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Il bombardamento strategico della Germania come guerra all’economia tedesca, di Gregory Alegi “
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di Gregory Alegi1
Il massiccio irrompere del più pesante dell’aria nelle operazioni militari, avvenuto nel corso della Prima guerra mondiale, aprì negli studi strategici il nuovo campo della teoria della “guerra aerea”. Giulio Douhet, Hugh Trenchard, “Billy” Mitchell e Alexander De Seversky, pur con una certa gamma di sfumature, i quattro fondatori della dottrina oggi nota come airpower (potere aereo) posero a fondamento della loro riflessione la possibilità di superare dall’aria lo stallo strategico che aveva caratterizzato i fronti terrestri, colpendo all’interno del territorio avversario e sfruttando la fragilità delle popolazioni civili.2 Questi assunti, applicati alla constatazione di come la staticità avesse reso il conflitto una guerra di logoramento, in cui il principale obiettivo nazionale diventava la produzione di enormi quantitativi di armamenti (in senso lato), spingevano a identificare gli obiettivi strategici nel potenziale industriale e nel morale delle popolazioni civili.
L’argomentazione centrale, in parte alimentata dal desiderio d’indipendenza delle forze aeree da quelle di superficie ancorate a visioni ancora molto tradizionali della difesa nazionale, divenne presto quella di poter abbreviare e vincere un conflitto futuro disarmando il nemico non sul campo ma alla radice, distruggendone l’economia per la guerra e minandone la volontà di combattere o di sostenere gli enormi sacrifici che ciò collegati.3 La forza con la quale tale posizione fu propugnata porta ancora oggi molti a identificare, quasi istintivamente, il potere aereo con il bombardamento (oggi ridefinito “azione cinetica”) e qualsiasi attacco come “strategico” an-
1 LUISS, Roma / Accademia Aeronautica, Pozzuoli. 2 Per un’introduzione ai temi, pensieri e personaggi si può consultare Philip Meilinger (a cura di), The Paths of Heaven. The Evolution of Airpower Theory, Maxwell AFB, School of Advanced Airpower Studies, 1997. 3 Tra gli infiniti testi sul tema cfr il nostro «War in the Air: Visions of a Weapon Foretold», in Quaderno Sism 2016 Future Wars: Storia della distopia militare.
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che quando dovrebbe più propriamente collocarsi in campo tattico od operational. È bene sottolineare, che importanti teorici quali l’inglese John Slessor e Amedeo Mecozzi identificarono il campo privilegiato dell’azione aerea non nella dimensione strategica ma in quelle dell’interdizione e tattica, così come paesi importanti come Germania e URSS non attribuirono mai compiti strategici alle proprie aviazioni, senza che ciò impedisse loro di influire in modo decisivo sulle operazioni in superfice.
Nelle polarità del dibattito militare, la dottrina del bombardamento strategico si può classificare come un approccio indiretto (non nel senso originale di Basil Liddell-Hart, ma in quello di mirare a indebolire strutturalmente l’avversario senza doverlo sconfiggere in battaglia) di stampo jominiano (perché basato sulla prevalenza degli elementi logistico-organizzativi anziché sulle qualità di comando, sulla manovra e le tattiche), ma anche la sostituzione del numero (che le elevate perdite subìte rendevano difficile da sostenere e alimentare in termini demografici) con la tecnologia e la prevalenza della “lancia” (cioè la capacità offensiva) sullo “scudo”.4
Dei due aspetti fondamentali, gli attacchi al morale hanno attratto maggior interesse, non solo per gli aspetti etico-giuridici legati alla “guerra agli inermi” (secondo la definizione di Amedeo Mecozzi, sempre avverso a tale impostazione)5 ma anche perché sperimentati nella Seconda guerra mondiale, con distruzioni che hanno collegato direttamente la teoria militare all’esperienza individuale di milioni di persone.6 Di contro, la prospettiva del bombardamento come guerra all’economia è rimasta confinata all’ambito
4 Per una introduzione a questi temi restano validi Peter Paret (ed.), Makers of Modern Strategy, Princeton, Princeton University Press, 1986 e, per il versante italiano, Ferruccio Botti e Virgilio Ilari, Il pensiero militare italiano dal primo al secondo dopoguerra 1919-1949, Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito, 1985. 5 Amedeo Mecozzi, Guerra agli inermi e aviazione d’assalto, Roma, Libreria all’Orologio, 1965. Su Mecozzi si vedano inoltre il numero monografico dei Quaderni della Rivista Aeronautica (a. 1, no. 1 (2006)) e Amedeo Mecozzi. Scritti scelti sul potere aereo e l’aviazione d’assalto,1920-1970, a cura di Ferruccio Botti, Roma, Stato Maggiore Aeronautica - Ufficio Storico, 2 voll., 2006. 6 A.C. Grayling, Among the Dead Cities, Londra, Bloomsbury, 2006. Su Dresda, sul cui bombardamento incendiario si avverte ancora l’eco della propaganda nazista, si vedano The Irving Judgment, Londra, Penguin, 2010 e il rapporto degli storici tedeschi Matthias Neutzner,
Nicole Schönherr, Alexander von Plato e Helmut Schnatz, Abschlussbericht der Historikerkommission zu den Luftangriffen auf Dresden zwischen dem 13. und 15. Februar 1945 (Dresden infoblätter, Historikerkommission Dresden1945 Abschlussbericht V1 14a, PDF)
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militare, in parte perché tale dottrina è stata applicata di fatto solo durante la Seconda guerra mondiale da Gran Bretagna e Stati Uniti.7 Se l’impiego di attacchi aerei più o meno mirati è rimasto un elemento essenziale della guerra contemporanea, le diverse condizioni politiche, militari e tecnologiche rendono molto difficile trovare paralleli diretti con la lunga campagna di distruzione della struttura economica della società tedesca. Ciò non vale solo per la guerra atomica, ma anche per i conflitti convenzionali nei quali l’azione cinetica è condotta sempre più secondo la logica del massimo effetto col minimo danno, con esclusione sempre più radicale della possibilità di causare perdite civili anche in modo involontario. Senza negare l’evidente interconnessione tra la prospettiva morale quella economico-industriale, qui l’analisi si concentrerà pertanto sulla seconda.
Guerra all’economia
Le premesse per la trasformazione dell’economia in obiettivo strategico furono create dalla seconda rivoluzione industriale, che accelerò il progresso tecnologico, ampliò a dismisura la capacità manifatturiero e la trasferì in larga misura da pochi arsenali militari al settore privato. Oltre a moltiplicare i bersagli, ciò contribuì a creare un tessuto produttivo, annegato nei centri urbani la cui crescita andava ad alimentare e interconnesso da infrastrutture soprattutto ferroviarie.8 Distruggere l’economia – nel senso della sua capacità di produrre armamenti – avrebbe dunque “ucciso la guerra”, secondo la celebre immagine di Nino Salvaneschi.9 Se nella Prima guerra mondiale l’attenzione si concentrò soprattutto sulle acciaierie Krupp di Essen, assurte rapidamente a simbolo della potenza industriale tedesca, negli anni successivi si diffuse velocemente l’analogia tra l’economia e il corpo umano,10 con le città quali “centri nervosi”, le ferrovie
7 Sir Charles Webster and Noble Frankland, The Strategic Air Offensive against Germany,
Londra, HMSO, 1961, 4 voll; Lee Kennett, A History of Strategic Bombing, New York,
Scribner’s, 1982. 8 Sugli attacchi alla rete ferroviaria tedesca cfr. Alfred C. Mierzejewski, The Collapse of the
German War Economy, 1944-1945: Allied Air Power and the German National Railway,
UNC Press Books, 1988. 9 Nino Salvaneschi, Uccidiamo la guerra: miriamo al cuore del nemico, Tip. Milesi e Nicola, 1917. 10 Cfr. per esempio lo studio inglese del luglio 1939 citato in Wesley F. Craven e James L.
Cate nel classico The Army Air Forces In World War II, vol. II, Europe: Torch to Point-
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come “arterie” e altre metafore per le varie funzioni. Dall’idea principale discendeva quella secondaria di ottenere risultati decisivi con interventi mirati e complessivamente limitati.
Un elemento abilitante di questa visione stava nella sopravvalutazione della facilità di raggiungere, identificare, colpire e distruggere gli obiettivi. Dai calcoli di Douhet sulle «superfici distruggibili» nel Dominio dell’aria al pubblicizzatissimo affondamento della Ostfrieseland da parte dei bombardieri di Mitchell, dalle esercitazioni della R. Aeronautica a Furbara fino al postulato della precisione dell’Air Corps Tactical School, la posizione ufficiale dei teorici del potere aereo e delle aviazioni militari era concorde nel postulare l’equivalenza tra sgancio di ordigni e distruzione dei bersagli. Ancora nel 1939, la RAF stimava una precisione del tiro di circa 70 m da bassa quota e 300 da alta.11 Con tanta accuratezza, per distruggere una centrale elettrica sarebbe bastato mettere a segno appena 8 bombe, per un acquedotto 12, per una cokeria 64. Da questi dati derivava la previsione che per mettere al tappeto (knock out, con metafora pugilistica) la Ruhr («il cui cuore è grande all’incirca quanto la Grande Londra, e dove è concentrato circa il 60% dell’industria vitale tedesca») sarebbero state necessarie tra le 1.000 e le 4.000 sortite. La realtà si dimostrò ben diversa, in primo luogo perché una precisione così elevata si sarebbe dimostrata impossibile anche per gli americani col pur accuratissimo traguardo di puntamento Norden, come confermato indirettamente dal lungo addestramento specifico imposto al 509° Composite Group costituito per impiegare le nuove armi atomiche.12 Il secondo fattore fu l’inattesa robustezza della difesa aerea, che in pieno contrasto con l’assunto prebellico «the bomber will always get through» si dimostrò in grado di respingere l’offensiva sull’In-
blank, Chicago, The University of Chicago Press, 1949, p. 351. 11 Richard Overy, The Bombing War, Londra, Penguin, 2013, pp. 246-247 e fonti ivi citate.
In realtà, ancora nell’agosto 1941 solo un bombardiere inglese su cinque arrivava entro 5 miglia (8 km) dall’obiettivo. [rist. nel 2014 come The Bombers and the Bombed: Allied Air
War Over Europe 1940-1945]. 12 John Ellis, Brute Force. Allied Strategy and Tactics During the Second World War, New
York, Viking, 1990, pp. 170-171, 175. Sull’approccio statunitense cfr. Stephen L. McFarland, America’s Pursuit of Precision Bombing, 1910–1945, University of Alabama Press, 2008. Sull’addestramento del 509° v. i classici Gordon Thomas e Max Morgan Witts, Enola Gay, New York, Stein and Day, 1977 e Paul W. Tibbets, The Flight of the Enola Gay,
Columbus, Mid Coast Marketing, 1997 (ed. or., 1989).
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ghilterra dell’estate 1940, di costringere la RAF a operare sulla Germania solo di notte e di infliggere costantemente perdite elevate.
Per quanto cruciale, la precisione del tiro rappresentava solo un aspetto tecnico di un metodo più complesso basato sulla modellizzazione della struttura industriale dell’avversario. La conoscenza dettagliata dell’economia, in tutti i suoi aspetti geografici (posizione delle industrie), funzionali (relazione tra i diversi anelli della catena, dalle materie prime ai trasporti alla produzione di energia), tecniche (modalità di produzione all’interno di un dato sito utilizzante un certo processo) e operativi (degrado del rendimento ai vari livelli di produzione), costituiva infatti la precondizione per stimare in senso quantitativo lo strumento militare necessario per ridurre, neutralizzare o distruggere le funzioni chiave dell’economia, disarmando il nemico e causandone la rapida sconfitta. A questa pianificazione industriale inversa, in quanto mirata alla distruzione anziché alla crescita, sarebbe conseguita quella più convenzionale per costruire una forza da bombardamento strategico proporzionata all’esigenza identificata.
Entro certi limiti, l’identificazione dei siti produttivi era sempre stata tra gli obiettivi dell’attività informativa militare e gli studi operativi rientravano nella classica attività di stato maggiore. In Gran Bretagna, per esempio, già nel 1931 fu formato un Industrial Intelligence Centre incaricato di stilare liste di obiettivi da colpire.13 Dal canto loro gli Stati Uniti, quando entrarono in guerra, affidarono compiti analoghi alla Military Intelligence Division dello stato maggiore del Dipartimento della Guerra, alla sezione ricerca e analisi del neonato Office of Strategic Services e a una sezione del Board of Economic Warfare.In termini di piani l’Air Ministry preparò 16 Western Air Plans con varie ipotesi compresi gli attacchi Alle reti di comunicazione (WA.4) e sull’industria nella Ruhr (WA.5).14 Il 13 aprile 1940 la prima direttiva ministeriale al Bomber Command identificò gli impianti petrolchimici come primo obiettivo contro cui indirizzare il «peso principale dell’attacco», tipologia confermata in luglio quale «anello più debole nell’economia di guerra tedesca» e dunque «base della strategia offensiva principale rivolta alla riduzione e dislocamento del potenziale
13 W.F. Craven e J. L. Cate, op. cit., vol. II, p. 352. 14 R. Overy, op. cit., p. 240. L’inizio degli studi è datato al 1929 da W.F. Craven e J. L. Cate, op. cit, vol. II, p. 351.
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bellico tedesco.»15 Negli Stati Uniti, la mancanza di un’aeronautica autonoma (e dunque di uno stato maggiore) impedì lo sviluppo di una specifica pianificazione aerea, il cui posto fu preso dalle riflessioni dottrinarie dell’ACTS. Di conseguenza nei cinque piani della famiglia RAINBOW elaborati congiuntamente dalle forze armate di superficie mancava l’esplicita previsione di una campagna aerea strategica.16
Nei primi mesi del 1941 la pianificazione congiunta anglo-americana portò ai piani ABC-1 e ABC-2, nei quali figuravano tanto un blocco navale quanto «un’offensiva aerea sostenuta contro il Potere Militare Tedesco», con l’ulteriore specificazione che ciò sarebbe avvenuto «alla sua fonte».17 Quell’estate gli inglesi furono ancora più espliciti nel postulare la necessità di «minare le fondamenta della macchina bellica» per aggirare l’impossibilità di un attacco frontale alla Germania.
La guerra all’economia richiedeva di spingersi oltre tali ambiti classici per tradurre le linee generali in una pianificazione operativa da raccordare a una programmazione industriale ancora più stringente. Muovendo da RAINBOW e ABC-1, nel brevissimo intervallo di otto giorni (4-11 agosto 1941) un piccolo gruppo di ufficiali formatisi all’ATCS guidati dal col. Harold George preparò il piano Air War Plans Division 1 (AWPD-1).18 Il piano, recepito il mese successivo da una commissione interforze, traduceva il concetto generico di RAINBOW e ABC-1 nell’assai più specifica «applicazione del potere aereo per lo smantellamento della struttura economica e industriale della Germania» attraverso «la selezione di un sistema di obiettivi vitali per la continuazione dello sforzo bellico tedesco, e ai mezzi
15 J. Ellis, cit., pp. 167-168. 16 Wesley F. Craven e James L. Cate (a cura di), The Army Air Forces In World War II, vol.
I, Plans & Early Operations, The University of Chicago Press, 1948, p. 139. 17 W.F. Craven e J. L. Cate, vol. I, pp. 137-138, 142-143. Benché la sigla ABC indicasse scopertamente America and British Commonwealth, per non toccare la neutralità statunitense, i negoziati furono condotti sotto la finzione del caso ipotetico («Qualora gli Stati Uniti e la
Gran Bretagna dovessero trovarsi in guerra»). 18 Benché battezzata “Division”, la struttura contava inizialmente 4 soli ufficiali. Sul tema cfr. Haywood S. Hansell, The Air Plan that Defeated Hitler. Atlanta, Higgins-McArthur/
Longino & Porter, 1972; id., The Strategic Air War against Germany and Japan: A Memoir, Washington, Office of Air Force History; James C. Gaston, Planning the American Air
War: Four Men and Nine Days in 1941, Washington, National Defense U. P., 1982, W.F.
Craven e J. L. Cate, vol. I, pp. 148 ss.
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di sostentamento del popolo tedesco, e concentrando tutto il bombardamento tenacemente verso la distruzione di tali obiettivi.» Tali obiettivi erano individuati nella rete elettrica, nelle reti di trasporto (compresi i canali) e nel settore petrolifero, preceduti da una necessaria azione contro la capacità difensiva della Luftwaffe (compresi gli attacchi all’industria aeronautica) e seguiti solo nella fase finale da attacchi contro i centri di popolazione quando il morale fosse stato già vacillante. Si trattava in tutto di 154 obiettivi, la cui distruzione era ritenuta possibile in sei mesi.19 AWPD-1 aveva dunque un’impostazione offensivista era molto più marcata rispetto ai piani-quadro nei quali si sarebbe dovuto inserire e mescolava un ragionevole scetticismo riguardo la possibilità di sbarcare in Europa prima del 1944 all’ottimistica previsione per cui «in caso di successo dell’offensiva aerea potrebbe non essere necessaria un’offensiva terrestre.»
Benché orgogliosamente rivendicato come «il piano che sconfisse Hitler», l’AWPD-1 forniva in realtà solo un’impostazione complessiva. Già nel settembre 1941 fu prodotto un AWPD-2 dominato da timori per la sopravvivenza dei paesi amici (ma non ancora formalmente alleati), ai quali furono pertanto riservati due terzi della produzione aeronautica. Quando l’attacco giapponese a Pearl Harbor trascinò gli Stati Uniti in guerra, seguì un AWPD-4 allineato sui concetti dell’AWPD-1 ma con forte incremento nella quantità di aerei necessari. Nell’agosto 1942 fu stilato il piano definitivo, battezzato Requirements for Air Ascendancy, 1942 (AWPD-42, con riferimento alla data di preparazione anziché alla successione numerica), che identificava sette categorie per 177 obiettivi totali e dava la priorità all’industria aeronautica. In tutte le sue versioni, la campagna di bombardamento strategico avrebbe richiesto uno sforzo colossale, che l’AWPD-4 quantificava in 90.000 velivoli e tre milioni di uomini.20 Le dimensioni complessive si dimostrarono ancor più grandi: trasformandosi nell’“arsenale della democrazia” e mobilitando le enormi risorse e capacità della propria industria automobilistica, nel 1940-45 gli Stati Uniti produssero 283.230 velivoli, dei quali 197.760 da combattimento. 21
19 Ed Crowder, «Pointblank: A Study in Strategic and National Security Decision Making»,
Airpower Journal, Spring 1992 (anche online). 20 W.F. Craven e J. L. Cate, vol. I, p. 131. 21 Tra i tanti si veda Charles K. Hyde, Arsenal of Democracy. The American Automobile Industry in World War II. Detroit, Wayne State U. P., 2013.
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Dalla teoria alla pratica
A causa della rapidità e le forze ridottissime con cui fu preparato, la guerra all’economia tedesca proposta dall’AWPD-1 rispecchiava più i convincimenti dottrinari maturati dai suoi estensori presso l’ACTS che una modellizzazione dettagliata dell’economia tedesca e dei suoi meccanismi. Per la parte che serviva a dimensionare lo sforzo produttivo statunitense (compresa la parte destinata alla US Navy, che inizialmente avrebbe voluto un canale di approvvigionamento separato), ciò non costituiva un particolare problema. Con il graduale concretizzarsi delle possibilità d’impiego e il rischieramento di reparti in Gran Bretagna si palesò tuttavia l’esigenza di tradurre filosofie e linee guida in ordini d’operazione, facendo uso oculato delle magre risorse disponibili e coordinandosi con le corrispondenti attività della RAF. Da questa situazione nacquero organismi con il compito specifico di analizzare le operazioni aeree per individuare le priorità e stabilire modalità d’impiego efficaci, tanto più che il tonnellaggio mensile sganciato sulla Germania dal maggio 1940 al febbraio 1943 superò raramente le 6.000 tonnellate e restò anzi spesso sotto le 4.000.22
Un primo nucleo fu formato a Londra per iniziativa del col. Richard D’Oyly Hughes, un ex ufficiale dell’esercito britannico naturalizzato americano inviato a Londra nel 1942 con compiti di pianificazione.23 Trovatosi di fronte a un’organizzazione inadeguata, Hughes propugnò la costituzione all’interno della Economic Warfare Division dell’ambasciata americana a Londra di una Enemy Objectives Unit formata da personale civile di formazione economica inquadrato nell’Office of Strategic Services. La struttura iniziò a operare nel settembre 1942 sotto la guida del banchiere centrale Chandler Morse e con uno staff che comprendeva tra gli altri Charles Kindleberger, altro banchiere centrale e futuro presidente dell’Associazione americana degli economisti, e Walt Rostow, economista e futuro assistente speciale per la sicurezza nazionale sotto le presidenze Kennedy e Johnson.24 «Il nostro compito», ha ricordato Rostow, «era di sviluppare e
22 J. Ellis, cit., p. 168. 23 Walt W. Rostow, «Waging Economic Warfare From London», Cia gov Library, Center for the study of intelligence, Kent, CSI vol. 35 No. 4. 24 W.W. Rostow, cit.; Charles P. Kindleberger, The Life of an Economist. An Autobiography,
Basil Blackwell, Cambridge and London, 1991, pp. 83 ss.; Leandro Conte, «Kindleberger economista, storico del capitalismo», Moneta e Credito, Vol. 63, No. 252, 2011.
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applicare criteri per la selezione di una filiera di obiettivi anziché un’altra, un obiettivo all’interno di una categoria anziché un altro, e, se l’obiettivo era abbastanza grande e il bombardamento abbastanza preciso, un punto di mira anziché un altro.» Dopo alcuni mesi di studio di rapporti di missione, verso la fine dell’anno la EOU passò a definire «principi e prassi della selezione degli obiettivi», cercando di individuare le categorie nelle quali «la distruzione del minor numero di obiettivi avrebbe avuto l’effetto militare maggiore, più rapido e più durevole sul campo di battaglia.»
In parallelo, il 9 dicembre 1942 l’Army Air Force Headquarters statunitense creò a Washington un Committee of Operations Analysts che si avvaleva di esperti dei vari settori per analizzare «il tasso di progressivo deterioramento che dovrebbe essere atteso nello sforzo bellico tedesco quale risultato delle crescenti operazioni aeree che siamo pronti a impiegare contro le sue fonti di sostentamento.»25 Per comprendere il funzionamento e le esigenze dell’economia tedesca, il COA sviluppò quindi una complessa griglia di analisi, articolata su categorie che evidenziavano il ruolo economico degli obiettivi che si desiderava individuare. 26 1. Quali sono i requisiti minimi del nemico? In altre parole, a quale punto una carenza avrebbe ridotto lo sforzo militare nemico al fronte? 2. Quali sono le capacità di produzione del nemico? Quale sarebbe il totale se ogni stabilimento in Europa, compreso il territorio sovietico occupato, fosse utilizzato al massimo? 3. Quant’è vicino all’autosufficienza il nemico? Quale rapporto esiste tra la capacità e le esigenze minime, considerate scorte e possibilità di sostituzione? 4. Dove sono posizionati gli stabilimenti nemici e quale percentuale della capacità complessiva è data da ciascuno stabilimento? 5. Quali sono le caratteristiche fisiche delle installazioni stesse? Fino a che punto edifici e macchinari sono strutturalmente resistenti ad attacchi con esplosivo o incendiari? In che misura possono essere sostituiti?
25 Gen. Henry H. Arnold a Col. Byron E. Gates, 9 dicembre 1942, cit. in W.F. Craven e J. L.
Cate, vol. II, p. 353. 26 W.F. Craven e J. L. Cate, op. cit., II, p.350. Griglia e criteri coincidono sostanzialmente con quelli ricordati da Rostow, che però non accenna alla COA.
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6. Qual è l’intervallo temporale tra la distruzione di ciascuno stabilimento e l’effetto sulla forza al fronte? 7. Qual è la forza richiesta per effettuare la distruzione necessaria? Quale sarà, in breve, il costo?
La RAF seguiva criteri analoghi, con strutture molto più ridotte. Come in altri settori, la tendenza britannica privilegiava gli individui di talento alle procedure rigorose, quasi riproponendo in chiave intellettuale la dicotomia tra Clausewitz e Jomini. Nel caso del bombardamento strategico, la RAF affidò la propria a Bombing Survey Unit allo zoologo sudafricano Solly Zuckerman, un personaggio d’indubbia genialità e altrettanto controverso, al punto che secondo Rostow nell’ultimo anno di guerra molti americani vedevano il nemico in Zuckerman più che in Hitler.27 La battuta si riferiva al dibattito sul contributo del bombardamento strategico alla preparazione dello sbarco in Normandia. L’analisi dell’EOU privilegiava gli attacchi ai rifornimenti di carburante, mentre la BSU di Zuckerman preferiva la rete ferroviaria e, in particolare, le stazioni di smistamento.28 Il 25 marzo 1944 Eisenhower, nella sua veste di comandante supremo alleato in Europa, scelse la strategia inglese, considerandola di maggior impatto immediato sulle operazioni.29 Un secondo scontro, sempre legato alla preparazione dello sbarco, vide l’EOU proporre attacchi a tre cerchie di ponti, la cui distruzione avrebbe isolato la Normandia, e Zuckerman ribadire la necessità di bloccare i trasporti ferroviari. Nel primo caso, la decisione fu rovesciata in seguito a due attacchi in Romania (5 aprile 1944) e Germania (12 maggio 1944), la cui efficacia fu confermata nei messaggi decifrati con Ultra; nel secondo, il successo di un attacco sperimentale a un gruppo di ponti fece prevalere l’approccio dell’EOU. Gli attacchi ai trasporti tedeschi ripresero nel settembre 1944, non più per impedire l’afflusso di rifornimenti al fronte ma per distruggerla in quanto infrastruttura in grado di far affluire materie prime ai siti produttivi e poi per trasferirli al fronte. In quest’ultima modalità gli attacchi registrarono notevole successo, al punto che nel novembre 1944 Al-
27 Solly Zuckerman, From Apes to Warlords, 1904-1946, Londra, Hamish Hamilton, 1978. 28 Sul tema cfr. Alfred Mierzejewski, The Collapse of the German War Economy, 1944–1945: Allied Air Power and the German National Railway, Chapel Hill, University of
North Carolina Press, 1987. 29 Walt W. Rostow, Pre-Invasion Bombing Strategy: General Eisenhower’s Decision of
March 25, 1944, Austin, University of Texas Press, 1981.
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bert Speer, ministro per la produzione bellica tedesca, lamentava l’impossibilità di mantenere il livello di coordinamento centrale che sino a quel punto aveva consentito il continuo ridisegno della produzione che permetteva alla Germania di limitare i danni dell’offensiva strategica.30 A conclusioni analoghe sarebbe giunto nel dopoguerra l’U. S. Strategic Bombing Survey.
Anche prescindendo dall’altalena di indirizzi e risultati, il ricordo di Rostow sopravvaluta la capacità di Zuckerman di influenzare il comandante del Bomber Command Arthur Harris, fondamentalmente avverso a qualsiasi deviazione dalla propria filosofia di colpire il morale della popolazione tedesca attraverso area bombing (attacchi di saturazione). Nel marzo 1944 la BSU informò l’ACM Arthur Tedder, il vice di Eisenhower, dell’inattendibilità dei dati elaborati da Harris e ridimensionò le previsioni verso il basso.31 Neppure questo servì a ridurre in modo decisivo il credito di cui Harris godeva presso Churchill e il capo di Stato Maggiore della RAF Charles Portal, almeno nella misura in cui non vollero sollevarlo dall’incarico per timore di ripercussioni sul morale del Bomber Command, già duramente provato dalle pesanti perdite che subiva sulla Germania. Il mancato crollo del morale tedesco a causa dei bombardamenti portò a cercare altre giustificazioni per proseguire l’area bombing, a partire dal valore economico della distruzione delle abitazioni. Nel tardo 1942 Portal stimava che entro il 1944 il bombardamento strategico inglese avrebbe distrutto un terzo dell’industria tedesca e sei milioni di abitazioni nelle quali abitavano 25 milioni di tedeschi, dei quali circa due milioni sarebbero stati uccisi o gravemente feriti.32 Che la previsione fosse attendibile o meno, che i calcoli economici fossero favorevoli o meno, l’argomentazione minava alla radice l’assunto centrale del bombardamento strategico quale metodo risolutivo per abbreviare le guerre e ridurne i costi complessivi.
Alla ricerca di alternative
Conseguenza diretta della scelta di portare guerra all’economia nemica anziché combatterne le forze in campo era la priorità nell’allocazione dei fattori della propria produzione. Se questa avrebbe dovuto necessaria-
30 Webster e Frankland, cit., vol. 4, pp. 349-357. 31 S. Zuckerman, cit., p. 243. 32 J. Ellis, cit., p. 183.
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mente assecondare tale impostazione strategica, la priorità produttiva si sarebbe infatti tradotta in quella operativa, spostando il baricentro dalla superficie verso l’aria. Il lungo tempo necessario per costruire le forze aeree per l’attacco alla Germania e la difficile situazione bellica del 194042 mettevano però in dubbio tale impostazione, che in termini economici potrebbe identificarsi non solo nel problema della efficiente allocazione di risorse scarse ma anche nel “costo di opportunità”, ovvero la valutazione di ciò a cui si deve rinunciare nel perseguire un obiettivo pur desiderabile.
Il problema si palesò fin dall’inizio nella discussione sulla lotta ai sommergibili tedeschi in Atlantico, la cui attività metteva addirittura a rischio la sopravvivenza della Gran Bretagna e vanificava il poderoso sforzo industriale statunitense. 33 Nella prima metà del 1942, gli U-boot affondarono in Atlantico 3.090.485 ton di naviglio, per oltre due terzi vicino la costa orientale americana. Nei solo mesi di luglio e agosto 1942 furono affondate 841.054 ton, quasi equamente divise tra Atlantico e Caraibi. E ancora, dall’agosto 1942 al marzo 1943 in Atlantico andarono perdute oltre 3,5 milioni di tonnellate.
Nonostante questo, in Gran Bretagna il Bomber Command si oppose sempre all’idea di cedere al Coastal Command sia pur limitate quantità di quadrimotori Very Long Range (ad autonomia molto lunga, VLR) necessarie per chiudere il cosiddetto Greenland Gap e completare la scorta dei convogli per l’intera traversata dell’Atlantico.34 Il consulente del Coastal Command per la ricerca operativa quantificò la differenza tra i due approcci calcolando che un B-24 con una vita operativa di 30 missioni avrebbe potuto sganciare meno di 100 tonnellate di bombe e uccidere una dozzina di «uomini, donne e bambini» oppure salvare almeno una mezza dozzina di mercantili, sottolineando come la seconda opzione avrebbe dato un contributo indubitabilmente maggiore alla vittoria. Non stupisce dunque che la lista degli avversari di Harris comprendesse esponenti del calibro del generale Alan Brook, capo dello S. M. Imperiale, dell’ammiraglio John Tovey, comandante della Home Fleet e persino dell’ACM Philip Joubert de la Ferté, comandante del Coastal Command.
33 Sul punto si veda J. Ellis, cit., capp. 3 e 4, soprattutto per l’esplicita relazione tra la battaglia dell’Atlantico e il bombardamento della Germania. 34 J. Ellis, op. cit., pp. 162-163.
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A conferma del fatto che il contrasto tra la distruzione dell’economia avversaria e la difesa della propria rispecchiasse una fondamentale differenza di vedute strategica, la questione si pose anche negli USA. Nel febbraio 1942, ritenendo prioritario questo compito, la US Navy richiese all’US Army di trasferirle 900 bimotori tra B-25 e B-26 e 400 quadrimotori B-24 – a fronte, per questi ultimi, di un gettito industriale di appena 230 esemplari sino a tutto giugno 1942.35 Il contrasto non riguardava però solo l’assegnazione delle macchine, per le quali l’Army Air Force propose la formula di compromesso del Coastal Command britannico, ma anche la filosofia d’impiego: la US Navy immaginava una scorta aerea continua e pedissequa, mentre l’AAF premeva per una formula più flessibile che permettesse di concentrare immediatamente gli attacchi sulle tracce avvistate.36
Nel gennaio 1943 la conferenza di Casablanca chiese alla RAF e all’USAAF una Combined Bomber Offensive (CBO) che riconciliava, almeno verbalmente, le diverse prospettive della «progressiva distruzione e dislocazione del sistema militare, industriale ed economico tedesco», del «minare il morale della popolazione tedesca fino al punto di indebolirne fatalmente la capacità di resistenza armata» e dell’individuazione di specifici obiettivi, mettendo al primo posto la produzione per le forze armate (prima i cantieri navali dei sommergibili, poi l’industria aeronautica) e solo dopo le reti di trasporto e l’industria petrolifera.37 Unito alla determinazione di Harris nel non abbandonare gli attacchi al morale tedesco, il nuovo approccio si traduceva nel mettere in secondo piano gli attacchi alla struttura dell’economia tedesca a favore di quelli mirati contro le sue singole componenti. Se Harris fu sin troppo coerente, nel suo complesso la CBO ebbe un approccio altalenante, con frequenti cambiamenti di priorità legati agli equilibri interni all’alleanza anglo-americana, alle personalità in vario modo coinvolte e alla loro capacità o volontà di perseguire gli obiettivi con la necessaria determinazione.
35 Wesley F. Craven e James L. Cate (a cura di), The Army Air Forces In World War II, vol. I,
Plans & Early Operations, Chicago, The University of Chicago Press, 1948, pp.538- 539. 36 W.F. Craven e J. L. Cate, op. cit., I, p. 545-546. 37 Webster e Frankland, cit., vol. 4, p. 161.
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Letture critiche
La validità del bombardamento strategico come guerra all’economia, in tutte le sue connotazioni fu sottoposta alla rigorosa analisi scientifica dell’United States Strategic Bombing Survey, che pubblicò il suo rapporto conclusivo già il 30 settembre 1945, meno di un mese dopo la resa del Giappone.38 Le sue conclusioni, che ridimensionavano fortemente i risultati conseguiti, divennero subito controverse, così come sarebbe accaduto vent’anni dopo con la storia ufficiale inglese.39
La valutazione negativa di Galbraith riposava essenzialmente sulla constatazione della produzione tedesca nel 1944, superiore a quella degli anni precedenti. Tale sorprendente risultato scaturiva da diversi fattori, che andavano dagli errori di modellizzazione (la grande competenza industriale mobilitata dal COA era bilanciata in senso talvolta negativo dal presumere che nell’economia tedesca prevalessero le stesse condizioni e procedure di quella americana)40 alla sottostima della capacità di adattamento, semplificazione e sostituzione, dall’enorme ampliamento della base produttiva ottenuto grazie all’asservimento dell’industria continentale fino alla sottovalutazione della rapidità di riparazioni dei danni subiti. Ma l’analisi numerica raccontava solo una parte del risultato. La mancanza di carburanti aveva reso impossibile utilizzare molti dei mezzi prodotti, tanto in assoluto (per l’impossibilità di spostarli dalla fabbrica al fronte, o di manovrarli una volta consegnati) quanto nel senso dell’efficacia (per esempio per la mancanza di equipaggi addestrati, non essendo possibile formare adeguatamente i rimpiazzi).41 O ancora, la scarsissima qualità della produzione da parte di manodopera forzata rendeva poco utilizzabili anche armamenti sofisticati
38 L’USSBS fu creato dal presidente Roosevelt già nel settembre 1944, inizialmente sotto la gestione dell’OSS. Diretto da un consiglio di alto profilo in cui spiccavano personalità di altissimo livello come Paul H. Nitze e John K. Galbraith, l’USSBS giunse a contare fino a 1.150 persone, con collaboratori del calibro di John von Neumann e Wassily Leontief, premio Nobel per l’economia nel 1973. Il testo del rapporto principale è online (archive. org aupress.au.af.mil Books USSBS.pdf), mentre non lo sono i 316 volumi di studi particolareggiati su vari aspetti. 39 Noble Frankland, History at War. Giles de la Mare, London, 1998 40 W. F. Craven e J. L. Cate, op. cit., II, pp. 349-353. 41 Sul crollo dell’addestramento dei piloti tedeschi cfr. Williamson Murray, Strategy for Defeat: The Luftwaffe, 1933-1945, Maxwell, Air U. P., 1983 (online).
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come i razzi A-4 (V2).42 Sotto questo profilo, l’esperienza confermava piuttosto la stretta interconnessione dei fattori produttivi in un’economia avanzata e la complessiva inutilità di considerarli separatamente l’uno dall’altro.
Nei risultati inferiori alle aspettative giocarono molto la minor priorità attribuita risorse energetiche e alla rete dei trasporti rispetto a quelle identificate in via qualitativa dai pianificatori americani nell’AWPD-1.43 Come notò l’USSBS, l’insistenza sul distruggere gli stabilimenti aeronautici si dimostrò eccessiva in termini di assorbimento di risorse limitate, mentre la riduzione dell’efficacia delle difese aeree si sarebbe potuta ottenere più semplicemente puntando direttamente ai pochi siti in grado di produrre componenti fondamentali dei carburanti ad alte prestazioni quali etile (due siti in Germania, due in Italia e uno in Francia) e dibromuro di etilene (un suo componente fondamentale, di cui esisteva una sola fonte, in Germania). Un’alta concentrazione si aveva anche nella produzione di energia, in cui circa 400 delle 8.257 centrali generavano l’81,9% dell’energia elettrica e quattro aziende producevano gran parte dei trasformatori ad alta tensione. Contro questi obiettivi paganti l’8a Air Force statunitense sganciò appena 316 tonnellate di bombe (pari allo 0,05 del totale) e il Bomber Command 532 (0,07%).
In questo senso il mancato successo del bombardamento strategico non dimostrava tanto la falsità dell’assunto quanto l’errore nella sua esecuzione, a sua volta legato alle modalità per così dire “politiche” della sua gestione. Tra di esse vi furono senz’altro le oscillazioni tra le priorità che, seppur pienamente comprensibili nel contesto generale, impedirono di portare avanti gli attacchi contro le filiere più promettenti con la dovuta continuità. Le polemiche sulle conclusioni dell’USSBS e sulla storia ufficiale britannica, d’altra parte, erano legate anche agli obiettivi impliciti dei due studi, cioè porre le premesse per l’indipendenza dell’AAF dall’US Army e portare alla luce il dibattito sopito durante la guerra.
L’analisi del bombardamento strategico come guerra contro l’economia suggerisce tre osservazioni finali. La prima riguarda il dibattito sulle scelte di fondo su obiettivi, tempi e modalità, che indica come sulla guerra
42 Michael J. Neufeld, The Rocket and the Reich, New York: The Free Press, 1995; id., Von
Braun: Dreamer of Space, Engineer of War, New York, 43 J. Ellis, cit., pp. 215 ss, sulla base dei rapporti USSBS.
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La breccia nella diga di Mohne, nella Ruhr, gravemente danneggiata dalla RAF nella notte del 16-17 maggio 1943 con un attacco di grandissima precisione. La rete di produzione e distribuzione dell’energia elettrica, una infrastruttura critica la cui interruzione avrebbe messo in ginocchio la Germania, fu raramente colpita dai bombardieri alleati. (foto IWM).
all’economia influissero gli stessi fattori che colpivano ogni altra scelta strategica. L’acerrima lotta anglo-americana sulle priorità del 1944 e la sottovalutazione di categorie di obiettivi molto redditizi suggerisce l’assenza di indicazioni tecniche univoche, a sua volta utilizzabile per puntellare argomentazioni non tecniche. Una seconda considerazione riguarda l’asimmetria di una guerra contro l’economia condotta con mezzi aerei di ridotta autonomia, impossibile da replicare in un’epoca di missili e vettori con portata globale. La terza considerazione riguarda le modalità di operazioni contro l’economia, non più praticabili in termini di distruzione su vasta scala (anche per le conseguenze in termini di danni collaterali, con annesse ricadute di comunicazione e percezione delle responsabilità) ma attuali in termini del desiderio di conseguire una paralisi strategica in grado di accelerare la sconfitta dell’avversario e il raggiungimento dei propri obbiettivi politici. Da questo terzo punto consegue che è un errore
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I danni causati dall’acqua uscita dalla diga di Mohne. Si notano una strada allagata (1), una centrale elettrica isolata (2), la distruzione di ponti stradali (3) e ferroviari (4), materiale rotabile distrutto (5) e tettoie sommerse (6). (Foto: IWM)
concettuale identificare il bombardamento a oltranza con l’essenza stessa del potere aereo in qualsiasi epoca e contesto. La moderna dottrina, il cui sviluppo nasce proprio dalla base esperienziale della Seconda guerra mondiale, non identifica più la dimensione strategica del potere aereo con la massa (resa sempre meno importante dal conseguimento di quella precisione irraggiungibile nel 1939-45), la distanza e la distruzione, quanto con la sua capacità di dare forma (shaping) allo scontro, a qualsiasi livello, attraverso effect-based operations costruite a partire dal risultato desiderato e non dal mezzo che si utilizza per ottenerlo.
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Durante la grande guerra il blocco navale alleato provocò 750.000 vittime civili nella sola Germania. Durante la seconda la Germania poté sfruttare le risorse di tutta l’Europa alleata o occupata, esportando carestia ad Est col criminale Hungerplan elaborato nel maggio 1941 dal ministro per l’alimentazione Herbert Backe (che provocò 2 o 3 milioni di morti nell’Urss: Gesine Gerhard, Nazi Hunger Politics. A History of Food in the Third Reich, Rowman & Littlefield, 2015). Il bombardamento strategico alleato uccise però 570.000 civili tedeschi (rapporto del governo federale 1956) e contribuì, insieme alla controffensiva sovietica e allo sbarco in Normandia, al rapido peggioramento della situazione alimentare, soprattutto nei campi di concentramento dove i decessi per fame si moltiplicarono dal febbraio al giugno 1945. Successivamente, sia per l’afflusso dei profughi da Est sua per il razionamento punitivo disposto dal governo alleato, furono i tedeschi a subire una carestia protratta fino al 1950 e ben più dura di quella del 1919. Non vi sono però stime attendibili sulla proporzione né studi convincenti sulle asserite responsabilità alleate (in particolare di Eisenhower).
A pair of nylons, the silk stockings surrogate that won both the WWII and the Cold War. Vignetta dal pamphlet di Ralph Townsend (1900-1976), There Is No Halfway Neutrality, 1938, contro il boicottaggio della seta grezza giapponese, con l’argomento che il danno per la manifattura americana della seta è sei volte maggiore di quello inflitto al produttore giapponese. (wikimedia commons, CurtisNaito 2013). Individuato da Roosevelt come il più efficace portavoce dell’American First, il movimento anti-interventista di destra, durante la guerra Townsend fu arrestato e processato per spionaggio a favore della Germania. Nel dopoguerra si rifece una vita come lobbista, riuscendo a convincere la CIA a trasferire il suo QG a Langley in Virginia.
L’Arma economica in tempo di pace
I Nuovi Decabristi. 8 dicembre 1991. Il presidente Boris Nikolaevič El’čin firma, nella dacia di stato di Viskuli, nella parte bielorussa della Foresta di Białowieża, la dissoluzione dell’Unione Sovietica: «Мы, Республика Беларусь, Российская Федерация (РСФСР), Украина как государства-учредители Союза ССР, подписавшие Союзный Договор 1922 года, далее именуемые Высокими Договаривающимися Сторонами, констатируем, что Союз ССР как субъект международного права и геополитическая реальность, прекращает свое существование» (Noi, Repubblica di Bielorussia, Federazione Russa (RSFSR), Ucraina, quali Stati fondatori dell’Unione Sovietica e firmatari del Trattato di Unione del 1922, di seguito denominati le Alte Parti contraenti, dichiariamo che l’URSS come soggetto di diritto internazionale e realtà geopolitica non esiste più.)