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DALLA BAINSIZZA AL PIAVE '17

di sollevarlo, poi gli si stende accanto, e riman gono entrambi prostrati sull'erba, piccole macchie grigie sul verde. Arguisco che gli austriaci deb bono tenere lo Slemo da un pezzo, se già i loro esploratori battono le valli ai piedi dell'osserva torio. Vorrei andar a riferire al Generale, ma penso che probabilmente egli ne sa più di me. Del resto, un brusco raddoppiare del cannone mi avverte che qualche cosa si sta preparando. Una nostra batteria da montagna mi tiene estatico a guardare: completamente scoperta, in mezzo ad una radura sassosa, spara incessantemente, fra l'affaccendato tramestio degli artiglieri che non hanno un istante di posa: le granate di grosso calibro la circuiscono e l'addentano senza poterla domare, ogni tanto qualche servente vien portato via, ma i piccoli cannoni continuano ad abbaiare fedelmente, coraggiosamente, contro l'intruso. Sul rovescio dello Slemo è ferma in attesa una fitta di soldati nostri, che la gragnuola delle canno nate non commuove. Ad un tratto si sparpaglia correndo verso la cima, e sparisce: credo che l'ab

·bia rioccupata, perchè nessuno ritorna indietro. Si ha l'impressione che l'urto nemico sia debole, e che noi lo infrangeremo senza difficoltà. V. CODA, - Dalla Batnsizza al Piave .

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