RIVISTA MILITARE 2010 N.3

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PERIODICO DELL’ESERCITO DAL 1856

S O M M A R I O

3/2010 maggio-giugno

Il nuovo centro di eccellenza nazionale per il C-IED Myanmar o Birmania: dialogo più che sanzioni di Giovanni Bucciol

pag. 16

La robotica sempre più nel futuro di Pietro Batacchi

pag. 48

di Roberto Arcioni

pag. 88

Presente e futuro dell’Arma del genio a cura di Marco Ciampini pag. 94

SPECIALE EOD Gli ordigni esplosivi: l’Arma del genio al passo con i tempi

La guerra nel pensiero filosofico di Sara Greggi

pag. 100

pag. 56

Il Legal Advisor «tattico» nelle operazioni militari terrestri all’estero di Enrico Dubolino

pag. 26

Afghanistan: Operazione Salam di Fernando Termentini

Gli Allievi Marescialli di oggi di Riccardo Venturini e Luca Giovangiacomo pag. 32

pag. 116

RUBRICHE

pag. 66

La lotta agli ordigni esplosivi improvvisati: Counter-IED

pag. 132

di Giuseppe Fernando Musillo e Domenico Spoliti pag. 68

United States Sergeants Major Academy

Le «Military Search»

di Raimondo Spasiano

di Renato Scudicio

pag. 38

di Leonardo Prizzi

pag. 58

Operazione Salam 2 di Pierluigi Scaratti

Somalia 1995: Operazione «Ibis 3»

pag. 74

pag. 139


Il nostro indirizzo e-mail è il seguente:

in copertina

riv.mil@tiscali.it

I teatri operativi hanno messo in luce la grave minaccia rappresentata dagli EOD (Improvised Explosive Devices). Mine, congegni inesplosi, ordigni esplosivi improvvisati sono le varie facce di un nemico subdolo e sempre in agguato.

«Rivista Militare» ha lo scopo di estendere e aggiornare la preparazione tecnica e professionale del personale dell’Esercito e di far conoscere, alla pubblica opinione, i temi della difesa e della sicurezza. A tal fine, costituisce organo di diffusione del pensiero militare e palestra di studio e di dibattito. «Rivista Militare» è quindi un giornale che si prefigge di informare, comunicare e fare cultura.

Editore Ministero della Difesa Direttore Responsabile Marco Ciampini Capi Redattori Luigino Cerbo, Giuseppe Fernando Musillo Redazione Domenico Spoliti, Roberto Zeppilli, Stefano Massaro, Claudio Angelini, Lorenzo Nacca , Annarita Laurenzi, Marcello Ciriminna, Lia Nardella Grafica Antonio Dosa, Ubaldo Russo Segreteria e diffusione Responsabile: Riccardo De Santis Addetti: Franco De Santis, Carlo Livoli, Gabriele Giommetti, Giosuè Parolisi, Stefano Rubino, Sergio Gabriele De Rosa

La traduzione dei testi della rubrica “Sommario varie lingue” è curata da Nicola Petrucci, Livia Pettinau, Carla Tavares e Christel Galatzer Direzione e Redazione Via di S. Marco, 8 00186 Roma Tel. 06 47357373 Fax 06 47358139

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Nell’aprile del 2009, la città di Torino ha ospitato il XXIX Raduno Nazionale dei «Granatieri di Sardegna». L’evento è stato particolarmente importante in quanto sono stati celebrati trecentocinquanta anni da quel 18 aprile 1659 che vide il Duca Carlo Emanuele II di Savoia firmare l’editto che istituiva il «Reggimento Guardie» o «Reggimento di Guardia», diretto progenitore degli attuali «Granatieri di Sardegna». L’occasione ha fornito al Generale Ernesto Bonelli, Presidente del Centro Studi dell’Associazione Nazionale Granatieri di Sardegna, l’opportunità per scrivere un testo in chiave moderna che potesse diffondere la storia della Specialità, un racconto che fosse gradevole per tutti perchè è giusto che coloro che amano l’Italia rivolgano lo sguardo alla storia gloriosa di questi uomini cercando di cogliere, ciascuno nel proprio intimo, il perchè di un così lungo passato e trarne insegnamenti e propositi per l’avvenire. Il testo (tra l’altro voluminoso: circa seicento pagine, ovviamente per le innumerevoli gesta dei Granatieri) è ricco di immagini, documenti e testimonianze, molte delle quali inedite e, cosa importante, tutte conservate ed esposte nelle sale del Museo Storico dei Granatieri, che evidenziano, oltre alla famosa possanza fisica, le virtù principali del Corpo: l’Onore Militare e la ferrea disciplina, virtù che hanno sempre distinto questi uomini e che hanno consentito loro di superare le prove più dure, imponendosi sempre all’ammirazione e al rispetto di quanti, combattendo al loro fianco o essendo loro avversari, li videro sul campo di battaglia. Il volume si articola in sei capitoli che scandiscono le epoche principali della vita del Corpo: • dalla fondazione (18 aprile 1659) al Congresso di Vienna; • dal Congresso alla dichiarazione della Prima guerra mondiale; • la Prima guerra mondiale; • il Ventennio tra i due grandi conflitti; • la Seconda guerra mondiale; • dal termine del Secondo conflitto al 31 dicembre 2009 (trecentocinquantesimo di vita). Ogni capitolo si articola in una presentazione del periodo interessato, a cura dell’autore, in tabelle che riassumono le varianti ordinative e i principali combattimenti o attività operative, nella descrizione particolareggiata di ogni episodio fondamentale, combinando tra loro immagini, testimonianze e documenti. Inoltre il filo conduttore, che l’autore intende fare emergere tra le righe, è la continuità temporale della Specialità che, specie nei momenti più tragici della storia del Piemonte prima (discesa in Italia di Napoleone) e dell’Italia successivamente (8 settembre 1943), è rimasta «in vita» nelle varie strutture ordinative e salda nelle virtù e nelle tradizioni. Nell’ultimo capitolo, infine, sono riportate le testimonianze e le immagini delle cerimonie di Torino dell’aprile 2009, di Goito, giugno 2009, e di Roma, ottobre 2009, nel corso delle quali, tra l’altro, è stata concessa la cittadinanza onoraria di tutte e tre le città al 1° Reggimento Granatieri. Per la realizzazione dell’opera è doveroso ricordare l’apporto fondamentale del Comando Regione Militare Nord e dell’Associazione Amici del Museo Pietro Micca e dell’Assedio di Torino 1706 e ringraziare la Fondazione CRT: questo libro è venuto alla luce solo grazie alla loro sensibilità e al loro concreto e importante contributo. La pubblicazione è reperibile presso l’Associazione Granatieri di Sardegna, Piazza Santa Croce in Gerusalemme n. 7 - Roma.



L’ESERCITO ITALIANO CELEBRA IL 149° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE


L’ESERCITO ITALIANO CELEBRA IL 149° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE Sono davvero tanti i secoli che hanno fatto la storia dell’Esercito Italiano, quasi quattro considerando l’epoca preunitaria legata alle imprese militari del reggimento delle «Guardie», precursore dell’attuale Forza Armata di professionisti, istituito nel 1659 dal Duca Carlo Emanuele II di Savoia. Un passato lungo e importante, scandito da gesta memorabili nella cornice storica del nostro Paese. Un lungo percorso che ha toccato il suo punto più alto in epoca risorgimentale con il compimento dell’Unità d’Italia e la costituzione del neonato Esercito Italiano, che quest’anno spegne le sue

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149 candeline a memoria di quel lontano 4 maggio 1861, quando il Ministro della Guerra, Generale Manfredo Fanti, decretava la fine dell’Armata Sarda e la nascita della nuova formazione militare. Un momento decisivo per la nostra identità nazionale, da ricordare e celebrare, come viene fatto ormai dal 1998, anno in cui l’allora Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Tenente Generale Francesco Cervoni, istituì la Festa dell’Esercito. Da allora un susseguirsi di emozioni che prendono forma in cerimonie, eventi artistici e iniziative culturali tutte volte a mettere in luce la storia e l’evoluzione della nostra Forza Armata dalle origini fino alla sua attuale configurazione. Ne emerge un cammino storico affrontato sempre con professionalità e dedizione che hanno fatto dei nostri militari i più affidabili e preparati sullo scenario internazionale. Lo confermano le numerose missioni in teatri come il Kosovo, il Libano, l’Afghanistan, l’Iraq. Ma anche sul piano interno hanno saputo distinguersi per i numerosi interventi nella salvaguardia delle libere Istituzioni e nella tutela della collettività nazionale nelle pubbliche calamità. L’immagine attuale è quella di un Esercito in continua evoluzione, sempre più moderno e al passo coi tempi, un Esercito tecnologico, vicino alla gente, orgoglio e vanto per il nostro Paese.


Rivista Militare n. 3/2010

MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, GIORGIO NAPOLITANO, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL’ESERCITO, GENERALE DI CORPO D’ARMATA GIUSEPPE VALOTTO, IN OCCASIONE DEL 149° ANNIVERSARIO DELLA COSTITUZIONE DELL’ESERCITO ITALIANO «In occasione del 149° anniversario della costituzione dell’Esercito Italiano, rivolgo il mio deferente pensiero alla bandiera della Forza Armata, simbolo di onore e valore militare, e ai soldati di ogni grado, Arma e Specialità caduti nell’adempimento del dovere. Nato il 4 maggio del 1861, subito dopo la proclamazione del Regno d’Italia, dalla fusione dell’Armata Sarda e di altre formazioni militari pre-unitarie, l’Esercito è stato protagonista della storia nazionale e saldo presidio della Patria negli eventi drammatici, dalla terza Guerra di Indipendenza alla Grande Guerra, dal Secondo conflitto mondiale alla Guerra di Liberazione, che ne hanno segnato l’esistenza, collocando infine l’Italia come grande democrazia nella Comunità delle Nazioni libere del XXI secolo. L’Esercito, sin dalle sue origini, ha riflesso al suo interno la complessità e le diversità culturali e sociali del Paese, ha fatto di esse un proprio carattere distintivo e qualificante, una ricchezza di valori, un confronto di idee la cui amalgama ha contribuito, in pace e in guerra, alla nascita e alla condivisione di un comune sentimento nazionale e, per questa via, al coronamento dell’unità d’Italia. Attraverso un lungo e difficile processo di razionalizzazione e riorganizzazione ancora in corso, l’Esercito tradizionale del passato, basato sulla coscrizione obbligatoria e ancorato alla difesa dei confini nazionali, si è trasformato in un moderno strumento militare professionale, proiettabile in lontane regioni, capace di operare in contesti diversificati multinazionali e multidisciplinari, impegnato in complesse missioni per la stabilizzazione di aree di crisi e per la pace. Ufficiali, Sottufficiali, Volontari, Personale civile, potete essere a buon titolo orgogliosi di far parte di una istituzione prestigiosa e determinante per il futuro dell’Italia. A voi e ai vostri familiari, anche a nome di tutti gli italiani, rivolgo un riconoscente e affettuoso augurio ed esprimo il mio più vivo apprezzamento per quanto avete fatto e state facendo per il nostro Paese e per la comunità internazionale. Viva l’Esercito Italiano, viva le Forze Armate, viva l’Italia!». Roma, 4 maggio 2010.

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ORDINE DEL GIORNO ALL’ESERCITO Festa dell’Esercito Il 4 maggio di 149 anni fa, il Ministro della Guerra del Governo «Cavour», Generale Manfredo Fanti, decretò che il Regio Esercito assumesse l’appellativo di Esercito Italiano; era la diretta conseguenza della solenne proclamazione del Regno d’Italia, avvenuta a Torino il 17 marzo 1861 e confermava la volontà di rendere la Forza Armata, oggi custode di 351 anni di storia, artefice dell’Unificazione delle tradizioni degli Eserciti preunitari. Da allora, accogliendo tra le sue file, sotto il Tricolore, uomini e reparti provenienti da ogni regione d’Italia, l’Esercito, oltre ad essere stato protagonista delle campagne per la conquista dell’Indipendenza e dell’Unità nazionale, assurse anche al ruolo di fattore di aggregazione e diffusione di valori unitari e patriottici, nel tormentato e laborioso processo di unificazione degli italiani. Nel corso dei due conflitti mondiali la Forza Armata, forte di quell’inestimabile retaggio acquisito anche attraverso le guerre risorgimentali, ha saputo far fronte, con determinazione e saggezza, a durissime prove che ne hanno cimentato la capacità di reazione e lo spirito, non intaccandone mai l’integrità morale anche in contesti politici e militari critici e controversi. l soldati italiani si batterono ovunque con onore contribuendo, durante la Guerra di Liberazione, con consapevole e decisiva prova, a gettare le fondamenta di un nuovo ordinamento nazionale eretto sui valori della libertà e della democrazia. La storia più recente, caratterizzata da cambiamenti epocali nell’assetto geopolitico e geostrategico mondiale, ha visto l’Esercito assumere una accresciuta valenza quale strumento non solo al servizio della sovranità nazionale, ma, anche e soprattutto, a sostegno della politica estera e di sicurezza del Paese. Lo testimoniano le Unità dell’Esercito che, impiegate in molteplici aree di crisi internazionali e con una presenza media di oltre settemila soldati fra uomini e donne, hanno acquisito nel tempo una sempre maggiore professionalità, flessibilità e capacità di proiezione nei contesti più disparati, guadagnandosi così riconoscimenti in ambito internazionale, ma pagando, purtroppo, un pesante tributo in termini di vite umane. L’impegno dell’Esercito non si esaurisce con le attività all’esterno dei confini nazionali. È proprio sul nostro territorio, infatti, che la Forza Armata è chiamata a recitare un ruolo principale nel fornire supporto in tutte quelle situazioni di crisi che vanno dal soccorso alle popolazioni colpite da calamità naturali, come il terremoto dell’Abruzzo, allo svolgimento delle attività di controllo del territorio in concorso alle forze di polizia. I risultati lusinghieri conseguiti parlano chiaro: la presenza dei soldati per le strade è riuscita a dare un nuovo impulso al contrasto alla criminalità organizzata, ha rafforzato la presenza dello Stato e ha garantito condizioni di sicurezza per i cittadini. Con l’intervento in Campania per l’emergenza rifiuti, l’Esercito ha anche dimostrato di essere una risorsa disponibile per risolvere situazioni di particolare disagio per la popolazione. Celebriamo quindi con legittimo orgoglio l’odierna fausta ricorrenza, grati alle Istituzioni e ai cittadini per la loro vicinanza, il loro sostegno e la loro affettuosa partecipazione alla nostra vita di ogni giorno. Con questi sentimenti, mi è gradito inviare a tutti gli uomini e le donne della Forza Armata il mio più convinto ringraziamento per l’impegno profuso al servizio della Nazione e l’augurio di sempre maggiori fortune. Roma, 4 maggio 2010.

IL CAPO DI SM DELL’ESERCITO Generale di Corpo d’Armata Giuseppe Valot-

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Ma anche un Esercito che non dimentica la tradizione, il proprio passato, quel sapore antico che solo può conferire il senso di identità e dare significato all’azione presente. Il primo degli eventi celebrativi, in ordine di tempo, il 13 aprile, è il concerto tenuto dalla Banda musicale dell’Esercito, alla presenza del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Giuseppe Valotto, e di altre personalità civili e militari, presso la sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. La rappresentazione musicale, oltre all’esecuzione di prestigiose musiche della Banda Militare, ha visto anche l’esibizione di due artiste di fama internazionale, Katia Ricciarelli e Ivana Spagna. Quest’ultima ha riproposto tra l’altro la canzone «Sentinella» dedicata ai nostri soldati. Inoltre, nel corso della serata è stato premiato il Caporal Maggiore Giuliano Razzoli, neo campione olimpico di sci ai Giochi invernali di Vancouver. Segno questo del grande prestigio raggiunto dagli Atleti della nostra Forza Armata. Successivamente, il 4 maggio, il Capo di SME ha inaugurato una mostra statica di mezzi e tecno-

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logie, presso l’Altare della Patria e il Foro Traiano, e una mostra storica al Vittoriano che rimarrà aperta al pubblico fino al 4 novembre. Dal 4 al 6 maggio i mezzi e gli equipaggiamenti dell’Esercito hanno attirato l’attenzione di un pubblico, costituito anche dai tanti turisti di passaggio, interessato e vicino ai nostri soldati. Antichi mezzi del Regio Esercito e soldati a cavallo in uniforme storica hanno fatto da contraltare alla modernità della nostra Forza Armata, rappresentata da simulatori di volo, dall’elicottero «Mangusta», dai

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veicoli robot, dalla Blindo «Centauro» e dal supertecnologico e moderno Veicolo Blindato Medio (VBM) «Freccia», il cui primo esemplare è stato consegnato nel 2009. Tutto ciò sulla scia di quel progetto di digitalizzazione che costituisce il valore aggiunto a quella dedizione e professionalità che hanno sempre contraddistinto gli uomini e le donne «con le stellette».

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La mostra al Vittoriano, «Storia dell’Esercito Italiano. Il Volontariato dal Risorgimento alle missioni internazionali», scandisce le tappe più importanti di un affascinante percorso storico che ha visto protagonista l’Esercito nelle tante vicissitudini della nostra Patria. È dedicata alla storia del Volontariato militare dalle origini ai giorni nostri, caratterizzati dagli impegni internazionali che vedono i nostri soldati in prima linea nell’opera di normalizzazione e ricostruzione per restituire a tante popolazioni la speranza di un futuro migliore. Ma è stata la cerimonia del 6 maggio il momento culminante delle celebrazioni. Alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del Ministro della Difesa Ignazio La Russa e delle alte cariche civili e militari, sul prato dell’ippodromo militare di Tor di Quinto si sono schierate la Bandiera di Guerra dell’Esercito e una Brigata di formazione su tre reggimenti. È questa una piccola rappresentanza dei nostri soldati, motivo di orgoglio per tutti gli italiani, come anche sottolineato dal Ministro della Difesa, On. Ignazio La Russa:


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«Sapere che i nostri ragazzi con le stellette ogni giorno fanno davvero qualcosa, sia in Patria che all’estero, per la nostra sicurezza e tranquillità e sono garanzia di libertà e democrazia delle istituzioni ci riempie di orgoglio». Sullo stesso tono le parole del Capo di Stato Maggiore della Difesa,

Generale di Squadra Aerea Vincenzo Camporini, che ha rimarcato come l’Esercito sia «in prima linea chiamato a sostenere l’onere più consistente nell’ambito dei dispositivi interforze, a conferma delle caratteristiche di flessibilità, di proiezione, di efficienza ed efficacia dei suoi reparti». Tutto ciò presuppone un impegno concreto da parte delle istituzioni: «Farò tutto ciò che è in mio potere», ha aggiunto il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Giuseppe Valotto, «affinché ogni risorsa disponibile sia impiegata avendo sempre ben chiaro lo scopo ultimo del nostro essere soldati: servire il Paese e i suoi cittadini». Al termine dei discorsi ufficiali, il Capo dello Stato ha consegnato, tra le varie onorificenze, le «Croci d’Onore alla Memoria» ai familiari dei caduti nell’attentato di Kabul del 17 settembre 2009. Segno questo della riconoscenza e vicinanza del nostro Paese a quanti credono nel sacro dovere della difesa della Patria e dei fondamentali diritti umani.

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MYANMAR O BIRMANIA: DIALOGO PIÙ CHE SANZIONI


MYANMAR O BIRMANIA: DIALOGO PIÙ CHE SANZIONI Myanmar è l’acronimo indicante la vecchia Birmania, formato dalle iniziali delle sette etnie componenti lo Stato. Si deve alla Giunta Militare nel 1988 il cambio di denominazione, quando sperava di contrastare le spinte secessioniste, specie dei Kachin del Nord, degli Shan del Centro e dei Karen del Sud. Dopo la dura repressione attuata dal Governo contro i monaci e la popolazione nell’ottobre 2007, sono scese in campo le più importanti organizzazioni internazionali per sostenerne le istanze di libertà e benessere volte a un sano sbocco democratico della situazione. Tuttavia, aziende statali indiane, cinesi, tailandesi e persino europee e americane non esitano a fare «affari d’oro» con la Giunta. Quest’ultima intende procedere a riforme burocratiche e sociali, perché sente «il fiato sul collo» dei consoci dell’ASEAN, (l’Associazione dei Paesi del Sud-Est Asiatico), di cui fa parte dal 1997. La comunità internazionale vorrebbe che fosse la Cina a far pressione sulla Giunta per i suoi eccessi sulla popolazione e sui prigionieri politici. Tutti, Italia compresa, sono d’accordo nel privilegiare il dialogo per pervenire a una ragionevole soluzione. La situazione si è poi ulteriormente aggravata con lo spaventoso tsunami che ha colpito il Paese all’inizio di maggio 2008.

La Birmania o Myanmar, non è mai stata nota al grande pubblico fino al 26 ottobre del 2007, quando la Giunta Militare, guidata dal Generale Than Shwe, ha deciso di impiegare la 66° Divisione dell’Esercito, la stessa che aveva messo a tacere poco tempo prima la ribellione della minoranza Karen, per reprimere la pacifica protesta dei monaci buddisti e dei laici. Era dal 18 settembre che i monaci marciavano in forma non violenta per rispondere alla dura repressione, avvenuta qualche tempo prima, della manifestazione pacifica di Pakokku contro il rincaro (del 500%) dei carburanti. Verso quel ripetersi di marce, le unità dell’Esercito, tra i più efficienti dell’Asia, tenevano un atteggiamento moderato e, in alcuni casi, simpatizzante. Sino ad allora, i monaci avevano dato luogo a proteste non

politiche con obiettivo il Paese e il rispetto della religione. Ma quando la Lega Nazionale per il Partito della Democrazia (AFPEL), quello della Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, ha chiesto ai monaci di issare i suoi vessilli, la protesta da pacifica ed apolitica si è trasformata in politica. È così iniziata la brutale repressione della Giunta, di cui abbiamo avuto testimonianze televisive. In quei giorni, il mondo intero, in segno di solidarietà coi monaci e col popolo birmano, indossò qualcosa di rosso.

ORIGINI STORICHE Risale al 289 a.C. la preistoria degli indigeni Miamma o Brama o Birmani, che vivono in un territorio di 670 000 kmq con più di 50 milioni di abitanti. Inizialmente senza unità politica, questa popolazione è retta da un Governo dispotico di vari Re e capi tribù, costantemente in guerra tra loro, spinti solo dal desiderio di saccheggio o di sete di vendetta. Il solo legame tra i birmani è religioso, ed implica un esagerato spirito di sottomissione al Sovrano. La religione buddista dei birma-

A sinistra. La bandiera nazionale del Myanmar. In apertura. Il fiume Irrawaddy.

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Una manifestazione di protesta di monaci buddisti nel 2007.

alla Birmania che assume il nome di «Repubblica Socialista di Birmania» e nel 1948 quello di «Unione Federale Birmana».

ni è di benevolenza e non di terrore, come il braMA LE DENOMINAZIONI NON BASTANO mismo degli indiani. Il Prete, o Punghi, è amato e non temuto. È mantenuto dalla comunità e, in Il Primo Ministro della nuova Unione, impegnato cambio, educa i giovani nella scuola monastica. Le dal 1948 al 1954 contro la guerra civile scatenata truppe, poco disciplinate, sono armate e mantedall’etnia dei Karen, ribelli comunisti, e dalle scornute da pubbliche spese e ogni maschio adulto è rerie dei soldati cinesi nazionalisti fuggiti dalla Cisottoposto gratuitamente alla milizia del Sovrano. na di Mao, non ha il tempo per dedicarsi all’orgaDopo varie vicende storiche, la popolazione è afnizzazione politica e amministrativa del giovane flitta da un’interminabile guerra (1824-1886), che Stato, ove prevalgono corruzione e affarismo. si rivela disastrosa per i birmani. Si combatte conNel 1958, si instaura la prima dittatura militatro i successori di Re Alaung Paya, unificatore dell’Alta e Bassa Birmania, detrore anticomunista del Generale nizzato da Tharawadi, acerrimo Newin e inizia l’isolamento dal nemico degli inglesi. Questi ul...quando la Lega Naziona- mondo; nel 1960 l’AFPEL ottimi, appoggiati da una coali- le per il Partito della Demo- tiene una schiacciante vittoria e viene istallato un zione di Principi, sbarcano nel crazia...ha chiesto ai monaci elettorale secondo Governo. Ma Newin 1845 a Rangoon ed estendono il loro dominio a tutto il territorio. di issare i suoi vessilli, la nel 1962, con un colpo di StaNel 1886 la colonia è dichiarata protesta da pacifica ed apo- to, ripristina la dittatura miliprovincia dell’Impero indiano. litica si è trasformata in po- tare, proclama nuovamente la lotta ai comunisti e nazionaNel 1943 diventa autonoma. La litica lizza le banche contrastando Lega per la Libertà nel 1944 conquista un po’ di potere, ma ferocemente la coltura delun gruppo di reazionari uccide il leader, il giovane l’oppio. Due anni più tardi sopprimerà tutti i partiti. Aung San, padre della Nobel, e altri. Per tutta la Nel 1981 si intensifica la campagna d’isolamendurata della Seconda guerra mondiale la Birmania to e la Birmania esce dall’associazione dei Paesi è occupata dai giapponesi. Il Paese nel 1945 è linon allineati. Nel 1990 si tengono le prime elezioberato da truppe americane, inglesi e cinesi. L’acni libere dal 1962. Vince la Lega Nazionale per la cordo di Londra del 1947 concede l’indipendenza

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Monaci buddisti.

Democrazia con l’80% dei suffragi sotto la guida della figlia di Aung San, la signora Aung San Suu Kyi. Ma le elezioni vengono annullate dal regime militare, che reinstaura il potere assoluto del 1988. In seguito all’istituzione del Consiglio per il ripristino della legge e dell’ordine, lo SLORC, e, dopo una rivolta popolare soffocata nel sangue, il nome del Paese muta da «Repubblica Socialista dell’Unione di Birmania» a «Myanmar», o «Unione dei Myanma» in lingua birmana, ossia l’acronimo, formato dalle iniziali di tutte le etnie componenti lo Stato. Nell’ottobre del 1991, Aung San Suu Kyi ottiene il premio Nobel per la pace. Nell’aprile successivo il Generale Saw Maunh è costretto a lasciare il potere e gli subentra l’attuale Capo della Giunta Militare, il Generale Than Shwe. Il nuovo Capo, quale atto di clemenza, nel settembre dello stesso anno, revoca parzialmente le misure eccezionali in vigore dall’89. Nel 1994 viene approvata la nuova Costituzione, elaborata appositamente per impedire alla Nobel di essere nominata Presidente. Quest’ultima viene messa agli arresti domiciliari, poi revocati. Nel novembre 1997 il Governo assume la denominazione di «Consiglio di Stato per la Pace e lo Sviluppo». Intanto Aung San Suu Kyi continua la sua opera di contestazione tanto che viene riarrestata, liberata e poi rimessa agli arresti domiciliari. In questo periodo la Birmania è all’attenzione internazionale per violazione dei diritti umani e traffico di cocaina. Nel 2003 la Giunta arriva alla chiusura delle Università e lancia lo slogan «Grano, riso e mais al posto dell’oppio». Da allora la produzione di droga è

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scesa del 40%, ma i produttori l’hanno diversificata con metanfetamine, subendo così poche perdite. Nel 2004 la Lega Nazionale per la Democrazia rifiuta il dialogo col Governo. Si dichiara a favore di una convenzione nazionale e della liberazione della figlia di Aung San. Il Primo Ministro si dimostra aperto al dialogo con l’opposizione ma viene sostituito col Ministro Soe Win, vicino al Presidente. Ciò allontana la speranza di una svolta politica del Paese, sempre più isolato sul piano regionale, dove alcuni Stati ne reclamano l’espulsione dall’Organizzazione, e sul piano internazionale, dove la politica illiberale del regime è stata condannata con sanzioni economiche dalla Russia, UE e Giappone, ma non da Cina e India. Ad aggravare la situazione economico-sociale, si è aggiunto il ciclone «Nargis», che nella notte tra il 3 e il 4 maggio 2008 ha provocato uno tsunami che nel sud del Myanmar ha ucciso 100 mila persone e ne ha lasciate senza tetto più di un milione. Trasformando la tragedia da umanitaria in politica, il Governo ha autorizzato subito Cina, India e Russia, Paesi che non si pongono tante domande sul rispetto dei diritti umani, a intervenire. Per contro, cedendo al tragico bisogno, solo dopo 5 giorni la Giunta Militare ha consentito l’ingresso alle zone colpite sia all’ONU sia alle numerose ONG, i cui aspiranti soccorritori hanno fatto la coda fuori dall’Ufficio Visti della propria Ambasciata a Bangkok sin dal primo giorno. Anche l’Italia ha partecipato ai soccorsi offrendo un milione di euro per tende, depuratori d’acqua, generatori, kit sanitari e altro. Da parte sua il Governo è intervenuto con durezza nello sgombero forzato di alcune migliaia di sopravvissuti che avevano occupato abusivamente alcuni istituti scolastici.


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Altri sgomberi forzati sono stati eseguiti nelle aree d’interesse di un progetto di sfruttamento di gas naturale, per far spazio a ditte cinesi che vi lavoravano. Si dice anche che molti sopravvissuti abbiano ricevuto aiuti e assistenza in cambio del voto a favore della bozza di Costituzione sottoposta a referendum il 24 maggio. Molti aiuti sono stati sequestrati, dirottati e venduti in concomitanza del succitato referendum, che, secondo la Giunta, ha avuto il 98,1% di votanti col 92,4% di suffragi a favore. In questo periodo sono stati creati nuovi prigionieri «di lungo corso» tra i dissidenti pacifisti, per lo più poeti, commediografi, scrittori e gente di spettacolo. Tra questi privilegiati prigionieri, non poteva essere tralasciata la Premio Nobel Aung San Suu Kyi, che l’11 agosto 2009 è stata condannata a 3 anni di lavori forzati, mutati in 18 mesi di arresti domiciliari su ordine speciale del Generale Than Shwe. Pur sfruttando, per comodo, un articolo della vecSopra. Il Presidente della Giunta Militare, Generale Than Shwe. A sinistra. Il Premio Nobel per la pace e leader dell’opposizione, Aung San Suu Kyi.

chia Costituzione del 1974, abolita nel 1988, il Capo della Giunta Militare spera così di tener fuori della mischia il Partito della Nobel in occasione delle elezioni politiche del 2010. La Signora Suu Kyi ha scritto una lettera alla Giunta Militare dichiarandosi disposta a rafforzare la cooperazione tra il Governo e l’opposizione democratica per metter fine alle sanzioni della comunità internazionale. La Giunta Militare, a seguito della richiesta, ha nominato un Ministro apposito per i rapporti con la Nobel, che sembra essersi ammorbidita nei confronti del regime. Essa intende anche incontrare i diplomatici dei Paesi intenzionati a togliere le sanzioni economiche. Anche il Presidente

Obama e il suo Segretario di Stato hanno mostrato interesse alla collaborazione, tesa a favorire il processo di «riforme politiche» e a contrastare l’influenza economico-commerciale della Cina. Il 9 ottobre 2009 l’UE ha fatto sapere di essere disposta a rispondere positivamente, se vi sarà la riconciliazione politica con la nuova era di cooperazione e l’instaurazione di una vera democrazia. Col nuovo anno, non temendo nemmeno la nuova aria di rivolta che spira nella vicina Thailandia, il regime ha varato una legge elettorale, definita «ingiusta e repressiva» dalla comunità internazionale. Tale legge prevede che «i detenuti, quali Aung San Suu Kyi, non possano appartenere a un partito». Pertanto, se la Lega Nazionale per la Democrazia (LND), partito vincitore delle elezioni del 1990, non espellerà il suo Capo, oggi agli arresti domiciliari, verrà sciolta. Per rivalsa, l’LND non si è registrata alle prossime elezioni, a causa delle limitazioni imposte dal regime.

LE MINORANZE ETNICHE, UN GROSSO PROBLEMA Nel corso del 1999 la campagna d’intimidazione e di repressione contro gli aderenti alla Lega Nazionale per la Democrazia si intensifica e si estende alle minoranze etniche dei Kachin, dei Shan e dei Karen. Il Paese è difficilmente governabile per la sua natura plurietnica. L’Unione del Myanmar è

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costituita da sette Stati etnici, più sette divisioni amministrative. Il grosso problema sono le etnie che costituiscono le sette lettere del nuovo nome della Birmania, studiato apposta per «ammorbidire» le forti pretese d’indipendenza di tali Stati. In particolare, è dal 1961 che i Kachin, uno dei più importanti gruppi etnici, insediatisi nel territorio posto tra l’Assam indiano e lo Yunnan cinese, sono in conflitto con Rangoon. L’Esercito per l’Indipendenza del Kachin, il Kio, inizialmente si allea con i comunisti per opporsi all’Esercito birmano e nel 1994 sembra aprirsi uno spiraglio di speranza col Governo centrale. Le cose, però, non vanno per il verso giusto, perché mentre da un lato il Kio esercita il contrabbando di legname da costruzione coi trafficanti cinesi, dall’altro l’Esercito nazionale costringe gran parte della popolazione ai lavori forzati; lo Stato degli Shan, posto più a sud del Kachin in un desolato altipiano, è dal 1948 in lotta contro il potere centrale che non gli ha riconosciuto l’indipendenza prevista dagli accordi di Londra. Le due milizie, che da oltre 50 anni sono in conflitto con Rangoon, lo Shan State Army e lo Shan State National Army, si sono fuse da qualche anno in un’unica milizia etnica, guidata da un ex signore della droga di origini cinesi. I colloqui col potere centrale sono durati per dieci anni, ma la mancata osservanza delle condizioni di consegna delle armi e di apertura alle riforme democratiche fa naufragare ogni dialogo. A sud, al confine con la Thailandia vi è lo Stato dei Karen, i cui tre milioni di abitanti costituiscono

Sotto e a destra. Gli effetti del ciclone «Nargis».

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il gruppo etnico maggiore dopo quello birmano. Si vocifera che i continui attacchi dell’Esercito centrale contro i villaggi dei Karen siano finalizzati a creare una cintura di sicurezza attorno alla nuova capitale Naypyidaw, voluta dalla Giunta Militare in osservanza di un antico principio strategico che pone la capitale al centro dello Stato. L’insistente offensiva dei militari governativi potrebbe anche essere conseguente ad accordi presi con la Thailandia per la costruzione di una serie di chiuse nel fiume Sittang, che determinerebbe la deportazione di gran parte della popolazione Karen. Comunque, le operazioni militari comportano l’espatrio coatto di molte famiglie nella vicina Thailandia: al momento vi sarebbe un milione e mezzo di sfollati nei campi profughi allestiti da organizzazioni internazionali. Lungo il confine con lo Yunnan cinese operano anche gli Wa, gruppo etnico di origine cinese, forse diretti discendenti delle truppe cinesi che nel 1873, durante la disastrosa guerra birmana, ne invasero la parte settentrionale brucian-


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do molte città. Un tempo, essi costituivano l’ossatura della guerriglia comunista repressa dalle truppe centrali. Hanno una milizia di 20 000 combattenti che difendono i traffici di oppio prodotto in gran quantità nella zona. Si dice che esponenti della Giunta al potere siano in combutta con questi gruppi ribelli per il narcotraffico e ciò alimenta il sospetto di commistione tra malavita e politica.

AFFARISMO A SCAPITO DEL RISPETTO UMANO La Birmania è ricca di gas naturale, di legname, di petrolio e di diamanti. Vi operano aziende cinesi, indiane, tailandesi, giapponesi e persino italiane, delle quali ben 78 hanno scambi commerciali e industriali. Ma è il gas naturale la vera ricchezza. Un grosso giacimento è stato scoperto non tanto temTrasporto di aiuti umanitari dopo il ciclone «Nargis». po fa di fronte alla costa dello Stato di Arakan. Nella città di Sittwe è stato costituito un consorzio per il gas tra la Myanmar Oil And Gas Enterprise, la sudsviluppati e in via di sviluppo per il proprio avanzacoreana Daewoo International e altre aziende statali mento tecnologico. Il Governo centrale, a detta delindiane e sudcoreane. Il 24 settembre 2007 l’azienla Giunta, sta facendo di tutto per ridurre il gap ecoda indiana di proprietà statale Oil And Natural Gas nomico tra la popolazione rurale e quella urbana. Widesh ha firmato un accordo con la Myanmar Oil Comunque, tanto il FMI quanto la Banca Mondiale And Gas Enterprise per l’esplorazione di altri tre inviano spesso loro rappresentanti per monitorare territori offshore del gas, impegnandosi per 150 la situazione economica del Paese. Al momento nomilioni di dollari. Mentre il Ministro indiano firma nostante venga ripetuta la richiesta di appoggio l’accordo, migliaia di manifestanti birmani scendoeconomico-finanziario, i due istituti si sono rifiutano in piazza per chiedere libertà politica, fine degli ti di togliere le restrizioni sul prestito per alleviare il abusi e miglioramento delle condizioni economiche. debito della Birmania. La Giunta è inserita nell’ASELa stima produttiva per quei giacimenti va dai 37 ai AN, che vuole partecipare alla creazione di una zo45 miliardi di dollari, con un possibile introito totana di libero scambio commerciale, di tipo europeo, con l’Australia e la Nuova Zelanda. Il 25 agosto le dai 12 ai 17 milioni in venti anni per la Giunta e 2007 i 10 membri dell’associazione hanno deciso di per i futuri Governi. È stato stimato che il 50% di tali espandere commerci e scambi finanziari con gli proventi andranno all’Esercito. Nell’aprile 2007 vieUSA. Ma l’obiettivo è eliminare ne approvata la costruzione di un gasdotto di 2 380 km che dal le dogane all’interno del gruppo La Birmania è ricca di gas per contrastare la concorrenza porto birmano di Sittwe porterà il gas a Kunming, capitale dello naturale, di legname, di pe- di India e Cina. E questo per ora Stato cinese dello Yunnan, attra- trolio e di diamanti. Vi ope- nasconde i problemi interni verso i Monti Arakan. In 30 anni rano aziende cinesi, indiane, causati dal regime. porterà ben 170 miliardi di metri tailandesi, giapponesi e perNel 2005 lo scambio comcubi di gas dal Medio Oriente merciale tra USA e ASEAN è sino italiane, delle quali ben stato di 152 miliardi di dollari: senza passare per lo Stretto di 78 hanno scambi commer- ciò dovrebbe favorire un camMalacca. L’assistenza finanziaria del FMI ciali e industriali. Ma è il gas biamento di rotta del Governo del Myanmar. In caso contrario, e della Banca Mondiale, di cui è naturale la vera ricchezza membro dal 1952, è stata sospegli altri membri ASEAN esigesa fin dal 1988, perché la Birmaranno la separazione tra gli imnia è «Paese povero e fortemente indebitato». Il Gopegni assunti dal gruppo verso gli USA e le queverno ha quindi cercato di adottare efficaci strategie stioni interne di ogni singolo Stato. per ottimizzare le procedure di commercio con Dal gennaio 2008 sono liberalizzati anche gli l’estero e per liberalizzare il commercio interno ed scambi commerciali con Australia e Nuova Zelanestero. Gli investitori stranieri possono investire nel da, che nel 2005 hanno raggiunto un volume di Myanmar e le banche possono aprire loro uffici di 35,6 miliardi di dollari, pari a un aumento del 23%. rappresentanza. Il Paese partecipa ai programmi di Anche la Cina, entro il 2010, vorrebbe creare una cooperazione regionale e collabora molto coi Paesi zona di libero scambio con l’ASEAN, ma veri e tan-

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gibili progressi sono impediti dai problemi interni di ogni Stato, dalle sciagure naturali, dalla diffusa povertà e dalle differenze economiche e politiche.

PRIVILEGIARE IL DIALOGO Le aziende cinesi e indiane fanno affari d’oro con la Giunta Militare, alla quale «richiedono» di astenersi dalle brutali repressioni con il pretesto che ogni Stato è libero di risolvere i propri problemi secondo la propria etica. Si ritiene, comunque, che, nonostante una certa influenza sulla Giunta, anche la stessa élite di Governo stia beneficiando di queste relazioni, che si diramano sino alle banche di Singapore. Sono state proposte sanzioni mirate a congelarne i conti per non opprimere ulteriormente la popolazione con ristrettezze derivanti dall’embargo: uno strumento efficace per «ammorbidire» la repressione e sollecitare il rilascio dei prigionieri politici. Con l’aiuto della Cina, però, permane una situazione di «doppio gioco», nonostante anche gli USA ammoniscano l’ASEAN a non compromettere la propria credibilità per la situazione birmana. Qualche tempo fa, la stampa ha dato risalto all’arresto del noto cantante G-Tone, perché durante un’esibizione ha mostrato alla folla il suo «tatuaggio religioso». In esso erano raffigurate due mani giunte in segno di preghiera. E i militari al potere temono la religione. Il 20 novembre 2007, il vertice annuale di Singapore ha respinto la richiesta USA di sospendere il Myanmar dall’ASEAN, che, al contrario, intende risolvere la questione attraverso il dialogo. Uno spiraglio di luce sembra aprirsi con la firma, annunciata dal Ministro degli Esteri birmano, Nyan Win, della Carta Regionale dell’ASEAN, che impegna al rispetto

degli accordi «anche in materia di democrazia e di diritti umani». A Pechino il Generale Than Shwe, ha promesso di accelerare i tempi per l’adozione di misure «positive e pragmatiche» per dare corso alla road map, varata dalla Giunta nel 2003, verso riforme burocratiche. Anche in Italia, il 13 settembre 2007, praticamente agli inizi della protesta dei monaci buddisti, e prima della sanguinosa repressione, il Senato ha approvato una Risoluzione sulla Birmania. Nella relazione si lamenta che presso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU del gennaio 2007 la Risoluzione, sostenuta anche dal nostro Governo, ha incontrato il veto di Cina e Russia.

UNA PROTESTA CHE VIENE DA LONTANO Ormai è cosa nota che il processo di decolonizzazione, verificatosi nel periodo tra il 1945 e il 1950, è stato dettato più dalle esigenze politiche delle vecchie potenze coloniali, che non dalla «maturità» delle loro Colonie. Questo vale soprattutto per la Birmania, diventata, come detto, «Myanmar» per le molteplici etnie che costituiscono il Paese e che pretendevano l’autonomia e l’indipendenza. Nel 1988 la Giunta Militare sperava così di acquietare la marea montante secessionista dei vari gruppi etnici. Il nuovo Stato si rivelò subito una creazione artificiale, etnicamente eterogeneo, privo di una robusta struttura politico-amministrativa, che oscillava tra un Governo forte e una democrazia più o meno liberale. Se avesse aderito al Commonwealth, come era stato proposto all’atto della concessione dell’indipendenza, forse la Birmania avrebbe avuto un altro destino. Ma la classe dirigente considerava le risorse naturali del Paese come ricchezze private. La Guerra Fredda, poi, ha avuto il tragico effetto di far piovere sul continente asiatico i capitali con cui le due superpotenze cercavano di conquistare la fedeltà del Governo locale. Da qui colpi di Stato, guerre civili, conflitti, di cui ancora oggi si vedono le conseguenze. Lo Stato, quindi, ha sempre incontrato grande difficoltà nel ristabilire la pace e l’ordine. Con il Myanmar, poi, gli affari degli investitori stranieri, appoggiati dai rispettivi Governi, hanno sempre soprasseduto sulla necessità di pretendere la garanzia e il rispetto dei diritti civili. E mentre l’ONU condanna il regime, alcuni Paesi fanno affari d’oro. L’affarismo internazionale nel corso della Guerra Fredda, e anche dopo, per il traffico di armi e di droga, ha inventato il sistema della «triangolazione». Le merci venivano vendute a uno Stato apparentemente neutrale che le cedeva al suo associato, bisognoso della stessa merce. Anche nel nostro caso, sarebbe utile applicare lo

La Pagoda Shwedagon a Yangon (Rangoon) vista dalla sponda opposta del lago Yangon.

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stesso principio nei confronti della Cina, molto «sentita» nei Paesi asiatici con cui ha rapporti commerciali. Si tratterebbe di invitare Pechino a spingere la Giunta ad assumere un atteggiamento più moderato. Si garantirebbe così un po’ di respiro a chi protesta per avere pace, giustizia e ripartizione di ricchezza.

CONCLUSIONI

vuole fare in proprio. La situazione, ha, quindi assunto le dimensioni di una tragedia umanitaria, dalle conseguenze incalcolabili. In tale contesto non si è rinunciato nemmeno a far votare la popolazione per la bozza della nuova Costituzione birmana che avrebbe ottenuto il 90% delle preferenze nel referendum del 10 maggio. Come annunciato dai media di Stato, secondo i quali circa il 92,4% degli elettori ha detto sì. Caratterizzata da intimidazioni, brogli e ricatti sui cittadini per-

Nell’era della globalizzazione non esistono più conflitti o crisi locali d’interesse esclusivo all’area in cui si sviluppano. Essi riguardano tutti, in particolaContadini al lavoro nei campi. re anche gli Stati europei, che non hanno confini ben definiti con il continente asiatico. Si sa che il rappresentante speciale dell’ONU, Ibrahim Gambari, ha ottenuto diversi importanti risultati: la liberazione degli arrestati delle manifestazioni di settembre, la possibilità per Aung San Suu Kyi di riprendere contatto col suo partito dopo tanto isolamento, la nomina di una rappresentanza della Giunta al potere per i rapporti con tale partito, il National League for Democracy, il NID, la dichiarazione della stessa leader di disponibilità a un vero, libero e incondizionato dialogo. Ciò interessa le comunità etniche, le espressioni civili e religiose, per elaborare e scrivere una nuova Costituzione. È importante capire che le sanzioni economiche ché approvassero il testo, che neppure conoscono, la sono un mezzo, non un fine. È una leva che va usaconsultazione «truffa» si è svolta in due terzi del ta con prudenza, perché non colpiscano il popolo Paese. In 47 Municipalità nelle Divisioni del delta delbirmano. Per questo l’UE intende promuovere, attral’Irrawaddy e Yangon, devastate dal ciclone, ha avuverso le istituzioni internazionali, la CRI, l’Organizto luogo il 24 maggio. In questo caso il voto è stato zazione Internazionale del Lavoro, l’Alto Commissaposticipato a causa del disastro abbattutosi nel Paerio ONU per i Rifugiati e altre organizzazioni, dei se il 3-4 maggio che ha causato oltre 100 000 morprogrammi positivi di aiuto umanitario, di lotta alla ti. La nuova Costituzione non è un buon presagio, povertà, di cooperazione nella perché consolida il potere dei scuola, nell’educazione e nel lamilitari e di fatto legittima lo stavoro. In questo c’è buona volontà È importante capire che le tus quo: un regime dittatoriale anche da parte della Giunta. sanzioni economiche sono dei più cechi al mondo. Dopo lo spaventoso tsunami Infine, come per il Pakistan, un mezzo, non un fine. È dove abbattutosi nel sud del Paese, la situazione dopo la agli inizi di maggio del 2008, la una leva che va usata con morte violenta della leader BeGiunta Militare è stata accusata di prudenza, perché non colpi- nazir Bhutto e l’elezione di suo non aver dato credito al preavvi- scano il popolo birmano marito a Presidente della Reso del Dipartimento Meteo Indiapubblica, è alquanto precaria, no, che aveva indicato il punto anche per il Myanmar vi sono d’impatto e forza del ciclone «Nargis». Solo dopo confini incerti. I suoi vicini potrebbero essere pocinque giorni l’ONU è stata autorizzata a intervenire tenziali avversari, la società è composta in buona per far fronte a fame ed epidemie. L’aspetto più graparte da etnie e tribù, fiere della propria autonove è che sono accettati solo gli aiuti, permane cioè mia e insofferenti del potere centrale. La sua reliun atteggiamento di chiusura del Governo verso gli gione, l’Islam, un tempo il solo elemento unificastranieri; alle numerose ONG non è permesso entratore, oggi è fattore di divisione più che di unità. Anche qui vale il principio che, laddove la politica re, e si sono viste code fuori dall’ufficio visti delle è debole e non riesce ad affermare i suoi assiomi, ambasciate a Bangkok sin dal primo momento. Anle Forze Armate sono inevitabilmente forti. che la Farnesina ha offerto un milione di euro di soccorsi in tende, depuratori d’acqua, generatori e kit Giovanni Bucciol sanitari. Il punto è chi distribuisce questi aiuti, visto che non viene accettato il personale idoneo e lo si Generale di Divisione (ris.)

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LOGOS

IL LEGAL ADVISOR «TATTICO» NELLE OPERAZIONI MILITARI TERRESTRI ALL’ESTERO


IL LEGAL ADVISOR «TATTICO» NELLE OPERAZIONI MILITARI TERRESTRI ALL’ESTERO Il consulente giuridico è oggi, a pieno titolo, una delle componenti essenziali dello special staff del Comandante del Contingente schierato in Teatro di Operazioni. L’esperienza maturata nell’ambito delle operazioni militari all’estero dell’ultimo decennio ha, peraltro, evidenziato come l’assolvimento delle «missioni» demandate al consulente giuridico presenti uno «spettro» di potenziale implementazione fortemente differenziata.

LEGAL ADVISOR, CONSULENTI E CONSIGLIERI

oggi, quella più frequentemente utilizzata in ambito nazionale, anche a fronte dell’assenza di un cor«Le Alte Parti contraenti in ogni tempo, e le Parrispettivo e univoco termine in lingua italiana. Menti in conflitto in periodo di conflitto armato curetre, infatti, con «consulente legale» si tende a idenranno che dei consiglieri giuridici siano disponibitificare l’Ufficiale che in Patria è investito della risoli, quando occorra, per consiluzione di problematiche giurigliare i comandanti militari di diche «nazionali», per quanto, ...una posizione che solo invece, afferisce ai corrisponlivello appropriato circa l’applicazione delle Convenzioni e del nel recente passato ha co- denti incarichi nei Teatri Operapresente Protocollo, e circa l’in- minciato a essere formal- tivi (T.O.) esteri coesistono: segnamento appropriato da imla qualifica di «consigliere giumente e continuativamente •ridico», partire in materia alle Forze Arformalmente attribuita mate». Questa definizione, con- prevista anche negli organi- (ai sensi del citato art. 82 del I tenuta nell’art. 82 del I proto- ci dei contingenti nazionali Protocollo Addizionale del 1977) collo dell’8 giugno 1977 addi- impiegati all’estero ai militari incaricati di consigliare zionale alle convenzioni di Gii comandanti militari di livello nevra del 12 agosto 1949, racappropriato circa l’applicazione chiude l’essenza di una posizione che solo nel redel Diritto Internazionale Umanitario-DIU (1) ovvecente passato ha cominciato a essere formalmenro, volendo più esaustivamente indicare l’intero te e continuativamente prevista anche negli orgacomplesso delle regole connesse al fenomeno dei nici dei contingenti nazionali impiegati all’estero. conflitti armati, del Diritto Internazionale dei ConLa locuzione anglosassone Legal Advisor è, ad flitti Armati- DICA (2); • la denominazione di «consigliere legale» (3), riferita a Ufficiali posti, in operazioni all’estero, alle dirette dipendenze del Comandante e aventi l’incarico di fornire consulenza principalmente per quanto attiene ai mandati delle missioni, alle restrizioni all’uso della forza, al trattamento degli autori o sospetti di crimini, all’applicazione delle Regole di Ingaggio (Rules of Engagement-

In apertura. Blindo «Centauro» in Libano. A sinistra. Un Alpino controlla il territorio di competenza.

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ROE), agli accordi internazionali. Allo stato, si ritiene che, volendo trovare un’alternativa alla denominazione anglosassone, potrebbe essere utilizzata quella di «consulente giuridico» (4), in tal senso indicativa, come meglio si espliciterà in seguito, del duplice e inscindibile campo d’azione (nazionale ed estero).

COLLOCAZIONE ORGANICA, DIPENDENZE ED ATTRIBUZIONI Le pubblicazioni militari nazionali emanate in materia di operazioni all’estero fanno usualmente generico riferimento a una funzione di «consulenza legale» inserita nel Modulo Comando e al di fuori dello Stato Maggiore, ovvero a singoli Ufficiali, parimenti posti alle dirette dipendenze del Comandante del contingente, quali «consulenti speciali» (special staff). Le Direttive Operative Nazionali (D.O.N.), emanate dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COI), analogamente, prevedono che la posizione sia ricoperta da un Ufficiale posto gerarchicamente alle dirette dipendenze del Comandante di Contingente. Dal punto di vista tecnico funzionale, il Legal Advisor (LEGAD) dipende, invece, in Teatro Operativo dal LEGAD del Comando sovraordinato e, verso la Patria, dall’Ufficio Legale del COI, mente e motore di tutte le operazioni militari all’estero delle Forze Armate nazionali. Analogamente, il consulente giuridico di Contingente coordina e controlla gli omologhi Ufficiali eventualmente presenti presso le dipendenti Task Force, rapportandosi costantemente anche con quelli dei Comandi collaterali (figura 1). In merito alle competenze, nonostante l’ormai continuativa presenza di contingenti nazionali in molteplici T.O. esteri, l’effettiva sfera di azione dei LEGAD non è stata finora formalmente sancita in univoche job description, bensì, di volta in volta, sostanzialmente rimessa alla discrezionalità del Comandante che determina se e in quali termini fruire delle prestazioni del suo LEGAD che, dall’ipotesi di più ampio coinvolgimento nella dinamica complessiva delle operazioni (come «filtro» di legittimità giuridica dei prodotti di tutte le aree funzionali), può limitarsi a particolari casi di consulenza giuridica «pura». Ove si volesse tentare di individuare, comunque, l’ambito delle attività ordinariamente rimesse al LEGAD, si dovrebbero distinguere aspetti di carattere sia «nazionale» sia «internazionale».

LE COMPETENZE DI CARATTERE «NAZIONALE» Le attività di carattere nazionale sono quelle ordinariamente svolte dal consulente legale «tattico» in

Patria, quale Ufficiale ormai organicamente posto alle dirette dipendenze del Comandante di Brigata. Tali competenze possono giungere a comprendere, nella loro massima espansione, la diretta trattazione di tutte le pratiche aventi valenza disciplinare, penale, amministrativa, civilistica, etico-comportamentale e, in senso generale, giuridico-legale. L’immissione in T.O. del consulente legale comporta, quindi, che egli continui a rispondere, anche all’estero, alle medesime attivazioni ascrittegli in Patria. In particolare, possono individuarsi le seguenti aree: • attività in sede (stasi operativa): tutte le attività di competenza del consulente legale in Patria; • approntamento: predisposizione di Standing Operational Procedures (SOP), Direttive a carattere permanente (assetto formale e norme di comportamento del personale all’interno o all’esterno delFig. 1

le basi; limiti al consumo di alcolici; utilizzo di strumenti video-fotografici a carattere privato; molestie sessuali e attività discriminatorie; importazione/esportazione di beni da/per il T.O.; libera uscita; fruizione delle postazione internet) nonché circolari (a titolo indicativo: incidenti/eventi che coinvolgano personale e beni dell’A.D.; assicurazione del personale della Difesa impegnato in missioni Fuori Area; sanzioni disciplinari di Corpo; disciplina), finalizzate a uniformare a livello Contingente la trattazione di procedure routinarie a rilevanza giuridico-legale ovvero a dettare norme comuni di comportamento; • condotta: •• redazione della messaggistica e delle relazioni tecnico-disciplinari/relazioni tecniche (ovvero coordinamento e controllo sull’analoga attività di competenza delle unità dipendenti), nei casi di incidenti/eventi che coinvolgano personale e beni dell’Amministrazione della Difesa; •• monitoraggio delle rilevanze penali e dei conseguenti iter processuali (in collaborazione con il personale dell’Arma dei Carabinieri);

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•• verifiche di legittimità delle sanzioni disciplinari e consulenze procedurali; •• partecipazione alle commissioni di monitoraggio della regolarità delle prestazioni di beni e servizi da parte delle imprese civili e coordinazione delle azioni da intraprendere nei casi di inadempienza; •• rapporti con le Forze di Polizia, la Magistratura (in coordinazione con l’Arma dei Carabinieri), l’Avvocatura dello Stato e, in generale,

delle predisposizioni inerenti il DICA (contrassegni, emblemi di protezione, tessere); •• aggiornamento sulla materia di interesse attraverso la partecipazione a convegni, seminari e conferenze e l’acquisizione di documentazione disponibile in ambito nazionale e internazionale; • approntamento: •• esame del mandato internazionale/nazionale al fine di verificare i contenuti e la conformità al Diritto di Bandiera; indirizzare il G2/J2 e il G3/J5 nella stesura dell’Operation Order (OPORD) sotto il profilo del diritto; individuare lo status giuridico delle parti in conflitto e ulteriori informazioni di natura sociale; individuare persone, luoghi e beni oggetto di protezione; •• esame dello Status of Forces Agreement (SOFA) allo scopo di individuare lo stato giuridico delle Forze e i limiti alla sovranità dello Stato in cui la missione opera; •• redazione dell’Allegato «Legal» e «ROE» all’OPORD; •• effettuazione di cattedre itineranti in materia di aspetti legali e ROE a favore dei reparti di Un militare italiano sulla torretta di un «Dardo». previsto impiego; •• predisposizione di vademecum di carattere con Avvocati e patrocinatori legali; giuridico da distribuire ai partecipanti al•• redazione di direttive etico-comportamentali; l’operazione; •• consulenza giuridico-legale alle cellule del •• predisposizione di SOP, direttive, circolari e Comando e alle unità dipendenti; documenti di approfondimento di tematiche giuridiche e codici comportamentali delle Or•• eventuale assistenza legale generale al persoganizzazioni Internazionali entro le quali si nale. dovrà operare; • condotta: •• consulenza al Comandante, alle Cellule e alle LE COMPETENZE DI CARATTERE «INTERNAZIONALE» Task Force in materia di applicazione del diL’attività più spiccatamente peculiare del LEGAD in ritto internazionale; operazioni all’estero è, comunque, quella afferente •• emanazione e aggiornamento di procedure e all’ambito di interpretazione e applicazione del DICA. direttive; •• verifica delle conformità al diritto delle armi e In particolare, possono rilevarsi i seguenti ambiti: dei mezzi impiegati e dei meto• attività in sede (stasi operativa): di di condotta delle operazioni; •• raccolta e aggiornamento L’assolvimento delle fun- •• verifica dell’aderenza delle delle pubblicazioni e documentazione di riferimento; zioni assegnate al LEGAD ri- ROE al diritto, con individuazio•• rappresentazione alle Au- chiede la predisposizione di ne di eventuali difficoltà intere applicative, anche fitorità sovraordinate delle un adeguato «zaino normati- pretative nalizzate a modifiche e varianti; eventuali esigenze di aggiornamento delle disposi- vo», in cui stivare gli stru- •• intervento diretto in sede di menti giuridici necessari... predisposizione o ricezione zioni in vigore; delle procedure di standardiz•• indottrinamento e aggiorzazione del comportamento dei namento (diversificati semilitari della Forza, all’occorrenza di specifici condo i vari livelli di responsabilità) del pereventi indicatori di ostilità da parte di soggetsonale del reparto/ente; ti esterni; •• partecipazione alle attività addestrative del •• effettuazione di briefing/incontri con il perreparto, al fine di assicurarne l’aderenza ai sonale del contingente per approfondimenti dettami giuridici; informativi; •• verifica dell’attuazione presso il reparto/ente

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•• mantenimento dei contatti diretti con i LEGAD collaterali, sottordinati e sovraordinati; •• consulenza e diretta partecipazione, per gli aspetti di interesse, in merito alla stipula di accordi, Memorandum of Understanding (MoU), protocolli d’intesa con le Autorità locali e con le parti in conflitto; •• quotidiana coordinazione con il Provost Marshal e la Polizia Militare; •• redazione dei riscontri alle Autorità sovraordinate a seguito di incidenti; •• instaurazione e monitoraggio delle pratiche (o attività di coordinamento e controllo sull’analoga attività delle Task Force) di assicurazione del personale della Difesa impegnato in missioni Fuori Area.

LO «ZAINO NORMATIVO» L’assolvimento delle funzioni assegnate al LEGAD richiede la predisposizione di un adeguato «zaino normativo», in cui stivare gli strumenti giuridici necessari per affrontare e risolvere ogni possibile attivazione nei settori di interesse. In particolare, sono almeno tre gli «scomparti» da riempire (figura 2): ordinamento internazionale; ordinamento della Host Nation; ordinamento dello Stato di bandiera e degli altri Stati della Coalizione. Tali ambiti sono, ulteriormente, connessi tra loro a mezzo di SOFA, norme di coordinamento della Nazione ospitante e scambi di lettere a livello diplomatico. Dai predetti ambiti normativi di riferimento generale, discendono, per ciascuno Stato, i «prodotti» dell’attività di pianificazione a livello strategico, operativo e tattico.

CONCLUSIONI Il consulente giuridico è oggi, a pieno titolo, una delle componenti essenziali dello special staff del Comandante del contingente schierato in Teatro di Operazioni. L’esperienza maturata nell’ambito delle Fig. 2

operazioni militari all’estero dell’ultimo decennio ha, peraltro, evidenziato come l’assolvimento delle «missioni» demandate al consulente giuridico presenti uno «spettro» di potenziale implementazione fortemente differenziata. Nella prassi, infatti, l’effettivo coinvolgimento del LEGAD nel ciclo delle operazioni - pur a fronte degli sforzi, anche dottrinali, operati dal COI, vera «stella polare» nella costellazione giuridico-militare nazionale - resta sostanzialmente demandato alla volontà del Comandante, anche in rapporto alla competenza e professionalità del suo collaboratore. In tal senso, pertanto, applicando le categorie della pianificazione operativa, si potrebbe sinteticamente concludere che - dato l’End State della missione assolta in piena legittimità giuridica - il Centro di Gravità (consulenza giuridica pronta, efficace e aderente) potrà essere raggiunto solo se, al conseguimento del primo Decisive Point (formalizzazione di una condivisa job description), seguirà anche quello dell’organico e razionale inquadramento dei LEGAD quale Corpo o, almeno, Ruolo a se stante, magari unificato a livello interforze. Enrico Dubolino Maggiore, in servizio presso lo Stato Maggiore dell’Esercito, III Reparto Impiego delle Forze/Centro Operativo Esercito

NOTE (1) Il Diritto Internazionale Umanitario tradizionalmente ricomprendeva i cosiddetti «Diritto dell’Aja» (relativo alla disciplina dell’uso della violenza bellica tra i belligeranti ed ai rapporti tra belligeranti e neutrali, con fonte principalmente nelle Convenzioni dell’Aja del 1899 e 1907) e «Diritto di Ginevra» (relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati e della popolazione civile e sviluppatosi dalla Convenzione di Ginevra del 1864). Tale dicotomia è stata, infine, superata, grazie ai 2 Protocolli Addizionali dell’8 giugno 1977 relativi alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali e non internazionali. (2) Secondo la dottrina dominante, «Diritto Internazionale dei Conflitti Armati» sarebbe la dizione più onnicomprensiva, facendo riferimento a: ius ad bellum (ovvero il diritto a ricorrere alla forza armata); condotta delle ostilità e i rapporti tra belligeranti e Stati terzi (ius in bello, diritto bellico o diritto dei conflitti armati in senso stretto); disarmo e controllo degli armamenti. (3) Stato Maggiore dell’Esercito, Reparto Impiego delle Forze - Ufficio Dottrina, Addestramento e Regolamenti, Il Comando e Controllo, edizione 1999, Parte I, capitolo III, paragrafo 2, pagina 63. (4) L’aggettivo «giuridico», inteso etimologicamente come: «di diritto, relativo al diritto» (dal latino iuridicus, composto di ius iuris «diritto» e tema di dicere «dire»), sembra preferibile a «legale», ristretto all’ambito «della legge», dall’etimo latino legalis, derivato di lex legis «legge».

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GLI ALLIEVI MARESCIALLI DI OGGI


GLI ALLIEVI MARESCIALLI DI OGGI Oggi l’incarico di Comandante di Plotone richiede sempre più responsabilità, motivazione oltre a un adeguato bagaglio di conoscenze Tecnico-Militari. In tal senso la formazione professionale assume un’importanza decisiva. Negli ultimi anni, in questo ambito, la Scuola Sottufficiali dell’Esercito ha ricoperto un ruolo centrale divenendo «fucina» dei nuovi Comandanti di Plotone.

Sopra. Una compagnia di Allievi Marescialli durante una cerimonia. In apertura. Allievi Marescialli in addestramento.

Il cammino formativo degli Allievi Marescialli della Scuola (unico sia per il personale civile o con una limitata esperienza militare del concorso «pubblico» che per quello già militare vincitore del concorso «interno»), svolto a similitudine di quanto in atto per gli Allievi Ufficiali, è volto a conferire un’eccellente qualificazione lavorativa e a perfezionare la preparazione professionale di ogni Allievo per svolgere l’incarico di Comandante di plotone. Questo percorso se da un lato prevede la condotta di attività didattiche a livello universitario che contemplano il conseguimento della laurea di primo livello in Scienze Organizzative e Gestionali (per gli Allievi Marescialli che scelgono la specializzazione «Comando») e di Scienze infermieristiche (per gli Allievi che scelgono la specializzazione «Sanità»), dall’altro mira alla formazione tecnico-professionale di ciascun Allievo che, oltre a distinguersi come militare, proponendosi come modello esemplare per tutti, dovrà essere preparato al compito di comandare degli uomini.

Negli ultimi anni, a seguito delle radicali trasformazioni che hanno caratterizzato la nostra Forza I VALORI DI RIFERIMENTO Armata nell’ambito del delicato compito della formazione dei futuri Comandanti delle minori unità, Ogni frequentatore del corso apprende, nei tre un ruolo di primo piano è stato affidato alla Scuoanni di studio, ad affermarsi come leader, a farsi la Sottufficiali dell’Esercito, fucina dei nuovi Costimare, a ispirare fiducia e a mandanti di plotone. farsi rispettare. Inoltre, comPer la formazione dei nuovi a quali risultati può amMarescialli, si è deciso di inveOgni frequentatore del cor- prende bire se comanda con la forza stire sia sul personale proveniente dalla vita civile o con so apprende, proprio nei tre trascinatrice dell’esempio, se una limitata esperienza milita- anni di studio, ad affermarsi riesce a coltivare le doti di enerre, sia sul personale già in ser- come leader, a farsi stimare, a gia, decisione, iniziativa, costanvizio permanente (VSP o Ser- ispirare fiducia... za e perseveranza ma comprengenti) al quale viene così data de anche cos’è il senso del dola possibilità di potersi migliovere, della disciplina, della rerare e contribuire, con il prosponsabilità perché, citando prio bagaglio tecnico-professionale già acquisito Sant’ Agostino, alla Scuola si impara che «un Conel reparto di provenienza, all’elevazione tecnimandante deve saper servire perché colui che coco-professionale di tutta la categoria dei Maremanda deve esercitare la propria autorità a vantagscialli Comandanti di plotone. gio del bene collettivo». È del tutto evidente che, per

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operare alla testa di altri uomini, è necessaria sia l’assimilazione di valori di riferimento (senso dell’onore e del dovere, sacrificio e coraggio morale e fisico) sia una preparazione iniziale scientifica e umanistica più che adeguata. Non a caso il nome di ciascun corso Allievi Marescialli è una delle qualità che il Comandante deve fare proprie per assolvere al meglio il compito a lui assegnato. Qualità come l’Esempio, il Dovere, l’Onore, la Fedeltà, l’Osare, la Fermezza, la Volontà, la Fierezza, la Dignità, la Tenacia e l’Orgoglio. L’iter formativo particolarmente complesso e prolungato nel tempo ha, quindi, lo scopo di fornire agli interessati tutti gli strumenti professionali per svolgere agevolmente i futuri incarichi. È importante una frequenza attiva e partecipe, la consapevolezza della valenza delle istruzioni ricevute, soprattutto alimentando giorno per giorno quelle motivazioni di fondo che lo hanno portato a scegliere tale professione.

Le spade, prime armi «specializzate» (solo per il combattimento), nascono nell’età del rame e si sviluppano attraverso quella del bronzo e del ferro diventando l’arma regina del combattimento ravvicinato. In quanto tale, nell’arco dei secoli, ha costituito oggetto di dono, di prestigio, d’Onore, di giustizia e di culto, divenendo così fonte di leggenda e di simbologie di particolare fascino. La sciabola, giunta durante le invasioni turche, si affianca rapidamente alla spada e assorbe parte delle tradizioni e usanze a questa strettamente legate, per giungere, ai giorni nostri, a soppiantarla quasi del tutto. Nel mondo moderno, con l’avvento dell’arma da fuoco, l’arma bianca lunga ha perduto ogni significato come tale ma ha assunto la caratteristica di arma di dotazione di reparti d’Onore, accessorio per parate e simbolo per gli Allievi di Accademie e Scuole Militari. Tra il 1871 ed il 1876, il Ministro della Guerra Generale Ricotti-Magnani, procedette ad una serie di riforme destinate a rendere più funzionale e omogeneo l’Esercito del nuovo Regno d’Italia, lasciando l’utilizzo delle sciabole come prerogativa dei soli reparti a cavallo, degli Ufficiali e dei Sottufficiali. Con la fine del Secondo conflitto mondiale, nel 1945, e il riordinamento delle Forze Armate, le armi bianche assumono un ruolo esclusivamente d’insegna e di grado, di rappresentanza, di cerimonia. Con l’inizio degli anni Sessanta viene ufficialmente sancito il ripristino della sciabola per gli Ufficiali e Sottufficiali, con disposizione dell’allora Ministro della Difesa Giulio Andreotti, come arma di rappresentanza, mentre compaiono come simbolo della tradizione gli «spadini» per le varie Accademie e Scuole Militari. La cerimonia di consegna dello spadino assume ai giorni nostri un importantissimo significato simbolico: rappresenta l’investitura ufficiale di Allievi Marescialli per i neo reclutati.

LA MOTIVAZIONE Ma cosa spinge una persona, uomo o donna che sia, ad aderire totalmente ai principi che caratterizzano la vita militare rinunciando agli agi e alle comodità di un lavoro più tranquillo?

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CERIMONIA DI CONSEGNA DELLO SPADINO AL XII CORSO


PASSAGGIO DELLA STECCA TRA IL X E L’XI CORSO ALLIEVI MARESCIALLI

Chi sono gli Allievi Marescialli di oggi? Qual è la loro estrazione sociale? Da un’analisi effettuata su un campione di 455 allievi (X, XI, XII Corso Allievi Marescialli) emergono dati significativi e utili a rispondere a queste domande. Innanzitutto, grazie a un pregevole lavoro di reclutamento, il personale vincitore di concorso risulta altamente selezionato, a conferma del buon riscontro che la professione militare in genere, e il lavoro altamente qualificante nello specifico, hanno nella società giovanile. Per quanto riguarda il bacino di reclutamento, da un’analisi delle aree geografiche di provenienza emerge palesemente che coloro che decidono di intraprendere questo iter professionale provengono per la maggior parte dalle regioni del sud Italia (43%), con una percentuale molto alta soprattutto per gli allievi del concorso pubblico (più della metà degli allievi dell’XI e del XII corso pubblico provengono dalle regioni del meridione), confermando i dati statistici dell’arruolamento nazionale. Per quanto attiene al livello culturale medio c’è

La stecca nasce in origine come strumento di utilità quotidiana, che i militari utilizzavano per lucidare i bottoni dell’uniforme prima di andare in libera uscita. Essa non era altro che una verga di legno con uno stretto intaglio che correva per tutta la lunghezza e terminava con un foro attraverso il quale venivano fatti entrare i bottoni metallici dell’uniforme, che si facevano poi scorrere per la fenditura ed erano quindi pronti per essere lucidati, senza sporcarne il tessuto protetto dal legno. Attualmente, la stecca, simile a quella vera, esiste solo in formato gigante presso alcune Accademie e Scuole Militari quale simbolo di ordine, di precisione e di disciplina e come tale viene passata dagli «Anziani» ai «giovani/nuovi arrivati» con un’apposita cerimonia. L’atto vuole testimoniare il passaggio di storia, di tradizioni, di rispetto e di impegno che il corso giovane si ripromette di mantenere vive nel trascorrere degli anni. Ogni Corso appone una targhetta che ricorda, nel tempo, l’avvenimento.

stato un incremento significativo dei punti percentuale: se con il X Corso solo il 2% degli Allievi era già in possesso di una laurea, ora con il XII Corso la percentuale è salita addirittura al 7% palesando un alto livello di scolarità del personale che decide di partecipare al concorso. Altro dato significativo del triennio preso in considerazione, è relativo al numero degli allievi coniugati; la percentuale (10%) ha subito negli anni presi in esame un leggero aumento, a significare che la motivazione a migliorarsi e all’accrescimento professionale è radicata non soltanto nel singolo individuo ma nell’intero nucleo familiare. Basti pensare alla forte assunzione di re-

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sponsabilità da parte di quelle donne che accettano di vivere anni di sacrifici (dovuti alla lontananza e alla gestione delle problematiche familiari) per il raggiungimento degli obiettivi formativi e professionali del marito. Questi dati presi in esame, confermano quindi che coloro che decidono di presentare la domanda per l’ammissione al corso Allievi Marescialli, sono persone altamente motivate, consce che la professione militare è profondamente appagante, richiede sacrificio ma è altamente qualificante. Dai colloqui effettuati con alcuni Allievi emerge che molti di quelli che già hanno avuto una esperienza militare concorrono perché spinti dal desiderio di un accrescimento professionale, per mettere a frutto quelle potenzialità e quella esperienza maturata sul campo, per potersi «trasformare» da militare di truppa a Comandante di uomini. Un’Allieva del primo anno riassume così la sua scelta: «È la sfida di una vita: trovare fiducia in me stessa e poter poi infonderla agli altri, essere da guida per i miei uomini accettando così responsabilità rilevanti e appaganti, sicura che il mio ruolo sia necessario quale elemento di congiunzione tra l’Ufficiale, che dirige, e il militare di truppa che opera sul terreno». Per gli Allievi che invece provengono dalla vita civile, la scelta appare determinata da fattori diversi che si incentrano sia sull’aspetto culturale (la possibilità di conseguire un titolo di nio di conoscenze tecnico-militari, psicologicastudio) sia sul fascino e sull’ammirazione che la mente e fisicamente equilibrati per poter in ogni Forza Armata ha saputo guadagnarsi ricoprencircostanza mettere in campo, con passione e do negli ultimi anni un ruolo di primo piano sacrificio, quei valori di spirito di servizio, rettiquale Istituzione concreta che produce sicureztudine e generosità che rendono unico il lavoro za per il Paese con i continui impegni sia sul di ogni soldato. territorio nazionale nell’ambiEssere Marescialli dell’Eserto dei concorsi forniti alle alcito richiede coscienza, retre Istituzioni dello Stato e alRicoprire l’incarico di Co- sponsabilità e dedizione, nello la collettività in generale tempo garantisce l’opmandante di uomini oggi si- stesso (Operazioni «Strade Sicure», portunità di effettuare espe«Strade Pulite» e «Gran Sas- gnifica, quindi, essere pro- rienze esaltanti e uniche nel so») sia fuori dai confini na- fessionisti seri, responsabili e loro genere, perché comandazionali, nelle operazioni di motivati, in possesso di una re è un privilegio concesso a mantenimento della pace e di eccellente base culturale, di pochi. risposta alle crisi, in scenari un consistente patrimonio di operativi particolarmente Riccardo Venturini conoscenze tecnico-militari, complessi. Capitano, psicologicamente e fisicaComandante della VI cp. Almente equilibrati... lievi Marescialli presso la Scuola Sottufficiali CONCLUSIONI dell’Esercito

Ricoprire l’incarico di Comandante di uomini oggi significa, quindi, essere professionisti seri, responsabili e motivati, in possesso di un’eccellente base culturale, di un consistente patrimo-

Luca Giovangiacomo Capitano, Comandante della I cp. Allievi Marescialli presso la Scuola Sottufficiali dell’Esercito

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UNITED STATES SERGEANTS MAJOR ACADEMY


UNITED STATES SERGEANTS MAJOR ACADEMY Formazione strategica d’eccellenza per i Sottufficiali La United States Sergeants Major Academy di El Paso, in Texas, rappresenta per i Sottufficiali dell’Esercito statunitense la «casa madre» che crea, sostiene e completa la loro formazione. L’Istituto pone in essere diversi corsi a beneficio del personale della categoria tra i quali il Sergeants Major Course che è l’apice della formazione, anche sul piano internazionale.

Il Sergeants Major Course si sviluppa su nove mesi (più due fasi propedeutiche per gli studenti stranieri, per l’inglese e per il metodo in uso nel corso) durante i quali gli studenti vengono messi alla prova tramite una serie di esami sotto forma di «tesine» o elaborati di vario tipo (analisi di operazioni militari storiche, articoli o tesine sugli stili di leadership, analisi dei problemi di sviluppo delle organizzazioni e tutto quello che è richiesto dal curriculum), che ricalcano quelli richiesti agli Ufficiali statunitensi durante la frequenza del Command and General Staff Officers Course (CGSOC) e dell’Army War College. L’obiettivo del corso, come specificato dal Generale Martin Dempsey, Comandante del TRADOC (Training & Doctrine), il 10 febbraio 2010 in visita all’Istituto, è sviluppare dei «senior leaders» tra gli NCOs capaci di fare da «battle buddy» (cioè di comunicare e

collaborare pariteticamente) ad Ufficiali in comando o Staff a livello operativo e strategico. L’obiettivo è, quindi, quello di creare Sottufficiali in grado di pensare, pianificare, agire e criticare a livello operativo e strategico, in modo da fungere da «bilanciamento» o da appoggio per gli Ufficiali che ricoprono ruoli a quel livello. In tale ottica, il metodo adottato si basa su un modello andragogico (cioè insegnamento rivolto agli adulti), per cui gli studenti sono parte attiva del processo di apprendimento.

UN MATURO METODO D’INSEGNAMENTO Il metodo di insegnamento adottato nell’Anno Accademico 2009-10 è radicalmente cambiato. Si è, infatti, passati da un «modello pedagogico», normalmente in uso presso le Istituzioni formative e orientato alla presentazione di informazioni a un’audience sostanzialmente statica, a un «modello andragogico», ovvero un metodo di educazione orientato alle peculiarità degli adulti. Presupposto del corso è che, sebbene l’istruttore sia superiore in grado e spesso in esperienza (sebbene sempre un Sottufficiale), tutto il Corpo discente ha capacità, background e nozioni con cui può arricchire la discussione e l’apprendimento del gruppo (si lavora in team di 14-16 persone). In questa prospettiva l’istruttore diventa un «conduttore» che supervisiona la discussione e si accerta che gli allievi rimangano «in tema», oltre a

A sinistra. Il Monumento all’NCO (Elena Mazzucco). In apertura. La consegna dei diplomi all’USASMA (NCO Journal).

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Il Comandante dell’USASMA, Command Sergeant Major fornire le informazioni di base per l’avvio del proRaymond F. Chandler III, con una delegazione straniera cesso di apprendimento. Merita nota il fatto che (NCO Journal). l’istituzione sia completamente gestita da Sottufficiali. È, infatti, un Sottufficiale (che riveste il grado di Command Sergeant Major - CSM) il Comanparallelamente a istruzioni meno teoriche come la dante dell’Accademia, come tutta la catena di codifesa personale o tesine. mando fino ai singoli istruttori (che vengono chiamati SGAs - Small Group Advisors - e rivestono il grado di Sergeant Major). Il corso, come molti PENSIERO CREATIVO E OPERAZIONI STRATEGICHE corsi forniti dall’Esercito statunitense, è «front Il corso comincia con un blocco propedeutico di loaded» cioè è diviso in due parti, la prima, più lezioni in cui insieme al ripasso di nozioni di dotimpegnativa, in cui le «materie» di studio sono ditrina a livello tattico viene forvise in un «common core», ossia materie fondamentali e altre nita una panoramica sugli arL’obiettivo del corso...è gomenti del corso e un’intronon meno importanti ma «parallele» quali Leadership, Storia, sviluppare dei «senior lea- duzione sul pensiero creativo, Gestione delle Forze, warfi- ders» tra gli NCOs capaci di sullo sviluppo della leadership ghting operativo, operazioni a sulla dimensione civile-milifare da «battle buddy» (cioè etare livello divisionale e a livello Bridei conflitti. Lo scopo è gata, più una serie di seminari di comunicare e collaborare quello di instillare nel personasu vari argomenti quali salute e pariteticamente) ad Ufficiali le che sarà impiegato come fitness , legge militare, pro- in comando o Staff a livello «senior leader», concetti quali grammi per la protezione so- operativo e strategico la creatività nella risoluzione di ciale, prevenzione dei suicidi, problemi, la capacità di gestire cui segue una fase in cui le no«junior leaders» e di agire quazioni vengono applicate in esercitazioni pratiche li trait d’union tra la truppa e la parte direttiva an(nel caso dell’SMC durante una esercitazione di che in operazioni o situazioni differenti dalle tipiposto comando o CPX - Command Post eXercise), che condizioni di impiego. Il corso di studi preve-

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Attività parallele, il Safe driving brief (NCO Journal).

de un blocco di istruzione sulle capacità joint e multinazionali, in cui gli studenti vengono esposti a lezioni e seminari sulle varie Forze Armate statunitensi e le loro capacità, e all’illustrazione delle organizzazioni multinazionali quali NATO, UN, coalizioni ad hoc, con riferimento alle piú comuni problematiche che si presentano in tali ambiti lavorativi. Il «blocco» è strutturato in modo da fornire anche nozioni relative alla dimensione spazio (da intendere come spazio esterno al pianeta, satelliti e simili) che per gli Stati Uniti riveste ormai da anni un ruolo fondamentale nell’approccio alle operazioni, soprattutto a livello strategico. Particolare attenzione viene posta, quindi, sull’analisi dell’ambiente strategico e del ruolo dello strumento militare al massimo livello, esaminando i documenti base della strategia statunitense, (National Defense Strategy, National Military Strategy e via discorrendo) e le dottrine strategiche (per esempio logistica, operazioni, pubblica informazione/relazioni esterne) e applicandone i contenuti in case studies e in esercitazioni pratiche. Durante la prima fase vengono anche approfonditi argomenti quali la dottrina a livello operativo e strategico, sia a livello interforze che di Forza Ar-

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mata (Esercito), fornendo elementi di arte operativa, full-spectrum operations, battle command, logistica, per poi esaminare le funzioni interforze (Joint Fires, Command and Control, Intelligence, Sustainment, Protection, Movement and Maneuver, Information Operations) e la loro applicazione in operazioni militari. Il «common core» termina, quindi, con le tecniche di pianificazione a livello strategico/operativo e tattico introducendo il Military Decision Making Process (MDMP) e il Joint Operational Planning Process (JOPP) attraverso una serie di lezioni teoriche e dettagliati esercizi pratici che si estendono su più giorni. In definitiva, il corso si potrebbe pensare come il corso parallelo al Command and General Staff Officers Course (CGSOC).

IL FATTORE INTERNAZIONALE L’istituzione si prende cura degli studenti internazionali che partecipano al programma (normalmente attorno alle 35-45 unità) tramite un Ufficio dedicato che si occupa della gestione amministrativa (per coloro i quali percepiscono paga dall’Esercito statunitense) e disciplinare degli studenti internazionali. Al corso partecipano studenti che provengono da tutto il mondo, Africa, Europa,


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Asia, Australia e Americhe. L’Ufficio si occupa di tutta una serie di problematiche connesse all’arrivo degli studenti, la loro sistemazione in abitazioni nella città di El Paso o dentro la base di Fort Bliss e l’assegnazione di «sponsors» militari e civili la cui funzione è facilitare la vita (civile e accademica) dello studente internazionale. Nelle intenzioni del programma di sponsorship, infatti, gli sponsor civili agiscono quale «famiglia ospitante» introducendo lo studente alla città, ai ritmi e al modus vivendi cittadino e in generale americano, nonchè tutto quello che è relativo alla «vita spicciola», cioè procurarsi un’automobile, un medico di famiglia, ecc.... Gli sponsors militari invece si dovrebbero occupare del lato accademico della questione, accertandosi che lo studente internazionale riesca a

Sopra. Il Command Sergeant Major of the Army Preston parla allo Staff dell’USASMA (NCO Journal). A sinistra. L'auditorium (NCO Journal).

«stare al passo» con gli studi e a seguire i meccanismi (a volte un po’ «alieni») dell’Accademia. Nella pratica i ruoli degli sponsors possono espandersi o contrarsi a seconda del rapporto che si crea tra gli individui e delle necessità e affinità di ognuno, conferendo agli sponsor civili o militari un ruolo più o meno importante. Ad aggiungere valore all’esperienza formativa contribuisce anche il programma di «field trips» sempre gestito dall’IMSO che prevede visite a Enti e installazioni militari lo-

cali e d’importanza nazionale. Da notare che alcuni studenti sono «invitati» dal Governo statunitense nell’ambito dell’International Military Education and Training (IMET) program mentre altri sono inviati dai propri Governi a partecipare al corso (tramite un programma di Foreign Military Sales FMS), la differenza è inesistente nelle attività accademiche mentre diventa visibile in tutte quelle di contorno. Gli studenti che partecipano al programma IMET «ricevono» vitto e alloggio pagati dal Governo USA sotto la forma di appartamenti o case singole, gli studenti nel programma FMS hanno in toto la responsabilità della loro sistemazione con la (relativa) assistenza dell’IMSO. L’Esercito Italiano ha partecipato alla class 60 inviando due Sottufficiali «FMS». In conclusione, l’IMSO arricchisce l’esperienza degli studenti internazionali fornendo una serie di attività e contatti extrascolastici che contribuiscono efficacemente a inserire lo studente nel contesto.

EDUCAZIONE LINGUISTICA AVANZATA Dall’Anno Accademico 2009-2010, la frequenza del Sergeant Major Course (SMC) presso la United States of America Sergeants Major Academy (USASMA) richiede, per tutti gli studenti di

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madrelingua diversa dall’inglese, la frequenza di un corso di durata minima di otto settimane presso lo U.S. Defense Language Institute (DLI) in Lackland Air Force Base - San Antonio, Texas. È qui che gli studenti internazionali vengono a contatto con il sistema scolastico militare statunitense. A dire il vero al DLI la sensazione è quella di essere ancora in un limbo. L’istituto è funzionale, ha alloggi, aree didattiche, mensa e Ufficio Postale accentrati nel raggio di meno di un chilometro, un centro sportivo e un mini-mall a distanza di «passeggiata», dando allo studente tutto quello che serve per passare le otto settimane concentrandosi sul corso d’inglese. Il corso in sè può essere frequentato a livello avanzato o basico. Il livello di accesso dipende dal punteggio ottenuto in Patria (presso l’Ambasciata statunitense a Roma) quando si sostiene la selezione per l’ingresso nel Paese, che viene di nuovo effettuato a Lackland con metodo computerizzato per conferma. Il corso si prefigge di fornire a studenti che già hanno un’ottima conoscenza della lingua gli strumenti per affrontare l’ambiente accademico. Si focalizza l’attenzione sulle tecniche di ricerca e stesura di testi accademici. Particolare attenzione viene rivolta anche alle tecniche di briefing. Durante il corso si se-

La consegna del diploma presso il Defense Language Institute (Elena Mazzucco).

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gue anche un programma di educazione fisica.

L’APPROCCIO ITALIANO E QUELLO STATUNITENSE Il Sergeant Major Course, come già detto, è stato «rinnovato» appena prima della class 60 (AA 2009-2010), introducendo materie e argomenti compatibili con la figura che l’Esercito statunitense si prefigge di creare nell’ambito della categoria Sottufficiali. L’obiettivo è quello di formare personale appartenente al ruolo Sottufficiali e di provata esperienza (si parla di personale con almeno 18-20 anni di servizio e di grado non inferiore a E-8 o NATO OR-8 ovvero Master Sergeant) per servire quale collaboratore di Ufficiali superiori in incarichi di comando e di Staff. La similitudine col «corso di branca» in ambito Esercito Italiano è tutta qui. Mentre col nostro corso di branca si cerca di riqualificare i Marescialli, a circa metà carriera, per lavorare quali addetti in Staff da livello reggimento a superiore, l’Esercito statunitense vuole creare il «battle buddy» o, per dirla all’italiana, «il coppio» di un qualsivoglia Comandante o Ufficiale di Staff (capo branca) da livello battaglione (corrispondente al nostro reggimento) in su. Per questo il corso è articolato e complesso e, invece che concentrarsi su una singola branca funzionale (S1-G1, S2-G2 e via discorrendo), spazia nelle nozioni di tutte le branche, fornendo, come già accennato, competenze «parallele» che possano aiutare il Sot-


tufficiale nel compito di supporto e «consulenza» che avrà nei confronti dell’Ufficiale al quale sarà affiancato. In definitiva, l’obiettivo generale di riqualificare il Sottufficiale e renderlo abile a operare in contesti di Staff rimane lo stesso, cambia la magnitudine della riqualifica. Per l’Esercito statunitense i Sottufficiali vengono esposti a dottrine e punti di vista strategici e vengono, durante i nove mesi, abituati a considerare tutte le sfaccettature di un problema, sia esso strategico, operativo o tattico. Differente dal corso di branca è anche il metodo d’insegnamento; mentre in Patria vengono fornite lezioni frontali e nozionistiche, che hanno comunque il loro valore, negli Stati Uniti si capitalizza sull’esperienza collettiva del gruppo e si stimola l’apprendimento tramite la discussione degli argomenti. Gli istruttori poi, come già accennato, sono tutti NCOs più anziani e più esperti dei discenti e, in generale, l’ambiente che si tenta di creare è positivo e aperto alle nuove idee. Il SMC, quindi, diversamente dal corso di branca, fornisce una preparazione a spettro più ampio, paragonabile a quella del Command and General Staff Officers Course (CGSOC). Da notare che durante i nove mesi di durata del corso gli NCO americani hanno la possibilità di lavorare sulla propria formazione scolastica in ambito civile grazie a corsi forniti nei locali dell’Accademia, fuori dall’orario di lezione, da università in convenzione con l’US Army.

PICCOLI GRUPPI E DIVERSE PROSPETTIVE

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Learning Resource Center: la biblioteca dell’USASMA (NCO Journal).

realtà lavorativa, soprattutto a livello di Staff e comando, che si trova normalmente nelle organizzazioni operanti nei moderni teatri operativi, siano esse la NATO, l’ONU, la Comunità Europea o coalizioni ad hoc. Il meccanismo ha, quindi, molteplici pregi, innanzitutto i partecipanti arricchiscono vicendevolmente il proprio bagaglio culturale, ampliano le proprie vedute grazie all’apporto dei colleghi stranieri o di altra Forza Armata ma soprattutto acquisiscono familiarità al lavoro in team misti minimizzando lo «shock culturale» al momento di dover lavorare in ambienti combined e joint nel «mondo reale».

Le classi, o small groups, sono in genere composte da circa 14-16 elementi, istruttore compreso e SMC E SOCIAL NETWORKING sono assemblate con elementi provenienti dalle varie unità e specializzazioni dell’Esercito regolare Uno dei pilastri fondamentali dell’Esercito statuni(servizio attivo) da elementi della Riserva, Guardia tense è il Corpo dei Sottufficiali. Nell’organizzazione statunitense il Corpo è un’istituzione nell’istituzioNazionale, altre Forze Armate (Marina, Aeronautine. I Sottufficiali amano definirsi ca, Marines, Guardia Costiera) e i «Keepers of the standards» in da studenti internazionali. Questa composizione «mista» fa sì Il SMC, quindi, diversa- quanto garanti della disciplina e che nel gruppo vi siano sempre mente dal corso di branca, del buon andamento punti di vista differenti relativatecnico/tattico delle Unità. Tale fornisce una preparazione coscienza è tenuta insieme da un mente ai problemi che si affrontano, così da esporre gli stu- a spettro più ampio, para- sentimento di appartenenza a denti a diversi approcci che in gonabile a quella del Com- un’organizzazione che, come un contesto di singola Forza Ar- mand and General Staff Of- detto prima, è un sotto-gruppo mata (o di singola Specialità in- ficers Course compatto e solidale il quale ha la terna alla Forza Armata) magari sua espressione nei Command non salterebbero nemmeno Sergeant Majors, cioè quelle fifuori. Per esempio lo studente della Marina pogure anziane («senior») che nelle Unità fungono da trebbe avere un approccio diverso alla soluzione di guida, esempio e mentore dei militari più giovani di un problema strategico, o quello internazionale qualsiasi ordine e grado, mentre, come già detto, potrebbe aggiungere una dimensione che gli stucollaborano sullo stesso piano con gli Ufficiali cui denti americani potrebbero non considerare dati i sono affiancati. In alcuni casi i Sottufficiali statuniloro costrutti culturali. Il tutto forma un minitensi arrivano all’Accademia conoscendosi già l’un gruppo di lavoro «combined-joint» che replica la l’altro, soprattutto se della stessa Arma/Specialità. Il

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Sopra. Istruzione Parallela, Guest speaker in auditorio (NCO Journal). A sinistra. Frequentatori Italiani della Class 60 (Elena Mazzucco).

gamento tra le categorie Sottufficiali dei diversi Paesi e delle diverse Forze Armate, e ci sarà sempre qualcuno dello stesso corso o comunque «diplomato» all’USASMA con cui poter parlare e risolvere problemi a qualsiasi livello.

FITNESS E SALUTE

SMC si propone, quindi, anche come «momento di incontro» tra Sottufficiali provenienti da realtà diverse all’interno della stessa Forza Armata, di Forze Armate diverse e di Paesi diversi. Le relazioni personali e professionali che si creano attorno al gruppo e al corso si trascineranno inevitabilmente nella vita degli studenti che, nel futuro si ritroveranno a lavorare fianco a fianco in Comandi all’estero, in operazioni, sul territorio nazionale o in esercitazioni. Il vantaggio è evidente, si potrà sempre contare in un colle-

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La parte relativa all’educazione fisica per l’Anno Accademico 2009-10 non è stata implementata. Infatti, nella prospettiva andragogica, il Comando dell’Accademia ha ritenuto opportuno lasciare agli individui il tempo e la responsabilità di effettuare il proprio programma di educazione fisica in base alle proprie individuali necessità. Non sono stati trascurati però gli altri elementi chiave del fitness. Tutti i partecipanti al corso sono infatti stati sottoposti a scrupolosi screening medici per determinare lo stato di fitness (inteso come stato di salute in senso lato) analizzando la capacità metabolica, le condizioni cardiache tramite tomografie tridimensionali del cuore, le condizioni generali tramite analisi chimico-fisiche del sangue e della composizione corporea in termini di massa grassa, magra, acqua e ossa,


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tramite una macchina dedicata (bod pod). Anche Studenti internazionali in visita presso l’Air Force Academy (NCO Journal). le condizioni psicologiche sono state valutate tramite la somministrazione di questionari. Il tutto pilotato da un distaccamento dell’Army Physical Fitness Research Institute che mette a dispoLeaders for Tomorrow», il motto dell’Accademia, sizione un team composto da medici generici, riassume bene il compito: fornire educazione per dietologi, specialisti della nulavorare in un ambiente incertrizione ed esperti di fitness to (quale il moderno ambiente che possono fornire utili consi«Educating Today’s Leaders operativo, caratterizzato da gli su come migliorare il pro- for Tomorrow», il motto del- fluidità e situazioni fortemenprio stato di salute. I Sottuffiasimmetriche) in opposiziol’Accademia, riassume bene il te ciali vengono poi comunque ne all’addestramento per opesottoposti ai normali controlli compito: fornire educazione rare in un ambiente certo semestrali di altezza/peso e per lavorare in un ambiente (quale il passato ambiente alle prove di efficienza fisica incerto, quale il moderno operativo, fortemente codifi(con requisiti superiori a quelli ambiente operativo, in oppo- cato, come ai tempi della italiani, anche considerata sizione all’addestramento Guerra Fredda). Il corso crea, figure professionali l’età) come previsto dalle norper operare in un ambiente quindi, capaci di proporsi quali collamative per l’Esercito statunicerto, quale il passato am- boratori e sostituti (se necestense. biente operativo sario) delle alte gerarchie militari ai più alti livelli, profesCONCLUSIONI sionisti che per sempre porteranno marchiata nella memoria la formula «UltiIl SMC è un corso impegnativo, cadenzato da ma Strong» come significato di competenza, esami, lavori di gruppo e intenso studio, ma soprofessionalità e appartenenza a un gruppo di prattutto in evoluzione. Il corso per la Classe 61 uomini e donne dedicati all’eccellenza nel procambierà, non nei contenuti ma nei tempi (si prio lavoro. spenderà più tempo in classe e il corso sarà portato a 10 mesi di durata). È un «hub», un nodo in Raimondo Spasiano cui vengono intessute relazioni e conoscenze Maresciallo Ordinario, che i partecipanti si «porteranno dietro» nella loin servizio presso il 28º reggimento ro vita, personale e professionale, assieme al vaComunicazioni Operative «Pavia», riegato bagaglio culturale e alle capacità che un già frequentatore del Sergeants Major Course, corso come l’SMC insegna. «Educating Today’s Class 60 nell’Anno Accademico 2009-10

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LA ROBOTICA SEMPRE PIÙ NEL FUTURO


LA ROBOTICA SEMPRE PIÙ NEL FUTURO La guerra del futuro vedrà un utilizzo sempre più massiccio di sistemi robotizzati. Già adesso l’esperienza maturata sui campi di battaglia negli ultimi anni, in particolare in Iraq, Afghanistan e Pakistan, va in questa direzione. Se gli americani sono stati i primi a sviluppare le applicazioni militari in tale settore, anche l’Italia si rivela un Paese all’avanguardia nell’ambito della robotica terrestre.

Negli ultimi due anni gli americani hanno impievolta identificato il bersaglio. A quel punto i velivoli gato gli UAV «Predator» e «Reaper» su larga scala lanciano il loro missile «Hellfire» o una bomba a per colpire obiettivi qaedisti e talebani nelle aree guida satellitare JDAM e possono colpire il bersaremote tribali pachistane. Rispetto all’epoca delglio con un’altissima precisione e minimizzando al l’amministrazione Bush, che ha massimo i danni collaterali. Didato avvio a questo tipo di straversi esponenti di Al Qaeda e tegia, con l’Amministrazione Anche nel campo terrestre dei talebani sono stati uccisi Obama gli attacchi con droni in la robotica ha ormai com- così, senza che potessero nemqueste aree sono aumentati accorgersene. Una mispiuto passi da gigante e nel meno esponenzialmente, a dimostrasione pulita che non mette a rizione che le prime titubanze sul prossimo futuro vedremo schio la vita del personale e che loro impiego in operazioni com- sempre più robot in opera- garantisce lo stesso ottimi risultati. Mal che vada si perde il bat sono definitivamente cadute. zione a fianco dei soldati veicolo, ma le aziende del setI velivoli decollano dalle loro batore stanno dando il meglio di si di Jacobabad o Shamsi in Paloro per realizzare UAV sempre meno costosi. kistan e da qui raggiungono in pochissimo tempo Anche nel campo terrestre la robotica ha ormai le aree tribali al confine con l’Afghanistan. Una volcompiuto passi da gigante e nel prossimo futuro ta in area operativa, possono restare in volo fino a vedremo sempre più robot in operazione a fianco 24 ore ad altissima quota e trasmettere in tempo reale le immagini riprese ai Comandi a terra grazie dei soldati. a ponti satellitari che consentono agli staff del Pentagono o della CIA, dall’altra parte dell’Oceano, di seguire la missione su grandi schermi comodaDALLE APPLICAZIONI ORIGINARIE AI ROBOT COMBAT mente seduti e di dare il via libera all’attacco una All’inizio i robot terrestri, i cosiddetti UGV (Unmanned Ground Vehicle), venivano utilizzati soprattutto per la ricerca, l’identificazione e la neutralizzazione di ordigni improvvisati e mine. Il «PackBot» è stato uno dei primi veicoli del genere

A sinistra. All’inizio i robot terrestri, i cosiddetti «UGV» (Unmanned Ground Vehicle), venivano utilizzati soprattutto per la ricerca, l’identificazione e la neutralizzazione di ordigni improvvisati e mine. In apertura. Negli ultimi due anni gli americani hanno impiegato gli UAV «Predator» e «Reaper» su larga scala per colpire obiettivi qaedisti e talebani nelle aree remote tribali pakistane.

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Il «PackBot» è stato uno dei primi veicoli impiegato per le applicazioni EOD, divenendo presto un bestseller.

ed è diventato presto un bestseller. L’azienda che lo produce, l’americana «iRobot», ne ha consegnati a migliaia. Il «PackBot» è un veicolo cingolato di circa 20 kg controllabile in remoto da un operatore tramite un PC portatile o un semplice joystick. Può essere equipaggiato con sistemi e sensori di diverso tipo: telecamere, camere termiche, bracci manipolatori o cannoni a pressione per la neutralizzazione degli ordigni. Famosa è la versione dotata del kit «Fido», che consente di rilevare i vapori e le particelle di esplosivo rilasciati dagli ordigni nell’aria. Di recente i ricercatori dell’Università della Florida si sono spinti addirittura oltre mettendo a punto un’applicazione che consente di controllare il «PackBot» tramite iPhone. Dal campo EOD, l’uso dei robot si è ben presto esteso anche alle operazioni di ricognizione e sorveglianza. Pertanto, se prima toccava sempre ai soldati ispezionare un edificio o controllare un’area considerata a rischio, adesso spetta invece ai robot essere mandati in avanscoperta, a tutto vantaggio della sicurezza del personale. Per que-

I CONCETTI PIÙ INNOVATIVI Tra i concetti più innovativi nel campo della robotica militare va ricordato quello dei robot cooperanti. In tale settore da tempo sono state con-

Per ispezionare un edificio, i Marines americani usano il «Dragon runner», un piccolo veicolo 4x4, pesante solo 4 kg e trasportabile a zaino.

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sto tipo di operazioni, i Marines americani usano il «Dragon runner», un piccolo veicolo 4x4, pesante solo 4 kg e trasportabile a zaino. Il «Dragon runner» è controllato tramite un sistema senza fili ed è dotato di una microcamera, un microfono e un sensore che può captare un qualunque movimento fino a oltre 9 metri di distanza. Il «Dragon runner» è particolarmente utile per l’ispezione di edifici. Sempre in questo settore va ricordato anche il rivoluzionario «Throwbot», un cilindretto a forma di lattina pesante 400 g e dotato di due piccole ruote. Il soldato lo lancia dentro un edificio attraverso una finestra, o una porta, e il robot può trasmettere quello che avviene all’interno grazie a una videocamera. Le immagini vengono poi rimandate all’indietro tramite un trasmettitore con un raggio di 30 metri. Ma il terreno che promette sviluppi ancor più interessanti, e potenzialmente più rivoluzionari, è quello dei robot combat: robot che combattono al posto dei soldati. In molti Paesi si stanno studinando piattaforme robotizzate terrestri armate con mitragliatrici o lanciagranate controllate in remoto dai soldati mediante semplici joystick. Resta il grande problema di affidare a una macchina l’azione di fuoco, con tutte le possibili implicazioni per la sicurezza dei civili e degli stessi soldati; tuttavia si stanno studiando meccanismi mediante i quali affidare all’operatore l’abilitazione della sequenza di fuoco.


geo-referenziazione come il GPS, soprattutto in ambienti indoor, dove molto spesso gli sciami devono operare, sono inutilizzabili. Questo significa che ciascun robot deve avere la capacità di ricostruire la mappa dell’ambiente esterno e scambiarla con gli altri. Per quanto riguarda questo secondo aspetto, sono in corso studi su nuovi protocolli di comunicazione attraverso i quali far dialogare lo sciame. Le applicazioni più frequenti per l’utilizzo di robot cooperanti rientrano generalmente nel grande bacino dell’homeland protection e della security. In tali contesti, ciascun membro di uno sciame può essere equipaggiato con sensori, così da poter formare delle reti mobili, piccoli bracci manipolatori o pinze per la rimozione di oggetti. Nei casi di applicazioni di security, il concetto prevede lo suddivisione delle capacità svolte dal classico sistema remotato EOD tra tanti piccoli robot, ciascuno responsabile per una singola funzione. I robot agiscono in autonomia e l’operatore svolge il mero compito di supervisore/pianificatore. Un altro settore che promette interessanti sviluppi è quello della cooperazione tra robot eterogenei, in particolare tra sistemi robotizzati terrestri e mini/micro UAV. Il concetto è quello del «dog and his flea», ovvero del cane e la sua pulce. Nella fattispecie il cane può essere costituito da un UGV e la pulce da un mini UAV. In Italia, come vedremo meglio in seguito, sono già state ampiamente sviluppate applicazioni del genere. Lo «Swords» è stato il primo robot da combattimento della storia, impiegato per una serie di sperimentazioni nel 2007 in Iraq.

dotte delle sperimentazioni ispirate al comportamento sociale di alcune specie animali, come le formiche e i branchi di lupi, per verificare la possibilità che anche un insieme di robot possa muoversi in modo coordinato in vista del raggiungimento di un obiettivo comune. I robot devono avere coscienza l’uno dell’altro, conoscere l’ambiente dove operano e la propria posizione in relazione a quella degli altri. Il principio è quello della cosiddetta swarm intelligence basato, appunto, sullo studio del comportamento degli insetti o di altri animali di tipo gregario in natura. Gli studi e le sperimentazioni fin qui condotte hanno portato allo sviluppo di una serie di algoritmi in grado di regolare la cinematica e i movimenti di cooperazione finalizzati a un obiettivo da parte di robot quasi completamente autonomi e in grado di auto-organizzarsi. Il solo apporto dell’operatore consiste nell’indicare l’obiettivo che lo sciame, o il gruppo, deve perseguire. Tuttavia, da un punto di vista tecnologico, l’implementazione di questi concetti non è semplice. Strumenti di

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L’ESPERIENZA AMERICANA Gli americani sono stati i primi a sviluppare applicazioni militari nel campo della robotica e a fare un largo impiego di robot sui campi di battaglia. Il Congresso ha chiesto al Pentagono che entro il 2015 il 15% dei veicoli delle Forze Armate sia robotizzato. Già oggi i droni e i robot impiegati in Iraq e in Afghanistan sono oltre 5 000. Queste macchine vengono impiegate per lo svolgimento di diversi compiti: ricognizione e sorveglianza, ricerca e rimozione di mine e ordigni esplosivi. Ma si stanno sempre più affermando anche UGV combat. Già qualche anno fa l’azienda americana Foster Miller aveva realizzato lo «Swords», il primo robot da combattimento della storia. Tre prototipi furono schierati in Iraq nel 2007, ma dopo un breve periodo di sperimentazione l’US Army decise di tagliare i fondi al programma poiché il veicolo non aveva mostrato le necessarie garanzie in termini di sicurezza. Per il timore di incorrere in casi di fuoco fratricida, o danni collaterali, lo «Swords» non sparò mai. L’azienda non si è, tuttavia, data per vinta e dopo di allora ha proseguito nello sviluppo di applica-


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zioni riguardanti UGV di tipo combat realizzando il «MAARS», un nuovo robot da combattimento con un peso di meno di 160 kg, dotato di maggiore velocità dello «Swords» ed equipaggiato con una mitragliatrice o un lanciagranate o anche con armamento non letale come granate «flash-bang» e laser abbaglianti. Per superare i problemi incontrati con lo «Swords», sono state adottate alcune modifiche atte, in particolare, a impedire all’arma di puntare verso l’area ritenuta «amica» dal computer di bordo del mezzo. Sviluppi come questo hanno contribuito ad attenuare le legittime preoccupazioni riguardanti la sicurezza e il Pentagono, sempre più allettato dalla prospettiva della guerra soft, «a zero morti», ha continuato a finanziare i Un’immagine del «MULE» in versione logistica. A causa programmi per lo sviluppo di robot combat. del ridimensionamento del programma FCS, è stato canTra i progetti decisamente più maturi c’è il cellato dal Pentagono. «Gladiator», un robot terrestre del peso di oltre una tonnellata sviluppato dalla Carnagie Mellon University in cooperazione con l’azienda britannica «BAE Systems». Il «Gladiator» costituisce un e l’eventuale azione di fuoco. Le immagini riprese grande passo in avanti rispetto a tutti i suoi predal robot possono essere visualizzate direttamendecessori. Per il momento sono stati realizzati già te in un monocolo, fissato su un casco speciale alcuni esemplari, a un costo di 300/400 000 dolindossato dall’operatore. Entrambi potranno così lari ciascuno. I Marines stanno vedere le stesse immagini, in impiegando il robot in Afghauna simbiosi perfetta. nistan nella segretezza più asIl «Gladiator» è un veicolo Il «Gladiator» può essere consoluta. Il «Gladiator» è un vei- altamente flessibile capace di siderato come una soluzione ad colo altamente flessibile capace svolgere diversi tipi di ope- interim verso i robot di nuova di svolgere diversi tipi di opeche gli Stati Uniti razione. Per questo può es- generazione razione. Per questo può essere stanno sviluppando nell’ambito equipaggiato con differenti tipi sere equipaggiato con diffe- della componente unmanned di sistemi: megafono, laser ab- renti tipi di sistemi del programma Future Combat baglianti, tubi per l’emissione Systems . L’avveniristico prodi gas stordenti o per il lancio gramma dell’US Army prevede di granate lacrimogene e, per i compiti combat, la realizzazione di una famiglia di droni e robot mitragliatrice da 7,62 mm o lanciagranate. L’opetutti collegati, secondo il cosiddetto concetto ratore controlla il robot tramite una semplice con«plug-and-play», alla medesima rete informativa. solle, molto simile a quella di una play station, Il «MULE» fa parte di questa famiglia. È un robot a con la quale vengono comandati tutti i movimenti sei ruote, pesante oltre tre tonnellate, concepito per supportare in tutto e per tutto la squadra di fanteria. Un vero e proprio «mulo» che segue gli uomini ovunque, su tutti i tipi di terreno e che Il «Gladiator» costituisce un grande passo in avanti rispetto a tutti i suoi predecessori. svolge i compiti richiesti grazie all’adozione di un sistema di comandi verbali e gestuali in corso di messa a punto. Il veicolo può essere controllato da un operatore, ma può eseguire la sua missione anche in modo del tutto autonomo, senza nessun tipo di apporto umano. Una rivoluzione, resa possibile dall’implementazione di algoritmi sempre più complessi e dall’utilizzo di un computer di guida e da una serie di sensori che consentono al veicolo di avere «coscienza» della propria posizione. Il «MULE» è disponibile principalmente in due configurazioni: logistica e d’assalto. La versione logistica permette al veicolo di trasportare fino ad oltre 900 kg di equipaggiamenti e rifornimenti, sufficienti per il supporto di ben due squadre di

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Il «PRAETOR» può operare anche come veicolo madre, sia con altri «UGV» o per piccoli droni, quasi fosse una sorta di «piccola portaerei» secondo il concetto già ricordato del «cane e la sua pulce».

fanteria. La versione d’assalto, invece, può essere equipaggiata con missili anticarro o mitragliatrici. Tuttavia, a causa dei problemi e del ridimensionamento subito dal programma FCS, l’US Army ha cancellato il «MULE». Tuttavia, sulla base dell’esperienza del «MULE», «Lockheed Martin» ha sviluppato una nuova soluzione più economica e leggera: lo Squad Mission Support System (SMSS). Lo «SMSS» si basa sui medesimi principi di autonomia del «MULE» e dovrebbe svolgere compiti simili. Il veicolo ha una configurazione 6x6 ed è in grado di trasportare fino a oltre 450 kg di payload. Quest’anno alcuni esemplari dovrebbero essere impiegati per una serie di prove in Afghanistan. Sempre nell’ambito del programma FCS, sta continuando lo sviluppo di un altro robot combat, l’«ARV». Quest’ultimo è un «UGV» cingolato basato sullo stesso telaio del «MULE», del peso di oltre 5 tonnellate, disponibile in due configurazioni: una RISTA e una versione d’assalto. La prima versione è equipaggiata con una torretta dotata di sistemi elettro-ottici per l’osservazione, mentre la seconda è equipaggiata con una torretta dotata di missili anticarro, «Hellfire» o «Javelin», e una mitragliatrice da 7,62 mm.

L’ESPERIENZA ITALIANA Anche l’Italia è all’avanguardia nel settore della robotica terrestre grazie agli sviluppi portati avanti dalle aziende del gruppo Finmeccanica, a

cominciare dalla spezzina Oto Melara. Tra le principali proposte dell’azienda bisogna menzionare il «PRAETOR» (Piattaforms Robotizzata Elettrica Tele-Operata Remotata), un veicolo ruotato 6x6 lungo 1,5 m, largo 90 cm e pesante 200 kg, in grado di trasportare un carico utile massimo di 60 kg. Il veicolo è propulso da un apparato con tre motori elettrici, due nella sezione anteriore e uno nella sezione posteriore, in grado di conferirgli una velocità massima di 50 km/h. Il «PRAETOR» è controllato da una Ground Station disponibile in tre versioni: una veicolare, una portatile e una indossabile. Le versioni proposte sono diverse a dimostrazione di un concetto ispirato alla massima flessibilità. Per cui il veicolo può essere equipaggiato per compiti RISTA, mediante l’adozione di torrette elettro-ottiche di diverso tipo, compiti combat, attraverso l’installazione di lanciagranate o mitragliatrici, compiti counter-IED, mediante l’adozione di appositi bracci meccanici per la neutralizzazione degli ordigni, e così via. Il «PRAETOR» è stato comunque pensato per essere plug-and-play in architetture network-centriche ampie, assieme ad altri veicoli o velivoli. Il «PRAETOR» può operare anche come veicolo madre, sia con altri «UGV» o per piccoli droni, quasi fosse una sorta di «piccola portaerei» secondo il concetto già ricordato del «cane e la sua pulce». In questa configurazione il veicolo è dotato di un ampio piano di volo per il trasporto e le operazioni di decollo e appianaggio di velivoli quali l’«Asio» - frutto della collaborazione tra il «Centro di Ricerche UTRI» e la «SelexGalileo» - o l’«Ibis» - prodotto da «Celin Avio», ma commercializzato da «Oto Melara» - e di un pod per ricaricarne le batterie. L’«Asio» è un piccolo drone a decollo verticale con un peso di quasi 6 kg e un

Anche l’Italia è all’avanguardia nel settore della robotica terrestre. Nella foto possiamo vedere un veicolo della famiglia «TRP» in configurazione combat.

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payload di 500 grammi costituito da un sensore IR e un sensore TV. L’Asio ha una velocità massima di 25 nodi, una quota massima di tangenza di 2 500 metri e un data link per la trasmissione dei dati con una portata di 10 km. L’«Ibis» è invece un piccolo elicottero unmanned equipaggiato con un motore elettrico e un sensore elettro-ottico per compiti di ricognizione e sorveglianza. Il velivolo ha un peso di 10 kg, un payload di 3 kg, una lunghezza di 1,7 metri e un’altezza di 76 cm. Il motore garantisce l’erogazione di una potenza di 2 kW per una velocità massima di 100 km/h. L’autonomia è di un’ora e mezza. Un’altra famiglia di robot sviluppata da Oto Melara è la «TRP». Il «TRP-1» è un «UGV» cingolato capace di svolgere missioni in modo completamente autonomo grazie all’adozione di un rivoluzionario sistema di guida. Quest’ultimo consiste in un meccanismo di autolocalizzazione basato su una serie di algoritmi comportamentali che ne consentono l’operatività in modalità automatica e su un pacchetto di sensori che include un telemetro laser, un sonar e la classica «IMU» (Inertial Measurement Unit). L’apporto dell’operatore si limita alla semplice indicazione di way-point successivi che il veicolo raggiunge volta dopo volta selezionando il percorso ritenuto più adatto ed evitando eventuali ostacoli. Il «TRP-2» in configurazione Electronic Support Measure (ESM), un sistema frutto della collaborazione tra «Oto In pratica il «TRP-1» è dotato di una vera e propria Melara» ed «Elettronica». intelligenza artificiale che gli consente di sapere in qualsiasi momento dove si trova. Il veicolo, che si presenta molto compatto e robusto, con un peso in tempo reale, l’Electronic Order of Battle (EOB) con massimo, compreso il carico utile, di 150 kg, può essere utilizzato in applicazioni tipiche dei contesti tutte le informazioni relative alle fonti di emissione di calamità naturali o di homeland protection. Gli elettromagnetiche presenti nell’area di interesse e altri due veicoli della famiglia, operanti nelle bande delle tele«TRP-2/3», appartengono invecomunicazioni: dall’identificace alle categorie small e light, e ...attraverso l’integrazione zione degli apparati e delle unità sono ruotati. Il «TRP-3» ha un di funzionalità «unmanned» che li utilizzano, alla posizione peso di soli 5,5 kg e può opera- con quella di identificazione del trasmettitore, caratteristiche re in abbinamento al «PRAEdella trasmissione. e localizzazione di sorgenti eIn contenuti TOR», da cui viene rilasciato. Il prospettiva, attraverso l’inte«TRP-2» è invece disponibile an- emittenti nello spettro elet- grazione di funzionalità «unche in configurazione Electronic tromagnetico, le Forze Ar- manned» con quella di identifiSupport Measure (ESM). Nel ca- mate potranno, preventiva- cazione e localizzazione di sorso, si tratta di un sistema frutto mente e senza il diretto genti emittenti nello spettro della collaborazione tra Oto Me- coinvolgimento umano, ve- elettromagnetico, le Forze Arlara ed Elettronica. Quest’ultima potranno, preventivamente der diminuire il rischio di su- mate fornisce in particolare un sensoe senza il diretto coinvolgimento re passivo di nuova concezione, bire attacchi innescati attra- umano, veder diminuire il ridenominato Advanced Tactical verso dispositivi radio schio di subire attacchi innescati CESM, comprendente un’antenattraverso dispositivi radio. Atna omnidirezionale a banda luntualmente è allo studio anche ga, e la «scatola» del processor group . Le due una versione attiva, ECM, di tipo «responsive», ovaziende curano poi assieme l’integrazione. Il senvero in grado di inibire solo la frequenza potenzialsore è estremamente innovativo e può essere inmente pericolosa. stallato su uno sciame di «UGV» dislocati in diverse posizioni a seconda delle diverse esigenze operatiPietro Batacchi ve. In questo modo è possibile rendere disponibile, Giornalista

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GLI ORDIGNI ESPLOSIVI: L’ARMA DEL GENIO AL PASSO CON I TEMPI Questo «Speciale» si propone di mettere in evidenza il livello di eccellenza raggiunto dall’Esercito Italiano nella lotta agli IEDs (Improvised Explosive Devices) che costituiscono la minaccia più insidiosa nei teatri operativi, livello di eccellenza che nasce con le prime attività sul campo dello sminamento fuori dal territorio nazionale (Operazioni SALAM) e che, sulla base delle conoscenze di livello internazionale acquisite, ha consentito nel tempo la creazione di una capacità relativa alla problematica EODs (Explosive Ordnance Disposal), IEDs che rappresenta una nicchia di eccellenza unanimemente riconosciuta a livello internazionale. Peraltro, con l’intervista al Generale di Brigata Antonio Dibello - Comandante della Scuola del Genio e Ispettore dell’Arma del genio - viene dato risalto, tra l’altro, al Centro Addestramento Contro-Ostacolo che è di fatto un Centro di Eccellenza, sicuro punto di riferimento in campo internazionale e nazionale per il C-IEDs (COUNTER-IEDs).

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SPECIALE EOD


S P E C I A L E

AFGHANISTAN: OPERAZIONE SALAM Il 1° febbraio 1989, dopo dieci anni di presenza in Afghanistan, le truppe dell’ex Unione Sovietica iniziano a lasciare definitivamente il Paese. Milioni di mine, ordigni bellici non esplosi (UXOs), materiale esplodente ancora attivo (Explosive Remnants of the War - ERW) lasciati sul terreno dalle Truppe Sovietiche e dalla resistenza afghana, rappresentano un pericolo di vaste proporzioni nei confronti di chiunque tenti di avventurarsi nel Paese. Principalmente mine anti uomo, mine anti carro e trappole esplosive antesignane dei moderni IED (Improvised Explosive Devices). «Armi esotiche», come erano definite da esponenti dell’Intelligence statunitense, che i Mujahideen avevano imparato a costruire sul campo coordinati da esperti militari della CIA e dell’ISI pakistano.

Tutto il materiale bellico residuato dei dieci anni di guerra seguiti all’invasione sovietica dell’Afghanistan provocava un vero e proprio «inquinamento attivo del territorio», di dimensioni quantitative e qualitative macroscopiche. Dispositivi pronti a funzionare che esplodendo provocavano vittime se oggetto di qualsiasi tentativo di manipolazione, anche solo accidentale. Una situazione

che immediatamente si impose all’attenzione della comunità internazionale inducendo un Funzionario delle Nazioni Unite ad ammettere: «Le nostre previsioni di pochi mesi addietro, secondo cui entro aprile o maggio di questo anno avremmo potuto vedere i primi profughi rientrare, si sono dimostrate ottimistiche. Per adesso dobbiamo rassegnarci a vedere arrivare altri. È gente coraggiosa ed ha sopportato di tutto, ma la pelle è la pelle». L’ONU comunque iniziò ad avviare progetti di ricostruzione, in particolare canali per l’irrigazione e case per accelerare il processo di ritorno dei profughi. Ma il tutto fu limitato se non reso proibitivo dalla presenza di mine, UXOs ed ERW nascosti nel terreno e pronti ad esplodere.

L’OPERATION SALAM Il 1° febbraio 1989 fu avviata l’Operation Salam, per fornire aiuto alla popolazione locale. L’Operazione ebbe un’importanza storica, destinata a durare nel tempo e a dimostrarsi essenziale per affrontare uno dei macro problemi del periodo post bellico: la bonifica del territorio a salvaguardia della sicurezza della popolazione ed a premessa di qualsiasi ripresa economica e sociale. Stime dell’epoca riportavano che trentamila bambini e cinquemila donne in stato interessante soffrivano di denutrizione. L’ospedale pediatrico Indira Ghandi di Kabul non riusciva più ad ospitare degenti che invece aumentavano giorno dopo giorno. In particolare, bambini con complicazioni A sinistra. Una comune trappola esplosiva costruita con una bomba a mano. In apertura. Area search 2: attività addestrativa di Military Search di un’area con l’impiego di equipaggiamenti dedicati.

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respiratorie causate dallo stato di debilitazione, che vivevano in un territorio caratterizzato da inverni polari e dove la tubercolosi era endemica. In questo contesto ebbe inizio l’Operation Salam voluta e coordinata dal Principe Sadruddin Aga Khan per far giungere aerei carichi di aiuti umanitari a Kabul. Tonnellate di viveri, medicinali e generi di prima necessità ammassati ad Islamabad ed a Peshawar, che la popolazione afghana aspettava con ansia. Il Principe, con impegno e capacità, riuscì a raccogliere ben 1,16 miliardi di dollari pari a 1 500 miliardi di lire del 1989, per garantire l’afflusso di medicinali e di almeno 600 tonnellate di cereali al giorno necessari per assicurare un minimo di nutrizione alla popolazione. Gli aiuti raggiungevano Kabul ed Herat, città in cui era possibile utilizzare gli aeroporti, ma difficilmente potevano essere portati all’interno perché le strade erano minate ed il territorio impercorribile per la presenza di ordigni bellici non esplosi. Situazione che non consentiva nemmeno di poter restituire la terra ai contadini ed ai pastori nomadi e ricostruire le case per agevolare il rientro dei profughi. Si stimava, infatti, che le mine sparse sul territoUn fabbricante di armi a Darra. rio fossero circa 10 milioni, mine anti uomo posate dai sovietici che riducevano del 40% la potenzialità agricola dell’Afghanistan. Ad esse si sovrapponevano le migliaia di mine anti carro disperse in modo casuale dalla resistenza dei Mujahideen. Nessuil motore di tutte le future iniziative di Mine Acna delle parti aveva rispettato la regola umanitaria tion realizzate dalle Nazioni Unite nel mondo, andella mappatura topografica degli ordigni. cora oggi necessarie ed attive. Il tutto accompagnato da un numero indefinito Le Nazioni Unite attraverso UNGOMAP, Missione di UXOs e di «trappole esplosive» che i MujahiONU già operativa in Afghanistan e in Pakistan, deen avevano abbandonato sul territorio spesso affrontarono il problema con determinazione e camuffate come oggetti assolutamente appetibili con il coinvolgimento di partner internazionali che per una popolazione indigente. Attrezzi da cucigià disponevano di consolidata esperienza in mana, utensili da lavoro, armi anche per uso venateria di bonifica bellica di territori. torio, suppellettili e quanto altro potesse naUno sforzo che coinvolse immediatamente altre scondere cariche esplosive Agenzie delle Nazioni Unite le pronte ad esplodere alla miniiniziative umanitarie erano L’ Operation Salam ebbe cui ma manipolazione. frenate, se non ostacolate, dalUna situazione che doveva un’importanza storica, desti- la presenza degli UXOs e delle mine. Il «World Food Program» essere affrontata con immedia- nata a durare nel tempo... impegnato a garantire 60 000 tezza per consentire a 6-8 milioni di profughi afghani, rifutonnellate di cibo alla popolagiati in Pakistan, di rientrare immediatamente zione afghana ed ai rifugiati, la «Food and Agrinelle loro terre. culture Organization» che assicurava la disponibiIl Principe Sadruddin Aga Khan sollecitò, quindi, lità di 6 800 tonnellate di sementi e più di 500 le Nazioni Unite perché nell’ambito dell’Operation 000 alberelli di pioppo e da frutta necessari per il Salam fosse ricavato un «modulo» di «Mine Acfabbisogno interno afghano e per cercare di sottion» che rendesse possibile affrontare il pericolo trarre la terra agricola alla coltivazione del papaspecifico. vero da oppio. L’ONU avviò immediatamente l’iniziativa che di In questo contesto fu immediato il coinvolgilì a poco si dimostrò essenziale per affrontare il mento di Paesi in possesso della necessaria exproblema dell’inquinamento post bellico dell’Afpertise . Stati Uniti, Francia, Norvegia, Turchia, ghanistan. Un’attività che avrebbe rappresentato Gran Bretagna, Australia, Nuova Zelanda ed Italia i

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primi ad intervenire mettendo sul campo «teams» di esperti militari in grado di formare specialisti della bonifica e di sviluppare management nel settore specifico. Il modulo di bonifica dell’Operation Salam iniziò a produrre i suoi effetti già a metà marzo del 1989, momento in cui fu attivata la struttura operativa dislocata a Peshawar che, supportata logisticamente dall’Esercito pakistano, iniziò ad ope-

La prima Delegazione italiana di esperti a Peshawar.

rare presso il campo militare di Risalpur avvalendosi di specialisti militari delle Nazioni che avevano aderito, distaccati temporaneamente presso le Nazioni Unite con lo status di civili. Questi esperti avviarono immediati cicli formativi che prevedevano anche lo sviluppo di programmi di sensibilizzazione della popolazione civile per insegnare a convivere con lo specifico pericolo, senza subirne le conseguenze letali. Contemporaneamente si iniziò ad affrontare l’aspetto normativo volto a conferire la necessaria standardizzazione alle attività operative di bonifica, per garantire agli operatori la massima sicurezza ed assicurare la necessaria affidabilità degli interventi. Alla fine dell’Operation Salam, due anni dopo, furono raggiunti nel settore della Mine Action significativi risultati di elevata valenza umanitaria, fra cui la formazione di più di 15 000 sminatori afghani, ai vari livelli di staff ed operativi. Molti di costoro operano tuttora sul territorio afghano ed in tutto il mondo anche ricoprendo considerevoli incarichi di management specifico in ambito internazionale e nelle Agenzie delle Nazioni Unite, prima fra tutte l’Agenzia UNMAS (UN Mine Action Service). L’Italia è stato uno dei primi Paesi occidentali a contribuire a questa importante iniziativa. Sul finire del 1988 il Governo Italiano approvava, infatti, la partecipazione all’iniziativa internazionale promossa dall’ONU, nel più vasto programma di aiuti all’Afghanistan (UNOCA, United Nations Offi-

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ce for Coordinating Relief in Afghanistan, «Operation Salam») per sensibilizzare i rifugiati afghani sul problema degli ERW e formare gli specialisti necessari per la bonifica del territorio. Lo stesso Ministro degli Esteri protempore, l’Onorevole Giulio Andreotti, attraverso il Segretario Generale della Farnesina, Ambasciatore Bruno Bottai, confermava ufficialmente al Principe Sadruddin Aga Khan l’impegno italiano in favore del programma di ricostruzione. In questo contesto la Farnesina auspicava «che l’azione del coordinatore possa rafforzarsi per mantenere aperte quelle potenzialità di intervento umanitario delle Nazioni Unite che in altre circostanze ed in zone di crisi hanno facilitato le condizioni politiche idonee alla composizione di interessi contrapposti». Veniva anche ufficialmente dichiarato un aiuto italiano di 14 milioni di dollari e l’invio di otto esperti italiani con il compito di facilitare le operazioni di sminamento. Domenica 26 marzo 1989 il quotidiano «La Repubblica» a pag. 13 informava, con l’articolo titolato Impegno ONU dell’Italia per sminare l’Afghanistan, che «... su richiesta delle Nazioni Unite, otto Ufficiali italiani appartenenti all’Arma del genio fungeranno da istruttori per lo sminamento degli immensi campi minati lasciati dai militari sovietici dopo il loro totale ritiro dal territorio afghano. Ecco i nomi degli Ufficiali italiani che passeranno al servizio dell’ONU per un periodo di almeno sei mesi: sono il Tenente Colonnello Fernando Termentini, Tenente Colonnello Enzo Michetti, Maggiore Vittorio Pennisi, i Capitani Francesco Giannatiempo, Antonio Ciardo e Marco Ciampini ed i Tenenti Antonello Carpino ed Emilio Bruno». Il 1° marzo del 1989, per la prima volta dopo la fine del Secondo conflitto mondiale, un nucleo autonomo di esperti Ufficiali dell’Arma del genio dell’Esercito Italiano si stabiliva in Pakistan al confine con l’Afghanistan, inserendosi immediatamente ed a pieno titolo nell’iniziativa internazionale che stava nascendo, l’Operation Salam. A Peshawar gli esperti italiani addestrarono in sei mesi più di 600 profughi afghani. Alcuni di loro, appena terminato l’iter formativo, iniziarono immediatamente ad operare in Afghanistan, sulla strada che da Jalabad portava a Kabul. Tutte le attività addestrative, a fuoco ed in bianco, venivano svolte a Risalpur presso un campo attrezzato gestito dall’Esercito pakistano, dislocato a circa 60 km dalla città di Peshawar. Il tutto gestito da uno Staff internazionale coordinato da un Ufficiale Superiore statunitense mentre, successivamente, una struttura analoga veniva aperta a Quetta e gestita da un Ufficiale Superiore inglese. Gli esperti italiani hanno lavorato in completa autonomia decisionale, operativa e logistica, fa-


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L’attività L’avvio dell’Operation Salam avveniva in un momento non facile per l’Afghanistan ed anche in un contesto internazionale teso per tali avvenimenti. L’invasore sovietico aveva appena abbandonato il Paese lasciando, però, un’eredità consistente sul piano politico rappresentata dal partito filosovietico afghano che non vedeva di buon occhio l’interferenza, nelle faccende nazionali, dell’Occidente in generale e degli Stati Uniti in particolare. Filosovietici afghani che proprio a ridosso dell’arrivo degli esperti italiani invitavano la Comunità Europea a prodigarsi in una mediazione con gli Stati Uniti per far cessare gli aiuti alla guerriglia islamica e contemporaneamente il Ministro degli Esteri britannico, Sir Geoffry Howe, annullava una visita programmata in Pakistan per «motivi di sicurezza» conseguenti alle minacce rivolte dagli integralisti islamici pakistani all’Inghilterra per la pubblicazione del libro di Salman Rushdie sui «versetti satanici», condannato da Komehini come blasfemo. Una situazione di instabilità palpabile nelle zone pakistane immediatamente a ridosso del confine afghano, incrementata anche dal fatto che in quei giorni i Mujahideen, fuggiti dal Paese, dopo l’uscita dell’Armata Rossa si erano mescolati ai rifugiati cercando di fare proseliti per contrastare la componente filosovietica del Governo di Kabul. Rifugiati che spesso abbandonavano improvvisamente i campi in Pakistan per raggiungere Jalabad, a circa 30 km da Peshawar, per partecipare alla «Jihad» anche con la partecipazione di circa 500 militari regolari dell’Esercito pakistano («La Repubblica», 26 marzo 1989). Un clima di tensione elevato, percepibile vivendo fra i rifugiati afghani, contadini, pastori ed anche molti intellettuali, alcuni dei quali ex Mujahideen che avevano combattuto l’invasore sovietico. Anche le condizioni locali pakistane non erano delle migliori. Gli equilibri interni alla Provincia pakistana della «North West Frontiere» non erano, infatti, dei più facili. Una regione autonoma quasi fuori del controllo del Governo Centrale di Isla-

mabad, immediatamente a ridosso del confine con l’Afghanistan, lungo l’asse viabile principale del Centro Asia. La strada del Kyber Pass, l’antica «via della seta» che da Oriente arriva ad Occidente proprio attraverso il Pakistan, l’Afghanistan e la Turchia. Una zona dove anche le condizioni ambientali non erano delle più facili. Caldo elevato con un tasso di umidità prossimo al 95%, assolata, in alcuni punti desertica. Nel 1989 priva di risorse logistiche seppure elementari. Anche le comunicazioni telefoniche erano difficili e rese possibili solo grazie ad un unico posto telefonico pubblico, non sempre funzionante. Quetta, dove sarebbe stata destinata la seconda Delegazione italiana, era una realtà simile. Per taluni aspetti ancora più difficile dal punto di vista generale in quanto lungo la strada che dal Pakistan porta alla provincia afghana di Kandahar, che di lì a poco sarebbe diventata una roccaforte dell’emergente regime talebano. Le giornate erano impegnative. Si iniziava a lavorare alle quattro del mattino per terminare a pomeriggio inoltrato, intervallando le attività addestrative ad impegni normativi che vedevano i Contingenti coinvolti nella redazione dei primi manuali operativi e delle prime procedure di bonifica standardizzate (Standard Operative Procedures - SOP). Una normativa che sarebbe diventata la base di tutte le attività di Mine Action nel mondo e che

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cendo solo riferimento alla loro professionalità di Ufficiali dell’Arma del genio e riscuotendo il consenso delle Autorità locali, delle altre Delegazioni internazionali che operavano nell’ambito dell’operazione e soprattutto degli «studenti afghani». I Pionieri dell’ Operation Salam , il 1° maggio 1990, furono seguiti da altri colleghi che incrementarono ed esaltarono i risultati raggiunti dall’Italia operando nei campi di Quetta, sempre in Pakistan.

Una classe di frequentatori.

ancora oggi, seppure attualizzata, rappresenta un riferimento essenziale e vincolante. I frequentatori venivano scelti dai partiti politici afghani o dai Comandanti partigiani dei Mujahideen presenti fra i rifugiati in Pakistan. L’identità ed affidabilità dei prescelti veniva successivamente verificata dall’Intelligence pakistana prima dell’ammissione alla frequenza di corsi. Le classi erano formate da allievi di età compresa fra i 22 ed i 38 anni, scelti anche tenendo conto del gruppo etnico o del clan di appartenenza ed in base ai

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Mujahideen . In particolare venivano insegnate unicamente le tecniche e le procedure per individuare gli ordigni e distruggerli sul posto senza fornire alcuna indicazione sulla neutralizzazione o disattivazione degli stessi che avrebbero consentito quanto meno di recuperare esplosivo e dispositivi di accensione. Le lezioni venivano svolte in inglese con la traduzione simultanea, da parte di militari pakistani, nelle lingue locali. Molte le difficoltà incontrate sul piano didattico, in particolare per lo scarsissimo grado di scolarizzazione della maggior parte dei rifugiati. Pochi erano in grado di leggere e scrivere. Molti non erano abituati ad ascoltare per lungo tempo. Si imponeva quindi il ricorso frequente all’insegnamento per «immagini», molto ben accettato dai discenti che colmavano le loro carenze culturali con doti accentuate di memoria visiva. Difficilmente, infatti, gli studenti dimenticavano ciò che veniva loro insegnato attraverso l’uso di appropriata cartellonistica. Altrettanto grande fu l’impegno degli istruttori per convincere i frequentatori a superare l’innato fatalismo della cultura islamica, a totale vantaggio della sicurezza individuale nel corso nelle attività di bonifica. In ogni caso da parte di tutti vi era un La distruzione di un residuato bellico. elevato interesse ad imparare. Un’esperienza ricca di contenuti per gli Ufficiali del genio italiani, in quanto veicolo per entrare in previsti tempi di rientro in Afghanistan, programcontatto con culture e realtà assolutamente lontamati dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite ne da qualsiasi modello di vita occidentale. Un (UNHCR). momento di crescita professionale conseguente I corsi base per la formazione degli sminatori avevano la durata di 2 settimane. Le aule di inseall’esigenza ricorrente di dover affrontare e risolgnamento erano ricavate in tende militari ed i vere problematiche operative apprese fra i banchi programmi prevedevano materie teoriche e pratidegli Istituti di formazione militari, ma fino a quel che, fra cui l’uso di base degli momento mai validate praticaesplosivi. Ogni ciclo di 15 giormente. Le attività svolte e la com- Le attività svolte e la comni terminava con una validazione teorico-pratica. Coloro che petenza specifica dimostrata petenza specifica dimostrata non superavano l’esame pote- dagli otto Ufficiali del genio dagli otto Ufficiali del genio fu vano frequentare il corso una fu immediatamente apprez- immediatamente apprezzata seconda volta. dal management internaziozata dal management inter- nale Un’attività complessa ed artidell’operazione e dagli colata che comprendeva finan- nazionale dell’operazione e stessi afghani. Immediata, che elementi di pronto soccorso dagli stessi afghani quindi, la decisione di affidare reciproco in caso di incidenti alla delegazione di esperti durante le attività di bonifica e italiani lo sviluppo del primo di sensibilizzazione al pericolo delle mine. corso per «futuri Istruttori professionali e SuOgni argomento veniva sviluppato con la cura pervisori Tecnici della bonifica» destinato a fordel particolare e considerando le tradizioni locali. mare i responsabili della gestione e dell’orgaVenivano rispettati gli orari di preghiera, i periodi nizzazione dei futuri cantieri di bonifica. Un pedi digiuno e le donne venivano avvicinate solo da riodo formativo, questo, molto intenso ed impersonale istruttore femminile. pegnativo che comunque ottenne risultati rileUna preparazione sviluppata con la massima atvanti considerando che ben tre dei dieci fretenzione per evitare di dare informazioni tecniche quentatori nell’immediato futuro avrebbero ridi carattere militare che potessero in qualche mocoperto incarichi di alta responsabilità nella Mido attualizzare le conoscenze specifiche pregresne Action internazionale, dove tuttora, a distanse di qualcuno dei rifugiati già combattente dei za di venti anni, sono ancora impegnati.

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Il 1989 rappresenta l’anno zero per l’inizio delle attività di bonifica umanitaria nel mondo e il momento in cui la comunità internazionale inizia ad occuparsi del pericolo specifico per la popolazione civile costretta a vivere in un Paese che ha ospitato uno scontro armato. Una minaccia indotta dalla presenza di mine, ordigni bellici non esplosi (UXOs) e quanto di ancora attivo rimasto sul terreno dopo l’evento bellico (Explosive Remants of the War - ERW). Definire, quindi, l’ Operation Salam come la «madre della Mine Action Internazionale» non è azzardato. Le attività svolte nell’ambito dell’iniziativa umanitaria delle Nazioni Unite ha portato, infatti, risultati immediati, alcuni dei quali ancora identificabili nelle procedure e modalità applicate nella bonifica dei territori sia per quanto attiene all’approccio operativo sviluppato sia per quanto concerne la gestione politica e di management. Le attività svolte a Peshawar e a Quetta non hanno avuto solamente ricadute locali. L’Operation Salam oltre a formare più di 15 000 bonificatori, attraverso quello che può essere definito «training on the job», ha permesso, anche, di travasare nel mondo le conoscenze e le esperienze specifiche per affrontare il problema della Mine Action in modo costruttivo, efficace e con un favorevolissimo rapporto di costo-efficacia. Ha consentito altresì di attirare l’interesse internazionale su un problema specifico, rilevante per la sicurezza delle popolazioni residenti nei Paesi «affected» ed altrettanto importante sul piano dell’impegno socio-economico e sanitario per aiutare chi rimane coinvolto nelle esplosioni ed i portatori di handicap per danni fisici conseguenti. Una serie di risultati di elevato contenuto concettuale ed operativo, forse mai raggiunti nell’ambito di altre iniziative di Cooperazione Internazionale, e con una ricaduta assolutamente positiva anche sugli interventi militari di Peace Keeping che dal 1989 ad oggi si sono sovrapposti sugli scenari internazionali. La valenza degli effetti dell’Operation Salam è ancora più significativa tenuto conto dei risultati che le attività svolte hanno permesso di raggiungere negli ambiti internazionali ed anche in quelli nazionali dei Paesi che hanno partecipato a pieno titolo alle attività specifiche. Aspetti questi di elevato contenuto se si considera che l’Operation Salam ha evidenziato l’esigenza di costituire centri di coordinamento delle attività specifiche. I «Mine Action Centre», di cui il primo costituito proprio a Kabul all’inizio degli anni ’90, fondato e diretto proprio da colui che sarebbe diventato il maggior responsabile presso le Nazioni Unite delle attività di bonifica nel mondo.

Ed ancora, in occasione dell’Operation Salam è stata individuata ed affrontata l’esigenza della redazione delle Procedure Operative Standardizzate (SOP) che ancora oggi, seppure migliorate ed affinate nel corso degli anni, sono applicate in tutto il mondo. Normativa pensata e scritta proprio a Peshawar nella primavera-estate del 1989. Standards operativi implementati successivamente da altre procedure per la sensibilizzazione

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I risultati

Addestramento al metal detector.

della popolazione sul problema delle mine, degli UXOs e degli ERW in generale (Mine Risk Education - MRE) avviate a Peshawar e migliorate nel tempo a Quetta. Infine, in quei giorni, sono stati individuati ed applicati i primi «Flowchart» logici per la gestione dei problemi di bonifica, per la formazione del personale, per il controllo e monitoraggio del territorio (Survey tecniche - Area Reduction), per la sensibilizzazione della popolazione. Tutto «inventato» e sperimentato per la prima volta a Peshawar e a Quetta, in Pakistan.

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gnati in Operazioni di Peace Keeping e delle popolazioni locali costrette a convivere con il problema specifico. L’Operation Salam, in sintesi, ha consentito di affinare tutte le metodologie di intervento di estrema validità nei diversi settori della bonifica dei territori, come la formazione, lo sminamento, la bonifica di vaste aree contaminate da ERW (Battle Area Clearance - BAC), le attività di neutralizzazione e distruzione degli Ordigni Bellici non Esplosi (Explosive Ordnance Disposal - EOD), le attività antisabotaggio per individuare e neutralizzare le «trappole esplosive» (Improvised Explosive Device - IED).

LA MINE ACTION INTERNAZIONALE

Sopra e nella pagina a fianco. Bonificatori in addestramento.

La maggior parte dei Paesi che hanno partecipato all’Operation Salam hanno ricavato fondamentali spunti per le organizzazioni nazionali di Mine Action dalle lezioni apprese in occasione del lavoro svolto in Pakistan. Un bagaglio professionale di estrema importanza, i cui contenuti operativi fanno ormai parte del DNA degli specialisti nazionali esperti di bonifica. In Italia, quanto appreso dalle attività svolte in Pakistan a favore dei rifugiati afghani ha consentito di migliorare l’expertise degli specialisti del genio e di creare nel tempo il Centro Operativo di Bonifica (COB), centro di eccellenza operativo presso la Scuola dell’Arma del genio di stanza a Roma. Una struttura oggi guardata con rispetto ed ammirazione dagli operatori internazionali impegnati ad affrontare il problema specifico, nata proprio dalle esperienze maturate sul campo dai primi esperti italiani, prima nell’Operation Salam e, successivamente, in Kuwait subito dopo la fine della Prima Guerra del Golfo. Polo per la formazione degli esperti di Forza Armata e delle Forze di Polizia, fondamentale per la gestione dei nuclei operativi in Aree di Contingenza, garante della sicurezza dei militari impe-

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Più volte si è accennato alla ricaduta positiva delle attività di Mine Action svolte nell’ambito dell’Operation Salam, comprendendo nella «Azione contro le Mine» tutte le attività necessarie, concettuali ed operative. In rapida sintesi e prima fra tutti l’individuazione di procedure standard che consentano di lavorare in tutto il mondo con tecniche analoghe che garantiscano l’ottimizzazione dei risultati e, qualora necessario, la sovrapposizione dei dispositivi operativi. Ancora, il monitoraggio dei territori a rischio con tecniche di «Survey», anche esse standardizzate e non solo finalizzate a sviluppare un approccio solamente tecnico ma anche e soprattutto applicando metodi di indagine socio-economica integrati con moderne tecniche di «Global Information System» (GIS). La strutturazione di Data Base globali gestiti secondo criteri standardizzati che fanno capo a «International Management System for Mine Action - IMSMA» che consentono di individuare le priorità da assegnare agli interventi internazionali di bonifica e di allocare le necessarie risorse. Inoltre, la formazione di personale specializzato locale, essenziale per attuare una concreta ed efficace Capacity Building specifica ed incrementare l’efficacia delle risorse economiche impegnate dalla Comunità Internazionale, e di quello destinato a sviluppare secondo criteri moderni le attività di sensibilizzazione della popolazione locale sul problema specifico. Una serie di risultati oggettivi che fanno capo ad una struttura internazionale di gestione del problema scaturita proprio dall’esperienza dell’Operation Salam che, come detto, ha portato alla strutturazione organica della gestione della Mine Action nel mondo. Dalla creazione dei Mine Action Centre, alla realizzazione, un anno dopo la fine dell’operazione, dell’Agenzia dell’ UN Mine Action Service (UNMAS), in crescita progressiva


mano a mano che si accentuava l’interesse dell’ONU sul problema delle mine. Una Agenzia delle Nazioni Unite che gestisce il problema sul piano normativo e concettuale e, nelle fasi di emergenza, anche gestendo le risorse economiche finalizzate al problema specifico. Un’attività capillare, quella svolta da UNMAS, orientata soprattutto a sviluppare un’azione di Capacity Building, che qualsiasi iniziativa di Cooperazione Internazionale deve porre come risultato preminente in quanto garante della formazione di affidabili autonomie locali in grado di affrontare e gestire in proprio lo specifico problema. Un impegno operativo che ormai tocca in modo significativo quasi un terzo del mondo, coinvolgendo le Nazioni Unite attraverso UNMAS e altre agenzie preposte ai programmi di sviluppo a favore dei Paesi Terzi, fra cui la principale UN Development Programme (UNDP). Angola, Bosnia Herzegovina, Afghanistan, Iraq, Iran, Fyrom, Sudan, Congo, Cambogia, Yemen e tanti altri ancora i Teatri che ospitano il maggiore impegno internazionale nel settore della Mine Action in generale e della bonifica umanitaria in Rilevanti anche i risultati di natura politica, particolare. Un impegno di fondamentale imporcome il coinvolgimento della società civile nel tanza per la ripresa economica e sociale delle 1993 con la Campagna Internazionale per la popolazioni costrette a convivere con il problema messa a bando delle mine anti uomo che, sensie componente fondamentale a premessa di ogni bilizzata da quanto arrivava dal campo, in partiiniziativa finalizzata a prevenire possibili conflitti colare dall’Afghanistan, ha promosso la Confuturi. venzione di Ottawa per la messa a bando di Un’attività, quella della bonifica umanitaria con detti ordigni. una valenza differenziata, non solo contingente e L’Italia, nella Mine Action Internazionale ha ragfinalizzata alla eliminazione di ordigni pericolosi. giunto ormai un ruolo molto importante: sul piano Piuttosto un impegno di coopepolitico, su quello finanziario e razione internazionale che persu quello della professionalità L’Italia, nella Mine Action dei propri operatori che, a parmette una immediata riconversione degli smobilitati ed un’al- Internazionale ha raggiunto tire dalla Operation Salam, trettanto immediata integrazio- ormai un ruolo molto im- hanno contribuito e contribuine operativa fra persone che fia esaltare i contenuti portante: sul piano politico, scono no a un momento prima erano degli interventi di bonifica e a nemiche, oggi impegnate ad su quello finanziario e su soddisfare le aspettative dei affrontare ed eliminare un peri- quello della professionalità beneficiari. colo grave a vantaggio dei loro dei propri operatori... I risultati raggiunti sono figli e di loro stesse. fondamentali nell’immediato Un’attività che coagula la e nel lungo tempo. Nell’imcollaborazione e l’amicizia in quanto nell’ambimediato per affrontare in sicurezza e con affidato delle strutture di bonifica l’incolumità di ciabilità interventi di Peace Keeping e di interposiscuno è strettamente connessa e dipendente zione militare in Aree di Contingenza, nel breve dall’impegno del collega. termine per consentire interventi di sviluppo coQualcosa che contribuisce, anche in modo me la ricostruzione, la ripresa delle attività ecoconcreto, a possibili azioni per la prevenzione nomiche e dell’agricoltura. Nel lungo termine per dei conflitti perché, oltre a favorire la crescita garantire attività sicure anche a distanza di tempo come avviene tuttora in Afghanistan ed anche economica, elimina ogni traccia del passato in Paesi europei ormai lontani dalla guerra, come bellico. Mine, UXOs ed ERW che, se lasciati sul l’Italia. suolo, potrebbero, nel corso dei decenni successivi al termine del conflitto, innescare all’atFernando Termentini to di una possibile esplosione nuove situazioni di vendetta e quindi di conflitto. Generale di Brigata (ris).

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S P E C I A L E

OPERAZIONE SALAM 2 Quetta-Baluchistan, febbraio-settembre 1990 Il 1° febbraio 1990 partiva, sotto l’egida dell’ONU con mandato semestrale, la seconda missione di addestramento per lo sminamento, a favore delle popolazioni afghane, nota come «Operation Salam», ovvero «Operazione Pace».

La missione, composta da quattro Ufficiali (Capitano Mario Ruggero, Capitano Giuseppe Anzaldi, Tenete Davide Dannunzio e Tenente Pierluigi Scaratti) e due Sottufficiali (Maresciallo Pepe e Sergente Maggiore Natalino Guarino) è stata concepita, organizzata e condotta esclusivamente dall’Arma del genio. Sulla base dell’esperienza maturata nella precedente missione, è stata dedicata particolare attenzione, da parte dell’Ispettorato dell’Arma del genio, alla selezione del personale, su scala nazionale, e a una specifica formazione articolata su più fasi. In particolare, con la dinamica del «learning on job», dopo aver scelto il personale sono stati predisposti e svolti dalla Scuola del Genio, un corso di lingua inglese di circa 30 giorni e un aggiornamento sulle mine, in particolare, su quelle presenti in teatro operativo. Ai primi di febbraio del 1990, con preavviso di 7 giorni, è iniziato il trasferimento dall’Italia al Pakistan. Dopo una prima tappa a Islamabad per una breve presentazione al Comando della missione patrocinata da UNOCHA sotto la supervisione dell’Aga Khan siamo stati inviati a Quetta, nel deserto del Baluchistan, per riaprire un campo di addestramento chiuso durante la stagione invernale. Il Baluchistan, oggi noto alle cronache come crocevia del terrorismo internazionale di matrice islamica (Al Qaida) e rifugio sicuro per i Talebani, è un altopiano desertico di circa 1 800 slm che unisce senza soluzione di continuità Pakistan e Afghanistan. È caratterizzato da condizioni climatiche estreme con un terreno aspro e compartimentato e una natura sterile. L’area, da un punto di vista prettamente antropico, è caratterizzata dalla presenza di tribù nomadiche (Baluchi) e da una fortissima comunità di profughi afghani formatasi a ridosso del confine, durante la guerra sovietico-afghana. Le popolazioni per cultura, tradizioni e qualità della vita possono essere assimiliate alla società feudale

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europea del X/XII secolo d.C.. La direzione delle attività, che avremmo presto iniziato, era stata affidata al contingente del Regno Unito, in particolare al Tenente Colonnello Mullins dei «Royal Engineer», che successivamente sarebbe diventato responsabile delle attività di sminamento presso le Nazioni Unite a New York. Oltre a noi sei italiani, facevano parte del contingente dieci militari della Gran Bretagna e, dopo qualche mese, due Ufficiali turchi. Il Comando principale delle operazioni era dislocato ad Islamabad, a 1 700 km da Quetta, retto da un Generale turco coadiuvato da un Colonnello canadese. Nei pressi di Islamabad, precisamente a Peshawar, era operativo un campo di addestramento gemello dove, tra l’altro, aveva prestato servizio il primo nucleo italiano. La prima operazione che abbiamo dovuto svolgere a Quetta, dopo avere ricevuto le consegne da due teams di «Green Berrets» statunitensi, è stata la riapertura del campo di addestramento, noto come «Beleli Camp», rimasto chiuso nel periodo invernale. Il campo di addestramento era organizzato e gestito dall’Esercito pakistano che, all’interno di un poligono militare aveva costruito un attendamento completo per accogliere in maniera spartana, ma per tutta la durata del corso, i frequentatori. L’area, durante il Secondo conflitto mondiale, era sede di un campo di prigionia di guerra inglese dove anche nostri connazionali sono stati detenuti. Inoltre, il Comando ONU aveva ritenuto fondamentale, prima di iniziare i corsi, revisionare pubblicazioni addestrative e relativi piani di lezione, per cui i primi quindici giorni sono stati trascorsi a scrivere, preparare lezioni e perfezionare le attrezzature per il supporto didattico. I corsi di addestramento, generalmente di durata quindicinale erano sostanzialmente mirati alla


formazione di semplici operatori, di team e di direttori di bonifica. Il personale ammesso a frequentarli, selezionato da Capi tribù afghani, aveva un’età compresa tra i 14 e gli 80 anni. Dopo la selezione è stato suddiviso in classi omogenee di circa trenta persone a seconda della lingua parlata: Urdu, Farsi o Pastun. Le lezioni tenute da teams misti composti da due internazionali, quattro o cinque aiuto istruttori afghani e due interpreti dell’Esercito pakistano per tradurre dall’inglese alla lingua parlata, si concludevano con un esame teorico e pratico. Alla fine di ogni corso, gli allievi potevano rientrare in Afghanistan, dotati di Kits da sminatore, un’assicurazione sugli infortuni, una carta razioni dell’ONU, e iniziare la bonifica del territorio. Degna di menzione è stata la visita del rappresentante dell’allora Segretario Generale dell’ONU Stefan De Mistura, che con personale da noi addestrato aveva svolto con successo un’attività di sminamento in territorio afghano. La complessità della missione, che vedeva il piccolo contingente in posizione di esperti civili dell’ONU e non, quindi, militari, ha reso necessario affrontare e sviluppare quelle azioni oggi riconducibili, per certi versi, alla Cooperazione Civile Militare (CIMIC) piuttosto che a operazioni psico-

Un odierno addetto alla bonifica.

logiche (PSYOPS). In conclusione, possiamo dire che non è mancata la motivazione e la voglia di dimostrare le nostre capacità in un delicatissimo compito che, alla luce di quello che è avvenuto dopo (Guerra del Golfo, Mozambico, Somalia, Balcani, Iraq e Afghanistan) ha rappresentato la base fondante del corso bonifica ordigni esplosivi (BOE) prima e dell’Explosive Ordnance Disposal (EOD) dopo. Il profondo senso di responsabilità, l’attaccamento all’Istituzione e quel modo particolare tipico di noi italiani ha permesso di supplire alle carenze di esperienza della Forza Armata di quei tempi ma soprattutto ha permesso un adattamento alla situazione contingente che ha portato al riconoscimento indiscusso del nostro operato tanto da richiedere, da parte dell’ONU, un’estensione della missione per tutto il contingente. Pierluigi Scaratti Colonnello, in servizio presso il Combined Planning Group Strategy, Plans and Policy Directorate U.S. Central Command (CENTCOM)

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S P E C I A L E

LA LOTTA AGLI ORDIGNI ESPLOSIVI IMPROVVISATI: COUNTER-IED La fine della Guerra Fredda ha generato una serie di instabilità locali che hanno dato luogo non solo a missioni di Peacekeeping ma anche a conflitti asimmetrici. Le nostre Forze Armate, in tale contesto internazionale, sono chiamate a coadiuvare Governi locali nell’opera di Nation Building, con tutto ciò che ne deriva, ma anche a fronteggiare azioni terroristiche che possono contare su un elemento in più: il congegno esplosivo improvvisato (Improvised Explosive Device - IED), considerato il pericolo più incombente negli odierni scenari operativi.

In ogni conflitto moderno si è sempre fatto ricorso all’uso di ordigni esplosivi quali mine, trappole antiuomo e mine anticarro di ogni forma e dimensione. Ciò che invece caratterizza i nuovi scenari operativi è la costante minaccia rappresentata dagli ordigni esplosivi improvvisati (Improvised Explosive Devices - IEDs), cioè manufatti confezionati artigianalmente, composti da una carica esplosiva in quantità non standardizzata, da materiale contundente inerte di varia natura, da un innesco e da un detonatore con relativo erogatore di energia per la sua attivazione. La lotta contro tale tipo di minaccia, meglio nota come Counter-Improvised Explosive Device (C-

IED) consiste nell’insieme delle attività tese a prevenire, ridurre o eliminare gli effetti di tutte le tipologie di IEDs utilizzate contro le Forze amiche e i non combattenti (pub. AJP-3.15 «Allied Doctrine for Joint Operations C-IED» - 2nd Study Draft). Le procedure operative, quindi, hanno dovuto subire un’inevitabile rivisitazione «sul campo» in chiave C-IED. Infatti, il ricorso a tali ordigni esplosivi rappresenta la principale e più remunerativa alternativa a disposizione delle cellule terroristiche per infliggere perdite e minare la volontà delle varie Coalizioni. Essi, diversi per dimensioni e modalità di funzionamento, possono essere mascherati, distribuiti e impiegati nei modi più vari. Per costruirli si possono utilizzare esplosivi sia di uso militare che civile, oppure miscele di composti che, se presi singolarmente, risultano inerti. Il basso costo dei materiali necessari per il loro confezionamento, la facilità dell’approvvigionamento e dell’occultamento degli stessi, uniti agli effetti devastanti del loro utilizzo, hanno reso gli IEDs l’arma principale del terrorismo nel contesto della guerra asimmetrica. Il loro utilizzo riduce notevolmente la capacità operativa delle unità dislocate nei vari teatri operativi, determinando inevitabili effetti tattici, operativi, strategici e mediatici in grado di incidere persino sulle decisioni dei vertici politici. Il loro impiego può in sostanza essere paragonato a una vera e propria Effect Based Operation. La C-IED non è finalizzata al mero disinnesco/disattivazione dell’IED, attività questa che ne rappresenta solo l’atto conclusivo.

A sinistra. Il cratere prodotto da un IED su un manto stradale.

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La NATO concepisce la lotta contro gli IEDs come quella in grado di garantire alle forze in campo la condotta delle operazioni, riducendo nel contempo al minimo le perdite o, meglio, annullandole. Nei vari ambiti nazionali tale lotta è effettuata attraverso la revisione e l’elaborazione di direttive e dottrine, con l’utilizzo di specifici equipaggiamenti e la condotta di un addestramento mirato. La casistica sino ad oggi riscontrata, relativamente alle aree urbane, annovera attacchi suicidi condotti con l’impiego di cinture esplosive (impropriamente denominati Kamikaze), l’utilizzo di autoveicoli imbottiti di materiale esplodente, attivati con timer (Vehicle Borne IED - VBIED), telecomando (Radio Controlled Vehicle Borne IED - RCVBIED o da attentatori (Victim Operated IED - VOIED) che si lanciano contro il bersaglio prescelto. Nelle aree rurali gli IEDs sono solitamente attiUn robot impiegato per la bonifica di ordigni esplosivi. vati da telecomando oppure facendo ricorso al classico cavo elettrico. A questi si aggiungono altri metodi classici di attivazione quali «a rilascio La popolazione, in tale contesto, può essere di pressione», «anti-rimozione» e «a pressione». parte attiva, fornendo supporto logistico, trasporSono state, inoltre, riscontrate varie combinazioni to, posizionamento e attivazione diretta degli ordei citati metodi di attivazione, che rendono l’IED digni, oppure passiva consentendo ai ribelli di ancora più insidioso. operare, muoversi, nascondersi tra la gente e imCon riferimento ai vari teatri operativi, che vepedendo fughe di notizie. dono impegnate le forze NATO e delle coalizioni, Pertanto il primo elemento chiave nella lotta è stato riscontrato che mentre in Afghanistan si fa contro gli IEDs è rappresentato da un valido adprincipalmente ricorso agli IEDs collocati in aree destramento del personale, focalizzato al riconoextraurbane, ai margini delle vie di comunicazioscimento dei luoghi potenzialmente idonei all’atne (road side IEDs), ai Kamikaze e ai VBIEDs, in tacco e delle caratteristiche principali, comuni alIraq, ove la tecnologia è più sofisticata, si privilel’attentatore suicida tipo, all’osservazione dei gia l’utilizzo degli stessi in aree possibili obiettivi, con attenurbane, ricorrendo a sensori zione ai minimi dettagli, alla Per un efficace contrasto metodologia di reazione, alpassivi all’Infrarosso abbinati a telecomandi a distanza. agli IEDs è, quindi, fonda- l’ottimizzazione delle procePer i prossimi anni si stima un mentale concentrare l’at- dure per l’impiego dei cinofili, progressivo sviluppo tecnologi- tenzione e comprendere il alle lessons learned (lezioni co di tali ordigni, che verranno contesto sociale nel quale apprese). realizzati anche facendo ricorso Il secondo elemento chiave a internet per la progettazione essi sono concepiti, co- risulta essere la ricerca tecnostruiti e utilizzati e le modalità di assemblaggio. logica. Infatti, i progressi otteI sistemi di attivazione sanuti nel campo della Force ranno, verosimilmente, semProtection dei veicoli ha portapre più efficaci e nell’eventualità non siano più to alla costruzione e all’impiego in teatro dei disponibili alcune componenti o si sia indivimezzi «MRAP» (Mine Resistant Ambush Protecduata un’efficace contromisura, saranno elaboted), cioè veicoli caratterizzati da una cellula corate ulteriori modalità di confezionamento e/o razzata con scafo a «V» in grado di deflettere di attivazione finalizzate a rendere la minaccia gran parte dell’energia prodotta da un’esplosione ancora più imprevedibile. e garantire, quindi, maggiore integrità dell’abitaPer un efficace contrasto agli IEDs è, quindi, colo. Inoltre, per contrastare l’impiego di IEDs fondamentale concentrare l’attenzione e comcontrollati (Radio Controlled Improvised Explosiprendere il contesto sociale nel quale essi sono ve Devices - RCIEDs), si stanno impiegando dei concepiti, costruiti e utilizzati. Un quadro delle sistemi elettronici, detti «Jammers», per disturinterazioni tra popolazione civile e cellule, gruppi bo/annullamento delle radiofrequenze di attivaod organizzazioni terroristiche, può consentire zione. Tali sistemi possono essere a grande o una previsione dei potenziali bersagli futuri. piccola capacità in funzione dell’impiego areale o

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operative. Solitamente sono indipendenti le une dalle altre e prive di una guida centrale, il che le rende ancora più insidiose, ma potrebbero anche avere strutture piramidali. In esse si annoverano distinti ruoli, fra i più importanti: pianificatori, reclutatori, addestratori, finanziatori, assemblatori dei manufatti esplosivi, posizionatori degli stessi, attivatori e incaricati delle riprese a uso mediatico-propagandistico.

I PILASTRI DELLA NATO NELLA LOTTA CONTRO GLI IEDs La NATO per combattere la minaccia asimmetrica prodotta dalla proliferazione degli IEDs ha elaborato una strategia articolata su tre pilastri: • sconfiggere il Sistema (Defeat the IED System) nel quale la C-IED è intrapresa attraverso le funzioni di «predizione» e «prevenzione»; • sconfiggere l’Ordigno Esplosivo (Defeat the IED) attraverso le funzioni di «Individuazione», «Protezione», «Neutralizzazione/Distruzione»; • valorizzare l’addestramento e l’istruzione (TraiSopra. Un artificiere si addestra alla rimozione di un VBIED. A destra. Una colonna italiana in Afghanistan. Spesso gli IEDs vengono collocati in aree extraurbane, ai margini delle vie di comunicazione (road side IEDs).

puntiforme. Comunque sia, è anche fondamentale tentare di «rompere» il legame esistente tra i ribelli e la popolazione locale, impoverita da anni di guerra. Questo richiede un governo locale capace di garantire sicurezza, sviluppo economico, sociale e benessere rimuovendo le motivazioni che spingono ad appoggiare i ribelli: si deve supportare al massimo il Nation Building con attività e azioni volte a implementare la credibilità di tali governi (supporto e addestramento di forze di sicurezza, attività CIMIC, supporto sanitario e aiuti alimentari). Ancora sono fondamentali: l’attività di intelligence, le PSY OPS e le INFO OPS. Come afferma il Generale Sir David Richards, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito britannico («Rivista Militare n. 1/2010): «La battaglia per la conquista delle menti delle persone sarà, come sempre, centrale, sebbene la rivoluzione nelle comunicazioni trasformerà la maniera di combatterla ... è cruciale per noi capire e sfruttare appieno gli strumenti della superiorità nell’informazione». Le cellule eversive e insorgenti presenti in teatro, nonostante non abbiano tutte la medesima struttura, tendono a seguire similari modalità

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ning and Education) anche mediante Pubblicazioni, STANAGs, lezioni apprese. L’obiettivo della «predizione» consiste nell’identificare gli elementi critici del sistema di costruzione degli IEDs, in particolare quale tipo di dispositivo potrebbe essere impiegato, dove e quando. Essa è strettamente connessa alle capacità di intelligence delle forze in campo e include tutte le attività, tecnologie ed equipaggiamenti impiegati per identificare e comprendere le Tattiche, Tecniche e Procedure (TTPs) dell’avversario, nonché il suo equipaggiamento, le infrastrutture utilizzate e i meccanismi di supporto di cui dispone. La «prevenzione» è costituita da quelle attività offensive per loro natura, condotte con l’obiettivo di evitare la costruzione e la collocazione degli


IEDs. Essa include la raccolta di informazioni (osservazione dei potenziali obiettivi) ed è strettamente connessa alle capacità d’intelligence. Le Nazioni e la NATO necessitano di combinare le proprie attività di intelligence, le tecnologie e le procedure al fine di identificare e conoscere il nemico, il suo equipaggiamento, le infrastrutture, e le sue TTPs. Ciò è fondamentale se si vuole prevedere un potenziale attacco condotto con IEDs. Un’efficace prevenzione è volta a localizzare ed eliminare le infrastrutture e le pedine incaricate di assemblare gli IEDs nonchè i depositi di materiale esplosivo, distruggerli e negarne l’accesso. Inoltre, risulta necessaria la sorveglianza aerea condotta con aeromobili telecomandati e l’utilizzo di sistemi di video sorveglianza. Per «individuazione» si intende la scoperta e la localizzazione degli ordigni esplosivi e delle loro componenti. A tale scopo è in corso lo sviluppo di sistemi portatili in grado di individuare i componenti critici quali cariche esplosive (sniffer), meccanismi di attivazione e amplificatori radio. Le Un veicolo MRAP («Cougar») danneggiato. tecnologie utilizzate sono: • sistemi bio-molecolari, spettroscopia all’infrarosso, o ricorso ai cani per rilevare la presenza • pre-detonazione (attraverso emissione di onde di esplosivi; elettromagnetiche); • sistemi radar in grado di analizzare il sottosuolo; • rimozione e distruzione della carica esplosiva; • dispositivi capaci di individuare i sistemi di atti• distruzione del circuito elettronico mediante vazione elettronici e all’infrarosso; l’utilizzo di particolari impulsi elettromagnetici; • sistemi di «screening» fissi e portatili. • ricerca e distruzione degli IEDs con l’utilizzo di Il livello di «protezione» delle forze può essere dispositivi meccanici (robots). innalzato con una tecnologia più sofisticata per Particolare attenzione è stata posta dalla NATO automezzi e personale, una maggiore protezione allo specifico settore «dell’addestramento e istrudelle infrastrutture e un migliore sistema di prezione» mediante seminari di formazione svolti avviso (early warning). presso l’Allied Joint Force Command di Brunssum Nella fattispecie: veicoli protetti progettati per (Olanda) e presso la Scuola NATO di Oberammersopportare esplosioni e in gau (Germania), strutturati, grado di ridirezionare l’onda condotti e concepiti in funzione ...è fondamentale tentare del livello di Comando e tenend’urto e ridurre gli effetti delle schegge, indumenti protettivi d i « r o m p e r e » i l l e g a m e do conto delle lezioni apprese. in grado di incrementare la esistente tra i ribelli e la Altri elementi giocano un sopravvivenza individuale, auruolo importante nella lotta popolazione locale, impo- contro la minaccia IEDs, quali le mento della Force Protection per le istallazioni mediante la- verita da anni di guerra... interazioni politico-militari e il vori di rinforzo sul campo e sono fondamentali...l’atti- ruolo svolto dalla cooperazione diffusione di informazioni e vità di intelligence , le PSY civile-militare. allarmi. Per interazione politico-miliOPS e le INFO OPS Il requisito della «neutralizzatare si intende la chiara conozione» e «distruzione» si ottiene scenza dell’obiettivo finale che ponendo in essere tutte quelle misure finalizzate a si vuole perseguire attraverso attività diplomatievitare l’attivazione di IEDs già posizionati in prosche, sociali, religiose ed economiche che devono simità degli obiettivi o attraverso la forzata attivaarmonizzarsi con l’esecuzione delle attività milizione degli IEDs, inclusi eventuali ordigni ad essi tari ai vari livelli di Comando. collegati. Anche se varie tecnologie già esistono in La cooperazione civile-militare ha assunto un questo settore, tuttavia si rende necessario ridurre il ruolo sempre più determinante andando a incipiù possibile il contatto diretto con tali ordigni. Pardere direttamente sullo sviluppo sociale ed ecoticolare importanza rivestono le seguenti attività: nomico dei Paesi in cui opera. Potendo rappre• prevenzione della detonazione; sentare un ulteriore facile bersaglio per i terro-

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Controllo dedicato, con forze all’uopo equipaggiate e appositamente addestrate, impiegate con il concorso di elementi delle forze speciali unitamente a un adeguato supporto logistico. Nell’ambito di tale componente terrestre un ruolo particolare viene svolto dal genio, che in cooperazione con le altre Armi e le varie Forze Armate, assolve il suo compito con molteplici attività quali: • la costituzione, il mantenimento e la condivisione delle informazioni sullo status degli esplosivi di una determinata area; • l’assistenza nella condotta di indagini in caso di incidenti provocati da IEDs; • l’assistenza nella bonifica delle vie di comunicaSopra. Un VM-90 P con sistema Anti Radio Controlled Improvised Explosive Device. A destra. Un ordigno esplosivo improvvisato a pressione, di rudimentale fattura.

risti e le varie fazioni in lotta, si rende necessario armonizzare metodi e procedure prettamente militari con quelli utilizzati dalle organizzazioni governative e non governative che operano nel settore della ricostruzione.

zione nonché nell’accantonamento e nella distruzione del materiale esplosivo rinvenuto; • la costituzione, il mantenimento e l’aggiornamento del database sugli incidenti verificatisi; La lotta contro la minaccia posta in essere dagli IEDs si effettua ricorrendo indistintamente alle • fornire Comando e Controllo ai team specializcomponenti terrestre, marittima e aerea. Quella zati nella bonifica; terrestre, per la sua collocazione fisica, è quella • l’addestramento del personale sulla bonifica che si fa carico del maggiore onere; tuttavia, è delle vie di comunicazione, sull’impiego degli fondamentale l’integrazione, l’interoperabilità e la equipaggiamenti e sugli esplosivi. flessibilità delle altre. Nell’ambiente marittimo costiLa componente terrestre, oltuiscono sicuramente un bersaAttualmente in Afghani- glio remunerativo i vascelli, i tre a possedere un adeguato livello di prontezza, dovrà pre- stan l’utilizzo di IEDs da porti e le linee di comunicazione vedere truppe specificamente parte degli insorgenti co- marittima. La lotta contro gli della componente marittidedicate a tale attività appartestituisce la principale mi- IEDs nenti al ruolo combattimento, ma si concretizza nel localizzasupporto al combattimento e naccia per le forze appar- re, classificare e controllare la supporto logistico. Il loro inter- tenenti alla NATO e alla rotta di piccole unità che povento sarà focalizzato sui prin- coalizione trebbero essere utilizzate come cipali obiettivi dei ribelli, rapVBIEDs, come pure nel verificare presentati dalle linee di comula presenza di elementi ostili nicazione. Dovranno essere in grado di individuasotto la superficie dell’acqua. Fondamentale può re gli elementi critici dell’organizzazione e delessere l’apporto nel campo dell’intelligence, della l’ordigno ed eliminare la connessione esistente sorveglianza, dell’acquisizione di obiettivi e del tra i vari elementi che compongono le cellule tersupporto di fuoco alle operazioni sulla terraferma. roristiche. Per un’efficace lotta risulta necessario Relativamente alla lotta contro gli IEDs, lo predisporre anche un supporto di Comando e sforzo principale compiuto dalla componente LE COMPONENTI IMPIEGATE NELLA LOTTA CONTRO GLI IEDs

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CONCLUSIONI Attualmente in Afghanistan l’utilizzo di IEDs da parte degli insorgenti costituisce la principale minaccia per le forze appartenenti alla NATO e alla coalizione. Le perdite, in termini di vite umane e materiali, hanno imposto alle autorità politiche internazionali di esercitare uno sforzo congiunto nella lotta contro l’utilizzo di tali dispositivi. La NATO, facendo proprie le istanze dei Paesi

Sopra. I nuclei cinofili sono molto utili nella ricerca di IEDs. A sinistra, in basso. Il timer di un IED.

membri, oltre a riempire il vuoto dottrinale mediante la stesura di una nuova pubblicazione quale l’«AJP-3.15», sta investendo risorse umane ed economiche anche nel settore della ricerca e della sperimentazione al fine di rendere disponibili equipaggiamenti e attrezzature sempre più efficaci. A ciò occorre aggiungere programmi addestrativi interforze e internazionali svolti a livello sia individuale sia collettivo presso vari istituti NATO. Tale addestramento consentirà di disporre di personale qualificato a cui si aggiungeranno esperti nel campo forense, nella sorveglianza, nell’intelligence, nell’attività investigativa, nella guerra elettronica e nel management dello spettro elettromagnetico e nell’evacuazione delle possibili vittime. La lotta è, quindi, solo all’inizio e si presenta non priva di incognite per le varie Nazioni. È pertanto necessario continuare a lavorare per realizzare una comune linea politica dei Paesi membri della NATO in questa specifica materia. Giuseppe Fernando Musillo Tenente Colonnello, Redattore Capo di «Rivista Militare» Domenico Spoliti Maggiore, Redattore di «Rivista Militare»

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aerea risiede, invece, nel supporto alle operazioni con: ricognizione e sorveglianza aerea, Comando e Controllo delle operazioni di aviolancio, trasporto aereo tattico e strategico. Tutto ciò con assetti aerei necessariamente commisurati alla situazione e alla missione assegnata.


S P E C I A L E

LE «MILITARY SEARCH» Le recenti operazioni condotte in teatro iracheno e afghano hanno messo in luce la grande minaccia costituita dagli «Improvised Explosive Devices» e la necessità di adottare appropriate misure operative atte a fronteggiarla. In questo scenario assumono un ruolo determinante le Military Search che, supportate da un’adeguata Intelligence, costituiscono la maggiore attività volta al contrasto e alla neutralizzazione del sistema IED.

In effetti, gli IEDs sono divenuti il cosiddetto «weapon of choice» degli oppositori: nonostante L’utilizzo di tecniche di lotta asimmetrica è una l’utilizzo sia al livello tattico, il loro impiego sistedelle caratteristiche principali degli attuali scenari matico sta provocando enormi ripercussioni ed operativi e verosimilmente continuerà a esserlo in effetti a livello strategico. quelli futuri. Queste tecniche possono avere moLa figura 2 (fonte: medesima della figura 1), dalità operative estremamente diversificate, ma rappresenta graficamente l’evoluzione del livelnormalmente sono basate su lo di minaccia nel teatro afrapidità d’azione e caratterizghano analizzato attraverso il L’utilizzo di tecniche di tempo, dall’inizio del 2005 zate dall’impiego degli «Improvised Explosive Devices» (IEDs) lotta asimmetrica è una alla conclusione del 2009. che, molto spesso, colpiscono delle caratteristiche princi- L’andamento degli attacchi come ci sia stato un indiscriminatamente bersagli pali degli attuali scenari dimostra aumento costante delle capasia civili che militari. Le recenti operazioni condotte in teatro operativi e verosimilmente cità degli «insurgents» a coniracheno e afghano evidenziano c o n t i n u e r à a e s s e r l o i n durre azioni e come determila dimensione della minaccia quelli futuri nati eventi, quali i periodi del costituita dagli IEDs. Questa tiRamadan (le date sono indipologia di ordigni ha provocato cate nei riquadri) o le eleziola maggior parte delle vittime tra le forze dei conni, sia presidenziali che provinciali, abbiano tingenti. La figura 1 (fonte: http://www.powerscandito in modo peculiare l’intensità degli avpoint-search-engine.com/taliban-and-statevenimenti. La legenda riporta, per categorie, ppt.html, briefing del Major General Flynn, docututte le tipologie di incidenti accaduti e le relamento «isaf-state-of-the-insurgency-231000tive colorazioni. dec.ppt») analizza, nel teatro afghano, il numero Di specifico interesse, in particolare per la trattazione del presente articolo, gli attacchi subìti degli attacchi condotti e le vittime causate. tramite impiego di IEDs (e/o mine) e i ritrovamenti Fig. 1 («finds») di tali ordigni. In generale, questa lotta asimmetrica è - e deve essere - contrastata dalla componente operativa pena la perdita del mantenimento dell’iniziativa durante la condotta delle Operazioni. Ciò richiede l’adozione di misure che si traducano in determinate capacità operative funzionali a rispondere in modo adeguato alla minaccia. Queste capacità, nella maggior parte dei casi, sono di tipo difensivo e si concretizzano con l’opportuna formazione e addestramento delle forze amiche, ossia con l’applicazione di specifiche TTPs (Tecniche, Tattiche e Procedure) e con l’impiego di mezzi, equipaggiamenti e dotazioni idonei a prevenire, ridurre, mitigare e/o neutralizzare la minaccia. LA MINACCIA ASIMMETRICA

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Risulta significativo osservare come l’applicazione di queste tecniche e l’accrescimento della formazione di base abbiano prodotto la capacità di individuazione di un numero sempre maggiore di ordigni. La figura 3 (fonte: medesima delle precedenti) indica, nell’anno 2009, le tipologie di attacchi cui le forze della coalizione sono state sottoposte e i ritrovamenti. Un dato evidente balza all’attenzione: la maggior parte degli attacchi e dei «finds» sono classificati come sconosciuti Fig. 3

(«unknown»): tale indeterminazione non consente di analizzare in modo esaustivo la minaccia né permette di adeguare tempestivamente le proprie TTPs in modo da ottenere la miglior efficacia nel contrastare le tattiche dell’avversario. Ma non è solo la lotta all’ordigno a essere meno incisiva: non potendo analizzare rapidamente le componenti degli IEDs ritrovate, tutta l’attività di «exploitation», in particolare quella del 2° e del 3° livello, risulta penalizzata. Il risultato complessivo è una limitata lotta al sistema IED e, conseguentemente, la possibilità degli «insurgents» di continuare a eseguire attacchi. Sebbene possa essere semplicisticamente assunto che a un maggior numero di ordigni posati corrisponda statisticamente un maggior numero di ritrovamenti, è necessario considerare che esiste una costante evoluzione di adattamento delle tecniche dell’avversario per vanificare le contromisure adottate dalle Forze della Coalizione, sia in termini di TTPs che di materiali e mezzi. Per tali ragioni, al fine di poter rispondere in modo adeguato all’evoluzione della minaccia, diventa fondamentale applicare una sempre maggiore sinergia tra proprie procedure operative, utilizzo di apparati tecnologici e assetti specialistici, tempe-

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Fig. 2


stivo scambio di dati informativi e analisi della minaccia e apprendano le relative TTPs di risposta minaccia. Dalla lettura dei dati della figura 3, ri- (riferimento allo STANAG 2294 CIED, Countering sulta significativo che a partire dal secondo seImprovised Explosive Device Training Standards) mestre del 2007, il numero di ritrovamenti ha le modalità con cui le operazioni sono condotte eguagliato e spesso superato il numero degli atpossono essere significativamente diverse tra i tacchi condotti con successo da parte degli «inRCs, in relazione alle Nazioni che operano nelle surgents». Come dato ancora più significativo, diverse aree. Ciò è soprattutto dovuto alla dispomerita osservare come dalnibilità o meno di determinati l’estate del 2008 i «finds» siaequipaggiamenti tecnologici Appare evidente che le e/o materiali, ovvero di assetti no mediamente stati tra il 20% e il 30% superiori agli attacchi modalità procedurali ese- specifici, e questa realtà condisubìti con IEDs. Dall’estate del guite nei vari RCs siano ziona i risultati o successi con2009 va purtroppo registrato principalmente di tipo di- seguiti sia nella lotta al sistema un peggioramento di queste fensivo, mirate soprattutto IED che nella lotta all’ordigno: percentuali, sebbene i ritrovapresso il RC East (Nazione alla cosiddetta lotta all’or- •leader menti siano ancora superiori USA) si fa largo impieagli attacchi subìti. È il segnale digno (Defeat the Ordnan- go di sistemi meccanici finache imperativamente ci esorta c e ) , u n o d e i t r e p i l a s t r i lizzati per la Route Clearance, a rispondere all’accresciuta della strategia C-IED modulati su appositi «pacabilità degli «insurgents» : la chetti»; soluzione principale consiste • presso il RC South (Nazione nell’adeguamento delle nostre capacità operative. leader a rotazione), si fa ampio utilizzo della caÈ doveroso puntualizzare che la percentuale di pacità search e si impiegano teams IEDD, WIT e, ritrovamenti varia considerevolmente da Regional spesso, search teams all’interno delle unità Command (RC) a RC. In effetti, la minaccia si maoperative; nifesta con diverse tipologie di IEDs e tecniche di • presso i RC North (Nazione leader DEU), RC West conduzione di attacchi nei vari RCs. (Nazione leader ITA) e RC Capital (alternanza di Nonostante tutte le unità in teatro ricevano una Nazione leader), ci si basa essenzialmente sulla formazione di base standardizzata alla specifica ricerca di base, ossia sull’applicazione delle TTPs per contrastare la minaccia IEDs. Appare evidente che le modalità procedurali eseguite nei vari RCs siano principalmente di tipo difensivo, mirate soprattutto alla cosiddetta lotta all’ordigno (Defeat the Ordnance), uno dei tre pilastri della strategia C-IED. Nel RC South, tramite l’utilizzo delle «Military Search» in supporto alle

A sinistra. Piatto di pressione artigianale VOIED (Victim Operated IED). Sotto da sinistra. Veicolo HUMVEE, RC(E) in seguito ad attacco con VOIED. Scena dell’attacco a pattuglia di VTLM a Kabul, RC (C).

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Esse consistono praticamente in operazioni pianificate dagli organi di Staff, adeguatamente assistiti da esperti qualificati in «Military Search» e svolte da «search teams» che supportano le unità di manovra nello svolgimento di particolari operazioni sia in ambienti urbani che in zone rurali.

Dall’alto. Veicolo Husky, tra i mezzi del Pacchetto Route Clearance statunitense.

Veicolo Buffalo, tra i veicoli del Pacchetto Route Clearance statunitense. Mezzo in dotazione anche al Contingente italiano.

operazioni, l’atteggiamento è più marcatamente offensivo, e oltre alla lotta all’ordigno si attua con maggior intensità la lotta al sistema IED (Defeat the Network , ora Attack the Network ), pilastro principale della strategia C-IED. La figura 4 indica la possibile composizione di una cellula IED e i collegamenti tra i vari membri. In effetti, presso il RC(S) si registra il maggior numero di ritrovamenti di IEDs e/o loro componentistica, di siti di stoccaggio (cache) di armi, munizionamento o esplosivi; di documentazione di qualsiasi tipo finalizzata alla raccolta e sfruttamento delle prove (DOCEX - Document Exploitation); di materiale informatico con analoghi fini (MEDEX - Media Exploitation). Pertanto, nello specifico settore del C-IED, una delle capacità operative necessarie risponde ai criteri fondamentali propri delle «Military Search». Le «Military Search» sono definite dall’ATP 73 (Allied Tactical Publication - STANAG 2283) come «la gestione e l’applicazione di procedure sistematiche che, associate ad appropriati equipaggiamenti, consentono l’individuazione di specifici obiettivi (considerati in termini di persone, informazioni e risorse utilizzate da un avversario) in supporto alle Operazioni Militari».

Nella considerazione dell’attuale specifica minaccia in teatro operativo, possiamo semplicisticamente determinare lo scopo delle «Military Search» come la riduzione dell’esposizione delle Forze amiche e della popolazione alle minacce inerenti gli IEDs. Praticamente, soprattutto dove le operazioni di «Military Search» sono supportate da adeguata intelligence, possiamo intendere le «Military Search» come l’attività finalizzata al più ampio contrasto e neutralizzazione del sistema IED (ossia Defeat the Network/Attack the Network). Le «Military Search» rappresentano uno strumento efficace a disposizione del Comandante per potenziare le capacità degli assetti disponibili per la condotta di Operazioni sia di natura offensiva che difensiva: le prime tendono a minare le fondamenta sulle quali poggiano le attività degli avversari; le seconde servono a incrementare il proprio livello di Force Protection. In funzione della natura delle operazioni da condurre (offensive o difensive), gli obiettivi chiave delle «Military Search» per le operazioni offensive, che si svolgono in un contesto in cui diviene fondamentale il mantenimento dell’iniziativa nonostante le possibili limitazioni per ridurre l’impatto sulle normali condizioni di vita della popolazione locale, possono essere rispettivamente riassunti in: • raccogliere dati e informazioni per produrre intelligence, vitale per la definizione di ulteriori operazioni search; • negare e privare l’avversario di risorse fondaFig. 4

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SCOPO E APPLICAZIONE DELLE MILITARY SEARCH


Risorse degli «insurgents»: le Military Search sono orientate al loro ritrovamento a fini di intelligence, di sfruttamento delle prove (exploitation) e azioni giudiziare.

mentali in termini di materiali, strutture e opportunità: ciò consente il mantenimento dell’iniziativa e il controllo dell’area d’operazioni; • contrastare la sua «libertà di manovra»; • raccogliere prove a carico di individui a premessa di successive azioni giudiziarie. Per quanto attiene alle operazioni difensive, gli obiettivi chiave sono: • incrementare il livello di protezione delle Forze amiche; • aumentare o ripristinare la propria «libertà di manovra» lungo determinati itinerari ovvero in specifiche aree; • permettere l’utilizzo di fabbricati; • verificare l’assenza di ordigni come misura preventiva in caso di eventi pianificati con partecipazione di VIPs. Per il conseguimento del successo durante un’operazione di «Military Search» è necessario il

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coinvolgimento di tutte le pedine fondamentali dello Staff di un Comando, dal J1/G1 al J5/G5: la pianificazione, il coordinamento e la gestione delle attività deve essere efficace. In particolare, le operazioni devono essere pianificate in funzione del: • grado della minaccia (cosiddetto «Risk Assessment») che si esprime normalmente tramite un valore numerico che deriva dalla somma di parametri con valori prestabiliti. In funzione di questo valore, si determina il tipo di risposta da eseguire, ossia quale tipologia di assetto (se a livello di ricerca basico, intermedio o avanzato) è idoneo/sufficiente - nel determinato contesto a espletare con successo la missione. I parametri che vengono valutati sono, appunto, la minaccia - suddivisa tra possibili intenzioni dell’avversario e sue reali capacità nell’attuarle - e le vulnerabilità proprie, intese come prevedibilità comportamentali e come sicurezza presente nel senso più ampio dell’accezione; • rischio ambientale, ossia della presenza o possibilità di incontrare aree minate, zone con trappole o contaminate; presenza di animali pericolosi; spazi ristretti o chiusi in prossimità dell’obiettivo;


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LIVELLI DELLE «MILITARY SEARCH» La ricerca militare si classifica su tre livelli, ossia ricerca di livello Base, Intermedio e Avanzato, con le seguenti caratteristiche: • livello Base («Basic Military Search»). Tutti i militari immessi in teatro devono possedere le conoscenze e l’addestramento per effettuare Military Search di base, ossia devono possedere la consapevolezza del rischio per presenza di IEDs e abilità nell’applicare le TTPs amiche. I corsi CIED pre-deployment , alcuni svolti presso la SCUG, attuale CeAC, ovvero presso i reparti durante la fase di amalgama, sono organizzati per

orientare e consentire al personale di raggiungere le specifiche capacità operative proprie di questo livello; • livello Intermedio («Intermediate Military Search»). È la capacità di condurre Operazioni di Military Search da parte di unità specificatamente addestrate negli ambienti operativi ove sussistano le seguenti condizioni: minimo grado di minaccia per presenza di IEDs; discreto grado di assicurazione (o discreta certezza di assenza di ordigni) voluto dal Comandante; rischi ambientali di medio livello; • livello Avanzato («Advanced Military Search»). È la capacità di condurre Operazioni Military Search da parte di unità specializzate e appropriatamente addestrate negli ambienti operativi ove esistano queste condizioni: elevato grado di minaccia derivante dalla presenza di IEDs ovvero certezza della loro presenza; alto grado di assicurazione richiesto dal Comandante; alti rischi connessi all’ambiente in cui si opera. Fig. 5

Piramide delle «Military Search»

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• grado di assicurazione (o certezza) richiesto dal Comandante: esso è in funzione della certezza di assenza di ordigni/materiali/persone che il Comandante intende conseguire, nell’ottica della valutazione di tutte le ripercussioni, potenziali o certe, che un eventuale «fallimento» nella ricerca possa provocare sia sugli esiti dell’operazione militare nel suo complesso, sia e soprattutto nell’influenzare l’opinione pubblica. La risultante dell’analisi permette di stabilire il livello di operazione di search e conseguentemente le necessità in termini di risorse di personale, materiali ed equipaggiamenti. Tale analisi tende a evitare l’improprio impiego di teams altamente specializzati (Advanced Search Teams) per compiti che potrebbero essere eseguiti da altri teams con specializzazione inferiore (Intermediate o Basic). Come ricordato nella definizione di «Military Search», gli obiettivi della ricerca militare riguardano specificatamente materiali, persone e informazioni. Nel dettaglio: • materiali: includono IED veri e propri e loro componenti; esplosivi, UXOs, armi e munizioni; luoghi fabbricazione ordigni, infrastrutture, equipaggiamenti e mezzi dell’avversario; • persone: ci si riferisce principalmente alla componente umana del sistema IED (vedasi successivo paragrafo «La lotta al sistema IED»); • informazioni: documenti, nomi, località, possibili obiettivi, livello di conoscenza nemico delle procedure delle forze amiche. Sulla base dell’intelligence e la valutazione del rischio, si impiegano quegli assetti specialistici della ricerca tali da garantire l’individuazione delle risorse presunte, la loro sottrazione all’avversario ovvero la loro neutralizzazione. Con l’aumento del livello di rischio e del livello di assicurazione che si vuole raggiungere è necessario ricorrere a un livello di ricerca militare sempre più specialistico ed elevato. Per contro, anche i tempi operativi si allungano, spesso in maniera considerevole.

La relazione tra la disponibilità degli assetti impiegabili per la condotta di ciascun livello di «Military Search», il livello di rischio e quello di assicurazione (o certezza o affidabilità) che si vuole ottenere viene comunemente rappresentato da una piramide (figura 5). Al crescere del livello di rischio si riduce il numero degli assetti specialistici che hanno le capacità (conoscenza, formazione, equipaggiamento) per l’esecuzione di tale tipologia di ricerca militare. Pertanto il vertice della piramide rappresenta l’eccellenza della capacità, riservata a pochi assetti: conseguentemente esso indica che a maggiori capacità esprimibili, maggiori sono i tempi richiesti per la loro esecuzione, maggiore è il quantitativo di equipaggiamenti e il livello tecnologico richiesto, si-

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penso o per coercizione. Il supporto passivo permette l’impunità ai membri del Sistema IED in quanto gli «insurgents» non solo evitano di essere denunciati ma la popolazione rifiuta di fornire informazioni sulle loro attività favorendone l’occultamento e, spesso, la fuga. Il successo della lotta al Sistema IED passa proprio attraverso la riduzione del supporto della popolazione ai membri delle cellule eversive. Il sostegno ricevuto da queste cellule è variabile ed è in funzione del grado di consenso che l’organizzazione del Sistema IED riscuote in quello specifico contesto socio-culturale, dall’accettazione della motivazione ideologica, dalla fiducia della popolazione verso le autorità locali - sia di polizia che di Governo - dalla stabilità dell’area e dalla necessità di sopravvivenza della popolazione stessa. Il Sistema IED può essere considerato come un Aula del CeAC. Corso ISA SA (International Intermediate Search Advisor). insieme complesso di tre componenti: gli individui e le cellule (ossia la componente umana, gli «insurgents»), i mezzi e i materiali (ossia la comgnificativamente maggiore sarà l’assicurazione o ponente risorse) e le procedure consolidate per certezza del controllo eseguito (se c’è qualcosa, condurre la lotta asimmetrica (ovvero il ciclo delesso sarà individuato). l’attacco IED). La base della piramide (livello Base) è competenLa componente umana ha varie connessioni za di tutte le unità delle Forze Armate. Il livello nel tessuto sociale locale, tribale e criminale, ed centrale (livello Intermedio) diventa specifica attriè organizzata in una struttura non gerarchica, buzione di search teams del genio (reggimenti Gema strettamente interconnessa tramite una rete nio) e di alcuni assetti specificatamente formati ed di comunicazione che garantisce il rapido scamequipaggiati delle varie Armi (All Arms Intermediabio di informazioni e l’adattamento delle tecnite Search Teams). Il livello apicale (livello Avanzato) che di attacco. Sono proprio queste peculiarità, il dinamismo e la capacità evolutiva, a contradè di pertinenza di search teams del genio. distinguere il sistema e a rendere la lotta asimmetrica così vantaggiosa per gli «insurgents» . LA LOTTA AL SISTEMA IED Attraverso il sistema (network) stesso, le tattiche, tecniche e procedure di lotta che hanno Il Sistema IED viene definito dalla AJP 3.15 (Alprodotto successi contro le forze della coaliziolied Joint Publication) come una «Combinazione ne sono affinate, modificate e diffuse. Le cellule d’individui, equipaggiamenti, IED operative agiscono norprocedimenti d’impiego, tecnomalmente in modo autonomo logie, capacità e conoscenze Il Sistema IED opera al- e hanno le capacità di procuche permettono la preparazio- l’interno di un contesto so- rarsi i componenti per assemne dell’ordigno e successiva- cio-culturale specifico: esso blare gli ordigni, dispongono mente l’attacco IED». un’organizzazione per il trova supporto in questo di Il Sistema IED opera all’intertrasporto e posizionamento no di un contesto socio-cultu- contesto e cerca di mante- d e g l i s t e s s i , c o n d u c o n o l a rale specifico: esso trova sup- nere e accrescere il consen- pianificazione dell’attacco e porto in questo contesto e cer- so della popolazione ne sfruttano gli effetti a scopi ca di mantenere e accrescere il propagandistici. Una cellula è consenso della popolazione. In composta da vari membri, effetti, la chiave consiste proprio nel sostegno che ciascuno responsabile di compiti differenti ovgli abitanti del luogo garantiscono ai membri del vero di eseguire più di un compito. La figura 4, Sistema: la popolazione locale fornisce supporto rappresenta graficamente una possibile struttudi tipo attivo o passivo. Il supporto attivo si ra organizzativa di tali cellule e indica le figure estrinseca tramite diverse attività, anche partecifondamentali che formano la componente umapando al ciclo dell’attacco IED. Questo coinvolgina del sistema IED. Esse sono: il finanziatore (fornisce il necessario supporto finanziario per mento può essere su base volontaria, per com-

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LE ATTUALI CAPACITÀ NAZIONALI Ad oggi, solo pochi Paesi alleati, e precisamente la Gran Bretagna, l’Olanda e la Francia sono in grado di esprimere la capacità di ricerca («Military Search») mentre pochi altri, tra cui l’Italia, hanno iniziato lo sviluppo della stessa. Tuttavia, va puntualizzato che, mentre la Gran Bretagna vanta una quarantennale esperienza nel

settore, maturata principalmente in Irlanda del Nord, l’Olanda ha acquisito, sfruttando la collaborazione offerta dalla Gran Bretagna, tale capacità solo recentemente. L’Italia ha offerto di ospitare il primo corso pilota «International Intermediate Search Advisor & Team Trainer Course», organizzato dall’European Defence Agency (EDA) presso il costituendo Centro di Eccellenza C-IED nazionale (CdE C-IED) a valenza interforze, l’attuale CeAC (Centro Addestramento Contro-ostacolo) di Forza Armata, situato all’interno della Caserma Ettore Rosso, sede della Scuola del Genio in Roma. Questo dimostra l’interesse nazionale verso lo sviluppo di tale capacità e l’assunzione della leadership italiana in ambito europeo per le «Military Search». In figura 6, la locandina di promozione del corso dell’EDA. Lo sviluppo della capacità «Military Search» nazionale si può attuare attraverso l’adeguamento dei compiti e della formazione delle Unità che già dispongono degli elementi, delle conoscenze Fig. 6

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l’acquisizione dei componenti, l’addestramento del personale, il sostegno degli «insurgents» e dei loro nuclei familiari), il leader o pianificatore (potrebbe anche svolgere il ruolo di reclutatore degli altri membri ed è solitamente l’elemento più motivato), uno o più fornitori (suppliers, che dispongono dei componenti necessari alla fabbricazione dell’ordigno per condurre l’attacco), un addestratore (trainer, che addestra la cellula a eseguire tecniche e procedure specifiche per il determinato attacco), un assemblatore (il «bomb maker» o «builder», cioè lo specialista in esplosivi che confeziona l’ordigno), un trasportatore (transporter, con compiti logistici), un posatore (emplacer, spesso reclutato nell’area in cui l’attacco verrà condotto), un attivatore ( triggerman , che potrebbe anche essere un elemento esterno alle cellule pre-costituite) e un cameraman/exploiter (filma l’attacco IED per scopi di propaganda, studio e identificazione di LL/Lid («lessons learned/lessons identified»). Il ciclo dell’attacco IED, seconda componente del sistema IED, si sviluppa attraverso fasi distinte, che sono: • sperimentazione e sviluppo (sia di TTPs che di tipologie di ordigni); • pianificazione delle fasi dell’attacco IED, tra cui ricognizione del sito dell’attacco, sorveglianza dello stesso, identificazione di punti di riferimento e delle vie di fuga, analisi dell’obiettivo; • prova dell’attacco; • condotta dell’attacco; • valutazione degli effetti conseguiti; • valutazione della missione nel suo complesso per apportare eventuali correttivi per l’attacco successivo. Infine, per condurre un attacco, il Sistema IED deve poter far uso di materiali e strutture: tra questi si elencano i componenti dell’IED; gli strumenti di comunicazione, solitamente reperibili dal libero commercio; i mezzi di trasporto di ogni fattispecie; strutture di vario tipo necessarie al supporto logistico, quali centri di addestramento, alloggiamento del personale delle cellule, luoghi per la fabbricazione e l’assemblaggio degli ordigni, situati sia all’interno che oltre i confini del Paese in cui opera il Sistema IED.

e degli equipaggiamenti (sebbene questi ultimi siano ancora in via di acquisizione) per svolgere tali particolari attività, e tramite l’adattamento delle strutture di Comando e Controllo (C2) già presenti nei Comandi dei teatri operativi. In effetti, i reggimenti genio dispongono delle peculiarità necessarie per essere resi operativi a eseguire le Military Search in tempi relativamente celeri, considerando il lasso temporale necessario alla formazione dei teams per livelli sequenziali di capacità search. Considerando che il livello Base dovrebbe oramai essere completamente acquisito da tutte le unità operative, o almeno dalla maggior parte, data la rotazione delle medesime nei vari teatri, si deve ora raggiungere la capacità intermedia (Intermediate Search), per alcuni assetti, e poi quella avanzata (Advanced Search), per un numero ancora inferiore di teams, ma altamente specializzati.

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Sopra. Corso ISA SA, Scuola del Genio, CeAC: Route Search, attività di «isolation».

LO SVILUPPO DELLA CAPACITÀ «SEARCH» NAZIONALE

Sotto a destra. Corso ISA SA, Scuola del Genio, CeAC: fase di ricerca all’interno del fabbricato (attività di Building Search).

L’acquisizione della capacità nazionale nel settore delle «Military Search» in supporto della strategia nazionale C-IED si otterrà principalmente attraverso l’ottimizzazione degli assetti e delle capacità già esistenti nell’ambito dell’Arma del genio e nel settore del C-IED. Le linee di sviluppo seguiranno una road map già definita e che include il raggiungimento di precisi standards addestrativi da conseguire gradualmente, al pari dell’acquisizione dei necessari materiali

Presso il CeAC si svolgono corsi di: • formazione di base per unità guastatori (Corsi Minex); • formazione specialistica nel settore della bonifica (Corsi EOD di 1° e di 2° livello, Corsi EOD BC per interventi su ordigni a caricamento Biologico o Chimico); • formazione propedeutica nel settore C-IED, quali i corsi informativi nella fase di pre-deployment per il personale degli organi centrali o altri augmentees; • formazione avanzata C-IED, tra cui i corsi IEDD (per personale della Forza Armata, della Polizia di Stato e dei Carabinieri); • altri corsi nel settore C-IED, quali l’EOD SO (Staff Officer), il WIT, il corso per tecnico elettronico e il modulo C-IED per ACRT (Advanced Combat and Reconnaissance Team). A breve si aggiungerà a questi il primo corso nazionale finalizzato alla ricerca di livello intermedio (Intermediate Search).

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Corso ISA SA, Scuola del Genio, CeAC: preparazione per la fase di ingresso in fabbricato (attività di Building Search).

ed equipaggiamenti, della definizione delle qualifiche del personale (singoli elementi, unità, personale di Staff), le validazioni dei singoli e dei teams, le modalità per il controllo del mantenimento delle capacità raggiunte, l’interoperabilità con altri Paesi. In sintesi, l’acronimo DOTLMPI (Doctrine, Organization, Training, Leadership, Materials, Personnel, Infrastructure) riassume tutti gli elementi chiave del programma nazionale. L’addestramento appare attualmente come la necessità più impellente. Il corso pilota per Istruttori «Intermediate Military Search Advisor & Train the Trainer Course» (al quale hanno partecipato 19 Ufficiali provenienti da Paesi dell’Unione Europea oltre a 12 frequentatori e 6 osservatori italiani), oltre a formare i futuri istruttori nel campo delle Military Search, ha trattato tutti gli argomenti che permettono di realizzare la policy e la

governance per la costituzione della capacità Military Search . Un ulteriore corso a guida EDA si svolgerà entro l’estate 2010 presso il costituendo Centro di Eccellenza C-IED (CdE CIED) nazionale con lo scopo di formare il personale già abilitato come Intermediate Search Advisor nella ricerca di tipo Advanced, pur con alcune significative limitazioni, quali la non abilità a operare in ambienti particolari come all’interno di aeromobili, natanti, WICS (Working In Confined Spaces), HES (Hazardous Environment Search) e SES (Special Equipment Search). Considerando le specifiche necessità di standardizzazione e interoperabilità in contesti operativi multinazionali, la dottrina osserverà i contenuti dei documenti NATO e dell’Unione Europea. Fondamentale risulterà la sperimentazione in teatro operativo per poter definire proprie TTPs nelle more degli assetti ed equipaggiamenti effettivamente disponibili. All’enfasi su appropriate TTPs e procedure di C2, deve esserci un riscontro sulle dotazioni assegnate, dato che l’efficacia della capacità «search» è connessa - oltre alla preparazione del personale - agli strumenti che si utiliz-

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zano, alla loro precisione e affidabilità. I principali materiali da utilizzare variano in funzione della tipologia di ricerca e del livello di assicurazione che deve essere garantito. In mancanza di specifiche esperienze, sarà inizialmente difficile indirizzare l’approvvigionamento di tali materiali se non basandosi sulle strumentazioni già in uso presso altri eserciti. Per quando attiene ai livelli di «Military Search» e alle tipologie di assetti da impiegare in ciascun livello, le Unità del genio Combat Engineer (reggimenti guastatori) avranno capacità di Advanced e di Intermediate Search, le unità delle varie Armi (All Arms Search) avranno una capacità search di livello Intermedio mentre tutte le rimanenti forze

JENG/C-IED presso i Comandi Brigata/Divisione; • Search Coordinator (SC), presso la cellula S3 ENGR; • Search Advisor (SA), nell’ambito delle unità a livello compagnia/plotone. Di norma, i search teams operano all’interno di una cornice di sicurezza e sono solitamente assistiti da altri assetti specialistici, quali ad esempio nuclei cinofili, teams EOD (Explosive Ordnance Disposal), IEDD (Improvised Explosive Device Disposal), WIT (Weapons Intelligence Team) o di polizia militare. Nell’ambito dei reggimenti genio o Task Force (TF) genio saranno costituiti Advanced Search Teams e Intermediate Search Teams per la condotta di operazioni in contesti ad alto rischio e dove, rispettivamente, sia molto probabile o certa la presenza di ordigni e di loro componenti, ovvero tale presenza sia considerata solo come possibile. All’interno delle TF di manovra troveranno invece collocazione gli All Arms Search Teams (personale interforze) che opereranno in contesti a basso/medio rischio con assenza o poco probabile presenza di ordigni.

GLI ASPETTI LEGALI DELLE MILITARY SEARCH

Corso IEDD, Scuola del Genio, CeAC: un operatore effettua un approccio manuale su un oggetto sospetto.

potranno operare al livello basico. La componente Comando e Controllo sarà adeguata per collocare nelle strutture di Staff dei Comandi delle unità quelle figure (esperti in «Military Search» ) con specifiche qualifiche e conoscenze necessarie a coordinare l’attività di ricerca in sinergia con assetti EOD, IEDD, MDD/EDD, WIT, ACRT, Minex e forze di manovra. Gli esperti (cosiddetti SME, Subject Matter Experts) ai vari livelli ordinativi di Comando, preposti a coadiuvare le operazioni e consigliare i Comandanti su come meglio impiegare gli assetti, sono i seguenti: • Formation Search Coordinator (FSC) nella branca

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La tipologia delle «Military Search» ingloba attività di ricerca - in determinati casi il termine più appropriato è «perquisizione» - su: • persone («Person Search»); • veicoli («Vehicle Search»); • abitazioni private e fabbricati (tra le tipologie di «Offensive Building Search», «Defensive Building search» - «Venue Search», «Disruptive Building search» ), nel senso più generale del termine adibiti agli usi più diversificati (per esempio uno stadio, un grande albergo, deposito di stoccaggio dei carburanti); • ricerca lungo itinerari («Route Search»); • ricerca di aree o luoghi particolari («Area Search»); • ricerca in ambienti specifici, come velivoli aerei («Aircraft Search») e natanti («Vessel Search») in genere. Le TTPs apprese sono esaustive e hanno lo scopo di permettere al personale di eseguire le «Military Search» in modo completo, sistematico, ma soprattutto legale. «Search», come definizione, è la perquisizione di una persona, dei suoi beni e proprietà personali - inclusi beni non direttamente accuditi dal proprietario, cassetti e armadi aperti o altro mobilio - e/o del suo veicolo. Lo scopo principale di tale ricerca è impedire a un individuo di trasportare beni non permessi o vietati, ovvero di entrare appiedato, con bagaglio o con un veicolo, in luo-


ghi controllati o dove sussistono particolari esigenze di sicurezza. In effetti, al termine di una ricerca (o perquisizione) militare, il personale che ha condotto l’attività compila un’esauriente documentazione che ha valore legale e che può essere utilizzata come prova durante un procedimento giudiziario. Esistono quattro categorie di «Person Search», ossia la ricerca generale in pubblico («Initial Body Search»), la ricerca dettagliata al chiuso («Detailed Body Search»), la ricerca con rimozione di abiti in luogo di custodia («Strip search») e quella intima, a cura di un medico («Intimate Body Search»). Ci sono dei limiti ben precisi per questa attività: la «search» deve essere eseguita da una persona dello stesso sesso, solo le donne possono eseguire la ricerca su minori di 14 anni, solo le prime due tipologie possono essere eseguite da personale militare addetto alla sicurezza. Ogni ricerca/perquisizione deve essere puntualmente documentata tramite la compilazione di una specifica modulistica. Ci sono due livelli di ricerca di base su veicoli («Vehicle search»): verifica iniziale («Initial check») e ricerca sistematica («Primary Search»). Analogamente, la ricerca eseguita va supportata da adeguata documentazione. La ricerca di Aree («Area Search») è solitamente categorizzata come un’operazione offensiva che ha lo scopo di individuare nascondigli («Hide» o anche «cache») impiegati dagli avversari. Questi possono essere di tre tipi, ciascuno con determinate caratteristiche: di tipo logistico («Long Term Hide»), di supporto a un’operazione («transit site») , a breve termine («Short Term hide») , in estrema prossimità del luogo di impiego. La ricerca in edifici («Defensive Building Search» o «Venue search» ) richiede una pianificazione meticolosa, è solitamente complessa e necessita di molte risorse: si impiega per avvenimenti particolari e dove la presenza di personalità impone la massima sicurezza di assenza di ordigni. La documentazione da compilare è parte integrante dell’operazione di «search» . A seconda dell’attività di ricerca eseguita, tre sono i rapporti da redigere: • rapporto di pattuglia, il Patrol Search Record (PSR), documento generico specificatamente impiegato per veicoli, individui e fabbricati qualora si esegua una ricerca/perquisizione non pianificata, ma dettata dalla situazione contingente; • rapporto di perquisizione di edifici, il Venue Search record (VSR), documento redatto sempre in caso di «Defensive building search»; • rapporto di perquisizione, il Search Report Military (SRM), compilato quando si eseguono ricerche pianificate. È un documento generico idoneo a registrare tutte le ricerche condotte lungo

Corso ISA SA, Scuola del Genio, CeAC: ricerca sistematica su veicoli. Ritrovamento di componenti elettronici.

itinerari, aree, aeromobili, imbarcazioni e navi di ogni tipo, edifici e fabbricati («Offensive Building search» e «Disruptive Building search»). Il rapporto è concepito per garantire la completezza della ricerca, assicurare che le procedure legali siano osservate, fornire dati per pianificare successive operazioni, impugnato come prova legale in procedimenti giudiziari. Questa documentazione si riferisce completamente alle procedure e modelli impiegati dall’Esercito inglese, dove solitamente l’Ufficiale qualificato SA (Search Advisor) ha l’autorità per ordinare l’esecuzione di una missione search. Tali rapporti hanno valenza legale, ma si basano sulle problematiche connesse con le operazioni condotte in Irlanda del Nord. Le leggi nazionali variano tra Paese e Paese: ne consegue che è necessario definire con certezza l’ambito legale e le eventuali limitazioni imposte in caso di operazioni search condotte da forze italiane, considerando: • leggi internazionali; • leggi nazionali; • leggi del Paese ospitante in cui si conducono le

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GLOSSARIO Sistema IED: combinazione d’individui, equipaggiamenti, procedimenti d’impiego, tecnologie, capacità e conoscenze che permettono la preparazione dell’ordigno e successivamente l’attacco IED. Counter-IED (C-IED): insieme delle attività tese a prevenire, ridurre o eliminare gli effetti di tutte le tipologie di IEDs utilizzate contro le forze amiche ed i non combattenti. Force protection (FP): l’insieme delle misure e dei mezzi per ridurre al minimo la vulnerabilità del personale, delle installazioni, dei mezzi e delle operazioni rispetto a qualsiasi minaccia e in ogni circostanza, al fine di preservare la libertà d’azione e l’efficienza operativa delle forze. Search: perquisizione di una persona, dei suoi beni e proprietà personali - inclusi beni non direttamente accuditi dal proprietario, cassetti e armadi aperti o altro mobilio - e/o del suo veicolo. Military Search: gestione e applicazione di procedure sistematiche che, associate ad appropriati equipaggiamenti, consentono l’individuazione di specifici obiettivi (considerati in termini persone, informazioni e di risorse utilizzate da un avversario) in supporto alle Operazioni Militari.

operazioni (HN - Host Nation); • ROE (Rules of Engagement) nazionali e di teatro; • STANAG 2 283 - «Military search»; • SOP (Standing Operating Procedures) di teatro. Ne consegue che il ruolo dei LEGAD (Legal Advisor) diventa altresì fondamentale per informare il Comandante di eventuali limitazioni nelle operazioni. I moduli prevedono parti dedicate per registrare eventuali danni provocati durante le fasi della ricerca ( pre-search damage check e post-search damage check), in quanto soggetti a compenso. Per la componente operativa, invece, oltre all’osservazione puntigliosa delle procedure nella ricerca, diventa fondamentale poter disporre nei teams search di personale femminile qualificato alle Military Search.

CONCLUSIONI Per una Forza Armata, poter esprimere una capacità «search» significa essere in grado di operare spesso in maniera attiva e preventiva in ambienti caratterizzati dalla minaccia IED, al contrario di quelle Forze Armate che, non avendola, in larga parte ne subiscono gli effetti. Fondamentalmente, le Military Search rappresentano per le forze militari una rilevante opportunità di mante-

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nere l’iniziativa e di decidere come, quando e dove agire. Esse possono pertanto influenzare le operazioni in maniera determinante creando i presupposti per il rinvenimento delle risorse a disposizione delle forze opponenti prima che queste possano utilizzarle. L’acquisizione della completa capacità di Military Search è uno strumento fondamentale nella strategia C-IED ma, a premessa della sua funzionalità, la Forza Armata necessita di tempestiva intelligence, basata su rapida capacità di analisi e accessibile condivisione delle informazioni. La maggior parte delle attività di «Military Search» per i livelli Intermedio (Combat Engineer Intermediate Search) e Avanzato (Combat Engineer Advanced Search) finalizzate al C-IED, possono realizzarsi impiegando assetti del genio destinati al «Combat support engineering» e supportati da nuclei IEDD, WIT, EDD, cinofili. Le qualifiche acquisite dal personale dei reparti «genio guastatori» (MINEX, ACRT) e le caratteristiche intrinseche proprie della specialità in argomento, permettono ai guastatori di operare con maggior efficacia negli ambienti tipici in cui le operazioni di Search sono solitamente condotte, in particolare nella ricerca lungo itinerari e in prossimità o all’interno di opere infrastrutturali. Gli «All Arms Search Teams» saranno capaci di condurre sistematicamente operazioni in ambienti a rischio medio/basso. I Comandanti ai vari livelli ordinativi devono essere coscienti delle potenzialità e caratteristiche degli assetti che avranno a disposizione per effettuare le Military Search, soprattutto per un impiego mirato degli stessi. Vanno comunque definiti chiaramente gli aspetti legali connessi con le operazioni di search e le regole di ingaggio: da ciò si potrà effettivamente comprendere quali obiettivi perseguire e quale tipologia di operazioni condurre in teatro. Sebbene i search teams siano di supporto alle forze di manovra, queste devono però fornire

Ricerca lungo itinerari (Route Search).


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Advanced Combat and Reconnaissance Team AJP Allied Joint Publication ATP Allied Tactical Publication B/Div Brigata/Divisione C2 Comando e Controllo CeAC Centro Addestramento Contro-Ostacolo CdE C-IED Centro di Eccellenza C-IED nazionale CIED Countering Improvised Explosive Device DEU Germany DOCEX Document Exploitation DOTLMPI Doctrine, Organization, Training, Leadership, Materials, Personnel, Infrastructure EDA European Defence Agency EDD Explosive Detection Dog ENGR Engineer EOD Explosive Ordnance Disposal EOD BC Explosive Ordnance Disposal Biological Chemical EOD SO Explosive Ordnance Disposal Staff Officer FA Forza Armata FSC Formation Search Coordinator HES Hazardous Environment Search HN Host Nation IED Improvised Explosive Devices IEDD Improvised Explosive Devices Disposal ISA SA International Intermediate Search Advisor ITA Italy GBR Great Britain JENG/C-IED Joint Engineering/Countering Improvised Explosive Device LEGAD Legal Advisor Lid Lessons Identified LL Lessons Learned MEDEX Media Exploitation NATO North Atlantic Treaty Organization NLD Netherlands MDD Mine Detection Dog PSR Patrol Search Record RC Regional Command RC (C) Regional Command Capital RC (E) Regional Command East RC (N) Regional Command North RC (S) Regional Command South RC (W) Regional Command West ROE Rules of Engagement SA Search Advisor SC Search Coordinator SCUG Scuola del Genio SES Special Equipment Search SME Subject Matter Experts SOP Standing Operating Procedures SRM Search Report Military STANAG Standardization Agreement TF Task Force TTPs Tactics, Techniques & Procedures (Tecniche, Tattiche e Procedure) USA United States of America UXOs Unexploded Ordnance VIPs Very Important Persons VOIED Victim Operated IED VSR Venue Search Record WICS Working In Confined Spaces WIT Weapons Intelligence Team ACRT

quella cornice di sicurezza - sovente per tempi piuttosto lunghi - che permetta a chi fa ricerca ai livelli Intermedio e Avanzato di poter effettivamente operare. La scelta del tipo e del livello di ricerca da attuare in un determinato contesto dipenderà dal livello della minaccia (rischio operativo), dall’ambiente e dal livello di assicurazione che il Comandante vuole. In generale, per una efficace lotta al sistema IED, è necessario perseguire sinergia di intenti e amalgama tra i vari assetti - quali i teams ACRT, i pacchetti Route Clearance, i teams search, IEDD, WIT - impiegandoli per le loro capacità effettive e per i compiti previsti. Di pari passo con l’incremento della capacità e - conseguentemente - con un quantitativo superiore di reperti da analizzare, anche la capacità di sfruttamento delle prove legali raccolte («exploitation») dovrà essere opportunamente ri-modulata a livello di teatro, in particolare per quanto concerne il cosiddetto 2° livello. Solo così, ossia con un significativo aumento di disponibilità di dati biometrici e tecnici, forniti sia all’intelligence che alle cellule C-IED, si potranno ottenere dei risultati apprezzabili verso l’efficace lotta al Sistema IED e, in generale, un livello superiore di Force Protection. Renato Scudicio Tenente Colonnello, in servizio presso la Scuola del Genio, CeAC

RIFERIMENTI DOTTRINALI BIBLIOGRAFIA NATO NATO Draft Policy on «Military Engineering» (Report of the June 2005 Engineer Standardization Development Panel Meeting); Pub. AAP-6 «NATO Glossary of Terms and Definitions»; Pub. AJP-3.15 «Allied Doctrine for Joint C-IED Operations»; Pub. ATP-73 «Military Search»; ATP-3.4.1.1 «Peace Support Operations, Techniques and Procedures»; BIBLIOGRAFIA NAZIONALE Pub. SMD-G-024 «Glossario NATO dei termini e delle definizioni», Ed. 2005; Pub. SMD-AJ-001 «Direttiva per l’addestramento interforze», Ed. 2004; Pub. «Joint Integrating Concept» 004 C-IED, Ed. 2007; Pub. «Pacchetti di Capacità - Componente genio_Progetto Esecutivo 2003-2004», edito dallo Stato Maggiore dell’Esercito; Pub. n. 6739 «Obiettivi formativi, aggiornamento e valutazione operativa del personale EOD/IEDD», Ed. 2006, edita dall’Ispettorato per la Formazione e la Specializzazione dell’Esercito - Polo del genio.

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LISTA DEGLI ACRONIMI


S P E C I A L E

IL NUOVO CENTRO DI ECCELLENZA NAZIONALE PER IL C-IED Per affrontare scenari operativi moderni e nemici antichi Il delicato scenario internazionale, soprattutto nell’ambito di Teatri Operativi strategici come quello afghano, è minacciato dalla presenza di antichi nemici ancora pericolosi e attivi: mine, ordigni inesplosi, ordigni esplosivi improvvisati. Ciò ha portato alla messa a punto del progetto di costituzione di un Centro di Eccellenza Nazionale per il C-IED, a valenza interforze, in grado di fornire supporto addestrativo C-IED alle Forze Armate oltre a un supporto concettuale e organizzativo allo Stato Maggiore della Difesa.

L’imminente trasformazione del Centro Addecluster bombs dell’ultimo conflitto, mentre i loro stramento Contro Ostacolo in Centro di Eccellenza colleghi nelle regioni occidentali dell’Afghanistan nazionale per il C-IED, è l’occasione per andare si confrontano con il costante pericolo degli atindietro con la memoria e riepilogare tutte le tratacchi di matrice terroristica perpetrati dagli insformazioni che, a vario titolo e per vari motivi, surgents con l’impiego di ordigni improvvisati. hanno coinvolto l’Arma del genio. Tale excursus Affidiamo ancora una volta alle pagine di questa ha consentito di ripercorrere un lungo cammino rivista qualche delucidazione sull’evoluzione degli dalla fine del Secondo conflitto mondiale a oggi in strumenti necessari per combattere questi antichi merito alle sfide che i genieri in generale, e i guanemici che, come noto, sono capaci di produrre i statori in particolare, hanno dovuto affrontare in loro effetti nefasti per moltissimi decenni dal moquesti ultimi 65 anni traendone la conclusione che mento della loro posa o disseminazione, con un i Teatri Operativi moderni sono caratterizzati codispendio inaccettabile di vite umane e risorse munque dalla presenza di nemieconomiche. ci antichi: gli ordigni esplosivi La memoria collettiva italiana nascosti nel terreno come le miLa memoria collettiva ita- rispetto alla bonifica delle mine ne, ovvero quelli celati sotto le liana rispetto alla bonifica e delle munizioni inesplose riimmediatamente alle tristi più diverse e mentite spoglie, delle mine e delle munizioni sale come lo sono gli ordigni imeredità della Grande Guerra e provvisati. I guastatori, ora co- inesplose risale immediata- della Seconda guerra mondiale, me allora, sono chiamati a com- mente alle tristi eredità della eventi che hanno investito, il battere la loro principale batta- Grande Guerra e della Se- primo, tutta la frontiera settenglia contro questi nemici tanto conda guerra mondiale, trionale del Paese e, il secondo, più subdoli, quanto più raffina- eventi che hanno investito, il l’intero territorio. Entrambi fante, e per certi versi efferate, soancora oggi sentire i loro efprimo, tutta la frontiera set- no no diventate le tecniche di reafetti con i circa 2 500 interventi lizzazione e di occultamento tentrionale del Paese e, il se- per anno e un totale di alcune decine di migliaia di ordigni redegli ordigni e quanto più questi condo, l’intero territorio cuperati e distrutti. Tuttavia ansono utilizzati come mezzo indiscriminato di terrore nei conche tempi più vicini ci rammenfronti di chi è chiamato a partecipare a operazioni tano l’opera dei nostri Artificieri. Infatti, dagli anni multinazionali sempre improntate al recupero delSessanta dello scorso secolo con la questione della pace e della stabilità delle popolazioni. l’Alto Adige fino ad arrivare agli anni Settanta e Non a caso, attualmente, i nostri guastatori in Ottanta - i cosiddetti «Anni di piombo» - a causa Libano affrontano il problema dell’apertura di di frange terroristiche operanti in Italia, ci si è dovarchi nei campi minati della linea provvisoria di vuti confrontare con l’insidia ancor più grave cauconfine e bonificano intere aree infestate dalle sata dall’impiego di ordigni esplosivi improvvisati

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collocati per compiere vere e proprie azioni di sabotaggio. Inoltre, è storia ormai da tutti conosciuta che l’Italia, dal 1989 in particolare, partecipa con le proprie Forze Armate, e più in particolare con l’Esercito, alle numerose Operazioni Multinazionali di Pace con compiti di bonifica di aree minate

Sopra e a sinistra. Artificieri intenti al disinnesco e distruzione di una bomba d’aereo dell’ultima guerra.

e di veri e propri campi di battaglia in Paesi appena usciti da eventi bellici disastrosi, trovandosi nella situazione, non usuale fino a quel momento, di dover cooperare con gli Eserciti di innumerevoli altri Stati - in gran parte del Patto Atlantico - e maturando così una sempre più adeguata attenzione alle regole condivise di interoperabilità, peraltro sancite dalla ratifica di numerosi accordi di standardizzazione (STANAGs). Proprio in quegli anni così innovativi per le nostre Forze Armate, oltre all’idea di uno strumento militare professionale e ridotto nei numeri rispetto al concetto scaturito dal dopoguerra, è maturata anche quella, divenuta poi fondamentale, di costituire un’unica struttura capace di trattare in modo univoco i problemi concernenti lo studio, la dottrina, la formazione delle professionalità e l’addestramento sull’utilizzazione dei mezzi esplosivi e sull’eliminazione di tutti gli ordigni inesplosi. Il 1° ottobre 1998, a seguito di un’articolata direttiva sul riordino del settore relativo alla bonifi-

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ca da ordigni esplosivi, si è costituito nella Scuola del Genio il Centro Operativo di Bonifica di Forza Armata quale «polo nazionale specialistico, addestrativo, formativo e dottrinale nel settore degli esplosivi e della bonifica di tutti gli ordigni». Da quel momento, oltre a ereditare tutto il cospicuo patrimonio di esperienze fiorito e sviluppato negli anni del dopoguerra nelle diverse realtà delle Armi del genio e dell’artiglieria, nelle quali erano stati formati gli Sminatori, gli Artificieri e gli Antisabotatori, il nuovo Centro ha assunto l’inderogabile impegno di affrontare un rigoroso ammodernamento dello strumento anche in termini di aderenza alla normativa NATO. Il momento fu effettivamente propizio per riorganizzare tutti gli strumenti necessari alla formazione degli Operatori cominciando dalla semplice adozione di sigle e acronimi inglesi utilizzati nei documenti internazionali, non per mera smania di esotismo, bensì per lanciare l’idea di un chiaro e irrinunciabile mutamento di rotta soprattutto nelle attività di preparazione degli Operatori. Infatti, cominciò da allora un lungo cammino di ammodernamento, per passi successivi e per certi versi ancora in atto, al fine di adeguare tutto lo strumento alla realtà di una Forza Armata che si andava sempre di più affacciando fuori dei propri confini e che doveva disporsi ad affrontare Operazioni di risposta a crisi internazionali sempre più pericolose e articolate, da svolgere di concerto con tutti i Paesi alleati. Concentrare nell’Arma del genio tutte le compe-

tenze riguardanti la bonifica da ordigni esplosivi sembrò allo Stato Maggiore dell’Esercito la via migliore per ottimizzare gli sforzi nel settore. Infatti nella Scuola del Genio erano iniziati i corsi BOE (Bonifica Ordigni Esplosivi) dal 1989 per affrontare il problema di bonifica dei campi minati dapprima in Afghanistan dopo il ritiro delle truppe sovietiche, successivamente nei territori della Somalia scossa da guerre intestine e in Bosnia Herzegovina all’indomani del cessate il fuoco che ha lacerato i territori della Ex Jugoslavia, tanto per citare alcune delle situazioni più rilevanti. Ma ancora nella Scuola del Genio si istituirono i primi corsi anti-sabotaggio, come già accennato per fronteggiare la crisi in Alto Adige (Sud Tirolo), che ebbero vita limitata come corsi specifici per trasformarsi poi in materia di insegnamento in altri corsi di elevata qualificazione denominati «Corsi Ostacolo Attivo, Demolizioni e Anti Sabotaggio». Questi erano svolti a favore di Ufficiali e Sottufficiali destinati a espletare le funzioni peculiari del Genio in situazioni operative propriamente dette. L’impiego dell’Arma del Genio, infatti, ha sempre compreso tutte le competenze operative relative alle mine, ai campi minati, alle trappole esplosive e alla bonifica integrale dell’area della battaglia. Il compito più arduo è stato quello di adeguare uno strumento vecchio di cinquant’anni, costituito da Artificieri e da Genieri formati con i criteri del secondo dopoguerra, dopo averne amalgamato le rispettive conoscenze ed esperienze, per farne uno strumento adeguato alle necessità del momento. Contemporaneamente è stato necessario però qualificare il personale giovane partendo direttamente con i nuovi criteri, cosa resa possibile grazie alla determinazione dei più illuminati fra i vecchi istruttori, capaci di mettersi in discussione e di sapersi adeguare alle esigenze dei tempi. Si cominciò così, per la prima volta, a parlare di organizzazione EOR (Explosive Ordnance Reconnaissance) mirata alla ricognizione, ricerca e riconoscimento di ordigni esplosivi; di organizzazione EOD (Explosive Ordnance Disposal) per la neutralizzazione e l’eliminazione degli ordigni regolamentari inesplosi; e di quella IEDD (Improvised Explosive Devices Disposal) mirata a contrastare gli ordigni esplosivi improvvisati, calandole tutte nel tessuto organico di ogni unità del genio operante sul territorio nazionale. L’attuazione di questo nuovo modello organizzativo, come già detto in linea con gli accordi di standardizzazione che la Nazione aveva da tempo ratificato, ha comportato il riallineamento a livelli

Addestramento al Military Search con l’ausilio di cinofili.

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L’impulso nuovo all’addestramento dei guastatori fu attuato mediante l’istituzione di un modulo didattico specifico chiamato MINEX riguardante la trattazione approfondita degli argomenti inerenti agli esplosivi, alle mine, alle trappole, al riconoscimento e all’eventuale distruzione di alcuni ordigni inesplosi, alle attività di «breaching» e di «mine clearance». Tale modulo, considerata la specificità degli insegnamenti venne affidato al nuovo Centro Addestramento Contro Ostacolo (nel Progetto in un primo momento chiamato Centro di Eccellenza per la Poliorcetica moderna con riferimento all’antica disciplina dell’ostacolo), determinandone la riorganizzazione organica. Altro fatto interessante emerso dal nuovo progetto fu quello dell’istituzione di una capacità ACRT (Advanced Combat Reconnaissance Team)

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di riferimento elevati di tutti i corsi di qualificazione delle varie figure professionali esigendo nel contempo un forte aumento della difficoltà e, conseguentemente, della selettività per ottenere con immediatezza un prodotto all’altezza della situazione. L’impellente necessità di dotare l’Esercito di una efficace componente EOD mediante la costituzione di plotoni EOD/IEDD in tutti i reggimenti dell’Arma sia di supporto diretto (guastatori), sia di supporto generale (Pionieri, Pontieri e Ferrovieri) aveva assorbito tutto lo sforzo didattico del Centro Operativo di Bonifica, inducendo i vertici dell’Arma a utilizzare «fuori area» il personale qualificato EOD anche per incombenze riconducibili all’impiego precipuo dei Genieri, cioè quelle strettamente connesse all’utilizzazione degli esplosivi per le demolizioni e alle attività di «mine clearance» (comprendenti «route and area clearance») ovvero di bonifica integrale di aree e campi minati. Per conferire il ruolo appropriato a ciascuno degli attori, lo Stato Maggiore dell’Esercito nei primi anni 2000 elaborò così un progetto di riordino dell’Arma del genio articolato sull’idea di moduli specifici di capacità nei settori canonici affidati all’arma (mobilità, contro mobilità, protezione e sostenibilità delle truppe) e mirato a disciplinare le competenze fra le diverse specialità nei differenti momenti operativi. Il documento che ne scaturì, ancora oggi conosciuto con il nome di «Progetto Esecutivo dei Pacchetti di Capacità per la componente Genio» si è dimostrato ancora una volta decisivo per la vita del Centro, producendone un’ulteriore riorganizzazione e determinandone, fra l’altro, il cambiamento del nome in Centro Addestramento Contro Ostacolo, accezione forse un po’ sibillina per i non addetti ai lavori e che merita certamente un’appropriata spiegazione. Due sono gli elementi fondamentali che emergono nettamente dal progetto: il primo, intorno al quale tutto sembra ruotare, consiste nel ruolo fondamentale della specialità guastatori come elemento indispensabile di supporto diretto alle Operazioni, tanto in ambiente «war» quanto in situazioni, più probabili, di CRO (Crises Response Operations); l’altro è quello della definizione dello strumento EOD, comunque sempre incentrato su abilità innestate sulla specialità guastatori, in ogni reggimento dell’Arma, evitando alcune confusioni di competenze che le vicende degli ultimi anni avevano involontariamente ingenerato. Si rendeva così necessario lavorare, ancora una volta molto intensamente, sulle capacità e le abilità dei guastatori per restituire loro le caratteristiche operative di impiego proprie della specialità, affievolite nel tempo, e per renderli idonei a operare negli ambiti operativi richiesti e correlati intimamente al nuovo modello professionale dell’Esercito.

Un artificiere in azione in Afghanistan.

e delle relative unità a livello squadra e plotone mirate a soddisfare l’irrinunciabile esigenza in operazioni di uno strumento capace di acquisire dati e obiettivi di utilità per tutte le operazioni del Genio (Engineer Intelligence). Il provvedimento è stato assolutamente precorritore dei tempi in quanto il plotone ACRT, unico plotone nell’ordinamento del Genio ancora comandato da un Ufficiale subalterno, costituisce oggi in Afghanistan l’elemento fondamentale di un assetto specifico impiegato per la «route clearance» di itinerari ad alto rischio di presenza di IED. Per fronteggiare i nuovi compiti consistenti essenzialmente nel complesso sviluppo del Modulo MINEX, come prima parte del Corso di Specializzazione dei guastatori di nuova immissione o come riqualificazione dei VSP specializzati con il vecchio iter, è stato aggiunto, a quello EOD esi-

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o eliminare gli effetti di tutte le tipologie di IED stente, uno specifico Dipartimento Ostacolo Attivo forte delle Sezioni di peculiare interesse: utilizzate contro le forze amiche e i non combatEsplosivi e Demolizioni, Mine, Contro Mine e tenti, secondo la definizione ripresa dal documenMOUT (Military Operations On Urban Terrain). to NATO di riferimento. Si tratta quindi di mettere Con questo inserimento il Centro è divenuto coin atto una strategia unitaria basata su quelli che sì un’unità complessa attraversata da un unico filo sono definiti i tre pilastri: lotta al sistema IED, ovlogico che ha voluto incentrare sull’Arma del Gevero tutta la serie di azioni o interventi volti a innio in generale, e sulla Specialità guastatori in terrompere la catena degli eventi IED contrastando particolare, tutta l’attività di preparazione degli la minaccia dalla fase di pianificazione fino all’imassetti specifici di settore, dalla nascita - consepiego dell’ordigno (è in corso una rivisitazione del guimento delle abilità MINEX, e quindi professioconcetto in chiave più «offensiva» di attack the nalità di base - fino all’acquisizione delle qualifinetworks, cioè di attacco preventivo al sistema IED che specialistiche EOD 1° livello (Artificieri/Operaai fini di una maggiore e più efficace attività di tori capaci di intervenire su ordigni regolamentari prevenzione); lotta all’ordigno, consistente sia di dotazione), EOD 2° livello (Operatori idonei a nell’incremento dei livelli di «force protection» per neutralizzare/distruggere ordigni regolamentari mitigare gli effetti di un eventuale attacco con IED, comunque complessi, compresi quelli stranieri e i sia nel condurre le azioni per individuare, identifiresiduati bellici sul territorio nazionale e utilizcare e neutralizzare gli ordigni esplosivi mediante zando anche tecniche di avanguardia), IEDD (Opel’adozione di tecniche e procedure idonee ad auratori per l’intervento su ordigni esplosivi improvmentare il livello di protezione del personale; dotvisati di matrice terroristica), BC EOD/IEDD (opetrina, formazione e addestramento, ovvero la ratori idonei all’eliminazione degli ordigni apparmessa in campo di tutta la serie di discipline e di tenenti alle categorie già menzionate ma caricati attività didattiche tese a fornire al personale con aggressivi chimici o biologici). un’adeguata preparazione per acquisire, a seconda Inoltre, in ragione delle eredità del passato e del dei casi, la consapevolezza del rischio, la capacità patrimonio di esperienze accudi adottare i comportamenti mulate nel tempo, il Centro ha idonei a evitare situazioni di riLa nuova struttura, vede schio, mitigare gli eventuali efcontinuato a svolgere i corsi di qualificazione per il personale aggiungere a quella già esi- fetti di un’esplosione, mettere delle altre Forze Armate e dei stente un intero Diparti- in atto azioni tese a sconvolgeCorpi Armati dello Stato: fra tutti re le azioni di «targeting» utimento C-IED comprendente lizzate emerge l’impegno di preparare dal sistema IED, sfruttaCarabinieri e Poliziotti per il tutti gli strumenti necessari re le prove rilevate sul terreno conseguimento della qualifica per affrontare l’intera tema- ai fini della conoscenza della IEDD necessaria per svolgere il tica dai punti di vista dottri- minaccia e, infine, la capacità di loro compito istituzionale di an- nale, didattico e operativo aggiornare continuamente le proprie Tecniche, Tattiche e tisabotaggio/antiterrorismo sul territorio nazionale. Procedure per contrastare effiLe vicende internazionali hanno purtroppo concacemente quelle avversarie. tribuito in modo determinante alla necessità di In questo articolatissimo ambito si è mosso il Gruppo di Progetto per adottare tutta la serie di affrontare con estrema decisione e risolutezza il provvedimenti tesi a garantire al meglio l’incolumità problema del contrasto all’utilizzazione degli ordel personale nello svolgere i difficili compiti di digni improvvisati (IED) nell’ambito dei Teatri «peace keeping», particolarmente nell’ambito delOperativi che vedono attualmente impegnate le l’Operazione ISAF, dando mandato allo Stato Magnostre truppe, segnatamente in Afghanistan, dove giore dell’Esercito di elaborare un progetto per la proprio quegli ordigni hanno inflitto la gran parte trasformazione/potenziamento del Centro Addedi perdite e di lutti. stramento Contro Ostacolo della Scuola del Genio in Proprio quelle perdite e quei lutti hanno indotto Centro di Eccellenza Nazionale per il C-IED. nel 2006 lo Stato Maggiore della Difesa a istituire Questa trasformazione è subito apparsa come la un Gruppo di Progetto C-IED (Counter Improvised Explosive Devices) per stabilire l’insieme di misupiù vantaggiosa e congruente partendo dalla posire idonee a contrastare la minaccia degli IED e che zione, oramai consolidata, del CeAC, quale unico ha trovato la sua massima espressione di propolo di competenza per la formazione del persogramma in un documento di concetto generale nale EOD e IEDD di tutte le Forze Armate e le Forze interforze (C-IED JIC 004). di Polizia. Infatti, la sua già operante caratteristica Il dispositivo C-IED - contrasto agli ordigni di strumento «interforze» e «interagenzia», insieesplosivi improvvisati - consiste essenzialmente me al fatto di avere organizzato, oltre ai canonici nell’insieme delle attività tese a prevenire, ridurre corsi tecnici, anche quelli specifici finalizzati alla

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CENTRO DI ECCELLENZA NAZIONALE PER IL C-IED

Fig. 1

lotta al sistema IED: Corsi per Istruttori C-IED Awareness (train the trainers), Seminari di C-IED Predeployment Training, Corsi per EOD Staff Officers e Corsi di formazione per Weapon Intelligence Team ai fini dello sfruttamento - exploitation delle evidenze tecniche sul terreno, lo ha reso lo strumento più idoneo a essere trasformato in un Centro di Eccellenza del settore, cioè un Centro nel quale riunire, secondo il concetto NATO, l’approccio completo al problema secondo l’ormai consolidato orientamento DOTMLPI (Dottrina, Organizzazione, Addestramento, Materiali, Leadership, Personale, Infrastrutture). Lo Stato Maggiore dell’Esercito, condividendo tale ipotesi operativa, ha sviluppato un progetto esecutivo di concerto con le altre Forze Armate per la costituzione del Centro di Eccellenza C-IED sulla struttura del CeAC, perché diventasse Ente specialistico di riferimento per la diffusione della cultura C-IED fino ai minimi livelli di ogni ambiente operativo (land, maritime, air), con le competenze generali di seguito sintetizzate che si aggiungono a quelle già possedute: • elaborazione e aggiornamento delle TTPs e della dottrina dello specifico settore; • aggiornamento del personale tecnico di settore sulle nuove tecniche e tecnologie impiegate in attacchi con IED; • referente diretto per le esigenze specifiche di settore provenienti dai Teatri Operativi; • polo di riferimento nazionale nei consessi internazionali, anche in chiave interagency, per lo sviluppo delle capacità C-IED in ambito NATO e Unione Europea. Il progetto, approvato dal Capo di Stato Maggiore della Difesa nel settembre del 2009, ha iniziato il suo iter di attuazione per la costituzione del Centro di Eccellenza Nazionale per il C-IED che vedrà in pochi mesi la nascita di una struttura ordinata secondo i lineamenti generali descritti in figura 1. La nuova struttura, oltre al completamento del Dipartimento Combat Engineer con l’inserimento dell’importante disciplina Military Search, vede ag-

giungere a quella già esistente un intero Dipartimento C-IED comprendente tutti gli strumenti necessari per affrontare l’intera tematica dai punti di vista dottrinale, didattico e operativo. Realizzata e modellata come detto sull’attuale Centro Addestramento Contro Ostacolo, ne erediterà il ragguardevole bagaglio di conoscenza e di expertise di cui si faceva precedentemente cenno, sarà a pieno titolo incardinata nell’Arma del genio dell’Esercito, quale principale attore e fruitore - Forze Operative Terrestri - in termini di professionalità tecniche da mettere in campo, ma contemporaneamente avrà una maggiore connotazione interforze rispetto alla struttura di partenza, avvantaggiandosi anche di personale delle altre Forze Armate inserito nel suo tessuto organico per soddisfare le rispettive esigenze operative. Con questo provvedimento si intende pervenire alla messa in opera di un organismo che si configurerà come un Centro di capacità nel settore CIED, a valenza interforze, in grado di fornire: • supporto addestrativo C-IED alle Forze Armate e ai Corpi Armati in funzione della tipologia di assetti impiegati; • supporto dottrinale, ovvero di consulenza da parte di esperti del settore, agli Stati Maggiori di Forza Armata/Comandi della struttura di Vertice della Difesa che lo richiedano; • supporto concettuale e organizzativo allo Stato Maggiore della Difesa, che eserciterà sul Centro stesso la funzione di autorità di coordinamento per quanto attiene alle tematiche sullo sviluppo di capacità, concetti, studi, direttive del livello strategico/pianificazione strategica nello specifico settore.

CONCLUSIONI Quello sopra sinteticamente delineato appare come un progetto ambizioso, ancora una volta carico di ostacoli da oltrepassare, di sfide da vincere e anche di diffidenze da superare. Esso costituisce tuttavia il presupposto fondamentale per dotare le Forze Armate del migliore e più avanzato possibile strumento per vincere la sfida più grande, quella costituita, come richiama il sottotitolo dell’articolo, da nemici antichi - mine, ordigni inesplosi, ordigni esplosivi improvvisati che, siamo certi, non troveranno i nostri uomini impreparati, bensì professionisti consapevoli che la sconfitta di questi nemici significherà in sostanza far ritrovare a interi popoli la pace perduta e la certezza di un futuro migliore. Roberto Arcioni Colonnello, Comandante del Centro Addestramento Contro Ostacolo

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PRESENTE E FUTURO DELL’ARMA DEL GENIO Intervista al Generale di Brigata Antonio Dibello Ispettore dell’Arma del genio Accanto alle funzioni istituzionali relative allo sviluppo dottrinale e tecnico-tattico dell’Arma stessa, si pone l’esercizio della leadership nel settore della Counter-IED e il ruolo svolto in seno a organismi internazionali. Di questo e altro abbiamo discusso con il Generale Dibello, evidenziando i lusinghieri risultati raggiunti e le sfide future che attendono l’Arma del genio.

Signor Generale, come Comandante della Scuola del Genio e anche Ispettore dell’Arma, può illustrarci brevemente le peculiarità dei due incarichi e come sono espletate le funzioni? Fino ad alcuni anni fa le funzioni erano distinte e la Scuola dipendeva dall’Ispettorato della stessa Arma. Dopo la riorganizzazione dei vertici militari e dell’Esercito si è arrivati a una fusione delle due competenze. Le funzioni peculiari di un Ispettore d’Arma sono essenzialmente quelle dello sviluppo dottrinale e tecnico-tattico di impiego dell’Arma stessa, armonizzato con il concetto generale di impiego stabilito dallo Stato Maggiore dell’Esercito. In particolare, per quanto attiene all’Ispettore del genio si aggiungono compiti peculiari quale l’esercizio della leadership in campo nazionale nel settore relativo alla bonifica di ordigni esplosivi - funzione espletata avvalendosi del dipendente Centro Addestramento Contro-Ostacolo (già Centro Operativo di Bonifica) - e rilascio agli aventi diritto della certificazione per il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio della professione di ingegnere. I compiti della Scuola d’Arma hanno una connotazione maggiormente addestrativa, che si espleta in massima parte con una funzione didattica finalizzata all’addestramento di specializzazione e di qualificazione delle diverse componenti in tutti i campi d’azione dottrinali e di impiego affidati all’Arma stessa. La sintesi delle due competenze si manifesta con il ruolo di consulenza tecnica che la Scuola ha sulle unità del genio fino a presiedere la commissione per il cosiddetto giudizio di Combat Readiness Evaluation cui si devono sottoporre i reggimenti periodicamente e comunque prima del dispiegamento in operazioni.

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Il Generale di Brigata Antonio Dibello.

Quali sono, nell’ambito dell’Esercito, le attività fondamentali devolute all’Arma del genio? I compiti fondamentali dell’Arma del genio che, peraltro, l’hanno caratterizzata in ogni tempo, possono essere sintetizzati in quelli concernenti la mobilità, la contro mobilità, la protezione e il supporto allo schieramento. Il primo è volto essenzialmente a garantire la libertà di movimento mantenendo attive tutte le possibili linee di comunicazione. Quindi si tratta di costruire strade,


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Un’opera di Force Protection per un Helipad.

truppe. Le attività furono affidate sia al genio, sia all’Artiglieria del ricostituito Esercito. Al genio furono assegnate le attività di sminamento e di eliminazione di tutti gli ordigni inesplosi interrati, all’Artiglieria il rastrellamento delle munizioni Per quanto attiene in particolare al settore della diverse dalle mine giacenti sulla superficie. La sibonifica da ordigni esplosivi, quale ruolo svolge tuazione, per lo più finalizzata alla bonifica del l’Arma del genio e quali sono i compiti specifici territorio nazionale, si è protratta più o meno con affidati alla Scuola? gli stessi schemi fino agli anni novanta del secolo appena passato quando, i grossi cambiamenti Come ho poc’anzi accennato, in questo campo provocati dal dissolvimento del Patto di Varsavia la Scuola esercita la leadership in campo naziohanno portato l’Italia a partecipare a pieno titolo nale ed espleta questa sua funzione attraverso il al Patto Atlantico attraverso l’intervento nelle priCentro Addestramento Contro-Ostacolo che, tra me operazioni multinazionali di supporto alla pal’altro, si trova nel mezzo di una nuova trasforce e a confrontarsi quindi con le attività relative mazione in Centro di Eccellenza nazionale per il allo sminamento e alla bonifica nel campo più Counter IED a valenza interforze di cui parlerò in propriamente operativo. Per completezza di tratseguito. L’intera problematica affonda le sue ratazione occorre rammentare dici in tempi lontani, precisache nei primi anni Sessanta del mente alla fine della Grande Guerra, e ha preso definitiva...la Scuola esercita la lea- secolo scorso si dovette afmente piede all’indomani della dership in campo nazionale frontare anche il problema del conclusione del 2° Conflitto ed espleta questa sua fun- separatismo alto-atesino conspesso con atti terroriMondiale per fronteggiare lo zione attraverso il Centro dotto stici, per cui si svilupparono i sminamento e la bonifica integrale del territorio nazionale Addestramento Contro- primi Corsi Anti-Sabotaggio. dalle miriadi di mine, munizio- Ostacolo che, tra l’altro, si Questo tipo di addestramento, ni e bombe inesplose di varie trova nel mezzo di una intensificato successivamente tipologie lasciate dai lunghi nuova trasformazione in durante i cosiddetti «Anni di anni di conflitto e dal passag- Centro di Eccellenza nazio- piombo», fu offerto da allora poi anche alle Forze dell’Orgio di molte truppe sul nostro nale per il Counter IED a va- in dine, Carabinieri e Polizia di suolo. Le mine e l’impiego deStato, deputate a svolgere le gli esplosivi sono stati da sem- lenza interforze... attività antiterrorismo sul terpre materia di studio e comperitorio nazionale. tenza dell’Arma del genio, coIl 1998 costituì un momento di svolta nel settome pure quella che era definita la bonifica delre poiché, a seguito dell’emanazione da parte l’area della battaglia. Dopo il 25 aprile 1945, dadello Stato Maggiore dell’Esercito della Direttiva ta simbolica che segnò la definitiva cessazione sul riordino del settore relativo alla bonifica da delle ostilità, ebbe inizio la bonifica sistematica ordigni esplosivi, si costituì il Centro Operativo di del territorio nazionale, cominciando dai campi Bonifica (oggi Centro Addestramento Controminati utilizzati come sistemi antisbarco o come Ostacolo) con competenza formativa e normativa ostacoli di interdizione per l’avanzamento delle

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ponti e collegamenti su corsi d’acqua inguadabili ma anche di eliminare ostacoli quali campi minati, aree infestate da ordigni inesplosi regolamentari e non. Il secondo, più caratteristico del tempo di guerra propriamente inteso, si riferisce al lavoro di interdizione della libertà di movimento dell’avversario per garantire il successo delle operazioni. Il terzo - la protezione - si riferisce a tutti i lavori che consentono alle truppe di operare in un adeguato ambiente di sicurezza e, contemporaneamente, di vivere in operazioni in condizioni accettabili. il quarto ed ultimo compito, il supporto allo schieramento, intimamente legato alla Force Protection, afferisce a tutte quelle attività che consentono la sopravvivenza e l’operatività delle truppe. in questo ambito rientrano le capacità riferibili alle maestranze edili, alla produzione e distribuzione di energia elettrica, la captazione e distribuzione delle risorse idriche.


su tutto il settore concernente gli esplosivi in genere e, più in particolare, le attività di sminamento (mine clearance), la bonifica di ordigni regolamentari inesplosi (EOD), la bonifica di ordigni di circostanza o improvvisati (IEDD). Con la citata direttiva si determinò il passaggio delle competenze di bonifica del territorio nazionale da residuati bellici ai reggimenti del genio che ancora oggi, a oltre sessanta anni dalla fine della guerra, effettuano una media di 2 500 interventi all’anno. Undici anni di ininterrotto lavoro del Centro hanno condotto principalmente alla unificazione dei criteri addestrativi e di impiego degli Operatori del settore in termini di interoperabilità con quelli di tutte le più importanti Nazioni dell’Alle-

Un artificiere in addestramento EOD di 2° livello.

anza, consentendo la quasi totale implementazione degli accordi di standardizzazione NATO ratificati dalla Forza Armata. Particolare rilievo assume anche il ruolo svolto dal Centro nel formare il personale delle altre Forze Armate e dei Corpi Armati dello Stato evidenziando di fatto una connotazione e una valenza interforze.

A proposito di IED, cioè di ordigni esplosivi improvvisati, le notizie che provengono dai Teatri dove sono impegnate le nostre truppe li indicano come la maggiore minaccia oggi esistente. Come si intende farvi fronte? I Teatri Operativi attuali dove sono condotte quelle che oggi vanno comunemente sotto il nome di Crisis Response Operations, pur essendo scenari in cui si persegue la pace, sono molto prossimi alla guerra; infatti, sono caratterizzati da attività

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terroristiche perpetrate da frange estremiste contrarie a qualsiasi azione mirata alla stabilizzazione ufficiale del Paese ospite. Tali attività connotano tutta l’azione come una lotta asimmetrica in uno scenario ad alta intensità e, quindi, a elevatissimo rischio. In effetti, purtroppo le ultime cronache lo testimoniano, gli IED sono la minaccia maggiore e il loro impiego da parte degli insurgents provoca la maggior parte delle vittime nelle fila della coalizione internazionale. Per fare fronte a questo pericolo immanente, lo Stato Maggiore della Difesa ha costituito un Gruppo di Progetto Interforze e ha emanato nel 2006 una direttiva di pianificazione volta a fornire a tutte le Forze Armate le linee guida fondamentali per lo sviluppo e la messa in atto di una completa strategia di risposta agli IED, nel complesso chiamato «Sistema Counter IED» (C-IED), basata su tre pilastri fondamentali: lotta al sistema IED (per contrastare mandanti: finanziatori, procacciatori di materiali, allestitori di ordigni, in una parola tutti i possibili perpetratori delle azioni criminose), lotta all’ordigno (per garantirne la neutralizzazione senza conseguenze, in particolare per le persone) e addestramento e diffusione capillare di una cultura C-IED (finalizzati a indurre nel singolo militare impiegato in operazioni la consapevolezza del pericolo derivante dalla presenza di tali ordigni, fornendo altresì mezzi, metodi e stili di comportamento idonei a fronteggiare efficacemente la minaccia). Anche in questo campo le incombenze di natura più tecnica sono state affidate al Centro Addestramento Contro-Ostacolo che, in attuazione di un progetto recentemente approvato dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, si sta trasformando in Centro di Eccellenza Nazionale per il C-IED. Vale la pena di sottolineare che la parola «eccellenza» sta a significare che nell’unico Centro saranno sviluppate attività di studio, di emanazione di documenti dottrinali, di addestramento, di valutazione dell’efficacia operativa degli attori del settore e di analisi degli eventi per il necessario sfruttamento delle lezioni apprese. Con la nuova configurazione, il Centro - seguendo una road map già avviata - dovrebbe giungere al vero e proprio atto costitutivo nell’autunno del 2010: continuerà ad essere a guida Esercito/Arma del genio e avrà una più marcata valenza interforze, trattandosi dell’unico organismo nazionale deputato alla trattazione di tutto l’articolato settore; con la partecipazione di alcuni effettivi provenienti dalle altre Forze Armate.

Quindi, si evince che il C-IED costituisce il complesso di attività finalizzate a minimizzare gli effetti degli IED contro le forze delle coalizioni che


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partecipano alle operazioni multinazionali. Come si pone l’Esercito, e in particolare l’Arma del genio, nei consessi internazionali quali NATO e Unione Europea?

Sopra. Artificieri si addestrano al Military Search. Sotto. L’effetto di una mina su di un autoveicolo.

l’estero (Inghilterra, Spagna, Germania, Israele) per ampliare il patrimonio di conoscenze e di visuale generale della problematica in questione. In tale contesto, sono state sviluppate recentemente le prime esperienze di corsi svolti dal Centro a favore delle altre Nazioni della NATO e dell’Unione Europea. Le attività di maggiore rilievo, perciò foriere di risultati tangibili sia in termini di efficienza ope-

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Come ho accennato in precedenza, la massima espressione dell’Arma del genio per contrastare l’utilizzazione degli IED è costituita dall’attività del Centro Addestramento Contro-Ostacolo che, tra l’altro, cura l’addestramento dei guastatori (Combat Engineers) per quanto attiene al Modulo MINEX, cioè un’importante fase preliminare dell’addestramento di specializzazione dei guastatori che costituisce anche un forte strumento di selezione. Questa fase è focalizzata sull’impiego degli esplosivi, ricerca e riconoscimento di ordigni esplosivi («mine e route clearance») e attività contro trappole esplosive nelle diverse situazioni operative. Se superato, gli allievi terminano il loro corso di specializzazione nel reggimento Addestrativo della Scuola, incaricato anche di svolgere, per quanto attiene allo specifico settore, i corsi ACRT (Advanced Combat Reconnaissance Team). Questi ultimi sono finalizzati alle ricognizioni avanzate per l’acquisizione dei dati di intelligence tecnica del genio e al contrasto alla minaccia IED, con capacità di bonifica speditiva. Per quanto attiene alle relazioni internazionali, il personale del Centro Addestramento ControOstacolo, oltre ad essere periodicamente impiegato nei Teatri d’Operazione, è avviato - quando possibile - alla frequenza di corsi specifici al-


Sopra e a destra. Due momenti addestrativi del Military Search Advisors Course.

rativa e, perché no!, anche di prestigio, sono quelle relative alla partecipazione ai gruppi di lavoro specifici. Al momento, la Scuola del Genio fornisce con personale del Centro Addestramento Contro-Ostacolo il delegato nazionale del NATO EOD Working Group, la chairmanship del Chemical Biological Radiologic Nuclear EOD Project Team in seno all’Agenzia di Difesa Europea (European Defence Agency - EDA) e si appresta a fornire il delegato nazionale per il NATO EOD Working Group e quello per il Military Search Project Team dell’EDA.

Pertanto, l’Italia aspira giustamente a una posizione di leadership nel settore almeno in ambito europeo? Certamente! L’Italia ha offerto la propria disponibilità ad assumere la leadership per quanto attiene allo sviluppo della capacità Military Search in seno all’Agenzia di Difesa Europea. Ancora una volta personale del Centro Addestramento Con-

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tro-Ostacolo ha concorso in modo determinante alla redazione del concetto europeo di Military Search (collaborando con personale dell’EDA) e di quello nazionale che costituirà, una volta emanato dallo Stato Maggiore della Difesa, il documento di riferimento per l’attuazione dell’intero progetto. Nel periodo 30 novembre-18 dicembre 2009 la


Scuola del Genio ha ospitato il corso patrocinato Un momento del Seminario C-IED. dall’EDA, svolto da una Team di Contractors britannici a favore di circa 12 Paesi dell’Europa e fiminazione nel perseguire i migliori risultati possinalizzato alla qualificazione di Military Search Adbili per la garanzia dei nostri soldati e per il sucvisors che si occuperanno, al rientro in patria, di cesso delle missioni cui la Forza Armata è chiasviluppare la capacità nel proprio Paese. mata a partecipare. Progetto interessantissimo, che consentirà, una Con questo spirito, tra il 10 e l’11 dicembre volta attuato, di avere a disposizione un ulteriore 2009 si è svolto un Seminario validissimo strumento di salC-IED al quale hanno partecivaguardia. Strumento che si L’Italia ha offerto la pro- pato tutti i Comandanti dei inserirà anch’esso nella lotta al sistema e nella lotta all’ordi- pria disponibilità ad assu- reggimenti genio, nonchè Uffigno ma secondo un’altra pro- mere la leadership per ciali dello Stato Maggiore della spettiva. Cioè, se mi si passa la quanto attiene allo sviluppo Difesa, dello Stato Maggiore e del Comando semplificazione, mentre l’attidella capacità Military Se- dell’Esercito vità IEDD (Improvised ExplosiOperativo di vertice Interforze ve Device Disposal) consiste arch in seno all’Agenzia di (COI). L’iniziativa, che ci si pronel neutralizzare e rendere Difesa Europea pone di reiterare con cadenza inoffensivo un ordigno imannuale, è finalizzata a riunire provvisato nel quale ci si imin un unico consesso privilegiabatte, con le attività di Military Search si andrà «a to tutti i responsabili delle unità genio per fare il caccia» dell’ordigno cercando di impedirne a punto della situazione, avere un momento di conmonte l’utilizzazione. fronto e discutere sui risultati ottenuti, sulle difficoltà incontrate, sulle necessità più urgenti da soddisfare. Quindi, Generale, grande fermento? a cura di Marco Ciampini Assolutamente, grande impegno e piena deterDirettore di «Rivista Militare»

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LA GUERRA NEL PENSIERO FILOSOFICO


LA GUERRA NEL PENSIERO FILOSOFICO La storia del mondo è dominata dall’antagonismo e dal conflitto. Un percorso tortuoso fatto di sentieri impervi e sconnessi, tutt’altro che lineari. Questo perché il mondo umano è un fitto e complesso reticolato di rapporti e le relazioni tra uomini e Nazioni non sono altro che incastonate in un imperfetto e fragile meccanismo di equilibrio. Fin dall’antichità la guerra, intesa come puro scontro, ha affascinato i più grandi pensatori dell’Umanità, divenendo oggetto di approfondita discussione.

Non esistono pagine bianche nel grande libro della storia. La storia è, infatti, l’accadimento, l’avventura, lo sconvolgimento; per dirla in linguaggio hegeliano essa «non è il terreno della felicità. I periodi di felicità sono pagine vuote nella storia, perché sono i periodi di concordia, nei quali manca l’antitesi». Antitesi, capovolgimento, opposizione sembrano dunque essere connaturati allo sviluppo storico. Il cammino umano è un affascinante intreccio di sconvolgimenti e assestamenti che qualcuno ha visto come funzionali alla sana evoluzione della società, altri come l’espres-

sione massima del volto malvagio della natura umana, assolutamente da combattere e sradicare. Topos ricorrente nelle poesie, nelle arti figurative, nelle opere letterarie (racconti, poemi epici), la guerra è stata sovente oggetto di riflessione in numerosi pensatori. Molte correnti filosofiche hanno visto la guerra come un male necessario, addirittura funzionale al progresso sia morale, in quanto diffonde l’esercizio di virtù (coraggio, eroismo), sia sociale in quanto rende possibile l’unione di genti diverse in comunità sempre più vaste, sia tecnico, poiché stimola l’intelligenza creativa dell’uomo. Altre, invece, ne hanno condannato ogni aspetto, ponendo la pace come l’ideale supremo cui devono tendere gli uomini. Ne costituisce un esempio la concezione politica di Hobbes che considera lo stato di natura una guerra universale e perpetua, condizione dalla quale l’umanità deve necessariamente uscire per perseguire lo stato di pace, ossia la società civile. Questo è il modello «hobbesiano» dove la contrapposizione tra guerra e pace, viste rispettivamente come male e bene assoluto, è netta. Diverse sono state le accezioni attribuite a questo concetto, e la sfera semantica in cui spesso viene collocato varia profondamente a seconda dell’epoca e del contesto socio-culturale dominante. Pur nella varietà di significati e sfaccettature, il dibattito sulla guerra ha origini antichissime e ha sempre esercitato un profondo fascino sui più grandi filosofi.

A sinistra. Eraclito di Efeso, olio su tavola (1628). In apertura. Napoleone alla battaglia di Austerlitz, nel 1805.

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LE ORIGINI: ERACLITO E PLATONE Già nelle prime forme della filosofia, dove il pensiero è ancora intessuto di forti elementi fantastici e la frattura tra logos e mito non è ancora ben delineata, sembra dominare un’interpretazione del mondo e dell’origine di tutte le cose fondata sul concetto di opposizione e di caos. Infiniti sono i personaggi, le imprese, le guerre narrate nella «Tegonia» di Esiodo, in cui nulla è casuale ma tutto si conforma all’esigenza di interpretare sistematicamente il mondo. La prima concezione organica della guerra nella storia della filosofia è quella formulata da Eraclito, filosofo di Efeso del 540 a.C., nei suoi circa 130 frammenti che dipingono l’universo come un eterno e incessante fluire di forme in cui non vi è niente di stabile e definitivo cosicché «non è possibile scendere due volte nello stesso fiume né toccare due volte una sostanza mortale nello stesso stato». Noi stessi siamo e al contempo non siamo, perché esistere vuol dire mutare la propria condizione attuale per un’altra, dove tutto scorre e nulla permane e «il Sole è giovane ogni giorno». Questo divenire è l’essenza stessa delle cose, è il pántha rheî, sintesi della dottrina eraclitea del divenire. L’identità delle cose, ciò che le rende quelle che sono, è il loro essere sempre diverse, il loro reciproco opporsi. Non può esistere vita senza antagonismo: «Pólemos (la guerra) è padre di Platone. tutte le cose, di tutte è il Re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini; gli uni fa schiavi, gli altri liberi». Eraclito riesce a cogliere il contraalmeno lo è solo in apparenza. Esso si risolve in sto tra elementi opposti non solo nella forma poun ordine, in una ragione superiore, il logos, eslitica ma come immanente e radicato nella natura senza e linfa vitale di tutte le cose. La verità del stessa: la notte è tale in quanto guerreggia col logos si rivela solo all’uomo saggio che riesce a giorno, e il giorno in quanto guerreggia con la scorgere nel conflitto la condizione essenziale notte, «così la quiete della lira o dell’arco nasce dell’armonia che sta al di sopra delle parti in dalla lotta tra le corde, tese a guerra e le concilia in un unico contrastare la prepotenza del e immutabile disegno. legno ricurvo e le cose fredde Pur nella varietà di signifi- Emerge chiaramente dalla si scaldano, quelle calde si raf- cati e sfaccettature, il dibat- concezione eraclitea della freddano; ciò che è umido si che stabilisce gerarchie tito sulla guerra ha origini guerra, secca, ciò che è arido si inumie assicura ordine, la formaziodisce». Ciò che governa il mon- antichissime e ha sempre ne di matrice aristocratica del do è, dunque, la guerra ma es- esercitato un profondo fa- filosofo di Efeso che non nasa sottende una legge di armo- scino sui più grandi filosofi sconde il proprio disprezzo per nia che dà equilibrio e senso al la massa di uomini dormienti, tutto. Tra gli opposti vi è un incapaci di comprendere il loconflitto costante ma anche una segreta armonia, gos e la verità degli eventi. il cui carattere è necessario e reciproco. Del resto, La particolare connessione tra guerra e politica non può esserci salute senza malattia, sazietà comincia a profilarsi nelle opere di un altro filososenza fame, non può esistere una salita che non fo dell’antichità. Platone (428-347 a.C.), nel prisia al contempo anche una discesa. Ciò che è opmo libro de «Le leggi», riporta la discussione tra posto si concilia e da questa guerra, «dalle cose l’Ateniese, identificato con il filosofo stesso, e il cretese Clinia riguardo la legislazione di Creta e di differenti nasce l’armonia più bella e tutto si geSparta. Clinia afferma che la legislazione di Creta nera per via dei contrari» (1). è basata sulla guerra e tutte le attività svolte nel Il contrasto non è mera sopraffazione o caos, o

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Scena di battaglia tra soldati romani e germanici.

cosiddetto «tempo di pace» sono finalizzate alla possibilità di un conflitto: «Quella che la maggior parte degli uomini chiamano pace non è nient’altro che un nome, ma nella realtà delle cose, per forza di natura, c’è sempre una guerra, se pur non dichiarata di tutti gli Stati contro tutti». Alla celebrazione del militarismo cretese e spartano, l’Ateniese sostituisce una concezione democratica che interpreta la guerra e la pace come eventi privati ed esorta a vivere come se il conflitto non esistesse. Secondo Platone queste opposte posizioni determinano l’indebolimento della città, poiché ne organizzano la quotidianità come se esistesse soltanto la guerra oppure la pace. Pur riconoscendo il carattere ineliminabile di entrambe, egli delinea una legislazione basata sull’addestramento militare, il quale deve costituire il fulcro della società, l’elemento essenziale sul quale fondare la nostra vita quotidiana, ma tutto ciò in vista non della guerra ma della pace e del suo mantenimento. Nel dialogo «A Protagora», Platone descrive il mito di Prometeo ed Epimeteo incaricati in origine da Zeus di dotare gli esseri viventi delle qualità per sopravvivere. Avendo Epimeteo dimenticato la specie umana, Prometeo donò agli uomini il fuoco e la tecnica dopo averli sottratti a Efesto e ad Atena. Purtroppo gli uomini vivevano disordinatamente e in uno stato di perenne conflitto, inevita-

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bile conseguenza del misconoscimento dell’arte politica. Solo l’intervento di Zeus avrebbe diffuso il senso del pudore e della giustizia, rendendo possibile la fondazione delle città e lo sviluppo dell’arte politica, di cui quella bellica è parte inscindibile. Vi è una stretta correlazione anche etimologica tra polis, politichè techne e polemichè techne . L’esercizio dell’arte politica appare, quindi, funzionale alla sopravvivenza dell’umanità, in quanto garante della sicurezza della città attraverso lo strumento bellico. Quest’ultimo svolge una funzione essenziale nell’ambito dell’attività di governo: il mantenimento dell’ordine e della pace all’interno della polis. Il tema del rapporto tra guerra e politica viene ripreso da Platone in maniera più ampia nella «Repubblica». Qui viene esaltata la funzione politica del polemos visto come strumento di transizione verso forme più progredite di Stato, dove più diffusa è l’armonia e la concordia tra i cittadini. A proposito del rapporto tra polemos e stasis, il filosofo dice: «Mi sembra che, come si usano questi due nomi di guerra e di discordia, così anche siano due le cose, che si riferiscono a due sorte di dissensi. Queste cose sono, una, per me familiare e congenere, l’altra estranea e straniera. Ora l’inimicizia con quella familiare si chiama discordia (stasis), quella con l’estranea guerra (polemos)». La connessione, quasi strutturale, tra politica e guerra, trova nelle leggi platoniche una più rigo-


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rosa giustificazione teoretica: da un lato, il filosofo pone sempre la guerra a fondamento della vita pubblica e privata, dall’altro però ne ribadisce il carattere funzionale al mantenimento dell’ordine e della pace all’interno della comunità, tanto che afferma che «un acuto sarà colui che ordinerà le opere della guerra in funzione della pace».

LA GUERRA NEGLI SCRITTI FILOSOFICI CRISTIANI Sant’Agostino La funzione, il significato e l’opera della pace diventeranno il tema centrale della riflessione filosofica cristiana. Negli scritti biblici l’origine della pace viene collocata nel cuore di ogni uomo riconciliato con Dio: si tratta di una pace interiore, fondamento di ogni altra pace, che ha la propria linfa nel continuo ritorno dell’uomo a Dio, attraverso la conversione. Ed è qui che nasce il rifiuto di ogni forma di violenza, compresa la guerra, sanzionata come «peccato mortale» dal comandamento «Non uccidere». Il discorso sulla pace, volto e trionfo del bene, è però strettamente connesso a quello sull’esistenza del male, di cui la guerra viene vista come inevitabile manifestazione. Sant’Agostino. Che cos’è il male? Se Dio ha creato il mondo, ha creato anche il male sotto ogni forma, quindi anche la guerra? Dove nasce la tendenza degli uoper questo l’unico aiuto per salvarsi può venire mini a compiere azioni malvagie? Il mistero che si dall’intervento di Dio (2). cela dietro queste domande ha sempre affascinaFerma è la sua condanna della guerra, anche se to e turbato l’essere umano ed è il motivo domi«non è affatto da porsi tra i mali peggiori», vista nante nella riflessione religiosa e teologica cricome «negazione della vita». «Il nostro bene è la stiana. Tra i più grandi filosofi a scandagliare pace» dice Agostino, «non quella che regna fra gli l’arcano fu Sant’Agostino (354-430 d.C.), definito uomini, infida, instabile, incerta, e nemmeno «il massimo pensatore cristiano del primo milquella che ha l’uomo con se stesso. Gli uomini lennio e uno dei più grandi geni dell’umanità in che non vivono di fede cercano affannosamente la assoluto», di certo il più imporpace terrena come uno dei betante tra i Padri della Chiesa, ni e dei piaceri di questa vita La pace, dunque, viene temporale. Gli uomini invece insostituibile cerniera tra il mondo antico e la civiltà cri- descritta come uno stato che vivono di fede sono in atstiana. Nelle «Confessioni» cui l’uomo anela continua- tesa delle eterne promesse e si Agostino dice di Dio: «...ma in delle realtà terrene e mente, a causa del forte di- servono quanto buono creò cose buone, temporali con l’animo di chi sa e così le avvolge e riempie», e sagio che l’animo avverte in di star compiendo un viagpoi si chiede: «Allora dov’è il sua assenza, quello causato gio.... La città celeste si serve male, da dove e per dove è pe- dalla violazione della legge dunque anch’essa, finché è in netrato qui dentro? Qual è la fondamentale della vita e cammino, della pace terrena e sua radice, quale il suo seme?». dell’essere difende l’accordo tra le discorLa soluzione agostiniana è danti volontà su quanto può semplice: il male in sé non esiessere utile a questa vita morste, ma esiste solo in quanto assenza del bene, è tale, per quanto è possibile, purché non sia in puro non-essere. L’unica forma di male esistente contrasto con i doveri verso Dio». Questa riflesnel mondo è la disubbidienza alla legge divina. sione sui concetti di pace e guerra è chiaramente Ma dove nasce la tendenza dell’uomo a peccare? ispirata da uno spirito profondamente religioso e L’anima umana è naturalmente portata alla malva letta in un contesto teologico cristiano. La pavagità e compie il male per il solo gusto di farlo, ce, secondo il filosofo, in quanto tranquillitas or-

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Erasmo da Rotterdam.

dinis, è aspirazione universale degli uomini. Non è possibile non desiderare la pace; anche coloro che vogliono la guerra mirano a vincerla per raggiungere una pace gloriosa. Ogni uomo è, infatti, indotto dalle leggi della propria natura a costruire l’armonia con tutti gli altri. La pace, dunque, viene descritta come uno stato cui l’uomo anela continuamente, a causa del forte disagio che l’animo avverte in sua assenza, quello causato dalla violazione della legge fondamentale della vita e dell’essere. La riflessione sulla pace non mutò radicalmente nei secoli successivi ma risentì senza dubbio dell’influsso di un contesto religioso segnato da profonde trasformazioni e lacerato da un processo di mondanizzazione e corruzione che non poteva essere tollerato. Di fronte a una simile degenerazione nasceva «l’uomo nuovo», relativamente emancipato e secolarizzato, il quale esprimeva l’esigenza di una nuova religiosità, un’esigenza così forte che avrebbe portato a una vera e propria scissione all’interno del Cristianesimo e a quel movimento, che ha interessato la Chiesa Cattolica nel XVI secolo, denominato Riforma Protestante.

IL PACIFISMO UMANISTICO Erasmo da Rotterdam - Tommaso Moro Gli ambienti culturali europei non furono estranei a questi fermenti e furono investiti da un’ondata di rinnovamento spirituale e intellettuale che poneva al centro la dignità umana e il «ritorno al passato». Questo movimento culturale, definito «Umanesimo», si specificava tra l’altro nel recupero dei testi antichi e nella rilettura dei classici,

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con l’intento di riscoprirne i valori morali e intellettuali e confrontarli con quelli attuali. Uno dei massimi esponenti dell’Umanesimo, forse il più grande del suo tempo, fu Erasmo da Rotterdam (1466-1536), che si fece interprete dell’ideale in cui la nuova educazione dell’uomo attraverso le bonae litterae si congiungeva alla necessità di un ritorno al Cristianesimo originario. La ferma convinzione della possibilità di istruire e far progredire la natura umana lo portò ad analizzare la formazione del Principe cristiano, dove l’ideale platonico del Principe-filosofo si fonde con l’ideale cristiano del Principe che si ispira agli insegnamenti del Vangelo. L’uomo è eticamente predisposto oppure è libero di scegliere tra bene e male? Ha ragione Lutero quando sostiene la naturale malvagità dell’uomo? Questa sul libero arbitrio è una delle questioni fondamentali sulle quali si impernia il discorso di Erasmo. In polemica con Lutero, egli afferma che se l’uomo può peccare vuol dire che è in grado di esercitare arbitrariamente la sua volontà, ma il suo arbitrio non lo porta alla salvezza per raggiungere la quale ha bisogno di rivolgersi a Dio. Questa concezione sottende anche la sua visione politica, in particolare la riflessione sulla guerra che Erasmo non vede come un mero fatto che si

Tommaso Moro.


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impone dall’esterno alla nostra coscienza ma come un male che ha la sua origine nelle passioni degli uomini e negli errori dei governanti. Nella «Querela pacis» descrive la condizione dell’umanità perennemente lacerata dai conflitti e denuncia le responsabilità della guerra esortando i Principi a perseguire l’ideale della pace. Secondo il filosofo, chi vuole la guerra è malvagio perché non rispetta il supremo comandamento divino, ma manifesta anche stoltezza dal momento che non sa dominare con la ragione gli scomposti moti dell’animo. Un altro umanista di grande spicco, tra l’altro amico di Erasmo, fu l’inglese Tommaso Moro (1478-1535). All’interno della sua maggiore opera «Utopia» vi è un paragrafo intitolato «La guerra» dove l’autore prende posizioni precise riguardo questo tema: «Il Bellum, la guerra è profondamente detestata in Utopia, dove, contro l’uso di tutti i popoli, nulla si reputa così inglorioso quanto la gloria acquistata con le guerre. Perciò, per quanto si addestrino di continuo in esercizi militari, e non gli uomini solo, ma anche, in giorni stabiliti, le donne, per non trovarsi, al bisogno, disadattati alla guerra, non intraprendono questa da sconsiderati, ma o per difendere il loro territorio, o per ricacciare i nemici che abbiano invaso le Niccolò Machiavelli. terre di amici, o per pietà di un popolo oppresso da tirannide allo scopo di liberarlo con le proprie forze dall’oppressione e dalla schiavitù. Vero è mo tornare senza la propria moglie, così come che donano il loro aiuto ad amici, non sempre acper la moglie tornare senza il marito o il figlio ciocché questi si possano difendere, ma talora senza il padre». anche per rendere le offese patite e vendicarle ...». Moro evidenzia ancora come: «Una vittoria La Guerra in Machiavelli sanguinosa suscita tra gli Utopiani rincrescimento non solo, ma anche vergogna». Ferma è, dunque, Una figura di grande spicco nell’ambiente politila condanna della guerra anche se Moro si distacco e culturale rinascimentale è quella di Niccolò ca da Erasmo considerando giusti alcuni casi di Machiavelli (1469-1527), per molti anni Secondo guerra, come ad esempio combattere per la difesa Segretario della Repubblica fiorentina, con il comdel territorio. A volte la lotta pito di sovrintendenza agli Afarmata è inevitabile ma è anche fari interni e alla guerra. La sua necessario lavorare sulla diploMachiavelli è stato uno dei indagine sul rapporto tra momazia di pace per evitare che primi a intuire il profondo rale e politica è ancora oggi di controversie e didiventi uno strumento abituale cambiamento che il concet- oggetto scussioni. per la risoluzione delle controLa politica, secondo Machiaversie. Di notevole interesse e to di guerra ha subito in straordinaria modernità è il ri- epoca rinascimentale velli, deve essere autonormativa ferimento alla possibilità per le perché ha in se stessa la propria donne di partecipare alle attivigiustificazione. Il Principe non tà belliche. Ecco, dunque, delinearsi la figura della deve essere indifferente al bene o al male ma a donna-soldato anche se non del tutto autonoma e volte la crudeltà gli è indispensabile per la creazioancora fortemente legata al contesto familiare: ne e lo sviluppo dello Stato: «E tra tutti i principi, al «Ma così come lo Stato non manda nessuno in principe nuovo è impossibile fuggire il nome del guerra contro la propria volontà, allo stesso modo crudele, per essere li Stati nuovi pieni di pericoli.... non impedisce alle donne di seguire i mariti, se lo Nasce da questo una disputa: se è meglio essere vogliono; anzi, le incoraggiano, lodandole se lo amato che temuto, o viceversa. Rispondesi che si fanno. Sul campo ognuna avanza a fianco del mavorrebbe essere l’uno e l’altro; ma perché è difficile rito [...]. Viene considerato un disonore per l’uoaccozzarli insieme, è molto più sicuro essere te-

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Thomas Hobbes.

muto che amato, quando si abbia a mancare dell’uno dei due». E il Principe ha come obiettivo primario la guerra, perché essa è il tramite per il mantenimento del potere. Egli deve esercitarsi all’arte militare anche in tempo di pace perché la guerra è sia strumento di difesa che di conquista e su di essa si fonda l’esistenza stessa della Signoria. Machiavelli è stato uno dei primi a intuire il profondo cambiamento che il concetto di guerra ha subito in epoca rinascimentale. Uno Stato forte non può più affidarsi agli eserciti cavallereschi o mercenari, ma ha bisogno di un esercito che lo rappresenti nella sua unità e potenza. Suprema legge del Principato è la conservazione di se stesso e la milizia cittadina ne è l’espressione: «Un Principe non deve avere altro obiettivo, altro pensiero e altro fondamentale dovere se non quello di prepararsi alla guerra e a tutto ciò che essa comporta. Questa infatti è la sola prerogativa che ci si aspetta da chi comanda. È talmente importante che mantiene al potere non solo quelli che principi sono nati, ma molto spesso fa sì che semplici cittadini possano diventarlo; al contrario, i Principi che si sono dedicati più ai piaceri della vita che all’arte militare hanno perso il loro potere. Ciò che soprattutto lo fa perdere è il non conoscere quest’arte, mentre ciò che lo fa conquistare è l’esserne esperto.... Il Principe non può non occuparsi dell’arte della guerra e lo può fare in due modi:

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con la pratica e con lo studio. Quanto al primo aspetto non solo deve tenere in ordine e in esercizio i suoi uomini, ma anche dedicarsi alla caccia in modo da abituare il suo corpo ai disagi e imparare a conoscere la natura dei luoghi.... Il Principe che non si è fatto tale esperienza manca della prima prerogativa di un condottiero: quella che gli consente di scovare il nemico, di individuare i luoghi dove accamparsi, di organizzare le giornate e di assediare castelli e città con vantaggio.... Quanto allo studio, il Principe deve leggere i libri di storia ed esaminare le azioni degli uomini migliori, vedere come questi si sono comportati in guerra, analizzare le ragioni delle loro vittorie e delle loro sconfitte per poter imitare le une o evitare le altre e soprattutto deve fare ciò che in passato fecero alcuni Principi eccellenti che già presero a modello un uomo il quale prima di loro era stato lodato e glorificato, tenendo presente le gesta da lui compiute: Alessandro Magno imitava Achille, Cesare Alessandro, Scipione Ciro» (3). E in tempo di guerra la crudeltà diventa imprescindibile: «Tra le mirabili azioni di Annibale si enumera questa, che, avendo uno Esercito grossissimo, misto di infinite generazioni, condotto a militare in terre aliene non vi sorgesse mai alcun dissenso, né fra loro né contro al Principe, così nella cattiva come nella sua buona fortuna».

IL GIUSNATURALISMO Thomas Hobbes Il ritorno dell’organizzazione politica alla sua sostanza razionale, il concetto di sovranità e anche il dibattito sulla guerra avranno una profonda eco nel pensiero filosofico del XVII e XVIII secolo. È proprio dalla riflessione sulla guerra che sono desunte le regole fondamentali e l’essenza stessa del diritto naturale proprie della concezione giusnaturalistica moderna. La guerra è uno stato in cui la validità delle leggi positive è sospesa, così come gli accordi tra i singoli Stati; ma nessun conflitto può sospendere l’efficacia di quelle norme fondate sulla stessa natura umana. Uno dei massimi teorici del concetto di legge naturale, legge morale e legge positiva, nonché dell’assolutismo politico, è Thomas Hobbes (1588-1679), la cui fama è legata a un’opera di grande levatura «Il Leviatano». Egli definisce diritto soggettivo «la libertà che ciascuno ha di usare secondo la retta ragione delle proprie facoltà naturali» e la prima legge di natura scaturisce proprio dalla riflessione sulla condizione del genere umano in perenne lotta per la sopravvivenza. «La natura ha dato a ciascuno il diritto su ogni cosa»; quindi, se tutti hanno diritto a tutto si viene a creare uno stato di


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Immanuel Kant.

sorgono, su quel fondamento, l’invidia e l’odio, e, infine, la guerra». Inoltre, gli animali non hanno l’uso della ragione e non sanno vedere il male nell’amministrazione degli affari pubblici, mentre gli uomini «pensano di essere più saggi e più capaci di governare la cosa pubblica degli altri; questi si sforzano di riformare e di rinnovare, chi in un modo, chi in un altro, e portano alla divisione e alla guerra civile» (4). La società umana è, dunque, fondata su un contratto sociale, un patto originario e artificiale stipulato tra gli uomini per porre fine allo stato di natura, ossia a un’esistenza di precarietà segnata dal pericolo costante della morte. Solo riconoscendosi come sudditi di un’autorità esterna e sottomettendosi a un sovrano assoluto gli individui possono superare questo stato di guerra permanente. Infatti, fine precipuo dello Stato, di cui il sovrano è l’incarnazione, è il perseguimento della pace e la comune difesa contro nemici esterni.

DALLA KANTIANA PACE PERPETUA ALLA GUERRA MORALE HEGELIANA L’ideale della pace, come fine perseguibile e realizzabile, costituisce uno degli elementi costitutivi della concezione etica e politica di Kant (1724-1804), indiscutibilmente il più grande filosofo dell’era moderna. Non è un caso che il filosofo tedesco abbia dedicato dei celebri scritti alla questione facendone un tema di assoluta centralità nelle sue riflessioni. Il saggio «Per la pace perpetua» è un famoso scritto politico dove il disegno di una pace permanente comincia a delinearsi come progetto filosofico. Kant scrisse l’opera, nel 1795, in seguito a un evento storico di grande rilevanza: nella primavera di quello stesso anno, infatti, la pace di Basilea aveva sancito la fine della ostilità tra la Repubblica francese e la Prussia con il conseguente riconoscimento dell’esistenza dello Stato rivoluzionario francese. Kant non nascose il suo entusiasmo per quell’evento che rafforzò una visione profondamente ottimistica della storia, che già echeggiava in diversi suoi scritti. Pur riconoscendo l’aggressività come elemento fondante e ineliminabile della natura umana, egli mostrava una piena fiducia nell’ideale della pace. Nella concezione kantiana, infatti, non c’è un richiamo al valore etico che ogni uomo può scoprire dentro di sé, quanto piuttosto la consapevolezza della necessità di un progetto concreto, un ordinamento giuridico che ponga fuori legge la guerra che egli stesso definisce «il male peggiore che affligge la società umana», «fonte di ogni male e di ogni corruzione morale». La sua riflessione è incentrata su tre articoli definitivi: • in ogni Stato la Costituzione civile deve essere

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continua competizione e di ostilità reciproca che porta a un conflitto perpetuo e alla sicura distruzione. Così la ragione umana si raffina ed elabora una serie di leggi che possono aumentare la probabilità di sopravvivenza della specie. Secondo la prima legge di natura risulta più adatto alla conservazione ricercare la pace piuttosto che la guerra, ma se è necessario fare la guerra, allora è meglio allearsi con altri individui. Per il giusnaturalismo moderno, la legge naturale è un prodotto della ragione umana, è definita da Hobbes «una tecnica calcolatrice» capace di operare, in vista delle circostanze future, le scelte più convenienti. Pertanto le norme fondamentali della legge naturale sono dirette a sottrarre l’uomo al gioco spontaneo e autodistruttivo degli istinti e a imporgli una disciplina che gli procuri un certo grado di sicurezza. A differenza di Aristotele, Hobbes non considera la società umana il prodotto di un istinto naturale. Negli animali, come le api e le formiche, vi è una socialità istintiva che la creatura umana non possiede. Una delle fondamentali differenze sta nel fatto che «tra queste creature, il bene comune non differisce dal privato ed essendo esse, per natura, inclini al loro bene privato, procurano con ciò il beneficio comune». Invece, «la gioia dell’uomo sta nel paragonarsi con gli altri uomini...» . Solo la società umana conosce la guerra dal momento che «gli uomini sono continuamente in competizione per l’onore e per la dignità, cosa che non accade tra queste creature; per conseguenza tra gli uomini


perché la paura costante dell’aggressione impedisce a ogni Nazione di vivere secondo l’idea di diritto. Di qui l’idea di una federazione di liberi Stati che risponda all’esigenza razionale di ogni individuo di uscire dallo stato selvaggio di guerra, fonte di insicurezza e di pericolo. Il terzo articolo sul diritto cosmopolitico delinea la forma dei rapporti tra gli Stati, garantisce la libera circolazione di tutti i cittadini del mondo e il principio universale dell’ospitalità. La pace deve diventare il fine e la motivazione fondante di qualunque politica e deve essere sempre considerata un evento possibile, il fine della storia. È la natura stessa a garantire il futuro successo dell’ideale della pace, perché essa persegue lo stesso scopo che la ragione fa perseguire all’uomo; quindi, il suo operato favorisce l’attitudine morale dell’uomo e realizza il fine della storia anche ricorrendo a mezzi coattivi. L’uomo, infatti, «è costretto a essere, se non buono moralmente, almeno un buon cittadino. Il problema della Costituzione di uno Stato è risolvibile, per quanto l’espressione possa sembrare dura, anche da un popolo di diavoli, purché siano dotati di intelligenza» (5). Wilhelm Friedrich Hegel. La riflessione kantiana sul tema della pace acquista ulteriore interesse nello scontro dialettico con un altro grande filosofo, Wilhelm Friedrich repubblicana; Hegel (1770-1831), il quale nega categoricamen• il diritto internazionale deve essere fondato su te la possibilità di una lega mondiale di Stati caun federalismo di liberi Stati; pace di garantire la pace perpetua. Non è possi• il diritto cosmopolitico deve essere limitato alle bile costituire una repubblica dell’umanità, poicondizioni dell’ospitalità universale. ché non esiste uno spirito dell’umanità ma solo Non può esserci conflitto in uno Stato di diritto uno spirito di popoli. Hegel concepisce gli Stati basato sull’uguaglianza, la libertà e la divisione dei come grandi individualità che inevitabilmente entrano in conflitto tra loro, perpoteri. La Costituzione repubché essendo mosse da volontà blicana è la sola che possa dare Nella concezione filosofi- particolari, si trovano reciproorigine a una tale forma politica e porta con sé dei caratteri uni- ca hegeliana non vi è una camente «nella situazione dello ci perché, «oltre alla limpidezza semplice affermazione della status naturae» e non vi è predella sua origine, il suo essere necessità della guerra ma tore o mediatore che possa discaturita dalla pura sorgente le controversie. Il solo una vera e propria esalta- rimerne dell’idea di diritto, ha anche giudice è lo Spirito universale, quella prospettiva di quell’esito z i o n e d e l l a s t e s s a . . . L a cioè la Storia, la quale ha come desiderato, la pace perpetua». guerra non acquista solo un suo momento strutturale la Solo trasformando i sudditi in carattere di necessità ma guerra. Di qui il limite inevitacittadini protagonisti attivi della anche un alto valore etico bile del diritto statuale esterno politica, si eviteranno le guerre. e l’impossibilità della kantiana Infatti, «se per decidere [...] se pace perpetua, definita utopidebba esserci o no la guerra viene richiesto il constica e irrealizzabile. «Kant non si accorge», dice senso dei cittadini, allora la cosa più naturale è Hegel, «che gli Stati sono individui e l’individualiche, dovendo decidere di subire loro stessi tutte le tà implica sempre negazione». Se un certo numecalamità della guerra [...] rifletteranno molto prima ro di Stati stipula un’alleanza, si viene a creare di iniziare un gioco così brutto». un’unione che è per definizione un’individualità e, in quanto tale, inevitabilmente «deve crearsi Perché la Costituzione repubblicana possa attuarsi pienamente e il progetto di pace globale un’antitesi e generare un nemico». Nella concediventare concreto, è necessario che i singoli Stati zione filosofica hegeliana non vi è una semplice stabiliscano nuovi rapporti internazionali; questo affermazione della necessità della guerra ma una

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vera e propria esaltazione della stessa. La guerra non è solo inevitabile, essa è essenziale per la salute dei popoli, la cui identità è rafforzata proprio dal contrasto con il nemico. È vero che durante i periodi di pace la vita civile si espande di più ma «a lungo andare, è un ristagno per gli uomini». Il conflitto è dunque necessario e, anche se produce insicurezza, rafforza l’unità interna degli Stati: «Dalle guerre risultano non soltanto rafforzati i popoli; ma Nazioni che sono in discordia in sé, acquistano, mediante guerre all’esterno, pace all’interno. Certamente dalla guerra proviene l’insicurezza nella proprietà, ma questa insicurezza delle cose è null’altro che il movimento, il quale è necessario». La guerra non acquista solo un carattere di necessità ma anche un alto valore etico. Con un famoso paragone, il filosofo tedesco sostiene che come «il movimento dei venti preserva il mare dalla putredine, nella quale sarebbe ridotto da una quiete durevole», allo stesso modo «la guerra preserva i popoli dalla fossilizzazione alla quale li ridurrebbe una pace durevole o perpetua» (6).

LA GUERRA NEL MARXISMO

Karl Marx.

popolare farà l’elemento sul quale basare il successo della sua rivoluzione sociale. Marx non considera la guerra sotto una luce negativa anche se la concepisce solo nel quadro della rivoluzione proletaria, come strumento di liberazione delle classi oppresse e come mezzo per l’instaurazione di un regime di pace all’interno della società comunista. Nell’ambito della concezione materialistica della storia, la guerra dunque non è male dal punto di vista etico, in quanto distruzione di valori morali, ma può essere un elemento di progresso per l’umanità dal momento che determina un’accelerazione delle trasformazioni sociali. Il motore dello sviluppo storico risiede non negli ideali o nelle norme giuridiche bensì nelle condizioni materiali ed economiche della società. La lotta di classe appare un elemento fisiologico e, dunque, funzionale all’evoluzione e al progresso sociale, la rivoluzione un esito inevitabile.

NIETZSCHE

«Io conosco la mia sorte, si legherà al mio nome il ricordo di una crisi, come non ce ne fu un’altra

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Lo studio sulla natura del conflitto e sulla sua necessaria presenza nella storia dell’umanità è presente anche nella filosofia marxista, che attribuisce al concetto di guerra una pluralità di significati. Non è possibile non rilevare nel pensiero di Marx(1818-1883). la profonda influenza della teoria militare elaborata da Carl Phillip Gottlieb von Clausewitz, Generale e teorico militare prussiano (1780-1831) che, attraverso una suggestiva similitudine, così definiva la guerra: «La guerra dunque, non soltanto è un vero camaleonte, perché in ogni concreto caso modifica la sua natura, ma è anche nel complesso delle sue manifestazioni, per le tendenze che la dominano, una meravigliosa trinità costituita dalla forza originaria del suo elemento: l’odio e l’ostilità, che vanno considerati come un cieco istinto naturale dal gioco delle probabilità e del caso, che la rendono un’attività libera dell’animo: e dal carattere subordinato di strumento della politica, per il quale rientra nel campo del puro intelletto». Il paragone con il camaleonte dà proprio il senso della mutevolezza e dell’imprevedibilità del conflitto ma dalla descrizione emergono anche l’elemento contingente, la specificità del contesto e il coinvolgimento delle passioni umane. E Marx nell’elaborazione della sua strategia tiene conto proprio di questi aspetti. In particolare, l’insegnamento che il filosofo tedesco trae da Clausewitz è l’impossibilità di condurre una guerra mossa da finalità politiche senza coinvolgimento popolare e proprio del coinvolgimento


Carl Phillip Gottlieb von Clausewitz.

sulla terra [...]. Io non sono un uomo, sono dinamite [...] io contraddico come mai è stato contraddetto», sta in queste celebri parole la profezia forse più spaventosa del XIX secolo. Ben oltre i confini della filosofia, la figura di Friedrich Nietzsche (1844-1900) si staglia sul panorama culturale europeo come il pensatore più influente dello scorso secolo. Non troviamo nei suoi scritti una riflessione sulla guerra come fenomeno storico specifico ma il motivo del conflitto riecheggia in concetti fondamentali della filosofia nietzschiana, basti pensare alla concezione della realtà come caos dionisiaco o della volontà di potenza. Dionisiaco e apollineo sono i due impulsi dell’anima greca; il dionisiaco è una sorta di forza vitale, di divenire caotico, l’apollineo è il principio della forma che cerca di dare ordine a tale divenire. In ogni creazione artistica vi è la fondamentale polarità dello spirito apollineo e dionisiaco. L’artista apollineo interpreta la vita come fosse un sogno; quello dionisiaco vive come se fosse in costante stato di ebbrezza. Si tratta di due aspetti essenziali in ogni opera creativa e in ogni spiritualità, perché la forza dionisiaca ha bisogno di essere moderata dal suo contrario: «...lo sviluppo dell’arte è legato alla duplicità dell’apollineo e del dionisiaco: alla stessa stregua in cui la generazione dipende dalla dualità dei sessi, attraverso una costante lotta e un rappacificamento che avviene solo periodicamente». Il mondo è pervaso dall’alternanza di questi opposti, Apollo e Dioniso, ossia

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caos e forma, divenire e stasi, guerra e pace, dove la guerra è l’impulso incontrollato che distrugge l’ordine mentre la pace significa creazione di ordine e di armonia. Questa tensione conflittuale è anche alla base del concetto della volontà di potenza, caratteristica basilare del Superuomo nietzschiano, ossia l’uomo dionisiaco, il folle che vive senza mediazioni, superando i limiti tra se stesso e il mondo, tornando a immergersi nella natura di cui è parte indivisibile. La volontà di potenza può esprimersi pienamente solo di fronte a un opposto: «la volontà cerca quel che le si contrappone ...L’appropriazione e l’assimilazione è anzitutto un voler sopraffare, un formare, un modellare e rimodellare, finché il vinto sia passato interamente sotto il potere dell’aggressore accrescendolo». Essa ha bisogno dello scontro, perché è attraverso di esso che il superuomo si definisce e si rafforza, diventando l’emblema di una razza superiore che si distinguerà dalla massa. «E Zarathustra così parlò al popolo: Io vi insegnerò che cos’è il Superuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato. [...] Che cos’è la scimmia per l’uomo? Qualcosa che fa ridere, oppure suscita un doloroso senso di vergogna. La stessa cosa sarà quindi l’uomo per il Superuomo: un motivo di riso o di dolorosa vergogna. [...] Il Superuomo, ecco il vero senso della terra. La nostra volontà quindi dica: il Superuomo diventi il senso della terra» (7). Il Superuomo è colui che vive come se tutto dovesse tornare e diviene misura di tutte le cose, perché dalla sua volontà di potenza ogni cosa assume il suo senso. Il Superuomo è, dunque, colui che si riappropria di quella forza dominatrice che l’uomo ha perso nei secoli a causa della moralizzazione cristiana che ha avvelenato l’anima umana insegnandogli l’umiltà al posto dell’orgoglio, la pietà al posto del dominio. Di qui la riflessione attorno a un dirompente evento, la morte di Dio, che Nietzsche interpreta in coincidenza dell’affermarsi della cultura illuminista, con la conseguente secolarizzazione della società, il trionfo dello «spirito libero» e dell’amore per la verità. La morale andrà incontro al suo inevitabile destino, il nichilismo, che abbatterà tutti i supremi valori svuotandoli di significato e condannandoli al nulla. La morale cristiana, animata dal risentimento, ha prodotto diffidenza verso la realtà e ha condannato se stessa alla violenza della propria volontà di verità. Infatti, saranno proprio i «devoti», gli «esecutori della morale cristiana» a uccidere il Dio della morale. E il dilagante nichilismo condurrà a questo evento supremo e cruciale della modernità. Dio è stato ucciso dagli uomini, e questo è il presagio di un riscatto epocale che porterà all’avvento del Superuomo, il quale non ha più bisogno delle rassicuranti favole religiose perché è spirito dionisiaco che accetta la vita nella sua intrinseca mancanza di


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CONCLUSIONI La riflessione filosofica dalle origini fino all’età contemporanea mostra come il tema del conflitto sia una costante nelle opere di molti grandi pensatori. Sia esso una riflessione sulla pace, come esortazione a trovare una soluzione possibile e permanente ad antagonismi e contrasti, sia esso un’indagine sulla natura della lotta armata e sul suo carattere inevitabile e funzionale al cammino storico, certo è che il motivo della guerra, con i suoi molteplici significati e risvolti, mostra la sua essenza di elemento immutabile e costante dell’esperienza umana. La guerra può essere consi-

derata come la matrice della nostra storia e, quindi, è quanto mai attuale e significativo il concetto eracliteo del polemos come «padre di tutte le cose». D’altro canto per millenni il contatto con culture e società diverse è avvenuto attraverso il conflitto, quasi esso fosse una forza inevitabile verso il cambiamento e l’evoluzione. Se nella teorizzazione hobbesiana lo Stato viene a essere un recinto in grado di contenere questo istinto incontrollato verso la violenza e la sopraffazione, Horkheimer e Adorno nella «Dialettica dell’Illuminismo» hanno mostrato come la ratio sia lo strumento di dominio dell’uomo nei confronti della

Friedrich Nietzsche.

natura e di se stesso. L’Illuminismo, nato con «l’obbiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni. Ma la terra interamente illuminata splende all’insegna di trionfale sventura», si manifesta come logica di dominio. In «Eclisse della ragione», Horkheimer osserva che «la follia collettiva imperversante oggi, dai campi di concentramento alle manifestazioni apparentemente più innocue della cultura di massa, era già presente in germe nell’oggettivazione primitiva, nello sguardo con cui il primo uomo vide il mondo come una preda». Il desiderio dell’onnipotenza spinge gli uomini a usare la ragione come strumento di dominio, senza cercare la verità delle cose. La ragione diventa così « utensile universale », un’arma contro se stessi e gli altri: «quanti più meccanismi o congegni inventiamo per dominare la natura, tanto più dobbiamo far loro da schiavi se voglia-

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senso. Quando Nietzsche parla della morte di Dio, non intende solo il Dio cristiano, ma tutte le divinità, e con esse tutti gli ideali tradizionali. Nietzsche coglie pienamente l’angoscia dell’uomo contemporaneo che, di fronte al crollo degli ideali morali, religiosi e metafisici, ha dinanzi a sé un vuoto assoluto e incolmabile. È la diagnosi di una «fragile, già frantumata età di trapasso», un corpo malato che produce i germi che piano piano lo distruggeranno, un corpo morente affetto da quella pericolosa tendenza all’eccesso che i greci chiamavano hybris, di cui l’esito nichilistico è la condanna annunciata, il trionfo del nulla, l’affermazione del non-senso. Pur considerando il Cristianesimo la più grave «malattia psichica» dell’uomo occidentale, Nietzsche non crede sia funzionale distruggerlo, perché l’ideale cristiano si pone in rapporto antagonistico con lo spirito dei Superuomini, i quali necessitano di «avversari forti per diventare forti». Ritorna sempre il motivo del conflitto nel pensiero di Nietzsche, la necessità di mantenere l’opposizione tra i diversi elementi che permeano la realtà, perché dalla loro lotta trae forza lo spirito del Superuomo. «Dioniso contro il Crocifisso: eccovi l’antitesi. Non è una differenza in base al martirio - solo esso ha un altro senso. La vita stessa, la sua eterna fecondità e il suo eterno ritorno determinano la sofferenza, la distruzione, il bisogno di annientamento [...]» (8). La differenza sta nel fatto che la morte di Gesù enfatizza l’innocenza della vittima, mentre la morte del dio pagano enfatizza l’innocenza degli uccisori, nonché la colpa della vittima. Dioniso racchiude in sé tutte le passioni umane, persino il folle desiderio di distruggere. È l’esaltazione stessa della violenza, che secondo il filosofo tedesco non deve essere contenuta in quanto fondamentale per la cultura umana. Vi si legge il trionfo di una «morale aristocratica» che ammette le peggiori forme di violenza, come un inevitabile pegno che la società deve pagare per il pieno affermarsi della volontà di potenza.


nasce e germoglia continuamente su questa terra ed è qualcosa che fa parte di noi, della nostra essenza umana, qualcosa di ineliminabile. In quasi tutte le concezioni filosofiche emerge questo mo sopravvivere», un’affermazione quanto mai aspetto della natura, questa tendenza all’affermaattuale che evidenzia la fragilità della vita umana zione di sé, alla conquista del potere e del domie l’ipotesi reale di un suicidio collettivo sotto forno sugli altri. Persino quei filosofi che hanno dema di catastrofe nucleare o ambientale. La ratio, stato in noi la speranza e che attraverso i loro concepita come strumento per proteggerci dalla scritti, permeati da un profondo ottimismo, ci violenza della natura, diviene strumento di domihanno ispirato la fede nella nio, razionalizzazione del polepossibilità di costruire un mos. Non è un caso che l’uomo abbia continuato a belligerare La ratio, concepita come mondo migliore, basato sulproprio in nome della ragione e strumento per proteggerci l’armonia e sulla concordia, dal abbia giustificato tramite essa dalla violenza della natura, tranquillitas ordinis, in quanto universale degli le violenze più efferate (il codiviene strumento di domi- aspirazione uomini, da Sant’Agostino al munismo sovietico, il nazismo). Si è creato un circolo vizioso da nio, razionalizzazione del progetto kantiano di pace perpetua, hanno ammesso l’innata cui la civiltà umana non riesce a polemos malvagità dell’uomo e la tenuscire: da una parte la consadenza all’aggressività come pevolezza che la natura è la elemento fondante e insopprimibile della natura sorgente della guerra; dall’altra l’ammissione che la ragione, che dovrebbe proteggerci da essa, è umana. Oggi appare assurdo anche solo ipotizzadiventata lo strumento per compierla e per regore la possibilità di un reale cambiamento, che larizzarla. Non è più sufficiente, dunque, rifugiarsi porti alla costituzione di una società basata sulla sotto l’ala protettiva di quel grande «Leviatano» di pace, un ideale meramente illusorio e utopistico. cui parlava Hobbes, perché esso stesso è il proNon è pessimismo, sono i corsi e i ricorsi storici dotto della razionalità umana che istituzionalizza che ci hanno insegnato che il conflitto è nel natue legalizza la violenza. C’è forse un seme che rirale svolgersi degli eventi. La guerra c’è sempre La battaglia di Legnano, 29 maggio 1176.

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stata, perché la natura umana è animalesca; si lotta per l’affermazione del proprio egoismo e interesse e ci si serve dello strumento intellettivo, che dovrebbe essere il peculiare elemento di distinzione dalle specie inferiori, non per elevarsi e fare cose buone ma per legalizzare il sopruso e la violenza a proprio esclusivo vantaggio. Da sempre l’uomo ha cercato di legittimare l’uso delle armi celando dietro il paravento di nobili ed elevati ideali il reale motivo del ricorso alla violenza: il desiderio di potenza, l’affermazione di sé, la brama di salire in vetta all’Olimpo del mondo. Paradossalmente è stato proprio Nietzsche, nel suo folle delirio, a denunciare l’utilizzazione vile e ipocrita di valori religiosi, etici e umani per perpetrare le peggiori nefandezze, ciò che oggi chiamiamo il «politicamente corretto», per dirla con René Girard «uno sfruttamento spesso disgustoso della nostra preoccupazione vittimaria» , tanto che «perfino i ricorsi più sensazionali alla violenza tendono oggi a mascherarsi da virtuose battaglie in difesa delle vittime» (9). Nietzsche odiava questa perversione anche se poi la sua follia ne ha distorto il senso scambiandola per l’essenza stessa del Cristianesimo. Egli ha saputo vedere, però, che non esiste la compassione autentica, gli uomini non ne sono capaci, se non in rare eccezioni. L’unica cosa che i nostri occhi possono vedere sono «le parodie degli intriganti del politicamente corretto», e ciò ha portato il filosofo a negare «la possibilità di una sensibilità per le vittime che, anziché essere una strategia del ressentiment, fosse genuina» (10). In realtà, vi sono state nel corso della storia opere umane eccezionali che hanno dimostrato che nel cuore dell’uomo alberga un profondo sentimento di solidarietà e di giustizia, ed è un sentire vero e genuino, a differenza di quanto sosteneva Nietzsche. Si tratta però di un valore che non è mai riuscito a trionfare e a imporsi definiti-

La battaglia delle Ardenne, Seconda Guerra Mondiale.

vamente, anche se ha mantenuto intatta nei secoli la sua validità e la sua forza resistendo persino alla potenza distruttiva della genealogia nietzschiana, il famoso «martello» usato per la demistificazione della morale occidentale. In particolare, la condizione attuale ci fa avvertire in maniera inequivocabile il fallimento di ogni sforzo teso a riaffermare il valore indiscutibile della vita, questo perché la condizione umana della nostra epoca è segnata da un paradosso perverso e all’apparenza ineliminabile: «Quello in cui viviamo» afferma Girard «è il mondo che salva il maggior numero di vittime ma, a causa dei nostri ostinati conflitti e dei mezzi di distruzione sempre più potenti di cui disponiamo, il nostro è anche il mondo che le moltiplica quasi all’infinito, cosa per cui noi ci disprezziamo» (11). Sara Greggi Giornalista

Guerra di trincea durante la Prima Guerra Mondiale.

(1) Ubaldo Nicola: «Antologia illustrata di Filosofia», Giunti Editore, 2008. (2) Ubaldo Nicola, op.cit. (3) N. Machiavelli: «Il Principe», Cap. XIV, Il Principe e le armi. (4) T. Hobbes: «Il Leviatano», Laterza, 1997. (5) G. Mancini, S. Marzocchi, G. Vicinali: «Corso di Filosofia», diretto da Salvatore Veca, Bompiani, 1995. (6) N. Abbagnano, G. Foriero: «Protagonisti e testi della Filosofia», Paravia, 1996. (7) Ubaldo Nicola, op.cit. (8) René Girard: «Il caso Nietzsche. La ribellione fallita dell’Anticristo», Marietti, 2009. (9) Ubaldo Nicola, op.cit. (10) Ubaldo Nicola, op.cit. (11) Ubaldo Nicola, op.cit.

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BIBLIOGRAFIA



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SOMALIA 1995: OPERAZIONE «IBIS 3»


SOMALIA 1995: OPERAZIONE «IBIS 3» Un’operazione dimenticata Operazione «Ibis 3» o «Somalia 3» è la denominazione italiana dell’operazione multinazionale chiamata «United Shield» («Scudo Unito»). L’operazione è stata sviluppata per consentire la ritirata del contingente dei «Caschi Blu» dell’ONU dalla Somalia, nel 1995. Con lo sviluppo dello «United Shield» aveva termine l’operazione «UNOSOM II» e con essa le speranze della comunità internazionale di avviare un processo di pacificazione in quella terra. Problema tuttora insoluto, i cui effetti negativi agitano ancora quell’area e generano rischi per la sicurezza internazionale.

dine mondiale» nel periodo successivo alla Guerra Fredda, furono disilluse in maniera cocente. A livello nazionale, la partecipazione allo «United Shield», pur rappresentando un indubbio succesL’operazione «United Shield» fu caratterizzata so, politico e militare, non fu in grado di far dida numerosi aspetti assolutamente innovativi (tamenticare alla «opinione pubblicata» italiana le bella 1) rispetto sia allo sviluppo delle pur numepolemiche interne che avevano accompagnato la rose precedenti Peace Support Operations (PSO), presenza del nostro contingente in Somalia, dusia alla diversificata partecipazione ad esse del rante lo sviluppo delle precedenti «Ibis 1» e «Ibis nostro Esercito (1). Fra tali 2», dal 1992 al 1994. «Opinioaspetti, l’inserimento della ne pubblicata» che è cosa ben componente Esercito in una L’operazione «United diversa dall’«opinione pubbliforza da sbarco interforze e anche se la prima ha quaShield» fu caratterizzata da ca», combinata e il primo impiego si sempre la presunzione di di sole unità composte da vo- numerosi aspetti assoluta- rappresentare e/o di formare lontari a ferma prolungata. No- mente innovativi... Fra tali la seconda. A ciò si aggiunga nostante le significative novità aspetti, l’inserimento della che, in ambito militare, si è che caratterizzarono lo «United componente Esercito in una sempre un po’ restii a parlare Shield»/«Ibis 3», questo impe- forza da sbarco interforze e della partecipazione a una gno dell’Italia e del suo Esercito in ritirata» - che è la combinata e il primo impie- «manovra è poco noto (2). Molteplici sono più difficile manovra da attuale ragioni di tale «oblio» o di go di sole unità composte re - a meno che essa non sia il questa rimozione dalla co- da volontari a ferma pro- preludio di una successiva scienza collettiva. A livello in- lungata controffensiva condotta con ternazionale, l’insuccesso di successo. Ma questo non si è verificato in Somalia. A quindici anni di distanza «UNOSOM II» rappresentò la prima vera sconfitta sembra, quindi, opportuno e necessario colmare politica e militare dell’ONU. Le aspettative riposte il vuoto conoscitivo sulla «Ibis 3», per evidenziarsu un più incisivo ed efficace ruolo di tale Organe gli aspetti innovativi e per attribuire il giusto nizzazione, nella risoluzione delle conflittualità merito a chi vi ha preso parte. Non ultimo, per ricontingenti e nella costruzione di «un nuovo orcordare idealmente i 16 italiani militari e civili che sono caduti, dal 1992 al 1995, in terra somala e il cui sacrificio non deve essere consideIn apertura. Un VCC-1 a Mogadiscio (Ibis 2). rato vano (3). Le opinioni espresse nell’articolo riflettono esclusivamente il pensiero dell’autore.

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LE ASSOLUTE NOVITÀ DELLO «UNITED SHIELD»/«IBIS 3»

Tab. 1

• Costituzione di una Combined Joint Task Force con unità navali e terrestri di 7 Stati non membri di una stessa alleanza. • Partecipazione di unità italiane (della Marina e dell’Esercito) ad una forza anfibia combinata. • Formazione della componente Esercito della forza anfibia basata su unità paracadutiste. • Impiego di unità italiane composte soltanto da volontari a ferma prolungata. • Amalgama e addestramento interforze sviluppato a bordo delle navi, navigazione durante. • Sinergica e sincrona preparazione politica e militare dello sbarco. • Impiego operativo di unità italiane in uno sbarco anfibio notturno e in ambiente ostile. • Sbarco effettuato allo scopo di realizzare una cornice di sicurezza per il ripiegamento e imbarco di forze amiche. • Impiego di innovativi sistemi d’arma e materiali. • Reimbarco della forza anfibia sotto la pressione di forze ostili.

IL PROLOGO Il ripiegamento del contingente ONU dalla Somalia non è stato il frutto di una decisione improvvisa, presa sotto la spinta del precipitare degli eventi, come si potrebbe pensare. La Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (UN Security Council Resolution - UNSCR) n. 814 del 26 marzo 1993, che diede l’avvio all’operazione «UNOSOM II», era il risultato di un’attività diplomatica (4) che prevedeva quale termine di tale operazione il marzo del 1995. Quindi, l’orizzonte temporale di questa operazione era stato fissato «ab origine» in due anni. Tutte le UNSCR che sono state emanate successivamente, inoltre, hanno più volte confermato tale scadenza (5). Quello che muterà radicalmente nel 1995, rispetto alle

previsioni del marzo 1993, sarà lo scenario che caratterizzerà la fine di «UNOSOM II». La mancanza di progressi nel processo di riconciliazione nazionale, anzi l’acuirsi delle rivalità fra le varie fazioni somale, l’incremento degli attacchi alle forze dell’ONU e gli effetti di errori politici e militari fatti operazione durante, resero sempre più difficile l’acquisizione degli obiettivi posti a base dell’operazione stessa. Questi aspetti originarono la decisione di numerosi Stati contributori di ritirare i propri contingenti militari e/o di polizia dalla Somalia fin dai primi mesi del 1994. Ritiro giocoforza accettato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU e formalizzato con l’emanazione dell’UNSCR n. 897 del 4 febbraio 1994. Così, la Turchia a gennaio, gli Stati Uniti e la Tunisia a febbraio e l’Italia a marzo - unitamente ad Arabia Saudita, Belgio, Emirati Arabi Uniti, Francia, Germania, Kuwait e Norvegia - lasciarono la Somalia. A fine marzo, quindi, l’entità complessiva del contingente ONU era di circa 19 700 soldati, ben al di sotto dei 22 000 previsti da quella Risoluzione e dai 26 000 presenti all’inizio del 1994. Tali ritiri generarono, e non poteva essere che così in quello scenario, un’ulteriore accelerazione della conflittualità locale, una progressiva e netta riduzione delle attività dell’ONU e delle aree sotto il suo controllo e, infine, il ritiro o il ridimensionamento dei contingenti di altri Stati (6). L’ONU lascerà la Somalia dopo aver vinto la battaglia contro l’eccidio di molti somali per fame, ma perdendo nettamente quella per la ricostruzione di quello Stato.

L’OPERAZIONE «UNITED SHIELD» (Sequenza degli avvenimenti in tabella 2). Il Consi-

OPERAZIONE «UNITED SHIELD»/«IBIS 3»

Tab. 2

• 4 novembre 1994, emanazione della UNSCR n. 954. • 16 dicembre 1994, gli Stati Uniti dichiarano di voler partecipare e di guidare lo «United Shield». • 10 gennaio 1995, il personale del «Nembo», «Col Moschin» e del «Leonessa», con i relativi materiali/mezzi/munizionamento, si imbarcano su Nave «San Giusto» nel porto di Livorno. • 11 gennaio, il personale delle «Guide», con i relativi materiali/mezzi/munizionamento, si imbarca su nave Nave «San Giusto» nel porto di Napoli. • 11 gennaio, il Consiglio dei Ministri italiano decide la partecipazione nazionale all’operazione. • 12 gennaio, il personale/materiali/mezzi/munizionamento di «Italfor Ibis 3» giunge a Brindisi, inizia l’imbarco sulle navi «Garibaldi» e «San Giorgio». • 17 gennaio, il Governo italiano emana il Decreto Legge n. 11 che autorizza la partecipazione nazionale all’operazione. • 20 gennaio, il 26° Gruppo Navale, con a bordo «Italfor Ibis 3», parte dal porto di Brindisi per la Somalia. • 3 febbraio, il 26° Gruppo Navale giunge nelle acque di Mombasa (Kenya). • 8 febbraio, tutta la Forza Multinazionale è schierata nelle acque di fronte la città di Mogadiscio. • notte fra il 27 e il 28 febbraio, la forza da sbarco italo-statunitense prende terra e realizza la necessaria cornice di sicurezza fra il Porto Nuovo e l’aeroporto della città. • 1 marzo, viene ultimato l’imbarco del personale di «UNOSOM II». • 2 marzo, viene ultimato il reimbarco del personale della forza anfibia italo-statunitense. • 3 marzo, il 26° Gruppo Navale lascia le acque prospicienti Mogadiscio e inizia la navigazione per il ritorno in Italia. Breve sosta nel porto di Eilat ( Israele). • 21 marzo, il 26° Gruppo Navale ritorna a Brindisi. • 23 marzo, il personale del 183° reggimento paracadutisti «Nembo» sbarca da Nave «San Giorgio» nel porto di Livorno.

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- Sequenza degli Avvenimenti -


glio di Sicurezza dell’ONU - con l’emanazione della sua ultima Risoluzione per la Somalia, la n. 954 del 4 novembre 1994 - chiese agli Stati membri di fornire assistenza per consentire la ritirata delle forze di «UNOSOM II» ancora lì dislocate. Questo appello fu accolto da Stati Uniti, Italia, Francia, Gran Bretagna, Malesia e Pakistan. Gli Stati Uniti dichiararono ufficialmente di voler partecipare il 16 dicembre 1994. Il Consiglio dei Ministri italiano deliberò la nostra partecipazione l’11 gennaio 1995 e formalizzò tale decisione con il Decreto Legge 17 gennaio 1995 n. 11. Con questo Decreto, veniva autorizzata la formazione di un contingente nazionale composto da unità della Marina Militare e dell’Esercito. Tale decisione fu una delle ultime prese dal primo Governo Berlusconi. Lo «United Shield» si sviluppò, a differenza di «UNOSOM II», sotto la direzione politica generale del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che

Contatti con la popolazione civile (Ibis 2).

delegò la direzione diretta agli Stati Uniti. A livello della forza militare, venne costituita, veramente in poco tempo, una Combined Joint Task Force (CJTF) posta sotto comando statunitense. Per sviluppare tale operazione, quindi, si diede vita a un complesso di unità multinazionali e interforze «ad hoc». Questa è la prima delle rilevanti novità dell’operazione. Rilevanza che può essere apprezzata se si considera che solo sul finire degli anni ’90, la NATO iniziò a teorizzare, nell’ambito del suo «Nuovo Concetto Strategico», la formazione delle Combined Joint Task Force. Formazioni ritenute le più idonee per far fronte efficacemente alla conflittualità tipica del nostro tempo. Tuttavia, mentre le CJTF della NATO nacquero nell’ambito di consolidate dottrina e procedure comuni, la Forza Multinazionale (FM) dello «United Shield» fu costretta a «inventare» organizzazione e procedure per consentire a unità di Stati molto diversi di cooperare fra di loro. Analogo problema a livello delle unità italiane. Infatti, non c’erano procedure interforze che definivano comuni mo-

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dalità in caso di sbarco anfibio condotto da unità dell’Esercito e della Marina. Al Comandante della CJTF fu attribuita l’autorità di esercitare il controllo tattico sulle forze assegnate dai vari Stati. Tali forze furono raggruppate in due componenti: • navale, composta da 23 unità, di cui 9 statunitensi, 5 italiane ( costituenti il 26° Gruppo Navale), 3 francesi, 3 pakistane, 2 malesi e 1 britannica; fra queste, 2 incrociatori (1 portaeromobili e 1 missilistico), 1 cacciatorpediniere, 4 fregate (di cui 3 missilistiche), 1 corvetta missilistica, più navi d’assalto anfibio e logistiche; inoltre, su tale componente erano imbarcati 86 fra aerei ed elicotteri; • da sbarco, composta dai Marines della 13a Marine Expeditionary Unit (MEU), dai fucilieri di marina del «San Marco», dai paracadutisti della «Folgore» e dai «Cavalleggeri Guide»; la forza da sbarco, perno della manovra, sarebbe stata, quindi, esclusivamente italo-statunitense. Il supporto aereo era anche assicurato da aerei dislocati in Kenia, fra i quali aerei da trasporto dell’Aeronautica Militare italiana. Nella fase finale dell’operazione, anche una Brigata pakistana e un battaglione del Bangladesh di «UNOSOM II», che presidiavano l’ultima linea di difesa nella città di Mogadiscio, furono posti sotto il controllo tattico del Comandante della CJTF. Complessivamente, la FM era formata da 16 485 militari, dei quali 8 569 statunitensi. Il contingente italiano era per qualità e quantità il secondo della FM e il vice comando della CJTF fu attribuito all’Italia, al Comandante del 26° Gruppo Navale (GN). Questo GN era particolarmente significativo. Era composto dall’unica «portaerei» italiana, la «Garibaldi» che imbarcava 10 elicotteri e 3 caccia a decollo verticale Harrier «AV-8 B», alla loro prima missione operativa, la fregata missilistica «Libeccio», 2 navi anfibie, la «San Giorgio» e la «San Marco» e il rifornitore di squadra «Stromboli». Sul GN saranno imbarcati 350 marò del «San Marco», 31 incursori del «Comsubin» ed i 198 militari dell’Esercito. L’intero contingente italiano sarà composto da circa 2 000 uomini. A chi ricorda o studierà in futuro i contenuti e i toni di quanto fu detto e scritto in Italia, negli anni 1992-1994, sui nostri rapporti con l’ONU e gli Stati Uniti a causa dell’intervento in Somalia, la nostra successiva adesione allo «United Shield» ha o avrà il sapore della «inspiegabilità». Infatti, sembra inspiegabile che, per un’ulteriore operazione da condurre ancora in Somalia, ancora sotto la direzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e insieme agli statunitensi: • un Governo italiano, ancorché di composizione politica diversa dal precedente, si dichiari disponibile a partecipare; • quella Organizzazione Internazionale non frap-


Tab. 3

ponga difficoltà alla nostra partecipazione; • le Forze Armate statunitensi accettino di ritornare a operare strettamente con i militari italiani, ai quali affidano, inoltre, un ruolo operativo significativo; • gli Stati Uniti, leader dell’operazione, affidino il vice comando della FM ad un Ammiraglio italiano. Questo complesso di eventi apparentemente «inspiegabili» non può essere ascritto solo al nuovo clima politico instaurato dal Governo eletto dopo il nostro disimpegno dalla Somalia (primo Governo Berlusconi). Forse e soprattutto, la percepita «inimicizia» dell’ONU e degli Stati Uniti nei nostri confronti tanto enfatizzata nelle dichiarazioni e sulla stampa nazionale dell’epoca - non era tale nella realtà dei fatti (7). Ci fu sicuramente, da parte nostra, un’enfatizzazione eccessiva, un po’ provinciale, delle differenti visioni politiche e militari su come tradurre «sul terreno» un mandato internazionale non sempre chiaro e realistico. Difficoltà, è bene precisarlo, che ebbero anche altri Stati e relativi contingenti nazionali. Enfatizzazione, forse, anche utilizzata per coprire qualche errore politico e militare commesso nell’impostazione e nello sviluppo della nostra partecipazione (8). In ogni caso, tale presunta «inimicizia» fu chiaramente smentita, nel volgere di pochi mesi, dal ruolo e dal rilievo che l’ONU e gli Stati Uniti attribuirono alla nostra partecipazione allo «United Shield».

LA COSTITUZIONE DI ITALFOR IBIS 3 L’assolvimento del compito assegnato all’intero 26° Gruppo Navale e alla componente Esercito in esso inquadrato, implicò l’esecuzione di un’assoluta novità per le unità delle due Forze Armate: uno sbarco anfibio, per di più notturno e in un contesto ostile. Particolarità nella particolarità, a

questo sbarco parteciparono per l’Esercito dei paracadutisti. Le unità designate a contribuire alla costituzione della componente Esercito furono: • 183° reggimento paracadutisti «Nembo», con sede a Pistoia; • 9° battaglione d’assalto paracadutisti «Col Moschin», con sede a Livorno; • reggimento «Cavalleggeri Guide» (19°), con sede a Salerno; • 5° reggimento AVES «Rigel», con sede a Casarsa della Delizia (PN); • 11° reggimento trasmissioni «Leonessa», con sede a Civitavecchia (RM). Secondo le prime ipotesi di impiego, la componente Esercito doveva basarsi, essenzialmente, su un complesso minore paracadutista su «VCC-1», rinforzato da due Distaccamenti Operativi (D.O.) di incursori paracadutisti, da una minore unità di blindo «Centauro» e da alcuni elicotteri d’attacco. Tutte queste unità sarebbero state alle dirette dipendenze del Comandante del 26° GN, che si sarebbe avvalso di un nucleo di collegamento/coordinamento per esercitare la sua autorità su di esse. Tenuto conto della complessità dell’azione da sviluppare, anche in un innovativo ambito interforze e combinato, e delle possibili difficoltà del Comandante del 26° a «gestire» direttamente la variegata componente Esercito, il Comando del 183° reggimento paracadutisti «Nembo» propose allo Stato Maggiore dell’Esercito (SME) di dar vita a un gruppo tattico (gr. tat.) ove includere e raccordare tutto il contributo della Forza Armata. In tal modo, inoltre, il Comandante del gr. tat. avrebbe potuto: • affiancarsi al Comandante del 26° Gruppo Navale, diventandone il consulente per le operazioni terrestri; • decidere quali unità dipendenti distaccare per una funzionale articolazione della forza da sbarco. Lo SME accolse quella proposta e il gruppo tattico, al quale fu attribuita la denominazione di «Italfor Ibis 3», assunse la struttura riportata in tabella 3. I tempi di concezione e organizzazione di «Italfor Ibis 3» furono estremamente ridotti e anche convulsi. Basti pensare che, nonostante i primi preavvisi d’impiego arrivassero alle unità solo a dicembre 1994 inoltrato, si riuscì a imbarcare i reparti paracadutisti e delle trasmissioni, con i relativi mezzi, materiali e munizionamento, a Livorno il 10 gennaio 1995. Questo, grazie allo spirito di sacrificio del personale, a tutti i livelli, che non tenne assolutamente conto del periodo delle festività natalizie e di fine anno. In vero, nella storia repubblicana del nostro Esercito, la maggior parte degli impegni operativi sviluppati dalle nostre unità, sia sul territorio metropolitano sia fuori di

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esso, sono stati iniziati e condotti in coincidenza proca, un addestramento comune e che, cosa più dei fine settimana e di tutte le festività laiche e grave, non era noto ai Comandanti che dovevano religiose del calendario. È una singolare coinciimpiegarlo in scenari ad alto rischio. Nel tentativo denza che è necessario sottolineare a chi poco sa di ovviare a tali rilevanti e pericolosi inconvenienti, del mondo militare e degli oneri che derivano dalsi pianificavano, per queste unità eterogenee e a l’indossare un’uniforme. premessa dell’impiego, periodi di amalgama addePuò creare qualche perplessità il fatto che «Italstrativa. Periodi spesso teorici, visti i sempre confor Ibis 3» si sia imbarcato prima della formale tratti tempi di approntamento delle unità, con condecisione governativa di partecipare all’operazioseguenti ricadute sull’amalgama stessa. L’amalgane. Come sempre accaduto, e quasi sicuramente ma operativa di un’unità è sì un risultato del comucontinuerà ad accadere, le formali decisioni poline addestramento svolto, ma anche del tempo vistiche del nostro Governo/Parlamento vengono suto insieme dal personale e dell’azione di comanadottate dopo l’inizio delle attività militari di piado quotidianamente svolta dai Comandanti ai vari nificazione e approntamento delle unità e, anche, livelli. L’applicazione del principio della dichiaradel loro movimento verso il futuro Teatro di Opezione di «volontarietà» alla partecipazione a una razione. Questa realtà trova una sua spiegazione operazione fu una decisione felice dal punto di vinel fatto che lo sviluppo delle attività militari rista della politica nazionale di quegli anni. Sulla bachiede, per la loro elevata complessità, molto più se dell’esperienza acquisita nelle precedenti operatempo di quello prevedibile per le attività politizioni, fu deciso pertanto di impiegare per la «Ibis che. Quindi, per far sì che alla decisione politica 3» solo volontari in ferma prolungata (VFP) e/o misegua, dopo poche ore o giorni, l’inizio della sua litari a ferma prolungata (MFP). attuazione, è necessario che gli Stati Maggiori InOggi è ampiamente nota la figura del volontario, terforze e di Forza Armata ricevano, anche in via adesso a ferma prefissata o in servizio permaneninformale, dalle Autorità goverte. Non altrettanto può dirsi, native dei preavvisi sui loro insoprattutto per le giovani geL’amalgama operativa di nerazioni, del militare di leva tendimenti. È da ritenersi normale, pertanto, che i militari un’unità è sì un risultato del che decideva di prolungare i 12 avviino le loro attività molto comune addestramento svol- mesi del servizio di leva obblitempo prima che la decisione to, ma anche del tempo vis- gatorio. All’epoca, i militari di politica di partecipazione a venivano chiamati e imsuto insieme dal personale e leva un’operazione sia adottata nelle messi nelle unità sulla base di dell’azione di comando quo- scaglioni mensili, cioè 12 in un sedi istituzionali. tidianamente svolta dai Co- anno. I militari potevano commandanti ai vari livelli mutare il servizio di leva in ferI VOLONTARI DI «IERI» ma prolungata al 15° o al 180° giorno dall’arruolamento. La Le unità predesignate a fornire il personale per il stragrande maggioranza dei militari operavano gr. tat. furono scelte sulla base di un principio del questa scelta in coincidenza della seconda scatutto nuovo: essere in grado di destinare all’opedenza temporale. Questo era molto positivo per i razione personale, sia pure di leva, a ferma progiovani e per le unità di appartenenza degli stessi. lungata. Questa novità non riguardava, ovviamenInfatti, i giovani di leva avevano avuto tempo e te, gli incursori paracadutisti, gli equipaggi di volo modo di apprezzare la vita militare e di verificare degli elicotteri e i team delle trasmissioni, quanto i la sua rispondenza alle loro aspettative, nonché di paracadutisti e i cavalieri. prendere consapevolezza dello «spirito di corpo» Alle precedenti operazioni hanno partecipato sodell’unità alla quale erano stati assegnati e presso prattutto militari di leva. A questi, talvolta, era stala quale sarebbero rimasti se decidevano di dito chiesto di dichiarare formalmente la propria ventare MFP. La rafferma ai militari di leva veniva «volontarietà» a essere inclusi nelle unità di previconcessa solo a seguito del positivo giudizio di sto impiego. Quando attuato, questo obbligo della idoneità espresso su di loro dal Comandante di «volontarietà» ha avuto effetti negativi sulla comreggimento/Corpo, che si avvaleva, ovviamente, posizione, addestramento, amalgama e attività di dei pareri formulati dai Comandanti sovraordinati comando delle unità predesignate per l’impiego. al richiedente. In tal modo, il reggimento/Corpo Infatti, è stato sempre necessario utilizzare «volonera in grado di «autoalimentarsi» con personale tari» di altre unità/specialità per riempire i «buchi» motivato, le cui capacità/qualità erano state da che si creavano in quelle predesignate, a causa di tempo verificate e che era stato selezionato dai chi non desiderava partecipare all’operazione. Alla Quadri dello stesso. Erano, quindi, dei volontari fine, quindi, le unità erano formate da personale militarmente molto affidabili. Questi avrebbero che in gran parte non aveva una conoscenza recigarantito una presenza nella stessa unità di altri

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Una blindo 6614 a un check-point (Ibis 2).

due anni e potevano aspirare, al termine della ferma, alla promozione al grado di Sergente di complemento. Queste prime unità, formate soltanto da volontari, chiudono il ciclo storico del servizio obbligatorio di leva nell’Esercito. Servizio obbligatorio di leva che, non bisogna dimenticare, ha realmente dato un contributo essenziale per «fare gli italiani». I cittadini che, in forza di quell’obbligo, hanno indossato un’uniforme hanno caratterizzato comunque la storia dell’Esercito Italiano nell’ultima fase del Risorgimento, durante le guerre in Africa, le due guerre mondiali, il confronto bipolare e le prime PSO. Non è assolutamente poco. La loro presenza, il loro ruolo e il loro sacrificio non può essere offuscato dall’attuale ricorso a soli volontari, né condurre a un’acritica esaltazione di quest’ultimi. Non esistono scelte che hanno solo aspetti positivi. Quei primi volontari, soprattutto quelli che operavano il transito dal dovere della leva alla libera scelta del mondo militare, possono offrire qualche indicazione per migliorare quelli attuali.

L’APPRONTAMENTO DI «ITALFOR IBIS 3» Lo Stato Maggiore dell’Esercito scelse per l’«Ibis

3» il 183° «Nembo» poichè questo era, a quel tempo, l’unico reggimento della Brigata «Folgore» ad avere personale a ferma prolungata, sia VFP e sia MFP. Il reggimento «Cavalleggeri Guide» (19°), invece, era la prima unità dell’Esercito interamente formata da VFP. Pertanto, a premessa dell’impiego, non si rese necessario alcun tipo di «rimescolamento» del personale in essi inquadrato. In particolare, i volontari del «Nembo» appartenevano a vari scaglioni - dal 1°/93 al 7°/94 - e da tempo, erano unitariamente inquadrati in una compagnia fucilieri meccanizzata (la 20a «Puma») e in un plotone mortai pesanti (della compagnia armi di sostegno «Pegaso»). Altri VFP/MFP erano effettivi alle altre tre compagnie fucilieri del I battaglione «Grizzano», in qualità di Comandanti di squadra, e nella compagnia Comando e Servizi del reggimento. Questi paracadutisti e i loro Comandanti formavano delle unità con elevati addestramento, amalgama ed esperienza operativa. Il tutto, rafforzato dalla consapevolezza di essere «doppiamente» volontari, come parà e per la ferma contratta, e dal fortissimo spirito di corpo del reggimento. Nella «Folgore», infatti, il 183° reggimento rappresenta le tradizioni e la storia dell’altrettanto eroica Divisione paracadutisti «Nembo». Il 22 % di questi volontari erano già stati in Somalia. Il 183°, infatti, era stato impiegato durante l’«Ibis 2», dal maggio al settembre 1993, e il 2 luglio aveva partecipato al combattimento presso il

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check-point «Pasta». Quel combattimento fu il primo sostenuto dal nostro Esercito dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Durante quella giornata, il reggimento ebbe 20 feriti. Prima che si sapesse di un suo ritorno in Somalia, il Presidente della Repubblica concedeva, il 5 ottobre 1994, alla Bandiera di Guerra del «Nembo» la Medaglia d’Argento al Valore dell’Esercito, proprio per la partecipazione alla «Ibis 2» e a quel combattimento. Bandiera di Guerra che è la più decorata fra quelle «amaranto». L’approntamento e l’amalgama dei parà, quindi, non rappresentarono un problema significativo. Tenuto conto della scarsità del tempo disponibile, il personale della 20a compagnia fu sottoposto a un breve ciclo di addestramento finalizzato al tipo di operazione da sviluppare, dal 2 al 7 gennaio 1995. Fu deciso, quindi, di continuare le attività preparatorie a bordo delle navi e durante la navigazione verso le acque somale. Anche questo rap-

vicendavano nei lontani Teatri di Operazione (la Somalia e il Mozambico distano dall’Italia, rispettivamente, circa 6 000 e 8 000 km). Decisione che, tuttavia, determinò il rapido raggiungimento del termine della loro vita operativa. Lo stato e la disponibilità dei materiali/mezzi presso le unità e i depositi centrali erano conseguenza della scarsa disponibilità di risorse finanziarie della Forza Armata che, come si vede, non è una caratteristica solo del tempo presente. Pertanto, ultimate le operazioni «africane», ma considerando come probabile un futuro coinvolgimento dell’Esercito in altre PSO, gli Organi Centrali decisero di tenere accentrate le limitate risorse in materiali/mezzi nuovi o efficienti disponibili. Risorse che furono allocate in specifici centri/reparti/stabilimenti logistici dislocati su tutto il territorio nazionale, da distribuire all’esigenza e solo alle unità di previsto impiego. Quindi, le unità designate per l’«Ibis 3», dalla seconda metà del mese di dicembre 1994 ai primi giorni del gennaio 1995, furono costrette a «peregrinare» presso queTab. 4 «ITALFOR IBIS 3» sti enti per acquisire il tanto di cui - COMPOSIZIONE avevano bisogno, anche per la specifiUnità 183° 9° 19° 5° 11° Altre Totali ca operazione anfibia, e per il prelevamento del quale venivano via via auto- Personale U. 10 4 1 15 1 31 rizzati. Significativa la quantità di maSU. 25 20 14 24 3 2 88 teriale e munizionamento da prelevare VFP/MFP 65 14 79 e approntare, anche in considerazione Totali 100 24 29 39 4 2 198 della autonomia logistica che le unità - Mezzi dovevano avere: cinque giornate di VCC-1 (*) 16 5 21 combattimento. Pochissimo di quanto Centauro 4 4 ACM 4 1 3 8 autorizzato al prelevamento fu conseVM-90 1 1 gnato «a domicilio» delle unità in parA-129 4 4 tenza. Si dimostrò giusta la decisione Totali 21 6 7 4 38 di mantenere accentrate le scarse ri(*) Tutti con corazzature aggiuntive tranne quello attrezzato ambulanza. sorse disponibili, ma decisamente non efficace il permanere della mentalità presentava una novità per le unità dell’Esercito. logistica dei rifornimenti «dall’avanti verso l’indieL’approntamento dei materiali e dei mezzi netro». Fra i mezzi, sistemi d’arma e materiali prelecessari per lo sviluppo dell’operazione fu, al convati, qualcuno sarà impiegato per la prima volta o trario di quello del personale, particolarmente in modo diverso rispetto al passato. Infatti, in reoneroso. I due anni di costante e rilevante impelazione all’esperienza maturata durante le Ibis 1 e gno dell’Esercito in Somalia - contemporaneo, non 2, fu deciso di rinforzare le unità paracadutiste. In bisogna dimenticarlo, con quello altrettanto signiparticolare, i «VCC-1» furono tutti dotati di corazficativo in Mozambico - avevano molto usurato i zature aggiuntive, ogni plotone fucilieri ricevette, materiali e mezzi in dotazione alle unità. Inoltre, oltre alle armi in dotazione normale, due sistemi l’entità delle scorte centrali non era elevata. In d’arma «MILAN» attrezzati con visori notturni IRT, particolare, alcuni tipi di materiali/mezzi («VMfurono distribuiti numerosi lanciarazzi c/c «Pan90», corazzature aggiuntive per «VCC-1», elmetzerfaust-3» e le bombe da fucile MECAR. Materiale ti/caschi in kevlar, giubbetti antischegge e antie armamento questi ultimi, tutti di recentissima proiettili, uniformi da combattimento/occhiali/ introduzione in servizio. buffetterie/stivaletti desertici, copricapo/fregi Tutti i materiali, i mezzi, il munizionamento dei ONU) erano stati approvvigionati in quantità comparacadutisti e del personale delle trasmissioni misurata alle sole esigenze delle unità impiegate furono caricati su Nave «San Giusto» il 10 gennaio nelle PSO, non per tutto l’Esercito. Per alcuni di nel porto di Livorno e quello delle «Guide» il giorquesti materiali/mezzi, inoltre, fu deciso che veno successivo nel porto di Napoli. È giusto ricornissero passati in consegna fra le unità che si avdare che questa nave era stata da poco consegna-

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Un carro M-60 a un check-point sulla via imperiale (Ibis 2).

ta alla Marina Militare ed essa doveva ancora effettuare le prove di caricamento di personale/materiali/mezzi. Quindi, si utilizzò «Italfor Ibis 3» per «testare» Nave «San Giusto». Fu sicuramente un efficace addestramento interforze ma, una volta giunti a Brindisi, fu necessario scaricare quella nave - non destinata a far parte del 26° Gruppo Navale - e ricaricare il tutto sulla «Garibaldi», in piccola parte, e sulla «San Giorgio», la rimanente. Ad approntamento ultimato, «Italfor Ibis 3» sarà composto dal personale e dai mezzi riportati in tabella 4. Fra il personale, spiccano i 100 parà del 183° reggimento. Non era la prima volta nella storia delle unità che si sono fregiate del nome «NEMBO» che una «centuria» di paracadutisti fosse chiamata a rappresentare le qualità e le capacità dell’intera unità (9). La navigazione verso la Somalia fu utilizzata dai paracadutisti e dai cavalieri per amalgamarsi con i marò del «San Marco» e per apprendere le procedure peculiari di uno sbarco anfibio, ovviamente sconosciute ai primi. Gli uomini dell’Esercito rapidamente impararono a vivere, muoversi e addestrarsi a bordo di una nave. Ambiente decisamente diverso dalle fusoliere dei velivoli «C-130» e «G-222» e dagli scafi delle «Centauro» ai quali erano abituati. A bordo, l’addestramento svolto fu particolarmente efficace, anche se condizionato

dalla ristrettezza delle «aree addestrative» disponibili e dalle esigenze di navi da guerra in navigazione. In particolare, gli uomini di «Italfor Ibis 3» ebbero modo di addestrarsi nel: • imbarco dei «VCC-1» e delle «Centauro» sulle MEN, cioè i mezzi da sbarco; • decollo e appontaggio, diurno e notturno, degli elicotteri su una nave in navigazione; • discesa da elicottero in «hovering», in completo assetto da combattimento, utilizzando la tecnica della «fast rope»; • impiego dei nuovissimi lanciarazzi «Panzerfaust-3», anche grazie agli specifici simulatori di tiro, e dei visori notturni del «MILAN», mai utilizzati prima. Questo, oltre al normale addestramento fisico, al tiro con le armi individuali e di reparto, e all’imbarco e sbarco da elicotteri. Soprattutto, fu possibile utilizzare il tempo della navigazione per un costante esame delle fasi e ipotesi dello sbarco, da elicotteri e/o da mezzi anfibi, da effettuare a Mogadiscio.

LO SBARCO ANFIBIO: LA PREPARAZIONE Gli sbarchi in Somalia non sono mai stati effettuati secondo la metodologia che la cinematografia, soprattutto quella statunitense, ci ha tramandato descrivendo quelli realizzati durante la Seconda guerra mondiale. Il primo, che diede l’avvio

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Fig. 1

all’operazione «Restore Hope», ancorchè effettuato nella notte tra l’8 e 9 dicembre 1992, è stato lo sbarco più «illuminato» della storia militare. Marines e Navy SEAL statunitensi sbarcando non incontrarono l’opposizione dei nemici somali, ma l’accoglienza di un grosso reparto di operatori televisivi i cui fari illuminavano a giorno la scena a beneficio, in real time, dei telespettatori di tutto il mondo. I militari statunitensi non furono molto contenti di questa inattesa spettacolarizzazione del loro arrivo. Il secondo, che avrebbe posto termine a «UNOSOM II», fu effettuato dalla forza anfibia italo-statunitense, nella notte tra il 27 e il 28 febbraio 1995, su una spiaggia ancora controllata dalle forze amiche, ma potenzialmente sotto il fuoco avversario. Allo sbarco non seguì una prosecuzione in profondità o un’alimentazione delle forze amiche, ma la realizzazione di una cornice di sicurezza che consentisse la manovra in ritirata di quelle forze. Questa manovra implicava notevoli rischi, anche per lo scenario incerto e fluido proprio della conflittualità somala. Può sembrare fuori da ogni logica che di fronte a una dichiarata, imposta o comunque nota volontà di una parte belligerante di ritirarsi da un territorio, quella contrapposta intenda attaccarne le forze in ritira-

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ta. Questo, invece, è perfettamente normale. Non solo nei conflitti asimmetrici, ma anche in quelli simmetrici. Quante battaglie nella storia dell’uomo, gli Eserciti hanno combattuto pur sapendo che il nemico, poco tempo dopo, sarebbe stato costretto comunque ad abbandonare le posizioni che si attaccavano? Tantissime. Le motivazioni di tali decisioni sono quasi sempre da ascriversi a ragioni di prestigio politico e/o militare di chi attacca: acquisire una vittoria «facile» dopo tante sconfitte, migliorare il proprio ruolo agli occhi delle fazioni/forze alleate, potersi vantare del titolo di «liberatori» di una data area, di aver costretto l’avversario a ritirarsi o di aver accelerato tale decisione, sminuire il prestigio del Comandante avversario e accrescere quello dei propri, dimostrare l’inesistenza di «complessi d’inferiorità» nei confronti del nemico. Altre volte, queste decisioni sono il risultato di un chiaro obiettivo politico: arrivare a essere i primi a gestire il patrimonio materiale e umano presente nel territorio che il nemico sta abbandonando, condizionare il futuro politico e/o territoriale di quell’area e di quelle contermini. Una guerra, simmetrica o asimmetrica, non si sviluppa secondo il modello ideale del duello cavalleresco. Attaccare chi abbandona il terreno è sempre remunerativo. A me-


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to. Quella dell’area, consistette nel miglioramento no che, il rafforzamento del dispositivo difensivo delle sue capacità di difesa e di movimento, per lie l’incremento della capacità di reazione di chi si ritira non dissuada chi voglia attaccarlo. In ogni nee interne, verso le posizioni da presidiare e le caso, una dichiarata volontà di ritirarsi non mette zone di imbarco. In particolare, furono realizzati al riparo chi la enuncia da ulteriori attacchi, anzi lavori di fortificazione campale, anche a proteziospesso ne determina l’incremento. Anche di rene dei siti di reimbarco, camminamenti e opere per facilitare il ripiegamento della retroguardia di cente e in altre situazioni conflittuali, si è sperato «UNOSOM II», posti di osservazione e di controllo, di evitare ulteriori attacchi o attentati ai propri postazioni «a scafo sotto». Altrettanto intensa, la contingenti annunciando pubblicamente di volersi preparazione delle unità. Quasi giornalmente, i ritirare da una determinata area. Speranza atroceComandanti a tutti i livelli operavano ricognizioni mente distrutta. Ci si è dimenticati di questa «ledel terreno e definivano le modalità di coordinazione» della storia politico-militare. mento reciproche. L’efficacia di tali modalità era La fase finale dello «United Shield» doveva sviessenziale. L’abbandono delle posizioni, l’avvicenlupparsi in quattro tempi: damento in esse, i trafilamenti da attuare nell’arco • primo: sbarco della forza anfibia italo-statuninotturno, le poche ore a disposizione per sviluptense (Landing Force IT-US) nel Porto Nuovo e pare la manovra in ritirata e, soprattutto, l’eterosulla spiaggia adiacente l’aeroporto (figura 1) e geneità delle unità della FM e di quelle di «UNOacquisizione delle posizioni assegnate; SOM II», indicavano nel coordinamento uno degli • secondo: organizzazione a difesa della testa di elementi critici della manovra stessa. In assenza di sbarco in sistema con l’ultima linea di resistenza procedure comuni, fra unità di ben sette Stati didelle residue forze di «UNOSOM II»; versi non membri della stessa • terzo: abbandono delle posialleanza, e per migliorare il lizioni da parte delle forze di In assenza di procedure vello di interoperabilità, si fece «UNOSOM II», loro trafilamento attraverso l’organizzazione comuni, fra unità di ben set- un largo ricorso al reciproco difensiva italo-statunitense e te Stati diversi non membri scambio di Ufficiali e nuclei di imbarco presso il Porto Nuovo; della stessa alleanza, e per collegamento. Parimenti signifurono le preliminari • quarto: progressivo abbandono migliorare il livello di intero- ficative attività aeree di ricognizione e delle posizioni da parte della Landing Force IT-US e suo perabilità, si fece un largo di pianificazione di un aderente ricorso al reciproco scambio sostegno alla componente terreimbarco sulle unità navali. Il tutto doveva essere attuato di Ufficiali e nuclei di colle- restre. A bordo delle navi, la preparazione fu incentrata susoprattutto durante le ore not- gamento gli aspetti tecnici dello sbarco: turne e sotto un costante sostescelta e modalità di caricamengno aereo. to dei mezzi da sbarco, influenza delle maree che L’8 febbraio, tutta la FM era schierata nelle acavevano escursioni molto forti di 2-3 m. Inoltre, que prospicienti Mogadiscio. In questa, anche il furono sviluppate delle esercitazioni di presa di 26° Gruppo Navale con a bordo «Italfor Ibis 3». Lo terra per individuare le finestre temporali ottimali scenario nel quale si dovevano sviluppare gli atti per lo sbarco e i successivi reimbarchi. Nei giorni tattici connessi con i citati quattro tempi presenimmediatamente precedenti lo sbarco, la detertava rilevanti rischi per la FM. Per ridurre tali rirenza messa in atto dallo «United Shield», favorì schi, circa tre settimane furono utilizzate per perfezionare la preparazione politica e militare della l’evacuazione per via aerea di circa 8 000 soldati fase finale dell’operazione. Anche questo tipo di di «UNOSOM II». preparazione rappresenterà una novità rispetto alle precedenti PSO. La preparazione politica dello sbarco, ritirata, LO SBARCO ANFIBIO: L’ATTUAZIONE reimbarco si polarizzò sul mettere a conoscenza i capi delle fazioni somale degli obiettivi dell’opeLa preparazione effettuata non poteva, ovviarazione, sulla loro non convenienza ad interferire mente, fugare ogni dubbio o rischio. L’atteggiasulle attività che sarebbero state attuate e a proimento ostile di uno dei clan o di una banda di mibire ad altri di farlo. Pena, la sicura reazione della liziani fuori controllo potevano innescare una sirilevante FM, già schierata in modo visibile a tutti. tuazione molto difficile da gestire. La Landing Reazione che verosimilmente avrebbe determinaForce IT-US, inoltre, doveva affrontare le incognito, tra l’altro, la distruzione del Porto Nuovo, delte relative al comportamento, spontaneo o forzal’aeroporto e delle relative infrastrutture. to, della popolazione civile. Tante volte in passaLa preparazione militare si incentrò sull’area to, gruppi di civili, donne e bambini inclusi, sono dello sbarco e sulle unità che vi avrebbero operastati coinvolti o volutamente usati come «scudi

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Fig. 2

umani» nei combattimenti sviluppati nel tessuto urbano di Mogadiscio. La presenza di civili nell’area di sbarco avrebbe, in ogni caso, condizionato l’uso della forza da parte delle unità, anche solo per l’autodifesa. L’area dello sbarco era suddivisa in tre settori (figura 2): orientale, incentrato sul Porto Nuovo; centrale, polarizzato sulla parte settentrionale dell’aeroporto; occidentale, relativo alla parte meridionale della pista di atterraggio. Alla spiaggia prospiciente l’aeroporto venne dato il nome convenzionale di «Green Beach». Alle unità italiane della Landing Force fu assegnato il settore centrale dello schieramento. Questo settore è di tutto rilievo poiché include le collinette che dominano la maggior parte dello sviluppo dell’intera pista di atterraggio (lunga poco più di 3 km). Il settore era ampio circa 1,5 km ed era ripartito in due sottosettori. A sinistra, il complesso minore (cpls. min.) costituito dal «San Marco», con Posto Comando (PC) a q. 22, e a destra, il cpls. min. formato dai paracadutisti del «Nembo», con il proprio PC a q. 36. A sottolineare l’importanza del settore assegnato alle unità italiane, i «Caschi Blu» realizzavano nelle vicinanze di q. 36 il loro PC tattico, per coordinare e controllare il ripiegamento delle proprie forze. PC che fu poi utilizzato anche dal Comando della Landing Force. Il mattino del 27 febbraio, la maggior parte della organizzazione C3I e delle forze speciali della Landing Force IT-US furono immesse nell’area di sbarco mediante elitrasporto. Le forze speciali diedero

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vita a più team di snipers in grado di eseguire tiri di precisione contro eventuali elementi ostili. Sempre quel giorno, si effettuarono gli ultimi controlli sul fondale prospiciente la spiaggia e si posizionarono i segnali di identificazione del canale di sbarco. Lo sbarco della forza anfibia italo-statunitense, sotto la protezione del poderoso sostegno di fuoco erogabile dalle navi, dagli aerei ed elicotteri della FM, iniziò alle 00.01 del 28 febbraio 1995 e interessò contemporaneamente il Porto Nuovo e la Green Beach. I primi a sbarcare sono i Marines, seguiti subito dopo dai marò del «San Marco», alle 02.30, e dai paracadutisti del «Nembo». I parà presero terra alle 03.30 circa e si diressero, con 10 «VCC-1», verso le posizioni assegnate sulla testata Nord dell’aeroporto. I militari italiani, che avevano lasciato giusto un anno prima Mogadiscio, in un clima di roventi polemiche, vi tornarono da attori protagonisti. Sulle navi, come riserva del nostro contingente, le restanti forze di «Italfor Ibis 3»: un plotone di paracadutisti del 183°, un distaccamento operativo degli Incursori paracadutisti del 9° e il plotone blindo dei «Cavalleggeri Guide». Unità che erano orientate a essere immesse nell’area, on call, rispettivamente con un elisbarco o con uno sbarco anfibio. Le unità in primo scaglione della Landing Force IT-US, dopo lo sbarco, raggiunsero in breve tempo le posizioni assegnate e rilevarono quelle tenute dalle forze di «UNOSOM II» nei propri settori. Il secondo scaglione della Landing Force, composto solo da Marines, rimase sulla Green Beach per assicurare la difesa dei punti di reimbarco.


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bardieri e dietro le unità navali schierate in piena Punti essenziali non solo per la manovra della Lanvista, concretizzarono un’efficace deterrenza. Il riding Force stessa, ma anche per le rimanenti unità piegamento e l’imbarco del personale, dei materiali di «Caschi Blu». Infatti, era previsto che qualora la situazione tattica non avesse consentito il loro ime mezzi di «UNOSOM II», grazie alla sua ottima atbarco in sicurezza nel Porto Nuovo, quelle unità tuazione, si conclusero prima dei 7-10 giorni presarebbero state avviate alla Green Beach . Alle visti all’inizio dell’operazione. Questo consentì di 06.00, l’assunzione del dispositivo previsto, da anticipare il ritorno della Landing Force IT-US sulle parte delle unità italiane, era ultimato. Da quel monavi. Il movimento retrogrado per il reimbarco non mento, l’attività fu incentrata, soprattutto, sull’osera simultaneo per tutte le unità della Landing Forservazione del comportamento dei somali e delle ce, ma è differenziato secondo cadenze e modalità loro «tecniche» (10). L’osservazione terrestre, a pianificate. Era necessario, infatti, contemperare differenza di quanto potrebbe sembrare, non è una l’esigenza di continuare a esercitare un’efficace diattività di poco conto per la sicurezza delle unità. fesa della testa di sbarco, con quella di disimpeIn quella circostanza, tutte le «ottiche» disponibili, gnare unità da avviare verso i punti di reimbarco. Il dei binocoli, dei meccanismi di puntamento dei titutto, realizzando un progressivo restringimento ratori scelti, delle armi di reparto e dei mezzi cindella testa di sbarco verso la Green Beach. Dalle golati, sono impiegate per scrutare il terreno, edifi00.01 alle 02.00 del 2 marzo, un’unità dei Marines ci e movimenti nei settori assegnati. In quelle pririleva i parà sulle loro postazioni. Questi iniziano il me ore, il comportamento e il fuoco dei miliziani loro movimento verso la zona di attesa per il reimsomali e delle loro tecniche non era diretto contro barco. Il movimento retrogrado avvenne sotto il le posizioni tenute dagli italiani, ma destava cofuoco somalo che, a causa del buio, non provocò munque preoccupazione. Era sempre immanente il danni. Dalle 02.00, i parà e i loro «VCC-1» iniziarischio che il ripiegamento della retroguardia di rono a reimbarcarsi sulle MEN e alle 04.00 erano «UNOSOM II» avvenisse sotto l’incalzare delle fatutti a bordo di Nave «San Giorgio». Poco dopo, anzioni somale e delle bande di che i marò iniziarono a disimsaccheggiatori. Una volta sostipegnarsi e si avviarono verso la Era necessario, infatti, con- spiaggia. Ultimi i Marines. Col tuite sulle loro posizioni, le unità di «UNOSOM II» iniziarono il loro temperare l’esigenza di con- passare del tempo, la baldanza ripiegamento. Trafilarono attra- tinuare a esercitare un’effi- e la pressione dei miliziani soverso l’area ormai sotto control- cace difesa della testa di mali crebbero e con esse il volo della Landing Force IT-US e si di fuoco diretto contro le sbarco, con quella di disim- lume diressero verso il Porto Nuovo unità della Landing Force. I Maper essere imbarcate su navi pegnare unità da avviare ver- rines, infatti, furono costretti a mercantili messe a disposizione so i punti di reimbarco combattere retrocedendo da dall’ONU. Il loro ripiegamento e terra verso il mare. Alle 23.42 imbarco proseguirono per tutto del 2 marzo, il reimbarco della il 28 e il 1° marzo (11). Alle 07.00 del 1° marzo, le Landing Force IT-US era ultimato. Dallo sbarco al unità pakistane lasciarono l’ultimo presidio dei loro reimbarco, i militari italiani non subirono alcu«Caschi Blu» in Somalia: l’aeroporto. Appena i pana perdita. Fu un grosso risultato, tenuto conto dei kistani lo abbandonarono, i somali e le loro tecnirischi affrontati. Il 3 marzo, venne sciolta la FM e che vi fecero irruzione in massa. Fu il momento l’operazione «United Shield» si concluse. Il 26° della loro «vittoria», che venne festeggiata con caGruppo Navale lasciò le acque prospicienti Mogadiroselli sulla pista da parte di circa venti tecniche, scio e iniziò la navigazione verso l’Italia. Riattraverdal nutrito fuoco di «gioia» di centinaia di miliziani, sò il Canale di Suez, effettuò una breve sosta nel dal saccheggio del tanto abbandonato e dai timidi porto di Eilat (Israele) e rientrò a Brindisi il 21 martentativi delle locali «forze dell’ordine» di tenere zo, dopo più di due mesi di permanenza in mare e sotto controllo la situazione. Il tutto a poca distandopo aver percorso 12 430 miglia marine. I paraza dalle posizioni tenute dalle nostre unità. I milicadutisti proseguirono la navigazione a bordo della ziani somali aumentarono sempre più di numero, «San Giorgio» e sbarcarono a Livorno il 23 marzo. fino a diventare più numerosi dei militari italiani. L’operazione «Ibis 3» era terminata. Qualche tempo Nella mattinata, la folla dei somali si adunò per dopo, quegli stessi paracadutisti e altri VFP/MFP «celebrare l’evento» alla presenza dei loro capi e del «Nembo», inseriti però in altre unità della «Folforse anche dello stesso Generale Aidid, il capo gore», sarebbero stati inviati in Bosnia-Erzegovina. storico di una delle due principali fazioni locali. Fu Ma questa è un’altra operazione. un momento di forte provocazione per gli italiani. Marò e parà mantennero il sangue freddo ed evitarono una pericolosa spiralizzazione degli eventi. CONCLUSIONI Sopra di loro, gli elicotteri Mangusta e i cacciabom-

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Sopra e nella pagina a fianco. Militari italiani per le vie di Mogadiscio.

to uscivamo battuti da una PSO che, da subito, ci aveva emotivamente coinvolti. Tante erano state le positive attese, da parte dei più, per il futuro della nostra vecchia colonia. A maggior ragione bruciante il risultato acquisito. Ritornare in Somalia dopo poco meno di un anno, è stato un atto di coraggio e di consapevolezza del ruolo internazionale che l’Italia deve sempre esercitare. L’importanza dello «United Shield»/«Ibis 3», tuttavia, non risiede soltanto nel suo successo, ma nella numerosità delle assolute novità politiche e militari che l’hanno caratterizzata. Di sicuro, la novità che colpisce di più è l’impiego di soli militari a ferma prolungata. Si chiude un ciclo storico per l’Esercito Italiano. Oggi tutte le unità sono formate da volontari, ma quei volontari di «ieri» possono offrire qualche indicazione per migliorare la selezione di quelli attuali. Le novità apportate dallo «United Shield»/«Ibis 3» ai modelli concettuali e organizzativi precedenti, configurano questa operazione come uno «spartiacque» fra le PSO sviluppate prima e dopo di questa. Linea di separazione che, come spesso accade, non è stata percepita come tale dai contemporanei. Lo scopo ultimo di questo articolo consiste nel far prendere consapevolezza al lettore di oggi del rilievo politico e militare di questa operazione ingiustamente dimenticata.

Come è noto ai veri storici e professionisti militari, l’importanza di una battaglia o di un’operazione non è funzione del grado dei Comandanti sul campo, della numerosità delle forze contrapposte, delle perdite arrecate o subite, del suo sviluppo temporaLeonardo Prizzi le o, infine, del livello di notorietà acquisito presso i contemporanei. Anche il successo sulla parte avverGenerale di Divisione (aus.), sa può non rappresentare la condizione necessaria già Comandante e sufficiente affinchè i posteri possano attribuire a del 183° reggimento paracadutisti «Nembo» quella battaglia od operazione il ruolo di «svolta», di «punto di non ritorno» nella storia di un popolo o NOTE nel pensiero politico e militare. La condizione necessaria e sufficiente per acquisire tale ruolo è sempre rappresentata dal rilievo delle novità attuate in (1) Le altre operazioni «oltremare» alle quali avevano partecipato unità dell’Esercito sono: Libano 1 e 2, in Libano, quella battaglia/operazione. Novità di azione politidal 1982 al 1984; Airone 1 e 2, in Kurdistan, nel 1991; ca, di strategia militare, di impiego tattico di unità o Pellicano, in Albania, dal 1991 al 1993; 2 operazioni Ipdi armamenti. Senza alcun dubbio, lo «United pocampo, in Somalia ed Etiopia, nel 1991; Ibis 1 e 2, in Shield»/«Ibis 3» rappresenta un significativo sucSomalia, dal 1992 al 1994; Albatros cesso politico e militare per gli 1 e 2, in Mozambico, dal 1993 al Stati che vi hanno partecipato. Successo ottenuto nella condotta Ritornare in Somalia dopo 1994; 3 operazioni Ippocampo, in di una sempre difficile manovra poco meno di un anno, è Ruanda e Yemen, nel 1994. in ritirata, che era stata per di più stato un atto di coraggio e di (2) Le pubblicazioni ufficiali delnon la citano. Né esiste annunciata da tempo. L’acquisiconsapevolezza del ruolo in- l’Esercito traccia di tale operazione nel sito zione di quel livello di successo non era assolutamente scontato, ternazionale che l’Italia deve della Forza Armata. Di essa, tuttavia, si parla in: rivista «Quadranper la sensibilità acquisita dal sempre esercitare te», in articoli contenuti nei numeconsesso internazionale sulle viri 3 e 6 del 1995; rivista «Informacende somale, per l’elevata comzione della Difesa», in un supplemento al numero 5 del plessità di coordinare forze eterogenee, per la flui1995; libro del Generale Leonardo Prizzi: «Le Operaziodità della situazione a Mogadiscio e per i comportani di Sostegno della Pace (1982-1997). Il ruolo dell’Itamenti che potevano essere adottati da chi stava per lia e del suo Esercito», «Rivista Militare», Roma, 2000, «vincere». Gli Stati contributori si sono assunti, pagg. 112-113. quindi, dei rischi politici e militari rilevanti. Soprat(3) Gli italiani caduti sono stati: 12 militari, 1 Infermiera tutto l’Italia, che aveva lasciato nel 1994 la Somalia Volontaria della CRI e 3 giornalisti; ed esattamente: in un clima di roventi polemiche. Quell’anno, di fat-

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Dott.ssa Alpi, par. Baccaro, lanc. Carrozza, Serg. Magg. Cuomo, Sig. Hrovatin, Mar. Ca. Licausi, I.V. Luinetti, par. Mancinelli, S.Ten. c. Millevoi, Sig. Palmisano, Serg. Magg. par. Paolicchi, C.le par. Righetti, Ten. f. Ruzzi, Serg. Magg. Stabile, par. Strambelli e C. le par. Visioli; inoltre, 107 militari sono stati feriti. L’ultimo dei caduti è stato il cineoperatore del TG 2 Marcello Palmisano, morto durante la «Ibis 3» in un agguato teso dai miliziani somali a lui e alla giornalista Carmen La Sorella. (4) Durante lo sviluppo di «UNOSOM I»/«Ibis 1», l’ONU organizzò, il 15 marzo 1993 ad Addis Abeba, una Conferenza di Riconciliazione Nazionale per la Somalia, alla quale parteciparono, tra l’altro, i leaders di 15 movimenti politici somali. Questa Conferenza, che consentì di raggiungere un accordo fra tutti i partecipanti, prevedeva le attività da sviluppare, in un arco temporale di due anni, per ripristinare la pace in Somalia con l’aiuto dell’ONU. I contenuti di tale accordo diedero origine alla UNSCR n. 814 del 26 marzo 1993, che sancì l’avvio della operazione «UNOSOM II». Quest’ultima operazione, a differenza di «UNOSOM I», è stata condotta sotto la direzione politica diretta del Consiglio di Sicurezza e fu effettivamente avviata il 4 maggio 1993. (5) Oltre alla citata Risoluzione, il Consiglio di Sicurezza ha emanato per la Somalia, nel biennio 1993-1994, ben 10 UNSCR e precisamente: nel 1993, la n. 837 del 6 giugno, la n. 865 del 22 settembre, la n. 878 del 28 ottobre, la n. 885 del 16 novembre e la n. 886 del 18 novembre; nel 1994, la n. 897 del 4 febbraio, la n. 923 del 31 maggio, la n. 946 del 30 settembre, la n. 953 del 3 ottobre e la n. 954 del 4 novembre. (6) Gli Stati membri dell’ONU che parteciparono a «UNOSOM II», con contingenti militari e/o di polizia, furono ben 34. Di questi, 11 si ritirarono entro il marzo 1994. Rimasero o giunsero successivamente in Somalia contingenti di 23 Stati: Australia, Bangladesh, Botswana, Canada, Egitto, Filippine, Ghana, Grecia, India, Indonesia, Irlanda, Korea del Sud, Malesia, Marocco, Nepal, Nigeria, Nuova Zelanda, Olanda, Pakistan, Romania, Svezia, Zambia e Zimbabwe. I maggiori contingenti erano quelli forniti, nell’ordine, da: Pakistan, India ed Egitto. A novembre 1994, il contingente ONU era formato da circa 15 000 soldati e poliziotti. A febbraio 1995, mantenevano ancora propri contingenti 15 Stati: Australia, Bangladesh, Egitto, Filippine, Ghana, India, Indonesia, Korea del Sud, Malesia, Nigeria, Nuova Zelanda, Olanda, Pakistan, Zambia e Zimbabwe. (7) Sulla presunta «inimicizia» dell’ONU nei confronti dell’Italia, cfr. il libro «Le Operazioni di Sostegno della Pace (1982-1997). Il ruolo dell’Italia e del suo Esercito», a pag. 99. (8) Sugli errori politici e militari commessi dall’Italia, cfr. il già citato libro «Le Operazioni di Sostegno della Pace (1982-1997). Il ruolo dell’Italia e del suo Esercito», pagg. 103 e 111-112. (9) Il 20 aprile 1945, esattamente cinquanta anni prima della «Ibis 3», una centuria del reggimento «Nembo» e un’altra dello Squadrone «F» - unità quest’ultima an-

ch’essa formata da paracadutisti della Divisione «Nembo» - furono i protagonisti dell’ultimo lancio di guerra della Seconda guerra mondiale, l’operazione «Herring». Lancio effettuato esclusivamente da paracadutisti italiani che, imbarcati nell’aeroporto di Rosignano su aerei da trasporto «Dakota» statunitensi, furono aviolanciati nell’area compresa fra Modena, Mantova, Ferrara e Bologna, a sostegno di quella che sarà l’ultima offensiva alleata per la liberazione dell’Italia. (10) Questi mezzi (tipo pick-up) e le loro scorrerie sono stati il simbolo della conflittualità in Somalia. Sul loro pianale posteriore era normalmente montata una mitragliatrice oppure un cannone c/c senza rinculo. (11) Oltre alle citate unità, fu imbarcato personale del Comando di «UNOSOM II» e più di 100 fra rifugiati, giornalisti e impiegati dell’ONU. Questo articolo è dedicato al Tenente Colonnello f. (par.) Fabio Falco, che ci ha lasciato pochi mesi or sono. Da Capitano del 183° reggimento paracadutisti «Nembo», è stato uno dei protagonisti della «Ibis 3».

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LE NOTE DI IVANA SPAGNA TOCCANO IL CUORE DI OGNI «SENTINELLA» L’arte si è spesso colorata di contenuti bellici, attingendo emozioni da contesti percorsi da un livello di pathos assai elevato. E il campo di battaglia ha sempre offerto eccezionali spunti per l’espressione dell’emozione. Raffigurazioni pittoriche e scultoree dei combattimenti, poesie e racconti di guerra ne costituiscono un esempio. Il poema epico è, poi, per eccellenza la celebrazione dell’evento bellico e dei suoi eroi, uomini in carne e ossa, che si innamorano, combattono, provano nostalgia per la Patria lontana e per la donna amata, assolvono ai doveri militari assurgendo quasi allo status di divinità. «Arte militare», «poesia di guerra», «canzoni di soldati» sono espressioni che, pur definendo ambiti diversi, hanno il comune denominatore di coniugare l’evento bellico all’arte nella sua espressione più pura e romantica. Arte e guerra, un’associazione apparentemente contraddittoria, quasi un ossimoro. In realtà, un connubio forte, da sempre interscambio reciproco di significati e valori molto vicini. Lo scontro bellico è sempre stato fonte inesauribile di vitalità artistica, ispirazione del pensiero e della

Sopra. Una fanfara dei Bersaglieri a Rapallo. Sotto a sinistra. L’artista Ivana Spagna indossa la «vaira», il tipico copricapo dei Bersaglieri.

sensibilità. Una fucina di creatività e di cultura, intreccio inestricabile di emozioni. Come quelle che danzano sulle note di «Sentinella», canzone scritta e musicata da Antonino Iaria, Tenente Generale del ruolo d’Onore del Corpo degli ingegneri dell’Esercito, e interpretata da Ivana Spagna, che ha presentato per la prima volta il motivo in occasione del terzo raduno interregionale, tenutosi a Rapallo, di uno dei più noti Corpi dell’Esercito, quello dei «Bersaglieri». Un altro suggestivo scenario, questa volta l’Auditorium Parco della Musica di Roma, ha fatto da sfondo a un’ulteriore esibizione dell’artista in occasione del primo degli eventi celebrativi previsti per il 149° Anniversario della costituzione dell’Esercito. Il 13 aprile, infatti, alla presenza del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata, Giuseppe Valotto, si è svolto il Concerto della Banda musicale dell’Esercito, nell’ambito del quale le personalità militari e civili intervenute hanno avuto un ulteriore «assaggio» della bravura dell’artista, che ha riproposto il motivo. Segno questo della profonda stima che nutre l’artista nei confronti dei tanti uomini e donne che rischiano ogni giorno la propria

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Sentinella Sentinella che di notte fai la guardia con le stelle che ti fanno compagnia la tua casa, il tuo Paese, ed il tuo amore sono attimi di grande nostalgia. Quando pensi e chiudi gli occhi per sognare pensa a me che son lontana dal tuo cuore pensami e se questo tu farai son sicura che non ti addormenterai. Fai la guardia, non dormire pensa a me che son lontana che ti voglio rivedere pensa a chi in silenzio ti ama e se questo tu farai son sicura che non ti addormenterai. Tu ti trovi in un Paese per la pace ma ogni giorno vedi morte e distruzione non capisci il perchè di tutto questo e ti sforzi a voler dare una ragione. Sii tu fiero di portare il tricolore quei colori il bianco, il rosso e il verde sono il simbolo, il vessillo dell'Italia sono amore, amore di chi non si arrende Fai la guardia, non dormire pensa a me che son lontana che ti voglio rivedere pensa a chi in silenzio ti ama e se questo tu farai son sicura che non ti addormenterai.

Sopra. Ivana Spagna durante la manifestazione di Rapallo. Sotto. La copertina del CD raffigurante Ivana Spagna e il Generale Iaria.

vita per ridare la speranza alle tante popolazioni prostrate da anni di guerra. Spagna, una delle più importanti cantanti del panorama artistico italiano e internazionale, ha dato, dunque, la voce a questo straordinario componimento musicale dedicato alla

Il Paese ti ha mandato per la pace ma ogni giorno vedi morte e distruzione non capisci il perchè di tutto questo e ti sforzi a voler dare una ragione. Fai la guardia, non dormire pensa a me che son lontana che ti voglio rivedere pensa a chi in silenzio ti ama. Fai la guardia, non dormire pensa a me che son lontana e se questo tu farai son sicura che non ti addormenterai. «I giorni passano, i mesi volano, e gli anni svaniscono, ma io son qui per Te». Testo: Antonino Iaria (Cod. SIAE 44560). Musica: Ivana Spagna - Giorgio Spagna - A. Iaria.

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la» ai suoi affetti più cari, alla donna amata, ai propri familiari e a quella grande famiglia che è l’Italia e che mai ha fatto mancare il proprio sostegno e la propria ammirazione per i soldati impegnati nella operazioni di pace. Quasi una sorta di urlo pacato che vuole tener desto ciascun soldato dicendogli: «non sei solo, c’è tutta una Nazione accanto a te, pronta a sostenerti nei momenti più difficili». Il Generale Iaria, definito dalla stessa Spagna «persona eccezionale e un vero vulcano di idee», ha ri-

Sopra. Il Generale di Corpo d’Armata Giuseppe Valotto, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, saluta Ivana Spagna prima del concerto tenutosi a Roma il 13 aprile scorso, primo degli eventi celebrativi previsti per il 149° Anniversario della costituzione dell’Esercito Italiano. A destra. L’artista durante l’esibizione di Rapallo.

«famiglia militare» e più in generale al sentimento. È l’amore l’autentico filo conduttore del brano, l’amore da cui si attinge il coraggio e la forza di guardare avanti e di svolgere al meglio il proprio dovere. «Sentinella» racconta, infatti, l’amore di una donna per un militare che una missione di pace in luoghi lontani ha portato a contatto con la devastazione dalla guerra, risvegliando nel suo animo una profonda inquietudine e soprattutto un senso di nostalgia per il suo Paese e per la donna amata. Una nota romantica percorre l’intero testo, lo pervade e ne definisce la struttura profonda. L’immagine dell’amata ispira il pensiero, motiva l’azione, dà senso all’avvenire. Anche laddove non è possibile attribuire un significato, perché c’è morte e distruzione, ci si sforza comunque di trovare una ragione, il senso del proprio compito, del destino del mondo, di una pace continuamente negata. Ed ecco che l’amore per la donna lontana collima e si intreccia con quello, non meno romantico, per la Patria perché quei colori il bianco, il rosso e il verde sono il simbolo, il vessillo dell’Italia sono amore, amore di chi non si arrende. Dalle note della canzone, semplici ma di grande impatto emotivo, si dipana un filo che idealmente collega ogni «sentinel-

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velato una profonda sensibilità «umana» e artistica. Una figura, la sua, che, mettendo da parte l’aspetto retorico, non può non colpire. Non solo un ruolo prestigioso e di responsabilità nell’Esercito Italiano, ma anche «moto perpetuo» nella cultura e nell’arte. Plurilaureato (sette lauree in bacheca) ed eclettico, sempre aperto a nuove esperienze e sempre pronto, si potrebbe quasi dire, a «reinventarsi». Proveniente dal 19° corso dell’Accademia Militare di Modena, continua a mantenere saldo quel legame come relatore e correlatore delle tesi di laurea di tanti giovani Ufficiali delle Accademie Militari. Altrettanto forte è il suo impegno negli Atenei di diverse città italiane, sia come docente che come membro di commissioni.


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Tutto ciò non gli ha impedito di coltivare un’altra passione, altrettanto forte, quella per la musica, leit-motiv della sua esistenza. Una passione genuina, che interagisce, quasi chimicamente, con il genio matematico. E non c’è repulsione tra le due sostanze ma connubio perfetto, mescolanza di elementi, assonanza perfetta. «Un matematico, come un pittore o un poeta, apre dei sentieri. Se i suoi durano più dei loro, è perché sono fatti con le idee», ha scritto il matematico britannico Godfrey Harold Hardy, ma sono le parole di Sofia Kovalevskaya a suggellare il sottile legame: «È impossibile essere un buon matematico se non si è, nello stesso tempo, un po’ poeta». E non si può omettere Aristotele: «Le scienza matematica in particolare mostra ordine, simmetria e limitazione; e queste sono le più meravigliose forme della bellezza». L’insieme dei numeri come opera d’arte, armonia e perfezione. Note musicali e numeri si equivalgono, quindi, quasi si confondono, come spiega lo stesso Iaria: «La mia musica nasce dalla grande passione per la matematica. Numeri, note e armoniche convergono nella trasformata di Fourier e da qui è nato il testo dedicato a tutti i soldati italiani che sono in giro per il mondo e dei quali, dedicando un pensiero particolare a quelli

A destra. Ivana Spagna durante il concerto tenutosi per il 149° Anniversario della costituzione dell’Esercito Italiano. Sotto. Il Tenente Generale Antonino Iaria con Ivana Spagna.

scomparsi durante le diverse missioni italiane, voglio far restare vivo il ricordo». Una dedica speciale e importante che esplicita il messaggio della canzone, la forza dell’amore e il senso della missione, affinché possa arrivare, attraverso la magia delle note, al cuore di ogni soldato impegnato a svolgere il proprio dovere. Ulteriore conferma, questa, del legame simbolico-funzionale tra musica e combattente. D’altronde, da sempre la musica ha cadenzato i momenti più salienti della storia militare. Emblematica è la presenza delle Bande Militari nei diversi Corpi Armati del nostro e degli altri Paesi. La si voglia vedere come canti di guerra, inni nazionali o incitamenti al valore del soldato, la musica va sempre dritta al cuore, veicolando parole semplici ma rievocative di un vero e proprio patrimonio identitario. Sia che infiammi il cuore delle truppe o amplifichi le emozioni del combattente, la musica è suggestione, tende a rafforzare il legame di appartenenza, dà sostegno nei momenti di sconforto. Ma è anche veicolo di sentimenti che ogni Paese nutre nei confronti della propria Forza Armata: orgoglio, ringraziamento, vicinanza e sostegno per il diuturno impegno di quanti, oggi come ieri, sono disposti a sacrificare la propria vita in nome di nobili ideali, della salvaguardia della Patria e delle libere istituzioni. GRELAUR

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RICCARDO DOMINI DISCUTE LA SUA TESI DI LAUREA, SULLA STORIA DELLE FORZE SPECIALI DELL’ESERCITO ITALIANO, ALL’UNIVERSITÀ DI FIRENZE Prosegue la collaborazione con la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università «Cesare Alfieri» di Firenze, questa volta con un testo sintesi di una tesi di laurea sulla Storia delle Forze Speciali dell’Esercito Italiano dagli «Arditi» al «Nono».

Le «Operazioni Speciali» sono quelle operazioni condotte da forze militari o paramilitari specificatamente addestrate, organizzate ed equipaggiate per raggiungere obiettivi politici, militari o economici, utilizzando mezzi non convenzionali, in territorio ostile o politicamente sensibile. Questa definizione, abbastanza generica, può essere utilizzata per tutto il periodo storico dell’evoluzione delle FS (Forze Speciali) italiane. Detto questo, però, dobbiamo notare che gli obiettivi e l’addestramento sono mutati nel tempo. Gli «Arditi» dei Re-

parti d’Assalto, nati il 29 luglio 1917, svolgevano un compito di rottura, per sbloccare la situazione di stallo che si era venuta a creare nella guerra di trincea, molto diverso dall’azione di sabotaggio e contro-sabotaggio svolta dal X reggimento «Arditi» (creato nell’aprile del 1942 come battaglione Sabotatori) nel secondo conflitto mondiale. Il cambiamento operativo e dottrinale nelle operazioni speciali, reso necessario dal diverso teatro di battaglia e dall’avanzamento della tecnologia, continuò anche nel secondo dopoguerra. Grazie alle intuizioni di due Ufficiali del battaglione Sabotatori Paracadutisti (creato nel 1961), il Capitano Rossi e il Capitano Angioni (che seguirono alcuni corsi negli Stati Uniti), alla metà degli anni sessanta si sviluppò una «dottrina italiana delle operazioni speciali». Questa era basata sui concetti di bivalenza operativa (i sabotatori dovevano saper svolgere sia azioni dirette sia indirette, come la guerriglia o l’addestramento di forze locali), polivalenza climatico-ambientale degli operatori (ogni compagnia doveva poter operare in qualsiasi teatro) e l’uso del distaccamento operativo come unità di base. Nel 1975 il battaglione assunse la denominazione di IX Reparto d’Assalto Paracadutisti «Col Moschin» (in onore al IX Reparto d’assalto del Maggiore Messe, che si distinse nella Prima guerra mondiale) e prese in consegna la bandiera del X reggimento «Arditi», portandone avanti le gloriose tradizioni. Gli anni novanta segnarono un altro periodo fondamentale nella crescita professionale delle nostre Forze Speciali, grazie alla partecipazione a numerose missioni all’estero. Dalla Somalia (Missione «IBIS», 1992), alla Bosnia, al Kosovo e a Timor Est, i nostri incursori acquisirono una preziosa esperienza dal

Operatori delle Forze Speciali in addestramento.

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punto di vista tattico-procedurale e operativo dai colleghi americani, inglesi, francesi e di altre Nazioni. L’utilizzo delle Forze Speciali (FS), visti gli esigui numeri del personale e l’elevato costo di addestramento ed equipaggiamento, richiede uno spreco di risorse minimo sia in ambito operativo sia addestrativo. Nelle Nazioni occidentali, questa necessità si è concretizzata con l’istituzione di Comandi centralizzati per l’utilizzo dei reparti FS di qualunque Forza Armata (spesso di Esercito e Marina, in alcuni Paesi anche dell’Aeronautica). Dagli anni ottanta i vari Paesi hanno iniziato l’istituzione dei Comandi unificati, a partire dalla Norvegia nel 1981 (Norwegian Defence Special Command, FSK), seguita dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna nel 1987. Il nostro Paese istituì il «Comando interforze per le Operazioni delle Forze Speciali» (COFS) nel 2004, su iniziativa del Ministro della Difesa, Onorevole Antonio Martino, e del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio Di Paola. Il COFS compie un’operazione di armonizzazione tecnico-procedurale e operativa tra le FS italiane (9° reggimento Paracadutisti d’Assalto «Col Moschin», Gruppo Operativo Incursori della Marina, Reparto Incursori dell’Aeronautica e il Gruppo Interventi Speciali dei Carabinieri) avvalendosi delle FOS (4° reggimento Alpini Paracadutisti, 185° reggimento Acquisizione Obiettivi e Reparto Elicotteri Operazioni Speciali) come supporto nelle azioni operative. Dopo l’attacco dell’undici settembre 2001 e l’evoluzione della situazione internazionale, i Paesi occidentali hanno incre-

Il laureando Riccardo Domini, mentre discute la sua tesi di laurea alla presenza anche di personale della Brigata Paracadutisti «Folgore».

mentato l’utilizzo delle FS per contrastare il fenomeno, non convenzionale, del terrorismo e la presenza di comandi unificati (anche a livello NATO dal 2006, con la nascita del NATO SOF Coordination Center) ha favorito un uso più razionale di questa risorsa strategica. La presenza di un nemico sfuggente, con un’organizzazione flessibile e decentralizzata, richiede un contrasto altrettanto non convenzionale e particolarmente addestrato (il periodo addestrativo arriva quasi a due anni per gli incursori del 9° reggimento «Col Moschin»), che gli Stati hanno trovato nelle FS. In conclusione questo lavoro ha voluto mettere in evidenza un’eccellenza del nostro Paese, che ha segnato la storia mondiale della specialità (gli Arditi della Prima guerra mondiale sono stati i primi reparti speciali del novecento). Le FS, quindi, non devono essere considerate come dei gruppi di «super-uomini», che utilizzano metodi poco ortodossi per risolvere ogni sorta di situazione critica che si viene a creare, ma semplicemente come un eccellente mix di competenze culturali, tecniche e militari utili per raggiungere gli obiettivi strategici del proprio Stato (definiti dalla leadership politica). Riccardo Domini Dottore in Studi Internazionali

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GIOVANI IN ARMI Valori oltre la professione Il tema educativo e pedagogico correlato alla formazione nelle varie professioni è un working in progress: le dinamiche mutevoli della società, così come le diverse culture a confronto, impongono oggi una sempre più forte rivisitazione dell’ambito formativo, soprattutto in campo addestrativomilitare. La stessa riforma della scuola italiana si pone il grande fine educativo di una rivisitazione dell’architettura pedagogica correlata alle esigenze del mondo del lavoro ma anche formative, coniugando i valori fondamentali dell’uomo all’evoluzione delle tecnologie e dei saperi. Questo fa la differenza. «Hic et nunc», ovvero l’evolversi della conoscenza nel presente non è il fine di un’educazione o formazione professionale, ma un aspetto di un impianto poliedrico di saperi, comportamenti, che si fondano su credo e valori trasmessi da generazioni. Abnegazione, tenacia, coerenza, spirito d’iniziativa, altruismo sono solo alcuni aspetti dell’Io del «soldato del futuro» o l’essenza dell’educazione fin dai primi passi dell’uomo? La pedagogia formativa in ogni fase evolutiva dell’uomo, oggi, fa riferimento ad una costante educazione civica o viene lasciato tutto al nozionismo? Superato ampiamente il postulato dello scorso secolo per cui l’alunno non è un soggetto da riempire, ma un individuo le cui potenzialità vanno portate in superficie, a contatto con l’ambiente esterno ed il mondo della conoscenza, attraverso un rapporto circolare in cui educatore, educando e mondo sono immersi in una rete con molti fattori esterni determinanti, allora si può affermare che l’educazione e la trasmissione dei valori sono aspetti mutevoli della vita, che iniziano dalla famiglia per ampliarsi alla società. In tale scenario si collocano anche coloro che, per professione e per missione, decidono di investire sul proprio capitale umano per intraprendere la carriera militare. Sì, perché trattasi di investimento, non di scelta casuale o dettata da una moda. Già questa precisazione fa capire come ci si deve porre davanti a scelte che condizioneranno tutta la propria vita, di uomo e «lavoratore». Da Sparta ad Atene nel corso dei secoli «l’arte militare» così come la preparazione del soldato sono mutati in relazione alle dinamiche sociali, alle usanze locali, alle conoscenze dei materiali e delle loro lavorazioni, ai cambiamenti climatici, ai mercati, ai voleri di imperatori, stati, nazioni.

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Oggi la tecnologia, quale fattore che influenza enormemente la formazione, in qualunque settore e sfera dell’agire umano, pone però dei limiti: si corre il rischio del tecnicismo della didattica, di uno spinto nozionismo, lasciando poco spazio alla formazione civile e valoriale dell’uomo. Un passo ulteriore verso un modello educativo integrato, multidisciplinare lo si è avuto con la legge n. 382 dell’11 luglio 1978 «Norme di principio sulla Disciplina militare», che ha fatto emergere un’etica militare codificata in norme, dove filosofia ed addestramento «corrono» insieme. All’art. 1, secondo capoverso di tale norma, si legge: «compito dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica è assicurare, in conformità al giuramento prestato e in obbedienza agli ordini ricevuti, la difesa della patria e concorrere alla salvaguardia delle libere istituzioni e al bene della collettività nazionale nei casi di pubbliche calamità». Si fa, quindi, esplicito riferimento alla «salvaguardia delle libere istituzioni», indicando specificatamente un modello sociale universale a cui l’impianto normativo culturalmente fa riferimento. A ciò si affiancano altri documenti tra cui la circolare 1000/A/2 «Il manuale del combattente» edita dallo Stato Maggiore dell’Esercito, che enuclea principi elaborati e condivisi in convenzioni internazionali, a cui ne seguono altri sotto il profilo procedimentale, normativo ed etico. Pensiero ed azione, credo e professione, Es ed Io, si integrano nel professionista militare, come già evidenziato da luminari nel settore ieri come oggi. In tale contesto, quindi, si cala l’azione educativa, un percorso complesso ed articolato a livello multidisciplinare, che sa coniugare etica e tecnica, scienza e formazione umanistica in ogni cadetto, giovane in armi a servizio della nazione, del popolo, del mondo. Infine, occorre evidenziare che ciò che fa la differenza è la preparazione umana, il costante riferimento ai valori universali, lo sviluppo di tutte le potenzialità dell’uomo fin dai suoi primi passi, senza lasciare coni d’ombra, vuoti da affidare al motto «hic sunt leones», solo perché non si è data l’opportunità di scoprire quante più «terre» proprie di ogni uomo per costruire solide fondamenta. Fabrizio Pizzamiglio Giornalista


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tiche e dalla resistenza afghana, rappresentano un pericolo di vaste proporzioni nei confronti di chiunque tenti di avventurarsi nel Paese. Principalmente mine antiuomo, mine anticarro e trappole esplosive antesignane dei moderni IED (Improvised Explosive Device). «Armi esotiche», come erano definite da esponenti dell’Intelligence statunitense, che i Mujahideen avevano imparato a costruire sul campo coordinati da esperti militari della CIA e dell’ISI pakistano.

Myanmar o Birmania: dialogo più che sanzioni, di Giovanni Bucciol (pag. 16). Myanmar è l’acronimo indicante la vecchia Birmania, formato dalle iniziali delle sette etnie componenti lo Stato. Si deve alla Giunta Militare nel 1988 il cambio di denominazione, quando sperava di contrastare le spinte secessioniste, specie dei Kachin del Nord, degli Shan del Centro e dei Karen del Sud. Dopo la dura repressione attuata dal Governo contro i monaci e la popolazione nell’ottobre 2007, sono scese in campo le più importanti organizzazioni internazionali per sostenerne le istanze di libertà e benessere volte a un sano sbocco democratico della situazione. Tuttavia, aziende statali indiane, cinesi, tailandesi e persino europee e americane non esitano a fare «affari d’oro» con la Giunta. Quest’ultima intende procedere a riforme burocratiche e sociali, perché sente «il fiato sul collo» dei consoci dell’ASEAN, (l’Associazione dei Paesi del Sud-Est Asiatico), di cui fa parte dal 1997. La Comunità Internazionale vorrebbe che fosse la Cina a far pressione sulla Giunta per i suoi eccessi sulla popolazione e sui prigionieri politici. Tutti, Italia compresa, sono d’accordo nel privilegiare il dialogo per pervenire a una ragionevole soluzione. La situazione si è poi ulteriormente aggravata con lo spaventoso tsunami che ha colpito il Paese all’inizio di maggio 2008. Il Legal Advisor «Tattico» nelle operazioni militari terrestri all’estero, di Enrico Dubolino (pag. 26). Il consulente giuridico è oggi, a pieno titolo, una delle componenti essenziali dello special staff del Comandante del Contingente schierato in Teatro di Operazioni. L’esperienza maturata nell’ambito delle operazioni militari all’estero dell’ultimo decennio ha, peraltro, evidenziato come l’assolvimento delle «missioni» demandate al consulente giuridico presenti uno «spettro» di potenziale implementazione fortemente differenziata. Gli Allievi Marescialli di oggi, di Riccardo Venturini e Luca Giovangiacomo (pag. 32). Oggi l’incarico di Comandante di plotone richiede sempre più responsabilità, motivazione oltre a un adeguato bagaglio di conoscenze Tecnico-Militari. In tal senso la formazione professionale assume un’importanza decisiva. Negli ultimi anni, in questo ambito, la Scuola Sottufficiali dell’Esercito ha ricoperto un ruolo centrale divenendo «fucina» dei nuovi Comandanti di plotone. United States Sergeants Major Academy, di Raimondo Spasiano (pag. 38). La United States Sergeant Major Academy di El Paso, in Texas, rappresenta per i Sottufficiali dell’Esercito statunitense la «casa madre» che crea, sostiene e completa la loro formazione. L’Istituto pone in essere diversi corsi a beneficio del personale della categoria tra i quali il Sergeants Major Course che è l’apice della formazione, anche sul piano internazionale. La robotica sempre più nel futuro, di Pietro Batacchi (pag. 48). La guerra del futuro vedrà un utilizzo sempre più massiccio di sistemi robotizzati. Già adesso l’esperienza maturata sui campi di battaglia negli ultimi anni, in particolare in Iraq, Afghanistan e Pakistan, va in questa direzione. Se gli americani sono stati i primi a sviluppare le applicazioni militari in tale settore, anche l’Italia si rivela un Paese all’avanguardia nell’ambito della robotica terrestre. Speciale EOD-Afghanistan: Operazione Salam, di Fernando Termentini (pag. 58). Il 1° febbraio 1989, dopo dieci anni di presenza in Afghanistan, le truppe dell’ex Unione Sovietica iniziano a lasciare definitivamente il Paese. Milioni di mine, ordigni bellici non esplosi (UXOs), materiale esplodente ancora attivo (Explosive Remnants of the War - ERW) lasciati sul terreno dalle Truppe Sovie-

Speciale EOD - Operazione Salam 2, di Pierluigi Scaratti (pag. 66). Il 1° febbraio 1990 partiva, sotto l’egida dell’ONU con mandato semestrale, la seconda missione di addestramento per lo sminamento a favore delle popolazioni afghane nota come «Operation Salam», ovvero «Operazione Pace». Speciale EOD - La lotta agli ordigni esplosivi improvvisati: Counter-IED, di Giuseppe Fernando Musillo e Domenico Spoliti (pag. 68). La fine della Guerra Fredda ha generato una serie di instabilità locali che hanno dato luogo non solo a missioni di Peacekeeping ma anche a conflitti asimmetrici. Le nostre Forze Armate, in tale contesto internazionale, sono chiamate a coadiuvare Governi locali nell’opera di Nation Building, con tutto ciò che ne deriva, ma anche a fronteggiare azioni terroristiche che possono contare su un elemento in più: il congegno esplosivo improvvisato (Improvised Explosive Device - IED), considerato il pericolo più incombente negli odierni scenari operativi. Speciale EOD - Le «Military Search», di Renato Scudicio (pag. 74). Le recenti operazioni condotte in teatro iracheno e afghano hanno messo in luce la grande minaccia costituita dagli «Improvised Explosive Devices» e la necessità di adottare appropriate misure operative atte a fronteggiarla. In questo scenario assumono un ruolo determinante le Military Search che, supportate da un’adeguata Intelligence, costituiscono la maggiore attività volta al contrasto e alla neutralizzazione del sistema IED. Speciale EOD - Il nuovo Centro di Eccellenza nazionale per il CIED, di Roberto Arcioni (pag. 88). Il delicato scenario internazionale, soprattutto nell’ambito di Teatri Operativi strategici come quello afghano, è minacciato dalla presenza di antichi nemici ancora pericolosi e attivi: mine, ordigni inesplosi, ordigni esplosivi improvvisati. Ciò ha portato alla messa a punto del progetto di costituzione di un Centro di Eccellenza nazionale per il C-IED, a valenza interforze, in grado di fornire supporto addestrativo C-IED alle Forze Armate oltre a un supporto concettuale e organizzativo allo Stato Maggiore della Difesa. Speciale EOD - Presente e futuro dell’Arma del genio - Intervista al Generale di Brigata Antonio Dibello, Ispettore dell’Arma del genio, a cura di Marco Ciampini (pag. 94). Accanto alle funzioni istituzionali relative allo sviluppo dottrinale e tecnico-tattico dell’Arma stessa, si pone l’esercizio della leadership nel settore della Counter-IED e il ruolo svolto in seno a organismi internazionali. Di questo e altro abbiamo discusso con il Generale Dibello, evidenziando i lusinghieri risultati raggiunti e le sfide future che attendono l’Arma del genio. La guerra nel pensiero filosofico, di Sara Greggi (pag. 100). La storia del mondo è dominata dall’antagonismo e dal conflitto. Un percorso tortuoso fatto di sentieri impervi e sconnessi, tutt’altro che lineari. Questo perché il mondo umano è un fitto e complesso reticolato di rapporti e le relazioni tra uomini e Nazioni non sono altro che incastonate in un imperfetto e fragile meccanismo di equilibrio. Fin dall’antichità la guerra, intesa come puro scontro, ha affascinato i più grandi pensatori dell’Umanità, divenendo oggetto di approfondita discussione. Somalia 1995: Operazione «Ibis 3», di Leonardo Prizzi (pag. 116). Operazione «Ibis 3» o «Somalia 3» è la denominazione italiana dell’operazione multinazionale chiamata «United Shield» («Scudo Unito»). L’operazione è stata sviluppata per consentire la ritirata del contingente dei «Caschi Blu» dell’ONU dalla Somalia, nel 1995. Con lo sviluppo dell’«United Shield» aveva termine l’operazione «UNOSOM II» e con essa le speranze della comunità internazionale di avviare un processo di pacificazione in quella terra. Problema tuttora insoluto, i cui effetti negativi agitano ancora quell’area e generano rischi per la sicurezza internazionale.

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(UXOs) and still active explosive material (Explosive Remnants of the War - ERW) left on the ground by the Soviet troops and the Afghan resistance represent a danger of vast proportions for anyone trying to venture in the Country. They are mostly antipersonnel mines, antitank mines and booby traps, forerunners of the modern IEDs (Improvised Explosive Devices). «Exotic Weapons», as they were defined by the U.S. intelligence officials, that the Mujahideen had learned to build on the field, with the supervision of military experts from the CIA and the Pakistani ISI. Myanmar or Burma: Dialogue Rather than Sanctions, by Giovanni Bucciol (p. 16). Myanmar is the acronym indicating the former Burma and is made up by the initials of the seven ethnic groups forming up the State. The change of name, in 1988, was due to the Military Junta who hoped to counter the secessionist forces, especially the Kachin in the North, the Shan of the Centre and the Karen in the South. After the Government’s harsh crackdown against the monks and the population in October 2007, the most important international organizations intervened in support of the demands for freedom and prosperity, aimed at achieving a sound and democratic outcome of the situation. However, Indian, Chinese, Thai and even European and American state-owned companies did not hesitate to make «a big buck» with the Junta. The latter intends to make bureaucratic and social reforms, because it feels «rushed off their feet» by the copartners of ASEAN (Association of Southeast Asian Nations) of which has been member since 1997. The international community would want China to put pressure on the Junta for their excesses on the population and on political prisoners. All, including Italy, have agreed to give priority to dialogue, in view of reaching a reasonable solution. Besides, the situation has further worsened with the terrible tsunami that struck the Country in early May 2008. The «Tactical» Legal Advisor in Land Military Operations Abroad, by Enrico Dubolino (p. 26). The legal advisor is now rightly an essential component of the special staff of the Commander of a Contingent deployed in the Operations Theatre. The experience gained in military operations abroad in the last decade has however brought to light how the performance of the «missions» entrusted to the legal advisor present a highly differentiated «spectrum» of potential implementations. Today’s Marshal Cadets, by Riccardo Venturini and Luca Giovangiacomo (p. 32). Today the task of Platoon Leader requires more and more responsibility and motivation, besides an adequate stock of technical and military knowledge. In this sense, professional training is of the utmost importance. In recent years, in this context, the Army Noncommissioned Officers School has played a central role, becoming a «breeding ground» of the new Platoon Leaders. The United States Sergeants Major Academy, by Raimondo Spasiano (p. 38). The United States Sergeants Major Academy in El Paso, Texas, is the «mother house» of the U.S. Army Noncommissioned Officers, which creates, supports and completes their education and training. The Academy provides various courses for the personnel of the category, including the Sergeants Major Course which is the apex of their training, also at international level. Robotics More and More in Our Future, by Pietro Batacchi (p. 48). The war of the future will see the more and more massive use of robotized systems. The experience acquired in the battlefield in recent years, particularly in Iraq, Afghanistan and Pakistan, already goes in that direction. Although the Americans have been the first to develop these military applications, also Italy proves to be in the forefront in the sector of land robotics. EOD (Explosive Ordnance Disposal)-Special Afghanistan: Operation Salam, by Fernando Termentini (p. 58). On February 1, 1989, after ten years of presence in Afghanistan, the troops of the former Soviet Union begin to leave the Country definitively. Millions of mines, unexploded ordnance

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EOD Special - Operation Salam 2, by Pierluigi Scaratti (p. 66). On February 1, 1990 the second demining training mission in support of the Afghan population began. It is known as Operation «Salam» (Peace). EOD Special - The Fight Against the Improvised Explosive Devices: Counter-IED, by Giuseppe Fernando Musillo and Domenico Spoliti (p. 68). The end of the Cold War has generated a number of local instabilities which resulted not only in missions of Peacekeeping, but also in asymmetric conflicts. In this international environment, our Armed Forces are called to assist the local Governments in their task of Nation Building, with all that comes with it, but also to deal with terrorist actions that can count on an additional element: the Improvised Explosive Device (IED), considered the most impending danger in today’s operational scenarios. EOD Special - The «Military Search», by Renato Scudicio (p. 74). The recent operations conducted in the Iraqi and Afghan theatres have highlighted the serious threat constituted by the «Improvised Explosive Devices» and the need to adopt appropriate operational measures to face up to it. In this scenario, the Military Search operations assume a determinant role because, supported by an adequate intelligence, they are the most crucial activity for contrasting and neutralizing the IED system. EOD Special - The New National Centre of Excellence for C-IED, by Roberto Arcioni (p. 88). The delicate international scenario, especially in strategic Operational Theatres such as the Afghan one, is threatened by the presence of old enemies, still dangerous and active: land mines, unexploded ordnance, improvised explosive devices. This has led to develop a project for the constitution of a national joint Centre of Excellence for C-IED, which can provide C-IED support to the Armed Forces, as well as a conceptual and organizational backing from the General Staff of Defence. EOD Special - Present and Future of the Engineers - Interview with Brigadier General Antonio Dibello, Inspector of the Engineer Corps, by Marco Ciampini (p. 94). Besides the institutional functions related to the doctrinal and techno-tactical development of the Corps itself, there is the exercise of the leadership in the Counter-IED sector and the role played within the international bodies. Of this and more we have discussed with General Dibello, highlighting the results achieved and the future challenges facing the Engineer Corps. War in Philosophical Thought, by Sara Greggi (p. 100). World history is dominated by antagonism and conflict. A winding route made of impassable and rugged paths, anything but linear. This is because the human world is a dense and complex network of relations, and the relations between men and Nations are only inserted in an imperfect and fragile mechanism of balance. Since ancient times, war, intended as pure conflict, has fascinated the greatest thinkers of humanity, becoming the subject of extensive discussions. Somalia 1995: Operation «Ibis 3», by Leonardo Prizzi (p. 116). Operation «Ibis 3» or «Somalia 3» is the Italian denomination of the multinational operation called «United Shield». The operation was developed to in order to allow the withdrawal of the contingent of UN «Blue Berets» from Somalia in 1995. With the development of «United Shield», «UNOSOM II» ended, and so did the hopes of the international community to start a process of pacification in that land. This is still an unsolved problem, whose negative effects continue to trouble the area and cause risks to international security.


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laissés sur le terrain par les troupes soviétiques et par la résistance afghane, constituent un risque majeur pour tous ceux qui voudraient s’aventurer dans le pays. Notamment, mines antipersonnel, mines antichar et pièges explosifs, précurseurs des Engins Explosifs Improvisés modernes (IED: Improvised Explosive Device). Des «Armes exotiques», comme les avaient nommées les représentants du Service de Renseignement américain, que les Mujahideen avaient appris à construire sur le terrain avec l’aide d’experts militaires de la Cia et de l’ISI pakistanais. Myanmar ou Birmanie: Le dialogue à la place des sanctions, par Giovanni Bucciol (p. 16). Myanmar, l’acronyme employé pour désigner l’ancienne Birmanie, est formé par les initiales des sept ethnies qui composent la population du pays. Il fut forgé par la Junte militaire en 1988 dans l’espoir que cette nouvelle dénomination aurait contribué à contrecarrer les pressions sécessionnistes, en particulier celles des Kachin du Nord, des Shan du Centre et des Karen du Sud. Après la dure répression du Gouvernement contre les moines et contre la population en octobre 2007, les principales organisations internationales sont descendues sur le champ de bataille pour soutenir leurs instances de liberté et de bien-être visant à trouver une issue démocratique. Et pourtant, des entreprises indiennes, chinoises, thaïlandaises, voire européennes et américaines font des «affaires d’or» avec la Junte, qui, face à la pression des autres membres de l’ASEAN (Association des Nations de l’Asie du Sud-Est) dont elle fait partie depuis 1997, envisage des réformes bureaucratiques. La Communauté Internationale voudrait que la Chine fasse pression sur la Junte en raison des excès commis sur la population et les prisonniers politiques. Tous les pays, y compris l’Italie, sont d’accord pour donner la priorité au dialogue pour parvenir à une solution raisonnable. De plus, la situation s’est aggravée par suite du tsunami qui a frappé le pays début mai 2008. Le Legal Advisor «Tactique» dans les opérations militaires terrestres à l’étranger, par Enrico Dubolino (p. 26). Aujourd’hui, le conseil juridique est, de plein droit, l’une des composantes essentielles du «special staff» du Comandant du Contingent déployé dans les théâtres opérationnels. L’expérience acquise dans le cadre des opérations militaires menées au cours de cette dernière décennie à l’étranger a montré que les «missions» attribuées au conseil juridique présentent un «spectre» de réalisation potentielle extrêmement différencié. Les Elèves Sous-officiers d’aujourd’hui, par Riccardo Venturini et Luca Giovangiacomo (p. 32). Aujourd’hui, la fonction de Comandant de Peloton implique des responsabilités sans cesse croissante, une forte motivation et un bagage de connaissances techniques et militaires adéquat. Ainsi, la formation professionnelle revêt une importance décisive. Au cours de ces dernières années, l’Ecole de Sous-officiers de l’Armée a joué un rôle primordial, devenant une véritable pépinière de nouveaux Commandants de Peloton United States Sergeants Major Academy, par Raimondo Spasiano (p. 38). La United States Sergeants Major Academy de El Paso, Texas, représente pour les Sous-officiers de l’Armée américaine la «maison mère» qui crée, soutient et complète leur formation. L’Institut organise plusieurs cours pour les sous-officiers, dont le Sergeants Major Course qui constitue le plus haut niveau de la formation, même sur le plan international. La robotique: une présence grandissante dans notre futur, par Pietro Batacchi (p. 48). La guerre du futur aura de plus en plus recours à l’utilisation massive de systèmes robotisés. Aujourd’hui déjà, l’expérience acquise sur les champs de bataille au cours de ces dernières années, notamment en Irak, en Afghanistan et au Pakistan, en est la preuve. Si les Américains ont été les premiers à mettre au point les applications militaires dans ce secteur, il n’en est pas moins vrai que l’Italie est, elle aussi, un pays à l’avant-garde dans le secteur de la robotique terrestre. Spécial EOD - Afghanistan: Opération Salam, par Fernando Termentini (p. 58). Le 1° février 1989, après dix ans en Afghanistan, les troupes de l’ancienne Union Soviétique commencent à quitter définitivement le pays. Des millions de mines, des engins non-explosés (UXOs), des restes explosifs de guerre (Explosive Remnants of the War: ERW)

Spécial EOD - Opération Salam 2, par Pierluigi Scaratti (p. 66). Le 1° février 1990, sous l’égide del’ONU avec un mandat semestriel, commence la seconde mission d’instruction pour le déminage en faveur des populations afghanes, connue sous le nom de «Opération Salam», soit «Opération Paix». Spécial EOD - La lutte contre les engins explosifs improvisés: Counter-IED, par Giuseppe Fernando Musillo et Domenico Spoliti (p. 68). La fin de la Guerre Froide est à l’origine d’instabilités locales qui ont donné lieu à des conflits asymétriques et rendu nécessaires des opérations de Peacekeeping. Dans ce contexte international, les Forces armées italiennes, sont appelées à prêter assistance aux Gouvernements locaux dans l’œuvre de Nation Building, avec tout ce qui en dérive, mais aussi à contrecarrer l’action des terroristes qui comptent sur un éléments de plus: l’Engin Explosif Improvisé, (Improvised Explosive Device IED) considéré comme le danger le plus redoutable dans les théâtres opérationnels modernes. Spécial EOD - Les «Military Search», par Renato Scudicio (p. 74). Les opérations conduites récemment dans les théâtres irakien et afghan ont mis en évidence la gravité de la menace représentée par les Engins Explosifs Improvisés et le besoin d’adopter des mesures opérationnelles appropriées pour y faire face. Dans ce contexte les Military Search qui, avec l’appui du Service de Renseignement, représentent la principale activité visant à contrecarrer et à neutraliser le système des Engins Explosifs Improvisés, sont appelées à jouer un rôle primordial. Spécial EOD - Le nouveau Centre d’Excellence national pour la lutte contre les Engins Explosifs Improvisés (C-IED), par Roberto Arcioni (p. 88). L’équilibre délicat du scénario international, pour ce qui est surtout des théâtres opérationnels stratégiques tels que l’Afghanistan, est menacé par la présence de vieux ennemis, encore actifs et dangereux: mines, engins non-explosés, engins explosifs improvisés. D’où le besoin de mettre au point un projet visant à la création d’un Centre d’Excellence National interarmées pour la C-IED, capable de fournir aux Forces armées un soutien dans le cadre de l’instruction en matière de C-IED et d’assurer l’appui organisationnel de l’Etat Major de la Défense. Spécial EOD - Présent et futur du Génie militaire - Interview au Général de Brigade Antonio Dibello, Inspecteur du Génie militaire, par Marco Ciampini (p. 94). Les fonctions institutionnelles liées au développement doctrinal et technico-tactique de l’Armée, la leadership dans le secteur de la Counter-IED, le rôle au sein des organismes internationaux, les résultats flatteurs obtenus et les défis futurs que devra relever le Génie. Tels sont les thèmes abordés lors de l’interview au Général Dibello. La guerre dans la pensée philosophique, par Sara Greggi (p. 100). L’Histoire du monde est marquée par les conflits et les antagonismes. Un parcours tortueux fait de sentiers impraticables et disloqués. Et ce parce que le monde humain est un réseau de rapports serré et complexe et que les relations entre les hommes et les nations sont enchâssées dans un mécanisme d’équilibres imparfait et fragile. Depuis l’antiquité, la guerre, en tant que simple affrontement, ne cesse de séduire les plus grands penseurs de l’Humanité, devenant l’objet de débats approfondis. Somalie 1995: Opération «Ibis 3», par Leonardo Prizzi (p. 116). Opération «Ibis 3» ou «Somalie 3». Telle est l’appellation italienne de l’opération multinationale appelée «United Shield» («Bouclier Uni»). L’opération a été mise au point en vue du départ de la Somalie du contingent des «Casques Bleus» de l’ONU en 1995. Avec le «Bouclier Uni» l’opération «UNOSOM II» prenait fin, dissipant ainsi tous les espoirs de la communauté internationale quant à la mise en place d’un processus de pacification dans le pays. Un problème non résolu, dont les effets négatifs se font encore sentir dans la région et menacent la sécurité internationale.

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plosionsfähiges Material (Explosive Remnants of the War - ERW), das vor Ort zurückgelassen wurde, sind eine große Gefahr für jeden, der versucht das Land zu bereisen. Vor allem handelt es sich um Landminen, Anti-Panzer-Minen, sowie um explosive Fallen, Vorgänger der heutigen IED (Improvised Explosive Device). «Sowjetische Waffen», sagten Vertreter des US-Geheimdienstes, die die Mujaheddin, im Feld herzustellen gelernt hatten, unter Anleitung von Militärexperten der CIA und des pakistanischen ISI.

Myanmar oder Birmanien: Dialog eher als Sanktionen, von Giovanni Bucciol (S. 16). Myanmar ist das Kürzel, das das ehemalige Birmanien kennzeichnet; es besteht aus den Anfangsbuchstaben der sieben Ethnien die den Staat bilden. Der Namenswechsel ist auf die Militärjunta im Jahre 1988 zurückzuführen, als die Hoffnung bestand, die sezessionistischen Bestrebungen, vor allem der Kachin im Norden, der Shan im Zentrum und der Karen im Süden könnten zurückgewiesen werden. Nach der scharfen, Oktober 2007 von der Regierung verordneten Repression gegen Mönche und Bevölkerung, sind die wichtigsten internationalen Organisationen ins Feld gezogen um die Forderungen nach Freiheit und Wohlergehen im Rahmen einer gesunden Demokratie zu unterstützen und zu verteidigen. Doch die bestehende Situation hindert indische, chinesische, thailändische und sogar europäische und amerikanische Unternehmen nicht daran, mit der Junta großartige Geschäfte zu betreiben. Letztere beabsichtigt bürokratische und soziale Reformen, denn sie fühlt sich von den anderen Mitgliedsländern des ASEAN (Verband der Lander Südost-Asiens), dem sie seit 1997angehört, «sehr beobachtet». Die Internationale Gemeinschaft wünscht, China möge Druck auf die Junta ausüben, wegen ihrer Übergriffe auf die Bevölkerung und wegen der politischen Häftlinge Alle sind einverstanden, Italien inklusive, dem Dialog den Vorrang einzuräumen um zu einer angemessenen Lösung zu gelangen. Die Situation hat sich durch den fürchterlichen Tsunami, der das Land Anfang Mai 2008 heimgesucht hat, zusätzlich verschlechtert.

EOD Spezial - Operation Salam 2, von Pierluigi Scaratti (S. 66). Unter der Schutzherrschaft der UNO begann am 1. Februar 1990, mit halbjährlichem Mandat, die zweite Ausbildungs-Mission zu Entminungs-Maßnahmen zugunsten der afghanischen Bevölkerung, bekannt als «Operation Salam», bzw. «Operation Frieden». EOD Spezial - Der Kampf gegen die IED-Waffen: Counter-IED, von Giuseppe Fernando Musillo und Domenico Spoliti (S. 68). Der Ende des Kalten Krieges hat eine Reihe von lokalen Ungleichgewichten verursacht, die wiederum zu einer Reihe nicht nur von Peacekeeping Missionen geführt haben, sondern auch zu asymmetrischen Konflikten. Unsere Streitkräfte sind in diesem internationalen Kontext aufgefordert, die nationalen Regierungen beim «Nation Building» und allem was dazugehört, zu unterstützen, sondern auch Terroraktionen zu bekämpfen, die auf eine gefährliche Waffe bauen können: die IEDWaffe (Improvised Explosive Device), die in den heutigen operativen Szenarien als größte Gefahr erachtet wird. EOD Spezial - «Military Search», von Renato Scudicio (S. 74). Die jüngsten, auf dem irakischen und afghanischen Schauplatz geführten Operationen haben die grosse, von den IED-Waffen (Improvised Explosive Devices) ausgehende Gefahr hervorgehoben, sowie die Notwendigkeit, angemessene Maßnahmen zur Bekämpfung ihres Einsatzes vorzusehen. In diesem Szenario gewinnt die Military Search eine besondere Bedeutung, die mit Hilfe einer angemessenen Intelligence das angemessendste Mittel zur Bekämpfung und Neutralisierung der IED bildet.

Der «taktische» Legal Advisor bei den militärischen terrestrischen Operationen im Ausland, von Enrico Dubolino (S. 26). Der Legal Advisor oder Rechtsberater ist heute ein wesentliches Team-Element des Kommandanten eines Kontingents das an entsprechenden Schauplätzen stationiert ist. Die im Bereich der Militäroperationen im Ausland gemachten Erfahrungen im Laufe des letzten Jahrzehnts haben unter anderem dazu geführt zu erkennen, dass die Ausführung der dem Rechtsberater übertragenen «Missionen» ein «Gespenst» potentieller, stark differenzierter Implementation darstellen.

EOD Spezial - Das neue nationale Exzellenzzentrum für C-IED, von Roberto Arcioni (S. 88). Das heikle internationale Szenario, vor allem das der strategischen operativen Schauplätze wie z.B. Afghanistan, ist vom Vorhandensein alter, immer noch wirksamer und gefährlicher Feinde bedroht: Minen, Blindgänger, improvisiertes explosives Material. Dies hat zur Definition des Projektes geführt, durch das ein nationales Exzellenzzentrum für C-IED eingerichtet werden soll, das den verbundenen Kräften dienen und Unterstützung bei der C-IED Ausbildung leisten soll, sowie eine konzeptuelle und organisatorische Unterstützung des Generalstabs des Heeres.

Die Feldwebel-Ausbildung heute, von Riccardo Venturini und Luca Giovangiacomo (S. 32). Heute erfordert der Auftrag als Abteilungs-Kommandant nicht nur ein umfassendes technisch-militärisches Wissen sondern auch immer mehr Verantwortung und Motivation. In diesem Sinne kommt der Berufsausbildung eine immer grössere Bedeutung zu. In den letzten Jahren hat die Unteroffiziers-Schule des Heeres eine zentrale Rolle gespielt, und ist zur «Werksatt» neuer Abteilungskommandanten geworden.

EOD Spezial - Gegenwart und Zukunft des Pionierkorps - Interview mit Brigadegeneral Antonio Dibello, Inspektor des Pionierkorps, von Marco Ciampini (S. 94). Neben den institutionellen Funktionen hinsichtlich der doktrinalen sowie technisch-taktischen Entwicklung des Heeres besteht die Ausübung der Leadership im Bereich Counter IED und die innerhalb der internationalen Organismen gespielte Rolle. Darüber und über weitere Aspekte haben wir mit General Dibello gesprochen, die äußerst positiven Resultate ansprechend und die zukünftigen Herausforderungen, die auf das Pionierkorps zukommen.

United States Sergeants Major Academy, von Raimondo Spasiano (S. 38). Die United States Sergeants Major Academy von El Paso, in Texas, ist für die Unteroffiziere der US-Armee das «Mutterhaus», das ihre Ausbildung gestaltet, unterstützt und vervollkommnet. Das Institut führt eine ganze Reihe unterschiedlicher Kurse zu Gunsten des Personals der entsprechenden Kategorie durch, unter anderem den Sergeants Major Course, höchster Ausdruck der Ausbildung auch auf internationaler Ebene. Der Robotik gehört die Zukunft, von Pietro Batacchi (S. 48). Die Kriege der Zukunft werden immer mehr mit großem Einsatz von robotisierten Systemen geführt werden. Bereits heute geht der Trend in diese Richtung, wie die Erfahrungen insbesondere im Irak, Afghanistan und Pakistan zeigen. Wenn die Amerikaner auch die ersten gewesen sind, die die militärische Anwendung der Robotik ausgearbeitet haben, so beweist sich Italien jedoch als Vorreiter im Bereich der Terrestrischen Robotik. EOD Spezial - Afghanistan: Operation Salam, von Fernando Termentini (S. 58). Am 1. Februar 1989, nach zehn Jahren Anwesenheit in Afghanistan, beginnen die Truppen der ehemaligen Sowjetunion endgültig das Land zu verlassen. Millionen Minen, Blindgänger (UXOs), noch ex-

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Der Krieg im philosophischen Gedanken, von Sara Greggi (S. 100). Antagonismus und Konflikt dominieren die Geschichte der Welt. Ein steiniger, schwieriger Weg, der alles andere als linear verläuft. Dies ergibt sich aus der Tatsache, dass die Menschheit auf einem dichten Netz von Beziehungen aufbaut, im Rahmen dessen die Beziehungen zwischen Menschen und Nationen nur fragile Elemente eines unperfekten Gleichgewichtsmechanismus sind. Seit der Antike hat der Krieg, als reine Auseinandersetzung verstanden, die größten Denker der Menschheit fasziniert und zu tiefgehenden Diskussionen geführt. Somalia 1995: Operation «Ibis 3», von Leonardo Prizzi (S. 116). Operation «Ibis 3» oder «Somalia 3», ist die italienische Benennung der multinationalen, «United Shields» genannten, Operation. Die Operation wurde entwickelt, um 1995 den Rückzug des Kontingents der UN-Blauhelme aus Somalia zu ermöglichen. Mit der Ausarbeitung von «United Shields» endete die Operation «UNOSOM II» und mit ihr gingen die Hoffnungen der internationalen Gemeinschaft verloren, in diesem Land einen Befriedungsprozess verwirklichen zu können. Das Problem ist noch immer ungelöst, die negativen Auswirkungen erschüttern noch immer das Gebiet und verursachen Risiken für die internationale Sicherheit.


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na, constituyen un ingente peligro par cualquiera que se aventure en el país. Principalmente minas antipersonal, minas anticarro y trampas explosivas precursoras de los modernos artefactos explosivos improvisados (IED: Improvised Explosive Device), «armas exóticas», como las denominaban los representantes de la Inteligencia estadounidense, que los Mujahideen habían aprendido a construir en el terreno mismo, con la ayuda de expertos militares de la CIA y del ISI pakistaní.

Myanmar o Birmania:más diálogo y menos sanciones, Giovanni Bucciol (pág. 16). Myanmar, el acrónimo usado para designar la que fuera en una época Birmania, está formado por las iniciales de las siete etnias que integran el Estado. Lo acuñó la Junta militar en 1988 en la esperanza de que este cambio de denominación habría contribuido a contrarrestar las presiones secesionistas, y en particular las de los Kachin del Norte, de los Shan del Centro y de los Karen del Sur. Tras la dura represión del Gobierno contra los monjes y la población en octubre de 2007, se lanzaron al ruedo importantes organizaciones internacionales para apoyar sus instancias de libertad y bienestar encaminadas a un sano restablecimiento de la democracia. Sin embargo, empresas públicas indias, chinas, tailandesas y hasta europeas y norteamericanas, no vacilan en hacer «negocios de oro» con la Junta. Esta tiene intensión de emprender reformas burocráticas y sociales, al sentirse presionada por los otros socios de la ASEAN (Asociación de las Naciones del Sureste Asiático), a la que adhirióen 1997. La Comunidad internacional quisiera que fuera China la que presionara la Junta para que dejara de cometer excesos contra la población y los presos políticos. Todos los países, Italia inclusive, coinciden en privilegiar eldiálogo para encontrar una solución razonable. Además, la situación se agravó con el terrible tsunami que azotó el país a principios de mayo de 2008. El Legal Advisor «Táctico» en las operaciones militares terrestres en el extranjero, Enrico Dubolino (pág. 26). Hoy en día, el asesor jurídico es, de pleno derecho, uno de los componentes esenciales del «special staff» del Comandante del Contingente desplegado en el teatro de operaciones. La experiencia adquiridaen el ámbito de las operaciones militares en el extranjero durante este último decenio, evidenció, entre otras cosas, que el desempeño de las funciones atribuidas al asesor jurídico presenta un «espectro» de implementación potencial extremadamente diferenciado. Los cadetessubtenientes de hoy, Riccardo Venturini y Luca Giovangiacomo (pág. 32). Hoy día, el cargo de Comandante de Pelotón implica responsabilidades cada vez mayores y fuerte motivación además de un bagaje apropiado de conocimientos técnico-militares. Así, la formación profesional cobra una importancia decisiva. En estos últimos años, la Escuela de Suboficiales del Ejército desempeñó un papel primordial,convirtiéndose en una «fábrica» de nuevos Comandantes de Pelotón. United States Sergeants Major Academy, Raimondo Spasiano (pág. 38). La United States Sergeants Major Academy de El Paso, en Texas, representa para los Suboficiales del Ejército estadounidense la «casa madre» que crea, apoya y completa su formación. El Instituto organiza varios cursos para el personal, y en particular el Sergeants Major Course, que es el punto culminante de la formación, inclusive a nivel internacional. La robótica cada vez más presente en el futuro, Pietro Batacchi (pág. 48). La guerra del futuro hará uso cada vez más masivo de sistemas robotizados. Lo confirma la experiencia madurada en estos últimos años en los campos de batalla, en particular en Irak, Afganistán y Pakistán. Que los americanos hayan sido los primeros en desarrollar las aplicaciones militares de dichos sistemas, no quita que Italia es un país a la vanguardia en el sector de la robótica terrestre. Especial EOD -Afganistán: Operación Salam, Fernando Termentini (pág. 58). El 1° de febrero de 1989, tras diez años de presencia en Afganistán, las tropas de la ex Unión Soviética empezaron su retirada definitiva. Millones de minas, municiones no explotadas (UXOs), restos explosivos de guerra aún activos (Explosiv Remnants ofthe War-ERW) dejados en el terreno por las tropas soviéticas y la resistencia afga-

Especial EOD - Operación Salam 2, Pierluigi Scaratti (pág. 66). El 1° de febrero de 1990, partía, bajo la égida de la ONU con mandato semestral, la segunda misión para el desminado en beneficio de la poblaciones afganas, conocida como «Operation Salam», es decir, «Operación Paz». Especial EOD - La lucha contra los artefactos explosivos improvisados: Counter-IED, Giuseppe Fernando Musillo y Domenico Spoliti (pág. 68). El término de la Guerra Fría originó instabilidades locales que volvieron necesarias misiones de Mantenimiento de la Paz pero que también generaron conflictos asimétricos. En semejante contexto las Fuerzas armadas italianas habrán de brindarle asistencia a los Gobiernos locales en las operaciones de Nation Building, con todo lo relacionado, sino que también deberán contrarrestar acciones de terroristas que cuentan con un elemento más a su favor: el artefacto explosivo improvisado (Improvised Explosive Device - IED), considerado como el mayor peligro en los teatros operativos modernos. Especial EOD - Las «Military Search», Renato Scudicio (pág. 74). Las recientes operaciones llevadas a cabo en los teatros iraquí y afgano evidenciaron la grave amenaza que representan los artefactos explosivos improvisados y la necesidad de adoptar medidas operativas apropiadas para afrontarla. En este escenario, desempeñan un papel primordial las Military Search que, con el apoyo de un Servicio de Inteligencia eficiente, constituyen la principal acción encaminada a contrarrestar y neutralizar el sistema de los IED. Especial EOD - El nuevo Centro de Excelencia nacional para los CIED, Roberto Arcioni (pág. 88). El equilibrio delicado del escenario internacional, sobre todo en el ámbito de los Teatros Operativos estratégicos como el afgano, está amenazado por la presencia de antiguos enemigos aún peligrosos yactivos: minas, municiones no explotadas, artefactos explosivos improvisados. De ahí la necesidad de un proyecto para la constitución de un Centro de Excelencia nacional para el C-IED; un centro interfuerzas encargado de la instrucción de la Fuerzas armadas en materia de C-IED además de asegurar el apoyo conceptual y organizativo del Estado Mayor de Defensa. Especial EOD - Presente y futuro del Cuerpo de Ingenieros - Entrevista con el general de brigada Antonio Dibello, Inspector del Cuerpo de Ingenieros, Marco Ciampini (pág. 94). Además de las funciones institucionales relacionadas con el desarrollo doctrinal y técnico-táctico del Cuerpo de Ingenieros, cabe mencionar el liderazgo en el sector de la Counter-IED y el papel desempeñado en los organismo internacionales. De esto y de mucho más hemos hablado con el General Dibello, evidenciando los resultados lisonjeros logrados y los retos futuros que habrá de afrontar el Cuerpo de Ingenieros. La guerra en el pensamiento filosófico, Sara Greggi (pág. 100). La historia del mundo está dominada por el antagonismo y el conflicto. Un recorrido tortuoso hecho de senderos intransitables e incomunicados, en absoluto lineares. Eso se debe a que el mundo de los humanos es una red compleja y tupida de relaciones y las relaciones entre hombres y naciones encajan en un imperfecto y frágil mecanismo de equilibrios. Desde la antigüedad, la guerra, considerada como mero enfrentamiento, viene fascinando a los grandes pensadores de la Humanidad, volviéndose objeto de profundizadas discusiones. Somalia 1995: Operación «Ibis 3», Leonardo Prizzi (pág. 116). Operación «Ibis 3» o «Somalia 3», es la denominación italiana de la operación multinacional llamada «United Shield» («Escudo Unido»). La operación ha sido desarrollada para permitir la retirada de Somalia del contingente de los Cascos Azules de la ONU en 1995. Con el «United Shield» finalizaba la operación «UNOSOM II» y con ésta se agotaban las esperanzas de la comunidad internacional de iniciar un proceso de pacificación en ese territorio. Un problema aún pendiente, cuyas repercusiones siguen atormentando esa región y haciendo peligrar la seguridad internacional.

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finitivamente o país. Milhões de minas, ordenhos bélicos nãoexplodidos (UXOs), material explosivo ainda activo (Explosive Remnants of the War - ERW) deixados no terreno pelas Tropas Soviéticas e pela resistência afegã, representando um perigo de vastas proporções para quem quer que se tente aventurar no país. Principalmente minas anti-homem, minas anti-carro e armadilhas explosivas precursoras dos modernos IED (Improvised Explosive Device). «Armas exóticas», como eram definidas por exponentes do Intelligence dos Estados Unidos, que os Mujahideen tinham aprendido a construir em campo coordenados por especialistas militares da CIA e do ISI paquistanês. Myanmar ou Birmânia: diálogo mais do que sanções, de Giovanni Bucciol (pág. 16). Myanmar é o acrónimo que indica a antiga Birmânia, formado pelas iniciais das sete etnias que compõem o Estado. Deve-se à Junta Militar, em 1988, a mudança de denominação, quando esperava contrastar as correntes separatistas, especialmente dos Kachin do Norte, dos Shan do Centro e dos Karen do Sul. Após a dura repressão efectuada pelo Governo contra os monges e a população em Outubro de 2007, desceram à arena as mais importantes organizações internacionais para apoiar as instâncias de liberdade e de bem-estar viradas para um são desembocar democrático da situação. Todavia, empresas estatais indianas, chinesas, tailandesas e até europeias e americanas não hesitam em fazer «negócios de ouro», com a Junta. Esta última pretende proceder com reformas burocráticas e sociais, porque sente a pressão dos com-sócios da ASEAN, (Associação dos Países do Sudeste Asiático), da qual faz parte desde 1997. A Comunidade Internacional queria que fosse a China a pressionar a Junta pelos seus excessos sobre a população e sobre os prisioneiros políticos. Todos, incluindo a Itália, estão de acordo em privilegiar o diálogo para conseguir uma solução razoável. A situação agravouse ulteriormente com o assustador tsunami que atingiu o país no início de Maio de 2008. O Legal Advisor «Táctico» nas operações militares terrestres no estrangeiro, de Enrico Dubolino (pág. 26). O consultor jurídico é hoje, a título completo, um dos componentes essenciais do special staff do Comandante do Contingente formado no Teatro de Operações. A experiência maturada no âmbito das operações militares no estrangeiro da última década evidenciou, para além do mais, como a isenção das «missões» delegadas ao consultor jurídico apresente um «espectro» de potencial implementação fortemente diferenciada. Os Alunos Marechais de hoje, de Riccardo Venturini e Luca Giovangiacomo (pág. 32). Hoje, o cargo de Comandante de Pelotão requer sempre maior responsabilidade, motivação, para além de uma adequada bagagem de conhecimentos Técnico-Militares. Neste sentido, a formação profissional assume uma importância decisiva. Nos últimos anos, neste âmbito, a Escola de Sub-Oficiais do Exército recobriu um papel central tornando-se a «forja» dos novos Comandantes de Pelotão. United States Sergeants Major Academy, de Raimondo Spasiano (pág. 38). A United States Sergeants Major Academy de El Paso, no Texas, representa para os Sub-Oficiais do Exército dos Estados Unidos a «casa-mãe» que cria, mantém e completa a sua formação. O Instituto põe em prática vários cursos em benefício dos pessoal da categoria entre os quais o Sergeants Major Course que é o ápice da formação, mesmo no plano internacional. A robótica cada vez mais no futuro, de Pietro Batacchi (pág. 48). A guerra do futuro verá uma utilização cada vez mais maciça dos sistemas robotizados. Já hoje, a experiência maturada nos campos de batalha nos últimos anos, em particular no Iraque, Afeganistão e Paquistão, vai nesta direcção. Se os americanos foram os primeiros a desenvolver as aplicações militares em tal sector, também a Itália se revela um país de vanguarda no âmbito da robótica terrestre. Especial EOD - Afeganistão: Operação Salam, de Fernando Termentini (pág. 58). A 1 de Fevereiro de 1989, após dez anos de presença no Afeganistão, as tropas da ex-União Soviética começam a deixar de-

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Especial EOD - Operação Salam 2, de Pierluigi Scaratti (pág. 66). A 1 de Fevereiro de 1990 partia, sob a protecção da ONU e com mandato semestral, a segunda missão de treino para o desminamento a favor das populações afegãs conhecida como «Operation Salam» ou seja, «Operação Paz». Especial EOD - A luta contra os ordenhos explosivos improvisados: Counter-IED, de Giuseppe Fernando Musillo e Domenico Spoliti (pág. 68). O fim da Guerra Fria gerou uma série de instabilidades locais que deram lugar não só a missões de Peacekeeping mas também a conflitos assimétricos. As nossas Forças Armadas, em tal contexto internacional, são chamadas a coadjuvar Governos locais na obra de Nation Building, com tudo aquilo que daí deriva, mas também a enfrentar acções terrorísticas que podem contar com mais um elemento: o engenho explosivo improvisado (Improvised Explosive Device - IED), considerado um perigo mais incumbente nos cenários operativos odiernos. Especial EOD - As Military Search, de Renato Scudicio (pág. 74). As recentes operações conduzidas em teatro iraquiano e afegão puseram em foco a grande ameaça constituída pelos Improvised Explosive Devices e a necessidade de adoptar apropriadas medidas operativas aptas a enfrentá-la. Neste cenário assumem um papel determinante as Military Search que, suportadas por uma adequada Intelligence, constituem a maior actividade virada para o contraste e a neutralização do sistema IED. Especial EOD - O novo Centro de Excelência Nacional para o CIED, de Roberto Arcioni (pág. 88). O delicado cenário internacional, sobretudo no âmbito de Teatros Operativos estratégicos como aquele afegão, é ameaçado pela presença de antigos inimigos ainda perigosos e activos: minas, ordenhos não-explodidos, ordenhos explosivos improvisados. Isto levou a um aperfeiçoamento do projecto de constituição de um Centro de Excelência nacional para o C-IED, o poder inter-forças, capaz de fornecer apoio adestrativo C-IED às Forças Armadas para além de um apoio conceptual e organizativo do Estado Maior da Defesa. Especial EOD - Presente e futuro da Arma del genio - Entrevista ao General da Brigada António Dibello, Inspector da Arma del genio, ao cuidado de Marco Ciampini (pág. 94). Ao lado das funções institucionais relativas ao desenvolvimento doutrinal e tecnico-táctico da própria Arma, põe-se o exército da leadership no sector da Counter-IED e o papel desempenhado no seio de organismos internacionais. Sobre isto e muito mais, discutimos com o General Dibello, evidenciando os satisfatórios resultados atingidos e os desafios futuros que esperam a Arma del genio. A guerra no pensamento filosófico, de Sara Greggi (pág. 100). A história do Mundo é dominada pelo antagonismo e pelo conflito. Um percurso sinuoso feito de caminhos impérvios e desconexos, tudo menos lineares. Isto porque o mundo humano é um cerrado e complexo reticulado de relações e as relações entre Homens e Nações não estão nada mais do que encastoadas num imperfeito e frágil mecanismo de equilíbrio. Desde a antiguidade a guerra, entendida como um puro combate, fascinou os maiores pensadores da Humanidade, tornando-se objecto de discussão aprofundada. Somália 1995: Operação «Ibis 3», de Leonardo Prizzi (pág. 116). Operação «Ibis 3» ou «Somália 3», é a denominação italiana da operação multinacional chamada «United Shield» («Escudo Unido»). A operação foi desenvolvida para consentir a retirada do contingente, dos «Capacetes Azuis» da ONU, da Somália, em 1995.




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