31 minute read
La guerra delle bandiere. I corsari barbareschi nella guerra commerciale delle grandi potenze contro la concorrenza, di Antonino Teramo “
La Guerra delle bandiere
I corsari barbareschi nella guerra commerciale delle grandi potenze contro la concorrenza.
Advertisement
di Antonino Teramo 107
«It is not probable that the American states will have a very free trade in the Mediterranean; it will not be the interest of any of the great maritime powers to protect them there from the Barbary states. If they know their interest, they will not encourage the Americans to be carriers. That the Barbary states are advantageous to the maritime powers is certain. – If they were suppressed, the little states of Italy, &c., would have much more of the carrying trade1 .»
‹‹[…] la guerra e la pace con le reggenze Barbaresche ha ferito i sensi ai Gabinetti Europei: alcuni comprano la pace senza alcune difficoltà, mettendo a calcolo i vantaggi del commercio, e facendo tacere ogni altra considerazione; altri fremono all’idea di una umiliazione, e pagano a più caro prezzo la guerra››2 .
I corsari barbareschi: flagello o benedizione?
Le due citazioni che abbiamo riportato, la prima (1783) di Lord Sheffield [John Baker Holroyd, 1735-1821, amico ed esecutore letterario di Gibbon e presidente del Board of Agriculture], l’altra (1786) di un Anonimo poi identificato con certezza nel senese Bartolomeo Forteguerri (1751-
1 Lord Sheffield, observations on the commerce of the american state, 6th Ed., London, J.
Debrett, 1784, p. 252. All’opera collaborò il commerciante Silas Deane (1737-1789), primo diplomatico americano in Francia, scettico però sulla possibilità di restare indipendenti e morto a Gand in circostanze misteriose. Cfr. Walter E. Minchinton, «Silas Deane and
Lord Sheffield’s ‘Observations on American Commerce’», revista da Universidade de
Coimbra, 28, 1980, pp. 83-98. Milton C. Van Vlak, Silas Deane, revolutionary War Diplomat and Politician, Jefferson, NC, McFarland, 2013. 2 Memoria riguardante il sistema di pace e di guerra che le potenze europee praticano con le reggenze di barberia. Edizione seconda corretta ed accresciuta, Tipografo Giovanni Vitto, Venezia 1787, p.1. Pubblicato anonimo a Messina nel 1786, ebbe diverse edizioni in varie città sino al 1830.
108
Economic WarfarE - L’arma Economica in tEmpo di guErra
1809), ammiraglio, poi ministro della Guerra e della Marina del Regno di Napoli3, ben sintetizzano i diversi punti di vista, britannico e italiano, sulle relazioni tra gli stati europei e le reggenze barbaresche. A differenza di Sheffield, che sottolinea con cinismo l’interesse delle due maggiori potenze a tutelare i rais perché impedivano ai piccoli stati di fare concorrenza. Forteguerri cercava soluzioni a portata delle piccole e medie potenze, contro quell’‹‹animale famelico con fauci aperte, che abbocca qualunque cosa gli si getta, e resta quieto a rodere fino a nuova fame››4. Forteguerri tracciava un quadro delle relazioni internazionali e dei conflitti, evidenziando i diversi atteggiamenti dei vari stati, a seconda della loro distanza dalle coste nordafricane e della inefficacia delle più comuni contromisure al fenomeno della guerra di corsa. E proponeva una soluzione audace e innovativa: coinvolgere a pieno nel sistema mercantile europeo le reggenze barbaresche in modo tale che avessero avuto maggiore convenienza nel praticare un proficuo commercio che nel praticare la guerra di corsa.
Nel 1786 la guerra corsara sembrava rinvigorirsi dopo che era apparsa declinare nei decenni precedenti: la flotta di Venezia aveva conseguito alcuni successi contro le reggenze barbaresche, specialmente in azioni punitive, come quella dell’agosto 1776, quando una squadra veneta comandata da Giacomo Nani si avvicinò a Tripoli e riuscì ad ottenere la restituzione delle mercanzie e delle navi predate ad alcune navi veneziane, e ottenere dal pascià il risarcimento dei danni e la punizione dei comandanti delle navi corsare, responsabili delle violazioni del recente trattato di pace che era stato stipulato nel 1764.5 Due decenni dopo, nel 1784, in seguito a un incidente con alcuni abitanti di Sfax il bey Hamuda dichiarò guerra a Venezia. Una flotta veneziana quindi intervenne nei pressi di Tunisi e
3 Daniel Panzac, la république de Venise et les régences barbaresques au XViiie siècle. Un exemple de relation Nord-Sud en Méditerranée occidentale. Présentée et annotée par Salvatore Speziale, avant-propos de Michele Brondino, Éditions Publisud, Paris 2015, pp.35-37;
Calogero Piazza, «Bartolomeo Forteguerri e la Memoria sui Barbareschi del 1786», Studi
Senesi (100, 1988) III serie, 37 – suppl. II, pp. 653-674. Cfr. Anche Salvatore Bono, lumi e
Corsari. europa e Maghreb nel Settecento, Morlacchi Editore, Perugia 2005, pp.9-10. 4 Ivi p.2 5 Salvatore Bono, «Malta e Venezia fra corsari e schiavi (secc. XVI-XVIII)», Mediterranea - ricerche storiche, 3 (2006), pp. 213-222, p. 219. Sui rapporti tra Venezia e le Reggenze barbaresche e la ricostruzione di tutte le vicende economiche, sociali e politiche Cfr. Panzac, la république de Venise, cit.
La Guerra deLLe bandiere 109
bombardò Susa; nella seconda metà dell’anno successivo vi fu una nuova azione militare con bombardamenti di Susa, Sfax e la Goletta ottenendo che Tunisi avviasse delle trattative di pace, rifiutate fino a quel momento. Tuttavia le trattative si arenarono nuovamente a causa dell’intransigenza del bey, vi furono nuovi bombardamenti a Susa, Sfax, Biserta tra la primavera e l’autunno 1786. La pace venne stipulata soltanto nel 1792 dopo lunghe trattative.6
Il breve trattato di Forteguerri, ‹‹écrit d’une plume sèche, précise, et sans animosité particulière››7 affronta un problema, quello della guerra di corsa praticato dai barbareschi, che intaccava gli interessi commerciali di tutte le potenze europee. L’intento probabilmente era anche quello di inserirsi in un panorama teorico e in un dibattito già aperto8, riguardo le strategie utili ad avvantaggiare il proprio Paese nello scacchiere Mediterraneo, prevendendo e proponendo di utilizzare in qualche modo le provincie barbaresche a tale scopo.
In effetti, fin dalla fine del XVI secolo, era venuta ad incrementarsi la pirateria, già frequentissima e florida in ogni epoca nel Mediterraneo. Il fenomeno consisteva nell’aggressione armata alle navi da carico da parte di bande di rapinatori, imbarcati principalmente su unità navali agili e veloci, con lo scopo di trarne un personale vantaggio. Contemporaneamente si affermava anche la guerra di corsa, del tutto simile nella tattica alla pirateria, ma diversa nella strategia: si concretizzava infatti nella lotta al traffico nemico, condotta dai corsari, che erano provvisti di apposite autorizzazioni da parte di stati sovrani, le ‹‹lettere patenti›› o ‹‹lettere di marca››. Sebbene potessero anche commettere atti di pirateria, ed il confine tra le due pratiche fosse molto sfumato, i corsari agivano quindi non soltanto a vantaggio proprio, ma anche a vantaggio dello Stato che li autorizzava,
6 Ibid. Riguardo le operazioni militari condotte in quegli anni da Venezia in Nord-Africa
Cfr. V. Ilari, Ciro Paoletti e Piero Crociani, Bella italia militar. eserciti e marine nell’italia pre-napoleonica (1748-1792), USSME, Roma 2000, pp.210-216. 7 Panzac, la république de Venise, cit., p.35. 8 Cfr. Roberto Tufano, «Il Mediterraneo nell’immaginario italiano tra realtà d’Antico Regime e mito contemporaneo», in annali della facoltà di Scienze della formazione Università degli studi di Catania, 10 (2011), pp. 77-89, nel saggio si possono trovare diversi spunti per inquadrare la problematica, in particolare Cfr. pp. 84-86 in cui si affronta la questione del dibattito settecentesco su pirateria e navigazione.
110
Economic WarfarE - L’arma Economica in tEmpo di guErra
nelle cui casse finiva gran parte del bottino. Inoltre venivano equiparati nei diritti ai normali combattenti e di conseguenza non rischiavano le pene che spettavano ai comuni criminali che si macchiavano di pirateria9. La guerra di corsa nel Mediterraneo venne praticata non soltanto dai nordafricani, ma anche dagli europei: basti ricordare a titolo di esempio i corsari della regina Elisabetta I d’Inghilterra, Francis Drake e John Hawkins, o l’attività dei Cavalieri di Santo Stefano o di coloro che agivano sotto la bandiera dell’Ordine dei Cavalieri di Malta10. Tuttavia nell’immaginario collettivo europeo, fino alla nostra epoca, la pratica guerra di corsa, e della pirateria, nel Mediterraneo è rimasta indissolubilmente legata ai musulmani. Allo stesso modo si è diffusa l’idea che l’attività corsara avesse rappresentato l’attività economica prevalente delle reggenze barbaresche del Nord Africa. La storiografia ha però ridimensionato l’importanza dell’attività corsara nell’economia degli stati Barbareschi tanto che già da diversi decenni è assodato che tali stati ebbero ‹‹Profits aléatoires et en moyenne, médiocres››11, le flotte corsare infatti avevano altissimi costi di mantenimento e il bottino non era sempre certo. Sebbene sia errato ridurre la storia del Maghreb alla sola attività dei corsari, tuttavia bisogna notare come la complessità delle relazioni sviluppatesi a conseguenza della guerra di corsa nel Mediterraneo ha portato a intessere rapporti di diversa natura, pacifici o ostili, culturali o economici, tra le diverse sponde ed ha condizionato anche gli scambi commerciali ed ha segnato il perdurare del fenomeno della schiavitù 12. Un Mediterraneo complesso, in grado di far incontrare ed in un certo senso mescolare, uomini e mentalità, tra Impero Ottomano e stati cristiani, tra islam e cristianesimo13 .
9 Cfr. Alberto Santoni, Da lepanto ad Hampton roads. Storia e politica navale dell’età moderna (secoli XVi-XiX), Mursia, Milano 1990, p.14. 10 Sul complesso e variegato quadro della guerra di corsa praticata da corsari di stati europei si veda in questo stesso volume Roberto Barazzutti, la guerre de course Guerre au commerce et commerce de guerre. 11 Lucette Valensi, le Maghreb avant la prise d’alger, Flammarion, Parigi 1969, p.68. 12 Sulla visione europea del Maghreb e considerazioni generali della storiografia sulla pirateria e sulla guerra di corsa Cfr. Salvatore Bono, il Mediterraneo da lepanto a Barcellona,
Morlacchi, Perugia 1999, pp. 63-84, 103-120. 13 Cfr. Carmelina Gugliuzzo, Mescolanze di mare. Musulmani e cristiani nel Mediterraneo moderno (XVi-XVii secolo), in S. Di Nepi (cur.), Storie intrecciate Cristiani, ebrei e musulmani tra scritture, oggetti e narrazioni (Mediterraneo, secc. XVi-XiX), Edizioni Storia
La Guerra deLLe bandiere 111
I trattati, uno sguardo d’insieme (1605-1795)
Daniel Panzac ha ricostruito l’intreccio e lo sviluppo degli accordi siglati tra le potenze europee e le reggenze barbaresche tra il 1605 e il 183014, proponendo una periodizzazione dell’attività diplomatica. Un primo periodo tra il 1600 e il 1650, quello dei primi accordi, è segnato dall’affacciarsi nel Mediterraneo delle flotte mercantili di Inghilterra e Olanda. In verità fu la Francia ad essere protagonista dei primi attriti, sebbene potesse vantare una tradizione di rapporti d’amicizia. Nel 1604 gli algerini attaccarono e saccheggiarono Bastion de France, la protesta di Enrico IV presso la Sublime Porta non ebbe nei fatti delle conseguenze e quindi il sovrano francese si risolse ad una soluzione di forza affidata a navi assoldate per attaccare la Goletta. Anche un trattato con Tunisi stipulato nel 1605 non aveva portato risultati concreti, furono intraprese nuove azioni militari e furono nuovamente presentate istanze presso la Sublime Porta, considerando che Algeri era provincia ottomana. La situazione si risolse soltanto nel 1628, con un trattato firmato tra Francia e Algeri. L’approccio francese, di agire in via diplomatica a Istanbul fu praticato anche dagli Inglesi che nel 1622 negoziarono il proprio trattato di pace con Algeri. Anche l’Olanda, che in quel frangente rappresentava la maggiore potenza mercantile europea, tentò un approccio diplomatico a Istanbul coinvolgendo in un’unica trattativa anche il governatore di Algeri. In questo caso, come negli altri, si alternarono azioni di forza a tentativi di accordi, fino al 1622 quando fu firmato un trattato che non venne rispettato da parte algerina, si venne quindi ad una nuova azione di forza con una flotta olandese comandata dall’ammiraglio Lambert, che concluse un nuovo accordo nel 1626. Un analogo trattato fu firmato con Tunisi lo stesso anno. Il trattato tra Olanda e Algeri del 1626 rappresentava un modello per i trattati successivi, sia per le modalità (in seguito non furono più i diplomatici a trattare la pace, ma direttamente gli ammiragli delle flotte che sarebbero stati inviati
e Letteratura, Roma 2015, pp.91-109. 14 Daniel Panzac, Barbary Corsairs. The End of a Legend 1800-1820, Brill, Leiden-Boston 2005, pp.25-41, In appendice riporta uno schema riassuntivo dei trattati di pace dal 1605 al 1830, pp. 335-337. Esiste anche un altro studio esclusivamente di tipo giuridico sui trattati di pace e di commercio, Jörg Manfred Mössner, Die Völkerrechtspersönlichkeit und die
Völkerrechtspraxis der Barbareskenstaaten (Algier, Tripolis, Tunis 1518–1830), De Gruyter, Berlin 1968, la lista dei trattati dello studioso tedesco dev’essere però integrata.
112
Economic WarfarE - L’arma Economica in tEmpo di guErra
a contrastare l’attività corsara) sia nei contenuti: erano previste infatti delle condizioni alla guerra di corsa, sebbene l’equipaggio ed i beni appartenenti ai nemici di Algeri potessero comunque essere predati anche se su imbarcazioni olandesi; inoltre gli schiavi avrebbero dovuto essere riconsegnati da entrambe le parti. Gli scambi commerciali tra Olanda e Algeri, inoltre, erano liberi. I nordafricani preferirono spesso importare dall’Olanda, invece di aringhe e formaggi, merce che poteva avere valenza strategica, come tela per le vele, legname per le imbarcazioni, polvere da sparo e artiglierie. Se si eccettua un trattato firmato tra Francia e Algeri nel 1640, che prevedeva il pagamento un tributo francese in cambio del possesso di Bastion de France, non vi furono altri accordi fino al 1658. Questo è il periodo in cui l’Europa è dilaniata dalla guerra dei trent’anni dal 1618 al 1648, con conflitti che coinvolsero Francia e Spagna fino al 1659. In quegli anni gli stati europei sembravano disinteressarsi dei rapporti col Nord-Africa, e la conseguenza è stata un incremento dell’azione dei corsari barbareschi, che non trovarono opposizione adeguata.
Un secondo periodo di relazioni diplomatiche può essere datato dal 1658 al 1725. Dal 1658 al 1668 i trattati stipulati precedentemente furono riconfermati o attuati, gli europei utilizzarono le stesse procedure, con l’invio di squadre navali con ammiragli che avevano l’incarico di attaccare il nemico e condurre le trattative. Nel 1658 l’Inghilterra fu la prima potenza europea a stabilire relazioni con Tripoli15. I nuovi trattati stipulati nuovamente dagli stati europei ricalcarono quelli precedenti. Per la prima volta, nel trattato con Algeri del 1662 fu inclusa una clausola importante: le navi inglesi avrebbero avuto un salvacondotto, che avrebbe dovuto in linea di principio proteggerle durante il controllo da parte dei corsari. Dagli anni Sessanta del Seicento, Olanda, Inghilterra e Francia si dotarono di flotte militari, molto più potenti rispetto a quelle dei decenni precedenti, con l’aumento del numero di navi, ma anche delle artiglierie, superando di molto le flotte corsare. Tuttavia l’Olanda, impegnata in conflitti con Inghilterra e Francia, preferì cercare la pace, in un trattato con Algeri, stipulato nel 1679. Al contrario Inghilterra e Francia decisero di abbandonare le vie
15 Circa i rapporti tra Inghilterra e Tripoli Cfr. Zsolt Palotás, «Diplomatic and military relations between England and the Regency of Tunis in the early modern age (1662-1751)», archives – Histoire, 1 (2014), pp.25-31.
La Guerra deLLe bandiere 113
diplomatiche ed usare direttamente la forza, furono quindi messe in atto da entrambi gli stati, in quei decenni, delle azioni militari per ridimensionare le flotte corsare e costringere le Reggenze a pace. Nel trattato del 1689 la Francia accordava ad Algeri, in modo gratuito, quattro mortai, 9000 bombe e artiglierie, con la condizione che fossero usate per l’assedio di Orano, presidio in possesso della nemica Spagna. Vi furono in questo secondo periodo, qui riassunto in estrema sintesi, numerosi trattati tra queste tre potenze europee e le Reggenze barbaresche, nella maggior parte dei casi non facevano altro che confermare precedenti accordi. Vi sono stati anche altri elementi che in questo periodo limitarono l’azione corsara: la guerra tra Algeri e Tunisi, che vedrà l’occupazione di Tunisi del 1704 e la conquista della spagnola Orano nel 1708; infine una maggiore integrazione delle provincie barbaresche all’interno dell’economia dell’Impero Ottomano, che rese in molti casi molto più conveniente il commercio che la rischiosa attività di corsa.
Nel 1715, appena due anni dopo la conclusione della guerra di successione spagnola, la Repubblica olandese ricevette una dichiarazione di guerra da Algeri16. Il conflitto causò un declino nei commerci olandesi nel Mediterraneo e la guerra si trascinò per diversi anni. Solo nel 1726 gli olandesi furono in grado di venirne a capo e imposero una pace. Gli anni di guerra anni avevano permesso nel frattempo alla marina britannica di avere la supremazia negli scambi tra nord e sud Europa, una posizione che gli inglesi hanno tenuto fino allo scoppio delle guerre rivoluzionarie, alla fine del XVIII secolo, anche riuscendo a mantenere l’applicazione dei propri trattati di pace con le reggenze, quantomeno riuscendo ad avere meno rotture dei patti rispetto agli altri. La guerra olandese-algerina del 1715-1726 può essere allora considerata tra i conflitti chiave della prima età moderna. La guerra è stata una delle principali cause di un cambiamento strutturale di egemonia nella navigazione tra nord e sud d’Europa, egemonia passata dalla Repubblica olandese alla Gran Bretagna.
Un terzo periodo può essere individuato dal 1725 al 179517. Arco di
16 Cfr. Magnus Ressel, «The Dutch-Algerian War and the Rise of British Shipping to Southern Europe (1715-1726)», Cahiers de la Méditerranée, 90 (2015), pp. 237-55. 17 La periodizzazione qui proposta, considerando il valore periodizzante assunto dal conflitto tra Olanda e Algeria, differisce leggermente da quella proposta da Panzac, che fa iniziare
114
Economic WarfarE - L’arma Economica in tEmpo di guErra
tempo in cui anche altri Stati europei, che non avevano mai avuto proficui rapporti diplomatici con le Reggenze, vennero a degli accordi. Queste potenze di solito adottarono clausole molto simili a quelle dei trattati olandesi, versando tributi pur di avere una libera navigazione per le navi che issavano la propria bandiera. Tra le grandi potenze, l’Austria, dopo essersi affermata sugli Ottomani nel 1718 con la pace di Passarowitz, aveva iniziato a pianificare una politica commerciale nel Mediterraneo utilizzando come porto principale Trieste. In quest’ottica una neutralità, nei confronti dei corsari nordafricani, della futura flotta commerciale appariva necessaria, così nel biennio 1725-1726 furono raggiunti accordi con Tripoli, Tunisi e Algeri. Qualche anno dopo fu la Svezia a firmare analoghi trattati, così come la Toscana di Francesco di Lorena, marito di Maria Teresa d’Austria, che riuscì per circa un ventennio ad ottenere il rispetto delle proprie navi da parte dei corsari nordafricani18. Varcata la metà del Secolo, nel 1752, anche la Danimarca strinse i suoi accordi. Così in questo periodo la maggior parte degli stati europei poteva ritenersi in pace con le Reggenze, eccetto la Spagna, i regni di Napoli e di Sicilia, l’Ordine di Malta e la Repubblica di Venezia. La guerra dei sette anni tra Inghilterra e Francia (1753-1756), creò tuttavia una situazione confusa da cui i corsari barbareschi seppero comunque trarne profitto. Era ormai interesse di tutti gli stati europei raggiungere la pace con i barbareschi, per avvantaggiare i propri commerci. Venezia firmò dei trattati con le tre reggenze nel 176465. La stessa Spagna19 arrivò ad accordi con Tripoli nel 1785 e con Tunisi nel 1791 continuando le ostilità con Algeri, in questo conflitto fu una questione centrale quella del possesso di Orano.
L’estrema schematicità di questa analisi non deve far dimenticare la complessità dei fatti. Spesso tali accordi non vennero rispettati, o vennero violati da azioni di pirateria commesse dagli stessi corsari barbareschi,
questa fase dei rapporti diplomatici qualche anno prima nel 1720. 18 Riguardo la politica navale del Granducato di Toscana in quel frangente Cfr. V. Ilari, Paoletti, Crociani, Bella italia militar, cit., pp.347-348. 19 A queste guerre parteciparono come alleati della Spagna anche il Regno di Napoli e l’Ordine di Malta, ma Ferdinando IV richiamò in patria la propria squadra navale, scontando al momento del trattato questo ripensamento perché la bandiera napoletana non fu inclusa tra quelle protette. Cfr. Ilari, Paoletti, Crociani, cit., pp.153-154.
La Guerra deLLe bandiere 115
che non potevano essere in pace contemporaneamente con tutti gli stati20 , avrebbero rischiato la cessazione dell’attività corsara che era l’unica forma di ricatto militare che possedevano per poter chiedere delle paci vantaggiose e molto remunerate. In alcuni casi furono messe in atto delle contromisure per aggirare o evitare di essere vittima dei corsari anche se non si apparteneva a uno stato che aveva stretto accordi. Dei privilegi dovuti agli accordi con le grandi potenze potevano anche beneficiarne altri. Un piccolo stato proteso sul mare, come la Repubblica di Genova, nel corso del Settecento, anche a causa del declino dei rapporti con la Sublime Porta, dovette temere per le proprie imbarcazioni. Si verificò quindi la diffusione di una prassi, quella di inalberare bandiere di altri stati, addirittura cambiandoli durante la navigazione, per sottrarsi alle azioni corsare21. Sebbene vi fosse un divieto esplicito da parte della Repubblica non si hanno elementi per capire se questa pratica fosse espressione di una specifica volontà di Genova o se questa, molto più semplicemente, con un pragmatismo tipico dei genovesi, abbia lasciato libertà di movimento per chi andava in mare o per chi faceva degli investimenti rilevanti.
Gli Stati Uniti nel Mediterraneo
Le Tredici Colonie avevano beneficiato dei vantaggi commerciali che la guerra di corsa delle reggenze dava alla Francia e all’Inghilterra, garantite da trattati di pace e capaci di farli rispettare, rispetto ai concorrenti minori, esposti al rischio di cattura o costretti a subire trattati jugulatori. Il commercio mediterraneo aveva perciò acquisito crescente importanza per le Colonie americane, tanto che nel 1776 assorbiva 1/6 della farina e 1/4 del riso prodotti, contro 20.000 tonnellate di importazioni (agrumi, olio d’oliva e fichi secchi). Dopo l’indipendenza il Mediterraneo rimase l’unico sbocco possibile per il commercio americano, penalizzato dall’ostilità britannica e dal monopolio iberico dei mercati latino-americani, ma già nel 1783 Lord Sheffield, prevedeva che gli americani, non essendo in grado di proteggersi dai corsari nordafricani, non potevano pretendere di navigare
20 D. Panzac, Barbary Corsair, cit., p.40. 21 Cfr. Maria Stella Rollandi, Mimetismo di bandiera nel Mediterraneo del secondo Settecento. il caso del Giorgio inglese, in Società e Storia 130 (2010), pp.721-742.
116
Economic WarfarE - L’arma Economica in tEmpo di guErra
(«they cannot pretend to a navy»).
Nel 1778 Washington fu sorpreso e commosso che il primo sovrano estero a riconoscere l’indipendenza fosse il sultano del Marocco. Ma ne comprese la ragione nell’ottobre 1784 quando la prima nave con bandiera americana fu sequestrata dai marocchini. La pace fu comprata due anni dopo per 10.000 dollari22, ma nel 1785 era seguita la dichiarazione di guerra algerina. Con un debito di 10 milioni di dollari contro 1 di entrate, nel 1784 gli Stati Uniti avevano dovuto congedare l’esercito e la marina: assertore dell’uso della forza contro gli stati canaglia, Thomas Jefferson andò a Parigi per promuovere una coalizione delle minori potenze per la tutela armata della libertà di navigazione. Aderì però soltanto Napoli, mentre Spagna, Portogallo e Venezia preferirono fare da sole, bombardando e trattando. John Adams, convinto che la pace costasse meno della guerra, cercò di negoziare da Londra, ma dovette arrendersi di fronte al prezzo esorbitante preteso da marocchini e algerini, al rifiuto delle banche olandesi di concedere nuovi prestiti, al sabotaggio francese e all’esproprio dell’Ordine dei Trinitari, incaricati da Adams di negoziare il riscatto degli ostaggi americani.
La liberazione degli ostaggi dovette essere accantonata, ma in cambio di facilitazioni commerciali il Portogallo garantì la scorta armata alle navi americane fino al 1793, quando l’Inghilterra intervenne nella I coalizione antifrancese e costrinse i portoghesi ad accordarsi con gli algerini per dedicarsi interamente alla guerra contro la Francia, col vantaggio ulteriore di imporre così al commercio americano un aumento del 50 per cento dei costi di assicurazione e di mettere in crisi l’intera industria cantieristica. Fu dichiaratamente per salvare i posti di lavoro che i federalisti, guidati da Alexander Hamilton, si convertirono all’uso della forza e il 20 marzo 1794, sconfitta per 50 a 39 voti la linea pacifista sostenuta dai repubblicani di James Madison, il Congresso approvò la costruzione delle prime 6 fre-
22 Anche l’Impero del Marocco possedeva un’attivissima flotta corsara, con base a Salé (porto di Rabat) e altri porti atlantici, e aveva ottenuto trattati analoghi a quelli delle Reggenze. Cfr. Roger Coindreau, les corsaires de Salé. Préface d’Henri Bosco, Société d’Éditions géographiques, maritimes et coloniales, Paris, 1948; Giovanni Iannettone, trattati, relazioni, istituzioni internazionali del Marocco (fino al 1861), Liguori Editore, Napoli 1977.
La Guerra deLLe bandiere 117
gate23. Più efficace fu però il trattato commerciale anglo-americano del 19 novembre 1794 (Jay Treaty), che favorì una soluzione negoziale. Avendo letto su un giornale spagnolo che le esportazioni americane nel Mediterraneo ammontavano a 25 milioni di dollari, il dey di Algeri pretendeva un decimo (2,5 milioni), ma alla fine spuntò un tributo annuo di 21.600 dollari in forniture militari e navali, più 642.000 per il riscatto degli americani sequestrati, contro i 107.000 ottenuti nel 1796 dal bey di Tunisi e i 56.486 dal pasha di Tripoli. Il costo dei trattati di pace e amicizia fu coperto da obbligazioni emesse dalla banca nazionale americana sul mercato europeo, mentre le minacce delle reggenze per il ritardo nei pagamenti furono rinviate dall’entrata in guerra del sultano contro la Francia e dall’interesse dei banchieri tunisini e algerini (i fratelli Bacri e l’ebreo Sampson) a servirsi delle navi americane (ora rispettate dai corsari francesi) per continuare i loro traffici con l’Europa24 .
La Francia aveva sperato in un intervento americano a proprio favore, e fin dall’anno precedente aveva cercato di minare la neutralità della nuova Repubblica inviandovi «le citoyen Genêt» [Edmond-Charles Genêt, 17631834] per organizzare e guidare una guerra al commercio inglese nell’Atlantico e nelle Indie Occidentali, armando i privateers ed assoldando equipaggi americani25. Iniziative controproducenti, che favorirono la politica filo-britannica di Washington e Jefferson portando alla «Quasi War» del 1798-1800 tra Stati Uniti e Francia, cessata solo dopo il colpo di stato di Brumaio. Nell’ultimo decennio del secolo gli Stati Uniti furono di fatto sottomessi alle richieste della reggenza di Algeri, sperando invano di comprare una pace definitiva; il Segretario di Stato Jefferson aveva in quel momento cercato di evitare che gli Stati Uniti si trasformassero nell’arsenale delle Reggenze, e si prodigò nel commutare in denaro la promessa fatta al dey di Algeri di fornire armamenti navali. Da parte sua il day di Algeri era lontano dall’accontentarsi della pace e vedeva i tributi come un’occasione per rafforzare la propria flotta e poter attaccare navi di Stati più deboli.
23 Ian W. Toll, Six Frigates: the epic History of the Founding U.S. Navy, Norton, New York 2006. 24 Cfr. Giuliana Iurlano, «Gli Stati Uniti e le scorrerie dei corsari islamici del Nord-Africa nel
Mediterraneo e nell›Atlantico (1778-1805)», riMe 4, Giugno 2010, pp. 587-635. 25 Ivi pp.624-625.
118
Economic WarfarE - L’arma Economica in tEmpo di guErra
Inoltre l’alleanza con Algeri espose gli Stati Uniti alle richieste delle altre reggenze, che aspiravano ad avere dei vantaggi economici altrettanto consistenti, portando così la giovane Repubblica a dover fronteggiare una situazione sempre più critica, tanto che il neo presidente Jefferson, pur pacifista e a suo tempo favorevole ai trattati barbareschi, decise il ricorso alla forza prima ancora di ricevere la dichiarazione di guerra tunisina del 14 maggio 1801, avvenuta abbassando la bandiera del consolato americano a Tripoli, secondo l’uso dei barbareschi. Due spedizioni, la prima comandata dal commodoro Richard Dale, e la seconda dal capitano di vascello Richard Valentine Morris non riuscirono a portare dei successi decisivi, con l’unico risultato di aver portato per la prima volta nel Mediterraneo la forza navale americana.
Infine fu nominato comandante Edward Preble che si mostrò più risoluto dei suoi predecessori. Organizzò il sabotaggio della fregata statunitense Philadelphia, presa dal nemico e ormeggiata nel porto di Tripoli. Lo sciabecco americano intrepid, comandato dal tenente di vascello Decatur, con l’ausilio di un siciliano, Salvatore Catalano, che conosceva bene i fondali e parlava l’arabo, riuscì ad avvicinarsi alla Philadelphia e ad incendiarla26. Dopo questo successo, nell’estate del 1804, Preble fece bombardare Tripoli anche aiutato da alcune unità napoletane inviate da Ferdinando IV, tuttavia non riuscendo ad ottenere che il nemico si piegasse alle richieste statunitensi. Soltanto dopo un nuovo cambio di comando e con un intervento congiunto da mare e da terra, gli Stati Uniti infine piegarono il bey alle proprie richieste ponendo fine a quella che è passata alla storia come Prima guerra barbaresca27. In questa guerra gli inglesi fornirono ospitalità alle navi americane nei porti di Malta e Gibilterra, proseguendo nella tradizione di amicizia instaurata nella ‹‹guerra non dichiarata››. I rapporti tra i due paesi erano destinati ad incrinarsi nel giro di pochi anni: i commer-
26 Cfr. Giuseppe Restifo, «A night of fire in Tripoli (1804)», in Michela D’Angelo, Gelina
Harlaftis and Carmel Vassallo (cur.), Making waves in the Mediterranean. Sulle onde del
Mediterraneo, Istituto di Studi Storici Gaetano Salvemini, Messina 2010, pp. 83-94. Più in generale cfr. David Smethurst, tripoli: the United States’ First War on terror, Random
House Publishing Group, New York, 2006; Joseph Wheelan, Jefferson’s War: america’s
First war on Terror, 1801-1805, Carrol & Graff, New York 2003. 27 Sulle guerre barbaresche Cfr. Frank Lambert, the Barbary Wars: american indipendence in the atlantic World, Hill and Wang, New York 2007.
La Guerra deLLe bandiere 119
cianti statunitensi cercavano di esportare i loro prodotti senza alcun limite, violando il blocco continentale. La situazione, già calda per le mire statunitensi sul Canada e per i continui controlli operati dalla marina britannica sulle navi statunitensi, degenerò in un conflitto che alla sua conclusione nel 1815 non ebbe alcuna conseguenza, mantenendo una situazione esattamente identica a quella esistente prima dell’inizio delle ostilità. Nel 1815 si consumò anche quella che venne chiamata Seconda guerra barbaresca, che vide stavolta gli Stati Uniti contrapporsi ad Algeri. Le potenze europee al Congresso di Vienna intanto avevano anche segnalato, come problematica ancora rilevante, quella degli schiavi europei catturati dai corsari o dai pirati nordafricani. L’anno successivo, il 27 agosto 1816 una flotta angloolandese bombardò per ben sei ore la città di Algeri, distruggendo la flotta corsara e arrecando numerosi danni al porto e all’abitato. Non era l’ultimo atto delle potenze europee contro le flotte corsare nordafricane. Nel 1830 quella che sembrava una normale spedizione contro l’Algeria da parte della Francia fu l’inizio dell’occupazione coloniale, fu proprio la Francia a concludere nello stesso anno gli ultimi trattati le tra potenze e le altre due reggenze di Tunisi e Tripoli.
alcune considerazioni
Uno sguardo d’insieme dai primi anni del Seicento fino al primo trentennio dell’Ottocento permette di abbozzare qualche considerazione. I rapporti delle varie potenze europee con le Reggenze barbaresche furono fin dai primi anni del Seicento molto diversificati, in generale è possibile affermare che per tutta la durata del conflitto tra Impero Ottomano e gli Asburgo di Spagna e di Austria, con i loro alleati, solo la Francia, nemica della Spagna, ha potuto godere di rapporti privilegiati con la Sublime Porta, e quindi anche con le provincie barbaresche. Il porto di Marsiglia intratteneva infatti proficue relazioni e i francesi avevano il possesso di importanti basi commerciali, tra queste la più importante era quella denominata Bastion de France, situata tra Algeria e Tunisia, inoltre presso queste due province la Francia era rappresentata da propri consoli.
Negli ultimi anni del XVI secolo inoltre erano comparsi con maggiore frequenza nel Mediterraneo le navi mercantili di due stati nemici degli Asburgo: l’Inghilterra e l’Olanda, che dai porti italiani e portoghesi comin-
120
Economic WarfarE - L’arma Economica in tEmpo di guErra
ciarono a frequentare le basi commerciali del Nord Africa. Nello stesso periodo le grandi battaglie navali tra le galee ottomane e quelle degli spagnoli e dei loro alleati cessarono quasi completamente, per essere sostituite da un nuovo tipo di azione, quella appunto dei corsari che attaccavano le coste e le navi nemiche, fossero esse mercantili o militari. Altro fenomeno da registrare in quello stesso arco di tempo è la presenza come corsari al servizio delle reggenze, di olandesi e inglesi, anche non convertiti all’Islam. Questa presenza di marinai provenienti dal Nord comportò anche un cambiamento sul piano delle imbarcazioni, con una maggiore diffusione delle navi a vela, fino a quel momento poco usate nel Mediterraneo, e cambiamenti di carattere tecnico nella costruzione delle imbarcazioni. A questo si aggiunse un altro fatto: tra il 1609 al 1614 la Spagna espulse centinaia di migliaia di mori, la maggior parte dei quali si rifugiò nel Maghreb dove giocarono un ruolo attivo nella società e nell’economia alimentando un risentimento verso la Spagna che segnerà quelle popolazioni. Allo stesso modo migliaia di rinnegati andarono ad infoltire le fila di coloro che, facendo base a Tunisi, Algeri e Tripoli, avviavano l’attività corsara.28 Olanda e Inghilterra a più riprese cercarono di imporsi sui barbareschi ricorrendo a bombardamenti navali e intimando il rispetto delle proprie navi. Si arrivò a formali impegni contenuti in trattati di tregua e di pace, avviando e consolidando quindi una prassi, quella degli accordi, che non di rado avrebbe rappresentato, nei due secoli successivi, per le potenze europee un tallone d’Achille. Poiché le condizioni di pace potevano anche essere gravose, e perché una mancata pace con le Reggenze poteva favorire una potenza nemica nello scacchiere mediterraneo. Dalla metà del XVII secolo divenne sempre più frequente nei trattati di pace l’impegno da parte degli stati europei di fornire ai corsari armamenti o materiali di importanza strategica. ‹‹In sostanza uno stato europeo, pur di garantire, con più o meno sicurezza, la tutela delle proprie navi e dunque dei propri commerci, favoriva il potenziamento dell’attività dei corsari musulmani contro gli altri››29. Alle potenze poteva certamente giovare che la guerra corsara fosse diretta verso stati concorrenti, anche quelli non direttamente contrapposti sul piano politico30 . Un intreccio di
28 Panzac, Barbary Corsairs, cit., pp.25-26. 29 Bono, il Mediterraneo da lepanto a Barcellona, cit. pp.36-37. 30 Bono, lumi e Corsari. europa e Maghreb nel Settecento, cit. pp. 1-2.
La Guerra deLLe bandiere 121
interessi, segnato dalle guerre che dividevano l’Europa, poteva quindi dettare delle condizioni di tregua e permettere alle potenze europee in qualche modo di trarre un vantaggio dovuto all’azione dei corsari barbareschi sulle navi mercantili nemiche, configurando quindi i trattati come strumentali per una guerra economica ante litteram, che assumeva la forma di una guerra al commercio delle nazioni nemiche. L’ingresso degli Stati Uniti nei traffici del Mediterraneo si intrecciò e sovrappose al contesto geopolitico esistente31. Le scelte degli Stati Uniti non si discostarono dalla prassi tradizionale delle potenze europee32: considerati costi e benefici, si veniva a patti coi nordafricani, a meno che violazioni, provocazioni o pretese non costringessero a un segnale di forza. Contrariamente alla tesi prevalente nella storiografia patriottica americana33, il successo nella prima guerra barbaresca – del resto tutt’altro che definitivo – non rappresentava quindi alcuna rottura della supposta acquiescenza europea. La vera novità fu la comparsa nel Mediterraneo del fattore diplomatico e militare americano, destinato ad assumere un peso crescente già prima del 1914.
Per più di un secolo le guerre coi Barbary Corsairs non lasciarono altra traccia nella memoria nazionale che l’Inno e la sciabola dei marines e un paio di film del 1917 e 1926. Solo nel 1933, quando volgeva al termine la stagione delle Banana wars, il neopresidente Franklin Delano Roosevelt volle una raccolta ufficiale delle fonti americane34. Come ha notato Paolo Soave, esprimono già in nuce quella che diverrà poi una costante della politica americane: intervenire solo quando non è possibile cointeressare35 .
31 Per un quadro generale degli avvenimenti in area mediterranea in questo periodo Cfr.
Francesca Canale Cama, Daniela Casanova e Rosa Maria Delli Quadri (cur.), Storia del
Mediterraneo moderno e contemporaneo, diretta da luigi Mascilli Migliorini, Guida, Napoli 2009. 32 Andrea Pelizza, «‘Maybe we are still fighting the same war’. Gli Stati Uniti tra I corsari del XVIII secolo e i terroristi del XXI», Società e Storia, 126, 2009, pp. 587-614, in particolare p.590. 33 Cfr. Robert J. Allison, the Crescent obscured: the United States and the Muslim World, 1776-1815, Oxford U. P., New York, 1995, p.18. 34 Pubblicate nel 1934-44 sotto la supervisione del segretario della marina Claude A. Swanson e a cura del cap. Dudley W. Knox, (Naval Documents Related to the United States
Wars with the Barbary Powers, 7 voll.). 35 V. Paolo Soave, la rivoluzione americana nel Mediterraneo: prove di politica e potenza e declino delle reggenze barbaresche (1795-1816), Giuffrè, Milano 2004.
122
Economic WarfarE - L’arma Economica in tEmpo di guErra
Inizialmente la ‹‹conversione commerciale›› fu tentata pure con le reggenze, cercando di convincerle che la guerra di corsa era meno redditizia della cooperazione36 .
Le guerre della Rivoluzione e dell’Impero furono il canto del cigno dei corsari, non solo europei, ma pure nordafricani. L’economia delle razzie, già in serio declino alla fine dell’antico regime, conobbe un ritorno di fiamma, approfittando delle minime occasioni offerte dal conflitto titanico tra Francia e Inghilterra e soprattutto della accresciuta vulnerabilità delle coste italiane provocata dal blocco inglese a distanza e dal controblocco continentale francese. Con la pace esplosero tutte le contraddizioni dell’ormai obsoleta economia dei rais, e soprattutto venne meno l’interesse delle grandi potenze a mantenerla in vita. L’epoca della guerra di corsa nordafricana, durata cinque secoli, si chiuse definitivamente nel 1816, col bombardamento di Algeri da parte di una squadra anglo-olandese comandata da Lord Exmouth 37. E nel 1830 la Francia iniziò la conquista dell’Algeria.
36 James A. Field jr., America and the Mediterranean World, 1776-1882, Princeton U. P.,
Princeton 1969, pp.40-41. 37 Panzac, Barbary Corsairs, cit., pp.331-334.
La Guerra deLLe bandiere 123
Il commodoro William Bainbridge (1774-1833), comandante l’USS George Washington, paga il tributo al dey di Algeri e sotto la minaccia dei cannoni algerini accetta di trasportare merci e diplomatici algerini a Costantinopoli. Inviato nel 1803 a bloccare Tripoli con l’USS Philadelphia, si arrenderà a una cannoniera del Pasha restando prigioniero 19 mesi.
124
Economic WarfarE - L’arma Economica in tEmpo di guErra
City of Algiers bombarded by the united British and Dutch squadrons, under the command of the Admiral Lord Exmouth, Langley & Belch printer, John Johnson Collection of Printed Ephemera, Bodleian Libraries, Oxford University. Al centro, medaglia commemorative (da William Laird Clowes: the royal Navy - a History from the earliest times to the present, Volume VI. London 1901).