da un poema di Ezra Puond s’ispira il titolo della mostra Faces in the Crowd in scena a Londra presso la Whitechapel Art Gallery, fino al 6 marzo. “Facce nella folla” quindi, dove le opere dedicate al ritratto di innumerevoli artisti dell’arte moderna s’incontrano in un’interessante mostra. In esposizione i ritratti, le sculture, le fotografie di Acconci, Bacon, Beuys, Boccioni, Boltanski, Burri, Carrà, Cardiff & Bures-Miller, Cartier-Bresson, Deacon & Fraser, Deller, Dittborn, Song Dong, Dubuffet, Duchamp, Durant, Evans, Fast, Giacomelli, Gilbert & George, Goldblatt, Grosz, Gupta, Hopper, Huyghe, Jonas, Katz,
Keita, Kirchner, Klucis, Kollwitz, Léger, Levitt, Magritte, Manet, Man Ray, McCarthy, McQueen, Modotti, Munch, Ofili, Picasso, Piper, Richter, Rodchenko, Segal, Sickert, Sidibé, Singh, Strand & Sheeler, ToulouseLautrec, Vertov, Wall, Warhol, Wikström, Winogrand e Yeats... solo per nominare i più noti. Un punto d’incontro imponente e dall’ampio respiro: una mostra imperdibile, che sonda nell’animo umano tracciando fedelmente la storia dell’arte moderna, e che diventa una testimonianza dei tempi e sull’evoluzione dell’uomo ed il suo modo di vivere il mondo. Uomo, faccia tra la folla. info: www.whitechapel.org
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GALLERY
Psyké
Dentro la mente
California anni ’60. La beat generation, il rock, l’acido lisergico ed erboristerie varie, il flower-power, l’era dell’Aquario, peace&love. Ecco una mostra dove si presenta l’arte grafica e visuale di quel periodo, un’arte fatta di idee e di visioni che sondano la mente.
Otis Rush Grateful dead - Wilson Wes, 1967
Al Museo della Pubblicità di Parigi è in corso un’esposizione che raggruppa più di duecento manifesti originali della California degli anni ’60 -‘70 sotto il titolo Psy(k)é - Off the wall. Nati in California, a San Francisco, questi poster sono le sperimentazioni grafiche e artistiche che hanno incarnato le aspirazioni della generazione hippy, quali frutti dell’autonomia di pensiero e culturale che ha caratterizzato la storica comunità del quartiere di Haigt-Asbury. In Haigt-Asbury si fondò una comunità autonoma (nel 1966 crebbe a dismisura, da settecento a diecimila abitanti) con una propria organizzazione sociale, fatta di nuove regole, un abbigliamento controcorrente, filosofia hippy, spiritualità orientale, liberazione sessuale, droghe, e musica, tanta musica, ovvero il collante per eccellenza. Grandi eventi come gli open-airs Monterey e Woodstock diedero corpo all’immensità del movimento e questi poster presentati alla mostra ne sono la prova tangibile, come sono la testimonianza di un periodo fertile per immaginazione e stile. Uno stile mai tramontato, e che rimanda all’Art Nouveau, svecchiandolo ma mantenendone l’impareggiabile romanticismo, frammisto ad una visione marcatamente psichedelica. Etimologicamente il termine “psicadelia” viene dal greco psukhê (anima) e dêlos (visibile). Psyché, eroina della mitologia greca rappresenta il destino dell’anima, che attraverso le esperienze purificatrici, si unisce all’amor divino. Il termine è stato utilizzato per la prima volta dallo psichiatra Humphrey Osmond per definire le azioni che le droghe allucinogene producono sulla coscienza, modificandone le sensazioni visuali e auditive. Questa esperienza è un viaggio nel mondo dell’immaginario, al pari di quello di Alice nel Paese delle Meraviglie. Questa mostra esprime perfettamente il concetto di “scoperta” e “purezza” di fronte all’ignoto della psiche. Mai come in quegli anni la mente è stata sondata - con gli stupefacenti, ma anche semplicemente con le partiche meditative e filosofiche - dal singolo stesso, in una ricerca estatica ed intima, personale, unica.
RE.ART
Big Brother dans Concert - anonyme, 1967
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Jim Kheskin ... Fillmore - Mac Lean, Bonnie, 1966
Buffalo Springfield... – Conklin. Lee, 1968
Bill Graham presents in San Francisco - Wilson Wes, 1966
I manifesti in esposizione sono inconfutabilmente i primi manifesti pubblicitari di grafica-rock. Realizzati in occasione di concerti e raduni sono stati prodotti da una dozzina d’artisti di cui menzioniamo i cosidetti “Big 5”, ossia i più famosi: Wes Wilson, Victor Moscoso, Rick Griffin, Alton Kelley e Stanley Mouse del Mouse Studios. Questi illustratori hanno lavorato anche per le copertine dei dischi di band rock come 13th Floor Elevators, Grateful Dead, Jefferson Airplane, Jimi Hendrix&Band Of Gipsy, Quicksilver Messenger Service, Doors, Velvet Underground, Pink Floyd, e molti altri.
fino al 27 marzo Musée de la Publicité - Parigi Psy(k)é / Off the Wall
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