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3. Conseguenze sulle vite dei fratelli Levi
“ho mezzo riprodurne quante copie vuoi in una ora di tempo. E una terrò io”
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Advertisement
. Ai primi del nuovo anno gli propone: «Volevo scriverti per parlarti di un’appendice di cinque o sei pagine che vorrei – sempre che tu lo gradisca – mettere in coda al tuo “Trattato della pittura»
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.
Nel corso dei mesi, la collaborazione con Ballo prende altre forme. In maggio l’editore manda a Levi uno schema di voci per un dizionario delle arti; spera in un incontro ai primi di giugno, quando passerà per Firenze di ritorno da un viaggio a Roma; il progetto sfuma: in quei giorni Levi non è in città
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3. Conseguenze sulle vite dei fratelli Levi
La corrispondenza con i familiari e con Paola Olivetti rivela le conseguenze delle leggi antiebraiche sulla vita di tutti i giorni. Il 28 agosto 1940 Paola scrive a Carlo, ancora in Francia, da Forte dei Marmi: alcuni amici devono lasciare la stazione balneare a causa delle nuove disposizioni per cui ebrei e stranieri “non possono stare sulle coste né nei luoghi di villeggiatura troppo eleganti”
28. Poi arriva il divieto di usare
l’automobile29
. Nel settembre 1941 è ancora Paola a informare Carlo dei problemi sorti per l’affitto dello studio a Firenze
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.
Nella primavera del 1942 comincia la precettazione al lavoro. Alla fine di maggio, Luisa chiede a Carlo quali sono le sue intenzioni: “a Torino c’è tempo fino al 15 giugno. Io intendo iscrivermi per la mia professione. Tu che cosa hai fatto?”
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. Negli stessi giorni, Carlo aveva inviato le carte al prefetto di Torino; in quanto residente all’estero – scriveva – non crede di essere obbligato a presentare “la dichiarazione agli effetti della precettazione. Nell’incertezza però di precise disposizioni al riguardo, egli presenta comunque, “ad abundantiam” un curriculum. Levi specifica di avere ancora residenza in Francia, mentre il suo domicilio è tra Alassio, “dove dirige, dopo la morte del Padre, la propria azienda agricola”, e Firenze “dove è il suo studio di pittura”. Quando è necessario, soggiorna a Torino, dove sta “presso la vecchia madre”. Di professione fa il
25 Ivi, Carlo Mollino a Carlo Levi, 28 dicembre 1943. 26 Ivi, Carlo Mollino a Carlo Levi, 2 gennaio 1943. 27 Ivi, Ferdinando Ballo a Carlo Levi, lettere del 17 e 18 maggio, e del 7 giugno 1943; telegramma del 2 giugno 1943. 28 ACS, FCL, b. 29, fasc. 997, Paola Olivetti a Carlo Levi, 28 agosto 1940. 29 Ivi, Paola Olivetti a Carlo Levi, 28 settembre 1940. 30 Su questo cfr. supra al capitolo precedente. 31 FL, Firenze, Luisa Levi a Carlo Levi, 26 maggio 1942
pittore, e ha realizzato anche lavori d’arte decorativa per ditte toscane. È stato ufficiale medico nel Regio Esercito, dichiara capacità lavorative “in relazione alle proprie attività artistiche e scientifiche”
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Riccardo, il primo agosto 1942, appena arrivato ad Alassio, scrive a Carlo: “Pare che il pericolo di licenziamento sia svanito felicemente; con mezzi generali e non particolari. Nulla è tuttora deciso, però”. La lettera affronta un altro problema: dal maggio 1942 era vietato qualsiasi “trasferimento estivo” a coloro che potevano essere precettati per il lavoro.
Premetto che noi di Ivrea abbiamo ora regolare permesso. [...] Resta il tuo. Occorre una domanda alla questura del tuo luogo di residenza, in carta bianca. Da questa Questura viene inoltrata di ufficio domanda a quella di Savona e dopo la risposta di questa (pure d’ufficio) tu avrai il tuo permesso. A meno che, essendo tu rimpatriato, non abbia bisogno di niente. Vedi tu. Comunque io non posso far nulla, né io, né altri, se non è stata seguita questa procedura
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Carlo finisce di preparare la domanda solo un mese dopo. Levi si dichiara “comproprietario della casa e del terreno agricolo sito in Alassio, Regione Costa 10, già residente all’estero” e “abitante per causa della sua arte in varie città d’Italia, e attualmente a Firenze”; chiede l’autorizzazione a recarsi e a soggiornare ad Alassio “periodicamente ogni qual volta sia necessario”; il permesso dovrebbe avere durata indefinita, o di almeno un anno
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All’inizio del 1942, la sorella Lelle si era sposata e trasferita a Napoli, la città del marito Dino Sacerdoti. L’estate seguente, dopo avere avuto alcuni seri problemi, Lelle ha bisogno di un periodo di convalescenza e riposo; Luisa dà notizie a Carlo:
32 FC, CL, due lettere manoscritte indirizzate al prefetto di Torino; il testo che si cita, è datato 26 maggio 1942. 33 FL, Firenze, Riccardo Levi a Carlo Levi, 1 agosto 1942; per la restrizione degli spostamenti imposta nel maggio 1942, cfr. Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista cit., p. 167. 34 Se ne trova una copia in FC, CL.
Ormai [Lelle] è quasi in condizioni di poter viaggiare, e può darsi che andiamo tutti insieme a Torino in settimana, poi ad Alassio. Lei verrebbe in montagna, ma è troppo difficile trovare posto confortevole, accessibile e … permesso
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I primi forti bombardamenti su Torino contribuiscono a far crescere l’ansia; il 22 novembre, dopo l’arrivo della madre e della sorella ad Ivrea, Riccardo scrive a Carlo:
Se poi capiterà qualche guaio anche qui, si farà quel che si potrà. È il momento di avere gli occhi aperti e non lasciarsi né impressionare né isolare. Scrivi […]
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Il 30 ottobre 1941, l’anagrafe di Torino rilascia un certificato di nascita per “Levi Carlo Graziadio di razza Ebraica”
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. Le limitazioni ai diritti civili decretate dalle leggi razziali comprendevano anche i diritti di proprietà. Per esempio, i beni immobili che eccedevano una certa soglia di valore erano sottoposti a vendita forzata o venivano acquisiti e amministrati dall’EGELI
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. La formulazione della legge era tale da lasciare ampi margini di arbitrio nella sua applicazione. Questo non significa che l’esito sia stato meno grave; Daniela Adorni ha scritto che “le interpretazioni fin troppo zelanti e certo biecamente persecutorie dei poteri periferici, e soprattutto di quell’altro centro di potere che l’EGELI mirava a divenire” erano tese ad eliminare ogni possibilità di elusione della legge
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. Su questo aspetto specifico delle leggi razziali e sul comportamento degli italiani non ebrei si sa ancora poco
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35 FL, Firenze, Luisa Levi a Carlo Levi, 2 agosto 1942. 36 Ivi, Luisa e Riccardo Levi a Carlo Levi, 22 novembre 1942. 37 Il certificato si trova in FC, CL. 38 Sull’Ente di gestione e liquidazione immobiliare (EGELI), cfr. anche supra al capitolo precedente. 39 Su questo cfr. D. Adorni, Modi e luoghi della persecuzione (1938-1943), in L’ebreo in oggetto. L’applicazione della normativa antiebraica a Torino 1938-1943, a cura di F. Levi, Silvio Zamorani editore, Torino 1991, pp. 39-117, in part. pp. 61 e 70, da cui si cita. Su tali questioni si veda anche Le case e le cose: la persecuzione degli ebrei torinesi nelle carte dell’EGELI, 1938-1945, a cura di F. Levi, Compagnia di San Paolo, Torino 1998. 40 Per qualche notizia su quanto accadde a Firenze, cfr. Razza e fascismo. La persecuzione contro gli ebrei in Toscana, a cura di E. Colotti, Carocci, Roma 1999; A. Minerbi, La comunità ebraica di Firenze (1931-1943) (in ivi, pp. 115-222) informa che nel 1939 l’avvocato Gaetano Casoni acquistò un’azienda tessile di Prato, sottoposta a vendita forzata perché di proprietà ebrea (p. 168). Casoni fu protagonista del tentativo di mediazione tra CTLN e fascisti per il pacifico trapasso dei poteri cittadini all’inizio dell’estate 1944. Su questi fatti, a lungo oggetto di polemica, Casoni scrisse un memoriale, pubblicato nel 1946 (G. Casoni, Diario fiorentino. Giugno-Agosto 1944, Firenze 1946). Il Partito d’Azione e il Partito Comunista bloccarono il negoziato, decisi a non fare concessioni ai fascisti. Su Casoni si veda anche Calamandrei, Diario cit., II, p. 430.
Nelle richieste di passaporto, Levi si definisce “direttore di azienda agricola”. Non è costretto a dichiarazioni di razza: i passaporti italiani non riportarono mai la dicitura “ebreo”, secondo una disposizione che intendeva favorire l’espatrio
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. La famiglia conserva la casa e il podere di Alassio, e le case di Torino. Nell’estate del 1941, Luisa, Lelle e Annetta Treves si trasferiscono in via Casalis, e intendono affittare la casa di via Bezzecca. Non è così semplice: “Tutti insistono per comprare via Bezzecca ma finora nessuno vuole affittare. Faremo una inserzione”
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. Forse è a questo che si riferisce Carlo, scrivendo da Firenze ai primi di giugno: “Sono curioso di sapere l’esito della stima di Mollino, e la eventuale offerta di quei candidati compratori della casa”
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. Ancora nei primi mesi del 1942, Luisa tiene informato il fratello di questo affare “che non accenna a risolversi”
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. Nel corso dell’anno la casa è trasformata in acquartieramento per l’esercito, forse sono gli uffici della Commissione d’armistizio tra Italia e Francia. L’esercito paga un affitto, anche se lo fa in ritardo
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. Il primo dicembre 1942 Luisa scrive a Carlo dopo i bombardamenti su Torino: “La palazzina è sventrata. La bomba è entrata nella parte tua per il mio studio ed è scoppiata in cantina uccidendo 6 soldati”
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. Sin dal 1941 si erano aggiunte altre due case, l’eredità di una zia morta da poco. Nel giugno di quello stesso anno, Carlo scrive in due lettere successive: “Io sono sempre più del parere che bisogna vendere subito le due case della zia”; “Cercate di vendere le due case della zia: la cosa mi pare necessaria e urgente”. La corrispondenza di quegli anni fa allusione ad altri inquilini, tuttavia non è sempre chiaro quale fosse la gestione e se tutto il patrimonio fosse stato conservato. Dopo la guerra, i Levi ottengono un rimborso dall’EGELI
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Nel 1939 Luisa Levi è obbligata a lasciare il suo lavoro di medico psichiatra che svolgeva presso l’ospedale psichiatrico di Collegno (Torino). All’inizio del 1940 progetta di emigrare negli Stati Uniti, e discute questa possibilità con Carlo, all’epoca
41 FC, CL; per le norme in materia, cfr. Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista cit., p. 167. 42 ACS, FCL, b. 22, fasc. 762, Luisa a Carlo Levi, 25 giugno 1941. 43 FL, Carlo Levi ad Annetta Treves, 4 giugno 1941 (data del timbro postale). 44 FL, Firenze, Luisa Levi a Carlo Levi, 9 febbraio 1942. 45 Per tutto questo, cfr. FL, Firenze, lettere di Luisa a Carlo Levi del 1942 e del 1943, passim. La Commissione d’armistizio è nominata in una lettera di Luisa Levi, 20 maggio 1945. 46 FL, Firenze, Luisa Levi a Carlo Levi, cartolina postale, 1 dicembre 1942. 47 FL, due comunicazioni dall’Istituto di San Paolo di Torino del 16 novembre 1945 (“In riferimento alla Sua richiesta di rimborso del saldo relativo alle gestioni emarginate […]”) e del 22 novembre 1945
ancora in Francia
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. Come lui, sceglierà di restare in Italia. Negli anni seguenti sarà costretta ad occuparsi solo degli affari di famiglia: la conduzione della casa e del podere di Alassio, le questioni legate agli immobili di Torino, i problemi della vita quotidiana della famiglia (malattie, matrimoni, nascite, morti, successioni ereditarie). Si prende molta cura del fratello Carlo: gli fa trovare pronta la casa di Alassio ogni volta che lui ci deve andare; si occupa dell’imballaggio e della protezione dei quadri rimasti a Torino, e del loro trasloco quando bisognerà salvarli dai bombardamenti; aiuta a organizzare lo studio di Firenze; nel luglio 1943 Luisa si trasferisce a Firenze per aiutare da vicino Carlo detenuto alle Murate; riparte, proprio alla vigilia del 25 luglio, per correre a Torino di nuovo bombardata.
Riccardo e Lelle avevano le loro famiglie a cui pensare, Carlo era lontano e preso dai suoi impegni: su Luisa gravavano quasi tutte le incombenze comuni e la cura della madre. Nei primi mesi del 1943 scrive a Carlo esasperata: non intende andare avanti così, tanto più che tutto il parentado la considera libera da altre occupazioni, e quindi riversa su di lei tutte le richieste, le esigenze e le lamentele. Carlo cerca di procurarle dei lavori come educatrice privata presso alcune famiglie di Firenze; la trattativa che va più lontano è quella con la famiglia Contini Bonacossi
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. Ma gli sviluppi della guerra sconvolgono tutti i piani. Dopo l’8 settembre 1943, come ha scritto Michele Sarfatti, alla persecuzione dei diritti si unisce la persecuzione delle vite degli ebrei: ormai ci sono solo il costante pericolo di deportazione e la necessità di nascondersi
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Per Lelle, che vive a Napoli, la guerra termina alla fine del 1943; Firenze è liberata nell’estate 1944; solo alla liberazione del nord, la famiglia intera riannoda i contatti dopo venti mesi di separazione. Il 17 maggio 1945 Luisa da Ivrea scrive alla sorella:
Noi stiamo tutti benissimo, grazie a dio, e ce la siamo cavata felicemente. Siamo senza notizie vostre, attendiamo qui Carlo che ci promette una visita.
(“[…] Provvederemo a trasmettervi il rendiconto relativo non appena ci sia pervenuto il benestare dell’Egeli.”). 48 FL, Carlo Levi a Luisa Levi, lettere da Parigi del 29 febbraio e del 15 marzo 1940. 49 FL, Firenze, Luisa Levi a Carlo Levi, 17 marzo, 2, 5 e 9 aprile 1943. All’epoca Levi doveva già conoscere abbastanza bene Sandrino Contini Bonacossi, su cui si veda infra, cap. 5, par. 1, nota 43. 50 Cfr. Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista cit., p. 236. Riccardo Levi ha intitolato Clandestinità totale il capitolo delle sue memorie in cui parla di questo periodo, cfr. Ricordi politici cit., p. 51.
Il valoroso amico che spero ti porti questa lettera ti dirà dove siamo state e come abbiamo vissuto. Ora siamo tutti salvi e felici. Purtroppo sono stati presi dai tedeschi: Franco, i vostri zii Mordo, Renzo Fubini, sposo di Marisetta, Guido Varzi con la bimba Anna e Vittorina a San Remo, il tipografo Cesare Levi, e altri amici e parenti lontani. Degli altri parenti nostri abbiamo tutte buone notizie. Non ne posso più di vederti. Come sarà possibile? Scrivi per ora all’ospedale psichiatrico di Torino […] dove spero di riprendere servizio fra pochi giorni […]
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Appena possibile, Luisa Levi riprende il suo posto a Collegno. Torna a Firenze nell’ottobre 1945 per partecipare al primo congresso dell’Unione delle Donne Italiane
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. Un anno dopo la Liberazione, la Società Italiana di Psichiatria le chiede il rinnovo dell’iscrizione, e pretende le quote arretrate. Dopo il secondo sollecito, Luisa risponde:
È assolutamente intollerabile che si osi richiedermi il pagamento degli anni arretrati; e di quegli anni in cui, per la campagna razzista di cui fu uno dei maggiori esponenti il vostro defunto presidente prof. Donaggio, io fui forzatamente allontanata dalla psichiatria e dalla vita civile. Sarò lieta di riprendere i rapporti con la Società, senza pagare alcuna quota arretrata, se avrò sufficienti assicurazioni che la Società stessa sia stata convenientemente epurata, e sia attualmente retta con criteri di democrazia, antifascismo e antirazzismo
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51 FL, Luisa Levi a Lelle Levi, 17 maggio 1945. 52 Sul primo congresso dell’UDI, cfr. “NdP”, edizioni del 20, 22, 23, 24 ottobre 1945. 53 FL, minuta di Luisa Levi, 9 aprile 1946. Sul prof. Arturo Donaggio (1868-1942), cfr. Dizionario Biografico degli Italiani, XLI, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 1992, ad vocem; l’autore della voce non ha segnalato che Donaggio fu uno degli scienziati fascisti razzisti che il 14 luglio 1938 firmarono il cosiddetto Manifesto della razza. Il nome di Donaggio si trova, tra l’altro, anche nella nota scritta in proposito da Luigi Sacconi sulla prima pagina della “NdP”, 14 luglio 1945, ed. del mattino.