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di V. Ilari “
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Patriotism Prepaid
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di Virgilio Ilari
«patriotism...bought and paid for is not patriotism.»
President Coolidge, May 15th 1924, vetoing a bill granting bonuses to the Veterans of WWI
in the background of the Great Depression and New Deal, the Bonus army March (1932), the Business Plot against FDr (1934) and the funny apologue of the Veterans of Future Wars (1936) show how difficult it is to predict the unintended consequences of the victories and their continuing financial costs in the medium and long term. But it is illusory to hope that the spiraling costs will deter the U. S. from waging war.
Mettendo fine all’occupazione militare degli Stati ex-confederati, il Posse Comitatus Act del 1878 vietò l’impego dell’esercito federale in compiti di ordine pubblico interno, tranne che nel territorio del Distretto Federale, sede degli organi costituzionali. L’eccezione fu motivata col precedente del 1783, quando era stato necessario far intervenire le poche truppe permanenti conservate dopo la guerra d’indipendenza, per disperdere 400 veterani della Continental Army, i quali, licenziati senza paga due anni prima, avevano assaltato in armi la State House di Philadelphia costringendo il Congresso a fuggire a Princeton, e bivaccato poi per settimane in quella che era allora la capitale della Repubblica1 . Il secondo intervento dell’esercito federale nella capitale degli Stati Uniti avvenne un secolo e mezzo più tardi, e anche stavolta contro una manifestazione di veterani.
In realtà i veterani della Continental Army ricevettero terre per due milioni di acri e pensioni di 80 dollari l’anno: l’ultima a goderne, a titolo di reversibilità, fu la vedova di un arzillo veterano nata 37 anni dopo la
1 John A. Nagy, rebellion in the ranks: Mutinies of the american revolution, Yardley (PA),
Westholme Publishing 2007, pp. 217 ss.
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guerra e morta l’11 novembre 19062. I veterani delle guerre successive furono invece assai meno fortunati. Solo nel 1871 furono accordate pensioni ai pochi superstiti del 1812, nel 1885 a quelli del 1846 e nel 1890 a quelli della guerra civile, favoriti dal fatto che le associazioni dei veterani nordisti (GAR) e sudisti (UCV) erano le rispettive macchine elettorali dei Repubblicani e dei Democratici. Ai veterani della guerra ispano-americana furono corrisposti 867 milioni, mentre le operazioni militari, incluse quelle contro Aguinaldo, ne costarono solo 629. Durante la grande guerra gli Stati Uniti mobilitarono però oltre 4 milioni di uomini, in gran parte reclutati attraverso una coscrizione fortemente iniqua. Nell’aprile 1917 la borghesia aveva intonato over there commuovendosi per il patriottismo degli hyphenated, ma dopo l’armistizio cominciò a temere che i reduci portassero a casa il germe del bolscevismo. Il rimpatrio di due milioni di uomini dalla Francia si protrasse per mesi e, per contrastare indisciplina e sovversivismo, su proposta del tenente colonnello Theodore Roosevelt jr (18871944), figlio del presidente omonimo, il governo promosse un’associazione patriottica di reduci.3 Fondata a Parigi il 17 marzo 1919, l’American Legion (AL) mirava soprattutto a prevenire derive rivoluzionarie, contrapponendo la retorica dei valori nazionali (“Americanism”) al preteso pericolo bolscevico. Vi furono anche scontri sanguinosi col sindacato operaio di estrema sinistra (JWW), in particolare il massacro di Centralia (sobborgo di Washington) avvenuto durante il pri-
2 Esther Sumner Damon (1814-1906). 3 George Seay Wheat, the Story of the american legion, New York and London, G. P. Putnam’s Sons, 1919. William Pencak. For God & Country: the american legion, 19191941, Boston, Northeastern University Press, 1989. Thomas A. Rumer. the american legion: An Official History, 1919-1989. New York: M. Evans, 1990.
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mo anniversario dell’armistizio. Il National Commander Alvin M. Owsley (1888-1967) dichiarò nel 1923 che l’AL era l’equivalente americano delle camicie nere italiane4 .
Vantando un milione di membri, l’AL fece valere il suo peso elettorale, appoggiando di volta in volta candidati di entrambi i partiti e facendo lobbismo a favore dei veterani. Del resto erano rappresentati anche nel Congresso, perché ben 15 senatori e 63 deputati avevano fatto la guerra. Durante la guerra il governo aveva corrisposto un assegno mensile alle famiglie dei soldati e incentivato le assicurazioni sulla vita, ma all’atto del congedo i veterani ricevettero una buonuscita di appena 50 dollari. Nel 1920 l’AL reclamò un ricalcolo della penalizzazione economica subita per i mesi trascorsi sotto le armi, sottopagati a 30 dollari. Un primo progetto presentato dal deputato Joseph W. Fordney prevedeva l’opzione tra un’indennità una tantum e un credito per l’istruzione o per l’acquisto di una casa o di una fattoria. Il Fordney Bill fu respinto dal senato perché comportava una spesa di 5 miliardi (mentre il PIL stava crollando dagli 88 miliardi del 1920 ai 73 del biennio 1921-22). Nel 1922 il Congresso approvò un nuovo Bill, che riduceva l’onere a 4 miliardi sopprimendo l’opzione del prestito fondiario, ma poi si arrese al veto del presidente Warren Harding, che eccepiva la mancata copertura fiscale e contestava pure il fondamento etico e giuridico del beneficio concesso a gente che in maggioranza non era stata al fronte. Una terza proposta, che convertiva l’indennità in una polizza assicurativa, fu infine approvata dal Congresso il 19 maggio 1924, ignorando il veto opposto dal nuovo presidente Calvin Coolidge.
Il World War Adjusted Compensation Act, o Bonus act, riconosceva un “credito” di 1 dollaro per ogni giorno trascorso sotto le armi, più un quarto di dollaro per ogni giorno di servizio oltremare: con un massimo, rispettivamente, di 500 e 625 dollari [= 5.924 e 7.899 del 2010]. Inoltre venivano liquidati immediatamente solo i crediti dei deceduti e quelli inferiori a 50 dollari. Quelli superiori erano convertiti in “certificati di servizio rettificati”, analoghi a polizze assicurative ventennali di importo pari al 125 per cento del credito, rimborsabili nel 1945, salva la liquidazione agli eredi in
4 Robert Justin Goldstein, little ‘red Scares’: anti-Communism and Political repression in the United States, 1921-1946, Farnham, Ashgate Publishing, Ltd., 2014.
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caso di premorienza. Secondo la consulenza resa al Comitato della Camera da Herbert Hess, ragioniere generale della Città di New York, i 3.662.374 certificati comportavano un onere di 3,6 miliardi di dollari [equivalenti a 45,7 miliardi del 2010, ma pari al 3,7 per cento del PIL 1925]. L’onere era coperto da un fondo d’investimento alimentato da 20 versamenti annuali di 112 milioni, e, a partire dal 1927, i titolari dei certificati potevano chiedere un prestito sino al 22,5 per cento del credito iscritto.
Sulle prime i veterani furono soddisfatti del compromesso, ma dopo il venerdì nero di Wall Street molti persero il lavoro e tornarono a chiedere il pagamento immediato. La richiesta, non condivisa dall’AL e promossa dalla più radicale associazione dei Veterani delle Guerre Esterne (VFW)5 capeggiata dal giovanissimo ex-marinaio James Edward van Zandt (18981986), fu sponsorizzata dai congressisti democratici, ma il presidente Herbert Hoover e i repubblicani replicarono che ciò avrebbe reso necessario aumentare le tasse, vanificando gran parte del vantaggio per gli stessi veterani. In ogni modo nel 1931 il tetto dei prestiti fu elevato al 50% del credito e nel 1932 se ne erano già avvalsi 2,5 milioni di veterani per un totale di 1,4 miliardi.
L’AL, che aveva invitato Mussolini alla convention del 1930, invitò a quella del 1931 il generale Smedley Butler, tuttora il marine col maggior numero di decorazioni al valore, che Hoover aveva fatto deferire alla corte marziale per aver detto peste e corna del duce provocando un incidente diplomatico con l’Italia6. E nel discorso del 21 agosto 1931 alla convention di New Britain, Connecticut, Butler lasciò attonito il publico con una clamorosa denuncia del vero scopo, cinicamente affaristico, degli immacolati interventi militari esterni a cui aveva preso parte:
5 Herbert Molloy Mason Jr., VFW: our First Century, Lenexa (Kansas), Addax Publishing
Group, 1999. Fondata nel 1913 sul modello dell’associazione dei veterani nordisti (Grand
Army of the Republic), la Veterans of Foreign Wars derivava dalle associazioni dei veterani della guerra ispano-americana. 6 Smedley Darlington Butler (1881-1940). Hans Schmidt, Maverick Marine: General
Smedley D. Butler and the Contradictions of american Military History, Lexington,
University Press of Kentucky, 1998.
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«I spent 33 years...being a high-class muscle man for Big Business, for Wall Street and the bankers. In short, I was a racketeer for capitalism....
«I helped purify Nicaragua for the international banking house of Brown Brothers in 1909-1912. I helped make Mexico and especially Tampico safe for American oil interests in 1916. I brought light to the Dominican Republic for American sugar interests in 1916. I helped make Haiti and Cuba a decent place for the National City [Bank] boys to collect revenue in. I helped in the rape of half a dozen Central American republics for the benefit of Wall Street....
«In China in 1927 I helped see to it that Standard Oil went its way unmolested....I had...a swell racket. I was rewarded with honors, medals, promotions....I might have given Al Capone a few hints. The best he could do was to operate a racket in three cities. The Marines operated on three continents...»7
Nel gennaio 1932 25.000 disoccupati della Pennsylvania fecero una “marcia su Washington”, bissando un’analoga dimostrazione avvenuta durante la crisi del 1893. Incoraggiato da questo precedente, un comitato spontaneo di veterani senza lavoro né casa, capeggiato dall’ex-sergente Walter W. Waters, indisse in giugno una manifestazione ben più imponente in sostegno della proposta di legge per il pagamento immediato del bonus, presentata dal deputato texano Wright Patman. Alla marcia, battezzata da Waters “Bonus Expeditionary Force” e dai media “Bonus Army”, presero parte 17.000 reduci e 26.000 familiari e simpatizzanti di altre organizzazioni di sinistra8 .
Il Bonus Bill fu approvato dalla Camera il 15 giugno, ma il 17 fu re-
7 Jules Archer, the Plot to Seize the White House. the Shocking true Story of the Conspiracy to overthrow FDr, Skyhorse Publishing 1973, reprinted 2007, 2015, pp. 118-119. 8 Roger Daniels, the Bonus March: an episode of the Great Depression. Westport, (CT),
Greenwood Publishing, 1971. Paul Dixon and Thomas B. Allen, the Bonus army. an american epic, Walker & Company, 2004.
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spinto dal Senato, tra le proteste dei dimostranti ammassati davanti al Campidoglio. Nonostante la sconfitta, i veterani decisero di proseguire la protesta ad oltranza, costruendo una “Hooverville”9, battezzata “Camp Marks”, in un’area acquitrinosa sulla riva sinistra dell’Anacostia presso i Ponti dell’11a Strada) e campi minori sulla destra del fiume. Si era alla vigilia delle elezioni, e la Bonus Army fu visitata e incoraggiata pure da Butler, candidato alle primarie repubblicane per il seggio senatoriale della Pennsylvania, come sostenitore del proibizionismo.
Bonus Army marchers (left) confront the police (National Archives and Records Administration 595233. Wikimedia commons)
Temendo che la sfida dei veterani potesse catalizzare le pulsioni populiste di destra e di sinistra, Hoover scelse infine la maniera forte. Il 27 luglio l’Attorney General ordinò di sgombrare le proprietà federali, e nell’operazione la polizia aperse il fuoco uccidendo due veterani, uno dei quali immigrato lituano, e facendo un migliaio di feriti, senza però riuscire nell’intento. Hoover trasferì allora il compito all’esercito e il capo di stato
9 Durante la Grande Depressione le baraccopoli dei senza casa venivano beffardamente chiamate “Hovervilles” in “onore” del presidente.
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maggiore, generale Douglas McArthur, volle personalmente guidare l’operazione, nonostante fosse sconsigliato dal suo primo aiutante di campo, il futuro presidente Dwight David “Ike” Eisenhower. McArthur era infatti convinto che la Bonus Army fosse pilotata dai comunisti, anche se l’intelligence militare aveva ridimensionato la loro presenza nel comitato organizzativo. Le truppe, 500 uomini del 12th Infantry e 600 del 3rd Cavalry con maschere antigas e 6 carri Renault, erano comandate dal futuro “generale d’acciaio” George Smith Patton, allora maggiore.
All’alba del 28 le truppe furono schierate sulla Pennsylvania Avenue. Credendo che fossero state mandate a difenderli dalla polizia, i dimostranti le applaudirono, ma all’improvviso furono caricati dalla cavalleria di Patton. Poi intervennero i fanti con le baionette inastate e il gas lacrimogeno sgombrando i campi minori. I dimostranti si rifugiarono allora oltre l’Anacostia e Hoover ordinò di cessare l’operazione. McArthur tuttavia disobbedì dicendo di dover fermare un colpo di stato e fece dare alle fiamme Camp Marks, con un bilancio di 55 feriti e 125 arrestati. La moglie di un veterano abortì e un ragazzo dodicenne morì intossicato dal gas. L’ex soldato di prima classe Joe Angelo (1896-1978), decorato della Distinguished Service Cross per aver salvato la vita di Patton il 26 settembre 1918, tentò invano di parlamentare col suo ex comandante, che negò di conoscerlo e lo fece arrestare (dichiarando in seguito di averlo più volte sussidiato di tasca propria).
Anche se il fattore decisivo per la sconfitta di Hoover fu la sua difesa ad oltranza del gold standard, influì pure l’eccessiva durezza verso i veterani. Lo stesso Butler (del resto sconfitto alle primarie repubblicane) fece un endorsement a favore di Roosevelt, anche se il candidato democratico aveva preso posizione contro il Bonus Bill. Del resto il voto degli operai e delle minoranze (neri, ebrei, italiani, polacchi) per i democratici determinò tra l’altro un vasto e permanente mutamento della base sociale dei due tradizionali partiti americani.
Nel marzo 1933 la Metro Goldwyn Mayer salutò l’insediamento del nuovo presidente con un film di Gregory La Cava (Gabriel over the White House), tratto da un romanzo (rinehard) di Thomas Frederick Tweed10
10 Thomas Frederick Tweed (1890-1940), dei Lancashire Fusiliers, era stato il più giovane tenente colonnello britannico ed era consigliere di Lloyd George.
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in cui si immaginava un salvatore della patria ispirato dall’Arcangelo Gabriele che vietava l’impiego dell’esercito contro i disoccupati, li inquadrava in una Construction Army, metteva al muro i delinquenti e gli speculatori, sospendeva la costituzione e i diritti civili e organizzava una milizia popolare di camicie brune. In effetti l’esordio di Roosevelt, con l’abbandono del gold standard e la legge bancaria di emergenza, fu indubbiamente rivoluzionario11 .
Tra i creditori penalizzati dalle misure inflazionistiche di Roosevelt, c’erano tuttavia pure i veterani, che vedevano i loro certificati ridotti a carta straccia. In maggio i veterani organizzarono una seconda dimostrazione, ma il nuovo presidente venne loro incontro, offrendo un campeggio in Virginia in cui erano assicurati tre pasti al giorno e avviando trattative col suo consigliere Louis Howe. La First Lady fece poi un’azzeccata visita informale al campo, passando una giornata insieme ai veterani e annunciando una riserva di posti a loro favore nel nuovo Corpo di Manutenzione Civile (ne furono ammessi 25.000).
Non tutti apprezzarono però questi gesti distensivi. In luglio Butler fu avvicinato da due esponenti dell’AL che gli proposero di prenderne il “comando” nazionale e difendere i diritti degli ex-combattenti. Uno di costoro, tale Gerald C. McGuire, era un promoter finanziario a cento dollari a settimana della maggiore impresa di investimento di Wall Street (la Gravson M.-P.Murphy) che faceva pubblicità ai prodotti della J. P. Morgan, nonché un attivista del Comitato per il dollaro forte che perorava il ritorno al gold standard. In settembre Butler fu avvicinato pure da Robert Sterling Clark, un collezionista d’arte che era stato tenente nella guerra contro i Boxers e che aveva ereditato la fortuna della Singer Company.
A Butler però l’AL non piaceva. In dicembre percorse infatti il paese insieme a van Zandt per incitare gli ex combattenti ad organizzarsi politicamente in difesa dei propri diritti aderendo alla VFW. Forte della sua popolarità e dei suoi occhi spiritati12, Butler denunciava l’Economy Act
11 Jonathan Alter, The Defining Moment: FDR’s Hundred Days and the Triumph of Hope,
New York, Simon & Schuster, 2007 pp. 184 ss. (Chapter 27: «Gabriel over the White
House»). 12 Oltre che “The Fighting Quaker” e “The Maverick Marine” lo chiamavano “Old Gimlet
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del 1933, i profitti di guerra, l’avventurismo militare e gli intrighi dell’amministrazione Roosevelt con gli affaristi e invitava a prendere per il collo i banchieri e i pescecani di Wall Street e i loro burattini fascisti dell’AL.
Nei primi mesi del 1934 McGuire fece un viaggio in Europa e si entusiasmò per l’organizzazione fascista francese delle Croci di fuoco. Il 22 agosto incontrò nuovamente Butler e, prospettandogli il rischio di una deriva comunista, gli propose apertamente di guidare un colpo di stato, assicurandogli un finanziamento di tre milioni di dollari e un “esercito” di mezzo milione di veterani. Il piano prevedeva di prendere a pretesto la malferma salute di Roosevelt per guidare una grande marcia sulla Casa Bianca e imporre la dittatura di Butler col titolo di “segretario degli affari generali”, lasciando al presidente un ruolo puramente nominale. Il 23 agosto fu ufficializzata la nascita dell’American Liberty League, un think tank di estrema destra derivato su una precedente associazione antiproibizionista, il cui tesoriere era Graveson Murphy (il datore di lavoro di McGuire) e che era finanziata tra l’altro da Robert Clark.
Il 13 settembre McGuire incontrò Paul Comly French, un reporter che era stato segretario personale di Butler, il quale a fine settembre avvisò van Zandt che i cospiratori intendevano incontrarlo di nuovo durante un meeting della VFW. La denuncia di Butler fu trasmessa al Congresso, che affidò l’indagine ad una speciale commissione d’inchiesta sulle attività non americane (il comitato McCormack-Dickstein), il quale si insediò il 20 novembre 193413. French ne dette notizia il 21 sul Philadelphia record e il New York Post. Il 22 il New York times bollò l’inchiesta come una “colossale bufala”. McArthur, chiamato in causa come dittatore di riserva
Eye” a causa dele febbri ricorrenti contratte durante le Banana Wars a favore dell’United
Fruit Company in Honduras (1903) e Nicaragua (1909-12). Butler aveva combattuto pure nelle Filippine contro Aguinaldo, in Cina (a Tien Tsin e San Tan Pating) e contro i ribelli haitiani (1915) e nel marzo 1914 aveva svolto una ricognizione segreta in Messico per preparare lo sbarco di Veracruz. 13 Nel 1938 il comitato della Camera per le attività non-americane (HUAC), sia fasciste che comuniste, fu reso permanente. Sopravvisse sono al 1969 e non va confuso con la celeberrima Commissione McCarthy. Il principale animatore dell’HUAC fu il deputato democratico Samuel Dickstein (1885-1954). Nel 1999 spuntarono dagli archivi sovietici documenti secondo i quali proprio all’epoca dell’inchiesta sul “business plot” sarebbe stato al soldo dell’NKVD, il precursore del KGB.
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qualora Butler avesse rifiutato, disse che era “la miglior barzelletta dell’anno”. Il sindaco di New York, Fiorello La Guardia, liquidò l’affare come un “cocktail push”.
L’inchiesta si protrasse fino al 29 gennaio 1935, pochi giorni dopo la morte di McGuire, avvenuta per cause naturali. Il rapporto finale sosteneva che era provata l’intenzione di alcuni cittadini di instaurare una dittatura fascista, ma non erano emersi interferenze europee né concreti preparativi. La rivista comunista New Masses commentò che l’inchiesta era stata insabbiata e che il putsch era parte di una “cospirazione di finanzieri ebrei collusi con gruppi fascisti”14 .
14 Archer, cit., prende sul serio il Wall Street Plot, facendolo risalire a John Pierpont Morgan.
Il Business Plot è menzionato nel documentario canadese the Corporation (2003) scritto da Joel Bakan e diretto da Mark Achbar. Nel 2011 Oliver Stone acquisì i diritti cinematografici del libro di Archer ma, melius re perpensa, rinunciò a produrre un film tratto dal libro, che avrebbe dovuto essere diretto da Michael Mann, con Ralph Fiennes nella parte di
Butler. Probabilmente l’epoca della GWOT non è propizia per rivangare War is a racket.
V. pure L. Wolfe, «The Morgan Fascist Coup Plot and How Roosevelt Defeated It», eir,
August 11, 2006, pp. 46-67. Sally Denton, the Plots against the President: FDr, a Nation in Crisis, and the rise of the american right, Bloomsbury Publishing USA, 2012.
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Butler continuò per un altro paio d’anni la sua attività di conferenziere a sostegno della Lega Americana contro la guerra e il fascismo (creata nel 1933 dal partito comunista americano), sostenendo che la guerra mondiale aveva generato enormi profitti sulla pelle dei soldati e che egli stesso, durante i suoi trent’anni di servizio militare, non aveva fatto altro che servire gli interessi dei banchieri e dei capitalisti (International Banking House of Brown Brothers, United Fruit, National City Bank, Standard Oil), tesi riassunte in un’intervista al periodico socialista Common Sense e in un breve opuscolo del 1935 (War is a racket), che rivaleggiò con l’analogo best-seller Death Merchants15 pubblicato nel 1934.
Intanto Patman aveva ripresentato il suo Bonus Bill, ma nonostante la schiacciante maggioranza democratica in entrambi i rami, il Congresso si conformò al veto opposto da Roosevelt il 22 maggio 193516. La sconfitta indusse AL e VFW ad archiviare i passati contrasti e a concordare, insieme all’associazione dei mutilati e invalidi (DAV), una piattaforma unitaria che lasciava ai veterani la scelta tra l’assicurazione e l’incasso immediato. Il 22 gennaio il Congresso trasmise fulmineamente alla Casa Bianca la relativa proposta di legge (Harrison Bonus Bill) e l’approvò il 27, ignorando il secondo veto presidenziale.
La nuova legge (Adjusted Compensation Payment Act) sostituiva i certificati del 1924 con buoni del tesoro novennali non trasferibili al 3 per cento (un sesto in più del tasso bancario medio). I buoni, in tagli da 50 dollari, scadevano il 15 giugno 1945, ma erano liquidabili in contanti in qualsiasi momento a partire dal 15 giugno 1936. Il totale dei buoni era di 1,7 miliardi e nelle prime de settimane utili di giugno ne furono incassati il 46 per cento, facendo schizzare il deficit federale al record di quasi l’un per cento del PIL. In compenso questa massiccia iniezione di liquidità elevò in media del 30 per cento il potere d’acquisto dei percipienti e contribuì a stimolare la ripresa economica, che nel 1936 fu due volte e mezza maggiore del biennio precedente. Un altro 45 per cento dei buoni fu liquidato entro il
15 Helmuth Carol Engelbrecht (1895-1939) and Frank Cleary Hanighen (1899-1964), Merchants of Death. a Study of international armament industry, New York, Dodd, Mead &
Coy, 1934. 16 John Wolley and Gerald Peters, The American Presidency Project, Roosevelt, 69 Veto of the Bonus Bill, May 22 1935 http://www.presidency.ucsb.edu/ws/?pid=15061
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1937, ma gli effetti economici furono molto più contenuti17. Il movimento dei veterani fu quindi un fattore importante del New Deal, ma, come ha messo in luce Stephen Ortiz18, ebbe ricadute sociali e politiche complesse e profonde.
La vicenda della Bonus Army ebbe una surreale coda futurista, che, pur in termini goliardici, sottolineò clamorosamente il paradosso di stimare in anticipo le conseguenze strutturali e i costi socio-economici di medio e lungo periodo delle guerre; una delle più imbarazzanti obiezioni che si possono sollevare contro la possibilità almeno teorica di usare la guerra come deliberato e razionale strumento della politica.
L’idea nacque nel marzo 1936, durante un ozioso tea party tra studenti anziani al Terrace Club dell’Università di Princeton. Commentando con cinismo goliardo-liberale la vittoria dei veterani, Lewis J. Gorin Jr., classe 1914, osservò in tono apagogico che se i veterani della guerra passata potevano riscuotere in anticipo i loro crediti, era giusto che i veterani della prossima – assai probabile considerata la situazione internazionale – potessero godersi subito i loro soldi, invece di aspettare il prossimo dopoguerra, quando avrebbero potuto essere morti o invalidi.
Il tea party trovò blasé l’idea di mettere in satira le pretese keynesianpopuliste delle associazioni combattentistiche e decise di fondare il movimento dei «Veterans of Future Wars», parodia dei Veterans of Foreign Wars. Gorin lanciò sul Daily Princetonian del 16 marzo un manifesto in cui, premesso che nei prossimi trent’anni ci sarebbe stata inevitabilmente un’altra guerra, si reclamava una “adjusted service compensation, some-
17 Lester G. Telser, «The Veteran’s bonus of 1936», Journal of Post Keynesian economics,
Vol. 26, No. 2, 2003, pp. 227-244. Hugh Rockoff, america’s economic Way of War: War and the US economy from the Spanish-american War to the Persian Gulf War, Cambridge
University Press, 2012, pp. 152-154. 18 Stephen R. Ortiz, Beyond the Bonus March and Gi Bill: How Veteran Politics Shaped the
New Deal era, NYU Press, 2009. Id., «Well-armed internationalism: American. Veteran Organizations And the Crafting of an ‘Associated’. Veterans’ internationalism 1919–1939», in Julia Eichenberg and John Paul Newman (Eds), the Great War and Veterans’ internationalism, Palgrave Macmillan, 2013, pp. 53-76.
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times called a bonus”, di mille dollari a ciascun cittadino maschio tra i 18 e i 36 anni, pagabile il 1° giugno 1965. E, considerata la prassi di pagare i bonus in anticipo, si pretendeva il pagamento immediato, più un interesse composto retroattivo del tre per cento annuo dal 1° giugno 1965 al 1° giugno 1936. Unico modo di dimostrare la gratitudine della patria verso i futuri caduti e invalidi. Il manifesto concludeva con lo slogan nazionalpopolare “America for Americans”19 .
Al manifesto fece seguito due mesi dopo un impertinente ma sofisticato pamphlet del «VFW National Commander» Gorin, Patriotism Prepaid, illustrato con 10 vignette umoristiche di Albert M. Barbieri20. Messo in esergo un proprio distico elegiaco («ah, take the cash and let credit go / Nor heed the rumble of a distant drum»), Gorin spiegava le ragioni per cui gli Stati Uniti sarebbero stati obbligati a intervenire di nuovo in una guerra scatenata dai criminali dittatori europei: non ultima la necessità di salvare i propri crediti aiutando «our prodigal mother, Old Europe» («caveat emptor»). In fondo «taxes are worse than war». Gli Stati Uniti si erano sempre gloriati di saper prevedere il futuro [«hindsight, foresight and manifest destiny (war)»] ma non avevano fatto un’adeguata preparazione «for an obvious coming war». L’opuscolo voleva dunque richiamare l’attenzione del distratto Congresso,
19 Lewis J. Gorin Jr., Patriotism Prepaid, Illustrated by Albert M. Barbieri, Philadelphia
London, Lippincott, 1936, p. 99. Donald W. Whisenhunt, Veterans of Future Wars: a
Study in Student activism, Plymouth, Lexington Books, 2011, p. 131. 20 Era già pubblicizzato su Princeton alumni Weekly dell’8 maggio 1936 (vol. 36, No. 29, p. 691).
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alla cui cesarea maestà si inchinavano comicamente i futuri gladiatori universitari: «O Congress! Te morituri salutamus! Libro e moschetto!».
Il costo della prossima guerra – continuava Gorin – era ignoto, ma, tenuto conto dei precedenti storici e dei progressi tecnologici, si poteva stimare al decuplo della guerra passata21. Il bonus alla “generazione perduta”22 era costato 4 miliardi, quindi quello per i 15 milioni di futuri veterani sarebbe stato di 40. Il veterano liberale Roger Burlingame calcolava addirittura 68 miliardi per 7 milioni di superstiti su 8 milioni di mobilitati, cifra talmente esorbitante che a suo dire avrebbe reso impossibile intraprendere una nuova guerra23. Ora l’unico vantaggio di combattere era di poter poi vivere di rendita: questo era stato il vero motivo per cui si era potuta formare la Continental Army, con buna pace delle DAR24. I giovani chiamati alle armi avevano quindi diritto di sapere se lo stato era in grado di mantenerli poi vita natural durante, altrimenti non c’era motivo di presentarsi. Prepagandoli, invece, avrebbero acquisito fiducia e gratitudine verso lo stato, e in caso di guerra sarebbero stati incentivati ad andare al fronte, piuttosto che starsene a casa schiacciati dalle tasse per finanziare le pensioni altrui.
E poi c’erano vedove e orfani. La (lillipuziana) associazione dei veterani
21 Gorin tirava a indovinare, ma la stima era realistica, almeno in termini strettamente finanziari. Secondo un recente studio per il Congresso (Stephen Daggett, Costs of Major U. S.
Wars, CRS 7-5700, 2010) le due guerre mondiali costarono agli Stati Uniti rispettivamente 20 e 296 miliardi di dollari a valori correnti, pari a 334 e 4.104 in valori costanti del 2011, con un incremento di oltre dodici volte. Le cifre si riferiscono però esclusivamente al costo delle operazioni militari, esclusi l’assistenza agli alleati e i costi a medio e lungo termine (interessi sul debito e benefici ai veterani). Furono mobilitati rispettivamente 4 e 15 milioni di uomini, con 137.000 e 407.318 caduti. 22 Gorin alludeva alla “lost generation” descritta da Ernst Hemingway nel suo primo romanzo (Fiesta, 1926): nel postumo a Moveable Feast (1964) lo scrittore attribuì lo spunto della frase a Gertrude Stein, che l’aveva sentita da un garagista francese. 23 William Roger Burlingame (1889-1967), già direttore dello Scribner’s Magazine, saggista, storico, biografo di Billy Mitchell (1954), nel 1932 aveva scritto Peace Veterans; the
Story of a racket, and a Plea for economy (New York, Minton, Balch, 1932). Gorin citava però un articolo su Scribner’s dell’aprile 1936. 24 Daughters of American Revolution, fondata nel 1890 fra i discendenti dei patrioti del 1776. «The only reason she can claim to be a patriot is that her great-great-granpop was in need of some ready cash, and found that marching with the continental army was the easier way in that day to get money, just as it is the easier way to get it today» (Gorin, p. 37).
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liberali25 aveva proposto di raddoppiare le loro misere pensioni di 20/40 dollari, invece di pagare il bonus a gente che poteva mantenersi da sé, come pretendevano AL e VFW (Foreign). La VFW (Future) chiedeva invece un assegno mensile di 50 dollari per ogni ragazza in età fertile, interrotto in caso di guerra. Se il marito non moriva, la moglie doveva restituire le somme ricevute in rate mensili, mentre se tornava invalido le spettava un importo doppio. E i mariti avrebbero combattuto meglio, sapendo «that they have nothing to gain and all to lose by going through the war alive». Infine i futuri veterani chiedevano 5 punti di preferenza nei concorsi pubblici, più altri 5 per l’invalidità (concessi a tutti, non potendosi prevedere chi avrebbe contratto l’invalidità)26 . Il Congresso – proseguiva Gorin – badava solo ai grandi numeri. Per contare bisognava dunque far “massa”, e perciò adottare un’uniforme, come insegnavano camicie nere e camicie brune. Bisognava però distinguersi da “relitti del passato” come AL e VFW (Foreign), quindi niente (kaki) “oltremare” («overseas») ma un bell’azzurro “oltre cielo” [«over air (pronounced over here»)27]. Come saluto ufficiale il gesto del mendicante, a mano tesa e palmo aperto28. E poi parate, bande musicali, schedatura e caccia ai «red». Ormai il titolo di veterano non presupponeva più aver combattuto, ma semplicemente aver lavorato per il governo a salario ridotto. I veterani di ieri non avevano dunque alcuna ragione per discriminare i veterani di domani. Dovevano invece cooperare e mostrare la loro forza con una colossale parata congiunta attraverso Detroit, oltre a mantenere un paio di lobbisti a Washington, uno per scrivere la proposta di legge in termini legali e l’altro per convincere i con-
25 L’American Veterans’ Association, forte di appena 10.000 membri. V. John M. Kinder,
Paying with their Bodies: american War and the Problem of the Disabled Veteran, University of Chicago Press, 2015, p. 178. 26 Gorin, pp. 102-104. 27 Ossia “quaggiù”, dissacrante parodia del patriottico «over there» (“laggiù”). 28 Parodiando il saluto a pugno chiuso della Bonus Army.
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gressisti che rappresentava milioni di elettori. E poi anche i VFW (Future), come i loro cugini maggiori, dovevano affrontare un diabolico gruppuscolo di secessionisti sovversivi che rifiutavano il bonus prepagato. Con questi «conscientious objectors to a bonus» non c’era altra soluzione che incarcerarli “per la durata della pace”.
Il manifesto dei VFW voleva essere solo uno scherzo, ma Robert G. Barnes, “campus correspondent” dell’Associated Press scommise 5 dollari con Gorin che era in grado di pubblicizzarlo a scala nazionale. Infatti, dopo che la notizia comparve sul New York times e su time29, tutte le università americane formarono realmente i loro VFW, che già in giugno contavano 584 sezioni (chapters) con 50.000 membri paganti. E i futuri quadri della nazione gareggiarono in fantasia dissacratoria. Il VFW Chapter della Chicago University coniò lo slogan «We›ll make the world safe for hypocrisy» (renderemo il mondo sicuro per l’ipocrisia) parodiando quello celeberrimo del presidente Wilson (“The World Must Be Made Safe for Democracy”). Altri chapters si intitolarono Future War Propagandists (Rutgers University); Foreign Correspondents of Future Wars (New York City College); Future War Profiteers (Rensselaer Polytechnic Institute); Future Gold Diggers (Sweetbriar College). Le ragazze del Vassar College si permisero di scherzare addirittura sulle sacrosantissime Madri dei Caduti (Gold Star Mothers) intitolandosi Gold Star Mothers of Future Wars e pretendendo esse pure un viaggio pagato in Francia per visitare i (futuri) cimiteri dei loro (futuri) figli caduti per la patria30. Una sezione texana propose un Monumento ai Futuri Soldati con tanto di piastrine nominative in bianco31 .
Van Zandt, personalmente preso di mira da Gorin, sogghignò che quei figli di papà erano troppo “giallognoli” per poter diventare veterani di qualche guerra. Altri però si sentirono feriti da queste impertinenze e, secondo Patriotism Prepaid, ai VFW arrivarono insulti e minace sia da destra che da sinistra. L’on. Claude Fuller dell’Arkansas dichiarò alla Camera che i VFW erano «unworthy of public notice and should be attacked by every
29 «Future Veterans», time, March 30, 1936, p. 38. 30 Whisenhunt, p. 133. 31 Gorin, p. 72.
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true American»32. Al maggior generale Amos A. Fries, già capo del servizio chimico, che aveva tra i suoi compiti legali di monitorare pure le intossicazioni ideologiche, non sfuggì la subdola natura cripto-comunista dei VFW, come, del resto, di tutte le dannate organizzazioni femminili e religiose33. La candida (o cripto?) First Lady li trovò invece divertenti («funny») come scoppiettanti bolle di sapone («a grand pricking of lots of bubbles»), per quanto le esagerazioni potessero urtare dei sentimenti34 .
Ma un bel gioco dura poco e nell’aprile 1937 i promotori dei VFW ne pubblicarono il decesso, dichiarando di aver raggiunto lo scopo di denunciare l’“assurdità” tanto della guerra quanto dell’assalto al bilancio dello stato che era stato consentito alle organizzazioni dei veterani.
Butler morì il 21 giugno 1940. Eletto deputato repubblicano della Pennsylvania nel 1938, van Zandt aderì al comitato anti-interventista (America First Committee) fondato il 4 settembre 1940. Vi aderì pure l’eroico colonnello della guardia nazionale Hanford MacNider (1889-1968), un imprenditore massone di rito scozzese dello Iowa che era stato national commander dell’AL, vice segretario alla guerra e ambasciatore in Canada e aveva concorso due volte alla nomination come candidato repubblicano alla presidenza. Ma i veterani del 1917 partiti cantando over there non se la sentirono di sfilare con lo slogan comunista «The Yanks Are Not Coming». Il servizio informazioni dell’AL cooperò con l’intelligence militare35 schedando pacifisti e radicali36 e dando la caccia agli agenti nazisti e
32 Gorin, p. 66. 33 Amos A. Fries (1873-1963), Sugar Coating Communism for Protestant Churches: Chart
Showing Interlocking Membership of Churchmen, Socialists, Pacifists, Internationalists, and Communists (1923); Communism Unmasked (1937). Thomas I. Faith, Behind the Gas
Mask: the U.S. Chemical Warfare Service in War and Peace, University of Illinois Press, 2014. 34 «Future Veterans Amuse First Lady», the Washington Post, April 3, 1936. 35 Randolph Boehm (Ed.), U. S. Military intelligence reports. Surveillance of radicals in the United States 1917-1941, A Microfilm Project of University Publications of America,
Frederick (MD), 1984. 36 American Legion – Americanism Committee of the 17th District – Department of Califor-
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comunisti, senza poter presagire l’aiuto che dopo l’operazione Barbarossa avrebbero ricevuto da questi ultimi37 .
Peccato che il generale Fries fosse in pensione dal 1929: altrimenti il servizio chimico dell’esercito avrebbe forse annusato l’intossicazione di massa perpetrata dall’intelligence britannica per screditare il movimento non-interventista38, largamente maggioritario, e trascinare l’America in guerra39. Anche questo fu un caso di eterogenesi dei fini, perché il prezzo di salvare l’impero – già pignorato dagli Stati Uniti il 10 ottobre 191640 – fu che la “prodiga madre” dovette cederlo ai parsimoniosi figli (caveat emptor!), pur conservando una simbolica compartecipazione e cercando vanamente d’insegnare agli ottusi pecorai d’oltreatlantico come si governano le onde, come si sopportano i neri fardelli e come le small wars vanno perse con stile e con un pizzico di narrativa (ma Britannia empta ferum emptorem non redempsit!)41 .
Tra i primi intossicati ci fu Gorin, ma bisogna dire che era geneticamente predisposto, considerati il suo antifascismo e il pionieristico contributo della sua alma mater alla storia accademica del pensiero militare42. Avvocato a Louisville, Gorin firmò con altri 20 cittadini più in vista
nia, Report No. 1, Subversive Activities in America First Committee in California, October 10, 1941. 37 Michael Sayers (1911-2010) and Albert E. Kahn (1912-1979), Sabotage the Secret
War against america, New York, Harper and Brothers, 1942. 38 Justus D. Doenecke, «Explaining the Antiwar Movement, 1939-1941: The Next Assignment», Journal of libertarian Studies, 8, 1 (Winter 1986), pp. 139-145. If. (Ed.), in Danger Undaunted: the anti-interventionist Movement of 1940-1941 as revealed in the Papers of the america First Committee, 39 Thomas E. Mahl, British Covert operations in the United States, 1939–1944, Washington, Brassey’s, 1998. Lawrence S. Kaplan, the Conversion of Senator arthur H.
Vandenberg: From isolation to international engagement, University Press of Kentucky, 2015. 40 John Maynard Keynes, «The Financial Dependence of the United Kingdom on the United
States of America», 10 October 1916 (Collected Writings of JMK, vol. XVI, pp. 197-8). 41 Niall Ferguson, Colossus: the Price of america’s empire, New York, Penguin Press, 2004. 42 Makers of Modern Strategy: Military thought from Machiavelli to Hitler, edited by Edward Mead Earle (1894-1954) with the collaboration of Gordon A. Craig (1913-2005) and
Felix Gilbert (1905-1991), Princeton U. P., 1944. Remake a cura di Peter Paret nel 1986.
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una petizione per revocare la legge di neutralità che impediva gli aiuti all’Inghilterra. Tranne uno morto in un incidente stradale e uno impiegato nell’industria siderurgica, tutti gli originali promotori dei VFW servirono in guerra, e due (Gorin e Barnes) all’estero. Gorin fu capitano d’artiglieria in Italia, Francia e Germania e da veterano scrisse un saggio sul ruolo dell’artiglieria americana nella seconda guerra mondiale43. Discendente da Artemus Ward (1727-1800), generale e politico della guerra d’indipendenza, Gorin fu pure attivo nelle tre più prestigiose ed esclusive associazioni patriottiche, i Sons of the American Revolution, la Society of the Colonial Wars e la Society of the Cincinnati. Morì il 1° gennaio 1999 a 84 anni44 , probabilmente ignorando di aver avuto ancora una volta ragione a prendere le distanze dalla «Lost Generation» (1883-1900) di Hemingway: solo nel 1998, infatti, la G. I. Generation (1901-1924) fu giustamente definita la «Greater Generation»45 .
Il 22 giugno 1944 Roosevelt firmò nella Sala Ovale la carta dei diritti dei soldati (Servicemen’s Readjustment Act), il G. i. Bill of rights che, con vari emendamenti è tuttora in vigore. La legge accordava ai prossimi veterani indennità di disoccupazione, borse di studio e formazione professionale e mutui per l’acquisto della casa e l’avvio di attività imprenditoriali. Il costo fu intermedio tra i 40 miliardi pronosticati da Gorin e i 68 calcolati da Burlingame: 50 miliardi di prestiti a 5 milioni di veterani e altri 4 miliardi per il reinserimento di 10 milioni, mentre non è noto il costo dei 9 milioni
43 Gorin, the cannon’s mouth: the role of U.S. artillery during World War ii, New York,
Carlton Press [1973]. 44 the Veterans of Future Wars, Museum of Hoaxes, San Diego (CA), online. Robert McG.
Thomas Jr., «Lewis J. Gorin Jr., Instigator of a 1930’s Craze, Dies at 84», New York times,
January 31, 1999. Jeff Gorin ’65 [figlio], «When a Princeton Prank spread across the U.
S.», PaW (Princeton alumni Weekly) letters, June 7, 2007. 45 Tom Brokaw, the Greatest Generation, 1998. Secondo la teoria dei cicli generazionali di
William Strauss e Neil Howe (Generations: the History of america’s Future, 1584-2069,
New York, William and Coy, 1991) in ciascuna epoca della storia americana («Saecula») si sono succedute 4 generazioni: la prima profetica (idealista), la seconda nomadica (reattiva), la terza eroica (civica), la quarta artistica (adattiva). la “lost” e la “G. i.” sono le generazioni nomadica ed eroica del «Great Power Saeculum» (1860-1942). la mia («Baby-Boom») sarebbe la profetica del «Millennial Saeculum» (1943-), seguita da reattiva (1961), eroica (1983) e artistica (2005).
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di borse di studio46. Gorin azzeccò invece il numero dei veterani: 15 milioni, di cui 11,5 inviati oltremare.
Diversamente da quanto sperava il non-interventista Burlingame, il costo dei veterani non paralizzò lo sforzo bellico, perché fu compensato dalla consapevole assunzione del costo da parte della società47, certa della vittoria finale e incentivata dai benefici sociali (piena occupazione, riduzione delle disuguaglianze48 e, in prospettiva, la creazione di un largo ceto medio patriottico e orientato ai consumi). Il costo, 304 miliardi, fu infatti coperto al 55 per cento dai prestiti di guerra (167,2) e per il resto dalle tasse (136,8). Il PIL aumentò in sei anni da 101 a 173 miliardi costanti, per un totale di 745 nel lustro bellico, il debito pubblico raggiunse il 120% del PIL e l’incidenza fiscale crebbe dall’8 al 20 per cento [decuplicando i contribuenti da 4 a 43 milioni, con aliquote dal 23 al 94%, e riducendo dal 15 all’11 per cento la quota di ricchezza posseduta dall’1 per cento più ricco della popolazione]49 .
Sia nel 1950 che nel 2003 vi furono eruditi appelli per ricostituire i Veterani della Guerra Futura, ma la pedante risata fece cilecca e non seppellì i guerrafondai. Come ai tempi di Burlingame, la spirale dei costi è ancora il Ronzinante di battaglia degli oppositori della Guerra globale al terrorismo (GWOT). Previsti inizialmente in un centinaio di miliardi di dollari attuali, sarebbero infatti già sui 4.40050. La cifra impressiona, perché sembra addirittura superiore al costo della seconda guerra mondiale in
46 Suzanne Mettler, Soldiers to Citizens, the G. i. Bill and the Making if the Greatest Generation, Oxford U. P., 2005. Kathleen Frydl, the G.i. Bill, Cambridge University Press, 2009. 47 Adam J. Berinsky, «Assuming the Costs of War: Events, Elites and American Public Support for Military Conflict», the Journal of Politics, Vol. 69, No. 4, November 2007, pp. 975–997. 48 Non però riguardo alla ripartizione delle perdite tra ceti sociali e aree del paese. V.
Douglas L. Kriner and Francis X. Shen, the Casualty Gap: the Causes and Consequences of the american Wartime inequalities, New York, Oxford University Press, 2010. 49 Christopher Tassava, «The American Economy during World War II», EH.Net Encyclopedia, edited by Robert Whaples, February 10, 2008. 50 Anthony Gregory, What Price War? Afghanistan, Iraq, and the Costs of Conflict, The Independent Institute, June 2011.
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dollari del 2011 (4.200 miliardi)51. In realtà non è così, perché i due terzi dei 4.400 miliardi della GWOT sono rappresentati da stime probabilistiche dei costi collaterali o di lungo termine52; quindi la spesa puramente militare della GWOT (1.60953) è un terzo di quella del 1941-45, senza contare che è spalmata su tre lustri anziché uno. Ma soprattutto il raffronto non tiene conto della diversissima incidenza socio-economica dovuta alla crescita esponenziale del PIL. Nel 1945 le spese di guerra raggiunsero il picco del 35,8 per cento del PIL, ma nel 2008 erano appena un sopportabile 1,2 (un quarto delle spese totali per la difesa)54 .
A differenza delle guerre di Corea e del Vietnam, finanziate rispettivamente dalla tassazione e dall’inflazione55, la guerra fredda e la GWOT sono state interamente finanziate dal debito. La GWOT si differenzia però da tutte le precedenti perché i suoi effetti macroeconomici, anche se assai controversi tra gli economisti56, sono stati comunque limitati, contraddicendo l’idea, ancora radicata in un terzo degli americani, che le guerre siano un antidepressivo economico e un re-distributore di ricchezza. Nei tre lustri della GWOT la crescita del PIL è stata infatti modesta e le disuguaglianze sociali sono cresciute (la quota di ricchezza posseduta dall’1 per
51 David R. Francis, «Iraq War Will Cost More Than World War II», Christian Science Monitor, October 25, 2011. 52 Neta C. Crawford [U.S. Costs of Wars through 2014: $4.4 trillion and Counting,
Boston University, 25 June 2014, online paper] aggiunge altri 2.784 miliardi per allocazioni addizionali del bilancio della difesa per compensare l’aumentato consumo di beni e servizi (996), incremento di spese per la sicurezza interna (472), interessi sul debito (316) e pensioni e assistenza ai veterani sino al 2054 (1.000). 53 Dettagliata analisi in Amy Belasco, the Cost of iraq, afghanistan and other Global War on terror operations since 9/11, Congressional Research Service, December 8, 2014. Per la metodologia di calcolo v. Joseph E. Stiglitz and Linda J. Bilmes,
«Estimating the Costs of War: Methodological Issues, with Applications to Iraq and
Afghanistan», in Michelle R. Garfinkel and Stergios Skaperdas (Eds.), the oxford
Handbook of the economics of Peace and Conflict, Oxford U. P., 2012). 54 Daggett, Costs, cit., p. 2. 55 Joseph T. Salerno, «War and the Money Machine: Concealing the Costs of War Beneath the Veil of Inflation», in John V. Denson (Ed.), the Costs of War. america’s Pyrrhic Victories, New Brunswick and London, Transactions Publishers, 2nd Ed., 1999, pp. 433-453. 56 Lee Hudson Teslik, «Iraq, Afghanistan and the U. S. Economy», March 11, 2008, online.
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cento più ricco della popolazione è raddoppiata dall’8 al 17 per cento)57 .
Ciò non significa che la veteranza di guerra non rappresenti per gli Stati Uniti un grave problema finanziario di lungo termine, oltre che una fonte di patologie sociali. Il bilancio del Department of Veteran Affairs ha raggiunto nel 2015 i 164 miliardi, di cui 68 per l’assistenza sanitaria a 9 milioni di veterani e loro familiari. Dal 2001 al 2054 si è stimato un onere di mille miliardi per i soli 2 milioni di veterani della GWOT.
Da notare che quasi un ventesimo della spesa è assorbita dai familiari superstiti di veterani defunti. Ultimo onere residuo della guerra civile era, ancora nel maggio 2014, la pensione mensile di 73,13 dollari di Irene Triplett. Nata nel 1930, è la figlia disabile di un veterano sudista e poi nordista morto nel 1938, e di una donna di cinquant’anni più giovane. Frank Woodruff Buckles, l’ultimo veterano della grande guerra, è morto a 110 anni il 27 febbraio 2011, ma restano ancora 4.038 pensioni mensili a vedove ed orfani di quel conflitto58 .
57 V. economic Consequences of War on the U. S. economy, Institute for Economics &
Peace, Sidney (NY) and Washington, [2015], online. E’ un eccellente raffronto scientifico fra i modi di finanziamento e gli effetti macroeconomici di tutte le guerre americane dal 1941 a oggi, inclusa la guerra fredda). 58 Sam Frizell, «This Woman Is The Last Pensioner of Civil War Alive», time, May 10, 2014.