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Sono vere vittorie quelle sui Popoli del mare?
from SICULI
l'imploriamo".
"Guarda. Ho distrutto la tua fama per sempre. Dalla tua bocca non verrà più alcuna minaccia contro l'Egitto". Conclude il "Procreato da Ra", in presenza dei suoi sacerdoti e del proprio popolo provato da anni di razzie e di guerra.
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Sono vere vittorie quelle sui Popoli del mare?
Tali cruente e sanguinose vittorie fiaccano il potere di Ramsete III, e non lo si può negare. Di ciò forse tenta di avvantaggiarsene la variegata casta sacerdotale, di fatto sovrana su diverse e ricche sedi di culto; è assodato che il faraone lascia il regno ad un Ramesse IV che non riesce a frenare (e non sarebbe riuscito a farlo nessun regnante, sanguinario o meno, almeno non durante una fase di migrazioni umane) il declino politico, sociale e perfino morale del paese. L'Egitto, dopo i faraoni neri di Nubia, si avvia definitivamente ad essere, specialmente nel settore settentrionale, quella terra di transito di varie popolazioni nomadi o di contadini o di commercianti greci che sappiamo.
Pubblica Pierre Grandet: "les rapports entre les pays d'ancienne civilisation et les populations errantes vivant à leurs marges sont en effet régis par des causes structurelles, qui rendent dérisoire à terme, de la part des premiers, tout effort de type militaire visant à les contenir
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(...) il est ainsi probable que le prelude aux guerres de Ramsès III fut un accroissement des populations de Libye et d'Egée au second millénaire av. J.C., au contact de progrés techniques issus d'Egypte, du Hatti et de Mésepotamie, et l'excédent de ces populations par rapport aux ressources naturelles limitées des régions qu'elles peuplaient (cap. IV, pag.163, Ramsès III, histoire d'un régne)".
Le vittorie di Ramses III non deviano la tendenza presa dal corso degli avvenimenti. Il faraone anzi si trova costretto a dirigere gli atti di un processo contro i protagonisti di una congiura interna. Fatti conosciuti tramite il Papiro di Torino. Tra gli accusati spicca anche qualche giudice, lasciatosi tentare dal clima di disordine.
Ad avvelenare gli ultimi mesi di vita del faraone per soprammercato non è solo la congiura intessuta da una delle sue concubine – Tiy – che tenta di imporre sul trono il figliastro di Ramsete III, Pentaureth. Il re deve pure punire chi sgraffigna parte delle offerte alle divinità dei templi, e gli tocca sentire le giuste lamentele di chi –operai ed artigiani – non riceve il giusto compenso per l'opera prestata allo stato. La morte poi di alcuni figli gli rende infine ardua anche intimamente la gestione dell'ultima fase del regno.
La dinastia regnante, se di una medesima si tratta, che mantiene sul trono fino ad un undicesimo Ramses, deve poi barcamenarsi per secoli non riuscendo a contrastare le mire del clero che osa acquisire sempre più potere secolare. Talmente numerose sono poi le bande di malavi-
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tosi, depredatori sia di tombe e sia di villaggi, impuniti in un regime diviso nelle sue componenti istituzionali, che viene scelta la magra soluzione di cambiare di sede le salme dei faraoni del passato: emblematica è la peregrinazione delle spoglie di Ramses II. Tale sfascio si conclude ovviamente con una nuova separazione di fatto tra i due regni del nord e del sud, in mano a rampanti e corrotti funzionari regali.
NOTA. Per tentare di porre rimedio al male che pare più endemico nelle democrazie, la corruzione a vari livelli istituzionali, Ramses III ricorre anche alla violenza: le sanguinarie repressioni cui è costretto portano gli scribi a redigere un elenco numerico che riporta oltre 25.000 mani mozzate (ne viene lasciata una ad ogni nemico). Di poco inferiore è il conto dei falli "ammassati sulla sabbia" che gli stessi catturati si vedono recisi. Evidentemente tali 25.000 prigionieri non vengono trattenuti per restare, com'era d'uso fare in Egitto, in qualità di lavoranti o mercenari. Rimanendo forniti d'una sola mano sono in grado di poter continuare a vivere, o rimanendo in Egitto, inermi, nelle zone popolate pacificamente da contadini di origini straniere, o ritornando in patria senza poter procreare futuri nemici, o limitando la moltiplicazione degli stranieri sempre presenti in patria.
Il popolo egiziano non è mai stato uso ad assistere a tali reprimende su degli sconfitti, e ne risente la stessa immagine sempre vincente dell'ideologia regale, indiscutibilmente divina finché invincibile. Più dello spargi-
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