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DALLA BAINSIZZA

AL PIAVE 23 di tutti i rottami di due anni di guerra. Io ho afferrato un fucile e arranco penosamente in mezzo ad uno sciame di guardie di Finanza che non hanno un aspetto molto marziale. L'idea comune, benchè non espressa, è che se gli austriaci hanno veramente espugnata la cresta, noi andiamo a farci ammazzare senza sugo. Tuttavia è strano che di lassù non ci saluti, mentre saliamo in disor dine e allo scoperto, nemmeno una fucilata. Le mie guardie si sono distese a terra sul ro vescio di un cocuzzolo antistante al Vodice pro priamente detto, in modo da non vedere due palmi in là del naso . Cerco dell'ufficiale che le comanda , e lo trovo appiattato dietro un macigno, con l'a ria di chi ha perduto la bussola. Senza compli menti, gli usurpo le funzioni, e mi tiro dietro le guardie sulla linea di cresta che è deserta, faccio guarnire le vecchie trincee mezzo interrate, dispon go due o tre avamposti, e scruto dinanzi a me il profilo tondeggiante del Kobilek, la lunga schiena d'asino del Jelenik. Gli austriaci, a un'ora di cammino, stanno scendendo ora nella valle, trop po lontani perchè il tiro dei nostri fucili possa incomodarli.

Lascio li i miei finanzieri a far la guardia ai sassi, e scendo a ritrovare i colleghi. Le notizie

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