La ragion d’essere dell’Università è, da sempre, l’accrescimento e la trasmissione del sapere. È un luogo di frontiera, in cui la scoperta si consolida tanto più saldamente quanto più viene divulgata, discussa, insegnata. È il luogo in cui si apprende la fragilità dei dogmi, il valore del ragionamento critico e del coraggio intellettuale, il senso civico di partecipazione a un’impresa comune. L’Università è diventata un luogo di massa: milioni di persone lavorano, studiano, spesso vivono insieme. Da un lato, perciò, ogni attacco portato all’Università, e più di altri ogni negazione del diritto allo studio, è un attacco sferrato direttamente contro i diritti di milioni di persone. Dall’altro, la storia della società nel suo insieme si intreccia in modo inestricabile con quella dell’Università. Due milioni di studenti, ogni giorno, si spostano, vivono e cambiano le città d’Italia. La qualità della loro formazione, in termini di competenze tanto quanto di educazione alla cittadinanza, determinerà il volto della società nei prossimi decenni. Per questo, lo smantellamento del sistema pubblico di istruzione superiore corrisponde alla disarticolazione e all’impoverimento della società, visibili oggi chiaramente, uniti alla promessa di un futuro sempre più precario, più buio, dominato da un’ignoranza arrogante, autoritaria, che sempre più perde ogni residuo di vergogna di sé. L’Università ha subito tagli, riforme fallimentari, umiliazioni, talvolta contribuendo con comportamenti poco lungimiranti alla propria svalutazione. Si sta ora entrando nella fase post-riforma, una riforma incapace di affrontarne i problemi più seri, e il cui unico effetto sarà quello di accrescerne i difetti e la precarietà, insieme con il potere dei gangli malati che da decenni la infestano sotto lo sguardo compiaciuto dei manovratori. L'università italiana svuotata di strumenti, risorse, dignità, senso, è sempre più una non-università, un luogo da ricostruire, non semplicemente da difendere. La comunità di chi vive e lavora nell’università è però un organismo vitale, dinamico, e non si potrà contenerlo nelle aule o negli schemi di un pensiero classista, maldestramente ammantato di meritocrazia demagogica. L’Università continuerà a scendere per le strade, a manifestare la costruzione di una propria identità, sempre più precisa, sempre più lontana dai progetti fallimentari del governo. I recenti attacchi al sistema d’istruzione pubblica si inscrivono in un più ampio progetto di smantellamento della dimensione pubblica, su cui grava l’indiscriminata accusa brunettiana di “fannullonismo”. Questa progressiva dismissione del sistema di servizi pubblici si esplicita particolarmente nella privatizzazione di quelli che sono e devono essere beni comuni (non solo il sapere ma anche l’acqua, i trasporti), nella promozione della precarietà (come per gli operai, anche per i ricercatori): i diritti dei cittadini vengono mercificati in nome di una privatizzazione cieca, consacrata a un capitalismo speculatore, nonostante la recente crisi economica testimoni con chiarezza i pericoli di questo libertinismo finanziario. Tuttavia, le ultime scosse telluriche di cui è stato vittima il mondo della cultura hanno promosso l’incontro di sensibilità comuni e di progettualità sopite o messe a tacere e hanno reso necessari e possibili gli incontri tra le diverse componenti del mondo universitario, accomunate dalla volontà di rivendicare e ricostruire l’Università come spazio pubblico di formazione e promozione del sapere, a beneficio della società nel suo complesso e non degli interessi privati. Studenti e docenti, bibliotecari e ricercatori, dottorandi e personale tecnico e amministrativo, un tempo meri spettatori della politica che decideva dall’alto sull’università, reclamano oggi con veemenza il loro ruolo di attori politici. La maturità dei loro progetti condivisi e la forza con cui li hanno resi espliciti rendono a oggi totalmente inammissibile ignorare la loro opposizione al progetto di smantellamento dell’università pubblica portato avanti da questo governo. D’altro canto è ormai evidente come, lungi dall’essere animato da uno spirito conservatore di difesa dello status quo o da intenti corporativi, il mondo universitario riconosce l’esigenza di una riforma organica del sistema universitario, ma di segno opposto a quella del governo: una riforma che promuova e non deprima il valore e la dignità della libertà dei saperi, del lavoro intellettuale, del diritto allo studio per tutti. Quella che vogliamo difendere non è dunque l’Università dei baroni, dei cui problemi abbiamo una visione chiara in quanto li viviamo sulla nostra pelle tutti i giorni; né tantomeno l’Università-azienda prospettata da questo governo. Quello per cui ci battiamo è invece la realizzazione di una Nuova Idea di Università. Ancor prima di essere politica, la nostra è una battaglia culturale: pertanto ci impegnano quotidianamente a rivendicare il valore del sapere come bene pubblico. Le proposte contenute in questo testo sono frutto di un anno di lavoro che ha coinvolto un numero incalcolabile di studenti in tutt'Italia, assemblee, iniziative pubbliche, un sito come wikisaperi, l'appuntamento nazionale di Palazzo Campana Occupato a Torino, e soprattutto l'incontro nazionale per l'AltraRiforma. Per attuare questo ideale chiediamo dunque una riforma dell’Università partecipata, democratica, che chiami in causa i diretti interessati, e che preveda:
DIRITTO ALLO STUDIO & WELFARE Per dimostrare di avere davvero interesse a promuovere la valorizzazione delle competenze e la formazione di eccellenze uno Stato deve innanzitutto impegnarsi a mettere il maggior numero possibile di studenti nelle condizioni di raggiungere i gradi più alti dell’istruzione, in conformità a quanto sancito dall’articolo 34 della nostra Costituzione. La costruzione di un vero welfare studentesco va immaginata come un sistema integrato di strumenti diversi per rispondere a esigenze diverse. Da un lato, per livellare le differenze socio-economiche di partenza e garantire a tutti l'accesso alla formazione, va difeso il sistema di diritto allo studio legato al reddito familiare, fatto di borse, mense, alloggi, ecc. e ne va rivendicato il potenziamento. Dall'altro, per promuovere l'autonomia dalla famiglia, la libertà di autodeterminare i propri percorsi di vita e l'accesso alla cultura nel senso più ampio, servono strumenti universali come il reddito di formazione, composto sia da erogazioni monetarie dirette sia da servizi e gratuità. Rifiutiamo la concezione ideologica sul merito inteso come meccanismo di discriminazione ed esclusione tra gli studenti, ritenendo che l'obiettivo di una formazione di qualità per il numero più ampio possibile di studenti sia nell'interesse generale dello sviluppo della società. Nella prospettiva della riduzione dell'offerta formativa dei singoli atenei prevista dalla legge Gelmini e dal dm 17, consideriamo prioritaria la battaglia per un sistema di diritto allo studio in grado di sostenere la mobilità studentesca per permettere a tutti l'accesso a qualsiasi opportunità formativa su tutto il territorio nazionale.
1. Una legge quadro nazionale sul diritto allo studio, che stabilisca i livelli essenziali delle prestazioni erogati dalle Regioni e in particolare l'entità minima garantita delle borse di studio. Il fondo nazionale per il diritto allo studio dev'essere, di conseguenza, sufficiente almeno per coprire i Lep. 2. Copertura totale delle borse di studio, mediante uno specifico fondo statale erogato alle Regioni di almeno 321 milioni di euro, comprendenti il reintegro dei tagli contenuti nella legge di stabilità 2011. In questo modo si metterebbe fine all'assurdità degli “idonei non benificiari”, studenti alle quali è riconosciuto il diritto alla borsa di studio ma che, di fatto, non la ricevono. 3. Dopo aver raggiunto la copertura totale delle borse di studio, è necessario un ampliamento degli idonei, estendendo i criteri di reddito sulla base dei quali viene assegnata la borsa di studio. 4. Istituire convenzioni sui trasporti per gli studenti per rendere gratuiti da subito i trasporti urbani nelle aree municipali universitarie, senza distinzione tra residenti e non residenti, e per ridurre al 50% il costo dei trasporti extraurbani in tutte le regioni per i pendolari, per poi arrivare gradualmente alla gratuità totale della tratta casa-università entro 4 anni. 5. Abolizione del prestito d'onore e di ogni forma di sostegno al diritto allo studio che preveda l'indebitamento degli studenti. In particolare in questo contesto di carenza di finanziamenti sul diritto allo studio riteniamo che l'incentivazione del merito vada perseguita con opportunità di formazione di qualità e non con “mance” e erogazioni monetarie. 6. Incremento delle risorse per le borse part-time di collaborazione presso le università italiane (150 ore). Le borse vanno assegnate secondo i criteri con cui vengono erogate le borse di studio, e va definito un livello minimo nazionale della retribuzione oraria, pari alla media delle retribuzioni attuali. In nessun caso le 150 ore vanno utilizzate per svolgere le mansioni del personale tecnicoamministrativo.
7. Istituzione di una “borsa preventiva” di carattere nazionale, erogata agli studenti iscritti all'ultimo anno della scuola superiore per favorire la loro libera scelta, indipendentemente dalla regione nella quale lo studente scegliesse di studiare. 8. Previsione di agevolazioni nella tassazione per gli studenti lavoratori e di meccanismi di incentivo alla loro regolarizzazione. 9. Istituzione di un programma di mobilità temporanea interna al territorio nazionale. 10. Istituzione di organi di controllo da parte degli studenti per la qualità delle mense e dei servizi agli studenti. 11. Nessuna esternalizzazione ai privati dei servizi per il diritto allo studio, neanche sotto forma di project financing. 12. Tutela e promozione dei diritti degli studenti disabili, attraverso il loro coinvolgimento attivo. 13. Sperimentazione di quote di bilancio partecipato nelle Ardsu. 14. Carta di cittadinanza studentesca per l'accesso gratuito ai contenuti culturali. 15. Costituzione in ogni regione di un osservatorio regionale sul diritto allo studio. 16. Piano pluriennale di finanziamento straordinario per l'edilizia universitaria, che finanzi la realizzazione, tramite il recupero di determinate aree urbane, di nuove case dello studente e di alloggi pubblici a canone concordato. Servono inoltre contributi pubblici per gli affitti, sul modello francese, e iniziative, come lo sportello casa gestito da Università e Comune, in grado di favorire la lotta al sommerso. Possibilità di requisire gli allloggi sfitti. Incrocio dei database tra Comune, Ardsu e università per l'emersione nel nero. 17. Borse Erasmus: aumento dell'integrazione ministeriale della quota erogata e concessione di una parte della borsa al momento della partenza. Va inoltre prevista una differenziazione a seconda del costo della vita del paese di destinazione.
DEMOCRAZIA & AUTOGOVERNO Gli atenei non sono mai stati dei luoghi davvero democratici. Vi è sempre stato un continuo restringersi o espandersi degli spazi di discussione, confronto, decisione. Si restringevano gli spazi di agibilità per i rettori e i baroni, altre volte si è riuscito a conquistare spazi, diritti, democrazia. In luogo del presente ordinamento, che concentra nelle mani del Rettore e di pochi Presidi e influenti ordinari la maggior parte del potere decisionale, o del modello di governance aziendalistico e oligarchico previsto dalla 240/2010, che sancisce uno strapotere del Rettore, libero di scegliere i suoi vassalli entro il Consiglio di Amministrazione in base alle mere competenze finanziarie e non in ragione della loro esperienza in materia di ricerca e didattica, noi vogliamo una democratizzazione dei processi decisionali, da realizzare tramite una maggiore trasparenza e l’allargamento della rappresentanza di dottorandi, precari, ricercatori e studenti e l'introduzione di strumenti di democrazia diretta e partecipata. Pensiamo che la miglior cura contro il clientelismo e la corruzione sia il controllo democratico dal basso e non l'accentramento del potere baronale e aziendale. Inoltre riteniamo che il rapporto tra Università e mondo esterno non debba risolversi con la sottomissione del mondo universitario alle ingerenze di politici e privati, ma in un dialogo alla pari tra il mondo universitario e il tessuto sociale e produttivo della società civile, A seguito del grande ciclo di mobilitazione degli anni '70, scuole e università hanno visto l'introduzione di organi di governo collegiali, della rappresentanza studentesca. Oggi, è più che mai necessario superare anche quel modello. E' necessario, anche a seguito delle straordinarie esperienze di mobilitazione di questi anni, e soprattutto, alla luce dei mutamenti all'interno dell'università italiana, che tra 3 + 2 e processo di Bologna, hanno modificato tempi e modi con i quali gli studenti vivono la partecipazione alla vita degli atenei. 1. Autogoverno dell'università: nessun esterno può comporre gli organi di governo dell'ateneo. Siano essi enti locali o privati non possono far parte di alcun organo deliberativo, in particolare del CdA 2. Chiara definizione del ruolo degli organi: il consigli di amministrazione deve gestire il bilancio sulla base degli indirizzi politici del Senato Accademico, a cui devono essere forniti tutti gli elementi per decidere liberamente. 3. Trasparenza e pubblicazioni in tempi rapidi degli atti. 4. Introduzione di una rappresentanza di tutte le componenti universitarie negli organi collegiali, senza andare a discapito della componente studentesca. 5. Elezione diretta di tutti gli organi collegiali per la parte della rappresentanza studentesca. 6. Il mandato dei rappresentanti degli studenti deve essere al massimo di durata biennale per consentire agli studenti di esprimersi e di valutare puntualmente il loro operato. 7. Presenza obbligatoria effettiva degli studenti e/o dottorandi all’interno dei nuclei di valutazione. Non possiamo accettare che la valutazione della didattica e dei servizi dei nostri atenei venga effettuata senza la componente studentesca. 8. Rafforzamento del ruolo delle commissioni didattiche paritetiche (vedi sezione didattica). 9. Riconoscimento di specifiche competenze ai rappresentanti degli studenti, comprendenti il controllo sulla qualità dei servizi e la possibilità di esprimere un parere vincolante sui temi che riguardano più direttamente gli studenti. 10. Radicale riforma dei Consigli degli Studenti, oggi pressoché inutili e fonte di burocratizzazione e corruzione. Non devono poter gestire i fondi per le attività studentesche e devono servire principalmente da occasione di confronto tra i rappresentanti nei consigli di facoltà e quelli negli organi centrali.
11. Istituzione di assemblee di facoltà periodiche ufficiali con sospensione delle lezioni, per favorire un rapporto diretto tra gli studenti e i loro rappresentanti. 12. Conferenze di Ateneo. Ogni 6 mesi, e comunque prima dell'approvazione dell'offerta formativa. Può essere generica o affrontare singole macro-tematiche (Diritto allo studio, Offerta formativa, Rapporto con il territorio, Internazionalizzazione, etc.) 13. Introduzione di istituti di democrazia diretta come il referendum studentesco: Introdurre negli statuti di ateneo una forma di consultazione promossa dalla stessa Università nelle sue varie articolazioni (centrali e periferiche), dai rappresentanti degli studenti e dagli studenti singoli. Il referendum può essere consultivo (su proposte in via di approvazione), propositivo o di rinvio (per proposte già approvate dagli organi). Il referendum può essere uno strumento estendibile a tutte le categorie (studenti, precari, ricercatori, docenti)e applicabile sul livello di ateneo così come sui livelli periferici. In caso di referendum propositivo o di rinvio vi è l'obbligo di discussione della proposta presentata con referendum entro la prima seduto. In caso di rinvio la medesima delibera può essere approvata nuovamente solo con i 2/3 dei voti dell'organo. In entrambi i casi l'Organo si riunisce in seduta aperta. Si prevede un meccanismo di accettazione della legittimità quesiti da parte di una apposita commissione paritetica o di un garante degli studenti. Il referendum può essere indetto da una percentuale della rappresentanza studentesca (il 25% degli eletti in Consiglio degli studenti o nei consigli di facoltà nelle università in cui esso non è presente) o in alternativa mediante raccolta firme a sostegno del quesito. I dettagli tecnici sulle modalità di presentazione del quesito sono rinviati al regolamento generale di ateneo, fermo restando il principio di richiedere un elevato numero di firme per la categoria interessata, in modo da evitare un uso improprio dello strumento e sprechi di risorse. 14. Iniziativa studentesca: possibilità di vincolare l'organo competente a discutere la proposta avanzata con l'iniziativa stessa, inserendola all'ordine del giorno della seduta successiva, in ordine di tempo, al giorno di presentazione della proposta. L'organo sarà, oltretutto, vincolato a votare la proposta e ad inviare una risposta scritta e motivata al primo firmatario. Per di più è prevista la presenza del primo firmatario nella seduta in cui verrà discussa la proposta. In caso di istanze scritte gli organi sono tenuti a rispondere entro 30 giorni. 15. Prevedere nello statuto assemblee periodiche di ateneo, scuole/facoltà e corso di laurea, per creare partecipazione e coinvolgere lo studente nelle scelte portate avanti all'interno degli organi decisionali dell'ateneo. Crediamo inoltre che sia importante, garantire a tutti la possibilità di partecipare senza perdere ore di lezione e permettendo quindi una più ampia partecipazione, esigenza per la quale richiediamo il blocco della didattica. In caso di indizione di un'assemblea è automaticamente sospeso l'obbligo di frequenza. In specifici casi può essere richiesto, mediante raccolta firme degli studenti interessati, la sospensione della didattica. Viene pertanto istituito un monte ore annuale dal quale attingere sulla base di richieste da parte di studenti o liste di rappresentanza. 16. - Sono periodicamente effettuate consultazione degli studenti questionari anche mediante il sito internet. 17. Adozione dello Statuto dei diritti delle studentesse e degli studenti e del Codice deontologico che normi le incompatibilità nell'assunzione di familiari e i limiti di mandato su tutte le cariche. 18. Allargamento dell'elettorato attivo per il rettore a tutti gli studenti (con voto ponderato). 19. Accorpamento di dipartimenti e facoltà su criteri scientifici e didattici.
20. Radicale riforma dalla rappresentanza studentesca nazionale, oggi del tutto inefficace, secondo i seguenti criteri: - Abolizione del CNSU e creazione della conferenza nazionale studenti–MIUR. In tale conferenza saranno presenti 1, 2 o 3 rappresentanti degli studenti per ogni ateneo, a seconda del numero di iscritti, eletti direttamente dagli studenti nelle normali elezioni d'ateneo con un apposito incarico oppure selezionati tra i più votati nei Senati Accademici. L'attuale budget per i gettoni di presenza del CNSU sarebbe assolutamente sufficiente a coprire i costi della conferenza. - Possibilità da parte della conferenza studenti-MIUR di convocare referendum studenteschi nazionali. - Audizione obbligatoria di membri della conferenza nelle commissioni parlamentari e ministeriali quando si parla di università. - Istituzione di un organo previsto dalla 390/91: la Consulta nazionale del DSU, con competenze in merito alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e una consistente rappresentanza studentesca.
FINANZIAMENTI AGLI ATENEI Nella convinzione che la riduzione dei fondi non risolva ma anzi aggravi i problemi già presenti nell’Università pubblica, e che nessuna riforma che si presenti come migliorativa possa essere realizzata senza un’adeguata copertura finanziaria, esigiamo che lo Stato aumenti i suoi investimenti nell’istruzione e nella ricerca, invertendo la tendenza in atto ormai da 15 anni ed espressa in particolare dalla legge 133: i costi dell’Università devono essere ed essere percepiti come investimenti sul futuro della nazione e non come sprechi da ridurre. Per questo proponiamo: 1. Abrogazione dei tagli previsti dalla L.133/08. 2. Piano straordinario di investimenti che porti in tre anni l'investimento in formazione, università e ricerca al 5,7% del PIL (costo: 18 miliardi di euro, in media, all'anno) e in particolare il finanziamento di università e ricerca da 8 672 a 12 907 dollari per studente (media Ocse).* Ripartizione equa dell'FFO sulla base dei costi effettivi. Integrazione automatica dell'FFO in base all'inflazione e agli scatti stipendiali. 3. La quota di finanziamento alle università derivane dal FFO deve essere comunicata ad inizio anno e i fondi devono essere trasferiti dal Ministero agli atenei senza ripartirli in più mensilità. Questo per permettere agli atenei di sviluppare una seria programmazione annuale delle spese e non chiudere l'anno di bilancio senza essere a conoscenza dell'esatta entità del trasferimento di fondi ministeriali. 4. Controllo dei bilanci degli atenei per evitare il dissesto finanziario. No alla ripartizione di quote di FFO su base di criteri premiali e punitivi, il cui unico risultato è aggravare le situazioni di deficit. Monitoraggio efficace da parte del governo e interventi mirati anche in deroga all'autonomia per impedire operazioni potenzialmente pericolose per la stabilità economica di un ateneo. 5. No alla penalizzazione economica degli atenei per criteri quali il numero di studenti che si inseriscono nel mercato del lavoro e per il numero di fuoricorso. 6. Basandoci sul lavoro svolto in collaborazione con Sbilanciamoci recupero dei finanziamenti per le università e la ricerca in Italia per raggiungere parametri europei ed eliminare l'effetto dei tagli Ministeriali tramite tassazione delle rendite finanziarie (Facendo riferimento alle stime prodotte da Sbilanciamoci portare l'imposta sui conti dal 12,5% al 20% porterebbe, in riferimento ai dati del 2004, un gettito di 3 Mld di €.) e la lotta all'evasione fiscale.
CONTRIBUZIONE STUDENTESCA Non vogliamo pagare la crisi, non è possibile che i costi dell'università siano scaricati, come avviene sempre più spesso, sugli studenti e sulle loro famiglie. Le cosiddette “tasse universitarie” non possono diventare la fonte principale di finanziamento degli atenei, pena l'esclusione classista di una parte sempre più ampia della popolazione dalla formazione universitaria. Per questo proponiamo: 1. Rispetto della soglia del 20% come quota di bilancio coperta dalla contribuzione studentesca in rapporto al FFO reale. Restituzione agli studenti dei fondi prelevati in eccesso dagli atenei che negli ultimi anni hanno sforato questo limite tramite servizi agli studenti. Imposizione di sanzioni agli atenei che hanno sforato nell'ultimo anno la soglia del 20%. 2. L'eventuale extra-gettito della contribuzione studentesca derivante dallo sforamento del limite del 20% in rapporto al FFO deve essere vincolato ai reali servizi agli studenti, identificati dall'università in accordo con la componente studentesca (si ritengono ad esempio prioritari gli investimenti nelle bilbioteche o per le borse di studio rispetto al finanziamento alle attività sportive) In nessun caso gli introiti della contribuzione studentesca devono essere utilizzati per supplire a carenze di investimento statale. 3. Riforma del sistema di tassazione studentesca tramite la rimodulazione delle fasce sulla base di criteri di maggiore equità e progressività, con l'obiettivo minimo di rendere omogeneo il prelievo sugli studenti e le loro famiglie, creando sistemi di tassazione a fasce ampie o con l'utilizzo di coefficenti specifici che incidano in misura minore sulle fasce di reddito più basse e in misura maggiore su quelle più alte. 4. Eliminare tutte le tipologie di tassazione per partecipazione a concorsi, borse o test di ingresso in università (es. tasse per accesso a concorsi di dottorato), nonché le tasse di immatricolazione a qualsiasi tipo di corso di laurea. 5. Un aumento delle lotta all'evasione ed elusione fiscale, aumentando i controlli sulle dichiarazioni ISEE e arrivando a esaminare la totalità delle dichiarazioni. Firmare ove non esistano convenzioni tra l'univeristà e la guardia di finanza, perché chi evade le tasse ruba la borsa di studio a un altro studente. 6. Eliminare le sanzioni nei confronti degli studenti fuori corso, che non devono subire degli aumenti della contribuzione studentesca in seguito alla loro mancata laurea nei termini previsti dalla durata legale del loro corso di studio.Inoltre deve essere eliminato qualsiasi tipo di sconto sulla contribuzione studentesca legato a criteri meritocratici. Il merito si incentiva con maggiori opportunità, non lucrando sulla pelle di chi resta un po' indietro con gli studi, gli studenti meritevoli possono essere premiati in altre forme e con maggiori opportunità di accesso a corsi specifici, stage all'estero... 7. Riduzione dei contributi studenteschi per le famiglie con più di un figlio contemporaneamente iscritto all'università, calcolata sulla base del numero dei figli e delle condizioni economiche della famiglia. 8. Evitare che un solo istituto bancario abbia il monopolio dei pagamenti dei contributi degli studenti tramite accordi con le università, anche grazie all'introduzione di nuovi strumenti di pagamento, come il bollettino MAV già utilizzato da alcuni enti pubblici, che permettono agli studenti di un'università di poter scegliere in che istituto bancario pagare le tasse, eliminando i monopoli e quindi almeno in parte il potere di singole banche su alcuni atenei. 9. Uno specifico sistema di contribuzione per gli studenti a tempo parziale, che sia basato sulla riduzione di una quota percentuale fissa (tra il 25 e il 50%) del contributo che lo studente pagherebbe a parità di condizione economica se fosse iscritto a tempo pieno.
Gli studenti di un ateneo devono poter scegliere i corsi a cui iscriversi sulla base delle loro volontà e dei loro interessi non devono essere quindi previste contribuzioni differenziate tra corsi di laurea come spesso accade tra facoltà umanistiche e scientifiche di uno stesso ateneo. 11. Specifiche misure anti-crisi e di sostegno alle famiglie in difficoltà che vedono modificarsi della propria condizione economica in misura rilevante rispetto all'anno precedente su cui si basa la dichiarazione ISEE. Richiediamo l'istituzione in ogni ateneo di un fondo specifico integrativo che possa contribuire alla copertura delle tasse universitarie di quelle famiglie che vedono ridursi le proprie entrate da un anno all'altro in misura sostanziale.
DOTTORATO DI RICERCA Il dottorato di ricerca dev'essere considerato il terzo livello della formazione universitaria, in grado di fornire competenze di ricerca che vanno valorizzate anche all'esterno della carriera accademica. Proponiamo perciò: 1. La valorizzazione del dottorato ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici e dell'inserimento nelle imprese private. 2. La copertura totale con borsa di studio di tutti i dottorati di ricerca. 3. La regolamentazione del ruolo dei dottorandi nella didattica, che dev'essere limitato a quanto necessario per la loro formazione, senza diventare uno sfruttamento da parte dei docenti.
PRECARI E RICERCA Sempre di più in questi ultimi anni l’Università si è appoggiata al lavoro volontario o sottopagato di giovani precari, approfittando del loro entusiasmo e delle loro speranze di avere prima o poi un lavoro in ambito accademico. La riforma Gelmini, invece di risolvere il problema, aumenta il periodo di precariato fino a un massimo di 12 anni, oltre ai quali un giovane studioso, dopo aver lavorato per l’Università, rischia di vedersi espulso senza nessun tipo di garanzia. Quest’incertezza, ancor più grave dello stipendio basso che spetta ad assegnisti e ricercatori (nettamente inferiore alla media europea, contrariamente a quanto accade per i professori a fine carriera) incide sulla capacità italiana di attirare studiosi esteri, o anche solo di prevenire la cosiddetta “fuga dei cervelli”, comportando per lo Stato un enorme costo economico e soprattutto di risorse umane. Per valorizzare il patrimonio umano e difenderne i diritti, vogliamo risolvere il problema del precariato accademico proponendo: 1. Un unico contratto pre-ruolo, che goda di diritti precisi e garanzie per il futuro. 2. Una vera tenure track, con un accantonamento delle risorse che permetta la programmazione a lungo termine e il passaggio in ruolo dei precari che abbiano raggiunto determinati obiettivi di ricerca.
L'assurdità del lavoro didattico gratuito da parte dei ricercatori è stata finalmente svelata dalla loro protesta degli ultimi mesi. L'occasione va colta per ripensare l'articolazione del sistema della docenza universitaria, abbattendo le anacronistiche barriere feudali che strutturano i nostri dipartimenti. Per combattere le logiche baronali che da sempre affliggono l’Università, e che la riforma Gelmini non fa altro che rafforzare, proponiamo: 1. L’introduzione di un ruolo unico della docenza, che riconosca a tutti pari diritti, e doveri didattici e gestionali commisurati al livello di carriera raggiunto. 2. La distinzione tra reclutamento e carriera. Il primo avviene tramite concorso, la seconda dipende dalla valutazione di ricerca e didattica. 3. Modalità di accesso al ruolo basate sula trasparenza e sulla valutazione, che rendano maggiormente accessibile la carriera universitaria anche a chi sta fuori dal mainstream e allo stesso tempo promuovano la compatibilità con i gruppi di ricerca attivi. 4. Un investimento sistematico sugli ingressi in ruolo (con lo scopo di portare il rapporto studenti-docenti almeno alla media europea) e sulle progressioni di carriera (onde motivare gli studiosi più meritevoli), frutto di una pianificazione a lungo termine tale da garantire sicurezze ai giovani studiosi più motivati e una promozione della qualità del patrimonio intellettuale del paese. 5. L’impegno didattico dei docenti dev'essere preso in considerazione ai fini della loro progressione di carriera, e la valutazione deve tener conto dei pareri degli studenti. 6. Il riconoscimento contrattuale e didattico del ruolo dei Lettori CEL
RICERCA LIBERA La ricerca sponsorizzata dai privati ha necessariamente per sua natura un carattere applicativo e interessato, non negativo quando accompagnato da un adeguato finanziamento pubblico, ma devastante se non accompagnato da un adeguato finanziamento pubblico: solo la ricerca finanziata dallo Stato permette quella libertà dagli interessi particolari che è indispensabile per il progresso scientifico. Difendere il ruolo dell'università pubblica nella ricerca significa anche tutelare il carattere pubblico della ricerca che viene prodotta all'interno dell'università. Inoltre, chiediamo di evitare meccanismi miopi e meramente “statistici” nella valutazione della ricerca, troppo facilmente strumentalizzabili, promuovendo invece una valutazione rispettosa delle specificità delle varie discipline e attenta a promuovere la varietà anziché l’autoreferenzialità. Per questo proponiamo: 1. Strumenti di valutazione in grado di integrare e pesare metodologie diverse, in grado di tener conto della complessità e dell'eterogeneità del lavoro di ricerca. 2. Prelazione delle case editrici di ateneo, dove presenti, nella pubblicazione dei lavori di ricerca dei docenti.
DIDATTICA* *l'AltraRiforma è un testo aperto, la sezione didattica dell'AltraRiforma è ancora più un work in progress e pertanto non è da considerarsi evidentemente come esaustiva. 1. Per accrescere la qualità della didattica, scongiurare la proliferazione del numero chiuso è necessario intervenire sul rapporto docenti/studenti. E' pertanto necessario abolire il blocco del turn over. 2. Abolizione dei requisiti minimi necessari: risolvere il problema della proliferazione dei corsi di laurea è possibile solo mediante una valutazione qualitativa e non quantitativa. In ogni caso la eventuale chiusura corsi deve veder garantita la continuità del percorso di studi e la massima mobilità mediante un sistema nazionale di diritto allo studio. 3. le commissioni didattiche paritetiche devono avere un ruolo fondamentale in materia di didattica per gli organi cui afferiscono. Debbono essere presenti almeno in ogni corso di laurea (o raggruppamento di corsi di laurea affini, o dipartimento) per discutere in particolare dell'organizzazione del programma di studi; inoltre, debbono esistere commissioni didattiche paritetiche (o quantomeno coordinamenti delle strutture di cui al corso di laurea) per ogni struttura di raccordo, per trattare gli aspetti organizzativi e formali della didattica (quali ad esempio il calendario accademico). In particolare, gli organi corrispondenti devono chiedere un parere obbligatorio in quanto all’attivazione o soppressione di corsi di studio e ai criteri di valutazione di didattica e servizi agli studenti; inoltre, sono obbligati a discutere le proposte delle commissioni in merito a qualsiasi variazione dell’offerta formativa. 4. La scelta del corso di laurea deve essere sostenuta da un sistema di orientamento universitario realizzato in maniera coordinata con le scuole, in particolare con le scuole dei territori, a partire dalla trasparenza nella presentazione del corso di studi. 5. E' necessario superare l'attuale impianto dell'organizzazione dei corsi a partire da corsi impostati su macroaree divise in esami fondamentali, caratterizzanti, e a scelta in modo da consentire il più alto livello di autogestione del proprio percorso formativo superando definitivamente il sistema dei crediti che impedisce mobilità dentro i corsi e tra i corsi. 6. Impostare la didattica con metodi di tipo seminariale, che favorirscano la cooperazione tra studenti e le presentazioni in pubblico. 7. Istituire uno statuto dei diritti degli studenti che svolgono stage e tirocini che garantisca l'attinenza del tirocinio con il percorso di studi, che definisca modalità stringenti per l'accreditamento degli enti accreditati, affidando tale compito alla commissione didattica paritetica. Lo statuto deve sancire il divieto di usare stagisti per la sostituzione nelle mansioni di coloro che lavorano presso l'ente accreditato, limitandosi all'affiancamento finalizzato alla formazione; deve essere garantito un rimborso spese. L'ente che non rispetta il progetto formativo perde la possibilità di accreditarsi presso tutte le università italiane.
A differenza dell'iter seguito dalla Riforma Gelmini, questo non è un testo chiuso e intoccabile, ma solo la prima tappa di un percorso di discussione ed elaborazione collettiva che vuole coinvolgere tutte le componenti dell'università. Il percorso dell'AltraRiforma continua...