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Come mai tanti antichi pacifici approdi in Sicilia di- ventano cruenti nel secolo VIII?

razioni estende il proprio potere – attestando ancora così il suo sangue dorico – sulle città di impronta greca; forse può contare su un più solido apporto militare dalla madre patria. Facilita tale congresso la "mala signoria" politica usata dai Corinziani col popolo indigeno inglobatosi nella nascente Siracusa.

Come mai tanti antichi pacifici approdi in Sicilia diventano cruenti nel secolo VIII?

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Gli insediamenti stranieri in Sichelia paiono talvolta caratterizzati da una generale tolleranza: il costoso dono dei templi lo comprova, da Agrigento a Selinunte a Segesta. Gli attriti sono tra gli ospiti – Fenici contro Greci, Greci contro nuovi Cretesi, questi contro fenici di Cartago – ma tutti donano in pace aree sacre ai Sicani e rispettano luoghi sacri come Eryx, Adranos, Hyblaia. Non si hanno edificazioni di templi invece lungo tutta la costa dal Peloro a Capo Passero. Dobbiamo seguire codesta traccia per risalire alle più antiche frequentazioni tra Sicani e Siculi e gli ospiti giunti dal secolo VIII.

La prima ed ovvia conseguenza di tale osservazione è che l'entroterra siciliano è fuori dalla portata conquistatrice degli uomini insediati lungo la costa. Tanto vale che i legami (la possibilità di acquistare del cibo) coi gruppi dell'interno si mantengano buoni.

Ricordiamo che le vendite siciliane sono molto attese, e sono costituite da vasellame in metallo e ceramica,

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stagno e rame (questo prodotto e ritrovato in forme di 3 cm di spessore quadrangolari smussate per il trasporto a spalla): gli stranieri sono interessati al guadagno assicurato da tali merci. Entrare in aperto conflitto cogli indigeni significa pregiudicare la continuità dei transiti dei prodotti per antichissima prassi (abbiamo già citato il verso di Omero).

Tale rapporto di collaborazione/avversione si acuisce in seguito, durante i topici fatti siciliani entro gli accadimenti della guerra del Peloponneso, con la divisione dei locali in gruppi pro o contro Atene, a seguire i positivi o negativi rapporti avuti cogli Elleni in fase di colonizzazione delle coste della Sicilia.

Dal 1280 a.C. (o con minore certezza dal 1030 a.C.) Siculi e Sicani si fronteggiano forse militarmente e la terra di confine tra le due stirpi diviene quella indicata dal passaggio di un meridiano immaginario sulla città di Enna. Il "bicchiere campaniforme" si rinviene solo ad ovest. La presenza dei Siculi sulla costa orientale da quel secolo pare eviti in qualche modo che la medesima area diventi meta per l'approdo dei legni dorici con mezzo millennio di anticipo. Quando ciò accade i Cretesi approdano, come visto, a Gela quasi tra i Sicani ma distanti dai centri fenici, e si danno da fare per impadronirsi dei possedimenti Greci nel siracusano.

I Siculi in quel tempo a volte aggrediscono ed a volte si accordano con i nuovi arrivati Greci, tentando di evitare lo scontro armato: indicativa è la volontà politica di

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un re siculo, Iblone, che offre dei territori per la trasformazione di Iblea – sito marittimo commerciale – in Megara Iblea città autonoma (T. VI, 4). Megara è in contrasto sin dal primo giorno con gli occupanti di Siracusa.

Si può accettare l'idea opposta, cioè che un popolo invasore conquisti un territorio colla forza delle armi, e faccia sorgere su di esso una città cui dà nome Megara Iblea in onore dei vinti di Ibla? No. Come Catana non ebbe nome in onore degli sconfitti Catanei che la eressero ben prima della "fondazione" greca.

Possiamo ritenere, grazie anche alle fonti e non alle supposizioni, che lì coabitano i Siculi con dei profughi greci cacciati in precedenza da una città siciliana di nome Tapso governata dai Calcidesi.

I Megaresi, "dopo averla abitata 245 anni, furono cacciati via dalla zona da Gelone, re di Siracusa (T. VI, 4)". Sappiamo però che Gelone compie detta impresa nel VIV secolo, e ciò fa risalire la nascita della grande Megara Iblea a due secoli e mezzo addietro. Nel VII secolo i Megaresi hanno già fondato Selinunte, e nel IV secolo fondano Taormina. Gelone persegue ancora la politica Cretese avversa gli altri Greci: non è folle credere che il popolo siculo delle città orientali grecizzate lo guardi con simpatia. Oltre al legame siculo/cretese egli non lesina risorse per farsi benvolere dai siculi cui offre lode ai loro dei.

Pone ora un dilemma una frase di Strabone: "Anche Catania è fondata dagli abitanti di Nasso, e Tauromenium è fondata dagli Zanclei di Ibla (S. VI, 2, 3)".

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Re Iblone correla infatti il suo nome (o meglio il nome della dea cui dedica se stesso) ai centri di Hybla Geleatis (Ibla Geleatide, tra Catania e Centuripe, affidata ai riti religiosi della omonima confraternita di indovini; Cicerone li conosce come rivelatori dei messaggi dei sogni), Hybla Erea (sopra Ragusa) e Hybla Maggiore pure ad nord di Siracusa (oltre l'Hybla donata ai Megaresi). Possiamo forse dire che anche Messina, confusamente eppur sempre sicula, rientra sotto il dominio di uno dei re di Sicilia, al centro di un bel regno in vita certamente nel periodo VIII-VII secolo avanti Cristo?

Non manca in tale regno il suo unificante culto, cosicché abbiamo nei pressi della prima Iblea notizie di un tempio dedicato ad Hyblaia, una dea indigena, molto adorata nella Sichelia, in concorrenza con l'Afrodite della sicana Erice.

Non si deve anche ignorare la assonanza onomastica dei nomi Talia, ninfa madre e generatrice, presenza divina della conosciutissima zona etnea, e Italia, per quanto riscontrato che raggruppa le vicende dei Siculi al tempo del re Italo tra le due sponde dello Stretto. Talia nella mitologia classica è una delle Cariti, ed è una delle nove muse (la musa della commedia, quella nata guarda caso in Sicilia, nelle corti siceliote, con Epicarmo) tutte comunque figlie di Zeus. L'area che anche può aver donato il suo nome alla intera penisola, restando più nel vero, è la Vitulia, nutrice di sacri armenti, forse gli stessi depredati dalla disobbediente ciurma di Odisseo.

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