RIVISTA MILITARE 1997 N.1

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Bimestrale dell ' Esercito Italiano di informazione e aggiornamento culturale sui temi della Difesa.

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<IL RUOLO TRAINANTE DELLA CULTURA MILITARE NELL'EVOLUZIONE TECNOLOGICA• (L'età contemporanea) MOZAMBICO 1993- 94 ' l l
TECHNE
l l l T EC H NE .. _...... TITOLO PREZZO (Euro) ABBONAMENTO AUA RIVISTA MILITARE {ITALIA) 15,00 ABBONAMENTO AUA RIVISTA MILITARE (ESTERO) 21,00 DIRITTl E DOVERI DEL CAPPELLANO MILITARE 10, 35 ORGANIZZAZIONE E BUROCRAZIA 15, 30 QUINTO CENNI ARTISTA MILITARE 7, 75 INDIPENDENZA ED IMPARZJALITA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 10, 35 IL CLERO PALA TINO TRA DIO E CESARE 15, 50 GEOECONOMIA NUOVA POLITICA ECONOMICA 15, 50 LA LEVA MILITARE E LA SOCIETA CIVILE 15, 50 LE OPERAZIONI DI SOSTEGNO DELLA PACE (tg8z-fgg7) 20, 85 PAROLE E PENSIERI (RACCOLTA DI CUR/OSITA LINGIJISTICO-MILITARI) 41, 30 UN UOMO <PAOLO CACCIA DOMINION!• (RISTAMPA) 35, 00 INDAGINE SULLE FORCHE CAUDINE. <IMMIJTABILITA DEl PRINCIPi DELL'ARTE MILITARE• 58, 00 HERATARTE E Cl/L TURA. <L 'ESERCITO ITALIANO IN AFGHANISTAN• 35, 00 50,00 5,00 LE UNIFORMI DELL'ESERCITO ITALIANO SUl FRONTI DELLA GRANDE GIJERRA. 10,90 VENTTDUE STAMPE DA COLLEZIONE {TIRATURA LIMITATA A fQQQO COPIE) IN VOLO, MISSIONE DOPO MISSIONE 19,80 1980-2005 DALLA LEVA AL PROFESSIONISMO (L 'evoluzione dell'E.I. in 25 anni d'immagini} 14,90 GARIBALDI. 1807-2007 DUECENTO ANNI DI STORIA PATRIA 25,00 GENERALE ANTOINE HENRY JOMINI (SOMMARIO DELL ' ARTE DELLA GUERRA) 35,00 LE UNIFORMI DELL'EPOPEA GARIBALDINA 1843-1915 (TIRATIJRA LIMITATA A fOOOO COPIE} 8,90 L'ACQUA rUNA RISORSA STRATEGICA UNA MINACCIA ALLA STABILITA• 40,00 DUE MILLENNI D'ARTIGLIERI D'ITALIA (TIRATIJRA LIMITATA A fOOOO COPIE} 9,90 TECHNE <IL RIJOLO TRAINANTE DELLA CULTIJRA MILITARE 50,00 NELL 'EVOLIJZIONE TEcNOLOGICA• (L 'eli cflsslc•J TECHNE riL RUOLO TRAINANTE DELLA CULTURA 50,00 MILITARE NELL ' EVOLUZIONE TECNOLOGICA• (L' eli medfev616) TECHNE clL RUOLO TRAINANTE DELLA CULTURA 50,00 MILITARE NELL ' EVOLUZIONE TECNOLOGICA• (L 'eN rin•scfmen16/6) TECHNE <IL RUOLO TRAINANTE DELLA CULTURA MILITARE 50,00 NELL'EVOLUZIONE TECNOLOGICA• (L'età modema) LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE DELL'ESERCITO ITALIANO 35,00 CARA/TALI@ <DALLE MISSIONI ALL 'ESTERO l NOSTRI SOLDATT RACCONTANO• 25,00 L'UNITA D'ITALIA. <RIVISTA MILITARE• RACCONTA 10,00 LIBANO 1982- 2012 5,00 \ TECHNE 4 lt ........... PER INFORMAZIONI TELEFONARE ALLO 0616796861 OPPURE ALL'INDIRIZZO RIV. MIL@T/SCAU.IT per le ordinazioni: cJc poste le 000029599008 Intestato e Difesa Servìzi S.p.A.- Via Flaminia, 335-00198 Roma oppure bonifico bancario Intestato a Difesa Servizi S.p.A. codice IBAN: IT 37 X 07601 03200 000029599008 BICISWIFT: BPPIITRRXXX con clausola •commissioni a carico dell'ordinante• t : : : ,._..""""""'"' , : : lt l : : : : :
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aDa Rivista Militare

INTERVENTO DEL CAPO DI STATO MAGGIORE DELUESERCITO PRESSO IL CENTRO DIPLOMATICO «CAGIATb>

SUL TEMA «ITALIA ED EUROPA: UN PUNTO DI VISTA MILITARE»

(Roma, 11 dicembre 1996)

Mi sia consenuto. in primo luogo. porgere a Lor Signori il saluto dell'Esercito Italiano cd cspnmere i sensi della mia gratitudine per l'opportunità offcnami di sottoporre. all'attenzione di una platea altame nte qualifica ta, alcuni spunti di riflessione sul quadro evolutivo delle relazioni continentali europee. che. come militare, esaminerò con panicolare riferimento agli aspetti «sicurezza» e «difesa» ed al ruolo che l'Italia può e deve svolgere in tale contesto

Il tema è sen1a dubbio di attua lità ed è strettamente connesso all'esigenza. sempre più a\vcnita. di una maggiore e più concreta coopcra7ione nel campo della sicurezza. specie a livello europeo. Tale « bi sog no co munit a ri o>> è stato defini to in una duplice veste: a livello politico. come P o lit ica Es t e r a e di Sic u rezza C omu ne ( P ESC) c ad un livello più tecnico-militare. come Iden tit à d i Sic ureu..a e Difesa E uro p ea (ES DI ). Esigenza peraltro maturata nel corso degli anni e trasformatasi oggi in necessità. Ad essa farò panicolare riferimento ne l corso della mia esposizione, che. con un po • di ambizione. si ripromeuc di rispondere a d ue semplici domande: «Quali stn1tture di difesa per una Europa· prospera c sicura'?» e «Quale il possibile contributo dell'Ita lia?».

A premessa delle mie riflessioni, varrà forse la pena riassumere breveme n te gli sforzi effettuati nel tempo per perve nire ad una reale in tegrazione della difesa europea.

L'idea di unificare politicamente l'Eur opa non è nuova. Era già stata delineata nel secolo diciassenes1mo e forse qualcuno, senza tema di smentita. potrebbe dire: anche Carlo Magno, a modo suo. fu un precursore!

Però, so lo dopo la Seconda Gue rr a Mondia le ta le aspirazione iniziò a tradursi in realizzazioni coere n ti. facilitate. da u n lato, dalle devastazioni della guerra c da ll'indebolimento delle strutture degli Stati nazionali e. dall'altro, dal mutamento del sistema delle Relazioni Internazionali.

L'affermazione delle due superpotenze. gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica. e la conseguente mu tata influenza e capacità degli Stati nazionali europei. su l fron-

te politico. economico. tecnologico e della sicurcv.a. rendevano evidente che. solo unificandosi e concentrando le risorse. l'Europa avrebbe potuto continuare ad essere un «competitore globale» sulla scena mondia le.

Il Consiglio d'Europa. nato nel maggio del 1949. contribui in modo positivo alle discussioni sulle nascenti lstiiUzioni comunitarie.

Dal punto di vista politico-militare. il tentativo di auto r izzare il riarmo della Gcm1ania. per una difesa comune continentale contro l'egemonismo sovietico sempre più minaccioso, si concretò nel 1950 nel progetto di costituire una Comunità di Difesa Europea (CED). Questa, qualora finalizzata mediante il trattato proposto, avrebbe prodotto non solo una poli t ica di difesa. ma addirittura uno strumento mil itare comune.

In un sol colpo, quarant'anni prima. si sarebbe raggiunto quel traguardo che il Trauato di Maastricht indica oggi come punto di arrivo sulla strada della definizione della Identità di Sicurezza e Difesa Europea.

L 'Italia, al riguardo. espresse inizialmente alcune perplessità sull'efficacia dell'impiego integrato di reparti nazionali e sullo stanziamento pennancnte di truppe italiane fuori del territorio nazionale e sotto un comando sovranaziona lc eu ropeo.

l naziona l ismi non ancora sopiti. i problemi connessi al riarmo tedesco, la necessità di ritrovare centralità politiche regionali in aperta disam1onia con la tendenza all'unificazione, determinarono il fallimento della CED. l tempi non erano ancora maturi.

Una battuta dell'epoca ironizzava. sentenziando che la mancata realizzazione della CED derivava dal fatto che non era stato possibile conferire alle Forze Annate tedesche <<dimensioni più grandi di quelle sov1etiche. facendole nel contempo rimanere più piccole di quelle francesi!»

Ma, al fine di realizzare in qualche modo gli obiettivi che tale iniziativa si riproponeva. nel 1954 vide la luce l' «Unione dell'Europa Occidentale», l'UEO. cioè un organismo che avrebbe dovuto con t ribuire fonemen te alla reaJiZ7.azionc del processo

di unificazione politico-culturale europea. Tuttavia. l'accrescersi della pressione sovietica sul panorama internazionale. in uno con l'indispcnsabilità della presenza statunitense in Europa. rafTorzò maggiormente i vincoli di mu t ua :1ssistenza stabilit i dalla NATO, ma svuotò in pratica I'UEO della sostanza ereditata dalla CED. Il principio dominante em di non sottrarre all'Alleanza Atlantica risorse preziose, dedicandole a «doppioni» di dubbia utilità.

L'UEO rimase cosi, per quasi trent'anni. una «scatola politicamente e militarmente» vuota, c si guadagnò il soprannome di «bella addormentata». Un numero minimo di struuure gestionali, sparpagliate tra Londra c Parigi, senza alcun collegamento funzionale cd operativo con la NATO e co n la sola cd un po • paradossale competenza di mantenere il controllo sul rianno dei suoi membri, Germania in particolare.

Ma già nell'Atto Unico europeo del febbraio 1986 si senti l'esigenza di riv1talizzarc la cooperazione nel campo· della sicurezza, quale «Contributo essenziale per lo sviluppo di un'identità poli t ica europe8>>.

Sulla stessa lineu anche il Consig lio UEO del 1987. in cui si ribadiva con maggiore ch iarezza la volon tà di sviluppare un distinto pilastro europeo di difesa e di elaborare un pensiero politico e stra t egico continentale.

Una serie di rapide e successive decisioni «tecniche» ponarono il Segretariato UEO da Londra a Bruxelles. per garantire la coincidenza geografica con la sede dell ' Alleanza; lo stesso Segretariato fu potenziato con la costituzione di una «Cellula di pianificazione». Infine il provvedimento forse più significativo: l 'apertura deli'UEO a n uove catego r ie di membri. Ai membri effettivi si andarono affiancando gli «osservatori». gli «associati» ed i «partner associati», cosicché oggi l'adesione copre l'intera Europa del «dopo muro», un totale di 27 Paesi.

U rilancio, quindi, si è materializzato con la fine del confronto bipolare, quando divenne evidente come fossero completamente cambiati i parametri di valutazione della leadership esercita ta da ciasc una Na-

I

nelr•mbilo de\1• 9'.. internazionale.

Il passo concreto suJ piano operativo si tradusse in operazioni navali «autonome» di controllo e sicurezza ne l Mar Rosso. nel Golfo Persico e ne li ' Adriati co. cioè in quelle zone geografiche «fuori area», in cui era ancora incerta e discussa la capacità o, meglio, la volontà d'intervento della NATO. Successivamente. la nuova situazione internazionale e la riunificazione della Gern1ania condussero ad intensi negoziati. che sfociarono nell'accordo di Maastricht. dal quale I'UEO è emersa come l'organismo competente per la difesa comune dell'Europa, collegata. ma indipendente dalla NATO. Infine, la Dichiarazione di Petersberg del 1992 ne ha costituito la base per lo svi luppo concettuale ed operativo.

E qui concludo il mio rapido excursus storico. Ma, attualmente, qual è il punto di situazione sull'inregrazione europea nel campo della difesa? E quale una possibile futura evoluzione?

Tutti converranno, ne sono certo, che quando si parla di UEO, il punto focale del problema è rappresentato dal rapporto tra questa organizzazione e la NATO e la conseguente «duplicità» che caratterizza l' organ izzazio.ne europea, sospesa - per così dire - tra fedeltà atlantica e necessità di maggiore «caratterizzazione» per gli aspetti di sicurezza regionale.

Mentre il Trattato e la relativa Dichiarazione di Maastricht stabiliscono il legamc tra UEO e Unione Europea, quello tra Europa c NATO è contemplato nel concetto che definisce I'UEO pilastro europeo de Il' Alleanza.

Va detto che, fino a ieri. tale ruolo di raccordo è stato più un· ipotesi che una realtà, in quanto da un lato l'antagonismo di a lcuni Stati nei confronti dell'Alleanza ha impedito alrUEO di svilupparsi come componente europea della NATO, dall'altro l'opposizione della maggioranza degli europei ad un rafforzamento deli'UEO. che fosse in contrapposizione con l'Alleanza, ne hanno di fano frenato lo sviluppo quale efficace braccio operati\O della nascente Unione.

La completa integrazione della Spagna nella NATO, il riavvicinamcnto della Francia all'Alleanza Atlantica (è proprio di questi giorni il rientro uflicinle nel Comitato Militare. l'organo vertice della struttura militare atlantica. È però vero che la divergenza di posizioni con gli Stati Untti cd anche con l'Italia sulla nuova architettura di comando della NATO fornisce in tal modo una chiara indicazione sul crescente ruolo che questo Paese intende svolgere neJrambito della stessa Alleanl'..a. andando a modificare equilibri

regionali ormai sedimentati) e la conseguente possibilità che l'ESDI possa realizzarsi all'interno della NATO come «capacità separabile. ma non separata» apre ora nuovi orizzonti che consentirebbero forse di sbloccare la situazione di stalla.

Se infatti il braccio operativo europeo prendesse concretezza alt' interno d eU' Alleanza e, tramitè il citato concetto delle capacità «separabili», potesse essere messo a disposirione dell'Unione Europea. si potrebbe trovare una strada che offrirebbe possibilità di futura integrazione europea senza, peraltro. rinnegare i vincoli atJantici.

È peraltro evidente, oggi, che gli USA non sono disposti a fornire la garanzia automatica della difesa comune a membri dell'Unione Europea c he non siano anche inseriti nella NATO.

È proprio in tale quadro che possono essere risolti i diversi problemi di coordinamento: cioè attraverso I'UEO, che, assumendo proprio la funzione di collegamento tra !"Alleanza e l'Unione Europea, si prefigge di agevolare e non certo ostacolare il processo di integrazione politica de li" Unione stessa.

Bisogna osservare altresi che tale raccordo, sul piano is titu zionale, è indispensabile. Infatti. i IO membri dcii'UEO fanno rutti parte dell'A ll eanza. mentre tra i 15 dell'Unione Europea vi sono 4 Paesi non inseriti nella NATO (Austria, Irlanda, Svezia e Finhllldia), Paesi «forzatamente» neutrali o con spiccate tradizioni di neutralità che rendono difficile un'evolurione in taJ senso. almeno nel breve-medio termine.

E non dimentichiamo. tra l'altro, che i membri dcii"UEO sono legati da un trattato, quello di Bruxelles, che garantisce la mutua di fesa comune alt raverso l'A llea.nza Atlantica.

È tuttavia da sottolineare la crescente accettazione da parte dei Paesi europei del concetto di una Unione Europea « uni t a , m a diffe r enziata>>, che possa dare anche spazio. in specifiche aree c per talune Nazioni. a forme di «so lidarietà c cooperaz i one rafforLata».

Pertanto. Lenuto conto delle diverse posizioni assunte dai vari Paesi per tali aspetti. è conveniente adottare un approccio maggionnente realistico, che consenta di conseguire. comunque. il risultato di ralTorzare la dimensione europea di sicurezza e di difesa. anche se ciò potrà risultare lontano da più ambi?iosi progetti sovranazionali.

Fermo restando che gli aggiustamenti isrin.zionali potranno seguire nel tempo, al momento appare prioritario confermare la doppia Funrione deli'UEO. quale componente di difesa dell'Unione Europea e pilastro europeo della NATO.

Al riguardo, sul piano più strettamente operativo. la posizione italiana in merito al rafforzamento deli'UEO si basa sostanzialmente sui seguenti punti:

• conferire aii'UEO concrete capacità di pianificazione, approntamento e condotta di operazioni militari;

• adottare. per la pianificazione, un metodo «task-based», che consiste nell'effeuuare un'analisi dei compiti che possono essere realisticamente svolti dagli europei e delle relative implicazioni poli t ico-militari:

• realizzare una catena decisionale in grado di attivare in tempi ristretti le capacità militari necessarie a porre in allo decisioni assunte in ambito UE.

Per soddisfare queste esigenze, ciascuna nazione UEO deve fornire propri comandi in grado di assumere in tempi brevi un assetto multinazionale e di svolgere le funzioni di Comando dell'Operazione e di Comando della Forza in operazioni di supporto alla pace.

In tale specifico settore. l'Italia ha dichiarato la propria disponibilita a contribuire allo svolgimento di eventuali operazioni umanitarie UEO, sulla base delle decisioni assunte di volta in volta. con «forma z ioni modulari », basate su componenti specialistiche.

Questo perché l'Italia, in linea con la «policy» finora seguita in tema di cooperazione internazionale volta a rafforzare l'Identità di Sicurezza e di Difesa Europea. è favorevole ad un'aggregazione. in ambito europeo. di strutture e farLe multinazionali.

Ed è quindi in tale ottica che si pone la costituzione di una forza terrestre e di una navale europee, denominate EUROFOR ed EUROMARFOR.

L'EUROFOR è nata da un'iniziativa politico-militare italiana lanciata alla fine del 1993, costituita dai tre Paesi interessati Italia, Francia e Spagna. ai quali si è aggiunto successivamente il Portogallo. l rclatÌ\ i documenti formali d'inte!>a sono stati !innati a Lisbona nel maggio 1995, ed è con grande soddisfazione ed orgoglio che il 9 ottobre scorso ho rappresentato il nostro Capo di Stato Maggiore della Difesa sancendo la costituzione del Comando di EUROFOR a Firenze, l'insediamento del suo primo Comandante. un Genernle spagnolo e !"avvio della suu attività operativa.

L· EUROFOR si configura quale Grande Unità terrestre, a composizione quadrinaLionale. ma aperta al contributo di altre Na?iom (al riguardo, ad esempio, la Grecia ha già dimostrato un notevole interesse per l'ini?iativa. chiedendo di potef\•i far parte).

Il

Il livello massimo della in operazioni è quello divisionale.

È prevista la disponibilità delle for.t.e (urutà di manovra e supporti) secondo la formula UEO <<Oli cali». ossia forze pronte su chiamata.

Le missioni <<tipo» assegnate coprono l"intera gamma dei possibili interventi nell'ambito della nuo' a strategia occidentale della gestione delle crisi. dalla situalione confliuuale in senso classico alla missione umanitaria.

È previsto rimpiego deii"EUROFOR in tutti i contesti istitu7ionnli (ONU. NATO. UEO), anche in teatri remoti. fermo restando che l'arca di gravita7ione della forza è soprattutto quella del bacino mediterraneo.

Fa, altresì, parte del requisito polìticomilitare la capacità di operare in ambiente interforze cd in particolare congiuntamente aii'EUROMARFOR. formazione omologa in campo navale.

La suddetta disponibilità, comunque, è da intendersi come resa <<in linea di principio», in quamo ogni Nazione, alla richiesta UEO di utiliZ7are tali forze. può negame la preceuazione se queste sono state impegnate o se è prevedibilc che lo s1ano. in prioritario esigenze nazionali.

In sostanza. le due curoforze rappresentano il risultato concreto di una lunga e laboriosa attività di studio c di coordinamento svolta negli anni passati e soprattutto la ferma volontà di procedere sulla \'ia della integrazione multinazionale delle forze.

Le operazioni condotte sotto egida UEO - solo per citarne una, la Slwrp Guard in Adriatico - avevano evidenziato un aspetto fondamentale: la capacità e l'efficacia degl i interventi sono strettamente legate all'efficienza de ll a s truttu ra di Com ando e Controllo che tali interventi deve gestire.

È proprio in tale ottica, cioè nella volontà di disporre di reparti altamente operativi che si profila un nuovo sistema di coordinamento con la NATO: il concetto dei G r uppi Op era ti vi Multin az i o nali l nte rfo rze - Co mbilted J oitt t Task Forces. elaborato nel Sllmmit atlantico del 1994 e definito nelle sue modalità organizzative nel 'errice di Berlino dello scor:.o giugno, vera e propria <<pietra miliare» sulla via del conferimento di effettive capacità alla difesa europea.

In futuro, infatti, si potrà disporre di una o più formazioni militari a connotazione in terforze e multinazionale, messe insieme e strutturate in vista di una finalità operativa specifica. Si avrà. in tal modo, la possibilità e soprattutto la capacità di affrontare una vasta gamma di compiti potenziali, con particolare riferimento alle

operazioni di supporto alla pace.

Qualora sia I'UEO ad a\erc il mandato di condurre un'operazione. questa potrà avvalersi della struttura di comando della NATO. in aderenza al già citato concetto di <<enti t à separa bili m a n o n se p arate».

L'esperienza in Bosnia di IFOR sta fornendo, al riguardo. una significativa te· stimonianza della validità di queste scelte.

Terminate le mie riflessioni sul modello organiv..ativo delrUEO e sul suo assetto futuro anche nei rapporti con la NATO. passo ora ad esaminare brevemente il ruolo «militare» che Europa cd Italia possono svolgere, tocalizzando l'analisi su due aree st1·ategiche fondamentali quali il bacino mediterraneo e l'Est europeo: arce. ove gli interessi nazionali cd europet sono rilevanti, caratterizzate entrambe da situazioni di preoccupante instabilità. Esse rap· presentano i due sogget1i principali di un possibile diretto coinvolgimento deiI'UEO, cioè le aree entro le quali l'UEO potrebbe svolgere una sig1lificativa azione di «garante della stabilità regionale».

Ciò potrà avvenire con una strategia di apertura e dj coinvolgimento. e non di contenimento e di chiusura. Strategia che comporta lo studio e l'avvio di forme differenziate di collaborazione. mediante la costituzione di un insieme di relazioni più o meno istituzionalizzate. in modo da realizzare una proiezione di stabilità sia verso Sud sia verso l'Europa centro-orientale. ln particolare, la proiezione verso r Est è già concretamente in atto con l'iniziativa NATO della Partnership for Peace, mentre quella verso il Sud è ancora in fase di elaboraz ione.

Infatti, come ho già avuto modo di dire. il panorama geostrategico delr arco di c ri s i nordafr icano- es t e u rop e o presenta tre fattori fondame n tali di incertcZ7..a e di rischio.

I l prim o riguarda gli Sta t i arabi del Mediterraneo. L 'imp rovvisa conclusione della Guerra Fredda si è tradona in una drastica riduzione della loro importanza nelle relazioni Est-Ovest: essi si sono resi conto di essere improvvisamente piombati in una «p a Jud e strategica».

ln1à.tti taluni partner della sponda Sud non hanno ancora compiuto sino in fondo la loro scelta, tra una cooperazione più stretta con l'Occidente ed il rimanere su posizioni isolazioniste. cedendo alle spinte tentatrici del fondamentalismo islamico.

Il secon do fattore si riferisce all'eventualità. non proprio remota. che le Nazioni balcaniche aderiscano alla costituzione di una sorta di « a sse ortodosso». sotto la guida di Mosca. Se tale ipotesi dovesse concretarsi, i delicati equilibri, che a fatica si stanno consolidando nei Balcani. po-

1rebbero essere rimessi in discussione. riaccendendo pericolosi nazionalismi.

lttjiue. va considerata con estrema atten;-ione l'impossibilità di erigere barriere efficaci contro l'allarmante fenomeno migratorio, proveniente specialmente dalla sponda Sud.

Per quanto riguarda il bacino del Mcdi· terraneo. solo un'iniziativa simile alla Partnership for Peace potrà promuovere lo sviluppo concreto della «sponda Sud», determinando le condizioni per neutralizzare. prevedendoli. i rischi alla sicurezza europea cd atlantica, prima che quesù dallo stato latente o di intensità controllabile, si trasformino in crisi generalizzate, difficilmente gestibili.

Proprio l'analisi di questi aspetti induce a preferire una strategia di cooperazione, anche se si è consapevoli de ll ' enormità dei problemi da affrontare. quali le differenze culturali o la resistenza dei popoli islamici ad accettare i principi e le nòrme giuridiche occidentali.

Malgmdo ciò. lo scenario di un Mediterraneo come zona di sicurezza collettiva e di cooperazione appare comunque ancora raggiungibile. D'altronde. non vi sono alternative accettabili: un Mediterraneo che diventi un teatro permanente di rivalse e di conflitti. di instabilità politica e sociale, di degradazione ambientale, di atti di terrorismo. costituirebbe una grave minaccia non solo per l'Europa, ma, infine, anche per il mondo arabo stesso.

In definitiva. l'Europa, mediante un'azione coordinata in tutti i settori della cooperazione, dovrebbe adoperarsi concretamente per promuovere l'accrescimento della fiducia reciproca mediante il sostegno alla regione meridiona le.

Nel quadro di questa possibi le l inea d'azione. l'Unione Europea sa rà c h iamata a svolgere un ruolo fondame ntale con una « nu ova po li ti c a m e di te rra nea» basatacome ho già detto -sul concetto, già sperimentato in sede NATO, del «parte n ari a t o»: idea che è stata unanimamente recepita negli accordi sottoscdrti a Barcellona nel novembre dello scorso anno dai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

Si vuole in sostanza riproporre la fortunata formula dei <<tre c es ti» dell'Atto finale di Helsinki, che nel 1975 aveva dato vita alla Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione Europea e che ha contribuito enormemente al miglioramento delle relazioni tra Est ed Ovest.

Naturalmente appare prematuro poter già individuare risultati concreti, comunque il ruolo che emerge chiaramente per l' UEO e quindi per r Unione Europea. soprattuuo a seguito della firma della Dichiarazione di Barcellona. consiste ne ll a «proiezione di stabilità» nell'area medim

derenn;nantc alla positiva evoluzione dell'area potrà essere dato sia dal processo di pace mediorientale. per i complessi risvolti che esso comporterà nelle relazioni euro-israelo-arabe. sia dal progressivo avvicinamento ali' Europa della Turchia. secondo crocevia geoStrategico del bacino mediterraneo.

In sintesi. fenna restando l'unicità eli questo scenario, ritengo di fondamentale importanza disporre di una s truttu ra di s i c urezza r e giona le in grado di proiettare s tabilità, esercitando nel contempo una adeguata de t errenza. allo scopo di essere anc he in grado d i gestire, con la necessaria pro ntezza, c r isi clo conflitti quali quello h tgos lavo.

Le forze UEO c NATO dovrnnno in pri m o l uogo esercitare una credibile dissuasione e successivamente poter intervenire nell'ambito dell'ampio spettro delle co n tingenze c delle crisi. con un sicuro margine di successo.

La seconda area geostratcgica di interesse della politica di sicurez?.a e difesa europea ed anche italiana, come ho accennato poc'anzi, è costituita dai Paesi dell'Europa centrale ed orientale, ossia da tutte quelle Nazioni che si trovavano nella sfera di influenza sovietica.

Va evidenziato che. per la maggior parte di questi, l'adesione alle massime Istituzioni europee viene vista non tanto come un «cambiamento di fronte)), ma comc una sorta di «risarcimento dci danni» causati dagli accordi di Jalta. Questo atteggiamento va tenuto ben pn.:scnte, specia lmente dopo i l radicale cambiamento dell'asse geopolitico dell'Europa centroor ien t a le. avven u to dopo la dissoluzione de ll' U n io ne Sovietica.

In q ues to q uad ro, la variabile chiave è rapp resentata da ll a situazione interna e da ll a politica di due dci più importanti Stati posi-sovietici: la Russia e I'Ucraina.

Ciò impone che l'allargamento ai Paesi dell'Est dovrà essere accompagnato da una «partn e r s hi p s trateg ica)) con la Russia. fondata su nuovi principi di collaborazione. definiti nel contesto dell'architettura di sicurezza europea.

E proprio in questa direzione l'Italia ha posto sempre una particolare attenzione. che si è recentemente concretizzata con la finna di accordi di cooperazione. nel settore della difesa. con la Russia. nei campi dell'addcstrdmento e dell'industna militare. fornendo un nuovo impulso ai mpponi bila terali tra i due Paesi.

Una simi le iniziativa è in corso di sviluppo con I'Ucraina, altro Paese fondamentale, sopranutto per l'innuenza che esercita nella Regione del Mar Nero.

E non va dimenticato che un significativo contributo al miglioramento dei rapporti con i Paesi dell'Est europeo sarà dato proprio daJia NATO. con il suo processo di proiezio ne di stabilità mediante l' «allargamento.>.

L·evoluzione del dialogo verso una fonna di concreta cooperazione nel campo della sicurezZa e difesa con i Paesi dell'Est. sono sicuro che gioverà a consolidare anche i progressi ottenuti in campo economico. Senza garanzie di sicurezza sarà difficile rafforzare il processo di democratizzazione avviato neg l i ultimi anni.

Ecco che le «frontiere)> de ll a nuova Europa potranno nascere so lo da questo processo di ridefiniz io ne sia verso Est sia verso Sud. Un nuovo llm es simbo li co e c ul turale . ma a l Le m po s tesso s to ri co ed etn ico. che nasce da u n preciso ca rdine concettuale: l'identità storica come ris ultato eli un lungo cammino comune percorso nei secoli.

È proprio questo mai sopito spirito d'Europa. fondato su affinità culturali che esistono fin dall'alto Medio Evo. quello che può contribuire al superamento delle attuali diversità nazionali.

Consentitemi ora alcune riflessioni conclusive.

È giunto oramai per l'Europa il momento di agire. Si è sciolto il «gelo)> della Guerra Fredda e gli avvenimenti che sono seguiti richiedono che gli europei assumano un ruolo po l iticamente più attivo nel difficile settore della sicurezza internazionale.

La crisi della ex Iugos lavia può c deve insegnarci qualcosa. Deve ricordarci che il Vecchio Continente ha da to vita ad una grande area economica comune, ma ancora politicamente d is unit a e mil ita r mente limitata.

U conJ1irto nell'area balcanica ha dimostrato che gli europei non hanno ancora allargato la loro visione de l mondo ai nuovi tempi e che l'a ll eato norclamcricano costituisce ancora partner fondamentale ed indispensabile per dare sbocco definitivo a qualsivoglia situazione di crisi o di emergen?.a.

Il problema è quindi come far c r esc er e il pila s tro e urop eo nel quadro di un so lido e r i nn o\' at o r a pp or to tra ns atl a nt ico fondato su una più equa ripartizione delle responsabilità.

Ed insisto sul «solido» rapporto transatlantico che rimane insostituibilc, a mio avviso. per qualunque strategia della «sicurezza)> in Europa.

Quali allora i riflessi per l' It alia di una più strutturata ed efficace identità di sicurezza e difesa europea?

Sul piano poliùco-mi litare, la necessità

di una chiara esplicitazione del pensiero nazionale da sostenere con coerenza al tavolo della discltssione: su quello più strettamente operativo la presa di coscienza di una crescita delle nostre responsabilità e dei relati,ri oneri.

l «passi)> che le Forze Armate e !"Esercito in particolare potevano compiere autonomamente in tale direzione. assumendo anche un certo margine di rischio. sono stati fatti e si continuerà a farti: le prove concrete sono sotto gli occhi di tutti.

È il momento del livello politico decisionale: che effettui le sue scelte tenendo conto dei ristretti margini di tempo disponibili, affinc hé qu este risultino efficaci.

Lo scorso anno. a segu ito dei drammat ici avveni menti ne ll 'ambito del con fl itto bos nia co. s i sv il u pp ò un acceso di battito in me ri to a ll' opportunità ed alla reale capacità delle nostre unità di intervenire prontame n te in q ue ll a martoriata terra.

La circostanza ha messo per una volta un problema militare al centro dell'attenzione de l grande pubblico. La portata della discussione è stata rilevante. un segno tangibile di come valori e consapevolezze dimenticati o sopiti stiano riemergendo nella coscienza della colletti,'ità nazionale.

Certo, e come al solito aggiungerei. non sono mancati i toni polemici sull'effettiva capacità delle nostre forze di svolgere un'opera di pacificazione cosi complessa. Ebbene in Bosnia ci siamo andati e siamo tuttora impegnati con un contingente di oltre duemila uomini. Le nostre truppe cd i nostri comandi. perfettamente integrati nella struttura multinazionale di IFOR, hanno ricevuto il plauso e l'apprezzamento per la grande professionalità dimostrata. non so lo da parte dei Comanda n ti alleati, ma anche daJla popolazione c da ll e A u torità loca li.

Ult eriore ed importante s timolo a perseverare senza esitazioni nell'opera di ristrutturazionc. di razionalizzazio ne e di verifica dello strumento militare, a conferma della bontà delle scelte adottate dallo Stato Maggiore. per rispondere ai futuri bisogni di sicurezza dell'Italia nell'ambito di una indispensabile dimensione europea della di fesa.

Il futuro dell'Europa è il nostro futuro. per quanto ino di difficoltà possa sembrare il cammino: parafrasando Max Weber dobbiamo « p u nta r e a ll 'imposs i bi l e, p er r e a li 1.zare tutto il pos sibile>).

Mai come io questo caso, la massima ben si applica alla costruzione di una salda ed effettiva Unione Europea ed al lavoro che, come italiani prima e soldati dopo, ci a ttende per fornire un significativo contributo alla sua realizzazione.

IV
Ge n. Bo n ifa z io Ln cis a di Cam e ra na

PERIODICO DELL'ESERCITO FONDATO NEL 1856 -

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Giovanni Cerbo

VIce Dlret10te

Feldinando Sdlet1ino

capo (periodici)

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()mero Rampa. Vll'lCenZO Cancellieri, Antooo Nalale, Annarila l.aurenzJ

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llvoli. Antonio Mangantello, Gabnele Giommet1i, Ua

Naldella, Mara!lo Ciriminna

La traduzione dei tes ti della rubrica summary

Somma/re. lnhalt, Resumen • IJ curata da A lfredo

Tooone, Cancelien. Ua Natdella

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UOV I PUNT I VENDITA PER UEDITORI A M ILITARE

L:Ufficio Storico de ll o S tat o Maggiore d e ll' Ese rc ito. da se mpre impegnato nella pubblicazione di o pere di storia m il itare , riguardanti essenzialmente il no s tro Eserc ito. ha vol ut o migliorare l 'o pe ra di pubbli c izzaz ion e d e lla propria a tti vi tà e ditor ial e, d e fin e ndo una rete di di stribu zione che si avvale di punti di vendita co ll oca t i p re sso librer ie autorizzate.

Dal primo vo lum e , e dito nel 18 57, ad ogg i, so no s tati pubb li cat i circa 500 titol i. dalle cam pa g n e risorgi m e nt ali al la prim a g ue rra mond ia le , all e g ue rre co loniali per f inire con la seconda guerra mo ndial e.

La politica allualc dell'Ente è volta ad un a ll argamento d e l ventaglio de ll a produz ion e e ditoriale ad altri a s petti de ll ' ist itu z ione militare. permette ndo la na sc it a di co llan e s ul pen s iero militare italiano, g U ord ina m en ti , la logistica , ord in amenti e consuetudine degli Eserciti d eg li Stati pre-unitari , il p roble m a de ll a preparaz ione d e lla difesa nazio n ale , la posta militare e le tracUzioni mi l itari A ciò va nn o aggiunte alcune traduz ioni di cap isa ldi d e lla tradizione s tor ico-m ilitare mondi a le che hanno ri scosso un immediato c vas to successo.

Le pubblicaz ioni de ll ' Uffic io Sto ri co so no in vendita presso l ' Uffi c io P ubb licazioni Militari , via Guido Re ni 22, te l. 06/4 7357665-6-7, fax 06/ 36 13354, al qua le va versa to l ' imp o rt o maggiorato delle spese postali di s ped izione s ul c.c. p. 29599008, oppure presso le app resso indi cate:

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MIN I STERO DELLA DIFESA E ISTITU TO SAN RAFFAELE NELLO SPAZIO

È s ta ta attivata co n s uccesso una innovat iva rete di te lemed ic in a c h e , via sate llite, è in g rado di fornire serviz i medici all ' Os pedale da campo d e l Reparto San ità «Ce ntauro» impiega to n e ll a mi ssione di pace a Sarajevo e d i a ss icu rare un ulteriore

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ASSOCIATO ALL 'USPI - UNIONE
STAMPA PERIODICA ITALIANA
l

zn copertzna

Un grande appumamento con la storia: il Presidente della Repubblica. in occasione delle celebrazioni del 78 ° amri1•ersario di Vittorio Veneto, ha concesso la Bwrdiera di Guerra all'Esercito e l'ha decorata di Medaglia d'Oro al Va/or Militare e di Medaglia d'Oro al Va/or Ci1•ile. Un prestigioso riconoscimento alla Fo1:a Annata di Terra per gli straordinari meriti acqr1isiti in 35 mmi e un secolo di presenza nel Paese a difesadella Pace e della sicure:za dei cilladini.

ATTUALITA in breve

aiuto alle strutture mediche del Centro Clinico dell'Università di Sa rajevo. Sono coUegati con la Bosnia l ' Istitu to Scientifico H San Raffaele di Milano e il Poli clinico Militare «Celio» di Roma.

Il progetto denominato SHARED

nazionale o in situazioni ambientali sfavo r evoli. Applicazioni interessanti so no previste anche in casi di emergellZe per calamità naturali.

ME DI C I NA F I S I CA E RIABILJTAZIONE

norme di collaborazione

La collaborazione é aperta a tutti. La Rivista Militare, per garantire al massimo l'obiettività dell'informazione. lascia ampia libertà di trattazione ai suoi collaboratori, anche se non sempre ne condivide le opinioni. Gli scritti, inediti ed esenti da vincoli editoriali, investono la diretta responsabilità dell'Autore, rispecchiandone le idee personali. Gli articoli dovranno contenere un pensiero originale, non dovranno supe- • r are le 1 O cartelle dattiloscritte. Con il ricevimento del compenso l'Autore cede il diritto esclusivo di utilizzazione dell'opera alla Rivista Militare che può cederlo ad altre pubblicazioni ed ai periodici deii'E.M.P.A. (European Military Press Associaton). Ogni Autore é invitato a corredare l'articolo di foto, disegni e tavole esplicative ed a inviare la propria foto con un breve curriculum unitamente ad una sintesi di 1O righe dattiloscritte dell'elaborato. La Rivista si riserva il diritto di modificare il titolo degli articoli e di dare a questi l'impostazione grafica ritenuta più opportuna. La Rivista Militare è dotata di un sistema computerizzato per la fotocomposizione e la videoimpaginazione Allo scopo di rendere più sollecito l'iter di lavorazione degli articoli è ausplicabile che gli Autori forniscano, oltre al testo su carta, anche il dischetto da computer contenente i file di testo dell'articolo, quali che siano il sistema ed il tipo di computer utilizzati.

(Satellite Hea/th Accessjòr Remote Environment Demonstrator) è nato dalla collaborazione tra il M inistero della Difesa italiano - responsabile operativo del sistema. l'Agenz ia Spaziale Europea (ESA) - che ha messo a disposizione le infrastrutture di comunicazione- e il Consorzio TeiBioS ( Parco Sc ientifico Biomedico Int e rnazional e San Raffaele ed Alenia Spazio del Gruppo Finmeccanica) - proponente e coordinatore del progetto.

La realizzazione , per quanto riguarda la Difesa, è stata possibile graz ie alle sinergie prodotte dallo Stato Maggiore della Difesa, dali' Ispettorato Logistico e dall'Ispettorato delle Trasmissione dello Stato Maggiore dell'Esercito, dal Nucleo Elaborazione Da ti del Policlinico Militare «Celio», dalla Brigata paracadutisti «Fo lgore», dal Reggimento Trasmissioni «Leonessa» e dal R epa rto Sanità «C entauro» l:ESA ha contribuito tramite il Dipartimento di Telecomunicazioni Missioni e Sistemi presso I"ESTEC di Noordwijk in Olanda.

La responsabilità scie ntifica è afTidata ali' Istituto Sc ientifico H San Raffaele che intende affiancare a queste tecnologie innovative di telecomunicazione i s istemi di diagnos ti ca avanzata già operanti. In particolare vuole mettere a punto e verificare l'e fficacia di un servizio di telemedicina in radiologia. anatomia patologica ed oculistica.

L: esperienza acqui si ta consentirà di sv iluppare procedure di collaborazione civile/ militare per l ' impiego della telemedicina in operazioni lontane dal territorio

Il primo Convegno nazionale di Medicina Fisica e Riabilitazione per Ufficiali medici in se rvizio permanente eftèttivo si è tenuto a Roma il 26 novembre scorso nella sede del Policlinico Militare. La medicina riabilitativa appare oggi come una branca insostimibile della medicina , tanto c he da a nni si persegue la creazione di un reparto di riabilitazione presso il Policlinico Militare di Roma , sia per l'a mpliamento del bacino di utenza del nosocomio s te sso, s ia per l 'int roduzione di nuove metodiche c hirurgiche - dei reparti di ortopedia c neurochimrgia - che comportano la necessità di UJla tlualiril:ata riabilitazione.

È stata ravvisata, pertanto. la necessità di creare una convenzione con la Cattedra di Medicina Fisica e Riabilitazione dell'Univers ità degli Stud i di Roma «Tor Vergata». allo scopo eli accrescere l'esperienza dei medici militari in campo riabilitativo , so prattutto nell'ambito delle nuove metodiche.

Molto è già stato fatto, ma ancora tanto c'è da fare per creare una s truttura all'avanguardia , comp leta di posti letto di degenza , pales tre e piscina.

Un notevole ri s ultato s i è ottenuto con l'apertura di posti letto in regime di Day Hospital, che ha permesso l ' adozione di idonee terapi e, per pazienti sottoposti a delicati interventi chirurgic i, con metodiche di elevala qualità. L'organizzazione del Convegno è s tata curata dall'Uni ve rs ità degli Studi di Roma «To r Vergata», dalla Scuola di Sanità Militare e dal Policlinico Militare di Roma.

• •
2 '
...

'' UFFICIALI , SOTTUFFI CIALI , GRADUATI E SOLDATI.

LA BANDIERA ORA BENEDETTA È STATA CONCESSA

ALrESERCITO DAL PRESIDENTE DELLA

REPUBBLICA.

NOI GIURIAMO DI CUSTODIRLA CON DEVOZIONE E DI DIFENDERLA IN OGNI

CIRCOSTANZA SINO

ALrESTREMO SACRIFICIO

NELriNTERESSE SUPREMO DELLA PATRIA.

LO GIURO. ''

Con questa formula, il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale Bonifazio Incisa di Camerana, ha giurato fede l tà alla Bandi era concessa a ll 'Esercito il 3 novembre 1996 in Piazza Venezia a Roma. Gli ha [atto eco un boato, quello de!Je compagnie di rappresentanza di Armi, Corpi e

tornare indietro di 75 anni per trovarne una di pari intenso valore, quando nel lontano 4 novembre 1921 venne deposto e consacrato sulJ'Altare della Patria il Milite rgn oto.

Un evento straordinario per Roma, e per l'intera Italia, che quasi simbolicamente ha voluto cancellare le tristi adunate oceaniche del passato ventennio

Speci alità schierate Sl].llO scalone cl e l Vi ttoriano e nella piazza, seguito dal canto dell'inno di Mameli che gli stessi soldati di leva, inquadrati nei reparti, hanno intonato.

Un a manifestazione toccante, che ba visto Piazza Venezia rigurgilante di militari e cittadini; una cerimonia militare di così elevato significato e di tale rarità che bisognerebbe ri-

fascista, tenute proprio in quella piazza, sottolineando un'intima e rinnovata corrispondenza tra il popolo italiano, il suo Eser-

4 novenure 1921: Consacrazione del Milita Ignoto.
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cito, il suo Tricolore.

Connubio ben definiLo ed evidenziato dagli interventi del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, del Ministro della Difesa, del Preside n te della Repubblica.

I1 Gen era l e Boni fazio Incisa di Camerana ha i nfatti incisivamente annotato che l a Bandiera, il segno più forte della Patri a perché la identifica, è l'essenza della condizione militare e delle sue tradiz ioni. Niente, se non la Bandiera, può fare di cittadini e .soldati un «esercito solo». Particolarmente significativo e incalzante i l passaggio del discorso: « un evenlo toccante, coinvolgente e di altissimo significato spirituale, poiché il vessillo racchiude in sé quell'insieme di valori morali a volte indefinibili, quali l'onore militare, la piena disponibilità al n1.assimo sacriflcio e La totale ed incondizionata fedeltà alle istitu z ioni, che sono l'essenza stessa della nostra vita di soldati ... La banèliera rappresenta le sofferenze, le gioie e le speranze degli italiani. L'arduo cammino verso una società sempre migliore : in una parola la Patria ... ».

I1 Ministro Beniamino

Andrealla ha vo luto ricordare, tra l'altro, che fu l'Esercilo ad avviare nel settembre 1943, dopo la tragedia della sconfitta, il riscatto n aziona l e: un riconoscimento a c hi are letlcr e sul primigenio, determinante contributo dato dai militari alla lotta per la Liberazione del suo l o

della Patria Italia e de l su o popolo.

Il Presidente Oscar Luigi Scalfaro h a invitato ad amare la Bandiera non con le parole, ma con la testimonianza, il servizio reso. E ricordando che quella giornata era d e dic ata anche all'uni là nazionale, rivolgendo il suo pensiero anche a quanti caddero «con onestà di intenti» dall'altra parte della barricata, ha scagliato forte l'anatema: «Guai. » a quelli c h e dividono, che svo l gono propaganda offensiva della dignilà della Nazione con l'intento di farla a pezzi.

Il richiamo all'unHà, fatto in presenza dell'Esercito, non poteva trovare momento più opportuno, poiché il valore unitario è semp r e stato fortemente sentito e perseguito nella Forza Arma La, fin dalla sua nascita, dal lontano 186 1, direttamente c indirettamente, in guerra e in pace. Basta ricordare i sentimenti di frate llan za nati e sviluppa ti tra l ombardi e siciliani, piemontesi e campan i, romagnoli e calabresi, durante il servizio di l eva, in epoche lontane in cui l'unico modo per conoscere l'Itali a c conoscers i fra i tali ani era quelJo di vestire l'uniforme. Una fratellanza cementata sui campi di battaglia e nel Fango delle

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e
Forza Armata .
Il richiamo all'onità, fatto in presenza dell'Esercito, non poteva trovare momento più opportuno, poiché il valore unitario è sempre stato fortemente sentito
perseguito nella

trincee, attraverso il sacrificio e il dolore, le comuni sofferenze e i lutti. Vale, ancora, rammentare l' opera educativa svo l ta dall'Esercito attraverso le scuole reggim e ntali che, oltre a raggiungere gli obiettivi pratici della lotta all'analfabetismo, hanno consentito a milioni di italiani di avere quel minimo di conoscenze che illuminasse le loro coscienze sulle proprie origini, la p ropria storia .

Chiunque, cittadino o militare presente il 3 novembre in Piazza Venezia, o davanti al te levis o re per seguire la cronaca diretta della manifestazione, potrà con fierezza dire «c'ero anche io, ho visto anche io, ho partecipato anche io». P erché la consegna della Bandiera all'Esercito, pur essendo stato da solo un o di quegli eventi dall'altissimo valore morale,

LA BANDIERA DI GUERRA ALrESERCITO ITALIANO

irripetibile nella storia di una Nazione e del suo Esercito, ha assunto significati che hanno travalicato l'avvenimento: mai si era visto, nella storia della Repubblica italiana, una cerimon i a militare c h e sottolineasse con tanta partecipazione e fervore i sentimenti di unità e di identità nazionale.

è stata consegnata la Bandiera all'Esercito? Era necessario dare un'altra Bandiera, ad un E s ercito che ne conta già a centinaia, distribuite fra Armi, Corpi, Specialità ed Istituti?»

Una domanda che può essere posta non solo dall'anonimo cittadino di una società fortemente pragmatica

LE MOflVAZIONI

Il primo interrogativo, di fronte ad un avvenimento che può sfuggire alla immediata, comune percezione e comprensione da parte delle masse, è il perché. «Pe rché

e positivista, in parte avulsa da certi ideali e valori che risultano pertanto difficilmente comprensibili, ma anche da quei militari che, fortemente attaccati alla propria bandiera, quella di Corpo - ed è bene e giusto che sia così -, non trovano

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adeguate risposte e spiegaz ioni al provve dim e nto , a ca usa del chiuso o r izzonte quotidiano in cui vivono ed operano, lontano da certe decisioni, talora «misteriose», adottate al centro dai loro Vertici.

È necessario , quindi, far co noscere le moti vaz ioni c h e hanno indotto l'Esercito a chiedere, ed ottenere, una bandiera di For za Armata. Altrimenti l'evento , pa ssa ta la sol ennità della cerimo ni a e del momento, si sv uot erebbe dei significat i veri e profondi c he hanno originato la richiesta. Per meglio chiarire , è necessario r icorrere alla storia, pa ssata e prese nte.

La bandiera, nata dall'esigenza di raccogliere attorno ad un segno forte , sacral e , i com battenti, nell'Otto cento (partiamo da tale e po ca perc h é altrimenti il di scorso sarebbe lun go e comp li ca to ) ve ni va concessa sol t anto ai reggimenti di Fanteria e di Ca va lleria. Simbolo dell'onor militare e dello spirito di coes ione e di sacrificio, il s uo posto era (ed è) in p r ima lin ea, dove più ferve la lo tt a È stato sempre considerato dison orevole, più c h e perdere l'insegna in combattimento, tenerla fuori, lontana dal co mb attimento, «n ascosta al ferro e al fuoco dell'awersario». Ta li princìpi s pie g an o a n c h e perché non fosse r ite nuto opp ort un o , nel secolo sco r so, dotare di b andi e ra i reggimenti di Artiglieria e del Genio, impiegati s p esso p er aliq u o t e e non se mpr e su ll a linea del fuoco.

!12 3 dicembre 1 900, fu rest itui ta la band i era all'Ar-

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ma di Artiglieria (le era stata tolta ne l 1850, quando il Real Corpo di Artiglieria fu ampliato e ordinato su tre reggimenti), e fu concessa per la prima volta all'Arma del Genio. Le due Armi ricevevano la bandiera affinché fossero arricchite delle «insegne d'onore», ovvero delle decorazioni, ricevute dai propri reparti per i servizi resi alla Patria e per gli atti di valore compiuti nelle guerre risorgimentali. Dopo la prima guerra mondiale, fu istituito il Labaro, per i reggimenti bersagneri e alpin_i, per i reparti d'assalto, per alcuni gruppi squa d roni, per il 6° reparto aeroplani, per il Corpo Sanitario Militare. n labaro fu concesso a quei Corpi e reparti al posto della bandiera, di cui erano sprovvisti, perché p otessero fregiare q u ella speciale insegna con l e decorazioni al valore che avevano meritato durante il conflitto.

Nel 1 932 Eu concessa la bandiera all'Arma dei Carabinieri; nel 1 935 i reggimenti di Artiglieria r i cevettero anche essi la bandiera (stendardo), mentre quelli del Genio ebbero il labaro. Tre anni dopo, nel 1938, a causa delle moltiplicazioni e della confusione esistente, si sentì la necessità di riordinare la materia e di procedere ad un riassetto generale Con decreto fu stabilito, in pratica, che tutti i reggimenti di Fanteria e sue specialità, di Cava ll er i a, di Artiglieria, del Genio avessero bandiere o stendardi, come pure gli istituti di istruzione e le scuole; conservavano il labaro soltanto i Corpi automobilisti-

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co, sanitario e di commissariato, e i collegi militari, mentre i gmpp i carri ve loci delle Divisioni ce leri ebbero u n gagli ar d etto.

Ne l 1947, con la trasformazione ist itu zionale de ll o Stato da R egno in R epubblica, le vecchie insegne furono versate al Vittoriano e a tutti gli Enti e Corp i militari fu data una bandiera di foggia unica, quella tuttora vigente.

In epoca recen te, nel 1982, hanno r i cev u to la b andiera l'Arma di Fanteria e quella di Cavalleria, ed il contingente inviato in Libano; la bandiera di quest'ultimo, versata al Vittoriano al termine dell'esigenza, si fregia dell'Ordine Mil i tare d' I talia.

Questa rapi da sintesi della storia delle b andi ere fa comprendere come, in temp i successivi, sia stata r i pe tura-

mente awertita l'esigenza di dotare di bandiera non solo Corp i e specialità impegnati

nO OrdinÒ di adOUare, il

in prima linea, ma anche tutti gli altri reparti ed i Servizi, che pur non operando a 7

stretto contatto con l'avversario o impiegati per aliqt.Ìote, erano coinvolti n ei combatti-

gennaio 1797, lo

tricolore menti e davano pari prove ed esempi di valore. Di conseguenza, era necessario che a- verde, bianco, rosso, vessero tutti quel segno forte, coagulante, indicativo della Patria, non solo per motivi e-

tici, ma anche per l'esigenza pratica di poter disporre di un'insegna su cui apporre i

COme «SegnO UniverSa·

meriti ed i riconoscimenti conquistati sul campo di battaglia, affinché non ne fosse perduta la memoria.

In qualche modo, proprio perché sprowisto di bandiera, l'Esercito non ha sempre conservato, con il più importante e significativo segno visibile, la memoria collettiva del proprio passato, attorno al quale potesse riunirsi, cementarsi e riconoscersi nella sua interezza. E questo è uno dei motivi per cui era necessario dotare la Forza Armata di una bandiera collettiva.

Di recente, inoltre, il quadro confl i ttuale dello scena-

consacrazione della libertà edell'unità della

12
il Congresso Cispada-
stendardo
le del diriUO italiCO», a
Patria.
AlfESERCITO ITALIANO
LA BANDIERA DI GUERRA

Rlcos1Puzltnl deiiPIcolare dala LegJ• I.IJDB'IIa (1781).

rio internazionale, le s uccess i ve situazioni di emerge n za del Paese dovut e all e ca l a mit à naturali, il coinvo lgimento d e lla Forza Armata nella lotta alla cr imin a li tà organizzata, h a nno richiesto con sempre maggiore impegno l 'impiego di con tin genti di formazio n e.

Al rientro da tali operazio ni , portate a termine ne l ter ritori o nazionale e fuori area, non è stato pos s ib i le riconoscere i giusti meriti acquisiti dall e singo l e unità, organicamente inquadrate in altri reparti ma facenti parte dei contingenti di formazione, perché que sti erano privi di una bandiera che li rappresentasse collettivamente. La normativa v igente, inoltre, non disgiunta da cri t eri che intendevano evitare incongruenze e difformità di trattamento, non consent i va di tributare riconosci-

menti a ll e singo le unit à e aliquote o, per co ntro , di attri buirli a t utti indis cr iminatamente, inflazionando e svilendo il significato de ll e decorazioni.

In c on gruenze e difformità che p eraltro s i sono verifi cate e sono riscontrab ili, se i termini del problema si s posta no e si allargano al raffronto con l e altre due Forze Arm ate. Ma rina ed Aero n a uti ca hanno ricevuto, infatti, p er l' emergenza Golfo, e ntramb e l ' O r din e Milita re d'Italia , ch e hanno appuntat o s ulla bandiera di Forza Armata di cui sono dotate. L'Ese rc ito invece, che c onta all'attivo numero sissimi interventi fuori area, pagando c on doloroso tributo di sa ngu e il s uo imp egn o (leggasi Somalia) , non ha avuto alcun ricono sci mento colletti v o, prop r io pe rché privo di bandie ra .

È stato dove r oso , pertanto , concedere anche all'Esercito la bandiera d i Forza Armata: perché i meriti che esso acquisisce con partecipazioni collettive possano essere riconosciuti, ricordati , mostrati e trasmessi.

Né sare bbe stato più possibile assegnare, di volta in volta, una bandiera ad ogni contingente; quando tal e so lu z ione fu adottata per il Libano, non era prevedibile che gli interventi sarebbero stati così nume ros i, in area e fuori area. E comunque, a parte l a moltiplicazione dei vessilli e la co n seguente framme ntazion e dei meriti , si sarebbe persa

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quella memoria comune che deve essere ge l osamente custodita da tutti: quanti ricordano della bandiera data al contingente inviato in Libano e della onorificenza che le è stata concess a?

E il doloroso sacrificio dei Caduti in Somalia , che è di tutto l'Esercito, dove trova riconoscimento corale? E i numerosi Caduti in operazioni di soccorso? Chi li ricorda, dove e come?

BANDIERA TlUCOLOBE

Il 6 novembre 1796, gi usto due secoli orsono, in Pia zza del Duomo a Milan o la prima coorte d ella L egione Lombarda , costituita per volontà di Napoleone Bonaparte, riceveva la bandiera: un tricolore, bianco, rosso e verde. Il primo tricolore ha quindi origini militari, perché nasce per essere dato, come insegna da porta re in combattimento, ad un reparto militare. È curiosa, ma da sottolineare, l'analogia per cui, a due secoli di distanza, viene concessa una bandiera, lo stesso tricolore, all'Esercito, quasi si vo le ssero riaffermare gli stess i id eali di unità e di democrazia sa n citi in passato attraverso la militarità.

La Legione Lo m barda indossava una uniforme con gli stessi co l ori della bandiera: verde l'abito, con fodera, risvolti e guarnizioni rosse, bianche le filettature e la camicia. Non sa p remo mai se fu la

bandiera ad ereditare i colori dall'uniforme, o vkeve rsa , nonostante le dispute acces e intorno all'argomento, fin dall'Ottocento, dag li studios i della materia. Quasi co ntemporaneamente, a R eggio Emilia, la bandiera trico lore (che era stata adottata come in segna militare anche dalle legioni della neonata Repubblica Cispadana, per volontà d e l congresso di Modena del 18 ottobre) si caricava di significati più profondi. Essa diventava, da vessillo esclusivamente militare, «segno universale » dell 'identità nazion ale italiana, assumendo una veste politica .

Scriveva Emilio Franceschini nel 1938 che chi fosse transitato, sotto il porticato del palazzo municipale di Reggio Emilia, avrebbe potuto leggere una lapide commemorativa, posta a ricordo della nascita del tricolore italiano. Secondo l 'iscrizione , il Congresso Cispadano ordinò di adottare , il 7 gennaio l 797, lo stendardo tricolore verde, bianco, rosso, come «segno universa l e del diritto italico», a consacrazione della libertà e dell'unità della P atria.

Che il primo tricolore avesse le bande verticali invece che orizzontali, o che recasse , caricato nel bianco, un turcasso con frecce o altro, è storia per specia-

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lA

listi; anche perché, mancando un disegno della bandiera agli atti del congresso, ogni discussione si rivelerebbe di fatto accademica. È importante, inv ece, porre l'accento e ribadire il fatto che il tricolore diventò segno univoco di identità nazionale italiana e degli ideali di libertà e democrazia. La bandiera, per la prima volta nella storia italia na, non era più soltanto un simbolo militare , ma diventava il sigillo spirituale dello Stato, anche se in embrione; e sanciva definitivamente l ' intima unione tra militari e borghesi , in definiti v a la fusione tra Esercito e Pop olo. Al tricolore della Legione L ombarda, a quello Cispadano e Cisalpino, seguirono quelli delle altre Repubbliche sorte in I - -- ; ·

come segno di frate llanza rivo luzion aria e degli ideali di unità e libertà (abbiamo le nostre remore sull'originario ideale di egualianza).

Se volessimo però risalire ai motivi che ispirarono la scelta del bianco, del rosso e del verde nel tricolore italiano, navigheremmo nel buio assoluto .

P oetica, ma soltanto tale, la tramontata, romantica attribuzione di alcu-

ni a Dan te dell'idea del tricolore, perché nel suo Purgatorio aveva ves tito B eatrice di bianco, rosso, verde; anche se la storia insegna che le menti eccezionali, gli spiriti eletti, spesso sono precorritori profetici di eventi e cose i nimmaginabili ed impensabili per l'epoca in cui vivono. Poetici anche le letture ed i significati dati agli stessi varianti n e i colori. L a Repubblica Romana adottò un tricolore nero, bianco e rosso; la R epubblica Partenopea ebbe il tricolore blu, giallo e rosso.

talia , seppure con

Molte sono le teor ie sul perché della ripartizione della bandiera in tre colori; certamente determinante dovette essere l'infl uen za del tricolore francese sulla nascita di quello italiano,

colori da filolog i , aedi, vessillologi o dagli stessi patrioti: il bianco ora fede, ora purezza dell'ideale; il rosso l 'espl osion e d'amore, la gioia, il sangue versato; i1 verde la speranza o la natura intesa come armonia, libertà. Anche su questo versante non ci sarà mai dato di sapere con certezza.

Qualora , poi, voless imo attenerci alla versione più

Poetici anche le lenure ed i significati dati agli stessi colori da filologi , aedi, vessillologi odagli stessi patrioti:
Induno. Donne patriote confezionano Il tricolore (Risorgimento).
ALrESERCITO ITALIANO
LA BANDIERA DI GUERRA
il bianco ora lede, ora
purezza dell'ideale; il rosso l'esplosione d'amore, la gioia, il sangue versato; il verde la speranza ola natura intesa come armonia, libertà.
I:

accreditata, che fa derivare i colori bianco e rosso direuamente dal tricolore francese, ed il verde dalla necessità di differenziare i due vessilli, non ne sapremmo di più, almeno per quel che riguarda la scelta del verde .

L'unica certezza, con cui è possibile chiudere queste brevi note sulle origini della bandiera italiana, è data da un arido decreto del Consiglio dei Ministri del 27 marzo 1848 , con il quale, definitivamente, veniva adottato il tricolore per i reggimenti, insegna che fino ad oggi, in ogni guerra e su tutti i fronti, sempre si sarebbe identificato con la storia d'Italia e la parola Patria.

roocnu

Il 4 maggio 186 1 , con atto formale del Ministro Fanti, l ' Armata Sarda assumeva l a denominazione di «Esercito Italiano», d opo aver incor-porato i resti degli Eserciti Preunitari.

Erede delle aspirazioni e delle tradizioni risorgimentali del popolo italiano, dal 1861 al 1870 l 'Esercito portò a completamento l'Unità d'Italia, conducendo l'aspra campagna contro il brigantaggio nel Meridione d ' Italia, com battendo la Terza Guerra d'Indipendenza (1866), compl etando l e acquisizioni territoriali con la presa di ·Roma (1870).

Il giovane Stato italiano fu cosi annoverato tra le grandi potenze europee; ed il suo Esercito fu parimenti adeguato a quelli delle altre Nazioni, attraverso successivi riordinamenti organici.

A fine Ottocento, a seguito della politica espansionistica perseguita da tutti gli Stati europei e adottata anche dal Governo italiano, l'Es ercito italiano fu inviato nelle terre d ' Africa. La prima spedizione sbarcò a Massaua nel 1885; dure e dolorose furono le prime esperienze sul suolo africano, ma dopo le vicende di Dogali e di Adua (1896), il corpo di spedizione italiano consolidò comunque la s ua presenza in quei territori.

L'al ba del l 90 O vide un contingente italiano impegnato nel lontano oriente, a Ti e n- Tsin in Cina, nella gu erra dei Boxer.

Fu ancora l'Afrka ad essere il teatro d ' operazione del primo grande conflitto sostenuto dall 'Esercito, che, nel1911-1912, condusse vittoriosamente in Libia la guerra italo-turca.

A distanza di pochi anni, nel 1915 , l'Esercito e l'intera Nazione furono chiamati a combattere quella che fu definita ]'ultima guerra del Risorgimento, la prima guerra mondiale; quattro anni eli campagna che costarono, all'Esercito e al Paese, oltre 600 000 Caduti.

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ITALIANO
LA BANDIERA DI GUERRA AlfESERCITO

La difficile s i tuaz i one politica in cu i l'Italia venne a t ro varsi nel d opoguerra coinvolse anche l a Forza Armata, che subì drastiche 1iduzioni ed una profonda crisi; seguirono, poi, anni di r ipresa, di studi, di ammodername nti e di potenziamenti che portarono di nuovo l'Esercito ad esse r e un o str um ento efficace e di tu tto rispetto.

D opo c ir ca un ventennio di pace, l'Esercito fu di nuovo impegnato nelle terr e d'Africa per la g u erra in E tiopia (1935-1936), durante la quale poté mette r e in lu ce le proprie capacità logistiche e dimostrare la sua efficacia op erativa .

La guerra i tala- et i opica fu anche il primo di una ser i e di conflitti che non avrebbero c onsen tito più soste alla Forza Armata; da allora , infatti , il regime fascista, sempre p i ù avido di s u ccess i militari per dare prova d ella sua potenza, impegnò l'Esercito continuamente, fino al 1943 , in ogni occasione e su tutti i fronti.

Dal1936 al 1939 fu inv iato in Spagna un Corpo Truppe Volontari e, per combattere al fianco dei nazionabsti di F ranco la guerra civile. C o ntemporaneamente, in Africa, furono avviate le grandi op erazioni di polizia coloniale, per il conso-

lidamento delle co nqui ste terri toriali.

Nel 1939 , mentre si spegnevano i fuochi della guerra civ il e spagno l a, in I talia veniva decisa e d attuata l 'occup azione e l'annessione dell'Albania . Un impegno militare apparentemente minor e, che s i sarebbe rive lato in seg uito un pesan te onere.

La seconda guerra mondiale (1940-1943) vide l 'Esercito combattere s u tutti i teatr i operativi europei, nonostante l e riserve più vo lt e es presse dai Vertici militari, ma rimaste inascoltatè.

Dalla Francia ai Balcani, dall'A fric a all a Russia, s ullo stesso territorio naz ionale, oltre 4 milioni di cittadini furono mobilitati per affrontare il più grande c onflitto d e lla storia italiana. Unitamente agli italiani in uniforme , tutto il P aese sopportò tre anni di guerra doloro s issima: ma, in particolare,

Labart del13' Re1111mento bersaglieri edel VI Reparto d'assaho {1920).

indicibili furono gli avvenimenti che pesarono sull'Esercito , che sempre e dovunqu e si prodigò con valore, nonostante l'infelice esito della guerra.

Con la dichiarazione d 'armi stizio del1 '8 sette mbre 1943 , dilaniato dagli eccidi compiuti dall'ex alleato , dalle d eportaz ioni in massa (circa 800 000 militari furono deportati nei campi di concentramento tedeschi), dalle perdite s ubite, prostra to da una maldestra condotta politica e militare della guerra, l'E serc ito lrovò comunque la forza per il riscatto morale , riguadagnand o, prima a Montelungo nel dicembre 1943 e poi nella campagna d ' ItaHa fino all'aprile 1945 , la fiducia dei nuovi alleati e quella degli Italiani ; e riconquistando l a propria dignità di combattente , s i a come Forza Armata nelle unità regolari sia per il contributo che i suoi uomini seppero dare alla Resistenza ed alla gue rra partigiana. '

I 135 anni di storia e di vita dell'Esercito italiano non sono stati scritti, peraltro , so ltanto da guerre e campagne. Fin dalla sua nasci ta, infatti, l'Esercito , anche se ha avuto ed ha tuttora il compito primario della difesa della Patria e dei suoi valori, ha svolto in tempo di pace altre attività, costanti nel tempo: le operazioni di soccorso per il Paese durante le calamità naturali ed in s ituazioni critiche d 'eme r ge nza di qualsiasi natura, a favore della col-

lettività e dei singoli cittadini; gli interventi in ordine pubbli co e contro la criminalità organizzata; gli impegni internazionali fuori area per il mantenimento d ella pace.

La circostanza che la F orza Armata sia se mpre sta ta un organismo efficiente e se mpr e pronto all ' impiego , organizzato e ramificato s u tutto iJ territorio nazionale, ha fatto sì che al sorgere di quals i asi esigenza e necessit à sia apparso naturale ricorrere all ' Es ercì t o ed ai suoi uomini.

A partire dal 1861, innumerevoli sono gli interven ti dell'Esercito a favore del Paese, che hanno richiesto ta lvolta costi e levatissimi e sacrifici estremi , anche in termini di vite umane. Dall'epidemia di c olera n elle provincie meridionali del 1867 , a ll e grandi alluvioni del Polesine e di Firen ze, alle eruzioni del Vesuvio, ai disastrosi terremoti di Messina, della M ars ica , del Friuli , dell'Irpinia; dai disastri ferroviari agli incendi boschivi, ai soccorsi in montagna, al ripristino di strade e ponti; dagli attentati alle st ragi, non vi è stato evento in cui l'Esercito non abbia sempre dimostrato, profondam ente

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AIDere del l' lletillinilllfD Fanteria (1880) .

radicato, il sentimento della fratellanza nazionale, prodigandosi senza alcuna riserva con risorse, mezzi, uomini.

Impegno non minore l'Esercito ha dovuto profondere per la tutela del territorio e per la lotta alla criminalità organizzata; di tali concorsi a salvaguardia delle libere istituzioni ricordiamo soltanto quelJi particolarmente onerosi e difficili contro l'autonomismo ed il separatis mo sa rdo e siciliano, quelli per l 'ordine pubblico in Alto Adige, e le recenU operazioni in Sardegna, Sicilia, Campania, Calabria contro la criminalità organizzata.

Anche gli interventi fuori area, per il mantenimento della pace, affondano le radici nel tempo e n on sono, come si potrebbe pensare, «invenzion i » recenti. Sempre per limitare le citazioni a quelH di maggiore rilevanza, ricordiamo l'invio di un contingente dell'Esercito a Creta nel 1896 per mantenere il controllo di una rivolta nell'isola, quello in Alta Slesia nel 192 1 e nella Saar nel 1934 per i plebisciti di annessione, quello in Somalia del 1949 per ]'amministrazione fiduciaria, e quelli, contemporanei noti a tutti, in Libano, Namibia, Somalia , Mozambico, Ruanda , e, ultimo ancora in atto, in Bosnia.

L'Esercito italiano ha quindi sempre dimostrato, in guerra e in pace, una il1i-

BANDIERA

mitata abnegazione nell'adempimento del dovere, compiuto ora con atti di eroi smo ora con ammirevole

umana solida rietà, guadagnando fiducia e stima tra gli italiani, specialmente tra quelli che hanno avuto modo di vederlo operare al proprio fianco nei momenti del bisogno, e all'estero, tra quanti, alleati e popolazioni straniere, ne hanno ammirato disponibilità, capacità ed efficienza.

Gli indiscussi meriti acquisiti dall'Esercito fin dalla sua nascita, sui campi di battaglia come nei concorsi forniti a qua lsiasi titolo in Italia e all'estero, hanno fatto scaturire la necessità , l'obbligo morale di insignire la bandiera che gli è stata concessa co n le massime decorazioni, la Medaglia d'Oro al Valor Militare e la Medaglia d'Oro al Valor Civile.

Le motivazioni ben esprimono le tradizioni , il valore, l'abnegazione, lo spirito di sacrificio, le alte virtù civiche dimostrate dalla Forza Armata nel corso de ll a sua storia

,·,Tenente Colonnello, Capo Sezione presso l'Ufficio Storico dello Stato Maggiore

LA
DI GUERRA ALrESERCITO ITALIANO
gli intePventi fuori area, per il mantenimento della pace, anondano le radici nel tempo e non sono, come si potrebbe pensare, «invenzioni» recenti.
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dell'Esercito

l'Esercito per la

Int eivista ·al C ardinale . Ersilio Tonini '

Uno storico tradi z ionalista come Franco Cardini parla in un suo libro, riferendosi alla guerra, di «un'antica festa crudele», per sottolineare in questo modo il concetto della ineliminabilità dell'idea e della pratica dei conflit t i armati nella comunità umana. Cosa ne pensa?

U na r i sposta sinte ti ca e v ali da in ogni tempo non è possib il e, perché la storia nel s u o percorso ha aspetti imprevedibil i. S ul piano della teoria, non c'è dubbio che il pri ncipio della l egittima difesa rimarrà saldo in eterno: l'individuo ha il diritto di d ifen dere l a propria vita, se e fino a quando un altro individuo vio l ento p retenderà di ammazzare, di offendere, d i distruggere. È scritta n el diritto di natura, fa parte anc h e de ll e carte c o stituziona li civili l 'affermazio n e secondo la quale, come i figli hanno il diritto

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di essere protetti dal padre, cosl i cittadini hanno il diritto di essere difesi da ll a propr ia c o munità.

Se invece guardiamo i n concreto al corso della stor i a, dobb i amo ave r e il coraggio di dire che c'è stato un momento in cui la violenza è stata esclusivamente concepita come strumento di conqui sta, come a ffermazione di potere. L'esempio più chiaro l'abbiamo nella storia di Roma, che, pa r adossalmente, comincia con l'abolizione della guerra e della violenza.

In che sens o?

Le gentes, le antiche tribù romane, costituivano una sorta di minusc oli Stati c h e si scontravano di cont inuo. È così che prende vita un'entità più comp l essa, l a urbs, l a città, «so lu zi one polit ica» a lle guerre continue ed i n esorab il i. È in questo senso che possiamo dlre che l a stor ia cJj Roma nasce dalla volontà di liberarsi dalla guerra e cJj affermare la pace tra le genti.

potenziali conflitti, violenze, invasioni. Così nasce la guerra come strumento di conquista. L'intenzione originaria è quella di espandersi per garantire la pace, ma in tal modo si vive cJj guerra.

Dunque la speran z a di e limina r e i conflitti si riv e la illusoria n e l grand e mom e nto unificante dell ' Imp e ro r omano . An c or più illusoria quando sorg ono gli Stati nazionali

Attorno al Quattrocento, incomincia a nascere in E uropa il bisogno di affe r mazione delle region i , delle Nazioni, de i singoli Paesi . Si è creduto che fosse una conquista de ll e d iverse culture; i nvece q u esta frantumaz i one ha fatto nasce r e le d ivisioni d ei confin i , delle frontiere, concep ite a ll a l uce del concetto di sovra n ità naz ionale. La sovranità nazionale, pensata come strumento per garantire l a certezza de l d i ritto, si tras f orma in causa di infinite guerre, nelle quali ogni diversità vale co-

on c'è dubbio che la legittimazione della guerra abbia subìto una profonda crisi nei tempi più vicini a noi,fino al punto di provocare il rif iuto anche al la leg itt ima dife -

Però acca d e, n e l mome n to in cui si è formata la urbs, che essa è costretta a dife n ders i da a l tre città. Dunque R oma, a scopo d ifens ivo, pensa c h e s ia meglio garantire i propri confini occupando i territori confinanti. E più s i presentano gent i b e lli c o se, tantop i ù sente di dover occ u pare i l oro territori per li berarsi da

me pretesto di co nn itto. Non c'è du b bio, per r ico llegarci alle riflessioni c h e facevamo a ll 'inizio, che la l eg i ttimazio n e de1la g u erra ab b ia subit o u n a p r ofo nda crisi n ei tempi più v icini a noi, fino al punto da provocare il rifiuto anche della legittima difesa. Il pacifismo a l tro non è che la r eazione

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ad un «abuso» della guerra, che però ha portato a ll a cancellazione di princip i g i usti, com'è a ppun to q u ell o de ll a l egittima difesa . C'è stato un offuscamento d e ll e coscienze, per cui si è r i tenu to fosse p oss ibile a b o li re tota l m e n te l e ar mi. N eg li an ni S essa nt a, in It a li a, p e r fare un esempio, alcune correnti po li t i che pretendevano il d isarmo delle forze di polizia Un assurdo!

Vede novità per quanto riguarda il concetto di guerra nel mondo moderno e - come dire - nell a gestione dei conflitti?

No n s ol tanto ve d o n ovità, ma ad d iritt u ra u n cambiamento form i dabile già i n atto, n preannuncio d i u n futuro che r ovescerà le si tu azioni.

I.:Eu ropa ha cap ito che a ll'orig ine d ell e guerre c'è la d ivis i one per Nazi oni e il principio della sovranità naz ionale, il co n cetto di blut und boden, sangu e e territorio: si è prima frances i , te d eschi, inglesi e poi u omin i , p rimà cittadini e poi uomini .

Pascal sognava i l giorno in cui u n individuo, incontrando l'altro, non pensasse d'acchito «questo è un militare, un politico, u11. contadino», ma pensasse spontaneamente «questo è un uomo».

Oggi abbiamo in Europa

una novità assoluta: le frontiere sono scolorite, non sono più luogo di frattura,

'' l
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e armate che per cinque seco li s i sono massacrate «g loriosamente», quelle di Spagna, Francia, Inghilterra e Germania, sono adesso a Sarajevo, sono in Bosnia sotto lo stesso comando ... ,,

non delimitano più un corpo leg i s la t ivo imp ermeabil e di legg i e cons u et udini.

J popoli europei sanno che è più i mp ortante ciò che li unisce c h e ciò che li divide. Un sintomo sp lendid o è questo: l e arma t e c h e per cinque secoli s i sono massacrate «g loriosamente», quelle di Spagna, Francia, Ingh il terra e Germania, sono adesso a Sarajevo, sono in Bosnia so tt o lo stesso comando, pronte a co mbatt ere e morir e per difendere Sarajevo.

Si tratta di un a novità immensa, che a mio parere pochi hanno salutato p er c ome meritava. Io in vHo i giovani a battere I.e mani a conquiste come questa, che s ono già realtà e, soprattutto, sono r adicate nelle no stre coscien ze.

Due principi importantissimi, enunciati da Papa Giovanni Pao l o II negli ultimi anni, hanno toccato in profondità le coscienze

di cittadini e governanti, provocato polemiche e riflessioni tra gli uomini di cultura, in generale hanno mutato concezioni che si ritenevano immodificabili: il concetto di guerra giusta e quello di ingerenza umanitaria . Sono ancora oggi forti e validi?

È in atto un g i gantesco processo di mondializzazione dell'economia, che s p ero possa andare avanti , il quale h a il suo momento di s int es i nel fat to che l'esportazione non è più tanto di prodotti, quanto di s istemi produttivi che ve ngono distribuiti nelle diverse pa rti del mondo. Le singo l e a zie nd e so no mondiali non so lo per l'apporto di ca pital e, ma p e rch é es p a ndono la loro presenza in tutte le Nazioni. Si tratta di una premessa estremamente po s iti va, perché nel momento in c ui l a produz i one e il commercio si r amificano in tutti i continenti, l'interesse alla pace di v ie-

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ne interesse mondiale, mentre ieri gli interessi economici erano causa di guerre e tensioni.

Da tutto questo discende un'altra novità, una consapevo lezza che è entrata nella coscienza dei popoli: il destino del mondo è unico; un Paese, un conti nent e destabilizzati significano crisi del mondo intero. Ecco il fenomeno nuovo, ecco perché l'ONU è intervenuta già una ventina di volte in altrettanti Paesi, cosa che era mai

''dobbiamo impedire che i popoli si facciano giustizia da sé. Il ruolo e la sfida deiI'ONU sono ancora questi. Chi usa, o pensa di usare, la violenza come siste ma, sapp ia che non gli è permesso. Per me gli interventi militari hanno questo significato .... "

so necessario l'intervento umanitario, l'uso delle armi per impedire· la prepotenza sfacciata di quanti erano «padroni delle arm i».

accaduta n ella storia. Ritorna il dis corso della guerra, il discorso delle armi, anche se in modo completamente diverso dal passato. Le Nazioni Unite sono intervenute quasi sempre laddove una maggioranza si proponeva di distruggere una minoranza. I.:abbiamo visto da ultimo in Iugoslavia, dove ad un certo momento è appar-

Lei cita giustamente, quale esempio positivo, l'intervento multinazionale nell'ex Iugoslavia. Molti però hanno fatto notare come, per troppi anni e comunque nei momenti peggiori delle stragi e della pulizia etnica, la comunità internazionale e l'Occidente in particolare si siano mostrati riluttanti

ad intervenire. Qualcuno ha affermato polemicamente che l'ingerenza e l'intervento in armi sono stati più rapidi e decisi laddove c'erano bassi rischi o alti interessi economici. Cosa ne pensa?

Non sono d'accordo. Tutti gli strateghi erano unanimi nell'avvertire i governanti dei Paesi europei sui rischi terribili di un intervento militare di terra nell'ex Iugoslavia. La parola d'ordine era «fatelo se ci sono duecentomila madri pronte a sacrificare i loro

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figli». La necessità di int ervenire era avvertita da tutti, ma esisteva il tischio di impelagarsi in una guerra tipo Vietnam, senza paterne poi uscire. La strategia americana, armare i croati con armi americane, si è rivelata giusta; è stata r isparmiata all'Europa una sfida che essa forse non avrebbe superato, dal momento che nell'area di occupazione, con ogni p robabilità, s i sarebb ero riprodotte antiche tensioni, e reazioni davvero diffic il i da contrastare

Lei individua negli Stati Uniti e nell'Europa gli attori principali della scena mondiale in favore della pace e delle minoranze minacciate. Ma cosa ne è stato di quel ruolo primario dell'ONU del quale si era tanto discusso alla fine degli anni Ottanta?

Ho parlato del ruolo dell'Europa in relazi one al con-

Gitto nei Balcani, ma non c'è dubbio che gli Stati Uniti siano la potenza m ili tare più forte nel mondo, alla quale spetta un ruo l o adeguato . P enso al tentativo di Saddam Hussein di conqu istare il petrolio de] Kuwait: poteva essere bloccato so]o attraverso un intervento internazionale guidato dagli americani.

Ma torniamo al principio: instillare nei cuori e nelle coscienze degli uomini il valore della sacralilà della vi-

no a ieri era possibile manipolare l'opinione pubblica organizzando gravi <<incidenti» e ammantare di «salvezza patria» la volontà di conquista. Oggi, grazie a ll a potenza dei mezzi di comunicazione e al for t e spirito democratico che si è radicato nei popoli, tutto questo è assa i difficile.

Il servizio di leva per lunghi anni, fra gli altri, ha avuto come obiettivo la socializzazione tra giovani

ta. La violenza è condanna alla brutalità; nel momento in cu i noi abbiamo invece bandito ]a violenza, non possiamo più limi tarci ad una condanna verbale, dobbiamo impedire che i popoli si facciano giust izi a da sé. n ruolo e la sfida dell'ONU sono ancora questi. Chi usa, o pensa di usare la vio l enza come s i stema, sappia che non gli è permesso. P er me g li interventi militari h anno questo significato.

Nel mondo moderno c'è poi un'arma in più, formi dabile, in difesa della pace, ed è quella dei mass media . Si-

di diversa estrazione sociale, cultura e provenienza geografica. Questa istituzione è oggi parzialmente messa in discussione. Si può ancora stabilire, a suo parere, un nesso «forte» tra il senso di appartenenza alla comunità nazionale e il servizio di leva nell'Esercito e nelle Forze Armate?

È difficil e poter dare una risposta definitiva, perché non sappiamo con precisione quali saranno gli scenari del futuro. Alcuni pensano, come soluzione di passag-

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gio, alla possibilità di istituire un servizio civi l e obbligatorio per tutti i giovani, a co ndizione che sia mantenuto in altro modo il livello necessario di potenza militare e di addestramento; ciò p e r essere sempre in gra d o d i contribuire al mantenimento della pace internaz ionale e garantire , ove ce ne fosse il bisog no , la te nu ta interna d e l P aese. L'ho già sottolineato: persino q u e i pacifisti estremi

che volevano le forz e dell'or d ine disarmate, di [Tonte a ll a violenza del terrorismo hanno capi to che, se non ci fosse stata una potenza militare, cioè P olizia e Carabinieri armati, se lo Stato non avesse avuto un pot ere di re p ressione, saremmo caduti nelle mani del terrorismo. Il rischio di far preva le r e la propria opinione con l a forza purtroppo es iste r à se mpre, perc hé ciò fa parte de lla debolezza , della miseria dell'uomo.

Se a bbiamo capito bene , Lei è favor e vole non tan t o ad un manteniment o del sistema di l e v a, ma all'introduz i one d i un servi zio civile o bbligatorio . ..

come uomini ovunque ci si incont r i, francesi, tedeschi, inglesi, negri, bianchi, gialli. Però, tutto questo richiede che si ponga al centro dell'attenzione del mondo politico il problema dell'educazione ... "

Rip eto , n o n s o dare un g iudi zi o definiti vo p er il futuro. Ma non c'è dubbio c h e s ia molto po sitiva e op por-

tuna una fa se di serv iz io in favo r e dello Stato, cioè del bene comune: per c reare non solo mutua conoscenza, ma soprattutto disponibilità al bene comune. Ciò non vuoi dire che domani questi servizi non possano este ndersi dalla Nazione all'Europa , e dall'Europa all e varie parti del mondo.

In attesa che questi scambi si r e alizzino in pieno, è importantis s imo coltivare e approfittare al meg li o dell e

possibilità che il mondo g i à oggi offre in que sto senso. Bi sogna che si cre i nelle nuo ve generazionj un forte convincimento: per la prima vo lta nella storia d ell'umanHà è possibile riconoscerei come uomini ovunque ci si incon lri: francesi, tedeschi e inglesi; n egri, bianchi, gialli . P erò, lutto questo richiede che si p o n ga al centro dell 'attenzio n e del mondo politico il problema dell 'educazione.

Qui s i inn esta, ancora una volta, un ruolo fondamentale ed u na responsabilità dei mass m ed ia. Il quotidiano «Le Monde», qualche tempo fa , li ha def initi «l a dittatura dolc e» . La libertà di stampa deve invece servire a diffon-

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'' b isogna che si crei nelle nuove generazioni un forte convincimento : per la prima volta nella storia dell'umanità è possibile riconoscerei

dere informazioni e a fare co nfro nti tra i sistemi educa tivi. Diceva Thomas Eliot: «Verrà il tempo in cui l'educazio n e av rà al centro il Milliste ro de gli Esteri». È questo il punto!

ll saggio di Ernesto Galli Della Loggia sulla morte della Patria ha fatto molto discutere, ha suscitato plauso ma anche forti polemiche. Crede che il concetto di Patria, il senso di

«v alore » all'individuo, allora torniamo al blut u n d b o d en, che è poi il principio che imp e disce ancora oggi la paci ficazione tra ebrei e arabi in Palestina e Medioriente , lo s te sso principio della purificazione etnica voluta dai serbi in Bosnia.

S e dunque esiste un conc etto negativo di Patria , di valori patrii, qual è la c onclusione a cui si aniva? Sarebbe semplicemente folle pensare ad una mondializ-

fra le tre regole possibili: assimilazione, inserzione e integrazione. Partiamo dall'assimilazione. L'individuo segue in toto l eggi e usi di culture diverse dalla sua: ad esempio, il soldato di religione musulmana costretto a mangiare la carne suina che l'esercito gli distribuisce. Un fatto s bagliato e inaccettabile. Come sbagliata è l'inserzione pura e semplice. La famiglia afr icana che vive in Europa, è libera

appartenenza degli italiani ad una comunità nazionale, sia davvero scomparso con i fatti tragici dell '8 settembre del 1943?

Sono stato all'estero molto spesso , ho incontrato molte volte i nostri emigranti in Svizzera, in Germania , in Francia , ma soprattutto negli Stati Uniti e nel Canada. Bi s ogna trovarsi in mezzo a loro per capire se è vero o meno che è ancora vivo il senso della Patria.

Queste divisioni in fasi storiche sanno molto di artificio, la realtà è più ricca de lle nostre formule. Se identifico la Patria con la razza , val e a dire con una società che conferisce, essa soltanto ,

z azione che sopprima tutte le differenze , che implichi la c reaz ione di un parlamento mond i a l e che imponga la sua legge in tutto e per tutto, che si scontri con le tradizioni, la cultura e i valori stessi che l e popolazioni si sono dati. Fare questo, significherebbe provocare nuove guerre, com e è accaduto in Iugoslavia.

Qual è allora la strada per accomunare i popoli senza cancellarne le differenze?

Bisogna arrivare ad un'unità fondamentale s ul tema dei v alori e dei diritti umani. La linea di condotta scaturisce dalla scelta di una

di operare l'infibulazione della propria figlia che giunge ai 13 o 14 anni di età? Si può seguire la poligamia o ripudiare la con iuge in una società occidentale? Mi pare impensabile.

La formula indicata è quella dell'integrazione. Intendo con questo un governo che misceli le varie culture , un ordinamento g iuridico che sappia distinguere tra i valori cost itu zionali, indefettibili, e altre regole che l'indi viduo può invece decidere di seguir e o meno, in base alla sua cultura e sensibilità. Gli esempi sono chiari. I tribunali francesi condannano r e golarmente la pratica della poligamia. A Berna, invece, un tribunale

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'' a vita militare! nel quadro di un Paese ch e ha rinunciato alla guerra e che entra a pieno titolo nel movimento mondiale a tutela della pace! deve preparare gli uomini a trovarsi in qualsiasi parte del mondo l considerandolo proprio ... Il

dice «SÌ» alla richiesta di un padre musulmano, il quale vorrebbe ottenere dal preside l' es onero d ella fi g li a daJle lezio ni di nuoto d e ll a scuo la eleme ntare, p erché la piscina è promiscua.

D'altra parte, penso che difficilmente si arriverà oltre alcuni aspetti del Trattato di Maastricht. Perché, quando le Nazi oni del No rd

europeo saranno tutte aJl'intemo dell'Unione, se pretendessero di l eg i ferare, ad esempio, in materia di eutanasia o di ingegneria ge ne tica, di imporre quella legislazione a tutta l'Europa, la costruzione unitaria rischierebbe di sal tare.

In generale, considera insuperabili i limiti di in-

tegrazione stabiliti dal Trattato di Maastricht?

Non c'è dubbio che si andrà ad un'integrazione sempre più marcata in campo legislativo, dei trasporti, delle comunicazioni, della lingua e così via. Saranno sempre maggiori gli scambi c ul turali e l'integrazione tra le università europee L'Europa si darà reg ole comuni an c h e nei setto ri minimali. Tutto è possibile. S e p erò domani s i pretendesse di imporre scelte che negano i valori fondamentali di una certa cultura, l'Europa rischierebbe di saltare.

Considera possibile e auspicabile una totale integrazione anche degli eserciti europei, cammino sul quale già si stanno facendo alcuni passi?

La vita e il servizio militare acquisteranno maggiore significato, saranno pienamente accettati e considerati come completamento della persona nel caso in cui, come già accade, entrerà nella coscienza delle popolazioni il concetto di appartenenza all'Europa prima, e a l mondo intero poi. Nessuno ha protestato per l'invio di soldati italiani, francesi, tedeschi, inglesi, spagnoli nell'ex Iugoslavia. Perché? È evidente che la coscienza collettiva è cambiata, c'è una maturazione, il senso avvertito e condiviso di un'appartenenza più ampia dei singoli Paesi.

Una grandissima novità, che obbliga a cambiar e molto della formazione

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dell'uomo-militare ...

La vita militare, nel quadro di un Paese che ha rinunciato alla guerra e che entra a pieno titolo nel movimento mondiale a tutela della pace, deve preparare gli uomini a trovarsi in qualsiasi parte del mondo, considerandolo proprio.

Ho spesso l'occasione di tenere conferenze e incontri presso reparti militari di tutte le armi. Così, parlando agli allie'ri dell'Accademia Aeronautica di Pozzuoli. ho scoperto con gioia e sorpresa che i futuri piloti non studiano solo nozioni tecniche e di tecnologia, ma frequentano anche un corso di scienze politiche. È giusto

così, perché il militare italiano , specialmente se svolge certi compiti , dev'essere pronto ad entrare in qualsiasi parte del mondo conoscendone le necessità, le attitudini, la storia. Non c'è dubbio che la vita militare, in questa visuale, è un modo di completare la formazione scolastica; la quale, purtroppo, in genere si limita apreparare tecnici, insegnanti, medici, ingegneri. n mondo militare dovrebbe compiere un'opera in più: far crescere l'uomo, renderlo partecipe di questa responsabilità mondiale.

An che noi uomini di Chiesa siamo chiamati a fare di più: dobbiamo cominciare a pensare al servizio militare come all'ultima fase della formazione spirituale dei giovani; perché l' educazione o è globale, o rischia di diventare una costruzione casuale. Non intendo con questo una «dittatura» culturale ed educativa, ma l'essere 'ideino ai ragazzi in ogni fase della loro v ita, conoscendone esigenze e attitudini, per creare degli uomini veramente liberi. L a Chiesa non può limitarsi a formare i bambini fino alla prima comunione e alla cresima per poi !asciarli andare. La vita militare, intesa come fase di completamento della persona, con questa nuova visuale globale e di servizio non più solo bellico, ma in favore del bene comune, offre un'opportunità preziosa che la Chiesa non può abbandon are.

*Giornalista, cronista politico dell'emittente Radio Dimensione Suono

IL CARDINALE ERSILIO ToNINI , NATO IL 20 LUGLIO DEL 1914, È STATO ORDINATO SACERDOTE IL 1 8 APRILE DEL 1937. DOPO AVER FREQUENTATO L'UNIVERSITÀ LATERANENSE DI ROMA IN DIRITTO CIVILE E CANONICO, È STATO DIRETTORE RESPONSABILE DEL SETTIMANALE DIOCESANO «IL NUOVO GIORNALE». RETTORE DEL SEMINARIO DI PIACENZA, È STATO CONSACRATO VESCOVO IL 2 GIUGNO DEL 1969 E, DALLO STESSO ANNO, VESCOVO DI MACERATA - ToLENTINO - TREIA - CINGOLIRECANATI.

NEL 1975 È STATO NOMINATO ARCIVESCOVO DI RAVENNA- CERVIA. PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELLA NEI, LA SOCIETÀ EDITORIALE DI «AVVENIRE», DAL 1988 AL 1989 HA RETTO LA SEDE VACANTE DI RIMINI; NELLO STESSO 1989 HA PARTECIPATO, PER LA SCELTA AD PERSONAM DI GIOVANNI PAOLO Il, AL SINODO SUI LAICI E NEL 1991 È STATO CHIAMATO DA S.S. GIOVANNI PAOLO Il A PREDICARE GLI ESERCIZI SPIRITUALI A TUTTA LA CURIA ROMANA.

HA PARTECIPATO ALLA TRASMISSIONE TELEVISIVA «I DIECI COMANDAMENTI», CONDOTTA DA ENZO BIAGI, HA TENUTO VARIE RUBRICHE GIORNALISTICHE SU QUOTIDIANI E PERIODICI, DA «EPOCA» A «PANORAMA», E NEL 1994 HA SEGUITO IL SINODO SUI RELIGIOSI E LA VJTA CONSACRATA, SCELTO AD PERSONAM DAL PONTEFICE.

IL 26 NOVEMBRE 1994 È STATO ELEVATO ALLA PORPORA CARDINALIZIA DA S.S. GIOVANNI PAOLO Il.

AZ l

È ormai unanimemente riconosciuto che la comunicazione si pone come elemento essenziale, anche se particolarmente vulnerabile, nella condotta delle operazioni: l ' informazione globale e in tempo reale, sconosciuta nel passato, è capace oggi di influenzare le scelte politiche e strategiche. l problemi che i nuovi media pongono ai militari sono, perciò, difficili e rappresentano una realtà con cui essi devono fare i conti.

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L'ERA DELLA GEO INFORMAZIONE

Il mondo della geopolitica non si è trasfonnato in uno della geoeconomia , ma in uno della geoinformazione. "Linfonnazione è potenza ed è un fattore che sta modificando la politica, la strategia e l 'economia. La strategia militare viene influ e nzata in due modi: uno diretto ed uno indiretto. Quello diretto si basa sulle tecnologie dell'In.f01mation Based Warfare, che stanno determinando una Rivoluzione negli Affari Militari ( RMA). Quello indiretto è dovuto all'impatto dei media e alla crescente importanza della Softwar Essa si svolge sul campo comunicativo, paral lela alla Cybelwar e alla Netwar che si combattono sui campi di battaglia. Come queste ultime essa richiede la formulazione di strategie e di concetti operativi, che dovrebber·o trovare sviluppo negli ordini di operazioni ai vru.i Jivelli.

I media hanno quindi un rilevante impatto sulla sicurezza e

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sullo stesso impiego della forza militare, determinando quella che taJuni denominano Revolwio11 i11 Securiry A(fairs (RSA ). Essa sarebbe ancora più importante della RMA. Dovrebbe spostare il centro dell'attenzione dei politici e dei militari dagli aspetti hard a quelli soft della sicurezza. Per l'Occidente, l 'importanza della Softwar deriva anche dalla scomparsa della minaccia contro suo i interessi vitali e dalla dHficoltà di mantenere il consenso delle opinioni pubbliche interne e la coesione delle alleanze in conflitti o in crisi che coinvolgono interessi meno importanti e spesso divera genti degli Stati membri.

Si parla spesso di «fattore-CNN» che stravolgere bbe la razionalità de ll e scelte politiche e strategiche. Esso è un inevitabile by-produce degli attuali media È inutile sperare cbe possa essere disattivato con regolamentazioni restrittive. I media sono divenuti attori nelle crisi. Anzi, talvolta, queste ultime sono create dagli stessi media. Di qui l'importanza per i Governi della disponibilità di una adeguata capacità di gestire le eme rgenze comunicative, che hanno un effetto auloamplificantesi. Ancora più inutile è limitarsi a protestare contro di esso Politica e strategia non sono più attività di élites. Sono •diventate di massa. Politici e militari non possono più rifugiarsi nel segreto dei consigli di gabinetto o di guerra. ll Generale è divenuto spesso come un chirurgo che debba operare in una sala operatoria piena di parenti, tutti agitati e tutti pronti a dire la loro. I media sono intrusivi. Non esistono barriere né frontiere. I.:atteg giamento passivo e protettivo del passato deve essere trasfonnato in uno più attivo e dinamico.

COMUNICAZIONE, POLmCA, STRATEGIA E TAmCA

I:inOusso della comunicazione sulla politica, sulla strategia e sul -

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Mitra g lie re di w1 c ingolato da combattimenco « VCC l » in toTTefla co11 uua «Bro11ming » ca/. 12, 7 m m.

Componenti di una squadra NBC dotati di cassetta campale <<RA083 »

Specialisti del Genio con un 'a.sta di sondaggio per l'individuazione di mine

la tattica non è nuovo. Basti pensare alle trombe che fecero cadere le mura eli Gerico e a quanto afferma Sun Tzu. Negli ultimi due secoli vi sono stati diversi salti tecno l ogici nella trasmissione delle notizie: telegrafo, macchina fotografica, telefono, radio trasmittenti e televisione. Una volta Governi e Generali disponevano di informazioni in esclusiva. Ora i media e le agenzie di stampa li diffondono globalmente prima che le informazioni ragg iungano i decisori politici e strategici. I:informazione è potenza e la sua tempestività è determinante. Nell'epoca delle informazioni il tempo, più che lo spazio, è divenuto la dimensione strategica dominante. Il fenomeno è però quantitativamente molto diverso rispetto al passato, data la globalità, il tempo reale e l'intrusività dei media. Nelle democrazie il loro influsso è determinante, non solo per le élites politiche e per il consenso de ll'opinione pubblica, ma per le s t esse decisioni operative. I media possono infatti limitare la libertà d'azione, rendere difficile la sorpresa, compromettere la sicuxezza, essere utilizzati come mezzi di intelligence, di manip o lazione, di disinformazione e di propaganda. I media impongono rapidi tempi di reazione politica e anche strategica. La pressione del tempo può influire sul livello di razionalità delle decisioni. I media presentano però anche interessanti potenzialità, utilizzabili a livello sia politico che strategico. Ad esempio, possono essere impi egati per inviare messaggi all'avversario, agli alleati, all'opinione pubblica, ai propri soldati e alla popolazione civile in cui si svolgono operazioni di supporto della pace.

I DUE ASPETII DI OGNI CONFLI'ITO: CONFRONTO DI VOLONTÀ E rROVA DI FORZA

In ogni conflitto esistono sempre due aspetti d istinti: il confronto di volontà politica e la pro-

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va di forza militare. n primo è determinante. Non si fa la guerra per la guerra, ma per ottenere da parte dell'avversario una decisione poLitica favorevole ai nostri interessi. Sul confronto dì vo lontà si può agire con la strategia diretla, attaccando e distruggendo le forze del nemico, occupando il suo terr itorio ed influendo così sulle sue decisioni politiche. Oppure, si può agire sui centri di decisione avversari con la st r ategia indiretta (strategia di lunga durata; strategia del carciofo; guerra psicologica; Softwar, etc.). In tal caso il centro di gravità dell'azion e s trategica non è né militare né terdtoriale, ma si ri trova nel metasistema politico e sociale di cui le forze militari sono espressione. Laspelto psicologico delle operazioni ha sempre avuto grande importanza. Ogni guerra è sempre anche una guerra psicologica. Generalmente la guena è limitata. Ogni cannonata è quindi anche un invito a trattare. Dal punto di vista politico è sostanzialmente un messaggio. Ciò risulta chiaramente dalla brillante combinazione di diplomazia e forza fatta da Richard Holbrooke in Bosnia nell'estate 1995. Quanto minore è l'entità di impiego effettivo della forza e quanto più lunga è la durata di un intervento, tanto maggiore è l'importanza della dimens ione psicologica e della comunicazione. Talune operazioni possono allora essere addirittura finalizzate e subordinate alla loro utilizzazione sui media.

LE NUOVE TECNOLOGIE DEI MEDIA E I LORO EFFEm POLITICI E MILITARI

Lattuale tecnologia dei media consente un'intrusività, una copertura globale e un'informazione in tempo reale sconosciute nel passato. Linformazione crea la realtà. Le immagini in diretta raccordano il livello tattico con quello politico-strategico. Gli effetti degli atti tattici sono immediatamente am-

plificati dai media e diventano politici. Cade la distinzione fra i livelli strategico, operativo e tattico della condotta delle operazioni. Anche i Comandanti ai minori livelli devono essere consapevoli dell'impatto comunicativo -e quindi politico - di quanto dicono e di quanto fanno. Nella formazione degli Ufficiali lo studio dei media non può essere più considerato un'attività occasionale.

Nelle operazioni di supporto della pace (OOTW) non esiste una linea di fronte e non si ha il controllo completo neppure del territorio amico. I giornalisti quindi si muovono liberamente. Dispongono di telefoni e telecamere satellitari in grado di trasmettere istantaneamente e ovunque le loro notizie. Per le democrazie è difficile applicare misure di censura, mantenere jJ segreto e imporre limitazioni ai movimenti degli operatori dei media. I politici hanno bisogno del loro consenso e i roilitrui devono collaborare per crearlo. GH stessi Comandanti desiderano l'approvazione dei 1nedia, se non altro perché rafforza il morale dei loro subordinati. Nascondere notizie spiacevoLi. o trincerarsi dietro il segreto, genera sospetti e

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Sopra: volontario della Brigata «Garibaldi» armaro di <<AR 70/90».

A sinistra: milizari del Genio ferrovieri ripristinano parte di una linea ferroviaria in Bosnia.

A destm: incursori del «Col Moschin» in atcività di pattuglia in territorio bosniaco.

spinge i giornalisti a violare le reg ol e, se non altro per garantirsi l'esclusività delle notizie.

I mezzi televishri non possono tecnicamente inserire le immagini nel loro contesto. La logica del loro mercato impone di dar priorità alla speLLacolarità e alla drammaticità tispetto alla vedtà. Generalmente i media sono portati alla critica più che alla comprensione delle difficoltà e della complessità delle situazioni Tendono poi a sot-

tolinea1·e gli aspetti sporchi della guerra, gli errori e gli insuccessi. Tale tendenza è inevitabile e può creare tensioni fra i media e i militari (Sindrome del Vietnam).

Con i media in tempo reale e diretti come quelli televisivi, il pubblico diventa attore politicostrategico, data l'importanza del suo consenso e sostegno. Tuttavia spesso si confonde il consenso dell'opinione pubblica con il consenso dei media . È questo un aspetto tutto da approfondire. I due consensi spesso non coincidono. Quello dell'opinione pubblica è più condizio n ato dalla forma che riveste il messaggio che dal contenuto dell'informazione. Il consenso comunque non è lineare. Non obbedisce a meccanismi del tipo «Stimolo-risposta». Si rafforza quando l e informaz ioni coinvolgono i valo-

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ri dominanti del pubblico che le riceve. La «giusta causa» dell'intervento è diventata una necessità comunicativa. Anche obiettivi derivati dalla realpolitick devono r i vestirsi dei pa nn i de ll 'idea.lpolitik.

Beninteso no n s i deve esagerare. È la leadership p olitica che deve creare il consen so a favore delle dec i sioni politi che e strateg iche più opportune. Non dovrebbe effettuare l e sue scelte su l consenso o le mo d e de l momento («v i deo-politica»). O ccorre c h e politici e militari mantengano la loro li b ertà d' a zione n ei co n fronti delle pressioni dei media.. Non possono rinun c i are alle loro responsabilità e ricercare il consenso ad ogni costo. Lo possono fare solo se sono credibili, se h anno capacità di leadership. In caso contrario prevarrebbero emozione e irrazionalità.

MEDIA E CONCEZIONE CLAUS E WITZIANA DELLA GUERRA

L'importanza d ei media. e dell'opinione pubblica è, per inciso, uno dei motivi per i quau Martin van Creveld e John Keegan hanno negato che sia ancora valida la concezione clausewitziana della guerra Nell a società dell'informazione sarebbe finita la d i stinzione fra Governo, popolo ed esercito e sarebbe impossibile la razionale utilizzazione della forza come strumento della politica. P ersonalmente non condivido la loro opinione. La base del pensiero clausewitziano sulla guerra è quella che i1 Generale pruss i ano chiama la «stupefacente trinità» delle forze razionali, di quelle arazionali e di quelle irrazionali, cioè dell'intelligenza strategica, del caso e della violenza e passione (Aristotele le chiama logos, ethos e pathos). Tali forze costituiscono, sempre per usare l'espressione clausewitziana, i tre «magneti» fra i quali è sospesa la guerra reale.

Tale struttura di base non cambia anche se le passioni e le emozioni hanno un'importanza maggiore per effetto dei media moderni L'intelligenza strategi ca deve utilizzare le emozioni, o comunque tener conto di esse, per raggiungere le sue finalità politiche. La Softwar o guerra sul campo di battaglia dei media obbedisce ad u n a logica strategica e a meccanismi simili a quelli di uno scontro arma t o. Deve quindi a vere d imensioni s i a pass i ve che attive, sia d ifensive che offensive. La difesa sola non basta, anche perché i media non conoscono frontiere. Il militare non deve limitarsi a reagire. Deve prevedere e anticipare. Deve cioè avere un atteggiamento pro -active. La gestione comunicativa delle emergenze e quella delle crisi

Sop ra: sernovente d'arriglieria «M 109L» con da 155139.

comunicative richiede un atteggiame n to dinamico .

Ormai ci si deve orientare a combattere due guerre parallele: una sul campo di battaglia, l'altra sui m.edia. È comparsa la possibilità di guerre «virtuali», basate su strategie soft anziché hard. La scelta delle parole, dei segnali e dei simboli è in essa importante come la scelta de ll e armi (B ibbia: «la lingua uccide più della spada»). Si crea con ]a semiotica una realtà «virtuale», che ha la stessa importanza politica della realtà «re ale» del campo di battaglia, poiché influjsce sul consenso e sulle decisioni sia proprie che dell'avversario .

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A destra: paracadutista della Brigata «Folgore» stabilisce un contatto radio.

ADATTAMENTI DEI MILITARI

AL «FATIORE - CNN»

I militari devono comprendere i meccanismi e le logiche dei media, e come essi influiscono sulla politica e sulla strategia . I militari devono essere consapevoli più che in passato delle ricadute politiche delle loro decisioni tecniche e delle loro comunicazioni ai media. Le pubbliche relazioni sono divenute una funzione specializzata de l comando.

I media creano rilevanti condizionamenti all'uso della forza. In pruticolare, determinano la tendenza di privilegiare opzioni a basso rischio, a basso costo (perdite) e di breve durata. Ne con-

seguono notevoli difficoltà e limiti nell'utilizzazione della forza militare. In strategia, a parità di obiettivi, costi e rischi sono in relazione inversa.

La scelta strategica tradi zionale veniva effettuata fra opzioni a basso costo e alto rischio e opzioni ad alto costo e basso rischio. I media obbligano a limitare sia costi che rischi. Quindi è necessario limitare gli obiettivi e far ricorso all a forza con estrema cautela, resistendo alla richiesta di intervento o di mission creep dell'opinione pubblica.

Agisce al riguardo la cosiddetta CNN-curve: le pressioni dei media di intervenire militarmente o di estendere gli obiettivi di un intervento militare, si trasformano rapidamente in critiche dell'intervento o in richieste di ritiro delle forze, in caso di insuccesso anche parziale o di perdite. Verranno quindi sempre più privilegiati gli interventi navali e aerei rispetto a quelli terrestri, indipendentemente dalla loro utilità. Tra quelli aerei, la preferenza andrà ai «Cruise», per non correre il rischio di subire perdite e so -

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prattutto di lasciare prigionieri in mano nemica.

La logica mi]jtare è differente da quella dei media. Perciò i rapporti fra militari e media presenteranno sempre problemi difficili. I militari tendono a mantenere il segreto sia per realizzare la sorpresa sia per garantire la sicurezza . La disciplina e la verticalità dei rapporti gerarchici li rendono particolarmente sensibili alle critiche. Sono vulnerabili per rigidità. I militari tendono naturalmente a censurare o manipolare i media, anche per disinformare, ingannare e sorprendere l'avversario. Si può detenr:ioare una gara fra militari e media per informare prima i politici (Busb: «le mie decisioni sono state fondate più su in(ormazio11i della CNN che della CIA»). Taluni militari possono poi essere tentati di utilizzare «fughe di notizie» (leak.s) per influire sulle decisioni politiche o su quelle dei loro superiori. Per i giornalisti il tempo

è denaro. I.:importanza della comunkazione dipende daJla sua velocità ed esclusività Per i militari il tempo ha significato differente. È riflessione in vista dell'azione. Militari e giornalisti non avranno mai la stessa unità di tempo. È questo un aspetto di cui tener conto in qualsiasi tentativo per migliorare l'interfaccia e la collaborazione reciproci.

La coesione delle coalizion i multinazionali diventa difficile Oe crisi dividono le alleanze, anziché aumentarne ]a coesione, come avveniva invece nella guerra fredda). I comandi multinazionali non sono generalmente in grado d'imporre una policy comunicativa unitaria. I.:ONU non lo fa anche per mantenere la sua immagine di neutralità. I contingenti nazionali però cercano sempre di avere buoni rapporti con i loro media. Si accrescono quindi le possibilità di tensioni e le divergenze fra le varie Nazioni e anche fra i militari e i media dei va-

ri Paesi, qualora le restrizioni attuate da un contingente nazional e siano differenti da quelle degli altri. Si rischia anche di innescare un'escalation di richieste da parte dei media.

Un problema particolarmente sensibile è poi quello della sicurezza dei giornalisti. Essi tenderanno a muoversi individualmente e a violare le regole previste dai comandi militari, per potersi procurare notizie o immagini esclusive. Il sistema del pool dei giornalisti (media circus) ha lirmtata efficacia.

I militari devono tener conto delle legittime esigenze dei media. n loro sistema di comunicazione deve superare l'opacità dei bollettini ufficiali: grafici, animazioni, spiegazioni chiare e semplici degli obiettivi e delle finalità delle operazioni. Occorre tendere alla «Saturazione» dei media, anche per potere più facilmente Lacere quelle notizie che devono l'ima-

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A sinistra.

Socruffìciale del Genio impegnato nella bouifica da ordig11i esplosivi.

A destra.

Carabinieri paracadutisLi del «Tuscania • nel corso di w1 rastrellamemo.

nere riservate, senza ingenerare sospetti e far sorgere immediatamente speculazioni o critiche. Le s trate gie comunicative vanno elaborate e condo lle da personale esperto (mentre non vi è nessuna difficoltà a convincere un Generale a non fare un'o perazione dj appendicite, è però difficile persuaderlo che le pubbliche relazioni con i media richiedono una profess ionalità spec ifica!).

Teoricamente bisognerebbe tenere separate le informazioni dalla guerra psico l ogica, dalla dis informazione e dalla propaganda. In pratica, questo è però molto difficile e può divenire disastroso, poiché potrebbe comprom ettere la credi bilHà dei militari agli occhi dei giornalisti. Gli unici atout che hanno i militari sono l 'estensio ne del teatro operativo, l'esclusività delle informazioni sateUi taJ; e dell'ELINT e la disponibilità di armi a lunga gittata, che agiscono al d i fuori del raggio d'azione dei reporter.

LO GICA DE I MEDIA

La logica dei media, specie della TV, è quella del mercato: la tempestività , l'esclus i vità, la spettacolarità e l a drammaticità delle notizie Eanno premio s ul contesto , sull'approfondimento, sull'interpretazione dei fatti e sul controllo della verità. La critica a quanto fanno i responsabili politici e miHtari «ve nde>> più dell'approvazione del loro operato o delle informazioni neutre.

I.:expertise degli opera tori non h a generalmente Lenuto il passo con lo sviluppo tecnologico dei media. Non esistono più i corrispondenti di guerra dei due con-

Bitti mondiali , in grado di interpretare i fatti e di inquadrarli nel contesto, anche perché la politica este ra e la stra tegia i n teressano la massa e non solo più le élites e l'informazione scritta ha perso l'importanza rispetto alle immagini. Spesso le decisioni strategiche vanno prese sotto l'occhio attento deUe camere televisive, pronte a cogliere ogni erro re o incoerenza.

n militare non può sottrarsi al gioco, anch e perc h é il politico glielo chiede, per avere consenso e il m ilitare deve collaborare nel costruire il consenso necessario ai suoi capi poli ti c i .

J.: adattamento no n è più solo necessità dei militari. D ovrebbe essere anche dovere dei media. Essi si dovrebbe r o porre o dovrebbero comunque rispondere ad intetrogativi, come i seguenti. Come difenders i dalle manipolazioni? Come non manipolare in modo occulto, distinguendo nelle

trasmiss ioni televisive i fatti dal giudizio soggettivo su di essi? Come collocare un'immagine nel suo contesto globale? Come separare le immagini dal commento e come contrastare la naturale tendenza a manipolare il telespettatore con la creazione di effetti deri vanti dalla successione d i immagini e commenti drammatici?

Forse un dialogo franco e aperto con le associazioni della stampa e della televisio n e potrebbe avere positivi ris u ltati.

COLLABORAZIONE F RA MILITARI E MEDIA

J.:errore principale che possono fare i militari è considerare i media come nemi ci infidi da cui proteggers i o addirittura da combattere. A ciascuno il s u o mestiere! La democrazia non può rinunciare al diritto di informazione e di critica dei giornalisti.

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Pur seguendo la logica del mercato dei media, il giornalista ha una propria etica ed è meno irragionevole di quanto talvolta si pensa. Molti casi lo dimostrano. Il giornalista che aveva visto l a 24n Divisione meccanizzata statunitense nel Golfo muoversi con gli equipaggi da ponte al seguito e che aveva capito benissimo a che cosa servivano, mantenne il segreto .

È possibile un dialogo e una collaborazione fra militari e giornalisti. lo dimostra. Esso è simile a quelli fra i membri di una coalizione. È necessario che i militari comprendano logiche e fabbisogni informativi dei media e «Sce lgano le parole» in modo coerente con gli effetti che hanno sull'opinione pubblica e sugli stessi giornalisti. In ogni caso devono essere definile regole chiare e ragionevoli per la copertura di notizie critiche da mantenere

riservate. n rapporto fra militari e media non è un gioco a somma zero. Se regolato correttamente, può essere un gioco a somma positiva. A parte il fatto che l'informazione è un dovere/diritto, base del normale funzionamento in ogni sistema democratico e che la manipolazione delle notizie o la disinformazione fanno sorgere grossi problemi anche di legittimità costituzionale e non solo di legalità, i media stimolano con le loro critiche il miglioramento delle decisioni politiche e strategiche. Possono poi essere utilizzati per informare e quindi creare consenso sulle finalità e obiettivi perseguiti, per inviare messaggi all'awersario, per conferire trasparenza alle operazioni diverse dalla guerra (O OTW), per ottenere la collabo ra zione delle popolazioni locali (basti pensare al successo di Radio IBIS del Contingente italiano in Somalia), o per ingannare l'awersario (come accadde nel

Sopra. Una colonna di «Leopard » della Brigata «Ga ribaldi ».

A sinistra. lncursore del Reggimento «Col Moschin».

Golfo con l'enfasi data alle esercitazioni di sbarco dei Marines). Alcune operazioni possono avere finalità anche mediatiche (armi non letali; coordinamento operazioni-media nell'estate 1991 da parte slovena, ecc.). Le priorità della pianificazione e le scelte operative devono tener conto dei condizionamenti dei media (ad esempio, contenimento delle perdite, con impiego di mezzi corazzati protetti al posto delia fanteria; rapidità dei tempi di reazione e riduzione della durata delle operazioni; scelta degli obiettivi da colpire; al limite «telegenicità» dei sistemi d'arma impiegati). Occorre elaborare una strategia comunicativa che sia coerente, come deve esserlo quella operativa, ai vari livelli: da

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quello politico a quello tattico. Nelle operazioni multinazionali di supporto della pace costituisce l'aspetto essenziale . Se le operazioni sul terreno sono a bassa intensità, se non di routine, quelle comunicat ive sono sempre ad alta intensità.

CONSIDERAZ IONI CONCLUS IVE

In conclusione, i militari devono conoscere logiche e meccanismi con cui funzionano i media e adeguare la loro organizzazione alle esigenze della geoinformazione.

Beninteso i militari devono tener conto dei loro imperativi e delle loro responsabilità. Tra il mondo virtuale dei media e quello reale del combattimento vi sono coloro che rischiano la pelle! La guerra non può essere trasformata in uno spettacolo per i giornalisti o per i telespettatori.

Se è troppo seria per essere affidata ai Gen erali , lo è anche per essere affidata ai giornalisti. Le responsabilità politiche e strategiche non sono del egabili ai media. OccmTe aumentare la consapevolezza dei giornalisti circa la necessità e i condizionamenti operativi. È necessario poi migliorare la capacità generale dell'opinione pubblica, e soprattutto delle élites politiche, di comprendere le realtà e gli imperativi militari. Solo un adeguamento innanzitutto culturale di tutti può permettere ad uno Stato di agire nella società dell'informazione.

In sostanza l'era dell'informazione rende n ecessaria, ancor più

del passato, un alto livello di cultura politica e militare nell'intera società. Solo in tal modo saranno possibili razionalità delle scelte e mantenimento del consenso. I problemi che i nuovi media pongono ai militari sono difficili, ma non sono insuperabili. Comunque sono una realtà, con c ui essi devono fare i conti.

Sopra Blindo «Cemauro » del Reggimento •Cavalleggeri Guide ».
D
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*Presidente del Centro Alli Studi per la Difesa

IL NUCLEARE DELLA NUOVA

La Repubblica Popolare Cinese (PRC) degli Anni '90, in costante ascesa economica, sembra ambire al rango di grande potenza con una sfera d ' influenza estesa alla gran parte del continente asiatico; ambizione ancora priva di un adeguato supporto di capacità militari, ma comunque motivo di apprensione per gli Stati Uniti e per molti Stati dell' Asia orientale.

I leader cinesi dichiarano infondato ogni siffatto timore sottolineando che il programma di potenziamento delle lo-

Le intenzioni politiche deUa Repubblica Popolare Cinese nella regione asiatica sono da tempo oggetto di accesi dibattiti per lo più sul suo programma di ammodernamento degli armamenti convenzionali e sul loro possibile impiego in mai sopite rivendicazioni territoriali.

C'è invece la tendenza a sottovalutare gli enormi sforzi che il Paese sta sopportando per rinnovare il proprio arsenale nucleare, nei settori strategico, di teatro e tattico, che verosimilmente, all'inizio del XXI secolo, gli conferirà il peso e l'autorità della potenza nucleare tecnologicamente avanzata e flessibile.

Una nuova fonte di preoccupazione e una nuova minaccia che si aggiungono ai già precari equilibri internazionali.

ro Forze Armate - ancora molto riservato - è tardivo, esiguo e sottofinanziato minimizzandone la portata per evitare turbative al buon andamento delle relazioni - soprattutto di natura economica - avviate o in fieri con molti Paesi. n Presidente cinese Jiang Zemin tiene a precisare che la Cina non è impegnata nella corsa agli armamenti né intende espandersi o perseguire fini egemonici e quindi non costituisce minaccia per altri Paesi. Nel contesto delle innovazioni della sfera militare cinese si

colloca anche il programma per la conservazione e l'ammodernamento dell'arsenale atomico, notoriamente impostato sui dati delle sperimentazioni di Lop Nor, conclusesi nel 1996 dopo aver suscitato per anni ondate di proteste.

Seguendo una linea di pensiero in parte nuova ed in parte retaggio della dura «realpolitik» della guerra fredda, i Jea der cinesi tendono a ravvisare nelle armi nucleari più che un semplice fattore di potenza foriero di prestigio internazionale, un punto di forza per l'ac-

*

cesso a pieno tito lo del loro Paese al club delle grandi potenze; infatti disdegnano ogni equi parazi o n e tra il potenziale nucleare cinese e quello di S tati nucleari (NWS) come l'India, Israele ed il Pakistan, mentre accettano di misurarl o con quelli di Francia e Gran Bretagna, considerate potenze nucleari di medio livello.

Sui grandi temi degli armamenti atomici vari prestigiosi organismi della PRC (l'Accademia delle Scienze Militari, l'Università della Difesa Nazionale, ecc.) hanno promosso studi e dibattiti dai quali sono emersi interessanti orientamenti dottrinali volti a colmare gap di pensiero del passato in ordine al concetto di deterrenza e al ruolo delle armj nucleari strategiche, di teatro e tattiche; orientamenti dei quali si ha sovente ri-

Ml8aile aatl missile baUstk:o

Dlfea ati mlllsOe blllstlco

eoar.eaza aaldWnaoo di GIDevra

'naUalo sullamoratcda ... espealu...,.W macleari

ConwmkmesWle armi chfmfdMt

Avv1stameato e allarme

Uraalo altamente arrlècblto

MJssiJe ba1lstko fldelmwllfnenlale

Forze nw:learl di teatro

Sistema lnternazlcmale di mcmltoragio

Missile balistico iDtermeclfo

Urauio Jeaermente arric:cbito

Mutua lk:urezza auk:urata

Mutua dlstJuzioDe auk:urata

'latata nudeare multipla

Regime dl controllo delle tee:nolosle mfssilistic:be

Stati DOD JWcleari

'nattato dl DOD proli(erazioae nucleare

GaraDzle di sicurezza negative

Mezzi nazionali dl monltoraglo

Stati nucleari

Armata dlllberazioae popolare

EapiQsloal DUCiearl padflche

lb!ipubblk:a CiDese

1\'attato per la Hmltazlcme delle armi stratep:be

1nfziativa dl difesa strategica

MJssUe atrategic:o basato su sottomarlDi

Sottomarino strat.eslco lanc:famjMQi

Forze missWsticbe stratep:he

1\'attato per la rlduzioae de1le armi nucleari

Difesa area ad alta altitudine

Difesa m1ssilistic:a di teatro

Almi nucleari di teatro e tattic:be

Almi dl distruzione di massa

scontro nei comportamenti di Pechino in politica estera ed in particol are nelle negoziazioni internazionali per il controllo e la riduzione degli arsenali nucleari.

Ma al di là di ogni sottigliezza dottrinale, pesano sulle scelte di Pechino nel settore del nucleare militare e quindi sulla credibilità del potere deterrente cinese, i vincoli economici e tecnologici, le capacità dei contrapposti sistemi di difesa antimissile e le preclusioni - meno eludibili - poste dalle Convenzioni internazionali.

n processo di moderniz zazione dell'Armata Popolare di Liberazione (PLA), certamente non pregiudizievole per la sicurezza nazionale delle altre grandi potenze, rappresenta però una sfida agli interessi occidentali in Asia ed in particolare degli Stati Uniti, nonch é

un elemento destabilizzante del già precario equilibrio regionale.

UN GRANDE FERVORE DOTIRINALE

Agli inizi degli Anni '80 la dottrina nucleare cinese contemplava il concetto di deterrenza minima fondato sull'ipotesi - invero poco convincente - che un eventuale nemico avrebbe giudicato inaccettabile un danno provocato, soprattutto sulla popolazione, da pochj ordigni atomici lanciati su città importanti ; la popolazione awersaria rappresentava l'ostaggio e la minaccia di un suo sterminio doveva scoraggiare ogni primo attacco.

All'epoca Pechino non poteva brandire altro deterrente dal mo-

4 6

u mcio di un missile balistico staumice•zse MX.

mento che il suo arsenale annoverava so lo una cinquantina di teste di guetTa singo le da montare su vettori ICBM e IRBM relativamente imprecisi Con la crescita di detto arsenale , ebbe inizio una disordinata evoluzione dottrinale spintasi ad ipotizzare un deterrente di difesa o autodifesa (Zi Wei) , eufemistica aggettivazione cti un concetto intriso da deliberate ambiguità e da una alternanza di toni cau ti ed audaci volli ad ingenerare incertezza sulle reali finalità e capacità delle forze nucleari cinesi.

Solo verso la fine del decennio la leadership di Pechino incomincia seriamente ad interrogarsi su quali capacità di deterrenza la Cina poteva contare per scongiurare il rischio di essere attaccata nuclearmente o per arrestare una eventuale escalation di guerra convenzionale o nucleare.

Varie Istituzioni ed in particolare le Forze Missilistiche Strategiche (SMF), denominate anche «Seconda Artiglieria>>, si impegnano a porre rimedio all'esistente caos dottrinale impostando ricerche e studi teorici focalizzati su specifiche tematiche operative (ad esempio, le innovazioni tecnologiche valide per accrescere l'efficacia dei cont rattacchi nucleari, il carattere e la forma dei contrattacchi, l'impiego delle unità subacquee nella ritorsione, i princìpi e i metodi degli attacchi n ucleari di possibili avversari, ecc.) dai quali sono emersi elementi che banno reso plausibile una deterrenza limitata con un potere dis s uasivo capace d i evitare lo scoppio di un conflitto (convenzionale o nucleare) o, quanto meno, di controllarne l'escalation.

Gli strateghi cinesi sono dell'avviso che l'avvento delle armi nucleari non ha mutato sostanzialmente la natura della guerra e ne ritengono valida la funzione deterrente solo se esiste la volontà cti

impiegarle operativamente; dissentono infatti dal concetto della deterrenza basata sulla mutua distruzione assicurata (MDA) e quindi dalla tesi americana secondo la quale l'avvento delle armi nucleari avrebbe invalidato l'assioma del Clausewitz della «guerra continua-

zione d ella politica»; tesi imbastita sul convincime nto che gli effetti tanto terrificanti degli ordigni a tomici sconsiglierebbero di farne uso per fini meramente politici.

Secondo i cinesi le cause di una guerra nucleare e le sue conseguenze sono strettamente connes-

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se ma di natura diversa: le cause obiettivamente esistono (conflitti fra Stati, aggressività, egemonismo, ecc.) e sono ovviamente politiche; le conseguenze sono invece la risultante di altri fattori (tecnologici, di comando, geografici, ecc.).

Agli anti-Clausewitz essi rivolgono la duplice accusa, sia di ignorare l'esistenza di armi nucleari e la quasi impossibilità di distruggerle tutte sia di esasperare l'idea della incontrollabilità della guerra tanto da mettere m dubbio la credibilità della deterrenza nucleare; adducono come esempio tipico dell'utilità politica delle aiTl1i nucleari le 800-900 testate atomiche statunitensi schierate contro l'Iraq durante la Guerra del Golfo il cui potere deterrente non poteva sicuramente essere rimpiazzato dalle armi convenzionali.

n termine cinese di deterrenza resta comunque ambiguo (letteralmente significa l'uso di incutere timore o potere latente di terrorizzare) ma tre elementi - già indicati da Henry Kissinger - lo

renderebbero credibile: la capacità di infliggere un danno inaccettabile; la vol ontà di fare così (Shi zhan nengli); la comunicazione chiara di entrambe (capacità e volontà).

Quanto alla com unicazione sussistono due possibilità, definite da Rob ert Powell (autore dell'opera «The Theoretical Fountations of Strategie Nuclear Deterrence», pubblicata dal Politica! Science Quarterly) definisce dello «Spettro del rischio » e dello «spettro di violenza».

Lo «spettro del rischio>> renderebbe credibile l'incredibile minaccia di commettere, attraverso la ritorsione, un mutuo suicidio. In tal caso, lo Stato «A» dovrebbe avviare un processo di chiarimento basandosi sul modo in cui lo Stato «B » reagirebbe alle sue mosse iniziali. Un siffano comportamento rischioso può dare inizio ad una sequenza di confronti difficili da controllare che possono portare ad una guerra nucleare su larga scala.

Lo «spettro di violenza » si fonda invece sull'assunto che la guerra nucleare si possa controllare.

L o Stato «B» in questo caso avverte la minaccia della detetTenza quando si convince che lo Stato «A» ha una capacità di sopportazione del tormento e delle distruzioni nucleari maggiore della sua.

Lo «Spettro della violenza» è più conforme ai nuovi orientamenti dottrinali della Cina che ovviamente non dovrebbe avvertire il peso di un'analoga minaccia dell'avversario. Infarto lo stratega Sun Zi afferma c he la deterrenza non deve essere mutua ma deve mirare a ll a disfatta del nemico senza combattere e quindi comportare un'attiva remunerazione politica (effetto coercitivo) e non una condizione di mera passività. Siamo quindi ben lontani dalla filosofia nucleare statunitense della MDA, scetticamente allegorizzata dai cinesi in «due persone chiuse in una stanza colma di benzina ed entrambe munite di fiammiferi». Sembra che gli Stati

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Uniti abbiano ora ripudiato tale filosofia per sostituirla con quella della cosiddetta «Sicurezza r eciproca assicurata» (MAS).

LA LIMITATA DETERRENZA CINESE

La deterrenza minima del passato - garantita da una manciata di ordigni- risulta oggi agli occhi degli strateghi cinesi un a opzione scarsamente remunerativa; in essa rawisano tro ppi margini di vulnerabilità e segnatamente il rischio di trovarsi disarmati dopo il primo attacco avversruio, per ovvie ragioni politiche, economiche e tecnologiche. Per le stesse ragioni essi condannano il limite opposto della deterrenza nucleare al quale fanno riferimento gli orientamenti dottrinali delle potenze egemoniche (Stati Uniti e Russia) e tentano di minarne i presupposti facendosi paladini di un impegno ge n eralizzato al «non primo USO» (NFU).

Tra i citati limiti si colloca il concetto cinese della limitata deterrenza che, tradotto in termini pratici, consisterebbe nella capacità di infliggere un danno inaccettabile con un centinaio di teste di guerra puntate sulle città nemiche e su altri obiettivi; verrebbe così assicurato con un secondo attacco una reciproca distruzione tale da mantenere stabilità strategica .

La deterrenza limitata equivarrebbe alla condizione di ri s pondere ad ogni livello e tipo di attacco (tattico e strategico) e di controllare e bloccare l'escalation in caso di guerra nucleare; l a risposta iniziale dovrebbe essere quindi calibrata allo scopo dell'attacco iniziale del nemico.

E ssa non escl ude l'eventualità di una soluzione vittoriosa di una guerra, non ravvisabile però in

A sinistra.

Missile balistico tattico indiano «Prithvù•.

A destra.

Sistemi missilistici cinesi MRBM, IRBM e ICBM.

una completa vittoria politico-militare, ma nell'avere inflitto all'avversario un controvalore di danno tale da costringerlo a cedere, owero a rinunciare alla vittoria.

In termini operativi significa avere la poss ibilità di una risposta capace di distruggere le potenzialità di attacco strategich e del n emico (basi missilistiche strategich e, depositi, ecc.), di provocare caos sociale nella sua popolazione (attacchi selettivi s u centri politici, economici, assistenziali, ecc.) e di contenere l'escalation nucleare (attacchi di avvertimento).

Pechino è altresì consapevole che sarebbe velleitario p ensare a siffatti risultati fino a quando non potrà contare su:

• una componente strategica di ritorsione con un numero più elevato di vettori ICBM aventi migliori capacità di penetrazione e di sopravvivenza (missili più piccoli e più precisi) e con SLBM di analoghe prestazioni;

• armi nucleari di teatro e tatti-

c h e ( TNW) adeguate per numero e qualità all'esigenza di bloccare l'escalation protratta;

• missili balistici di difesa ABM atti a migliorare le possibilità di sopravvivenza della limitata deterrenza;

• si stemi di allarme, comando e controllo (satelliti militari EW ) e s i stemi anti-satellite idonei a colpire i satelliti militari del nemico.

'
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Il princ1p10 del NFU, conclamato dalla leadership del Pa ese e contestato da qualche stratega, accentuerebbe però le esigenze del controllo dell' avversario (ind ividuazione, localizzazione) e delle capacità di sopra vvivenza dell e forze nucleari cinesi (allertamento preventivo, dispersione e segretezza sulla consistenza delle forze). Watti , i detrattori del NFU nutrono dubbi sul tempismo ideale del contrattacco nucleare cinese e guardano con interesse ad una dottrina operativa di prevenzione; ipocritamente sostengono che un primo attacco contro un n emico in procinto di lanciar e un suo primo attacco può configurarsi come un primo contrattacco o secondo attacco.

Pechino esclude comunqu e l' ipotesi di impartire l'ordine del primo contrattacco dopo l'impatto dei missili avversari sul suo te1ritorio ma, per porsi nelle condizioni di impartire detto ordine con un marg ine di anticipo ancorché min i mo rispetto al momento di arrivo dei missili nemici, dovrebbe disporre di un sistema di EW fornitore di notizie in tempo reale e di un SMF in gra-

do di fare partire i propri missili al massimo dopo venti minuti dall 'ordine di lancio.

REQUISITI E CAPACITÀ DELLA LIMITATA DETERRENZA

I concetti dottrinali maturati dagli strateghi cinesi, ancorché ridondanti , rappresentano punti di riferimento del processo decennale di potenziamento ed ammodernamento delle forze nucleari del PLA.

Q uasi la metà dei vettori missilistici cinesi è ancora a p ro p ellente liquido con tempi d'intervento di almeno 2-3 ore e con un CEP superiore ai l 000 m.

Inoltre, solo una parte esigua delle 300 testate nucleari strategiche esistenti è lanciabile con ICBM alla massima gittata.

Un primo significativo passo verso l'ammodernamento dei vettori è stato compiuto con lo sviluppo degli ICBM di secon d a generazione DF3 1 a combustibile solido (8 000 chilometri di gittata) dei quali è prevista una versione SLBM da installare sui più avanzati SSBM (con 16 tubi di lancio), in fase di costruzione.

Per creare un embrione di difesa anti-missile balistico la Cina ha acquistato dai russi nel 1993 quattro batterie missilistiche S300 PMU- 1 (100 missili) con relative tecnologie di comando e controllo.

Tali iniziative co ntribuiscono però ben poco alla credibilità del deterrente se non si azzera il rischio che le SMF possano essere

falcidiate prima di lanciare il loro contrattacco.

Allo stato attuale il P LA può solo contare per le esigenze di EW su: una tradizionale rete radar (nessun satellite); una rete di riport o e controllo realizzata negli Anni '70 e ' 80 che collega Reg ioni militari e Forze Armate con un comando nazionale; un incompleto sistema di osservazione e rilevamento degli eventi nucleari.

S e la Cina riuscirà effettivamente a dotarsi di adeguati sistemi spaziali di sorveglianza e allarme ed antisatellite, oltre a contrarre i tempi di reazione delle proprie SMF. potrà consentire alle basi del BMD di intervenire tempestivamente contro gli ICBM nemici in arrivo, ed ottenere l'optimum del supporto informativo alle operazioni delle proprie forze terrestri , navali ed aeree, nonché infrangere il monopolio spaziale delle superpotenze.

Attribuendo all o spazio il carattere di frontiera strategica la Cina potrebbe essere tacciata di incoerenza rispetto all'impegno assunto a suo tempo , unitamente a tanti altri Paesi, contro il progetto reaganiano dell'SDI. Ma i tempi cambiano ed essendo oggi legittimo identificare nei satelliti militari veri e propri obiettivi bellici, vengono meno i presupposti di quell'impegno .

Nell'intento quindi di munirsi «per ogni lancia di un adeguato scudo)) la leadership cinese guarda con interesse alle tecnologie del programma statunitense THAAD - nuova versione dell'SDI - e ad un rafforzamento delle sue TNW per renderle idonee a reagire ad eve ntuali minacce in zone marginali del Paese.

Questa preoccupazione per le TNW si è palesata verso l a metà degli Anni '80 quando iniziava il declino della minaccia sovietica ed acquisivano importanza le guerre limitate tipo la guerra delle Falkland, la guerra Iran-Iraq e

, so
Sistema missilistico S-300 PMU (SAJOB <<Grumble»).

Miss ile balis tico intercontinentale s tatunitense «Peacekeeper».

la guerra del Golfo durante le quali le TN\V banno svolto un ruolo di deterrenza di primo piano.

Per gli strateghi cinesi anche una guerra convenzionale si trova comunque sotto la condizione nucleare, ovvero, nella condizione di evolversi verso una gue1ra nucleare limitata da combattersi solo a colpi di «Cruise» e/o di missili balistici della categoria TNW.

La Cina ritiene esposto ai risero di guerre limitate il 70 % dei 21 000 chilometri della sua frontiera terrestre ed il 60 % degli oltre 3 000 000 di kmq. delle sue acque territoriali.

Come in ogni dottrina sulla guerra nucleare , anche nel caso della limitata deterrenza si pone il problema di contenere i danni alla popolazione civile.

I nuovi orientamenti dottrinali cinesi contengono limitate indica zi oni al riguardo stante la convinzione che il problema della difesa civile sia stato già affrontato negli Anni '70 e '80 a seguito delle indicazioni date da Mao dopo gli scontri di frontiera cino-sovietici del 1969.

Animati dallo slogan maoista di «scavare tunnel profondi ed immagazz inare ovunque grano» i cinesi hanno creato all'epoca numerose infrastrutture di protezione, compresa una città sotterranea al di sotto di P echino in grado di resistere alle offese atomiche , biologiche e chimiche; città che oggi è in parte abbandonata ed in parte utilizzata come sede di ospedali, di alberghi e di magazzini.

Oltre all'attuazione di predisposizioni infrastrutturali, i dirigenti cinesi hanno sviluppato nel settore della difesa civile intense attività di studio e ricerca e addestrative, soprattutto nella regione militare di Shenyang , comprendente la potenziale direttrice d 'invasione sovietica della Manduria.

Nonostante queste predisposizioni essi ritengono quanto mai improbo riuscire a sottrarre al-

l'offesa nucleare i principali centri di potenza economica, industriale e logistica del Paese concentrati nelle grandi città. In prospettiva lo Stato Maggiore Generale cinese adombra l'idea di un «diradamento» in città satelliti costruite secondo le specifiche della difesa civile ed in grado di assorbire il40% della popolazione urbana.

I VINC OLI INTERNI

n progetto di limitata deterrenza implica un gravame finanziario e tecnologico difficilmente sopportabile anche da una Cina in pieno boom economico.

Sull'impegno finanziario di P echino per l'esigenza Difesa è difficile reperire indicazioni valide per l'inattendibilità delle cifre ufficiali , l' ermeticità delle voci del bilancio e la non trasparenza della sfera militare.

Nell'ultimo quinquennio il bilancio ufficiale della Difesa è stato incrementato del 35%-40% in termini reali fino a raggiungere oggi l'ammontare di 7,2 miliardi di dollari/anno; cili·a pari al l 0% del bilancio nazionale e all'l,S% del prodotto nazionale lordo.

Gli analisti occidentali giudicano poco plausibile, ovvero inadeguata, una spesa annua di 7,2 miliardi di dollari per mantenere un

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I missili balistici cinesi « CSS-3» s o1w destinati ad essere sos tituiti dai «DF- 31».

complesso di forze costituito da 2,3 milioni di uomini in servizio attivo, 1 milione di paramilitali della Polizia Armata del Popolo e 1,2 milioni di liservisti.

Secondo l'Istituto Internazionale di Studi Strategici di Stoccolma le spese reali per la Difes a ammonterebbero a quattro-cinque volte il bilancio ufficial e (28-36 milioni di dollari) e molte di esse (spese operative, di manutenzione , di ricerca e sviluppo, ecc.) graverebbero su altre componenti del bilancio nazionale.

Circa l' aliquota delle risorse finanziarie da destinar e a l programma degli armamenti nucleari nulla è indicato nel bilancio ufficiale della Difesa, ma secon do valutazioni della CIA, sare bbe pari al 3% -5 % di detto bilancio.

L'ammod ernamento delle teste di guerra comporterebbe un onere finanziario relativamente modesto rispetto a quello richiesto per lo sviluppo dei vettori missilistici e di un sistema di comando e controllo pienam ente rispondente alle esigenze di una risposta flessibile.

L'arretratezza ultrad ecennale di taluni settori tecnologici rap-

presenta il seco ndo importante vincolo endogeno all'ammodernamento degli armamenti cinesi (molti armamenti risalgono all'epoca del conflitto coreano) che P ec hino da t e mpo intende superare acquistando kn.ow-how dall' es tero (specie dalla Ru ssia) e stimolando studi e ricerche in settori tecnologici di valore strat e gico.

Sul buon esito di q u esti ultimi è opportuno avanzare qualche riserva; basti pensare agli insuccessi nel settore s p aziale , compreso il recente fallimento del lancio del missile «Lunga marcia 3B» destinato a portare in orb ita sate lliti per telecomunicazioni.

Nel settore delle armi nucleari tre sono gli obiettivi di ricerca e sviluppo prioritari per i cinesi:

• l'elevazione del rapporto rendimento/peso delle teste di guerra, indispensabile per la realizzazione di testate multiple (MIRV) lanciabili dai missili balistici terrestri e navali di nuova generazione, e di testate singol e da collocare nei vetto ri delle armi nucleari tattiche e di teatro (TNW);

• il miglioramento delle capacità dell'intera componente missilistica strategica di penetrare al di là dei sistemi di difesa BMD del nemico;

• l'incremento della gittata dei missili per sottomarini (SLBM) .

VINCOLI INTERNAZIONALI

Nel 1970 P echino condanna i Trattat i SALT stipulati da Stati Uniti e Unione Sovietica per la limitazione dei s i s temi ABM definendoli un «falso disarmo» vo lto a co prire la loro co rsa sfrenata verso la proliferazione verticale e a mantenere la Cina in una condi zione di soggezione.

Negli Anni ' 80 plaude agli accordi tra Washington e Mosca che limitano i rispettivi arsenali atomici (Trattati INF e START) ed esprime preocc upazione per i progressi delle due superpot enze nel settore dei missili-antimissile ed in particolare per gli sviluppi del progetto SDI americano; preoccupazione quanto mai fondata trattandosi di sistemi in grado di inficiare agevolm ente le modeste capacità di deterrenza cinesi.

Finita la guerra fredda la PRC sembra muoversi in senso opposto agli sforzi internazionali tesi a delegittimare le armi nucleari. Essa resiste infatti alle pressioni internazionali miranti a coinvolgerla in negoziati per il controllo multilaterale delle armi di distruzione di massa (MDW) e mantiene una libertà d'azione che le consente di eludere ogni possibile impegno riduttivo del suo apparato militare, di fruire dei b e nefici di sicurezza generale derivanti dai tagli degli

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START Il ; mentre le riduzioni

START il procedono, può quindi impegnarsi in un ambizioso programma di ricerche tecnologiche che dovrebbe assicurargli la dispo nibilità di missili nucleari stra tegici e tattici capaci di attrave rsare indenni le maglie di un siste ma del tipo THAAD statunitense (nuova versione dell'SDI) ,

progettato per intercettare nello spazio vettori in volo ad un altezza superiore ai l 00 chilometri.

Ciò consentirebbe alla Cina di ridurre il gap esistente - specie sul piano qualitativo - tra il suo potenziale nucleare e quello di Stati Uniti e Russia e di porsi in una posizione negoziale di maggior prestigio. D' altra parte i cinesi hanno appreso dagli americani e dai russi che le armi nucleari rafforzano prestigio nazionale e potere contrattuale ed esercitano quindi una pressione deterrente ed una minaccia che possono influenzare l'esito di crisi e di confronti diplomatici.

Tuttavia, nel 1992 la Cina decide di dare la propria adesione al Trattato di non proliferazione nucleare (NPT) dopo averlo bollato per oltre due decenni come un ac-

cordo discriminante verso i NNWS ed inidoneo a porre un freno alla proliferazione verticale delle due superpotenze; adesione stimolata da quella francese e dall'esigenza di rivalutare la sua immagine ufficial e offuscata dai tragici eventi di Piazza Tiennamen. Per quei fatti la Cina ha rischiato di alienars i la preziosa collaborazione economica avviata con l'Occidente e con il Giappone e di essere colpita da pesanti sanzioni economiche e da embarghi.

Al di là di queste considerazioni opportunistiche, gli analisti cinesi intravedono nell'NPT uno strumento che, frenando la proliferazione in altri Paesi, privilegia indirettamente la sicurezza del loro Paese rispetto alla sicurezza globale. Essi paventano le ambizioni atomiche di Paesi del Nord-

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l FORZE NUCLEARI DEU:ARMA.TA POPOIABB CINBSB SISl'BIII VBI:ro&l
S'lllAl'f.GICRR Penoaale : 9000u0mlaf 6 • 7 DlvilloDi CDil cw•ll••ni!!!Qio wdabile SU-271-10 DP-2 DP - 15
ICBM 14 90 l2 l20 so 150 SSBIIXIA BOMIWt.DIBBI
DP - S(CSS-4) DP - 4 (CSS-3)
DP- 3 (CSS-2) JL - 1 (CSS-2-NX-4) DP è l'abbrevJazione di DONG PENG {vento delfest) JL è l'ablmmazione di.JU.LANGS (vento glpnte)
arsenali atomici delle due superpot enze ed infine di proseguire nell ' ammodernamento e nell'espansione dei propri armamenti nucleari libera da ogni controllo.
In particolare, Pechino si dichi ara indisponibile a negoziare la riduzione delle armi nucleari tra le cinque potenze atomiche riconosciute fino a quando gli arsenali strategici delle due superpo tenze non saranno al di sotto de i livelli fissati dal Trattato

Missili iracheni «Al- Husaym>, a sinistra, e «Al- Abbas», a destra, deTivanti dai sovietici «Scud»

Est asiatico tanto da considerare l'eventuale bomba atomica nordcoreana una minaccia diretta alla sicurezza della Cina ed un incentivo alla proliferazione regionale (nel Giappone, nella Corea del Sud e a Taiwan).

Mentre si preoccup.ano un po' meno di Taiwan e della Corea del Sud - non essendo per il momento in grado di produrre atomiche -i c inesi temono che, ve-

nendo meno le attuali condizioni di sicurezza, Tokyo metta da parte la sua vocazione antinucleare e costruisca in tempi brevi - senza bisogno di alcuna sperimentazione - un congruo numero di ordigni ; avvalendosi inoltre delle loro esperienze nel settore dei veicoli spaziali i nipponici potrebbero realizzare agevolmente vettori missilistici di rilevante portata (il razzo H-2 per la messa in orbita di satelliti potrebbe diventare un ottimo ICBM )

In occasione della Conferenza per il rinnovo dell'NPT, tenutasi

nel maggio 1995 a New York, la Cina, facen do si portavoce dei NNWS , chiese una revisione del trattato ispirata a principi di equità e segnatamente l'impegno a non colpire detti S tati con ordigni nucleari (garanzie negativeN SA), a cedere loro tecnologie nucleari per usi pacifici ed infine ad eliminare comple tamente ogni arma atomica. Ma quando il dibattito incomincia a trascendere in sterili polemiche, la rappresentanza cinese non esita ad allinearsi pragmaticamente con la posizione americana contraria a d imbarazzanti votazi oni e favorevol e ad una rapida e plebiscitaria estensione dell'NPT a tempo indeterminato.

U na volta accettate il regime della non proliferazione l a leadership di Pechino si trova moralmente costretta a dichiararsi favorevole ad una moratoria definitiva degli esperimenti nucleari ( CTBT ), ma non rinuncia a condizionare questa sua apertura ad alcune pregiudiziaU palesemente demagogiche e dilatorie quali: il diritto dei NWS dichiarati di sviluppare test nucleari per scopi pacifici ( PNE );l'impegno degli NWS a rispettare le regole del NFU e de] NSA; iJ primato del sistema di monitoraggio internazionale (I MS) su quello dei singoli Stati (ATM).

La Cina rivendica il diritto alle PNE, non tanto per una propria specifica esigenza, bensì per lasciarsi aperta la possibilità di sviluppare, qualora necessario, altri test militati etichettandoli come PNE (è difficile discernere le finalità pacifiche o non di un test nucleare).

La stessa Russia che ha effettuato ben 200 PNE giudicate di rilevante interesse tecnologico (specie per le prospezioni petrolifere e di gas combustibili) non ha avuto esitazioni a schierarsi con la maggioranza contraria alla pregiudiziale cinese.

Le garanzie NFU ed NSA sono una costante che i cinesi dal 1964 - anno del loro primo esperimento atomico - tentano di rilanciare,

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con monotona insistenza, in ogni dibattito sulle problematiche delle armi nucleari (NPT, CTBT, ecc.).

Nel dicembre 1993 il governo di Pechino invita le grandi potenze a stipulare un Trattato NFU che, a suo avviso, avrebbe avuto una capacità di deterrenza contro la guerra nucleare superiore ad ogni accordo di moratoria dei test e di riduzione degli arsenali atomici. I..:incade nel vuoto stante l'unanime convincimento che un eventuale accordo NFU equivaleva a d una mera dichiarazione d'intenti priva di significato militare e quindi di credibilità in caso di crisi.

La stessa sorte è toccata ad nna successiva iniziativa cinese per un negoziato sulle garanzi e NSA.

Mentre enfatizza i presunti poteri di dissuasione di ipotetici impegni NFU e NSA, la leadership di Pechino è invece riluttante ad accettare misure di sicurezza più realistiche ed immediate come, ad esempio, la separazione delle teste di guerra dai sistemi vettori e la loro custodia in siti separati e soggetti a frequenti ispezioni intrusive

Infine, la proposta cinese di porre in atto un Sistema Internazionale di Controllo (IMS), indubbiamente valida in linea di principio, suscita perplessità per la rilevanza dei suoi costi; si tratterebbe di un sistema capace di individuare e misurare - mediante apparati per il monitoraggio si-

smico integrati da una rete satellitare - ogni evento sospetto che può manifestarsi anche nell'angolo più remoto del pianeta. Appare improbabile che Stati Uniti e Russia siano disposti a contribuire al finanziamento di un I MS dopo aver già affrontato costi altrettanto rilevanti per dotarsi di analoghi mezzi tecnici nazionali (NTM).

A sostegno di queste loro tesi i dirigenti cinesi menzionano fatti storici e circostanze in chiave pseudo vittimistica. Affermano che la Cina dopo essere stata già minacciata per ben tre volte dalle armi nucleari (negli Anni '50 in occasione della guerra di Corea e dell'assedio di Dien B ien Phu e successivamente durante la crisi delle isole Quemoy-Matzu) si trova ora isolata e vulnerabile, poiché Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia sono alleati, mentre Stati Uniti e Russia sono partner di nn accordo che esclu de la reciprocità nell'impiego di armi nucleari (quattro contro uno).

La Cina vagheggerebbe un impegno NFU statunitense ch e la immunizzi dal pericolo di essere colpita da armi nucleari nell'eventualità di un confronto militare con Taiwan e q uindi accarezzerebbe l'idea di un accordo bilaterale NFU cino-americano, analogo a quello firmato con i russi il 3 settembre 1994. P er Washington si tratterebbe di una proposta «indecen te» poiché dovrebbe di fatto

rinunciare al concetto di deterrenza nucleare estesa. inficiando la credibilità delle garanzie di sicurezza vigenti per i suoi amici asiatici, senza ottenere alcuna significativa contropartita .

Grazie a questo machiavellico coacervo di argomentazioni dilatorie i dirigenti cinesi sono riusciti comunque a guadagnare tempo fino al completamento delle sperimentazioni programmate.

Alcuni di essi ritengono tali sperimentazioni insufficienti per eguagliare le tecnologie nucleari francesi e britanniche; altri escludono la convenienza di effettuare ulteriori test sia perché è possibile ottenere dati sperimentali affidabili in laboratorio sia perché nello scenario del post-guerra fredda risulta sminuito il ruolo dell'arma atomica.

Il 29 lugli o 1996 la Cina di D eng Xiaoping annuncia la conclusione dei suoi esperimenti nucleari, dichiarandosi imme di atamente disponibile a sottoscrivere il CTBT; dichiarazione dell'apparente valenza politica di un beau geste, enfatizzata nell'intent o di smorzare il malcontento suscitato dai 45 test di Lop Nor.

Forse non tutti dimenticher anno quei test, specie il vicino Kazakistan già martoriato dalle nu-

Missile da crociera russo aviolanciabile «AS-15», qui in versione strategica .

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merose atomiche sperimentali sovietiche esplose sul suo tenitorio.

In tema di riduzione di armamenti nucleari i cinesi non puntano ad una parità tra gli arsenali delle cinque grandi potenze nucleari ma auspicano, dopo il 2003 (anno di conclusione dello START II), uno START m che riduca quelli di ciascuna superpotenza a meno di l 000 teste di guerra; anzi ritengono congruo ai fini della stabilità internazionale lasciare 600 teste di guerra sia agli Stati Uniti sia alla Russia e 300 ciascuna a Cina, Francia e Gran B retagna.

Anche nel settore della missilistica la Cina si attiene alla rego-

la del disimpegno; infatti, vende IRBM «CSS-2» all'Arabia Saudita e know-how all'Egitto, al Pakistan e ad altri Paesi, ignorando i pericoli di un siffatto «export» in aree instabili e declina gli inviti di Washington ad aderire all'MTCR e ad un ampliamento del trattato americano-sovietico INF. Ciò, facendo osservare di non potersi permettere, agli occhi dei Paesi del terzo mondo, di appartenere ad un condominio occidentale che intende privarli di tecnologie, né di poter rinunciare alle tanto redditizie esportazio!U di DDissiU.

Quanto a spirito antiproHferazione, afferma di averne dato pro-

Un GLCM « Tomahawk» ripreso durante u11 lancio di prova mentre viene espulso dal suo contenitore

va rinunciando a cedere tecnologie missilistiche ai Paesi nucleari (non annovera il Pakistan tra i NWS e sorvola sulla possibilità che vengano utilizzati i missili come vettori di testate chimiche o biologiche).

In ordine alla moratoria della produzione di materiale fissile per la costruzione di armi nucleari (già contemplata nell'NPT) è in atto nella Conferenza sul Disarmo (CD ) un negoziato aperto a tutti gli Stati ma che riguarda essenzialmente i NWS, compresi i nucleari non dichiarati (India , Isr ae le e P akistan).

Pechino potrebbe svolgere in questa circostanza un ruolo primario per la conclusione dell'accordo poiché 11ndia subordina la propria adesione alla moratoria all'adesione cinese e, a sua volta, il Pakistan, subordina la propria a quella indiana ma, come di consueto , evita ogni coinvolgimento, nonostante abbia da tempo deciso la sospensione della produzione di materiale fissile militare ed escluso l'eventualità di riavviarla in futuro.

La Cina disporrebbe di una riserva di materiale fissile sufficiente per la produzione di altri 200 ordig!U nucleari (3 tonnellate di HEU e l tonnellata di Pu); riserva che vo r rebbe in buona parte riciclare in combustibile LEU da utilizzare sia per l'alimentazione delle sue numerose centrali elettronucleari sia come materiale da esportare.

Verosimilmente si può arguire che l'impegno formale su questa importante misura di controllo antiproliferazione nucleare costituisca una ulteriore carta che Pechino intenderà spendere a momento debito secondo i canoni di una pragmatismo difficile da percepire in Occidente.

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NOTE CONCLUSIVE

D condensato di ambiguità e di reticenze di cui è s tata permeata la politica interna ed estera cinese dell'ultimo quinquennio rende aleatoria ogni previsione sulle opzioni strategiche di Pechino e sulle finalità ultime del processo di ammodernamento del PLA.

La limitata deterrénza cinese postula uno sviluppo di anni nucleari strategiche, di teatro e tattiche in maggior numero e con migliori requisiti di precisione e di penetrabilità, configurabile come una proliferazione verticale analoga a quelle tanto deprecate degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica.

La Cina sembra decisa a procedere in questa direzione vista la determinazione con la quale s i è procurata i dati sperimenLa.li necessari per lo sviluppo delle nuove atomiche, ignorando le proteste internazionali e gli obblighi so ttoscritti con l'adesione all'NPT.

Per contro, essa rilancia l'aporia della completa eliminazione delle anni nucleari strumentalizzandola per fini politici. Fra l'altro, qualc he studioso cinese vedrebbe nell'opzione zero e nell'eccessivo depotenziamento degli arsenali nucleari delle grandi potenze un grave rischio di instabilità internazionale al quale si potrebbe ovviare solo con verifiche altamente intrusive, di nonna poco gradite da Pechino.

Potenziando il suo arsenale nucleare l a Cina appare incline a privilegiare il principio dell'auto' difesa e a trascurare quello della sicurezza interdipendente conseguibile intessendo accordi bilaterali e multilaterali con al tli Paesi. Nonosta nte i profondi mutamenti geo-strategici de l postguerra fredda, essa sembra refrattaria alla logica della mutua sicurezza preferendo consid erare la propria sic u rezza direttamente proporzionale all'insicurezza altrui; n é ammette che la modernizzazione delle sue atomiche possa essere percepita dagli a l tri Paesi asiatici come una minaccia.

Ciò induce talvol ta i cines i ad assumere toni minacciosi come è accaduto anche nel 1995 con l e esercitazioni m i ss ilistiche svol te dal PLA lungo la fascia costiera dello Stretto di Formosa.

Si trattava dell'ennesimo segnale di minaccia alla sicurezza di Taiwan - pericoloso anche per Ja libertà di navigazione nei mari est asiatici - al quale gli Stati Uniti hanno r i sposto rafforzando le Forze Armate di Taipei con sistemi ABM «P aniot» e fregate della classe «Kn ox» con ottime capacità ASW. Tuttavia, qualche segnale di senso opposto si incomincia a scorgere nella partecipazione d ella PRC agli approcci negoziali per la creazione di un sist ema di sicurezza a sei dell'Asia nord-orienta le (Russia, Cina, Stati Uniti, Giappone, Corea del Nord, Corea del Sud) e nella s ua disponibilità a n egoziare con Thailand ia, Laos

lAncio di un

e Vìetnam i rispettivi contenziosi di confine.

La gigantesca esplosione dell'economia cinese ed il conseguente ampliamento dei suoi orizzonti di cooperazione potrebbero convincere la dirigenza di Pechino ad una maggiore apertura ai diritti umani all'interno e alle istanze di sicurezza interdipe n dente con i Paesi vicini. Ciò potrebbe preludere ad un'analoga apertura nel futuro atteggiamento cinese in sede di negoziazion e degli accordi di disarmo (CTBT NPT, MTCR, CWC, ecc.) da tutti ritenuti essenziali per la stab ili tà e la pacifica convivenza internazionale.

«CSS-2/DF-3» cinese.
D
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*Generale di Corpo d'Amtata in ausiliaria

UFFICIALE E S UP ERUOM O

Signor Direttore, «Ufficiale e gentiluomo» è il titolo di un famoso fi l m americano. Un titolo s b agliato: perché quell' «e» disgiuntivo fa supporre che l'Ufficiale possa anche non essere un gentiluomo Inveceda secoli, ma soprattutto oggil'Ufficiale deve essere, per natura, un gentiluomo. I ntendiamoci: bisogna dare a ll a parola il giusto significato . Gentiluomo è «Chi, anche non nobile di nascita, rivela educazione fine, indole cavalleresca e rettitudine di costumi». Oppure «Si distingue per la proprietà dell'abbiglimnento, per l'elevatezza dei se1'ltimenti, pe1' la magnanimità, la lealtà e l'onestà dei costumi»

Doti estremamente rare ne ll 'Italia di oggi, che però vanno gi ustamente richieste ai giovani Ufficiali. Perché, specie oggi, per comandare bene bisogna proprio essere anzitutto dei gentiluomini , dei «modelli» al di sopra di ogni sospetto: questo cerca il soldato italiano da sempre. Bastano? Niente affatto

Anni fa si è discusso molto , sulla «Rivista Militare», se l'Ufficiale debba essere un Comandante o un manager. E naturalmentè si è concluso che deve essere tutte e due le cose, il che non è facile e richiede una specifica preparazione anche alle funzioni manageriali , altrimenti tutto rimane sulla carta.

Non basta ancora: a partire dagli Anni ' 80 gli studi presso gli istituti di formazione iniziale hanno come meta principale «il laureato» in una materia civile. Naturalmente ciò non deve andare a discapito della formazione del Comandante di plotone e della professionalità militare: anzi, sotto questo profilo, l ' Ufficiale dovrebbe essere oltre tutto uno psicologo e un sociol ogo

Va ben sotto lineato, in proposito, che se si tiene presente la si -

diritto di replica

Se leggendo la Rivista Mmtare qualcosa non vi convince o vi stupisce. chiedete. intervenite , proponete e, perché no. criticate. Queste pagine sono a disposizione di Voi letto n.

tuazione reale degli studi presso le università italiane, quello che viene richiesto al giovane allievo Ufficiale è ancora una volta tanto. All'università solo uno studente su tre arriva alla laurea; in media, coloro che si laureano impiegano del tempo in più rispetto all'iter previsto; gli iscritti fuori corso non di rado pareggiano gli altri. Ebbene, nello stesso tempo in cui solo una minoranza di studen t i coetanei riesce a laurearsi, noi chiediamo al giovane Ufficiale di conseguire senz'altro la laurea o almeno di arrivarvi molto vicino, e in più di diventare un Comandante di plotone ottimamente preparato. Deve, insomma , fare due cose, quando gli altri ne fanno una sola e non sempre.

Ancora una volta, non basta: in un recentissimo saggio apparso su «Informazioni della D ifesa », i1 Generale Carlo J ean prospettacome dargli torto? - l ' esigenza che gli Ufficiali siano meglio preparati alle odierne missioni di pace, le quali richiedono anche specifiche doti diplomatiche. E afferma che «occorre rivedere l 'iter fonnativo, comprimendo forse la formazione iniziale di base, per far acquisire esperienze sul campo, soprattutto con corsi presso le scuole straniere e con scambi di Ufficiali tra i vari esercili»

Bisognerebbe evitare di chiedere troppe cose (e troppe cose nello stesso tempo) a questi giovani , anche se sono ben scelti. Occorre guardare, per ottenere questo, non solo alla formazione iniziale (se ne è già parlato), ma a tutto l' arco della carriera media. Riterrei perciò opportuno stabilire delle semplici priorità:

• affermare che l'Ufficiale deve essere prima di tutto un Comandante è pleonastico: ma , specie con l'attuale iter formativo iniziale, occorre trarre tutte le conseguenze . Nel concreto, una volta (finalmente) arrivato al reggimento , il giovane

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Ufficiale dovrebbe rimanervi il più possibile, almeno fmo al grado di Ma g giore compreso. Dovrebbe esserne distolto solo per frequentare un corso (di qualche mese) di abilitazione al comando di compagnia e al vice-comando di reggimento, con particolare riguardo alle responsabilità logistiche e disciplinari che in questi incarichi sono fondamentali e sono basate su una normativa assai complessa; • solo dagli Ufficiali di grado superiore a quello di Maggiore occorrerebbe trarre- con accurato vaglio delle abitudini, delle esperienze, delle doti dimostrate, ecc. - le varie «Specializzazioni» delle quali l'organizzazione ha crescente bisogno (comprese quelle alle quali accenna il Generale Jean) , discriminandole il meno possibile ai fini della valutazione, anche perché i comandi e i reparti sono sempre di meno.

In tal modo, verrebbe più efficacemente applicato il principio della formazione graduale, progressiva e soprattutto «mirata>>, specializzando di più i Quadri. E si eviterebbe il pericolo che la frase «Ufficiale e gentiluomo» sia sostituita (almeno in teoria) con quella «Ufficiale e superuomo>>. Sarebbe un danno per l'Esercito.

Lettera firmata

Caro lettore,

il problema della fonnazione dell'Ufficiale è estremamente arduo e, sotto taluni aspetti, ancora emergente.

Si, è vero, non si può pretendere che un giovane nel breve arco di cinque anni di studi diventi dottore, manager, poliglotta, professionista delle atmi, diplomatico, esperto della comunicazione, gentiluomo e, perciò, <<tuttologo».

Ciò premesso, e pur concordando con Lei sulla prioritaria esigenza che l'Ufficiale venga fornito di una preparazione tecnic a s pinta ai più alti livelli anche auraverso una più lunga pennanenza negli incarichi di Comandante di plotone e di compagnia, forse è opportuno arricchire il ragionamento con qualche altra riflessione per evidenziare che, tutto sommato,

l'attuale iter formativo non è poi così «Cervellotico» e privo di senso logico e pratico.

Non credo si possa mettere in dubbio che l'Esercito ha bisogno di uomini capaci di affrontare le sfide di una realtà post-moderna e preparati a dare le efficaci risposte che oggi richiede la complessa «azienda » militare. Per il governo degli uomini occorrono bravi Coman-

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danti; per essere competitivi nel mercato dell'informazione servono bravi comunicatori; per rappresentare degnamente le Forze Armate all'estero necessitano Ufficiali bene «attrezzati>> anche sul piano della preparazione diplomatica; per confrontarsi adeguatam ente con il mondo civile è importante una formazi one interdisciplinare che si acquisisce solo allargando gli orizzonti della cultura accademica; per dare risposte concrete alle esigenze di una modema preparazione tecnica occorre formare veri professionisti della gue1·ra,· e potrei andare oltre!

E allora: qui d est veritas?

La verità, è vero, non esiste, perché - come si dice in filosofiaessa è selettiva e dipende dal colore del vetro attraverso il quale si osserva il fenomeno; ma possiamo almeno provare a fare un semplice ragionamento . E cioè: posto che il contenito1'e della formazione dell'Ufficiale sia troppo grande, allora si può fare in modo che l'immenso bagaglio apprenditivo venga trasmesso non solo nel periodo scolastico (Accademia e corsi applicativi) ma venga anche interiorizzato durante l'intero arco di vita professionale, come avviene per il medico, l'ingegnere, l'insegnante e tante altre figure accademiche. Come? Attraverso lo studio, la ricerca, la specializzazione, la tensione intellettuale e l'impegno personale: ci soccorre a riguardo l'insegnamento di Luigi Russo il quale, già all'inizio del secolo, ammoniva che << La milizia è anche laico-sacerdozio degli studi che non hanno mai fine>>.

A ben guardare, caro lettore, il nuovo iter fonnativo si ispira proprio a tali criteri. L'attuale approccio infatti è ben lontano dall'idea di costruire «il supenwmo» o «l'uomo della Provvidenza». Dopo decenni di dibattito, che certamente non sono stati inutili, si è riusciti a disegnare non il profilo ideale, ma forse quello che - rimanendo alla portata di tutti - è

diritto di replica

Se leggendo la RIVISta M11itare qualcosa non vi convmce o vt stup1sce chtedete, intervenite, proponete e, perché no criticate.

Queste pagme sono a dtspos z1one d Vo lettor

il più prossimo alle esigenze della società modema.

Tutto è perfettibile. E, perciò, non possiamo che auspicare che questo essenz iale problema, riflettente la formazione dei Quadri, possa essere sempre meglio calibrato al mutare dei tempi, tenendo anche conto della nuova circostanza che vede il professionista militare impegnato più frequememente in un contesto di interoperabilità europea ed extraeuropea.

Tta i tanti ingredienti di questo già carico contenitore, temo, caro Lettore, che 11.e abbiamo dimenticato uno, forse il più importante: l'educazione morale, ovvero quell'azione «lerapeutica» soprattutto nei riguardi dei più giovani, affìnché in essi si vivifichi il concetto di virtù militare, si affermino la concezione etica della vita e dello Stato e l'accettazione del lavoro come impegno civile, si fortifichino la disciplina come adesione, la vita militare come dimensione dello spirito.

A P R OPOSITO DI <<ESUBERANTI>>

Esimi o Direttore, ho letto con molto interesse l'articolo di Domenico Villani Volontari e militari di leva, inserito nel numero di Luglio-Agosto 1996. I:ho trovato molto interessante ed approfondito.

Penso altresì che la Vostra scelta sul momento di affrontare la questione «volontari e leva>> sia tempestiva.

n 1996 e il 1997 probabilmente, saranno anni decisivi per il riassetto delle nostre Forze Armate.

Premesso questo, passo subito a porLe il quesito per il quale Le ho inviato la presente.

Riguarda i ragazzi che non vengono assoggettati alla coscrizione «per esuberanza di truppa». Un fenomeno che esiste da tempo e

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che, in base alle Vostre proiezioni, è destinato ad aumentare per effetto della diminuzione dell'organico (e quindi del numero) dei militari di leva. VoiTei capire se queste persone «sca m pano» agli inevitabiJ i disagi di un anno di naja semplicemente perc h é estratti casualmente.

Se così fosse, sarebbe evidente una sperequazione, oggettiva conseguenza di una sorta di lotteria.

Lei che opinione ha in proposi to?

Pensa che questa sia una situaz i one destinata ad essere accentuata?

Non scordiamoci che chi ha fatto il militare, una volta congedato, viene inserito nelle liste delle criserve>> che potrebbero essere richiamate per necessità. Mentre il dispensato dalla coscrizione eviterà anche questa situazione di potenziale reimpiego in armi.

Cercavo da tempo una risposta autorevole a questo mio dubb i o. RingraziandoLa, colgo l'occasione per inviarLe i migliori saluti

Lanfranco Sette Delegato CO.C E.R.

Leva Marin a Roma spero di rispondere a tono alla Sua lettera che investe l'interesse di gran parte della popolazione giovaIli/e soggetta agli obblighi di leva.

Caro Lettore,

Entrando subito nel merito del quesito riflettente il fenomeno delle «esuberanze>>, è il caso di precisare che le proiezioni riportate nell'articolo del Col. Villani non fanno rilevare una lievitazione delle eccedenze per effetto della diminuzione dell'organico dei militari di leva. Anzi. viene 1nesso in risalto che qualora non vi siano sufficienti volontari nei prossimi anni, nou si riuscirà a soddisfare le pur mi11ori esigenze di truppa nell'ottica del Nuovo Modello di Difesa. E ciò a causa del calo della natalità,

dell'insufficiente profìlo psico -fisico di una parte del contingente, degli «assorbimenti>> da parte delle stesse Forze Armate e delle Forze di Polizia per le carriere di Ufficiale, Sottufficiale o volontario e per il depauperamento dovuto agli ausiliari.

In ogni caso, gli «esuberanti» ci sono e per qualche anno continueranno ad esserci, quanto meno in relazione al «recuperO>> dei rinviati delle classi di leva precedenti, soprattutto per motivi di studio.

Una cosa però è certa: non si viene dichiarati «esuberanti per sorteggio>>. Esistono specifiche nonne di legge che stabiliscono chi - in

caso di eccedenza al f a bbisogno quantitativo e qualitativo -può essere dispensato dalla ferma di leva, secondo ben precise priorità.

La materia è regolata in particolare dal disposto dell'art. 100 del D.P.R. 1/12/1964, 11.. 237 e successive modifìche che, in sintesi, fa riferimento a quattro casi, in ordine decrescen.te di priorità: figlio unico convivente con, genitori dei quali uno portatore di handicap; responsabile diretto e determinante della conduzione di impresa familiare; accertate difficoltà familiari o economiche; minore indice di idoneità somatico-funzionale o psico-atlitudinale.

Grazie per il prezioso contributo.

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Vertice FAO a Roma

Cancellare il debito dei Paesi in via di sviluppo e intensificare la produzione agricola: questi i motivi che hanno riecheggiato negli interventi susseguitisi al vertice mondiale della FAO) tenutosi a Roma lo scorso novembre.

In un mondo che consuma ogni giorno di più) oltre 800 milioni di individui combattono ogni anno una terribile battaglia per la sopravvivenza.

Una piaga che affligge l{en 88 Stati) molti dei quali situati nella fascia subsahariana) e che pone una serie di interrogativi sulla sicurezza interna ed internazionale.

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Svilup
di Alfredo Passarelli *

Il mondo ha fame. Alle soglie del terzo millennio, nei Paesi in via di sviluppo oltre ottocento milioni di persone sono sottoalimentate. 'fra queste ci sono duecento milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni privi del necessario apporto calorico e proteico.

Senza un deciso intervento coordinato a livello internazionale, nel 2010 circa settecento milioni di persone rischieranno di patire la fame , soprattutto nell'Africa sub-sahariana dove il fenomeno potrà interessare non meno di duecentosessanta milioni di uomini e donne di ogni età.

I.:allarme è stato lanciato in occasione del vertice mondiale sull'alimentazione che, per iniziativa della FAO , si è svolto a Roma dal l3 al 17 novembre ed al quale banno partecipato settemila delegati in rappresentanza di centonovanta Paesi. Duemila giornalisti della radiotelevisione e della carta stampata hanno seguito i lavori del convegno dal quale è

emerso che le prospettive sono preoccupanti soprattutto se si tiene conto che la popolazione del nostro pianeta passerà dagli attuali 5,7 agli 8,7 miliardi di abitanti nel 2030.

I.:ambizioso programma della FAO è quello di arrivare a ridurre della metà il numero dei sottoalimentati non oltre il 2015.

La situazione generale può definirsi critica: mentre si lotta per far fronte alla carenza di risorse alimentari, lo sfruttamento di quelle ittiche, a livello mondiale, sembra abbia raggiunto un punto limite, con gli ottantacinque milioni di tonnellate di pescato raggiunti nel l 993; l'erosione genetica delle colture dei campi fa registrare una perdita prossima al 90%. Ciò significa che l'eccessiva selèzione delle sementi ha causato la scomparsa di migliaia di ceppi, i più robusti, soprattutto nel settore del frumento e del riso. Intanto diverse razze di bovini, ovini, suini e animali cosid-

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detti da cortile, che sono il complemento dell'attività nelle piccole aziende a conduzione familiare sono minacciate da insidie di carattere genetico o da malattie inarrestabili; il disboscamento nelle zone trop i cali, per quanto in leggera diminuzione in America latina, in Africa e in Asia, ha prodotto d anni irrevers ibili ; la superficie dei terTeni arabil i è in notevole diminuzione come la dispo nibilità idrica. E non è il caso di sottolineare quale importanza rivesta per l'a gr i co ltura un'appropriata irrigaz ione.

Pochi dati bastano ad iiJu strare esa urient eme nt e la situazione in una delle zo n e a maggior rischio del piane ta: entro il 2000, sei dei sette Paesi de ll 'Afr ica orientale e tutti e cinque i Paesi deii'AfTica del Nord che si affacciano sul Mediterraneo, dovranno affrontar·e i gravi problemi connessi alla siccità e, comu nqu e, alla carenza d'acqua. E tutti i Paesi del Nord Africa, ad eccezione del Marocco, importano già più della metà dei cereali che consumano.

Sempre per 1imanere nel settore agticolo, le cui risorse sono vitali per le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo e non solo per essi, va registrato il progressivo disinteresse per le ricerche, l'ass iste n za e gli investim e nti. Ciò soprattutto da parte dei protagonisi della Guerra Fredda che, fino a quando hanno vo lu to impedire reciproche infiltrazioni o presenze politico-economiche nei Paesi del terzo mondo, hanno assicurato loro, attraverso la cooperazione, i finanziamenti, i programmi alimentari, un'ass istenza che è venuta a mancare in questi ultimi anni. Ma , accanto agli aiuti disinteressati , pochi, i prestiti a tassi d'interesse elevati che hanno progressivamente strango lat o l'economia dei più poveri.

I Paesi in via di sviluppo più indebitati sono, nell'or dine, secondo dati dell994, Brasile (151 miliardi di dollari); Messico (128,3); Cina ( 100,5 ); India (99); Indonesia (96,5); Russia (9 4 ,2); Argenti-

na (77,4); Turchia (66,3); Thailandia ( 6 1); Corea del Sud (5 4 ,5)

Ci sono poi i P aesi deJ terzo mondo incatenati dai debiti , che superano di gran lunga il prodotto interno lordo. Tra essi il Nicaragua, lo Yemen, il Vietnam, la Giordania e mol ti di quelli africani come Congo, Mo zambico, Costa d 'Avo rio , Zambia , Sierra Leone, Togo, Mali, Camerun.

Si arriva all'assurdo, negli Anni '8 0, quando, per effetto della crescita dei tassi, alcune Nazioni pagano per gli interessi molto più di quanto ricevano come flusso netto di capitali. In quel periodo il Messico , seguito da alb.·i P aesi, dichiara di non essere più in grado di far fro n te alle proprie obbligaz ioni. La risposta delle ban c he è immediata: sospens ion e d e i crediti ai P aesi maggiormente indebitati che sono costretti a c hi edere l'intervento del Fondo Monetario Internazionale e deUa Banca Mondiale per rinegoziare i deb i ti, riprogrammando le scadenze.

Le propost e vengono accettate a condizione che gli Stati richiedenti si impegnino ad un una totale revisione dei programmi economici , ad operare drastici tagli alla spesa pubblica, ad abolire i sussidi agli indigenti. Si va verso un'economia di mercato ma g li effetti sono devastanti per l e classi meno abbient i: da una parte aumentano l a p overtà e la fame, daU'altra non si fanno progressi duraturi sul piano produttivo.

Gli aiuti da parte dei Pa esi piLI ricchi cominciano a diminuire e i programmi di assistenza tecnica a favore di quelli più poveri, elaborati dalla FAO, non possono essere realizzati se non in parte.

Per le popolazioni affamate dell ' Africa, gli Anni '80 so n o stati certamente i peggiori per effetto della siccità che ha interessato ventuno Paesi e circa centocinquanta milioni di persone. Tra 1"80 e 1"85 muoiono più di un milione di esseti umani e molti altri vengono salvat i grazie agli interventi, peraltro sempre tardivi, dell'GNU. Ma dieci milioni di

Sopra

Guinea Equatoriale: puerpere frequentano un corso di educazione alimentare.

A destra.

Papa Giovanni Paolo ll apre i lavori d el Vertice il 13 novembre 1996.

agricoltori sono costretti ad abbandonare l e campagne degradate, non irrigabili.

Gli eventi di quegli anni sono le premesse che banno causato, in Africa, ]a crisi attuale , che vede decine di milioni di person e vagare oltre i confini dei propti Paesi di or igine, riversarsi nelle

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periferie dei maggimi centri abitat i, dando vita ad un urbanesimo senza speranza. Da esso cercano di sottrarsi i più giovani, attraverso quei flussi migratori clandestini, di dimensioni crescenti ed inarrestabili, che interessano soprattutto l 'Italia, protesa com'è nel Meditenaneo , su cui si affacciano più o meno direttamente, quelle aree in cui le condizioni di vivibilità sono precarie e, più spesso, inesistenti.

«L'emergenza nei Paesi sub -sahariani - si legge in un rapporto della FAO - è dovuta all'ennesima riduzione degli aiuti alimmtari disponibili, che per il biennio 1995'96 ammontano a 7,6 milioni di tonnellate, attestandosi ad un livello ancora più basso di quello registrato nel biennio precedente (8, 7 milioni di tonnellate), lo stesso del 1974-'75. A tale tendenza negativa, dovuta alla diminuzione della produzione e al parallelo aumento dei prezzi dei cereali e destinata ad aggravarsi nel biennio

intervento del Primo Ministro italiano Romano Prodi alla Conferenza internazionale della FAO

Mozambico, Ruanda, Sien·a Leone, Zaire e Zambia, sono alle prese con emergenze alimentari eccezionali»

Ma se in tali Paesi si registra la situazione più grave sotto il profilo alimentare e il 54% della loro popolazione si trova in uno stato di povertà assoluta, in altre aree geografiche i problemi sono analoghi. ll 9% degli abitanti dell'Asia dell'Est sono poveri mentre tale percentuale sale al 13% nell 'As ia di Sud-Est e al40% nell'Asia del Sud.

Come è facile osservare il problema della sottoalimentazione e della fame non ha confini e ne sono esenti solo i Paesi più indus tr ializzati. Si impone, di conseguenza, una so luzione globale che

1996-'97 a causa della prevista richiesta di aiuti alimentari da parte dei Paesi dell'Europa o rientale, si somma poi l'aumento del 50% dei costi d'importazione, accompagnato da una contrazione di 9,5 milioni di tonnellate nei raccolti dei Paesi dell'Africa sub-sahariana. Insieme con Burundi, Eritrea, Somalia e Su.dan, altri dieci Paesi dell'Africa sub-sahariana e cioè Angola, Etiopia, Lesotho, Liberia, Malawi,

garantisca la sicurezza alimentare. Ma è difficile che essa si concretizzi se nza prima raggiungere una certa stabilità politica all'interno delle comunità più povere nelle quali il concetto di Stato che si assuma l' onere di coordinare l'attività economica, garantendo ai propri cittadini almeno la copertura dei bisogni più elementari, viene soffocato dalle rivalità tribali che si tramutano spesso in

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spa\·entosi massacri o ppure da dittature o da o li garc hie più o meno sanguinar ie c he ignorano le necessità delle popolazioni.

La comunità internazio nal e s i fa carico di interv enire per tentare d i sanare le si tua z ioni più disperate quando ormai è troppo lardi, agendo so lto la spinta d e ll'emotività creata dai media c he riferiscono fatti taJmel}t e g r avi da non poter essere ignorati.

Vogliamo padare delle guerre civili in Angola, in Mozambi co, in Cambogia, n el Salvador, in Nicaragua? O vogliamo p arlare di quanto è accaduto nella ex Iugoslavia, in Ruand a e, prima ancot'a, in Soma li a?

Abbiamo ass i stito per me s i e addirittura per anni pressoch é impass ibili a orribili carneficine, a gue tTe civili, a ve ndette tribaJi, fornendo spesso, noi cosiddetti Paesi civili, armi e ordigni di morte ai co ntendenti, lasciando all'ONU, che si riv ela co n il passare degli anni strumento sempre più inadeguato a garantire la pace e la sicw"e zza nel mondo, la decis ione di organizzare missioni cosiddette

Numerosi disoccupali ecuadoriani sono cosuetli a consumare il cibo nelle sc rade.

L'acquacolcura rapprese11ta oggi la so lu zione migliore per soddisfare la crescente richiesta di prodotti ittici nel m ondo.

umanitarie quando la situazione è di venuta ormai irreparabile.

Tali missioni sono costate somme non indifferenti alla comunità int ern azionale e hanno richiesto spesso pesanti tributi di sangue , come è accaduto durante i nostri interventi in Somalia. Laggiù, come altrove, l'invio di contingenti militari per ristabilire la pace si è spess o ri ve lato fuori t e mpo massimo e inconcludente.

Per assicw-are, n ei limiti d e l poss ibil e, la pacifica convivenza inte rnazionale è quindi necessario preliminarmente garantire ai Paesi più pov e l"i o meno fortunati , del terzo mondo o in via di sviluppo, un pugno di riso , un po' di farina, e acqua potabile per impedire che la ge nte muoia di fame o che i bambini, denutriti, siano facile preda delle epidemi e e delle malattie che li mi etono a milioni.

Non bastano p er il raggiungimento di tali sc opi i programmi che la FAO ha elaborato nei s uoi cinquant'anni di v ita o, nella più b e nevo la delle ip o t es i, non so no più su fficienti.

«Un contesto econom ico e sociopolitico - si legge nella sintesi di uno degli innumerevoli documenti tecnico-informativi elaborati dagH esperti d e lla FAO -più orientato all'elimina zio l'le della insicurezza alimentare e della in s ufficiente alimentazione, ovvero, i n altri tennini, vo lto ad assicurare il cibo per tutti, dovrebbe includere:

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• adozione all'irrterno dei Paesi di sistemi politici pluralistici e a larga partecipazione popolare, nei quali i Govemi siano disponibili e responsabili nei confronti della popolazione;

• uso di mezzi pacifì.ci da parte dei Go11erni per risolvere i conflitti intemi e quelli con altre Nazioni;

• destinazion.e da parte del Governo di risorse là dow i 1nercati operano in modo insufficiente, se questo è necessario per il corretto funzionamento dell'economia e della società;

• liberalizzazione dei mercati nazionali e inlemaz.ionali, affinché le risorse vengano utilizzate globalmente per massimizzare il Livello sostenibile e il tasso di crescita dell'attività economica;

• una maggiore partecipazione a livello nazionale e internazionale all'individuazione degli aiuti per awne11tare la produttività e migliorare l'accesso agli alimenti della popolazione indigente, riducendo cosi il divario tra ricco e povero».

Capita raramente di leggere un condensato eli proposte tanto vacue quanto ipocrite, presentate con il linguaggio paludato della d.iplomatia, per indicare traguardi irraggiungibili.

Lo scontro frontale tra i Paesi aderenti alla NATO e quelli del Patto m Varsavia è stato evitato per effetto della saggezza e della paura e la pace tra le grandi potenze sembra ormai ben salda Ma a quale prezzo?

La comunità internazionale deve evitare che una nuova catastrofe colpjsca l'intero pianeta: Ja fame, la denutritione e le malattie.

Non sa rà facile perché anche i Paesi più ticchi, quelli cosiddetti industrializzati, ai quali si attribuisce un maggior tasso eli civiltà, sono angustiaLi da diversi problemi, quasi tutti di natura economica. Quelli della vecchia Europa soffrono per il travaglio che deve portarli inevitabilmente ad essere, almeno sotto certi profili, entità unica. I Paesi dell'Estremo Oriente che hanno economie più salde

ma prospettive non sempre rosee, come del resto gli Stati Uniti d'America, debbono impegnarsi in interventi di nuovo genere Aver delegato le Naz ioni Unite a risolvere, con ricorrente tergiversazione, le emergenze sempre

più incombenti che nascono nei Paesi in via di sviluppo a(QjLu daUa fame, non significa certo che i potenu del mondo sotlovalutino g)j effetti di tali emergenze, di cui essi stessi, per molti versi, sono causa.

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L'obie ttivo pri11cipale del program m a

• New Creen Revolwion voluto da l Covemo indiano

è quello di incre me lltare la produ zio ne agricola

lf Segretario Genera le dell'O N V, Bo wros Chali, ed il Segretario Ge nerale della FAO, Jacques Diou{.

Comadi ne cines i spulano cereali dopo tm raccolto

Essi sanno p erfettamente che i programmi el aborali dalla FAO nei s uoi cinquant'anni di vita, q u ando non si sono rive lati un fallimento, hanno dimos trato la loro inadeguatezza a modifi c are tragi che realtà locali, spesso, questo va riconosciuto, imm od i ficabili.

Del resto la FAO, organizzazione tecn ica delle Naz ioni Unite, non potendo esercita re un'azione politica neil'ambito dei Paesi nei quali attuava ed attua i propri interventi, non era in grado di mettere sulla strada maestra le economie locali per quanto riguarda l ' in cremento delle ri s or·se alimentari.

Agli esperti deila FAO , s emmai , va r improverato di aver elaborato piani e programmi di assistenza e sviluppo che n on hanno tenuto conto delle sèarse o nulle r isorse dei P aes i destinatari , programmi che sono rimasti incompiuti o sono stati portat i a termine grazie ai finanziamenti che hanno messo definitivamente in ginocchio gli stessi Paesi.

È a tutti noto e quindi non è necessario soffermarsi più di tanto su questo argomento, che le lobby economiche internazionali hanno abbondantemente lucrato laddove fossero richiesti investimenti produuivi, cioè in zone suscettibjJj di sfrutta m ento agricolo, con l'ulilizzazione ad libitum delJe risorse boschive e di quelle del sotlosuo lo, gara ntendo iJ potere a quei regimi, spesso militari, che consentissero loro di operare senza tener conto, o tenendo conto s olo in maniera irrilevante, dei b is ogni delle popolazioni indi g enti e affamate.

Lo sfruttamento indiscriminato del suolo per effetto di quella che fu definita la «rivo luzione verde» cominciala negli Anni '60, ba avuto come risultato immediato un incremento notevolissimo del rendimento dei campi: aumentando solo del 25 % la superficie coltivata a grano in alcune aree asiatiche si è ottenuto il raddoppio d ella produzione. Nel 1990 l'India , si legge in un rapporto della FAO,

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ha prodotto 50 milioni di tonnellate di frumento su una superficie di 23 milioru di ettari Con il rendimento del 1960 avrebbe avuto bisogno di 40 milioni di ettari di terreno in più. Ma l'utilizzo generalizzato di sementi migliorate si è tradotto in un impoverimento della base genet ica delle varietà di grano e di t'i so coltivate. Nel rapporto si legge ancora: «Il patrimonio fitogenetico ha fatto registrare pesanti manomissioni. In Cina nel '49 c'erano 10 000 varietà di riso. Nel '70 ne erano rimaste solo mille Perdita di varietà Loca li di patata. e di avena, orzo, Lenticchie, cocomero, pomodoro e grano sono sta te denu11ciale in Cile

In altri Paesi si sta. rendendo necessario L'espiai/lo delle colture per tentare, con nuove, di recuperare i livelli di produttività. Si stanno cosl rimpiazzando le varietà di riso locale, di mais e (rutta in Malays ia, nelle Filippine e in Thailandia come in Uruguay e in altri Paesi andini)).

In a ltri rapporti si sottolinea con preccupazione il progressivo inquinamento delle risorse idriche disponibili. Ma quali controlli vengono esercitati, anche ad opera delJa FAO, per impedire che in certe aree dell'America latina, dell'Africa e del Medio Oriente si arrivi, per esempio, ad irrorare con pesticid i , diserbm;tti, e d altri prodotti per quaranta volt e a stagione una co ltivazione di pomodori, con i l risulato di diffondere parassiti resistenti ad ogni trattamento?

Anche sotto il profilo della prevenzione il compito della FAO fa registrare la cune non indifferenti tanto è vero che i programmi dell'organizzazione sono contestati da alcun i movimenti internazionali mentre trova sempre maggiori consensi l'azione del Fondo Tnternazionale per l o Sviluppo Agricolo (IFAD) che, specia lmente in Africa, aiuta i piccoli contadini con sovve n zioni e crediti.

Questi e gli altri aspetti negativi emersi durante l'esame delle problematich e relative alla fame

Giovani operaie vietnami te depo11gono delle piantine in alcuni canestri per il trasporto.

L'elwm-Le povertà delle favelas brasiliane costringe i suoi abitanti a cercare il cibo 11elle discariche di rifiuti urba11i.

nel mondo , andavano sottolineati per poter valutare meglio il s ign ificato del Ye1·tice mondiale sull'alimentazione che si è aperto alla presenza del Papa, di quarantuno Capi di Stato e di trentatrè Primi Mini stri, Vertice che ba approvato un documento dal titolo «Dichiarazione di Roma sulla sicurezza alimentare mondiale».

In tale documento, dopo aver ribadito il diritto di ogni persona di aver accesso ad alimenti sani e nutritivi ed aver g iudic ato i ntolJerabile che centinaia di milioni di persone soffrano la fame e muoiano per denutrizione, i Capi di Stato e di Governo che lo hanno so ttoscritto, rilevato che i conOilli, il terrorismo, la corruzione e il de-

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grado dell 'ambiente contribuiscono notevolmente all'insicurezza alimentare, si impegnano:

• a garantire un contesto politico, sociale ed economico atto ad eliminare la povert à e ad assicurare una pace duratura;

• ad adottare politiche ed interventi partecipativi e sostenibili per la produ zione alimentare,

l'agricoltura, la pesca, le foreste e lo sviluppo rurale;

• a prevenire e ad essere preparati ad affrontare ·Je catastrofi naturali e le emergenze provocate dall'uomo e a provvedere alle necessità alimentari temporanee ed urgenti;

• a promuovere la distribuzione e l'utilizzo ottimali degli inve-

stimenti pubblici e privati per favorire l'agricoltura e le altre attività economiche.

I Capi di Stato e di Governo si sono impegnati, altresì , ad appoggiare per renderlo esecutivo il piano di azione del Vertice mondiale sull'alimentazione.

Tale pi ano, in sette pLtnti, stab ilisce Ltna serie di interventi mi-

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rati alla elimi n azione delle enormi sacch e di povertà e denutrizione esistenti nel pianeta.

Un imp eg no p es ante , un programma amb i zioso, il Piano d'azio ne. Ma a n c h e l'enunciazion e, attraverso il lin guaggio morbid o della diplomazia, dei diritti fondamentali dell'uomo. Ci vorranno anni, anzi dec e nni (se non interverranno altri motivi dilatori) prima di an-ivare in prossimità d e l traguardo segnato dal Vertice romano. Sarà n ecessario, soprattutt o , che molti di quei Paes i che per il loro ordinamento politico navigan o fuori delle acque d ella democrazia e che , come gli a ltr i, hanno sottoscritto il Piano d 'azione, comincino per primi a rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla libertà, alla sicurez za e alla sopravvivenza delle loro popolazioni.

Ci sono poi altri temi di fondo , che vanno affrontati attraverso un dialogo sereno e realist ico, sui quali è necessario fare chiarezza per sgomberare il terreno da ogni ostacolo. P er ese mpio iJ controllo dell e n ascite, anche se Giovanni Paolo Il, n e l messaggio di apertura dei lavor i del Vertice, ha escluso che l'incremento demografico possa essere considerato una concausa della fame nel mondo; per esempio la necessità di porre fine a ll 'em bargo che paralizza l' economia di alcuni P aesi e crea gravissimi stati di tensione in aree geografiche part icolarmente delicate, con il rischio di coinvolgimento, in eventi bellici di estensione e durata imprevedibili, di altri Paesi. Senza dim enticare, come ha autorevolmente rilevato il P residente della Repubbli ca Oscar Lui gi Scalfaro, che «la fame non si vince da sola, né, una volta vinta, do11a da sola all'uomo libertà e dignità»

I Paesi in via di sviluppo non potranno far molto affidamento su ll 'intervento delle Nazioni Unite per veder risolti i loro problemi e potranno contare solo suJle iniziative del l e organizzazioni

non govema t ive di volontari c h e operano senza secondi fini ma con m ezzi limi tati

Nemm eno la FAO , visto il progressivo impoverimento dei contri buti versati dai Pa esi ricchi, è

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Operai s irim1i conse1va no sacchi d i cereali in 1111 m agazzi11o a Damasco

Co ntadin o impegnato nell'araTura di zm cam po. Si Il Oti iu lonta ua n za la uorevole emsi011e del terreno

I nco ntro tra co11tadin i boliv iani per l'esa rne di nuove varietà di p atate.

in grado di operare con efficacia per fronteggiare la fame. ll Segretario Generale zione, il senegalese Jacques Diouf che è Lm ingegnere specializzato in tecniche agricole lo sa perfettamente ed è per questo c he ha organizzato iJ Vertice di Roma. Almeno sul piano formal e e diplomatico è riuscito nel suo intento.

Ma i delegati dei Paesi in via di sviluppo, specialmente quelli africani ed asiatici che banno seguito con particolare attenzione l'interminabile sequenza degli interventi dei rappresentanti dei Paesi ricchi , sono tornati a casa piuttosto delusi.

Marco Tullio Cicerone che era un augure, in una delle tante letr tere al suo amico Attico si chiedeva come mai quellj che esercitavano 1a sua stessa arte, incontrandosi per via, non scoppiassero a ridere.

Per i responsabili dei Paesi più sviluppati, a cominciare dal nostro, il problema della farne nel mondo va preso invece molto sul

serio. Gli effetti della immigrazione selvaggia ed incontrollabile (perché non si vuole controllarla) o l tre a dar vila ad una società multirazziale, crea una serie di inten·ogativi suUa sicurezza interna oltre a quelli, appena indicati, sulla sicurezza internazionale.

Entro i nostri confini si stanno diffondendo da anni nuclei clandestini di estremisti arabi che usano il nosLro Paese quale base logistica per le loro azioni terroristiche. Un pericolo da non sottovalutare.

Fuori dai confini l'Italia è chiamata, sempre più spesso, a fronteggiare emergenze di carattere umanitario, o a garantire il rispetto della pace.

È forse arrivato il momento di prendere iniziative per evitare di continuare ad essere in pochi a fronteggiare emergenze che interessano tutti.

c
o
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Giomalis ta

di Ornella Rot a .,,

Algeri. Un a distesa di edifici un tem po candidi, para b oliche e terr azze e panni n ciel o è u n'infinita opalescen te. S e l a prima volta ti avvi cini p er nave l'impatto è immedi ato, p resumibilmente definitivo: o l a ri fi u ti subito, o dell'Algeria non ti libererai più. Terra di agguati e l ealtà mortali, splendida e crude le, umiliata ed eroica. Fu la frontiera meridionale dell'Impero romano; oggi vi si g iocano i destini del Maghreb (in arabo, «l uogo dove tramonta iJ sole»), de l Mediterraneo, dell'Europa meridionale. Chi vincerà, ci si chiede. Sarebbe forse p iù corretto, a lmeno per l'immediato, formu l are la doman d a sul se ci sarà un vincitore. «Questo è il nostro Paese, può esse1'e vinto ma non assoggettato»: con egua le determinazione lo dicono tanto i combattenti laici q u anto i combattenti islamici. E i delinquenti comuni sono la sol a merce di cui ci sia dovizia su l mercalo.

Il 70 % de ll a popolazione (24 milioni) h a meno eU 25 anni. In ogni abitazione vivono - medi a ufficiale - 7,7 persone. Per costnùre una casa occorrono più o meno 8 anni Nel bilancio annuale dello Stato, il deficit equival e alla metà degli

Il gruppo di Paesi del N ordafrica dove continua, in un clima di lacerazione collettiva e indiv i duale , la strisciante sfida tra l'identità arabo-musulmana e il desiderio di godere dell'efficienza e delle libertà dell 'Occidente . Il tutto in un quadro di crisi generalizzata che investe la politica, l 'economia, la cultura e la religione .
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introiti, il pagamento del debito estero assorbe il 75% deUe entrate del petrolio (12 miliardi di dollari). L'importazione dei gened agro-alimentari raggiunge i 2 miliardi di dollari, nonostante gli ettari coltivati a cereal i siano quasi 2 milioni e mezzo, e oltre 2 milioni di quintali gli agrumi prodotti stùle coste. I.:industria è attiva al 50% delle sue capacità. In ogni settore, nes s uno escluso, il «mercato parallelo>> (chiamiamolo cosl) è importante almeno quanto quello ufficiale. L'indic e di disoccupazione varia dal 20 % al 40%, a seconda deUe fonti. Ne] recente studio «Algeria 2005 >>, l'Istituto di Studi Strategici Globali, composto da economisti di differenti opinioni politiche, prevede per quell'anno il 50% circa di abitanti in più e le riserve di greggio così assottigliate da non escludere la necessità di importarne. Per

con t enere la disoccupazione aJ 20%, fin d'ora si dovrebbero, ogni anno, garantire 240 000 posti di lavoro (il massimo, lOO 000 , si raggiunse nel peliodo immediatamente successivo all'indipend enza); e, per mantenere a 7, 7 il numero di persone per abitazione, costruire 107 000 alloggi (nel '93, le nuove case furono 30 000).

Il referendum di fine novembre '96 ha approvato la riforma costituzionale proposta dal P residente, Generale Lamine Zeroual. Le opposizioni contestano recisamente le percentuali sia degli elettori alle urne (80%) s ia dei voti a favore (85%). Adesso la massima carica ha poteri anche legislativi, esiste una seconda camera corporativa per un terzo dj nomina presidenziale, 11slàm è proclamato religione di Stato nonché requisito indispensabile per assurgere aUa presidenza. AJ contem-

po, l'arabo diventa unica lingua ufficiale e sono proibiti i partiti di matrice religiosa, o regionale, o linguistica. Una situazione che rende ancora più remote le già fievoli speranze di compromessonon certamente con cl:U uccide bestemmjando il nome dj Allah, ma con le formazioni islamiche moderate - e acuisce il risentimento delle comunità berberofone.

Almeno due popoli infatti coesistono, si impastano e si azzuffano (ognuno fraz ionato, scisso, sudruviso, mobile) in questa terra dove la t<:èntazione dell'estremo è pratka quoliruana: arabi e berberi. PresumibHmente di scendenti dalle tribù autoctone del Maghreb fin dall'antichità mischiate con flussi migratori proveruenti dall'Egeo e dal Medioriente -e non mai comp le tam ente sollomesse né dai romani, né dai barbari, n é dagli arabi, delle cui civiltà con-

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Isola di Djerba, T!misin: 11ella pagina a fìa11co , tipiche costntzioni del villaggio dt El May; a destra, mi11areto della Moschea della Noffe nei pressi del ,•il/agg io di Guel/ala.

divisero più che a l tro teorie in odore di eres ia - i berberi costituiscono, in Al geria, un Lerzo del tessuto sociale. Rivendicano un cparticolarismo)) con di viso soltanto in minima parte nel resto dell'area, chiedono parità eli riconoscimento ufficiale per la loro lingua cdmazigh ia », orig inari amente di ceppo camito-semitico, oggi sminuzzata in quasi 5 000 parlate diverse. Ma anche g li Im a-:,ighell (in berbero ((Uomi ni liberi ») sono, quanto gli arabi, feriti da solchi sociali, economici, politici. Kabili per lo più cosmopol iti e francofoni, shawiya dell'Aurès per lo più tradizionalisti e arabofoni. La forza di coesione sta sovente in certe confraternite sulì (mistiche) che gli islamici puri e dud cancellerebbero subi to . Il sistema uninomimale a due lumi fu a suo tempo voluto tanto dai notabili del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) quanto dai dirigenti del Fronte I slamico di Sal, ezza (FIS). Nella prima tornata delle legislative, dicembre '9 J , non votò il 4 t % degli aventi diritto; dei poco più di cinque milioni di persone che si recarono alle w·ne, tre scelsero il FIS. (La seco nda tornata, in programma per il gennaio successivo, fu annullata). Pe rfettamente in linea i risultati del '90: alle municipali i consensi al FIS arrivarono al 45,6%, astensioni del 25%; le regionali contarono il 55,04% di suffragi a favore del medesimo partito, 38,86 % gli astenuti. Di s icuro influirono i particolari cri teri con cui alcune circoscrizimù furono definite, l'obiettiva difficoltà organizzaliva, l'obiettivo problema femminile (il Codice eli famiglia approvato nel 1984 autorizza tra l'altro il volo per procw·a, esercitato dall'uomo di famiglia); ma questi elementi, da soli, non sembrano sufficienti per giustificare un tale grado dj

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non partecipazione in un popolo c he - donn e be n comprese - è politici zzato da se mpre. Un sistema fortemente proporzionale offrirebbe , nell'opinione di questo gruppo di intellettuali, un numero di opzio ni adeguato alle tante innervature dell'anima araba, di quella berbera e dell e altre minoranze, ponendo al contempo le basi per l'eventuale e lezione diretta di un Pres idente della Repubblica destinato a rimanere in car ica durante un periodo più lungo della legislatura. Spetterebbe all'Esercito, pilastro della guerra d'indipendenza dall a Francia e tuttora asse portante dell'equilibrio algerino, farsi garante della nuova dinamica istituzionale. AJIo stesso modo i militari dovrebbero vigi lare sulla corretta e integrale app li cazione dj un 'a ltra modifica fondamentale per la democraz i a: l' impegno, che ciascun candidato dovrà assumere secondo modalità giuridiche da de finire, a non strumentalizzare la religione per accaparrare voti. Rimane comunque fuor di ogm possib ile dubbio che nessuna innovazio ne potrà mai funzionare se non sarà acco mpa gnata da profonde, autentic he, riforme economiche e sociali

Nel Maghreb sunnita dalla posizione strategica determinante

So p ra e a d estra. Il {ascino di questi edifìci um isini dalle bianche mura è costiwito a11clze dal viraggio di colore delle stesse al variare della luce ambiemale.

per i destini d'Europa e d'Africa, dalle sterminate ricchezze minerarie (petro li o, gas naturale , giacimenti di sa l e, fosfati, minerali di ferro, piombo, zinco, manganese, argento) e d al le punte di analfabetismo che in certe zone raggiungono il 70%, le pos izioni radicali islamiche infatti prosperano laddove è più feroce l'insulto delle disparità soc iali e della m iseri a. Ma dedurne un rapporto di causa/effetto sare bbe quantomeno rid u ttivo, o l tre che storicamente inse nsato. Alle proteste avanza t ei n buonafede o meno - nel nome della religione , i vari governi hanno dato, dànno , risposte diverse.

La marcia verso lo spazio europeo è g ià un programma definito per Tunisia e Marocco . n processo d e mocratico sembra avviarsi solidamente ne lla Mauritania, cern iera con l'Afri ca nera Più difficile prevedere l'evoluzio-

ne della via allo svi luppo approntata da Gheddafi.

In Tunisia (poco più di 8 milioni di abitanti), ne ssun dubbio che la vita sia intrisa di Cora no. A Kairouan c'è un Centro Studi di prestigio interna z io nale; la moschea Zituna, intorno al cui nucleo si so no dipanati l l seco li di suks (tipici mercati arabi e orientali), stradine, case, è un'univ ers ità co mpleta di tre istitu ti di st udi superiori; radio e televisione trasmettono regolarmente l'appello alla p reghiera; l'inizio di ogni mese lu nare viene s tabilito in base alla visibili tà della mezzaluna, pur tenendo presenti i calcoli astronomici e affiancando, nei documenti ufficiali, le date del cale ndario gregoriano e musulmano sunn ita (che comincia dal 622, con l'egira , in arabo «emigrazione ,,, di Maometto alla Mecca). Pa ese islamico dunque: proprio in quanto

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In alto.

Le quasi 300 moschee presenti nell'isola di Djerba rappresentano l'esempio più singolare della tradizionale architettura tu n isina.

A sinistra. Dese110 del Sahara.

tale alieno dall'intolleranza e attento alla conelizione femminile Promulgato nel 1956, data dell'indipendenza, il Coelice dei diritti della persona abolì la poligamia, istittù H divorzio al posto del ripudio, emancipò le femmine su una base eli parità con i maschì. Una scelta che nell'ultimo decennio il Presidente Zine Abicline Ben Ali ha ulteriormente rafforzato, con massicce campagne di alfabe-

tizzazione e U divieto eli discriminazioni sul p osto eli lavoro e nel salario. Con i gruppi radicali islamici, il governo si è comportato con dura coerenza; sbiaelisce nei lontani Anni '80 il ricordo di alcuni attentati contro alberghi della capitale frequentati da stranieri. Nel fondo, e soprattutto in rapporto a quanto succede nel resto dell'area, il tessuto etnico/sociale tunisino ha un suo grado di orno-

geneità La presenza berbera (l'l% della popolazione) è limitata ad alcuni villaggi intorno a Djerba, a Matmata, al Nord . E la classe media, abbastanza insolita nel mondo arabo, in questo Paese è invece abbastanza forte. Nel 1997, Tunisi sarà «Capitale della cultura>>, secondo un calendario che si avviò nell985, quando Melina Mercouri propose all'UNESCO l'iniziativa delle «capitali culturali>>.

Non risponde soltanto alla filosofia della tutela di un'identità, ma è pilastro di un delicato equilibrio nazionale e regionale, quell'imperativo del «Rinnovarsi nella tradizione>>, che Rassa n TI ha voluto e imposto per il percorso di modernizzazione del Marocco

Del Corano, della Sunna (insieme di atti, moniti e considerazioni che la tradizione attribuisce a Maometto) e della relativa, imponente, gamma eli interpretazioni

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giuridico-religiose, il Sovrano, discendente del Profeta, ha conoscenza massima, tale da garantirgli il rispetto di tutti i gruppi radicali islamici, nessuno escluso. De lle dinamiche del potere proprio e degli intrecci internazionali, lo stesso Re mostra visione realista, come, per ricordare pochi esempi ben noti, dimostran o la moschea più grande del mondo eretta a Casablanca, il carcere per i capi radicali giudicati più pericolosi, i ripetuti richiami sul la condi zione femminile, la sollecitudine nel dichiarare di volere iJ rispetto dei «diritti umani», ecc.. [} tessuto etnico del Marocco (25 ruiliuni di abitanti) conosce meno traumi di quanti ne affiorino altrove. Alle rivendicazioni della propria identità, i berberi, ad esempio, che costituiscono il 40% della popolazione e vivono per lo più nel Ri[, nell'Aùas e nel Sus, affiancano sicura lealtà verso la causa nazionale, tant'è vero c h e nel 1956, anno dell'indipendenza, il 90% dei so ldati dell'Esercito erano l111a zighen, o contadini. Nella storia moderna della contigua Mauritania (2 milioni di abitanti) c'è una data, più significativa di tutte: 5 luglio 1980. Diciassette an ni or sono, La sc hiavitù fu abolita dal Comitato militare di sa lv ezza nazionale. Secondo la ((Soc ietà contro la schiavitù», ' di Londra, c'e rano «100 000 scltiavi completi e 300 000 semischiavi o ex schiavi». Sono gli harati11e. Nella medesima epoca fu ristabilita la c/zari'a (legge islamica); da allora, una sentenza di fucilazione per un assassino e tre tagli di mano per altrettanti ladri. Le autorità hanno spiegato che tali castiglù si gius tifi cano solamente se e in quanto «esemplari» del rigore sociale nei confTo nti di rei non meritori di alcuna circostanza attenuante. !:attuale processo di democratizzazione è affiancato da un'importante opera di recupero del passato, come dimostrano gJi scavi in corso a Chinguetti, Ouadane, Qualata, Tichitt, città celeb1; per g li studi islamici tra i seco li Xl e XIV.

Sopra.

lA Moschea di Sidi Okba a Kairouan in Twzisia.

A destra. Panico/are della Casbah di Algeri (Algeria).

Mauri e Neri, le cu i comu nità conobbero frizioni pesanti a fìne Anni '80, coesistono, in questa terra che per il 70% è Sahara, e dove I'imazighia è tuttora parlata dai Tuareg e da alcune tribù slanziali intomo a Nouakchotl. Le tradizioni deiJ1slàm del deserto ga rantiscono dibattilo e tolleranza. Avrebbero dawero vita difficile, qui, i gruppi radicali islamici, non foss'al tro perché certe forme di rassegnata reclusione sono impensabili per le donne di questo Paese.

Ponte con iJ Mashrek («luogo dove sorge il so le»), la Libia è il solo Stato musulmano dove il ca-

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Sopra. lmemo del Palazzo della Rosa a Matlouba in Tunisia.

A destra. Oasi di Ouadane (Maurita nia).

lendario non parta da l 622 bensl daJ 632, data c he Gbe dd afi giud ica più logica in quanto la morte di Maometto segna la fine della ri ve l azione. Di vi sa t1·a Tripoli aperta su l mare e Barka affacciata sul dese rto, popol ata per il 20 % da be t·beri co nce n t r ali specialmente nelle zo ne di Nefoussa e della Kroumirie, questa è «terra da cui par1ono i m essaggi», ha più volte affermato il Col on ne ll o. Copie del s uo «Libro ve rde>> si trovano ovu nqu e ne l P aese. «Stato musulmano, egua litario e libero in quanto tale», la Libia (quasi 4 milioni di abitanti ) rifiuta capitali smo e comunis mo e, come base legislativa, accetta so ltanto il Corano, resp in gendo l a Sunna. Esterrefa tti - nonch é spogli ati dei beni religios i in ossequio al dettame p e r c ui «l a t eJTa no n appartiene a ness uno>> - gli imam giungono pers ino a sosp ettare Gheddafi di volersi atteggiare a n uovo profeta. La risposta an;va imme-

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La desertificazione del territorio rappresenta l'ostacolo principale al pieno sviluppo d ell'eco1tomia agricola dei Paes i maghrebini.

diata, formulata con toni inequivocabili : vietato abbordare temi politici nelle prediche. Il sistema democratico è strutturato «s ul controllo del popolo da parte del popolo»: comitati e assemblee invece del parlamentarismo, perch é, sostiene il Colonnello, referendum ed elezioni posso no imporre al 49 % degli eletto r i un governo c he essi non hanno sce lto. Se nel Maghreb sono c erti metodi tradizionali di constùtazione della società araba a ispirare questa forma di democrazia «in diretta» , da noi in Occidente la straordinaria diffus ione della telematica sembra indurre , per un futuro neppure tanto lontano, suggest ioni in una direzione molto s imile. Tratlo caratterizzante d e lla politica estera della «jamahiriya araba libi ca popolare e sociaHs ta » - neologismo coniato da Gheddafi nel 19 77, al posto di joumhuriya, che s ignifica Repubblica fondata sul sistema parlamentare - è l'oppos izione agli Stati Uniti. Le rivendi cazio ni di territori geograficamente vicini alle coste arabe prendono di mira Paes i c h e sono non so ltanto membri della NATO , ma costi tuiscono punti di grande importanza strategica per il dispos itivo sul fronte Sud: l'Itali a ( Lampedusa, Si c ilia , Pantelleria), il P ortogallo (l'arcipe lago delle Azzorre e le isole di Madera ), l a Spagna ( le Canarie, il cui Mo vime nto per ]'indipendenza è peraltro riconosciuto formalmente dall ' Organizzazione p er l'unità africana, e il cui pop o l o autoctono, i guanci, sarebbe di orig in e berbera).

Si tenne nel 1988, il prim o vertice maghrebino : a Zeralda, in Alger ia , con Ha ssa n Il, Ben Al i , Gheddafi e Chad li Be ndjedid all ora Presid ente al geri no. È ancor a astratta, quell'Unione d el Maghreb arabo c h e tra i tanti ve leni a nno vera reciproci irredentism i e tra i tanti problemi co mu -

ni ne ha uno, prioritario: il dissanguan1e nt o da emigrazione.

«Su i 170 m ilioni di abitanti che, sulle coste mediterranee, nel 2025 si aggiungeranno a quelli attuali», c i ta l'«Atlas du monde arabe, géopolitique et société» ( R . B o u sta niPh , Fra gues, Pari s 1990, Bordas), «il 68% sarà nato in. un paese arabo, il 22% in Turchia e soltanto il 10% in Europa». Sulla ri va settentrionale, l'indice di increment o demografico tra il 1990 e i l 2000 varia tra lo 0,0% e lo 0,4% a seco nd a dei P aesi , su quella me-

ridionale sta fra il 2,0 % e il 3,6% . Di più: n el 2020, gli ultrasessantenni sarann o il 2 6% della popolazion e a l Nord e il 12% al Sud. Per reggere la situazione , la sponda meridiopale dovrebbe reg istrare un tasso di incremento economico del 10 % annuo. Traguardo ob i ettivamente impossib il e, sulla base d e i dati fomiti dal Dipartimento degli Affari economici e socia li internazionali dell'GNU ( «P erspectives socio-écooomiques mondiales jusqu'en l'an 2000, , New York, 1990). Nel Maghreb,

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fra il 1986 e il '90, l'aumento del prodotto interno lordo fu del2 ,7 % (pari allo 0,6% per abitante); dal '90 al2000 è del4.4% (2% per abitante). Le pressioni migratoriecomposte per il 70% di berberi, diretti soprattutto in Francia; il nostro Paese ha una presenza dj immigrati inferiore alla merua degli altri Stati europei - sono dunque destinate a continuare. Ancora secondo le analisi dell'GNU, i flussi da Sud verso Nord sono, a livello mondiale, un fenomeno inelirinabile, destinato ad accen-

tuarsi qualunque cosa si faccia per bloccarli. Non soltanto: l'Africa sub-sahariana è in conruzioni tali per cui non può che produrre migrazioni sempre più rilevanti, in primo luogo al suo interno, poi verso Nord. E il primo Nord che si offre è il Maghreb , punto di passaggio o destinazione finale. Previsioni che suscitano ulteriore inquietudine se è vero che «il centro di gravità della miseria nel mondo si sposta lentamente dall'Asia verso l'Africa>>, come scrive C. Brissel nel saggio Croissan-

ce des inégalités au Nord comme au Sud («L'état du monde 1993», Paris 1992 , La Découverte).

E se in un futuro neppure tanto lontano Europa e Maghreb si trovassero a dover gestire insieme il problema dell'emigrazione dal Sud, a cominciare dall'Africa sub-sahariana?

* Giornalista, collaboratore de «La Stampa»

D
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LA GENERALIZZAZIONE

Generalizzare, come a tutti noto, sig nifica rendere comune, diffondere, estendere. Si Uatta quindi di un bel \rerbo, corposo, attivo e insiem e propositivo di comuni cazione, quasi di socializzaz ione. Atteggiam ento quest'u ltimo c he oggi tira molto.

Possiamo pure azzardare, con modesta licenza interpretativa, che è persino in linea con le nostre stesse basi culturali che, come si sa, molto debbono all'appono ellenico. Infatti le idee, che tanta parte hanno nel pensiero platonico. altro non sono che esito della capacità di cogliere quanto vi è di comune, quindi di generalizzabile, tra i vari fatti o comunque negli esiti de l nostro processo cognitivo. Scendendo di livello, non sfuggirà che la tendenza a generalizzare è anche pane non irrilevante di quella istintualità comportamentale che ci porta a operare in econom ia di energie e di tempo. Infatti la generalizzazione delle successioni operative, in particolare di quelle gestuali che sono pane integrante del nostro vivere quotidiano, ci consente quell'automatismo esecutivo che otùmizz.a i risultati pur in riduzione d'impegno. Ma tuuo questo non comporta necessariamente che le cose vadano nel senso gius to , che è poi il senso da noi desiderato, dato che, come insegna l'esperiema, gli es iti de ll a nosu11 tendenza a generalizzare p011a· no spesso a situazioni non valULabilì positivamente. Neppure con tutta la buona vo lontà. Ciò accade quando forziamo al succitato prowido indirizzo l'esito di analisi alquanto frettolose e quindi plive del supporto di casistica sufficientemente nutlita. Per cui capita abbastam.a frequentemente di constatare che le conseguenze negative di generalizzazioni affrettate sono più vistOse di quelle positive di generalizzazioni più sagge e meditate. Ne abbiamo dovizia di esempi in politica e in ogni altro setto r e della nost111 vita sociale e cul tLn'ale. Senza dilungarsi in esemplificazioni. basterà ricordarne le etichettature, i comportamenti e le conseguenti radicalizz.azioni negli assunti e negli atteggiamenti da queste indotti. Sono processi che nel tempo tendono fisiologicamente a consolidarsi fino a divenire convinzioni profonde. Convinzioni di cui si accettano gli esiti più di quanto non ci si preoccupi di analizzarne le cause. ln sintesi: una generalizzazione affrettata, sia essa prodotto di superficialità di analisi o di anificio tauico adottato per competere, porta sempre a rigidità Anc he vistose. I militari, almeno qui da noi, sono tradizionalmente vit· Lime elettive di questa anomalia comportamentale. Non sempre per atteggiamento preconcetto, ma perché poche altre categorie sono capaci di fornire gallerie cosl ricche di stereotipi. Forse questo nel passato aveva motivazioni concrete e anche vistose, ma il tempo ha sensibilmente modificato la situazione. In genere in meglio.

Ciononostante gli stereotipi, quelli legati al concetto d i caserma e di tendcn?.a a forme di autoritalismo, sono rimasti. Ques t' ul timo probabilmente è molto più spesso auspicato che te· muto, data la nazionale inconscia tendenza a delegare a gente forte e decisa , o almeno supposta tale. il peso delle decisioni e delle responsabilità. Anche personali. Sono situazioni di difficile rimozione, nonostante il lodevole e molto professionale impegno degli Stati Maggiori. Infatti, quando uno l>1ereotipo è ben radicato nella storia e nell'esperienza, soprattutto entra di dirillo in quella che chiamiamo memoria collettiva. Diventa allora difficilissimo r imu ove rl o, anche in presenza di esiti fTeschissimi di personali espe rienze in senso opposto. Ed è cosl c he le generalizzazioni, c non so lo quelle riguardanti la collettività in uniforme, U'aScorrono dai luoghi comuni e dai componamenti occasionati all'ambito delle sopracitate rigidità culturali stabilizzandosi nella mentalità , abitudini e anche nel linguaggio. Si potrebbe azzardare, rimanendo nel mondo militare, che molto probabilmente le difficoltà d'integrazione con l'ambiente est erno, più che da obiettività di situazione, sono origi-

na te da quanto sopra illustrato. Per c ui si deve mestam e nte convenire che la gen eralizzazione, di cui pur si è positivamente annotato in ape rtura, non sembra operare in senso favorevol e al la gente in uniforme Ma fosse solo questo il danno si potrebbero sicuramente trova re validi antidoti per riu scire nel tempo a smantellare quanto negativament e maturato a disdoro. Ma alrra minaccia più sottile e perversa si cela nelle dilatazioni in licenza interpretativa del termine in questi one. Per meglio inquadrarla flessibi le e adattabile l' idioma anglosassone, induce pel' cooptazione eli successo a qualche licenza a nc he nel nostro più rigido e strutturato linguaggio. Si tratta di qu ella c aratteristica tipica della lingua inglese che consente il tran sit o a radice e spess o anche a desinenza invariate dal sostantil O all 'agge ttivo , all'avverbio e soprattutto al verbo.

Ciò pu ò apparire linguisticamente poco elegante, ma non se ne può negare il notevole ausilio nell'allestimento e nella semplificazione delle proposizioni. Ed è proprio da quanto precede che è venuta l'audacia lessicale di allargare lo spettro d 'interpretazione de l nos tro • generalizzare » agganciandosi al significa to di alto grado della gerarchia militare presente nel suo sostantivo origine. Incoraggia in tal senso anche l' indirizzo sempre valido ad arricchire l' at\uali\à di un linguaggio mediante .l'adozione di neologismi. Via obbligata ques t'tùtima per dare individualità linguistica all'originalità delle innovazioni indotte dal travolgente progresso in ogni settore dell'umano operare. Si è voluto pertanto arricchire il verbo in questione allargandone l'ambito a significare quella conquista che, amplian do a dismisura con accort o strumento legislativo il numero dei GeneraH , ha consentito la trasformazione in cilindro di quella che ori ginariamente era la piramide gerarchica delle nostre Forze Armate. Cilindro , come dicono alcuni , tronco di cono come osservano più prudentemente altri. In ogni caso si tratta di un cilindro deformato ben lontano dalla perlezione di quello della magistratura, dato che quest'tùtima tale figura geometrica è strutturale e non prodotto di hasformazione in iti11ere. Per il militare invece rimane piramid e per lutto il momento attivo e diventa cilindro o tronco di cono che dir si voglia solamente in uscita. Comunque sia, si è voluto co n questo pur tardivo provvedimento assolvere un ' esigenza di gius tizia , poiché la piramide è molto larga alla base ma si assottiglia po i verti g inosamente (ino a diventare puntiforrne a l vertice Da cui molti i chiamati e sempre meno gli eletti. E questa n on è cosa buo na e giu s ta o lt.re a violare lo spirito stesso della par Infatti la gratificazione di pochi non compensa la de lusio n e e a vo lte anche l'animosità e rancore eli molti. Per fortuna il po lit ico veglia. La sua missione istitutiva è infatti quella di dispe n sare agli ele ttori effetti vi e potenziali benessere e sicurezza o anche solo molil'o di gratitudine. Non sarebbe difficile, almeno nel mondo m i litare raggiungere tale obiettivo se ci Fossero sufficie n ti risorse da elargire: il quattrino è sempre stato tradiziona lmen te la miglior panacea In tal caso non sarebbe stato necessa r io trasfomJare la piramide in cilindro ma solo scollare la retrib u zione dal gra d o legan dola all 'anzianità di setvizio. Ma come sappiamo è soluzione poco praticabile, non solo per mancanza di r isorse ma perché nel· l'ambito del pubblico impiego non si può dare a uno senza scontentare molti altri . Le reazion i a catena non sono monopolio della fis ica nucleare. Bisognava quindi escogitare beneficio non reclamabile da altri e che pur implicando dei costi li trasferisse comunque in chiusw·a di carriera. Ma il beneficio doveva privilegiare anche l' immagine, pur solo virtuale, dato che come elice il noto adagio: comandare è meglio che fare altre cose comunemente consi derate molto piacevoli. Allora? Bene, in altri ambiti ha molto giovato la promozione nomina le delle funzioni assolte, specie se modes te. per cui, a esempio , il netturbino è diventato operatore ecologico, il fattorino, operatore di esercizio e cosl via infiorando Sfortunatamente non si può promuovere a medico il ponanùno , la legge non lo consente Ma nessuna legge vieta che un Uffic iale divenIi Generale L'unico ostaco lo è rappresentato dal numero chi u so. Ma questo , imposto da problemi eli ordinamento e di bil ancio, re -

gola so lo ii numero in setvizio, nu ll a dice in merito a l dopo. Da cu i la folgorante intuizione: se li promuoviamo in uscita non s iamo vincolati dal numero chiuso, no n si Fa d a nn o all'l stitu zio ne e , dato c he non vesto n o p iù l'unifom1e, non s i dà neppure ne ll 'occhio Quindi tutti felici e, t u tto somma to, p u re a buon mercato. Qualcuno h a obiettato che si rischia di scontentare que!Ji che per ragioni di carrie r a concl ud ono nel grado eli Colonnello Niente paura: a costoro inviamo la • greca » a domicilio il giomo dopo e a costo zero per l'Amministrazione Cosa si può volere eli più. Ma non basta ancora, è doveroso occuparsi anche eli quelli ch e hanno concl u so prima che fosse adottato il prowediìnento in questione, possiamo ]asciarli senza la gioia dell'ambìto traguardo? Nessun prob lema. A parte le promo:z.ioni in ausiliaria e in riserva che già generosamente provvedono, introduciamo il grado onorifico a richies ta per ch iun qu e possa dimostrare qualche bellico anche se fugace trasco r so A dire il vero il fatto di essere onorifico andrebb e dichia rato in apposizione e non potrebbe essere esibito in se d e radun o o a l tra p ub blica occasione. Ma chi se ne accorge se lo fanno, dato che ogg i greca e aquila di Generale, anche dorata, rap presentan o la mi g li or garanzia eli mimes i nelle s u cc ita te circos tan ze . E d è cos ì accadu to c he in età in cui di nonna si aninge la pace dei sen si, grazie a illuminata e lungimirante normativa è arr ivata anc he la pace d' im magine. Anche se si deve ammettere che questa nuova realtà pr esenta qualche aspetto non del t u tto positivo. La • genera li zzazione• appiattisce gerarchicamente creando, a esempio , in am bit o UNUCI non poclti problem i d i precedenza e d'iden ti ficazione Pe r non parlare poi dell'a u tentico ca taclisma che si verificherebbe in caso di mobilitazio ne Fortu natamente si tratta d'ist it uto oramai soppresso. E poi l'i n fastidito m ugugno de i Genera li veri che vedono svalutato nell' immagine il loro fat icoso maturato. Per non parlare delle poss ib ili clisi d'identità prodotte d a q uesta metastasi ordinativa in coloro che , incontrandosi nel nu ovo look, s i sentono costrelli a costruire lì per Il u n tr ascorso virt u ale in greca. Non va infine tTasc ura ta la d istors ione d'idee indotta ne ll a civile co ll ettiv it à dall'abnorme prese nza d i Ge n era li e Ammiragli qu iescenti in merito alle rea li dimension i de ll a Forza Annata da cui provengono e la conseguente possibilità d'illusoria convinzione di avere ancora tanto da tag li a r e. C'è chi dice, ma probabilmen te solo per provocazione, che è stata autorevolmente rappresentata l'oppon unità di scambiare ord inamento e denominazione tra la Direzione Generale Pe rsonale Ufficiali e il dipenden te Ufficio Generali. Ma a patte queste per egJ·ine cons iderazioni bisogna serenamente amm ettere c he in ogni caso il positivo prevale sul nega t ivo È dettato umano , se non divino, perseguire l'omologazione de!Ja felicità e gratificaz io ne ind ivid u a le anche ne!Ja vita t errena. Quindi cosa di megli o di un provvedi me n to diretto a tale scopo che costa poco e non so lo d ura nel te mp o ma supera la stessa esistenza te1rena deg li interessa ti . I nfatti, le a d orabili consorti di cui è statisticamente gene r al izza t a inco nsolabi le sopravvivenza, anche se vulnera te ne ll a reversi bil e da fi n a n zia1'ia crudele, a !J'a tto del passaggi o del testimone potTa nn o forse trovar e efficace contrappunto nell a consapevolezza che il decoro de l ra n go ne l mat tu·ato finale sarà a loro n-asferiro se n za riduzioni.

l VOLONTARI PER L'ESERCITO

La missione che l'Esercito italiano sta svolgendo in terra bosniaca ha ancor più messo in luce l'importanza di disporr e di reparti di pronto impiego, ben armati ed equipaggiati e , soprattutto, composti da militari in servizio volontario.

Una cosa è certa, per una ser ie concomitante di fattori e di effetti, il termine «volontario» è entrato a pieno titolo nel lessico più ricorrente delle Forze Armate.

È in atto in tale contesto e nella sua fase iniziale un vero e proprio cambio generazionale e organizzativo, si è in piena «rivoluzione c u ltural e»

n conce tto di un Esercito di trecentomila uomini tutto di leva, di quella leva el emento dominante ed

irrinunciabile della democrazia nazionale, dal 1992 è andalo rapidamente dissolvendosi, così come si è dissolta la «minaccia» a Nord-Esl, polverizzandosi in mille rivoli di conflittualità interni ed esterni, «in area e fuori area».

P repotente nel panorama nazionale ecco farsi strada in questi u l timi due anni il concetto di vol ontario, di «professionista de lla guerra».

Scopo di queste brevi note è quello di dar corpo a questa 6-

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LEGGE N.958/1986

- vo lontari in ferma prolungata (VFP) -

ze da contrapporre ad eventuali minacce sul fianco Sud dell'Alleanza Atlantica. Oggi queste forze si sono drasticamente ridotte e sono state ridislocate in tutta la Penisola per il d ecade r e d ella «Minaccia» e la s ua parzializzazione in molteplici situazi oni conflittuali.

Gli altri fattori che incidono fortemente su]Ja situazione in atto r iguardano la continua riduzione del gettito delle classi di leva e , con essa la con testuale affermazione di forme sempre più ampi e di «evasi one» dal servizio mi li tare, legate a possibili provvedimenti di legge sull'obiezione di coscienza e, più in generale, sulla istituzion e del servizio civile n rischio che il servizio di leva si riduca sempre più, sia per quanto riguarda la consistenza nume1ica degli uomini alle armi , sia p er quanto concerne la sua durata , è quanto mai evidente ed immanente.

gura, identificarla , delinearla, tracciarne lo sviluppo al momento attuale e nel futuro.

Si vuoJ mostrare cosa si è fatto e si sta facendo; come è partito l'approccio formativo che trova in questo momento particolare il riscontro e la verifica nei fatti, in ciò che si sta attualmente realizzando e/o si andrà a realizzare.

Per tracciare un piano di sviluppo di questa sintetica analisi, verrà fatta una disamina delle motivazioni poste alla base dei provvedimenti in atto, quindi ci si indirizzerà verso l'esperienza del reclutamento per poi esaminare J'attivHà addestrativa ed infine gli sviluppi futuri d'impiego sia in ambito militare sia in quello civile , facendo anche un rapidissimo cenno ad un provvedimento che prima o poi sarà gioco forza prendere , cioè quello di

ap1ire le Forze Armate alle donne. Qu este potrebbero rappresentare il complemento e/o il cou1pletamento di un reclutamento che, allo stato attuale , non soddisfa pienamente sul piano numerico.

LE SFIDE

La realtà politica e militare oggi in Italia è profondamente mutata. Esigenze che prima sembravano irrinunciabili e provvedimenti difficili da attuare sono stati ormai superati da un quadro di Iiferimento compl etamente diverso.

In questo quadro entra in primo luogo la mutata situazione strategica di contr a pp osiz ion e dei blocchi che richiedeva, per la parte di nostro interesse specifico, la disponibilità di ingenti for-

A tutte queste cause concomitanti si è aggiunta la particolare congiuntura internazional e che ha visto moltiplicarsi le tensioni ed i focolai di crisi. In tale contesto, assurge ad importanza sempre maggiore la tendenza al controllo e/o alla gestione delle crisi da parte non solo dell ' ONU, ma anche di gn.tppi di potenze che si aggregano per contribuire a lisolvere le situazionj di conflittualità che, sempre più numerose, intense e virulente, si manifestano in molte parti d el mondo. In tale quadro l'Italia ha sempre dato un contributo di forze da proiettare «fuori area». Tali forze impegnate nella gestione e n el controllo di conflitti è opp ortuno non siano costituite da personale di leva.

La molteplicità e la concomitanza di fattori nuovi intervenuti prepotentemente dalla «caduta del Muro» in poi ha sollecitato le forze politiche, sociali e militari italiane a rivedere il concetto di Forze Armate basate comp l etamente s ulla coscrizione obbligatoria. Trop p e limitazioni si con-

FIG. 1
2annanrui· .. __..._ .5 anni (L n. 386192) IS" giomo ISO• giorno RECLUTAMENTO 300° giomo subordinata caporale al 3° mese caporal maggiore al 7" mese Sergente al J4• mese o al24•mese di servizio solo SeJ_"genti concorso dopo 3 anm e6 mest dal reclutamento
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trappon e vano a tale forma eli servizio , mentre esigenze eli immagine, di politica internazionale, eli r ealtà sociale ed occupazionale pos tulavano un nuovo modello, un diverso approccio al problema militare.

A questo punto necessitavano forze limitate, ben equipaggiate e preparate, pronte ad essere impiegate in qualsiasi mbmento e in qualunque area del mondo e, nel cont empo, idonee anche a garantire l'obiettivo fondamentale della difesa del territorio nazionale

Da tutte queste considerazioni è emerso prepotente e con creto il termine «volontario».

Esso s i contrappone alla cultura deUa coscrizione obbligatoria e tende a sostituirsi ad essa offus candone il significato finora vivo e presente nell ' opinione pubblica.

Elemento che rappresenta la s oluzione dei problemi attuali de lle Forze Armate ed il cui inserimento permette eli vivificarne l' immagine Naturalmente le rivoluzioni, anche se rapide, comunque necessitano eli una certa gradualità per non avere risultati dirompe nti e negativi.

Nell'attuale momento il modello completamente professionale non è ancora accettato e praticabile e pertanto si pensa eli far ricors o ad una organizzazione militare mista eli soldati di leva e volontari I primi pronti ed addestrati per costituire una riserva da impiegare e / o da mobilitare, i secondi da impegnare nella formazione di aliquote eli forze da proiettare con immediatezza là dove richiesta all'Italia dagli impegni e dagli accordi internazionali ( «peace-keeping, peaceenforcing» ).

IL VOLONTARIO: FIGURALEGGI-RECLUTAMENTO

Come in precedenza accennato , i mutamenti che stanno coinvolgendo la realtà italiana hanno spinto fortemente le Forze Armate ad orientarsi verso il pro -

CAPORALMAGGIORE CAPO SCEI.J'O FIG. 2 (dopo 5 anni)

CAPORAI. .MAGGIORE CAPO VSP

(max 16.722 un.) ..,. (dopo 5 anni)

CAPORAL MAGGIORE SCEI.J'O {fino al 56' (dopo 5 anni) anno ili età)

t • CAPORALMAGGIORE ( all'immissione)

4 ' anno di F.B. solo per l VFB_presceld

CAPORAI. MAGGIORE ( max 23.000 un.) ..,. (dopo 18 mesi)

CAPORALE VFB (dopo 3 mesi) {3 anni di ferma)

SOLDATO

CUR>\ COM l\OSSlONE TECNICA lNTERMlNISTEIUALE PRESSO MD:

·FORMAZIONE GRADUATORIA

• RIPARTIZIONE IDONEI PER E.L ·M.M. A.M. E LORO PREDESIGNAZJON'E PER F.P O AURE AMM.

E.I. l M.M. ( n.2 ) l A.M. l cc l G. di F. l P.S. l P.Pcn. l C. P.S. W.FF. CENl'R.I SEUZIONE ( IO)

PRE.SELEZIONE CllJ.TURAJX • ACCERTAMENn DI IQONI!ITÀ PSICO ·l'lSICA • ATlTIUDlNAl.E

A CURA COMMISSTONE TECNICA INTERMINlSTEIUALE PRESSO MD: l

• VALUTAZlONE DOMANDE .RJPAR1lZJONEASPIRAN11PE.RC!ASCUNCENTilODISEI.EZJONEASECONDADESilNAZIONEFU11JRARICHIESTA

DOMANDE AJ:DM O CAPITANERIE PORIO CONlNDICAZIONlPREFERENZA

Tncursori del Reggimento «Col Moschin»

fessiornsta militare lasc1ando pur viva un'aliquota eli soldati eli leva, indispensabile alle esigenze funzionali e di difesa interna del territorio.

Ma come deve essere questo professionista militare? Da dove emerge la figura del volontario? n Decreto Legislativo del 12 maggio 1995, n. 196, entrato in vigore il primo settembre dello stesso anno , ha definito ex novo la figura del volontario che già es isteva nel· l'ordinamento militare con la denominazione eli «volontario a ferma prolungata» (VFP) previsto dalla Legge 958/1986 (Fig 1).

Per questo nuovo volontario è stato stabilito un duplice status:

• eli «volontario in ferma breve» (VFB ), che può restare in servizio per tre anni;

• di «Vo lontario in servizio permanente» (VSP), in servizio fino a 56 anni

Inoltre è stata definita l'entità di tale personale, complessivamente circa 40 000 uomini eli cui 23 000 VFB e 16 722 VSP (Fig 2).

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PER ASSEGNAZIONE lNlZIALE (P.A.) l E DOPO FERMA (F.A. O F.P. ·AUREAMMINISTRAZIONI) · l BANDO ALL'ANNO (cn:rADlNI 'IRA 17·22 ANNI. COMPRESI GIOVANI AllE ARAli)
. .
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IVOLONTAJUDITRUPPA

Esistono due categorie di volontari di truppa: i Volontari in Ferma Breve (VFB) e i Volontari in Servizio Permanente (VSP).

l. Volontari in ferma breve (VFB)

a. Cosa è la ferma breve. È una ferma:

-volontaria (ovvero occorre presentare una apposita domanda);

- ha u na durata di tre ann i ;

- consente di assolvere gli obblighi di leva dopo 24 mesi di servizio prestato quale VFB;

- Prevede un impiego prevalentemente «operativo».

b. Chi può diventare VFB.

Possono diventare VFB i militari in servizio di leva obbligatorio che:

-presentino apposita domanda, entro il 15° giorno dalla data di incorporazione, presso i RARIBAR di appartenenza;

- siano celibi o vedovi e comunque senza prole;

- posseggano il diploma di istruzione secondaria di l 0 grado;

- non siano incorsi in proscioglimenti da precedenti arruolamenti volontari dalle Forze Armate, o Corpi Armati dello Stato;

- non siano incorsi in condanne per delitti;

- posseggano un proft.lo sanitario non inferiore a quello necessario per svolgere le funzioni di «comandante di minore unità» ovverosia coincidente con quello del grado di Sergente (2, 2, 2, 2, 2, 2, 2, 2, 2);

-risultino in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente in materia. Possono, inoltre, diventare VFB anche i giovani che non hanno ancora assolto agli obblighi di leva facendo domanda al proprio Distretto Militare (età minima 17 anni- età massima 22 anni) quando vengono emanati appositi bandi.

c. Cosa offre la ferma breve .

Sviluppo di carriera

Un VFB può diventare:

- Caporale, non prima del compimento del 3° mese dall ' incorporazione.

- Caporal Maggiore, non prima del compimento dell8 ° mese dalJ ' incorporazione.

-Possibilità di proseguire la carriera militare nel servizio permanente.

l VFB , dopo due anni di ferma, possono partecipare ai concorsi per diventare volontario in servizio permanente (VSP), cioè per avere:

. un rapporto stabile e continuativo fino al 56° anno di età;

. un trattamento stipendiale uguale a quello degli appartenenti al ruolo degli Appuntati e di Carabinieri.

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Inoltre, tutte le specializzazioni che possono essere assegnate ai VFB trovano corrispondenza in una qualificalpromo professionale dell'ordinamento civile (D.M.12.12.1990, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 58 del 09.03. 1991 supplemento ordinario n. 19). Sulla base di tale equiparazione tutti i predetti volontari, all'atto del congedo, ricevono un diploma che attesta la qualifica professionale e la specializzazione acquisita.

d. Cosa dovrà fare il VFB

Coloro che vogliono diventare VFB devono prima di tutto superare un addestramento severo e tale da renderli impiegabili anche all ' estero in missioni di pace. D loro impiego sarà prevalentemente «Operativo» ed in Unità costituite da soli volontari. In tale ambito, potranno svolgere anche corsi particolari quali ad esempio:

- aviolancio con paracadute;

- mobilità ambientale (montana ed anfibia);

- fucili e re scelto.

La fase di selezione ed istruzione iniziale sarà compiuta in uno dei tre Reggimenti della Scuola Allievi Sottufficiali : ill7° Reggimento <<Acqui» in Sora, 1'80° Reggimento «Roma» a Cassino ed il 235° Reggimento «Piceno» in Ascoli Piceno. Dopo la promozione a Caporale (fin e del terzo mese) i VFB passeranno alle Scuole d ' Arma per il corso di specializzazione e successivamente, conseguito il l o liveDo di operatività, saranno inviati alle unità di impiego.

e Come si cessa dalla ferma breve.

Formazione di elicotteri multiruolo • AB 412» dell'AVES.

Per la prima volta, quindi, nell'ordinamento militare s i è introdotta una figura nuova, r i voluzionaria anche rispetto al vecchio prototipo di vol ontario che poco o nessun contributo aveva fino a questo momento portato all'efficie nza delle Forze Armate , il volontario in ferma breve prima ed in servizio permanente dopo tre anni di servizio.

Si è passati quindi a reclutare il personale in un primo tempo

Un VFB termina il suo servizio una volta ultimata la ferma triennale. Peraltro, durante la stessa può essere prosciolto :

-a domanda ;

-d ' autorità;

-d ' ufficio.

2. Volontari in servizio permanente (VSP)

D ruolo è alimentato dai Volontari di truppa in ferma breve che, se idonei e dopo aver effettuato i vari tirocini previsti, vi sono immessi con decorrenza dal compimento del quarto anno di servizio a partire dalla data di incorporazione. IJavanzame nto al grado superiore avviene automaticamente al compimento del quinto anno di permanenza in cia scun grado. Sono previsti i seguenti gradi:

- 1° caporal maggiore;

- caporal maggiore scelto;

- caporal maggiore capo;

- caporal maggiore capo scelto.

GRA DO

DA A

1° Caporal Magg. Caporal Magg. Scelto

Caporal Magg. Caporal Magg. Sccho Capo

CaporoJ Mn&g. Coporal Magg. Capo CapoSc.elto

solo dai militari di leva appena incorporati (dopo il 15° giorno di servizi o militare), per poi passare agli inizi de l 1996 ad ins erire anche giovani provenienti direttamente dai c ivili.

Al l o scopo di poter adeguatamente ricevere, selezionare, verificare ed addestrare i volontari, ad un primo Regg i me n to (1'80° Reggimento «Roma»), che già svolgeva tali compiti, sono stati affiancati altri due «RAR » (Regg imenti Addestramento Reclute): 17° Reggimento «Acqui» di Sora e 235° Reggimento «Piceno» di Ascoli P. , tutti dipen-

S :umi di anzianità nel grado

S anni di anzianità nel gmdo

dent i dal l a Scuol a Allievi SottufficiaJi di Viterbo.

In tale con t es to il problema di fondo s i è rivelato quello di selezionare giovani propensi ad accettare la vita militare, di conferire loro la g i usta motivazione garantendo nel contempo un'occupazione.

n costituire tre reparti idonei a verificare l a qualità dei coscritti ed a farne emergere le aspirazioni ha rappresentato ed attualmente rappresenta un elemento determinante ed irrinunciabile di filtro per svolgere un'attività seria e professionale vol ta a pro vo-

RUOLO VO LONTARI DI TRUPPA I N SE RVIZIO P ERMANENTE PROGRESS IONE DI CARRJ ERA
FORME DI AnZJamlil Anziani
Anzianità REQUISITI
\A
S anni di servizio
9 1

Totale 1364

care quella selezione, e per dare alla For za Armata personale che dovrebbe rappresentare la base su cui fondare un nuovo sviluppo in grado di proiettarla verso un futuro nel quale le sfide precedentemente enunciate saranno sempre più concrete.

Nei diagrammi liportati nelle figure 3 , 4 e 5 s i può desum ere la qualità scolare degli aspiranti ed il tasso di selezione operato dai RAR (si è nell'ordine di oltre il 56%. Su l 364 recl utati dei blocchi dall'ottavo al dodicesimo dell'anno 1995, 614 sono risultati idonei i rimanenti 750 si sono persi per rinuncia, inidoneità psico-fisica, non idonei al corso).

Da tali schematizz azioni si può evincere come, allo stato attuale, il livello degli aspiranti volontari sia molto buono ma non altrettanto elevata sia la loro predisposizione ad affrontare un tipo di impegno e di vita dalle connotazioni molto specifiche e peculiari.

n concetto posto a base dell'attuale approccio al reclutamento e selezione dei volontari è quello di avere giovani professionalmente preparaLi, motivati e pronti ad impegnarsi in qualunque circostanza e situazione, che costituiscano l'elemento portante di quelle unità di pronto impiego da utilizzare in operazioni al di fuori dei confini nazionali per il mantenin1ento della pace e la salvaguardia della sicurezza internazionale.

L a grande percentuale di giovani che rinunciano al primo approccio con la realtà dei RAR si manifesta nella prima settimana dall'afflusso e coinvolge quel persona l e con scarsa conoscenza d ell'ambiepte e delle attività militari, poco motivato e con elevata propensione al posto di lavoro statale.

I.:analisi delle cause che hanno provocato un numero così elevato di rinunzie ha portato a postulare una forte esigenza di pubblicizzazione di q u esto nuovo reclutamento. Vi è necessità

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RECLUTAMENTO MFP Provenienti dai RAR di leva dopo il 2JO giorno ANNO 1995 (8° - 12° Blocco) • Airumàatan Dimessi moiM psico lisio N.l Fteq. Corso RECLUTAMENTO MFP ANNO 1996 (1° - 3° Blocco)
VFB MFB
FIG.3 FIG.4
92 SCOLARIZZAZIONE DEI VOLONTARI FIG. 5 400 350 300 250 200 ISO 100 so o Licenza Media Diploma Qualifica Prof. 400 3SO 300 2SO 200 ISO 100 so o J• Blocco 2• Blocco t• Blocco u • Blocco t 1• Blocco 10•
• Idonei Dimessi per psico fisio • Amnciatari Nl. Freq. Corso
Blocco 9° Blocco s• Blocco

ACCESSO ALLE AMMINISTRAZIONI STATALI E PUBBLICHE

l VFB hanno la possibilità di accedere, ultimata la ferma triennale senza demerito, ad un'aliquota di posti riservati nell'ambito dei concorsi, previo superamento delle relative prove, per le Amministrazioni Statali e Pubbliche in misura non superiore al:

6 oOfc

dci posti messi a concorso per l 'arr uolament o dei 0 miUillrl di t ruppa nell'Armll del Carabi nieri e nel Corpo della Gu1trdia di Fl n a nu.

6 OOfc

dei p osti messi a co ncorso per l 'assunuo ne degli O Agen U d el Corpo Forestale dello S t a t o.

5 oOfc

dci posti da coprire annua l mente media n te con· 0 c:orso ncl ruolo degli ;\genti del Corpo di l'oli:zla PenittiWar!a.

4 oOfc dei po.nl disponibili ndlt categorie del ruoli dell e 0 lavorazioni del servizi generali delle maest l'lUIU del \ 1lnistero dcll a Difesa.

3 5 o;. dei p osti d isponibili nel concorsi per l 'ammissione 0 ne lla Polizia d i S t a t o e n el Corpo del VlglU d el Fuoco.

TRATTAMENTOECONOMUCO DEIVFB

PAGHE MENSILI

SOLDATO lire 1.000.000

C APORALE lire 1.200.000

CAPORALMAGGIORE lire 1.400.000

2 OOj0 i.o quello degli operai delle Amministrazioni d ello

dci posti disponibiLi ne l ruolo degli im p iega ti ed

Sta t o. d cl le Regioni e dell e Provln c:le, nonché d ei Comuni superiori a 150.000 abit an t i.

l· ' posti di Impiego c:Mle nelle Amministrazioni dello Sta t o riserva ti al Sottufficlali e ris ul tati >11c:an t l.

Le domande di partecipazione ai predetti concorsi devono essere presentate entro 12 mesi dalla data di collocamento in congedo, pena la loro decadenza.

di far co noscere ai giovani la realtà del servizio come vol ontario nelle Forze Armate. Bisogna rendere edotto il possibile candidato su cosa s ignifichi effetti· vamente senrire in armi i l Paese, qua li i temp i , l e possibilità, gli impieghi, le specializzazioni , le opportunità, il trattamento economico , la progressione di carriera, gli sbocchi professionaJi nello stesso ambito militare e nei gradi di Sottufficiale ed Ufficiale o ppure nella vita civ ile ed ancora negli a ltri Corpi Armati dello Stato (Carabinieri, Po li zia,

PRENDO DI CONGEDAMENTO

PARI A D UE VOLTE

V ULTIMA PAGA P E R C EPITA

P E R OGNI ANNO

(o fraz ione di anno sup eriore a 6 m esi)

DI SERVIZIO PRESTATO

(es . ferm a trienn a le = lire 8.400.000)

Finanza, Corpo Forestale, Polizia Penitenziaria).

L'attività promozionale e di propaganda qu in d i è fondamenta le . Se si vuo le interessare u n a m pio bacino di recl u tamento lo si deve informare, sollecitare, rendere edotto con tutti i metodi possi bili. Natura lmente t u tto c iò è d i spendioso e cos toso, ma non se ne può sottova lutare l'incidenza e l'ininunciabi li tà. Lo dimostrano chiaramente le specialistiche e capillari orga n izzazioni messe in atto da Nazioni (Stati Uniti, Inghilterra... ) c he o tmai da

lungo tempo hanno introdotto il professionis ta militare n ell e loro Forze Armate. La disseminazi one eli agenzie e eli personale speciali zza t o n e ll a propagand a e nell'arruolament o in tu tto il Paese è il l o r o pu n to d i forza, oltre che l'u tilizzo di m oderne tec ni c he eli marketing p er «vendere» al m e· g li o il «prodotto».

Tutto questo deve essere preso in considerazione e al più presto se si vog li ono raggiungere gli obiettivi che le Forze Armate si prefiggo n o con il Nuovo Modello eli Difesa e con l'approvazio·

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ne d e l D.L. s ul «riordino dei l'lJOIi, modifica delle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze Arma t e». Ciò soprattutto alla luce dell'ipotesi di incremento sostanziale del reclutamento dei vo l ontari, vo lu to fortemente dal M inistro della Difesa e che prevede per il l 997 l'in c orporazione di .L 1 517 VFB e 5 200 VSP sempre c h e i giovani r ispondano positivamente ed in blocco ad una tale co n sistente chiamata.

Per al tro con un incremento così improwiso e grande di vol ontari, bisognerà s i curamente prevedere la costituzione di un quarto e forse anche un quinto RAR, la cu i co ll ocazione, vista l'attua le posizione di quelli già funzionan li , dovrà gravHare sicuramente al Nord Tale prowedimento ol tre che per motivi di carattere funziona l e trova giustificaz ione anche nella ricerca della possibilità di coinvolgere ed invogliare a li spondere a l reclutamento a n che i g i ovani del Nord

Bersagliere della BrigaLa «Garibaldi» in allività di pattugliam ento.

(attualmente la stragrande maggioranza degli attuali volontari incorporati appartiene al CentroSud ). Naturalmente a questi giovani bisogn e rà assicurare anche una collocazione in r eparti dislocati nella loro area di provenienza, ad esempio alpini.

LA F ORMAZ IO NE

Il momento più delicato, importante, qualificante per il giova ne volontari o è que1lo della formazione, d ell 'ad destramento

Tale attività deve essere prevista e programmata con cosc ienza e scrupolosità, senza la sciare nulla al caso. L'improwisazione deve essere bandita.

È importante che gli istruttori e/o Comandan li s ian o sce lti e motivati, c h e abb ian o la consapevolezza di ciò che stanno facendo e come lo devono fare.

P er il volontario tutto è addesn·amento dalla «sveglia al silenzio)), Proprio per questo tu no deve essere organizzato e programmato per lo scopo che ci si prefigge.

L a qualità delle attività deve essere sempre tenuta presente in ogni momento della giornata e nella programmazione da parte degli istruttori. Bisogna essere ben consapevoli di saper fornire a questl giovani, che rappresentano iJ futuro prossimo della Forza Armata, le conoscenze di base e fondamentali, insegnare loro i comportamenti indispensabili a sapersela cavare in autonomia (da soli) ed in ogni circostanza indipendentemente dall'Arma, dalla Specialità o dal Corpo Logistico di appartenenza. Una volta formato l' indi viduo se ne sviluppa n o le conoscenze specialistiche assegnandogli un incarico e indirizzandolo verso le scuole di specializzazione

I prin cìpi sopra enunciati sono stati posti a base per la rior-

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ganizzazione dei Reggimenti Addestramento vo lontari di Cassino, Sora e Ascoli Piceno e per la formulazione dei programmi addestrativi di bas e e di specia li zza7.ione.

Di grandissima rilevanza è stata l'attività svolta fino a questo momento dai tre Reggimenti sopra menzionati e dalle scuole di specializzazione delle Armi e Corpi Lo g is tici nella «fase i strutt iva di base)). Questa prevede appunto tre mesi di attività presso i RAR e minimo otto settimane presso le scuole di specializzazione nell'incarico assegnato.

P iù in particolare l'obiettivo c he ci si prefigge con il vo lontario: quello di fargli acquisire un incarico polifunzionale, caratterizzato da un a più ampia gamma di impegno e specializzazione rispetto al militare di l eva (ad esempio il mortaista volontario non è solo caricatore o puntatore o Comandante di squadra o addetto al tiro, ma è tutto insieme, cioè è in grado di assolvere a tutte le funzioni sopra descritte).

Tale obiettivo viene raggiunto attraverso :

• una prima fase dj attività presso i Reggimenti Addestramento Reclute, ove viene svolto al primo mese un addestrame nt o di base, al secondo un corso di specia lizzazi one all'impie go operativo (il cui superame nto è indispensabile per acqwsire lo status di vo lontario) ed al terzo un corso Caporali inserito nell'attività di addestramento individ uale al combattimento (AIC).

Tale fase si conclude con una esercitazione continuativa di tre g iorru fuori sede ove vengono riprodotte tutte le condizi oni che potrebbero presentarsi nella realtà militare ed operativa;

• una seconda fase di addestramento di specializzazione, di almeno due mesi presso le scuole d'Arma/Specialità/Corpi Logistici, per il perseguimento d ello scopo di qualificare il personale ad assolvere presso le Unità/Enti d'impiego tutte le

funzioni connesse al proprio incarico di base.

Corre l'obbligo fare un cenno particolare a ll 'o r ganizzaz i o n e d elle istruzioni presso i R eggimenti per l'addestramento dei volontari. La delicatezza ed importanza di tale fase addestrativa postula una estrema oculatezza nella programmazione e n e lla co ndotta di tutte le attività. In tal senso l 'improvvisaz ione, la su-

Sottuffìciale del gmppo tattico «Susa» i11 addestramemo al combattimento in ambienti boschivi.

operative, in possesso di requisiti ben precisi (Serg. Magg./Maresciallo, Comandante di minore unità dell'Arma B ase, istnttlore dei corsi di ardimento, esperienza in missioni ope rativ e c/o attività addestrative all'estero, atlitudine all'insegnamento, motivazione morale e professionale).

Tutto questo è ormai giunto, dopo diversi aggiustamenti e perfezionamenli, a fornire iJ rendimento ottimale ed a produrre un volontario consapevole delle sue capacità e possibilità ed in grado di sapersi muovere ed operare in q ualsiasi situazi one e/o momento

perficialità e la supponenza sono bandite a favore di una seria costa nte e concreta diuturna programmazione ed applicazione dell'attività addestrativa.

D pericolo della banalizzazione delle istruzioni dovuta al l oro ripetersi ciclico e d im.nlutabile viene superato con l'utilizzo di personale mot ivato , indottrinato e co nsapevole del compito che sta assol ven do e co n il far affluire ai RAR, a turni predefiniti, Sottufficiali aiuto istruttori, dall e unità

operativo che lo solleciti e per le competenze specifiche che gli sono richieste.

Quindi in sintesi la formazione di un volontari o deve essere concreta, completa, equili brata e seria, impartita da Quadri motivati e preparati che hanno la co nsapevole zza di formare un individuo indispensa bile alla funzionalità della Forza Armata che potrà rimanere per tutta la sua vita lavorativa sia come volontado in servizio permanente sia

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come Sergente in sel'"VlZIO permanente sia come Maresciallo e, perché no, anche come Ufficiale, se ha le capacità di utilizzare tutte le p ossibilità offerte di transitare da un ruolo all'altro della gerarch ia militare.

Nel parlare del Nuovo Mod ello di Difesa e del servizio militare vo lontario, non si può fare a meno di dare un rapido cenno a l servizio in armi delle donne. n Ministro della Difesa l o ha ripetutamente richiamato neiJe sue dichiarazioni ed ha manifestato la volontà di introdune questa ulteriore «rivo lu zione» n e l le Forze Armate. I tempi sono ormai maturi: l'Italia nel settore è buona ultima tra tutti i Paesi NATO e non. P erò prima d i partire per questa <<nuova awentura» si ritiene estremamente necessario che il sistema di reclutamento dei volontari, al suo stadio iniziale, sia ben rodato e sedimentato. Le donne potranno e dovranno essere il naturale complemento per incrementare e migl i orare la componente professionistica, ma con un po' più di calma e di sedi mentazione di nuove esperienze in questo momento di radicali cambiamenti.

CONCLUSIONI

Con le considerazioni che si sono andate sviluppando nel corso di questo breve e forzatamente conciso contributo, per delineare la figura del volontario, si è tentato di fornire anche utili e concrete indicazioni su quelle che sono le disposizioni di legge in materia. Una sorta di guida, di propaganda, di indirizzo, di indottr-inamento per tutti coloro che desiderano conoscere qualcosa dj più sui vo lontari.

Una cosa è certa, con il reclutamento in atto e l'inizio delle attività addestrative dei primi volontari in servizio permanente nella storia dell'Esercito italiano, si è giunti al momento di non ritorno. Le Forze Armate stanno

facendo il loro primo concreto passo verso il Nuovo Modello di Difesa. I volontari rappresentano ormai una realtà ed il futuro con il quale ci si dovrà confro ntare. Proprio per questo moti vo essi devono essere scelti, selezionati, reclutati con mo lta attenzione ed oc ulat ezza. Non ci si potrà permettere di accettare a «Scatola chlusa» chiunque manifesti l'intenzione o la vol ontà di senrire in armi la Nazio n e. Chi vuole intraprendere questa via deve essere ben consapevo le del passo che sta compie ndo e d i c h e spessore e peso sarà l'impegno in un m estiere molto partico lare e peculi are quale quello d eiJe armi.

Ormai le Autorità politiche si sono ampiamente pronunciate verso Forze Armate a costituzione mista (leva e profess i onisti) ove però i mmtad professionisti,

cioè i volontari, tendono ad assumere un ruolo sempre più dominante.

Già le direttive minjsteriali parlano di significative e determinanti in corporazioni di personal e per il prossimo 1997 (11 517 VFB e 5 200 VSP) oltre alla possibilità di ampliare il reclutamento dai militari di leva alle armi dal 15° giorno al 120° e forse anche al 240°. Tali prowedimenti, volti a dare un concreto segno di cambiamento nella concezione delle Forze Armate italiane ed a reclutare perciò più volontari possibili, devono però rappresentare comunq u e so lo un momento di reclutamento. Sempre e comunque deve essere irrinunciabi-

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Bivacco diumo durame un 'auivirà di pa1111glia.

Fase di una lezi011e di tiro in poligono con arma di reparlo «MG 42/59».

le la possibilità di verifica delle capacità, asp i razioni e vocazione dell'aspirante futuro volontario, con il suo passaggio attraverso l'iter individuato ed ormai ben rodato , naturalmente con gli adattamenti dovuti ad esperienze militari già maturate.

n concetto infom1atore del reclutamento e della formazione di tale personale deve essere quello che, sia pure per un solo giotno, tutti devono passare dalla «Casa

Madre>>, devono poter respirare l'aria di serietà, di passione, di impegno che emana dai. RAR. ll «marchio di fabbrica» deve essere inequivocabil e e instillare quella professionalità c he dà la certezza nell'impiego e nelle azioni e che deve essere il «biglietto da visita» delle Forze Armate in ogni luogo ed in qualsiasi momento operativo.

Un'ultima notazione prima di concludere queste considerazioni. Si parla di volontari uomini e donne (forse questa è la volta buona che il «gentil sesso» entri anche in Italia nella militarità), si cerca di accelerare i tempi per costituire un «nocciolo duro» di personale professionista militare, si sta già operando in tal senso: ma due cose ,essenziali bisognerà assolutamente prevedere, pena il decadimento di tutti gli attuali sforzi:

• un'attività promozionale dei reclutamenti specifica, mirata e capillare, organizzando dei centri che possano informare, recepire, indirizzare e perché no anche compiere le prime operazioni di reclutamento;

• una riconfigurazione infrastrutturale più idon ea a sostenere tra qualche anno le esigenze di volontari in serv izio permanente, che avranno bisogno di una struttura per vivere, di centri e organizzazioni di assìstenza una volta che anche loro avranno formato una famiglia ed avranno dei figli. Bisognerà prevedere la possibilità concreta di reillserimento nella vita civile per coloro che non vorranno proseguire nella professione militare. Qu est'ultima esigenza s i potrà realizzare dando una valenza tecnica e ufficialmente riconosciuta nella società civile alle specializzazioni che il volontario potrà acquisire nelle Forze Arma te.

D
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L'avvento del sistema automatizzato di Comando e Controllo permetterà ai Comandanti di alto livello di gestire direttamente e pienamente l'azione tattica. Si avrà finalmente la fine delle deleghe, ma sarà anche . necessano rivedere composizioni e strutture dei Comandi, compiti degli organi di collegamento e ruolo di molte funzioni tradizionali.

COMANDO E CONTROLLO DELL'AZIONE TATTICA

di Filippo Salvati .;,

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L' unitarietà dell'Azione Tattica (A.T.), e quindi la necessità di un sistema di Comando e Controllo parimenti unitario è sempre stato un assioma che nessuno ha mai osato mettere in discussione.

Thttavia, questa conclamata unitarietà, a volte addirittura spacciata per unicità, è sempre stata ben !ungi dal realizzarsi.

Infatti, i supporti tattici, con la loro comp lessa specificità, difficilmente si prestavano ad un inserimento organico nell'A.T., in pianificazione e soprattutto in condotta, che andasse al di là di un coordinamento più o meno efficace.

Coordinamento spesso macchinoso, per non dire improbabile, svolto attraverso una serie di strumenti (scansioni temporali, intese e accordi, zone per gli schieramenti, linee di rispetto, zone di gravitazione del fuoco. etc ) che, in effetti, mascheravano una parola molto semplice: delega.

Il Comandante responsabile dell'A.T. delegava ai subordinati Comandanti delle Unità di supporto tattico l 'orgaruzzazione e, sostanzialm e nte , l a condotta delle rispettive Unità, «contando» sull'efficacia delle misure di coordinamento citate.

In realtà, l a delega era ben più ampia e faceva sl che ogni livello combattesse solo la «propria» battaglia, ponendo vincoli e limiti e fissando gli obiettivi per il livello imm ediatamente subordinato.

Questa realtà era sopravvissuta sin dall'antichità e aveva generato la ancora prese n te strut tura ordinativa, «ad albero», di tutti gli eserciti.

Quindi, cosa imp ed iva al Comandante di seguire istante per istante l'A.T. e intervenire a ragion veduta, ben avvertito delle potenzialità tecnico-tattiche di tutte le «pedine» al le sue dipendenze?

• Motivi quali la citata complessi tà d'impiego e tecnica delle diverse specialità hanno, nel tempo, generato atteggiamenti

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cu ltur ali di settorialità e di «riservato dominio», anche nel corso e al temline di studi militari superiori;

• la vastità dell'area interessata ali'A.T. e la cronica scarsa disponibilità di supporti, notoriamente molto costosi, ne imponeva un imp i ego sostanzialmente accentrato, nelle mani, però, del Comandante d'Arma;

• le comunicazioni erano estremamente complesse e le frequenze ripartite per settore d'impiego, con bande di sovrapposizioni molto strette;

• l'«interfaccia» tra le specialità, l'unica possibile, la carta topografica, risultava inade guata alla comprensio ne immediata dei vincoli imposti dal terreno alle varie Armi, al punto da ri-

chiedere carte specifiche, quali la carta carrista o, addirittura, per gli artiglieri, la carta «cieca e muta», cioè la carta per il tiro ridotta al solo reticolato geografico; • la carta delle informazioni, distinta, nota ben e, da quella della situazione, era destinata a specialisti.

Così, il Comandante, a cui veniva a mancare una efficace «scacchiera» su cui giocare l a sua «partita», appariva, almeno in esercitazione, quasi un ospite di riguardo, cui raccontare, col co ncorso di tutti, a fine giornata, l'accaduto.

Sto usando il passato prossimo perché l'evoluzione in atto, di cui mi accingo a parlare, è tale che in poco tempo quanto descritto sarà un ricordo.

Oggi la «Scacchiera» esiste, ed esistono gli strumenti di comunicazione che permettono al Comandant e di ricevere informazioni in tempo reale da tutte le «pedine » a s ua disposizione e di far giungere a tutti direttamente i suoi ordini.

Lo strumento, artefice principale dei mutamenti che stanno avvenendo sotto i nostri occhi, è l'informatica.

Così , al Comandante sono offerte tel eco municazioni digitali e una cartografia numerica, ovvero, una carta geografica <<co mputerizzata» che, in ogni suo punto, «ha memoria» della quota, pendenza, natura deJ terreno , coordinate geografiche e UTM del punto stesso: tutti dati ricavabili , peraltro, anche dalle normali carte tascabili.

Questi dati sono leggibili , utilizzabili , ed elaborabili a mezzo di particolari programmi di gestione.

Unitamente ai programmi cartografici in senso stretto vi è poi una massa importante di altri programmi informatici che Enti diversi, secondo varie prospettive e specifiche finalità, hanno elaborato, o sono in via di realizzare, anche, e soprattutto, in una ottica di integrazione con analoghi programmi alleati.

Va peraltro notato che oggi la «Compa tibilità » - presupposto per l'integrazione - è solo un fatto di linguaggi e codici, cioè un fatto solo di volontà. Ma l'aspetto importante tra alleati non è «parlarsi» bensì «capirsi», essere cioè i n grado, per banalizzare, o di ,usare, tutti, il sistema metrico decimale oppure usare sistemi djversi ma disponendo di tabelle di conversione Ovvero , non solo linguaggi comuni (compatib ilit à fisica) ma soprallutto, se non dottrine comuni. sicuramente conoscenza profonda delle dottrine alleate (compatibilità lo gica).

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SeltSori Radar Co11tro{uoco (RCF)

Centro Corre/aziolle Dati di u11 Gruppo di Artiglieria (CCD:GA )

I programmi precedentemente cita ti permettono dalla semplice misura di distanze, al calco l o delle zone battute e non battute per pezzi e cariche diverse (il calco lo delle traiettorie è effettuato col metodo Runge e Kutta di lontana «memoria torinese» e tiene anche conto del bollettino m eteo), al calcolo di tempi di percorrenza su strada e terreno vario, manovra degli osser\'atori e degli schieramenti, dislocazione ottimale di ponti radio, simu la zione di volo per DRONE , richiamo automatico sugli obiettivi più pelicolosi , calcolo di zone viste e non viste, ot-

ticamente e magneticamente, ordine di battaglia, entità. tipo e rapporti dj forza in una data area, etc

È evidente l'enorm e i mpatto che la disponibilità di u n simlle strumento avrà tra breve sui Comandi e sui Comandanti a tutti i livelli, tale da lichledere adeguamenti sostanziali che andrebbero , almeno alcuru, awiati quanto plima possibile, o, quanto meno, ten u ti ben presenti, per evitare «Sorprese» e «meraviglie» future, dannose quanto costose.

Proviamo a immaginarli.

Innanzi tutto, si avrà finalmente la fine delle deleghe , perché il Comandante disporrà di tutti i dati tecnici e tattici per gestire a ragion veduta e direttamente tut-

te le principali pedine a sua disposizione.

Così il Comandante non dovrà e non potrà più limitarsi a chiedere , per esempio, agl i artiglieri di «mettersi in grado di sostenere lo sviluppo dell'azione durante le fasi (ipotizzare) A, B e C dell'Azione », cercandos i gli scrueramenti neJle zone assegnate , utilizzando gli itinerari tra queste possibilmente esistenti, verificando (quando?) le limitazioni d ' impiego e superandole (come?).

Esercitazionj perennement e svolte negli stessi poligoni, sempre uguali a se stesse, predisposte da t empo e provate più volte ce lo impedirebbero, perché irrimediabilmente atrofizzati.

Allora il Comandante potrà (e dovrà) verifi care, anche personalmente , tutto ciò a priori , ma in

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tempi strettissimi, simulando più situazioni e preve dendo e pianificando soluzioni alternative.

L'utilizzo di questa massa di dati richiederà conoscenze non settoriaU agli Stati Maggiori Cioè si avrà sem p re più l' esigenza di Ufficiali di staff e Comandanti che sap pi ano concepire la manovra tattica non solo in termini di lisultati complessivi da conseguire, t enendo d'occhio solo, o principalmente, l'Arma Base, ma sappiano leggerla ed interpretarla su ll a base di tutti i parametri che vi concorrono.

Oggi, che i nostri stu di superiori sempre più decisamente si stanno or ientando ad u n 'ottica interforze, se non, come sarà inevitabile, interalleala, si rischia di

creare un divario b en difficilmente colmabile tra questa e la preparazione, sostanzia l mente d'Arma, impartita Eino a li vello corso di SM.

Allora, appare necessario riesaminare attentamente l'iter formativo dei Quadri, affinché questo permetta loro di acqu isire una conoscenza piena delle pos-

sib ilità e dei criteri d'impiego di tutte le ArJTii.

Reclutare dei laureati sembra un imperativo sempre più inevitabile, per non caricare l'Esercito di costi alti e impropri, come prevedere un tempo breve (in Accademia?) per conferire una preparazione militare a carattere esecutivo ( umil e) e un tempo più lungo per impartire le nozioni

Sensori: un Mini RPV Mirach 26 in fase di decollo, sotro, e in fase di atterraggio, a destra, al termine di una missione.
102
..

Seu sori: particolare dell'i111emo della s ra:.iolle di Comaudo e Co ntro llo delle missio11i del Mini

RPV Mirach 26. professionali atte a formare un Ufficiale completo, super-A r ma. La differenziazione sicuramente necessaria, meglio, la specializzalione, non dovrebbe essere conseguenza del diverso corso di Applicazione (da mantenere?) ma della laurea di provenienza.

Alle Scuole d'Arma andrebbe riservato il compito di formare i Quadri tecnici ai m i nori li ve li i.

Non sembrano profilarsi grandi mutamenti ordinativi a basso lh ello, in quanto la specificità dell'addestramento tecnico va mantenuta e salvaguardata, insieme a tradizioni e spir i to di Corpo facili ad essere dissipaci, difficili e lunghi da costruire.

Ma, certamente, vanno riviste le composizioni e le strutture dei Comandi, gli Organi di Collegamento , molte funzioni tradiziona l i.

Per esempio. appare verosimile immaginare Comandi ampiamente parcellizzati in cellule molto diradate e ad elevata intercambiabilità, no n p i ù MAI N e SOST ma una struttura funzionale ed efficace fino a che rimanga in vita l'ultima ce ll u la, secondo i princlpi dell'intelligenza artificiale (reti neuronali).

Se poi consideriamo che, in un recente «Seminario » tenuto presso la Scuola di Artiglieria, si è dimostrata praticamente la possibilità di fornire dal livello C.A. i dati di un obiettivo ad una batteria di supporto genera le e perfino i dati di tiro pe r i s i ngoli pezzi, ris u lta eviden t e che la «Catena di Comando» è destinata a cedere o, quanto meno, a veder mutare la natura di molti «anelli».

Cosl avremo «moduli» di dimensioni molto ridotte che potranno essere accorpati in task-

forces anche mollo ampie senza la necessità di Comandi demoltiplicatori dalle strutture ora ampie, complesse e costose.

L'impatto dell'Esercito con l'informatica appare foriero di molti altri radicali cambiamenti.

Si intravede un futuro campo d i battagHa mol to me n o affo ll ato che i n passato, ma con allor i molto p iLt qua li ficali c ave n ti ruol o soslan z:iale, in molti casi, svincolato da l grado gerarchico.

Possiamo dire che la crisi dei «coHetti bianchi» invesli.rà anche l'Esercito, per la rapida obsolescenza di competenze individuali, per ]a tendenza in atto anche nella società ad accumulare il lavoro nelle mani di soggetti meno anz i a ni , per l' afflusso d i giovani sempre p iù qua)j(icati.

Sarà un pò come nel campo medico, dove una volla i più richiesti erano i medici più anziani, p erché più esperti, mentre ogg i lo sono i giovani, perché hanno più dimestichezza con le macchine diagnostiche e con le sofi-

sticate tecnologie terape u tiche, irrompenti.

Probabilmente, bisogna cominciare a pensare in modo nuovo, a slegarsi da schemi strutturaJi rigidi, a pred i sporre Quadri altamente qualificati e in numero molto ridotto, a non pensare di dover continuare a fare le stesse cose «co] compu ter» ma a fare que1l o che il computer ci permette d:i fa· re (è inutile mettere gli sci di Tomba ai piedi di un brocco ma occorre trovare un nuovo Tomba per i prossimi sci).

E allora, sarà probabilmente necessario affTontare «tag li» anche significativi ma non si dovrà aver timore di effettuarli, al fine di evitare che si faccia a costo mille quello che po t rebbe essere fatto a cos t o dieci: il costo di due pezzacci di legno da mettere ai piedi.

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D
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* Gen erale, Comandante della Scuola di Artiglieria di Bracciano

IONE

Bosnia, sabato 14 s e ttembre 1996: è il fatidico giorno in cui bosniaci, serbo-bosniaci e croato-bosniaci si accingono ad eleggere, in occasione delle prime elèzioni del dopoguerra , i rappresentanti delle Istituzioni comuni per tutta la Bosnia - Erzegovina e la Repubblica Srpska.

È il momento chiave del processo di pace nella regione, il momento di verifica della poss ibilità di ricostruire il Paese e di dargli un assetto sociale dal volto democratico.

L a Brigata paracadutisti «Folgore» ancora una volta ha offerto una testimonianza di professionalità ed efficienza, contribuendo alla riuscita di questo tanto atteso «rendezvous » elettorale.

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LA BRIGATA «FOLGORE»

E LE ELEZIONI IN BOSNIA

IL CONTESTO POLITICO

Le elezioni del 14 settembre presentano un carattere estremamente complesso, prevedendo ben 6 scrutini concernenti:

• Presidenza della Bosnia;

• Assemblea parlamentare della Bosnia;

• Assemblea della Federazione;

• Presidenza della Repubblica Srpska (RS);

• Assemblea nazionale della RS;

• Cantoni.

Sono coinvolte 2 entità e 3 comunità.

Su 2, 7 milioni di elettori circa, vi sono 850 000 profughi e 640 000 rifugiati. Il clima politico è caratterizzato da incertezza, timori di ogni tipo e diffidenza, in un Paese povero di strutture sociali, di moderne vie di comunicazione e nel quale l a presenza di mine costituisce sempre un grande pericolo. Tre partiti emergono sugli altri: l'HDZ (Hrvatska Demokratska Zajednica - Unione Democratica Croata), l'SDA (Stranka Demokratske Akcije - Partito per l'Azione Democratica), l'SDS (Srpska Demokratska Stranka - Partito Democratico Serbo).

A pochi giorni dalla scadenza elettorale, nella Federazione di Bosnia-Erzegovina, detta anche Federazione «croato-musulmana» le relazioni interne sono tese. In Bosnia centrale ciascuna delle due fazioni cerca di «marcare» bene il suo territorio. L'SDA invoca il boicottaggio delle elezioni, non volendo che i rifugiati bosniaci votino in un luogo diverso da quello in cui vivevano prima della guerra. Il suo obiettivo è quello di trasformare la Bosnia in uno Stato fondamentalista sotto la spinta probabile di alcuni Paesi dell'area d'influenza islamica. L'HDZ, da parte sua, manifesta la

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Federazione Croa.to-Musulmana

Partito di Azione Democratica (SDA): principale pm·tito musulmano, al potere a Sarajevo dal 1990, clara della sua creazione. Diretto dal Presidente bosniaco Alija l zetbegovic, questo Partito ltazionalista moderato milita in favore di una Bosnia unificata.

Comunità Democratica Croata (HDZ): filiale bosniaca del Partito nazionalista del Presidente croato Franjo Tudjiman. Fondato nell'agosto del 1990 e diretto da Bozo Rajic, con sede a Mostar dal 1993. A partire dagli scontri fra croati e musulmani, l'HDZ propugna il separatismo. Oggi afferma di sostenere la Federazione croato-musulmana e di non rivendicare più uno Stato separato per i croati di Bosnia.

Partito per la Bosnia-Erzegovina (SBiH): fondato a Sarajevo nell'aprile scorso dall'anziano primo ministro bosniaco Hmis Silajdzic, questi, esse11do a favore di una Bosnia multiernica, è considerato co1ne l'avversario più quotato di /zetbegovic. Nel mese di giugno è stato aggredito da alcuni membri del SDA in occasione di un meeting politico.

Unione Socialdemocratica di Bosnia (USDB): fondato nel 1990 dall'ultimo Primo Ministro dell'ex Iugoslavia, l'antinazionalista Ante Markovic. Formazione di centro -sinistra presieduta dal sindaco di Tuzla (est), Seliom Beslagic.

Partito Socialdemocratico (SDP) di Bosnia-Erzegovina: creato nel 1909, erede dell'anziano partito comunista iugoslavo. Il suo leade r è Nijaz Durakovic, un membro musulmano della presidenza collegiale bosniaca.

Partito R epubblicano: fondato nel 1994 e diretto da Stjepan Kljuic, un membro croato della presidenza.

Organizzazione Liberale Bosniaca: piccolo partito nazionalista fondato ltel/994 dopo la scissione del Partito Musulmano Bosniaco. il Presidente è Muhamed Filipovic, attualmen.te ambasciatore di Bosnia in Gran Bretagna, prossimo ad essere sostituito.

Partito Croato di Destra: branca bosniaca di un partito di Zagabria, creato nel 1991. Questa formazione ultranazionalista, con sede a Mostar, rivendica uno Stato separato per i croati di Bosnia, a premessa della formazione di una Grande Croazia. Il Presidente è Miljenko Milos.

Donne di Bosnia: partito fondato nel maggio sc01'SO da Amila Omersoftic, direttrice della televisione bosniaca ed ex membro dell'SDA, si prefigge di promuovere il ruolo politico della donna.

Comunità Popo lare Democratica (DNZ): registrato nel febbraio 1996 a Mostar ovest, è sotto il controllo croato. Il fondato re è l'anzia1to leader secessionista musulmano di Bihac Fikret Abdic, rifugiatosi in Croazia dopo la sconfitta delle sue milizie nell'agosto dell995.

R epubblica Srpska (RS, Entità Serba di Bosnia)

Blocco Democratico- Patriottico (DPB): comprende il Partito Popolare «Nikola Pasic», il Partito della Patria (OS), il Partito Popolare-Operaio (SRS), il Partito Democ ratico (DS) e il Partito del Centro Democratico (SDC) Il Presidente è Predag Radic, sindaco di Banja Luka.

Alleanza per la Pace e il Progresso (SM I P): riunisce il Partito Socialista della R S (S PR S), principale partito di op p osizione a Ka radzic, inglobato nel Partito Socialista di Serbia (S PS, al potere), il Partito dei Soc ialdemocratici indipendenti (SNSD), la Sinistra iugoslava (JUL) per la RS, il Partito Social-liberale (SLS) e il Nuovo Partito Operaio (NRP).

Partito Democratico Serbo JSDS) : formazione ultranazionalista al potere in RS, fondata neli990 e presieduta da Radovan Karadzic fino al mese di luglio scorso, quando il l ead er dei serbi di B osnia, incolpato di crimini di guerra, ha lasciato la guida del partito dopo Le minacce da parte de ll 'OSCE di interdire le elezioni all'S DS L'attuale Presidente è Aleska Buha, Ministro degli Esteri della RS. Karadz ic ha ugualmente dovuto cedere i pieni poteri di capo dell'Entità serba di Bosnia alla signora B iljana Plavsic.

Altri parti t i presenti in R S : il Partito Radicale Serbo (SRS), il Partito Serbo di Krajina (SSD), il Partito Popolare (NS), il Partito Democratico Federalista (DSF), il Partito dell'Unità Serba (SSJ) filiale serbo-bosniaca del capo del Partito delle Milizie Nazionaliste Serbe Zeljko Raznjatovic «Arkan», accusato di crimini di guerra, il Partito Popolare Serbo (SSS), il Fronte R adicale Patriottico e il Partito Patriottico Serbo (SPS).

volontà di ricongiungersi, a breve termine, alla Croazia.

Per quanto riguarda la Repubblica Srpska, nonostante le dimissioni di Karadzic, i successori dello psichiatra di Pale sono a ssolutamente determinati a vinc ere le elezioni; l'SDS domina l'intera scena politica.

La situazione politico sociale in Bosnia-Erzegovina alla vigiJia delle elezioni è quanto mai incerta e confusa. La campagna eleltorale, dominata dai tre partiti nazionalisti citati, non dà la possibiJità, a)le coalizioni e ai partiti moderati , di poter esprimere liberamente l a propria opinione. I media riportano a gran voce le velleità nazionaliste dei leader già al potere durante la guerra. In particolare, per quanto riguarda i bosniaci, l'SDA si prepara ad un'eventuale sconfitta attirando l'attenzione del Consiglio eli Sicurezza delle Nazioni Unite sulle irregolarità osservat e all'interno della Repubblica Srpska allo scopo eli poter invocare l'annullamento delle elezioni; da parte serbo -b osniaca, i rappresentanti politici manifestano ostinatamente la loro volontà di inclipendenza nonostante le pressioni e le ammende inflitte loro dall'OSCE ; i bosno-croati, a loro volta, si mostrano circospetti e diffidenti nei confronti dei loro partner musulmani della Federazione, continuando a far sopravviver e al suo interno la Repubblica ,eli << HerzegBosnia», ufficialmente cancellata come istit u zione, con i suoi estremisti. I.:OSCE, investita della responsabilità dell'organizzazione e della condotta delle elezioni, incontra non poche difficoltà.

LE CI FRE

Lo scrutinio in B osnia del 14 settembre vede coinvolti i seguenti protagonisti:

• 2 ,3 milioni di i scritti sulle liste di voto;

• 640 000 rifugi ati all'estero che hanno votato anticipatamente;

• 850 000 profughi;

ELEZ I ONI POLITICHE I N BOSNIA-E R ZEGO VI NA P RINCIPALI PARTI TI PO LITICI
Tab. l
106

• 3 398 candidati complessivi (elezioni presidenziali, parlamentari e locali);

• 29 patti ti (17 all' interno della Federazione croato-musulmana e 12 all'interno della Repubblica Srpska) Tab. l;

• l 200 Supervisori e l 500 Osservatori Internazionali provenienti da una trentina di nazionalità diverse;

• circa 160 000 rifugiati, di cui ISO 000 musulmani attesi per attraversare la linea di inlerentità (IEBL);

• 52 000 soldati dell'IFOR e l 400 poliziotti delJ ' ONU mobilitati al fine di evitare ogni tipo di incidente.

TI.. R U OLO S V O LT O

DALL' OS CE, D ALL'IPTF E

DALLE STRUITURE LOCALI

t:OSCE, incaricata dell 'organizzazione delle elezioni sulla ba-

se di regole che essa stessa ha definito, fa fl·onte ad un compito di una ampiezza e di una complessità tali da non trovare riscontro in situazioni analoghe precedenti dovendo presiedere, come più volte ripet u to dal diplomatico ameticano Robert Frowick, alle «elezioni più complicate della storia» . Alle difficoltà dovute alla mancanza di esperienza dell ' OSCE, si aggiungono infatti quelle proprie del contesto bosniaco quali , ad esempio, gU spostamenti di una p arte considerevole della popolazione ca u sati dalla guerra, la disorganizzazione delle struttm·e amministrative esistenti e spesso sprovviste di ogni legittimità, la politicizzazione spinta all'eccesso delle decisioni più semplici , il l ivell o generale di cultura democratica e civica estremamente basso, problemi di comunicazione e di logistica

I.:organizzaz ione delle elezioni da parte dell' O SCE implica la

Blindo «Centauro» e veicolo mulliruolo « VM 90» presidiw1o lilla rotabile bosniaca

messa in atto di Lm sistema di collegamenti complesso fra la stessa OSCE , la poliz ia internazionale (IPTF) e l'IFOR. In particolare l'OSCE ha stabilito, nella zona di operazioni, il suo quartier generale a Sarajevo; il capo della missione presiede la Commissione Elettorale ProvvisOt-ia (PEC), l'organo fondam e ntale incaricato di fissare le procedure elettorali; ba inoltre costituito 6 Centri Regionali e 28 uffici locali, impiegando circa l 200 Supervisori per osservare direttamente le operazioni di voto e circa 1 500 Osservatori I nternazionali incaricati di trarre conclusioni sull a tenuta libera e giusta d elle elezioni

A questa organizzazione si affianca quella, messa in atto dalle istit uzion j governative di Bosnia-

107

Esplosio11e del 1111111i::.ioname1tto seq11estrato nel deposito-scuola di Margerici d11ra/lte l'opera::.io1te « Vrtlcano».

Erzegovina, espressa attraverso una st ruttura regionale di organismi e l ettorali chiamati Co.mmi ss ioni Eletlorali Locali (LEC) le quali, a livello amministrativo di Opstina, presiedono ai compiLi di iscrizione degli elettori, di se lezione e verifica degli uffici di voto, di nomina dei direttori e de l persona le degli uffici di voto e di funzionamento degli stessi uffici il giorno delle elezioni. Lo scrutinio h a lu ogo in circa 4 500 staz io ni di voto; altt·i 300 uffici d i voto sono riservati uni came n te ai cosiddelti absentee voters, ossia voti <•a distanza)}.

ll.COMPITO

n calendario delle all ivilà inerenti il processo elettorale si pre-

senta assai denso di attività e scandì to da molteplici scadenze assai serrate Tre sono i compiti principal i c h e l a «Forza d i Pace>> è chiamata a svolgere durante il p eriodo delle elezioni, e precisamente:

• sicurezza militare;

• comunicazione e sostegno l ogistico per le elezioni;

• operazioni di s icu rezza nell'ambito del sosteg no diretto delle elezioni.

I soldati della «F o lg ore», n ell'ambito della loro zona di competenza, focalizzano l a loro attenzione non so lo su ll e attività inerenti il giorno d e lle ele zion i , ma anche su quel le dei g iorni a ven ire, nella cons ide ra z ion e di un probabile aumento della tensione durante il perio d o dello s po gli o delle schede e in seguito all ' uscita dei prim i risultati.

Anche nei giorni antecedenti il 14 settemb re la Briga ta italla n a si dimostra ben vigile, sia incrementando la sicw·ezza e la vigilanza nei punti nevralgici, sia esercitan-

do pressioni per ass i curarsi ch e le autorità civili e di polizia si assum eran n o l e lor o responsabilità nella con d otta delle e lezioni . Sua mjssione è quella di scong iurare e d impedire ogni tentativo di creare disordini; in generale i so l.d ati deU'IFOR devono essere preparati, a far fronte ad incidenti gravi con forza e decisione nel quadro delle regole di condotta (ROE ), a contene r e la viole nza e a con centrare i propd sforzi sui punti maggiormente sensibili; att ivi tà pr in cipale della «Fo rza eU Pace» è quella di smantellare gli ostacoli fisici che potrebbero imp edire la lib ertà di movim e nt o a i votanti . P er pote1· svolgere nel migliore dei modi i suoi comp i ti, le aUività di routine condotte dai soldati dell1FOR (ispezion i , lavori del genio, dJ sminamento, attività logistiche di ogni tipo e pattu glie) vengono ridotte al minimo essenzial e. Fermo restando il fallo che non compe t ono all' I FOR compiti di ordine

108

Sotwflìciale del Ge11io ferrO\·ieri (ratemi:.za con a/cuue bambi11e bostliache

pubblico (appannaggio delle autorità di polizia locale e deiJ'IPTF), le nostre unità possono essere chiamate a intervenire qual01·a richiesto dall'IPTF o in soccorso della stessa; l'intervento diretto è previsto anche in caso di minacce concrete avvertite contro la vita delle persone che \'ogliono recarsi a votare. La prevenzione di atti criminali di ogni tipo (incendi, saccheggi, ecc.) dcve essere ricercata in ogni modo, ed il personale sospetto sarà trasferito all'autorità di polizia locale dell'entità di appartenenza. Dal punto di vista del sostegno logislico fomilo dall'OSCE i compili assegnati all'IFOR sono molteplici e delicati:

• fornire le infrastrutture e i mezzi di accesso al transito (arrivo e partenza) ai Supervisori dciI'OSCE;

• fornire i mezzi di trasporto destinati ai mo\rimenti dei Supervisori OSCE, perché possano raggiungere gli uffici di voto loro assegnati;

• assicurare i mezzi di trasp01-to per il movimento dei materiali di voto verso le LEC (Commissioni Elettorali Locali) o, su ordine, verso gli uffici di voto (polling station);

• forn ire i mezzi di traspo t-to delle schede di voto vergini dalle basi IFOR predisposte alle LEC;

• fornire i mezzi di trasporto per il recupero delle schede, a votazione concluse, dal luogo di raccolta verso le basi IFOR;

• fornire i mezzi di trasporto per la distribuzione e il recupero delle schede di voto per corrispondenza dagli uffici del voto per corrispondenza verso le basi IFOR prescritte, alla chiusura delle operazioni di voto;

• inviare le schede di voto per corrispondenza e quelle dei rifugiati verso i «centri di con-

teggio» dopo lo smistamento effettuato a Sarajevo;

• sostenere l'OSCE nella distribuzione del materiale educativo necessario alle elczionj.

In aggiunta a questi, altri compiti non meno importanti vengono affidati alJa «Forza di Pace» messa in campo dalla NATO nella fase di organizzazione delle elezio ni, specie per quanto riguarda l'individuazione e la definizione degli uffici di voto (aspetto che ha visto particolarmente impegnate le ceiJuJe «GS» - attività civili/militari - ai vari livelli ordinativi) e l'impianto di un complesso sistema di comunicazioni radio e te-

lefoniche. Fondamentale è ritenuto, inoltre, il ruolo svolto dagli Ufficiali di collegamento IFOR a tutti i livelli, distaccati presso gli organi deU'OSCE e dell'IPTF.

52 000 uomini tutti impegnati nella fase più delicata del processo dj pace in Bosnia: a tanto ammonta l'impressionante di sp iegamento di uomini disposto dalla NATO.

Alla vigilia della scadenza elettorale lutto è pronto. La tensione si percepisce. I soldati dell'IFOR sequestrano ripetutamente armi nascoste all'interno di veicoli civili, persino di ambulanze. Ecco le parole di un portavoce dell'IFOR:

109

PUNTI "CALDI" NELLA ZONA DELLA BRIGATA "FOLGORE" E DELLA DMSIONE

«Nello sp1nto di questa gente la guerra 11011 è fìnita» Spesso si sente dire: «Se 11011 saremo noi a terlllinare questa guerra, lo {arauno i nostri fìg li o i nostri 11 i poi i ».

S i assiste a numerosi sca mbi di accuse fra le avverse fazioni, concernenti in partico lare le li ste di iscrizione al voto gonfiate di proposito per tentare di cambia1·c la maggioranza all'interno di una città o di una regione. Altrove s i registrano minacce di boicottaggio del voto.

A Mo star, alcun i bos nia c i c h e «osa no•• allraversare la Ncrctva per raggiungere le loro case, in zona croata, s i fanno arrestare dalla polizia local e per addurre, in caso di sconfitta e lettorale, la mancanza della libertà di movimento tanto decantata.

Ogni più piccolo incidente può essere utilizzato e amplificato per a lim entare i torli, le ragioni c le

tesi politiche di una o dell'altra enti tà. I Comandanti delle unità IFOR lo sanno c organizzano la sorveg lianza di 19 «Strade raccomandate,, per conse ntire agli e lettoti che vog li ono re carsi a votare n e l1a loro residenza antecedente alla gue rT a di superare la IEBL senza problemi.

Vengo n o preparate, s tampate e distribuite, a tal proposito, più di l 00 000 carte st r ada li. Tn tal quadro, assai complesso c composilo, diversi fattori possono innuire su lla condotta delle presenti e lezion i, e precisamente:

• la ripartizione e tnica de Ua popolazione ne l t 99 1 (s itua z ione prebeiJica);

• la r ipartizione etnica della popolazione oggi (situazione postbellica);

• la r·eiscrizione degli elettori che risiedono attualmente all'interno degli «Opst inas,;

• la rei c rizione degli eletto ri che hanno l'intenzione di votare «a distanza»;

• l'intenzione di attraversare l' l EE L da pane dei gruppi et ni ci;

• la mobi l itazione dei gruppi etnici all'interno della F ederazione, in un luogo attualmente occupato da un'altra entità.

LE ATTIVITÀ

In serita organicamente nell 'ambito della Di visione Multinazionale Sud-l;:st, a comando francese, la Bri gata «Fo lgore, impegna per le elezioni la totalità dei suoi uomini, circa 4 000 (comprese le unità portoghesi ed egiziane inserite nel suo organico). La zona di responsabilità assegnatele, come noto una delle più delicate di tutta la Bos ni a, è caratterizzata dalla presenza di numerosi punti

90VISEGRAD 91POSUSSJE 92GRUDE 93SIROKIB* G 9-IMOSTAR
SUD-EST Fig 1 53KAKANJ * 68FOJNTCA 69KISEL/AK 70VJSOKO 71 BREZA 72/UJAS 95 NEVESINJE * 96KAL/NOVIK 97GACKO 98 FOCA IO/ RUDO 102 LJUBUSKJ 103 C/TLUK 105 NEUM :B 106STOLAC 'Jt /07 L/UBfNJE 1088/LECA /09TREBJNJE * BOSNIAQUES CROATES SERBES O Pouible Viokoce * Probabk Vloleace 73 SOKOLAC * 77 JABLANICA 78KONJIC * 79KRESEVO 80 HADZICI 8/IL/DZA * 82NOVIGRAD 83VOGOSCA 84- SARAJ.CEN. 85SfARJGRAD 86 NOVO SARAJ 87TRNOVO 1fsaPALE 89ROGA17CA
CROATES
CROATES l BOSNIAQUES
l SERB ES
LLO

Paracadmi.sta della • Folgore.. svolge tm curno di guardia p1e$SO 1111 ptmto msibile.

sensibili o «caldi » (Fig. l); eccone alcuni:

• Novi-grad Sarajevo: in questo quartiere di Sarajevo, la percenLUale dei cittadini serbi è assai ridotta. La sua geografica, prossima alla IEBL e al quartiere eli Dobrinja n e fanno un punto sens ibile ch e può generare attriti. Molte famiglie serbe abitavano questi due quartieri e potrebbero tornarvi per votare. Allo stato attuale la popolazione è così 1ipartita: 126 140 musulmani e 160 serbi;

• No\'o-Sarajevo: questo quartiere di Sarajevo conta attualmente 2 588 serbi e 58 200 musuJmani; nessun incidente è stato segnalato recentemente in questa zona, ma la presenza di una consistente minoranza serba può far temere il verificars i di scontri;

• Rogatica: in questo Opstina, che confina con quello di Gorazde, vi era una netta prevalenza di bosno-musulmani prima della guerra. La popolazione allora era composta da 13 619 bosnomusulmani e 8 374 bosno-serbi. Le cifre attuali mostrano la presenza di 16 400 bosno-serbi e nessun bosno - musulmano. Ben 5 884 persone hanno chiesto eli poter votare per corrispondenz a, mostrando l'intenzione di concentrare fortemente i voti musulmani in questo Opstina. Esistono inoltre le condizioni perché vi sia un forte mo\imento di profughi attra,·erso la IEBL;

• Kopaci: viiJaggio situato sulla zona di separaz ione (Z OS), !aro serbo, prima della guerra era un villaggio a maggioranza musulmana. I musulmani che hanno tentato di farvi rientro, dopo la guerra, so no stati spesso fatti oggetto di lanci di pietre. Altre località tragicamente note durante la guerra si trovano in

«zona italiana» e costituiscono in ogni caso possibili fonti di disordini: Gorazde, Pale, Mokro, Sokolac, Vogosca.

Nella sua area di responsabilità alla Brigata Multin azionale Nord vengono assegnati i seguenti compiti :

• sostenere il processo eletlorale gest ito dall'OSCE;

• contro llare la zona di responsabilità operativa e· sostenere l'IPTF in co ll egamento con la polizia militare;

• cont rollare e sorvegliare le strade «racco mandat e» per gl i elettori owero l'asse Sarajevo-Podrornan ija-Rogatica-Visegrad

(asse ARRC n°9) e l'asse Ustipraca-Gorazde (asse ARRC n °9 A) il giorno delle elezioni. Questi compiti si traducono, sul campo, in una miriade di attività operative e logistiche: pattuglie, ispezion i , realizzazione di posti di controllo, sorveglianza dei punti più significativi per quanto riguarda la libertà di movimen to (per esempio Vraca, sulla IEBL, ove bosniaci e serbi possono facilmente entrare in coJiisione), sostegno Jogistico ai Supervisori dell'OSCE, r itiro delle schede dagli uffici di voto e trasporto verso le basi IFOR a Sarajevo e Ustipraca, controllo del-

111

le aree a ve sono conservate le schede (Sarajevo, Gorazde, R ogaLica, Pale e Sokol ac), trasporto delle schede dalle basi IF OR ai centri di scrutinio degli Opstinas.

Da u n p u nto d i vista operativo, le forze su l terreno sono state schierate tenendo ben conto del numero e della posizione topografica dei «punti caldi» citali, delle aree di possibile attraversamento della I EBL, particolarme n te d el ica t e per loro natura, de ll e zone di addensamento dei seggi elettorali, degli assi stradali citati e anche della posizione dei siti autorizzati.

La Fig. 2 mostra chiaramente come, nelle attività di controllo del territori o, i l dispositivo ass u nto dalla B rigata sia caratterizzato da una spinta frammentazione.

Alle suddette attività si aggiungono inoltre le sco1·te a favore di personalità e/o per la sicurezza

Elezioal la Dosala - Erzeaovlaa

dei convogli. Ufficiali di ·collegamento e mezz i delle trasmissioni della «Folgore» vengono distaccati, con anticipo, presso i Centri di coordinamento (Centri R eg ionali , Field Offìces).

Per quanto riguard a il s u pporto logistico, al termine delle ricognizioni dei locali da adibire a ufficio di voto (polling station ), vengono effettuati, come già dettO, il trasporto d i materiali elettondi (schede, urne, ecc. ..) p rim a e durante le elez ioni e l'indottrinamento dei Supervisori attraverso speciali brie{ing tenutisi presso la sede OSCE di S arajevo.

LACON D OTIA DELL'OPERAZIONE

«Mercury>> è l'appellativo dato all'operazione che ha visto la Brigata «Folgore>> protagonista in

posltlvo durante la delicata fase elettorale.

La fase organizzativa, assai complessa, ha incontrato difficoltà a ca u sa dei ridottissimi tempi d i messa in atto de l dispositivo e della comp lessità globale del compito da assolvere: dovendo soddisfare nel contempo le esigenze operative di controllo del territorio e quelle di supporto logistico, il Comando B rigata si è t rovato a dover gest ire un duplice flusso d i infOJmazioni: il plirno di ordine operativo (concernente in particolare gli ordini provenienì.i dal Comando Divisione), il secondo di natw-a tecnica ( d er ivante dalle esigenze dell' OSCE ). I n aggi u nta a ciò, la convivenza d i più organizzazioni internazionali con caratteristiche e compiti diversi, unito alla natura multinazionale della Brigata, ha reso più complessa un'attività già

112
BMNN
- ARRC9A ........-4 - ARRC 9 - lEBL - Itinera r i v ari IIW@RII"

/n CO/ICOIIIÌI0/140 COli /f! e/czÌOIIÌ bo:miache i militari iralitmi de/l'JFOR lwmro illcrt'ml!lllaJo la

di per alipica e che presemava sfumature particoladssirne.

In una situazione politica in cui la più piccola imperfezione (ne l tr·asporto delle schede, nel loro conteggio, nelle mod&lità di afflusso degli elettori agli uffici di voto , nella verifica dell'iscrizione degli stessi sulle liste elettorali, ecc.) poteva generare proteste e costituire pretesto per rappresentare le elezioni come «non libere e non regolamentari», Ja fase di condotta s i è rivelata estremamente impegnativa.

In particolare l'esecuzione delle molteplici attività operative e logisticbe suJ ten·eno ha permesso alla Brigata di verificare quanto segue :

• le disposizioni emanate dall'OSCE devono essere in linea con i compiti operativi delle unità; per raggiungere tale sco po è quanto mai necessaria la presenza, di tutto il personale interessato, alle riunioni di coordinamento effettuate in fase organizzativa;

• è indisp e n sa bile altresl che le necessità rappresentate dalle organizzazioni che sovrintendono al processo elettorale, si

coniughino con le condizioni d'intervento espresse dalle forze milita1i e di polizia che si occupano della sicurezza e della vigilanza; in altre parole si deve ricercare una conoscenza reci proça più approfondita;

• gli Ufficiali di collegamento si sono rivelati assolutamente necessari; la loro presenza è indis pensabiJe fin dall'inizio della fase organizzativa;

• la scarsa espelienza del p ersonale dell'OSCE e delle LEC ha dato adito a r i tardi, imperfezioni e improvvisazioni; le richieste di supporto logistico all 'IFOR in termini di uomini e

mezzi sono state spesso diverse d a quanto era stato pianificato;

• la trattazione delle schede el ettorali dopo il voto si è rivelata alquanto complessa, costringe ndo i soldati dell'IFOR ed io particolare della nostra Bdgata a numerose e rischiose movimentazioni di materiale elettorale anche attraverso l'IEBL;

• si è rivelata utile la costituzione di un gruppo di lavoro ad hoc incaricato esclushramente ùi sLudiare la probJematica elettorale nel d ettaglio, per poterne individuare gli aspetti più delicati e prevedere i punti ctitici in fase organizzativa;

• il fattore lingui s tico si è rivelato in tutta la sua importanza; la presenza del personale interprete fino ai m inimi livelli è infatti fondamentale in circostanze analoghe a quelle del t 4 settembre, ove la comunicazione e la co mprensio n e interp ersonale può risolvere e s brogliare s ituazioni complesse; la cellula di collegamento con le fazioni ha costituito poi l'anello di co ngiu n z ione fra la Bdgata e il persona le c iviJe l oca le interessato a vario titolo alle elezioni.

113
Uu ma11i(esto pa In propaganda e/morale di 1111o cleì ctmdidat i al/t• elt>:.ioui tJOiitiche bo:miacht.'.

Blindo «Centauro» del Reggimemo «Cavalleggeri Guide>> inquadrata nel Contingente italiano di l FOR.

CONCLUSIONI

Nonostante le numerose dHficoltà incontrate, il processo elettorale si è svolto senza particolari problemi. Gli incidenti che si sono verificati, ridotti nel numero, sono stati agevolmente controllati dalla polizia locale con il concorso indispensabile dei soldati dell'IFOR. In partkolare a Novigrad/Sarajevo, nel settore italiano, sono stati registrati alcuni tafferugli nei pressi di una stazione di voto; i soldati italiani hanno contribuito a ricondurre la situazione alla normalità. A Caplijina, nel sud della Bosnia, sono stati registrati lanci di pieu·e e bottiglie contro autovetture di personal e che si recava a votare; a Ustikolina 19 bosniaci sono stati arrestati dalla polizia serba lo-

cale; altrove vi sono state proteste da parte di elettori cbe volevano a tutti i costi votare in uffici di voto nei q u ali non risu ltavano regolarmente iscritti. Nei giorni successi vi aUe elezioni 1'0SCE è stata oggetto di numerose criliche causate soprattutto da errori nel cont eggio delle schede e dai ritardi con cui sono stati ufficiahzzati i risultati.

Nonostante i problemi affrontati e l'inesperienza dell ' OSCE in un momento de li cato come la prima scadenza elettorale di un Paese che si lasc i a alle spalle quattro anni di guerra cruenta e fratricida , l'IFOR, ed in particolare la Brigata «Folg01·e» hanno portato a termine l'operazione «Mercury» con s u ccesso; la presenza dei «soldati di pace» ha costituito una presenza dissuasiva assolutam e nte indispensabile e determinant e . I rappresentanti eletti delle tre fazioni hanno espresso all ' unanimità giudizi assai positivi sull' opera deU'IFOR

nel momento della rinascita dell e istituzioni politiche; pochi giorni dopo le elez ioni 400 uomini della <<Folgore» si prepara· no a scendere in campo nuovamente a Sarajevo, nel corso dell'operazione «Scudo» , finalizzata a garantire la sicurezza e la vigilanza della zona interessata alla plima, storica riunione della Presidenza collegiale «tricefala )) bosniaca; l'efficienza dimostrata nella condotta di tutto il processo elettorale e l'esperienza accumulata saranno utili certamente in occasione della prossima scadenza fondamentale per la Bosnia : le elezioni municipali.

114
o
'"'Maggiore, impiegalo presso il Public Information Office della Divisione Multinazionale Sud-Es t a Mosta r

La prima rivista d 'armi pubblicata in Europa nel 1964, è il mensile dei tiratori, dei cacc iatori , dei collezionisti di armi da fuoco moderne ed antiche e di tutti coloro che ope rano nel settore armiero.

Pistole e r evo l vers, fucili a

c an n a riga t a e li sc ia , armi militari p o rt a tili , armi d 'ep oca , s toria d e ll e armi ) bali s ti c a for e ns e e t e rminal e , muniz ioni e loro ricarica , ri spo s t e a que s iti l egali e notiz i e s ulle ultim e novità in mate ria d ' armi e d

a cces sori , militaria e tiro

c on l 'arc o sono gli argomenti che poteee trovare su TACARMI

A coloro che ne faranno richiesta verrà inviata una copia omaggio. Per ulteriori informazioni rivolgeni a

116
di Flavio Russo *

Proseguendo nello stimolante viaggio intorno alle origini delle diavolerie militari, nate per esigenze difensive, ci soffermiamo questa volta su nn piccolo e inoffensivo oggetto: l'accendino, quella curiosa rotellina che sprigiona fuoco da ben cinque secoli.

Un'altra scintilla tecnologica precorritri ce di modernissime applicazioni.

Un a confortevole poltro n a, lo stridio dell'accendino e la spira azzurrina di fumo che pigramente s'innalza dalla ormai vituperata sigaretta: scenario perfetto, e purtroppo sempre più irrea le , per rimuginare le righe appena lette... .

ttSì, è abbastanza che in nwlte attuali realtà tecnologiche avanzate si celi lontana esigenza bellica, ma tra le I' ZOs tre mura domestiche quella imbarazzante parentela, di sicuro, non trova alcun riscontro!».

E con questa appagante illusione, distrattamente, si ripone sul tavolino la rivista, il pacchetto malfamato e l'accendino.

In effett i , la meditazione dell'immaginario lettore appare giustificata. Stando a ll e precedenti pagine s ulla subordinazione del progresso civile nei confronti di quello mili tare - ancora più evidente di quelle c h e si avvicenderanno - si intuisce la molteplicità e la varietà degli a pporti , ma li si confina in un ristretto ambito specializzato. D a questo, in maniera più o meno co nsapevo-

l e, gli addetti a i la vori avrebbero tratto, e trarrebbero, i princìpi e gli spunti che, debitament e rielaborati, giocano in tante contemporanee acquisizioni Applicazioni pratiche però che, quand'anche diffuse e generaJ izzate, non manifestano alla stragrande maggioranza degli u omini, e del1e donne, l a loro or iginaria matrice, dissoltasi proprio nel processo di riconversione. In altri termi ni la cooptaz i one di suggerimenti ostentereb b e ampie analogie con una sorta di messagg i o cifra to che, d ecodific ato da smaliziati interpreti, avrebbe permesso significat i vi balzi tecnologici pacifici, senza però consentire ai profani aJ cuna intuizione della remota genesi guerresca.

Banalizzando il ragionamento, è indiscutibile che moltissimi di noi sa nno dj abitare in edifici antisismici, c om e pure di impi egare, nei loro piccoli o grandi spostamenti, veicoli che in qualche modo sfruttano l'effetto giroscopico, ma è altrettanto certo che persino questi stessi attenti frui -

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tori ignorino l'arcaica stimol azion e militare ins i ta, ed ormai impercettibil e, in tali modern i ss ime creazioni tecnol ogiche. La stravolgente mutazione del contesto applicativo può individuars i come la principale causa dell'incomprens ione, ma non va esclusa, specie nelle riadozioni meno trasformate, una pal ese censura cul turale.

Ci sembra sen sato, pertanto, pr ima di prosegu ire nel nostro itinerar i o, nell o spazio e nel tempo, sulle innume revoli permanenze delle originalità militari - o più esattamente belliche - che intridono il vissuto contemporaneo, infrangere vistosamente la limitazione. Un oggetto comunissimo, prodotto in diverse decine di milioni di esemplari a ll 'anno, tanto da meritars i l 'inserimento nella deprecabile famiglia dell'usa e getta, fornirà lo spunto all'artico lo. Nessuna variazione di funzionamento, ness u na alterazione di impiego, nessuna sostanziale

Disegrto di una balista da posizione con serveute.

modifica delle parti principali: niente i n somma che l o abbiano potuto in qualche modo mimet i zzare e ««c ivil izzare» Nonostante ciò, e nonostante il coinvolgimento inventivo di una delle massime menti umane, la sua origine è talmente rimossa, che

Un conuu1LSstmo accendino e, a ccanto, lfl sua unica parte metallica: il miniaturiUftlo acciarino.

n e l r im irarlo tra le delicate ma· ni d i una ragazz a riesce i mpro· bo crederne l a genesi.

Sta ancora ll dove lo abbiamo appena visto depositare, sul tavo· lino a fianco alle sigarette, nel loro immancabile complemento , l'accendino di plastica dai colori sgargianli e dalle linee morbide. È la sua unica p arte metallica, il mini.aturizzato acciarino, quella curiosa rotellina dentata da cui si sprigionano le scintille. Proprio quella van t a al presente una an· zianità di servizio permanente effettivo, ed invariato, di quasi cin· que secoli! Eccone in sintesi la sua «CatTiera».

Abbas t anza presto nella storia dell'aggressività umana tornò chiaro c h e una qualsiasi percussione, a pa1ità di massa, riusciva tanto più violenta quanto più rapidamente fosse stata inferta. Un pugno che si abbatteva su di una vittima ostentava esiti diversificati in funzione della velocità del

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bracc io, come del resto un sasso c he lasciava la fionda possedeva potenzial i tà vulneranti altrettanto diversificate in funzione della sua velocità di fuga . Il confine tra l'in nocuo ed il letale .iniziò a co llocarsi tra la minore e maggiore velocità co n la quale si alterava l'inerzia di un oggetto. Per ce n tinaia di migl iai a di anni non se ne comprese la ragione, ma non per questo si cessò dal raffinarne lo sfruttamento . Anzi per incrementare g li esiti , sembrando la so la forza musco lare poca cosa, si cominciò ad accumul arla deformando corpi e lastici che, a ppena liberi di riassumere la loro originaria configurazione, la resti tuivano quasi istanta n eamente con esiti inusitati. Fu questo il caso d e ll'arco prima e delle ca t apu lte poi, enu·ambi costi tuite da un accumul atore energetico - bracci e matasse elastiche sottoposte a torsione -e da un dispositivo di sga ncio.

Nel frattempo si era osservato che, con connotazioni disparatissime, in natura abbandonavano fenomeni con analoghi sviluppi sequ enziali. Rid otti a ll'essenzia l e potrebbero r i ass umersi in una modestissima ca u sa che genera un gigantesco effe t to. Un macigno, ad esempio, in bi lico su di un precipizio richiedeva la somministrazione di un piccolo sforzo per precipitare e produtTe un enorme crater e ne l punto d'impatto. Come pure da una tranqu ill a prateria di erba secca si originava l'inferno per m ezzo di una piccol a scintilla. Inutil e ricercaiVi la percezione d e l concetto di energia potenziale, di cui però in breve si riuscì a padroneggiarne le più appruiscenti ma-

Granatiere inglese in tma incisione del 1673 Sullo sfondo un attacco con granate a matto. n ifestazioni. In particolare nell ' impiego, di giorno in giorno , p ervasivo del fuoco s i r ecepì la strao rdinaria conseg u e n zialità c h e poteva scaturire dalla umile sc intilla. Non a caso, quindi, a tutt e quelle forme , e quantità, di input energe tici necess ari a scatenare una reazione venne dato il nome di «innesco », derivato dalla picco la quantità di materia facilmente infi a mmabile, «esca)} appunto , s u c ui veni va fatta ca dere una scintilla per accen-

de re il fuoco. Innesco sarà pure la bomba all 'uranio impiegata per att ivare quella all'idrogeno!

P er la fervida fantasia d ei greci n e l miracolo delle fiamme sprigionate d a una scintilla, che g iu stamente pon eva a fondamento della c iviltà, era coerente intravedere l'onnipotenza de ll a divinità. Il mito di P rometeo, reo di aver sottra tto dall'Olimpo una favilla per donarla agli uomini, (<innesca ndone» l 'evo luzione , dimostra l a consapevolezza della s ua rivoluzionaria conseguenzialità

E m e n t r e l'infeli ce ladro, per il suo sacrilego ges to, scontava la co ndanna all'eterno sbranamento del fegato p erpetrato da insaziab i li rap aci, gli umani escogitavano t ecnich e via via più efficaci per avviare a loro discrezione l a co mbustione , semp r e p erò a partire dalla umil e sc intilla.

Se l'origine della combustione era in evitabi lm ente una sc intilla, le estrinsecazioni, invece, potevano attingere grandiosità devastanti e spaventose. Tra il fuoco e la guerra si stabill s ubito una stretta correlazione, co n la sagace p recauzione di porsi a distanza di sic urezza appena app i cca to l'incendio . Lo scate n arsi d ell'energia potenzial e racc hiu sa nei materiali combustibili, rich iedeva un innesco ma os t e n tava tempi di attivazione abbasta n za lunghi per riuscire fatale ai promotori.

L'avv e nto della polvere pirica fo rnì una nuova sostanza combustib iJ e: a diffe renza però di quelle fino ad allora co nosciute la reazione non s i avviava lentam en t e, sviluppandosi progressivamente ed esauren d osi a l trettanto Jenta-

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Disegno di un 'arcaica arma da fuoco mm1esca provvista del particolare siste ma di acce n sione definito a «serpe u titta »

mente per la consumazione della materia. Tutto avveniva istantaneamente , come lo scoccare del dardo, bastando appena una unica scintilla a produrre la reazione. Perfetta , quindi, la rispondenza al requisito offensivo, innanzi esposto, del minimo intervallo' tra fase potenziale e fase attiva. L a cessione all'ambiente circostante di tanta energia in un infinitesimale istante si definì, traendone il nome dal suono dell'improvvisa espulsione dell'aria dalle guancie enfiate, «esplosione»

Evidentissima, pertanto, sin dalla comparsa la valenza bellica del miscuglio, ma altrettanto evidente che nessuno avrebbe potuto impunemente somministrarle l'accensione senza restarne vittima. Nel giro di pochi decenni , però, quell'elementare ostacolo trovò soddisfacente soluzione nelle primordiali artiglierie. Tuttavia per l'eccessiva approssimazione costruttiva, per la sconosciuta resistenza dei metalli, per la mancan-

za di ompgeneità strutturale e per la scritenata discrezionalità del dosaggio e dei quantitativi di polvere impiegata, gli incidenti funes tarono con cadenze terribili l'impiego delle nuove anni. Forse fu più per l'impatto emotivo generato dal loro tuonare, che per quello distruttivo delle loro palle di pietra che riuscirono a sopravvivere a tante disgraziate prestazioni!

Di certo si ten tò quasi subito di porsi il meno vicino possibile ad una bocca da fuoco al momento dello sparo: ed anche così la precauzione si confermò spesso insufficiente Trascorse da quei maldestri tentativi quasi un secolo e mezzo caratterizzato da una lenta evoluzione dell'arma da fuoco e da una maggiore consapev olezza dei suoi problemi, ed ovviamente da una consistente riduzione dei rischi. Nel corso di questo lungo arco storico le prestazioni dell'artiglieria iniziarono ad imporsi su quelle delle tradizionali macchine ossidionali: le fortificazioni dovettero adeguarsi ai loro insulti incrementando prima le resistenze passive e poi la concezione stessa d'impianto.

Al pari delle corazze lapidee dei castelli, anche quelle d'ac-

ciaio delle armature cessarono di dispensa re inviolabilità. Alcuni piccolissimi pezzi, rudimentali e disagevoli , ma utibzzabili da un solo uomo avevano iniziato a lampeggiare sul campo di battaglia: fu l'alba dell'arma da fuoco individuale ed il tramonto del cavaliere blindato. Occorreva comunque eliminarne le eccessive, e pericolosissime, approssimazioni.

n traguardo appariva non solo ambizioso ma estremamente improbo: il peso ragguardevole di quei minuscoli cannoni - che tali in effetti ancora erano - rendeva necessario supportarli con apposite forcelle, ma soprattutto richiedeva un diverso sistema di accensione della carica di lancio, che per il particolare impiego si trovava vicinissima al volto del tiratore. Facile immaginare i rischi che comportava lo sparo effettuato poggiando un carbone ardente sul foro d'innesco , «focone» , della canna, cosparso di polvere sfusa! L'adozione di una miccia, portata a lambire la polvere sul focone mediante un listello imperniato al centro e fatto ruotare dalla mano rappresentò la prima so luzione del problema.

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Intorno alla metà del XV secolo si migliorò ulteriormente il sistema d 'accensione, praticando il focone non più sulla parte superiore della canna, ma sulla sua destra, ponendovi immediatamente al di sotto un minuscolo sco dellino in cui depositare la polvere d 'i nnesco. Con tale disposizione si evitava la sfiammata dinnanzi agli occhi e si liberava la linea di mira dell'arma. Al listello si apportarono lievi modifiche, più di natura artistica che funzionale: lo si foggiò a forma di serpente, e ne ll a sua bocca s i serrò la miccia. Il sistema divenne noto come accensione a «s erpentina» . Il serpente in seguito assunse le fattezze della testa di un cane, ed il congegno ne mutò il nome, che da allora non mutò più. In pratica, tirando vers o la spalla, con la mano destra l'estremità inferiore della serpentina, la miccia finiva per raggiungere lo scodellino provocando lo sparo.

Sebbene macchinosa ed incerta la sequenza appena descritta non differisce sostanzialmente da quella ancora impiegata per il tiro delle armi individuali, conferma della esatta individuazione ergonomica. R estava però darisolvere sempre il gravissimo inconveniente della m i ccia accesa molt o tempo prima dello sparo, per nulla compatibile con la sicurezza del tiratore Anche per i cannoni, a suo tempo, lo sparo ottenuto tramite l'avvicinamento di micce accese, o peggio di torce, si er a dimostrato foriero di infinite sciagure. La concomitanza , infatti, di barili aperti, di polvere e fiamme continue, non consentiva alcuna sicurezza nella già precaria professione dell' artigliere. In breve si optò per appositi attizzatoi e per buttafuochi perfettamente in gr ado di accendere senza soverchi rischi le cariche dei pezzi: ma entrambi gli a t-

Disegtto della piastm a «ruota>>: sistema di accensiotre realizzato Ùltorno al 1505-1513.

trezzi, ingombranti e macchinosi, non si prestavano assolutamente all'adozione su armi individuali.

La soluzione p iù ovvia suggeriva che in presenza di polvere scoperta il fuoco dovesse esistere solo per l'istante necessario all'innesco , bas t ando pera l tro una semplice scintilla. P er esperienza ormai ultrasecolare ogni fabbro ed ogni artigiano armaiolo sapeva perfettamente c h e affilando una lama su di una ruota smeriglio, dal ferro si sprigionavano getti di scintille Sensato allora cercare di riprodurne l'insieme, :miniaturizzandol o ed automatizzandolo con o p portune molle.

I n pratica intorno al l SOS- 1513 si realizzò un sistema di accensione basato appunto sullo sfregamento tra una ruota zi grinata ed una scheggia di pietra foca ia, o di pirite, in seguito definito appunto «piastra a ruota».

In dettaglio (vedasi disegno sottostante) si applicò una piastra di metallo, propriamente detta <<cartella» (2 ), uno scodellino sulla s u a sommità (4), ed un perno di fi anco Centrata su quest'ultimo stava la ruota (1), di circa 4-5 cm di diametro, alla cui rotazione , più

o meno parziale, prowedeva una molla (3), precedentemente caricata con una apposita chiave quadrata, in dotazione all'ar ma. Un breve settore del bordo della ruota fuoriusciva all'interno dello scodellino attraverso una fessura, trovandosi così a stretto contatto con la polvere d'innesco . In posiz i one antistante alla ruota, incernierato su di un risalto della cartella fu posizionato il cane (6), costituito da un morsetto a vite (7) tra le cui ganasce si serrava la scheggia di pietra focaia (8). Una seconda molla (5) provvedeva alla movimentazione del cane. Al momento dello sparo, tirando il grilletto si liberava la molla della ruota, che l a costringeva a girare, ed al contempo anche quella del cane, che veniva portato a sbattere sulla ruota. Dallo sfregamento prodotto dalla ro t azione di questa sotto la pressione della pietra focaia sprizzavano alcune scintille, che istantaneamente comunicavano l'accensione alla polvere nello scodellino

Anche se abbastanza lunga la descrizione , il processo avveniva in maniera fulminea, e si rive l ò sin dal suo apparire assoluta -

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mente stravo lgen te. Suo tram ite divenne possibile costruire archibugi più piccoli e persino pistole: l'Imperatore Massimiliano già nel 15 17 proibì la fabbricazione d ei diabolici acciarini a ruota tentando inutilmente di interdire la prolifera zione di tali armi.

Da un punto di vista strettamente storico questa rappresenta una delle poche date certe in materia. Con ampia approssimazione sembrerebbe che tra il1521 ed U 1525 molti archibugi e pistole a ruota vennero prodotte in Germania. Ma la scoperta più singolare, per noi italiani in particolare, è il ruolo che ebbe Leonardo da Vinci nella ottimizzazione dell'acciarino a ruota.

Nel foglio 56 del «Codice Atlantico» compare un elegantissimo grafico in scala di una piastra a ruota di concezione evolutissima La datazione del documento lo

Disegno raffigurante la sezione dell 'acciarino di un accendino e, in dettaglio, lo spaccato assonometrico.

colloca agli albori del'SOO, quindi in significativo anticipo sulle success i ve realizzazioni. A differenza di molti dis egn i del sommo maestro , questo sembra indubbiament e costituire la preparazione di un c oncreto progetto esecutivo che trovò pratica adozione, testimoniata da alcune armi pervenuteci e custodite attualmente presso il P alazzo Ducale di Venezia. n ·a le novità che l'acciarino leonardesco presenta vi è l'adozione di una molla elicoidale per il movimento della ruota, trasmessole mediante una catena a galle - quella impiegata nelle biciclette e nelle moto - e lo sfregamento fisso della pietra sulla corona. Eliminato perciò il cane, ed il relativo meccanismo, razionalizzata la molla principale , e adottato lo sfregamento continuo, l'acciarino di Leonardò diviene a questo punto straordina-

riamente simile a quelli che si rinvengono nei nostri accendini. Owiamente non essendoci più la necessità de] movimento automatico della ruo t a, si prowed e alla necessità manualmente, con il pollice, per cui si è delegato alla molla elicoidale la funzione di spingi-pietrina, anche nel nostro caso sempre in contatto con la ruota.

Tornando alle armi manesche, dopo il travolgente successo dell'acciarino a ruota , diffusosi in tutta Europa già nel 1530, si verificarono ulteriori perfezionamenti al sistema di accensione. Non è azzardato ritenere che, in alcuni casi di blocco della ruota, la percussione del cane sulla stessa, quand'anche ferma , abbia prodotto lo stesso alcune scintille. Si ritenne perciò, in pochi decenni che non era necessario per l o sfregamento un doppio movi-

122 'J i. -c • ...
)

mento conte mp oraneo, b as t a nd o solta nto que Uo d e l cane. La p ieLra focaia s i portò q uindi a percuotere dir·ettamente una l amina d'acciaio zigrina to posta sopra lo scode ll ino, con idenlici risultati. l primi esemp l ari di questo nu ovo progresso apparvero verso il 1550 in Olanda, e vanno so tto il nome di acc iarino alla «che n cpan>>. Agli inizi del XVII seco lo, secon do la crono logia con·ente, compare un a e nn esima variante al sistema di accens ione per armi individuali: la piastra a «focile». Su ll a esa tt ezza della data, però, sembrerebbe doversi a pp o r·tare un serio sco nto: in una pedante or dinan za su ll 'ordine pubblico emessa a Napoli nel 1550 dal Viceré del m ome nt o così vie n e sanci t o :

«lt em essendose L'anni passati ... prohibito ponare Li archibuselli a fucile da due in tre palmi - da 50 a 75 cm di canna - sotto la pena de la vita el morte naturale, benché non se provasse che havesse fe rito alcuno con detti archibusetti, ma solamente portarli con sé ))

La eccezionale sevc t' ità d e ll a condanna, l a pena ca pit ale a ddirittura p er il sempl ice porto dell'arma, costit ui sce ad un tempo la conferma della sua diffusio n e molto prima del XVll seco lo e l a estre m a effice n za raggiunta con l' adozi one d e l nu ovo acciarino : iD breve infat ti il cur ioso «arc hibusetto a fucile» sarebbe diventato uni versa lm ente il fucile!

L'acciarino a ruota invece lentamente iniziò a sco mp ari re dall'ambito militare: il congegno però appariva suscettibile di uJte.-iori impieghi specie se a ll eggerito del meccanismo motore della ruota. Gradatamente le s u e dimensioni s i co ntras se ro fino a ll e attualJ, le so le compa tibili co n il pollice, c h e fornisce la rotazione alla ruota zigrinata Ovviamente non ci sta più la po lvere pirica a ricevere la scintilla, ma una fuoriuscita di gas, che ha sostituj t o di recente il prece d ente sto ppin o impregnato di

Pistoletto bresciano della seconda m e tà del XVI sec. , itt alto; pistola a «doppia ruota », Norimberga l 560 c irca , in basso.

benzina, o di alcool. I.:acccnsionc per la grande vo latilità del combustibile è perciò garantila, priva per di più di maleodoranti f"ttmi. Eppure nonostante tutto, non sempre a l primo scoccar della sci ntill a s i sp ri g ion a la desiderala fiamma, spec ie quando a man ovrare il n os tro acce ndin o è un delicato pollice remm inil e

A ciascuno di noi infatti sa r à ca pitato di osserva r e distrallamente magari se n za sp iegarsi il motivo di quella riconente stranezza, la maniera particolare con cui m o lt e d o nn e u sano l'accend ino. Non di rado impegnano e ntramb e le mani: con il pol1ice della s ini s tra tengono premuta la val vo la, mentre co n l'indic e d e lla destra impdmono la rotazione alla ruota dentata.

<; Incompatibilità tra gentil sesso e tecnologia!)) co n un maJcelato sorriso di super iorità.

In realtà la diversità è imputabile ad una anomalia di riconversione d e ll'a cciarino medes imo, a cui le ge ntili ute nti cercano di sopperire n e lla manjera più log ica. Nell'accia rin o a ruota p er armi da fuoco, infarti, la polvere pirica, owero il combustib il e, ris ultava presente ed infiamm abi le g ià prima dello scoccare della scinti ll a. Non così invece il gas p er quello del n ostro accendino, la c ui va lvola di fuoriu sc ita v ie n e co m a ndata dal po lli ce al tetm in e del s u o impegno s ulla ruota, c ioè virtua lm e nt e dopo c h e la sc intilla è s t a t a emessa. Ora se la superficie del pollice è abbastanza amp ia riesce, mentre inizi a a far girare la motellina, anche a premere su ll a valvola, ma quando è minu ta, Ja conte mporan e ità è impraticab il e, e la sc intilla scocca troppo presto! Unico rimeruo allora agire s ui due comandi disti ntam ente, appunto È forse questo l'estremo retaggio di un aggeggio inventato per rudi uomini di guerra.

D
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Storico e scritfore

Lo s pl end ido scenario de ll a Cappell a Pa tati na de ll a Regg ia di Caserta ha ratto da cornice, il 16 ottob re 1996, a ll a cerimonia di presentazione de l vo lume «Atti)) del Convegno Naziona le di Studi ((Ci nque secoli di storia nell'alta Provincia di Terra di La voro))

Un incontro di studi, organizzato dallo Stato Maggiore dell'Esercito- «Rivista Mi li tare)) con la collaborazione delTa Società di Storia Pani a di Terra di Lavoro e del Comune di Pietramelara, di cui abbiamo già da to co nto a i nostri lettori.

La toccante cer im oni a di p]·ese nt az ione del volume si è svolta all a presenza de l Capo di Stato Maggiore deiJ ' Esercito, Generale Bonifazio Incisa di Camerana.

Dopo gli interventi del Pres idente della Società di Storia Patria di Terra di Lavoro, Prof. Aniello

Gentile, del Direttore de ll a

«Rivista Mili tare)), Co l.

Giovanni Cerbo, e del Comandante della Regione

Militare Meridionale, Gcn.

C.A. Nicola Vozza, ha preso la parola il Generale Incisa il quale ha messo in tisalto i significativi risultati con-

segu iti dal Convegno. Una inizialiva- ha sottoli neato il Capo di SME- che, attraverso lo studio e la riscoperta di un lungo segmento di storia patria, è servita a stimolare una più larga diffusione della cultura militare, nel segno di un sempre maggiore rarforzamento del legame che unisce l'Esercito alla società civile.

U«patteiTe)) è stato quello deUe grandi occasioni. La fastosa platea della Cappella Palatina ha fatto registrare la presenza -oltre che di centinaia di cittad ini di Pietramelara, che hanno vo luto degnamente onorare un appu ntamento d i grande sign ificato storico-cu lturale- di numerose autorità civili, religiose e militari: il Prefetto di Caserta, dott. GoffTedo Sottile; il Vescovo di Casetta, Mons. Raffaele Nogaro; iJ Sindaco di Caserta, dott. Aldo Bulzoni; il Comand ante della 3• Divisio ne Carabinieri

«Oga çlen», Gen . D. Claudio Blasi; 1 1Ispettore della Gu ard ia di Finanza, Gen. D Claudio Soreca; il Comandante della Regione Carabinieli della Campania, Gen. B. Salvatore Fenu; il

f

Comandante della Brigata

Be rsaglieri «Garibaldi», Gen. B. Agostino Pedone; il Comandante della Leva e Reclutamento della Regione Militare Melidionale, Gen. B. Antonio di Gaeta; il Comandante della Scuola Allievi

Sotturtìciali A.M., Gen. B.A. Alessio Santicchl; il Sindaco di Pietramelara, signor Enzo Zarone; il Presidente dell'Associazione Nazionale del Fante, dott. Girolamo Garonna.

Si sono spente così le luci delle numerose celebrazioni del Sacco di Pietramelara, che hanno vis to ne l Co nvegno di stu di - svoltosi il 14 e 15 giugno 1996- il momento pitr suggestivo di una rievocazione di fatti e avvenimenti tragici che sono ancora presenti neUe azioni di oggi, e che

hanno ITovato nella Società di Storia Patria di Terra di Lavoro, nel Comune di Pi etramelara e nell'Associazione Pro-Loco lo slancio della passione e le capacità collaborative per assicurare all'intero ciclo delle manifestazioni uno straordinario successo e una rilevante tisonanza a livello terTitoriale e nazionale.

Al nero degli inchiostri e alla policromia delle pagine degli «Atti)) è affidalo il compilo di far risaltare il silenzioso richiamo che viene, ancora oggi, dai marmi e dai bronzi dei martiri del Sacco di Pi etramelara, perché Ja loro memoria cont inui a vivere nel cuore stesso della stor ia, nelle nost.re opere e nella nostra milizia, quale re li giosa celebrazione del loro eroismo.

STORIA MILITARE DELLE CITTÀ ITALIANE

Con questo articolo apriamo una collana di lavori dedicati alla storia militare delle principali città italiane.

A differenza delle altre città europee, che faticarono nei se coli ad iJnporsi nel contesto signorile in cui erano collocate, quelle italiane non cessarono mai di svolgere, anche nei pepiù bui, un ruolo centrale nei confronti del territorio, nw.ntenendo distinte le loro peculiarità culturali dalle condizioni politiche, giuridiche e militari.

La prima tappa di questo lungo viaggio non poteva che essere la città eterna.

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Tn le numerose ge nli , di stirpe e cultura talvoJla diversissime, che abitarono la penisola italica in età preromana, particolare importanza per la funzione che svolse nella storia e nella civiltà del mondo antico ebbe quella dci Latini. Questo nome che, con il consueto procedimento eponimico, fu [allo derivare da quello del mitico progenitore Latinus, indi cava invece gli «abitatori della pianura», cioè del la!hlm (dall'aggettivo latius: largo, aperto). Gli ai1tichissirni latini, appunto perché abitatori di una naturale unità geografica, realizzarono ben presto lo stab ilirs i di reciproci legami fra i numerosi piccoli populi in cui erano organizzati.

Per sfuggire all'endemico pericolo della malaria, c h e seminava stragi nella pianura Era le tante paludi che il Tevere prima di tutti, e poi altd corsi d'acqua minori, formavano, molti populi si raccolsero int orno ad Alba Longa, sul colle dove oggi sorge Castel Gandolfo. Altri si fermarono, sempre per la stessa ragione, su di un co ll e suJla riva sinistra del Tevere, che sarà poi detto «Palatino», e formarono il primo nucleo di quella che un giorno sarebbe diventala R oma. Qu esta zona che di fatto, per la sua posizione dominante sul Tevere nel punto in cui l'isola Tiberina ne facilitava l'atlraversamento, si presentava come una delle più idonee per un insediamento; abbastanza recenti scavi archeologici, indicano che essa fu stabi lm ente abitata almeno dal secolo IX a.C ..

Naturalmente altra cosa, a cominciare dai primi insediamenti stab ili , è l 'origine di una vera e propria comunità organizzata, costituitasi dalla progressiva riunione dei nuclei impiantati su vari colli. Fusione alla quale diede il via il leggendario Romolo nel 753 a.C. (secondo lo scrittore Var-

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rone, contemporaneo di Cicerone) con la fondazione di Roma, appunto sul colle Palatino, tracciando intorno alla nascente ciuà da lui fondata, una cinta conosc iuta con il nome di «cinta quadrata» dalla forma alla quale si awicinava il suo tracciato, per difenderla dalle sorprese dei suoi nemici. Originariamente, la cinta era composta da un rialzo con fosso e palizzata, in seguito f"Lt sostituita con un'altra in robusta muratura dello sviluppo di l 500 metri, nella quale erano praticale tre o quattro porte. A rinforzo di questa cinta, Romo]o costntl, su l co ll e Capitolino, un'opera chiusa a mo' di fortezza: così incominciò a formarsi la città, alla quale si aggiunsero altre piccole comunità sui colli adiacenti il Palatino. La leggenda dice che la città si chiamò «Roma» da Romulus, ma vi sono altre ipotesi,

come quella che fa risalire il nome all'antico nome del Tevere Ru111011, o al nome gentilizi o dei Ru11la, affine, d'altra parte, a quello antico del Tevere. Il complesso urbano si sviluppò sui sette co lli tufacei, dai fianchi piuttosto ripidi - quindi facilmente difendibili -e Servio Tullio munì la città, così ampliata, di una cinta in muratura molto più robusta di spessore da metri 2,30 a metri 4,50 secondo l'opport un ità dei luoghi e con uno svilu ppo di circa 14 chilometri, dei quali 3 sulla riva destra del Tevere. L'importanza di Roma, fin dall'injzio, deve essere stata probabilmente più militare (commerci lungo il Tevere o lungo i guadi, a questo punto non sono attestati dall'archeo log ia) che economica: un avamposto cioè dei latini contro g li inv asori etrusch i ; questo spiega il formarsi nei romani, fin dal tempo an -

tico, di una mentalità ab i tuata all'obbedienza, all'organizzazione, alle esercitazioni militari.

Durante la Repubblica e i primi anru dell'Imp ero, l a città non ebbe altra cinta che quella Serviana; però essa ne usciva fuori da tutti i lati, verso il Sud, il Nord e l'Est sull'altopiano in cui si riu- 1 niscono il Celio, l'Esquilino, il Viminale e il Quirinale; verso il Nord-Ovest, nel bassopiano che dal Capitolino e dal Quirinale si estendeva fino al Tevere e costi- l tuiva il Campo di Marte; oltre il Tevere, su una parte del Gianicolo e alle falde del Vaticano. Nel III secolo d.C. l'Imperatore Aureliano, per difendersi da possibili sconerie dei barbari che minacciavano i confini del vacillante Impero, ini ziò l'ampliamento della cerc hia delle mura che fu portato a termine dai suoi successori. La nuova cinta avanzò in ogni direzione: al Nord vi comprese il Collis Hortonmz (Pincio), oltre al Tevere un tratto del Gianicolo fino al suo vertice, così che i colli di Roma non fw·ono più sene ma nove. Questa fu l'estensione massima della Roma antica.

In queste righe ricorderemo, oltre ad alcune vicende generiche, gli eventi bellici che si svolsero nella città .

Nel 509 a.C., imitando le costLm1anze greche, i romani capirono quanto fosse più civile affidarsi non al predominio di un uomo, ma all'unione dei suoi migliori . Scacciarono quindi il settimo Re, Tarquinia il Superbo, e s i ressero a Repubblica. Tarquinia, tuttavia, istigò Porsenna, «lucwnone» di Chiusi, ad attaccare R oma, nella speranza di riconquistare il trono. Riun endo ai suoi gli armali di diverse c ilt à latine e sabine, Porsenna, nel 508 a.C., investì Roma dalla parte del Gianicolo, ma giunto al Tevere, fu arrestalo, su] ponte Sublicio, da Orazio Coclite il quale, dopo che

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Presunto 1itrarto di Silla, l sec. a.C..

Statua dell'Imperatore CostalltiiiO (dalle Tenne omonime sul Quirinale).

il ponte gli fu tagliato al le spalle, si salvò a nuoto. Porsenn<>., visto fallito l'assalto, pose l'assedio alla città. La leggenda racconta che Porsenna tolse l'assedio, in seguito, impressionato, o l tre che dal valore di Orazjo Coclite, anche da quello di Muzio Scevola e della vergine Clelia . Il primo punì stoicamente la mano tenendola su di un braciere perché essa aveva errato nel tentativo di assassinarlo dj sorpresa; la seconda, data in ostaggio agli assedianti, con co 1·aggio virile, era fuggita durante la notte ed era tornata a Roma attraversando il Tevere a nuoto, ma i romani l'avevano l ea lmente restituita. In realtà, P llruo riferisce che P orsenna, nel trattato di pace stretto con i romani all'atto della cessazione del suo assedio, impose una clausola che vietava loro l'uso del ferro per le armi, concedendolo soltanto per gli attrezzi agricoli e ques t a fu una clausola che indicò la soggezio ne della c ittà allo straniero. Roma , che sotto i Re era stata la capitale cJj un piccolo Impero, vide il suo territorio notevolmente ridotto, ma nonostante tutto sopravvisse: riconquistata la sua vocazione originaria con la semplicità dei suoi costumi e la forza d'animo di un popolo nato per comandare , ricominciò da capo e non si arrestò più .

Nel 390 a.C. molte tribù provenienti dalla Gallia e in cerca di tetre più fertili, scesero in Italia. I galli senoni, guidati da Brenna e forti di 170 000 uomini - secondo il Mommsen - furono quelli che scesero più a Sud dirigendosi verso Roma. il Senato, avutone notizia, non prese sul serio la minaccia e soltanto quando gli invasori giunsero all'undicesimo miglio dalle porte della città, si decise ad armare un esercito che non superò i 40 000 uomini, in gran parte giovani reclute, e lo schierò sul Tevere, die-

tro il torrentello Allia (l'attuale Fosso della M arcigliana). L a battaglia awenne poco dopo iJ solstizio d'estate: 1 8 luglio 390 a.C ..

Il fianco destro romano, formato da legionari armati alla leggera, che presidiava le colline di Crustumerium, venne travolto dalla furia gallica;. per evitare l'accerchiamento, i tribuni orctinarono un ripiegamento che si trasformò presto in rotta. Dopo questa vittoria, i galli marciarono su Ro ma , evacuata dalla popolazione terrorizzata, eccettuato il Camp i doglio , trasformato in

arsenal e e cinto di mura. Nella città rimasero pochi animosi e gli 80 anziani senatori che non vollero entrare nella rocca non essendo in grado di difenderla Così li rrovarono i barbari, nel Foro, sui loro scanni. È noto l'episodio del senatore Marco Papirio che percosse con la sua bacchetta d'avorio un guerriero che gli aveva toccato la barba per vedere se fosse un uomo o una statua. La reazione dei galli fu rabbiosa: per giorni e notti massacrarono tutti coloro che trovarono; neUa distruzione andarono

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perduti preziosi documenti: le antiche cronache di Roma.

La storia ci ha tramandato quello che succedcllc in seguito. Una notte i ga lli tentarono la scalata al Campidogli o, confidando di sorprendere le sentinelle addormentate, ma le oche sac re a Giunone desta r ono il tribuna Marco Manlio che con i suoi legionari respinse l'attacco. Dopo mesi di assedio, la fame, il solleone c le pestilenze decimarono gli assedianti c g li assediati. «lA mortalità era tal111e11te grandet·acconta Plut arco - che non si seppellivano più i cadaveri». li Lribuno Quinto Su lpicio usd dal Campidoglio per offr ire a Bren n o

il riscatto della città con mille l ibbre d'oro; il ga ll o accettò sub it o, tanto più che gl i era giunta notizia che i veneti stavano minacciando il suo ten-itorio presso il Po. Durante la pesatura dell'oro, alle rimostranze di Sulpicio che le bilance erano state truccate, Brenno gettò la sua spada sui pesi e gridò «Vae victish•, aumentando così il peso dell'oro da consegnare: i romani dovellero subire quest'ultima umiliazione. A questo punto, tuttavia, accadde un fatto nuovo. 11 dittatore M. Furio Camillo, che aveva guidato diverse vo lt e a ll a vi ltoria l'Esercì lo romano, per mene politiche c ing iu ste accuse era stato mandato

Riprodu:ione plastica del Circo di Masse11:io su scala 1:100.

in esilio: quando seppe dell'invas ion e delJa sua città da parte dei galli, raccolse un esercito di 20 000 uomini nei dintorni d i Veio cd entrò in Roma ne l momento della pesatura delJ'oro esecondo la leggenda - gridò: «Non cou l'oro ma col ferro si riscatta Roma!» scagliandosi contro i ga lli. La lotta si allargò in tutta la c itl à: Brenna e i suoi si ritirai'Ono e posero i l campo lungo la via Gabinia dove furono attaccati c sterminati dall'esercito eli Cam ill o. «Così -scrive Plut ar-

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co - Roma fu stranamente presa e ancor più stranamente Liberata».

L'occupazione era durata sette mesi: i barbari vi erano entrati alle Idi di luglio e ne uscirono verso le Idi ili febbraio.

Nell'82 a.C., durante la Gu e rra Civile, Silla era accampato co n il s uo esercito nelle strette go l e che dalla via Latina conducevano a Preneste per affrontare l' esercito sannitico-lucano, forte ili 80 000 uomini, parti g iano di Mario e comandato dal sannita Ponzio Telesino; quest ' ultimo, saputo che a Roma e ra rimasto uno scarso presiilio, con una manovra audacissima, levò le tende e mosse co ntro la capitale riusce ndo ad eludere la vigilanza del nemico e giunse sotto Roma dalla parte di Porta Collina (Porta Pi a), la notte dal 31 ottobre al l o novembre 82 a.C

I romani mandarono a chiedere ai uto a Silla: era possibile che Silla arrivasse a salvare la città, ma per ciò era necessario guadagnare tempo, ossia ritardare maggiorm e nte possibile l'assalto nemico. A tale scopo si sacrificò un eroico manipolo eli giovani sotto la guida di un oscuro magistrato: il pretore Appio Claudio. La mattina all'al b a, uscirono da Porta Collina e assalirono il nemico nel suo stesso accampamento a dieci stadii dalla città. Tutti gli assalitori trovarono la morte nel combattimento, ma il coraggioso atto non fu vano poiché Ponzio Telesino, avendo voluto dare un pò di riposo ai suoi uomini dopo la lotta, lasciò a Silla il tempo di arrivare in soccorso a Rom a. A pr·eannunciare il suo rapido arrivo inviò la Cavalleria, comandata da un suo Luogotenent e, un tal Balbo, con il compito ili gettarsi immediatamente sul nemico e trattenerlo ad ogni costo a prezzo di qualsiasi sacrificio. La Cavalleria si lanciò sull'esercito sannitico-lucano e mentre era ancora impegnata nel disperato ed ineguale combattimento, apparve l'esercito sillano . La battaglia fu accanitissima. I.:ala sinistra, co-

mandata da Silla, fu sbaragliata, ma l'ala destra, comandata da M. Licinio Crasso, ebbe il sopravvento e inseguì i nemici fino ad Antemna, a quattro chilometri da Roma. Alla fine, Crasso inviò a Silla tutte le forz e di cui ilisponeva o di cui poté disfarsi, e il piombare di qu esto rinforzo addosso ad un esercito che la sicurezza della vittoria aveva reso incurante, inflisse il co lpo decisivo ai trionfatori di un'ora. Sul campo rimasero 50 000 cadaveri; Ponzio perì nella mischia. Caddero prigionieri 8 000 uomini che furono fatti scannare da Silla. I Luogotenenti di Pon zio, Marcio, Damasippo e Caninate, furono decapitati il giorno dopo nel Campo di Mart e.

Nei secoli che seguirono Roma , ormai centro di un vasto Impero, non fu più minacciata da nemic i . Le già citate mura aureliane, lungh e 19 chilometri e che inglobavano 13 ettari di superficie, proteggevano una popolazione di l 000 000-1 400 000 abitanti.

Nel 312 d.C. scoppiò la guerra fra Costantino e Massenzio, il primo acclamato Imperatore dalle legioni della Galli a, il secondo dai Pretoriani e dal popolo romano. Nella prima vera del 312, Costantino varcò le Alpi , co nquistò il Piemonte, sbaragHò l'eserci to del Luogotenente di Massenzio, Ruricio Pompeiano, sotto Verona, e il 26 ottobre, con un esercito di 40 000 uomini , dei quali 4 000 cavalieri, comparve nell'ampia pianura denominata Saxa Rubra , nei pressi della via Flaminia, al 13° chilometro da Roma; alcuni storici moderni hanno dimostrato che la località corrisponde alla zona chiamata oggi Tor di Quinto, non lontana dall'antico Ponte Milvio. Mas senzio, che ilisponeva di 60 000 uomini, ordinò alla propria avangùardia di attaccare il nemico. Gli sco ntri si sedaro no verso la sera, nel frattempo, Massenzio aveva elaborato un piano molto ambizioso: consapevole della sua superiorità numerica, nel cuore d ella notte,

qualche chilometro a Nord del Pont e Milvio (tenuto sotto costante osservazione dai costantiniani) fece gettare un ponte di barche e vi fece passare gran parte del suo esercito, conducendolo nel fondo della pianura ili To r di Quinto; la sua intenzione era quella di proseguire poi costeggiando la via Flaminia ed accerchiare l'esercito nemico; i costantiniani avrebbero dovuto retrocedere in direzione del fiume verso l a città, ma avrebbero trovato i pretoriani a difendere il Pont e Milvio e avrebbero cercato via di sca mpo sul ponte di barche fatto sabotare da Massenzio dopo il passaggio del suo esercito, sareb b ero caduti in acqua e annientati dalle sue truppe.

Ma il piano non funzionò. Appena iniziata la mossa avvol gente, le sentinelle costantiniane diedero l'allarme e i legionari , impugnate l e armi, si schierarono; Massenzio, co lto con tutto l'esercito in fase di manovra, tem ette di essere attaccato sul fianco , ricondusse iJ suo esercito sulla pianw·a e s i dispose su due ali: la destra dal Tevere sino alle colline che delimitavano verso Nord la pianura, la sini stra lungo la linea del Tevere con il fiume alle spalle, in retroguardia tenne i suoi famo si cava1i eri catafratti.

Costantino individuò nell'ala sinistra il punto debole dello scllieramento avve rsario e concentrò in quel punto l e sue forze maggiori, mentre un contingente minore teneva impegnata l'ala destra. Intanto che l'ala sinistra, dalla parte delle colline, conteneva a fatica e retrocedendo l e forze di Massenzio, Costantino, che aveva sferrato il suo attacco suJ lato del fiume e vede ndo che i nemici erano sul punto di cedere, scatenò la sua validissima Cavalleria. Ma ssenzio fece intervenire allora i suoi cavalieri, esaurita la potenza d'urto, sarebbero rimasti preda della confusione da loro stessi c r eata e delle loro pesanti e ingombranti armature , fece intervenire un corpo scelto di fanti, te -

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nuto in riserva, che circondarono e fecero a pezzi i cavalieri nemici. Benché Ma ssenz io avesse messo in fuga l'ala sinistra costantiniana, si trovò con la sua ala sinistra in rotta: i suoi uomini, presi dal panico, si gettarono su l ponte di barche che, precedentemente sabotato, li trascinò in acqua con esito disastroso; la sua ala destra s i lanciò al soccorso ma rimase coinvolta nella confusio ne generale e cercò di passare il fiume sul ponte di barche che non esisteva più; i Pretoriani che difendevano il Ponte Milvio vennero fatti a pezzi. An c h e Massenzio cercò scampo attraverso il fiume, ma venne ingoiato dalle acque li-

macciose. Costantino fece recuperare il cadavere di Massenzio, gli fece mozzare la testa, la fece infiggere su di una picca ed entrò trionfatore in città.

Nell'estate del 408 d.C. , Alarico, capo dei goti, alla sua terza invasione in Italia , attraversò l'intera penisola senza incontrare resistenza e giunse alle porte di Roma, ma non osò affrontare le solide mura aureliane e la cinse d ' assedio impossessand osi anche di Ostia in modo da tagliare i rifornimenti di viveri alla città. Quando si trovaron o s tremati dalla fame, i romani inviarono una commissione di senatori per trattative: Alari co ac-

Arco di Costantino. Plastico ricosmativo ilz scala 1:20.

cettò, in cambio della fine dell'assedio, il pagamento di 5 000 libbre d'oro, 30 000 libbre d ' argento e la consegna di 4 000 vestiti di seta, 3 000 vestiti di porpora e 3 000 libbre di pepe, che allora aveva un grandissimo valore. U Re dei goti tolse il blocco e prese quartiere nella Tuscia (Toscana). Non ave n do però i romani adempiuto alle clausole, due anni dopo tornò davanti a Roma, prese d'assalto le m u ra e, aiutato da l tra d imento, entrò nella città che fu sacch eggiata e abbandonata dopo pochi giorni. Jl bottino più prezioso fu la cattura di Galla P lacidia, figlia di Teodorico il Grande.

Un nuovo saccheggio la città subì nel 455, per opera di Genserico, Re dei vandali, e durò 14 giorni.

Nel 472, durante il periodo di predominio vandalico sulla peniso la , Flavio Ricimero , un patriz io barbarico di nazionalità sveva e antico Ufficiale di Ezio, il vincitore di Attila, magister militum dell'Imperatore romano d'Occidente Anternio, accettò l'idea di porre sul trono un candidato del Re dei vandali Genselico, Anici o Oli brio. D a Milano, dove si trovava , scese a Roma con un grosso esercito e vi pose l'asse dio. Impossessatosi senza combattere della riva destra del Tevere, ottenne la vittori a in una battaglia avvenuta presso il Ponte di Adriano. Dopo cinque mesi d'assedio, che avevano cagionato alla cinà soffe ren ze indicibili, Roma fu presa l' 11 luglio, sacc h eggiata e, in parte, anche ince ndiata. Anternio fu preso e truc idato. Tuttavia, né Recimero n é Olibrio sopravvissero al sanguinoso trionfo: il primo mori oscuramente nell'agosto, il secondo n e l novembre.

Durante la guerra dell'Imperatore romano d'Cliente Giustiniano contro Vitige, R e degli ostro -

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L1mpera1ore Giustiniano (particolm·e dal mosaico di San Vìtale a Ravenna, VI sec. d .C. ) .

goti, i bizantini, al comando di Belisario , mossero dalla Sicilia e, approfittando dell'assenza di Vitige da Roma, vi entrarono nella notte fra il 9 e il 10 dicembre del 536. Belisario provvide a dotare la città di nuove fortificazioni e di vettovaglie, in previsione di un ritorno degli ostrogoti. Vitige, infatti, dopo aver raccolto un esercito di 150 000 uomini, da R avenna marciò verso Roma sperando di prenderla d'assalto, ma la manovra non riuscì. Dopo trattative fallite, Vitige fece costruire arieti e toni di legno, alte quanto le mtrra, trainate da buoi. Belisruio fece installare sulle mura baliste e onagr! che uccisero i buoi della macchina da guerra degli ostrogoti e con improvvise sortite ne fece incendiare un gran numero . La superiorità dei bizantini ebbe la meglio sui barbari che subirono la perdita di 30 000 morti e 60 000 feriti. I.:assalto si trasformò in assedio. Nell ' aprile 537 B elisario ricevette rinforzi e l'assedio si prolungò; durante l'estate, la carestia dei viveri e la peste indebolirono gli assediati ma provocarono notevoli perdite anche fra gli assedianti. Nel mru"Zo 538 Vi tige abbandonò l'investimento per correre a difendere l'Italia a nord degli Appennini. Dtrrante il ripiegamento fu però assalito da Belisario subendo ingenti perdite.

Nel 545, partito dall'I talia B elisario, i goti, guidati dal nuovo R e Totila, riuscirono ad occupare Roma. A Costantinopoli allora, fu allestito un poderoso esercito al comando del vecchio General e Narsete che, sbarcato in Italia, dopo la vittoria riportata a Tagina (oggi Gualdo Tadino ), riprese definitivamente la città ai goti.

Rom a, dtrrante tutti questi anni di guerre, si era spopolata e le sue antiche istituzioni in piena decadenza. Essa era, in teoria, governata da «duchi» che dipende-

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vano daJJ'esarca bizantino di Ravenna, ma di fatto, in questo periodo di anarchia, l'auwrità pontificia si manifestò ben presto preponderante, la città divenne il centro della cristianità e si awiò un 'econo mia autosufficiente con iJ potenzi amento di proprietà fondiarie (domus cultae) che costituirono una cintura difensiva intorno ad essa.

Nell'850, Papa Leone IV creò, sLùla riva destra del Tevere attorno a San Pietro, una città fort ificata (la città leonina), che fu il nucleo originario della Città del Vaticano; questa, collegata con la Mol e Adliana (Castrum S. Angeli)

timo investì la c itt à una prima volta il 20 maggio l 081, ma i romani appoggiarono compatti il Pontefice e 11rnperatore, dopo due mesi di vani sforz i, dovette abbandonare l'assedio e si ritirò in Lombardia. Tornato ad assediarla nel marzo 1082, ebbe l o stesso risultato Ritornò nella pdmavera del 1083 e questa volta gli imperiali riuscirono a superare le mura della città leonina che cadde nelle loro mani. Il Papa si rin-

La proclama:.ione de lla Repubblica Romana in Campidoglio (da una litografia di Perrin).

staurazione di un senato, ma questo movimento assunse rapidamente un carattere eretico con Arnaldo da Brescia. Federico Barbarossa, che stava scendendo in Ilali a per farsi incoronare Imperatore da] P apa Adriano IV, catturò Arnaldo da Brescia fuggito da R oma al suo avvicinarsi e lo consegnò ai fedeli del Pap a che lo impiccarono e ne dispersero le ceneri n e l Tevere. Nel giugno 1155 il Barbarossa venne incoronato Imperatore ma la popolazione insorse e l'esercito imperiale, accampato fuori dalle mura, entrò in città: ne derivò una battaglia presso Castel S. Angelo che durò un'intera giomala e fin} con il prevalere delle armi imperiali , l 000 cittadini rimasero uccisi, ma Federico con il Papa si ritirò a Ti vo li.

Nel luglio 1167, su pression e dell 'a ntipapa Pasquale III , residente a Viterbo, il B arbarossa ridiscese a Roma per scacciare il P ontefice Alessandro III che fuggì a Gaela dopo l'occupazione della città da parte degli imperiali. Dopo una terribile epidemia che fece strage nella ca pitale, l'Imperatore l'abbandonò per ritirarsi a Pavia.

e- allraverso il P onte Elio - con Campo Marzio e con la sede pontificia del Laterano tramite la via Major, assunse una particolare importanza strategica. Contemporaneamente, nell'area urbana , si definì il sistema delle fortificazioni monastiche, capisaldi del nuovo s istema difensivo di Roma , mentre i maggiori monumenti dell'antichità vennero trasformati in rocche in mano alle famiglie nobili romane che controllarono militarmente rioni e strade.

Durante la lotta per le investiture fra il Papa Gregorio VII ed Enrico IV di Germania, quest'u l-

chiuse nel Castel S. Angelo e riuscì a resistere tanto c h e, nel luglio Enrico, lasciato un presidio nella parte occupa ta , tornò in Lombardia. Nel marzo 1084, finalmente , l'Impcrato1·e riuscì nel suo intento , fece eleggere un antipapa (Clemente III) c pose ancora l'assedio a Castel S. Angelo; ma alla notizia che un esercito normanno si stava avvicinando da Sud in soccorso d e l Pontefice, si ritirò Yerso l'Italia settentrionale

Nel XII secolo il popolo romano scese in lotta per ottenere il diritto ad autogovernarsi. U colpo di stato del l143 portò alla re-

Nel 1409 , il Papa Gregmio Xll conferì a l R e di Napoli Ladisla o il governo dello Stato della Chi esa contro i cardi nali della fazione conci li are che volevano risolvere iJ problema deJJo scisma del suo avversario avignonese Benedetto XIII. La Lega contrada a Gre gorio XII era sostenuta da Firenze e da Luigi II d'Angiò e le sue milizie erano guidate dai condottieri Muzio Attendolo , detto lo Sforza, c da Braccio da Montone. In ottobre gli alleati posero l'ass e dio alla città che resistette pei- tre mesi, ma il 30 dicembre i romani aprirono LLDa porta delle mw·a a Paol o Orsini , partigiano di Luigi; la lotta si diffuse in tutta la città e i napoletani vennero cacciati. I cardjnali del partito conciliare si riunirono a Pi sa, deposero il Papa e l'antipapa ed elessero Pi etro Fi-

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lareto di Candia col nome di Alessandro V.

La politica di Papa Clemente VII che, nel 1526, aveva aderito alla Lega di Cognac promossa da Francesco I contro Carlo V, attirò su Roma, nel l 527, le milizie spagnole e tedesche, comandate dal Duca di Borbone, forti di 40 000 uomini, che arrivarono sotto le mura il 5 maggio. All'interno gli imperiali erano appoggiati dalle forze dei Colonna, irriducibili avversari del Papa. Renzo di Ceri, della casa Orsini , radunò un piccolo esercito per la difesa della città. U 6 maggio il Borbone condusse all'assalto i suoi fanti c sal'ì per primo su di una scala appoggiata alle mw·a dalle parti di Borgo, ma venne colpito a morte da una palla di moschetto, della quale si vanterà più tardi Benvenuto Cellini; gli imperiali, infuriati, superarono le mura ed enu·arono in città sp in gendosi fino in Piazza S. Pi etro dove urtarono contro le barricate degli svizzeri

che vennero tu lti massacrati dopo un'eroica difesa che permise a Clemente VII di riparare in Castel S. Angelo, mentre gli invasori, e in particolare i lanzicheneccbi del Frundsberg, diedero inizio ad un orrendo saccheggio che si protrasse per ben nove mesi con migliaia di morti e grandi distruzioni. Dopo lungh e trattative, in novembre, il Papa venne posto in libertà e reintegrato ne i suoi poteri spirituali e temporali, ma dovette imp egnarsi ad indire un concilio, a promuovere la pace nella Cristianità ed a restare neutrale nella lotla fra la Francia e gli Asburgo. Il fiorente:: ambiente urnanistico di Roma si disperse.

Nel 1798, il Generale Berthier ebbe l'ordine dal Dirett9rio dj marciare contro Roma per vendicare la morte del Generale francese Duphot, ucciso dai soldati pontifici mentre incitava i «patrioti.,. contro il governo del Papa. :L 11 febbraio l'esercito francese entrò in Roma su due colonn e, una da Por-

l garibaldini scon(iggo11o le truppe dell'Esercito borbo11ico a Palestrina 1'8 maggio l 849, (in una incisione di P. Barabino).

ta Pia e l'altra da P orta del Popolo. Due giorni dopo venne proclamata la Repubblica e Papa Pio VI condotto in Francia. Le ruberie e le vessazioni francesi provocarono, in Trastevere il25 febbraio, una rivolta popolare, che terminò con la fucilazione dei capi degli insorti a Piazza del Pop olo.

In seguito al fermento costituzionale del 1848, nel novembre, Papa Pio IX si rifugiò nel napoletano e il 5 febbraio dell'anuo seguente venne costituita la Repubblica Romana. Il Generale Oudinot, inviato da Napoleone ID aiJa testa di truppe francesi in accoglimento dell'appello del Papa, sbarcò a Civitavecchia e il 30 aprile atlaccò Roma dalla parte del Gianicolo, la cui difesa era affidata a Garibaldi; ma fu respinto e costretto a ripiegare. Si giun-

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se quindi ad un arrmstlzJo, durante il quale Garibaldi sconfisse a Palestrina e a Velletri l'Esercito borbonico che aveva valicato il confine. D 3 giugno, con un giOJ·no di amicipo sulla scadenza dell'armistizio per sorprendere i difensod romani, l'Oudinot iniziò l'assalto al Gianicolo: nelle ville antistanti le mura romane, Villa Pamphili , Villa Corsini, il Vascello, i vol ontari repubblicani si batterono eroicamente sopp01tando gravi perdite per la grande superiorità dei francesi in uomini e mezzi. Caddero in comballimcnlo Goffredo Mameli, Luciano Manara, Emilio Morosini, Enrico Dandolo e molti altri. Impadronilosi, il 30 giungo, di un tratto delle mura romane, l'Oudinot riuscì a vincere, a Porta S. Pancrazio, l'ultima disperata resi ste n za di Garibaldi: il 3 luglio i fl·ances i entrarono in Roma e i Trium-

viri della Repubblica furono costretti ad ordinare il cessate il fuoco. Pio IX rientrò in Roma l'anno successivo.

La guerra franco-prussiana del 1870 offij al Govemo italiano la possibilità di conquistare Roma sulla quale non gravava più l'ipoteca francese; dopo aver tentato

im·ano soluzioni diplomatiche, l'Esercito ilaliano passò il confine pontificio. Il Generale R affaele Cadoma , Comandante in capo delle truppe che si avvicinavano a Roma senza trovare ostacoli , tentò di indurre il Generale Kanzler, Comandante dei pontifici, a rinunziaJ·e ad ogni resistenza armata

Sopra.

La breccia di Pona Pia i11 uua (oro ri· salente al 1870.

A sinistra.

Garibaldi alla resta dei suoi voloutari entra a Roma per assumeme la difesa.

ma non ebbe s u ccesso. L'attacco, incominciato all'alba del 20 settembre, s i concentrò fra Porta Pia e Porta Salaria: le artiglierie italiane aprirono una breccia nelle mw-a aureliane da dove reparti di bersaglie ri entrarono nella città. n Generale Kanzler la consegnò per intero, tranne la città leonina, al Cadorna e Roma divenne definitivamente italiana. Le perdite degli italiani ammontarono a 32 morti e 143 fedti. Quelle dei pontifici a 20 morti e 49 feriti.

La seconda guen-a mondiale in\'estì in pieno la città, prima con qualche bombardamento angloamericano che provocò notevoli distruzioni, poi con la dura occupazione tedesca dopo 1'8 setttembre 1943. Lo sbarco alleato di An-

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A destra.

Teren ·zio Marnia11i, Capo del Governo pontifìcio, in seguito Ministro dell'Intemo della Repubblica Romana. e, a fianco, il Generale Raffaele Cadoma.

zio (23 gennaio 1944) e la battaglia di Cassino (21 gennaio-15 marzo 1944), registrarono un duplice insuccesso degli Alleati per aplirsi la via verso Roma. Nel maggio , con qui stata Cassino, essi co ncentrarono le loro forze per una grande offensiva: occupati i due capisaldi di Lanuvio e di Valmontone, dopo, però, che le truppe ted esc he si erano ritirate, la strada di Roma fu aperta. Verso le ore 18 del 4 giugno, le avanguardie d e lla V Armata americana e ntrarono in città, già abbandonata dai tedeschi, attraverso Porta S . Giovanni. Fin qui abbiamo illustrato le vicende militari della città di Roma, tralasciando, di proposito , la sua storia durant e il periodo imperiale poiché entro le sue mura non si ve rificarono eventi bellici di riUevo. Ma la s toria di Roma

Fase dello sbarco effen u ato dalle truppe Alleate ad An::.io il 22 gennaio 1944.

imperiale è, e rimarrà , unica al mondo , considerando c he tutto l'Impero fu Roma.

Quando Ottaviano, n el 27 a.C. , si a ttribui il titolo di «Augusto )), d el quale fec e uso poi come nom e proprio, iniz iò l'organi zzazione del regime imp eriale. All'ini zi o dell ' Impero la potenza romana si estese su tutte le rive d eJ Mediterra n eo; in Europa, dove l'in vasione dei cimbri e dei teutoni (113-102 a.C.) aveva reso coscienti i roma-

ni del pericolo germanico, l'Impero portò le sue frontiere sul Danubio e sul Reno. Nell'Oriente Roma si sos tituì all e monarchie ellenistich e e fissò la frontiera sull'Eufrate superiore e medio. Come la Repubblica aveva dato l a cittadinanza agli i talici, così l'Impero la concesse ai provinciali (editto di Caracalla, 212 d.C.). Con la protezion e della pace romana si cos tituì un vero mercato comune mediterraneo ed europeo, nel quale gli scambi beneficiarono d e lla sicurezza dei mari e del magnifico sistema stradale europeo.

I n un'invocazione a Roma il poeta di origine gallica RutÙio Namaziano affermò giustamente: «Ai popoli diversi tu hai da.to una patria comune: associando i vinti alle rue leggi eu hai fatto del mondo una sola città».

Di questa «Città» parleremo nel prossimo numero , sfiorando, p er necessità di spazio, le vicende belliche e so(ferrnandoci invece sulla sua or·ganizzaz io n e m ilitare che, dopo secoU dalla sua caduta, fu ripresa , nelle sue grandi linee e con nuove t ecn ologi e, nell'era contemporanea da tutte le potenze mond iali.

* Docente universitario, storiografo

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Dopo 1'8 settembre 1943, molti soldati italiani che si trovavano in Albania, al rifiuto di consegnare le armi, subirono l'internamento nei campi tedeschi. Mario fu invece strappato al crudele destino dal coraggio e dalla generosità dei contadini locali. Forse per riconoscenza, ma più verosimiJmente per naturale vocazione, il giovane italiano compì un gesto di umana solidarietà: donò il suo sangue ad un bimbo, salvandogli la vita. Questa breve storia, consegnata da uno scrittore albanese al nostro Ambasciatore a Trrana, per la passione dei sentimenti che anima il racconto , è espressione auten tica della fraterna amicizia tra due Paesi vicini, legati da una comune civiltà .

MARIO UN PICCOLO GRANDE SOLDATO

ITALIANO
* 138
di Siri Sulejmani

Dovevo scrivere qualcosa sulla vita di un gruppo di geologi in missione e decisi di trascmrere con loro un'intera giornata ad attraversare in lungo e in largo il monte Kronjar, con bussola, martello e lente d'ingrandimento alla mano. Eravamo tuffati nel lavoro fino al punto che, quando scendemmo nel primo villaggio posto ai piedi della montagna, era già buio.

Stasera passeremo la notte da un nostro amico che fa, nel tempo libero, il geologo volontariomi disse Naxhi -lui raccoglie tutte le pietre con segni particolari dei metalli e le porta da noi. Acce t tai volentieri sperando di passare UJ1a serata interessante in mezzo a quella gente. n padrone di casa, nostro amico, ci aspettava in cima alle scale, con una faccia sorridente. Mi venne in mente il detto popolare: «meglio una fac cia sorridente che un piatto pieno di frittelle».

Ci sedemmo intorno al camino dove ardeva un fuoco crepit_ante. Oltre al padrone di casa, c'erano anche suo padre, un vecchietto intorno ai settant'anni ancora robusto, sua madre una donna di piccola statura, sua moglie e i suoi due figli: un maschio piu grande ed una femminuccia.

Sopt·a.

1939: imbarco dei Granatieri per l'occupazione dell'Albania.

Nella pagitut a fianco.

Marzo 1941: alpini in marcia sulle montagne albanesi. Sotto.

Maggio 1941: la Divisione « Ferrara» schierata nella Piana di Giorgiokat (Dervisciani).

Chiamai i bambini vicino a me e cpiesi i loro nomi La figlia di nove anni si chiamava Selvi (Cipresso) un nome dalle radici profonde, pensai, mentre il figlio si chiamava Mario. Rimasi stupito. Come mai un nome straniero in un villaggio di montagna, per di piu di religione musulmana?

La cUliosità mi spinse a fare questa domanda al padrone di casa e questi mi rispose: questo nome ba una storia particolare. Mentre ci apprestavamo a sederci a tavola il nostro amico chiese al padre di raccontarci la storia di questo nome inconsueto.

Dop o l'armistizio di Cassibile del settembre del 1943, molti militari italiani furono accolti calorosamente dai contadini nei nostri paesi montani, nonostante la loro povertà e la paura di essere vittime di rappresaglie ad opera dei militari tedeschi. Anche da noi ne venne uno di circa trent'anni. Trovandosi i n Albania da due anni, riusciva a pronunciare qualche parola in lingua albanese di uso comune. Quando lo vidi per la prima volta, qualcosa d i lui mi colpi e decisi d'invitarl o a venire con me. Lui non rifiutò. Lavorava insieme a me e in cambio gli davo vitto e alloggio. Era un brav'uomo. Non trascorse nemmeno un mese e diventò amico di tutti e quando non c'e-

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Sopra e nella pagina a fianco in alto. Il Re Vittorio Emanuele Tl! in visita alla Divisione «Ferrara» il 12 maggio 1941.

ra qualcosa da fare da me, andava ad aiutare gli altri. Desiderava imparare la nostra lingua e c,antare le nostre canzoni. Nell'Esercito italiano era stato assistente medico, infatti portava con sé una borsa militare contenente medicinali e una scatola in cui aveva siringhe tra le quali una molto piu grande. Andava ovunque ci fossero malati e cercava di aiutn rli co m e meglio poteva.

Con il passare del tempo, cons iderai Mario come un componente della nostra famiglia e, se veniva da noi qualche anl.ico, lo mettevo a sedere accanto a me. Un pomeriggio mio figlio, quello che adesso svolge il lavoro di geologo, salì sulla montagna a cercare un capretto che si era smarrito dal gregge. Lo vide s u una r occia e andò per prend erlo, ma

scivolò e precipitò per circa 4-5 metri. Le sue grida furono udite da un nostro compaesano che stava scendendo dal monte. Lo trovammo che sanguinava dappertutto. Aveva una profonda ferita sulla fronte tanto c h e la cicatrice si vede tutt o r a dopo tanti anni (ecco l'origine della profonda cicatrice così visib ile sul la fronte fino al sopracciglio sinistro)

Io andai fuori di testa, perché ero impossibilitato a scendere in città per cercare aiuto poiché i t edeschi ci impedivano di raggiungerla. Allora Mario si mise al lavoro. Lavò le fe ri te per poi rnedicarle con quel poco di medicine disponibili che aveva nella borsa. n braccio rotto l o immobilizzò con due pezzi di legno fatti sul posto. n bambino era diventato pallido e Mario, una volta rimasto solo con me, mi disse che Dino (così chiamavamo il nostro futuro geologo) e ra in pericolo a causa della perdita di mol-

to sangue. Ebbi un brivido, poiché aveva poche possibilità di sopravvivere. Chiesi a Mario spiegazioni e, quando capii di cosa si trattasse, gli dissi: «prendi il mio sangue ed anche quello di mio fratello. Volevo dirgli di prendere anche il sangue di mia moglie, ma lei poverelfa era così magra Aneh 'io 11011 godevo di ottima salute, ma davami alla vita di mio figlio ».

Lui prese una goccia di sangue dal mio dito e lo stesso fece con mio fTate ll o, poi entrò con mio figlio nella stanza dove lui alloggiava. Quando usd ci disse: «lalo! Tu se i debole. ll sangue di tuo fratello 11011 va bene per Dino». Mio fratello lo guardò come se gli avesse d e tto: «Tu 11011 sei un brav'uomo». Mario ci mostrò il veu·o con le quattro gocce dj sangue e disse: «Questo è il risultato delle analisi. Darò io il sangue a tuo fìglio». Mio fratello sentendo ciò mi afferrò il braccio portan-

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.. - "'" . ..

domi fuori dalla stanza. «Zalo, cosa stai facendo con tuo fìglio? Hai sentito cosa ha detto Mario?»

Ed io risposi: «Lui è il medico». • Come, gli darai il sangue dell'italiano!» ribatté mio fratello. Risposi: «È un peccato parlare così, Mario è un uomo anche lui come tuNi noi e, se togliamo di mezzo il mare, diventiamo vicini di casa. Poi, w hai visto, è l'unito che possa donare il sangue a mio figlio. Cos'altro possiamo fare? lAsciare che Dino muoia?». Lui rimase mulo per un po', poi disse: «Non capisco nienre di rutw questo. E se poi l'italiano muore nella nostra casa?.... Che cosa faremo?».

Andai a dire questo a Mario, lut scosse la testa e mi disse: • Noli ti preoccupare, non è la prima volta!». Dall'arteria della sua mano riempì di sangue la grande siringa, poi si mise vicino al bambino ed iniziò ad iniettargli il sangue. Noi tutti stavamo 11 a guardare, increduli di queHo che stava accadendo. P er un attimo pensai che non avrei voluto vedere neanche il mio peggior nemico al mio posto in quel momento. Mio figlio cadde in un sonno profondo, mentre Mario diventò pallido.

Andai a prendere un montone e lo ammazzai, poiché sia Mario che il bambino avevano bisogno dj nutrirsi. Verso l'alba mio figlio si svegliò e la felicità fu così immensa rivedendolo di nuovo in vita. Mario mj abbracciò e mi disse: «Coraggio Dino si salverà!». Mjo figlio migliorava ogni giorno a vista d'occhio. Mario gli stava sempre vicino. Mandai mio fra-

Giugno 1943: militari italiani piantano la bandiera sulla cima di un monte dopo la sua occupa:,.io11e.

tello da un amko per prendere vino di pura uva per loro due. Detti a loro tutto quello che potevG trovare in quel difficile tempo di guerra. Mio figlio guarì completamente e la fama dell'italiano Mario si sparse in tutta la regione.

Dopo qualc h e mese la guerra finì e Mario dovette tornare n el suo P aese dove i suoi lo attendevano con ansia. Mai dimenticherò quel giorno. Tutti i contadini si riunirono nella piazza per salutarlo con stima. Po vero Mario, non poté trattenere le lacrime. A volte ringraziava in albanese «Faleminderit» a volte diceva «Grazie» n elJa sua lingua. La sua borsa di sanitario militare era strapiena di regali fatti dalla gente. Io andai ad accompagnarlo fino in città e lì lo salutru con amore, come se fosse mio figlio Dino ....

Dieci anni dopo la fine d ella guerra, feci sposare mio figlio e quando un anno dopo mia nuora partorì un mascruetto mio figlio vol eva dargli il mio nome. Ma il mio cervello si illuminò e dis si : «Senti figliolo, perché non diamo al bambino il nome di Mario?». Dino acconsenti con gioia. Così, amici miei onorati, Mario è rimasto per sempre nella nostra casa.

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* Scrittore albanese

SUMMARY SOMMAIRE INHALT RESUMEN

(p. 48).

Command and Contro l of Tactical Action The E nd ofDelegations, by Filippo Salvati (p. 98).

Tbe Tricolour to the Army, by

(p.

Last November, in front ofthe Unknown Soldier's Tomb, the President ofthe Republic comrnitted the Tricolour to the Army and awarded it two Gold Medals, one for military valour and another for valour to civilians. The Author gives an account of the cerimony explaining the reasons for the awards and going over the Tricolour's and Army ' s rustory since May 4th, 1861 on.

The Army for Peace, interview with Cardinal Ersilio Tonini, by

As tbe cbildren bave a right to be defended by their fathers, so the citizens bave a rigbt to be de fe nded by their comrnunity, namely the Armed Forces. Today, by the globalization of geoeconomic and geostrategic processes , peace must become every natio n' s comrnon good. Tbe best protection for tbis precious good is tbe very security instrument that society can give itself' Tbe Cburcb cando something too: helping to think of national servi ce as of an important opportunity for forming youth spiritually and professionally.

J>olitics and lnformation, by

Technological advances induce by now to speak of «geoinformation», a doctrine wbich leads both geopolitics and geoeconomics.lndeed, the possibility of reporting contextually any event can affect its very progress and cond.ition politica! and military cboices as well. Trus is so-called «CNN factom , whicb is changing politics and strategy into people ' s activities. The Author dwells upon these themes for asserting the present pre-eminence of information and the military necessity to conform on i t.

The Nudear in New China,

China, in its steady economie rise, seems to aspire to the rank of a big worldpower This arnbition is stilllacking in an adequate military support, which the country is striving to realize, and the escalation seems not to be beld back either by domestic or international ties. The Author gives a surnmary , as far as the nuclear is coDcerned, ofthe up-datiDg prograrnme wruch is going OD and outlines the repercussions that it will inevitably bave on the international ba! ance.

Tbe FAO Summit in Rome. Development an d Security, b y Alfredo PassareUi (p. 62) In 15 years' time , without a finn international intervention about 700 million people will starve to death. People are consuming more than they are producing and our planet seems to be suffering from a cbronic desease brought OD by an inconsiderate and imbalanced economie policy. The alarm was thrown out at tbe occasion ofthe Food Summit heldinRome by theFAO. The numerous representatives univocally h igblighted that there will be no peace, security and economie development if industrialized Countries do not take serious steps for the relauncrung of agri culture.

Maghreb. ThePlace where the Sun sets, by Ornella Rota (p. 74).

North African Countries joining the Maghreb (Algeria, Tunisia, Morocco , Lybia , Mauritania) are today in a deep identity crisis, w bicb repercussions are likely to affect Europe as well. Tbeir economie deficit , a policy faltering under Lhe blows of fundamentalism and an abnonnal increase of people, make the region be a botbed ofrisks.

Vo lunteers for the Army, by Er n esto Alviano (p. 86).

The role theltalian Army is called to do today at the intemationallevel requires chiefly volunteers. The Author describes what has been done and what is going on for the fonning of tllls new figure of rnilitary man, also in view of a possible enlistment of women for completing a stili insufficient recruitment basis

The unity of tactical action and the consequent need for a unitary Comrnand and Contro! system has led so far to make large use of «delegations». It is no longer so thanks to new computerized battlefield maps at every Comrnander ' s disposal. Tbe need is felt, however, for «revisiting» some traditional functions

«Me rcury» Operation The «Folgore» Bdgade and the E l ection in Bosnia, b y Massimo Panizzi (p. 104).

Last September, the election took piace in Bosnia in order to provide the Country with a democratic Government, capable to start its reconstruction I t was a very delicate period, wruch required the best ofiFOR and «Folgo re>>Brigade ability in order to guarantee the ballot' s correctitude. The Author describes the election's politica! framework, the international organizations ' role and the tasks and activities entrusted to the Italian contingent.

Th e Divine Spark. by Flavio Russo (p. 116).

Tbe ligbter, faithful and ind.ispensable mate of e very cigarette, has five centuries of life, in wruch its main parts and use remained uncbanged. The spark wrucb flashes from the motion of a little cogwbeel was used fOI: starting combustion inside the first fire-machine Later on, tbe invention of gun-powder set up fue production of more and more sopbisticated weapon systems.

Military History ofltalian Towns. Rome, b y Ezio Cecchini (p.l 2 6). Romulus , by realizing a fusion of settlements located on various hills , began the marvellous epos ofthe cityof Rome The Author briefly records the characters that, for good or evi!, bound ·their names to the city and the military events wruch saw them as protagonists.

Mario: a Little Big Jtalian Soldier, by Siri Sulejmani (p. 138).

Meeting a Muslim by the ltalian name of «Mario» in the Albanian countryside is certainly an odd thing. After September

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SUMMARY SOMMAIRE INHALT RESUMEN

8th, 1943, an l tali an so lclier cali ed Mario escaped Nazi's fury tbanks to tbe local people's help. With gratidute, be did hls best for the local needy and èven donated his blood to a severely wounded chlld and saved its !ife. By the time. tbe child has grown up and has its own chlld called Mario, whose veins are filled by ltalian blood.

Politique et information , par Carlo Jean (p. 32). Les grands progrès technologiqltes incitent à parler sans ménager les mots de géoinformation: doctrine que pilote déjà tant la politique que la géoéconomique. En effet, la possibilité de commuruquer en temps réel n'importe quel événement peut conclirionner aussi !es choix politiques et stratégiques: oo est devant au soi-clisant «facteur-CNN» L ' Auteur s'arrete sue ces tbèmes, donc , pour hypostasier la suprémarie de l 'inforrnation et soutenir la nécessité absolue pour les militaires de se coofonner à ses lois.

couche, par Ornella Rota (p. 74).

Les Pays de l' Afrique du Nord adbérents au Maghreb ( Aigerie, Tunisie. Maroc, Libye et Mauritanie) sont aujourd ' hui dans une profonde crise d'identité dont les reflets pourraient frapper aussi l'Europe. Une économie insuffisante malgré les ressources du une politique chancelante sous Les coups du fondamentalisme islamique, un anom1al et iocontròlable accroissement de la population rendent le Maghreb une région à hau t risque .

Les vo lo ntaires pour l'Armée de Te rre, par Ernesto A l via n o (p. 86).

Le drapeao tricolore à l ' Armée de Terre ital ien n e, par Nico l a della Volpe (p. 4).

Le mois de novembre passé, au pied de l' Autel de la Patrie, le Président dc la République a donné à l"Année de Terre italienne le drapeau tricolore et deux médames d'or, une d'ho]lDeur militaire et rautre d'honneur des actes de courage et de dévouement. Dans cet article il y a un compte-rendu de celle toucbante cérémorue là avec les motivations de la concession, les historres du drapeau tricolore et de l' Armée de Terre dès le 4 mai 1861.

L ' Armée d e Terre pour la paix. lnterview avec l e Cardinal Ers iH o Tonini, par DaniJo Moriero (p. 20).

Les fils ont le droit d'etre protégés par leur père comme les citoyens ont le droit d'etre défendus parla communauté, c·est-à-dire par les Forces Armées. Aujourd'hui, avec la globalisation des processus géoéconomiques et géostratégiques, la paix doit devenir un patrimoine commun de toutes !es natio ns. La défense maximum pour la protection de ce bien précieux s'id en tifie exactement dans !es instruments que la société sai t disposer pour la sfueté des citoyens. L' Église aussi peut faire quelque chose: ai der à penser le service comme une très importante occasion formatrice spirituelle et professionnelle pour les jeunes.

Le nocl eaire de la nou ve Ue Chine, par L uigi Semprini (p. 48). Il semble que La Crune, en constante ascension economique, brigue le rang de grande puissance mondiale . Une ambition encore manquant d'un suppon mi litaire approprié , que le Pays est en trai n de réaliser au prix de gros sacrifices. L' Auteur brosse un complet tableau du programme de renouvellemem du secteur nuclearre en acte et des reflets qu'inévitablement se renvoieront snr !es équilibres mondiales. Une escalation inexorable que Ies obligations interieures et internationnelles non plus sembleot freiner.

La C onféren ce d e la FAO à Rome. D eve loppem en t et s(ìreté, par A lfre do Pa ssa r e lli (p. 62). Sans une intervention intemationnelle décidée , dans quinze ans à peu près 700 millions de personnes seront mones à cause de la faim. On consomme beaucoup plus que ce qu ' on produit et il semble que notre planète soi t aneinte d'une inexorable maladie provoquée par une politique économique déséquilibrée et inconsidérée. On a donné l'alerte pendant la Conférence sur l 'alimentation organisée à Rome parl a FAO. l es nombreux délégués ont souligné de façon univoque qu'on ne pourra y etre pas de paix, de sfueté et de developpement économique si l'o n ne pourvoie pas à un sérieux relance de l'agriculture avec le constant et massif secour des Pays industrialisés.

Le Maghre b . L i eu où le so le il se

le ròle que I' Armée de Terre italienne est appeUée à mener au niveau intemational prévoie La nécessité d'une nouvelle figure: le volontaire, professioniste de la guerre. À ce propos l ' Auteur décrit ce qu'on a fai t et ce qu'on est en train de faire: comme l'approche formatif est parti. quelles lignes se devront suivre dans le futur , aussi par rapport à une possible ouverture aux femmes , pour compléter un recrutement qu'aujourd'hui n ' est pas pleinement sarisfaisant du point de vue numérique.

Commande e t Co n trOte d e l' A etion Tactique. Fin d es d é légatio ns , par Fili pp o Salvati (p. 98).

L'essence unita ire de l' Acrion Tactique et la conséquente nécessité de clisposer d 'un système de Commande et Contro le, égalemem unita ire , a toujours causé de considérables mauvais fonctionnements pour l ' impossibilité d ' incliquer sur une seule carte toutes les infonnations et les situarions en temps réel. Ponr cette raison on a été obligés à utiliser largement les «délégations». Aujourd ' hui la situation n la meme . E n effet touts le CommandantS ont une carte géographique fai te avec le computer que reproduit le champ de bataiJle et foumie touts les éléments nécessaires pour exercer une action de commande efficace. Mais il reste toujours l' exigence de «relire» quelque foncrion traditionnelle et beaucoup de structures de Jiaison.

Opération «Merc o ry>>. La Brigade «Folgore» et les é l ections en Bosnie,

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Le mois de septembre passé, en Bosnie. il y a eu les é lections pour dooner au Pays un gouvemement démocratique en état de lancer un sérieux processus de r econstitution Une phase très délicate q u 'a requise l'application maximum par J'IFOR et parla Brigade <(fo lgore» pour assurer la correction du vote. Dans cet artide il y a La description du contexte pohtique dont on a eu les élections en Bos1ùe, Je role des organisations intemationnelles, les taches et les activités confiés au Contingent italien.

L'étincelle div ine, par Flavio R us so ( p 116)

Le briquet, fidèle et irremplaçable frère de chaque cigarette, a meme cinq siècles de vie, pendant Iesquels il est resté inchangé dans ses parti es principales et dans son emploi. Celle étincelle là. qui jaille du mouvement rotatoire d'une molette dentée a été utilisée pour démarrer la combustion audedans de la première macl:ùne à feu. Lavènement de la poudre pyrique a don né le feu ven à la production de systèmes d'arme toujours plus complexes.

Histoir e militaire d es viUes italiennes: Rom e , par Ez io Cecchini (p. 126).

O n si tue la fondation de la ville de Ro,me au 753 a.C., lorsque Romulus réalise la fus ion des habitats situés sur les sept collines et fait commencer la fantastique épopée de cette ville. Depuis, après plus qu 'un millenaire de g ioire et de fastes, il y a eu l 'invasion des barbares et le commencement d ' une longue et obscure décadence. L' Auteur parle briè vement des personnages positives et negatives qu'ont liés leur nom à celte ville et des événements militaires dont ils sont étés protagonistes.

Mario. Un p etit, gr and solda t italien, par Si ri Su lej maoi (p. 138). n est incontestablement curieux. dans !es campagnes albanaises , de tomber sur un musulman s ' appellantMario, prénom cla irement italien. Après 1'8 de septembre 1943 un militaire italien. Mario précisement, adjutant de santé, échappe aux nazis grace à la générosité des habitants dn lieu. Depuis. Mario se

prodigue infatigablement, avec amitié de reconnaissance, à secourir les indige nts jusqu'à réiliser un très no bl e geste: donner son saog à un enfant g ri èvemem blessé en lui sauvant la vie. L e fils de cet enfant Là aujourd ' hui, s'appe lle Mario et on peut di r e bieo que du sang italien s'écoule dans ses veines

ù1fonnation ein wesenthches Element ist. auch wenn sehr verletzend fur di e Siche rheit und Stellung der Streitkrafte Das Eintreffen der Multi.mediagesellschaft hat eine globale lnforn1ation in ktirzesrer Zeit h ervorge bracht, welche in der Vergangenheit unbekannt war. Diese ist in der Lage politische Entscheidungen und Strategico zu beeinflussen.

Das bedeutet, dal3 zukiinftìge Kommandeure sich mi t dieser Multi media a u seinander setzen miissen, und dies nicht nur oberfliichlicb.

Di e Triko lor Fahne des Heeres, v on N icola della Vo lpe (S 4). Die Dantische Terzine, welche von Beatrice in weiss, rot und gri.in berichtet, begriindet den romantiscben Sonnenaufgang der ltalienischen Tri.kolore

I st das Poesie? Lst das ein Roman ? Es macht nichts aus. Die Geschichte lehrt, das ungewohnliche Sinne oft prophetiscb sind un d von undenkbarem W e1t.

Di e Ar m ee fUr den F riedeo Interview mit Kardi.nal Ersilio Tonini , durcb Danilo Mo riero (S 20 ) Wie die Kinder ein Recht haben , durch ih re Viiter veneidigt zu werden, so ha ben die Biirger e in Ree h t , durch ihre Gemeinde, niimlicb die Streitkrafte verteidigt zu werden Heute. durch die lotegration von Winscha:ft und Strategie, muJ3 der Frieden gemeinsames Gut aUer Nationen werden.

Der grol3tmogliche Sc hutz fùr die Verteidigung dieses kostbaren Schatzes driickt sich in den lnstrumenten aus, die di e Allgemeinheit zur Sicherheit der Bevolkerung zur Verfugung stellt.

Auch die Kirche kann einiges tuen: Helfen, den Wehrdienst a ls einen wichtigen Beitrag zur geistigen und professioneUen Enhvicklung der .Jugendlich eo anzusehen

Politik uod l nfo rma tio n , von Carlo Jean (S 32). Es ist einstirnming anerkannt, da.B die

D i e Kernenergie vo n N eu China, vo o Luigi S em p rini (S. 48). China ist im konstanten wirtscha:ftlichen Aufstieg, es scheint eine Weltmacbt zu werden.

Ehrgeizig, noch ohne rnilitarischen Auflagen, ist das Land opferbereit dies zu realisieren.

Der Verfasser beschreibt ein vollstandiges Bild vom Emeue.rungsplan auf dem Sektor der Kernenergie und der FoJgen, die unvenneidlich anfallen. Es ist ein unaufhaltsame Eskalation , die auch nicht durch innenpolitische un d intemationale Gesetze aufgehalten werden konnen.

D e r FAO Gipfel in Rom. De velo pmen t und Sicberbeit, von Alfr ed o Passarelli (S 62).

Ohne eine internationale Ùlterveotion werden ungeféihr 700 Millionen Menschen in den niichsten l 5 Jahren den Hungertod sterben.

Es wird mehr verbraucht als produziert wird, w1d unser Planet scheint, an einer chronischen Krankheit zu leiden. welche auf eioer riicksichtslosen und unausgeglichenen Wirtscbaftspolìtik basiert.

Der Alarm wurde auf Emiihrungs- Gipfel gegeben, der in Rom von der FAO gehalten wurde.

Die zahlreicben Vertreter hobenbervor, daf3 es keinen Frieden, Sicherheit und Wirtschaftsentwicklungen geben wird, falls lndustriestaaten keine emsten Scbritte unternehmen.

Da s Mag hreb : D e r Ort wo die S onn e u nte rge ht,

SOMMAIRE
SUMMARY
INHALT RESUMEN
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SUMMARY SOMMAIRE INHALT RESUMEN

von OrneiJa Rot a (S 74).

Die Uinder Nordafrikas, Anltiinger des Maghreb ( Aigerien, Libyen , Marokko. Mauretanien und Tunesien) beute in einer tiefen ldentitiitskrise. dessen Auswirkungen auch Europa treffen wiirde.

Eine defizitiire Wirtschaft, obwoW der Rohstoffquel!en, eine schwankende Politik fiir den islamischen Fundamentalismus ein abnom1al und unkontrolliener Bevolkerungszuwachs machen diesc Gegend sehr gefàhrlich.

Die Fre iwillige n tru pp en ftir das Heer, vo n E rnesto A lv i ano (S. 86).

Die Rolle, die das italienische Heer auf dem intemarionalen Parkett e rfùll en soli, rnacbt die Notwendigkeit einer neuen Figur erforderlich : Der Freiwillige, ausgebildet fi.ir Kriegseinsiitze. Der Verfasser analysiert was getan ist und was noch zu tuen ist. wie die Ausbildung anfangt, welche Linien verfolgt werden sollten, auch unter Bezug auf di e mògliche Beteiligung der Frauen am bewaffneten Einsatz. schliel3end mit der ungenugenden zah lerunii13igen Rekrutierung.

Befeh l und K o ntro lle vo n Ta tig k eit iibe r nehrnen das Ende von A u ftriigen, von F ilippo Salva ti (S. 98).

Die Einheitlichkeit von Tiitigkeit und das dadurch hervorgerufene Bediirfnis eine Fiihrung und eine K ontrol lgruppe zu haben. ebenfalls einheitlich, ruft groBe Sti:irungen fiir die Unmoglichkeit auf einer einzigen Karte lnfonnationen und Situationen in kiirzestmoglicher Zeit zu haben , hervor.

Dies ruhrte zur intensiven Nutzung der « Deleghe».

Heute es ist nicht mehr so. Jeder Komma.odeur verfiigt iiber e ine computerisierte Karte, welche das Schlachtfeld nachbildet, und a ll e notwendigen Daten enthiit. Es bleibtjedoch die Notwend ig ke it einer Reorganisation einiger traditionellen Funktionen und mehrerer Verbindu11gsstrukturen.

«Mer c u ry» O p e r ati on. Di e «Fol g ore» Bri ga d e u nd die "W a h i io Bos ni e o , vo o Massim o P anizzi (S. 104). letzten September, fanden die Wahlcn in

Bosnien stat1 , um das Land mit einer demokratischen Reg ierung wieder auf den Weg der Rekonstrution zu bringen. Eine sehr delikate Phase, die maximalen Einsatz der Briga de erforderte um die Korrektbeit der W ah i zu ermoglichen. Der Aut or beschreibt den politischen Rahmen der Wahlen , die Rolle der intemationalen Organisation und die Aufgaben und Ak ti vitaten, die dem italienischen Kontingent anvertraut wurden.

Der Gottlic he F unke, vo n F l avio Russo (S. 11 6). Das Feurzeug, e in treuer Freund jeder Zigarette, ist fiinf Jahrhunderte alt und unveriindert geb l ieben im Prinzip uod in der Verwendung.

Dieser Funke, der mit Bewegung von eincm kleinen, gezackten Rad springt, wurde ve1wendet um die Feuermasc hine rie in Gang zu setzen. Das Scbiessp ul ver war dann der S tart fiir die Produktion von immer schwierigeren Waffensystemen.

M ilit ii r gesc hic h te von ita lienischen Stad t e n : R om , vo n Ezio Cecc hini (S. 126).

Die Griindung Roms geht auf das Jahr 753 v.C. zuriick als Romul us, durch Vereinigung der verschie denen Sied lw1 geu auf den Hiigeln, das phan tast ische Epos der Stad t ci nl e itete.

Dann, nach mehr a ls l 000 Jahren Prunk und Glorie der Einbruch der Barbaren und der Anfa ng ei ner lange n und obskuren Dekadenz.

Der Autor erinne r t kurz an die Personlicb.keiten <leren Namen an die Stadt gebunden si nd , sowie an die mili tarischen Ereignisse, deren Helden sie warcn.

Mario e in b c scheide ne r , g r ofier ita l ie n is ch e r S old a t , von Si ri S u lejma ni (S . 138).

Es ist auf freiem albanischen Feld ein Moslem mit dem italieni schem name «Ma ri o» anzutreffen.

Nach dem 8.September 1943 floh ein ital ie nischer Sani t atssoldat, Mario den nationalsozialisrischen Angriffen, mit Hilfe einiger freundlicher Dorfbewohner.

Spiiter erinnene sich Mario , mi t dankbarer Freundschaft an diese freundlicbe Tat und bedankte sich mi t folgender Geste aufseine Art und Weise: Er spendete sein Blut einem schwer verletzten Kind und rettete ihm das Lebeo.

Der Sohn dieses Kindes heil3t Mario und roan kaon sage n, daB in seinen Venen italienisches Blut flieBt.

El Trico lo r a l Ej é rcito, de N i co la d e lla Vo l p e (p. 4). El Noviembre pasado. a l os pres del A ltar de la Patria, el Presidente de la Republic a entregé al Ejército la Bandera y dos Medallas de Oro, al Va lor Militar y al Valor Civ il. Esta describida la c ronaca de la conmovedora ce rimonia. con las morivaciones de la entrega la hist6ria del Tricolor y la del Ejército desdc el 4 de Mayo del 1861.

EJ Ejérc i to p or la paz E ntr cvi s t a al ca rd ena l E r s ilio T onini , de D an il o Mo rie r o (p. 20). Como los hijos tengon el derecho de ser protegidos del padre. asi los ciudadanos tengon el derecho de ser protegidos de la comunidad, es decir de las Fuerzas Annadas. Hoy. con la g lobalizaci6 n de los procesos geoeconomicos y geoestrategicos, la paz tiene que volvera ser patrimonio comlin de todos los Paises La maxima guamici6n para la defensa de esto bién precioso llega a identificarse en los medìos qne la colectividad sabe predisponer para la seguridad de los ciudadanos. La lglesia ta mbi é n puede hacer a lgo: ayudar a pensar en e l servicio militar como un momento de grande oportunidad fomJativa espiri tual y profesional de los jovenes.

P o litica y i nfo r macio n, d e Ca rlo Jea n (p. 32). Los grandes progresos tecnologicos

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inducen a hablar, sin ambiguedades, de geoinfonnaci6n: doctrina que ya guia tanto la geopolitica como la geoeconomia. La posibilidad, en efecto , de comunicar cualquier acontecimiento esta en condici6n de condicionar también las elecci6nes politicas y estrategicas: estarnos adelaote el «factor-CNN». El Autor se queda en estas tematicas para ipoestatizar la superioridad de la info rm aci6n y afinnar la absoluta necesidad por los militares de adaptarse a sus leyes.

E l n u c le ar en l a n u eva China, d e L u igi Semprini (p. 48).

La China, siempre en subida economica. parece anhelar al rango de grande potencia mondiaJ. Una ambici6n aun carente de un conveniente suporte militar que el Pais, gracias a grandes sacrificios, esta tratando de realizar. El Autor traza un c uadro completo del pian de renovaci6n en acto por cuanto a tiene a l sector ouclear y de los reflejos que inevitablemente se repercutizan sobre los equilibrios mondiales. Una «escalation» que tampoco los vinculos intemos y intemacionales parecen frenar.

Reuni6n cumbre en Roma. Desarrollo y segu ridad , de Al fr e do Passarelli ( p 62) Sin una decidida intervenci6n intemacional , dentro de quince aiios mas o menos sieteciento millones de personas moriren por bambre. Se usa mas de cuanto se produce , y el mundo parece fijado de una imparable enfennedad provocada de una politica economica desequilibrada y desconsiderada. La alarma fue dada por la reuni6n cumbre sobre la alimentaci6n organizada en Roma de la FAO. De las intervenciones de lo s mucbos delegados sobresa li 6 que no puede baber paz , seguridad y desarrollo economico si no nos ocupamos de un serio relance de la agricultura con la constante y solida ayuda de los Paises industrializados.

E l Maghr e b. <<L nego do n de tramonta e l so l», de OrneUa Rota (p. 74).

Los Paises de la Àffrica del Norte adherentes al Maghreb (Algeria, Tunisia.

Marruecos, Libia y Mauritania) estan boy en una profunda crisis de identidad los que riflejos podrian golpear la Europa también. Una economia deficitaria , a pesar de los recursos del bajo suelo, una politica trabalcante bajo los go lpe s del fundamentalismo islamico , un incremento demografico subnorme y encuentrolable hacen la regi6n a alto peligro.

Los volon tari os p o r e l Ejé r cito, de Ernesto AJvia n o (p. 86).

La funci6n que el Ejército italiano es llamado desenrollando de nivei intemacional postula la necesitad de una nueva figura: el soldado volontario , profesional de guerra. Por eso , e l Autor describe lo que se hizo y lo que esta baciendo, como el acercarniento formativo , cuales lineas se tendran que seguir en futUro , aunque en relaci6n con una posible abertura a las mujeres, para comp letar un enro lamiento q ue hoy no satisface pienamente en el pian numérico.

Comando y Contro! de l a Accio n Tactica. Termine de los pod e res , de F ili ppo Salvati (p. 98). La unidariedad de la Acci6n H ctica y la siguiente necesidad de disponer de un sistema de Comando y Contro! , ba implicado siempre vistosos desordenes por la imposibilidad de devolver en la unica noja de enformaciones y situaciones en tiempo real. T odo esto ba obligado a hacer grande empleo de Jos « poderes». Hoy no es asi. Todos los Comandantes tienen una mapa computerizada que reproduce e l campo de batalla y abastece todos Jos datos necesarios para explicar una eficaz acci6n de comando. Se queda pero la exigencia de una «revisitaci6n» de algunas funciones tradicionales y de mucbos estructuras de enlace.

O p eracion <<Me rc ury». La Brigarla «Folgo re» en las elecciones e n Bosnia, de Massimo P anizzi (p. 104). El Septiembre pasado fueran desarrolladas en Bosnia las consultas electorales para dotar el Pais de un Govie.mo democratico capaz de realizar un serio proceso de reconstrucci6n.Una fase delicadisima que reclamo el maximo

empeno del IFOR y de la Brigada «Folgore» para asegurar la correcci6n del voto. El articulo babla del contexto politico en e l cual se desarrollaron las elecc iones. del rol de las organizaciones inte.macionales, de los encargos y de las actividades entregadas al contingente italiano.

L a c hi spa divina, de F l avio R u sso (p. 116).

El encendedor, fiel y insustituible amigo de todos los cigarillos, t iene ciuco sig los de vida , en los cuales se ha quedado inrnutable en las partes principales y en el empleo. AqueUa chispa que arroja del movirniento de una arandela dentada fue utilizada para dirigir la combusti6n en la primera maquina de fuego. La venida del polvo pirico empez6 la producci6n de siempre mas sofisticados sistemas de arma s.

H istor i a miiHar de l as ci uda d es italianas: Roma , de Ez io Cecc h in i (p. 126).

La fundaci6n de Roma pas6 en el 753 a.C. , ano en que Romolo , realizando la fusi6n de los posesiones en Las varias colinas, empez6 la fantastica epopeya de la ciudad Luego , después mas de rnil aìios de fastos y gloria . la venida de los Barbaros y el emprezo de una larga y obscura decadencia. El Autor recuerd a s inteti camente los personaj es que, en el ben y en el mal, ataron su nombre a la ciudad y las vicendas militares que los vieron protagonistas

Mario. Un p e queiio , grande sol dado i taliano , de S iri Sulejmani (p . 138).

Toparse con las campaìias albaneses en un musulman del italianisimo nombre «Mario» provoca seguramente curiosidad. Oespués del 8 de Septiembre 1943 un so ldado italiano, Mario, ayudante de sanidad , escapa a la furia nazista gracias a la generosidad de los babitantes del lugar. Mario, luego. con agradecida amjstad , ayuda inconsablemente los necesitados basta cumplir una noble acci6n: dona su sangre a un niìio gravemente herido y le salva la vida. El hijo de aquel niìio , hoy, se llama Mario y se puede decir que en sus venas fluie sangre italiano.

SOMMAIRE INHALT RESUME N
SUMMARY
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RECENSIONI

AbBeCeDario del carabiniere

Paolo Di Paolo (a cura di ), con la collaborazione di Aldo Raciti: «Abbecedario del Carabiniere. Dizionario storico essenziale per la conoscenza d ell'Arma», Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, 1996, Pagg. 350, s.i.p

I.:'approccio al volume è stimol ato da un misto di curiosità e di tepente interesse; curiosità che proviene dalla sem pli cità della tito la zione e dalla elegante veste tipografica; int e re sse che ero mp e con immed iatezza, in noi Italiani , appena si accenna all'Arma dei Carabinieri, quasi come connaturata espressione di premurosa attenzione.

Poi la grafica stessa induce a soffe rmarsi sulla composi zione del titolo , a considerare il s intetismo d elle idee, dei concetti, d e lle nozioni che vengono prospettate Un abbecedario , sinonimo di s illabari o, normalmente definito come testo sco lastico u sato dagli alunni delle sc uole e leme n tari che, oltre alle indicazioni p er imp arare a leggere ed a scrivere, contiene le fondamentaH nozioni del corretto co mpitare. P erò può indicare anche un componimento poetico in cui i versi si s usseguo n o in ordine alfabetico, come i rinomati salmi abbecedar ii. Ed allora, alla mera curiosità. al l ep ido

int eress e , subentra un vivo bisogno di a pprofondimento nella incalzante co n sa pevole zza di trovarsi in presenza di un'opera che enuncia modeste pretese e che, invece, assurge a monumentale impor tan za nel momento in cui s i evol ve in «dizionario essenziale per la conoscenza dell'Arma dei Carabinieri» E la conferma v i e n e dalla letlura della • presentazi o ne )) del libro che fa e m ergere nell a sua interezza, un progetto ideato e realizzato con estrema ponderazione. U voler attribuire al casuale ep isodio del Maresciallo che confessa di conoscere alia perfezione i vari regolamenti, ma di ignorare il significato dei colori rosso e blu di alcuni elementi dell'Uniforme o ad altri analoghi ep isodi , cost iluisce una romantica not a di lirismo, di suggestivo can d ore, ma non può essere accreditato come fattore determinante per l ' ideazion e dell ' opera. Sono invece indotto a con siderare il progetto come frutto di un momento di introspezione e di rifless ione del Comando Gen erale. Un atto con oscitivo del carattere e d ella operatività dell'Arma mediante un esame inu·ospettivo, un ritorn o su se stessa che consenta di riprenderne autentica conosce nza. Una via semplice p er un ritorno alle origini onde trame certezza , orgoglio e rinvigorimento. In un momento di sosp etta e proclamata confusione, in presenza di una sorta di d emolitrice ! abil i tà , un r itorno alla c ultura di b ase per ancorarsi alla integrità d ei propri valori essenziali , è un 'operazion e di grand e e positiv a lun gimiranza. Farl o, poi , nell'umil tà di un abbece dario , vuo le significare che la gloria , gli eroismi del passato e del p r esenLe sono vicende c he aff i o r an o nella uormalità dell'azione d e i Carabinieri. Sl, perch é la storia della B enem erita, soprattutto nella estrinsecazione d ell'imp eg no silente e semplice de!Ja quotidianità , è la vera storia del P opolo italian o. L'Anna dei Carabinieri accom p agna momento per momento, il c i ttadino nello scorrere d e ll e ore Vigila sul lavoro, vigila sul riposo; rem ora efficac e ad

ogni offesa, ad ogni disordine , ad ogni illecita velleità, a d ogni turbamento del sereno evolversi del giorno . La storiografia ha esaltato ed esalta l'eroismo, l'attaccamento al dov ere, la generosità del sacr iCi cio che, nei grandi eventi, nelle immani tragedie, ha caratterizzalo e caratterizza l'Arma dei Carabinieri , ma è il Carabiniere nella gestualità comune, la cui presenza è avvertita dalla gente che lavora, il destinatario del libro che , come accorto Consigliere, riservato suggeritore e provvida ed imparziale «Guid a», il Comando Gen erale dell 'Arma ha consegnato ai suoi militi. Leggere il libro indugiando sulla riproduzione di çlocumenti rari ed antichi , su definizioni tecniche denotanti cose e d idee , su personaggi sconosciuti pur essendo protagonisti eroici di fatti di cronaca, diventa sedu cente, Jus inghevole. Allora s i scopre una miniera di notizie riflettenti norme, fatti, comportamenti che sottolineano come i Carabinieri appartengono alla s(era di tutti i cittadin i come em bl e ma di eq uilibrio , di ordine, di sicurezza. P er agganciare ques t e considerazioni al tes t o di cui si parla appare significativo segnalare un d ettag lio normativa che muo ve ad un pensoso sorr iso di comp iacimento. Nella voce • Assistenza Spiritual e», ave si delineano i doveri dei Carabinieri verso la religione, in quanto cr istiani , so no riport ate le norme di com portamento, dalle più remote a quelle attuali. Ebb ene, specialmente quelle più antiche, con meticolo sa ricer ca del lin g u agg io a pprop r i ato, semp l ice e suadente, fissano gli obblighi che competono ai miliLari e quelli che devono assolvere i Superiori. Tra que st i quello di pr·eoccuparsi, in caso di malattia , di provvedere tempestivamente alla somministrazione dei Sacramenti. Tener ezza toccante che alberga so l o in una sana fa miglia. L'animu s della norma mira certamente a stabilire il dovere di condotta esemplare che incombe sul Carabiniere nell'ambito della com unità in cui opera: essere esempio di

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vita ordi n ata ed integerrima. Di mo l te a lt re fonli di nozioni rare cd insolite è ricca l'opera, che intercala le c itazioni storiche , la descriz ion e degli eventi, i significati delle espressioni regolamentari con una suggest iva documentazione iconografica, verame nte eccezionale per singolarità, 01iginalità e valore i castico. Si comprende, qujndi, come la cu t·iosità, «madre della scienza», istighi a cercare, a compulsar e l'avvincente libro. Così s i scopr ir à il vero autore del motto araldico «Ne i seco li Fed el e», la ragione ed i l significato della «l u cerna», il significato e la razionalità del «punto di riunione», l'evoluzione dei simboli araldici, i compiti e la figura del «Timb alliere » nei reparti di Corazzieri, le varie fogge di alamari e di copricapi e così via. Si potrebbe continuare per una miriade di termini, di espressioni o di episod i. Va riconosciuto ai curatori d e ll 'o pera il merit o di essersi applicati a ll a composizione del vo l ume co n grande diligenza e probità, curando di trattare quanto stabilmente acquisito nella memor ia stodca e nella tradizione tralascia n do il mutevole, l'opinabile. Tutto all'insegna della praticità, della chiarezza c della semplicità. È un'opera c he merita una diffusione cap illare. dai più sper du ti Comandi di Staz ione, a ll e bibliotech e sco la st ic h e de ll e grand i città come di que lle delle più piccole frazioni. Deve formare oggetlo di una estesa e ramificata attività promozionale in modo che possa trovare collocazione anche nelle librerie familiari. È doveroso farla conoscere per rendere un attestato di gratitudine al Comando Generale dell'Arma, il qua le con l'a ttuazione di questa inizia ti va cditodale ba compiu Lo un grande atto di fede e di amore verso la nobilissima Istituzion e, sacralizzata dagli innumerevoli sacrHici compiuti con eroismo, con disciplina e nel silenzio dei ilipendenti, amati dal Popolo italiano perché «USi ad obbedir tacendo».

QUELL'ULTIMO CORSO DI MODENA

William Maglietta: «Qu ell ' ultimo corso di Modena », Edizioni N uova Impronta, Rom a- 1996, s. i.p

L' opera, che h a per sottot it olo: « I "cadetti" de ll '85° co rso dell'Accademia Militare di Fanteria e CavaJleria nel drammatico 25 luglio e nel tragico 8 settembre 1943», nasce come ampia, accresciuta ed aggiornata rielaborazione del saggio monografico Con l'BSe corso si chiude un ciclo storico, edito dalla << Ri v ista Militare» n e l 1982.

Il libro , pur sca rno d i pagine, ma denso di con t e nuti , h a vint o il prestigioso prem io letterario nazionale uVanvite ll i» per il 1996, consegnato nella «Cappella reale» della fastosa R eggia di Caserta il 27 ottobre scorso. Presiedeva la giuria Francesco Crisi, Segretario Generale del Sindacato Libero Scrittori Italiani.

L'irripetibil e <<S toricità» dell'85o corso, come dim ostra l' a ppr ofondita disamina s t or i co-cu ltu rale dell'Autore, è rappr ese ntata dal fatto che esso fu l'ultimo ad essere completato alla data dell'8 settembre 1943 ed i n un'Italia rappresentata da una diversa realtà costituzionale. I noltre. «quel» corso di giovani, cbe erano - si può dire- ancora all'a lba della vita, si trovò ad affrontare due date indi-

menticabili della nostra storia: il drammatico 25 lu g lio ed il tragico 8 se t tembre 1943 , quando , Uffici a li -a lli ev i da appena tre giorni alla Scuola d'App l icazione in Parma. difesero ad oltranza il loro I st itut o dall'aggressione militare nazista, meritando poi la Medaglia d'Argento al Valor Militare, congiuntamente con tutte le truppe italiane c he difesero la città. Du e Medaglie d' O ro (Arzani e Di D io) e c in que d'Argento al Valor Militar e a ll a memoda, per quello e per a l tri episod i della R esistenza, segnalano il contributo alla storia di quelle giornate, senza contare il martirologio dei feriti ed invalidi di guerra, dei deportati nei lager tedescru e dei tanti combattenti nelle Forze Armate di Liberazione nazionali e nella guer· ra partigiana c he 1'85° corso può vantare.

L'op e ra s tori co- militare del Maghetto s i anal i zza criticamente sotto un duplice aspetto: documentaristico e letterario.

I nfatti, l'accurata esegesi deUe fonti storiche di quel periodo (1942-1943), la pubblicazione di documenti anc he inediti, le illustrazioni d'epoca che arricchiscono il libro non ne esauriscono il va lore conten utistico complessivo, perch é vi è da aggiungere anche l'impe gno st ilistico - espress i vo di taluni capito li , come P ostilla al mario (in chiave analitico -esistenziale), L'85° corso nei due giorni fatali, Considerazioni ultime: scire est reminisci che hann o poi meritato l'attribuzione di uno dei più importanti premi lettera1·i italiani. Da sottolineare infatti la totale assenza di retorica nel nan·are quasi co n sti le su rrealisUco e distaccata autoironia le vicende di chi quell'8 setlembre 1943 vide più volte la morte in faccia.

«Autoironia», sì, perché anche l'Autore fu uno dell'85° corso e visse sulla propria pelle le vicende di quei giorni, insieme con i suoi indimenticabili commilitoni.

148 RECENSIONI WlLLIAM MAGL IETIO
l c ar.kua• ddl'ts • tonO c!d Aradcau \l111c•rc di F•um. t :5111&10 C' !Wl ltq kv J M"n m btt 194J
A
u gusto Mastro fini

Cerchiamo . ragazzicoraggiosi_, . mot1yat1 e generosi

Diventare un V o lon ta r i o i n Ferma Bre v e significa operare una scelta di vita che impone sacrifici, impegno e spirito di servizio. Tale scelta, pera ltro, offre anche interessanti sviluppi di carriera nella Forza Armata grazie ai qua li, oltre a poter beneficiare di concreti sbocchi occupazionali, sarà possibile intraprendere una professione di sicura gratificazione ed elevato prestigio

LInformat i presso il tuo Distretto Militare o scrivi a: STATESERCITO - C.P. 431 - Piazza San Silvestro • Roma /E/ ESERCITO

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