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3. Viaggi, bombardamenti e un rifugio in piazzale Donatello
monte e prendere quello della Vagner al piano terreno? Sarà certo bello ma costa 500 lire”
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. Dopo due mesi in cui alterna soggiorni a Torino, Alassio e Firenze, dove è ospite da Paola oppure sta in albergo, Levi si accorda con la Vagner, e prima della fine di novembre riprende lo studio di piazzale Donatello 18
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. Non è ancora la sistemazione definitiva. La corrispondenza dei mesi seguenti mostra che Levi è ancora in cerca di casa. Lo aiuta l’amico Alberto Carocci, e si rivolge anche a un’agenzia immobiliare, ma sembra che sia stata la sorte a decidere per lui: si libera un atelier accanto al suo, si mette d’accordo col vecchio inquilino e la nuova padrona di casa. Il 22 aprile 1942, la sorella Luisa scrive per la prima volta in piazza Donatello 19: “Auguri per il nuovo studio. Scrivimi a Torino quali sono gli oggetti che ti occorrono per l’ambientazione”
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3. Viaggi, bombardamenti e un rifugio in piazzale Donatello
Ai traslochi si aggiungono i viaggi frequenti. Carlo discute degli affari di famiglia con la sorella Luisa, che reclama la sua collaborazione. C’è da preoccuparsi del podere di Alassio, che dal 1941 è affidato a mezzadria alla famiglia Cardone
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. “Alassio” non è solo un’azienda dove si seguono i raccolti e si suddividono le parti coi mezzadri, ma anche il luogo delle vacanze, dove a febbraio fa già caldo, a marzo si fanno i primi bagni dell’anno, e l’estate dura sino a ottobre. Nella villa che fu del padre, si ritrovano parenti e amici. Prima di andarci, Carlo si mette d’accordo con Luisa, in modo da trovare pronti al suo arrivo cavalletto, tele e colori.
A Torino Levi ci va meno spesso, e forse meno volentieri, solo per questioni di famiglia – come nell’ottobre 1942, per il funerale dello zio Marco Treves
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– o quando è necessario per il suo lavoro, per vendere quadri, oppure realizzarne qualcuno di nuovo: accetta di fare ritratti su commissione, anche se poi non sempre riesce a concludere. Nel marzo 1942 Luisa gli scrive a Firenze:
Ho telefonato a Laura la quale dice che la sua amica […] aveva già due volte quasi combinato con te per il ritratto del figlio, e due volte tu sei partito, per cui ha cambiato idea. Ora si esclude che faccia fare il ritratto del figlio, ma se tu verrai a Torino è
35 ACS, FCL, b. 29, fasc. 997, Paola Olivetti a Carlo Levi, lettere del 2 e del 3 ottobre 1941. 36 FC, CL, ricevuta d’affitto (22 novembre-31 dicembre 1941), firmata Maria Vagner. 37 FL, Firenze, Luisa Levi a Carlo Levi, cartolina postale, 22 aprile 1942. 38 Dopo l’8 settembre 1943, la famiglia di Riccardo Levi ricorrerà a questo nome per nascondere la propria vera identità (si veda Levi, Ricordi politici cit., pp. 57-60).
probabile che ti prenda un quadro; Laura dice però che non ti promette nulla, che questo non sarebbe motivo per venire a Torino, e che per combinare con quella signora bisogna stare parecchi giorni perché è lenta a decidersi
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La corrispondenza allude alla possibilità di visite a Roma e a Milano, presso amici e conoscenti. Per le vacanze, la destinazione non è sempre Alassio: nell’agosto 1942 Levi passa qualche giorno a Siena con Paola Olivetti, forse prima di proseguire verso l’Umbria
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. Insomma, tenere uno studio aperto a Firenze non significa vivere sempre in città e – visto il ritmo degli spostamenti – non stupisce che alla fine del 1942 Piero Calamandrei, che forse lo incontrava per la prima volta, considerasse Levi un “fuggiasco da Torino”:
Ieri l’altro sera ci fu qui un breve allarme di un’ora, pare per un errore dovuto a un aereo italiano che aveva smesso di fare i segnali: tutta la gente scese terrorizzata nei rifugi: svenimenti e preghiere. […] Dal pittore Levi, fuggiasco da Torino, ho saputo ieri sera episodi raccapriccianti. In uno stabile crollato sotto le cui macerie dopo dieci giorni erano ancora le vittime sepolte, egli ha visto i soccorsi esterni consistenti in ciò: che di fuori introducevano tubi di gomma fra le rovine e vi insufflavano ossigeno […]. A Torino ormai anche le persone cosiddette benestanti dormono in dieci per stanza
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Giovanni Ansaldo è coinvolto nei gruppi antifascisti negli anni Venti, poi fa scelte diverse e diventa un giornalista a pieno servizio del regime fascista: dal 1937 al 1943 è direttore del “Telegrafo”, il quotidiano di Livorno di proprietà della famiglia Ciano. Gli Ansaldo erano genovesi. Il 23 ottobre 1942, Giovanni scrive alla sorella, dopo il bombardamento di Genova: è finita l’illusione che “gli anglosassoni, nella loro azione aerea facessero una discriminante tra italiani e tedeschi. Siamo purtroppo alla pari”. Il giorno dopo non ha ancora ricevuto nessuna brutta notizia personale: “penso quindi che
39 FC, CL, Paola Olivetti a Carlo Levi, 4 ottobre 1942. 40 FL, Firenze, Luisa Levi a Carlo Levi, 11 marzo 1942. 41 FL, Firenze, Luisa Levi a Carlo Levi, 14 agosto 1942; la lettera spedita a Firenze fu girata presso la pensione Ravizza di Siena; Luisa scriveva: “Vai a Assisi! che bello!”. 42 Calamandrei, Diario cit., II, 16 dicembre 1942, p. 95.
tutto, dai parenti ed amici alla casa, sia a posto. Riprendiamo a sperare infaticabilmente in bene”
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Eugenio Montale, da Firenze, scrive a Giacomo Debenedetti il 29 ottobre: “dal nostro ultimo incontro mi son successi grossi guai: è morta mia madre ed è andata distrutta, tabula rasa, la mia casa di Genova, con tutti i miei libri (i due fatti, morte e distruzione, sono avvenuti però indipendentemente l’un dall’altro)”
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Nelle settimane successive arrivano notizie tremende dalle grandi città del nord. A novembre, anche a Firenze ci si attende il peggio: “mentre la popolazione scappa in massa da Genova, Torino e Milano e le famiglie invadono le campagne e le stazioni termali, si va diffondendo l’angoscia per il timore delle incursioni aeree”. Nel suo diario, Calamandrei descrive i rifugi antiaerei con toni da farsa, annota le voci che circolano in città, racconta i preparativi delle casse di libri e di vestiti da mandare nella casa di campagna. “La famiglia Codignola, Calasso, Devoto, sono in cerca di case a Montevarchi, a Pistoia, a Prato; ma non si trova più nulla. Si sente parlare di richieste pazzesche: 500 lire a stanza al mese; 10.000 lire al mese per una vecchia villa cadente”. “I torinesi e i genovesi vengono qui (Firenze ne è piena), ma i fiorentini scappano a Siena e a Arezzo: e gli aretini scappano nelle ville”. Verso la metà del dicembre 1942, la radio inglese diffonde la lista delle città che saranno bombardate per ragioni militari; Firenze è compresa per la presenza delle officine Galileo, del Pignone e della Fiat
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. Un rapporto di fine mese sullo “spirito pubblico” compilato da un confidente OVRA riprende le stesse voci registrate da Calamandrei:
Grande impressione per i bombardamenti, si temono incursioni su Firenze si ride dei ricoveri che non sono idonei. Gente che ascolta radio straniere, e che ne propaga le notizie, ingigantendole. Si precisa il giorno che gli inglesi bombarderanno Firenze, l’uomo della strada ne è impressionato, c’è chi ne gode, tanto che circola questa facezia: chi vuol vedere Pompei, vada a Firenze il 26
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43 Il brano è pubblicato in G. Ansaldo, Il giornalista di Ciano. Diari 1932-1945, introduzione di G. Marcenaro, il Mulino, Bologna 2000, p. 310. 44 E. Montale, Lettere a Giacomo Debenedetti (1922-1947), a cura di E. Gurrieri e con una premessa di G. Luti, “il Vieusseux”, a. VII, gennaio-aprile 1994, pp. 57-100, la lettera citata è alle pp. 98-99. 45 Tutte le notizie e le citazioni di questo capoverso da Calamandrei, Diario cit., II, pp. 83-88. 46 Cfr. Il fronte interno a Firenze 1940-1943. Lo spirito pubblico nelle “informazioni fiduciarie” della polizia politica, a cura di R. Martinelli, Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Storia, Firenze 1989, p. 302; l’informazione è ripetuta in un rapporto successivo a fine mese, p. 304. Per l’identificazione
Si trattava di un falso allarme. I bombardamenti alleati su Firenze cominceranno solo dopo l’8 settembre 1943, ma l’illusione di immunità dalle bombe di cui parla Ansaldo doveva essere davvero andata in pezzi con le case di Genova. Il 30 ottobre 1942 Luisa Levi scrive a Carlo:
Mi si consiglia anche di imballare gli oggetti di valore in vista di pericoli di bombardamenti. Farò il minimo possibile perché non ho mezzi né aiuti. Vuoi prendere qualche provvedimento per i tuoi quadri? […] Qui sono tutti allarmati ma finché piove a questo modo non c’è pericolo
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Tre settimane dopo, Carlo Chevallard, dirigente di un’azienda di Torino, comincia il suo diario sotto le bombe:
Il 18 e il 20 novembre abbiamo avuto a Torino il nostro collaudo. Il primo bombardamento effettuato nella notte sul 19 per una durata di circa tre quarti d’ora causò danni notevolissimi; il secondo dei danni addirittura terrificanti. Secondo la radio inglese abbiamo avuto il privilegio del più forte bombardamento sinora effettuato sul continente (54 bombe da 2000 kg!).
Alcuni quartieri sono “letteralmente arati”. Al risveglio – se mai qualcuno ha dormito –, la città è popolata dei “visi attoniti, sbalorditi della gente che gira per le strade con l’aria di volersi rendere conto, di riemergere dall’abisso in cui è piombata”. I tram si sono fermati dove li ha sorpresi l’allarme “(manca l’energia su tutta la rete) hanno l’aria di muti testimoni del flagello che si è abbattuto sulla città”. Chevallard è colpito dalla rabbia popolare contro il regime e contro il Duce: “quasi nessuno inveisce contro gl’inglesi che fanno la loro guerra, ma tutti se la prendono con chi ci ha portato a questo frangente”. Nel giro di un paio di giorni la città è abbandonata in “proporzioni che superano ogni immaginazione”:
dell’autore del rapporto, ipotizzata proprio sulla base del Diario di Calamandrei, cfr. l’introduzione di Martinelli, pp. 67-68. 47 FL, Firenze, Luisa Levi a Carlo Levi, 30 ottobre 1942.
qualunque mezzo è buono, dall’autocarro al triciclo, dal carro alla bicicletta. Signore in pelliccia sedute su carri, donne in bicicletta con il carico di una coperta e di qualche masserizia indispensabile, automobili che viaggiano su cerchioni; è una confusione generale di tutti i ceti sociali, riuniti da un unico comune denominatore, il panico
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Luisa Levi rientra a Torino da Alassio giusto per assistere ai bombardamenti descritti da Chevallard. Le case dei Levi hanno fortuna: solo vetri rotti in via Casalis. Anche Luisa lascia Torino appena può. Il 22 scrive dalla casa di Riccardo, a Ivrea:
Il nostro alloggio ha le finestre rotte e manca di acqua luce e gas! Ma nulla è guasto del mobilio. È stata una notte tremenda e ci è andata già bene. Molti nostri amici sono senza casa […]. I tuoi quadri sono imballati come meglio ho potuto in casa, i quattro più importanti in cantina avvolti in coperte di lana.
Riccardo aggiunge:
spero di riuscire a portare qui tutti o alcuni dei tuoi quadri. Potrò trattenerli o, se credi, spedirteli. O anche, cosa che ci farebbe molto piacere, potresti anche venire a prenderteli. Comunque spero che qui, loro e noi, saremo al sicuro
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Il 19 novembre, già prima di mezzogiorno, a Firenze tutti discutono della prima notte di bombe su Torino
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. Carlo scrive agli amici per avere notizie. Nel giro di qualche settimana gli rispondono in piazza Donatello il pittore Felice Casorati, l’architetto Carlo Mollino, la vedova di Piero Gobetti Ada Marchesini, la casa editrice Einaudi, il pittore Piero Martina, e altri ancora
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. Rassicurazioni e sollievi arrivano già travolti dai nuovi bombardamenti: le incursioni si susseguono fino a dicembre. Laura Vita scrive il 29 novembre:
48 Tutte le citazioni da C. Chevallard, Torino in guerra, diario 1942-1945, Le bouquiniste, Torino 1974, pp. 15-16 (un’edizione integrale del diario è stata pubblicata a cura di R. Marchis, nel volume Torino in guerra tra cronaca e memoria, a cura di R. Roccia, G. Vaccarino, presentazione di A. Galante Garrone, Torino 1995). 49 FL, Firenze, Luisa e Riccardo Levi a Carlo Levi, 22 novembre 1942. 50 ACS, Polizia politica, b. 231, fasc. 1, rapporto fiduciario, 19 novembre 1942: “Già prima di mezzogiorno d’oggi, a Firenze, si sapeva che Torino era stata violentemente bombardata la notte scorsa.
Di bocca in bocca, le cattive notizie straripano da ogni parte in questa città assetata d’informazioni sensazionali, e così la perniciosa ed insidiosa propaganda londinese soverchia e svaluta quella di Roma. […]”.
Ho avuto questa mattina la tua del 23. Questa notte o la scorsa notte come più ti piace abbiamo avuto anche noi la casa mezza scassata. […] Ora mi telefona Carlino che una bomba è caduta in Via Bezzecca con gravi danni, e anche in Via Casalis le cose non sono allegre – perché sono cadute dentro le imposte ed è tutto aperto – se non gravi come in Via Bezzecca. I tuoi quadri, sia in casa che in deposito Beltrami sono salvi. Luisa è ad Ivrea, o ad Alassio. […] Anche Vittorini è a Torino. Quello che succede è terribile, anche se siamo coi nervi a posto.
Quando la casa di via Bezzecca viene danneggiata, durante il bombardamento del 28 novembre, almeno un centinaio dei quadri di Levi sono già stati trasferiti a Ivrea, ma altri ancora erano rimasti nella vecchia casa di famiglia e in vari depositi, anche presso amici. Levi si decide ad andare a vedere di persona quel che è accaduto a Torino. La sua preoccupazione si può intuire attraverso una lettera di Paola Olivetti, da Firenze, il 5 dicembre 1942:
spero tu possa almeno trovare i tuoi quadri. Sono molto in pensiero per te, un po’ perché ho paura dei bombardamenti sulla tua sacra testa, un po’ perché ho paura che tu non trovi più né casa né quadri e temo tu ne abbia un dispiacere troppo grande
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Nel periodo in cui ci visse Levi, piazzale Donatello non sembra essere solo il fulcro del quartiere degli artisti, bensì un crocevia di persone ed eventi. Doveva esserci un rifugio antiaereo, e di certo vi si trovava una sede della milizia fascista
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; il comunista Cesare Massai ricorda che nel febbraio 1944 sfumò un attentato dei GAP contro il console della milizia, l’azione si trasforma in un attacco a un’altra pattuglia repubblichina in piazzale Donatello
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La sera dell’8 settembre 1943, dopo l’annuncio dell’armistizio, i dirigenti del PdA fiorentino si danno appuntamento al Cimitero degli inglesi – quella “isola di cipressi” in
51 Tutte le lettere si trovano in FC, FL. 52 FC, CL, Paola Olivetti a Carlo Levi, 5 dicembre 1942. 53 Non sono riuscito a verificare con certezza la presenza del rifugio antiaereo, ma ne ho trovato allusione nella testimonianza di Alberto Predieri, citata infra, nota 58. La presenza della sede della milizia si ricava con certezza dal rapporto in ACS, Polizia politica, b. 231, 23 gennaio 1942.
mezzo al piazzale Donatello – che, stando al ricordo di Maria Luigia Guaita, resta il luogo di ritrovo abituale del gruppo “per tutto il periodo della Resistenza”
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. Qualche settimana dopo, il comunista Mario Spinella – arrivato a Firenze proprio in quei giorni – trova una stanza in piazzale Donatello “presso una vecchia signora”. Il piazzale doveva essere già stato colpito dalle bombe sganciate dagli aerei alleati il 25 settembre 1943, nell’incursione che aveva per bersaglio il nodo ferroviario di Campo di Marte.
Nella primavera 1944, l’avvocato Luigi Boniforti – arrestato dai fascisti nell’autunno 1943 – è fatto evadere dalla clinica di piazzale Donatello, dove aveva ottenuto d’essere trasferito per l’aggravarsi della sua ulcera
56. In seguito, Boniforti
assumerà un ruolo di primo piano nel CTLN.
Il 16 agosto 1944, durante la battaglia per la liberazione di Firenze, il piazzale è teatro di uno scontro tra partigiani e tedeschi, che lasciano “sul terreno una mitragliatrice pesante e sei uomini”
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Dopo la liberazione, per qualche tempo Levi riprenderà a vivere al numero 19. La guerra ha provocato danni all’edificio e la proprietaria reclama un aumento dell’affitto, giustificato anche dalle spese di restauro che ha sostenuto da sola, senza ricorrere ai sussidi e all’assistenza del genio civile
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. Non risulta che Levi abbia accettato il ritocco; alla fine del 1945 chiuderà definitivamente casa e studio.
54 Cfr. la testimonianza di Cesare Massai in I compagni di Firenze. Memorie della Resistenza (1943/1944), Istituto Gramsci Toscano, Firenze 1984, pp. 195-219, l’episodio è ricordato a p. 209. 55 M. L. Guaita, Storie di un anno grande, La Nuova Italia, Firenze 1975, pp. 4-5. 56 Tra le tante testimonianze si vedano: T. Codignola, Lotta per la libertà, Relazione del Comitato esecutivo uscente della Sezione di Firenze letta all’Assemblea generale dell’11 febbraio 1945, [Roma, 1945], ora in Id., Scritti politici, La Nuova Italia, Firenze 1987, I, pp. 48-115, in part. p. 71; Guaita, Storie di un anno grande cit., che racconta le vicende della fuga nel capitolo La valigia di Ugo (“Ugo” era il nome falso di Boniforti). 57 A. Predieri, La battaglia partigiana per la liberazione di Firenze (3 agosto-1° settembre 1944), “Il Ponte”, a. I, n. 5, agosto 1945, pp. 430-443. 58 FC, CL, lettera del 2 febbraio 1945; la padrona di casa di Levi firma in modo illeggibile, e non sono riuscito a sapere quale fosse il suo nome.