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VALENTINO CODA

Ore 23. Siamo sempre in attesa del Generale. Si annuncia la Brigata Forlì, e si dice che le sue teste di colonna sboccano già in paese. Viceversa è arrivato, con pochi seguaci, il solo brigadiere, che per la seconda volta durante il ripiegamento ha perduto la sua gente: ci affrettiamo ad av vertirlo che il comandante della Divisione è ri masto indietro, e certamente ha con sè la Brigata. Il brigadiere, che già pregustava le gioie sibari tiche di una cena e di un letto, riparte, e noi rien e triamo nella cucina ove abbiamo eletto il domi cilio per la notte. Ci accoccoliamo intorno al ca mino in cui brilla un buon fuoco di legna, e cer chiamo di pigliar sonno, mentre il ticchetto secco di una macchina da scrivere sottolinea la voce quasi altrettanto metallica del Maggiore Paternò che detta gli ordini di movimento. Fuori scro scia il monotono fragorio degli autocarri, e il passo strascicato della fanteria. Nel mio cervello febbricitante questi rumori si fondono, a poco, a poco, in un ritornello lugubre, e sotto le mie pal pebre chiuse il riverbero della fiamma accende bizzarre fosforescenze. Le sensazioni, i ricordi, le immagini svaniscono, e mi pare che il mio corpo sprofondi con esse, lentamente e senza rumore in un gorgo senza fine.

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