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addio alle armi Difficile vederlo in Italia

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di Enrico Gaudenzi

Nell’ottobre del 1943, durante una retata nella sede dell’Einaudi a Torino, le SS trovarono un contratto per la traduzione di a Farewell to arms in tasca all’avvocato Franco Pivano, che fu per questo arrestato. Sua sorella Fernanda, la futura scrittrice, ne ottenne il rilascio dichiarando di essere lei la destinataria del contratto, ma fu sottoposta a un lungo interrogatorio da parte di due ufficiali1. A insospettire i nazisti non era in modo specifico quel romanzo, ma il suo autore, non solo americano, ma volontario antifascista in Spagna e fin dal 1923 posto all’indice dal regime2. Peraltro anche dopo la pubblicazione (1949) della traduzione di Pivano le pagine su Caporetto continuarono a lungo a urtare la suscettibilità italiana3 .

Ne sono prova la mancata distribuzione nell’Italia postbellica della prima (1932) trasposizione cinematografica del romanzo e le peripezie della seconda, girata in Italia nel 1957, alle quali è dedicato questo saggio4. Ancor meno hanno circolato in Italia l’omonima miniserie televisiva BBC in tre puntate (1966)5 e i

1 Fernanda Pivano (1917-2009), Diari [1917.1973], a cura di Enrico Rotelli con Mariarosa Bricci, Milano, Bompiani, 2008, pp. 63-65. Pivano incontrò la prima volta Hemingway all’Hotel Concordia di Cortina nel 1948 e, abbracciandola, lo scrittore le chiese «Tell me about the Nazi». 2 Per gli articoli del 1922 e 1923 sul Daily Star in cui Ernest attaccava il fascismo e Mussolini (F. Pivano, Hemingway, Milano, Rusconi, 1985, p. 60). 3 Rinverdivano infatti l’Otto Settembre, mentre l’Italia riarmava nel quadro atlantico schierando le forze nel vecchio teatro operativo della grande guerra e rioccupava Trieste, Cinecittà sfornava una ventina di film patriottici sul Risorgimento. le due guerre mondiali e la Resistenza diretti dagli stessi registi del Ventennio, il ministero della difesa censurava

Senso di Visconti e la giustizia militare processava Renzi e Aristarco per il soggetto di un film sull’occupazione italiana della Grecia. 4 Secondo Pivano, Hemingway odiava le trasposizioni cinematografiche del romanzo e non volle alcun diritto su quella del 1957 (Viaggio americano, Milano, Bompiani, 1997, pp. 75-76). Cfr. P. G. Rama Rao, ernest Hemingway’s aS Farewell to arms, Atlantic Publishers & Dist., 2007, pp. 139-142. 5 Trasmesse il 15 e 22 febbraio e il 1° marzo 1966, regia di Rex Tucker, protagonisti Vanessa Readgrave e George Hamilton. Echi di addio alle armi si trovano anche nella miniserie

Mediaset in due puntate di Giacomo Campiotti (l’amore e la guerra) andata in onda il 13 e 14 maggio 2007 su Canale 5.

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film Hemingway’s adventures of a Young Man (1962) – basato su altri racconti semi-autobiografici dello scrittore6 – e in love and War (1996) – basato sui diari della ventiseienne infermiera e la sua corrispondenza col diciannovenne Ernest pubblicati nel 1989 da un altro veterano della famosa ‘Ambulanza dei Poeti’7 .

Se a Farewell to arms (1929) si inseriva nella corrente letteraria americana che rileggeva la grande guerra in chiave pacifista e antimilitarista8, lo stesso si può dire per la sua versione cinematografica del 1932, coeva ad altri grandi film di quegli anni, specialmente americani e francesi. L’originalità di the Big Parade (1925) di King Vidor, l’eccezionale rigore di Verdun, visions d’histoire (1928) di Léon Poirier e, complice la diffusione del cinema sonoro, il successo mondiale di all Quiet on the Western Front (1930) di Lewis Milestone, mostrano la fortuna commerciale di un tema che, a causa di difficoltà tecniche e politiche, pareva destinato all’oblio.

In questa prima riduzione cinematografica, diretta da Frank Borzage (18941962), la Paramount diede ampio spazio alla vicenda amorosa, lasciando la narrazione bellica sullo sfondo. La trama è nota: il tenente Frederic Henry

6 Diretto da Martin Ritt (1914-1990), prodotto da Jerry Wald, girato negli studios della 20th

Century Fox e in alcune parti a Verona, si basa su the Nick adams Stories, una raccolta di 24 racconti semi-autobiografici pubblicata postuma nel 1961. Il titolo del film (in italiano le avventure di un giovane), che riprende quello del racconto autobiografico di John Dos

Passos (adventures of a Young Man) sulla guerra civile spagnola, allude alla rottura tra i due ex-volontari dell’Ambulanza dei Poeti, avvenuta nel 1937 per le opposte valutazioni politiche sulla Repubblica spagnola [Stephen Koch, the Breaking Point: Hemingway, Dos

Passos, and the Murder of José robles, New York, Counterpoint, 2006]. 7 Diretto da Sir Richard Attenborough (1923-2014), prodotto dalla New Line Cinema e stroncato dalla critica, il film (in italiano amare per sempre) si basa sul libro Hemingway in love and War. the lost Diary of agnes von Kurowsky, her letters and correspondence with H. (Boston, Northeastern U. P., 1989) curato dal diplomatico Henry Serrano Villard (1900-1996), lui pure commilitone di Dos Passos e Hemingway in Italia, è incentrato sulla reale vicenda militare dello scrittore (interpretato da Chris O’Donnell), ma trasforma il flirt con l’infermiera (Sandra Bullock) in una vera storia d’amore. Su Agnes Hanna von Kurowsky Stanfield (1892-1984) v. Vern L. Bullough and Lilli Sentz (Eds.), american Nursing: a Biographical Dictionary, New York, Springer, 2000, vol. 3, pp. 266-267.

Michael S. Reynolds, the agnes tapes: a Farewell to Catherine Barkley, Fitzgerald/Hemingway Annual, 1979. Sulle decine di romanzi, racconti, fumetti, film, pièce teatrali e poesie in cui Hemingway compare come personaggio, v. Ron McFarland, appropriating

Hemingway: Using Him as a Fictional Character, 2014. Hemingway non amava 8 V. Stanley Cooperman, World War i and the american novel, Baltimore, The Johns

Hopkins Press, 1967. Sul romanzo v. Michael S. Reynolds, Hemingway’s first war: the

Making of a Farewell to arms, Princeton U. P., 1976. Scott Donaldson (Ed.), New essays on a Farewell to arms, Cambridge U. P, 1990.

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(Gary Cooper) guida un’ambulanza sul fronte italiano. La sua amicizia col maggiore medico Rinaldi (Adolphe Menjou), allegro frequentatore di bordelli, dedito all’alcool, viene messa a dura prova dalla relazione amorosa che il tenente inizia con l’infermiera inglese Catherine Barkley (Helen Hayes). I due si amano ma, anche per gli ostacoli che Rinaldi, preoccupato per l’amico, mette sulla loro strada, non riescono a rimanere insieme. Alla fine però sarà proprio grazie al maggiore che Frederic potrà raggiungere in Svizzera l’amata, già profondamente debilitata e morente, dopo aver dato alla luce un figlio morto. Al dolore privato del protagonista si oppone la gioia pubblica per la fine della guerra9 .

Sono state fatte molte ipotesi circa la mancata distribuzione del film in Italia10. Sarebbe errato sostenere che il film non poté circolare perché aveva osato mettere in scena la ritirata di Caporetto. Numerose sono infatti le pellicole che, pure durante il Ventennio, hanno rappresentato o hanno almeno citato la disfatta per antonomasia (tra gli altri il grido dell’aquila, la leggenda del Piave e le scarpe al sole11). La pellicola non venne mai distribuita nelle sale italiane. La versione oggi in circolazione sul mercato home video italiano è quella più breve, ridotta di circa 10’ dopo l’approvazione del codice di autocensura

9 Un remake fu fatto senza successo, nel 1950, dallo stesso Borzage, col un nuovo titolo (Force of arms) e altri attori (William Holden e Nancy Olson). 10 È tecnicamente errato parlare di censura. Il film non risulta essere mai stato censurato, nonostante quanto sostenuto da Roberto Gulì in «Pacifisti e sovversivi», online al sito italiataglia.it. A sostegno della mia tesi riprendo anche quanto citato da Jean A. Gili, le cinéma italien à l’ombre des faisceaux (1922-1945), Perpignan, Institut Jean Vigo, 1990. Vittorio

Mussolini sostenne in un’intervista che questi film non furono bocciati dalla censura o dal

Duce ma non tentarono nemmeno l’ingresso sul mercato italiano, p. 235: «Je me souviens que nous vîmes à Rome, dans la salle de l’Institut International de Cinématographie Éducative, divers films qui ensuite ne furent pas projetés en Italie pour des raisons assez logiques. L’un fut les Croix de bois de Raymond Bernard qui me fit une grande impression. a l’ouest rien de nouveau de Lewis Milestone me fit également une impression terrible.

Ce sont des films qui n’ont pas été présentés en Italie, non parce que nous les avions vus et qu’ensuite ils ont été interdits, mais parce que dès le départ on savait qu’ils ne seraient pas distribués». Censurato fu invece all’ovest niente di nuovo e la richiesta di revisione presentata l’11 dicembre 1950 dalla Universal Film di Roma alla specifico ufficio della

Presidenza del Consiglio fu accolta solo il 10 settembre 1955 (ma il 26 ottobre 1953 era stato espresso parere contrario «in quanto esso riproduce scene e fatti truci e di crudeltà» (documenti online a cinecensura.com). 11 Per un’analisi dettagliata della produzione italiana sulla prima guerra mondiale mi permetto di rimandare a Enrico Gaudenzi e Giorgio Sangiorgi, la prima guerra mondiale nel cinema italiano. Filmografia 1915-2013, Ravenna, Longo, 2014.

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Una scena «pre-Code» di a Farewell to arms

(codice Hays) firmato dalle Major statunitensi12 .

La censura cinematografica era regolata dal R. decreto N. 3287 del 24 settembre 1923, nel quale era contenuto il regolamento per la vigilanza governativa sulle pellicole cinematografiche. L’art. 3 stabilisce che il nulla osta non possa essere rilasciato a film che trattino: «a) Di scene, fatti e soggetti offensivi del pudore, della morale, del buon costume e della pubblica decenza; b) di scene, fatti e soggetti contrari alla reputazione ed al decoro nazionale e all›ordine pubblico, ovvero che possano turbare i buoni rapporti internazionali; c) di scene, fatti o soggetti del decoro o del prestigio delle istituzioni o autorità pubbliche, dei funzionari ed agenti della forza pubblica, del Regio esercito e della Regia armata, ovvero offensivi dei privati cittadini e che costituiscano, comunque, l›apologia di un fatto che la legge prevede come reato e incitino all›odio tra le varie classi sociali; d) di scene, fatti e soggetti truci, ripugnanti e di crudeltà, anche se a danno di animali, di delitti e

12 Nel mercato italiano vi sono due edizioni del film in DVD, entrambe propongono la versione da 78’. L’integrale è acquisibile nel mercato francese, edizione Wildside.

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suicidi impressionanti; di operazioni chirurgiche e di fenomeni ipnotici e medianici, e, in generale, di scene, fatti e soggetti che possano essere di scuola e incentivo al delitto».

Come vedremo il film di Borzage è in contrasto con moltissimi dei temi sopra elencati. Frederic ci viene presentato come un frequentatore di bordelli, dedito all’alcool e alle donne, da innamorato non esita a disertare per raggiungere l’amata; inoltre, come diversi critici hanno ipotizzato anche per il romanzo, il supposto amore saffico tra Ferguson e Catherine rimane, seppur ambiguamente, presente.

Varie sono le scene che paiono voler intaccare il decoro nazionale italiano: i militari scherzano sulla durata della guerra e sulla sua violenza, i carabinieri si dimostrano inefficienti nella ricerca dei soldati sbandati dopo la rotta militare, l’Esercito Italiano pare incapace di difendersi dagli attacchi aerei austro tedeschi. A tutto questo bisogna poi aggiungere il personaggio di Rinaldi. Il maggiore si contraddistingue per i suoi atteggiamenti poco marziali: si

Le crocerossine americane nel film di guerra over there (1917) con Anna Q. Nilsson (al centro), in exhibitors Herald del 24 Novembre 1917, p. 19.

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ubriaca, per andare il prima possibile al casino approva tutta la posta in entrata senza censurarla (esclusa quella di Henry), si adopera per ostacolare l’amore dell’amico. Le immagini relative alla rotta militare (in tutto il film non compare la parola Caporetto) sono poi particolarmente drammatiche e coinvolgono sia civili, che militari. Nonostante il cartello iniziale, che glorifica la vittoria italiana sul Piave, ancora oggi risultano evidenti le difficoltà che un film come questo avrebbe incontrato.

Prodotta da David O. Selznick (19021965), reso famoso da Gone with the Wind (1939) e rebecca (1940), la seconda versione di a farewell to arms si caratterizza per il gigantismo produttivo (emblematica è la differenza di durata, maggiore di circa un’ora), la spettacolarizzazione del conflitto e una costruzione epica, con grandi scene di massa assenti nel film di Borzage. Il cambiamento maggiore riguarda il personaggio di Rinaldi (Vittorio De Sica). Il maggiore non appare più come un ostacolo nell’amore tra Frederick e Catherine, e, soprattutto, è lui a subire un crollo psicologico per la disfatta, fino alla corte marziale e al plotone d’esecuzione. Inoltre la ritirata è mostrata non più in modo evocativo13, ma con immagini realistiche, che sottolineano la rotta, militare e morale, dell’esercito e dei civili italiani.

Le vicende realizzative sono state sapientemente analizzate nel volume Hollywood in Friuli14 . In questo saggio ho voluto mettere in luce un tema che gli

13 Per Alonge, il film di Borzage, utilizza una serie di immagini, prive di una funzione narrativa, simboliche che utilizzano stilemi differenti rispetto al linguaggio classico hollywoodiano, ma più in linea con il codice delle avanguardie. Per queste considerazioni si rimanda a Giaime Alonge, Cinema e guerra. Il film, la grande guerra e l’immaginario bellico del Novecento, Torino, Utet, 2001, pp. 160-161. 14 Carlo Gaberscek e Livio Jacob, Hollywood in Friuli. Sul set di ‘addio alle armi’, Gemona – Pordenone, La cineteca del Friuli – Edi. biblioteca dell’Immagine, 1991. Gloria De

Antoni, ritorno al tagliamento, Cineteca del Friuli, Gemona, 2006, con Franco Interlenghi e Antonella Lualdi. Il film fu girato a Venzone. Ai dialoghi collaborarono Pier Paolo

Pasolini e tra gli attori troviamo il giornalista Luigi Barzini jr. (1908-1984), che nel 1958 sarebbe stato eletto deputato liberale, nel ruolo del colonnello della corte marziale; Carlo

Pedersoli (1929-2016), il futuro Bud Spencer, nei panni di un carabiniere e Alberto Sordi nel ruolo del cappellano padre Galli che gli fu assegnato su raccomandazione di De Sica (Manuel De Sica, Di figlio in padre, Milano, Bompiani, 2013).

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autori non hanno trattato, il rapporto con la pre-censura. Il film, facendo parte di quelle produzioni statunitensi girate in Italia, dovette sottostare alle stesse direttive censorie (ivi compresa la censura preventiva) che regolavano i film italiani15. Il rapporto però fu anomalo. Lo Stato aveva già collaborato con molte altre grandi produzioni venute ad operare in Italia. Questa era però la prima volta che un film straniero si apprestava a descrivere la sconfitta dell’esercito italiano per antonomasia.

Analizzando le carte conservatesi presso l’Archivio Centrale dello Stato, apprendiamo che i rapporti tra la produzione e alcuni funzionari italiani furono particolarmente tesi. I rilievi di pre censura «Vertono sula parte centrale del copione (Caporetto). Ma già prima va segnalata la battuta di un soldato italiano: “Noi possiamo battere gli austriaci a mangiare”. La ritirata, che costituisce la parte fondamentale del film viene descritta in tutti i suoi aspetti caotici e convulsi. Il maggiore medico Rinaldi parla di fuga. Un ponte viene fatto saltare prima del tempo, mentre sopra vi transitano uomini e donne e masserizie. I carabinieri scoprono due spie tedesche nelle nostre linee. Le spie vengono fucilate, ma uno dei due tedeschi viene colpito male e il plotone è costretto a ripetere la scarica. Il maggiore medico Rinaldi che va gridando “L’Italia è morta, è una fogna di cadaveri”. E più avanti: “Scappate a casa, la guerra è finita, l’abbiamo perduta, inutile farvi massacrare, abbasso l’esercito, abbasso la guerra”. Viene arrestato dai carabinieri e fucilato. La fucilazione è, però, difettosa poiché il Maggiore cade in terra ma non è morto. Un carabiniere gli si avvicina e gli scarica la pistola alla nuca. Nel successivo trambusto, i carabinieri, nell’affannosa ricerca di Henry (fuggito in abito borghese) sparano sui cadaveri, su un bambino in culla, ecc. Il copione regista a pag. 114 l’eroica cavalcata dello squadrone di cavalleria a Pozzuolo del Friuli. Nel finale, in Svizzera, alcune persone, sedute in un caffé accennano alla eroica ripresa dell’esercito italiano sul Piave: “Hanno respinto i tedeschi. E dicevano che gli italiani erano finiti. È la più grande vittoria in cento anni”. Va inoltre segnalata una battuta “positiva” di Henry a proposito degli italiani e dei tedeschi. “I tedeschi sono migliori?” - dice Caterina. “Non migliori – risponde Henry. Una migliore macchina guerresca. Sono molti anni che la costruiscono cannone per cannone. Mentre gli italiani hanno contribuito a costruire

15 La normativa censoria era rimasta, sostanzialmente, la stessa approvata nel 1923. Sulla censura nei film storici durante gli anni Cinquanta rimando a Enrico Gaudenzi, «Una storia nuova. La censura del passato nel cinema a soggetto storico» in Elena Degrada (cur.),

Anni Cinquanta. Il decennio più lungo del secolo breve – Cinema e storia 2016, Catanzaro,

Rubbettino 2016.

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Vittorio De Sica di fronte alla corte marziale, presieduta dal prossimo deputato liberale Luigi Barzini jr. Il carabiniere dietro Rock Hudson è il futuro Bud Spencer

una grande civiltà”16».

Selznick, in un memo del 5 dicembre 1956, si impegna ad effettuare le modifiche richieste dalla Direzione Generale dello Spettacolo e dal Ministero della Difesa, dopo la lettura della prima stesura del sceneggiatura, migliorando sensibilmente l’immagine dell’esercito italiano17. Notizia di queste modifiche

16 Documento in carta intestata direzione Generale per lo Spettacolo (DGS), senza data e senza firma, deduttivamente ascrivibile alla data d’inizio lavorazione in Italia in Archivio Centrale dello Stato (ACS) – fondo Ministero Turismo e Spettacolo (Min T&S) – CF 2557 17 Promemoria di David O. Selznick (tradotto in italiano), senza destinatario scritto [ma deduttivamente indirizzato a DGS e Ministero della Difesa], datato 5 dicembre 1956 in ACS - Min T&S – CF 2557. In questo senso le differenze rispetto alla versione del 1932 sono lampanti: basti confrontare la sequenza dell’arrivo di Henry nelle retrovie italiane nei due

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devono essere arrivate anche alla stampa se un articolo di «Cinema nuovo» sostiene che dopo la presentazione della sceneggiatura si è modificata la storia di modo da rimuovere la rotta di Caporetto e di esaltare invece la vittoria sul Piave18 .

Una lettera di Raffaele Resta (1905-1973), sottosegretario di stato per lo spettacolo, al ministro della difesa Paolo Emilio Taviani (1912-2001) lascia intendere quali fossero le preoccupazioni politiche suscitate dal film: «Il signor Selznick non assume alcun impegno circa la presentazione del film dopo le elezioni in Italia. Di tale impegno non vi è memoria scritta presso gli uffici della Direzione Generale né alcuna traccia di impegno sia pure verbale19». Una volta iniziate le riprese i problemi non si arrestano. La progettazione e le riprese del film furono a dir poco burrascose, dato il metodo di lavoro di Selznick e i suoi difficili rapporti coi propri collaboratori (molti iniziarono ma non terminarono la lavorazione20; il caso più eclatante fu l’abbandono del regista John Huston, sostituito da Charles Vidor). Ma le difficoltà non provenivano solo dall’interno. Durante la lavorazione di a Farewell to arms i rapporti tra il Ministero della Difesa, la Direzione Generale dello Spettacolo e la produzione americana furono molto tesi. Da un lato, il Ministero della Difesa premeva per limitare la circolazione del film, dall’altro una grossa produzione statunitense, non avvezza ad una dialettica così invasiva tra cinema e politica, venuta in Italia per motivi di business e poco incline al compromesso. A mediare tra queste due posizioni si trova la Direzione Generale per il Cinema, tendenzialmente in accordo con l’imprenditoria, ma in difficoltà nello scontro con un Dicastero che ha da sempre avuto voce in capitolo sulle pellicole che affrontano tematiche così delicate. Una lettera del 22 giugno 1957 ci riporta le lamentele della Direzione Generale dello Spettacolo al Gabinetto del Ministero della Difesa a proposito di un mancato rispetto degli accordi «Improvvisamente nella mattina del giorno fissato per la lavorazione,

film per cogliere il rispetto (e l’influenza in fase di scrittura) dell’esercito italiano. 18 In «Cinema nuovo» addio a Caporetto, 15 dicembre 1956 (V), #96, p. 327 19 La lettera, datata 20 marzo 1958 si trova in ACS - Min T&S – CF 2557 20 Per una dettagliata ricostruzione v. il capitolo «La realizzazione di addio alle armi: una storia avventurosa», in Gaberscek C. e Jacob L., Hollywood cit. I due autori riportano diversi promemoria di Selznick ripresi da Rudy Behlmer (ed.), Memo from David o.

Selznick, London, MacMillan, 1973

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e cioè quando la ditta produttrice aveva già predisposto l›occorrente con la convocazione di alcune centinaia di comparse, arrivò dal Ministero della Difesa la notizia che i mezzi richiesti e gli uomini non sarebbero stati più forniti. Questa Direzione Generale mise al corrente dei fatti l’On. Resta [...], con preghiera di voler compiere un passo presso il Ministro della Difesa allo scopo di favorire la realizzazione della scena predetta, fornendo uomini e mezzi, in quanto essa rappresentava uno dei tanti accorgimenti predisposti al momento dell’approvazione della sceneggiatura intesi a dare al film un tono di esaltazione del valore del soldato italiano e dell’Armata anche in occasione di un rovescio militare quale fu la battaglia di Caporetto21»

Il signor Selznick «Per dimostrare la sua buona volontà e la sua intenzione di favorire al massimo i desideri del governo italiano, aderì [sic] di realizzare lo stesso la scena purché gli fossero stati forniti cavalli e uomini entro il più breve tempo non potendo egli mantenere a lungo, senza ulteriore perdita di denaro, in piedi le scene di fango allestite nei teatri di Cinecittà ove avrebbe dovuto essere girati i particolari e i dettagli della battaglia di Pozzuolo del Friuli22».

Il Ministro, nonostante quest’ultima preghiera, non concesse né gli uomini, né i cavalli necessari per la scena. Per comprendere a cosa si riferivano gli autori del documento possiamo rifarci ad una traduzione di una lettera di Selznick a Barzini del 12 giugno 1957 in cui viene raccontata la ‘genesi’ di quella sequenza: «Sono, come Lei, spiacente che la scena programmata, quella riguardante i Lancieri di Novara e i Dragoni di Genova in marcia verso Pozzuolo del Friuli per contrattaccare il nemico, non abbia potuto essere girata, poiché i Carabinieri, che avrebbero dovuto rappresentare la cavalleria, ci sono stati rifiutati all’ultimo momento. Questa conclusione incredibile delle trattative, dopo che ci eravamo ormai irrevocabilmente impegnati in una spesa di molti milioni di lire, era fuori di ogni nostro controllo. La scena, come Lei ben sa, era una scena molto costosa, preparata per il solo scopo di glorificare i soldati italiani, ed è stata annullata dalle autorità italiane incaricate. Dico ‘per il solo scopo’ perché, come Lei sa, la trama in generale e i personaggi venivano ad essere guastati dall’inclusione dell’episodio. L’avevo inserito io nel copione, di mia volontà, naturalmente prima di sottometterlo al Governo

21 Lettera del Direttore Generale dello Spettacolo al Ministero della difesa – Gabinetto, datato 22 giugno 1956 in ACS - Min T&S – CF 2557 22 Ivi.

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Italiano, come uno dei molti cambiamenti (ed è importante ricordare che è stato solo uno dei molti) fatti perché potesse far piacere agli italiani che il film venisse girato nel loro paese. È inutile ricordarLe che gli jugoslavi erano felicissimi di veder girare il film nel loro paese, e che avrebbe potuto altresì venir girato in altri luoghi, con un genere di collaborazione certamente superiore a quella che abbiamo avuto in Italia [...]. Lo sfortunato episodio, chiaramente di natura politica, mi lascia con una considerevole perdita di denaro, ma senza animosità. Il film, come ritratto favorevole degli italiani in guerra, non ne soffrirà. La misura nella quale noi abbiamo non solo fedelmente risposto ai nostri impegni, ma, direi, la misura in cui li abbiamo oltrepassati, è forse meglio indicata dall’entusiasmo degli ufficiali di Stato Maggiore dell’Esercito di fronte alla sequenza che abbiamo proiettato per loro, riguardante l’avanzata nelle Alpi, ed altre sequenze. Lei sa e può testimoniare che abbiamo speso letteralmente centinaia di migliaia di dollari per girare questa avanzata sulle Alpi, di cui, fra l’altro, non vi è alcuna traccia nel libro di Hemingway, e che io ho aggiunto di mia volontà allo scopo di glorificare lo sforzo compiuto dall’Italia nella prima guerra mondiale. Lei ed io [...] siamo stati al massimo scrupolosi nel presentare lo sforzo italiano in guerra nella miglior luce possibile, certo sempre entro i limiti della trama [...]. Il copione fu presentato e approvato con l’inclusione della sequenza dei Lancieri e anche i minimi cambiamenti, quando concernevano l’Italia in guerra, sono stati da Lei approvati e presentati alle autorità competenti. (è significativo, per esempio, che il solo disertore presentato in tutta la ritirata di Caporetto, sia il protagonista americano; e che l’unico altro militare presentato in cattiva luce nel corso della ritirata sia chiaramente una spia tedesca) [...]. L’ultima cosa al mondo che vorrei fare, mi creda, è quella di dare pubblicità allo sfortunato episodio [...]. Sono certo che vi erano valide ragioni politiche [sottolineatura nostra], almeno nella mente dei funzionari responsabili, per ritirare all’ultimo momento ciò che era stato promesso e sulla base della quale avevamo dato ordini e fatto spese. Ho rifiutato di rispondere a qualsiasi domanda della stampa. Intendo continuare in questo atteggiamento. Ma voglio essere sicuro che non vi siano malintesi di nessun genere per quanto riguarda la responsabilità dell’esclusione dei Lancieri da addio alle armi. È una mia fervida speranza che non sarà necessario da parte mia dare pubbliche ragioni per l’esito sfortunato di questo antipatico incidente. Ma, in tal caso, credo, una semplice esposizione di tutti i fatti sarebbe sufficiente per scaricarsi di ogni responsabilità in questa faccenda23».

23 Lettera (tradotta) di David O. Selznick al signor Barzini datata 12 giugno 1957 in ACS -

Min T&S – CF 2557

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Selznick ritorna sul tema in una lettera del 21 giugno al direttore generale dello spettacolo, l’avvocato Nicola De Pirro: «Lei ricorda che anche in questa situazione noi facemmo di tutto, valendoci anche del Suo appoggio, per indurre il Ministero della Difesa a tornare sulla propria decisione [...]. Considerate le circostanze e dato che per parte nostra siamo scrupolosamente venuti incontro ad ogni singola richiesta del Governo Italiano senza nessuna eccezione sono indotto a presumere che il film realizzato non solleverà obbiezioni. Non credo che nella storia del Cinema si possa trovare un altro produttore, neppure fra quelli italiani, che abbia speso una minima parte del denaro che noi abbiamo speso al solo scopo di non urtare la suscettibilità italiana [...]. Sviluppi non meno strani che per l›episodio dei Lancieri si sono avuti a proposito della sequenza dei giovani allievi ufficiali diretti al fronte dopo Caporetto che avevamo deciso di includere nel film su richiesta del Governo Italiano. Ancora una volta la nostra richiesta di cooperazione venne respinta e siamo stati così costretti ad affidare la parte degli allievi a giovani comparse da noi appositamente addestrate, cercando così di venire incontro ai desiderata del Ministero della Difesa senza che, fatto veramente strano e paradossale, le Autorità più direttamente interessate alla questione ci venissero incontro a loro volta. Non potevamo d’altra parte seguire il consiglio veramente oltraggioso, e so bene che a questo proposito Lei condivide in pieno i nostri sentimenti, di fare impersonare i Lancieri da comparse. Effettivamente, allorché insistendo nei nostri sforzi disperati per riuscire a fare cosa grata al Governo, pensammo di far impersonare i Lancieri, in sostituzione dei Carabinieri, dalla polizia a cavallo (che tra l’altro era disposta a cooperare finché non intervenne a proibirlo il Ministero della Difesa), fu osservato dalle autorità competenti che era semplicemente ridicolo aspettarsi che la polizia impersonasse adeguatamente il fiore della cavalleria italiana24».

Se per Garbarscek e Jacob «L’uso di truppe dell’esercito è stato preceduto da una complessa e difficile trattativa da parte di Selznick anche perché il governo italiano era stato criticato per averle concesse per il film Guerra e pace»25 io ritengo che nelle varie riscritture che si susseguirono (Gaberscek e Jacob ne confermano dieci diverse versioni) non giocarono solo fattori artisticoproduttivi, ma anche quelli censori italiani. Risultano chiare le intenzioni di Taviani: il film, almeno in Italia, doveva uscire dopo le elezioni del 1958. Appena si rese conto che i suoi piani differivano da quelli di Selznick, tentò,

24 Lettera (tradotta) di David O. Selznick a De Pirro, datata 21 giugno 1957 in ACS - Min

T&S – CF 2557 25 Gaberscek C. e Jacob L., Hollywood cit., p. 31

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per quanto possibile, di sabotare la produzione non inviando nuove “truppe-comparse” al fronte.

Nonostante quanto scritto da Giaccia e Vitale26 e su «Il ponte»27 il film ebbe problemi non tanto per la citazione di Caporetto (mostrato in diverse produzioni italiane di quegli anni: il caimano del Piave, la leggenda del Piave, Guerra 1518) quanto perché descriveva i militari italiani come capaci di macchiarsi di nefandezze tanto gravi (tra le altre giustizia sommaria, uccisione di civili, abbandono dei feriti). Per quanto la precensura si sia adoperata per edulcorare la vicenda, l’immagine dell’esercito cambiò, in peggio, come testimoniano le reazioni del ministero della Difesa. A riprese in Italia ultimate (rimanevano di girare alcune sequenze in Svizzera e ad Hollywood), prima ancora del montaggio del film, «Il 2 luglio a Roma Selznick convocò una conferenza stampa in seguito ad una protesta, pubblicata dai giornali, di un gruppo di veterani della prima guerra mondiale contro il proseguimento delle riprese in Italia. Fra di essi vi erano dei generali ed altri alti ufficiali. Chiedevano che la lavorazione fosse interrotta o che, se ciò non era possibile, il film non venisse mai proiettato nei cinematografi del nostro paese. Secondo i veterani il film screditava le forze armate italiane. Selznick replicò nella conferenza stampa che “Nel film non c›era nulla di offensivo nei riguardi dell›esercito italiano” e che proprio per evitare ogni controversia a questo proposito aveva ingaggiato, in qualità di esperto, il giornalista Luigi Barzini Jr. che coi suoi consigli faceva sì che il punto di vista italiano fosse tenuto in considerazione28».

Nonostante tutte le polemiche e gli attriti sorti in fase di lavorazione, il film

26 «Con addio alle armi, a causa dell’episodio di Caporetto, la censura riesce a far allontanare dal set John Houston, a cui succede Charles Vidor» [Vittorio Giacci e Lorenzo Vitale,

«Il fantasma della libertà: o come il cinema debba lottare per passare dal “sogno nel cassetto” al film», in Giorgio Tinazzi (cur.), il cinema italiano degli anni ‘50, Venezia, Marsilio, 1979, p. 126]. 27 Nel fascicolo della rivista del novembre 1961 sulla censura, a p 1547, fu scritto: «Il ministero della Difesa nega al produttore qualsiasi aiuto, sia di mezzi, sia di uomini. Per vincere l’intransigenza delle autorità italiane, la sceneggiatura viene rifatta cinque volte. Alla fine, il ministero della Difesa autorizza i magazzini dell’Esercito a concedere armi ed attrezzature della prima guerra mondiale. Dalla copia finale del film, la censura imporrà il taglio di numerose sequenze della ritirata di Caporetto» 28 Gaberscek C. e Jacob L., Hollywood cit., pp. 52-54

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Over There in iTaly

passò in censura senza troppi patemi. I problemi insorti furono affrontati prima della presentazione ufficiale alla commissione e sono chiaramente espressi da Fritz Micucci, «managing director» della 20th Century Fox, in una lettera del 20 febbraio 1958 a De Pirro: «Io ho fatto eseguire il taglio della scena del soldato italiano che strangola il civile italiano, come desiderato e proposto dalla commissione di censura, per la versione italiana, quando visionò il film approvandolo nella sua edizione originale. Per quanto riguarda la scena della spia tedesca sul reticolato, in merito alla quale la Commissione di censura che visionò la copia originale, avrebbe espresso qualche piccolo dubbio, il sig Selznick mi ha pregato di sottolineare la grandissima importanza che essa ha nella preparazione alla reazione del Mag Rinaldi che culmina con la esecuzione dello stesso, e pertanto il suo vivissimo desiderio che tale scena venga mantenuta. Inoltre egli fa presente che, dopotutto, fu cambiata, su richiesta delle autorità del Ministero della Difesa, in quanto originariamente la spia avrebbe dovuto essere presentata a testa in giù29».

Per la prima volta sembra esistere una dialettica tra la commissione e i suoi interlocutori. Questa frattura, creatasi nel sistema censorio, sarà sapientemente sfruttata da produttori e registi italiani per modificare sensibilmente l’immagine dell’Esercito al cinema. Hemingway, probabilmente, ne avrebbe sorriso.

Filmografia a farewell to arms. R: Frank Borzage. 1932. a farewell to arms. Pr: David O. Selznick. 1957. il grido dell’aquila. R: Mario Volpe. 1923. the Big Parade. R: King Vidor. 1925. la leggenda del Piave. R: Mario Negri. 1924. Verdun, visions d’histoire. R: Léon Poirier. 1928. all Quiet on the Western Front. R: Lewis Milestone. 1930. le scarpe al sole. R: Marco Elter. 1935. il caimano del Piave. R: Giorgio Bianchi. 1951. la leggenda del Piave. R: Riccardo Freda. 1952. Guerra 15-18 episodio del film amore di mezzo secolo. R: Pietro Germi. 1954.

29 Lettera di Fritz Micucci a De Pirro del 20 febbraio 1958 in Mibac – Direzione Generale per il Cinema – Archivio revisione cinematografica – f. 26278

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