Il Piano Strategico di Rimini e del suo territorio
Laboratorio
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“TASK FORCE INNOVAZIONE”
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Volume RIMINI INTERNATIONAL TOURISM INCUBATOR
“prodotti e servizi innovativi per il turismo globale�
Associazione Forum Rimini Venture
Direzione del Piano Strategico di Rimini Palazzo del Turismo, Piazzale Fellini 3 47921 - Rimini Telefono: 0541 704377 Fax: 0541 704632 E-mail: piano.strategico@comune.rimini.it sito: www.riminiventure.it
Giugno 2012
COMPOSIZIONE DEL LABORATORIO
Portavoce Andrea Aureli Coordinamento Maurizio Ermeti Coordinamento Tecnico Filippo Boschi Partecipanti Anconetani Stefania (Ord. Agronomi) Angelini Adriano (Ord. Ing.) Arlotti Giancarlo (Pedalando) Bruno Michele (Ord.Ing.) Gabellini Gianluca (Confindustria) Giovanardi Mauro (Ord. Medici) Guaitoli Matteo (Fond Carim) Gulino Katia (Confcooperative) Masini Claudia (CNA) Mussoni Maurizio (CUD) Panigalli Ivano (CNA) Pari Gianluigi (API) Protti Federica (Legacoop.) Raffi Franco (Confindustria) Rapone Alessandro (CNA) Signorini Luca (CDO) Succi Lorenzo (Dir Unirimini) Temeroli Maurizio (Dir Cam Com) Troina Epifanio (Ord.Ing.) Trevi Umberto (Confindustria) Via Antonio (Ord. Ing.) Zerbini Samuele (Cons.Com Rn)
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INDICE
Presentazione...................................................................................................................................................4
1.LA MAPPA DELLE RISORSE.................................................................6 1.1 La situazione prima della crisi................................................................................7 1.2 I Tecnopoli........................................................................................................8 1.3 Spinner............................................................................................................12 1.4 Nuove Idee Nuove Imprese.....................................................................................14 1.5 I laboratori accreditati...........................................................................................15
2.IL PROFILO DELLE START UP ITALIANE.....................................................16 2.1 Start up e fundraising...........................................................................................19
3.LE POSSIBILI FONTI DI FINANZIAMENTO....................................................20 3.1 D.Lgs 185/200: avvio di micro imprese.......................................................................21 3.2 Business Angels..................................................................................................22 3.3 Venture Capital...................................................................................................24 3.4 SeedLab: il nuovo “business accelerator”.....................................................................26 3.5 Incentivi del Governo Monti....................................................................................27 3.6 Fondo Ingenium Emilia Romagna..............................................................................28 3.7 Elenco del VC e Seed Capital attivi in Italia..................................................................29
4.GLI INCUBATORI-FINANZIATORI DI START UP..........................................30 4.1 H-Farm............................................................................................................31 4.2 Incubatore M3..................................................................................................35
5.RIMINI INERNATIONAL TOURISM INCUBATOR............................................42 5.1 Giustificazione....................................................................................................43 5.2 Obiettivo...........................................................................................................44 5.3 Ricadute............................................................................................................44 5.4 La costruzione dell’Incubatore..................................................................................45
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Presentazione
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Sono le imprese innovative, che si aprono ai mercati internazionali, che competono con le idee e la qualità dei prodotti a crescere e creare nuova occupazione. Tra queste sono da includere le start up (nuove imprese) che negli Stati Uniti, pur rappresentando una frazione dell’occupazione totale, hanno contribuito a creare il grosso dei nuovi posti di lavoro negli ultimi vent’anni. La provincia di Rimini, con una disoccupazione giovanile al 23 per cento e delle giovani donne al 29 per cento (Istat 2010), che si aggiunge ad una domanda di personale laureato strutturalmente debole, ha urgente bisogno di un nuovo agente di sviluppo. Che non serve però solo a creare lavoro ed opportunità imprenditoriali, ma a fare di questa territorio un Distretto turistico a 360 gradi, che non produce cioè solo servizi di ricettività ed accoglienza, ma innovazioni e prodotti (materiali e immateriali) per un turismo globale. O meglio, per i tanti turismi che crescono nel mondo. Questo è il senso e la finalità di costruire a Rimini, mettendo in rete e valorizzando le migliori risorse disponibili, un Incubatore specializzato nel supporto a nuove imprese dedicate alla realizzazione di prodotti e servizi altamente innovativi per il turismo, locale, europeo e mondiale. Parafrasando la più famosa Silicon, una
“Made in Rimini”. Questo documento di fattibilità approfondisce questa ipotesi di lavoro. Apre con una ricognizione delle risorse, le azioni e gli strumenti di innovazione per le imprese (non solo turistiche) disponibili o programmati, poi prosegue concentrandosi sul tema delle start up, sulle opportunità di finanziamento con capitale di rischio delle nuove imprese, sottolineando il grande ritardo dell’Italia in questo campo, quindi le opportunità che si aprono potendo raggiungere le posizioni degli altri paesi europei, infine due studi di caso di Venture Incubator all’avanguardia in Italia e non solo, e per ultimo una prima valutazione, anche quantitativa, circa la possibilità di far nascere un Incubatore anche a Rimini.
Una sfida per questo territorio e per le tante creatività e intelligenze presenti, che richiede grande apertura culturale, ma anche grande voglia di costruire imprese globali, che potranno cambiare il modo di fare turismo non solo a Rimini ma nel mondo.
Rimini
Valley del turismo, che al momento non esiste da nessun’altra parte, non chiusa ma aperta e capace di attrarre le migliori intelligenze nazionali e internazionali, realizzando quel mix di competenze, culture e professionalità che è l’essenza stessa dell’esperienza turistica. Un vivaio di idee, progetti e creatività che aiuterà l’economia locale a ritrovare un nuovo sentiero di sviluppo e il turismo locale ad avere un veicolo promozionale in più, con i nuovi prodotti che potranno girare il mondo col marchio
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1.
LA MAPPA DELLE RISORSE
Costruire reti e valorizzare le risorse già presenti sul territorio sono, da tutti, considerati gli ingredienti necessari, anche se non sufficienti, per la buona riuscita di un incubatore, come di qualsiasi altra iniziativa di sostegno all’innovazione delle imprese e alla nascita di una imprenditorialità giovane ed orientata verso i settori più innovativi. In questo senso l’esperienza suggerisce, prima di avviare nuove iniziative, di fare un breve ripasso delle forze in campo. Quella che segue è quindi una breve fotografia della situazione odierna e una rassegna delle strutture e delle iniziative che in qualche modo operano a sostegno delle imprese, vecchie e nuove, presenti in questo territorio.
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1.1La situazione prima della crisi Rimini, va riconosciuto, è sempre stato piuttosto assente tanto nella richiesta di avere sul proprio territorio qualche Centro di ricerca di carattere nazionale, come per l’implementazione di strutture deputate a sostenere il trasferimento tecnologico nelle aziende, in stragrande maggioranza troppo piccole per poter fare da sole.
con l’unica presenza rappresentata dal Consorzio Studi e Ricerche del principale Gruppo manifatturiero locale. Unico Centro provinciale di ricerca e trasferimento tecnologico, quando le altre province risultano ben più organizzate.
Quindi non deve sorprendere se già alla vigilia dello scoppio dell’ultima crisi, cominciata nel 2008, troppe caselle di Rimini risultano vuote,
Presenza di Istituti di ricerca e trasferimento tecnologico in Emilia Romagna Provincia CNR INAF INFM ENEA INFS TT Bologna 11 3 1 2 2 5 Ferrara 2 1 1 4 Ravenna 1 1 1 Parma 1 1 1 2 Modena 2 7 Forlì-Cesena 4 Reggio Emilia 5 Rimini 1* Fonte: Aster 2008 CNR = Consiglio Nazionale delle Ricerche INAF = Istituto Nazionale di Astrofisica INFM = Istituto Nazionale Fisica della Materia ENEA = Ente per le Nuove Tecnologie, l'Energia e l'Ambiente INFS = Istituto Nazionale di Fisica Nucleare TT = Centri per il Trasferimento Tecnologico * CSR Consorzio Studi e Ricerche-SCM Group
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1.2I Tecnopoli La Rete regionale per l’Alta Tecnologia
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Promossi e sostenuti dalla Regione Emilia-Romagna, in partenariato con Università ed Enti di ricerca operanti sul territorio, i Tecnopoli sono parte costitutiva della Rete regionale per l’Alta Tecnologia, che si prefigge di estendere l’impegno verso la ricerca industriale nelle Università e negli Enti di ricerca medesimi e di radicare, quindi, all’interno degli stessi ed in modo permanente strutture espressamente dedicate alla ricerca industriale, con un impegno organizzato e specifico di risorse umane e di attrezzature scientifiche e tecniche. Strutture quindi con una sede propria, una chiara identità, autonomia scientifica, funzionale e organizzativa, continuità di impegno, riconoscibilità ed accessibilità per le imprese. I Tecnopoli si delineano come una rete di infrastrutture dislocate in 10 sedi nel territorio dell’Emilia-Romagna che ospitano e organizzano attività, servizi e strutture per la ricerca industriale, lo sviluppo sperimentale ed il trasferimento tecnologico. Promossi dalla Regione Emilia-Romagna assieme a Università di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, Parma, al Politecnico e all’Università Cattolica di Milano sede di Piacenza, il CNR, l’ENEA, l’Istituto Ortopedico Rizzoli, gli Enti locali dei diversi territori, i Tecnopoli: -- sono sede dei laboratori di ricerca industriale della Rete Alta Tecnologia dell’Emilia-Romagna dotati di moderne strumentazioni di ricerca e personale dedicato ad attività e servizi di interesse per le imprese della regione; -- includono strutture di servizio per attività di divulgazione, dimostrazione e informazione e strutture di accoglienza per le imprese, spazi per spin off innovativi e per laboratori di ricerca privati;
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promuovono l’incontro tra imprese e ricercatori e l’accesso ad attrezzature scientifiche all’avanguardia riducendo la distanza fra domanda e offerta di ricerca; -- fungono, ognuno per il proprio territorio, da porta di accesso a tutta la Rete Alta Tecnologia dell’Emilia-Romagna, favorendone anche la proiezione a livello nazionale e internazionale. L’accesso al tecnopolo e alla Rete Alta Tecnologia sarà facilitato da un “portale dei tecnopoli” presente in ognuna delle sedi che si occuperà, anche attraverso la collaborazione con le strutture di collegamento già attivate dalle Università e con i Centri per l’innovazione presenti nella Rete, del rapporto con l’utenza, in primo luogo l’impresa, offrendo servizi per l’individuazione di competenze e tecnologie e a supporto delle relazioni ricerca-impresa anche in riferimento agli adempimenti collegati all’attivazione di collaborazioni con i soggetti del tecnopolo.
I Tecnopoli potranno promuovere, con le aree destinate agli incubatori, lo spin off di nuove imprese da risultati di ricerca e attività formative per il trasferimento tecnologico. Come si noterà (tabella a fianco) a Rimini, già priva di Centri e Parchi per l’innovazione, unica in Regione, non è previsto nessun incubatore d’impresa.
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Dal 2007 la Rete Alta Tecnologia dell’EmiliaRomagna si è organizzata in Piattaforme Tematiche per promuovere un modello di sviluppo delle competenze e garantire un’offerta di ricerca sul territorio in grado di rispondere alle richieste di innovazione tecnologica delle imprese. Le Piattaforme Tematiche nascono con gli obiettivi di: -- Soddisfare i fabbisogni di sviluppo e innovazione delle imprese e aggregare le conoscenze delle Università e degli Enti di ricerca presenti in Emilia-Romagna, avvicinando così la domanda e l’offerta di ricerca industriale -- Sviluppare strategie in cui la crescita, la competitività e la sostenibilità future siano sostenute da importanti progressi tecnologici -- Definire obiettivi di ricerca e sviluppo tecnologico a medio e lungo termine -- Identificare le più promettenti traiettorie tecnologiche a cui dare priorità nei programmi di ricerca regionali, nazionali ed europei -- Interessare l’intera catena economica del valore, assicurando che la conoscenza generata dalla ricerca sia convertita prima in tecno-
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logie e processi, quindi in prodotti e servizi commercializzabili Offrire strumenti di marketing e integrazione prodotto per favorire l’avvio di contratti di ricerca e di servizio e migliorare le capacità di ricerca collaborativa della Rete. Attivare una capillare azione di informazione e formazione verso le imprese del territorio
Attualmente le Piattaforme tematiche sono sei: agroalimentare, costruzioni, energia-ambiente, ICT e design, meccanica-materiali, scienze della vita. Ogni Piattaforma è organizzata in Laboratori o CIRI (Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale) distribuiti, secondo le specializzazioni, su diverse province. I CIRI, a loro volta, attuano tramite Unità Operative. Per ultimo, nella stessa rete sono previsti Centri per il trasferimento tecnologico, al momento presenti solo a Bologna (3 centri), ed uno ciascuno (condiviso) a Modena e Reggio Emilia.
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Il Tecnopolo di Rimini
La Rete Alta Tecnologia è presente in provincia con due CIRI, Energia e Ambiente, Meccanica Avanzata e Materiali, attivi con due unità ope-
rative, la prima denominata “Eco-design industriale, recupero rifiuti e ciclo di vita dei prodotti”, la seconda “Tecnologie innovative per la moda”.
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nell’area dell’ex Macello Comunale, in via Dario Campana. In attesa i Laboratori didattici e di ricerca del Polo universitario di Rimini sono dislocati nell’ex sede dell’ Arpa (P.zza Malatesta), nel Palazzo Briolini (Corso d’Augusto), nella sede di Navigare Necesse e in un edificio vicino.
Particolare importante: Entro il 2013 i CIRI dovranno raggiungere la completa autonomia economica, mantenersi cioè solo con l’attività di ricerca industriale su commissione. Fisicamente il Tecnopolo di Rimini dovrebbe sorgere, su una superficie di 1.400 mq circa, Il Tecnopolo della provincia di Rimini Specifiche Rimini Superficie inpegnata in mq 1400/1.500 Nuovo personale dedicato 16 Personale a tempo parziale 27 CIRI* ENERGIA E AMBIENTE U.O.** Eco-design industriale, recupero rifiuti e ciclo di vita dei prodotti Direttore Luciano Morselli CIRI* MECCANICA AVANZATA E U.O.** Tecnologie innovative per la moda MATERIALI Direttore Alberto Maggiore Aree di specializzazione U.O. Eco-design industriale, recupero rifiuti e ciclo di vita dei prodotti Gestione sostenibile del cilco di vita dei rifiuti, prevenzione e ri-prodotti Ecodesign, ecoefficienza e industrial ecology per la sostenibilità di att.ind. Strumenti di validazione sostenibilità processi (LCA, LCC, LCM) Processi meccanici, chimico-fisici e biologici per recupero di chimicals da biomasse (biorafinerie) Microproduzione di energia a livello locale e ottimizzazione energetica per le industrie Tecniche di "soil washing" U.O. Tecnologie innovative per la moda
Settori di impatto
Studi di cessione e caratterizzazione chimico-tossicologica Studi tossicologici: definizione del profilo tossicologico delle eventuali sostanze rilasciate dai tessuti Studio morfologico e ultrastrutturale di tessuti e materiali e valutazione della biocompatibilità dei tessuti medesimi Sviluppo e caratterizzazione di nuovi materiali dell'industria cosmetica Imprese di servizi; Public Utilities; Industria Manifatturiera; Chimica; Alimentare; di riciclaggio e recupero di materia ed energia dai rifiuti. Industria dei materiali, industria della moda e cosmetica
Soggetti promotori e di supporto
Università degli Studi di Bologna, Polo di Rimini Comune di Rimini Provincia di Rimini Fonte:Regione Emilia Romagna, giugno 2010 * Centro Interdisciplinare di Ricerca Industriale ** Unità Operativa
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Spinner
Il primo Spinner ha operato nell’ambito del PORFSE Obiettivo 3 2000-2006 della Regione Emilia-Romagna, gestendo le Misure D3, Sviluppo e consolidamento dell’imprenditorialità con priorità ai nuovi bacini d’impiego, e D4, Miglioramento delle risorse umane nel settore della ricerca e sviluppo tecnologico. L’Organismo incaricato della gestione e della realizzazione del progetto è il Consorzio Spinner, costituito da ASTER Scienza Tecnologia Impresa, Fondazione Alma Mater e Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa (ex Sviluppo Italia S.p.A.). Le attività previste comprendevano tre azioni: la prima, orientata all’Economia della conoscenza, che ha rappresentato il cuore del progetto, e due esperienze pilota dedicate rispettivamente alle problematiche del Ricambio generazionale (Azione Pilota 2) e alla ricerca di percorsi sperimentali per l’Emersione e la regolarizzazione dell’impresa e del lavoro (Azione Pilota 3). Complessivamente, nel primo Spinner, sono state presentate circa 2.500 richieste di agevolazioni, di cui 1.500 accolte, per attività che hanno riguardato 200 progetti di imprese innovative (per un migliaio di beneficiari), 400 di trasferimento tecnologico e 107 premi di laurea. Ci sono stati, inoltre, 84 progetti di creazione di impresa andati a buon fine, che hanno cioè portato alla loro effettiva costituzione.
Il secondo Spinner 2013
nasce all’interno del Programma Operativo Regionale (POR) 2007-2013 del Fondo Sociale Europeo (FSE), Asse IV Capitale Umano, Obiettivo 2 “Competitività regionale e Occupazione” promossa dall’Assessorato Scuola, Formazione professionale, Università e ricerca, Lavoro della Regione Emilia-Romagna. Prevede, in collaborazione con università, centri di ricerca e imprese, interventi per la qualificazione delle risorse umane nel settore della ricerca e della innovazione tecnologica
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e si rivolge a persone interessate a sviluppare: -- progetti fondati su idee imprenditoriali innovative e/o ad alto contenuto di conoscenza -- progetti di ricerca industriale, sviluppo precompetitivo, trasferimento tecnologico -- percorsi di innovazione organizzativa, manageriale e finanziaria -- piani di riprogrammazione professionale Sostiene, inoltre, la partecipazione di persone a Dottorati di Ricerca “regionali”, organizzati in rete tra gli Atenei dell’Emilia-Romagna, su tematiche strategiche per lo sviluppo e l’innovazione del “Sistema Regione”. Nell’ultimo bando Spinner ricerca (febbraio 2012) sono stati selezionati 38 dottorati di ricerca, di cui 13 all’Università di Bologna, con un finanziamento di 1 milione e 846 mila euro, pari a 48.600 euro per ciascuna borsa di dottorato. Possono accedere a Spinner 2013 occupati, inoccupati e disoccupati, persone in cassa integrazione o in mobilità residenti e/o domiciliati in Emilia-Romagna, in particolare: laureandi, laureati, dottorandi e dottori di ricerca, possessori di titoli di formazione post laurea e diplomati con pluriennale esperienza lavorativa di tipo tecnico e/o gestionale e con posizioni di responsabilità, singolarmente o in gruppo.
Spinner 2013 propone un sistema integrato di: -- Agevolazioni finanziarie - borse di ricerca e incentivi economici -- Assistenza nella fase di messa a punto dell’idea progettuale -- Tutoraggio e assistenza tecnica per lo sviluppo del progetto -- Voucher per la partecipazione al Master inter-universitario di II livello -- Percorsi di accompagnamento per la
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crescita delle competenze -- Servizi di consulenza ad alta specializzazione Attraverso la costituzione di una community, Spinner diventerà inoltre un punto di aggregazione per persone, imprese e istituzioni interessate ai temi dell’imprenditorialità, della ricerca industriale e dell’innovazione e alla centralità delle risorse umane per la crescita e la qualità del territorio regionale. Nel primo Spinner Rimini non aveva un ufficio di rappresentanza (il più vicino era a Cesena), che invece è stato aperto, presso l’URP del Comune di Rimini, per Spinner 2013. L’avvicinamento di un punto di contatto deve aver contribuito a far crescere il numero delle domande, che nella Quarta call Spinner 2013, che si è chiusa il 1° marzo 2012, su un totale di 123 domande regionali presentate, 12 sono venute da Rimini (nella Terza call, chiusa il 15 dicembre 2011, da Rimini era arrivata solo 1 domanda). Allo spinner sarà dedicato un approfondimento specifico nel Volume
2 del laboratorio L8.
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1.4Nuove Idee Nuove Imprese Col contributo di importanti Istituzioni economiche e pubbliche della provincia di Rimini e della Repubblica di San Marino, prende avvio nel 2002 la competizione “Nuove Idee Nuove Imprese” con l’obiettivo di aiutare la crescita di nuove imprese, con una attenzione particolare per l’imprenditorialità giovanile. L’edizione 2011, che ha raggiunto un numero record di 280 iscritti candidati, di cui il 63 per cento laureati, e 103 progetti presentati, chiude quindi il primo decennio di attività. In questo periodo la competizione ha contribuito a far nascere 20 nuove imprese, la maggioranza non risultando vincitrice di nessun premio, esaminato 434 progetti, di cui 196 trasformati in business plan. Chiusa la decima edizione, a febbraio 2012 è già aperta la XIma competizione.
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1.5 I laboratori accreditati I Laboratori, ufficialmente riconosciuti dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur), in genere operano dentro le aziende che ne sono titolari, oppure appartengono a imprese di servizi attive nel campo delle analisi, validazione e certificazione (dall’ambiente ai materiali, fino ai processi, ecc.). Certamente un’azienda dotata di un Laboratorio interno, incaricato della ricerca, per se ma spesso anche per altri, dimostra una propensione all’innovazione, investendoci sopra, particolarmente apprezzabile. Non a caso sono anche le aziende più dinamiche della provincia.
All’inizio del 2012, i Laboratori accreditati dal Miur in provincia di Rimini sono 9 (erano 8 nel 2006), avanti solo a Piacenza e Ferrara. Ma Rimini scivola all’ultimo posto se i Laboratori presenti sono messi in relazione al numero delle imprese attive sul territorio (36 mila): sono appena 0,2 per ogni mille imprese, lontano da Bologna, Modena e Parma, le prime tre in Regione, rispettivamente con 2,8, 1,9 ed 1,4. All’assenza di Istituti di ricerca (vedi sopra) va quindi sommata la scarsa presenza di Laboratori di ricerca applicata, fornendo così un quadro piuttosto critico degli strumenti, disponibili per le imprese, a sostegno dell’innovazione e della competitività.
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2.
IL PROFILO DELLE STURT UP ITALIANE
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Sturt up, secondo la definizione più accreditata, è una impresa appena costituita o un progetto di impresa, operante in ambiti innovativi, con intensi piani di crescita, che ha bisogno di apporto di capitale nella fase iniziale o per crescere. Non è quindi una semplice nuova impresa,
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Ha in media 32 anni, è di sesso maschile nella grande maggioranza dei casi (87%, sebbene la percentuale di donne risulti in aumento, ha un livello di istruzione medio-alto ed ha accumulato esperienze lavorative e imprenditoriali precedenti;
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La maggior parte delle startup sono localizzate al Nord (39%), al Centro il 35% e per ultimo al Sud col 10 %. Divisi per Regione, al primo posto c’è la Lombardia col 25%, segui-
ma qualcosa di più. Da non confondere con le spin-off, che è un termine usato di solito per connotare quelle start up i cui fondatori provengono da altre aziende (i cosiddetti “corporate spin-off”) o da università o enti di ricerca (gli spin-off accademici). Le start up rappresentano quindi un sottoinsieme delle nuove imprese che vengono censite ogni anno dalle statistiche nazionali. Ma mentre la gran parte delle nuove imprese opera in ambiti tradizionali e senza prospettive di crescita rapida ed intensa e, come tali, non possono essere considerate start up, per quelle vere è diverso. Perché pur rappresentando, le sturt up come sopra definite, una componente numericamente minoritaria, sono connotate da maggiore dinamicità e rilevanza in termini di prospettive. Da queste difatti, come mostrano le analisi più recenti, dipendono le possibilità di crescita economica ed occupazionale di molti sistemi locali e di paese (negli USA le startup sono responsabili della creazione dei due terzi dei nuovi posti di lavoro). Nel Rapporto 2011, dedicato alle start up italiane, la Fondazione Mind the Bridge, con base nella Silicon Valley Californiana (Stati Uniti), ne traccia un profilo che è molto utile per capirne le dinamiche. Delle circa mille start up censite (sono quelle che hanno fatto richiesta di un qualche finanziamento agli investitori) emerge questo profilo dello sturtupper italiano:
l’Emilia Romagna si ferma al 6%. Le città dove sono state concepite più startup sono, nell’ordine: Roma, Milano, Firenze, Torino e Pavia. Si tratta non solo di grandi città ma anche di poli universitari di rilievo. I fattori che maggiormen-
ta dal Lazio col 15%, mentre
te influenzano la scelta della dislocazione di una startup sono: i luoghi ove viene svolta la formazione di più alto profilo (dottorato e master) e quelli dove hanno avuto luogo le prime esperienze lavorative. Di conseguenza, emerge chiaramente come il potenziamento dei programmi specialistici delle università (sia in ambito tecnico-scientifico che manageriale) sia l’investimento più efficace per sostenere la creazione di impresa; --
Le start up hanno un gruppo di fondatori composto in media da 2/3 persone ed impiegano in media da 3 a 4 dipendenti. Non si tratta quindi di “un uomo solo al comando”, ma di gruppi imprenditoriali che aggregano competenze differenti;
-- Due terzi degli imprenditori hanno un background scientifico (61%), mentre un terzo ha una educazione
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di impostazione umanistica.
Tali dati confermano la “trazione” scientifico tecnologica delle start up innovative e, al contempo, contribuiscono a spiegare le difficoltà che molte trovano nel costruire un business. Persone con un background tecnico ingegneristico faticano a trasformare la propria idea in impresa, soprattutto se non sono in grado di supplire a competenze manageriali attraverso l’ampliamento del nucleo imprenditoriale;
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Il 90% circa ha una laurea di primo livello, mentre il 60% ha conseguito anche una laurea specialistica;
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Gli
ambiti tecnologici operativi delle start up italiane riguardano principalmente il web, il 60% opera in quest’ambito, a seguire l’Information and Communication Technologies (ICT) con il 25%, quindi le tecnologie pulite con un altro 10%, per ulti-
mo biotecnologie e scienze della vita con il 5%. E’ noto, sottolineano gli autori del Rapporto, che far partire un progetto di impresa in ambito web o software sono richiesti investimenti minimi in fase di start up, al contrario di quanto avviene per lo sviluppo di tecnologie in campo biomedicale e biotecnologico o di dispositivi ed hardware. Da segnalare, infine, come una percentuale importante e in crescita (attualmente il 9%) abbia deciso di trasferirsi all’estero, dove si ritiene vi siano migliori condizioni ed opportunità. I principali luoghi esteri di attrazione sono: Silicon Valley (US), Delaware (US), Boston (US), London (UK ). La scelta di localizzazione all’estero può però essere dettata anche da specifiche strategie aziendali, come l’espansione su determinati mercati e per ragioni di fundraising.
Il Tecnopolo della provincia di Rimini Specifiche Rimini Superficie inpegnata in mq 1400/1.500 Nuovo personale dedicato 16 Personale a tempo parziale 27 CIRI* ENERGIA E AMBIENTE U.O.** Eco-design industriale, recupero rifiuti e ciclo di vita dei prodotti Direttore Luciano Morselli CIRI* MECCANICA AVANZATA E U.O.** Tecnologie innovative per la moda MATERIALI Direttore Alberto Maggiore Aree di specializzazione U.O. Eco-design industriale, recupero rifiuti e ciclo di vita dei prodotti Gestione sostenibile del cilco di vita dei rifiuti, prevenzione e ri-prodotti Ecodesign, ecoefficienza e industrial ecology per la sostenibilità di att.ind. Strumenti di validazione sostenibilità processi (LCA, LCC, LCM) Processi meccanici, chimico-fisici e biologici per recupero di chimicals da biomasse (biorafinerie) Microproduzione di energia a livello locale e ottimizzazione energetica per le industrie Tecniche di "soil washing" U.O. Tecnologie innovative per la moda
Settori di impatto
Studi di cessione e caratterizzazione chimico-tossicologica Studi tossicologici: definizione del profilo tossicologico delle eventuali sostanze rilasciate dai tessuti Studio morfologico e ultrastrutturale di tessuti e materiali e valutazione della biocompatibilità dei tessuti medesimi Sviluppo e caratterizzazione di nuovi materiali dell'industria cosmetica Imprese di servizi; Public Utilities; Industria Manifatturiera; Chimica; Alimentare; di riciclaggio e recupero di materia ed energia dai rifiuti. Industria dei materiali, industria della moda e cosmetica
Soggetti promotori e di supporto
Università degli Studi di Bologna, Polo di Rimini Comune di Rimini Provincia di Rimini Fonte:Regione Emilia Romagna, giugno 2010 * Centro Interdisciplinare di Ricerca Industriale ** Unità Operativa
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2.1Start up e fundraising Le start up basano il proprio sviluppo sul ricorso a finanziamenti esterni da parte di investitori. Lo sviluppo del prodotto e del servizio e la sua immissione sul mercato passano attraverso un periodo (più o meno lungo, in funzione delle caratteristiche delle tecnologie sviluppate e dei mercati di destinazione) connotato da investimenti importanti ed entrate nulle
Cosa serve alle startup italiane per crescere? Il 69% delle startup italiane è alla ricerca di capitali da venture capitalist; percentuale che sale al 76% se si restringe l’analisi alle società maggiormente strutturate. Ma non basta: molte sono anche alla ricerca di partner strategici che possano supportarle nei propri processi di sviluppo.
Il fundraising è finalizzato a traghettare la startup lungo le fasi di sole uscite (spese) fino al momento in cui questa incomincerà a generare cassa.
o comunque insufficienti a coprire le uscite.
Le forme di finanziamento più comuni sono le seguenti: 1. Capitali raccolti dal gruppo dei fondatori nell’ambito delle risorse possedute direttamente o all’interno del nucleo familiare o della rete di conoscenti; 2. Grants, ossia finanziamenti in genere destinati al supporto di attività di ricerca in ambito universitario; 3. Seed Financing, finanziamenti ricevuti da fondi di investimento in genere collegati ad attività di incubazione e business development; 4. Business Angels, finanziamenti ricevuti da persone fisiche che in genere effettuano investimenti in forma associata (in rete); 5. Venture Capital, finanziamenti da fondi di investimento specializzati nel capitale di rischio.
Il capitale in media raccolto dalle startup ammonta a circa 71 mila euro. Si tratta ovviamente di un dato medio, che sale a 136 mila euro circa se si considerano i migliori progetti.
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LE POSSIBILI FONTI DI FINANZIAMENTO
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3.1D.Lgs 185/2000: Avvio di microimprese Possono beneficiare della legge le Società di persone (snc, sas) che avviano un’attività imprenditoriale nella produzione di beni e servizi in tutti i settori, ad esclusione del commercio e trasformazione agricola. Almeno la metà numerica e di capitale dei soci della Nuova Impresa devono, al momento della presentazione della domanda, possedere i seguenti requisiti: essere “Non occupati”. Per non occupati si intendono tutti quei soggetti che non sono: --
lavoratori dipendenti (a tempo determinato, indeterminato, e part-time);
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titolari di contratti di lavoro a progetto, intermittente o ripartito;
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soggetti che esercitano una libera professione;
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titolari di partita IVA anche se non movimentata;
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imprenditori, e loro familiari nel caso di impresa familiare; artigiani.
neficiare di un contributo a fondo perduto pari a € 72.500 e di un finanziamento agevolato per al-
I l bando è sempre aperto e i tempi per ottenere il finanziamento, se ammesso, sono di sei-otto mesi circa.
trettanti € 72.500.
Sono ammissibili le spese per investimenti (attrezzature, macchinari, impianti ed allacciamenti, beni immateriali ad utilità pluriennale, ecc.) fino ad un massimo di 129.114 euro e spese di gestione per un massimo di 16.000 euro. E’ concesso un contributo del 100% degli investimenti così strutturato: 50% a fondo perduto e il restante 50% in conto interessi, con un tasso pari al 30% del tasso di riferimento e con un periodo di rimborso di 7 anni. A titolo di esempio: ipotizzando un progetto che comprende Investimenti per € 129.000 e spese di gestione per € 16.000, per un totale di € 145.000, il progetto potrà be-
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Business Angels
I Business Anels sono finanziatori (in genere persone ex titolari di impresa, managers in attività o in pensione, consulenti, ecc.) che apportano all’azienda capitale di rischio per un certo numero di anni, comunemente dai 3 ai 5 (ma non c’è una regola fissa), esperienza/competenza di manage¬ment (perché spesso i potenziali neo imprenditori sono espertissimi nel loro ramo ma assolutamente a digiuno in gestione d’impresa) e una rete di contatti. Divenendo soci di minoranza, partecipano alla gestione dell’impresa. Non si tratta di finanziamenti in forma di credito poiché non devono essere ripagati ad un data certa e non fruttano interessi al creditore. Il loro obiettivo è acquisire una partecipazione in aziende con alto potenziale di sviluppo, nuove o esistenti, per monetizzare la plusvalenza al momento dell’uscita. I business angels intervengono per lo più quando le condizioni dell’azienda sono tali da impedire l’accesso al credito bancario o, ad esempio, perché si tratta di una start-up priva di bilanci pregressi o di aziende già avviate con indebitamento elevato o di aziende a scarsa capitalizzazione. L’investimento può essere fatto singolarmente (da 25.000 a 250.000 euro) o in gruppo con investimenti che possono arrivare fino ad un massimo (ma raramente) di 1 milione di euro (più probabile 500.000 euro). In genere il business angels interviene attivamente nella gestione dell’impresa e non si limita ad apportare solo finanziamenti. Poi esistono anche business angel prevalentemente di natura finanziaria, che investono nel capitale di rischio senza avere coinvolgimenti nell’attività di gestione strategica dell’azienda, limitandosi a una azione di controllo.
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Può anche capitare che l’investimento iniziale di un business angels sia preparatorio, quasi propedeutico, a quello più consistente di un Venture Capital. Stando all’esperienza, i settori che il Business Angel privilegia sono: -- ICT -- Elettronica -- Biomedicale -- Industria -- Energia I Business angels sono organizzati in reti locali, ma soprattutto regionali, una della quali si è costituita a Bologna (BAN/ Busines Angels Network Bologna), nel maggio 2001. Al BAN di Bologna, che però mira ad avere un raggio d’azione regionale, partecipano la Provincia di Bologna (dove ha fisicamente sede), Impresa Italia, Ascom Bologna, Associazione dei Commercianti e degli Operatori Turistici e dei Servizi della provincia di Bologna, ASTER, Confartigianato Bologna, Legacoop Bologna e Unindustria Bologna. Il BAN Bologna assiste alla messa a punto del progetto imprenditoriale (per esempio nel perfezionamento del business plan) e funge da facilitatore, favorendo l’incontro tra domanda e offerta di capitale di rischio. Questo avviene selezionando i progetti imprenditoriali, identificando i business angels interessati, mettendo in contatto i business angels e gli imprenditori. I progetti imprenditoriali, una volta selezionati, vengono presentati in un Forum degli investimenti, un evento organizzato un paio di volte l’anno, dove proponenti e business angels (ma sono presenti anche banche e venture capital) hanno modo di entrare in contatto diretto, ed eventualmente avviare i passi preliminari per un accordo
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di collaborazione, dove verrà definito l’importo dell’investimento, la quota societaria da acquisire (di norma minoritaria), ecc. Il tutto formalizzato in un contratto, in cui dovranno essere definiti anche i tempi di sganciamento, da stipulare di
Trattandosi di quote da cedere la forma societaria preferibile è quella di una srl. fronte ad un notaio.
L’esperienza dice che quando un business angels decide di uscire dall’investimento in genere le quote sono rivendute all’imprenditore stesso, o ad un socio comunque gradito. Dalla sua costituzione il BAN Bologna ha accreditato (selezionato) 45 progetti d’impresa, 48 business angels (di cui veramente attivi meno della metà e prevalentemente esterni all’Emilia Romagna, provenienti soprattutto dell’area milanese) e facilitato la realizzazione di 5 “matrimoni”(accordi di collaborazione). Da segnalare infine la recente (marzo 2012) costituzione di un Business Angels
Club nella
Repubblica di San Marino,
promosso dal World Trade Center e che al momento conta quattro-cinque potenziali investitori, in maggioranza della RSM. Siti web: www.banbologna.it www.iban.it www.italianangels.net www.eban.org
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Laboratorio
3.3
L8
Venture Capital
I Venture Capital (VC) sono investitori nel capitale di rischio di società con forte potenziale di crescita, che oltre a denaro ap-
nel processo di crescita e sviluppo delle imprese finanziate. In media, le imprese venture backed hanno accresciuto in un anno:
portano consulenza direzionale e strategica. Effettuano investimenti maggiori dei BA e di durata anche più lunga. Proprio per il fattore rischio, l’investitore dedica tempo e risorse al controllo dell’investimento effettuato. La decisione, da parte di un BA o di un VC, se investire o meno in una start-up dipende da numerosi elementi: la cultura organizzativa dei proponenti, i loro curricula e competenze, la capacità di comunicazione interna e di prendere decisioni, il sistema organizzativo, oltre che, ovviamente, le previsioni di mercato.
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L’obiettivo dei VC, come dicono i manuali, è quello di realizzare, nel medio termine, un importante guadagno di capitale (capital gain) attraverso la cessione della partecipazione acquisita. Per guadagno
Il mercato italiano dei VC è ancora agli inizi, in Italia l’investimento per residente dei VC è meno di un euro, a fronte di una media europea di 35 euro e con picchi di 50-70 euro per Svizzera, Olanda, Svezia, Finlandia e Danimarca (Investire
di capitale si intende l’incremento di valore della partecipazione maturato dal momento dell’assunzione della partecipazione a quello della cessione e monetizzazione della stessa. L’investitore istituzionale nel capitale di rischio è, per definizione, un socio temporaneo, seppur di medio-lungo periodo, che, come tale, dovrà prima o poi cedere la partecipazione acquisita per realizzare il proprio obiettivo. Alcune ricerche hanno dimostrato che le imprese che sono state partecipate da investitori nel capitale di rischio (chiamate “imprese venture backed”) corrono più veloci rispetto alle migliori società europee e americane. Secondo queste ricerche, che hanno confrontato un campione costituito da 2.190 imprese venture backed con le 500 imprese top di 12 Paesi europei, la presenza di capitale di rischio riveste un ruolo importante
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le vendite del 35% i profitti lordi del 25% gli investimenti in ricerca e sviluppo dell’8,6% le esportazioni del 30%.
Dal punto di vista dell’impatto economico, è stato anche dimostrato che le imprese venture backed creano più occupazione, presentando un tasso medio annuo di crescita del 15%, maggiore di oltre sette volte rispetto alle altre imprese del campione.
VC, Theory vs. Reality: Venture Capital in Europe, dicembre 2011), ma la tendenza è comunque positiva, nonostante la crisi. Secondo l’edizione 2010 del Rapporto VeM (Venture Capital Monitor ), dal 2009 al 2010 si è riscontrato, in Italia, un incremento del 55% delle operazioni di investimento da parte di venture capitalist italiani in start-up, ed anche la dimensione media di tali investimenti è cresciuta sensibilmente, attestandosi nel 2010 sui 2,7 mln €, a fronte degli 1,4 mln € nel 2009. Questa maggiore vivacità è rispecchiata da un miglioramento delle performance ed un aumento della dimensione delle start-up interessate dalle operazioni di investimento, come testimoniato dall’incremento del fatturato medio che passa da circa 1 mln € nel
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periodo 2004-2008 ai 3 mln € nel biennio 20092010.
Una stima del numero di progetti presentati per la richiesta di capitale a investitori professionali, venture capital funds e business angels Networks raggruppati intorno al VC Hub, il gruppo informale che raccoglie i
circa 800/1.000 l’anno le richieste di finanziamento. Fenomeno che è dato in crescita negli
principali investitori italiani, calcola in
ultimi anni (Mind the Bridge, Survey 2011). Dal punto di vista qualitativo, si rileva un cambiamento di trend in quelli che sono i settori trainanti: se nel 2009 vi era stato l’apice di interesse nel settore ICT, che da solo rappresentava un quarto delle operazioni effettuate nel comples-
nel 2010 si riscontra una prevalenza dell’ambito cleantech (tecnologie pulite) e pharma (farmaceutica), che assieme assorbono so,
il 48% delle operazioni. In ascesa anche biotecnologie e apparecchi medicali.
In questo scenario le
previsioni, per il biennio 2012-2013, danno una disponibilità annua di risorse da investire di 150-170 milioni di euro. A cui si dovrebbero aggiun-
gere altri 50 milioni di euro del Fondo italiano di investimento, promosso da tre VC, non appena riceverà l’approvazione della Banca d’Italia (Fondi in cerca d’idee innovative, Sole 24 Ore del 29 gennaio 2012). Non mancano però i problemi, il più importante dei quali riguarda la sottocapitalizzazione delle aziende italiane. Con le ridotte dimensioni di tantissime imprese locali, anche nuove, per una start up italiana è difficile raccogliere fondi consistenti, per esempio oltre i 5 milioni di euro, che invece è il taglio frequente nella Silicon Valley (USA).
Costituisce invece una condizione di vantaggio, per una start up che voglia rivolgersi ai VC, avere tra i fondatori qualcuno che abbia fatto esperienza, di studio o di lavoro, all’estero.
Altri due dati particolarmente rilevanti riguardano la distribuzione geografica e l’origine delle operazioni d’investimento: per quanto riguarda la prima, se la maggioranza delle attività resta nel Nord Italia (e prevalentemente in Lombardia, che conserva il ruolo di regione leader nelle operazioni di VC, con il 35% del totale delle operazioni rilevate nel 2010), si rileva un incremento delle operazioni nel Mezzogiorno, dove nel 2010 si sono concluse ben 5 operazioni (a fronte di 1 sola operazione nel periodo 2004-2008, ma qui pesa il Fondo High Tech istituito dal Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione per le PMI); con riguardo all’origine è da rilevarsi anche una crescita importante del numero di spinoff universitari, dai 2 nel 2009 agli 8 nel 2010 (percentualmente sul totale di operazioni di VC, un passaggio dal 10% al 25%).
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Laboratorio
3.4
L8
SeedLab: il nuovo “business accelerator”
Dedicato alle idee di business in cerca di sviluppo imprenditoriale, SeedLab offre alle start up un programma che mette insieme l’esperienza di un incubatore con quella di programmi intensivi di imprenditorialità, sviluppo d’impresa e creazione di network, accesso a finanziatori e mentor (consulenza) di alto livello. I bandi (l’ultimo è del dicembre 2011) sono aperti a tutti gli innovatori, i ricercatori universitari, i dottorandi e i tecnologi, che possono inviare la loro idea dal sito www.seedlab.it dove potranno descrivere il loro progetto di business ed essere selezionati per il programma. E’ prevista la selezione di 20 proposte ad alto contenuto innovativo, per tecnologia o modello di business. Il programma ha un costo di 30mila euro per startup, ma oltre alle 10 borse di studio messe a disposizione (per i settori new-materials, agrofood, life-science e cleantech), gli organizzatori cercheranno di trovare finanziatori per quelle più meritevoli fino a un massimo di 20 startup totali. Il percorso prevede una parte formativa, articolata in tre moduli: il primo, di 4 weekend lunghi, tra marzo e maggio 2012, in cui gli innovatori apprendono le basi di gestione aziendale (contabilità e finanza, marketing e strategia); il secondo modulo, a giugno, che consiste in un weekend di incontri con partner gestionali e giovani studenti stranieri per aggregare attorno all’iniziativa un team diversificato in grado di portare accelerazione; il terzo modulo, tra giugno e settembre, che consiste nell’incubazione intensiva dove con l’assistenza di mentor qualificati le startup lavorano sul business model, imparano a gestire gli aspetti specifici delle startup innovative (proprietà intellettuale, nuovi prodotti, finanziamento ecc.) e sviluppano network con investitori e professionisti. Il SeedLab si conclude con una giornata in cui le startup presentano agli investitori italiani ed
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esteri i loro progetti, avendo così la possibilità di attrarre finanziamenti per lo sviluppo. Nell’occasione si selezioneranno anche le tre migliori startup che verranno premiate con un viaggio di due settimane nella Silicon Valley, per allargare i propri orizzonti ed esplorare nuove opportunità.
SeedLab è organizzata da TTadvisor, società di advisory per startup del fondo TTVenture, Fondamenta SGR, con la collaborazione di IBAN, Associazione Italiana investitori informali in capitale di rischio. L’alta formazione è resa possibile grazie alla collaborazione dell’Università degli Studi di Firenze, la MIB School of Management di Trieste e la Scuola Superiore di Studi Universitari S. Anna di Pisa. I mentor provengono dall’industria, dal venture capital e dai business angel. Dall’inizio del 2012 SeedLab vanta nuovi partner come Syracuse University in Florence e Banner Ventures, fondo di venture capital presente in America, Europa e Singapore. Punto debole del programma: far nascere una nuova impresa richiede più di un corso di formazione e di una presentazione finale a VC. Richiede supporto tecnico e alla gestione manageriale, finanziaria, commerciale, ecc., che solo un incubatore organizzato (tipo M31 o H-Farm) può dare. In breve, una star up deve essere accompagnata a crescere e gli stessi VC sono restii a finanziare solo idee di business, preferendo sostenere una impresa che abbia già maturato un percorso autonomo.
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3.5 L’Art. 90 “Interventi per favorire l’afflusso di capitale di rischio verso le nuove imprese” del Decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” a parziale modifica dell’articolo 31 sugli “Interventi per favorire l’afflusso di capitale di rischio verso le nuove im-
Incentivi previsti dal Governo Monti
prese” del decreto legge n° 38 del 6 luglio 2011, recante “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”, prevede detrazioni d’imposta del 19% per le persone fisiche che dichiarano oltre 100 mila euro e investono in fondi di venture capital o in start-up.
Spesa pro capite dei VC e confronto con l’Indice di attrazione dei VC e Private Equity 1 2011
Il private equity è un’attività finanziaria mediante la quale un investitore istituzionale rileva quote di una società, sia acquisendo azioni esistenti da terzi, sia sottoscrivendo azioni di nuova emissione, apportando così nuovi capitali. Il Private equity include tutti gli investimenti in società non quotate su mercati regolamentati, oppure che sono quotate ma intenzionate ad abbandonare la borsa. 1
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Laboratorio
3.6
L8
Fondo Ingenium Emilia Romagna
Il fondo di capitale di rischio Ingenium è finanziato con 14 milioni di euro, 7 conferiti dalla Regione Emilia-Romagna e 7 dalla ZERNIKE META VENTURES SPA, società di joint venture italo-olandese incaricata della gestione.
Gli obiettivi del fondo di capitale di rischio
lia-Romagna.
per quanto riguarda le operazioni investimento nelle prime fasi di vita dell’impresa, dovrà intervenire priori-
Il fondo regionale,
tariamente in imprese operanti nei settori di: --
biotecnologie, farmaceutica, chimica organica nanotecnologie, nuovi materiali, chimica fine; meccanica di precisione, strumenti di misura e controllo, sensoristica, biomedicale, elettromedicale; informatica e telematica, tecnologie digitali, audiovisivo; tecnologie per le energie rinnovabili, il risparmio energetico, l’ambiente
Favorire lo start up di imprese innovative in ambito regionale, in particolare di quelle che operano nei settori ad alta tecnologia (nate da spin off accademici, di ricerca e aziendali) e sostenere le strategie di sviluppo e di investimento innovativi delle imprese che garantiscano buone marginalità e prospettive di crescita, attraverso investimenti per la crescita e l’implementazione di programmi di sviluppo di imprese già esistenti.
--
Tipologia degli investimenti sostenuti dal fondo Il fondo è destinato esclusivamente agli investimenti in capitale di rischio nelle prime fasi di vita dell’impresa (early stage/
Settori dell’impresa: Agroalimentare, Costruzioni, Energia e Ambiente, ICT, Industrie Creative e Design, Meccanica e Materiali, Scienze della Vita
fase di primo sviluppo, nelle forme del seed financing/finanziamento iniziale e dello start up financing/fase di avvio) e ad investimenti per supportare la crescita e l’implementazione di programmi di sviluppo di imprese già esistenti (expansion). Ogni singola tranche di investimento effettuata dal fondo non può superare, con riferimento alla quota messa a disposizione dalla Regione, l’importo massimo di 1
milione di euro per PMI destinataria su un periodo di 12 mesi. I destinatari del Fondo
Le imprese partecipate dal fondo regionale dovranno essere esclusivamente piccole e medie
imprese, con localizzazione produttiva in Emi-
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Sito web: http://www.zernikemetaventures.it/fondi/IngeniumIIER
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3.7
Elenco dei VC e Seed Capital2 attivi in Italia
360 Capital Partners (internazionale) Innogest (100% Italia) Atlante (100% Italia) Quantica (Sud Italia) Vertis (Sud Italia) Aster Capital (internazionale, tecnologie pulite) Early Bird (fund raising now) JStone (seed) Annapurna Ventures (seed) TTVenture (seed/early) dPixel (seed) Mohai Capital (seed) Piemontech (seed/early) Toscana Innovazione (seed local) Pino Venture Partners (early stage) Il Club degli Investitori (seed) EnLabs (seed/incubator) Digital Magics (seed/incubator) M31 (venture/incubator) H-Farm (venture/incubator)
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Intervento di sostegno ad un nuovo prodotto o servizio, di cui esiste solo l’idea, da mettere sul mercato. 29
Laboratorio
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4.
GLI INCUBATORI-FINANZIATORI DI START UP
Il termine Incubatore è abbastanza noto e si riferisce ad un luogo, dotato di uno spazio fisico e dei servizi di base (segreteria, telefono, collegamenti internet, consulenze varie) in cui, dopo apposita selezione, far crescere nuove imprese, abbattendo i costi di avvio e supportandone la crescita. Nuove imprese che dovranno lasciare l’incubatore, che le ha aiutate a crescere, dopo due-tre anni per camminare da sole. Accanto a questi Incubatori tradizionali sono nati, negli ultimi anni, altre tipologie con una missione molto più impegnativa: selezionare e far crescere imprese globali, sui terreni più avanzati della tecnologia, a cominciare dall’applicazione dell’ICT e del web. Questi nuovi Incubatori non solo offrono una serie di servizi qualificati, ma investono loro stessi nelle start up, funzionando anche da collettori di capitali di rischio (business angels, venture capital, ecc.), per raccogliere quelle somme che sono necessarie ad una impresa per diventare effettivamente globale, cioè arrivare sui maggiori mercati internazionali. Attualmente è la frontiera più avanzata degli Incubatori, che non a caso si definiscono Venture Incubator. Di seguito due tra le maggiori esperienze nazionali, con diramazione internazionale, di successo.
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4.1H-Farm H-Farm è un Venture Incubator (incubatore che investe) che dal 2005 sostiene start up digitali, principalmente nel settore dei: -- New media -- Web -- Mobile Più nello specifico, H-Farm sta concentrando i suoi interessi in cinque settori di attività: 1. Nella riformulazione dell’esperienza di acquisto, da parte dei consumatori, nei negozi tradizionali; 2. Nel healtcare (salute), nell’ipotesi che il medico di domani avrà su un pc tutti i dati del paziente in cura; 3. Nella gestione della finanza personale; 4. Nella e-commerce per i tanti prodotti che ancora sono off-line;
Turismo, alla ricerca della valorizzazione dei visitatori di una città o un luogo (turismo esperienziale, ecc.).
5. Nel
Il Venture Incubator è un modello ibrido che riflette lo spirito di H-Farm (fondato da 4 soci privati): un po’ Venture Capitalist e un po’ Incubatore. Come VC investe nel lancio di nuove attività, garantendo i finanziamenti necessari all’avvio dell’impresa; come incubatore fornisce una serie di servizi tesi a facilitare lo sviluppo dell’attività mettendo a disposizione uno spazio di lavoro, servizi amministrativi centralizzati, ufficio stampa, risorse umane, consulenza legale e finanziaria. I partner di H-Farm supportano le start up nel periodo della loro incubazione, fornendo assistenza nella definizione della strategia commerciale, la redazione del business plan, la scelta dei partner e altro, fino alla definizione della strategia di uscita. Nel sito si legge: “stiamo cercando giovani intel-
ligenti, capaci di interpretare Internet in modo innovativo, per nuovi modelli di business e di comunicazione. Cerchiamo giovani che pensano fuori dagli schemi, che possono disegnare il futuro di Internet e che sono determinati a trasformare una idea in un business di successo. Ma soprattutto, cerchiamo giovani che condividono la nostra filosofia fatta di semplicità, collaborazione, creatività, razionalità, passione, curiosità e innovazione”. In una prima fase, H-Farm finanzia le nuove
idee con investimenti che possono oscillare tra variano tra 30 mila e 300 mila euro. Nel primo anno di vita (2006) ha finanziato due start up, che hanno dato lavoro a 28 addetti. Nel dicembre 2006 parte la terza stat up e gli addetti salgono a 40. Nel 2007 è la volta di altri quattro progetti d’impresa, che fanno salire il totale delle persone attive a 70.
Lo spazio
iniziale di 900 mq
non è più sufficiente e parte la costruzione di una nuova sede. Intanto sbarca a Seattle (USA), investendo in 5 start up americane. Nel 2008, una delle prime aziende incubate viene ceduta ad una società esterna. A marzo la nuova sede è pronta e le start up diventano complessivamente nove. Nel 2009, in piena crisi finanziaria, H-Farm raccoglie tra gli investitori 4 milioni di euro e apre due sedi all’estero, una a Mumbai (India) e l’altra a Londra. (GB). Nello stesso anno ci sono altre fuoriuscite: due aziende incubate sono vendute ad altrettante società esterne. Si fanno investimenti in altre 6 start up tra Italia, Gran Bretagna e India. Nel 2010 una quarta impresa incubata viene ceduta sul mercato e contemporaneamente il porta-
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Laboratorio
foglio si arricchisce di altre 9 start up, portando il
totale dei primi cinque anni a 25. Nel 2011 viene varato un aumento di capitale di 10 milioni di euro e nei prossimi 4 anni si prevede di finanziare altre 30 start up (che porterebbero ad un totale di 55).
L’investimento in una start up ha una durata media che varia tra 36 e 48 mesi, poi l’azienda viene ceduta, con un ritorno atteso di 5-6 volte superiore all’investimento fatto. Modalità operative
Per ricevere candidature di nuovi progetti esiste un “seed program” (programma di semina), una specie di bando per nuove idee imprenditoriali che si tiene due volte l’anno, in primavera e in autunno. Nel primo sono arrivati più di 200 progetti, tra i quali ne sono stati scelti 4; nel secondo oltre 250, con un primo investimento già avviato. Del totale dei progetti raccolti nel corso dei due “seed program” annuali (450 nel 2011, ma sono in costante aumento), dopo una prima scrematura, un terzo circa (150-160) viene successivamente contattato, telefonicamente o via mail, per approfondimenti. Gli elementi valutati in questa fase, in ordine di importanza, sono: I. team; II. analisi di mercato (introduttiva) e opportunità di investimento; III. solidità del modello di business; IV. business idea. Gli autori dei migliori progetti, in genere il 1520% per un totale di circa (70-80 progetti), vengono invitati a tenere una breve presentazione nella sede di Treviso, nel corso i eventi denominati Storming Pizza. E’ l’avvio di un primo confronto diretto con i partner di H-FARM. Lo Storming Pizza (pizza agitata/movimentata) è un evento “tendenzialmente quindicinale” in cui
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i team (non sono ammessi progetti individuali) dei progetti imprenditoriali selezionati da H-FARM vengono invitati a presentare le loro idee di business. L’evento si realizza di sera e gli invitati, nel numero di 3-4, hanno 6 minuti, scanditi da un orologio sullo schermo, per presentare e convincere della bontà della proposta. Seguono domande, qualche considerazione, poi pizza per tutti. Il tutto avviene in un clima piuttosto informale, ma alla presenza di alcuni membri del Comitato Investimenti. Se, dopo la presentazione nello Storming Pizza, il feedback sul progetto è positivo, viene fissato un incontro di approfondimento; tipicamente, i temi trattati saranno: I. analisi di mercato (dettagliata) II. roadmap di sviluppo III. funding e budget per la startup IV. definizione dell’operazione di investimento Se l’esito dell’incontro di approfondimento è positivo e almeno uno dei Partner di H-FARM è disposto a “sponsorizzare” il progetto (che vuol dire presentarlo agli altri Partner e sostenerne la candidatura per il Seed Program), l’investimento viene portato al Comitato Investimenti. Il Comitato Investimenti si riunisce trimestralmente per finalizzare la selezione dei progetti. Le decisioni del Comitato sono esecutive, previa ratifica del Consiglio di Amministrazione. H-FARM ha l’obiettivo di selezionare, tra i progetti presentati in queste serate, 10 investimenti l’anno (2% circa di quelli raccolti con i due seed program annuali). Investimenti che dovranno rimanere (ciascuno) nell’ordine di 30 mila- 300 mila euro. Una volta selezionati, e ottenuto il finanziamento, hanno 5-6 mesi per arrivare al prodotto, da testare sul mercato, previo accordi stretti con aziende, nazionali o estere, della rete di H-Farm. Se il prodotto funziona, si prepara il lancio sul mercato globale, a cominciare da quello USA, aggiungendo altri investimenti.
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……inoltre
In parallelo alle attività descritte, raccogliendo comunque l’esperienza maturata, H-Farm ha dato vita ad una “Digital Accademia”, una scuola dell’economia digitale. Infine, a testimonianza del ritmo di crescita, hanno preso il via i lavori per una FARM2, mentre sono iniziate le pratiche per acquisire una vecchia base militare, dove sorgerà una piccola Pixar (la Pixar Animation Studios è la più importante casa di produzione cinematografica specializzata in “computer generated imagery” (CGI), con base
a Emeryville, California (USA). Dal 2006 appartiene alla The Walt Disney Company. In precedenza era stata acquistata da Steve Jobs, il fondatore di Apple).
In sintesi, da quando H-Farm è partita sono nate 42 imprese, che danno lavoro a 220 persone, con la previsione di superare il tetto dei 500 nel 2015, mentre i metri quadri occupati sono passati dai 900 iniziali agli 8 mila di oggi.
La struttura del gruppo H-Farm
http://www.h-farmventures.com www.stormingpizza.it 33
Laboratorio
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4.2 Come nasce
M31 nasce nel novembre del 2006, con un capitale sociale di 350 mila euro e uno spazio a disposizione di 130 mq., poi saliti a circa mille e che diventeranno 2.200 mq. prima dell’estate 2012. Dalla nascita ai primi mesi del 2012 M31 ha raccolto sul mercato dei capitali 5 milioni di euro di investimenti.
Perché M31 ? Per trasformare potenziali talenti presenti un po’ dappertutto, molti nelle Università e nei Centri di ricerca, in nuovi imprenditori capaci di promuovere imprese globali e ridare così slancio alla crescita economica dei territori e del Paese. M31 è una struttura che cerca di rendere tutto questo possibile, creando le condizioni più favorevoli perché possa accadere, supportando la creazione e la rapida crescita di aziende innovative nel campo delle ICTs (dal biomedicale, alle telecomunicazioni, ecc.) M 31 è partita da una dozzina di investitori privati, tra cui imprenditori, manager e ricercatori. Il proposito originario era che tutti si sentissero coinvolti, non solo finanziariamente. Ma così non è stato. Quindi, visto ex post, avere coinvolto tante persone, poco motivate, alla fine si è rivelato più un freno che un vantaggio, procurando una mole enorme di lavoro solo per documentarli ed informali durante le assemblee della società. L’esperienza suggerisce, pertanto, che nell’avvio di un incubatore è meglio partire con numeri più limitati, magari da allargare in corso d’opera, ma meglio motivati e disposti a lasciarsi coinvolgere.
I partner di M31
M31 mira a sviluppare imprese ad alto tasso di crescita operanti su mercati globali e tra i poten-
Incubatore M 31
ziali partner annovera: -- inventori, aspiranti imprenditori; -- business angels; -- imprese alla ricerca di nuovi mercati e di nuovi prodotti; -- giovani laureati o dottori di ricerca alla ricerca di sfide creative che vogliano contribuire alla crescita di nuove imprese; -- enti di ricerca con i quali sviluppiamo accordi per potenziare il trasferimento tecnologico e di formazione degli studenti all’imprenditorialità; -- chiunque abbia interesse ad avviare, sostenere, investire, contribuire, collaborare a nuove iniziative imprenditoriali;
Investimento iniziale
M31 è partita con i mezzi appena sufficienti a muovere i primi passi, ma non certo per il progetto che i promotori avevano in mente. All’epoca era però anche difficile chiedere di più, perché avendo fatto un po’ da apripista (H-Farm era appena nata) molte persone non capivano bene cosa effettivamente l’incubatore volesse fare. Il primo anno, investendo le risorse disponibili, si sono dedicati a costruire un nuovo ramo d’azienda, mettendo a punto un nuovo prodotto tecnologicamente avanzato, per una impresa esistente. Di fatto era come fosse una nuova azienda, ma incorporata ad un’altra. Questo ha consentito ad M31 di acquisire una certa credibilità tra il mondo dell’imprenditoria. Tanto da convincere un privato ad investire 1,8 milioni di euro in M31 ed un altro milione di euro nella prima start up incubata (la CenterVue che opera nel settore biomedicale, in specifico nella diagnosi precoce del rischio cecità). In totale l’investitore in oggetto ha investito 2,8 milioni di euro. Nel 2011, la CenterVue, che è partita nell’aprile 2008 con un investimento iniziale di 1,6 milioni di euro, ha fatturato 7 milioni di euro; nel genna-
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Laboratorio
io 2012 ha aperto una sede negli USA, è presente in 35 Paesi e nel 2012 prevede di portare il fatturato a 15 milioni di euro. Da qualche tempo ha una sua sede autonoma, a Padova Est, di 500 mq. dove lavorano 25 persone, più una ventina nella filiale USA. M31 partecipa nella CenterVue con il 36% del capitale (era il 42% prima dell’ingresso, avvenuto nel luglio 2011, di un Fondo francese).
Entra il Venture Capital
A settembre 2009, favorevolmente colpiti dall’orientamento al mercato globale delle imprese promosse da M31, sono contattati dal fondo TTVenture, che nel febbraio 2010 decide di investire 3 milioni di euro nell’incubatore M31. Fondi che sono stati re-investiti nelle start up già presenti all’interno di M31 e, in parte, nell’apertura della sede di San Clara, California (USA).
All’inizio del 2012, il portafoglio di M31 contava sei start up e lo slogan di M31 è diventato: “Se il tuo obiettivo é vendere, per le ricerca di finanziamenti, forme di partecipazione (partnerships) e molto altro, M31 può essere il tuo partner”. Perché i VC preferiscono investire in imprese con orizzonti globali è abbastanza scontato: offrono più opportunità di guadagno. Una prospettiva che molte star up nazionali, che al massimo possono contare su un capitale sociale di 100 mila euro, non sono in grado di offrire, dato che per andare all’estero ci vogliono investimenti ben più consistenti. Così finisce che molte start up al massimo raggiungono un fatturato di mezzo milione di euro, sufficiente per pagarsi un buono stipendio ma non per fare il grande balzo sui mercati internazionali. Per le start up di M31 è invece diverso: sono più capitalizzate e hanno alle spalle una rete di manager e talenti con esperienza d’impresa, che consente loro una diversa prospettiva di crescita.
Ragione sociale e Gruppo M31
Partita come Spa, con l’ingresso dei VC M31 assume la forma giuridica di Srl, perché ritenuta la
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forma che meglio si adatta ad investitori che per missione pianificano la loro uscita dall’impresa dopo 4-5 anni (le Spa sono più adatte per investimenti di medio-lungo periodo). Attualmente i membri del CdA sono 7, di cui 2 del fondo di VC. Operativamente M31 si comporta come una holding (specie di società madre) che investe e partecipa, sempre con quote di minoranza, nelle imprese che contribuisce a far crescere, per uscirne quando arriva il momento opportuno (esempio: le vendita di una azienda incubata).
Nel 2010 il Gruppo M31 (che comprende le 6 società incubate) fatturava 3,2 milioni, nel 2011 è salito a 12,6 milioni, nel 2012 l’obiettivo è di superare i 20 milioni di euro. Il segreto del successo risiede soprattutto nel mercato internazionale, meno in quello nazionale (piuttosto fermo). La Filiale degli Stati Uniti ha generato, solo nel primo anno, circa 4,5 milioni di fatturato, che è quasi un terzo del fatturato complessivo di M31 nel 2011. La differenza tra i due mercati è semplice: in Italia il contratto tipo per l’acquisto di un prodotto è di 50-100 mila euro, negli USA si parte da una base minima di 500 milioni.
I servizi forniti da M31
Alle start up ospitate l’incubatore di M31 fornisce, ad un costo annuo ragionevole, due tipi di servizi: a. servizi di tipo straordinario, come investimenti, aumento di capitale, cessioni, risoluzione di questioni di tipo societarie, ecc.; b. servizi di tipo ordinario come: controllo di gestione, amministrazione, gestione finanziaria, sostegno al management (assolutamente strategico), gestione delle risorse umane, logistica, marketing, vendite, ecc. Questi servizi sono dati dal personale interno ad
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M31 e per le competenze non presenti si fa ricorso a consulenze esterne, tipo uno studio legale di Roma, ma con diramazioni in tutto il mondo, con cui è stato siglato un accordo, anche economico. Si fa sempre ricorso a studi esterni per le questioni fiscale, le buste paghe, la società di revisione dei conti, ecc.
Attualmente M31 conta con 8 dipendenti a tempo pieno: 3 amministrativi; 2 incaricati dei servizi generali, gestione risorse umane, qualità, sicurezza, ecc.; 1 manager dell’IT; 1 responsabile delle finanze; 1 Direttore generale, che è
anche Amministratore delegato. Più il Presidente rappresentato dall’ing. Ruggero Frezza. Non è il modello da replicare sempre e ovunque, tanto che l’esperienza, a detta degli interessati, suggerirebbe di optare per una struttura più leggera. Da sottolineare che, nell’ultimo anno, il grosso del lavoro dell’Amministratore delegato è stato quello di preparare le relazioni e i dossier necessari ai vari CdA delle start up partecipate, perché gli investitori, prima di prendere una qualsiasi decisione, vogliono essere informati in modo molto esaustivo.
Organizzazione M31 Italia Srl
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M31 e le sue start up
La chiave del successo di M31 risiede nella selezione di start up con ambizioni globali. Una
M31 ci investe in denaro contante tra 250 e 500 mila euro, ponendo volta individuate
come condizione quella di essere coinvolti nella gestione e nella definizione delle strategie, con l’obiettivo di compiere insieme due tappe: 1. la tappa della fattibilità tecnica 2. la tappa della fattibilità economica. Queste due tappe sono fondamentali per poter accedere ai VC, perché la situazione è grosso modo la seguente: se mi presento a un VC in California (ma anche in Europa) con un bel progetto d’impresa, ma costruito solo sulla carta, difficilmente sarà preso in considerazione. Se invece, oltre al business plan porto anche dei contratti già stipulati con aziende importanti, meglio se internazionali, la situazione cambia radicalmente e la start up diventa immediatamente più interessante. Perché vuol dire che il prodotto è stato già testato, non è più solo una idea, ma ha già fatto la prova del mercato. Quindi si può pensare di farlo crescere. Non è detto che sempre si riesca a portare a casa il finanziamento, ma diventa sicuramente più appetibile. Oggi iI VC non sono tanto alla ricerca dell’idea geniale (alla Google per intenderci, difficile da ripetere), ma di qualcosa che sia promettente e nello stesso tempo non troppo rischioso. Allora, presentarsi con un prodotto che ha già superato i test tecnici e di mercato è una buona carta di presentazione. A qual punto può capitare che il VC interessato, se americano, vi chiederà di spostare l’azienda negli USA. M31 ha una sede negli USA e questa richiesta non costituisce un ostacolo. Si porta la testa, magari lasciando la produzione in Italia. O il contrario. In ogni caso, l’investimento iniziale per superare i primi due step sono la condizione necessaria per poter accedere a nuove fonti di finanziamento, senza i quali è più difficile fare il grande salto.
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Un caso emblematico è quello della start up CenterVue: il fondo francese è entrato (luglio 2011) quando l’azienda già fatturava 2 milioni di euro.
manifatturiero. In quest’ultimo caso è difficile pensare ad un mercato globale senza investire almeno 5 milioni di euro.
Ma per risultare ancora più efficace questo percorso va preparato in anticipo: quando ad M31 arriva una proposta che viene ritenuta interessante, immediatamente prende contatto con il VC ritenuto più idoneo per verificarne l’interesse e la disponibilità. Se la risposta è positiva si propone la firma di una lettera di intenti, che come si sa non è vincolante, ma è un inizio di rapporto. Nella lettera d’intenti ci sarà scritto: noi facciamo l’investimento, ti teniamo aggiornato sull’andamento della start up, ogni tre mesi riceverai una relazione, così quando avremo raggiunto il risultato previsto la tua decisione di investimento può essere molto più rapida. Non garantisce una risposta positiva, ma si riducono di molto i tempi decisionali.
La selezione dei progetti d’impresa
La forma giuridica di una start up Per partire, in assenza di investitori istituzionali, la forma giuridica consigliabile per una start up è quella della Srl. Con la prospettiva, eventuale, di mutarsi in Spa se si creeranno le condizioni (esempio: quotazione in borsa, ecc.).
Di norma il capitale sociale di una start up non supera mai i 100 mila euro. Però può scendere anche a 20 mila euro. Dipende dalle situazioni e non esiste una regola generale. La valutazione va fatta caso per caso.
M31, che ricordiamo agisce come una holding, entra nel capitale sociale delle start up al massimo con il 40-45% delle quote. Una percentuale simile va all’imprenditore-proponente, ed il resto (10-15%) viene riservato al management. Quanto deve investire nel suo nuovo prodotto una start up ? Nel caso di start up che lavorano sul web si parla di cifre relativamente modeste, è invece diverso per imprese operanti nel settore
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Al contrario di altri incubatori (esempio H-Farm) M31 non organizza momenti canonici (bandi, manifestazioni, ecc.) ma si affida ad una pluralità di canali, sempre aperti. La partecipazione a premi, anche come membri di giuria, dove hanno modo di farsi conoscere e contattare le proposte più interessanti, è uno di questi. Mediamente arrivano, anche via mail, un paio di progetti a settimana. Le riceve la casella “info” di M31, dove la segretaria fa una prima scrematura, eliminando subito i progetti più improbabili e quelli che esulano dai campi di attività di M31. Le proposte che superano questa prima selezione vengono invece girate all’ing. Frezza, nonché Presidente, il quale verifica che siano accompagnate dalla documentazione necessaria e contemporaneamente cerca on line informazioni sul proponente. Se anche questo esame viene superato, il proponente viene ricontattato per i necessari approfondimenti. Tra questi rientrano anche le verifiche brevettuali (è capitato che fosse presentata una idea molto innovativa, ma poi si è scoperto che negli USA una grossa multinazionale l’aveva già brevettata). Quando tutti gli esami d’ingresso sono superati il Presidente prepara un dossier da portare al CdA per la decisione. Il quale CdA potrà anche richiedere, prima di deliberare, che la proposta venga accompagnata dal parere di uno o più esperti del settore, scelti di volta in volta secon-
Non si ritiene invece utile un Comitato scientifico stabile, che oltre
do la materia.
a rappresentare un costo, difficilmente potrebbe contenere tutte le specializzazioni. L’intero processo avviene in tempi molto rapidi e al massimo la decisione definitiva del CdA arriva nel giro di due-tre mesi. Ovviamente se il CdA accoglie si va avanti, altrimenti la proposta viene respinta. www.M31.com
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5.
RIMINI INTERNATIONAL TOURISM INCUBATOR Ipotesi di un incubatore specializzato nel sostegno a nuove imprese dedite alla realizzazione di prodotti e servizi innovativi per il turismo globale
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5.1Giustificazione Nel 2011, in tutto il mondo, gli arrivi internazionali di turisti sono cresciuti del 4,4 per cento, raggiungendo il valore assoluto di 980 milioni. Nel duemila gli stessi arrivi erano 674 milioni. In poco più di un decennio l’incremento è stato, nonostante la battuta d’arresto per crisi del 2008, del 45 per cento. Anche la spesa media per viaggio, pur scontando la difficile situazione economica, ha subito un lieve incremento: dalle 344 € del 2010 al 349 € del 2011. Naturalmente viaggiando all’estero si spende di più (770 €) che rimanendo nel proprio paese (220 €).
L’Organizzazione Mondiale del Turismo prevede, per il 2012, un ulteriore aumento di poco inferiore al 4 per cento, sufficiente per portare gli arrivi oltre la fatidica cifra del miliardo. Sta però cambiando la ripartizione geografica dei flussi: se infatti nel duemila i paesi emergenti partecipavano al mercato turistico globale con il 38 per cento degli arrivi, nel 2011 sono arrivati al 47 per cento. Quasi la metà.
software per la gestione di strutture ricettive, progetti di web marketing, ecc.), spesso realizzati da nuove imprese, alcune delle quali con quote importanti di esportazioni. Esiste cioè un terreno fertile per fare di questo territorio la sede di imprese globali, orientate alla produzione di beni e servizi altamente creativi e innovativi per il turismo di tutto il mondo. In realtà il turismo, seppure delimitato, per la sua caratteristica è un settore piuttosto trasversale, che comprende ricettività, accoglienza, alimentazione, gestione, comunicazione, marketing, ecc. Di fatto ogni servizio può essere interessato da più innovazioni, compreso la ricerca di qualcosa che magari oggi non esiste, ma che potrebbe rientrare nella visione del turismo di domani. Perché, come ha scritto Jeff Bezoz, fondatore e capo di Amazon, società di vendita on line “una impresa di successo è quella che si rende disponibile ad esplorare territori non ancora tracciati”.
In siffatto scenario, la Riviera di Rimini, con i suoi tre milioni di arrivi e 16 milioni di presenze, rappresenta sicuramente un polo di attrazione importante. Numeri che fanno di questo tratto di Costa, da Bellaria-Igea Marina a Cattolica, uno dei luoghi più frequentati d’Italia e d’Europa, al primo posto per intensità di presenze, 54 pernottamenti l’anno per abitante, e al quinto per intensità ricettiva, 554 posti letto per mille residenti (Zakynthos, Grecia, è in testa con 677 posti letto). In questo bacino così permeato di turismo, oltre alle tendenze, hanno trovato modo di maturare e crescere molti prodotti e servizi per il turismo (fiere di settore, attrezzature per la ristorazione,
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5.2
Obiettivo
Rimini International Tourism Incubator è un progetto, nato nel seno di Rimini Venture 2027, che mira a due obiettivi ben delineati: -- Fare di questo territorio un polo mondiale di ideazione, progettazione e produzione di beni e servizi altamente innovativi per il mercato turistico (di tutti i turismi) globale; -- Diventare un luogo di riferimento e di attrazione per competenze, risorse umane e investitori provenienti da tutto il mondo. Questo obiettivo verrà raggiunto non solo valorizzando le migliori risorse locali già presenti, ma proponendosi di attrarre da fuori, compreso l’estero, le idee e i progetti più competitivi e meritevoli di diventare imprese al servizio del turismo globale.
5.3
Ricadute
Il raggiungimento, in un tempo ragionevole di quattro-cinque anni, di questo obiettivo, da confermarsi e consolidarsi nel tempo, consentirebbe non solo di creare nuove opportunità di fare impresa e di offrire posti di lavoro altamente qualificati per tanti giovani oggi esclusi dal mercato del lavoro, ma di proporsi all’Italia, all’Europa e al Mondo come un Distretto turistico globale, con ricadute positive per l’immagine del territorio e dell’offerta turistica ad esso collegata. In altri termini, la costituzione di un Distretto di questo tipo servirebbe anche da traino e promozione dei “turismi” della provincia di Rimini.
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5.4 Di seguito verranno elencati tutti gli elementi necessari per avviare un Incubatore di imprese altamente innovative nel campo del turismo, con base a Rimini.
Networking/Fare rete
L’esperienza ha dimostrato che gli Incubatori non vivono come cattedrali nel deserto. Se cioè non riescono a fare rete con le esperienze e le risorse più avanzate presenti nel territorio, molto probabilmente avranno vita difficile. In questo ambito l’Università, i Centri di ricerca e le imprese più dinamiche e innovative presenti sono i candidati naturali ad entrare in questa rete che guarda al futuro. Un punto d’inizio per costruire reti globali, come il nuovo mercato turistico richiede.
Lo spazio richiesto
Non esiste una dimensione standard. All’inizio è sufficiente uno spazio relativamente limitato 150200 mq (ricordiamo che M31 è partita con 130 mq ed H-Farm con 900 mq). Ovviamente molto dipende dal numero di start up che si intendono promuovere nei primi anni di vita. Ma nell’ipotesi realistica di sostenere un paio di start up il primo anno, ed altrettante il secondo, lo spazio indicato è un buona base di partenza. Spazio che sarà attrezzato e munito, tra l’altro, delle connessioni digitali più veloci.
L’investimento iniziale
Per un incubatore con le finalità descritte, soprattutto se le start up si dedicheranno all’applicazione, nei nuovi servizi da lanciare, dell’ICT o comunque di tecnologie immateriali, anche se non esclusivamente (perché è noto che per produrre una innovazione “rivoluzionaria” nel campo manifatturiero l’investimento deve essere molto più consistente), è sufficiente un investimento iniziale di circa 500 mila euro.
La costruzione dell’Incubatore
I finanziamenti
Ci sono due tipi di finanziamento da prendere in considerazione. Il primo è quello necessario alla costituzione, sostanziale e formale, di
Rimini
International Tourism Incubator, nella forma di un venture incubator. Cioè di un incubatore che non solo organizza spazi e servizi, ma investe (sul modello di M31 e H-Farm) Nelle esperienze di maggiore successo, come quelle descritte, gli investimenti sono stati tutti di origine privata, anche per i troppi vincoli che la presenza pubblica prevederebbe, considerando che una attività di venture capital deve mettere in conto un certo livello di rischio. In ogni caso la motivazione dei finanziatori è consigliabile che faccia premio sul numero dei medesimi. Questo anche per l’agilità di funzionamento della futura struttura. Tra i potenziali partner, in linea con le loro finalità, un ruolo importante potrebbe giocarlo la Fondazione CARIM (ed anche la Camera di Commercio, che a Pisa ha istituito un fondo rotativo di partecipazione al capitale di rischio di imprese innovative). Una seconda fonte di finanziamento è invece costituita dagli investimenti che ogni singola start up potrà richiamare (operatori di settore, business angels, tour operator, agenzie di viaggi, ecc.), in ragione del prodotto che si accinge a creare e lanciare sul mercato. Un attività, la ricerca di finanziamenti, che rientra tra i compiti del futuro incubatore.
La ragione sociale dell’Incubatore Nella costituzione formale della società Rimini International Tourism Incubator la forma Srl è quella, almeno nella prima fase, più rispondente alle necessità (come è anche il caso di M31), che sono anche quelle di consentire, per
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tempi anche brevi (4-5 anni) l’ingresso nel capitale di eventuali novi soci-investitori.
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Funzionalmente la struttura potrebbe essere la seguente:
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I costi operativi
Il seguente calcolo è riferito ai primi due anni di vita dell’Incubatore: --
Affitto e gestione sede (200 mq), compresi i servizi (acqua, luce, gas, pulizie, connettività, ecc.): 40 mila €
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N° e costo del personale (per i primi due anni): 1 con ruolo di segreteria e addetto servizi generali + 1 amministrativo (½ tempo); Costo complessivo:55 mila € (34 mila + 21 mila €)
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Management 1 Direttore/Coordinatore/ Promotore: 65 mila € Funzionamento CdA, Amministratore Delegato, Comitato investimenti, ecc.: 20 mila €
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Consulenze esterne (finanziaria, fiscale, gestione del personale, legale, marketing, ecc.): 26 mila € il primo anno (con due start up); 53 mila € il secondo anno (con 4 start up).
Costo totale 1° anno: 206 mila € Costo totale 2° anno: 233 mila € I rientri attesi
Prevedendo che: -- le nuove imprese incubate arrivino sul mercato con i loro prodotti nell’arco di 6-8 mesi, cominciando quindi a generare i primi ritorni già il primo anno; -- le start up siano messe in vendita, come di solito avviene, entro i primi 3-4 anni, con ricavi che possono essere 5-6 volte superiori all’investimento iniziale; -- che le start up possono (devono) attrarre altri investitori;
La collaborazione con M31
La collaborazione con M31, che si è dichiarata, anche di recente (febbraio 2012), disponibile ad entrare con una quota (da definire) nella compagine di Rimini International Tourism Incubator, è strategica per le seguenti ragioni: a. ha una rete di relazioni, soprattutto con una serie di investitori, ma non solo, che sarebbe difficile realizzare in tempi brevi, e soprattutto richiederebbe sforzi notevoli; b. l’apertura della sua sede negli USA ci metterebbe direttamente in contatto col mercato americano, sicuramente tra i più promettenti per qualsiasi prodotto globale; c. l’esperienza già maturata, e i servizi già approntati, ci consentirebbe di risparmiare errori e di usufruire di una organizzazione ben avviata e consolidata (è questo il senso dei servizi in collaborazione con M31 di cui si può leggere nell’organigramma disegnato); d. rientra nei programmi di M31 la costruzione di una rete di Incubatori che collaborano tra di loro e con la casa madre.
Opportunità e rischio Per i bassi investimenti in VC fatti in Italia, che sicuramente dovranno aumentare, la costruzione di un Incubatore specializzato, al momento unico in Italia e forse anche all’estero, rappresenta sicuramente una opportunità. Il rischio viene invece da progetti che hanno messo il turismo al centro delle loro attenzioni, come sta già facendo H-Farm, e che potrebbero occupare lo spazio oggi disponibile. Il tempo delle decisioni, in questo caso, non è una variabile secondaria.
Ci sono le condizioni per ottenere, entro i primi tre anni, rientri che facciano propendere per la sostenibilità economica dell’iniziativa.
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