© copyright 20 15
b) Greco&Greco cditon
Via Verona, IO- 20135- Milano
www.grccocgrecocditori it
ISBI': 978-!!8-7980-713-5
Copertina: Studio Graphicus
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Un esercito senza agenti segreti è come un uomo senza occhi né orecchie
(Sun Tsu, L'Arte del/n Guerrn, V sec. a.C.)
La cosiddetta «arte » dello spionaggio ha origini antichissime. Le sue tracce si perdono nella notte dei tempi. quando l'uomo organinato in gruppi inizia a praticare un'altra cosiddetta «arte »: quella della guerra! Guerra e spionaggio, in effetti, sono apparsi sempre indissociabili e comp lementari. La raccolta di informazioni «finalizzate »
è stata ben presto sentita dall'uomo come condi7.ione indispensabile per impostare, avviare e realinare iniziative belliche.
Ma, ci si può chiedere, è utile risalire così lontano nel tempo nel ripercorrere la storia dei Servizi e degli agenti segreti? Rispondiamo con le s uggestive parole di Winston Churchill: " ... più sapremo lontano nel passato, più sapremo vedere lontano nel futuro". Insomma siamo dò che siamo stati e saremo dò che siamo. Ci pare di conseguenza inevitabile guardare all'indietro nel mondo delle informazioni segrete per meglio capire da dove siamo arrivati
e come ci prepariamo a sostenere le sfide del futuro.
L'uomo appena evoluto, dunque, si rende rapidamente conto che chi pratica meglio lo «spionaggio» e, secoli più tardi, l'«intelligence», finisce col disporre di un notevole vantaggio rispetto a un nemico che conta magari solo sulla propria potenza e sullo scontro diretto e «cavalleresco». Si constata insomma come l'astuzia, l'inganno c il raggiro finiscano spesso per prevalere sulla forza bruta o, comunque, ne limitino efficacemente i danni. Non solo. Appare anche chiaro che l'informnzione prevenfivn consente una migliore difesa. n "controspionaggio" permetterà così ai Regni e Imperi dell'antichità che lo praticheranno, di durare molto più a lungo rispetto ai concorrenti che vi fanno meno ricorso e non ne coglieranno le potenzialità ai fini della protezione dello Stato dai nemici interni c esterni. Va peraltro detto che risulta particolarmente difficoltoso per gli storici tracciare, seguendo un percorso lineare, l'evoluzione dei servizi segreti dalle origini della civiltà, la cui nascita viene convenzionalmente datata trenta secoli avanti Cristo, in assenza di continuità nelle fonti storicamente valide, in presenza di limitate testimonianze scritte c nella tradizionaJe reticenza a lasciare tracce su questioni segrete o riservate ... Chissà in effetti quanti archivi, quante preziose informazioni, quanti memoriali sono andati distrutti nel corso di tremila anni! Del resto è verosimile che nella realtà non ci sia stata effettiva continuità nella laboriosa linea evolutiva, di fatto piuttosto zig-zagante, dello Spionaggio verso l'Intelligence. Due concetti dei quali non è sempre agevole tracciare una linea divisoria chiara e trasparente. Due categorie che sovente si mescolano e si intrecciano l'una con l'altra, due idee che nel linguaggio com u ne vengono espresse indistintamente, due definizioni che invece non possono essere considerate sinonimi.
Anzi oggi emerge sempre più evidente la tendenza a differenziare il significato dei due termini che, nelle grandi linee, si potrebbero descrivere nel modo seguente:
lo spionaggio è ricerca di noti.lie segrete, con metodi non sempre legittimi, essenzialmente per preparare o vi11cere una guerra ovvero per acquisire in maniera indebita vantaggiose poc;izioni economico-commerciali, per mettere in difficoltà un concorrente e dove la commistione con la politica può assumere lineamenti ambigui e pericolosi ... Lo spionaggio tende con facilità a diventare strumento di potere nelle mani di una parte o fazione politica. Assume fatalmente connotazione aggressiva;
l'intclligencc (dal latino intus lcgere, cioè leggere dentro, ..,a per leggere il senso delle notizie), invece, è raccolta, seleI.ione e valutazione di informazioni riservate, ma sovente provenienti anche da fonti "aperte", concernenti la sicurezza di un pae<;e per t.>t•itare un guerra, prc?venirc un attacco terroristico, una sconfitta ecor'lomico-commcrciale, una perdita di mercato. Si indirizza quindi verso finalità difensive. L'intelligence, come abbiamo accennato, è diventata oggi una componente essenziale della politica di "icurezza interna ed esterna dello Stato. Può essere ormai definita come un "sistema di sicurezza collettiva".
Lo c;tudio della lenta evoluzione dello spionaggio verso l'intelligence, avvenuta nel corso dei secoli in maniera confusa, non sempre storicamente definibile, con inestricabili e opache connessioni nei momenti in cui l'intelligence riprende i caratteri dello spionaggio ovvero lo spionaggio c;i maschera da intelligence, costituisce precisamente l' oggetto della nostra veloce cavalcata "nel tempo e nello spazio". Consapevo li peraltro delle difficoltà che minano un percorso che si addentra in sentieri dove ciò che appare non è e dove una stessa verità ha non di rado diversi e contradditori volti, tutti peraltro credibili.
La scelta degli argomenti e dei personaggi messi in evidenza nel libro può apparire arbitraria. E in effetti lo è! Ma va considerato che l'ambizione del volume non è quella di porsi come un'enciclopedia dello spionaggio ovvero come un particolareggiato studio accademico. La s ua dichiarata aspirazione è piuttosto quella di rivolger si a una vasta platea di non specialisti, so prattutto giovani e s tudenti , attraverso una rapida , sintetica, coeren te e, mi auguro, accattivante carrellata attraverso i protagonisti, le tecniche e le strategie dei servizi segreti.
Per avvicinare i lettori a un mondo aspro, di non facile comprensione e dai co ntorni incerti, al di là delle affasci nanti semplificazioni cinematografiche e delle s ugges tioni letterarie dei grandi autori di spy-stories.
Per agevolarli nel seguire gli s viluppi del "seco nd o mestiere più antico delmo11do" che, da strumento di potere al se rvizio del principe o del presidente di turno, s i è trasformato in un dispositivo al servizio dello Stato e della Nazione.
Per renderli infine consapevoli delle nuove minacce che incombono s ulle no s tre società e s ulle conseguenti, nuove competenze che devono acquisire gli organismi di intelligence per farvi adeguatamente fronte.
Per aiutarli a ricono sce re - re spingendole -le sempre latenti tentazioni tese a far retrocedere l'intelligence, componente indispensabile della politica di s icureua dello Stato democratico, a mero meccanismo di supporto di parti e fazioni politiche nello Stato autoritario.
Alfe orighzi
Gli
EgizianiMalgrado si possa supporre che lungo le coste del Mediterraneo orientale, culla della nascente civiltà umana e, <>oprattutto, nei territori dell'antica Mesopotamia (odierno Iraq) sia stata praticata una certa attività di «informazione finalizzata», solo dall'antico Egitto ci pervengono le prime attendibili, sia pure sporadiche, testimonianze scritte di un'attività informativa in qualche maniera organiz7ata. A partire dalla 18• dinastia (tra il 1500 e il 1300 a.C.), l'im pero egiziano, estesosi su tutto il mondo allora conosci uto, comincia a basare la propria capacità di esercitare il potere, allontanandone le minacce esterne, su una serie di fortezze edificate lungo il tragitto che dal centro porta alle zone «Calde » del paese: le frontiere est e sud. Se infatti pochi sono i pericoli che il Faraone si aspetta in provenienza dalle isole greche e dal Mar Egeo, non altrettanto può prevedere della situazione in Siria, in Palestina e in Mesopotamia, regioni molto agitate e più restie alla domi-
nazione eli Tebe. Avamposti quindi necessari per assicurare alla corte imperiale un flusso costante di notizie, indispensabili per prevenire eventi suscettibili di pericolose derive. Attraverso i «messaggeri reali », il Dio-Re può così disporre dei numerosi rapporti preparati nelle varie guarnigioni, abbastanza velocemente trasmessi, accuratamen te raccolti ed elencati in appositi registri , che lo mettono in condizione di indubbio vantaggio rispetto a rivali e nemici esterni.
Esistono alcuni frammenti di un «reg is lro di protocollo », tenuto da un ufficiale di frontiera staz ionato al confine con la Palestina (durante il regno del Faraone Merenptah), che fanno pen sa re a un ufficio la cui organiu:azione non ha niente da invidiare ai moderni archivi ministeriali.
Recita una delle diver se registrazioni inci se su tavolette dell'epoca: «P rot. n. 633 (. .. ) è qui arrivato l'attendente di Nnktnmon, figlio di Tarn ( ... )che v iaggiava fino n oltre Tiro e che aveva con sé due lettere da consegnare in Siria: una per il cap itano di fanteria Penamon, l'n/ tra per l'assistente Ramsesnnkl». O
ancora: «Prot. N. 634. È qui tornato il Capo del/n guamigioiU! Pemerklzetem, figlio di Ani, della città di Merenptah-E-Iotepirmn , che si tro va nel distretto di Aram, il quale aveva co n sé due lettere da consegnare: una per il capitano di fanteria Peremhad, l'altra per il suo vice».
Un sistema capillare d i registrazione , controllo e consegna di missive che consente alla corte imperiale di Tebe di ricevere e trasmettere ogni giorno una notevolissima quantità di messaggi contenenti notizie ben ordinate e certamente u lili. Ma siamo ancora lontani dalla nozione di una struttura permanente destinata a conoscere, valutare ed elaborare le informazioni a carattere politico-militare raccolte dalle varie fonti .
Sarà solo con la 19• dinastia, iniziata da Ramsete I, che si capirà l'importanza dello spionaggio militare per influenzare le sortì della guerra e quindi dell'utilità di un'organizzazione a sostegno.
Raccontano le cronache che al quinto anno di governo di Ramsete II, detto il Grande, la combattiva popolazione degli Ittiti incombe ai margini dell'impero, decisa ad arrivare fino a Tebe, l'allora capitale egizia. I due eserciti si ritrovano per lo scontro decisivo alle porte della città siriana di Qadesh, sul fiume Oronte. Gli Ittiti, guidati dall'intraprendente Mawatalli Il, sembrano in netto vantaggio avendo «acceca to », con vari trucchi e inganni, le vedette egiziane, le quali non sono più in grado di seguire i movimenti delle truppe nemiche. Ramsete, preoccupato della piega che stanno prendendo gli avvenimenti, decide allora di servirsi delle stesse "armi" del nemico e, a sua volta, invia un gruppo di fidati «age nti » tra le file nemiche per catturare o corrompere soldati nella speranza di ricevere quelle notizie che non vengono più dalle vedette. L'operazione ha successo: due ufficiali nemici, catturati e sottoposti a stringenti interrogatori, rivelano il dislocamento esatto delle loro truppe e i movimenti previsti. Le indicazioni raccolte peraltro sembrano arrivare troppo tardi, giacché l'esercito ittita aveva già avviato le fasi dell'attacco finale, proprio da dove Ramsete non l'aspettava. Tuttavia, benché tardiva, l'informazione permette al Faraone di evitare all'ultimo minuto il peggio e di ribaltare le sorti di una battaglia che sembrava per lui irrimediabilmente persa. Grazie quindi alle utilissime informazioni carpite e alle grandi qualità di stratega dello stesso Ramsete, gli Ittiti vengono fermati. L'impero egizio è salvo!
Sarà proprio a partire da quel momento che il Faraone si renderà conto dell'utilità di disporre, non in maniera
occasionate, bensì continuativa e organizzata, di un «corpo» di spie incaricate di procacdargli notizie utili non solo s ul piano militare, ma anche per difendere la «Sicurezza interna » dello Stato.
Insomma, dopo quella dello spionaggio, nasce in qualche modo nell'antico Egitto anche l'idea del controspionaggio.
Viene così istituita all'interno della corte la figura di un alto funzionano chiamato «gli Occhi c le Orecchie del Re», incaricato appunto di seguire le «questioni di sic urezza » interna ed esterna, una sorta di capo dei serv izi ante litteram. Sarà grazie a lui, ad esempio, che Ramsete III riuscirà a sventare la cospirazione detta del «grande harem», una vera e propria rivoluzione di palauo guidata da alcune concubine del Dio-Re desiderose di mettere al s uo posto il figlio di una delle spose predilette. Per merito del lavoro discreto dei «servizi », l'operazione, di cui troppe persone erano al corrente (eterna debolezza dci complotti ... ), viene scoperta. Tutti i congiurati vengono arrestati c presto giustiziati, ma senza fare troppa pubblicità dell'accaduto. Il Faraone non vuole nemmeno conoscere i dettagli dell'esecuzione né approfittarne per lanciare al popolo messaggi politici. Pochi quindi saranno a conoscenza del tentativo di colpo di Stato. n potere imperia le deve apparire sempre forte, ness uno può essere in grado di minacciarlo.
il «SegretO» entra COSÌ nella gestione degli affari pubblici. Ne deriva di conseguenza la nozione dell'informazione «pro tetta », «rise rvata », «class ificata », in so mma del «segre to di Stato». Viene quindi introdotta la «scri ttura enigmatica», o «esoterica», per na sco ndere il se nso deHe informazioni al lettore casuale, sop rattutto nei testi politico-religiosi (parole, cioè, espresse con un gruppo di disegni le quali tuttavia non sempre significano ciò che i
disegni mostrano: ad esempio, il disegno d i una «bocca» p u ò normalmente significare «bocca», ma nella scr ittura enigmatica è solo il suono fonetico della «r» in una parola). Insomma, una forma primordiale di crit tografia.
Ram s ete e N e fertari , in s ieme per l 'eternità. Ramsete Il, figlio di Seti l, indubbtamenfe uno dei più grandi Faraoni, 11011 fu solo Wl costruttore visionario, 1111 precursore dell'intellige11ce militare, 1111 lucido stratega, 1111 impareggiabile promotore della propria immagine, ma anche 11n uomo profondamente innmnorato della «prima ::.posa reale », l'affnc;cinnnfc Nefcrtari («la più bella di tutte>>), che I•olle immortalare ad Alm Simbel, dedicmldolc 11110 stupe11do tempio a eterno ricordo della loro unione.
Certo 11011 fu il s110 solo amore. All'epoca era difficilml'llte co11cepibile. Rnmsete reg11ò particolarmente a lungo, per circa m1m (dal 1290 al 1224 a.C.), ebbe almeno sei mogli, ce11to figli e visse per più di ottnllt'mllli, cosa assolutammte eccezio11ale per l'epoca, qua11do l'aspettativa di vita era me11o della metà di quella odiema. Ma Nefertari, morta a quarant'a1111i, si impose 'ili tutte le altre mogli anche per la sua I•im ilztelligen:a e per In sua pro11tezzn di spirito, asszmze11do un molo di assoluto rilievo nell'ambito della corte e dil'mendo «la moglzc per l'etemità», come romanticamente testimoniano i due impressionanti tempi i di Abu Simbel (il più grallde costruito per lo stesso Ramsete e dedicato agli dei di Stato; il più piccolo per Nefertari, dedicato alla Ranrsele Il (19 ° dinastia)
dea Hathor) dove, trentadue secoli dopo, si possono ancora leggere nei geroglifici indelebilmente scolpiti nella roccia parole d'arnore: «Ramsete ha costruito un tempio, scavato nella montagua, opera eterna ( ... ) per La prima Regina Nefertari amata da Mut, in Nubia, per sempre e in etemo ( ... )per amore della quale lo stesso sole splende!».
Nefertnri Sul piano militare e della poli/ i ca es/era Ram sete fu essenzialmente impegnato a ripristinare L'influenza egizia nell'area palestinese e a contenere l'irmenza itlita. E con la [!attaglia di Qadesh certamente ci riuscì. Bencllé non si possa considerare una vittoria sul campo piena, come invece volle successivamente far credere la egizia, tuttavia va detto che il deciso stop imposto dal Faraom alle pretese iftite spinse il re Mawatalli l1 a più miti consigli e qualche tempo dopo fu firmata 11na durat11ra pace tra i due regni.
Come costmttore, Ramsete IlOti riempì solo l'Egitto di momtmellfi e palazzi per celebrare la propria eter1zn gloria, ma, come abbiamo visto, disseminò anche Le strade dell'impero di fortificazioni e avamposti per assicurarsi quel flusso di notizie, procurate da LI/l'efficiente rete di spie, che gli garmztivano la «previa conoscenza» di situazioni pericolose e lo mettevano in stato di superiorità nei confronti dei nemici interni ed estemi.
Se riescono a ben controllare l'irruenza degli Ittiti, gli Egiziani non sara1mo invece capaci di contenere lo strari-
pante vigore del nuovo impero, che si formerà nella regione dell'alto Tigri, suJJa scia del forte impulso impresso dal re assiro Assurbanipal (Sardanapalo), nella cui rete finirà per cadere anche la gloriosa e sofisticata Babilonia.
La nuova struttura imperiale, peraltro, molto apprende dall'organizzazione informativa e dai mezzi di comunicazione del Faraone, facendoli propri e anzi migliorandoli notevolmente nell'applicazione pratica. Ad esempio, con l'installazione di una rete di grandi torce sul bordo delle strade maestre, poste a una distanza l'una dall'altra di «Un viaggio di due ore» (l'unità di distanza assira).
Nel momento di dover far pervenire dalla periferia al centro una notizia importante e urgente, le torce vengono accese a cascata, in rapida successione, dalle varie postazioni previste. Con una rapidità stupefacente per l'epoca, l'accensione delle torce già di per sé annuncia a corte l'arrivo di informazioni preziose, mettendo cosl in allarme tutto l'apparato ricettivo e facilitando in maniera determinante la missione dei messaggeri reali, i qualì, attesi ormai nelle varie stazioni a seguito dell'accensione dei fuochi, troveranno tutto predisposto (cava lli, provviste, sostituzioni ecc.) per proseguire celermente e senza indugi il viaggio verso la capitale.
Gli Assiri, inoltre, saranno formidabili costruttori di strade (prefigurando l'expertise che acquisiranno i romani dieci secoli più tardi) attraverso le quali risulta più agevole non solo lo spostamento delle truppe, ma anche, come abbiamo visto, una più efficace e rapida trasmissione delle notizie.
Un servizio considerato talmente importante che i «messaggeri reali » assiri avranno tutti il rango di ufficiali superiori e saranno tenuti in grande considerazione.
Tracce di lettere di militari assiro -babilonesi che
fanno riferimento ad attività spionistiche in Armenia, fanno osservare a Francis Dvornik, grande storico inglese autore di un'opera fondamentale in materia (Origins of lntelligence Services), come la macchina informativa assira fosse molto sviluppata, funzionasse validamente e permettesse al re di contare su variegate fonti informative. Precisa Dvornik: «I servizi segreti assiri erano particolarmente attivi in Armenia. Dai rapporti i11viati al re Sargo11 risulta chiaramente come gli agenti assiri fossero informati di ogni movimento effettuato dal re arnte/10».
Del resto una sezione dell'apparato, vera struttura di sicurezza interna, veglia sulla fedeltà al governo dei funzionari reali c degli ufficiali superiori.
In definitiva, benché i reperti storici non siano abbondanti in materia, si può tuttavia ragionevolrTlente pensare che gli Assiro-Babilonesi abbiano con successo costituito la prima impalcatura dello Stato dedicata allo spionaggio e al controspionaggio in tutte le loro forme: raccolta di notizie politiche e militari all'estero, sorveglianza interna, controspionaggio «offensivo», attenzione alle attività di disinformazione nemica, protezione dci segreti dell'impero, perfezionamento dci mezzi di trasmissione delle notizie.
Nell'organizzazione informativa assira si riscontra insomma, in nuce, tutta la gamma sostanziale di un moderno servizio di intelligence.
L'arte de lla guerra assira. Costretti ad aggredire per sopravvivere, decisi nelle loro azioni militari contro gli Ittiti, i Babilonesi, gli Egizimzi e gli Aramei, spietati con i nemici (i prigionieri non aveva11o alcuna chance: ve11ivano impalati o bruciati vivi), gli Assiri diedero vita, tra il lX e VI secolo a.C. a 1111 vasto impero che si estendeva su quelli che oggi sono iterritori di Iran, Iraq, Turchia e Siria.
La loro politica di espansione territoriale ebbe straordi11nrio successo giacché la loro perfetta organizzazione militare beneficiava anche, come abbiamo visto, di una significativa e sempre più precisa attività di intelligence. L'identificazione del loro re co11 In divinità faceva poi il resto, determinando un'assoluta soggezione della popolazione ni disegni politico-strategici decisi dal Semi-Dio e cementandone l'unione.
Contrariamente ai popoli contadini che impugnavano le armi solo in caso di necessità (e suscettibili quindi di essere influenzati all'occasione da improvvisati condottieri), tutti gli uomini assiri erm1o 111vece tenuti n fare il servizio militare (e quindi inevitabilmmte fedeli alla gerarchia militare). Oltre ai coscritti, 1111n buo11a parte de1 soldati assin era composta da professionisti di alto livello tecnico-strategico e rappresentavano una casta sociale elevala, rispettata e a5solutammle devota al Re-Dio.
Gli uomini n cnmllo e gli arcieri sui carri erano le punte nm11:atc, le truppe di élite, ddl'c5ercito assiro. Procedevmw alla massima I•elocitn spiazzmzdo spes.'io il nemico e tutto l'esercito combattc.'Va secondo una tattica militare prestabilita che, cominciando dalla ricognizione di intdligence, finiva con l'accercllinmento e l'assedio del nemico. Il genio dell'esercito d'altra parte az•epa acquisito una particolare expertise nelle tecniche per gli assedi delle città: g/1 ingegneri assiri erano in grado di costruire enormi piattaforme armate che venivano portate fin sotto le mura delle città assediate. Una volta elevate all'altezza giusta, gli arcieri potemno agevolmente tirare le frecce sul nemico all'in temo e lanciare speciali arieti a testa di ferro che demolivaIlO quasi tutto. Abilissimi negli attacchi a sorpresa, gli Assiri utilizzamno otri di pelle, utili n nuotare anche in fiumi impetuosi, per sorprendere il nemico cui non lasciva alcuno scampo.
Una furia distruttrice alla quale era proprio difficile resistere, alme1w finclzé non arrivarono i persiani.
È interessante notare come nella s tessa Bibbia si trovino riferimenti a vere missioni di s pionaggio, portate a termine con metodi di so rprendente attualità dodici secoli prima della nascita di Cristo.
Tutti conosciamo la s toria di Mo sè, incaricato di condurre seicentomila ebrei fuori dall'Egitto verso la terra promessa da Dio ad Abramo e rimasto per quarant'anni (simbolici?) nel Sinai prima di arrivare in vista della regione di Canaan, che comprendeva grosso modo i territori dell'odierna Palestina. Ma non tutti forse ricordano che Mosè, eccellente s tratcga, fu all'origine di una delle prime iniziative di intelligence di s uccesso della Storia. Da buon condottiero ormai vicino alla mèta, Mosè organi.rza un 'o perazione di ricognizione al fine di valutare l'effettiva ricchezza della tanto agognata regione, le reali possib ilità di s tanziamento e, soprattutto, scoprire le difficoltà del passagg io e i pericoli derivanti dalla resistenza delle popolazioni locali. Convoca quindi i capi delle dodici tribù che costituiscono la s ua comunità assegnando loro compiti precisi e di alta responsabilità: dal loro racconto, in effetti, dipenderà la decisione di proseguire o meno il viaggio verso Canaan.
Le consegne sono inequivocabili: «Dirig etevi da questa parte, verso sud, e sal irete sulla mo11tagna. Esami11erete il paese, come è il popolo che vi abitn, se è forte o debole, se è poco o molto numeroso, co111'è il paese dove opera, se è buono o cattivo, come sono le città dove vive, se sono aperte o fortificate, com'è la terra, se grassa o secca, se ci so no o 11011 ci SOJIO alberi.
Abbiate coraggio e riportate la frutta del paese».
Una richiesta di informazioni, tra metafore e riferimenti reali, di indubbio valore strategico-militare-politico. E anche economico, se si riflette alla specifica richiesta di riportare i prodotti del paese per valutarne la quanti-
tà, esaminarne la qualità e prevedeme le potenzialità di coltivazione.
I dodici agenti di Mosè si organizzano al meglio in vista della non facile missione. Innanzitutto viaggiano separati per evitare di essere smascherati, in caso di incidenti, tutti insieme. Prendono poi il tempo necessario per espletare il loro incarico, rimanendo quaranta giorni (anche in questo cac;o simbolici?) nella regione di Canaan, mimetizzati utilmente tra la popola7ione locale. Al loro ritorno fanno ai s uperiori gerarchki un'«articolata ed esaustiva» (come si direbbe oggi) relazione su quanto hanno osservato e constatato.
Come però spesso succede quando c;i mettono a confronto diverse fonti informative, se si registra una certa uruformità nella descrizione dei «fat ti » riscontrati, divergono invece le rispettive «interpretazioni». Dieci delle dodici usp ie n concludono infatti la propria analisi negativamente, affermando che il popolo esaminato appare troppo forte e troppo rischioso da affrontare. Parlano addirittura di giganti, figli di Anak, al cui confronto gli «ebrei sembrano delle cavallette». Mentre le restanti due, Giosuè c Caleb, sostengono invece, con convincenti argomentazioni, che vale senz'altro la pena tentare di impossessarsi di un paese eccellente, (<dove scorre il latte e il miele », ruchiarando che l'impresa può essere facilmente realizzata, sempre che naturalmente «l' Eterno ci sia favorevole».
Curiosa discussione, che prefigura non solo i dibattiti politici della nostra epoca provocati da affari ili spionaggio, ma ne anticipa in qualche misura anche le conseguenze.
In effetti gli agenti contrari all'entrata nel paese di Canaan muoiono uno dopo l'altro misteriosamente colpiti da un'implacabile malattia, malattia che altrettanto misteriosamente risparmia invece le due spie meno pessimiste e
favorevoli al proseguimento del viaggio, Giosuè e Caleb, le quali verosimilmente dovevano essere risultate molto più persuasive.
Inutile dire che il successore di Mosè nel guidare gli Ebrei verso la terra promessa sarà proprio Giosuè, il quale, avendo bene appreso la lezione di inteUigence, non mancherà, a sua volta, di dare il via a un'altra missione speciale, destinata a valutare la situazione della principale città da conquistare: Gerico.
Assistiamo questa volta alla prima storia di agenti segreti dove emerge come co-protagonista la prostituta dal buon cuore, la donna perduta devota alla «Ca usa », l'eroina per caso. Giosuè invia infatti nel regno di Gerico due sperimentati agenti che molto abilmente si mimetizzano andando ad abitare presso una meretrice di nome Rahab, la quale, convintasi gradualmente della bontà della causa ebraica
(ma avendo anche ottenuto la promessa dai suoi due protetti di essere risparmiata, lei e la sua famiglia, dalla violen-
za dell'imminente invasione), riesce a sviare i soldati del re venuti ad arrestare le due spie, nel frattempo denunciate da alcuni viàni. Abilmente, la donna dai facili costumi e dal cuore d'oro confessa di avere sì ospitato i due uomini ricercati, ma afferma con convinzione che essi erano già da tempo partiti e di non sapere assolutamente in che direzione si fossero diretti (erano in realtà nascosti sul tetto).
Grazie al sangue freddo della donna, l' «operazione Gerico » si conclude quindi favorevolmente per gli Ebrei. Giosuè, dal canto suo, manterrà la promessa fatta dai suoi messaggeri: Rahab e la sua famiglia sopravvivranno alla strage conseguente alla presa di Gerico.
L'elemento femminile c la dimensione sentimentale entrano nelle spy-stories ...
La figura del funzionario detto «gli Occhi e le Orecchie del re», così fruttuosamente utilizzata dai Faraoni e ripresa dagli Assiro-Babilonesi, viene perfezionata, ampliata e inserita nell'apparato amministrativo dell'impero persiano ai tempi di Ciro (550 a.C.) e, successivamente, di Dario (520 a.C.).
Grazie allo storico greco Senofonte conosciamo in maniera abbastanza precisa come funzionasse l' «Ufficio Speciale», istituito presso la Corte persiana, alle dirette dipendenze dell'Imperatore. Composto di numerosi informatori lautamente ricompensati, l'Ufficio si trasforma presto in una struttura permanente, costituita cioè di persone che lavorano a tempo pieno nell'interesse dello Stato, prefigurando in tal modo la professionalizzazione dell'agente segreto. L' «Occhio del re» si prefigge d'altra parte di mantenere il contatto con la realtà, di essere cioè presente sul
territorio verificando direttamente l'andamento della situazione, in special modo la fedeltà dei capi local i alle direttive del centro. Una volta l'anno, quindi, i funzionari dell 'Ufficio fanno il giro delle numerose satrapie di cui è costituito l'immenso dominio persiano - che nel momento delJa s ua ma ss ima estensione andrà dal Mediterraneo al Kashmir- per «niutnre i Sntrapi che chiedono aiuto, correggere eventuali eccessi, ovviare alle 11egligenze nella riscossione dei tributi, proteggere In popolazione». Quale migliore occasione per ra ccogliere, segretame nte, informazioni utili per l'Imperatore? E quale migliore s trumento di deterrenz a politica?
Anche i Persiani, come gli Egiziani e gli AssiroBabilonesi, comprendono l'importanza di di s porre di un'efficiente rete strada le che consenta l' is tituzione e il funzionamento di un buon se rvizio pos tale, indispensabile alla rapida propa gazio ne delle notizie. In tale prospettiva sarà ulteriormente perfezionato il servizio di trasmiss ione di segna li luminosi, tramite un elaborato s is tema di accensione di fuod1i, per consentire al Re-Imperatore di ricevere, qualche volta addirittura in giornata, le notizie degli avvenimenti più importanti verificatisi nei quattro angoli dci suoi sterminati domini.
Strade percorribili e un apparato pos tale rapido sono all'origine dell'espan s ion e d el sis tema di informazioni riservate, messe peraltro presto al servizio della diplomazia segreta. Come ci insegna la vicenda del confli tto di Ciro con Creso, il ricchissimo, mitico re di Lidia. Questi, nonostante gli appoggi di cui era sicuro di disporre (Egitto e Sparta), si ritroverà al momento cruciale completamente isolato di fronte a un nemico il quale invece, nel frattempo, grazie appunto a un intenso lavoro politico-diplomatico e di intelligence, era riuscito a convincere gli alleati di Creso a non partecipare a una guerra i cui esiti erano scontati: era
inutile resistere al rullo compressore persiano! Intelligentemente poi Ciro, invece di bruciare sul rogo Creso come avrebbero voluto i suoi generali, ne farà il suo principale consigliere politico e ne otterrà eterna riconoscenza e sottomissione! Un infiltrato speciale: Zopiro Intelligence, diplomazia segreta, ma anche sviamento del nemico attraverso trucchi e attività di vera e propria disinformazione. Emblematico al riguardo è l'episodio del generale Zopiro, che con i suoi inganni aiuterà il Re-Imperatore Dario I a prendere Babilonia, città rivelatagi fino a quel momento impenetrabile all'assedio persiano.
La sua idea è semplice, ma piuttosto originale per l'epoca. Farsi accettare dai Babilonesi come un loro alleato, incitarli a intensificare la lotta contro i Persiani, aiutarli effettivamente, in un primo momento, per trovare, in una fase 'iuccessiva, la faglia che li induca a commettere l'errore fatale. Strategia certo facile da enunciare, ma più difficile da realizzare.
I Babilonesi sono molto ..,ospettosi, si intendono di spionaggio ed esercitano uno stretto controllo nei confronti di persone di provenienza non chiara se non sospetta. Come convincerli quindi, si chiede scettico Dario? Se l'astuzia non basta, si ricorrerà al trucco, all'inganno platealc, incalza convinto Zopiro.
Questi in effetti si presenta un giorno davanti al suo capo supremo con le orecchie e il naso orrendamente tagliuzzati, il corpo martoriato di frustate e i vestiti zuppi di sangue. Al cospetto dell'attonito Dario, Zopiro espone la sua incredibile operazione di «copertura». Così conciato, afferma con foga, non avrà difficoltà a convincere i
Babilonesi della sua sincerità, della sua volontà cioè di farla finita con l'interminabile guerra dei persiani e anzi, visto come è ridotto, della su a voglia di vendicarsi contro i suoi ex-alleati.
Anche questa volta però Dario esita, non è ancora del tutto convinto.
Le gravi ferite, che il suo intraprendente e convincente generale si è auto-procurato, hanno tuttavia il potere di eliminare rapidamente i dubbi residui. Non si tratta in effetti di una manipolazione sia pure ben confezionata: qui siamo di fronte a pura realtà, le lesioni sono genuine.
Zopiro aveva visto giusto. TBabilonesi, pur con iniziale circospezione, finiscono col cadere nel tranello. Non possono rinunciare a un abile e sperimentato ufficiale che dice di essersi convertito alla loro causa. Lo mettono così rapidamente alla prova, affidandogli un comando di minore importanza. Zopiro si fa valere c si batte contro i «Suoi» con coraggio c convinzione, riportando una vittoria dopo l'altra e accreditandosi definitivamente come il «Salvatore» dei Babilonesi. Nessuno sospetta nulla.
Come immaginare che le perdite subite dai Persiani, i suoi ex-commilitoni, siano il frutto dell'accordo segreto tra Zopiro e Dario per dare credibilità all' «Operazione
Babilonia»? Una storia che richiama alla mente (affinità storiche di certe operazioni!) quanto avvenne con la «Rete Prospen> durante l' occupazione tedesca del nord della Francia nel 1944. Una rete di partigiani scientemente sacrificata dal britannico SOE
(Specia/ Operation Executive, branca
speciale per l'Europa dei servizi segreti inglesi) per rendere credibile l'informazione destinata a sviare i tedeschi sul luogo dello sbarco alleato per l'apertura del «secondo fronte». La rete era del tutto convinta che lo sbarco sarebbe avvenuto nella zona di Calais- e non in Normandia- e tale informazione dettero, sotto atroci torture, i suoi agenti. Soddisfatti e impressionati dell'efficienza di Zopiro, i Babilonesi finiscono per l'affidargli l'incarico di comandante in capo delle loro truppe. Sarà quindi un gioco da ragazzi per Zopiro mettere l'esercito di Dario nelle migliori condizioni nel corso dell'attacco finale. Vengono così lasciate scoperte due porte importanti di accesso, viene facilitato l'ingresso dei soldati, vengono discretamente eliminati i principali difensori della città. In simili condizioni Babilonia cade rapidamente e viene assorbita nell'impero persiano.
Il primo atto delle nuove autorità consisterà nel nominare il governatore persiano della città. Che naturalmente sarà Zopiro: giusto compenso per la sua spericolata azione di infiltra.tione e di doppio gioco, con il premio aggiuntivo, come risarcimento per la defigurazione cui si era scientemente sottoposto, di essere e<>entato dal pagamento delle imposte alle autorità centrali.
Ulteriori testimonianze ci fanno capire con q uanta abilità i Persiani utilizzassero l'arma dell'informazione c della disinformazione.
Racconta Erodoto, nella sua Storia, un episodio di cui è protagonista Serse, il figlio di Dario. Catturate alla frontiera tre spie greche colte in flagranza di reato, Dario è deciso a condannarle a morte. Serse, tuttavia, consiglia al padre di non farlo. Con argomenti assolutamente convincenti - e straordinariamente attuali- gli fa capire che tre nemici in meno non cambierebbero certo il rapporto delle forze con-
trapposte, mentre la testimonianza che i tre, rientrando in patria, daranno circa l'organizzazione e la potenza delle forze armate persiane, potrebbe invece essere molto più utile e potrebbe addirittura dissuadere i Greci dal continuare a contrapporsi ai Persiani (una prova di deterrenza psicologica in piena regola). Così le tre spie, non solo non vengono passate per le armi, ma vengono liberate per essere rinviate a casa, seguendo l'astuto consiglio di Serse, non senza aver fatto loro consta tare- e apprezzare- lo schieramento delle forze, la qualità e la quantità delle armi disponibili, la determina7ione dei soldati al combattimento.
Astuzie utilizzate dai Persiani anche per assicurarsi la riservatezza delle comunicaz ioni. Si racconta al riguardo di un satrapo locale che, dovendo far pervenire un'importantissima lellera a Ciro e temendone l'intercettazione, fa uccidere un coniglio e lo fa sventrare per nascondervi il prezioso documento. Dopo aver fatto ricucire ad arte l'animale, dà precise istruzioni al messaggero di consegnare il coniglio solo a Ciro, il quale, a sua volta, dovrà di persona procedere al recupero della missiva.
Si narra anche di Isteo, zio di Aristagora, il tiranno di Mileto, il quale, volendo spingere il nipote all'insurrezione, gli fa pervenire le proprie indicazioni con un metodo alquanto ingegnoso. Convoca il suo schiavo più fedele, gli fa radere completamente la testa e sul suo cranio scrive le consegne per Aristagora. Una volta ricresciuti i capelli, lo invia a Mileto. Qui il Tiranno Aristagora farà di nuovo radere i capelli allo schiavo per leggere infine la «lettera classificata» dello zio.
Realtà storiche o leggende? (Il secondo episodio, soprattutto, non ci pare molto verosimile, sia per i tempi tecnici per la riaescita dei capelli- che mal si conciliano con una informativa urgente - sia per le poche parole che
si possono scrivere- e con quale tecnica poi?- sul cranio di una persona). Difficile filtrare nei racconti pervenutici- in assenza di inoppugnabili riscontri storici - la parte romanzata o le aggiunte fatte a posteriori ai fini della coerenza di una tesi da dimostrare o di una vivacità letteraria da conservare. Si tratta in ogni caso di testimonianze che confermano quanta importanza i persiani annettessero all'«arte dello spionaggio» c quanto fossero abili nel praticarla.
Alessandro Magno
Nelle sue stupefacenti conquiste attraverso l'Asia Minore, la Siria, la Mesopotamia e la Persia fino alle valle deii'Indo, nella prospettiva di creare un impero universale dove fondere l'elemento ellenico con quello orientale, Alessandro il Grande (356-323 a.C.) si mostra deciso a fare uso, per raggiungere i propri obiettivi, delle stesse strutture e degli stessi metodi dei Persiani nel campo dcll'intelligence. Soprattutto con riferimento al sistema delle comunicazioni, che consentono ai messaggi di arrivare fin nelle più sperdute lande dell'Asia, e all'esplorazione avanzata, con l'invio di pattuglie in ricognizione profonda. Del resto fin da quando, adolescente, faceva le veci del padre Filippo in campagna militare, Alessandro assillava, avido di notizie, i visitatori provenienti da terre lontane (e che più tardi avrebbe conquistato) con domande di vera e propria intelligence. Quanti erano gli abitanti, quanto erano produttivi i terreni coltivati, quali erano i percorsi delle strade e dei fiumi, le posizioni esatte delle città, dei porti e dei capisaldi, quali le caratteristiche personali e le tendenze politiche degli uomini più importanti ecc. Insomma, un utilissimo data base personale da utilizzare più tardi al momento opportuno.
Tale continuità tra i sistemi di intelligence persiani e
quelli di Alessandro ci viene indirettamente confermata dallo stesso Senofonte nel capitolo m dell' Anabasi, dove, nel descrivere l'epica ritirata dei mercenari greci nel 401 a.C. nella spedizione organizzata da Ciro il giovane contro il fratello Artaserse II per i1 controllo del trono di Persia, segnala la necessità di una «intelligence militare », raccontando di essere stato lui stesso, combattente prima che storico, stratega di un corpo speciaJe di uomini scelti. Unico scopo del nuovo distaccamento era quello di esplorare in avanscoperta terreni sconosciuti, individuare la posizione e la forza delle truppe nemiche, sondare i sentimenti e la predisposizione psicologica delle popola.lioni indigene nei confronti dei greci. Sulla base di tale ampia raccolta di notizie, gli ufficiali decidevano a ragion veduta l'ulteriore corso delle loro iniziative, evitando così possibili trappole c proteggendo il grosso delle truppe da attacchi improvvisi. Si tratta in sostanza del metodo che seguirà successivamente anche Alessandro, perfe.lionandolo peraltro, nella sua smisurata visione politica, attraverso l'illuminato utilizzo delle indicazioni provenienti dai diplomatici-spie e dagli agenti informatori civili, potendo in tal modo prefigurare gli scenari politici e amministrativi delle terre conquistate. È il
Aless andro Magn ometodo che gli consentirà di conseguire straordinarie vittorie militari e sorprendenti affermazioni politiche.
Le istituzioni persiane (strade, sistemi di comunica?ione, raccolta e valutazione delle preventive informazioni) sopravvivranno anche nel regno dei successori di Alessandro, il cui genio peraltro avrebbe senza dubbio contribuito a un'ulteriore, significativa evoluzione di tali servizi, se la morte non lo avesse colto giovanissimo a Babilonia. n suo sogno di impero c di cultura universali durerà quindi lo spazio di pochi anni. l suoi genera li si confronteranno presto per raccoglie me 1' eredità, fino ad arrivare a vere guerre fratricide da cui nasceranno tre grandi monarchie: Tolemaica in Egitto, Seleucide in Asia e Macedone in Grecia.
Ma lgrado tullavia il notevole livello di performance dei sistemi di intelligence e di comunicazione (che certo possono in determinati momenti «accompagnare» la Storia, ma difficilmente possono «deviarne» il corso), i reg ni orientali non po t ranno evitare di lasc iare gradualmente la scena mondiale all'Europa che, con la Grecia prima e Roma dopo, ne sarà la grande protagonista per i succe.,.,ivi venti secoli.
Tre padri della Storia, tre stili divers i: Erodoto, Tucidid e e Senofonte. Erodoto è lo storico immaginifico, dallo stile brillante e accattivante. Del resto i suoi testi erano destinati a essere recitati in pubblico. È i11somma, direm111o oggi, lo storico che <<Si fa Leggere» anche dai non addetti ai lavori. È l'lndro Montrmelli dell'anticlzità. A pofte, è vero, si fa prendere La mano dalla fantasia e dal desiderio di sorprendere e di meravigliare il/ettore cedendo al gusto della Leggenda, ma le sue Storie contengono in buona parte dati e riferimen ti assolu-
tamente certi, frutto di una sua conoscenza personale degli avvenimenti acquisita durante il suo peregrinare lungo tutto l'arco orientale del Mediterraneo o dovuti anche alle testimonianze dirette raccolte ovvero n un'accurata selezione delle fonti. Peregrinare che gli consente del resto di scoprire usi, costumi e caratteristiche delle popolazioni incontrate e che farà di Erodoto anche u11 eccezionale e prezioso etnografo. Nato e morto ad Alicamasso (484-425 a.C.) in Grecia, Erodoto descrive negli ultimi tre libri delle sue 11ove Storie i conflitti armati tra In Grecia e la Persia, dall'egemonia alla liberazione, svoltisi dura11te il V secolo a.C.
Senza avere alle sue spalle tradizioni storiogrnfiche né precedenti metodologici, [rodato ùnposta il StiO sistema storiografico nella convinzione che In Storia sin guidata in qualche modo dal fato e dagli dei, i quali celano all'uomo la direzione e il senso del suo destino. Tuttavia, seguendo In ragione e l'esperienza, l'uomo è libero di scegliere le proprie azioni: libertà che fa la dignifll degli uomil1i civili (i Greci), distinguendolo dai «barbari» (i Persiani).
Tucidide è invece lo storico «Scientifico», che cerca di non riferire gli eventi sotto l'influenza della propria opinione e no11 considera buone tutte le fon ti per il solo fatto cl te si tratta di testimonianze dirette. È lo storico che vaglia scrupolosamente opinioni e testimonianze in maniera obiettiva, razionale, con riscontri incrociati, con una rigida selezione di fatti e cause, eliminando per quanto possibile dal resoconto la propria emotività. La Storia, in defin iti va, 11011 come narrazione di vice11de su eu i pla nn un a misteriosa direzione sovrannaturale, ma come descrizione di fatti determinati esclusivamente dall'uomo e quindi indagabili e spiegabili razionalmente. È il Sergio Ronzano dell'antichità.
Con Tucidide la storiografia antica raggiunge il suo acme. Non solo per il contenuto (nell'analisi della «causa storica», dove si disgiungono le ragioni profonde dalle occasioni contin-
genti), ma anche per lo stile snello ed essenziale, e alla fine letterario, delle sue opere. Nato e morto in Atene (460-400 a.C.), Tucidide narra nftral'erso le sue Storie le varie fasi della guerra cil,ile del Peloponneso: lo scontro tra le due principali città greche, Sparta e Afe11e; la sventurata spedizione degli ateniesi in Sicilia, terminata con la distruzione della loro flotta ad opera degli spnrtnni e In prosecuzione dd conflitto fino al 411 a.C.
Ln Storia, secondo Tucidide, deve fornire ni dirigenti politici del/n comunità g/1 strumenti per interprt.>tare il presenti! e prevedere lo svolgersi degli avvenimenti futuri (secondo un'idea ciclica della Storia). Se quel/n di Erodoto era insomma una conce::ione in qualche modo colljessionnle della storia (inft'n'ento della dil'inità), quel/n di Tucididt• è decisamente Laica (i fatti vanno analizzati oggettivamente e con una lente di ingrandimento razionale, oggettiva, scientifica, laica npp1111lo).
Senofonte, dal canto suo, è l'im,into speciale sul fronte di guerra, o meglio il combattcutc elle unrra iu prima persoun le vicende cui partecipa. Con stile cl1e si direbbe «giornalistico», garbato e senza pretese letterarie, nella sua famosissima (almeno per gli allievi dd liceo classico!) Anabasi (Spedizione), narra le vicende dell'epica ritirata dei diecimila Grl!ci e/w, al comando d1 Clearco da Spnrta, npemno accompagnato Ciro il Giovane nella lo/ tn, eone/ usa si poi negntivnmc?lltl!, contro il fratello maggiore Artnserse Il per il predominio dell'impero persiano. Dopo la sconfitta di Ciro e In morte di Clearco, i Greci si ritrol.'ano senza comandante, in territorio ostile e n circa diecimila chilometri dalle Loro città. Grazie tuttavia a intelligwti condottieri e strateghi, tra cui lo stesso Senofonte, i mercenari greci sarm111o in grado, attraverso faticose marce forzate e percorsi strategici ben individuati, di riwtrare in patria. Nato ad Archein nel 430 a.C. e morto a Corinto (o forse Atene) nel 355 a.C., Smofonte anticipa, rna forse con meno vigore, snellezza e vivacità di spirito, il Giulio Cesare del De Bello Gallico.
Senofonte è ricordato anche per aver scritto un trattato, considerato tuttora di riferimento da tutti coloro che si interessano di tecniche militari e di strategia: il Coma11do del/n cavalleria. Si tratta in definitiva di un combatte11te-giornnlistn ante Zitteram, che racconta le proprie visioni e le proprie esperienze di guerra. Fa pe11sare a Winston Churchill, giovane e talentuoso
corrispondente di guerra a Cuba, in India e in Sud Africa.
Se nei Regni e negli Imperi orientali il ricorso all'intelligcnce e allo spionaggio fu, come abbiamo vi'ito, abbastanza frequente e gradualmente sistematico, Atene c Roma non mostreranno lo stesso interesse e la stessa propensione. Ciò con ogni probabilità a causa delle dissimili origini e finalità politiche che differenziarono significativamente le monarchie dell'Est dai sistemi repubblicani dell'Ovest.
Ytentre, cioè, gli Egiziani, gli Assiri, i Babilonesi c i Persiani utilizzavano tutti i mezzi a loro disposizione (compresi quindi l'intelligence e lo spionaggio) secondo una costante direttiva di espansione territoriale e di difesa delle rispettive dinastie, la Grecia e la Roma repubblicana si svilupperanno inizialmente sulla scia di piccole città-stato, gelose della loro indipendenza e della loro autonomia, e quindi meno protese verso l'esterno. Per un lunghissimo periodo, in effetti, ]'attività di «intelligence», s ia nelle città-stato greche sia nell'Urbe alle prese con le
prime conquiste nel Lazio, si identificò con la semplice ricognizione del terreno o con la mera raccolta di notizie militari a fini esclusivamente operativi.
Sarà solo con l'avvento di Giulio Cesare, soprattutto al momento dell'invasione della Gallia e della Britannia, che i Romani scopriranno l'importanza dell' «arte dello spionaggio», e del suo utilizzo su base regolare, non solo ai fini delle conquiste militari, ma anche del controllo della situazione interna, dando origine, come constateremo più avanti, alle prime forme di «polizia politica».
Del resto anche le tattiche militari erano diverse. Le città greche davano assoluta priorità alla fanteria pesante, fino ad adottare la cosiddetta riforma oplitica, cioè all'introduzione della figura dell'oplite, un fante pesantemente armato (lancia e spada) e ben protetto (corazza, elmo c scudo), che non agisce mai solo, soldato simbolo della guerra greca. Gli oplili avanzavano a passo cadenzato, stretti l'uno all'altro, per una profondità di dieci l dodici file contro una massa di soldati nemici armati e organizzati in maniera analoga. Al momento dell'impatto il gruppo più pesante e più forte faceva indietreggiare l'altro, determinando i presupposti della vittoria. Una strategia e un tipo di combattimento, quindi, che privilegiano lo spirito di corpo, la pesantezza dell'armamento, la forza pura, lasciando poco spazio all'iniziativa individuale, all'astuzia, all'immaginazione, caratteristiche che accompagnano la pratica dello spionaggio e del controspionaggio. Anche i Romani del resto all'inizio della loro splendida avventura storica, che li vedrà trasformarsi nel corso dei secoli da pacifici contadini in straordinari soldati, daranno priorità alla forza collettiva, all'organizzazione tattica, all'avanzare irresistibile della massa di centurioni ben protetti (corazza, elmo e scudo) e potentemente armati (giavellotto e gladio). Rispettosi della
«buona fede» nei rapporti internazionali e restii al ricorso alla frode negli scontri militari.
Ai Greci tuttavia non saranno sconosciute le tecniche della disinformazione (quelle che oggi vengono chiamate infoxicntion dai francesi c deception dagli inglesi), come ci ricorda il caso della celeberrima battaglia navale dell'isola di Salamina (480 a.C.), dove la coalizione delle città greche in lotta contro l'espansionismo persiano, pur disponendo di un numero inferiore di navi (380 contro più di 500}, si impose splendidamente contro Scrsc, grazie appunto a una riuscita iniziativa di deception.
Cosa successe dunque a Salamina, importante base della flotta alleata greca, nel corso della seconda guerra persiana?
li generale ateniese Temistocle era riuscito a far pervenire a Serse, successore di Dario, notizie fuorvianti, tese a fargli credere che parte della flotta greca era pronta a passare al nemico o quanto meno a lasciare la base navale a causa di contrasti irreparabili sorti all'interno della coalizione.
Alla luce di tali notizie abilmente filtrate, i comandanti persiani avevano quindi fatto avanzare con fiducia la loro flotta verso Salamina, fino ad addentrarsi in canali così angusti che la difficoltà della manovra rischiava di togliere loro il vantaggio della superiorità numerica. Senza preoccuparsene troppo però, convinti di doversi confrontare semmai con una piccola parte della flotta greca. Le cose, come sappiamo, andarono diversamente. I Greci, grazie alla maggiore mobilità delle loro triere (tre schiere di rematori) rispetto alle più pesanti e lenti navi fenicie (con
due sole schiere di rematori). senza aver subìto defezioni e avendo scelto il luogo a loro più favorevole per il confronto (golfo di Eleusi), distrussero letteralmente la flotta nemica, impantanata in manovre dall'esito spesso sfavorevole. Una pesantissima sconfitta dei persiani dovuta quindi all'errore di valutazione dei servizi segreti di Serse, i quali, caduti nel tranello della disinformazione, avevano giudicato attendibile la notizia conoscendo i contrasti effettivamente esistenti nella coalizione greca, composta da varie città spesso in competizione reciproca: Atene, Sparta, Corinto ecc. Una valutazione pur tuttavia superficiale. Una valutazione più meditata e più «politica » dell'informazione ricevuta avrebbe dovuto spingerli ad affinare ulteriormente il ragionamento: le contrapposizioni all'interno della coalizione esistevano certo, ma erano cosl forti da far prevedere un'esplosione della coalizione stessa? Evidentemente no, o quanto meno non ancora. L' «intossicazione informativa» greca era perfettamente riuscita; l'intelHgence persiana non era stata, questa volta, all'alteaa della situazione.
L'intossicazione informativa, ma anche la cospirazione - come «mezzo speciale» di guerra - sarà qualche volta utiJizzata dai greci, presso i quali l'informazione finalizzata, intesa come valutazione politico-militare delle notizie raccolte, non sarà in via di principio mai prioritaria e non raggitmgerà il livello di organizzazione concepito dagli egiziani, dagli assiri e dai persiani.
Un esempio di «cospirazione riuscita» ci viene dalla caduta della città di Chio, controllata dai persiani, nel 494 a.C. Racconta al riguardo Enea il Tattico, autore di Tattica e Assedio delle città: «Uno degli n/ti ufficiali (passato segretamente alla causa greca) co11vinse i colleghi che, vivendo ancora in tempo di pace (evidentemente l'assedio greco non era ancora cominciato), convmi·ua mettere ad asciugare sul/n terra ferma la catena del porto, pnssarla nl catrame ( ... ) restaurare le rimeo;se delle navi, i depositi In torre dove abitamno gli alti ufficinlt. Ciò n/ fine di nl'ere wtn scusa per procurarsi, tra l'altro, delle scale per i soldati che nt'rebbero dovuto occupare tali edifici. Consigliò anche di licenziare In maggior parte degli uomi11i della gunmigione per ridurre la spesa del/n città (. .. ) Con motivazioni simili convinse i colleghi ad adottare delle rnisure elle avrebbero aiutato successivnmentf! gli nc;snlilori n prendere In pinzzn».
l greci mostrarono anche una certa tendenza ai travestimenti c all'illusione. Tendenza che ritroviamo nell'llinde e l'Odissen attraverso le imprese di Ulisse. Omero però ci prec.enta il re di Itaca più come un astuto avventuriero, un personaggio "dai mille trucchi", che non un vero 50ldato greco, un eroe della stessa tempra di Achille.
La minore importanzn attribuita dai Greci all'intelligence- al di là degli specifici episodi che abbiamo appena visto- era in effetti dovuta a due fattori. Il primo era di tipo psicologico: l'eroe greco possedeva due qualità fondamentali: il senso dell'onore e la sottomissione alla volontà degli dei. Come avrebbe potuto abbassarsi allo spionaggio, agli equivoci del doppio gioco, ai trucchi della disinformazione?
L'altro fattore era dovuto alla «caratterizzazione» dello scontro: per secoli le città greche si erano combattute tra loro, troppo piccole per vivere l'una accanto all'altra senza darsi fastidio, pur condividendo una lingua e una cultura
comuni. Ciò che quindi interessava era solo di conoscere le intenzioni e i movimenti immediati della città nemica: per questa esigenza qualche pattuglia di ricognitori, presi dalla cavalleria leggera, era sufficiente. Ma in tali condizioni le notizie raccolte potevano essere solo «visive», prese a distanza ravvicinata, di portata e significato assai limitati, ben lontani, quindi, dalla raccolta e dalla valutazione politico-strategica di informazioni riguardanti il nemico, reale o potenziale. Un'informazione preventiva molto limitata. Abbiamo constatato come la storia dello spionaggio nell'era antica non si presenti lineare, o almeno come la ricostruzione che se ne può fare non possa seguire un' ordinata sequenza per mancanza di continuità nelle fonti storiche c documentali disponibili. Abbiamo pertanto constatato come determinate tendenze siano coslcllate di eccezioni, che non è sempre chiaro se confermino o meno la regola, e abbiano seguito una direzione piuttosto zig-zagante.
Dopo Atene, troviamo infatti autorevoli riferimenti allo spionaggio anche a Sparta. Senofontc molto insiste nell' Anabasi sul ruolo dello spionaggio nel buon andamento delle iniziative militari: «Conviene che il comandante si preoccupi, dura11te la pace, di familiarizzarsi sia col paese amico sia col paese nemico. Se questa conoscenza gli manca, che prenda alme11o con Lui uomini che conoscano al meglio ciascun posto (.o o) Prima della guerra bisogna preoccuparsi di avere al proprio servizio delle spie negli Stati neutrali e tra i mercanti, giacché tutti coloro che portmzo qualcosa sono sempre bene accetti ilz tutti gli Stati (o o.) l falsi transfughi sono a volte utili. Tuttavia non bisogna mai, alla luce di quanto raccontano le spie, abbassare la guardia».
D'altra parte proprio a Sparta, nel IV secolo a.C., la proiezione delle informazioni riservate e la conseguente cifratura dei messaggi fanno un salto di qualità notevole.
Fino ad allora in effetti i «codici» consistevano in scritture convenzionali, note a pochi e che si cercava di proteggere alla bell'e meglio. L'invenzione spartana, la «Scitala lacedemonica», risulta invece molto più efficace, segnando il passaggio dalla steganografia (tecnica per nascondere il messaggio) alla crittografia (tecnica per nascondere il significato stesso del messaggio).
Come funzionava la sci tala?
Su un rullo di legno opportunamente inciso, si avvolge una sottile striscia di papiro su cui viene scritto il messaggio. Tolta la banda dal rullo, il messaggio è incomprensibile, ric:.ultando le lettere discontinue, e potrà essere letto solo se il destinatario disporrà di un rullo identico (inciso cioè allo stesso modo) a quello utilizzato per la cifratura. Ma lasciamo la parola al Plutarco delle Vite parallele: «Gli efori (i dirigenti politici spartani) all'atto di inviare all'estero un genera/c, prendono due pezzi di lexno rotondi e perfettameute uxuali sia inlzmgllczza sia in larghezza(. .. ). Di questi pezzi di legno( ... ) uno lo conservano loro, l'altro lo COlisegnano al partente. In seguito allorché vogliono comunicare qualche cosa di grande importanza ( ... ) taglimto wz rotolo di papiro lungo e stretto come una cinghia e l'm'volgono intomo al/n .:;citala ( ... ). Compiuta questa operazione, scrivono :;ul papiro così come si trova disteso sulla scitnln ciò che vogliono e una 'l.'oltn scritto tolgono il papiro e lo mandano senza il bastone. Il generale, quando lo riceve, non può leggere le lettere di seguito, poiché non hanno alcun legame tra loro e rimangono scomzesse, finché aneli 'egli non prende ln scitnla e vi avvolge ùt giro In striscia di papiro. Così la spirale torna n disporsi nel medesimo ordine in w i fu scritta e le lettere si allineano via via di modo che l'occhio può seguire la lettura attomo al bastone e ritrovare il senso compiuto del messaggio».
Insomma, una sorta di macchjna «Erugrna» artigianale!
En ea detto il Tatti co . Enea il Tattico è probabilmente il primo stratega greco co11osciuto, vissuto intorno al VI secolo a.C., della cui vita peraltro poco si sa. Secondo accreditati studiosi si trattava di uno di quei capi mercenari che all'epoca erano molto in voga. I cittadini greci, in effetti, stanchi del peso delle guerre cui erano continuamente confrontati, tendevano sempre più spesso a delegare la loro difesa a militari professionali. Enea è ricordato per aver scritto un trattato di tecnica militare, Poliorketica, dedicato essenzialmente ai procediiJienl i per assediare con successo le città e dove d'altra parte non trascura gli aspetti psicologici della guerra e l'importanza dell'«npproccio indiretto»: spionaggio, diserzioni provocate o tradimenti. Si preoccupa anche de/In sorveglia11za interna della città e, anticipatore, preconizzn il co/lfrollo sistematico degli stranieri che vi soggiomn11o.
Lo storico Polibio gli nttrilJIIisce l'invenzione di un particoLare sistema di comtmicnzio11e in tempo reale, ww sorta di «Gioco d'acqua», che grosso modo nella maniera segue11te. Sia il mittente che il desti11atario dovevm1o essere in possesso delle stesse cose, e cioè: due grandi recipienti colmi d'acqua co11 un foro simile 11ella parte inferiore; due basi di sughero co11 diametro inferiore a quello dell'apertura dei recipienti; due aste suddivise i n sezioni riportanti ciascuna gli stessi messaggi pre-defiltiti (es.: nn·iva11o i cavalieri, oppure arriva la cavalleria pesante o la fanteria leggera ecc.). La trasmissione avveniva così: l'asta veniva inserita nella base del sughero e messa a galleggiare nel recipie11te; il mitte11te quindi alzava la torcia e altret tanto faceva il destinatario. A quel punto il mittente illiziava n far uscire le11tar11ente il liquido dal recipie11 te provocando l'abbassame 11 to della base di sughero e dell'asta; quando la parte dell'asta co11 il messaggio che voleva trasmettere arrivava al bordo del recipiente, alzava la torcia per dare il segnale che aveva fermato la fuoriuscita del liquido. Il destinatario era allora in grado di individuare quale fosse
l'esatto messaggio chi! il mittente voleva trasmettere tra tutti quelli contenuti nell'asta. Con procedura Gllalogn il destinalario pote·m rispondere n/mittente.
Sistema ingeg11oso, certo, ma di limitata efficacia (con pochi me55aggi preconfezionati e co11 distanze n vista di torcia), poco affidabile (come essen• sicuri dci tempi di fuoriuscita de/liquido?) e suscettibile di creare pericolosi equivoci (rischio cioè di «leggere)) il messaggio sbagliato ... ).
Non bisogna tuttavia dimenticare che parliamo di ull'inve nzio ne concepita cillque/seicellto anni prima del/n 11ascitn di Cristo e a quell'epoca il «Gioco d'acqua)) di Enea poteva rivelarsi un'invenzione di grande utilità.
All'inizio della loro s toria, nemmeno i Romani danno molta importanza allo spionaggio. In quel periodo essi si rivelano piuttosto agricoltori che lavorano la terra, vivono
Il "gioco d'acqua " ado/Ialo da f.ncn, mel/IO utrle ma d1 limitata tjjìcnciadei suoi frutti e non hanno visioni egemoniche. Costretti tuttavia difendersi dai nemici esterni, dai barbari, da popolazioni ostili, dai Cartaginesi, si trasformeranno col tempo nei più temibili guerrieri del mondo conosciuto. Ma per lungo tempo ai Romani resta estranea la «mentalità inteWgence», dell'informazione preventiva, dell'inganno strategico, come chiaramente dimostra il sempre ricordato- e fatale- episodio delle oche del Campidoglio.
Nel IV secolo a.C., i Calli di Brenno (chi non ricorda il suo famoso« Vae victis », «Guai ai vinti?») assediano Roma. Tutta la popolazione si è rifugiata sul colle del Campidoglio, ultimo bastione di resistenza. I barbari invasori hanno però fretta di concludere e una notte tentano la sortita sperando di sorprendere i romani nel sonno. Ma il forte starnazzare delle oche (unici animali risparmiati dagli ti in quanlo sacre a Giunone) buttatesi tra i piedi dei Galli svegliano in tempo i difensori, i quali, venuto meno l'elemento sorpresa su cui invece contavano gli assalitori, daranno tempo ai rinforzi di arrivare e riusciranno a respingere un pericolosissimo attacco. Oche provvidenziali!
Leggenda o realtà che sia, l'episodio mostra tuttavia chiaramente come la trasformazione dei romani da contadini in combattenti non fosse ancora del tulto completata. Come spiegare altrimenti che gli assediati del Campidoglio non avessero previsto nemmeno una rudimentale rete di sentinelle o turni di guardia in una situazione di così evidente pericolo? Militari professionali non avrebbero certo commesso un errore del genere, rimanendo senza alcuna informazione o ricerca di informaàone sulle intenzioni nemiche. In effetti i Romani, malgrado le oche alleate, furono successivamente obbligati ad arrendersi e a trattare con Brenne, il quale, su una bilancia (peraltro truccata!) pretese onerosi tributi.
Ancora troppo rispettosa della bona .fides nei rapporti internazionali, bisognerà attendere le guerre puniche perché Roma comprenda l'importanza di disporre di un' organizzazione tesa a raccogliere informazioni utili allo svolgimento delle operazioni belliche.
n cartaginese Annibale era stato più volte sul punto di vincere proprio perché disponeva di informazioni geografiche, topografiche e militari - normalmente assai difficili da procurarsi in quel periodo- che solo un'efficiente rete d i spie e di agenti poteva fornire. E difatti, prima dell' offensiva vittoriosa che Io porterà alle porte Roma, aveva dato vita, in Spagna, a un'organizzazione spionistica che riferiva molto fruttuosamente dall'Italia. Un'organizzazione fatta anche di travestimenti, di contraffazione di documenti, di linguaggi convenzionali, di spedizioni protette di documenti segreti, di sapie nte correzione di eventuali errori di intelligence en cours de rou te. Un'organizzazione efficiente e operativa. Un'organizzazione che invece faceva pericolosamente difetto ai romani. Ma come abbiamo più volte constatato, lo sp ionaggio pub accompagnare il corso della storia, difficilmente deviarlo.
La Città Eterna in definitiva la scamperà bella. Ma i s uoi generali non trascureranno di apprendere la lezione di intelligence data da Annibale il cartaginese, una delle più illustri personalità del mondo antico per perizia nell'arte della guerra, per intelligenza politica e per l'uso dell' intelligence militare.
Scipione l'Africano, iJ vincitore di Annibale, sarà il primo a capirlo e a trarne grande profitto.
Annibale ins egna lo spionaggio ai romani . Figlio di Amilcare Barca, uno dei più illustri generali cartaginesi, Annibale succede al padre, che aveva fatto della Spagna una sorta di regno personale, nel221 a.C., n 26 anni. Particolarmente portato per l'arte degli artifici e gli inganni, il giovane comandante utilizza spesso parrucche e travestimenti che gli consentono di spostarsi da u11 campo all'altro senza essere riconosciuto, per poter meglio giudicare lo stato d'animo dei soldati e prevenire possibili sedizioni. Ma ovviamente si preocwpa mtche delle difficoltà "esterne".
Prima dell'offensiva contro Roma, nemica storica di Cartagine (Tunisia), elle avvierà a partire dalla Spagna dal218 al 216 a.C., ha in effetti già disseminato in Italia spie di vario geuere che lo informeranno esattamente sulla situazione del paese elle sta per invadere. Nel mome11to i11 cui dà il via alle operazioni, Annibale è così ben informato, su l piano militare, topografico e geografico, elle riesce a evitare il combattime11to con l'armata rommzn del Rodmto e attraversare le Alpi quando la 11eve ha già comillciato a imbiancare i colli. Avvisato in anticipo dai suoi agenti reti che un'armata rommra era sbarcata Marsiglia e clte lo stava i11seg uendo, il cartagi11ese sarà così efficiellte nelnascolldere i movimenti delle sue truppe che solo tre giomi dopo aver lasciato le posizioni francesi i rommti arriveranno all'accampamento ... oramai però vuoto! A11nibale attiverà anche
una serie di "osservatori" in diverse postazioni marittime che lo terran11o al corrente di tutti i principali "arrivi e partenze". La sua expertise nelle tewiche dello spionaggio gli permetterà di comunicare con i suoi alleati persi110 11elle città controllate dai romani, senza che questi se 11e accorgano. Ma tutto questo non sarà sufficiente a
cambiare il corso della Storia. È Roma oramai l'inarrestabile potenza emergente della Storia e niente potrà fermarla. Roma finirà dunque per trionfare su Cartagine, non senza però aver appreso con l'occasione le lezioni di Annibale sullo spionaggio!
Con l'avvento di Giulio Cesare il ricorso all'intelligence diventa finalmente sistematico, la preventiva raccolta di informazioni gioca un ruolo indispensabile nello svolgimento delle operazioni militari, il «servizio» si consolida e si profesc,ionalizza.
Racconta lo storico Svetonio a proposito dell 'i nvasione della Brita11nia a opera delle truppe del grande stratega romano tra il 55 e il 54 a.C.: <<Durante le sue spedizion i non era mai chiaro se Cesare avesse successo a causa della c;ua prudenza otrt•ero del/n sua temerarietà. Mai i11 t•erità co11dusst: il suo esercito su strade poten:ialmente pericolose senza aver prima ben studiato la disposizione dei luoghi e lo trasportò nella Britannia solo dopo avere studiato nei dettagli i porti, In navigazione, i mezzi per sbarcare nell'isola». In effetti ogni movimento delle sue truppe era preceduto da una meticolosa preparazione ricognitiva, logistica e militare, alla luce anche delle informazioni prese sui luoghi di destinaz ione, s ui popoli da sottomettere, sulle tecniche di guerra in uso tra gli autoctoni. Così avvenne in vista dell'invasione delle isole britanniche, quando appunto Cesare affidò a Caio Voluseno una vera missione di intelligence che oggi saremmo tentati di chiamare, con facile gergo spionistico, «operazione Britannia». Per prima cosa Voluseno, d'accordo con Cesare, volle radunare al nord della Gallia, già da tempo sottomessa, i mercanti che abitualmente si recavano dall'altra parte della Manica. Quindi ini .dò a interrogarli, senza peraltro
nascondere loro le ambizioni espansionistiche di Roma (con l'intenzione forse di condizionare i destinatari indiretti del messaggio, dando per scontato che i mercanti avrebbero riferito tutto ai britannici? Non è da escludere). Le notizie raccolte non si rivelarono, sul momento, molti utili. Si trattava in effetti di gente interessata a concludere i propri affari solo nell'ambito dci villaggi situati sulla costa, non osando addentrarsi nel retroterra e facendo presto ritorno alla regione di provenienza. Non conoscevano di conseguenza l'interno del paese. Continua Svetonio: «Voluse11o non poté appurare molto circa l'estensione dell'isola, In sua natura, il numero delle nazioni che In abitano, né il/oro modo di fare In guerra o le loro istituzioni né i loro porti che erano comunque capaci di ricevere gra11di quallfità di navi». La prima fase della missione apparve quindi un semifallimento: non se ne sapeva molto più di prima. Del tutto insoddisfatto Cesare ordinò allora a Caio Voluseno di effettuare persona lmente una «missione ricognitiva d'insieme» con una nave da guerra sulle coste delJa Britannia per verificare la conformazione dei suoi porti, le sue eventuali fortificazioni costiere e di «ritornare al più presto a riferire». Insomma, Cesare non voleva rischiare di
sbarcare al buio, teneva a proteggere le sue truppe. Non era passato molto tempo dall'imbarco del suo luogotenente che si presentarono dal grande stratega alcuni emissari britannici i quali, avendo saputo delle mire romane, si affrettarono a manife-
stare segnali di pace e di collaborazione. Che avesse funzionato l'intelligence psicologica esercitata da Caio Voluseno? Oppure si trattava di forme embrionali di controspionaggio? Chissà? TI Grande Gioco ha certo origini antiche.
Ma, come sappiamo, Roma non cercava l'amicizia dci popoli: ne pretendeva la sottomissione, salvo poi offrire loro forme di autonomia nel nuovo contesto politoco-istituzionale. Cesare quindi prese tempo, in attesa del ritorno di Caio Voluseno. Questi, cinque giorni dopo la partenza, riferì al suo comandante notizie assai precise, pur non essendo potuto sbarcare ed essendosi dovuto accontentare di osservare «da vicino )) le coste nemiche, probabilmente nella regione del Kent, notizie che si sarebbero comunque rivelate di grandissima utilità per le successive operazioni militari.
Le popolazioni britanniche peraltro non furono le sole a fare le spese del lavoro di spionaggio degli emissari di Cesare. I Galli lo erano stati qualche anno prima e probabilmente in maniera ancora più clamorosa. Una del1e principali ragioni della loro sconfitta era stata infatti proprio l'insufficiente attività informativa nelle loro iniziative militari, tese piuttosto a realizzare forme di guerriglie e situazioni di terra bruciata. Lo dimostra l'esito della celebre battaglia di Alesia (52 a.C.), quando le truppe galliche, venute in aiuto di Vercingetorige ivi assediato, si gettarono sui Romani senza aver fatto una minima attività ricognitiva e si trovarono presto in grande difficoltà, avendo trovato i legionari sorprendentemente pronti a combattere su due fronti, anziché farsi chiudere a tenaglia, sia cioè verso l'hlterno sia verso l'esterno della città gallica.
Anche i Galli, come i Greci, preferivano combattere lealmente a viso aperto: si buttavano cioè convinti nella mischia, odiavano le imboscate e le trappole, detestavano
servirsi eli spie, si battevano senza troppa tattica, affidandosi in definitiva al valore individuale e al ben volere degli dei. In ogni caso la loro limitata attività di intelligence - che alcuni autori pur riconoscono ai Galli- non si concretizzò mai nella sistematica ricerca dell'informazione «utile », «preventiva », da sintetizzare e analizzare, ma fu piuttosto casuale e intermittente.
Tutto il contrario dei Romani, i quali avevano invece imparato a far ricorso a una panoplia di interventi molto più sofisticata sul piano politico, diplomatico, tattico, psicologico e di effettiva intelligence. Basti pensare che gli Elvetici furono oggetto di un'intensa attività spionistica prima ancora che il generale conquistatore si muovesse da Roma. Qui in effetti, tramite un'efficiente rete spionistica, accumulò preziose informazioni sulle loro tradizioni, modi di vita, abitudini, tecniche di combattimento, impostando la futura spe dizione in funzione appu n to delle indicazioni raccolte. Insomma con Giulio Cesare il ricorso all'intelligence assume contorni di metodicità. Si consolida tanto da richiedere l'utilizzo di una speciale cifrario - detto appunto il «cifrario di Cesare» - per la protezione delle numerose informazioni sensibili ottenute dalla varie fonti attivate. Un cifrario che oggi può apparire semplice nella sua concezione (come ci racconta Svetonio, ogni lettera era sostituita da quella che la seguiva di tre posizioni nell'alfabeto), ma che all'epoca rifletteva un alto grado di sofisticazione e serviva bene allo scopo. L'intelligence era oramai entrata a far parte delle variabili s u cui ogni valido stratega romano doveva riflettere prima di prendere decisioni importanti.
Molti anni dopo la morte di Cesare, il comandante/ filosofo di origine greca, Onosandro, scrisse sulle tecniche dello spionaggio interessanti parole: «Normalmente le spie vanno condannate a morte. Ma se l'esercito è in buono stato e
superiore a quello de/nemico, esse possono essere graziate, risparmiate e rimandate indietro non senza aver prima fatto loro osservare la consistenza e l'organizzazione delle truppe>>. Visione moderna dell'uso strumentale e finalizzato dell'informazione che peraltro richiama, sorprendentemente, i consigli che Serse d ava al padre Dario sul miglior utilizzo possibile delle spie.
Onosandro si pose inoltre il problema, per così dire, dalla prospettiva oppo!,ta: «Il generale prudente diffida del transfuga nemico, di c/11 offre di svelare segreti importanti( ... )
Il ge11erale intellzgmte der'e tuttavia ben valutare le circostallze riferite( .. .) e se le co/lszdern probabili, deve assicurarse11e di persona, portare la spia con sé, piedi e polsi legati, e promettergli la liberazione se lza detto la verità o il supplizio se !tn melitifo>>. Parole- ci pare- che potrebbe aver pronunciato un alto ufficiale della !,econda guerra mondiale.
A lesia, l 'i m po rta n za de ll o spionagg io m ili tare. Se i Gal/z at 1essero praticato 1111 11111111110 di spio11aggio militare, 11011 si sarebbero certo fatti sorpre11dere ad Alesia dalla reazio11e dei Rommzi, pro11ti a combattere su due fronti, pur impegllnfi Ileil'assedio della città.
L'esercito romano circo11da, 11el 52 a.C., Alesin (oggi AliseSainte-Reine), dov'è riu11ifo il grosso delle truppe della coalizione gallica, al comando del giovane re Vercingetorige. t il momento decish'O della conquista romana della Gallia. Se Alesia cade, Giulio Cesare potrà agilmente completare la conquista del paese; se l'assedio fallisce, tutta la campagna militare romana verrà rimessa in discussione, con conseguenze politiche anche sui delicati equilibri del Senato di Roma. Una città che può rappresentare una buona occasione di resistellza a oltranza per i Galli e clze al contrario si trasformerà, grazie alla abilità di Cesare, llella loro
trappola definitiva. l Romani in effetti non si limitano a schierarsi classicamente per l'assedio, cercando in tutti i modi di penetrare in città, ma vi costruiscono tutt'intorno solide fortificazioni per ostacolare l'arrivo di rifonzimenti e rinforzi: le cosiddette «circonvallazioni», veri gioielli di ingegneria militare.
Nonostante gli attacchi della cavalleria di Vercirzgetorige che cerca di ostacolare l'iniziativa, Cesare porta n buon fine il completamento dei lavori. Alesia risulta completamente isolata. L'unica speranza per i Galli consiste ora nell'arrivo dei rinforzi. Ma, anticipmzdo proprio tale eventualità, Cesare fa innalzare una seconda linea di fortificazioni, la «Controvnllazione», rivolta questa verso l'esterno e mettendo così le sue truppe nelle condizioni di combattere riparate uel mezzo di due serie di fortificazioni.
Quando finalmente arrivano i rinforzi tanto attesi di Commio, i Galli troveranno i Romani ben protetti, non schierati per farsi prendere alle spalle e anzi pronti a passare nl conlrnltacco nei due sensi. Vercingetorige, dal cnnto suo, non riesce n oli repnssare le circonvallazioni romane per ricongiungersi n/le truppe
venute in aiuto, nella speranza forse di chiudere le legioni romane n tenaglia. Malgrado quindi La superiorità numerica, sulla quale molto contnmno, i Galli cadono nella trappola preparata da Cesare e Pengono sterminati. Vercingetorige 11011 può che deporre le armi e arrendersi. La Gallia diventa romana: Cesare ha ora nelle sue mani La stessa Roma.
Se solo m:essero raccolto w1 po' di informazione «finalizzata», se solo apessero reali::ato unn sin pur limitata nftillità di spionaggio tattico, gli antenati dei francesi avrebbero visto e capito, deviando probabilmente il corso degli avvenimenti. Commio avrebbe cioè impostalo la sua offensiva in maniera diversa e l'assedio di Alesia avn'bbe potuto concludersi in mmtiera impret'edibile, consentendo n Vercingetorige di resistere ancora per chissà quanto tempo, tenendo peraltro Cesare lontmw da Roma ...
Ma In storia 11011 si racconta con i «Se». l Galli, piuttosto digiuni di tecniche di intelligence, preferirono scommettere esclusimmrlltr sulla poft'lt:n e la forza, con le conseguenze che conosciamo.
Dag
La costante attenzione ri-,ervata allo spionaggio dai generali romani avrebbe determinato con il tempo la «professionalizzazionc» di tutta l'attività informativa. I Jrunrentarii, intermediari e commercianti incaricati dell'approvvigionamento delle truppe, furono sempre più spesso incaricati, proprio in ragione dei loro contatti con potenziali fonti sensibili, di raccogliere informazioni e valutazioni utili sul piano militare, economico, tattico e strategico. Finirono cosl per sostituire gli speculntores, le avanguardie delle truppe in movimento che svolgevano compiti di limitata attività ricognitiva sul campo. Col passare del tempo quindi si produsse un' inevitabile mutazione professiona le: da intermediari
commerciali i frumentarii si trasformarono in veri agenti informativi. Insomma, la funzione creò l'organo.
La rete spionistica dei frumentari i funzionò così bene che divenne gradualmente- altra mutazione geneticaun'efficiente polizia politica, tesa a combattere la «sovversione» in tutte le sue forme. Per l'impero romano la sovversione fu rappresentata - in un determinato periodo della sua storia - soprattutto dai cristiani. Erano loro il nemico principale da tenere d'occhio. Erano loro i "sovversivi" dell'ordine imperiale. I frumentari di conseguenza praticarono con successo forme di infiltrazione finalizzate. Col preciso intento di distruggere i gruppi che si riunivano segretamente nelle catacombe per pregare quel nuovo, strano e temibile Dio che pretendeva di mettere sullo stesso piano spirituale lo schiavo e l'imperatore, persone pericolose che predicavano la solidarietà, il perdono e l'uguaglianza, mettendo in dubbio la natura semi-divina della massima istituzione imperiale.
Incaricati però troppo spesso di «missioni speciali», sempre più temuti e odiati dalla popolazione che finì per considerarli come una sorta di Gestapo dell'epoca, i frumentari furono soppressi dall'imperatore Diocleziano (284-305 d.C.), nell'ambito di grandiose riforme tese a modernizzare la gestione dell'impero, separando in particolare l'Amministrazione civile da quella militare. Ma non perché questi volesse fare a meno dei servizi informativi. Al contrario.
Memore della lezione di Giulio Cesare, consapevole dell'evoluzione dei tempi, desideroso di porre un limite ai preoccupanti eccessi deifrumentarii, Diocleziano diede vita a un vero e proprio corpo dello Stato, un nuovo Dipartimento dell'Amministrazione imperiale, una struttura al servizio degli interessi nazionali costituita da persone qua-
lificate, inquadrate e affidabili, i cosiddetti Agenfes in rebus, autentici agenti di intelligence. Venne successivamente perfezionata la sorveglianza delle frontiere imperiali, dove sempre più spesso furono stazionate truppe specialmente addestrate, tra le quali si distinsero i procursatores, per ricognizioni a breve raggio davanti all'esercito e gli explorntores, agenti incaricati di più ampie ricognizioni in territorio nemico e attivi sia nello spionaggio tattico (puramente operativo) sia in quello (più "politico", per consentire cioè ai capi militari di avere una visione generale della situa7ione prima di una guerra o di una campagna).
Con l'inizio della decadenza dell'impero, le truppe speciali c<fronterizie » si confrontarono con sempre maggiore frequenza con le temibili incursioni delle popolazione barbare del Nord, desiderose di impossessarsi delle ricchezze del Sud e della gloria di Roma, imitandone anche lo stile di vita. Aumentò quindi vertiginosamente la richiesta di uomini per integrare i ranghi delle armate sottoposte al primo impatto degli inva<;ori. Ma, contraddizione che avrà effetti deleteri sulla tenuta complessiva delle forze romane, <;i decise - in mancanza di effettivi e data l'urgenza - di ricorrere al reclutamento anche di elementi barbari (in genere ottimi combattenti), anzi furono ingaggiate intere Lribù, pensando (a torto!) che quello fosse il modo migliore per assicurame un inserimento graduale e senza traumi nell'organizzazione militare e bellica romana.
In realtà si trattò di un drammatico errore di valutazione. I singoli combattenti barbari finirono per sentirsi legati solo ai loro rispettivi capi, i quali naturalmente assunsero uno status e una autonomia decisionale che con il tempo misero in crisi tutto il sistema militare imperiale. Saranno in effetti proprio questi «eserciti stranieri», vere enclave strutturate all'interno del dispositivo milita-
re romano che, consapevoli della loro forza, decideranno alla fine di spartirsi il bottino dell'impero, determinandone l'inarrestabile crollo.
La caduta dell'Impero Romano d'Occidente (476 d.C.) provocherà la sco mparsa di molte sue istituzioni: tra queste anche il sistema informativo e di spionaggio che invece continuerà a sop ravvivere nell'Impero Romano d'Oriente e nel mondo arabo, dove l'arte della guerra risulterà nettamente s uperior e. Così, durante tutto il periodo che convenzionalmente va fino alla scoperta dell'America (1492), l'arte dello spionaggio sarà ignorata, sacrificata sull'altare dell' «etica cavalleresca)), tipica del mondo medioevale.
Tacito, l'arte della «brevitas». Publio Cornelio Tacito (55-117 d.C.), tra i pitì grandi storici dell'antichità, è ricordato anche per il suo stile esse11zinle, la sua prosa viva, senza frasi di COli tomo, mai sciatta, sempre chiara e precisa, in t l/In visione della storia e/te si attiene scrupolosnme11te al/n cro11ologin dei fa l'ti: «Il mio proposito è di riferire (... )senza ostilità e parzialità, dal momento che non 11e lto motivo». Il suo modo di scrivere scarno e spezzato, acquista u11a particolare forza espressiva, una speciale drammaticità emotiva, tanto che l'aggettivo «tacitinno»
è diventato sinonimo di stile stri11gnto, conciso, senza opportunità di replica. U11a brevitas che colpisce il/ettore molto di più dell'amplificazione retorica alla Cicerone.
in genere, per gli autori di Storia essere definiti «facitiani» dovrebbe essere llll complimento. Ma ciò non sempre avviene: per gli amanti delle espressioni ricercate, del periodare lungo e <<arioso», che costringono il lettore n faticose prove di decifrazione sintattica, probabilrnente non lo è, essi si senti rebbero "se mplificati", quasi diminuiti. Lo stile di Tacito dovrebbe, invece, servire da modello per molti storici contemporanei, i quali dovrebbero avere
tutto l'interesse a farsi <<leggere» prima e a farsi «citare» poi, evitando di essere citati prima, per ... non essere letti dopo. Ma a volte, appunto, lo stile non segue e... il lettore nemmeno. Attraverso le sue maggiori opere- gli Anna/es e le Historineriviviamo le vice11de dell'impero romano del I secolo, dalla morte di Augusto (14 d.C.) alla scomparsa di Domiziano (96 d.C.). Analizzandone In genesi, Tacito 11011 nasconde il suo profolldo pessimismo storico, rimpiangendo amaramente l'nus/era morale repubblicana.
Capitolo III
IL Medio Evo: miserie e splendori dello spionaggio
Il disinteresse per la riflessione strategica che s i riscontra nel mondo medievale è dovuto anche al generale analfabetismo, alla ristrettezza degli orizzonti e alla povertà culturale di cui soffrono le popolazioni che hanno abbandonato le città diventate pericolose dopo le intrusioni barbariche e vivono disperse, isolate, con ridotte possibilità di comunicazione e di contatti. Pochissime in effetti sono le persone in grado di leggere e scrivere, uno straordinario privilegio riservato essenzialmente agli uomini di chiesa, i quali difendono il loro monopolio- significativo strumento di potere- mantenendo in vita la lingua latina, sempre meno accessibile alle masse incolte. Per circa mille anni, in pratica, in Europa si leggerà e si scriverà poco, con un preoccupante oscuramento intellettuale. E non è certamente un caso che nello stesso periodo, le arti della guerra e dello spionaggio saranno molto più sviluppate nel mondo bizantino e nelle regioni arabe, dove invece la scrittura è conservata, praticata e svil uppata.
I combattenti feudali del resto danno prova in Europa
di crassa ignoranza (nel migliore dei casi sono appena capaci di leggere un te s to elementare), il che impedisce ai comandanti di elaborare una solida cultura sto ri ca e militare, base di ogni concezione strategica. È per questa ragione che al momento- in mancanza di fonti che possano confutare una tale lettura storica - i ricercatori, segnatamente nel campo militare, continuano a considerare i secoli del medioevo come «bui», menh·e altri settori, come si sa, sono sta ti ampiamente «r ivalutati» e «ill uminati ». Anche in questo caso, tuttavia, non mancano eccezioni. Eccezioni peraltro di notevole sign ificato storico, che conferma no ancora una volta la difficoltà di disegnare, secondo uno svil uppo lineare, l'evoluzione dello spionaggio nel corso dei secoli: i Vichinghi e i Templari.
Il quadrato magico del Sator. Si fratta del rebus, del testo cifrato piiÌ celebre del Medioevo, da allora mai svelato con siwrezza, 110/lostnnte le i11numerevoli co ngetture fatte al riguardo nel corso dei secoli. Sono cinque parole latine che dmwo luogo a LI/I palindromo (t-1.1/n frase cioè che può essere letta, senza variare, da sinistra n destra e viceversa. Qumtdo si legge da destra, si colltincia dal basso 11nturalme11te... ). Ma 11011 basta. Le parole ilz questiolze si ripetono anche se ve11gono lette dall'alto verso il basso e viceversa, co11 i11oltre In parola TENET che forma una croce nel mezzo del quadrato.
Curiosa e intrigante iscrizione, rinvmuta in diversi paesi
d'Europa, da Cirencester OnRililterra) a Rochemaure (Francia), da Siena (sulla parete del Duomo) a Santiago de Composte/a. Ma il più antico ritrovamento è senza dubbio quello avvenuto durante gli scavi di Pompei, nel 1936, dove la ritroviamo incisa sulle scanalature di una colomin della Grande Palestra.
Che voleva esprimere il «quadrato»? Che significato nascondevano le cinque parole latine? Perché una frase tanto oscura si sparse per tutta l'Europa?
Per alcuni si trattava senza dubbio di un codice, di una parola d'ordiue a uso dei misteriosi Cavalieri Templari, i quali, come ·uedremo, avevauo dato vita a un 'efficiente rete informativa in dit1ersi paesi europei (ripresa dnll'mztica Roma, avrebbero diffuso l'uso della formula nel Medio Evo). Oppure si trattava di un'i11dicazione religiosa per i fedeli, o di 1111 motto laico nl tempo dell'impero romano di cui succcssivmnente si ern perso il significato? Un codice segreto per iniziati? Tutte le congetture SOIIO possibili.
Per la scrittrice Sih 1a11a Zane/la, se si leggono Le ci11que pai'OIe cambiando il verso di percorrenza a ogni riga, la frase da illferpretare diventa «SATOR OPERA TENET AREPO ROTAS».
Andrebbe benissimo, solo e/w la parola AREPO 11011 è u11a parola Latina. Se tuttavia la si considera come w1a contrazio11e della parola AREOPAGO, allora In frase avrebbe u11 se11so compiuto abbastmzza credibile: «Il semÌIIntore decide dei suoi lavori quotidimli, ma il tribunale supremo decide il suo destino», ovvero «L'uomo decide le sue azio11i quotidiane, ma Dio decide il suo destino». Insomma, 1111 semplice gioco di parole per i11dicare una massima, un motto, 1111 impegno morale e religioso, con esclusione di misteriose, cabalistiche, negromanticlze finalità. Lnterpreta:::.ione sensata, ma che non spiega tutto, basandosi su una forzatura iniziale, e elle lascia sem:n dubbio aperta la porta ad altre spiegazioni.
Il mistero rimane. No11 si tratta forse di un «quadrato magico»?
Dall'originaria Scandinavia i Vichinghi, sicuramente i migliori marinai e guerrieri del loro tempo, colonizzeranno presto una parte dell'Irlanda, successivamente tutta la Normandia, da dove poi daranno l'assalto alla prospiciente Inghilterra. Ma non si fermeranno lì: arriveranno ad assediare Parigi, a conquistare la Sicilia, a creare il regno di Kiev e anche, secondo molti storici, a scoprire, partendo dalla Groenlandia, l'America (pur non rendendosene conto) cinque secoli prima di Cristoforo Colombo.
In tutte le loro spedizioni (salvo evidentemente quella che li avrebbe condotti sulle coste della Nuova Inghilterra), i Vichinghi non partiranno mai senza aver prima raccolto una sufficiente messe di informazioni sui luoghi da «visitare». Dalle basi costituite lungo le rotte marittime da loro presceltc venivano generalmente organiuate operazioni di attenta ricognizione, con sbarchi addirittura di piccoli gr uppi ricognilori sulle coste <<nemiche» per esp lorazioni di più ampio raggio e per raccogliere quante piCt informazioni di intelligence possibili.
Jn questa loro attività ricognitiva sicuramente aiutati dalla manovrabilità e dalla leggerezza dei famosi Drakkar, le tipiche imbarcazioni in legno di quercia, con chiglia leggermente incurvata, non grandissime (venticinque metri di lunghezza per cinque di larghezza), senza uno specifico equipaggio marinaro (nel singolo vichingo le figure di marinaio e di combattent e coincidevano).
Ma dove i Vichinghi si mostreranno pienamente consapevoli dell'utilità di ricorrere alle tecniche dello spionaggio e dei «mezzi speciali» sarà in occasione della conquista dell'Inghilterra, agli inizi dell'Xl secolo (1066).
Approfittando del matrimonio di una delle loro principesse con un re inglese, all'inizio del millennio, i vichin-
ghi-normanni riusciranno, con lusinghe, corruzione, legami di parentela e minacce, a «penetrare» efficacemente la Corte di Londra. Un flusso costante di informazioni inonderà così le coste normanne: dal segretario privato del re ad alti funzionari di corte, dallo stesso vescovo di Londra a importanti comandanti di piazzeforti, tutti riferiranno ai «Se rvizi » normanni. E per rendere ancora più efficace la rete spionistica, il duca Guglielmo (al quale il re Edoardo, suo cugino, aveva promesso che sarebbe stato suo succe<,sore sul trono d'Inghilterra), invia una serie di agenti che si stabiliscono in diversi porti inglesi e che cominciano a operare con ampi mezzi (battelli e denaro). E sarà proprio da uno di questi agenti che il duca normanno, successivamente definito cd i Conquistatore», apprenderà la brutta notizia della morte di Edoardo e del mancato mantenimento della promessa a suo tempo fatta, essendo salito sul trono inglese il conte del Wessex, il quale, naturalmente, si aspetta la reazione normanna e si prepara ad affrontarla. Ora, sul piano dello spionaggio, Guglielmo si trova in netto vantaggio, conoscendo nei dettagli lo stato delle truppe c l'organizzazione dell' cca mministrazione» inglese. ll conte del Wesse:-. - nel frattempo diventato Aroldo II d'Inghilterra- sa invece molto meno dei Normanni e cerca disperatamente di rimediare. Invia allora alcune spie nel porto di Dives, base navale avversaria, dove sfortunatamente queste vengono immediatamente intercettate e catturate. Rinunciando a metterle a morte, Guglielmo, seguendo i precetti di alcuni condottieri dell'antichità, le rilascia, non senza aver mostrato loro tutto il potente apparato offensivo normanno pronto a riversarsi sulle coste inglesi (per indebolire il morale degli avversari) e facendo capire loro che ha deciso di attaccare, ma senza precisare quando e dove (per creare confusione e incertezze, circostanze foriere di errori e sfasamenti).
In qualche modo una situazione inversa a quella dello sbarco in Normandia del giugno del1944, quasi un millennio dopo, allorché saranno i tedeschi a non sapere «quando e dove» gli alleati avrebbero toccato terra in Francia.
Conoscendo bene la potenza e l'organizzazione della marina anglosassone e sapendo quanto filo da torcere le truppe inglesi potrebbero dargli, Guglielmo, attraverso un delicato gioco politico, sa sapientemente suscitare un assalto all'Inghilterra in provenienza dal nord da parte del re vichingo-norvegese Harald, sicuro, come poi in effetti avverrà, di costringere l'usurpatore inglese a combattere su due fronti, indebolendolo strategicamente e tatticamente.
Intanto la rete spionistica normanna funziona a pieno ritmo. Il povero Aroldo sarà letteralmente sommerso da indicazioni contraddittorie e dalle manovre di intossicazione di Guglielmo, che con i suoi metodi speciali finirà col metterlo in gravi difficoltà. Travestito da cameriere, ad esempio, manipolerà di persona un gruppo di spioni inviati dal suo antagonista inglese, facendo credere di aver loro fornito preziose notizie. Tutte invece- occorre precisarto?- false e fuorvianti.
Alla vigilia dell'attacco della diversione norvegese, Aroldo in definitiva non potrà fare a meno di ritirare la sua flotta dalla Manica, posizionandola alla foce del Tamigi, pronta a essere eventualmente inviata a nord, per fronteggiare il norvegese Harald o a sud per fermare il normanno Guglielmo.
n 20 settembre 1066 i norvegesi passano all'attacco. Aroldo va Joro incontro con il grosso delle sue truppe che, pur stremate da faticosissime marce forzate, ottengono una brillante vittoria. Lasciando tuttavia a Gugliemo tutta la libertà di salpare dalla Normandia verso l'Inghilterra meridionale e di conquistare facilmente il porto di Hastings, che
si trasforma presto in un'utilissima testa di ponte dove potranno tranquillamente sbarcare i rinforzi
Appresa la notizia, Aroldo, già in affanno, organizza in tutta fretta una nuova marcia forzata in direzione delle truppe normanne occupanti. Intanto il sistema di ricognizione e di spionaggio di Guglielmo non smette di funzionare, ad esempio tramite pattuglie di ricognitori formate di cavalieri che agiscono sempre in coppia (uno può così rimanere in contatto con il nemico, mentre l'altro corre a riferire ai propri capi, per ritrovare successivamente il collega pronto a sua volta a ripartire con gli aggiornamenti 'iulla situazione). Si moltiplicano in tal modo le infiltrazioni nelle retroguardie nemiche e aumentano i posti statici di sorveglianza.
Curiosità storica c sempre con riferimento allo sbarco in Normandia del 1944: uno dei principali protagonisti di tali operazioni di «prevenzione e sorveglianza>> è Rogcr de Montgomery, il capostipite di una famiglia di illustri militari da cui discenderà «Monty», il celebre generale Bcrnard La\v \ltontgomery, uno dei liberatori dell'Europa.
Le truppe di Aroldo, sfiancate dallo scontro con i norvegesi, demoralizzate dalle continue manovre di «intossicazione informativa» c di spionaggio portate avanti dai Normanni, oggettivamente indebolite da una diversa organ iuazione militare dei due eserciti (quello normanno era già basato sul sistema di leva feudale che coinvolgeva direttamente i ricchi feudatari e poteva quindi contare sulla più imponente arma da guerra medioevale, la cavalleria pesante; quello sassone, invece, era ancora formato di «milizie popolari», senza coinvolgimenti diretti dei nobili, dotato di conseguenza di minori mezzi ed equipaggiamenti), perderanno ad Hastings, in poche ore, una delle battaglie più gravide di conseguenze sull'evoluzione della storia europea.
Due mesi dopo la vittoria (ottobre 1066), Guglielmo è incoronato re d'Inghilterra a Westminster, nel corso di una festosa e sfarzosa cerimonia, che anche simbolicamente rappresenta il compimento della promessa fattagli dal cugino .
Anche nel caso di Hastings si può affermare come lo spionaggio abbia, se non modificato, sicuramente «accompagnato» utilmente il corso della Storia.
I poeti sca ldi : tutto quanto fa sp ionagg i o. Poeti e combattelli i, gli scaldi raccontava/lo le saglle eroiclte dei guerrieri Vichi11ghi. Spostandosi i11 contilwazione per le terre scandinave, mettevano in versi Le gesta dei re, le scoperte di nuove contrade, le battaglie più famose, ma anche i fatti della vita giomaliera. Versi per la verità alq11anto complessi, pie11i di rime incrociate, ricchi di metafore e a/lusio11i mitologiche, creati con tecllica poetica virtuosislica, al JHll'i dell'arte jig11raliva vici tinga, che non dovevano essere di fncile lett11 ra né di facile ascolto. Gli scaldi godeva11o di imme11sa reputazione e di protezione assoluta. Si lasciava illfatti credere e/te la loro arte fosse Il/l dono del dio vichiltgo Odino e che di co11seguenza avesse caratteri di sacralilà. Date tali premesse, quale migliore «copertura» per L'effettuazioue di missio11i di spionaggio? Citi avrebbe potllto toccare i sacri scaldi? Rispettati, protetti e co11siderati portatori di un'arte sacra, chi avrebbe osato negare loro un accesso, chi avrebbe ardito nascondere loro un'informazione? Agenti di i11telligence, in definitiva, loro malgrado.
Solo per citare alcuni esempi conosciuti: Alfredo il Gra11de, nel X secolo, si prese11ta come poeta scaldo e non ha difficoltà a entrare nel campo nemico; Golet, scaldo di corte, aiuta Guglielmo,futuro conquistatore dell'Inghilterra, a scoprire un complotto che si tramava contro di lui a Bayeux; nel1010 lo scaldo is/an-
dese Gwmlaug infonna dettagliatamente il re inglese Ethelred sulla situazione in Russia e a Bisanzio.
Una pratica che divenne talmente ricorrente che ci si può chiedere: ma si trattava di poeti spioni o di spioni poeti?
Le spedizioni dei Crociati non avranno riflessi di grande rilievo sull'evoluzione dell'arte della guerra, né tanto meno sulle tecniche dello spionaggio o sull'applicazione dell'intelligence. Animati, come si sa, da motivazioni composite (fede, avventura, gloria, denaro), non sempre singolarmente decifrabili, provenienti da paesi con diverse tradizioni militari e sociali, con difficoltà di comprensione linguistica, confusamente coordinati da un incerto «Comando internazionale» (un problema che in qualche modo si ritrova anche ai nostri giorni quando si tratta di coordinare, per operéVioni Onu ad esempio, truppe provenienti da paesi non abituati al coordinamento militare intema/ionale, come invece non avviene alla Nato, che dispone di comandi integrati permanenti), i Crociati non riusciranno mai, nei due secoli di durata del Movimento (dal 1096 al 1314), a stabilire una presenza cristiana continuativa in Oriente. Lo spirito cavalleresco che li caratterizza del resto li porterà spesso a trascurare non solo le tecniche dei «mezzi speciali))' ma anche le più elementari regole tattiche della guerra. Come nel caso del tentativo di ripresa di San Giovanni d'Acri (oggi Akko, in Israele), l'ultimo baluardo cristiano in Medio Oriente, quando il re di Francia, Filippo Augusto, durante la terza Crociata, trascura di organizzare una stretta sorveglianza delle strutture e del materiale da utilizzare per il previsto assedio. Non sarà così difficile per gli assediati, nel corso di una ben coordinata azione nottur-
na di commando, distruggere i preziosi approVVIglOnamenti con il fuoco. Circostanza che influenzerà pesan temente il corso dei successivi eventi, ritardando e complicando l'iniziativa dei Crociati. Al contrario, gli avversari mu s ulmani compenseranno con l'astuz ia, l'inganno, col ricorso insomma alla «guerra non convenzionale», la loro relativa debolezza di fronte alla forte e ben protetta cavalleria crociata.
Unica eccezione in campo cristiano, i Templari (ordine nato sulla scia delle Crociate per proteggere le strade della Terra Santa) provvederanno invece a innalzare il livello dell'intelligen ce occidentale, agendo nella loro triplice natura di monaci, so ldati e agenti informativi.
Stabilitisi inizialmente a Gerusalemme in quello che si credeva l'antico Tempio di Salomone (da cui il nome di Cavalieri del Tempio o Templari), si struttureranno pres to secondo precise gerarchie e, grazie anche alle consistenti donazioni degli aderen ti, raggiungeranno un livello di ricchezza fuori dal com un e, dando vita a un origi-
l Templari, i Cavalieri del Tempio, cos tituiron o tramite i loro com>enti, monasteri e chiostri, la piii formidabile rete di mtelllgence del Medio Evo
naie e inedito ordine di monaci-combattenti: i «difensori della fede», e non solo in senso ideologico e dottrinale.
Ora, chi meglio dei Cavalieri del Tempio, con la loro rete sparsa in tutta Europa e costituita di abbazie, conventi, monasteri, chiostri (dove vivono in genere le persone più colte dell'epoca), con le loro possibilità di viaggi e contatti (privilegio di pochissimi in quel periodo), con i loro mezzi finanziari, potrà raccogliere c dare informazioni «riservate .., welare insomma i segreti del mondo? I Tcmplari in effetti saranno un po' dappertutto: in Francia, in Germania, in Italia, in Portogallo, in province riavvicinate dall'appartenenza al comune Ordine e dal rispetto delle stesse regole e misteriose formalità. Le sedi dei Templari si troveranno inoltre sulle strade che portano in Terra Santa o nei porti da dove ci si imbarca per il Medio Oriente, lungo cioè le grandi direttrici di comunica.òone del Medio Evo, al centro quindi delle principali fonti informative delJ'epoca.
Il Gran Maestro dell'Ordine dispone insomma di una struttura informativa capillare e bene organizzata, nonché di una messe di notizie paragonabile a quella su cui oggi potrebbe contare il capo di un moderno servi/io segreto. Tanto che papa Clemente V, pensando di lanciare una nuova crociata nel 1306, chi convoca preventivamente per essere informato sulla situazione politica e militare in Terra Santa e per valutare le possibilità di successo della missione? Jacques de Molay, naturalmente, il Gran Maestro dell'ordine dei Templari, che evidentemente di cose doveva sapeme tante e di segreti doveva custodirne in quantità. abbastanza, tuttavia, per salvarsi dal patibolo, come spesso accade con i capi dei servizi segreti, che rischiano in ogni momento di trasformarsi da preziosi consiglieri in capri espiatori da sacrificare sull'altare della legittimità istituzionale e delle finalità politiche, interne e internazionali, del governo.
Jacques de Molay, l'u ltimo Templare. A Parigi, sul lato occidentale del Pont Neuf (in realtà il ponte più antico della città), nell'ile de la Cité, c'è una lapide che ricorda l'esecuzione sulla piazza pubblica, nel 1314, di Giacomo di Molny, l'ultimo Gran Maestro dell'Ordine dei Templari. Un'esewzione che ancora oggi suscita perplessità e interrogativi.
Perché fu giustiziato de Molay?
Vittima probabilmente del proprio successo, l'Ordine aveva acquisito troppa potenza, troppo controllo del territorio, troppo potere politico: co11 le sue ricchezze, le sue capacità di intelligence, in sun rete di fiorenti monasteri, la sua forza militare, faceva concorre11za agli Stati nnzio11ali che andavano faticosamente emergendo, in particolare la Francia. l Templari, dopo essere stati Ìl1vocati ed esaltalnti come i protettori della fede, ora fanno piuttosto paura. La stessa Chiesa ne diffida, il popolo li considera con timore, i grandi sovrani ne prendono le distanze. Filippo IV di Fra11cia guarda con sempre minore simpatia I'Ordinl!, avendone ricevuto ilz prestito grandi somme e non essendo in grado di restituir/e. Meglio quindi ridimensionare i Templari. Non è difficile del resto raccogliere pesanti accuse sul Loro conto: pratiche eretiche, idolatria, sodo ndn, terribili riti di iniziazio11e, il sospetto che sim1o i gelosi depositari del Sm1to Grna/: citi pitì ne lta, pi lÌ ne metta.
De Molay protesta, il Papa ùzJerviene senza troppa convÌIIzione. Nel frattempo Filippo IV lta già fatto arrestare i maggiori responsabili dell'Ordine (compreso lo stesso de Molay da poco trasferitosi da Cipro a Parigi per operare in Europa) e fatto seq uestrare tutti i Loro beni. Non c'è certo metodo migliore di estinguere un debito che impossessarsi dei beni del creditore. Le torture e le confessioni estorte fara n no il resto. Svanì ti i ricordi delle epiche battaglie, sco mparsi gli stati latini in Oriente, la funzione dei Templari sembra orma i superata. jacques de Molay si difende: «Le eresie e i peccati che ci vengo-
no attribuiti non sono veri. La regola del tempio è santa, giusta e cattolica. Sono degno della morte e mi offro di sopportar/a perché prima ho confessato solo per paurn delle torture».
I Cavalieri della Croce di Cristo non interessa11o più. jacques de Molay viene bruciato ·pivo, segnando con la sua morte la fine dello stesso Ordine e il disfacimento di una formidabile rete di intelligence cristiana, attiva e ben fullzionante in Europa e ilz Oriente.
La Guerra dei Ceut'auui e i prodromi dei servizi segreti organizzati
Solo negli ultimi due secoli del Medio Evo, in Occidente, la pratica dello spionaggio, caduto nel periodo precedente al suo li vello più basso tanto sul piano concettuale che operativo, torna a esser praticato sull'onda degli intensi avvenimenti intema7ionali europei. Sarà in effetti la Guerra dci Cent'anni (in realtà 116 anni, dal1337 al1453) che gli darà un nuovo e decic;ivo impulso.
All'inizio del XIV secolo Francia e Inghilterra si affrontano in un conflitto senza esclusione di colpi e che sembra non avere mai fine. Le pretese territoriali di Londra su Parigi, gli interessi politici cd economici totalmente opposti dei due paesi nelle Fiandre, avranno l'effetto di scatenare in Francia un furiosa guerra civile tra i difensori della famiglia Orléans (Armagnncs) e i favorevoli alla corte di Borgogna, la quale finirà per allearsi con gli inglesi (Bourguignons). Un quadro e un terreno ideali, come si vede, per le spie, gli agenti speciali, gli «uomini di influenza».
Guerra complicata sul piano politico e complessa sul piano strategico e tattico. Gli scontri infatti si svolgono non solo tra inglesi e francesi sul suolo francese, ma anche tra la stessa Francia e la Borgogna.
L'Inghilterra occupa ancora buona parte del sud ovest del territorio francese, la punta della Bretagna con Brest, la punta del Cotentin con Cherbourg e una parte del Nord, intorno alla città di Calais. Tutti luoghi da dove è agevole per gli occupanti organizzare offensive militari e campagne di spionaggio. Londra si trova insomma in buona posizione per tenersi al corrente dci movimenti dell'avversario, per sondare gli umori delle popola7ioni nelle città e testarne la fedeltà all'avversario nonché la capacità di far fronte allo sforzo di guerra, per fare in definitiva dello spionaggio.
Così Edoardo ili d'Inghilterra è spinto dagli stessi avvenimenti a concepire una prima, rudimentale struttura di agenti segreti, come si deduce anche dalla contabilità reale, conservata negli archivi inglesi, dove ci sono alcune inequivocabili annotazioni sul fun.donamenlo c sul costo del servizio. A Frank Hale- ad esempio - capitano della città di Calais, si versano 110 monete d'argento « per diversi messaggi e spiate per conoscere la volontà e i fatti dei nemici in Francia ». Un piccolo proprietario terriero francese si vede accordare, il 25 ottobre del 1378, la somma di 50 monete d'argento per aver reso «Serv izi particolari » e altri casi ancora.
Oltre agli «illegali», Edoardo ru si serve anche della facile copertura che offrono la numerosissime «a mbasciate» che i belligeranti si scambiano nei momenti meno tesi del conflitto. Tutto è utile per la vittoria.
Anche il ricorso alle «talpe » viene accentuato. In considerazione dei possedimenti sul continente europeo, non è difficile a Londra reclutare spie francesi o di altre nazionalità che parlano le lingue delle regioni dove devono operare, conoscono gli usi e costumi delle popolazioni nel cui ambito si devono mimetizzare, occupando magari impor-
tanti funzioni nel luogo di residenza per poter offrire informazioni ancora più preziose. Quando poi la presenza di un «capo settore» è ritenuta necessaria nella capitale britannica per fare rapporto allo stesso re, nessuna problema: lo si fa imbarcare a Wissant, ai piedi delle scogliere di Calais, e da lì verso Dover, attraverso il punto più stretto della Manica, totalmente controllato dagli inglesi. n via-vai delle spie inglesi attraverso il Channel sarà abbastanza intenso. n fenomeno dello spionaggio, e delle «talpe» in particolare, si diffonde, anche se è difficile quantificarlo in mancanza di sufficienti riscontri storici. Tuttavia risultano innumerevoli in quel periodo le denunce per spionaggio e si può pensare che addirittura vi fosse una sorta di psicosi nei confronti delle spie, quando si leggono le decisioni reali che assolvono dei criminali la cui difesa si basava sul fatto di aver «Solo ucciso una spia inglese!».
Poco a poco anche i francesi cominciano a organizzarsi e non tardano a reagire all'offensiva spionistica inglese, avviando un «grande gioco» ante litteram con la creazione di una rete di talpe e agenti illegali operanti in Inghilterra, Scozia e Galles.
Gli inglesi a questo punto conoscono qualche difficoltà, si rendono conto che la sicurezza del loro paese è in pericolo e s pingeranno il re a porre le ba si, dopo quello dello spionaggio, anche del servizio di controspionaggio. I capitani, i sindaci delle città di mare, gli albergatori, tutti coloro insomma in contatto con stranieri, sono invitati a raddoppiare la vigilanza onde segnalare si tuazioni anomale o sospette, cooperando per individuare e arrestare gli agenti nemici.
Decisamente i primi vagiti dello spionaggio e del controspionaggio organizzato e moderno, nell'Europa occidentale, vanno ricercati a Londra.
Giovanna d' Arco, eroina della Guerra d ei Cent'anni. La Guerra dei Ce11t'anni riceve uno scossone salutare a favore della Francia con L'entrata in scena di Giovanna d'Arco. È notissima la tragica, epica ed eroica vicenda della Pulzella d'Orléans, icona protagonista di innumerevoli libri, film, lavori teatrali, opere liriche ecc., assurta a simbolo dell'unità nazionale e territoriale della Francia e dichiarata Santa dalla Chiesa cattolica.
Le rivalità tra armag11acchi (armagnacs) e borgognoni (bourguignons) hanno sprofondato il paese in un'interrninabile guerra civile. Gli i11glesi, alleati dei borgognoni, ne hanno approfittato per invadere il paese. Parigi è già nelle mani dei borgog11oni e le truppe di Londra assediano Orléans, ultimo bastione di difesa degli nrmngnacchi e ultima speranza di Carlo VII, rifugiatosi a Chinon, di essere Wl giomo consacrato re di Francia. Siamo nel 1429.
Una ragazza lorenese di appena diciassette a1111i e di origine con tndi11a , «invia/a di Dio», con l'ilzcarico «Celeste» di salvare la rrancia dal dominio straniero, da molti considerata pazza ma ritenuta invece perfettamellte srwa di mente da numerosi e importanti teologi, co nvince Carlo VII elle è arrivato il momento della riscossa, del risveglio nazionale. L'aspirante re, disposto oramai n giocare qualunque carta pur di non perdere il regno, le mette a disposizione, pur se con 11 na buona dose di scetticismo e senza troppo entusiasmo, una parte dell'esercito. Si produce allora quello che viene considerato il vero miracolo di Giovanna d'Arco: aver cioè deviato il corso della Storia, senza peraltro fare miracoli ... Vestita da solda to, animata da una fede incrollabile, convin ta di dover portare a compimento una missione divina, In giovanissima jean11e riesce a imporsi agli esperti e nobili comandanti armagnacchi e n nwtivare le truppe co11 un entusiasmo tale da superare qualsiasi tecnica militare, iniziativa di intelligence, rapporto di forze. l soldati hanno ora la loro causa: la liberazione della Francia. Hanno la loro eroina: Giovanna. Chi
potrà fermarli? Come posso11o resistere a tale forza d'urto militari per lo più professionali e mercenari?
In effetti Orléans viene presto liberata da Giovanna grazie n11che a un fonnidnbile effetto sorpresa e n u1z istintivo utilizzo del renseignement. Da 1111a parte infatti gli inglesi non dispongono ancora di un servizio di ricognizione in grado di prevedere le mosse dell'avversario. Ciò che avvantaggia in defili il ivn i francesi. Dall'altra, Giomnna fa prova di possedere un senso innato dd/o sfruttamento delle notizie di lntelligence. Lo dimostrerà in piiÌ occasioni, in particolare quando decide di come disporre in batteria l'artiglieria o come le truppe per meglio po.;izionarle di fronte n/nemico. Come ciò sia potuto avvenire da parte di lllln pastore/la di 17 anni, nnnlfabeta e totalmente digiu1w dell'arte del/n guerra, rimane 11110 dei tanti misteri (o miracoli) nella vicenda del/n Pulzella d'Orlén11s.
Insomma alla guida di Giovanna d'Arco i francesi trionfa-
G1ovmma d'Arco, motivò misll'riosamente le truppe francesi fillo n/la t•ittoria. Fu poi l•ittima di una operazione di "spionaggio 11ero"
no. 11 fiacco Carlo VII viene finalmente incoro11ato re di Francia, la nazione francese si ritrova in se stessa e, esauritasi l'alleanza del Duca di Borgogna con gli inglesi, il paese viene progressivamente liberato dalla presenza straniera. Finisce la Guerra dei Cent'anlli. A Londra rimarrà per circa Ull secolo u11 icamen te Calais, fì no al 1558.
Ma Giovanna, come si sa, noll può assaporare La gioia della vittoria e la soddisfazione della missione compiuta. Ferita, tradita probabilmente da qualche commilitone prezzolato, viene catturata dalle forze borgognone ne/1430, durante In battaglia di Compiègne, vicino Parigi. La futura eroina nazionale francese, nuovamente tradita dai suoi stessi COilllGZionali, abbaHdonata da Cnr/o VIl che pure doveva avere qualche motivo di riconoscenza nei suoi confronti, viene letteralmente venduta agli inglesi, i quali, perfidamente, affidano In sua sorte (già segHata) al vescovo di Beauvais, Pierre Cnuchon (il quale si presta viglinccnmen te all'operazione) affinché, ulteriore trndi111ento e umiliazione, siano gli stessi fral/cesi a determina me il castigo.
Accusata di eresia per aver preteso di parlare direttamente con Dio, di atti illeciti per aver vestito abiti mnscllili, di aver scnndalosnnzente (ulln donna!) incitato gli uomini n/ combattimento, di stregoneria e altro G/lcora, jeanne d'Are viene condannata da L/Il tribunale ecclesiastico a essere bruciata viva nella piazza principale di Rouen, i11 Normandia. Muore il 30 maggio de/1431. Ha appena diciannove anni.
Venticinque mmi dopo La sua morte verrà riabilitata e riconosciuta iwwcente. Nel 1920 verrà proclamata Santa da Benedetto XV. Personaggio storico inclnssificabile, testimonianza della determinante influenza della motivazione (o della fede) sullo svolgimento delle operazioni belliche, al di là di tattiche, strategie e intelligence, Giovanna d'Arco è ancora oggi considerata il punto di riferimento del sentimento nazionale dei francesi e, nello stesso tempo, u11a delle più significative Sante nella storia della Chiesa cattolica.
Capitolo IV
La Citta
È curioso riscontrare come nel periodo antico, diversi secoli avanti Cristo, in Cina si ritrovino concetti analoghi a quelli più volte emersi nel mondo mediterraneo e mediorientale sull'utilità dello spionaggio e sull'opportunità di usare gli agenti segreti, pur trattandosi di mondi all'epoca alquanto impenetrabili l'uno all'altro. Leggendo infatti il trattato fondamentale sull'Arte della Guerra del generale cinese Sun Tsu (V secolo a.C.), sempre citato quando si fa riferimento alla storia della strategia e dello spionaggio in Estremo Oriente, si rimane sorpresi nel constatare analogie con alcuni precetti già messi in evidenza nel caso degli Assiro-Babilonesi o degli stessi Persiani. Si registrano in effetti tali affinità che viene da chiedersi se non vi sia stato un qualche «travaso » di idee da un mondo all'altro ovvero se, più verosimilmente, i mHitari e i dirigenti politici dell'epoca siano arrivati aHe stesse conclusioni autonomamente, parallelamente, sull'indissolubile legame spionaggio-guerra.
Quando ad esempio Su n Tsu scrive: «Se scoprite delle spie nemiche, guardatevi dal farle morire. l loro giorni devono esservi infinitammte preziosi. Esse serviranno, senza che ne siano consapevoli, n trasmettere a/nemico informazioni tratte da iniziative calcolate, propositi insidiosi che avrete fatto in modo di portare a loro conosce1zza», non sembra di sentire Serse che consiglia al padre Dario di non mettere a morte le spie scoperte, ma di utilizzarle a fini di deterrenza psicologica?
Quando Sun Tsu stabilisce un legame certo tra azione politica e azione armata, definendo buon stratega col ui che sotto mette il nemico senza impegno militare, non sembra riecheggiare la strategia di Ciro nei confronti di Creso, abbandonato dopo un intenso lavorio diplomati co persiano, dai s uoi alleati e quindi sottomesso senza praticamente comba ttere?
Sun Tsu poi va ancora più lontano nell'indicare il sofisticato utilizzo delle sp ie, s uUe cui azioni ritiene si basino le probabilità della vittoria militare, fornendo s uggerimenti di sorpren dente attualità: «I sig11ori illuminati e i saggi generali vi ncono dovu11que muova no e si distinguo11o per l/leriti dalla massa grazie alla preveggenza. Tale dote 11011 si prende dagli esseri sovrannaturali né si ottiene lirnitandosi a ra.ffro11tare gli eventi e a verificare i calcoli. La colloscenza della si tua zione nemica viene invariabilmente ottenuta attraverso gli uomini. Le spie da utilizzare sono di cinque tipi: spie native (dei terri-
Sun Tsu (V sec. a.C.), generale cùrese tori nemici), infiltrati interni
(ufficiali nemici che possono essere persuasi di rimanere nei propri ranghi ma disposti a tradire) doppiogiochisti (spie rivoltate), spie votate alla morte (elementi cioè da sacrificare perché la loro cattura e il loro sacrificio fanno parte di un piano previsto di «intossicazione»), spie destinate a vivere (in grado di tornare indietro a riferire dopo una ricognizione in profondità nei territori nemici). Se i cinque tipi di spie operano insieme seguendo vie che nessrmo conosce, si parla di "intreccio sovrannaturale", esse sono w1 tesoro per il sovrano». Prima delle stesse ostilità, per Sun Tsu, le spie devono operare per cercare di dividere gli alleati dei nemici, spargere falc;i rumori, informazioni '>bagliate, corrompere i funzionari nemici c suscitare rivalità interne. Insomma l'indispen<;abile «fattore umano» posto al cuore della strategia militare cinese, un fattore che ancora oggi non cessa di essere al centro delle attività di intelligence nonostante i fantastici progressi della scienza, della tecnologia e dell'informatica.
Ma come dovrebbe essere l'agente ideale secondo Su n Tsu? Intelligente, ma apparire stupido, forte nel cuore ma esteriormente debole, coraggioso e capace di sopportare la fame, il freddo c l'umiliazione. Insomma, un superuomo? Certamente no. La spia-modello dovrebbe essere un uomo «indispensabile», giacché, come abbiamo anticipato all'inizio, «U/1 esercito senza age11ti segreti è come un 1101110 senza occhi né orecchie».
Pagine, quelle di Sun Tsu, che ancora oggi si possono leggere con diletto (lo stile è limpido), con interesse (molti degli insegnamenti contenuti appaiono tuttora validi) e non senza prendere dallo c;tupore per la straordinaria attualità delle teorie enunciate.
In Cina quindi il ricorso allo spionaggio e l'utilizzo strategico delle spie sin dall'antichità fanno parte dell'insieme dei mezzi a disposizione dei militari e dei dirigen-
ti politici per vincere le guerre e per proseguire una politica di conquista e di dominazione.
La " Bibbia" dei 36 Stratagemmi. La contilluità, l'utilità e l'attualità dei principi de/l'intelligence appaiono ancora più sorprendenti quando si rilegge il classico Trattato dei 36 Stratagemmi, opera anonima cinese, scritta intorno al 450 a.C. e <<modemizzata» in un 'aggiornata versione del1930. Una preziosa Bibbia per gli addetti ai lavori.
l/libro si presenta sotto forma di commenti ni 36 stratagemmi cinesi utili a vincere il 11emico ricorrendo preveutivamente alla disinformazione, all'astuzia, allo spionaggio, all'i n te/l ige11ce piuttosto che all'impiego iniziale della forza bruta e nl cornbattimellto aperto. Dal primo stratagemma ("attraversare il mare> iuganuando il cielo", cioè spostare l'ntteuzioue de/nemico su particolari poco importa11ti) all'ulti111o ("lo stratagemma migliore è la fuga", quando cioè il nemico si mostra troppo pote11 te, è opportu/lO ritirarsi), il libro contiene Ima messe di inseg11nmenti strategici e tattici, tecniche di spionaggio e controspionaggio, indicazio/li di intelligence, una summa insomma di istruzioni che dovrebbero assicurare la vittoria ai comandanti che 11e fallno tesoro.
Una rijlessio11e strategica il cui successo è dipeso dal fatto che i lettori contemporanei vi trovano un certo llltmero di ricette utilizznbili sia per la guerra classica, sin per quella «rivoluzio naria », sia per la lotta economico-commerciale e persino per la gestione manageriale. U11a riflessione che sembra peraltro e1Itrare in rotta di collisione con le ultimissime teorie, tendenti a dimostrare invece che, detto in poche parole, l'il/formazione preventiva in guerra non servirebbe a granché in quanto conterebbero alla fine solo i reali rapporti di forza. Come fa john Keegan nel suo Intelligence (2006), dove ricorre abbai/dantemente a una vecchia tecnica utilizzata dai polenzisti esperti.
Prima, cioè, parte comodame11te da una tesi considerata scolifata (<<l'illtelligence, lo spio11aggio e le tecniche collegate sono stati assolutamente determinanti per l'esito dei conflitti») per poi distruggerla a piacere (portando esempi di avvenimenti bellici dove il possesso delle hiformazioni preventive non ha impedito alle forze armate del paese cui erano state rubate di vincere conwm7ue la battaglia, sulla base appunto della supremazia finale delle armate e degli armamenti). Per Keegan di conseguen::.a <<la conoscenza prel'entipa non è una protezione prePentil'a contro i disastri, e Te iliformazioni i11 tempo reale 11011 sono mai abbastanza reali. Alla fine conta soltanto la forza».
Il problema, tuttavia, elle /leSSl/110 ha mai sostenuto che f'intellige11ce - intesa nell'accezione più ampia del termine -
c;ia del tutto determinante nelle vicende belliche. f.ssa non cambia certo il corso della Storia, come 11011 ha il potere di annullare la potenza nemica. Ma come dubitare che le tecniche e gli stratagemmi dell'iutclligcucc aiutino e anche parecchio? Se 11011 altro per difmderc;i dall'intelligellce avversaria, che altrimenti potrebbe mettere nelle condizio11i più favoremli di agire le proprie forze armate c i propri sistemi di spio11aggio. Se l'intelligence quindi, di per sé, no11 cambia il Se11so della storia, spesso però Lo i11dirizza sigllificativamente. Come sembrerebbero dimostrare proprio i 36 stratagemmi cinesi, la eu i applicaziolle, anche in avvenimenti recenti, ha confermato, in barba all'ambigua tesi di Keegan, quanto siano utili le tecniche dello spionaggio e della disinformazione in tempo di guerra.
Prendiamo, ad esempio, lo stratagemma n. 34 (<<Strntagernma dell'autolesionismo))), indurre cioè allo sviamento il nemico, anclze a costo di sacrificare eleme11ti del proprio campo. Da Zopiro (di cui abbiamo già parlato) al generale cinese Zlw Yu, che nel 297 a.C. fa torturare in pubblico U/10 dei suoi rnigliori collaboratori per renderne credibile il passaggio al nemico; dal bombardamento tedesco di Coventry durante la seconda guerrn molldiale
(quando, secondo alcuni storici, Churchill, saputo in anticipo dell'iniziativa nazista, non volle far evacuare la città altrimenti i tedeschi avrebbero capito che i loro ·messaggi Enigma erano decifrati e sarebbe venuto meno per Londra uno strumento considerato essenziale per gli esiti finali del conflitto) alla consapevole distruzione della rete partigiana Prosper nel Nord della Francia nel 1944 (per far credere ai nazisti che il grande sbarco alleato sarebbe avvenuto n Calais e non in Normandia). Numerosi insomma so/lo gli esempi di ricorso allo stratagemma 34, elle ha fornito le chiavi del successo ai suoi utilizzatori.
Ulteriore esempio, lo stratagemma n. 35, detto del <<falso documento col/fermato», una ma11ovra consistente nell'indurre il nemico a lavorare inconsapevolmente contro se stesso, creando le condizioni di 1111n sorta di auto-disinformazione. Deve qui11di trattarsi di un «falso documento» ma confeziOtmto con assoluta autenticità e «Confermato» da diverse fonti. Famosissima al riguardo è rimasta l'operazione mincemeat («came tritata») durante la seconda guerra mondiale. Con «nute11tìci» falsi documenti (lettere scritte dai veri generali che le firmavano, contenenti però notizie di fantasia), con l'autentico cadavere di un <ifnlson ufficiale della Royal Nnvy, gli alleati ingawzmw i nazisti sul luogo dello sbarco nel sud dell'Europa de/luglio 1943. Berlino, in base ai falsi autentici documenti che crede di aver recuperato fortwzosamente, si convince che lo sbarco allento proveniente dal Nord Africa riguarderà la Grecia e non la Sicilia, da dove quindi viene ritirato buona parte del dispositivo di difesa.
Stratagemmi che hanno dato i loro frutti.
Validità di tecniche derivanti da antichissime strategie elle llOn hanno perso della loro intrinseca saggezza, nonostante il tempo passato, mostrando anzi tutta la loro attualità in un mondo dove l'informazione e la disitiformazione, la propaganda e l'indottrinamento, co11dizionano sempre di più, su scala mondiale e in tempi reali, non solo le vicende militari, ma anche la nostra vita quotidiana.
Bisanz io
Se l'Impero Romano d'Occidente, nato dalla divisione decisa da Teodosio nel 395 d.C., crolla nel 476, ponendo fine a un'irripetibile epopea storica e a una grandiosa avventura umana, l'Impero Romano d'Oriente, con la sua raffinata capitale, Bisanzio (diventata Costantinopoli dopo che Costantino il Grande vi fissò la sua residenza nel 330) resisterà per i successivi dieci secoli, fino alla conquista turca del 1453.
L'impero bizantino, eternamente minacciato da popolazioni ostili che attentano da diverse direzioni alla sua integrità territoriale, sarà obbligato a rimanere in costante stato di allarme, pronto a opporsi a possibili attacchi. Quasi naturalmente, quindi, si svilupperà un servi7io di raccolta di informazioni, provenienti soprattutto dalle poco sicure frontiere (ma anche dall'interno dei territori nemici), teso non soltanto ad acquisire in anticipo notizie sulle intenzioni degli avversari, ma anche a dar vita a vere operazioni di «guerra psicologica»- come si direbbe oggi- per spiazzare, indebolire, dividere i potenziali avversari con l'astuzia e l'inganno. Operazioni che costituiranno una delle grandi «specialità» dei bizantini.
Scrive Ibn Hawqua1, una sorta di Marco Polo arabo vissuto intorno al 900 d.C., nel suo libro di viaggi: «Hanno inviato le loro navi riempite di merci in territorio musulmmzo. Gli equipaggi lum11o percorso il paese Jaceudo i loro negozi e lo lzmmo visitato con cura, assumendo segretmnente infonnazioni. Successivame11te so11o ritornati e hanno riferito queste informazioni ai loro compatrioti». Commercianti quindi con compiti di spionaggio.
basta peraltro teorizzare l'attività informativa, bisogna anche darsene i mezzi per praticarla sistematicamente. I bizantini, consapevoli di tale elementare esigen-
za, organizzano presto un servizio di spionaggio permanente, continuando la tradizione romana iniziata da Giulio Cesare, come si può dedurre dai racconti dello storico Procopio di Cesarea: «Da tempo immemore molte persone erano mantenute a spese dello Stato. Queste si recavano presso i nostri nemici, in particolare nel regno di Persia, con la scusa di attività comrnerciali (evidentemente la copertura prediletta) o con qualsiasi altro pretesto, esploravano tutte le cose co11 la più grande cura e di ritomo in patria, erano in grado di riferire tutti i segreti del nemico al nostro govemo che, ben informato in anticipo, stava sempre in guardia e niente di imprevisto gli poteva accadere».
Siamo in questo caso di fronte a spie professionali che si fingono commercianti. Il salto di qualità è evidente, il filo di continuità con Roma più trasparente.
Il racconto di Procopio mette inoltre bene in evidenza l'evoluzione che si realizza nell'organizzazione bizantina, offrendo tutto il senso della sua modernità. A Bisanzio, inc;omma, nei primi secoli dell'era cristiana, opera già un servizio civile che impiega, su base permanente, agenti informativi, preparati c addestrati allo scopo (diretti eredi dei romani agentes in rebus), la cui unica funzione è di praticare lo spionaggio. Lo stesso servizio poi dispone, nei paesi vicini e rivali, di agenti infiltra ti e integrati nella realtà socio-economica locale, in grado di raccogliere e fornire notizie utili (akritai).
È del resto sintomatico che una delle prime forme di spionaggio economico sia stata realizzata proprio a Bisanzio sotto il regno dell'Imperatore Giustiniano, nel 552 d.C. È nota la storia- o la leggenda?- dei due monaci particolarmente intraprendenti e coraggiosi, originari della regione di Samarcanda e buoni conoscitori della Cina, i quali, sotto la copertura di una non ben specifica-
ta missione ufficiale, vengono in realtà incaricati dall'imperatore Giustiniano di recarsi nuovamente nell'impero del Sol Levante per carp i re il segreto della produzione della preziosa seta. Sempre secondo la vulgata (non meraviglia che di furti così importanti ufficialmente commissionati non siano rimaste tracce scritte e documentate), i due monaci avrebbero nascosto in canne di bambù diversi esemplari del minuscolo insetto, riuscendo a passare attraverso i rigidi controlli dei cinesi, gelosissimi custodi del segreto della coltivazione del baco da seta. Tornati in patria i due religiosi avrebbero affidato le larve a e'>perti agricoltori, i quali, alla luce dell'intelligence economica resa disponibile sulle tecniche e le fasi della coltivazione, avrebbero posto le basi per l'avvio di una fiorentissima produzione di eleganti tessuti, richieslissimi dalle donne bizantine e dalla stessa imperatrice Teodora.
La seta è arrivata in Europa. Giustiniano, gra.1..ie a una spregiudicata azione di spionaggio economico, sarà in grado di rimettere un po' d'ordine nel disastrato bilancio imperiale.
!\:on è forse questo un quadro di attività spionbtichefatte le debite proporzioni storiche - simile a quello che si riscontra oggi in molti paesi? Un servizio in effetti particolarmente efficace, se si pensa che l'aggettivo (( bizantino», diventato nel corso dei secoli sinonimo di sottile, ingannevole e insidioso, ben si attagliava al lavoro delle spie, de-
gli infiltrati e dei doppiogiochisti dell'Impero d'Oriente.
Ma a Bisanzio si è verosimilmente andati anche più in là del mero spionaggio. In diverse occasioni verranno infatti realizzate iniziative di integrazione politico-diplomaticomilitare che delineano le prime forme di quella che oggi si definisce intelligence. La stessa imperatrice è all'origine di una solida rete di agenti che le forniscono incessantemente notizie politiche, diplomatiche, economiche, militari e le consentiranno di salvare il trono e il marito.
Un impero, in defin itiva, durato quasi un millennio grazie non solo a un solido apparato burocratico, a un sistema fisca le funzionante, a un'organizzazione militare tecnicamente avanzata, a una colta tradizione diplomatica, ma anche a un eccellente servizio di spionaggio-intelligence, sapientemente esercitato nelle zone di confine c all'interno dei territori nemici.
gi elle viene naturale soltolineame il para l/el ismo.
Come Evita, in effetti, anche Teodora era di umili origini e dagli n1111i giovanili «equivoci». Come Evita, miche Teodora fu un'attrice dì scarso talento. Come Evita, anche Teodora era stata Ì/1 odore di prostituzione.
Elltrambe poi sarnllno anche vittime della maldicenza dei loro llemici. Lo storico Procopio di Cesarea, ad esempio,
L' imp era tri ce T eo do ra, l 'Ev ita Pero n dell 'an ti chi tà. L'accostamento 11on sembri bislacco. Tante e tmzto sorprendenti, in effetti, sono le analogie e le asso1za11ze tra i due personagL'Imperatrice
elle aveva motivi di rancore nei confronti di Giustiniano, scrive della giovane Teodora nella sua Storia Segreta: «Spesso giungeva n presentarsi a pranzo con dieci giovanotti, o anche di più, tutti nel pieno delle forze e dediti al mestiere del sesso; trascorreva l'intera notte co11 tutti i commensali, e quando erano giu11ti tutti allo stremo, quella passava ai loro servitori, che potevano essere una trentina: s'nccoppiam con ciascuno di loro, ma neppure co-.ì riusàt!n a soddisfare In sua lussuria». Un po' esagerato, forse, per una futura imperatrice ... Come e"ngerate erano le voc1 sull'esercito di nmmzti cl1e avrebbe avuto Evita, la quale peraltro era con ogni probabilità frigida ...
Come Evita, anche Teodora fu all'origine di notevoli opere socinl1 e assistenziali, in particolare promuovendo la costruzio11e di ce11tn di raccolta e di ricovero per i più bisognosi. Come [vita, Tedora fu più coraggiosa del marito. Entrambe seppero in diverse occasioni infondere ai rispettivi consorti (il generale Per6n e l'imperatore GiustimmLD) quella dose di coere11zn intellettuale e di ardimento eire i11 certi mome11fi faceva loro difetto (per Giusti11inno, ad esempio, in occasione della rivolta della Nikn, nel 532, quando l'imperatrice lo convince a 11011 ritirarsi ma n resistere con dignità in attesa di riconquistare In citti'l). Come Evita, anche Tcodora seppe• dare al marito eccellenti co11sigli di 11nturn politica, dando così vita a una sorta di diarchia. Come Evita, anche Teodora amnm apparire elegante, ingioiellntn e con 'l'estiti di rara raffinatezza (a Teodorn i11 sostanza sr deve l'illtroduzione della seta in Europa, avendo persuaso lei il marito ad andare avanti con In celebre operazione dei due monaci spie-industriali ante litteram). Come
EP1In Per6n
Evita, anche Teodora fu in qualche modo, tenendo conto dello sfasamento temporale, promotrice dell'emancipazione femminile.
Come Evita, anche Teodora morirà di cancro.
Semplici coincidenze senza particolare significato? Affinità di destini che si ripetono nel corso dei secoli? Somiglianza di personaggi dal carattere analogo? Difficile dirlo.
Ci è sembrato comunque interessante rilevare la circostanza.
Lo spionaggio giocherà un ruolo essenziale nella strategia mongola e nelle campagne militari che permetteranno al principe Gengis Khan (soprannome di Temucin), nel XIII secolo, di dominare gran parte dell'Asia, creando un impero dalle dimensioni colossali, uno dei più estesi della storia, da Samarcanda a Pechino fino alla stessa Russia.
Uomo misterioso e riservato, Gengis Khan («Capo Supremo») passa la prima parte della sua vita a sottomettere le tribù sparse nella regione na lì a con l'obiettivo di formare una federazione mongola, sicuro di avere una precisa missione storica da compiere. Si consolida la sua fama di genio militare c allo stesso tempo di condottiero senza pietà, che fa del terrore uno strumento «politico di deterrenza» per favorire la sottomissione delle popolazioni prese di mira.
Le effettive risorse belliche su cui Gengis Khan potrà gradualmente contare saranno sempre relativamente limitate in rapporto alle sue smisurate ambizioni e visioni continentali. Ogni operazione militare deve quindi essere preparata e organizzata con la più grande cura, a cominciare dall'invio nei territori da sottomettere di «ricognitori» e spie che si infiltrano anche diversi anni prima dell'azione prevista. Gli uomini dell'imperatore, di diverse nazionali-
tà (mongoli soprattutto, ma anche cinesi, russi e polacchi) si spacciano per mercanti e si spostano con le carovane, raccogliendo quante più notizie possibili sulle condizioni economiche, sociali e religiose delle contrade da conquistare e trasmettendole al consiglio militare dell'imperatore per le opportune valutazioni politico-strategiche.
Come abbiamo visto in più occasioni, l'utilità dell'informazione dipende anche dalla rapidità con cui può essere trasmessa.
Gengis Khan, dominando un territorio immenso, si rende conto della necessità di disporre di un «Servizio postale» rapido ed efficiente. Tutto il territorio de11'impero sarà così disseminato di stazioni di posta bene organizzate e spesso controllate da ispettori, con centinaia di migliaia di cavalli pronti a dare il cambio per assicurare il seguito del viaggio. Un'organizzazione che permette ai messaggeri di recapitare lettere importanti a una velocità favolosa per l'epoca. Alcuni tra i "pony express" mongoli più resistenti riescono a percorrere duemila chilometri in soli dieci giorni, scendendo da cavaJJo solo ... per cambiarlo! Rapidità di trasmissione che diventa fondamentale quando gli agenti e le spie inviate in avanscoperta si trovano a centinaia di chi lometri dalle temibili colonne della cavalleria mongola. I generali dispongono in tal modo con buon anticipo di una conoscenza eccezionale del terreno, della sua natura, · delle truppe del nemico, della loro composizione, de1Ja loro potenza, dei loro punti deboli ecc .
Informa-
zioni invero preziose, che consentono ai generali di Gengis
Khan di applicare spesso, con successo, la strategia basata su complessi movimenti accerchianti per chiudere il nemico «a tenaglia», senza !asciargli scampo.
Alcune testimonianze (in particolare quella del francescano fiammingo Guglielmo de Rubruk, inviato alla corte mongola da Luigi IX di Francia) ci precisano inoltre che i mongoli praticavano con abilità anche il controspionaggio, di cui, si racconta, fossero addirittura autentici virtuosi. I visitatori c gli stessi ambasciatori alla corte imperiale venivano alloggiati separatamentc senza potersi mai incontrare, e soprattutto venivano sottoposti a puntigliosi interrogatori e continue verifiche. Altre informazioni preventive per i generali in vista di future campagne. Un sistema di integrazione politico-militare-intelligence, insomma, di sorprendente attualità, così ben funzionante che porterà i mongoli fino alle porte di Vienna c di Venezia. Solo la morte del successore di Cengis Khan, Ogatai, li fermerà nella loro stupefacente corsa alla conquista del mondo.
N inja, una t rad i zio u e sp i o n is t ica tu tta giappo nese. Come i cavalieri medioevali europei, a11clle i Snnwrni giapponesi avevano w1 alto senso etico del combattimento e quindi erano riluttanti n far ricorso allo spionaggio, agli intrighi, ai trucchi, alle trappole, preferendo lo scontro leale e palese n/le trmne segrete. l Snmurni disprezzavano le spie. l comandrznti militari le evitavano. Atteggiamento certamente nobile e lodevole. Ma ciò non voleva dire che i giapponesi disdegnassero lo spionaggio. Anzi. Solo che il «lavoro sporco» veniva affidato ad «agenti privati», a «Coloro che si muovevano in segreto», o anche più semplicemente a «coloro che praticavano l'arte marziale del Ninju-tsu», senza quindi far parte di quello che oggi chiameremmo il servizio pubblico.
La nobiltà feudale, la pubblica amministrazione, insomma, non si sporcavano direttame11te le mani, ma ipocritamente ricorrevano a sicari e a spie professioniste, di w1 rango sociale forse llOn molto elevato ma perfettamente addestrate fin da bambini allo scopo: i guerrieri dell'ombra, i mitici Ninja, appunto. La scuola Ninja, ispirandosi ai precetti del generale cinese Sun Tsu, insegnam 11011 5olo le tecniche dell'uso delle armi e della lotta n mani nude, ma anche le discipline dello spionaggio atth,o: come mimeti::::.::nrsi, pcdiunrc, raccogliere informazioni e n/lo stesso tempo disinformare iluemico, come utili::::.::::.nre codici c iuchiostri iuvisibili, maneggiare veleni. Pronti all'omicidio, i Niuja Jrequentnvnuo persino corsi di recitazione ed erauo mentalmente preparati ad affrontare qualsiasi situazione. Non combattevflllo mai n viso scoperto, <>i muovevano in silenzio, quasi iuvisibili, pronti a colpire la vittima designata. Se cnlfurafi, si suicidavano per non S'l'e/nn• i loro segreti o denunciare soflo tortura i loro compagni. Ctrcoudnfi da U/1 alone di mistero e di terrore, sempre piiÌ specializzati nelle arti dello spionaggio, i Niujn t 1issero la loro epoca d'oro tra il1200 e il1300. Succe5.;;ivmnente iui::iò ww lenta, graduale normnliz::::.azione del servizio, che comportò l'assorbimento degli agenti Nilzja nella polizia e uelle forze armate. Ma il mito -e per molti il fascino -è rimasto, diffuso pL•raltro n dismisura (curioso destino per feroci uomini dell'ombra), a partire dagli mmi sessa n la, dai cartoons giapponesi.
Arabi e P ersia n i
Se i Crociati praticano poco le tecniche e le astuzie dello spionaggio, non si può certo dire la stessa cosa dei loro avversari musulmani, costretti dalla loro intrinseca debo lezza a ricorrere sempre più spesso all' «approccio indiretto». Di fronte a cavalieri ben armati, ben protetti e
dotati di temibili armi in ferro, ai musulmani non rimane che contare sulla guerra "non convenzionale".
Gli strateghi arabi intendono chiaramente tale nece ssità, tanto che nel 1360 Ibn Hodeil El-Andalusy scrive: «Le astuzie sono più efficaci delle azioni. Una decisione presa n ragion veduta è più fruttuosa di un gesto avventato e violento». È questa, del resto, l'epoca in cui circola una sorta di trattato, di autore sco nosci uto, dal titolo li libro delle astuzie, dove si indica se nza alcuna ri serva di «aver cura di impiegare l'inganno in guerra perché vi permette di arrivare allo scopo in maniera più certa di 1111 sanguinoso combattimento corpo n corpo», oppure, in altro capitolo: «bisogna attaccare appena si consta ta che l'operazio ne è possibile; indietreggiare appena si vede che In ritirata è nec essaria; non entrare in un posto dove non vi sin una possibilità di usc ita; dirigersi prima verso l'uomo debole e pigro e assestargli un colpo tanto terribile da terr orizzare anche il cuore dell'uomo coraggioso. A quelnwmento nvvici11arsi all'uomo coraggioso e uccider/o».
Indicazioni che a prima vista posso no se mbrare in qualche modo ovvie. Ma non dimentichiamoci che s tiamo parlando di attività c tecniche di circa se tte secoli fa e che a quell'epoca il cosiddetto «a pproccio indiretto » non era affatto scontato. Non per niente dobbiamo agli Arabi non soltanto un uso raffinato ed esteso della cifratura dei messaggi, secondo il principio della sostituzione (ridistribuzione delle lettere dell'alfabeto, con la complicazione, nel caso degli Arabi, dell'aggiunta di altri simboli), ma anche l'invenzione della criptoanalisi, cioè la capacità di decifrare un messaggio senza conoscerne la chiave. «Cifra », del resto, è un parola araba, e i testi letterari arabi includono in genere anagrammi, rebus, indovinel1i e altri giochi di parole.
Un'abilità e un'expertise che vengono da molto lontano e che andranno di pari passo con il consolidamento del-
l'abilità militare degli Arabi. In effetti già intorno all'anno 1000, in Persia, Quabus Ibn Iskandar scriveva nel Libro dei consigli: «non trascurare mai di inviare spie per informarsi circa le disposizioni del nemico (... )non rallentare mai la vigilanza».
Due secoli più tardi, il gran califfo Khadjeh Nassir AlDin Tussi sarà ancora più preciso: «Il Principe deve proteggere i suoi segreti per salvaguardare le sue capacità di manovra ed evitare contraddizioni. Se il nemico viene in possesso dei suoi segreti, deve immediatamente adottare contromisure appropriate. Le sue spie e i suoi informatori devono informarsi instancabilmente su tutto ciò che è considerato segreto, soprattutto per quanto conceme i nernici, la loro situazione, le loro attività, il loro stato d'animo e i loro progetti. L'arma più efficace per combattere un nemico è di conoscere i suoi progetti e le sue intenzio11Ì». Una valida lezione, insomma, sull'utilità della informazione preventiva, che è alla base delle moderne strutture di intelligence.
Non mancavano poi precise istruzioni per il bravo 007: ((È attraverso l'mzalisi dei gesti e del parlare- anche banale- dei bambini, degli schiavi, dei servitori, delle perso11e insomma vicine e di fiducia del nemico e del suo harem, clze si può accedere ai segreti più custoditi. Per raggiungere tali risultati il migliore mezzo è di moltiplicare gli incontri e le conversazioni. Bisogna saper sfruttare tali contatti, attraverso i quali si potrà conoscere In verità nascosta, il pensiero interiore, spesso ben occulto». Si potrebbero offrire migliori direttive a un agente operativo dei nostri giorni?
Sulla base quindi di secolari esperienze, gli Arabi istituiranno un sistema di intelligence ben funzionante e ben strutturato. Oltre poi a essere diventati grandi esperti nel cifrare e decifrare i messaggi, essi, con grande stupore dei cronisti europei delle crociate, utilizzeranno anche singolari mezzi di trasnùssione dei messaggi stessi: i piccioni viaggiatori e le segnalazioni ottiche.
Si può in conclusione essere d'accordo con gli autori che sottolineano come il raffinato utilizzo delle tecniche dell'intelligence, il ricorso sistematico alle reti di spionaggio, l'efficiente sistema di ci fratura-criptoanalisi abbiano senza dubbio favorito l'espansione arabo-musulmana in Europa e nel Mediterraneo.
Sarà sotto il regno del Maharaja Bhonsle Shivaji (16271680), sovrano indù vincitore dell'impero Moghul, che lo spionaggio conoscerà in India uno sviluppo sen7a precedenti.
Nella prospettiva di liberare il proprio paese dal giogo musulmano, questo sovrano dell'India centrale attiva un efficientissimo servizio di sp ionaggio e di sabotaggio per appoggiare opportunamente le sue azioni militari e diplomatiche e condurre tutto il popolo indiano alla vittoria.
La strutt u ra immaginata da Shivaji si componeva in pratica di quattro Dipartimenti:
"O reccllio nll'nscolto", incaricato di ascoltare tutto c iò che si dice in giro, dagli oscuri corridoi alle sale di udienza pubbliche, dai salotti alle cucine ...
"Occhio in agguato", addetto alla valutazione delle truppe nemiche e del loro armamento nonché all'esame dello stato dei porti, delle piazzeforti e delle strade;
"Pettegolezzi", con la missione di raccogliere tutti i rumors che circolano nei bazar, nei mercati, nei luoghi pubblici per delineare lo stato d'animo della popolazione;
"Sabotatori", servizio di agenti operativi incaricati di realizzare operazioni sabotaggio nel campo nemico per favorire l'azione delle truppe del sovrano. Ulteriore, specifico compito è quello di procurarsi tutte le nuove armi in
Maharaja Bhon5le SJzimji
circolazione. Ciò che "i sabotatori" faranno molto bene in Afghanistan, presso i principi di Samarcanda, gli imperatori persiani e i commercianti stranieri operanti sulle coste dell ' India. Shivaji avrà così conoscenza di quanto di meglio si fa ed è di s ponibile nel mondo in materia di armamenti.
Come si può constatare, un sistema di spionaggio/ intelligence ben organizzato, efficiente e sorprendentemente moderno, frutto di una lenta evoluzione inLdata secoli prima
L'nrreo Concorde. Costmifo dnlln Acrospotiale di Tolosn per 1111 corr<;orzio
Il supersonico sovietico Tupolev TU144. Ln clonazione del Concorde mrglo-frnncese non potrebbe essere più et•idente
Molti ricordano come l'Unione Sovietica praticasse una forsennata attività '5pionistica per raccogliere informazioni commerciali, economiche e industriali onde aiutare il paese a non rimanere indietro rispetto alle potenze capitaliste, magari superandole in alcuni settori strategici, per dimostrare, anche politicamente, la validità del sistema marxista. Informazioni che venivano poi sapientemente studiate, rielaborate e utilizzate per esigenze interne utili al regime, presentando i risultati come il frutto del progresso socialista e dell'impegno dei lavoratori. Basti per tutti citare il caso clamoroso dell'aereo franco-britannico Concorde (insuperato gioiello dell'industria aeronautica, il primo aereo supersonico per passeggeri, ora dismesso per gli eccessivi costi di gestione) di cui i sovietici riprodussero nel 1968, addirittura qualche mese pri ma del suo definitivo lancio da parte di Londra e P arigi, la copia esatta: il Tupolev TU 144, detto anche
«Concordoski». Forse nell'assurda speranza di far credere che erano stati gli anglo-francesi a copiare dai sovietici (arrivati prima) e non il contrario.
Nessuno tuttavia lo ha mai seriamente creduto. Fu anzi abbastanza facile all'epoca intuire come gli scienziati dell'Urss avessero potuto raggiungere la raffinata tecnologia franco-britannica in così poco tempo e partendo da basi industriali molto più arretrate. Del resto non erano mancati arresti ed espulsioni, a ulteriore conferma del fortissimo interesse e dell'assoluta priorità che Mosca aveva posto nel cercare di penetrare i segreti dell' Aerospatiale di Tolosa.
In effetti, come si seppe s uccess ivamente, fin dal1962 il Co11corde era s tato l'oggetto di un sistematico sp ionaggio sovietico. Ciò aveva causato, due anni dopo, l'arres to da parte dei servizi segreti francesi di un agente della Repubblica Democratica Tedesca, Jean-Paul Soupert, il quale aveva svelato le attività di un altro agente, Herbert Steinbrecher, da cinque anni intento a far passa re da To losa a Mosca microfilm e sc hede tecniche. Nel1965 veniva inoltre arrestato ed espulso dalla Francia, Scrguci Pavlov, alto uffi ciale del Kgb, ufficialmente il rappresentante dell' Aeroflot in Francia, sor preso con i piani del motore Olympus c del radar del Concorde nei s uoi bagagli.
Era insomma evidente che Mo sca aveva messo in atto una delle s ue più importanti iniziative di sp ionaggio economico del dopoguerra. E per farlo non aveva esitato a utiliaare le stesse tecniche dello spionaggio militare vero e proprio, dove i successi erano stati eclatanti, a volte spettacolari.
Anche in questo caso sarebbe sufficiente far riferimento alla celeberrime «s pie atomiche» (Fuchs, i coniugi Rosenberg ecc.), che consentirono alla Patria dei La voratori di fare pass i da gigante nell'elaborazione della bomba ato-
mica, di cui gli Stati Uniti rischiavano di mantenere «l'esclusiva» ancora per molti anni.
Ora, se lo spionaggio militare, come abbiamo constatato, è in pratica sempre esistito, quello economico compare invece in tempi più recenti. La sua nascita (anche se non mancano avvisaglie e specifici episodi nel periodo antico) viene convenzionalmente fatta risalire al XIII-XIV secolo, quando in Occidente irrompe un'inedita classe sociale, quella dei «mercanti di città», che si struttura in corporazioni e inizia a sviluppare un'economia rivolta verso il mondo esterno, verso mercati anche lontani, verso tutte le regioni dove appare conveniente fare affari.
Dal Nord Italia alle Fiandre, da Venezia a Bruges, da Firenze ad Amalfi, commercianti, venditori di tessuti, mercanti di spezie, agenti bancari cominciano a prosperare e a sviluppare le loro reti di contatti e di conoscenze. Ma per fare commercio bisogna c&sere bene informati sullo stato degli affari, conoscere le effettive possibilità di guadagno nelle contrade lontane, dove, per forza di cose, è necessario recarsi di persona. È l'epoca in cui i grandi commercianti diventano grandi viaggiatori, grandi avventurieri (come i celebri fratelli Niccolò c Matteo Polo, i quali, partendo per l'Oriente con il figlio e nipote Marco, rimangono lontano da Venezia per un quarto di secolo. Marco parte che ha diciassette anni e ritorna in patria che ne ha quarantuno).
n caso dei Polo non è certo isolato. Gli «uomini d'affari» viaggiano e, viaggiando, fondano succursali, creano avamposti commerciali, aprono vie di comunicazione, concludono accordi, fanno investimenti. In un simile quadro di attività l'informazione assume un valore tutto particolare: è preziosa, è oro contante!
Grazie quindi alle loro filiali, agli uffici periferici e agli «Sportelli esteri», i commercianti medioevali sono in
grado di attivare un buon sistema di raccolta e trasmissione di informazioni economiche (e politiche) attraverso veri «bollettini di analisi» riservati.
Lo sviluppo dell'attività bancaria in particolare moltiplica l'esigenza di informazioni "preventive". Prestando in effetti denaro agli Stati, i grandi banchieri vogliono essere bene al corrente dell'evoluzione politica e, soprattutto, del potenziale economico dei Joro creditori. Speculando poi sulle monete e sulle merci, cercano di prevedere gli eventi che possono influenzarne il corso. E come lo possono fare? Solo disponendo delle informazioni giuste!
Tuttavia c'è un altro problema da risolvere: affinché l'informazione sia utile, deve poter arrivare in tempo. I commercianti lo capiscono bene e a Firenze formano una sorta di cooperativa per dar vita, nel1357, al primo servizio di posta privata che ogni settimana collega la città toscana ad Avignone e viceversa. Presto tali servizi si moltiplicheranno e i vari corrieri attraverseranno l'Europa in tutte le direzioni, trasportando allo stesso tempo la corrispondenza dei commercianti c quella dei loro clienti, accorciando costantemente i tempi di consegna (dieci giorni per collegare Avignone e Parigi, venti Genova c Parigi, un mese Firenze e Londra), con scadenze, per l'epoca, forsennate.
Del resto, in una fase storica in cui pochi hanno il raro privilegio di viaggiare, i mercanti-viaggiatori si ritroveranno cucita addosso una copertura ideale, naturale, quasi obbligata, alla quale non potranno sfuggire, per sviluppare un tipo di spionaggio economico, utile ovviamente anche a fini politici.
Mercanti-spia, mercanti-agenti di informazione economica, mercanti-agenti di influenza, mercanti-agenti governativi: lo spionaggio economico si fonde inevitabilmente
con quello politico, che a sua volta è legato a quello militare. L'intelligence, allo stadio ancora embrionale, tende inconsapevolmente a farsi «Sistema».
I se rv i z i segre t i di V e 11 ezia
Dove lo spionaggio economico diventa una componente essenziale e costante della politica estera nonché nella strategia di espan..,ione economico-commerciale, o;trutturandosi presto in servizio pubblico, sarà a Venezia. Qui del resto verranno concesse le prime patenti industriali europee per « 11110 sfru ttame11 to monopol istico, ma a11clze coli temporanea me n te 1111a licellza di servizio».
Quindi non solo spionaggio, ma anche controspionaggio economico, per la prote.1.ione cioè dei propri segreti commerciali, industriali e scientifici.
Emblematica al riguardo è la •<guerra degli specchi». Venezia è orgogliosa della sua insuperata arte nel produrre specchi. Arte che eleva a un livello di eccellenza, non c;en.ta tuttavia aver sottratto inizialmente alcuni segreti industriali ai pur bravi artigiani lorenesi e facendo di tutto in seguito per proteggere quella che nel frattempo era diventata una expertise tipicamente veneziana.
Come bene indica il Prof. Paolo Preto nella s u a fondamentale opera I Servizi Segreti di Venezia, la città lagunare si rivelerà uno dei primi Stati moderni a dotarsi di una struttura pubblica destinata a difendere la sicurezza interna ed esterna della Repubblica, un sistema coerente di servizi segreti, centrato in special modo sulla dimensione economica e mercantile. In effetti, con la trasformazione di Venezia da picco l a comunità di pescatori a grande potenza commerciale e marinara, si sviluppano parallelamente i servizi «riservati» dello St ato.
A Venezia, crocevia internazionale di scambi marittimi e inevitabile centro di informazioni economico-commerciali, le notizie, le nove, avranno un'influenza crescente su tutta la vita economica deUa Città-Stato. Tutti i settori ne dipendono per impostare meglio le proprie iniziative: dalle assicurazioni alle finanze, dal commercio delle spezie ai rifornimenti alimentari. Si assiste insomma a una sorta di spasmodica ricerca delle nove, soprattutto quelle provenienti dal Levante, dai turchi, dall'estero insomma, mentre specularmente si sviluppa una vera psicosi del «segreto », della riservatezza delle informazioni, dell'assoluta esigenza di non rivelare notizie che in qualche modo possano nuocere alla Repubblica e alle sue correnti commerciali.
Tutti devono dare il proprio contributo, veneziani c amici di Venezia. Così, ad esempio, ognj buon cittadino che si trovi all'estero è invitato a informare i governanti della città su quanto ha visto ed eventualmente scoperto. E per stimolare la collaborazione, le autorità escogitano un metodo semplice quanto raffinato. Per poter cioè dialogare con l'Amministrazione, al singolo viene offerta la comoda via dell'invio di «domande >>, «Suppliche », « raccordi », documenti che - si assicura - saranno letti con estrema attenzione dai destinatari. Vengono sovente depositate nelle ben note «Bocche di Leone » (sorta di cassette postali esterne sistemate presso le diverse magistrature interessate, in un primo momento in legno, successivamente in pietra, dove si fanno cadere le denunce attraverso una fessura, la gola del leone appunto, verso un contenitore apribile solo dall'interno dell'edificio e dagli addetti ai lavori).
Inizialmente utilizzati per richiedere un intervento a favore del firmatario o per offrire un servizio, ovvero per proporre una nuova iniziativa o invenzione, con il tempo i « raccordi» si trasformeranno fatalmente in temibili (e
anche anonimi) strumenti di segnalazione e di delazione attraverso cui le autorità acquisiscono la collaborazione volontaria e gratuita di migliaia di corrispondenti. Una fittissima rete informativa, un prezioso ausilio delle attività di preven7ione, un efficace servizio di controspionaggio interno.
Un po' come avverrà, diversi secoli dopo, con l'Ovra di memoria, che non avrà bisogno di organici molto numerosi per controllare gli italiani: i «volontari» in realtà non faranno mai difetto, le informazioni affluiranno agevolmente, la «collaborazione» sarà fiorente. Almeno finché il regime sarà forte e il buon funzionamento dell'Organismo garantirà un buon ritorno in termini di carriera, di risorse finanziarie e di prestigio sociale per chi ne fa parte.
A Venezia, fin dal 1300, viene istituito il Consiglio dei Dteet, 'lupremo organo deci sio nale per gestire gli affari segreti legati alla sicurezza dello Stato, una sorta di ministero dell'Interno collegiale: una delle principali istituzioni governative, accanto naturalmente alla figura del Doge, coadiuvato dalla Serenissima Signoria e dal Minor Consiglio, nonché degli altri organi deliberativi della Repubblica, quali il Maggior Consiglio e il Senato.
Col tempo verranno ulteriormente estese le competenze del Consiglio dei Dieci, fino a inglobarvi tutte le principali materie della amministrazione pubblica (moneta, fisco, acqua, monasteri ecc.), assumendo, sul finire del XVI secolo, la sua conformazione definitiva, attraverso anche l'operato degli Inquisitori di Stato, super 007 dell'epoca, dotati di cospicui mezzi operativi e finanziari per favorire, appunto, la «co llaborazione ».
Organismo quindi di controspionaggio interno e in qualche modo di «polizia politica». Attraverso gli Inquisi-
tori di Stato, il Consiglio veglja su tutto quanto si riferisce alla sicurezza interna, alla tranquillità del paese, alla gestione degli «agenti» interru e soprattutto alla tutela del segreto, vera ossessione della classe politica veneziana, tesa a difendere il proprio modo di vita basato sull'interscambio commerciale, sull'attività mercantile e sull'espansione economica. D Consiglio finisce in definitiva per occuparsi di tutto, persino di reprimere la sodomia, come risulta da una legge adottata ncl1496 («i barbieri e i medici o altri che curino ragazzi o donne i quali o le quali abbiano patito In sodomia siano telluli e debbano venire il giorno stesso o il giorno dopo ai Capi del Consiglio dei Dieci e notificare il nome del ragazzo o della dollnn il quale o In quale 11mmo in cura»).
Ma il Consiglio si presenta anche come organismo di spionaggio esterno attraverso la estesa rete diplomatica presente nei paesi e nelle corti più importanU di allora. Con il consolidamento delle rappre5entanze diplomatiche «Stabili», cioè permanenti, si accentua il ruolo dell'ambasciatore nella s ua attività di raccolta «finalizzata» d i notizie. ln effetti gli ambasciatori della Repubblica di San Marco,
maestri nell'arte di riferire, che faranno scuola creando per molti aspetti la tradizione diplomatica europea con le loro celebri «relazioni», saranno spesso anche al centro di attività di intelligence, soprattutto in campo economico. Non disdegneranno nemmeno di curare operazioni di sabotaggio in tempo di guerra e utilizzeranno con perizia i più elaborati cifrari e codici del momento, numerici e numericoalfabetici, di cui i veneziani saranno abilissimi e rinomati inventori. Per gli interess i superiori della Repubblica ovviamente.
Ma il Consiglio dei Dieci disporrà anche di un'altra rete di spie, in qualche misura parallela a quella dei diplomatici e in qualche caso persino a quella degli Inquisitori, fatta di cittadini e di agenti occasionati attentissimi a carpire segreti in ogni angolo del paese, i_n ogni piazza del mondo e a riferirne alle autorità per il beneficio di tutta la comunità mercantile lagunare. Non è quindi azzardato affermare che a Venezia lo «Spionaggio e controspionaggio economico » abbiano accompagnato lo sviluppo della Repubblica e il consolidamento delle sue istituzioni.
I Dispacci e le Relazioni degli ambasciatori veneziani. La diplomazia costituiva dunque l'insieme degli "occhi e le orecchie" della Repubblica di Venezia e la posizione "neutrale" della Serenissima faceva dei diplomatici degli osservatori privilegiati della vita politica ed economica internazionale. Tutte le notizie erano trasmesse attraverso due tipi di documenti: i Dispacci e le Relazioni.
I dispacci erano della comunicazioni informali, trasmesse dagli ambasciatori a Venezia più volte al mese e anche, in alcuni casi, più volte a settimana. Contenevano informazioni molto dettagliate sulla vita nelle corti estere, nonché valutazioni su deter-
minati avvenimenti politici, economici e finanziari di immediato interesse per la Repubblica. Spesso si trattava di notizie "riservate". Destinatario era in genere il Consiglio dei Dieci Le relazioni erano invece documenti ufficiali destinati alla lettura pubblica i11 Senato. In pratica si trattava di quello che oggi si chiama il "rapporto di fine missione" dopo due o tre anni di permanenza nella sede estera. Questi documenti dovevano ovviamente essere fatti per iscritto e dovevano essere molto curati nello stile (affinché fossero facilmente comprensibili nella lettura ai senatori) e presupponeva quindi Wl grande capacità di descrivere l'attività diplonmtica, forti qualità di osservaziolle, sicuro giudizio per valutare e classificare i vari argomenti trattati. l dispacci e le relazioni venivano conservali nella sezione segreta della Cancelleria e gli ambasciatori non potevano né farsene 11110 copia né divulgarne il contenuto. Le notizie diplomatiche servivallo no11 solo n guidare La politica estera di Venezia, ma anche a trame qualche insegnamento per migliorare Lo stesso sistema di govemo della Sereuissima.
Londra: nasce il primo servizio segreto moderno
Uu quadro co mpo sito
In Europa, durante il lungo periodo medioevale, furono trascurati, salvo alcune eccezioni come abbiamo visto, i principi dell'organi.tza7ione e dell'utilizzo dell'informa7ione preventiva, propri degli imperi e dei regni del mondo antico. A Oriente l'impero bizantino aveva invece dato inizio a una qualche codifica delle pratiche dello spionaggio e gettate le basi di quella che s u ccessivamente diventerà un a vera e propria «teori a della raccolta delle informazioni r iservate». Tuttavia l'impressione generale che s i ricava quando si scorre il «lato intelligence» di quell'epoca storica, è che ci si trovi essenz ialmente di fronte a iniziative singole, a sforzi di personalità fuori del comune, a intuizioni isolate. Si potrebbero certo citare decine e decine di episodi di spionaggio, complotti, missioni segrete, azioni di copertura, forme di controspionaggio ecc., ma resterebbe se mpre la sensazione di un quadro generale di riferimento di so rdin ato, alq uanto
incoerente, senza un filo conduttore e un intervento organizzato e consapevole dello Stato .
Abbiamo constatato come la Guerra dei Cent'anni (combattuta con lunghi intervalli tra Francia e Inghilterra dal1337 a11453) abbia reso evidente ai governanti la necessità imperiosa di dotarsi di sistemi di «Conosce nza finalizzata» solidi, permanenti ed efficaci, quali strumenti complementari da utilizzare per impostare meglio l'iniziativa politica e/o l'azione militare. L'avvento dell'aristocrazia commercia le, dal canto suo, farà esplodere, come nel caso di Venezia, l'esigenza dell' «informazione economica», o meglio dell' «intelligence economica», dando vita alle prime reti estere di scambio di analisi riservate e di corrispondenza segreta.
Tuttavia, secondo la maggioranza degli storici dell'intelligence, è a Londra, nel secolo XVI, che nasceranno i primi servizi segreti nel senso moderno del termine, cioè i primi servizi strutturati e permanenti, sotto il controllo del governo, chiamati a realizzare attività e iniziative contro i nemici esterni e interni dello Stato.
l Tudor si organizzano n contesto politico del secolo è particolarmente agitato. Le «riforme» di Lutero in Germania (con le famose 95 tesi affisse sul portale della cattedrale di Wittenberg) e di Calvino in (con il suo inflessibile rigori smo morale) introducono l'elemento religioso nello scontro tra gli Stati, dove i regnanti avevano fino ad allora lasciato sempre l'ultima parola al Papa. Con l'ondata riformi sta ciò non potrà più avvenire. Anzi. n coinvolgimento degli Stati nei conflitti diventa total e, perseguendo essi ormai non solo l'affermazione di una politica o velleità di potenza, ma
anche la difesa o l'imposizione di una diversa visione del mondo e persino dell'altro mondo ... Proprio nel momento in cui diversi Stati europei cominciano ad assumere fisionomia «nazionale ». Politica, velleità di potenza e religione acuiscono i contrasti a cui ciascuna parte cerca di far fronte con tutti gli strumenti a disposizione.
Tra Riforma e Controriforma, tra cattolici e protestanti, tra inquisizione ed evoluzione, due diverse concezioni della vita si fronteggiano e si combattono. Occorre quindi organizzarsi al meglio in tale prospettiva.
Nel1558 Elisabetta Tudor accede al trono d'Inghilterra e presto il suo regno diventa il grande alfiere del protestantesimo. È in que.,to periodo che nasce il secret sen,ice inglese.
L'immagine dell'agente segreto (giovani provenienti da prestigiose università, dai migliori ambienti sociali) in Inghilterra continua oggi a essere percepita in maniera molto più positiva che negli altri paesi europei, dove l'agente è visto più come una «s pia)) moralmente condannabile che come un ufficiale al servizio della patria. Insomma, il personaggio di James Bond, agente operativo patriottico e affidabile, difficilmente avrebbe potuto vedere la luce in Italia o in Francia. Si tratta in effetti di un prodotto tipicamente british, la cui origine va ricercata proprio nel regno di Elisabetta la Grande.
Debole, isolata, con a capo una regina dai diritti dinastici incerti, l'Inghilterra protestante di Elisabetta Tudor, per far fronte all'offensiva della cattolica Spagna, non ha altra scelta che ricorrere allo spionaggio s u vasta scala. Bisogna dire che Elisabetta in questo settore molto aveva appreso dal padre, Enrico VIII, il quale seguiva da vicino le condotte segrete della politica inglese, condotte affidate alle cure del suo segretario privato Thomas Cromwell.
Primo capo dello spionaggio inglese, primo <<C» di Londra, Cromwell aveva moltiplicato all'infinito il numero dei subaltemi (informatori, indicatori, delatori ecc.) pur limitando allo stretto indispensabile la squadra dei dirigenti responsabili. Anche se la sua particolare expertise non gli porterà fortuna e non lo salverà dal patibolo reale non essendosi più ritrovato, a un certo momento, sulla stessa lunghezza d'onda del suo re (a quell'epoca le sconfitte politiche non si risolvevano con la presidenza di una commissione parlamentare o di un grande ente previdenzialc: la sanzione era un po' più radicale!).
Analogo ruolo viene assegnato da Elisabetta al suo segretario William Ceci!, che servirà fedelmente la regina per più di quarant'anni.
Preoccupato di rafforzare il potere di Elisabetta c di fare nello stesso tempo dell'Inghilterra protestante un paese forte e rispettato, Cecil istituisce un vero servizio segreto denominato Difesa dello Stato (State Defense), competente sia per lo spionaggio all'estero che per il controspionaggio all'interno. I suoi agenti professionisti, reclutati tra persone colte e soprattutto patriottiche in In ghilterra c all'estero, costituiscono una struttura perrrta/Jellte incaricata di raccogliere tutte le notizie di interesse, che vengono immediatamente trasmesse a Cecil. Questi le esamina, le valuta e le commenta esclusivamente con la regina, la quale poi se ne serve per le sue decisioni politiche e militari.
Sir William inaugura anche il primo Servizio Cifra del paese, istituito per mettere in chiaro tutte le comunicazioni considerate sospette. Si conosce anche il nome del primo «cifratore» uffi ciale del regno, un certo Mister Somers, il cui incarico iniziale sembra sia stato quello di mettere in chiaro un rapporto segreto sottratto all'ambasciata di Spagna a Londra.
Tutta questa organizzazione naturalmente ha dei costi. All'inizio Cecil pensa di poter provvedere di tasca propria pur di far piacere alla regina, che di spese non vuol sentir parlare. Successivamente tuttavia, visto il notevole lievitare dell'impegno finanziario in concomitanza dello sviluppo della rete spionistica presente ormai in molti paesi d'Europa, pensa bene di chiedere il rimborso delle somme anticipate al Tesoro della corona.
È l'inizio dell ' istituzione dei controversi «fondi segreti», che saranno compresi in tutti i bilanci degli Stati moderni.
Francis WalsinglzamCecil non può tuttavia occuparsi di tutto né è in grado di s postarsi s pesso. Prende quindi la decisione di delegare i suoi poteri operativi in materia al suo vice, fine psicologo ed esperto diplomatico: Francis Walsingham. Mai scelta fu più appropriata: sarà infatti i] giovane Francis che consoliderà con successo la costruzione di sicurezza ideata e iniziata dal suo illustre predecessore. Uomo colto, paziente, riservato, devoto, sempre vestito di nero (il «mio moro » lo chiamava la regina, anche a causa della sua pelle scura), dopo aver vissuto in Italia ed essere stato ambasciatore d'Inghilterra a Parigi, Walsingharn entra a trentotto anni nel Consiglio della regina (una specìe di Consiglio dei Ministri dell'epoca). Ricevuto l'incarico, Francis amplia presto, gestendola e manipolandola con grande abilità, una rete di agenti permanenti che arriva
Francis Walsinghama contare cinquanta/sessanta elementi dislocati nelle diverse capitali (in parallelo alle ambasciate ufficiali) e nelJe più importanti città di mare europee (inevitabili centri di irradiazione di notizie). Affascinato in particolare dall'Italia e dalla nostra arte per l'intrigo e la «combinazione», Walsingham utilizzerà spesso agenti italiani alJ'estero. In Inghilterra si servirà preferibilmente di giovani laureati usciti dalle Università di Cambridge e Oxford. Non trascura peraltro elementi qualificati appartenenti al mondo artistico e «irregolare», convinto che questi possano più facilmente di altri farsi aprire le porte dei principi. Insomma, una rete variegata ma sempre di alto livello.
Si racconta al riguardo che uno degli agenti di Walsingham, John Dee, sia stato all'origine del primo grande successo del sevizio segreto inglese. Dee si sarebbe infatti procurato un'importantissima lettera segreta inviata da Filippo II al Papa, nella quale il re di Spagna manifestava chiaramente la sua volontà di attaccare l'Inghilterra. Dee è stato un personaggio alquanto controverso. Matematico, astronomo/ astrologo, dedito agli studi del soprannaturale,
agente doppio, cifratore di genio, viene da molti consideralo come il primo "agente segreto al servizio d i Sua Maestà". È in effetti l' agente preferito di Elisabetta, cui rimarrà sempre fedele. Predecessore reale cui si sarebbe ispirato lan Fleming per il suo 007 letterario. Sollecitato nella sua fantasia anche dal fatto che Dee usava firmare i suoi messaggi a Elisabetta con la
Jolw Dee
"007", sigla con la quale voleva indicare che la missiva era riservata ai soli occhi della regina (00 indica gli occhi e 7 è il numero perfetto), formula che diventerà anche il suo nome in codice che sarà reso celebre da Fleming in tutto il pianeta cinque secoli dopo!
Altro famoso agente «irregolare » della rete sa rà il grande drammaturgo Christopher Marlowe, incaricato di infiltrare i gesuiti di All'inizio sembra svolgere adeguatamente la c;ua missione, poi viene brutalmente elim inato a ventinove anni perché sospettato di doppio gioco.
Walsingham sarà particolarmente attivo ed efficiente nelle iniziative di controspionaggio, soprattutto quelle tese ad annullare le mire francesi sulla Scozia e quindi contro i serv izi segreti dei ... gesuiti, che- c'è da crederci - non dovevano essere tra i meno efficienti.
Proprio con riferimento alla Scozia, gli agenti di Walsingham realizzeranno probabilmente la loro più importante operazione di ccspionaggio nero», di attiva dic;informazione, vera e propria manipolazione di notizie, tesa a influenzare le decisioni politiche: compromettere cioè Maria Stuarda, ex regina proclamata di Francia, regina cattolica della Scozia c, nel momento in cui Sir Francis agisce, prigioniera di Elisabetta, la quale, peraltro, non sa bene cosa fame e come trattare politicamente il caso.
Christopher Marlowe, poeta geniale, grande drammaturgo , pessima spia. Figlio di wz ciabattino, Christopher Marlowe, giovmze intellettuale irrequieto, dissoluto, omosessuale, poeta geniale e immenso drammaturgo, decide di bruciare le tappe del successo sociale e della carriera artistica. La strada più sernplice da seguire per accelerare i tempi della scalata è senza dubbio quella di mettersi a/servizio e vivere all'ombra di un personaggio
importante. Meglio se molto importante, come Sir Francis Walsingham, meglio ancora se reclutati dai servizi segreti che 11011 lesinano SLI mezzi e paghe. Così Cllristopher, detto «Kit>>, brillante studente di Cambridge, dove è approdato grazie a una borsa di studio, viene contattato dagli uomini di Walsingllam per un'importante missione in Francia: spiare le attività del collegio dei gesuiti di Reims, dove si trama attivamente contro Elisabetta in favore della cattolica Maria SI uarda. Poco per la verità si sa dei risultati della missione, che peraltro avrebbe dovuto estendersi anche n Parigi, dove l'ambasciatore inglese, Edwnrd Stafford, sembra non dare pitì sufficienti garanzie.
Tornato in patria per finire gli studi all'università, Kit inizia la sua agitata vita di mediocre agente segreto, di grande drammaturgo (La tragica storia del dottor Faust, L'ebreo di Malta, Edoardo Il), di sublime poeta (porta alla perfezione il «verso 11011 rimato»), di dissolutezza ed eccessi sessuali: illsomma di eroe maledetto per eccellenza.
Dopo l'opaca missione a Reims, Mnrlowe fatalmente viene coinvolto nel complotto Babington, e la sua misteriosa morte, avvenuta in una locanda di Deptjord nel 1593, farà sorgere il sospetto di un'eliminazione in buona regola di un agente doppio. Si scoprirà infatti successivamente che i suoi assassini erano tutti leqali, in un modo o nell'altro, ai servizi segreti di sir francis
(lngram Frizer, Robert Poley, Niclwlas Skers, lutti «agenti speciali»). Quale altro motivo avrebbe potuto provocare /'uccisone di Marlowe? Cosa ci facevano quel 30 maggio del 1593 tre spie nella stessa locanda di Deptford dove si trovava Ki t?
Una morte, comunque, che llOn fa sensazione e che viene messa rapidamente a tacere: Marlowe ucciso durante una rissa tra ubriachi. Non si tratta di 1111 ateo socialme11te pericoloso, di un libertino di un probabile doppiogiochista? A chi può interessare la sua fine? No, 11011 vale proprio la pena di accertare la verità malgrado sin stato eliminato l/IlO dei pitì grandi poeti di h1tta la letteratura inglese, a wi solo Shakespeare dedicherà un accorato tributo in As You Like lt (Come Vi piace).
Il caso Maria Stuarda
Convinti che Maria Stuarda rappresenti un gravissimo pericolo per la Corona e per la stessa Riforma, Ceci} e Walsingham concepiscono un diabolico piano per mettere Elisabetta con le spalle al muro e non !asciarle altra scelta che sbara7 zarsi per c;empre di Maria. Strumento consapevole del complotto c;arà Gilbert Gifford, un inglese che frequenta il collegio gesuitico di Reims, dove si trama non poco contro Elisabetta. Rientrato in Inghilterra per una missione affidatagli dai responsabili del collegio, viene subito arrestato. Tra minacce e lusinghe, non tarda molto a farsi reclutare dai servizi di Wabingham, diventando un classico agente doppio.
In Francia, dove presto fa ritorno, nessuno dubita che Gifford sia stato «rivoltato» dai servizi segreti inglesi. Non gli è quindi troppo difficile, con la sua fama di dinamico «gesuita», infiltrarsi nell'entourage del duca di Guisa, sul quale, seguendo le direttive di Londra, inizia a esercitare una forte pressione psicologica per convincerlo ... a finanziare l'uccisione di Elisabetta! Preludio - suggerisce abilmente e ripetutamente Gifford - per l'invasione dell'Inghilterra, dove sarebbe stata finalmente ristabilita la religione cattolica, Maria Stuarda sarebbe diventata regina e
l'influenza francese si sarebbe definitivamente consolidata.
Un'allettante prospettiva per P arigi, non c'è che dire. n complotto è ben iniziato.
Gifford rientra nuovamente in Inghilterra, questa volta portando con sé una serie di lettere e documenti che gli consentiranno di avvicinare l'ambasciatore di Francia c gli ambienti cattolici di Londra. Con le presentazioni di cui è in possesso, riesce a persuadere il capo-missione francese che è arrivato il momento di far pervenire a Maria Stuarda la corrispondenza segreta arrivata dalla Francia c che si accumula nella cancelleria diplomatica, non essendo possibile inoltrarla alla sua i11ustre destinataria, che langue prigioniera da anni a Cartley Hall, nello Straffordshire.
Con una certa leggerezza l'ambasciatore francese accetta in definitiva l'offerta. Cosl tutta la corrispondenza da e verso la Francia di interesse per Maria Stuarda passerà direttamente, prima della consegna all'interessata, da Gifford sul tavolo di Walsingham. Ma non basta. Nei documenti "pre-visionati" non si riscontra ancora nulla di realmente compromettente. Walsingham sollecita allora Gifford di fare in modo che il duca di Guisa metta bene per iscritto la sua intenzione di invadere le isole britanniche. A quel momento, è chiaro, Maria Stuarda non avrebbe più scampo (non c'è evidentemente metodo migliore per sventare un complotto che quello di suscitarlo e dirige rl o fin dall'inizio!).
Gifford non è solo molto abile: è anche molto fortunato. Walsingham da temp o si sta spremendo le meningi per inventare un bel complotto contro Elisabetta e, malgrado i progressi compiuti, è lontano dalla conclusione. Ed ecco che Gilbert Gifford sarà rapidamente in grado di servirgliene uno autentico, anche se piuttosto deboluccio, su un piatto d'argento.
Gilbert, di cui ancora nessuno sospetta la doppia natura, viene messo al corrente del complotto (ma sarebbe meglio dire intrigo) montato da un giovane aristocratico cattolico in vena di protagonismo, Anthony Babington, una «testa calda» forse senza un grande seguito, ma deciso a far cedere di essere a capo di un grande movimento di libera.done dell'Inghilterra. Naturalmente gli «uomini dell' ombra)) di Londra hanno tutto l'interesse a ritenere- e far ritenere alla regina -che l'iniziativa di Babington sia particolarmente pericolosa e che sia necessario intervenire con tempestività.
Un ulteriore aiuto a Walsingham viene del resto dalla stessa Maria, che commette un errore fatale. Informata di quanto si va tessendo intorno alla sua persona, ritiene di dover scrivere a Babington una calorosa lettera di appoggio e di incoraggiamento all'impresa: «Ci ·l'orrnnno un buon esercito, forze importauti per rwscire a liberarmi)). Non solo. La sofisticazione dei servizi inglesi arriva al punto che il bravissimo cripto analista di Walsingham aggiunge alla lettera di Maria un suo insidiosissimo post scriptum in cui, con una perfetta imitazione della calligrafia e con una impeccabile applicazione del cifrario nemico, chiede a Babington di darle i nomi dei patrioti per poterli ringraziare come meritano.
Questi, a sua volta, preso dall'entusiasmo le risponde immediatamente e millantando un'organizzazione di cui non dispone: «lo stesso, assistito da dieci gentiluomini e da celltinaia di nostri compagni, libereremo la Vostra Persona Reale dalle mani dei suoi nemici. Per l'eliminazione della usurpatrice (. .. ) sono pronti sei giovani nobili, tutti miei amici intimi, che con il/oro ::::elo cattolico e per sen,ire Vostra Maestà si incaricheranno della terribile esecuzione». Ingenuamente poi, aderendo al falso invito di Maria, elenca i nominativi dei gentiluomi-
ni che dovranno liberarla. A quel punto, per gli inglesi il gioco è fatto.
Walsingham non aspettava altro! La sua trappola ha funzionato e si è richiusa perfettamente. Uno alla volta tutti i congiurati- che probabjlmente non hanno mai rappresentato un vero perico lo per Elisabetta- cadranno nelle maglie del contro-spionaggio inglese. E saranno giustiziati nelle peggiori condizioni.
Buon'ultima, all'età di quarantacinque anni, Maria Stuarda sarà decapitata 1'8 febbraio del1587. La minaccia cattolica è scartata, Elisabetta c il protestantesimo sono salvi. Si consolida definitivamente il sentimento nazionale inglese.
D'ora in poi i servizi segreti saranno visti dai sudditi di Sua Maestà con fiducia e apprezzamento, anche se molti ignorano il cinismo di cui sanno a volte dar prova pur di raggiungere lo scopo prcfissato.
In realtà si era eclissalo alcuni mesi prima della conclusione del dramma, avendo intuito che il cerchio stava per chiudersi intorno a lui e che vari sospetti oramai aleggiavano intorno alla sua equivoca natura di informatore. Avuto chiaro sentore del pericolo, lascia segretamente l'Inghilterra e fa perdere per sempre le sue tracce. Sembra che abbia finito la sua carriera come ... prete. Una bella e imprevedibile uscita di scena per un doppiogiochista che aveva contribuito alla perdita di una regina, dimostrando quanto temibili fossero i servizi gestiti da Walsingham.
Numerosi saranno i s u ccessi, alcuni anche spettacolari, del secret service di Walsingham, non esenti peraltro da qualche fallimento, come nel caso dell'ambasciatore inglese a Parigi, Edward Stafford, passato per motivi di denaro alla Spagna e mai smascherato, probabilmente perché protagonista di un raffinato triplo gioco.
Da una relazione dell'ambasciatore di Spagna a Parigi, Bernardino de emerge chiaramente che Stafford può esser comprato. L'ambasciatore inglese in effetti, pur essendo di nobile origine, non dispone di finanze fiorenti e solide: giocatore incallito, grande amatore, abituato al lusso e generoso con gli amici, Edward conduce un train de vze eccezionalmente elevato. Ha quindi sempre bisogno di soldi. Scrive de Mendoza: «Necessita terribilmente di denaro e, anche se non ne ha fatto espressamente richiesta, la sua situa:ione è tale clze si può ottenere da 1111 tutto ciò che si desidera dal momento che lo si paga ».
Stafford viene insomma formalmente reclutato, sia pure a caro prezzo. È una spia molto costosa. Coperto ora di soldi, sen7a più preoccupazioni per la fine del mese, diventato per gli spagnoli «il nostro nuovo amico», Stafford fornisce a Madrid preziose informazioni sui movimenti della flotta e degli ammiragli britannici. Ritornato in patria, morirà nel c;uo letto senza essere oggetto di alcuna inchiesta, avendo forse tradito anche gli spagno li per garantirsi la ritirata strategica in Gran Bretagna. Un triplo gioco in grande stile!
Tra i successi più significativi va invece citato l'episodio che vede protagonista uno degli 007 di WaJsingham, il quale riesce a prendere visione di una lettera c;egreta inviata nel 1587 dall'ammiraglio spagnolo Santa Cruz al re Filippo 11 per fare il punto della situa7ione in vista dell'invasione dell'Inghilterra. Una lettera che è piuttosto un'articolata relazione: nome di ciascuna nave, composizione del suo equipaggio, porto d'ancoraggio, armamento ecc. Una vera messe d'informazioni strategico-militari.
L'incombente minaccia spagnola fa cosl entrare gli uomini di Walsingham in ebolliz ion e. Si ricorre a grandi mezzi e si stanziano ingenti finanziamenti. A Firenze viene reclutato l'ambasciatore di Toscana in Spagna; a Londra,
l'ambasciatore del Portogallo mette a disposizione degli inglesi la rete informativa che ha tessuto in Spagna; abbiamo già accennato alla lettera procurata da John Dee; i principali porti s pagnoli pullulano di spie inglesi. In tal modo gli «agen ti di influenza>> avranno buon gioco nel bloccare il finanziamento della complessa operazione della lnvencible Armada per parecchi mesi.
Andata co munque in porto l'iniziativa stren uamente voluta da Filippo II, Walsingham sarà in grado di predire con certezza alla regina, nel maggio del 1588, che 1' Armada sarebbe salpata in luglio. Come effettivamente avvenne. Gli spagnoli- non c'è da dubitarne- erano largamente attesi.
Lo storico s u ccesso inglese dipe se, come si sa, da differenti fattori: l'eccezionale abilità di Francis Drake c degli altri «corsar i della regina», i venti favorevoli, una rivoluzionaria tecnica del combattimento navale di cui i Tudor erano convinti assertori, con il superamcnto tra l'altro della medioevale distinzione di «combattente» e «mar inaio», ancora invece presente nelle forze spagnole . Ma verosim ilmente il maggior fattore di successo fu una migliore assimilazione dello spirito rinascimentale, dell' «ar ia del tempo» da parte di Elisabetta rispetto a Filippo II, sovrano dalla mentalità sosta nzialmente ancora medioevale, s uperato nelle sue concezioni politiche e s trategico-militari. E in questa assimilazione dell'era moderna éera probabilmente anche la consapevolezza di un efficiente servizio seg reto che accompagnasse l'azione dello Stato e proteggesse la nascita della Nazione.
E in quel momento stava proprio nascendo una grande Nazione!
I Tudor, sovmni illuminati, fautori di intelligen ce. Se l'Inghilterra sa approfittare delle nuove, inaspettate vie commerciali e delle prospettil'e politiche aperte dalla scoperta dell'America, se la «piccola isola agreste» si trasformerà nel corso di appena wz secolo nella «Signora incontrastata dei mari», ciò è dovuto soprattutto all'opera illuminata dei sovrani Tudor, lucidi inte111reti de/loro tempo.
Enrico VII, l'ini:::iatore della dinastia, favorisce lo sviluppo del commercio, facendo capire ai suoi .:;udditi che il mare può dare immensi benefici sapendone scoprire i segreti. È il primo sovrano i118lese ad abbandonare la tradizionale poli tica di appog8iarsi sulla nol1iltà ferriera e ad avviare inpece un'intensa collaborazione con la classe macantile. Egli dà vita a una forte borglwsia, con interessi prevalentemente commerciali, che fornirà all'Inghilterra la chim,e della sua stabilità e della sua prosperità.
Con Enrico VIII, secondo figlio di Enrico VII, gli orizzonti si fanno più t'asti. Vengono rotti i ie8ami con l'Europa e co11 il Cattolicesimo, considerati delle barriere al sorgere dello stato 11aziona/e e all'affermaziotle sulle rotte oceaniche. Enrico ha per primo l'idea di utlfl Royal Navy, una flotta cioè destinata csclusiramente al combattimento (in precedenza le funzioni commerciali e militari anno riunite nello stesso tipo di nm 1e).
Le navi di Enrico Vili pengono concepite cotz un solo scopo: attaccare le imbarcazioni nemiche. in tale prospettiva vengono aperti lungo le fiancate i porte/li per consentire ai cannoni di sparare di lato. Nasce tm elemmto tattico fino a quel momento sconosciuto- la «portata»- e cambia di conseguenza tutta la tattica navale. Si passa cioè dalla tecnica della «linea di fronte» (liue abreast, 1lfll'i fianco a fianco per la protezione dei remi) alla «linea di fila» (/i ne ahead, una nave dietro l'altra, per COlisentire l'opportuno posizionamento e far sparare i cannoni dai porte/li). Londra comincia ad affermarsi sui mari del mondo.
Con Elisabetta I, l'ultinza dei Tudor, rivivono lo spirito com-
merciale del nonno e l'intraprendenza politica del padre, temperati tuttavia da una visione lucida ed equilibrata della sua epoca. Da ww parte infatti la regi11a dà 1wovo alito all'allea11za tra corona e mercanti, aggiungendovi peraltro quella con i marinai e i corsari; dall'altra si prepara lentamente ma costantemente alla guerra co11tro la Spagna, guerra che la vedrà Jill.almente vincitrice. A Londra si aprono le vie dell'Impero.
Tre grandi sovrani, tre grandi ilwovatori, i quali, nelle loro storiche irnprese, mai trascureranno, anzi incoraggeranno e svilupperanno, le attività tese alla co11oscenza prevelltiva, alla raccolta ji11alizzata di notizie in favore degli interessi pubblici, alla difesa del segreto di Stato, alle iniziative di httelligence politica e militare.
La sicurezza delle i11jormazioni: dalla stegmzografia alla crittogrnfia, dai codici alla criptoannlisi
Una delle principali preoccupazioni dci governanti c degli strateghi in guerra, o in vista della preparazione di un conflitto, è stata costantemente quella di «nascondere » al nemico cruciali informazioni o,cambiate tramite l'invio di messaggi, ovvero di «proteggere» le notizie ricevute dalle spie amiche. La «S icurezza delle informazioni» ha accompagnato il nascere e lo sviluppo dello spionaggio e dell'intelligence attraverso il ricorso a due tecniche fondamentali: la «S teganografia », che si basa sull'occultamento del messaggio e, molto più tardi, la «Cri ttografia », che tende non tanto a nascondere il messaggio quanto il suo significato.
Abbiamo già riferito del bizzarro metodo di steganografia utilizzato nell'antica Persia e narratoci da Erodoto: scrivere cioè il messaggio sulla testa rasata di uno schiavo, il quale sarebbe stato inviato in missione solo dopo aver
recuperato la sua chioma, che avrebbe peraltro dovuto di nuovo cedere all'arrivo a destinazione. Plinio il Vecchio, dal canto suo, spiega nei dettagli come fabbricare un inchiostro invisibile ottenuto dal succo del titimalo (Herbn lactarin): l'inchiostro una volta asciugato diventa trasparente, potendo però riapparire dopo un leggero riscaldamento.
Celebre, e divertente per certi aspetti, è rimasta l'invenzione dello scienziato italiano Giovanni Porta, che agli inizi del XVI secolo insegna come nascondere un messaggio in un ... uovo sodo.
Si prepara dunque un inchiostro composto di allume e aceto e si scrive il testo del messaggio sul guscio dell'uovo. L'inchiostro ha la qualità di penetrare nel guscio, che è poroso, per andarsi a depositare sull'albume solidificato. Il messaggio potrà quindi essere lelto sbucciando l'uovo. Altro vantaggio, una volta letto il messaggio, si potrà facilmente farlo sparire. Come? Mangiando l'uovo.
Tutte tecniche certo molto ingegnose, ma che si riveleranno in definitiva di uso limitato e, soprattutto, poco sicure. Se il messaggio è scoperto, non c'è difesa: il testo rimasto «in chiaro» sarà irrimediabilmente letto.
Gli sforzi quindi si indirizzeranno piuttosto verso la crittografia vera e propria, rendere cioè incomprensibile per il nemico il testo del messaggio anche nell'eventualità che quesli ne entri in possesso.
Della scitnla spartana (400 a.C.), primo importante esempio di crittografia, abbiamo già parlalo. Altro esempio, meno noto, ci viene dal Kama Sutra, dove tra le sessantaquattro arti femminili consigliate c'è anche quella della scrittura segreta per nascondere eventuali legami proibiti. Si tratta di una raffinata tecnica di sostituzione (ciascuna lettera del testo originale viene sostituita con vari metodi da una lettera differente) che prevede l'abbi-
namento casuale di coppie di lettere dell'alfabeto da utilizzare appunto al posto delle lettere originali.
Enea il Tattico (intorno al 360 a.C.) riferisce nel suo Trattat o sui Messaggi di un sagace metodo basato su un «disco » nella zona esterna del quale sono ricavati ventiquattro fori , ciascuno corrispondente a una lettera dell'alfabeto. Al momento dell'invio si fa passare un filo, da un foro centrale, nei fori corrispondenti alle successive lettere del tes to. All'arrivo, ricreato l'ordine originario delle lettere, s i sv olge il filo segnando le lettere che vengono man mano indicate. Ma non basta. n testo così ottenuto va poi letto al rovescio.
Nel Vecchio Testamento non mancano esempi di «Sos tituzione » secondo la formula tradizionale ebrea dell' atbash, si conta cioè il posto che la lettera originale occupa nell'alfabeto per sostituirla con la lettera che occupa lo stesso pos to nell'alfabeto, ma cominciando a contare dalla fine. Anche se, va detto, probabilmente l' atbash era concepito più per dare un certo senso di mistero al testo che non per reali esigenze di nasconderne il significato.
Giulio Cesare invece, come si ricorderà, utilizza abbondantemente la cifratura di sostituzione nei suoi messaggi militari (spostando di tre posti la lettera originale nell'alfabeto o anche scambiando le lettere latine con quelle greche).
Tuttavia anche la crittografia mostrerà col tempo le sue
Il cifrario di Giulio Cesare
debolezze e non sarà esente da fallimenti. Nonostante il ricorso a veri e propri «codici>>, il sistema più evoluto di crittografia (la crittografia di base verte sulla sostituzione di lettere, il codice prevede la sostituzione di parole o addirittura di intere frasi), la «criptoanalisi» (la capacità cioè di leggere i messaggi cifrati pur non avendone la chiave di lettura) perfezionerà in parallelo le sue tecniche, avviando così quella storica rincorsa, che si può dire duri tuttora, tra coloro che inventano nuovi s istemi per nascondere al nemico il senso dci messaggi trasmessi e gli e s perti che scoprono invece come penetrare i codici del campo avverso. Rincorsa che avrà il pregio di far compiere alla scienza e alla tecnica stupefacenti passi in avanti.
Celebre è rimasta, durante la seconda guerra mondiale, la «battaglia» degli esperti inglesi di Bletchley Park (dove vennero concepiti i primi computer della storia) per rompere il codice «Enigma» tedesco, una macchina di cifratura elettromeccanica considerata dai nazisti, a torto appunto, impenetrabile, «battaglia dell'ombra» che ebbe notevoli conseguenze sulle battaglie palesi.
Nel periodo medioevale il poco interesse per lo spionaggio determinerà anche una scarsa propensione per codici e tecniche di cifratura. Per molto tempo si adope-
reranno semplici sistemi di sostituzione, ma più a fini personali (ad esempio per nascondere i nomi propri) che non per proteggere informazioni legate a operazioni o iniziative belliche.
Intorno a ll 'anno 1000 nascono i primi «alfabeti cifranti)) (ogni lettera dell'alfabeto, compresi spazi e segni di interpunzione, trova corrispondenza in un segno di altro alfabeto, spesso inventato dall'ideatore della cifra del momento) che saranno impiegati soprattutto nelle missioni diplomatiche, in particolare modo da parte delle repubbliche marinare e dalla corte papale. Molto in voga in quel periodo saranno le cosiddette «nomenclature» (un mix di alfabeti cifranti c di nomi in codice) e altri sistemi della stessa famiglia, di una grandi5sima varietà. Fino a quando, sul finire del 1400, i maggiori sistemi di cifratura monoalfabetica in uso vengono unificati, su incarico del Papa, dal parmen-,e Gabriele de Lavinde in un manuale, tuttora conservato in Vaticano, dove ogni lettera è cifrata con un segno di fantasia c dove non mancano numerose nomenclature.
ln quel periodo nascono anche le prime macchine cifranti, dalle quali in sostanza deriveranno, diversi secoli dopo, i sistemi di cifratura elettromeccanici. La più ce lebre di tali invenzioni è senza dubbio il «disco)) di Leon Battista Alberti, architetto e letterato italiano vissuto nel XV secolo, uno dei padri della cifratura polialfabetica.
La sua macchina consiste in sostanza di due dischi in rame, uno più piccolo dell'altro. Sul cerchio esterno, stabile, con 24 caselle, vengono seri tte 20 lettere latine maiuscole più i numeri l, 2, 3 e 4. Su quello interno, mobile, vengono scritte 24 lettere latine minuscole per il testo cifrato. I dischi possono quindi essere girati indipendentemente in modo che gli alfabeti possano assumere posizioni diverse l'uno in rapporto all'altro, a seconda della chiave di sostituzione scelta, potendo così dar vita a innumerevoli c complicate combinazioni. Il sistema polialfabetico costituisce il progresso più significativo della crittografia dopo secoli! Il vantaggio per chi lo usa in effetti è enorme: la stessa lettera dell'alfabeto non viene cioè più "cifrata" allo stesso modo. Rimane di conseguenza poco spazio per lo studio delle frequenze.
Ma, com'è facile intuire, non si ferma certo la competizione tra cifratori e analisti: niente arresta i progressi della criptoanalisi, che consente sempre più spesso ai regnanti dell'epoca di venire a conoscenza di quasi tutti i segreti circolanti tra le corti europee. Decifraturc che a volte giocano un ruo lo assolutamente determinante nell'esito di importanti eventi storici, come nel caso della condanna a morte di Maria Stuarda.
Le famose lettere fatte pervenire a Maria Stuarda erano cifrate secondo un sistema di sostituzione e di nomenclature (23 simboli sostituivano le lettere dell'alfabeto e 36 simboli rappresentavano parole o frasi) di assai difficile interpretazione. Ma Walsingham già da tempo, in coerenza con lo sviluppo dei suoi servizi segreti, aveva dato un forte impulso alla crittografia e alla criptoanalisi, grazie peraltro allo studio e all'applicazione delle teorie dci crittografi italiani Cardano e Alberti.
Convinto quindi dell'importanza della criptoanalisi
per gli interessi della Corona, Walsingham crea a Londra il primo servizio strutturato di decifrazione, assicurandosi la collaborazione di Thomas Phelippes, uno dei migliori esperti europei, grande linguista che, oltre all'inglese, parlava perfettamente l'italiano, il francese, lo spagnolo, il latino e il tedesco. Le lettere di- o destinate a- Maria, nelle sue mani, sveleranno i segreti più custoditi. Stabilendo la frequenza di ogni lettera, Phelippes riesce a trovare le corrispondenze per le lettere che appaiono più spesso. Gradualmente poi identifica le (<nulle » (vocali inserite solo per S\' iare eventuali decifratori) c le diversioni criptografichc, mettendole da parte. A quel punto non gli rimane che identificare un certo numero di nomi in codice, il cui senso può essere dedotto secondo il contesto generale.
Phelippes in ogni caso non commette errori.
Babington si è troppo scoperto, Maria è stata imprudente. Hanno entrambi dato fiducia a un sistema di cifratura ritenuto impenetrabile. Ma sistemi davvero impenetrabili non esistono. La storia è piena di errori di valutazione del genere (fino ai casi clamorosi della macchina tedesca Enigma e della giapponese Cifrante Alfabetica "97", i cui codici furono ((rotti)) rispettivamente dagli inglesi e dagli americani), risultato dell'antica propensione dei c;ervizi a proteggere i propri segreti e a conoscere quelli dell'avversario, nell'eterna rincorsa tra cifratori e criptoanalisti. Nel difficile contemperamento, oggi più attuale che mai con l'avvento dell'era telematica e informatica, tra esigenza di informazione e necessità di riservatezza, tra operatività delle forze dell'ordine e rispetto della privacy. Tra la sicurezza dello Stato c il rispetto delle regole democratiche, tra la difesa dei cittadini e le garanzie costituzionali.
Lo sviluppo delle reti informatiche ha consentito agli studiosi di varcare due tappe fondamentali nell'evoluzione della crittografia: la messa a punto del primo sistema crittografico standardizzato a livello internazionale, il DES (Data Encryption Stnndnrd) a chiave privata e la s uccessiva introduzione della chi ave pubblica PKC (Pttblic Key CryptoKrnphy).
Il DES è un s istema algoritmico composto di cifratura elettronica che consiste nel traslare e sostituire più bit/ secondo con una chiave simmetrica di 56 bit. È stato co nsiderato un sistema altamente affidabile per molli anni. Tuttavia soffre di alcune limitazioni. In primo luogo la chiave simmetrica: sia il mittente che il destinatario devono disporre del1a stessa chiave, necessaria quindi sia per cifrare che per decifrare. Ora queste due chiavi devono essere scambiate tra i due utenti per poter operare. E q\.ti sta il problema! In caso di inlcrcettazione della chiave, la decodifica del messaggio di interesse sarà agevolata. In oltre, con le polenze di calcolo attualmente disponibili nei più sofisticati co mputer, si può fo r zare una chiave DES in po-
che ore (esaminando tutte le possibili combinazioni). La stupefacente diffusione dei mezzi trasrnissivi ha finito in sostanza per mettere in crisi i sistemi di crittografia che gestivano comunicazioni tra un gruppo limitato di persone c non tra milionj di individui.
Il problema di una gestione sicura dello scambio di chiavi è stato risolto con l'introduzione del sistema a chiave pubblica o doppia chiave, il PKC appunto.
Esempio: due utenti (A e B) sono in possesso di due chiavi una pubblica (che è nota) e una prh,ata (conosciuta solo dal suo detentore). A vuole in'l'iare 1111 messaggio a B. Cifra dunque il testo co11 la chiat'e pubblica di B c lo trasmette al c;uo destinatario. B, rice'l.luto ilme%aggro, lo decifra con la sua chiave privata (che nessuno conosce, IIC'IIlllleno A). In definitiva nuche nel caso in cui In chiave pubblica venisse intercettata, 11011 sarebbe comtmque possibile decifrare il messaggio l rnsmesso n 8, il quale è l'unico detentore della chiave di decifrazione.
Il sistema di cifratura PKC
Un crittografo d'eccez ione: Leo n Battista A lb erti. Tu t ti sanno che Leon Battista Alberti fu il progettista, a Firenze, di Palazzo Rucellai e della chiesa di Santa Maria Novella, nonché autore del De Re Aedificatoria. Non tutti sanno però che l'eminente architetto fu anche uno dei più grandi crittografi dell'epoca medioevale.
Dopo la tragica fine di Maria Stuarda, dovuta anche a messaggi decifrati o «re-cifrati » ad arte, i crittografi europei so110 perplessi e cercano nuove vie. La semplice sostituzione 11011 è più sufficiente garanzia di riservatezza, i criptoanalisti lo han110 co11 abbonda11za dimostrato. Un nuovo sistema di cifratura s'impone. Ed è in tale contesto che eu tra in gioco il linguista e matematico A/berti il quale, a seguito, sembra, di un colloquio sull'argomento con il segretario del papa Leonardo
Dato, Ila l'idea di creare u11 siste ma di cifrat ura dc/tutto illedito. Fino ad allora in effetti il sis tema di cifratura era stato per cosi dire «motzoaifabetico», veniva cioè utilizzato un solo alfabeto cifrato per criptare i messaggi. A/berti invece va molto pitì in là e propone di utilizzare più alfabeti cifrmtti allo stesso tempo, passando dall'LI Il O all'altro in fase di cifra tura , per confondere e complicare il lavoro dei criptoanalisti avversari. Il vantaggio determinante del sistema è che, passando da wz alfabeto all'altro, la stessa lettera nell'alfabeto originale 11011 appare necessariamente tradotta allo stesso rnodo 11el testo cifrato, lasciando così poco spazio allo s tudi o delle frequellze, che perdono di senso carne metodo di criptomwlisi. Mentre cioè 11el sistema precedente -a titolo esemplificativo - tutte le B del testo originale corrispondevano a una stessa lettera nel testo cifrato, una Z ad esempio, col sistema di Alberti tutte le B del testo originale avranno una corrispondenza diversa: Z, ma anche V o T o 5 ecc. Da qui deriva, come abbiamo visto, il famoso «disco» di Alberti, semplice e geniale allo stesso tempo, In prima macchina cifrante della storia.
Sulla base delle idee di Alberti, altri esperti perfezioneranllO successivamente il sistema (il tedesco Tritemio, l'italiano Porta e il francese Blaise de Vigellère), fino ad arrivare all'elnbora::iolle del celebre «Quadrato de Vigenère» dove, sistematizzando i codici polinlfabetici, vengo1zo utilizzati ben 26 alfabeti cifrati distinti per codificare Llll messaggio.
La guerra tra crittografi e criptoanalisti è desti1wta a contilluare.
Verso ulteriori mutazioni dei Servizi Seg1'eti
Con la progrec;siva integra/ione delle Signorie feudali in Stati unitari forti, organizzati attorno a un sovrano potente c a un'efficiente burocrazia, in vista degli Stati1\!azione del XIX secolo, si accentueranno i contrasti territoriali, si moltiplicheranno le contese dinastiche, si dilateranno le iniziative diplomatiche, si intensificheranno i confronti religiosi (cattolici contro protestanti). La guerra e la diplomazia di conseguenza saranno affidate sempre più spesso a «professionisti», in grado di meglio competere con gli avversari, mentre l'attività di <ipionaggio o di intelligence faticherà- a eccezione dell'Inghilterra, come abbiamo visto- a farsi accettare come una delle componenti significative della politica di sicurezza interna ed esterna dello Stato. Per molto tempo lo spionaggio resterà in buona parte il dominio di grandi avventurieri o di piccoli truffatori, ovvero di persone interessate a fare fortuna o comunque animate da tornaconti personali.
Nel periodo rinascimentale emergerà invece un nuovo tipo di agente, che prefigura le grandi spie protagoniste della cronaca del XX secolo: l' «agente ideologico», cioè non motivato dalla prospettiva del guadagno o dal gusto per l'avventura, o anche dalla soddisfazione di ricev ere
onori e riconoscimenti, ma spinto dalla semplice volontà di servire una causa ritenuta giusta. Una causa, a quell'epoca, «religiosa», ma che in seguito si preciserà eminentemente «politica». Nasce in tal modo anche la «pregiudiziale» morale, assente probabilmente nell'era antica, ma ben presente invece ai nostri giorni e tuttora irrisolta: gli agenti segreti vanno considerati traditori o patrioti?
Lo spionaggio nell'Europa continentale fra il XVI secolo e il XVII secolo
Se la nascita dei servizi segreti inglesi può essere altribuita a Francis Walsingham, il fedele ministro di Elisabetta Tudor, l'organizzazione dei «serv izi » francesi va senza dubbio accreditata a uno dei più grandi personaggi della storia di Francia: w1 principe della chiesa, Armand jean du Plcssis, più conosciuto come il cardinale Richelieu.
Chiamato al potere da Luigi XIII nel 1624, Richclieu si propone in maniera decisa di rinforzare il potere centrale, indebolire le correnti pro testanti e promuovere la supremazia della Francia in Europa: un programma di governo ben preciso e particolarmente ambizioso che richiede imperativamente mezzi adeguati.
Uno di questi consiste in una fitta rete informativa, interna ed estera, che il cardinale sviluppa e potenzia fino a farne uno degli strumenti più efficaci della propria strategia politica.
Nel settore dell'intelligence francese- che nasce proprio mentre declina quella inglese dopo il periodo d'oro di Elisabetta I, morta nel1603- Richelieu si serve di una delle figure p iù intriganti e misteriose di quel periodo.
Un altro uomo di chiesa, un cappuccino, François Le Clerc du Tremblay, ribattezzato <<Père Joseph». Amico, consigHere, uomo di assoluta fiducia, «Padre Giuseppe» è e fa tutt'uno con il cardinale, sempre però rimanendo dietro le quinte, senza mai uscire dai ranghi, costantemente restio ad apparire sulla scena.
Tanto che il suo operato ha dato luogo a un'espressione figurata nella lingua francese, ripresa anche in italiano, «eminenza grigia», per via del co lore della sua tonaca. Espressione che ancora oggi sta a indicare il consigliere influente e discreto di ciascuno dci potenti de l mondo. L'eminenza grigia insomma è sempre dietro !'«eminenza rossa». Se Richelieu è iJ capo della diplomazia francese, Père j oseph, organiz2atore dei servizi segreti, ne è senza dubbio l'esecutore e, per certi aspetti, l'ispiratore.
L'eminenza grigia si serve quindi agevolmente dci numerosi conventi di cappuccini, sia in Francia che all'estero, per stabilire una vasta re t e di informatori c di agenti speciali, in to naca ma anche in abiti civili. Da quando poi Padre Giuseppe ottiene dal Papa l'autorizzazione a creare- e a dirigere -la Congregazione della propaganda fide, la rete può contare s u potenzialità insperate, arrivando fino alle più lontane contrade, secondo istruzioni ferme e dettagliate.
Così, diligentemente, i buoni padri cappuccini fanno pervenire a Parigi notizie preziose dalle province del regno e da lontani paesi stranieri, diffondendo ovviamente la fede cattolica ma promovendo allo stesso tempo la grandezza della Fra n cia .
Cappu ccini-spie, cappuccini-agenti speciali, cappuccini-diplomatici, cappuccini-mercanti, cappuccini-scienziati, questi sono i protagonisti della rete che agisce agli ordini d i Joseph per la gloria della Chiesa, della Francia e ... del cardinale.
Tutti quindi riferiscono al grande superiore gerarchico il quale, a sua volta, riferisce a Richelieu.
In Francia si passa insomma rapidamente dall'intelligence intermittente e saltuaria dei secoli precedenti, a un'attività di informazione strutturata, continua, finalizzata. In una parola, moderna.
Tutte le mattine il cardinale è informato sugli avvenimenti del giorno prima. E tutte le sere commenta con il suo più stretto collaboratore le notizie ricevute, verifica i risultati delle operazioni in corso, immagina nuove iniziative, abbozza le istruzioni per il giorno dopo .
Una volta presa dal cardinale la decisione «politica» di perseguire un determinato progetto, della sua realizzazione pratica si incarica Joseph, il quale dispone oramai di un vero e proprio stato maggiore (di cappuccini) e di una sterminata rete di informatori, dentro e fuori i conventi in Europa, in Africa e in Asia.
Una forma del tutto inedita di intelligence, un servizio segreto di agenti in tonaca, una rete di stazioni informative ospitate nei conventi. Un sistema in ogni caso tremendamente efficace, che aiuta in maniera significativa Rich elieu a realizzare i suoi principali obiettivi politici.
L ' emin en za grtgta. Strano e inquietante personaggio, François Le Clerc du Tremblay. Semplice padre cappuccino, diventa uno degli uomini più potenti di Francia. Animato da una fede intensa e colma di pietas, è pronto a indossare l'abito del
cavaliere per difendere la fede sul campo i11 qualsiasi circostanza. Duro a volte co11 gli altri, lo è soprattutto con se stesso, irnponendosi austerità, autoflagellazioni e penitenza. Abile diplomatico, politico di ampie visioni, grande agente di intelligence, diventa la «Spalla» di Richelieu dal quale lo separa solo la morte.
Temuto insomma per il suo forte carattere, nza stimato per La sua indubbia intelligenza: al suo funerale partecipa tutta La Parigi che conta.
Ln carriera del barone di Mafflier- carne era all'inizio conosciuto- fu un seguito di avvenimenti eccezionali.
Nato n Parigi ne/1577, conclusa una breve e brillante carriera rnilitare, dopo aver viaggiato in Eu ropn, come tutti i giovani aristocratici del tempo, e acquisita la conoscenza di più Lingue straniere (italiano, spagnolo e tedesco), ha improvvisamente la vocazione religiosa e indossa l'abito monncale divenelldo appunto «le Père Joseph de PariS>>.
Consigliere religioso del/n signora D'Orléans-Longueville, folldntrice dell'ordine "Fil/es du Cnlvaire'', dalla quale ottiene l'autorizzazione a istituire numerosi co11venti per ragazze, stringe amicizia con il giovane vescovo di Luçon, il futuro cardinale Richel ieu.
Realizza alcune importanti missioni all'estero per conto di Luigi XIIJ, in particolare a Roma e presso la corte di Spnglla, guadagnandosi la stima incondizionata del suo molto più giovane amico vescovo, del quale peraltro percepisce chiaramente le potenzialità politiche e diplomatiche.
Così, quando Luigi XIII decide
Frnnçois le Clerc du Trembnly
di formare un nuovo governo e chiede consigli allo sperimentato padre Giuseppe, questi non esita a fare il nome del vescovo di Luçon.
Per una volta in politica la riconoscenza prende il suo posto. Appena avute in mano le redini del potere in effetti, il neo cardinale, memore e grato, scrive al monaco «venite con me a condividere la gestione degli affari di Stato ( .. .) ce ne sono di urgenti e non voglio affidarli a nessuno né risolver/i senza i Vostri consigli. Venite dunque presto a ricevere le testimonianza della stima che ha per Voi, il cardilwle di Richelieu».
Comincia un sodalizio intenso e duraturo, desti11ato a governare la Francia per vent'anni nella singolare complementarità di intenti e di una gestione tesa a esaltare il ruolo di Parigi in Europa e 11el mondo.
Al funerale della sua eminenza grigia, Richelieu dichiara " ... ho perso In mia consolazione e il mio soccorso ... ". D'ora in poi avrà zm altro interlocutore privilegiato: Mazarino!
Giulio Mazarino
Morto Richelieu nel1642, Luigi XITI, considerata l'eccellente prova data dal cardinale e dai suoi agenti- cappuccini, pensa bene di chi amare a governare il paese un altro cardinale, un italiano, nato a Pescina in Abruzzo, un diplomatico vaticano, Giulio Mazarino (o Mazzarino), passato alla storia col nome francesizzato di Mazarin.
n nuovo cardinale-ministro non ha la fortuna di avere al suo fianco un personaggio solido e fidato come «Padre Giuseppe» e quindi la «rete informativa» francese subisce un forte ridimensionamento. Tuttavia egli ha abbastanza intuito da far funzionare in maniera soddisfacen te 1' attività di raccolta di informazioni, ben gestendo i suoi ministri e manipolando sapientemen te i suoi migliori agenti.
Fra questi sicuramente va ricordato il capitano dei moschettieri D' Artagnan (reso celebre da Alexandre Dumas nella storia romanzata dei Tre Moschettieri), protagonista, fra le molte missioni di spionaggio affidategli, di una rocambolesca «infiltrazione»: vestito da monaco (decisamente la copertura preferita del tempo!), fattosi crescere una barba adeguata al ruolo, riesce a intrufolarsi fra le truppe ribelli della «Fronda» che nel1652 avevano occupato Bordeaux. Si com porta da vero monaco, offre assistenza, aiuta i feriti, dà consigli, raccoglie le confidenze, finisce insomma col diventare il cappellano di fiducia dei rivoltosi. Facendo mostra anche della sua perizia in materie belliche, diviene addirittura consigliere militare del Capo ribelle. È così in grado di inviare informazioni preziose alle autorità legali, fino a quando tuttavia non è costretto a fuggire precipitosamente, avendo avuto sentore di stare sul punto di essere scoperto.
Un D' Artagnan, un moschettiere del re, un po' diverso da come ce l'ha fatto immaginare e sognare Dumas. Una spia insomma che cerca di fare al meglio il suo lavoro e non un coraggioso, un trasparente soldato difensore della legalità, un generoso compagno d'armi, un moschettiere pronto a morire per il re.
Fra i ministri Mazarino si avvale della collaborazione del marchese di Louvois cui si deve la creazione in Francia del primo embrione di Servizio informativo militare attraverso la "Sezione statistica del deposito di guerra", con mezzi per la verità molto limitati, ma con una volontà certa di far emergere l'importanza dello spionaggio e dell'intelligence.
Il manuale di diplomazia scritto da François de Callières qualche tempo dopo, sotto Luigi XIV, appare molto eloquente al riguardo: «Bisogna che un abUe nego-
ziatore non trascuri di acquisire nel suo campo, con delle gratifiche e altri benefici, certe persone che hanno più spirito che fortuna e hanno l'arte di insinuarsi in tutte le Corti. Abbiamo visto alcuni musicisti e cantanti che, in ragione delle loro entrate presso alcuni principi e ministri, hanno scoperto grandi disegni. Questi stessi sovrani hanno spesso dei collaboratori minori ai quali si confidano, collaboratori che non sanno sempre resistere a un bel regalo fatto a proposito.( ...
) Succede spesso nei negoziati ciò che succede anche in guerra e cioè che le spie ben selezionate contribuiscono più di ogni altra cosa al buon successo delle grandi imprese».
Se sotto Luigi XIV nasce un Servizio di informazioni militare, con il suo pronipote, Luigi XV comincia parallelamente a operare una sorta di polizia politica segreta, i1 cosiddetto Secret dtt Roi. Strumento occulto di diplomazia «personale» del re, il cui principale obiettivo consiste nel seguire e influenzare le sorti politiche della Polonia.
Controllato quindi esclusivamente dal sovrano, formato da una rete di agenti ben indottrinati, generosamente pagati (lo stesso Voltaire non disdegna di procurare qualche informazione per la Francia), il Secret si rivela presto un'organizzazione ben funzionante con un'invidiabile rete di corrispondenti esteri, da Costantinopoli a Stoccolma, da San Pietroburgo a Londra.
Tuttavia, si può dire che nell'insieme il meccanismo non ha tutto il successo cui avrebbe potuto aspirare. Soprattutto perché il re in definitiva non sa utilizzarlo al meglio, occupato com'è con le sue favorite, prigioniero della sua indeterminatezza politica, troppo timido per imporsi ai suoi ministri, e senza una sicura visione strategica sottostante. Come in definitiva non ha successo, per gli stessi motivi, anche l'altra rete, quella ufficiale,
che fa capo al ministro degli esteri e che il sovrano aveva appunto cercato di aggirare con la sua rete parallela.
Inevitabili sono le confusioni, i malintesi e qualche volta anche le sovrapposizioni di iniziative e lo spreco di risorse (uno scenario di bruciante attualità: anche oggi in tanti paesi esistono rivalità fra i vari «Servizi», soprattutto se manca una visione strategica chiara e univoca nella classe politica dirigente).
Non fidandosi delle stesse Poste reali, Luigi XV crea persino un sistema personale di recapito della corrispondenza del Secret. Ma non per questo l'organizzazione funziona meglio. Si cerca allora di compensare le falle che inevitabilmente si verificano nella ricerca di informazioni utili, facendo ricorso a personalità d'eccezione, spie dai mille volti capaci di inlrodursi in qualsiasi ambiente, come Charles Geneviève Louis Auguste André Timothée d'Eon de Beaumont, più conosciuto sotto il nome de Chevalier d'Con. Un personaggio dal fascino ambiguo, alimentato dal suo talenlo di diplomatico, dalJa sua abilità di agente «di influenza)) e soprattutto dai dubbi sul suo sesso. Uomo o d01ma? Travestito per piacere o per dovere?
Le Ch eva lie r d'Eo u: uo m o, domt a o travesti to? Se il certificato di morte attesta senza ombra di dubbio che d'Eon ha gli organi genitali maschili, rimane tuttavia il mistero, l'ambiguità del personaggio. Perché una persona in vista come lui (è successivamente capitano dei dragoni, dottore in diritto civile, avvocato n/ parlamento di Parigi, ministro ple11ipotenziario) comincia a indossare abiti femminili dai quaU a un certo punto della sua vita mai più si separerà? Per meglio svolgere le sue missioni segrete, sfruttando appunto le sue fattezze femminili in cerca di una copertura a tuffa prova? Ovvero per dare sfogo alle esigenze di una
sessualità «doppia>> che ne fn il travestito più celebre di Francia?
Tm1to celebre che In sua stravagante e contraddittoria personalità ispira negli anni ottn11ta del XX secolo nlwni creatori di mangn (cartoni animati giapponesi) che gli dedicano diverse serie televisive. Prima la serie di Le C h eva li er d'Eo n, collegato vagamente alla vicenda storica e, successivamente, quella di Lady Oscar, la rosa di Versailles, molto più mmanzata e opera di pura fantasia. In Lady Oscar in effetti i personaggi vi appaiono in ruoli invertiti rispetto all'originale: nel mnugn, cioè, si racconta di una ragn:zn tral.'estita da uomo, mentre l'originale era UJl uomo che si spacciava per dom1a ...
Sarà lo stesso Luigi XV n "scoprire" lo strano personaggio. Avendolo notato durante 11n ricevimento mascherato vestito da domta e avendone constatato la vivace intelligenza, ha subito l'idea di 11tilizzarlo per i servizi del suo Secret.
Ln prima missione è introdursi presso In corte di Elisabe tta di Russia (impenetrabile per gli uomini), influenzamt' la politica l'C'l'SO Parigi e fare dn ht fermediario di una corrispondenza non ufficiale e segretissima fra i due sovrani. Il re ha visto giuo;to. !11 effetti d'Eon, CO/t il nome di Lin Ben1111101tf, arriva in Russia dopo w1 ILmgo Piaggio durante il quale peraltro /m dovuto difendersi (lui, un ex capitano dei dragoni!) dalla spietata corte di molti uomini. Tanfo il s11o trat•estimento è peifetto, tanto il suo viso imberbe si presta all'ambiguità dei ruoli, tanto i suoi modi si ri"l•elnno aggraziati.
A San Pietroburgo opera così bene da diventare «lettrice intima
Le C/u:mlier d'E011
e particolare» della zarina, sulla quale esercita un'abile pressione per avvicinarla alla causa della Francia.
Scoperta alla lunga la vera natura sessuale del suo ospite, Elisabetta non solo non se ne offusca e non si sente offesa, ma anzi si lascia avvolgere dallo strano fascino dell'androgino, dell'uomo che sembra donna o del/n donna che nasconde l'ttoniO. Insomma tra i due si stabilisce un forte feeling e probabilmentehanno suggerito alcuni storici- una forte attrazione fisica, che porta la zarina n consegnare n d'Con l'impegno scritto che In Russia si sarebbe alleata co11 la Frmtcia (come in effetti avviene poco tempo dopo co11 la firma del trattato di Versailles ne/1756 che limita in qualche modo le pretese msse sul/n Polo11ia).
Un successo strabiliante per il «Cavaliere» che si vede nsseg11are altre missioni segrete, portate n termi11e spesso con la sua copertura preferita: l'abito femminile.
Tomn diverse volte in Russia, segue una breve carriera militare nel corso della quale si distingue per il suo coraggio, view! successivamente i11vinto n Londra dove sotto le mentite spoglie femminili sottrae segreti militari di tale importanza che Parigi, rico11oscellte, lo 11omina ministro plenipolenziario residente presso In Corte di Smt Giacomo.
Un successo dietro l'altro, tutto sembra riuscirgli, difficile per lui rimanere con i piedi per terra. Si crede n w1 certo punto così importante da rifiutare un incarico che gli lta affidato il re perché considerato non conso110 al suo rango. Questo è il suo primo passo falso. Il secondo, fatale, è quello di inimicarsi madame de Pompadour, La potente favorita di Luigi XV.
Da quel mome11to comincia il suo declino. Perde tutti i suoi titoli, incarichi e prebende. Ma d'Eo11 ha mtcora una carta importante da giocare: è in possesso di docume11ti segreti che potrebbero danneggiare immensamente Luigi XV (lettere in cui il re di Francia esprime L'intenzione di invadere l'lllghilterra). in tali
condizioni non gli è difficile riuscire a limitare i danni.
Nel frattenzpo è salito al trono Luigi XVI (1774) che, contrariamente al suo predecessore, vuole farla finita con i servizi paralleli, co11 il Secret du Roi e i suoi agenti.
Negozia quindi il recupero degli imbarazzanti documenti. D'Eon può tornare in Francia e ottiene un'eccellente pensione all'unica condizione di dichiararsi pubblicamente donna e vestire per sempre gli abiti fernminili (probabilmente perché all'epoca il concetto di «travestito» è inaccettabile e bisogna alla fine scegliere. E tutti credono che d'Eon sin una donna. Deve quindi conformarsi alla credenza generale, non alimentare più l'ambiguità del suo stato e tomare nell'anonimato).
È condannato quindi a vestirsi da donna per il resto della sua vita, proprio quando forse, stanco dei fravestimen ti da spia, vorrebbe indossare gli abiti del suo sesso.
Ma come abbiamo visto è troppo tardi. Luigi XVI preferisce Ua Beaumonf al Cavaliere.
Per il re d'Eon è una do11na, e anclze una bella donna, se si pensa che il conte Beaumarc!Jnis- inviato n Londra per negoziare un accordo soddisfacente sulle carte segrete- gli (le) chiederà coll insistenza di sposarlo!
Uuo sguardo sugli altri paesi europei: Spagna, Stati tedeschi e Russia
La Spagna si affaccia probabilmente in ritardo al mondo dell'intelligence, ma molto presto recupera le distanze da Parigi e Londra, dotandosi di un servizio di al to livello di sofisticazione. Centralizzati, organizzati da professionisti che hanno accesso diretto al sovrano, abili nel reclutare fonti volontarie, utilizzando tutti i mezzi (compresi ricatto e corruzione) pur di realizzare gli scopi
prefissi. I servizi segreti spagnoli servono in genere bene il sovrano e il paese.
Nel 1599 viene istituito un posto permanente nella pubblica amministrazione per un alto funzionario incaricato di seguire e gestire in maniera continuativa le attività di spionaggio e di controspionaggio: nasce la figura della cosiddetta «Espia Mnyor de In corte y superintendente generai de las inteligencias secretas ». A ricoprire l'importante incarico viene chiamato un generale di vasta esperienza militare c di totale fiducia del re Filippo lii, Juan Velazquez de Vclasco. Rapidamente l'alto funzionario si mette al lavoro nella prospettiva di razionalizzare, centralizzare, coordinare e unificare le attività di informazione della monarchia. In tale prospettiva si trova nella necessità di circondarsi di agenti fidati e addestrati, avviando così progressivamente l'organiu;azione della rete informativa e la professionalizzazione del personale addetto.
La nomina di Velazquez de Velasco costituisce probabilmente una delle testimonianze più antiche della consapevolezza che emerge in Spagna della necessità di un effettivo coordinamento e direzione di servizi segreti al servizio dello Stato.
Lo spionaggio spagnolo peraltro assume contorni specifici che lo differenziano non poco dagli altri «Servizi» europei.
Caratterizzato da una forte componente ideologicoreligiosa, è formato in maggioranza da agenti non spagnoli, tenuto conto dei possedimenti di Madrid nel nord Europa che consentono alla Espia Mayor di reclutare facilmente in loco. Il che peraltro comporta un notevole risparmio in termini di costi e retribuzione degli agenti.
Alla Espia Mayor insomma arrivano informazioni non solo dal circuito diplomatico e dalle poche spie professio-
nali inviate dalla capitale (soprattutto in Francia, uno dei principali obiettivi dell'intelligence iberica), ma anche da altre basi operative che circondano la Francia (spie non spagnole, che riferiscono da Bruxelles, Milano, Genova, Torino ecc.). Insomma una fitta rete di agenti per lo più volontari motivati dalla religione, dall'ideologia o anche dalla voglia di arricchirsi o dalla necessità di sopravvivere .
.Nfa ci sono anche agenti obbligati alloro mestiere con il ricatto: gli ebrei.
Riconquistato tutto il territorio nazionale dopo una lotta secolare contro i musulmani, la Spagna si ritrova profondamente, «fondamentalmente » cattolica, quindi antiprotestante e, soprattutto, antiebraica. Oltre all'accusa classica di essere responsabili della morte di Cristo, Madrid imputa agli ebrei di essere stati troppo vicini all'occupante arabo. E questa forse è considerata una colpa ancora maggiore (altri tempi: ebrei accusati di essere stati troppo amici degli arabi!).
La situazione diventa presto insostenibile. Nel 1492 i sovrani spagnoli l'iabella e Ferdinando pensano di risolvere la questione espellendo forzosamente dal paese tutti gli ebrei i quali, in parte si convertono (distinguendosi tra conversos, sinceramente volti alla chiesa cattolica e marrallOS, che invece continuano di nascosto a praticare i riti ebraici), in parte si spargono per tutta l'Europa. Inevitabilmente si stabiliscono contatti e collegamenti (anche familiari) tra gli ebrei convertiti rimasti in Spagna e quelli costretti all'emigrazione.
Non sfuggono di conseguenza agli attenti servizi del nascente spionaggio spagnolo le potenzialità che in tale quadro si aprono per esercitare pressioni, ricatti e ritorsioni sulle famiglie rimaste in Spagna per costringere gli espatriati a collaborare con gli agenti della Espia Mayor.
Come nel caso di un certo Martin del Espiritu, diventato monaco, costretto a collaborare per evitare la condanna a morte del fratello detenuto in una prigione spagnola. Un procedimento semplice e ripugnante, che verrà ripreso tre secoli e mezzo secolo dopo dai servizi segreti nazisti e comunisti: minacciare rappresaglie sulla famiglie dell'elemento individuato per ottenere sicura collaborazione nelle attività di spionaggio
Nei paesi di lingua tedesca assistiamo a una forte differenziazione tra l'organizzazione di Federico Il di Prussia e quella di Maria Teresa d'Austria.
Il re prussiano in effetti non dispone di una rete, di un'attività sistematica di spionaggio. Ma solo di singo li agenti che gestisce personalmente e con risultati ineguali. L'imperatrice austriaca, invece, può contare su servizi organizzati ed eccellenti tecnici, soprattutto per l'intercettazione della posta e per la dei messaggi, in particolare i dispacci diplomatici. Un sistema così ben funzionante che ai decifratori viennesi non ci vuole molto per «rompere» anche i codici della corrispondenza ultrasegreta di Luigi XV, quella del famoso Secret du Roi.
Insomma Berlino ha delle spie, ma non un servizio segreto propriamente detto. Vi enna ha un servizio segreto, ma non grandi agenti individuali.
Federico II si serve delle spie con un perfetto cinismo e senza alcuno scrupolo. Come Sun Tsu ventidue secoli prima, opera una classificazione delle spie che riduce però a quattro tipi e secondo un differente criterio: le grandi spie, le spie doppiogiochiste, le spie di poco conto e le spie «costrette». Per una più ampia disponibilità di spie «costrette», il re consiglia semplicemente - anche in questo caso! - di minacciare le loro famiglie, donne e bambini compresi, dell e peggiori sevizie. Scrive in effetti
nelle <<istruzioni» per il reclutamento: «Se la persona da voi scelta non riporta indietro il vostro agente dopo aver soggiornato nel campo nemico, l'Di lo minaccerete di far sgozzare sua moglie e i suoi figli e di far saccheggiare e bruciare la casa. Sono stato obbligato a scrvirmi di questo metodo quando eravamo al campo di Clwtusitz ed è riuscito beue». Semplice ed efficace! Per quanto riguarda poi l'Austria, si racconta che l'attività di intercettazione e decifrazione della corrispondenza era talmente diffusa a Vienna, che alla protesta dell'ambasciatore inglese, sorpreso di aver trovato nel suo corriere diplomatico solo delle copie c non gli originali della corrispondenza ricevuta da Londra, il cancelliere Kaunitz gli avrebbe dato questa stupefacente risposta: <<Mio Dio! Ma come sono maldestri i miei uomini!>>.
In Russia i servizi rivelano presto la loro efficacia. Gli avvenimenti storici che portano dal disordine dei principati ru<>si del medioevo allo Stato forte e centralizzato della grande monarchia, danno la misura di tutta la loro abilità in quello che diversi secoli dopo sarà definito da Kipling il <<Grande Gioco».
Dopo la lunga dominazione dei mongoli -che avevano fatto dell'arte dello spionaggio uno dei principali strumenti delle loro conquiste territoriali -i russi si sentono naturalmente portati all' «approccio indiretto», avendo acquisito una concezione asiatica d ello Stato e rispettosi di una religione che non faceva certo della tolleranza la sua principale qualità.
Si può dire in effetti che i regimi russi, dal medioevo alla cadu ta del comunismo, sono sempre stati caratterizzati da un forte autoritarismo che fatalmente ha portato con sé un bisogno ossessivo di proteggersi da complotti e colpi di Stato. La cultura dello spionaggio e dell'intelligence ha in Ru ssia origini molto lontane e caratteristiche
peculiari. I russi sono quindi i primi europei a stabilire un posto di Stato (seguiti dagli spagnoli qualche tempo dopo) dedicato allo spionaggio e al controspionaggio, ponendo le basi dei servizi che cominciano a formarsi attorno alla nuova figura.
Nel 1565 Jvan IV il Terribile crea I'Oprichnina, primo servizio segreto strutturato ma che, in realtà, si rivela presto solo uno strumento di terrore per colpire i nemici del trono. Quindi, più una polizia politica segreta che un organismo di spionaggio per la protezione «esterna » del regno. Impostasi con il terrore, l'Opritchnina si rende responsabile di tali eccessi di violenza e dà prova di tale crudeltà che, dopo appena sette anni dalla sua istituzione, lo stesso Ivan ne decreta traumaticamente la fine, facendo uccidere tutti i suoi agenti ...
Successivamente, nel ricordo dei terribili misfatti della Opritchruna, i russi preferiscono fare a meno dci servizi segreti. Bisogna attendere lo zar Alexis nel 1650 per vedere di nuovo operare una rete di agenti con compiti questa volta di effettivo spionaggio esterno e controspionaggio interno. Agenti che si avviano a una sempre maggiore professiona lità fino a cogliere i primi importanti successi, a partire dalla seconda metà del XVIII secolo. Nel 1774 ne sarà vittima illustre La Chétardie, ambasciatore francese a San Pictorburgo.
Il diplomatico, in effetti, affida imprudentemente al corriere alcune carte che svelano i dettagli degli intrighi che trama a corte e dei suoi tentativi di corrompere l'entourage imperiale. La sua corrispondenza viene tranquillamente aperta, letta con attenzione e duramente commentata . Inevitabile e immediata segue la dichiarazione della zarina Elisabetta destinata all'imprudente diplomatico di «persona non grata».
La Chétardie, del tutto ignaro dei metodi russi, (non si legge la posta di un diplomatico en poste! Che diamine ... ) protesta fermamente la sua innocenza, dicendosi vittima un complotto. Ma nulla può di fronte alle inoppugnabili prove di cui sono in possesso i servizi i cui agenti, peraltro, non resistono alla tentazione di leggere all'esterrefatto ambasciatore gli ec;tratti delle sue stesse lettere dove si fa riferimento a oscure macchinazioni ... Insomma, è difficile continuare a negare in tali condizioni: all'ambasciatore francese non resta che fare le valige e tornarsene a Parigi con la coda tra le gambe.
Federico II di Prussia: gay tollera11te e intransigente militarista . Ricordato probabilmente come il più grande re di Prussia (alla sua morte il regno L) raddoppiato in superficie e triplicato 111 popolazione), Fedenco ì! animato da 1111 sorprendente dualismo, quasi 11110 schizofrellico sdoppiamento della personalità dot 1Uio - si racconta - a 1111 tipo di educazione, impostagli dal padre, del tutto contraria alla sua vera natura interiore. Co11 un n rigida impostaziotre 111 ili taristica, cioè, quando i11l'ece al giovane Federico piaceva comporre musica e fare amici::ia con gli scudieri ...
Gay dichiarato e impenitente, i11tellettualmente tollerante, uomo di grande cultura e musicista eccezionale, vicino agli e11ciclopedisti francesi, amico di Volta ire, Federico no11 esita a invadere bruta/me nte la Slesia senza dichiarazione di guerra e a impossessarsene senza esitazioni, i11corpornndola tranquillamente al suo regno. Gli eserciti europei scopr0110 11110 strategn militare di notevole portata.
Una vita e 1111 carattere insomma pieni di contraddizioni. Da giovane scrive insieme n Voltaire un saggio dal titolo Antimachiavel, in cui contesta il machiavellismo in difesa del
diritto naturale, della pace e di una politica umana retta. Però, una volta sa lito al trono nel 1740, si adopera per fare dell'esercito prussimw una delle macchine da guerra più potenti d'Europa, fino ad arrivare a circa 200.000 effettivi e a consacrargli l'BO % del bila11cio dello s tato.
Se fa di Berlino una delle capitali europee più famose e del suo castello di Sans-Souci n Potsdam un salotto cos mopolita dove si ritrovano intellettuali, musicisti, scrittori e filosofi, Federico Il non tentew1a nell'utilizzare cinicamente e con metodi spicci In rete di spie di cui dispone, che fanno capo esclusivame nte n lui.
Tollera11te, abolisce la tortura, riforma i codici tel!e11do conto degli insegnamenti di Cesare Beccaria, depenalizza sodo mia e omosessua lità (et pour cause!). Ma si mostra del tutto intran sige nt e nel difendere le conquiste militari (Siesia e parte della Polo nin) riservando l utte le forze n/In conservaz io11 e dei bottini di g uerra.
L e v icende de ll' in te llige n ce i ng lese Sappiamo che con Elis abetta Tudor nasc e il primo servizio seg reto moderno d'Europa, so tto la guida di Francis
Walsingham il cui s uccessore è Robert Cccil (figlio di William Ceci!, il Capo de l Consiglio privato di Elisa betta), che prose guendo nella direzione indicata dai suoi predecessori rinforza e sviluppa ulteriormente i servizi. Con il s uo successore infine, Ralph Winwood, i serviz i di Sua Maestà esprimono il massimo della loro efficienza, sven-
Fedmco Il di Pntssiatando un complotto che avrebbe potuto comportare il ritorno di sovrani cattolici sul trono di Londra e invertire in qualche modo il corso della Storia: il cosiddetto <<complotto delle polveri».
un piano diabolico immaginato per sterminare, d'un solo colpo, il re, i ministri e tutti i parlamentari.
I cospiratori, un gruppo di nobili di provincia affiliati alla causa cattolica, sono riusciti a farsi affittare, dall'ignara vedova di un commerciante dj carbone, un grande deposito non più in uc;o e i cui locali arrivano in parte fin sotto il paiano di Westminster, il parlamento inglese.
Tutti questi locali dovranno essere riempiti di esplosivi da far brillare il giorno dell'inaugurazione dell'assemblea, il 5 novembre 1605. Si vuole realizzare un strage epocale.
Il giorno dopo, secondo i piani dci «terroristi», nel paese in stato di c;hock e privato di dirigenza sarà facile alimentare nel disordine generale la rivolta dei cattolici, mentre l'esercito spagnolo verrà a dare una mano dai Paesi Bassi, sbarcando tempestivamente sulle coste inglesi e contribuendo a restaurare il cattolicesimo in Inghilterra. Semplice e devastante. Un piano che rischia di riuscire. Ma i cospiratori non hanno fatto i conti con gli abilissimi signori dell'ombra che vegliano e saranno in grado di sventare il complotto praticamente sul nascere. Gli agenti di Winwood riescono a intercettare alcuni gesuiti "sospetti" venuti dalla Francia per partecipare all'azione. Li pedinano con arte per giorni e giorni in ogni loro movimento, fino ad arrivare ai capi della congiura prima ancora che abbiano cominciato a rifornire il deposito della merce fatale. Una volta arrestati, vengono immediatamente mandati al patibolo. Si può dire che con Winwood i servizi segreti inglesi raggiungono il loro apogeo.
Subito dopo, in effetti, comincia un periodo di decaden-
za. n nuovo re, Carlo I, li trascura fino a eliminarli del tutto. È un periodo di forte repressione. Lo Stato autoritario spinge i perseguitati della chiesa anglicana a fuggire nelle colonie americane (nel1620 parte il miti co Mayflower). Con l'avvento della Repubblica, Oliver Cromwell mette fine al declino di quelli che erano stati i migliori servizi segreti al mondo, affidandone la riorganizzazione a John Thurloe, importante esponente politico repubblicano, che crea un nuovo Dipartimento per le informazioni
Tornata la monarchia, Carlo II continua nell'opera di ripristino dell'apparato di spionaggio e di intelligence, inaugurando anche una nuova forma di collaborazione dei servizi con scrittori e intellettuali (Daniel Defoe, l'autore di Robinso11 Crusoe, ne è un classico esempio) che dura in pratica fino ai nostri giorni.
La riorganizzazione del servizio è così efficace che William Pitt, primo minislro di Carlo IIJ, può dichiarare con soddisfazione: "11on si spnrn 1111 solo colpo di cn1111011e nel mondo senza che la Grn11 Bretng11n snppin perché".
Capitolo IX
I servizi segreti durante la rivoluzione francese e l'epopea napoleonica
!11789 segna sen7a dubbio una svolta nella storia d'Europa e nell'evoluzione delle idee e del pensiero politico.
Cade in Francia una monarchia secolare, cade la testa di Luigi XVI, esponente di una della famiglie reali più illustri d'Europa, cade insomma il mondo dei privilegi e delle ineguaglianze. Ma il nuovo mondo, basato sui tre principi solennemente proclamati (Liberlé, Egalité, Fmtemité) slcnta a emergere. La fase ((transitoria» è drammatica e causa non poche c;offerenze.
Appena insediatosi, il governo rivoluzionario dà immediatamente vita a un vasto servizio di informazioni e sicurezza con un duplice obiettivo.
All'interno, preservare lo slancio rivoluzionario che, come spesso succede, dopo i primi entusiastici tempi, tende ad affievolirsi di fronte all'emergere di nuovi e più impellenti problemi. Bisogna allora intervenire per ravvi-
varlo. Il metodo più semplice è quello di spaventare, condizionare, terrorizzare l'intera popolazione. È l'opzione scelta dai rivoluzionari francesi.
Gli agenti segreti si trasformano quindi in biechi ausiliari di polizia al servizio del Terrore, cercando incessantemente nuovi complotti, scovando nuovi controrivoluzionari, rastrellando nuovi nemici del regime per alimentare senza soste gli instancabili Tribunali rivoluzionari.
Fra il1792 c il 1794 il Terrore fa decine di migliaia di vittime, spesso condannate senza processo, con un ritmoghigliottina aiutando! -di 65 esecuzioni al giorno.
l «terroristi » vogliono anche bloccare eventuali iniziative degli aristocratici «e migrati» all'estero (e questo è il secondo obbiettivo) impartendo istruzioni aggressive e particolarmente violente: «bisognerà che gli agenti si ingegnino a far male ai nostri nemici. Incendiare i loro porti, i loro arsenali, le loro navi, c anche far cadere le loro grosse teste ( ... ) dobbiamo immaginare i progetti più disastrosi contro gli inglesi e gli spagnoli».
Mentre nel loro lavoro in patria i «ci ttadini » agenti segreti hanno «Successo» in quanto, in sostanza, si chjcde loro di svolgere una mera e bieca attività di delazione, in una folle corsa alla denuncia che porta la Rivoluzione a «divorare se stessa», all'estero invece- dove sarebbe stata necessaria più perizia professionale- si registrano solo fallimenti.
Gli agenti utilizzati non hanno alcuna preparazione specifica, limitati, inoltre, come sono da regolamenti rivoluzionari burocraticamente ottusi: al massimo si rivelano spettatori di «disastri» che non hanno minimamente contribuito a determinare.
Bisogna attendere Napoleone Bonaparte che, nel1799, spazzato via il Direttorio, si installa al potere e nomina il
miglior capo della polizia che si possa immaginare, l'uomo che è all'origine dei modenù metodi investigativi, Joseph Fouché.
Fouché ristruttura subito il suo ministero dividendolo in quattro Direzioni generali di cui una in particolare (la Sureté Générale) si può considerare un vero servizio di controspionaggio e di polizia politica. n nuovo capo della polizia inoltre è il primo a capire l'importanza, per un'efficiente attività di informazione, di disporre di ampie documentazioni oggettivamente riscontrabili. I suoi agenti sono quindi istruiti ad aprire con cura «fascicoli» su tutte le personalità politiche importanti, per servirsene al momento opportuno.
Per 20 anni primo poliziotto di Francia (attraverso diversi regimi), Fouché ha sicuramente lasciato il segno nell'organizzazione della polizia intesa anche come controspionaggio internazionale e interno (contro i nemici del regime di turno). Egli, ad esempio, è il primo a bandire la violenza dagli interrogatori, convinto che si può ottenere molto di più con particolari tecniche che portano il soggetto a contraddirsi, non dandogli altra scelta alla fine se non quella di confessare.
Anzi nelle questioni più strettamente spionistiche, Fouché non si rivela necessariamente un seguace della p u nizione violenta (anche se il suo passato non gioca certo a suo favore): preferisce invece di gran lunga «rigirare» il soggetto catturato, facendone un agente d oppio oppure lasciare che una persona sospetta commetta un crimine per meglio ricattarlo con i «fascicoli».
Ma Napoleone non si affida solo a Fouché per la trattazione delle questioni segrete dell'impero. Operano evidentemente anche aItri organi: i servizi segreti delle forze armate, de l ministero degli esteri (quello più efficiente) e del-
la gendarmeria. E soprattutto singole spie. Di queste la più celebre, passata alla Storia come «La spia dell'Imperatore», è senza dubbio l'alsaziano Charles Schulmeister, agente del "Service de Renseignement militaire".
Con la tecnica raffinata delle migliori spie, dare cioè al nemico qualche notizia vera di scarsa importanza (per acquistare credibilità) e ottenere in cambio notizie sostanziali, Schulmeister è all'origine di una delle più belle vittorie dell'imperatore francese, quella di Ulm, nel 1805. L'alsaziano infatti riesce a far credere al generale viennese Mack che le truppe francesi stanno tornando indietro per fronteggiare il malcontento che monta in Francia per le ripetute guerre di Napoleone, anche sulla base di un'importante e inoppugnabile documentazione, rigorosamente falsa, concepita e fabbricata dai servizi segreti francesi.
Il generale austriaco cade nella trappola e insegue le truppe «fuggitive». A Ulm, ai margini della Foresta Nera, finalmente le incontra. Ma non trova il resto di un esercito in fase di smobilitazione; ha invece la sgradita sorpresa di trovarsi di fronte tutto l'esercito imperiale pronto al combattimento. Come si sa, a Ulm Napoleone coglie un successo strepitoso, 40.000 austriaci gli si arrendono. Schulmeister ha lavorato bene. Napoleone gli è riconoscente, anche se rifiuta categoricamente di concedergli la Légion d'honneur perché «le spie si ricompensm10 con l'oro, non con le decorazioni».
Cllarles Louis Scfwlmeister, l ' I mpera t ore de ll e spie. È sicuramente la spia più brillante e più efficace della sua epoca. Nato nel1770, alsaziano, eccellente poliglotta (qualità indispensabile per w1 buon age11te anche ai nostri giorni), inizia da giovane, a Strasburgo, una piccola attività commerciale. Ma Charles Louis è troppo intelligente e brillante per accontentarsi di vende-
re :ucclzero e tabacco. O meglio, vuole continuare l'attività commerciale ma a modo suo, da esperto contrabbandiere, passando incessantemente da una rim n/l'altra del Reno e guadagnando tanto denaro.
Piccolo di statura, con una folta capigliatura rossiccia, viene notato per ln sua sveltezza mentale dal generale Savary (un fedelissimo di Napoleone, futuro successore di Fouché nella direzione del/n polizia) clze ne propone i servizi all'Imperatore con questo vintico: ((Maestà , ecco 1111 uomo clze è tutto cen,ello e niente wore)> . Ma forse si sbaglia. Sclmlmeister in realtà hn anche un cuore. Tutto il sofisticato, nsclrioso e difficile doppio gioco di cui i• protagonista, è diretto solo alla gloria dell'Imperatore e della Frmrcin. Non tradisce mai questo ideale in 1-111 periodo storico in cui, ilrvece, i tradimenti per danaro o per convenienze politiche sono all'ordine del giorno. È comunque vero che Sclrulmeister unisce per così dire /'(<utile nl dilettevole». Per i servigi resi alla Frmzcin riceve ingenti somme di denaro, tanto dn pernrettersi la costruzioue di wz lussuoso castello nella località di Mei11nu, presso Strasburgo. Ma mai lo sfiora l'idea di accettare favori o soldi dalla parte nl't'ersa.
Non contento del suo :,uccesso a Ulm, Sclwlmeister si ingegna per passare clmzdestilrnmente, travestito da venditore nmbulmzte, le linee francesi, fino ad arrivare nelle vicinanze degli accampamenti russi. Qui con In solita tecnica di dare (<piccole>> informazioni per attenerne delle «grandi>>, è presto in grado di inviare a Savnry 1111 articolato rapporto con preziose informazioni sul dislocamento e In consistenza delle truppe msse e austriache.
Sulla via del ritorno tuttavia l'alsaziano viene catturato da un gruppo di soldati austriaci. Ma riesce rocambolescamente a sfuggire all'inevitabile impiccagione, fingendosi nwrto dopo essere stato picchiato dai soldati che l'accompagnavano al luogo di detenzione.
Generosamente retribuito per le sue gesta da Napoleone, Schulmeister nelle campagne belliche successive dirige, sempre co11 ottimi risultati, una rete di spie al sen1izio dell'imperatore e della Francia. Di eccezionale mobilità, la presenza di «Monsieur Charles» viene costantemente seg11alata in tutta la Germania e in tutta l'Austria, ma non viene 111ai arrestato, grazie mzciie al/n sua leggendaria abilità nei travestimenti: è pe1fetto, di volta in volta, nei panni di pastore prote..;tn11te, commerciante, notabile, mendicante e persino soldato.
l/matrimonio di Napoleone con Maria Luisa d'A ustrin, tu ttnvin, mette improvvisamente fille al/n carriera di Sc/mlmeistcr. Gli austriaci non hanno dirnentimto lo smacco subìto n U/111 per colpn sun. Ne chiedono qui11di a Napoleone (ora genero dell'imperatore austriaco!), l'a/fon tannmen lo.
Sacrificato sull'altare del più imprevedibile dei matrimoni, Charles Louis se ne ritomn nel suo castello di Mei11nu a Strasburgo, che però no11 è i11 grado di conservare n lungo. Lancia tosi 11egli affari, 11on si rivela altrettanto abile quanto lo era stato nello spionaggio. Alcune operazioni finanziarie sbagliate lo obbligano infatti n separarsi dalle sue preziose proprietà immobil inri.
[.vita, con la consueta perizia, le epurazioni dovute al ritorno in Francia di Luigi XVIll e muore, povero e dimenticato, a 83 armi.
Non ebbe mai alcun riconoscimento formale. Ma un titolo almeno lo ottenne: la spia dell'imperatore fu da tutti considerato «l'imperatore delle spie».
Una nuova era dell'lntelligence in Europa e negt; Stati Uniti
Prussia
Nella seconda metà del XIX secolo si addensano sull'Europa nubi minacciose e cariche di tensione. Gli Stati più potenti del continente si osservano, si controllano, si sfidano da una sponda all'altra del Reno.
Da una parte la Francia, sicura della sua forza, della sua solidità economica, del suo apparato industriale e desiderosa di non perdere il suo primato continentale. Dall'altra, la Germania, per il momento ancora divisa in numerosi piccoli regni e principati, ma che aspira a diventare un impero «nazionale». Nasce quella rivalità franco-tedesca che sarà all'origine di ben tre guerre fra il 1870 e il1940.
L'artefice dell'unificazione tedesca, della nascita dello Stato nazione e del sorgere di una potenza continentale capace di tenere testa a tutti gli altri Stati, è senza d ubbio il prussiano Otto von Bismarck.
A lui si d eve anche l'attivazione di un efficiente servi-
zio di spionaggio e di intelligence, prima in Prussia, poi in tutto l'impero tedesco. L'uomo che mette in pratica le visioni di Bismarck in materia, è Wilhelm Stieber, vero anticipatore dei moderni servizi di informazione.
In effetti Stieber, uomo di grande intelligenza e sensibilità, fin dalle sue prime missioni non si limita a riferire burocraticamente i fatti, ma usa anche commentarli con considerazioni di ordine più generale e "politico".
Per esempio, nel rapporto «Cospiratori comunisti del XIX secolo», scritto nel 1853 dopo aver teso una trappola a Londra allo stesso Karl Marx al quale sottrae un prezioso schedario con i nomi di agitatori prussiani, afferma: «tutti questi tentativi tesi allo sconvolgimento generale della società derivano dalla miseria elle reg11a nei diversi paesi interessati, di conseguenza l'arma più efficace per combatterli non può venire che da una migliore istruzione e da wrn migliore remunerazione dei lavoratori».
Non è quindi da escludere che nella polilica sociale di Bismarck, tesa appunto a migliorare le condizioni di lavoro degli operai e a elevarne i salari, abbiano influito in qualche modo anche le valutazioni di Stieber per una «decompressione» sociale, per meglio garantire l'ordine politico e mettendo fuori gioco, così, gli agitatori che in quegli anni soffiano sul vento della rivoluzione. Quindi niente di più sbagliato che ritenere Stieber un semplice provocatore e un uomo di «bassa polizia», come i suoi denigratori tentano di tramandare. Ci pare più corretto invece considerarlo una sorta di precursore di un moderno ed efficiente servizio di intelligence. La carriera di Stieber si snoda così attraverso frequenti e notevoli successi: per esempio nel1845, in Slesia, si infiltra all'interno di un gruppo di rivoluzionari socialisti facendoli tutti arrestare; oppure nel 1851 a Londra, come
abbiamo visto fa cadere in trappola Karl Marx, anche se non può catturare i rivoluzionari tedeschi rimasti in Inghilterra (e protetti dalla legge inglese) ma solo quelli che rientrano in Prussia; ma anche nel 1858, quando smaschera una preoccupante rete parallela di spionaggio militare.
La carriera di questo eccellente «professionista» conosce tuttavia un fase di stallo, quando il nuovo re di Prussia
Guglielmo I (succeduto al padre Federico-Guglielmo IV) inizia a seguire tendenze politiche più «liberali», nelle quali non sembra esserci ruoli di primo piano per personaggi considerati «ambigui», come Stieber.
Presto tuttavia la professionalità farà premio sulla politica. Stieber in effetti sventa un attentato contro Bismarck, primo ministro di Guglielmo. Questi si rende conto che, nell'interesse del paese, è meglio non privarsi dei servizi di Herr Wilhelm che così ritorna alla ribalta. Gli viene assegnato un posto di strategica importanza: capo del servizio segreto prussiano a Vienna, la città rivale di Berlino nella corsa ingaggiata per la dominazione degli Stati tedeschi.
Al riguardo Stieber ha già le idee chiare. Prima di partire, consegna a Bismarck un rapporto dove fra l'altro sostiene che "i modesti risultati ottenuti con i metodi di osservazione utilizzati fra gli Sta ti dipendono dalla insufficienza del numero degli agenti impiegati. Questo è il motivo per cui il mio servizio dovrebbe poter contare sul maggior numero di agenti possibile. Si tratterebbe di mettere in piedi un vero 'esercito' di instancabili osservatori. Il flusso delle informazioni(. . .) sarebbe successivamente filtrato. La sintesi permetterebbe ai destinatari di lavorare su basi solide». Concetti, come si sa, q u anto mai moderni.
Ma Stieber va oltre. Intravede anche l'utilizzo a fini informativi della stampa: «per l'istituzione di questa organizzazione, di concezione del tutto nuova, vorrei poter utilizzare la
potenza, pure del tutto nuova e sempre crescente, della stampa. ( ... ) 11 fatto che si riconosca ai giornalisti il diritto di fare dommzde, potrebbe farne dei collaboratori insospettabili del servizio segreto. ( ... )Gli stessi segreti economici e militari non scoraggiano i giornalisti, i quali n volte conoscono in maniera così i11tirrza uomini politici e militari in posti di alta responsabilità che questi non si astengono dal parlare di tutto". Se alla parola «stampa» si aggiungessero le parole «radio» e «televisione», potrebbe sembrare l'estratto di una circolare di un qualunque servizio segreto bene organ:Uzato dei nostri giorni ...
Molti agenti, fondi a sufficienza, manipolazione di giornalisti, ma Stieber usa anche un' «arma segreta»: «la vanità delle personalità desiderose di far sapere del proprio stato in pubblico», arma che sa sfruttare a dovere.
Così struttt1rata e organiaata, la nuova c moderna «Stazione» di Stieber a Vienna è in grado di fornire a Bismarck
l'informazione tanto attesa: l'Austria auspica di ritrovarsi a capo di una confederazione di stati tedeschi, ma il governo austriaco intende perseguire questo obiettivo con metodi pacifici e non con la guerra, per la quale del resto non è affatto preparata.
Bene quindi per Bismarck che invece la guerra la invoca, ma naturalmente non vuole apparire come aggressore.
Spetta di conseguenza a Stieber attivare tutta la sua rete di agenti per soffiare sul fuoco delle rivcndicazioni patriot-
tiche delle varie nazionalità che compongono l'impero austro-ungarico (cechi, ungheresi, italiani, sloveni, dalmati ecc.) e per scatenare contro l'imperatore
Francesco Giuseppe una forte campagna
Wil/relm Steiber, grande anticipatore dei modemi servizi di informazione
di disinformazione sulla stampa dei paesi neutrali. Fare in modo insomma che l'Austria cada nel tranello teso e dia alla Prussia un pretesto valido per intervenire. Cosa che puntualmente avverrà per le contrastate rivendicazioni tedesche sull'ex ducato danese di Holstein.
Bismarck ha finalmente l'occasione d i dimostrare a Sadowa, nel1866, la superi orità dell'esercito prussiano e di confermare definitivamente il ruolo di riferimento assunto dalla Prussia nei confronti degli Stati della Confederazione germanica. L'unità della Germania - ormai è evidentepotrà essere realizzata solo per iniziativa della Prussia.
Dopo Vienna, il successivo obiettivo di Bismarck, in vista della proclamazione dell'impero, del Reich tedesco, è la Francia.
Stieber si trasferisce segretamente a Parigi.
Eccellente conosc itore della natura umana, raccomanda ai suoi «talent scout» di co n centrarsi su tre tipi di individui: •·le persone appartenenti alle classi povere elle sognano di guadagnare soldi senza fatica; gli ufficiali e i fimzionari elle llm111o bisogno di soldi per debiti di gioco o che siano stati frustrati 11elle loro aspirazioni di carriera( ... ) ovvero elle ha11no subìto llll'ingiusti:ia per motivi politici; tutti coloro che potrebbero avere Llll moti·uo pa farsi ricattare».
Inoltre devono avere un trattamento privilegiato g li avversar i dichiarati del reg ime imperiale, che presentano anche il vantaggio di fornire notizie di alto valore politico, per motivi essenzialmente ideo logici, cioè gratuitamente, con risparmio sulle spese della «stazione».
Se si pensa poi che il controspionaggio francese dell'epoca è quasi inesistente, si può avere un'idea del terreno particolarmente fertile che gli agenti di Stieber trovano a Parigi per la loro semina.
Insomma, la guerra tra Francia e Prussia appare sem-
pre meno evitabile. Ma, come per l'Austria, il «Cancelliere di ferro» non vuole apparire come aggressore e cerca il buon pretesto.
La goccia che fa traboccare il vaso questa volta è «il dispaccio d'Ems» che riferisce sugli esiti dell'incontro fra re Guglielmo e l'ambasciatore francese Benedetti, avvenuto appunto alla stazione termale di Ems nell'estate del 1870, con la cortesia delle regole diplomatiche in vigore.
Oggetto del colloquio: la complicata questione della candidatura del principe prussiano Leopold von Hohenzollem al trono di Spagna, fortemente osteggiata da Parigi che teme l'eccessivo estendersi della influenza di Berlino in Europa. La controversa candidatura per la verità era stata presto ritirata. Ma Napoleone III insiste per avere una rinuncia formale anche per il futuro da parte di Berlino e invia appunto l'ambasciatore Benedetti a Ems per sollecitarla direttamente al re. Guglielmo si incontra una prima volta col diplomatico c gli conferma la rinuncia tedesca, ma si mostra restio a fornire garanzie formali o altri tipi di dichiarazionj. Alle successive insistenze di Benedetti per un nuovo incontro, il re fa rispondere che non ha nulla da aggiungere rispetto a quanto già detto pochi giorru prima.
In tale contesto il dispaccio d'Ems, assume un rilievo davvero singolare e del tutto sproporzionato rispetto agli eventi di cui è all'origine.
Nella versione per la stampa, il testo del messaggio viene in effetti da Bismarck (con l'attiva partecipazione dello stesso Stieber), abilmente riassunto, sapientemente manipolato e fatto pubblicare in bella evidenza, dando dell'incontro una descrizione che suona come una grave umiliazione per la Francia e per lo stesso imperatore Napoleone III.
Nella sintesi pubblicata dai giornali, Guglielmo ha
scortesemente messo fine al colloquio con l'ambasciatore francese (il che non corrisponde alla verità), facendogli poi sapere da un suo su bai terno di non avere più nulla da dirgli sull'argomento e di non volerlo più vedere
Come sperava Bismarck, Napoleone III si sente offeso e considera che la sua dignità c quella della Francia siano state umiliate dall'atteggiamento prussiano descritto dalla stampa ...
L'orgoglio e il nazionalismo francese non possono permettere un simile trattamento e si scatenano. La Prussia va punita e ridimensionata! Ma non tutti a Parigi sono d'accordo: •11011 si fn In guerra per 1111a questio11e di etichetta!» urla l'opposizione.
Napoleone III in definitiva cade nella trappola tesagli dal cancelliere di ferro e dichiara guerra alla Prussia il19 luglio del 1870, commettendo il più tragico errore della sua vita politica e personale.
ri confronto con le armate prussiane sarà disastroso. A Napoleone il trono, alla Francia l'Alsazia e parte della Lorena, mentre il secondo Reich tedesco viene proclamato - suprema umiliazione per i francesi - nel salone degli specchi del castello di Versailles. Bismarck insomma trionfa su tutti i fronti.
Stieber ha lavorato proprio bene e la sua efficienza è da tutti riconosciuta e Herr Whilelm è ricompensato anche con onori ufficiali c decorazioni del più alto livello.
Il cancelliere dell'appena costituto impero tedesco dichiara, diversamente da quanto aveva affermato Napoleone I a proposito di Schulmcister: «non ci si deve accontentare di dare soldi n/le spie. Bisogna invece saper testimollinre loro degli ouori quando li meritano». E Stieber certamente li meritava.
L'altra potenza continentale di lingua tedesca è l'Austria o meglio l'impero austro-ungarico. Vienna trae gli opportuni insegnamenti dalle trappole e dagli inganni tesi con successo da Schulmeister. l militari austriaci non hanno affatto dimenticato la lezione di Ulm.
In effetti, già a partire dal 1811 il governo imperiale istituisce un Servizio di informazioni militare e, al suo interno, attiva un Ufficio speciale, che possiamo definire di intelligence (Evidenzburo), in caricato di raccogliere notizie utili da tutte le possib ili fonti di informazioni, anche quelle che oggi chiamiamo «aperte». Con sede a Vienna, il nuovo servizio dispone di antenne in diversi paesi stranieri, con propri agenti inseriti anche nelle ambasciate c consolati austro-ungarici e lavora sotto il diretto controllo dello Stato maggiore della difesa con la copertura di Servizio storico dell'esercì to.
Nella rete del Ktwdscltafts Stelle- come verrà successivamente ch iamato- operano agenti di due tipi: gli <<Onorevoli corrispondenti» (volontari non sovvenzionati) c i «confidenti» (regolarmente stipendiati). Il servi ..do dispone parallelamente anc he delle antenne estere della polizia segreta.
Insomma un'organizzazione so lid a, nel complesso ben funzionante e con un notevole bilancio a sua disposizione. U Kundschafts Stelle concentra la sua atten/ione verso tre obiettivi principali: la Serbia, che sostiene le tendenze insurrezionali della Bosnia; l'Italia, che moltiplica le manifestazioni «irredentiste» nel Tirolo e a Trieste, e la Russia, nella s ua storica proiezione verso i Balcani.
Una rete informativa che si sviluppa grazie anche al personale apporto di un personaggio singolare, una «Spia» d'eccezione: il capitano Alfred Redl. Come Stieber in Prus-
sia trent'anni prima, Redl è l'artefice dei servizi segreti in Austria. Ma, contrariamente al suo omologo berlinese che finisce la propria carriera tra riconoscimenti e decorazioni, Redl sarà protagonista d i uno scandalo di enormi dimensioni, che minaccerà la credibilità di quegli stessi servizi da lu i consolidati e modernizzati.
Di qualità professionali eccezionali, dotato di grande dinamismo e senso dell'organizzazione, Redl ha però due punti deboli: il gusto per il lu sso, nell'inconsapevole desiderio forc;e di compensare le <;ue umili origini, e la sua prorompente omosessualità, che pur cercando in tutti i modi di nascondere, condiziona pesantemente le sue attività.
Organizzatore dei servizi segreti militari dell'impero, ricattato a causa delle sue debolezze, si troverà nella necessità di dover passare noti;rie riservate al serv izio segreto nemico, quello russo, la temibile Ochrana. Scoperto, sceglie la via del s ui cidio piuttosto che affrontare la vergogna e il disonore di un pubblico processo.
L'affare Alfred Redl . Nato nel 1864, figlio di 1111 modesto impiegato delle ferrovie, Alfred Redl, con grande determinazione e molta fatica, riesce a realizzare il suo sogno di sempre: diventare ufficiale nell'esercito imperiale, nonostante le sue 11011 aristocratiche origini. Non solo, ma si rivela anche uno degli ufficiali più l1rillanti della sua generazione e inizia presto una carriera assai promettente. Dil'enta addetto militare a San Piefroburgodove impara il russo e si familiarizza con il servizio segreto locale- poi viene nominato, ad appena 36 mmi, Capo del confrospiouaggio all'Evidenzburo.
Alfred, pieno di energie e con una capacità di lavoro fuori del comune, avvia la modemizzazio11e del servizio. Ricorre a procedimellti rivoluzionari per l'epoca e che vengono ripresi successi-
vamente da tutti i servizi europei: schede biografiche con le impronte digitali e le fotografie dei sospetti, sorveglianza dei gruppi politici dissidenti, ascolti clandestini di conversazioni telefoniche, registrazioni su cilindri di cera (anticipazione del magnetofono) ecc. Il servizio, insomma, sotto la sua direzio11e vola di successo in successo. Tutti sono soddisfatti de/lavoro di Alfred che del resto, da parte sua, è sempre disponibile ad aiutare i giovani ufficiali e i giovani i11 genere, co11 i quali si trova proprio a suo agio ... Fra questi c'è Stephan Hromodka, un bellissimo quindicenne, che chiede e ottiene l'appoggio di Redl per entrare nella scuola dei cadetti di Vienna. Nasce un'amicizia, o meglio una passione segreta, che sarà la causa della rovina del brillante capo del controspionaggio imperiale austriaco.
Ma per il momento Alfred Redl prosegue In sua eccellente carriera.
Nel 1903 il Ministero degli Esteri austriaco riceve un'informazione allarmante: i russi SOILO in possesso dei piani di guerra austriaci. Redl è i11caricnto di scovare il traditore. Cosa che fa ill tempo record. Si tratta del colonnello Sigmund Hekalio il quale però, nel frattempo, si è rifugiato in Brasile. Mn questo 110n rappresenta un problema per Redl che riesce n farlo estradare per frode (gli accordi tra i due paesi in effetti non avrebbero permesso l'estraci izi011e per «spionaggio»), secondo una vrocedum perfettamente impostata.
Al processo di Vienna, Hekalio riconosce di aver venduto dei docu111enti ni russi, ma precisa di non aver mai dato i piani di spiegamento delle forze, per il semplice fatto che l'incarico che ricopriva non gli consentiva mnteria/me11te
l'accesso n tali documenti. Ci sono evidentemente altri «traditori» ... Anche questi però vengono presto individuati da Redl. Si tratta di altri due ufficiali: 1111 maggiore e un capitano. Tutti e tre condannati ai forzati. Le quotazioni del brillante capo del controspionaggio salgono ulteriormente e Redl sembra avviarsi verso la nomina n capo di tutti i servizi segreti austriaci. Nel frattempo si è trasferito in un lussuoso nppnrtmnenlo dat•e vive stabilmente con Stephan. Ma all'apparenza non c'è nulla di m1ormnle. Stephnn pnssn per suo «nipote» e l'elevato tenore di vita (automobili, sen,i:io, villeggiature, ·l'estiti) ostentato dn Ull Redl ossessionato dalle sue «umili origini>>, è ben giustificato da una consistente aedità ricevuta da 1111 lontano ::io.
Contrarinmen te alle previ<>ion i tuttavia (forse qualche dubbio comi11cia n farsi strada fra i colleghi) non ottiene In nomi nn sospirata e Ile/l'aprile del 1913, viene destinato n Prngn con l'importante incarico di Capo di stato maggiore della 8'' armata. Lì inizia l'epilogo dell'mruenfura di Alfred, wz epilogo dovuto anche n sfortunate causalità
Al «fermo-posta" dell'uffido postale di Prngn giace da tempo 1111n lettera indirizzata n 11n certo Nikon Nizetns, proveniente anonimamente dalla Germantn. Nessuno è venuta n cercarla. Scaduto il termine previsto, la lettera viene rima11datn indietro a Berlino, dove viene aperta. Contiene 6.000 corone e due indirizzi, n Parigi e Ginevra, di spie conoscitlfe dai servizi tedeschi c austriaci. Si attivano immediatamente i servizi dei due paesi. Si decide così di seguire attentamente il percorso delle future lettere che pwztunlmeute arrivano all'ufficio postale di Prngn oramai sotto controllo: due nge11ti del controspionaggio vi si so1zo «nccnmpnti>> in attesa di conoscere il misterioso destinatario che prima o poi si farà
Nel frattempo vive 1111 drnnuna passionale. Stephan lo vuole lasciare, intende addirittura sposarsi e vivere 1111n vita nonnnle. Alfred è letteralmente disperato, sconvolto. È disposto
n tutto pur di fargli cambiare idea. Il giovane amante alla fine si lascia convincere ma esige un regalo di riconciliazione: una nuova autovettura, una costosissima Oaimler.
A corto di denaro Alfred, accecato dalla passione, per no11 scontentare Stephan in un momento così delicato della loro unione, commette un errore talmente incredibile che la sua professionalità avrebbe senza dubbio censurato nell'ultimo dei suoi agenti: si reca di persona all'ufficio postale e reclama illgenuamente le Lettere a nome di Nizetas.
!//formato dell'accaduto dai suoi agenti "postali", il capo del controspionaggio 11011 ha più dubbi: Nikon Nizetas e Alfred Redl SOIIO la stessa persona. La costemazione è generale. La sorpresa è totale.
Quando i due ufficiali venuti per arrestarlo si presentai/o alla sua porta, prima ancora eire possano parlare, Redl dice: «SO perché siete venuti>> e nella IIOtfl! si suicida Lascia11do l/Il ultimo messaggio: <<La frivolezza e In passione mi hanno distrutto.
Pago per i peccati eire ho commesso IIClln min Una fine che fa molto (forse troppo) comodo ai servizi eire in tal modo evitano lo scandalo. Da alcuni ambie11ti peraltro vie11e avanzato il sospetto che Alfred sin stato «aiutato» n suicidarsi, il suo presu11to ultimo messaggio sembra coincidere troppo con Io sce11ario elle i servizi avrebbero maggiormmte gradito. La stampa intanto si impadronisce dell'affaire. l11somma lo Stato maggiore non può pitì tacere e, Jmr confermando il suicidio, rende 110ta la storia di Redl, spia, traditore e omosessuale.
Più tardi si saprà che i danni arrecati da Redl al suo paese sono stati molto più gravi di quanto si sospettasse. Nelle sue carte c'è addirittura traccia di una sorta di «accordO>> - assolutamente unico nella storia dello spionaggio- con il suo omologo russo con cui reciprocamente si impegnavano a scambiarsi i nomi dei loro agenti i quali venivano puntualme11te scoperti e arrestati, mentre agli efficienti capi andavano promozioni, decorazioni e premi.
Parallelamente Redl, ricattato per la sua omosessualità e per il legame con il «nipote», fornisce per circa dieci anni- dal 1903 al1913 -documentazione militare ai russi, che lo retrilmiscono profumatamente.
I piani dello spiegamento delle truppe austriache erano stati naturalmente fomiti dallo stesso Redl e non da Hekalio e compagni. Dalle carte confiscate al «traditore» si constaterà che il disastro delle truppe austriache damnti ai serbi, nel1914, era stato la diretta conseguen:a dei piani fomiti da Redl al suo «amico» capo dei sen,izi segreti russi.
\!el1985 un bel film ricorderà la tragica figura di Redl: Il colonnello Redl dì lsfl'il11 S:abò, con Klaus Maria Brandauer nel ruolo del protagonista.
Le prime forme di attività di spionaggio si manifestano durante la Guerra di indipendenza. Grazie soprattutto all'interesse che lo c;tec,c,o generale George Washingtonfuturo primo presidente degli USA -manifesta nei confronti dei servizi segreti, nei quali nutre molta fiducia. Sorpreso dalla mancanza di qualsivoglia struttura di intelligence nelle truppe coloniali inglesi (sconfitte probabilmente per questo motivo dall'esercito francese nella battagl ia di Fort Ouquesne,) non vuole ripetere lo stesso errore quando si ritrova a capo delle truppe ribelli. Fin dalJ'inizio della guerra indipendentic;ta, in effetti, Washington consacra il 10% del bilancio militare ai servizi di informazione, convinto che "non c'è niente di più necessario che w1 buon serviz.io di informazione e niente più difficile da ottenere". Nel 1775 istituisce la prima unità militare di informazioni nella storia americana: i Knowlton's Rangers.
I «Servizi» insomma cominciano a prendere forma, si
consolidano e dimostrano di funzionare abbastanza bene, sia attraverso singole personalità di grande valore (come il capitano Nathan Hale, la prima spia statunitense morta in missione: a suo perenne ricordo, proprio all'entrata del quartier generale della CIA a Langley, in Virginia, si erge una statua che lo raffigura), sia con reti di agenti (la più famosa delle quali è senza dubbio la segretissima rete Culper, incaricata di agire in territorio nemico).
L'organizzazione di Samuel Culper (la cui identità rimane segreta allo stesso Washington che lo conosce solo come «agente 722») raccoglie notizie dagli ambienti più disparati, svolge attività di disinformazione, compie qualche volta anche azioni di sabotaggio. I suoi agenti sono abilissimi nel cifrare le notizie e nel trascriverle, con l'inchiostro invisibile, tra le righe di libri che depositano nelle cosiddette «buche delle lettere morte» (dead drops), secondo una tecnica peraltro utilizzata ancora oggi. ln un posto sta-
bilito in anticipo, la spia lascia i propri messaggi. Successivamente, avvisato da un banale segnale, l'agente di collegamento si reca a prelevare la «merce» dalla buca delle lettere morte dove può, a sua volta, lasciare delle istruzioni.
La rete di Culper consente a Washington di disporre, per tutta la durata della guerra, di informazioni quotidiane sullo stato delle truppe inglesi che lo metteranno in condizione di sventare pericoli dalle con-
Natha11 Hah'
seguenze devastanti. Come, ad esempio, nel caso dello sbarco delle truppe alleate francesi del generale di Rochambeau a New Port, ne1 1780, sbarco reso possibile da un'abile iniziativa di disinformazione della «rete», che mantiene le armate di Sua Maestà britannica bloccate a New York. Grazie poi a uomini come Benjamin Franklinprimo ambasciatore degli Stati Uniti in FranciaWashington può usufruire dei risultati di un'intensa attività di intelligence esterna, indispensabile al consolidamento della nuova entità federale appena costituitasi.
Esauritosi il conflitto, scomparso Washington, scoperti alcuni agenti «doppi », il servizio verrà progressivamente trascurato, fino a scomparire del tutto.
Così alla vigilia della Guerra di secessione, che scuote drammaticamente l'ex-colonia inglese dal 1861 al 1865, non è attivo alcun servizio di informazione, né nel Nord industriale e abolizionista né nel Sud agricolo e schiavista.
I belligeranti quindi sono costretti a ricorrere ad avventurieri di ogni risma (il capitano Phillip Henson, un agente doppio) o a personaggi singolari (come la diciottenne Belle Boyd, per i sudisti) o a detective privati (il celebre Allan Pillkertoll, per i nordisti).
Forse le uniche manifestazioni di attività sistematiche di «informazione tattica » possono essere ritrovate nei cosiddetti Black Dispatches, Messaggi Neri . ll risultato, cioè, delle attività di spionaggio realizzate per gli Stati del Nord da schiavi liberati o anche da schiavi disposti a essere agenti di penetrazione «in profondità».
È da questa rete, coordinata da Allan P inkerton, che nascono più tardi i primi servizi strutturati di informazioni militari: nel1882l'Office ofNaval Intelligence (ONI) e nel1885 il Military Infonnation Departement (MIO).
Da allora in poi i servizi segreti americani, pur arriva-
ti in ritardo sulla scena dello spionaggio mondiale, non cessano di svilupparsi.
Nel corso della guerra ispano-americana del 1898 gli addetti commerciali e culturali delle ambasciate vengono trasformati d'ufficio in agenti informativi incaricati di valutare le effettive capacità militari degli spagnoli e di scoprire la dislocazione della flotta di Madrid. All'Avana, ad esempio, un attaché statunitense si serve dci migliori clementi in servizio presso l'ufficio telegrafico della Western Union per intercettare le comunicazioni tra Madrid e i comandi spagnoli operanti nell'isola. Insomma, tutto è utile alla causa della nascente intelligence americana.
Alla vigilia della prima guerra mondiale tuttavia, tagli di bilancio, riorganizzazioni burocratiche, posizioni politiche non favorevoli, determinano un severo ridimensionamento della struttura di spionaggio e controspionaggio.
Benjamin Franklin, scie n z iato, diplomat ico, agente segreto. Tutti associano il11ome di Benjamin Frnnklin all'invenzione del «parafulmine» e nl primo studio sulla 11aturn elettrica del fulmine. Molti ricordano anche cl1e Benjamin fu uomo politico, diplomatico, xiomnlista e filosofo, ma pochi sanno che Frnnklin fu uno sperimentato agente di lntellixence.
Genio poliedrico, sposa fin dall'inizio In causa indipendentista americana. Nel 1776 contribuisce alla stesura della dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti e dieci anni più tardi partecipa alla redazione della costituzio11e americana.
Principale animatore del Comitato affari esteri e responsabile del Comitato della «Corrispondenza segreta>> (forma embrionale del servizio comunicazioni segrete), nel 1778 è a Versailles quale capo della delegazione incaricata di ottenere l'appoggio francese alla causa indipendentista. Ne/1783 è nominato amba-
sciatore degli Stati Uniti in Francia. A Parigi Franklin maneggia con maestria la diplomazia segreta e la disinformazione. Malgrado la netta vittoria americana di Saratoga ne/1777, la Francia di luigi XVI continua a esitare, non si pronuncia, non appoggia chiaramente gli insorti come ci si aspettava. Franklin allora, con eccezionale abilità diplornatica, avvia una serie di iniziative tese a far credere di essere in definitiva pronto a negoziare con gli inglesi e moltiplica i gesti di buona volontà nei confronti di Londra. A Parigi naturalmente suo11a subito l'allarme all'idea di un'eventuale riconciliazione anglo-americana. Non c'è più qui11di tempo da perdere ... Il Consiglio reale decide di proporre agli Stati Uniti un accordo commerciale e finanziario nonché un'alleanza militare.
Qualche tempo dopo Benjnmin, esperto nella disinformazione, pubblica una falsa edizione di un giornale di Boston (annunci economici compresi), dove si riferisce di ordini dati dal governatore inglese del Canada, il quale avrebbe lautamente ricompensato mercenari indiani per ogni «scalpo» americano presentato. Il giornale racconta poi, con dettagli raccapriccianti, che molti degli scalpi già portati appartengo11o a donne e bambini. Grande è l'emozione nell'opinione pubblica inglese. Cresce il partito contl·ario al proseguimento della guerra con le ex-colonie. Una eccellente e riuscita iniziativa di disinformazione, di deception ... Franklin tuttavia non è esente da critiche, soprattutto per non aver voluto credere alle insinuazioni riguardanti il suo amico e segretario, Edward Bancroft, elemento alquanto sospetto, che poi si rivelerà essere effettivamente un pericoloso agente doppio, stipendiato da Lon-
dra. l sospetti così finiscono per ricadere sullo stesso Fra11klin, anche se si riveleranno completamente infondati.
Natura assai co mpl essa qu ella del geni a/e Be11jmn in Franklin , «age11te segreto» ma anche filantropo e benefattore dell'umanità, se riflettiamo sulle sue più importanti e variegate in ve 11 z ioni: oltre al parafulmine, le lenti bifo ca li (trova la soluzione prima per se stesso, dovendo continuamente passare da LI/l occlziale all'altro), le pinne, il contachilometri, la stufaca min etto, il ca tetere, l'ar monica a bicchieri e persino ... la sedia a dondolo!
Personaggio singolare e iHclassificabile, in lui, secondo gli stor ici americani, si fondevano armoniosamente" le vi rtù del Puritallesimo, se11za i suoi difetti e La luce dell'lllumillismo, se11za il suo eccessivo ardore ... ".
Alti e bassi d ei servizi di
Se in Francia il ce leberrimo affairc Dreyfu s (18941906) provoca qua s i la paralisi dei se rvizi seg reti. responsab ili di un 'azio ne di «co pertura » milita re finita mal e e concepita in un contesto di se ntimenti antisemiti c di lotte politiche interne, in Inghilterra la sang uinosa sco nfitta del generale Gordon a Khartum (1884), a opera del Mahdi, determina un sussulto organizzativo c di modcrnizzazione che farà in poco tempo dell'intelligence britannica il miglior serv izio segreto al mondo.
Come si ricorda, l'ufficia.le dell'ese rcito Alfred Dreyfus, alsaz iano ed ebreo, è accusato dal Deuxiè me Bureau (all'epoca servizio s ia di spionaggio che di co ntro s pionaggio ) di aver consegnato all'addetto militare tedesco importanti dettagli sul freno «idraulico » in costruzione per il cannone da 120mrn nonché informa z ioni sull'organizzazione dell'artiglieria e della mobilita zione delle truppe di copertura.
La prova principale è una ricevuta di consegna di documenti che sembrerebbe inchiodare Dreyfus. Ma- si saprà dopo- si tratta di un documento falso, costruito a tavolino dagli stessi servizi. Una vicenda che ha ripercussioni enormi sulla vita politica e morale francese, avendo il sentimento antisemita condito buona parte degli sviluppi della spy<>tory. Una vicenda che in qualche modo determina anche parte della storia del mondo: al processo di Dreyfus è presente il giornalista austriaco Theodore Herzl il quale si convince, dopo le ingiustizie subite dall'ufficiale alsaziano, che gli ebrei non potranno mai integrarsi completamente nelle varie società dove sono disseminati e che saranno al sicuro solo vivendo in un loro Stato nazionale. Nascono in pratica le prime riflessioni della corrente di pensiero «sionista>>, che propugna appunto il ritorno degli ebrei a Sion (antico nome di Gerusalemme) e che porterà, decenni dopo, alla costituzione dello Stato di Intanto Dreyfus, riconosciuto colpevole da un tribunale militare, viene degradato, umiliato c condannato ai lavori forzati a vita in Guyana.
Ma presto i primi dubbi affiorano, il nuovo capo dci Servi,d di informazione, Picquart, contesta la maniera con cui il suo predecessore ha gestito - e manipolatotutta la vicenda. Emile Zola col suo storico articolo "J'accuse" su l giornale L'A11rore del 13 gem1aio 1898, dà una dimensione politica al caso di spionaggio - che la gerarchia militare fa di tutto per mantenere riservatafino a determinare la revisione del processo, il riconoscimento dell'innocenL.a dell'ufficiale e la sua successiva riabilitazione. Questa in breve la questione che divise la Francia e l'Europa tra dreyfusards e anti-dreyfusards.
Ma in tutti i variegati sviluppi della vicenda le moti-
vazioni sottostanti sono sempre sembrate alquanto insufficienti o comunque non del tutto comprensibili. Perché insomma Dreyfus è stalo messo in causa?
Tutto è stato ordito- in una folle ondata di antisemitismo - per colpire un ufficiale ebreo e con lui tutti gli ebrei francesi che ricoprono incarichi di alta responsabilità? O c'è qualcosa di più c l'antisemitismo è stato un elemento «collaterale» che comunque non è dispiaciuto agli ufficiali antisemiti dello stato maggiore francese?
Tra gli storici francesi guadagna terreno questa seconda ipotesi. Tutto l'affare Dreyfus, cioè, sarebbe stato montato dagli stessi servizi francesi per sviare completamente i tedeschi.
Una colossale azione di intoxication per la difesa di irrinunciabili interessi nazionali. Far credere in sostanza che lutta l'altenzione della gerarchia militare è concentrata sulla modernizzazione del cannone da 120mm (e le spie che vi si avvicinano vengono severamente punite), quando in realtà gli esperti lavoravano già da tempo su un pezzo ultramoderno, suscettibile di dare alla Francia un vantaggio decisivo c la cui costruzione va assolutamente tenuta segreta: il cannone da 75 mm! Un cannone in grado di sparare fino a 24 colpi al minuto, contro i 5 cui possono arrivare i cannoni tedeschi. Che poi il capro espiatorio sia un ufficiale ebreo, tanto meglio.
Un'ipotesi che ci pare abbastanza credibile c che darebbe una diabolica coerenza alla gestione del caso e dimostrerebbe anche le aberrazioni che si determinano nei servizi segreti quando vi prevalgono forme di «fondamentalismo» di qualsiasi genere.
Il Deuxième Bureau, largamente coinvolto nello scandalo, come abbiamo visto, viene drasticamente ridimensionato da Gallifet, nuovo ministro della guerra. Le com-
petenze del Bureau in materia di controspionaggio passano al ministero dell'Interno a cui, dopo qualche tempo, saranno affidate anche le responsabilità nel settore dello spionaggio.
Inizia insomma una lunga fase di assestamento che nuoce non poco all'efficada operativa del servizio segreto francese, in crisi fino alla vigilia della prima guerra mondiale.
Gli inglesi, al contrario, arrivano alla «grande guerra» con servizi ben organizzati e in grado di dare un contributo significativo allo sforzo bellico del paese.
Già all'indomani della sconfitta di Gordona Khartum, sir George Aston scrive: «L'organizzazione e la forza degli eserciti stranieri erano considerate come materie trascurabili.( ... ) Questo servizio aveva goduto di un lungo sonno da quando il ricordo degli scandali di Crimea si era dissolto nel passato. Fu risvegliato dall'interesse che sollevarono nel pubblico i notevoli successi dell'esercito tedesco contro l'Austria nel 1866 e contro la Francia nel 1870». Successi, come si ricorda, dovuti anche all'eccellente lavoro compiuto dietro le quinte da Wilhelm Stieber.
Durante la guerra contro i Boeri, Londra dispone di w1 nuovo servizio di intelligence che effettivamente dà buona prova di sé. Ma ulteriori miglioramenti si impongono per colmare lacune persistenti, fino ad arrivare alla costituzione della Directory of Military Jntelligence, divisa in otto sezioni e con decine di ufficiali al servizio.
Tuttavia le rivalità fra le sezioni, fra gli alti gradi militari, fra esercito e marina (che dispongono di propri servizi di informazione), rendono evidente la necessità di creare, parallelamente a quella militare e in una visione più ampia della raccolta di informazioni, anche un'intelligence civile e spingono a collaborare più efficacemente con la polizia, con Scotland Yard.
È
cosa fatta nel1909, quando il Comitato imperiale per Ja difesa istituisce l' M05 (che diventa durante la prima guerra mondiale MIS, servizio di controspionaggio all'interno del paese) e l'Mie (futuro MI6 o Secret Intelligence Service, servizio di spionaggio all'estero).
Due personaggi d'eccezione sono messi a capo dei due nuovi servizi: sir Vernon Kell (MOS) c Mansfiel Smith-Cumming (Mie). Nei decenni successivi i due servizi diventano una leggenda nel mondo dello spionaggio internazionale. Proprio dalle file dell'MI6 uscirà molto tempo dopo, nel periodo della guerra fredda ... James Bond, il più celebre agente segreto della letteratura spiorustica di tutti i tempi.
Ma per il momento l'MOS e l'Mie, rinnovati nelle strutture e nelle missioni, si preparano ad affrontare le sfide del primo conflitto mondiale.
Abbiamo seguito l'evoluzione delle attività dei servizi segreti nei principali stati europei e nei nascenti Stati Uniti. Ora ci soffermiamo sui servizi segreti italiani, che seguono un'evoluzione non molto dissimile da guanto abbiamo constatato in Europa, soprattutto in Francia e in Inghilterra.
Anche in Italia, cioè, emerge chiaro il rapporto che si stabili<>cc fra il nascere di strutture burocratiche solide e permanenti, con eserciti e diplomazie stabili e la conseguente istituzione di servizi segreti. Cioè: più il governo è in grado di esercitare il suo potere attraverso un' amministrazione funzionante, maggiore è l'esigenza di autodifesa delle strutture, all'interno e all'esterno, mediante l'istituzione di «organis mi paralleli )).
Con qualche differenza tuttavia.
In Francia e in Inghilterra lo stato unitario e nazionale si afferma molto presto, fin dal XVI secolo. In Italia invece, come sappiamo, bisognerà attendere ancora tre secoli. Quindi gli agenti i taliani risentiranno per moltissimo tem-
podi un certo approccio legato più al «particulare», alla piccola città, al singolo sovrano, alla difesa di interessi personali del principe, con una spregiudicatezza nelle modalità, un cinismo nelle finalità, un gusto per la «Co mbinazione » e per il doppio e triplo gioco che si manifestano forse meno in altri paesi, soprattutto in Inghilterra, dove il senso dello Stato, la difesa dell'interesse «ge nerale », la fedeltà al sovrano impregnano presto anche l'operato delle s pie di Sua Maestà.
Le cose tuttavia cambieranno in seguito, con la formazione in Italia di città-stato, dalle dimensioni, dalle potenzialità economiche e dal peso politico tali da poter rivaleggiare con molte grandi monarchie europee.
In questi casi, in particolare a Firenze e a Venezia, si registra una maggiore concordanza, una più marcata corrispondenza con quanto accade nello stesso periodo in molti stati europei in materia di servizi segreti e intelligence.
Prima dell'avvento della Signoria, la città pullula di spie di tutti i generi (frati, contadini, ruffiani, giocatori commercianti ccc.) che agiscono tuttavia in maniera disordinata, inefficiente e con finalità immediate e spesso ambigue. Senza cioè un obiettivo di insieme. Spionaggio improvvisato c caso per caso.
È solo con Cosimo dc' Medici il Grande, autoritario iniziatore del granducato mediceo, che si instaura l'utilizzo sistematico delle spie, per il controllo politico all'interno e per l'autodifesa all'estero, tale da far considerare presto i servizi segreti come uno strumento riconosciuto della nuova organizzazione statale.
Uno strumento tuttavia sempre più utilizzato per sor-
vegliare anche gli umori dei cittadini e per neutralizzare gli avversari politici, qualche volta anche attraverso l'eliminazione fisica. Gli implacabili sicari di Cosimo arrivano dappertutto: a Venezia eliminano Lorenzino, colpevole di aver assassinato il cugino Alessandro; a Parigi fanno fuori Piero Capponi, partecipe alla congiura di Orazio Pucci. In definitiva, quindi, più che un sistema coerente di intelligence, le spie di Cosimo finiscono per formare un apparato, una rete di delatori, sicari e agenti di polizia politica. Secondo l'accurata e perspicace relazione dell'ambasciatore di Venezia, Vincenzo Fedeli, come ci racconta Paolo Preto nel suo interessantissimo volume I servizi segreti di Venezia, Firenze è popolata di cittadini sordi e muti, tanto è il timore di essere spiati, e di finire nell'ingranaggio repressivo del duca: «per sapere e intendere mininwmente tutti gli umori della sua città e del suo stato, (Cosimo) ha costituito un twmero infiiJito di una certa sorte d'uomini, che SOILO da tutti fuggiti come la peste, perché sono già scoperti e so11o chiamate spie del duca, li quali riportano al duca tutto quello che si parla di lui e che di lui si dice nelle case, nelle chiese, llelli monasteri, nelle strade e nelle piazze, e da simili relazioni se ne sono fatte subito dimostrazioni. E questo terrore delle spie è ridotto a questo termine che tutti hanno paura del compagno e che lmo 11011 sia spia dell'altro per acquistarsi la grazia del duca».
L'apparato di Cosimo sopravvive a lungo. Tanto a lungo che, in buona sostanza, viene ereditato e utilizzato dai suoi successori e persino dalla «illuminata» amministrazione austriaca del Granducato, fino ad arrivare al suo dissolvimento nella fusione dei servizi degli stati pre-unitari con le strutture di intelligence del Regno d'Italia.
Antonio Bruciali, infi ltra t o per necessità. Cosimo de' Medici naturalmente non bada a spese per assicurarsi il buon funzionamento dei suoi servizi. Come non bada a spese per promuovere l'arte e la cultura (in sinfonia, del resto, con altri illustri membri della dinastia) attraverso un mecenatismo attento anche alle finalità politiche: gli artisti e i letterati attratti dalla generosità del duca finiscono inevitabilmente per tesserne le lodi, esaltandone le attività e lasciandosi andare qualche volta a ciò che oggi si chiamerebbe «culto della personalità)).
Quindi, mentre spie e agenti sventano pericoli, controllauo gli umori della popolazione e proteggono il duca dai s uoi nemici politici, artisti e letterati ne assicurano in qualche 1nodo il «mnrketing politicO>>, sempre associando il nome e In gloria di Cosimo al nome e alla gloria di Firenze.
Un servizio segreto dalle finalità cm inentemente poi i fiche non può prescindere dalle tecniche di infiltrazione. In questo settore In generosi tà del duca ci po11e davn11ti a sorprese certe.
Uno dei suoi agenti sadt in effetto Antonio Brucio/i, letterato, wnnllistn, filosofo religioso, in odore di eresia per il celebre Nuovo testamento di greco nuovamente tradotto in lingu a toscana, dove emergono le sue simpatie per illuteranesimo, silllpnti e che gli causeranno gravi difficoltà sin sul piano personale che del lavoro.
Bandito da Firenze, si trasferisce con la famiglia n Vmezia , dove il fratello ha una tipografia e dove lavorerà co me correttore di bozze. Bruciali continua peraltro a pubblicare opere filosofiche e religiose che lo portano inevitabilmente in rotta di collis ione con l'inquisizione ("Biblia, quale contiene i sacri libri del Vecchio Testamento"). La sua traduzione della Bibbia, in particolare, viene considerata eretica e messa all'indice nel 1559. Costretto all'abiura, isolato, più volte arrestato, senza risorse, il grande pensatore si rassegna ad accettare la proposta dei messaggeri di Cosimo.
Questa consiste in una provvidenziale retribuzione in cambio di rapporti regolari e dettagliati sulle attività politiche di Venezia, co11 particolare riferimento a tutto ciò che possa interessare Firenze e il SIIO duca.
Un grande letterato, un eccellente scrittore, infiltrato e agente di intelligence per necessità. Di certo i suoi rapporti sono stati letti e apprezzati a Firenze non solo per le notizie trasmesse.
Venezia
Nella città lagunare la sintonia dei servizi segreti con quanto accade nelle grandi monarchie europee è ancora più marcata. Venezia si dota presto di una struttura pubblica destinata a difendere la sicurezza interna ed esterna della Repubblica. Con una caratteristica propria, tuttavia: un sistema di sicurezza centrato in particolar modo sulla dimensione economica e commerciale. Si può dire che nella Serenissima nasce l'«intelligence economica».
Abbiamo in sostanza già visto che a Venezia, crocevia internazionale di scambi marittimi, le nove hanno un'influenza crescente sullo sviluppo della vita economica della Repubblica. Tutti i settori ne dipendono per impostare meglio le proprie iniziative.
Tutti inoltre devono dare il loro contributo, veneziani e amici di Venezia. Sappiamo che per facilitare il «dialogo» dei cittadini con l'amministrazione, vengono istituite le «bocche di leone», specie di cassette postali sistemate presso amministrazioni interessate attraverso le quali piovono domande, suppliche, «raccordi», ma anche delazioni e denunce di ogni genere.
Fin dal 1300 viene creato il Consiglio dei Dieci, supremo organo decisionale per gestire gli affari legati alla sicurezza dello Stato. Successivamente, con l'ampliamento
delle sue competenze, il Consiglio fa ricorso all'operato degli Inquisitori di Stato, potente corpo di super agenti dotato di cospicui mezzi finanziari e con poteri anche giudiziari nell'ambito del Tribunale degli inqui sitori. li Consiglio si caratterizza anche per le sue attività all'estero, utilizzando la vasta rete delle ambasciate veneziane presso le corti più importanti dell'epoca. Gli a mba sciatori veneziani, «Stimola ti » nell'arte di riferire, sempre in bilico s ull 'ambig ua linea di demarcazione fra attività diplomatica e spionaggio (celebre al riguardo il motto di Giacomo
Casanova: «le sole spie confesse so11o gli ambasciatori»), stabiliscono la tradizione diplomatica europea con le loro «relazioni». Un siste ma di intclligence quindi ben funzionante e ben str utturato.
Giacomo Casanova, uno 007 troppo romatltico. Una vita avventurosa, ricca di avve11immti come quel/n di Giacomo Casanova, fra i figli più illustri di Venezia, difficilmente avrebbe potuto escludere la dime1zsio11e di age11fe segreto.
Grande seduttore, impareggiabile co11versatore, eccelle11te scri ttore, geniale anticipatore di eventi elle sarnn11o di attualità decenni dopo (a Parigi, ad esempio, dà vita, i11tomo al1750, n una sorta di lotteria 11azionale per rimpinguare le cnsse dello Stato), Giacomo Casanova è anche, 11ell'ultima parte della sua vita- a partire da/1774- age11te segreto.
Spia peraltro proprio per conto di quegli ((i11quisitori» che an11i prima, ne11755, lo avevano fatto rinchiudere 11el carcere dei Piombi per «libertinaggio», per wza relazione intrattenuta con una certa «suor M M», per apparfe11enza alla massoneria e per spregio della religione, insomma per condotta considerata contraria alla pubblica morale.
Fuggito rocambolescamente dai Piombi attraverso i tetti del
Gmcomo Ca"'/l(ll'n, trol'po romantico per L"Ssere 1111n lmonn 5pin
palazzo Ducale, Casanova per 18 anni era rimasto prudentemente all'estero, incontrando i personaggi più importanti dell'epoca e collezionmzdo innumerevoli avve11/ure galanti e noll pochi guai fl1Inlzzinri.
Tomato finn/mente in patria, accetta, per di fare In spia per co11to dei temibili «i11quisitori> •.
Sembra tut fnvin che le relazioni di Giacomo (le riferte) non siano mai state molto illteressanti per il loro contenuto alquanto generico c vago, comunque senza elementi specifici e sufficienti per poter arrestare o perseguitare qualcuno.
È probabilmente troppo uomo di mondo Giacomo Casanova, troppo conoscitore delle debolezze e dei difetti umani, forse anche troppo romantico, per darsi con profitto a un'attività di spionaggio politico. La sua appartenenza al servizio degli <dnquisitori» è dovuta a puri scopi di soprnvvh'e1zza. In fondo IU! prova una profonda nvversioue.
hz effetti la collaborazione dello «007 troppo romantico» cou gli« inquisitori" sz trascina stnncamen te per alcun i mmi, fino alla sua totale intermzione per «scarso relldimento». Uno scarso rendimento, tuttavia, che suona come un bel complimento per l'illteressato, impegnato invece nella redazione delle sue memorie, Histoire de ma vie, Pero capolavoro letterario.
Va detto che lo Stato pontificio non dispone all'epoca di uno specifico apparato addetto alla raccolta di informazioni finalizzate. Et pour cause: per lungo tempo in effetti non ne avrà bisogno.
I papi godono di un eccezionale vantaggio rispetto agli altri sovrani: possono agevolmente acquisire notizie da tutto il mondo attraverso il clero secolare o la formidabile rete di nunziature, monasteri, chiese e istituti religiosi.
In tale contesto svolgono un ruolo particolarmente efficace i grandi ordini religiosi, in particolare i gesuiti, che dispongono addirittura di un loro validissimo sistema di cifratura dei messaggi e si riveleranno a volte temibili agenti di intelligence.
Gli stessi sovrani cattolici, de .l resto, si appoggiano spesso al sistema informativo pontificio traendone non pochi benefici. Conosciamo i casi di Richelieu c Mazarino e dei rispettivi sovrani.
La rapida evoluzione dei tempi rende tuttavia sempre più evidente che se il Papa riesce ad avere (tramite appunto nunzi, vescovi, gesuiti ccc.) informazioni corrette e sufficienti sull'operato della classe dirigente c sug li umori della popolazione, non altrettanto tempestiva si rivela per lui la raccolta di notizie in merito alle grandi trame politicodiplomatiche del XV1/XVII secolo che tendono a spingere la Chiesa- come istituzione temporale e statale- ai margini del concerto politico europeo.
Pio V così fin dal 1566 crea una rete strutturata di agenti segret i, denominata Entità (in un primo momento chiamata Santa Alleanza), che ha il compito di riferire al Papa tutto quanto può essere utile per la difesa della cristianità e per neutralizzare oppositori e nemici politici.
L'Entità godrà dell'incondizionato appoggio dei Gesuiti
che ne faciliteranno senz' altro le attività, mettendo a sua disposizione i punti di appoggio e riferimento dell' ordine presenti in molte parti del mondo.
La rivoluzione francese, la bufera napoleonica, gli stravolgimenti del XVIIT/XIX secolo faranno gradualmente prendere coscienza al Papa che i tradizionali canali informativi fino ad allora utilizzati si rivelavano insufficienti a percepire il costante infittirsi delle relazioni internazionali e che occorreva di conseguenza organizzarsi altrimenti, aggiornando e adattando il sistema informativo per stare al passo dei tumultuosi mutamenti dell'epoca. Sulla scia di tale esigenza viene creato il cosiddetto Sodalitium Pianum, una rete di informatori tesa soprattutto ad acquisire notizie per meglio lottare contro le forme di modernismo che sembrava minacciare i cardini tradizionali della chiesa e il suo potere temporale. Sciol t o nel1922, per alcuni avrebbe continuato a operare segretamente fino al1946
Non c'è quin di proprio da meravigliarsi se anche ai nostri giorni il Vaticano disponga di un moderno organismo informativo di cui in realtà si sa poco, ma che deve funzionare molto bene nell'ambito degli specialisti della gendarmeria vaticana e sempre con il prezioso ausilio dei gesuiti e dei nunzi apostolici. Non tanto per raccogliere notizie di strategia geopolitica, quanto piuttosto al fine di esaminare l'evolversi della situazione nei vari paesi del mondo sia per tenere informata la gerarchia ecclesiastica sia per difendersi da possibili attentati contro il Papa. In questa ultima prospettiva la collaborazione con i servizi informativi italiani sarà, c'è da giurarci, intensa e continuata.
C'è insomma poco posto per la fantasia, immaginando strutture su per segrete, operative e dalle non sempre chiare finalità ... Come ha cercato di far credere recentemente un immaginifico scrittore che ha affermato sul suo blog di
avere finalmente "scoperto" i servizi segreti del Vaticano!
Nome? Istituto Gesuitico di Studi Vaghi (sic!) (IGESV A).
Indirizzo? Vin dei Cherubini 32, Roma. Direttore? Un non meglio identificato Monsignor Novacek. Nucleo operativo?
Un gmppo di superagenti denominato RIP (Req11iescnnt In Pacem). Uno scherzo evidentemente, nel quale peraltro molti sono incredibilmente cad u ti.
In definHiva, al di là di sigle improponibili e lasciando da parte riferimenti a strutture del passato, è certa oggi l'esistenza in Vaticano di un attivo, ben organizzato e moderno servizio di intelligence
Alcune «tare», spesso rimproverate ai servizi informativi italiani, vengono da lontano, probabilmente dal momento stesso della loro creazione, nel1863 sotto la direzione del colonnello Edoardo Driquet, due anni dopo la dichiarazione dell'Unità d'Italia.
La fusione degli apparati degli Stati preunitari avviene, in effetti, in maniera piuttosto frettolosa e disordinata (prima ancora che la nuova Pubblica sicurezza, nel 1867, imponga la propria sovranHà su tutte le province del regno), sotto la pressione degli eventi e senza significativo ricambio generazionale. Anzi utilizzando il più delle volte gli stessi agenti delle monarchie spodestate per combattere proprio i colpi di coda an ti-annessionistici dei Borboni e degli Asburgo.
Sin dall'inizio quindi si percepiscono certe tendenze alla «resistenza», ben celate voglie di creare apparati negli apparati, «servizi nei servizi», gestioni talmente riservate da non paterne più ricostmire con esattezza né le origini né i collegamenti. Non si attiva insomma fin dall'inizio un
servizio efficiente, «nazionale», moderno, con alto senso del nuovo stato unitario. Permane invece la propensione, tutta italian a, a considerare i servizi segreti più «Strumento di potere», al servizio cioè di reconditi interessi, che <<Strumento di governo», per assicurare la stabilità interna e gestire la sicurezza esterna, al servizio dello Stato e del bene pubblico.
Del resto l' «Ufficio I» di Driquet ha vita breve. Diviene in effetti capro espiatorio delle sconfitte di Custoza e Lissa, durante la terza guerra d'indipendenza, ed è soppresso nel1866.
Per molti anni le strutture informative superstiti si concentreranno soprattutto nella lotta al brigantaggio meridiona le, nelle cui file affluiscono non solo contadini disperati e diseredati di ogni specie, ma anche ex militari dei disciolti eserciti. Un'intelligence quindi di sostanziale supporto alle truppe piemontesi nella repressione delle manifestazioni popolari che esplodono (al Sud, ma non solo) a causa dei forti '>qui li bri sociali ne ll 'Italia unita e dell'estrema povertà dci contadini.
La tristemente nota legge sul macinato (1869), con le c;ue disastrose conseguenze per i ceti meno abbienti, contribuisce poi a far emergere una nuova coscienza sociale, attraverso cui c;i sviluppano le idee socialiste e le contestazioni anarchiche. In prospettiva nuovi target per i servizi segreti nostrani ...
Ma a sconfiggere il brigantaggio meridionale, più che la cavalleria piemontese, sarà l'attuazione della legge Piea, una normativa di eccezionale durezza e fermamente determinata a liberare "le regioni infettate" dal fenomeno criminale e che, al tempo stesso, garantisce ai briganti catturati riduzioni di pena e immu nit à in cambio di utili informazioni per l'eli mina zione dei gruppi ancora in atti-
vità. Una sorta di normativa sui pentiti ante litteram.
Finita l'emergenza del brigantaggio, si definiscono meglio le competenze fra la dimensione «civile» e quella «militare» dei servizi.
Per la parte civile, anche a seguito dell'attentato a Umberto I nel 1878, per mano dell'anarchico Giovanni Passannante, viene decisa nel1880 una significativa riorganizzazione della Pubblica sicurezza in generale c dei Servizi segreti civili in particolare, che assumono la denominazione di Ufficio per gli affari politici e riservati (dipendente dal Ministero dell'Interno), nel cui ambito viene istituito il primo schedario fotografico degli arrestati e dei sospetti.
All'estero poi- nel quadro di una stretta collaborazione che si instaura fra i dicasteri degli Esteri e dell'Internovengono attivati i consolati italiani, nei cui organici figureranno agenti speciali accreditati come funzionari amministrativi e incaricati di sorvegliare all'estero i nuovi targct dei servizi: anarchici, socialisti e rivoluzionari.
Al termine della prima guerra mondiale, l'Ufficio viene sciolto e riorganizzato in una Divisone affari generali e riservati dalla quale scaturisce successivamente, nel 1930, la ben nota polizia politica di Mussolini, l'OVRA.
L'intelligence militare propriamente detta, dal canto suo, viene ristrutturata solo a partire dal 1900, con la ricostituzione dell'«Ufficio i» (dipendente dal ministero della Guerra), il cui sviluppo tuttavia è molto lento nonostante gli sforzi dei rispettivi responsabili. Situazione che dura fino alla vigilia della guerra di Libia nel1911, quando l'urgente necessità di "carte topografiche" e di notizie sulla conformazione geografica della regione schiudono ai servizi militari nuovi orizzonti, buone occasioni di ampliamento e, soprattutto, fondi insperati. Noti e insospettabili geografi, ufficialmente in Tripolitania in missione scienti-
fica, in realtà preparano, su istruzione e dietro cospicuo compenso dell'Ufficio I, dettagliate carte topografiche in vista dello sbarco militare italiano e forniscono anche utili notizie sulle difese turche e sulle popolazioni locali.
Altra convulsa riforma è introdotta allo scoppio della prima guerra mondiale ne11914. Ma risulta tuttora incerto l'effettivo contributo dato dai nostri servizi all'andamento delle operazioni belliche. Secondo alcuni autori parte della respono.,abilità della sconfitta di Caporetto nel 1917, ad esempio, sarebbe dovuta all'inefficienza dell'intelligence militare. Per altri, invece, non poche colpe del disastro andrebbero addebitate allo stesso Stato maggiore incapace di valutare nella loro giusta portata le notizie ricevute. Se si crede almeno a quanto scrive il colonnello Douhet (peraltro condannato a un anno di reclusione per aver <<Osato» criticare lo Stato maggiore): «Si leggono i bollettim dell'llfficio 11iformazioni ( ... ) Nonostante l'addensarsi delle tmppe austriache nel Trentina <;i comh1cin nd escludere In minaccia e si finisce co11 l'nm111ettere che possa essere una fin tn. Si sn che vi sono dn 14 n 18 divisioni e credesi nello scherzo ... ».
Insomma Douhet ripropone l'eterno dilemma tra l'acquisizione della notizia e la sua corretta valutazione ai fini delle pertinenti decisioni politico-militari.
Questa in rapida sintesi la si tuazione dci «Mezzi speciali» che eredita nel 1922 il fasci<;mo.
Un insieme di uffici e servizi non molto efficienti, di stru tture ancora debolmente consolidate e con finalità non se mpre chiaramente definite. In ogni caso inadatti ai variegati compi-
ti che si ripromette di assegnare loro il na scen te regime che, dopo l'intelligence politica, metterà le mani anche nei se rvizi segreti militari con la creazione del SIM (Servizio Informazioni Militare).
Capitano Eugenio De Rossi, agente speciale ante fitteram. Se volessimo cercare Wl predecessore credibile degli «agenti speciali», non quelli cinematografici ma quelli realmente esistiti, dovremmo forse far rijerime11to a 1111 eroe della prima guerra 111011dinle, il capitano Eugenio De Rossi, brescimw, nato nel1863. Capitano dei bersaglieri, di stanza n Pi11erolo 11elln fortezza di Fenestrelle, De Rossi inizia ne/1893 la sua attività di intelligence militare redige11do tm pregiato studio su l/11 possibile colpo di mn11o da parte francese sulle «difese nvn11znte della fro11tiera italiana». Le re/azio11i tra Rornn e Parigi sono in quel periodo molto delicate. ln agosto ad Aigues Mortes (Marsiglia)
In rabbia an ti-italiana (sia per la massiccia emigrazione rli nostri connaziona li vista con crescente diffidenza, sia per l'atteggiamento fortemente nn ti-tedesco di Parigi che si riflette su Roma clte Ila da poco rinnovato l'adesione al/n Triplice alleanza) che provoca ben 50 morti tra i lavoratori italia11i. L'Ufficio l dello Stato maggiore apprezza qui11di co11 particolare interesse lo studio. Lo apprezza tanto che decide di utilizzare operativamente De Rossi per una serie di «escursioni ciclistiche» in Savoia, Valle del Rodano e Alpi Marittime dove osservare i movime11ti delle truppe francesi, le modalità operative di trasporto e di mobilita zione, la configurazione del terreno ecc. De Rossi riesce persi11o a procurarsi wz esemplare di fucile Lebel1886 (modificato ne/1893), inviando/o subito a Roma per i conseguenti accertamenti. L'Ufficio l è sempre più soddisfa tto del lavoro di De Ro ssi cui affida ulteriori incarichi dì «escursioni», questa volta in Carinzia e
Slovenia, dove raccoglie notizie di intelligence militari considerate «molto interessanti». Durante queste missioni De Rossi è sempre intimamente convinto della loro utilità e non mostra mai di preoccuparsi dei pericoli elle comportano.
Nel1890 viene assegnato all'Ufficio storico dello Stato maggiore. Ne è estremamente soddisfatto. Con tale copertura può alternare ricerche storiche e missioni di spionaggio militare in territori stranieri. Le sue «escursioni» questa volta si concentraIlO sull'Impero austro-ungarico, che pur essendo ttn paese allento, è stato il nemico di ieri e potrebbe esserlo, chissà, a11che domani. È sempre bene quindi effettuare nel paese attente ricognizioni di strade, ferrovie e porti, o:>sen•nre le truppe in movimento e in addestramento, mlutnme il morale, seguinu' le manovre. cose cln• De Rossi fa egregiamente.
[ i11cnricato di un'ulteriore delicata missio11e, questa volta i11 Corsica, do·pe deve attivare e consolidare una rete di infonnatori: nnche in questo cnso ottiene 1111 ottimo successo.
Insomma co11 le sue escursioni ciclistiche De Rossi rende grandi sen,igi allo Stato maggiore, trasformando In sua passione per il ciclismo in 1111 pl'ezioso 111ezzo di intellige11ce militare. Alla vigilia della prima guerra mondiale, fa della bicicletta anche uno strumento n fini bellici, ottenemfo la creazione di 11 uovi reparti di bersaglieri-ciclisti.
Nel giugno del 1915 De Rossi, con i suoi uomini, è protago11istn ai piedi de/monte Mrzli di una rischiosa operazione bellica che gli vale la medaglia d'argento al Valor militare ma gli costa l'uso delle gambe.
Così, dopo la guerra, l'uomo che aveva percorso in bicicletta vari
paesi d'Europa infiltrandosi nei posti più riservati per raccogliere preziose informazioni militari, il promotore durante La guerra della «mobilità» dei bersaglieri con In bicicletta, si ritrova grande i11valido e impossibilitato a riprendere quell'attività per la quale si era dimostrato uno degli age n ti pi lÌ efficaci e produttivi dell'Ufficio l dello Stato Maggiore.
Risulta praticamente impossibile sintetizzare in poche pagine l'evoluzione dei c;ervizi segreti nei più importanti paesi durante le due guerre mondiali. Per due motivi principali.
Da un lato, bisogna in effetti tenere conto che la guerra tende a diventare <<totale ». I servizi cercano quindi d i adattarsi e aggiornarsi alla nuova situazione, dando però luogo ad attività variegate, spesso confuse, contraddittorie e difficili da decifrare in quanto, pur di raggiun gere lo scopo prefisso (a volte vitale per il successo di w1'azione, di una battaglia, forse delJa stesc;a guerra), tutti i mezzi appaiono buoni. Così gli avventurieri si mescolan o ai professionisti, i civili ai militari, i mercenari ai truffatori e si fa di conseguenza grande fatica a seguire una linea chiara di evoluzione del settore in ciascun paese.
In precedenza le guerre avevano riguardato essenzialmente gli eserciti interessati e i gruppi di persone implicate in specifici- e lim itati - eventi bellici. Per il resto della
popolazione, a parte alcuni "effetti collaterali", gli scontri militari potevano apparire come accadimenti lontani. Con la Prima guerra mondiale, invece, tutto cambia. Il protrarsi del conflitto, la sua estensione geografica, la potenzialità distruttiva delle nuove armi, finiscono per richiedere lo sforzo collettivo di tutto il paese per consolidarne il potenziale bellico e la capacità di resistenza.
Paradossalmente poi sono proprio gli eventi militari nella «guerra totale » a far cambiare, sia pur con le difficoltà e le contraddizioni cui abbiamo accennato, fisionomia ai servizi segreti che gradualmente passano dal mero «Spionaggio » aU'intelligence, cioè da una semplice raccolta di informazioni miJitari o comunque settoriali per finalità tattiche a un esame delle notizie acquisite secondo una prospettiva strategica di sicurezza del paese, in vista di decisioni che vanno prese esclusivamente dal potere politico. Occorre allora ottenere notizie non solo sul dispositivo militare del paese nemico, ma anche sullo stato delle sue industrie, sul morale delle sue truppe, sull'evoluzione politica interna, sull'approvvigionamento della popolazione, in una paroln, sulla capacità di tenuta del paese.
Dall'altro Jato, gli eventi di intelligence, le azioni di spionaggio, le iniziative di disinformazione sono così numerosi e variegati nelle due guerre mondiali da alimentare una bibliografia davvero sterminata, soprattutto nelle pubblicazioni in lingua inglese e francese. Tentarne una sintesi non solo sarebbe arduo, ma probabilmente anche inutile, tenendo conto delle finalità fondamentalmente divulgative del presente studio. n lettore, in effetti, rischierebbe di perdersi nel labirinto delle azioni e controazioni, nel doppio e triplo gioco di molti agenti, nell'intreccio- a volte inestricabile- fra spionaggio e controspionaggio, disinformazione e spie rivoltate, nelle innumerevoli iniziative tentate, fallite o riuscite.
Ci è sembrato quindi più «maneggevole » raccontare le attività dei maggiori responsabili dei servizi segreti, verificare le evoluzioni «tecniche» che si regjstrano sull'onda degli avvenimenti bellici nel funzionamento di alcuni servizi e fare riferimento a figure di agenti segreti che hanno caratterizzato in maniera speciale determinati contesti e periodi storici (come, a esempio, Matn Hnri o Lawrence d'Arabia per guanto riguarda la prima guerra mondiale).
Ci piace, insomma, continuare a scoprire la storia dei Servizi attraverc;o i loro più significativi «007» .
Nei primi anni del )Jovecento si precisano i due «blocchi» dal cui confronto scaturisce la prima deflagrazione definita «mondiale» per il coinvolgimento anche di paesi extraeuropei.
Da una parte quindi abbiamo gli imperi centrali (Germania e Austria-Ungheria), dall'altra la Francia c la Gran Bretagna unite dal 1904 dalla famosa «En tente Cordiale». La Ru.,sia raggiunge Parigi e Londra nel 1907 con la «Triple Entente>>, mentre l'Jtalia è sempre in bilico tra i due blocchi, sebbene legata agli imperi centrali dalla Triplice Alleanza. Il Giappone è alleato della Gran Bretagna. Gli Stati Uniti c;;ono per il momento neutrali, come sono neutrali il Belgio e i Paesi Bassi.
I due principali focolai di tensione sono l'AlsaziaLorena (sempre strenuamente rivendicata dalla Francia dopo la conquista prussiana del 1870) e i paesi balcanici che - sostenuti dalla Russia - si vogliono liberare del giogo della Turchia e dell'Austria-Ungheria.
L'assassinio a Sarajevo dell'erede al trono austro-ungarico Francesco Ferdinando, il 28 giugno 1914, per mano del terrorista serbo Gavrilo Princip, induce Vienna, un mese dopo, a dichiarare guerra alla Serbia. Per il tragico gioco
delle alleanze e contro-alleanze_. in breve tutta l'Europa è messa a ferro e fuoco.
I servizi, come abbiamo visto, subiscono una profonda metamorfosi per far fronte alle nuove esigenze di informazioni non più solo militari, ma anche economiche, politiche, finanziarie, industriali, scientifiche: «globali» in una parola. I civili entrano così nel mondo dello spionaggio: matematici, ingegneri, docenti universitari, linguisti, lavorano accanto ai tecnici militari migliorandone notevolmente le prestazioni anche per rispondere alle sfide tecnologiche che pone la generalizzazione dell'uso della telefonia, della telegrafia via filo e poi radioelettrica, attraverso lo sviluppo delle intercettazioni, dei servizi e metodi di cifratura c decifratura.
Cadono di conseguenza molti dei pregiudizi nutriti dagli alti gradi degli Stati Maggiori verso le forme di «Spionaggio tecnico», che in tempo di guerra progrediscono velocemente e rivelano tutta la loro utilità.
Alla vigilia della prima guerra mondiale i servizi segreti inglesi hanno raggiunto un livello di preparazione e di operatività probabilmente unico al mondo.
Tre personaggi d'eccezione ne dirigono le principali strutture operative: sir Mansfield Ctunming (spionaggio), sir
Vemon Ke/1 (controspionaggio), sir Basi! Thomso11 (Special Branch di Scotland Yard).
Ufficiale della Royal Navy, sulla cinquantina, già semipensionato e con una lunga esperienza di spionaggio operativo, nel1909 Mansfield CummiHg viene inaspettatamente richiamato in servizio dal direttore della N ava l Intelligence
per creare qualcosa di «nuovo», una struttura di spionaggio per l'estero, coerente ed efficace, tesa soprattutto a fronteggiare le minacce che si addensano sui cieli tedeschi. Mansfield, uomo determinato e di carattere, si mette subito al lavoro e in soli pochi anni darà vita a uno dei migliori servizi allora operanti: il «British Secret Intelligence Se17JiCe», più tardi chiamato anche MI6 (Military lntelligence, sezione 6, spionaggio e controspionaggio esterno).
Il metodo di Cumrning è semplice, ma estremamente valido: assoluta segretezza delle attività di intelligence (]a sua stessa identità, sconosciuta ai più persino nell'ambito del suo servizio, è rivelata solo nel1932, cioè ben nove anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1923). Firma le comunicazioni interne con la leggendaria iniziale di «C », scritta con l'inchiostro verde, iniziale utilizzata anche dai suoi successori; recluta persone di grande levatura intellettuale e culturale, e dai provati sentimenti patriottici; ottiene i fondi necessari per l'ampliamento degli organici e delle strutture; lavora in stretto coordinamento con gli altri «Servizi» del suo paese.
Inoltre definisce immediatamente e con chiarezza i principali obiettivi del nuovo servizio: conoscere lo stato dell'armamento navale tedesco e le reti di spie operanti in Europa centrale e orientale.
n primo obiettivo è assicurato dai suoi informatori, uomini d'affari e intellettuali più o meno benevoli i quali gli fanno pervenire disegni industriali, lo informano sullo stato delle navi, gli descrivono le qualità teaùche delle armi
utilizzate dalla Kriegsmarine. Per il secondo obiettivo fatra gli altri- affidamento alla temibile organizzazione della celebre spia operante in Russia, Sidney Reilly.
All'inizio della guerra la buona intesa con Vernon Kell e Basi! Thomson dà i primi importanti risultati. Ben ventidue pericolose spie tedesche vengono arrestate e tutta la rete spionistica tedesca in Gran Bretagna messa in grande difficoltà.
Segue una serie di successi durante tutta la durata del conflitto.
Dopo la guerra, Cumming recupera per la sua struttura (ormai dipendente dal Foreign Office) la responsabilità del servizio passaporti, consentendo così agli agenti dell'MI6 di beneficiare dello status diplomatico presso ambasciate e consolati britannici all'estero.
Prima di lasciare il servizio, a cui rimane sempre vicino come è nella tradizione degli agenti segreti (il Servizio non si lascia mai, ovvero il Servizio non lascia mai i suoi agenti!), imposta le nuove priorità dell'Ml6: la crociata anti-bolscevica, cui associare anche gli altri servizi speciali europei.
Formatosi alla scuola militare di Sandhurst, Vernon Ccorge Waldegrave Kell fa le sue prime, importanti esperienze di intelligence in Cina all'epoca della rivolta dei Boxers (1900); impara perfettamente, da autodidatta, cinque lingue straniere; invia da Tientsin interessanti corrispondenze al Daily Telegraph.
Tornato a Londra, viene assegnato alla sezione tedesca del War Office, dove perfeziona le proprie conoscenze e consolida la propria esperienza in materia di intelligence, facendo mostra di eccezionali qualità operative e organizzative.
Nel1906 quindi viene considerata la persona più indi-
cata per dar vita a un servizio di controspionaggio interno dalle competenze e finalità più ampie rispetto alla dimensione esclusivamente militare. Nasce l'MOSche successivamente prende il nome conservato fino ai nostri giorni: l'MIS (Military Intelligence, sezione 5).
Kell è uno dei capi di servizi segreti più longevi del paese: resta alla testa delJ'MIS per ben 33 anni. Longevità peraltro che sembra confermare il carattere per così dire «nazionale» dell'intelligence inglese, al servizio cioè non di questo o quel governo, ma dell'intera nazione, con agenti e capi che rimangono in funzione solo alla luce delle loro qualità professionali e tecniche.
Se Cummunig è «C», Kell è evidentemente, in un paese dove si adorano le tradizioni, «K».
Durante la guerra gli effettivi del servizio si ampliano in maniera eccezionale: da soli 14 ufficiali nel 1914 a ben 700 nel1918. Nel periodo bellico si conferma così l'efficacia del servizio che si sviluppa ulteriormente specialmente intorno agli anni '30, quando le sue competenze si estendono alla trattazione di tutte le questioni concernenti la sicurezza interna del territorio britamuco.
Non altrettanto bene invece vanno le cose allo scoppio della seconda guerra mondiale quando Kell, forse superato da nuove tecniche e dai metodi spregiudicati dei nazisti, non è in grado di sventare diverse azioni tedesche di intelligence e di sabotaggio.
Winston Churchill - appassionato ed esperto di questioni di intelligence- non può perrnettersi il lusso di tentennamenti o ritardi nel conseguimento di risultati di fronte all'incalzare de11a situazione. Così, nel maggio del 1940, decide di mettere fine alla lunga- forse troppo- carriera di Kell.
È senza dubbio un grande poliziotto Basi! Thomso11, tm avventuriero alla Lawrence d'Arabia, ma con un alto senso dello Stato e della fedeltà alla Corona. Laureatosi a Oxford, giovane magistrato alle isole Fiji, a 29 anni diviene primo ministro del re di Tonga. Rientrato in patria, diventa capo delle ricerche criminali di Scotland Yard e quindi responsabile della Special Branch. Fa del suo servizio il «braccio armato» dell'MIS, che non dispone di poteri giudiziari e non può quindi procedere direttamente ad alcun arresto. Nelle sue memorie racconta con precisione i successi ottenuti grazie alla stretta collaborazione con l'MIS e l'M I6 (allora dipendenti dal ministero della Guerra): «lutto il merito della scoperta delle organizzazioni di
spionaggio tedesco va al servizio di un Dipartimento del 111inistero della Guerra diretto da ufficiali di grande valore e abilità. Da te111po sospettavano che Llll certo Karl Gustave Enzst, parrucchiere i11 Caledonian road, fosse la cassetta postale degli agenti tedeschi dispersi in tutto il paese ( ... ) Circa 22 ( ... ). Fu così deciso di attendere la
Sir Basi/ Thomso11dichiarazione di guerra prima di arrestarli. La mattina del5 agosto La polizia civile ricevette l'ordine di arrestarli». La Germania viene privata proprio nel momento più cruciale dei suoi «OCchi» e delle s u e «orecchie» in Gran Bretagna, ricevendo un colpo durissimo.
Basil continua la sua brillante carriera anche nel dopoguerra, fino agli anni '20, quando si trova ad affrontare una situazione dai contorni squisitamente politici e dove la sola perizia professionale non è più sufficiente: il terrorismo irlandese.
Ma la fine della sua carriera, nel 1925, avviene per un'oscura storia di prostituzione. Viene arrestato da un anonimo agente ad Hyde Park, in flagranza di reato, mentre si intrattiene con una prostituta su una panchina pubblica. Peccato imperdonabile nella puritana Inghilterra di allora: è condannato a una pesante multa e alle dimissioni, anche se sir Basil affermerà sempre di essere vittima di un agguato ben organizzato dai comunisti che odiano e temono le sue qualità professionali.
Chissà? Forse è preferibile credere a una debolezza umana finita male, piuttosto che a una trappola e lementare, da principianti, nella q uale sarebbe caduto «il miglior poliziotto e criminologo di Grnn Bretagna».
Room 40, Old Building («40 OB» ). Non tutti sanno che gli spettacolari successi conseguiti dagli inglesi a Bletchley Park durante La seconda guerra mondiale nel decodificare La macchina rice-trasmittente tedesca Enigma, hanno origine nei lavori impostati vent'anni prima dalla Naval Intelligence Division diretta dall'ammiraglio Reginald Hall (i cui decodificatori lavoravano appunto nei locali della Room 40, nell'Old Building dell'ammiragliato, da cui la sigla «40 08»).
L'ammiraglio Hall è da tempo convinto della fondamentale importanza di intercettare e mettere in chiaro le comunicazioni tedesche per il buon andamento delle operazioni belliche. Hall peraltro riceve presto tutto l'appoggio e l'incoraggiamento di Winstorz Churchill, all'epoca ministro della Marina (Primo ford dell'ammiragliato), il quale, come sappiamo, si appassiona alle questioni di intelligence e alle moderne tec11iche di decodifica di cui intuisce subito i vantaggi per ;t paese in grado di utilizzar/e. Il servizio così si organizza n/meglio.
Prima operazione: una notte i cavi telegrafici sottomarini tedeschi vengono portati alla superficie, tagliati e rispediti sott'acqun, ormai inutilizznbili. Ora i messaggi tedeschi possono viaggiare solo via etere e quindi so11o intercettabili.
Per la seconda operazione, un colpo di fortuna aiuta gli uomini del «40 OB>>.l russi recupernno il corpo di 1111 riffi cinle tedesco dell'incrociatore Magdeburg, affoHdato nel Baltico. Ha con sé intatti i codici eire consentono di scoprire la chiave di cifratura dell'nmmiragfinto tedesco.
Altri «rewperi» per111ettono agli inglesi di ampliare le possibilità di decifraturn. Durante tutto il conflitto, i messaggi inviati o ricevuti dallo Stato maggiore, dal Ministero degli Affari Esteri, e da altri servizi ttjficiali di Berlino 11011 at1ranrro più segreti per Londra.
Scrive Basi! Thomson nelle sue menwrie: «Si stabiliscono delle stazioni di ascolto lungo le coste britallnic!Je. La raccolta noffuma dei messaggi viene spedita agli uomini del "40 OB" per la relativa decijrazio11e: conoscere i piani segreti de/nemico dalla sua propria bocca, vale meglio che una ton/Iellata di rapporti inviati dall'esercito di spie sgui11zag liate dagli alleati. Poche persolle conoscono l'esistenza di "40 OB". La cosa fu tenuta nascosta ai ministri sposati. !messaggi decifrati, a volte 2.000 al giorno, erano conservati con cura e gli stessi membri del governo che li utilizzavano a volte non11e conoscevano la fonte».
«40 OB», uno sconosciuto e non sempre apprezzato organismo, che tuttavia dà un contributo notevole al buon andamento delle operazioni militari inglesi e che entusiasma sempre più il Primo ford dell'ammiragliato, spesso presente negli oscuri corridoi del Vecchio Edificio, dove gli specialisti inglesi penetrano i pensieri segreti dell'avversario, per congratularsi con loro e incoraggiar/i n proseguire In loro preziosa attività.
a caso Winston Churchill, non appe11a tornato al potere nel maggio del 1940, fa di tutto per organizzare la ripresa del lavoro del <<40 OB>>, istituendo il leggendario Centro di decifrazione di Bletchely Pnrk, doPe viene «rotto» il codice tedesco di E11igma c• dove veugouo concepiti i primi comptlfers della storia.
Il « t e legramma Z imm e rmamt »: uu ' op erazion e britanni ca di a cce lera l 'e tttrata in g u erra d eg li Sta ti Uu i ti. Lo11drn è sempre pi rì convinta eire la pnrtecipnzio· ue degli Stati Uuiti possa rivelarsi risolutiva per le sorti del conflitto che dura già da tre anni. Mn quali so11o gli in teressi americani in Europa? Come il gcm?mo di Wnshington potrebbe giustificare un mten1ento statunitense di fronte n uun opiniom• pubblica isoln:iouista e «distaute» dai co11frnsti europei?
Occorre- devouo dirsi gli strnteghi dell'in telligellce britannica - trovare «qualcosa» per persuadere gli americani che, nell'ambito del conflitto europeo, sono i11 gioco anche loro precisi interessi uaz.ionnli e eire quindi 11011 possono rimanere con/e mani in mauo.
Come sempre nelle grandi operazioni di intelligence, un briciolo di fortuna è i11dispensabile. Ln fortulla - che gli inglesi peraltro sono prOizti.;simi a cogliere al volo -arriva questa t 1oltn con zm telegramma che il mi11istro degli esteri tedesco, Arthur Zimmermmm, invia 11el gennaio del1917 al suo ambasciatore n Città del Messico, Von Eckhardt. Nel messaggio Berlino propone
in sostanza ai messicani un'al/emzza in funzione an ti-statunitense. Zimmennann è molto preciso: la Germania si impegna a sostenere i reclami di ritorno del Nuovo Messico, Texas e Arizona al Messico.
«Cominceremo il 1o febbraio una campagna sottomarina senza restrizioni. Speriamo tuttavia che gli Stati Uniti resteranno neutrali. Se 11011 riusciremo iu questo intento, proponiamo le seguenti condizioni: faremo la guerra e concluderemo la pace i11 comune. Daremo il11ostro concorso [l11nnziario e stipuleremo che il Messico dovrà recuperare i ferri fori del Texns, Nuovo Messico e Arizo11a perduti nel 1848. S. V vorrà incaricarsi della messa a punto dei dettagli. S. V è pregata di so11dare Carra11za nella maniera più riservata possibile(. .. ). Faccia capire n Carranza che una guerra sottomarina a oltrmzza avrà ragione dell'Inghilterra e la obbligherà a chiedere la pace i11 soli due mesi. Accusi ricevuta.
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l/testo cifrato del "Telegramma Zimmerman11 "
Il telegramma viene intercettato e messo in. chiaro dal segretissùno- ed efficientissimo- centro del «40 08». L'evento appare subito troppo allettante per non pensare di servirsene. Gli inglesi, tuttavia, aspettano un paio di mesi prima di far pubblicare strumentalmente la notizia, sin per essere assolutamente sicuri della sua autenticità sia per confondere Berlino sulla vera fonte dell'informazione (non far capire, insomma, che i codici tedeschi erano stati «rotti»).
n telegramma del resto costituisce un'irripetibile occasione per influenzare l'opinione pubblica americana e cercare di vincerne le tendenze isolazioniste. Dimostrerebbe, infatti, che il conflitto europeo non è poi così lontano e che l'aggravarsi della situazione rischia di minacciare di rettamente gli USA. Rimettere in discussione l'appartenenza del Texns, Nuovo Messico e Arizona? Impensabile! Chi potrebbe allora, in tali condizioni, essere contrario al coinvolgimento staflmitense?
Così il primo marzo 1917, d'accordo evidentemente con il governo americano (favorevole all'intervento), il testo del telegramma Zimmermam1 è sulla prima pagina di molti quotidiani.
L'opinione pubblica americana, già scossa dall'nffondmnento del transatlantico "Lusitania" a opera di un sommergibile tedesco (con 123 vittime americane), è in subbuglio, il suo isolazioHismo vacilla, l'intervento in Europa appare sernpre più necessario. Le ricadute della guerra europea sono alle porte di casa. Washington insomma è pronta al grande passo.
Guglielmo Il, capito il dirompente impatto psicologico del "telegramma", cerca di ricorrere ai ripari. Licenzia immediatamente Zimmermann. Ma ormai è troppo tardi.
Il 6 aprile 1917 gli Stati Uniti dichiarano guerra alla Germania. Proprio ciò che voleva Londra. Un eccellente risultato per gli uomini della Room 40!
Se Londra si mostra particolarmente attiva sul fronte delle azioni di spionaggio e delle iniziative Intelligence, Berlino non se ne sta certo tranquilla. Anzi una delle operazioni di ascolto clandestino più fruttuosa viene realizzata proprio dai tedeschi, prima ancora che i britannici mettano in attività il servizio «40 OB».
Alla vigilia della battaglia di Tannenberg (agosto 1914), in effetti, i servizi di intercettazione del generale Hindenburg dirigono le loro antenne in direzione dell'esercito russo posizionato di fronte. Lo stato maggiore russo commette a un certo momento l'imperdonabile errore di trasmettere messaggi rad io non cifrati e con l'indicazione dello spiegamento delle forze. Gli esperti tedeschi non si lasciano sfuggire l'occasione. Ottenuta la preziosa informazione, Hindenburg ri-dispiega le sue truppe in funzione delle notizie acquisite e infligge ai russi una terribile sconfitta. Successo che non meravig lia se si pensa a chi d irige in que l momento i servizi segreti tedeschi: il colonnello Walter Nicolai. Personaggio pittoresco e contraddittorio dalle gra n di capacità organizzative c operative, ma anche dalle vistose deficienze di v isione po litica. Uomo forse più di intrighi e di spionaggio militare classico che non agente di intelligence, con respiro politico e di ampie prospettive.
Il n azio nal is t a Nico lai. A Konigsberg ne/1906, u11 giovane ufficiale del controspionaggio, Walter Nicolai, organizza una rete di spie sul territorio russo ottemndo notevoli successi e ampi riconoscimenti, tanto da spazzare via quella pati11a di disgusto e avversio11e nei confronti dei servizi dell'ombra da sempre nutrita dai grandi generali prussiani, da von Clausewitz a von Moltke. Successi che nel1913 gli varra111to la nomina a capo dei servizi di controspionaggio con il grado di colo1111ello.
Va tuttavia detto che se Nicolai ottiene numerose affermazioni sul terreno, sia nel settore dello spionaggio che del controspionaggio, non altrettanto avviene nella «prospettiva intelligence>>. A Nicolai infatti si rimproverano tre errori principali: non aver capito che gli Stati Uniti sarebbero entrati prima o poi ù1 guerra (tralasciando quindi di attivarvi una solida rete informativa quando erano ancora neutrali), aver trascurato del tutto l'intelligence economica (contrariamente a quanto avevano cominciato a fare tutti gli altri servizi segreti), aver omesso di acquisire notizie su un'arma nuova, destinata a rivoluzionarne l'arte della guerra, il carro armato!
Tuttavia, abbasta11za misteriosamente, Nicolai sopravvive alle alteme vicende dello spionaggio tedesco del periodo bellico e continua a controllare i servizi fino al1921. Diventa successivamente l'uomo di tutti gli intrighi e di tutte le operazioni ombra che legano i nazionalisti tedeschi e svolge un ruolo uotevole nell'apparato informativo del partito e dello Stato nazista.
È lui che negozia con l'URSS gli accordi che permeffo110 all'esercito tedesco di ricostituirsi e di addestrarsi nei territori russi (in barba ai divieti di Versailles). Al crollo del nazismo, Nicolai fa perdere le sue tracce. Ricercato, nessuno sa dove sia finito. Molti lo dan110 rifugiato presso «gli amici sovietici», altri sono sicuri della sua fuga in Sud America, come tanti gerarchi nazisti. Non si esclude nemmeno l'ipotesi di u11 s uo anonimo suicidio, dopo essersi tanto impegnato, da acceso nazionalista, per il Terzo Reich che doveva durare mille anni e che invece va in frantumi dopo appena 13 anni d'esistenza.
Capo dei servizi controverso, politicamente impegnato, nazionalista e nazista, Nicolai aveva commesso numerosi errori di valutazione politica e strategica. Ma non sbaglia la sua uscita di scena, degna di un grande agente: nessuno in effetti rivede o ha notizie del colonnello Walter Nicolai, svanito nel nulla, dopo la primavera del1945.
Margaretlw Geertruida Zelle, inquieta ragazza della provincia olandese, passata alla storia con il nome d'arte di Mata Hari, è per molti l'archetipo della spia romantica, generosa, bella, travolta dagli avvenimenti e dai sentimenti, tradita dagli stessi uomini cui ha dato spesso e volentieri piacere.
Se però si sfronda il personaggio dalle sovrapposizioni letterarie e soprattutto cinematografiche che ne hanno fatto una leggenda, si scopre una realtà un po' diversa.
Mata Hari non è romantica (è una detni-mondaine di alto bordo), né generosa (è sempre a corto e in cerca di denaro), né propriamente bella (alta, è molto piacente e sensuale nei suoi audaci travestimenti orientali, ma non ha molto seno ed è piuttosto abbondante sui fianchi), né spia professionista (i suoi tentativi di avere un minimo di formazione professionale alla scuo la tedesca di spionaggio di Fraulein Doktor falliscono clamorosamente) e il suo maldestro disegno di avviare un pericoloso doppio gioco (per ricevere contemporaneamente somme d i denaro dai tedeschi c dai francesi) finisce tragicamente il 15 ottobre del 1917 nel Bois de Vincennes, nei pressi di Parigi.
Tuttavia, di fronte al ploto n e d'esecu7ione, Mata Hari muore con dignità e con coraggio. Rifiuta la benda agli occhi e il suo ultimo bacio è per i giovani soldati che s tanno per ucciderla. E, ancora una volta, il suo fasci-
no funziona: dei dodici colpi sparati, otto mancano volutamente il bersaglio, uno è caricato a salve, come da tradizione, e solo tre le sono fatali.
Una fine nobile, che riscatta forse la sua non esaltante vicenda umana. Ma chi è l'agente H21?
Nata nel 1876 a Leeuwarden, in Olanda, da una famiglia di commercianti (il padre era un cappellaio), Margaretha sin da giovanissima si mostra insofferente alla soffocante vita di provincia e alle grigie prospettive di una vita da bottegaia.
A soli 18 anni, ma ormai donna formata e desiderabile, evade dal difficile ambiente familiare rispondendo a un annuncio di giornale pubblicato da un non più giovanissimo ufficiale dell'esercito coloniale olandese, Rudolph Macleod, in cerca di una giovane moglie da portare con sé nell'isola di Giava, dove è destinato a prestare servizio.
Margaretha è ben contenta di seguirlo per correre l'avventura negli esotici l idi delle Indie olandesi, abbandonando le brume e il freddo del nord Europa.
Per qualche tempo le cose non vanno male. Margaretha ha dal capitano Macleod due figli, un maschio, Norman, e una femmina, Luisa (Nollah), mentre la carriera militare del marito conosce qualche positivo sviluppo.
In pochi anni però i rapporti fra i due coniugi si guastano in maniera irreparabile. Il caldo, le febbri, la differenza di età, l'alcolismo di Rudolph, la voglia di vivere di Margaretha, il forte impatto della realtà esotica sulla giovane olandese attirata dalla musica, dai colori, dalle danze e dalla gente del posto, un dramma familiare (la misteriosa morte del figlioletto Norman avvelenato, sembra, da un servo esacerbato da un aspro rimprovero), determinano la fine traumatica del matrimonio.
Dopo il rientro precipitoso in Europa e il divorzio,
Margaretha si ritrova presto senza so ldi, senza lavoro e senza marito.
Ma bisogna pur vivere. A i utata anche dalla sua carnagione scura e da capelli e occhi nerissimi, che non ne fanno certo il tipo di donna olandese, si inventa il misterioso personaggio di Mata Hari («occhio del mattino »), ballerina esotica e spregiudicata che inaugura in qualche maniera la moda dello streap- tea se, mandando in delirio le platee di uomini che accorrono ad acclamarla in attesa del momento fatale in cui rimane nuda sulla sce na.
Mata Hari poi condisce le sue ardite performance con sa lse esotiche e ingredienti di sacralità facendo sognare gli attempati aristocratici che si affollano ai suo i piedi: «Sono nata 11el sud dell'India in u11a città santa chiamata jauffnpnfall in una famiglia della casta sacra dei brami11i. Mio padre, per il suo spirito caritatevole, si chiamava Assirvadnm 'be11edizione di Dio'. Mia madre, gloriosa bajadera del tempio di Ka11da Swa11y, morì n 14 a11ni il giomo s tesso della mia 11ascita. (. .. )l sacerdoti mi adottarono e mi diedero il 110m e di Matn Hari, 'occ!tio del mafti11o'. ( ... )Mi riuchiusero Ilei palio della pagoda di Sliiva e, segttelzdo le orme materne, mi insegnaro110 i sa11fi riti della danza. A riscl1io della vita sono entrata successivamente nei fempli segreti dell'India dove Ilo assistito alle esibizio11i delle danzatrici sacre davanti ai simulncri più esclusivi di Shiva, Visnù e Ka/ì. Persilzo i sacerdoti cl1e sorveglimzo l'altare sacro mi hall/W creduto una bajadera del tempio. La vendetta dei sacerdoti lmddisti per chi profana i riti è terribile.( ... ) Giu11fa alla pubertà, la gra11de maestra, che vedeva in me una creatura predesti11nta, decise di consacrarmi n Shiva iniziandomi ai suoi misteri in una notte di Sakty-Pttjda di primavera». Fantasie «salgariane», confusioni storiche e geografiche, che hanno però l'impatto voluto su un pubblico del tutto ignaro di Oriente, di Indie olandesi e di India britannica. Un pubblico a cui
basta una parola misteriosa come «Sakty-Pujda » (che non vuol dire nulla) per immaginare chissà quali furori sens uali esportati appunto tramite l' «Occhio del mattino» dall'India in Europa, come del resto Mata Hari fa intendere con i suoi invitanti movimenti del bacino.
A partire dal 1905 si esibisce in tutte la capitali europee. Successo, den aro e amanti non mancano. Tra le sue conquiste conta a Parigi Jules Cambon, Segretario generale del Ministero degli Esteri; all' Aja, van der Lainent, presidente del consiglio; a Berlino, il duca di Brunswick ecc. In somma può vantare una vasta rete di «a mici zie» altolocate in più paesi.
Ne l 1914 scoppia la guerra. Mata Hari, con i s uoi 38 ann i, comincia a non avere più l'età per una ballerina esotica e misteriosa. Le esibizioni si fanno più rare, sempre meno teatri la richiedono, anche se continuano ad abbondare gli amanti, in particolare uomini in uniforme, per i quali Margaretha ha semp re avuto una specia le inclinazione. Forse si sta preparando un nuovo ruolo, un nuovo personaggio; forse lasciati i panni di Mata Hari, sta per indossare quelli dell'agente segre to.
Nel gennaio del 1916 il console tedesco all' Aja, von Kremer, propone a Margaretha- dietro un forte compenso in denaro - di raccogliere informazioni in Francia dove è nota la sua vasta .rete di conoscenze e amanti fra gli alti gradi dell'esercito. Margaretha accetta e frequenta, peraltro con scarso profitto come abbiamo visto, la famosa sc uola di spionaggio di Fraulein Doktor, al secolo Elisabeth Schragmuller. Mata Hari è d'ora in poi, per i tedeschi, l'agente H21, codice identificativo AF44.
n controspionaggio francese però la tiene già d' occhio. Il capitano George Ladoux, «il cacciatore di spie>>, nutre forti dubbi sul fin troppo manifesto attivismo della
ballerina e per metterla alla prova le propone, dietro congruo compenso, di lavorare per i servizi segreti francesi (considerate le sue «amicizie» tra gli alti ufficiali tedeschi). Mata Hari, sempre in cerca di denaro, non resiste alla tentazione e accetta. Inizia così un doppio gioco di cui però non percepisce la portata, i pericoli e le intrinseche difficoltà. Sono tutti così gentili con lei!
A Madrid, dove i s uoi continui spostamenti «ar tistici » la portano nel 1916, crede di poter agevolmente muoversi tra le braccia d i addetti militari francesi e tedeschi, sollecitando ingenuamente notizie fra le lenzuola dei migliori alberghi della città. Questa volta però sono i tedeschi a nutrire sospetti e decidono che è preferibile disfarsi di un agente non più attendibile, sospettato anzi di fare il doppiogioco. In un messaggio dell'addetto militare tedesco a Madrid, von Kalle,- trasmesso a Berlino volutamente con un codice conosciuto dal controspionaggio francese- si fa riferimento alla vera identità dell'agente H21: è ìl mezzo migliore per disfarsi con discrezione di un agente non più credibile. Da quel momento, in effetti, il destino di Mata Hari è segnato.
Tornata Parigi senza nulla sospettare, Mata Hari viene arrestata il13 gennaio del1917 nella sua camera d'albergo all'Elysée Palace e rinchiusa nella carceri di Saint-Lazare.
A conclusione del processo svoltosi davanti al Consigl io d i guerra, viene considerata colpevole di tutti i capi di imputazione contestatile: Mata Hari è una spia al soldo di Berlino e ha passato al nemico informazioni riservate che hanno arrecato grave danno agli interess i militari francesi. « fl Consiglio di Guerra condamw all'unm1imità Margaretlta Geertruida Zelle alla pena di morte mediante fucilazione». La sentenza viene eseguita il15 ottobre 1917. Nessuno reclama il corpo della ballerina più acclamata del suo tempo.
Mata Hari, pericoloso agente tedesco? Che abbia fornito informazioni riservate non c'è dubbio. Che queste abbiano arrecato danno agli interessi francesi appare invece assai improbabile. Anzi, i più accreditati storici ritengono di scarsa rilevanza le notizie passate ai tedeschi.
Perché allora condannarla a morte? Non tanto per la c;ua attività di spionaggio, quanto per «dare l'esempio», in un momento in cui la guerra segna il passo, gli alleati sono in difficoltà, le diserzioni si moltiplicano, il disfattismo dilaga nelle trincee. L'eliminazione di un personaggio così conosciuto, con tanti amici tra le alte sfere militari e politiche di diversi paesi, suona come un deciso e duro monito alle disfattiste di molti.
Mata Hari in definitiva, come aveva promesso a Ladoux, rende paradossalmente un grande servizio alla Francia. La sua eliminazione funziona da deterrente, mostrando alJ'opinionc pubblica e soprattutto ai (gli umili soldati delle trincee) che per Parigi la guerra continua con decisione e che non c'è posto per i disfattisti, i disertori, gli obiettori di coscienza c soprattutto per le spie. Sacrificata insomma pour l'exemple!
Difficile riassumere in poche righe la vicenda umana, storica e po litica di un personaggio dalle motivazioni spesso inafferrabili, dalle ambizioni smisurate, dal carattere particolarmente introverso, dai sentimenti volentieri tenuti nascosti come Lawrence d'Arabia. Del resto, lui c;tesc;o, parlando di sé, dice: «Non sono fra gli uomini che si possono riassumere in tre parole».
Se il distacco tra leggenda e realtà è evidente nel caso di Mata Hari, non altrettanto si può dire per Lawrence d'Arabia nei confronti del quale l'identificazione tra realtà
e leggenda appare invece più credibile, il confine tra mito e personaggio storico più sfumato.
La sua è in effetti una vita «leggendaria», in cui si mescolano in maniera inestricabilc i fatti e l'interpretazione dei fatti; i suoi anni vissuti in Medio Oriente rivestono un significato davvero eccezionale per l'evoluzione politica di quella regione, il suo contributo alla causa araba è di immensa portata. Uomo di cultura, archeologo, militare, agente segreto, «agente di influenza », consigliere politico, scrittore, filosofo; ma chi era veramente Lawrence d'Arabia? Per gli arabi è un liberatore, per gli inglesi un traditore, per qualcuno un mitomane, per Churchill «wto dei più grandi principi che In nafllra abbia creato ».
Gallese, secondo di cinque figli illegittimi, Thomas Edward Lawrence nasce ncl1888 a Tremadoc a seguito di una relazione avuta dal padre, Thomas Chapman, con la sua giovane governante, Sarah Madden. Per tutta la vita soffrirà e risentirà dell'illegittimità della sua nascita. Dotato di eccezionale intelligenza, a due anni impara l'alfabeto unicamente ascoltando il fratello maggiore che lo recita, a sci anni studia il latino. Vivendo in un ambiente di ragazzi (i suoi quattro fratelli e i loro amici e compagni di scuola), si sente sempre più attratto dall'universo maschile, mentre la sua timidezza verso le donne si trasforma presto in una sorta di avversione.
Piccolo di statura a causa di un incidente nell'adolescenza che ne limita la crescita (non supera 1,64 m), biondo, occhi azzurri, carnagione bianca (immagine ben riflessa- salvo la statura- dall'attore Peter O' Toole nel celebre film di David Lean), iscritto all'Università di Oxford, a partire dal 1909 viaggia in lungo e in largo nel Medio Oriente per redigere la sua. tesi di laurea in archeologia dedicata «all'influenza delle crociate sull'architettura militare euro-
pea». La regione l'affascina (<<gli arabi esercitano un'attrazione particolare sulla mia immaginazione»), non sa ancora che ne diventerà l'eroe di riferimento.
Il 2 agosto 1914 la Turchia- alleata della Germaniaprende le armi contro la Gran Bretagna. La rivolta araba diventa improvvisamente un fattore fondamentale della strategia britannica nella regione.
I servizi segreti di Londra si agitano, cercano le persone più idonee per entrare nel complicato gioco di cavalcare le aspirazioni autonomiste arabe ma solo ... in fun7ione an titurca. Di candidati idonei ce ne sono pochi. L'atteruione si concentra su quello strano giovane gallese che ha adottato le usanze e i costumi dei beduini, è capace di condurre la loro stessa vita, di mangiare e di vestirsi come loro, di sopravvivere come loro aUc incognite del deserto. Si tratta inc;omma di un elemento che può essere molto utile.
Alla luce dell'esperienza acquisita, considerata la sua conoc;cenza dei luoghi e della lingua araba, Lawrence viene assegnato, quattro mesi prima dello scoppio della guerra, alla se7ione dei c;ervizi segreti britannici del Cairo . .t'\ell'ambito delle missioni che gli vengono assegnate nella veste di agente segreto, ha l'incarico di sondare i quattro figli di Hussein, capo delle armate arabe attivate contro la dominazione turca. Si intende bene in partico lare con il terzo l'emiro Faysal, del quale intuisce le qualità politiche e capisce che in lui si identificherà presto la rivolta araba. Nel gennaio del1916, gli giunge la notizia tanto attesa: viene distaccato prec;so lo stesso Faysal come ufficiale di collegamento.
Il 6luglio 1917 gli arabi conquistano il porto di Akaba (sul mar Rosso}, eliminando così ogni minaccia per gli inglesi su Suez. Lawrence, solo ufficiale britannico presente nell'impresa, viene considerato un eroe nazionale:
viste le esitazioni dello stesso Faysal, ha spinto lui stesso gli arabi, in effetti guidandoli al combattimento in una leggendaria cavalcata verso Akaba.
Una vittoria dalle enormi ripercussioni psicologiche su Lawrence: inizia la sua presa di coscienza del ruolo svolto e il desiderio di indipendenza nei confronti delle autorità britanniche del Cairo. Londra in effetti considera la rivolta araba solo «Strumentale» per facilitare l'avanzata dei propri eserciti, ma non ha nessuna intenzione di ritirarsi dalla regione. Per Lawrence invece la rivolta è diventata un fine in sé. «Strumentale» per l'indipendenza della nazione araba. Insomma, dovendo scegliere tra gli interessi della Gran Bretagna e quelli degli arabi, opta per questi ultimi.
Muore «l'agente di influenza» britannico, nasce Lawrence d'Arabia.
Dopo la caduta di Damasco- dove entra da trionfatore in una Rolls-Royce blu seduto accanto a Faysal, futuro re della Siria e poi dell'Iraq - Lawrence comincia a capire che la strategia di Londra ha preso una piega che a lui non piace affatto. Emergono in effetti le prime indiscrc.lioni sull'accordo segreto concluso tra il britannico Sykes e il francese Picot, dove si prevede la divisione delle sfere di influenza nel medio Oriente tra Londra e Parigi. Ne rimane profondamente deluso e indignato. Si rende conto di essere stato utilizzato, manipolato, sfruttato per tradire in definitiva i suoi compagni d'armi arabi, ai quali parlava di autonomia e di indipendenza e che ora invece si vedono solo cambiare di «tutore»: da Costantinopoli a Londra ovvero a Parigi. Non lo sopporta. Si considera tm «traditore», non degli inglesi, ma degli arabi, nella cui causa si è completamente identificato e per il successo della quale ha dato un contributo di eccezionale valore militare e politico. È profondamente deluso e depresso. Decide di fare
Rinuncia al grado di colonnello che si era guadagnato sul campo e rifiuta sdegnosamente un'alta onorificenza militare britannica.
Riappare nel gennaio del1919 a Parigi come consigliere tecnico della delegazione britannica per il Medio Oriente e come interprete e consigliere di Faysal, che cerca di aiutare in tutti modi.
Ma si dimette nuovamente dal suo incarico quando la Francia scaccia Faysal da Damasco, avendo Parigi ricevuto il mandato della Società delle Nazioni su Libano e Siria.
Privo di ulteriori compiti, ha il tempo di iniziare la redazione della sua opera principale, l sette pilastri della saggezza, scritta probabilmente per esorcizzare i suoi rimorsi riconoscendo pubblicamente i suoi errori. Il libro riscuote un immenso successo letterario, successo tuttavia che Lawrence vuole fuggire a tutti i costi rifugiandosi nell'anonimato. Ricorre alla complicità dello stesso Capo di stato maggiore dell'aeronautica per poter prestare servizio come semplice recluta, pur avendo il grado di colonnello, col nome di John Hume, e dimenticare attraverso un duro lavoro fisico le sue disavventure arabe. Nel1925 vuole fuggire ancora più lontano, si fa assegnare a una base aerea della RAF, in India, dove rimane per diversi anni come semplice meccanico, questa volta col nome di T.E. Shaw.
Rientrato finalmente iln Inghilterra, si costruisce su misura una strana routine quotidiana. Nel suo tranquillo e isolato cottage di Clouds Hill (nel Dorset), tra malinconie e depressioni, conduce una sorta di doppia vita. Se la mattina è un semplice soldato in pensione, la sera riceve i più grandi letterati del tempo che vengono volentieri a parlare con il fenomeno letterario del momento e a rendere omaggio all'eroe non dimenticato dell'epopea araba.
TI 19 maggio del 1935, l'uomo che aveva condotto le armate arabe alla vittoria sui turchi, muore a 47 anni nella maniera più inattesa e banale: per evitare due ragazzi in bicicletta, perde il controllo della sua moto e si fracassa il cranio sull'asfalto della strada.
Scompare una leggenda. Ma al s uo funerale, il feretro è seguito da una sola persona: Winston Churchill.
Una sc ultura lo ricorda in una piccola chiesa di Wareham (Dorset), poco distante dal luogo dell'incidente: è vestito come un principe della Mecca, co n i san d ali ai piedi, il corpo avvolto da una bianca djellaba, sotto la testa un cuscino a forma di se lla di cammello, al fianco una s pada dall'impugnatura d 'o ro.
Una sc ultura per ricordare alle generazioni s uccess ive la parabola umana di una delle figure più significative de] XX seco lo.
Thomas Edward Lawrence, alias T.E. Smith, alias T.E.
Shaw, alias John Hume, sarà per sempre c per tutti Lnwre11ce d' Arabin.
Tra le due guerre mondiali
A conclusione della Grande guerra gli apparati c;egreti dei vari paesi coinvolti nel conflitto sembrano prendere direzioni diverse.
La rapida smobilitazionc degli eserciti, le esigenze della ricostruzione, le politiche economiche di breve periodo impongono alle democrazie drastici tagli di bilancio che non risparmiano i servizi di intelligence. Del resto è opinione comune che la minaccia sia ormai sparita. Ci sono solidi trattati di pace in grado di assicurare la ... tabilità per lungo tempo; c'è la nuova organizzazione universale chiamata Società delle Nazioni, garante della pacifica convivenza dei popoli. Perché continuare a mantenere costosi servizi di spionaggio e controspionaggio?
Gli stessi Stati Uniti, con strutture di intelligence già abbastanza arretrate rispetto ai grandi Stati europei, fanno un ulteriore passo indietro nel nome di un rinnovato idealismo nelle relazioni internazionali, smantellando il servizio di decodificazione con tanta perizia messo
su anni prima da Herbert Yardley (il futuro autore del controverso best-seller The American Black Chamber).
Una famosa battuta del Segretario di stato Henry Stimson sintetizza in qualche modo l'atteggiamento dei governanti statunitensi: «Un vero geHtleman 1L0n legge la posta degli altri». Il problema (si sarebbe potuto replicare a Stimson) è che sono gli altri a leggere la posta del gentiluomo. Come comportarsi allora con chi gentiluomo non è? Occorrerà pur difendersi.
Un atteggiamento ingenuo e fin troppo idealista che avrà conseguenze davvero nefaste. I servizi segreti dei paesi democratici infatti tarderanno a capire la vera natura dci regimi che si andavano affermando in Europa c in particolare le mire e le finalità di quello nazista.
Al contrario i regimi (di destra c di sinistra) tesi verso il totalitarismo, valorizzeranno e alimenteranno con uomini, mezzi e finanziamenti i rispettivi servizi segreti.
Proprio in considerazione del contesto in cui operano, gli apparati informativi dei regimi totalitari si trasformeranno sempre più in mere polizie politiche, strumenti utili al consolidamento del potere all'interno e all'affermazione del prestigio all'esterno. ln breve tempo, quindi, la funzione originaria di «informazione preventiva» passerà in secondo piano e i servizi si limiteranno in sostanza ad assecondare le mire di Capi paranoici e irresponsabili.
Trasformazione, tuttavia, che contiene in nuce debolezze di vario genere che non tarderanno a svilupparsi, malgrado la qualità dei dirigenti e degli agenti, a causa delle lotte interne, delle rivalità personali, degli accecamenti ideologici e della paranoia diffusa che caratterizzano progressivamente i servizi di regime. Paranoia che porta i due maggiori dittatori dell'epoca a commettere errori fatali.
Stalin, ad esempio, non vorrà credere alle diverse segnala-
zioni dei suoi migliori agenti circa l'imminente invasione dell'URSS da parte dei nazisti con l'Operazione Barbarossa.
Hitler, dal canto suo, cadrà in pieno nella trappola della «disinformazione» alleata della Operazione Fortitude tesa a far credere che il grande sbarco alleato in Europa, per l'apertura del secondo fronte nel giungo 1944, sarebbe avvenuto nel Pas de Calais e non in Normandia, dove invece ebbe luogo con l'Operazione Overlord.
I servizi segreti dei paesi democratici quindi, dopo uno svantaggio iniziale, non solo riusciranno a recuperare il terreno perduto, ma saranno anche in grado, durante la Seconda guerra mondiale, di vincere il confronto segreto con i loro omologhi nemici, contribuendo in maniera significativa alla vittoria palese degli alleati sulle truppe nazi-fasciste.
Servizi hitleriani: rivalità e sovrapposizioni di competenze
In Germania, attraverso una rigida organizzazione gerarchica, w1 insieme di servizi, strutture e uffici tende in prospettiva a servire un solo capo e a impegnarsi per una sola idea. Tuttavia è proprio l'eccesso di zelo, l'ossessiva volontà di affermare l'ideologia al di sopra di tutto, l'esagerata rigidità gerarchica a causare rivalità, sottovalutazioni, contraddizionir favorendo in definitiva l'intelligence alleata, che sa utilmente approfittare delle debolezze dell'intelligence nazista.
Abwher. Dal1920 al1945 l'Abwher costituisce l'organizzazione incaricata dello spionaggio militare esterno e del controspionaggio delle forze armate tedesche. Creata clandestinamente
in seno all'esercito di 100.000 uomini consentito dal Trattato di Versailles, deriva direttamente dall'Ufficio imperiale lllB di Walter Nicolai e viene «ufficializzato» nel1925. Dieci anni pirì tardi ne prende la direzione l'ammiraglio Wilhelm Canaris nominato con l'assenso di Himmler, il gran controllore di tutte le milizie naziste, le polizie e i servizi di intelligence dello Stato e del partito. Un servizio per la verità IWII troppo efficellte, vittima spesso dell'arte della "deception" del/'Intelligence inglese.
Il 9 aprile 1945 Canaris viene impiccato dai nazisti nei pressi di Norimberga, sospettato di aver partecipato all'orgallizzazione dell'atte11tato del 20 luglio 1944 teso a e/imÌ/l(lre Hitler.
S. D., Serviz io di Sicurezz a . Servizio di informazioni e di polizia politica del Partito nazista dipelldente dalle SS. Creato da Hitler nel 1931 e subito affidato a Reinllard Heydrich. Primo incarico: distruggere Emest Roh111 e la sua organizzazione paramilitare S.A. («reparti d'assalto»). È all'origine della tristemente famosa notte dei lunghi coltelli, fornendo al Fiihrer le prove del «tradime11to» degli uomini di Rohm. L'SO diventa la «polizia politica>> del paese. Co11trolla tutta la società tedesca nelle sue varie espressioni e e/assi sociali e va a caccia senza pietà degli ebrei e degli avversari delle idee nazionalsocialiste. In continua competizione conl'Abwehr di Canaris, su cui vorrebbe esercitare un esteso controllo «politico» e di cui non apprezza i metodi di investigazione, considerati non abbastanza spregiudicati e, soprattutto, senza sufficiente connotazione ideologica.
Ges tap o, Poli z ia s egre ta di S tato. Creata nel 1933 in Prussia dal primo ministro regionale di allora, Herman11
Goring, passa successivamente sotto il controllo delle SS di Himmler. Compito della Gestapo è «Combattere tutte le tende11-
ze pericolose per lo Stato>>. Una voluta indeterminatezza per darle in pratica immensi poteri al di sopra della legge e al di là di qualsiasi responsabilità Perso tribunali penali o amministrativi. Al solo apparire dei suoi agenti, irmnancabilmente vestiti COI I l'inzpermeabile di pelle 1tera, si manifesta un solo sentimento: terrore. La Gestapo ha autorità per indagare su tutti i casi di tradimento, spionaggio, controspionaggio e attacchi criminali al Partito nazistn. Durante la seconda guerra mondiale la Gestapo arriva n contare ben 45.000 unità specializzate nel controllo delle aree occupate dell'Europa per dare la caccia a ebre1, socialisti, omosessuali, zingari, tutta gente i11somma da spedire nei campi d1 conccntrnmmto.
SS, Squad re di Pro t ez i one. Concepite all'inizio come formazioni paramilitari per la protezione del Partito 11azista, dal 1929 passano sotto il controllo di Heinrich Himmler. Con l'av'l't'llfo al potere di Hitler nel 1933, le Squadre di protezione (5clwtz-5taffeln) si militari::::ano, si sviluppa11o e si conc;o/ida110, facendo di Himmler l'uomo più pote11te del regime dopo il Fiihrer. l suoi compo11e11t1 so11o i11 genere uomini ii1COI1dizionatnmell te devoti al Capo, rigorosamente aria ni, pro nt i n tutto, addestrati per uccidere, con compiti di polizia e di repressione. Durante la seconda g11errn mondiale vengono anche liti lizzate come unità combattenti (Waffen-55). Sviluppa tesi in maniera pertiginosn, fino n contare 1111 milione di uomini, le Waffes 55, si rh'elermwo unità perfettamellte addestrate e adeguatamente ideologizzate.
RHS A , Direz i o ne ge n eral e d e lla S icu rezz a de llo S tato . È creata dallo stesso Hilter nel setternbre 1939, co1z lo scopo di raggruppare in un unico organismo i ltUmcrosi servizi di polizia, spionaggio e co11trospionaggio. Tuttavia l'opera-
zione, più che assicurare un miglior coordinamento delle strutture interessate, risponde in realtà all'esigenza di concentrare 11 tutti i poteri nelle mani di Hitler e di Himmler. Va inoltre Iii osservato che malgrado l'importante riorganizzazione, l'RHSA mancherà sempre di due servizi esse11ziali: quello degli ascolti radio-elettrici di esclusiva competenza di Goring al Ministero dell'Aviazione e quello della sezione di criptoanalisi, fino alla ji11e alle dipende11ze dell'Alto Comando Militare.
Union e Sovietica, ovvero della cotmnistione tra servizi di informazion e e cariche istituzionali
L'Unione Sovietica, benché ideologicamente agli antipodi della Germania nazista, sviluppa un sistema di spionaggio e di polizia politica in qualche modo analogo, con le stesse debolezze e ambiguità, le stesse tendenze a servire una sola persona, un solo capo, trasformando sempre più i servizi di intelligence in polizia politica al servizio del regime. Tuttavia con una specifica caratteristica: l'integrazione fra potere politico e serviL.i di spionaggio è tale che spesso i capi dcll'intelligence diventano responsabili politici di primo piano. Secondo una tradizione che dura ancora oggi con la rinata e "democratica" Russia, se si pensa che Putin, l'attuale Presidente, è stato ufficiale del KGB e, successivamente, capo dei nuovi servizi segreti F.S.B.
Ceka, Commissione s traordinaria per la lotta alla controrivoluzione e al sabotaggio. È il primo organo di sicurezza, di polizia e di spio11aggio creato dai rivoluzionari sovietici fin dal 1917. Svolge per i bolscevichi lo stesso ruolo
dell'Okhrana per il regime zarista. Inizialmente la Ceka si prefigge di effettuare i11chieste giudiziarie, ma a partire del febbra-
io 1918 diventa l'organo di repressione di tutti gli oppositori al regime e lo strumento di un terrore cieco e organizzato . Spiare per eliminare . Ha il potere di uccidere, senza processo, tutti coloro che si frappongono al trionfo del regime comunista . La sua attività si svolge in tre direzioni: lotta agli oppositori della rivoluzione all'estero; lotta contro gli oppositori interni; controllo delle convinzioni ideologiche di militari, contadini e operai. I suoi metodi sono efficaci: in quattro anni di «attività» le si accreditano 250.000 esecuzioni sommarie. Come poteva in tali condizioni resistere un'opposizione interna?
Nel 1922, finita la guerra civile, la Cekn diventa la GPU (direzione della Polizia di stato); questa dipende direttamente dal Soviet supremo e non più dal ministero dell'Interno, accentuando così la commistione dei ruoli fra intelligence e potere, tra responsabili dei servizi e cariche istituzionali. Nel1941, per far fronte alla minaccia tedesca, Sta/in crea l'NKGB togliendo alla GPU le missi01ri di sicurezza all'estero. Organismo questo che ha vita breve: qualche mese dopo la sua nascita è assorbito dal più famoso NKVD.
N KVD, Commi ss ariato del popolo ag li affari interni. Costituisce probabilme11te la pizì grande organizzazione di terrore poliziesco e di spionaggio del XX secolo, il riferimento per tutti i regimi totalitari. Istituito nel 1919, tre anni dopo assorbe la CPU, erede come abbiamo visto della terrificante Ceka e riceve come missione principale la liquidazione di ogni forma di opposizione al consolidamento del comunismo in Unione Sovietica. Il suo successo più grande è il reclutamento di cinque brillanti studenti di Cambridge, dei quali Kim Philby sarà l'agente più noto.
Nel1934l'NKVD cumula le funzioni di polizia politica, giudiziaria, di frontiera, di milizia e assume la responsabilità dell'amministrazione dei campi di concentramento e dei lavori for-
zati (GULAG). Nel1935 è l'oggetto delle prime grandi «purghe» di Sta/in. 3.000 suoi agenti sono jr1cilati senza processo . Diventa quindi un docile braccio secolare del grande Capo per aiutarlo a eliminare i nemici del popolo che si annidano nel partito, nelle forze armate e nello stesso GRU, il servizio segreto militare. Nel 1937 il famigerato Beria 11e diventa il capo. Nel 1943 viene istifz<ita la temibile cellula chiamata Smersh, COli compiti di controspionaggio nelle forze armate sovietiche. Man mano, cioè, che le truppe sovieticl1e avanzano verso ovest, la Smersh deve ricercare e arrestare tutti gli individui sospettati di collaborare co/nemico. Ne/1946 I'NKVD diventa a tutti gli effetti 1m ministero, con il nome di MVD. Dopo la morte di Sta/in si fonde co11 il NKGB per dar vita nel 1954 al potentissimo KGB, che sarà compete1zte sia per lo spionaggio estero che per il controspio11aggio intemo.
G RU, Direz ion e prin ci pal e de ll ' intellige n ce mil ita re. È creata lle/1918 con decreto di Lenin su proposla di Troisky, il primo orgmtizzatore dell'Armata rossa, forse per con lrobilanciare il peso e il potere della Ceka. L'importanza accordata all 'ilttelLigence militare dal potere sovietico è tale che il GRU- 1111ica eccezione nella girandola di sigle elle abbiamo inco11trnto- ati mversa t11ttn In storia dell'Unione Sovietica, sopravvivelldo persino alla sua scomparsa. Tra le due guerre il GRU, alle dirette dipendenze dello stato maggiore della difesa, orienta le sue attività verso l' intelligeHce strategico-militare e la raccolta di informazioni sugli armamenti . A nche il GRU viene decimato dalle purghe staliniane, pur avendo svolto un eccellente lavoro, come per esempio con il reclutamento di Richard Sorge (colui che avverte Stalin sull'imminente attacco nazista).
Storicamente il GR U conosce due evoluzioni principali: una riorganizznzione durante In seconda guerra mondiale per accentuare il collegamento diretto con Sta/in, e nel 1949 quando, a
fronte della nascita della CIA, Mosca pensa di dar vita a un grande sen,izio unificato di intelligeHce. Ma l'elefantiaca burocrazia sovietica frena l'avvento di questa nuova struttura. Da allora l'intelligence militare ritrova e conserva una certa autonomia in seno alle forze armate sovieticlw. Con la scomparsa dell'URSS, il GRU diventa servizio di illformazioni militare della Russia. I suoi compiti coprono l'intero ciclo della «informazione finalizzata>> attraverso la raccolta e l'utilizzo delle informazioni nei tre settori tradizionali dello spionaggio: 11111n110, teC11ico ed elettrouico.
L'lntellige1lce fascista
Ceka, OVRA, SIM, MSVN, nomi e sigle dell'era fascista che forse non dicono molto ai giovani di oggi, ma evocano per i loro padri e nonni sinistre e vaghe reminiscenze di organismi di polizia e d'inlclligence al servizio del regime.
Il fascismo, al pari degli a ltri regimi autoritari, si trova presto obbligato ad affrontare le due principali sfide dalle quali dipende la propria c.;opravvivenza: generare il consenso e controllare la dissidenLa.
Per stimolare il consenso, viene creata un'efficiente struttura propagandistica c di indottrinamento, con i suoi specifici riti, le sue spettacolari scenografie, le sue «mistiche» liturgie. Le masse ne sono indubbiamente colpite. Una struttura quindi che non fallisce l'obiettivo.
Per consolidare il potere e imbrigliare le correnti politiche d'opposizione, sono invece istituiti diversi corpi investigativi: le «polizie di Mussolini>>. Polizie, appunto, al plurale, giacché si tratta di corpi e organismi istituzionalmente differenziati, ma gradualmente tendenti verso una sola finalità: salvaguardare il regime e proteggere il suo Duce. Anche in questo caso si può dire che la missione affidata all' «intell igence fascista» è stata compiuta con successo.
Si passa così dalla polivalente Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN), alla famigerata Ceka del Vimina/e; dal sofisticato controllo della PS da parte di Arturo Bocchini all' onnipresente O VRA, al SJM (Servizio Informazioni Militare). Si assiste insomma nell'Italia fascista al classico fenomeno di identificazione del partito vincitore con le strutture dello stato conquistato, come del resto era avvenuto qualche tempo prima in Unione Sovietica e come avverrà qualche anno dopo nella Germania di Hitler.
La Milizia
MSVN è la prima sigla che gli italiani imparano a conoscere dopo la formazione del primo governo Mussolini, nel novembre del1922. Avuto dal re il potere, il trentanovenne Presidente del Consiglio ha una preoccupazione principale: fermare l'ondata di violenza dei suoi squadristi, i quali continuano ad agire sulla scìa dei metodi fino ad allora utilizzati per combattere gli avversari del movimento fascista. La violenza, tuttavia, prima celebrata come «efficace» metodo di lotta politica, ora rischia di compromettere proprio le prospettive di durata del primo governo Mussolini, governo di coalizione appoggiato dai liberali e dai popolari, approvato alla Camera dei deputati con una maggioranza schiacciante (306 sì, contro 116 no), ma assai instabile. I deputati fascisti d'altra parte sono pochi, appena 35. Tutto quindi è ancora possibile. La situazione potrebbe ribaltarsi in qualsiasi momento se la coalizione si sciogliesse. Occorre adottare presto misure di auto-conservazione.
Tra le più significative di queste va sicuramente annoverata la costituzione, nel gen n aio del 1923, ad appena poche settimane dalla nascita del governo, della Milizia
volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN), «la Milizia», come è successivamente chiamata, un organismo dalle molteplici finalità, peraltro non ben delineate al momento della sua creazione.
Come affermato dallo stesso Mussolini, la Milizia serve innanzi tutto «a far rientrare nella legalità le squadre d'azione», inserendole in un corpo militarmente organizzato, ma senza disperderne «lo spirito e l'ardimento», cioè la voglia di menar le mani ... È poi chiamata a svolgere compiti di varia natura, con variabili finalità.
Recita l'articolo 2 del Decreto istitutivo: <<La MVSN è al servizio di Dio e della Patria e agli ordini del Capo del Governo. Provvede con i corpi armati della Pubblica Sicurezza e col Regio Esercito a mantenere all'interno l'ordine pubblico e prepara e conserva inquadrati i cittadini per la difesa degli interessi italiani nel mondo». Finalità come si vede in parte messianiche («al servizio di Dio»), in parte a\.ltoritarie («conserva inquadrati i cittadini»), certamente inquietanti (un secondo esercito in pratica agli ordini del Capo del governo), suscettibili in ogni caso di interpretazioni diverse.
I compiti della Milizia di conseguenza risulteranno in costante evoluzione nel tempo per rispondere a esigenze contingenti del regime: da milizia armata della Rivoluzione, a vera e propria struttura militare; da centrale di indottrinamento politico-educativo a servizio semisegreto; da supporto del Tribunale speciale a scuola di ardimento.
L'appartenenza alla MVSN non comporta la necessità del servizio continuativo, almeno per i gradi meno elevati.
I membri della Milizia provengono in effetti da varie categorie sociali e professionali e vengono convocati, «attivati», solo per determinate esigenze di ordine pubblìco. Una sorta di Guardia Nazionale, attraverso la quale il nascente regime intende concretizzare un'intensa integrazione fra
società civile, disciplina militare e indottrinamento ideologico. E in parte ci riesce. Dall'appartenenza alla Milizia possono inoltre derivare benefici sociali, opportunità professionaH, stima e considerazione pubbliche.
La Milizia ha proprie caserme, propri comandi e proprie uniformi: camicia e cravatta nere, fiamme nere sul bavero, fascette metalliche invece delle stellette c il caratteristico fez, inevitabilmente nero.
Capo supremo è l'autoproclamatosi «caporale d'onore» Benito Mussolini il quale, tuttavia, delega l'esercizio del comando a un luogotenente generale.
Nell'errata presunzione che gli italiani abbiano ereditato le virtù civili e l'abilità guerriera dell'antica Roma, la Milizia viene organizzata secondo una struttura gerarchica di derivazione «romana» (co11soli generali, co11soli, se11iori, ce11tllrio11i e capimnnipoli) e raggruppamenti di uomini sempre romanamente suddivisi (mn11ipoli, centurie, coorti e legio11i). Comincia il delirio scenografico, caro a tutte le dittature di tutti i tempi.
Con la costituzione degli Uffici politici di investigazione (UPI) presso ogni grande unità, la Milizia infine assume incarichi di polizia politica e di controspionaggio, che qualche anno più tardi saranno ereditate dali'OVRA. Si consolida così uno dei pilastri di sostegno del regime. La crescente militarizzazione del corpo (le «camicie nere» della Milizia combatterono sui vari fronti delia seconda guerra mondiale) comporterà anche attività di collaborazione con l'intelligence militare.
Il primo luogotenente è il quadntmviro Emilio De Bono. L'ultimo è il generale Quirino Arme! lini in carica quando, nel dicembre del 1943, un decreto legge del governo Badoglio attesta la morte, anche amministrativa, della MVSN, nata vent'anni prima per difendere, consolidare e diffondere le virtù fasciste.
Nonostante l'opera della Milizia, l'auspicata normalizzazione stenta ad arrivare. Se molti squadristi cominciano faticosamente a rientrare nei ranghi, l'opposizione invece si mostra sempre più nervosa. Il governo è al centro di forti critiche parlamentari, provenienti da destra e da sinistra. La situazione si fa fluida.
C'è quindi bisogno di un nuovo strumento che possa intimidire la sinistra e rintuzzare le frange estremiste di destra che contestano Mussolini, accusato di essersi «imborghesito» e integrato nel sistema. Uno strumento, un organismo che naturalmente non deve apparire per non mettere in imbarazzo il Capo del governo. Un organismo segreto, composto da uomini di assoluta fiducia e pronti a tutto.
Nasce la Ceka del Viminale. Cosl battezzata dai suoi stessi iniziatori per richiamare, minacciosamente e forse anche con un certo malsano e crudele compiacimento, la ben più temibile polizia sovietica (di cui abbiamo fatto cenno sopra). Una «Squadra punitiva politica», segreta, ma non tanto, visto che i suoi uffici centrali sono ubicati nei locali del ministero degli Interni, il Viminale appunto.
Nuclei cekisti sorgono un po' in tutta Italia, ma il più importante è sicuramente quello di Roma, alla cui testa viene posto Amerigo Dùmini, personaggio singolare e inquietante, uomo di fiducia di Mussolini, squadrista dal curriculum di tutto rispetto. Famoso è rimasto il suo modo di presentarsi: «Piacere, Dùmini, otto onùcidi».
L'opinione pubblica viene a sapere dell'esistenza delle squadracce di Dùmini e di Marinelli (Segretario amministrativo del PNF, al quale l'organizzazione fa riferimento) solo nel giugno del 1924, grazie a un articolo della Voce Repubblicana che denuncia il rapimento avvenuto sullun-
gotevere Arnaldo da Brescia, dì Giacomo Matteottì, segretario del Partito socialista unitario, rapimento attribuito appunto alla Ceka del Viminale, misterioso gruppo di cui nessuno ha mai sentito parlare prima.
In effetti proprio ai cekisti si deve il rapimento e l'uccisione, probabilmente non premeditata, del parlamentare socialista che aveva iniziato una vigorosa opposizione contro Mussolini c aveva preannunciato in parlamento clamorose rivelazioni in merito a presunti brogli elettorali nelle elezioni dell'aprile di quello stesso anno, che avevano visto il trionfo del «listone» fascista grazie al premio di maggioranza.
La morte di Matteotti determina tuttavia conseguenze imprevedibili e paradossali. Da una parte, infatti, il delitto produce la fine della Ceka, che in quanto a organizzazione c tempestività non somiglia nemmeno lontanamente- per fortuna degli italiani - alla polizia sovietica da cui ha mutuato il nome. La struttura, ormai scoperta e sotto accusa, si scioglie come neve al sole. Il suo commando romano (Dùmini, Volpi, Viola, Poveruomo e Malacria) viene ricono&ciuto colpevole e, sia pure blandamente, condannato in un processo «guidato» che si svolge a Chieti. Finisce la breve esistenza deJJa Ceka italiana.
Dall'altra parte, quello che sembrava un episodio destinato a tarpare le ali del nascente movimento fascista, un evento dal quale Mussolini - considerato il responsabile morale dell'accaduto - avrebbe potuto non riprendersi più, alla fine ha l'effetto opposto. Soprattutto per l'inconsistente atteggiamento dell'opposizione che, commettendo un grave errore di strategia politica, si ritira simbolicamente sull'Aventino e diserta i lavori parlamentari.
I fascisti si trovano in tal modo il terreno parlamentare sgombro di ostacoli. Mussolini ne approfitta e, dopo lo
spavaldo discorso del gennaio del 1925 in cui si assume la piena responsabilità dell'accaduto («io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di quanto è avvenuto»), sfidando apertamente l'opposizione, prepara il terreno alle «leggi fascistissime» del 1926 e del 1927, che segnano la fine del sistema parlamentare e della democrazia.
Delle sigle dell'intelligence fascista quella che più impressiona e turba il sonno di tanti italiani è probabilmente l'OVRA, vera polizia politica al servizio del regime.
Innanzitutto preoccupano le circostanze in cui si viene a sapere dell'esistenza dell' «Organismo». Cioè casualmente, indirettamente da un dispaccio dell'Agenzia Stefani, ripresa da molti giornali, che cita una sconosciuta «Sezio11e Speciale Ovrn della Direzione Generale della Pubblica Sicurezza», in occasione di un'operazione contro un'orgruùzzazione clandestina. Un organismo quindi fino ad allora rimasto assolutamente segreto.
Tutti ora si chiedono, preoccupati e incuriositi, che cos'è l'OVRA, che cosa si nasconde dietro la misteriosa sigla. Diverse sono state le interpretazioni sulla genesi dell'acronimo, cui fu dato un significato concreto solo a posteriori. Organismo di Vigilanza e di Repressione dell'Antifascismo è il più accreditato, ma ce ne sono anche altri, come Opera Volontaria per la Repressione dell'Antifascismo.
In realtà è molto probabile che il termine OVRA, con la sua poco rassicurante assonanza con la parola piovra, con il suo contenuto misterioso, con il suo intrinseco messaggio di nascosta ramificazione, sia stato scelto a tavolino per impressionare il Paese, per dru·e la sensazione che l'OVRA, invisibile a tutti, fosse l'occhio del regime minacciosamen-
te puntato su tutti coloro che fossero tentati eli assumere atteggiamenti non ortodossi. Una sorta di orwelliano «grande fratello» ante-litteram. Nessuno può e deve sentirsi al riparo.
Del resto Mussolini, con il suo estro giornalistico, era uno specialista di formule a effetto. OVRA potrebbe benissimo essere stata una sua invenzione.
Gli italiani si chiedono infine cosa faccia e come agisca l'OVRA.
Al riguardo va subito precisato che l'OVRA - contrariamente alle sue omologhe sovietiche e tedesche - non utilizza metodi particolarmente violenti, non tortura e non fa «Sparire » i suoi indagati. L'attività dell'organizzazione è essenzialmente investigativa. La repressione vera e propria viene lasciata ad altre istituzioni, come il tristemente noto Tribunale speciale per la difesa dello Stato.
L'Italia è così avvolta dai mille tentacoli di una mostruosa piovra che tutto vede e su tutto riferisce. In effetti è un continuo raccontare, commentare, interpretare, spiare. L'OVRA intercetta i telefoni, ascolta le conversazioni all'aperto, legge i messaggi scritti nei bagni pubblici, incarica i portieri degli immobili eli riferire sui commenti politici degli inquilini, agenti dell'Organismo frequentano bar c ristoranti a caccia di critiche al regime e censure a Mussolini.
Le informazioni affluiscono alle reti controllate dalla struttura, vengono quindi attentamente filtrate dai rispettivi responsabili, trasmesse poi al Centro e finalmente poste all'attenzione del capo della Polizia, «don» Arturo Bocchini.
L'OVRA non avrà mai organici molto ampi (nel periodo di massima operatività, gli agenti sono 400 per 12 zone) semplicemente perché non ce n'è bisogno.
Da un lato, in effetti, viene stabilito l'obbligo per gli organismi polizieschi e militari dello Stato di mettersi a disposizione dei su per-agenti dell'OVRA, dall'altro l'organismo non ha difficoltà a reclutare delatori fortuiti. l «trombettieri», informatori occasionali, costituiranno la colonna portante dell'OVRA: si fa la cifra di 12.000.
L'esistenza dell'OVRA si sviluppa secondo tre fasi alquanto diverse. n primo periodo è certamente quello più duro e difficile, ma anche que11o dei maggiori successi. E il momento della repressione antifascista. 11 regime si consolida, la delazione fa meraviglie, le la n ce dell'antifascismo si spuntano, l'opposizione è inchiodata al muro. L'OVRA fa paura.
Messi sotto controllo i movimenti contrari al regime, nel secondo periodo (dal 1935 alla dichiarazione di guerra nel1940), l'organismo prende di mira i profittatori e i corrotti di tutte le specie. Allo stesso tempo tasta il polso dell'opinione pubblica per controllare il grado di consenso al regime.
Durante il conflitto, infine, si accentua la dimensione di spionaggio e di controspionaggio, la collaborazione e qualche volta la commistione con il Servizio informazioni militare (SIM). Una collaborazione che non piace molto alla gerarchia militare, ma che risulta già iniziata nel 1937 al tempo della guerra di Spagna, sotto gli auspici del generale Mario Roatta.
In definitiva l'OVRA, creata da Arturo Bocchini e diretta da Guido Leto, si rivela un organismo abbastanza ben funzionante e relativamente ben gestito. Le sue finalità non sono sempre trasparenti e i suoi metodi non sempre corretti. In effetti sbavatur,e ed eccessi non mancherann.o.
Ma nel complesso l'OVRA compie le missioni per le quali era stata concepita: neutralizzare l'antifascismo, gestire il consenso, proteggere il Duce.
Abbiamo seguito alcune fasi dello sviluppo dell'intelligence militare italian a, dall' «Ufficio l» del colonne llo Driquet alle riforme dello spionaggio militare del 1900, del 1911 e sopra ttutto del 1914, alla vigilia della prima g uerra mondiale durante la quale, ancora una volta, i nostri s ervi7i s ono accusati di ineffi cienza in relazione alla sconfitta di Caporetto nel1917. Per molti, in realtà, la respon sa bilità va a dd ebitata allo Stato Maggiore che non ha saputo adeguatamente valutare le notizie tempestivamente fornite dagli agenti dell' «U fficio I » sui movimenti d elle truppe a ustro-ungariche.
n fascismo in definitiva riceve in eredità un insieme di uffici e servizi non molto efficienti, abbastanza divisi, con nuclei di spionaggio e intelligence militare attivi in ciascuna Arma e debolmente coordinati.
È inevitabile quindi che i responsabili del regime, dopo l'intelligencc interna, mettano mano anche all'intelligence militare ed esterna per ristrutturarla all'insegna di un'efficienza che, in prospettiva, deve servire la «rivolu.Lione fascista».
Il Servizio Informazioni Militare (SIM) viene istituito nel1925, per gestire in maniera coordinata i singoli servizi operanti nelle diverse Armi, e per evitare so vrapposizioni di at ti vità (quando non contrapposizioni di interessi) sovente causa di sprechi nelle risorse e inefficienze nel servizio. Inoltre, l'effervescente situazione internazionale del "dopo Vcrsaiiles", l' ancora fluido contesto interno dove l'emergente regime fascista è bersaglio di pesanti influenze esterne, richiedono l'attivazione di una più solida e funziona le stru ttura di spionaggio e di controspionaggio.
Poche sono le notizie su i primi anni di attività del SIM. Si può presumere che queste si siano svolte lungo le linee
classiche di un servizio segreto militare. All'inizio non si intromette nella vita politica interna e si concentra su iniziative di intelligence militare, sulla raccolta e valutazione di notizie utili alla difesa e alla sicurezza del paese.
Roma in particolare, sede di rappresentanze diplomatiche e consolari, diventa un teatro operativo ideale, dove il SIM si muove con notevole agio, riuscendo a mettere a segno importanti colpi, acquisendo o decifrando documenti di alto valore informativo.
Basti, al riguardo, ricordare il caso del prelevamento del codice di cifratura degli addetti militari americani, il cosiddetto 8/nck Code , nell'agosto del1941. Con la complicità di un impiegato italiano dell'ambasciata, Loris Gherardi, il quale riesce ad aprire la cassaforte di uno degli addetti americani col doppione della chiave ricavato da un calco, due agenti del SIM prelevano il prezioso documento, che provvedono rapidamente a fotografare nella sede centrale del SIM. Quindi ripongono il Black Code al suo posto e nessuno sospetta di niente. Un'operazione perfettamente eseguita! Gli alleati se ne accorgeranno solo un anno dopo. Nel frattempo, più di 3.000 messaggi americani sono decifrati.
Se quindi il lavoro di controspionaggio si svolge con soddisfazione degli alti responsabili del SIM, non altrettanto si può dire delle iniziative di spionaggio all'estero. I centri sono pochi, appena cinque, concentrati nei tradizionali teatri europei (Francia, Spagna, Germania, per esempio) e rare sono le operazioni e gli interventi «sul terreno».
E con l'evoluzione della politica estera di Mussolini, progressivamente più aggressiva e spregiudicata, che il SIM si trova a dover affrontare compiti ben più complessi e impegnativi rispetto al passato. Ciò finisce per determinare non solo un notevole ampliamento della rete estera (Medio
Oriente, Balcani, Africa Orieptale ecc., dove gli addetti militari presso le nostre ambasciate sono "invitati" a collaborare), ma anche un cambiamento della natura stessa delle attività del Servizio, sempre più operativo sul campo e con funzioni di spionaggio attivo a favore del regime.
Il SIM quindi fatalmente si ritrova implicato nelle vicende interne del paese, intervenendo direttamente in diverse iniziative a sostegno del governo del momento (tentazione alla quale del resto ben pochi servizi segreti resistono).
Se infatti si guarda al ruolo che, dodici anni dopo la sua costituzione, il SIM svolgerà nella guerra civile in Spagna (il capo del SIM, generale Mario Roatta, assume addirittura il comando delle truppe italiane) e soprattulto alla parte che ha nell'uccisione dei fratelli Rosselli in Francia (operazione gestita con l'aiuto degli estremisti francesi della Cagoulc), come affermare che il Servizio segreto militare non abbia agito in definitiva come la Milizia d i De Bono, la Ceka di Dumini, la PS di Bocchini, l'OVRA di Leto- variegati volti di una stessa maschera - per sostenere il regime e consolidare il fascismo?
Solo con lo scoppio della seconda guerra mondiale il SIM ricentra le proprie attività sulle finalità originarie del Regio decreto istitutivo: l'intelligence militare vera e propria. In tale funzione consegue diversi successi e non dà sul piano tecnico una cattiva prova di sé, secondo la valutazione di molti esperti del settore.
Nell'agosto nel 1943, Badoglio sostituisce il capo del SIM, Cesare Amè, e ordina la creazione di un ufficio per la repressione delle attività fasciste in campo civile. Insomma secondo le migliori tradizioni del trasformismo italico, gli stessi uomini che avevano appoggiato e preparato l'intervento fascista in Spagna, che erano stati all'origine della
uccisione dei fratelli Rosselli, che venivano considerati tra i principali sostegni del regime, sono ora incaricati di reprimere le residue attività fasciste!
Successivamente, da Brindisi, il «rinnovato» servizio segreto militare avvia nel Regno del Sud un'intensa collaborazione coi servizi britannici (i nemici di ieri) nel segno della «Co ntinuità tecnica ».
Qualche anno dopo In conclusione del conflitto, il SIM lascia il posto al SIFAR (Servizio Informazioni Forze Armate) che, dal canto suo, predilige la collaborazione con i servizi segreti statunitensi in fwvione anticomunista.
Esaminare le vicende che portano dal SIFAR al SID (Servizio Informazioni Difesa), da questi al SISMI/SISDE c infine all' AISE (Agenzia per le Informazioni e la Sicurezza Estera) c all' AIS J (Agenzia per le Informazioni e la Sicurezza Interna) richiederebbe, non un libro, ma un'enciclopedia. In effetti l'intreccio tra servizi segreti e vicende politiche nazionali è stato cosl intenso che a volte sono scaturiti effetti deva"itanti, con episodi rimasti tuttora oscuri, a distanza di decenni, mbteri mai svelati, situazioni mai completamente chiarite.
Cna tendenza che ha guidato per troppo tempo i nostri -;ervizi ma che, ci auguriamo, sia stata definitivamente invertita con la riforma dell'intelligencc italiana, di cui parleremo più avanti.
Le spie del regime sono così numerose che è arduo persino citare solo le più importanti. Ci soffermiamo quindia titolo puramente esemplificativo - unicamente su due figure emblematiche: una, del funzionamento degli organismi istituzionali (Pubblica Sicurezza l OVRA), l'altra, degli agenti operativi sul terreno.
Arturo Bo cc1tini, il «pontefic e» de lla Pubbli ca S icurezz a. Il 23 settembre 1926 il quarantaseienne prefetto di Genova, Arturo Bocchini, riceve da Mussolini l'incarico di Capo della polizia.
Protot ipo dei nuovi alti funziouari dello Stato individuati dal Duce per liberarsi della vecch in dirigenza gioii ttiana, «don» Arturo svolgerà con grande professionalità In sua attività istituz ioHnle, avendo presto identificato il fascismo co11 lo Stato e confondendo i ruoli dell'uno con le finalità dell'altro.
«L'investigazione deve prevalere sull'azione»: è il motto preferito del giovane Capo della polizia, motto che ben prefigura ln tattica investigntiva che adotterà per neu l rnl izznre gli nntifnscisti e proteggere In persona del Duce. Gli uomini di Bocchini saran11o quindi addestrali a infiltrare piuttosto che ad arrestare, prevenire piuttosto che reprimere, sapendo peraltro di poter contare sulla delazione, pudicamente ribattezzata <<informazione fiduciaria», immancabile prodotto degli Stati di polizia.
Una tattica che ha successo. Bocchini con i suoi metodi paternalistici, le sue investigazioni felpate, senza inutili cmdeltà, si
rivelerà l'uomo più nefasto per l'opposizione antifascista immobilizzata, «narcotizznta» e messa in stato di sostanziale impotenza.
Sul piano personale Arturo
Bocchini vie11e descritto come esuberante nel carattere, divertente nei modi, elegante nel vestire, amante della buona cucina e delle belle do11 11 e. «Doll Arturo» tuttavia sn anche essere
Arturo Bocchi11i
cinico ifa abortire una sua amante che soccombe sotto i ferri di l/Il ginecologo incompetente), spudorato (favorisce smaccatameute i suoi conterranei) e prcvaricatore (costringe al trasferimento il marito di una sua amante che si era permesso di «protestare»).
Sul piano professionale è un lavoratore instancabile, di una memoria prodigiosa che lo dispensa dal prendere appunti e note, eccellente oratore, perfetto conoscitore e profondo innovafare della macchina della PS.
Bocchim arriva al momento giusto e, soprattutto, parti' col piede giusto. Poco dopo la sua nomina, infatti, vengo11o approvate le leggi «fascistissime" c adottati specifici provz,edimcnti amministrativi che istituisco11o in pratica lo Stato autoritario, se non ancora totalitario. Viene infatti varato il famoso Testo Unico delle leggi sulla Pubbfica Sicurezza, nel cui ambito la polizia viene signijicativmne11te rinforzata e i suoi poteri adeguatamente ampliati. In tale contesto, inoltre, vengono sciolti i partiti politici, i sindacati e le associazioni contrari al regime e decretata la decadenza dei 132 deputati dell'Aventino.
È l'i11izio della dittatura eire Pede il <<Fouché di Mussolini» tra i massimi protagonisti, sia pure da 11n punto di vista più professionale che politico.
Co11 Arturo Boccht11i emerge in effetti una figura istituziollale i11edita: è formalmente il Capo della polizia -al vertice qui11di di un'Amministrazione pubblica- ma allo stesso tempo, di fatto svolge le funzioni di Ministro dell'Interno (considerato l'interim mantenuto per 111olti mmi da Mussolini), con 1111 controllo ravvicinato e personale della struttura di polizia come raramente si era verificato in precedenza.
Per raggi ungere i suoi obiettivi «Don ArturO>> stabilisce presto le quattro priorità da perseguire nel nuovo sistema informativo: istituzione di uno speciale servizio di polizia politica (da cui scahtrisce L'OVRA); aggiornamento del casellario politico cel!trale e del relativo schedario; attivazione di 1m servizio di polizia
di frontiera; creazione di una squadra speciale di «su per agenti» per la protezione ravvicinata della persona di Mussoli11i (vera ossessione per il nuovo Capo della polizia).
Emerge così, sotto In sua gestione, una nuova concezione dell'ordine pubblico, che comprende tutti gli aspetti della vita politica, economica e sociale del paese. Le schedaturc dei cittadini diventano sempre più meticolose, fino ad arrivare alla creazione di una «Cartella biografica » dei sospetti, nella quale vengono raccolte notizie sulle loro cultura, attitudil1i e capacità professionali, senza trascurare ovviamente il riferimento alle loro caratteristiche fisiche, psichiche e di carattere, {t11o n sfociare nella valutazione di parametri morali (religione, tendenze sessuali, frequentazioni personali e familiari ecc.).
Lo stesso Bacchi ni annota personnlmen te i11 LI/l qundemonc i 11om i delle spie più illustri e più insospettnbili che «co llabormiO» con la PS prima e con I'OVRA dopo.
Le direttive per gli age11ti sono chiare e, ben applicate, consmtono nll'eleg(l/lfe Capo della polizia di cogliere indubbi successi sul piano della «preve11zione politica », tanto da poter spostare le priorità della sua rete (avendo ill pratica paralizzato l'o pposizione intemn) verso la sistematica 'l.'erifica della opinione pubblica.
«Sondare con ogni rnezzo e continuame11fe In pubblica opillione, sfruttando la capacità di osservazione dei funzionari, agellti che debbono permanere negli uffici il minor tempo possibile, che debbono sviluppare conoscenze e relazioni in tutti gli ambi('llti, spostandosi abitualmente nelle rispettive giurisdizioni per osservare, co11trollare, sviluppare le notizie apportate dagli informatori e inviate al Mi11istero. L'Ovra deve essere 1111 organo agile c duttile che lavora con la massima celerità e precisione, che colpisce co11 prontezza ed energia, che previene offese e pericoli, e che precede l'avversario in tutti i campi operando con fede, accortezza e tecnica. »
Sul piano tecnico e professiollale, quale modemo servizio di intelligence non condividerebbe tali direttive?
Stremato da una vita professionale e privata molto intensa e impegnativa, Bocchini nmore il 20 novembre 1940, appena alcuni mesi dopo lo scoppio della guerra .
Mai quindi sapremo quale sarebbe stato il suo atteggiamento il 25 luglio del 1943, quando il suo successore, Carmine Senise, sceglie Badoglio e abbandona Mussolini.
Come si sarebbe comportato «don Arturo»? Per coerenza personale e professionale avrebbe forse scelto il Duce, continuando a proteggere la sua persona come aveva efficacemellfe fatto per 14 anni consecutivi. E avrebbe così impresso wz altro corso a/In storia del nostro Paese.
Ma dalla morte di Bocchini n/luglio del 1943 molti eventi hmmo cambiato gli italiani e imprevedibili circostanze hanno scosso l'Italia. Chissà forse anche il «Fonché» di Mussolini si sarebbe schierato co1z Badoglio.
Lu ca Osteria, il più abile 007 del regim e. Nato a Genova nel1905, di umile estrazione sociale, giovane marinaio squattrinato, senza alcuna precedente esperienza poliziesca, Luca Osteria ha un unico merito: durante il servizio militare è stato l'attendente dell'ufficiale della Regia Marina Costanzo Ciano, il padre di Galeazzo, che sarà Sottosegretario per la Marina e promosso ammiraglio della riserva.
Per lui svolgerà anche alcuni incarichi delicati. Soddisfatto dei suoi servizi, l'ammiraglio lo raccomanderà a Ernesto Gulì, dnl 1926 responsabile del neonato «Ufficio Speciale Informaz ion i», posto alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio .
Compito dell'ufficio è prevenire attentati contro la persona del Duce, infiltrando gli ambienti dei fuoriusciti politici all'estero, soprathltto in Francia dove sono molto attivi.
Conquistato, oltre che dalle solide «c redenz iali», anche dal modo di fare convincente ed entusiasta, Gulì non esita ad affi-
dare al giovane Osteria una missione di straordinaria importanza e difficoltà: infiltrarsi rapidamente nel Club des marins di Marsiglia, dove si annidano numerosi comunisti italiani, che tentano di mantenere aperto un canale informativo e operativo fra il centro estero e quello intemo del Partito comunista. Ma IlO/l ci riescono. Manca proprio wz fidato agente di collegamento. Che non tarda ad nrrivare ...
Falso marinaio di un vero armatore geuovese, Luca Osteria raggiunge Marsiglia e prende alloggio in ww squallida locanda per marittimi, facendosi chimnnre Ugo. Qui ha l'incredibile fortuna di condividere la stanza con un altro marinaio italiano, fuoriuscito politico, tal Gullotto, be11 noto alla polizia italiana per le sue attività antifasciste.
Ugo è simpatico, suscita fiducia nell'interlocutore. Tanto è l'entusiasmo giovanile di cui fa mostra, che il suo moderato eonesto antifascismo appare credibile: il Gullotto finisce con l'affidargli due lettere e dei soldi da co11segnnre n/la famiglia rimasta in Italia. Ma 11011 basta, Guflotto gli chiede mtche di pre1zdere colitatto con /'associazio11e di mutuo soccorso "Branca marinara comw1ista" per rinttivnre Ull co/legame/Ilo operativo fra i COIIHInisti figuri e quelli emigrati n Marsiglia. L giochi sono fatti. Osteria inizia così wz fantastico lavoro di pe11etrazio11e che si rivela danllosissimo per l'organizzazione comunista in Italia.
11 successo di Osteria in Fra11cia è valutato dall"'Ufficio Speciale" con tale soddisfazione che gli viene chiesto di partecipare, nel febbraio del1929, al Congresso in ternnzionale antifascista, quale rappresentante del Partito italiano comunista clandestino!
Osteria teme di mostrarsi impacciato in una simile circostanza, e in un primo momento pensa di rinunciare. Dietro le insistenze dell'Ufficio tuttavia finisce per accettare. Se la caverà egregiamente: partecipa alle discussioni, esprime con convinzione il punto di vista di antifascisti italiani esiliati in Frmzcia. Il «delegato francese» sulla via del ritorno, a Parigi, riceve persino
i complimenti del «signor Ercoli», alias Palmiro Togliatti.
Il gioco di Osteria tutfmlia del'e essere interrotto per la crescente rivalità tra Bocchini (che fa arrestare prematuramente tre esponenti comunisti recatisi clandestinamente in italia) e Guli (che avrebbe preferito posticipare l'arresto per arrivare n pesci più grossi). Luca Osteria, alias Ugo- che aveva ricevuto i tre in Italia- viene subito sospettato dai compagni francesi di essere un doppiogiochista. Non può essere stato che lui n denunciarli.
È meglio quindi che, almeno per il momento, non tomi in Francia, md '5arebbe pnferibile se si tenesse lontano dnll'Itnlin con un altro incarico. Questa volta In destinazione è Sidnet;, in Australia. Qui un italiano emigrato, Andrea Pagnotti, ex cekistn, minaccia di fare dirompenti dichiarazioni .;;u/ caso Mntteotti, ferita da poco rimarginntnsi (siamo agli inizi dd 1930) e che non va nssolutnme11te riaperta per evitare ricadute politicamente imprel•edibili. Insomma bisogna togliere di mezzo il fastidioso indi'uiduo. L'incarico è affidato n Osteria che si dimostra m1corn una volta u11 agente eccezi01wfmente capace.
Arrivato n Sidney, rh"ìCe con una serie di stratagemmi n conquistare In simpatia e la fiducia del Pngnotti, il quale accetta 1111n san di salire <;ul mercantile italin11o dove alloggia Luca. Qui la vittima designata vime immediatamente immobilizznln, rinchiusa in una cabina, rimpatriata e consegnata alla polizia di Messina. Che fine abbia fatto 11011 si è mai saputo, ma questo non è il problema di Lucn Osteria che ha felicemente portato n termine la missione che gli era stata affidata ...
Osteria sarà protagonista di altre mi<;sioni e di altre imprese. infiltra m
Osteriamaniera assai efficace la ((Concentrazione» di tutti i partiti politici italiani contrari al fascismo e operante in Francia; successivamente, durante In guerra, mina le basi del Centro socialista di Ignazio Silone in Svizzera, e mette in difficoltà lo stesso servizio segreto inglese (con il gruppo operativo denominato (d tigrotti»).
Ma, stranamente, caduto il fascismo, non esita attraverso un complicato triplo gioco con i nazisti a salvare la vita a diversi e importanti personaggi della resistenza, come testimonia molto chiaramente lo stesso In dro Mon fanelli, che deve proprio a Osteria la sua evasione dal carcere di San Vittore a Roma, dopo che i tedeschi lo nvc.'Va110 condannato a morte.
Insomma la spia che aveva causato danni non i11difjerenti nl partito comllnista, il delatore che aveva infiltrato la Collcentrazione antifascista, l'agente che aveva tratto in inganno il Centro socialista di Silo11e, l'uomo dalle iunumerevoli identith, dopo In guerra è destinatario di attestati di riconoscenza da parte dì qualificati espo11e11ti della resistenza. Collaborerà persino con Ferruccio Parri, Presidente del Co11siglio dal giugno al dicembre 1945.
Come spesso avviene con le grandi spie, ancl1e In personalità di Luca Osteria è n11imata dn <(mille passio11i», da molteplici motivazioni, ria contrndditori senti111e11ti che la rendono difficilmente defillibile, ma proprio per questo affascinante. Mn chi era i11 defin itivn Luca Osteria?
Nel corso della seconda guerra mondiale si assiste a uno straordinario sviluppo delle azioni clandestine e delle iniziative di «disinformazione», in un drammatico contesto in cui tutti i "co]pi" sono ammessi.
Una guerra «globale» che costringe i servizi speciali ad adattarsi alle strategie più diversificate: dallo spionaggio politico ed economico alle tecniche raffinate della propaganda politica, dalla guerra psicologica alle pratiche di «deception», dalle intercettazioni e messe in chiaro dei messaggi nemki alle azioni m il itati non convenzionali (guerriglia e sabotaggio). Per la prima volta, inoltre, la dimensione «globale)) del conflitto e le sue motivazioni fortemen te ideologiche spingono i civili a parteciparvi, diversamente da quanto era avven ut o ne1 corso d ella prima guerra mondiale. Centinaia di migliaia di uomini e donne si impegnano così nei movimenti d i resistenza alle fo r ze di occupazione del Tripartito.
Una guerra preceduta da numerose azioni segrete che
influenzano il corso dei successivi avvenimenti politici. Sappiamo già, per esempio, che l'esercito tedesco, secondo il Trattato di Versailles, non può riarmarsi e i suoi effettivi non possono superare le 100.000 unità. Ma sappiamo anche che il super agente Walter Nicolai negozia con Mosca le modalità per far esercitare le truppe tedesche in territorio sovietico, mentre le fabbriche russe funzionano a pieno ritmo per produrre le armi vietate a Berlino. Una collaborazione «tecnica» talmente stretta che comporta un avvicinamento «oggettivo» fra i due regimi pur ideologicamente contrapposti e che molti anni dopo porterà i suoi frutti: sarà proprio l'accordo segreto stipulato fra Berlino e Mosca il 23 agosto del 1939, a dare a Hitler mani libere sulla Polonia, mettendolo nelle condizioni di sfidare apertamente le potenze occidentali.
Del resto le operazioni militari lanciate da Hitler prima del l 0 settembre 1939 (rioccupazione della Renania nel 1936, annessione dell'Austria e dei Sudcti ncl1938 e occupazione della Cecoslovacchia nel1939) sono tutte precedute e accompagnate da operazioni di propaganda e di guerra psicologica.
Una guerra che formalmente comincia proprio con una iniziativa di «disinformazione finalizzata»: l'Operazione Himmler, tesa a far credere che la Germania era stata attaccata dalla Polonia! Una piccola unità di SS, comandata dallo spregiudicato agente Alfred Naujocks, vestita con uniformi polacche, attacca la stazione radio di Gleiwitz, città tedesca di frontiera, ritirandosi immediatamente dopo, non senza aver prima letto ai microfoni un messaggio ferocemente antinazista e aver lasciato sul terreno un cadavere in uniforme da soldato polacco (ma proveniente evidentemente da qualche campo di concentramento tedesco) per dare credibilità all'operazione. Una mistificazione
perfetta. È il casus belli tanto atteso da Hitler che si vede «Costretto» a rispondere all' «aggressione», lanciando sessanta divisioni in territorio polacco.
Questo è l'inizio di una guerra che, emblematicamente, si conclude con una memorabile operazione di deception, che consente agli alleati di sbarcare in Francia e avviare la liberazione dell'Europa dal giogo nazista. Grazie infatti alla Operazione Fortitude i tedeschi si convincono che l'atteso grande sbarco alleato, per l'apertura del «Secondo fronte », sarebbe avvenuto nel Pas de Calais e non in Normandia, dove le difese costiere non vengono rinforzate e dove le truppe naziste verranno prese di sorpresa.
Se nel caso della prima guerra mondiale, come abbiamo constatato, risulta particolarmente arduo sintetizzare le operazioni segrete e le vicende dei principali agenti segreti, nel caso del secondo conflitto mondiale si è presi quasi da vertigine, volendo tentare lo stesso approccio, tanto intensa è stata l'attività nell'ombra, così numerosi gli agenti segreti, così spettacolari i progressi nel settore della crittografia, così determinanti in definitiva i riflessi della guerra segreta su quella palese. Tanto che non è azzardato affermare che se le democrazie hanno avuto finalmente ragione del nazismo, ciò è stato dovuto anche all'efficacia e alla superiorità dei loro «mezzi speciali».
Per le stesse motivazioni illustrate sopra, ci linùtererno quindi a seguire gli innumerevoli eventi della guerra segreta attraverso le gesta di agenti emblematici (Cicero, spia prezzolata per i tedeschi e Richard Sorge, spia sovietica per convinzione ideologica), le operazioni Fortitude e Mincemeat, determinanti per il successo dello sbarco alleato in Europa e le drammatiche rivalità nella lotta per la decifrazione dei sistemi crittografici nemici (il sistema britannico Ultra e quello americano Magie).
Scelte indubbiamente arbitrarie ma che riteniamo necessarie per offrire una sin tetica visione del funzionamento dei servizi segreti nei loro variegati aspetti durante il conflitto. Senza rischiare così di far perdere il lettore nel labirinto delle infinite azioni, operazioni, missioni, iniziative e controiniziative messe in atto dai paesi coinvolti che mobilitano h t tti i loro «mezzi speciali», tutte le loro strutture segrete, tutti i più recenti ritrovati della tecnica per avere ragione dell'avversario.
Cicero, l'uomo elle vo leva essere «ricco, molto ricco». Il 26 ottobre 1943 arriva n Berlino un curioso telegramma dnll'nmbascinta del li1 Reicll ad Ankara. Dice testualmente: «Al Mi11istro degli [steri del Reicll, foncllim Von Rib/Jentrop. Segretissimo e personale. Abbiamo offerta di un irnpiegnto dell'Ambasciata d'Inghilterra- che asserisce di essere il cameriere personale dell'Ambasciatore- di pl'ocurarci fotografie di docu111e11ti originali segretissimi. Per la prima co11segna, il 30 ottobre p. v., sono richieste 20.000 sterline i11glesi in biglietti di banca; 15.000 per cin scu11 rullino aggiuntivo. Ci faccia sapere se l'offerta può essere accettata. Se somma richiesta deve essere inviata co n corriere speciale e arrivare qui prima del 20 ottobre. Cameriere in questione è stato qualche anno fa n/ servizio del nostro Primo Segretario. Non disponiamo qui di ues-
SUIW altra informazione. F.to Von Papen».
Tre giomi dopo arriva, sorpre11dentemente chiara e precisa, In risposta dalla Willtelmstrasse: «All'Ambasciatore Von Papen. Segretissimo e personale. Accetti l'offerta del cameriere britannico con tutte le precauzioni del caso . Corriere speciale arriverà ad Ankara il 30 ottobre prima di mezzogiomo. Aspettiamo rapporto immediatamente dopo la consegna dei documenti. F.to Von Ribbentrop».
È l'inizio di uno degli intrighi spionistici più singolari della seconda guerra mondiale, immortalato negli anni cinquanta dal film di Joseph Leo Mankiewicz (5 fingers, in italiano Operazione Cicero), con ]ames Mason nel ruolo del protagonista e Oanielle Darrieux nella parte di zma con tessa polacca uscita dalla fmztasia degli sceneggiatori.
Ma chi è il misterioso «cameriere dell'Ambasciatore britanniCO»? Chi si nasconde dietro le spoglie dello strano personaggio che l'ambasciatore Von Pape11 soprmmominerà Cicero, tanto eloquenti risultermmo i messaggi che consegnerà ai tedeschi? Elyesa Ba:na è 1111 turco di origine n/lmnese e di religione musulmana, nato uel1904 a Pristi11a, allora città dell'impero ottommw. Segue la famiglia che si trasferisce prima a Salonicco e successivamente a lstanbul. Giovanissimo si imbarca sulle navi che solca11o il Mediterraneo. Fa molte esperienze, impara bene il francese, diventa fra l'altro buon autista c abile cameriere, e quindi entra nella <<casta» dei domestici tuttofare destinati a lat'orare nelle ambasciate e consolati stranieri in Turchia. Autista de/ministro plenipotenziario jugoslnr>o, poi dell'addetto militare americano, quindi cameriere presso il Primo segretario tedesco, BaZIIa segue In sua carriera di kawass, COl/Il? erano chiamati i domestici delle legazioni estere. Non è fltffaPia sempre facile conservare l/Il posto «fisso» presso i diplomatici, fi111zio11ari in continuo movimento. Baz11a non tarda a ritrovarsi se11za lavoro, pu r avendo un a mogi ie e quattro figli da mantenere.
A contatto con aml1ienti raffinati dove regna l'abbondanza, Elyesa ha covato uua sola 'l'Oca:ione: «diventare ricco, molto ricco». Non sa ancora come. Ma l'occasione attesa si presenta presto. Su 1111 giomale di Ankara legge che il Primo segretario dell'ambasciata britannica cerca Wl provetto kawass. Bazna non ha esitazioni. Si presenta, ha ottime referenze e una vasta esperienza lavorativa, viene subito assunto. Non solo. Il Primo segretario per fare bella figura «Cede» dopo poco tempo il bravo came-
riere al suo ambasciatore, sir Hughe Knntchbull-Hugessen, clze da tempo ne cercava uno. Scatta a questo punto la molla che fa intravedere a Bazna concrete prospettive di arricchime11to. In effetti, tutte le carte importanti e riservate dell'ambasciata vengono custodite in due cofanetti, uno rosso, l'altro nero. La sera, n chiusura della giornata lavorativa, quello rosso viene riposto nella cassaforte blindata della cancelleria, quello nero viene portato dall'ambasciatore nella sua residenza personale. Sof frendo di insonnia, sir Hughe usa consultare le preziose carte fino a tarda notte.
Nella mente di Elyesa si precisa allora il pim10 di azione. Al pari di una sequenza cinematografica, Cicero intravede come procedere: me11tre il capo missione fa il suo bagno serale, Bazna prende co11la cera le impro11te della chiave del cofanetto e la riprodurrh perfettamente. Una sera il diplomatico, aiutato da 1111 potente SOIIIIifero, cade in un SOIIIIO profondo. Elyesa allora e11tra 11ella camera da letto e apre il cofanetto nero. Prende q11indi i docunrenti, li porta nella sua camera e li fotografa co11 una vecchia Leica da 35 111111, una /ampadi11n Jlood da 100 watts e un cavalletto di fortuna. lnftne rimette tutto a posto.
Sequenza che il furbo kawass ripete be11 26 volte, dall'ottobre del 1943 all'aprile del 1944, fotografando un ce11tinaio di
dowmen ti. Docunre11 ti di particolare interesse perché nel1943 la Turchia è a11cora 1/eutra/e, e per questo motivo è al ce11tro delle brame dei due blocchi colitendenti che fanno a gara per averla dalla loro parte.
Ludwig Moyzisclr, capo della si eu rezza dell'ambasciata
tedesca con cui Cicero pre11de contatto, si rende subito conto dell'importanza delle informazioni offerte, che valgono certamente più delle 20.000 sterline richieste per la prima consegna. Ma a Berlino prevale lo scetticismo. Dn un lato, in effetti, si riflettono sulla vicenda i rapporti di reciproca antipatia e rivalità tra l'ex cancelliere Von Papen e il ministro degli esteri Von Ribbentrop, il quale mal vedrebbe il suo ambasciatore ad Ankara protagonista di un «colpo» così eclatante. Dall'altra non è in effetti sempre agevole distinguere nel periodo bellico il confine tra informazione e disinformazione, tra iniziative militari annunciate e propaganda politica <finalizzata». l tedeschi insomma non escludono una manipolazione, anche inconsapevole, di Cicero da parte dei servizi segreti alleati. Persino l'ultima infonnazione passata da Cicero, nella primavera del 1944, dove per la prima volta vie11e menzio11ato il nome in codice «Operazione Overlord», il grande sbarco alleato ne/nord dell'Europa, viene ricevuta con sospetto e diffidenza.
Tale è lo scetticismo che Berlino decide di stare al gioco, ma pagando la spia turca co11 denaro falso, nel quadro Hella fantastica coutraffazione ideata da Alfred Naujocks, già protagonista dell'operazione Himmler a Gleiwitz: la produzione, cioè, Sll vasta scala di sterline perfettamente imitate per destabilizzare le eco/lomie occidentali attraverso un'inflazione incontro/labile e per finanziare «Senza costi» la rete spionistica favorevole alnazisnw . Cicero è una delle vittime di questo gioco paradossale: fornisce notizie vere considerate false, e riceve in cambio sterline false considerate vere!
Le carte tedesche passate all'ufficio dell'OSS di Allen Dulles a Bema da parte di u11 tedesco antinazista, Fritz Kolbe, mettono finalmente gli inglesi sul chi vive . Cicero, dal canto suo, intuisce che qualcosa sta cambiando (arriva da Londra un super agente per capire chi si nasconda sotto lo pseudonimo di Cicero; la segretaria di Ludwig Moyzisch passa agli americani)
e improvvisamente fa sparire, leggero e veloce come il vento, ogni sua h'accia.
Riappare dopo La guerra a Istanbul completamente trasformato. È diventato un imprenditore di successo utilizzando le sterline del Reich. Ma anche questo gioco dura poco. Presto si scopre che il denaro contante utilizzato è falso, l'impresa di Bnwa è desfillnta nl fallimellto ed Elyesa perde tutto. Per vivere è costretto, come molti suoi connazionali, a emigrare in Germa11in dove chiede uno speciale sussidio nl governo per i «Servizi resi>> e dove fa fruttare le sue avventure scrivendo, co n l'aiuto di un giornalista tedesco, LI Il libro di grande sltccesso (l was Cicero).
Ma i diritti di autore non bastano a coprire le esigei/Ze di un uonio sempre in cerca di denaro (ha una famiglia numerosa, due mogli e otto figli) e deciso n rincorrere il suo etemo sogno di diventare «ricco, molto riccO>>. Il destino, clw si è già beffato di Lui mettendogli in mano lilla montagna di denaro falso, Lo raggira ancora una volta, un'ultima volta: lo fa morire nel 1970 n Monaco di Baviera, con la qualificn ufficiale di «disoccllpnto».
Cicero, La spia più famosa del periodo bellico, iscritto nelle liste di collocamento della Repubblica Federale Tedesca!
R icltard Sorge, la più grande sp i a de l XX seco l o. Se Cicero è il prototipo della spia dilettante, del/adro di informazioni per il miglior offerente a scopo di lllcro personale, Sorge rappresenta, all'opposto, l'agente professionista, la spia che agisce per convinzione ideologica, che si sacrifica personalmente per la salvezza dell'umallilà.
Nato da padre tedesco e da madre russa, dotato di utl misterioso fascino derivante probabilmente dalla sua origine binazionale a cui poche donne sanno resistere, il giovane Richard si avvicina agli ideali pacifisti dell'estrema sinistra dopo gli orrori della prima guerra mondiale, scoprendo presto, e condi-
videndole, le idee di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht.
Attratto dal paradiso sovietico dei lavoratori, Sorge si trasferisce a Mosca nel 1924 dopo essersi laureato all'università di Amburgo in Scienze politiche. Notato per la sua vivace intelligenza e profonda cultura, viene immediatamente utilizzato, prima nel Komintem e, successivamente, nel servizio segreto militare sovietico, il GRU. Diventa agente a tutti gli effetti. Sotto copertura compie co11 successo importanti missioni in diversi paesi europei e nella stessa Cina devastata dalla guerra civile Ira il Kuominta11g di Chiang Kai-Shek e l'esercito comunista di Mao Tse-Tung.
Convinto di avere tra le mani zm elemento di ecceziol'wli qualità, il GRU («4° Ufficio»), dopo quasi dieci m111i di «rodaggio», decide di mandare Richard Sorge in Giappone per una missione della massima importanza: carpire i segreti della politica estera giapponese, clze rischia di mutare gli equilibri strategici in Oriente, e verificare l'andamento dei rapporti nippotedeschi, decisivi per il quadro geo-strategico lltolldiale cile si va delineando. Ma prima Richard- abituato ormai a cambiare identità: sarà successivamente Robert, Smith, johnson, Ramsay ecc.- deve recarsi i11 Germa11ia per costituirsi un'adeguata e inattacabile «co pertu rn».
Qui l'agente Ramsay riai/accia vecchie conoscellze e si dimostra così entusiasta delnazismo 11ascente e vincente, così credibile nei suoi atti di fede nella esalta n te dottrina nazionalsocialista, che non gli è difficile, attraverso documentati e ben scritti articoli, farsi nominare corrispondente da Toktjo di ben tre quotidiani e un settima11ale tedeschi: Frmzkfu rter Zeitung, Taglische Rzmdschau, Berliner Borsen Zeitung e Zeitschrift fur Geopolitik.
n 6 settembre 1933 così sbarca in Giappone il «giornalista» tedesco, dottor Richard Sorge, con delle credenziali che gli facilitano l'accreditamento di corrispondente estero presso le autorità locali e gli aprono nel contempo le porte dell'ambasciata del Terzo Reich.
L'addetto militare tedesco, Eugen Ott, in particolare, si mostra subito entusiasta del dottor Sorge, che fa mostra di conoscere tanti misteri della politica giapponese e che non disdegna di passargli generosamente utili iltformazioni (secondo la vecchia tecnica delle migliori spie: sacrificare poche notizie veritiere per attenerne di ben più importanti). Anzi, l'amico Richard si propone addirittura di scrivergli i messaggi che Ott, poco esperto della lingua e della mentalità giapponese, più familiare con i piani di battaglia che con la penna, con crescente difficoltà invia alle proprie nu tori l h. Se poi si pensa che la stessa signora Ott non è insensibile al fascino dell'aitante giornalista, si ha 11n'idea del grado di intimità che Ramsny riesce n stabilire con 11110 dei massimi responsabili dell'ambasciata nnzistn.
Ott è rnolto soddisfatto, non delle smancerie romantiche della moglie, ma della fama di «fine conoscitore» di cose giapponesi che si va facendo n Berlino, grazie app11nto alla collaborazione di Richard! Fama che compie il suo cammino: qunlldo Hel1936 si deve scegliere ll/1 IIUOVO Cnpomissione, rugen Ott viene COli tutta naturalezza indicato per occupare l'importante incarico.
Anche il GRU è molto soddisfatto, ma evidentemellle per mo/ iv i diversi.
il neo-ambasciatore, riconoscente, 110111ina addetto stampa dell'ambasciata il dottor Sorge, che re?alizzn così wt'infiltrazione senza precedenti nella storia dello spionaggio: una spia sovietica vie11e invitata a svolgere delicate funzioni all'intenw dell'ambasciata nnzista!
Oglli mattina insomma Sorge, insieme all'ambasciatore, prende visione di tutto il traffico telegrafico indirizzato o proveniente da Berlino e discute con lui i progetti di relazioni da i11viare. Un'ambasciata che dal punto di vista della sicurezza si rivela davvero w1 colabrodo.
Ma Ott no/l è l'unica fo!lte informativa di cui dispone Richard, aiutato da un piccolo nucleo di agenti e tecnici di valo-
re che rendono all'URSS servizi inestimabili e solo tardivamente riconosciuti.
Per le trasmissioni radio, può contare sul fidato ed esperto operatore Max Klausen, un tedesco in grado di ricevere e di trasmettere in qualunque momento e in qualunque luogo. Per la raccolta di notizie dalle fonti più disparate, Sorge si serve di un analista politico giapponese, Hofsumi Ozaki, ben introdotto nei corridoi governativi di Tokt;o; di un giornalista jugoslavo, Branko Vukelic, frequentatore di ambienti intellettuali dove pure si dico110 cose interessanti; del noto pittore Yotoku Miyagi, riferimento per i circoli artistici e cultumli. Ulla squadra insomma di altissimo livello, ma elle 11011 sempre è creduta dalla casa madre. Nel marzo 1941 Sorge fa pervenire a Mosca un microfilm contenente diversi messaggi di Ribbentrop a Ott in cui si fa chiaramente riferimento all'«inevitabile attacco tedesco all'URSS per la metà di giugno» di quello stesso anno. Poche settimane dopo riesce a essere ancora più preciso: 190 divisioni tedesche sono state ammassate alla frontiera orientale. Ma a Mosca gli strnteghi del Cremlino, alle prese con molteplici fonti informative, discordanti vafutnzio11i politico-militari e soprattutto con In testardaggine di Sta/in, convinto della <ifedeltà» dell'alleato tedesco, 11011 danno molto credito alle valutazioni dell'agente Rnmsay, commettendo un errore dalle conseguenze incalcolabili, anche in termini di perdite di vite umane. «Dubitiamo della veridicità delle vostre informazioni» è la stupefacente risposta che giunge da Mosca e che getta Sorge in uno stato di profonda prostrazione. Ma per la «causa» occorre andare avanti, continuare a spiare.
Sarà in effetti ancora Sorge, questa volta finalmente creduto, a dare l'informazione capitale, quella che cambierà il corso della Storia. Le notizie captate da Ozaki, intrufolatosi nel frattempo nell'entourage dello stesso primo ministro Konoye, appaiono ogni giomo più chiare. «D Giappone è troppo impegnato
nell' Indoci.na francese per prevedere di attaccare l'Unione Sovietica», come invece si aspettavano e si auguravano i sostenitori dell'Asse Roma-Berlino-ToktJO. Sta/in questa volta è più lullgimirante, e comunque non ha più molto da perdere: le truppe tedesche 11on sono lontane da Mosca.
Sulla base quindi delle indicazioni fornite da Sorge, sposta le forze stanziate in Manciuria per far fronte a Wll!Ventuale attacco giapponese, sul fronte occidentale, rafforzalldo le indebolite truppe sovietiche in u11 momento decisivo della battaglia. L'avanzata nazista verrà definitivamente fermata n Stalingrndo. Hitler ha virtualmente perso In guerra. Sorge può pellsnre, a ragione, di aver salvato l'esistenza dell'Unione Sovietica.
Al momento della massima efficienza operativa, In rete Sorge tuttavia commette alcuni errori e/te portermwo alla sua scoperta e n/l 'arresto di tu t ti i suoi componenti.
Per diverso tempo Richard Sorge è al centro di LI/l paradossale- e, se non ci fosse di 111 ezzo la guerra, divertente- intreccio politico-giudiziario. L'ambasciata nazista, sicura di 111/(l «Svista» dei servizi segreti giapponesi chiede l'immediata lib erazione del suo «addetto stampa» (Ott no11 crede affatto che Richnrd sia una
spia sovietica, e 11011 sa nemiiWIIO clte è stato l'amante di sua moglie); i sovietici dal canto loro non mostrano alcun interesse per In loro spia più efficiente, preferendo forse far dimenticare l'accecamento di Sta/in, cui potrebbero esse re addebitate le centinaia di migliaia di vite umane inutilmente perse per non aver volu lo credere all'immilzente attacco nazistn; i giapponesi infine si mostrano incerti sul da farsi per non compromettere le prospettive di
neutralità sovietica ai confini del Manciukuò e della Siberia.
Così solo nel novembre del 1944 la botola si apre sotto i piedi di Sorge e di Ozaki (gli altri membri della squadra sono stati condannati all'ergastolo).
Nei tre anni che passano dal momento dell'arresto fino all'eseCliZione capitale, Mosca non fa nulla per salvare Sorge, del quale peraltro in Unione Sovietica non si sente più parlare. Stalin non vuole verosimilmente che la sua immagine di salvatore della patria sia scalfita da «brutti ricordi», tanto più che il generale Berzin, lo «Scopritore» di Sorge, è scomparso nel nulla, vittima delle «purghe» del Cremlino.
Occorrerà attendere il XX cOJzgresso del Partito comunista sovietico, nel 1964, il congresso della «destalinizzazione» e del «disgelo» per assistere alla riabilitazione di Sorge (che viene ufficialmente dichiarato eroe defi'U11ione Sovietica) di cui viene finalmente riconosciuto il contributo eccezionale dato allo sforzo bellico del paese.
Riclznrd Sorge, una spia senza dubbio fuori del comune. Non aveva in effetti bisogno di forzare casseforti per impossessarsi di documenti segreti: emno i loro stessi detentori a offrirglieli su un piatto d'argento. Non doveva ricorrere a travestimellti: era lo stesso ambasciatore tedesco che tutte le mattine insisteva per veder/o chiedendogli il parere s111le questioni più riservate. Non si limitava a raccogliere passivamente le informazioni, ma le analizzava, le studiava, ne desumeva intelligenti valutazioni co/l uno stupefacente spirito di osservazione, degno del più esperto diplomatico.
Eroe per alcuni, traditore per altri, giornalista di razza per molti, seduttore per le donne che ha conosciuto, Richard Sorge è stato probabilmente la più grande spia del XX secolo.
Le iniziative di <<disinformazione» sono state, come abbiamo visto, innumerevoli durante la seconda guerra
mondiale e impossibili da elencare in questa rapida ricognizione della storia degli 007. Ci limitiamo quindi a citare solo due operazioni emblematiche, l'una (Mincement), per la immaginifica costruzione che la caratterizza, degna della sceneggiatura del più riuscito film di spionaggio; l'altra (Fortitude), per le conseguenze avute sugli esiti del conflitto, avendo grandemente agevo lato lo sbarco degli alleati in Normandia.
Emblematiche, d'altra parte, anche per gli sviluppi delle tecniche dello spionaggio, dell'impiego dei «mezzi speciali» e dell'utilizzo degli agenti segreti in un determinato contesto storico.
L'Operazione Mincemeat . Siamo agli iltizi del1943, un mwo davvero cruciale per le sorti del secondo conflitto mondiale. Gli allenti in effetti si so11o già installai i nel Nord Africa e si apprestano n mettere piede sul continente europeo. Se fallissero l'operazione, t11tto sarebbe ancora possibile per Hitler e i suoi n/leali. Per l'intelligcnce inglese, quindi, occorre a ogni costo ingannare i 11azisti sulle reali intenzioni alleate. Se certo è difficile convincerli clte lo sbarco 11011 avverrà in Sicilia (nnt11rnle e ovvia «tes ta di ponte» per l'inizio della marcia di liberazione dell'Europa), rzo11 è forse impossibile persuader/i che sono previsti simultaneamente altri sbarchi, in particolare sulle coste della Sardegna e della Grecia, per evitare il concentramento di uomini e mezzi a difesa della sola Sicilia.
Nella mente di Ewen Montagu, brillante e giovane ufficiaLe della Royal Navy, si deliHeano così i contorni di quella che sarà appunto l'Operazione Mincemeat, esposta peraltro co11 tale forza persuasiva allo Stato Maggiore della Marina da essere approvata subito, con entusiasmo e senza riserve.
Secondo Montngu basta procurarsi il cadavere di una perso-
na sui trentacinque anni, vesfirlo da ufficiale della Royal Navy, vittima di un incidente aereo sulle abituali rotte inglesi nel Mediterraneo e portatore di documenti segreti dai quali emerge che gli alleati si apprestano a sbarcare in Grecia e non in Sicilia come tutti credono, far derivare il cadavere verso le coste meridionali della neutrale Spagna dove è molto attivo il controspionaggio tedesco, che certo non mancherebbe di interessarsi al caso e... il gioco è fatto! Questa in poche righe l'operazione chiamata, con discutibile humour inglese, mincemeat (carne tritata).
Con i mezzi speciali del Secret Service si monta in tempo record tutta la struttura dell'operazione.
Il cadavere di un vagabondo gallese di trentaqunttro mmi, Michael Glyndwr, affetto da disturbi psichici e suicidatosi buttandosi nel Tamigi (e quindi con i polmo11i ancora pieni di acqua) costituisce l'occasione. Con incredibile cura dei dettagli gli si costruisce una precisa identità, n cominciare dal nome e dagli incarichi: «William Martin, capitano, fncen te funzioni di maggiore, dei fucilieri marini di Sua Maestà britmmicn, ufficiale di Stato Maggiore al Quartiere generale delle operazioni congiunte», titolare della carta di identità emessa il 2 febbraio 1943, in sostituzione della carta n. 09650 andata smarrita.
Stabilitane l'identità, si plasma a tavolino l'accattivante (e perciò credibile) personalità di William. Un invito al Club Cabaret ne fa w1 amatore di ballo; una lettera della Lloyds
Bank che gli chiede di
appianare un debito di 79 sterline Lo dipinge come un ufficiale un po' spendaccione; una fattura per l'acquisto di wt anello e una fotografia fanno conoscere la sua fidanzata Pam, che lo attende con ansia; infine u1za lettera del vecchio padre lo fa apparire come attento agli affetti familiari. Conosciamo ora bene Witliam Martin, "un uomo mai esistito". Martin, a parte qualche umana e perdonabilissima debolezza, è un ufficiale della Royal NamJ competente e di grn11de affidabilità, che viaggia i11 missione portando con sé lettere realmente scritte da altissimi ufficiali (che si prestano al gioco) per far credere che lo sbarco nel sud dell'Europa sarebbe avPelluto i11 Grecia, pur se co11 qualche diversione in Sicilia e in Sardegna (In prinrnlelfera è nfinnn di Archibald Ney, Vice capo dello Stato maggiore imperiale per il gc11erale Hnrold Alexander; In seconda è n firma di lord Mowztbatten per l'ammiraglio Cunningham c la terzn, sempre n firma di ford Mountbatten, per il ge11erale Eisenhower).
Come far pervenire ora le importanti missive 11elle mn11i del con trospionnggio tedesco?
11 sottomarino Seraplz, in rotta verso Malta, 11011 ha difficoltà n «lanciare», il 19 aprile del 1943 il cadavere al largo delle coste della città spagnola di Huelvn, con In carte/In contene11te i preziosi documenti saldamente temlta da una catenella di sicllrezzn e con il gilet di salvataggio indossato dai militari allenti i11 volo (il celebre Mae West, così chiamato in onore della prosperosa diva di Hollywood), sperando mi ben volere delle corre11ti.
Il 3 maggio u1z messaggio dell'addetto navale britannico a Madrid dà l'attesa notizia: LI/t peschereccio spagnolo ha ripescafo il cadavere di William Martin che è stato posto a disposizio/le delle competenti autorità ... e quindi del controspionaggio tedesco.
Tutti gli oggetti personali e La cartella con le carte segrete vengono naturalmente rimesse dagli spag11oli all'ambasciata britannica di Madrid, ma 11011 prima che le buste siano state accurnta-
mente aperte e richiuse. Infatti sulle buste erano state apposte alcu1Ze ciglia che sarebbero cadute solo al momento dell'aperhtra. Ora nelle buste riconsegnate non vi è più alcuna traccia delle ciglia ... È quindi evidente che i tedeschi hanno preso visione delle lettere e sono convinti inoltre che Londra non si allarmerà più di tanto per l'incidente, avendo recuperato «intatto» il cnrteggio. Ancora oggi nel piccolo cimitero di Huelva esiste la tomba di William Martin «l'uomo cl1e non è mai esistito» («A William Martin, nato il 29 mar:::o 1907 e morto il 24 aprile 1943. Dulce et decorum est pro patria mori»). Per la cerimonia funebre arrit'a- a conferma della credibilità di tutta l'opera:ione- anche un disperato messaggio di cordogliO della fidanzata Pam (in realtà la segretaria di Montagu).
lnazisti insomma so110 caduti in pieno nella trappola. Sono convi11ti di avere tra le mani docunwzti segreti di altissimo valore militare e strategico. Montagu rassicura Churchill, in visita a Washington, co1z wz telegramma
rimasto famoso: «Carne tritata ingoiata interamente!».
In effetti prima dello sl,arco iu Sicilia si Ila notizia che i tedeschi hanuo spostato una divisione corazzata dalla Francia verso il Peloponneso (temendo appunto uno sbarco in Grecia), hanno concentrato le difese del sud Italia piuttosto t•erso nord ot•est (pensando ad azioni dimostrative in Sardegna), smantellato parte delle loro difese nel sud della Sicilia e dirottato una buona parte della flotta verso il Mar Egeo.
Del resto documenti sequestra -
ti dopo la guerra negli archivi nazisti confermano il completo successo dell'operazione.
Un rapporto di Doenitz dice chiaramente: «il Fiihrer non è d'accordo con il Duce sul fatto che il punto probabile dell'invasione sia la Sicilia. Egli è convinto che gli ordini angloamericani recentemente scoperti confermino la presunzione che l'attacco previsto sarà diretto principalmente contro la Sardegna e il Peloponneso».
Un successo da accreditare nl Servizio segreto britannico, come conferma nelle sue memorie ford Ismay, capo dello Stato maggiore imperiale: «l'operazi01ze ebbe UII successo oltre ogni 110stra aspettativa. Disperdere gli sforzi dije11sivi tedeschi attraverso tutta l'Europa, al punto da far partire dalla Sicilia delle navi tedesche, costituì LI/l exploit notevolissimo, che merita la particolare grntitudille di coloro che sono sbarcati in Sicilia e delle loro famiglie».
Op eration Fortitude. U11 bel giorno di maggio del 1944, nella riposante campagna del sud dell'Inghilterra, 1111 trm1quillo e fedele suddito di Su n Maestà, Syd11ey Ceorge Cripps, si agita 110n poco accorge11dosi improvvisamente dal/n sua dini11g-room che deci11e di carri armati stm1no attraversando i suoi terreni, permette 11 dosi persilw di tra11sitare sul suo curatissimo prato! Non ha nemmeno il tempo di indignarsi, rendendosi conto, stupefatto, che i blindati 11011lasciano alcu11a traccia. È incredibile. Che cosa sta succedendo?
Ma le meraviglie della giornata non finisco/lo lì. Cripps assiste a una seconda scena che lo lascia ancora più perplesso. Un toro, infastidito dal trambusto della strana col01ma, enrica un carro armato che, co lpito, lentamente si sgonfia.
In effetti si tratta di grossi involucri in caucciù sagomati e dipinti ad arte e che, visti da Lontano o dall'alto, creano L'ilhtsione di veri mezzi blindati.
Cripps insomma sta assistendo allo svolgimento iniziale di quella che sarebbe stata la maggiore iniziativa alleata di disinformazione nella seconda guerra mondiale, l'Operazione Fortitude (Forza d'animo), ideata nel contesto del piano generale di disinformazione per il 1944 chiarnato Bodyguard.
Abbiamo già visto come la principale preoccupazione degli alleati sia quella di confondere i nazisti su tempi e luoghi del grande sbarco per l'apertura del secondo fronte. Uno sbarco assolutamente determinante per gli esiti del conflitto.
Così i servizi segreti anglo-americani architettano l'Operazione Fortitude per far credere ai nazisti che in realtà sono previsti non uno, ma più sbarchi, ne/nord e nel sud dell'Europa, per i quali però è necessario impiegare almeno ottanta divisioni (ma quelle effettivamente disponibili non arrivano a quaranta). C'è quindi l'esigenza di «Creare» dal nulla quaranta divisioni, con relativi armamenti, carri armati, aerei, mezzi da sbarco, uomini be11 visibili dall'alto ecc. Sembra un 'idea piuttosto folle, un fan tasioso sce11ario di film e non an rigoroso piano militare da cui può dipendere l'esito finale della guerra. Eppure funzionerl't!
L'operazione si articola in tre differenti direzioni: Fortitude Nord (operazioni di copertura in Norvegia e nei paesi scandinavi); Fortitude Sud 1 (operazioni sulle coste belghe e francesi), Fortitude Sud 2 (ulteriori attività di depistaggio dopo lo sbarco in Normandia).
A nord gli specialisti deL/'in telligence inglese sfruttano «l'ossessione scandinava» di Hitler, ovvero la preoccupazione di poter controllare i
Carro am1ato il! caucciù perfettamente sagomato
porti della Norvegia liberi dal ghiaccio, nell'eventualità di dover far fronte ad accerchiamenti navali ai danni della Germania.
Questa «Ossessione» spiega l'importante dispositivo militare nazista nella Norvegia occupata, dove sono di stanza ben 380.000 uomini, una divisione corazzata, l.SOO cannoni costieri.
Fortitude Nord, attraverso una serie di finti sbarchi ricognitivi, di fasulle pressioni sul governo svedese, di richiesta urgente di informazioni operative agli agenti alleati in Norvegia (stato di ponti, strade, porti e aeroporti), tenta di far credere all'imminenza di w1 tentativo degli alleati di liberare il paese sca11dinavo per mantenere inchiodato in Norvegia l'importante dispositivo militare tedesco, tenendo/o lontano dalla Normandia. lnazisti si agitano, capiscono che qualcosa si sta muovendo e cercano col/ferme. Berlino attiva quindi le poche spie di cui ancora dispoue in Gran 81·etagna, molte delle quali peraltro «rivoltate» dall'MIS. U11a di queste è juan Pujol Garcia, nome in codice Garbo, uno spagnolo agente deii'Alnuehr, da tempo passato nel campo n/lento. Garbo gioca rm ruolo fondamentale per il successo di Fortitude. Tramite il console tedesco a Lisbona i11 un primo tempo e, dalla primavera de/1942, direttamente da Londra, egli fa perve11ire n Berlino notizie manipolate dall'MIS e dall'MI6 (vere le informazioni di poca importanza, false quelle di maggior contenuto) per 11011 far muovere i tedeschi dalla Norvegia e concentrare l'attenzione dei comrmdi militari 11nzisti sempre su Calais e trascurando le spiagge del/n Norma11dia. Berliuo mai
sospetterebbe dell'agente fuan Pujol, decorato peraltro con la Croce di Ferro per i servizi resi al terzo Reich, le cui inforAerei di legno
mazioni vengono considerate quanto mai veritiere.
Fortitude Sud prevede uno scenario ancora più audace e sofisticato: la concentrazione nel sud dell'Inghilterra di tre corpi d'armata, i primi due reali, il terzo fittizio... Denominato FUSAG, l'inesistente corpo d'armata americano simula una partenza dalle coste inglesi i n direzione della Francia nel tratto di mare fra Dover e Calais. Così gli aerei della sorvolando le coste meridionali dell'Inghilterra, possono osservare i movimenti della potente armata fatta in realtà di aerei di legno, di mezzi da sbarco posticci e dipinti alla meglio, di carri armati (come ha constatato il signor Cripps) in caucciù . I piloti nazisti non sospetteranno mai fino n che punto la contraerea alleata li abbia risparmiati per permettere loro di fotografare a volontà la scenografia predisposta. La mistificazione arriva a un punto di tale raffinatezza che in occasione dei bombardamenti di quelle che i tedeschi credono riseroe di petrolio, vengono requisiti gli artificieri del cinema per provocare esplosioni così potenti da dare l'illusione, ad alta quota, di aver distrutto una quantità inverosimile di carburante.
Anche in questo caso, come per Fortitude Nord esperti operatori radio e cifratori comunicano ogni giorno ordini fasulli, tipici di forze armate in effervescenza e pronte a passare all'azione, naturalmente facendo i11 modo che i tedeschi possano captare gli DI'dilli scambiati tra fantomatici comandi.
Lo stesso Garbo non manca di fornire il proprio contr ibuto suggerendo utili indicazioni sul carattere dei militari tedeschi: «Speculazioni, congetture, fughe di notizie non hanno molto effetto sullo spirito dei militari tedeschi. Gli ufficiali dello Stato Maggiore sono soliti trarre le proprie conclus ioni a partire da dati reali, fatti, cose concrete, compresa quindi l'identificazione e il dislocamento di formazioni, unità, quartieri generali, luoghi di raggruppamento». Proprio ciò che Fortitude intende offrire al nemico: «Cose reali» e <ifatti concreti».
Fortitude Sud continua a funzionare anche dopo il 6 giugno 1944. Un 'intensa attività radio dà l'impressione che altri sba rchi sono previsti nella zona di Calais. Le divisioni fantoccio americane della FUSAG vengono addirittura messe al comando del ge nerale Patton. È difficile pen sa re che 11n generale così importante e conosciuto possa pres tarsi a una mistificazione. E infatti Berlino nonio pensa e si ritroverà del tutto disorientata.
Forlitude in definitiva è il pitì graHde successo di deceptio11 della seconda guerra mondiale.
Dopo lo sbarco allento su ll e sp iagge 11 ormann e, l'alto co mando tedesco es ita ben quarnntotto ore prima di decidere di inviare tutte le divisio ni dispo nibili sul nuovo fronte (temendo sempre nu ov i sbarchi ne/nord della Francia e ll On avendo fatto muo vere le trttppe di stanza ilt Norvegia). Due lunghi Riomi di Ìltcertezzn fatali per i nnzisti, due g iom i durante i quali gli allenti posso no CO II so lidare le indispensabili teste di poute, conse ntendo la partenza delle truppe del generale Bradley per avviare In liberaz ion e deii'Curopn.
Mai , come nel caso di Fortitude, i servizi segreti hanno servito così bene l'iniziativa militare, in 1111 co ntes to di ecce ll en te in lerazione politico-strategico-operativa.
Durante i sei lunghi anni che sco nvol go no il mond o dal 1939 al 1945, la competizione delle alleanze co ntrappos te nel settore della crittografia s i sv iluppa in maniera ve rtigino sa, ne lla consapevolezza che la conoscenza « preventiva» delle intenzioni nemiche d à un vantaggio incalcolabile e s uscettibile d ' influen z are le sorti s te sse della guerra. Di conse guenza da una parte e dall ' altra non si les inano mezzi, finanziamenti e uomini per individuare i s is temi più efficienti, tesi a proteggere le proprie informazioni e a «leggere» invece quelle degli altri, oltre-
tutto in un periodo in cui ciascuno dei contendenti pretende di essere vicino al conseguimento dell'arma assoluta (la bomba atomica) che garantirebbe la vittoria finale. In questa sotterranea e segretissima lotta d'altro canto la scienza compie progressi davvero sorprendenti.
Per esempio, è nell'ambito del progetto britannico Ultra (realizzato per scoprire i misteri della macchina cifrante tedesca Enigma) voluto da Churchill, che scommetteva sull'importanza dei servizi segreti e sulla utilità della crittografia, che vengono costruiti i primi computers della storia, quando si passa dalle decifranti elettro-meccaniche, le famose Bombe, a quelle elettro-magnetiche, dette Colossus.
Ci pare quindi opportuno fare cenno almeno ai due più grandi progetti di decifrazione impostati dagli alleati durante la guerra: il britarutico Ultra, per «rompere» i codici tedeschi di Enigma, e l'americano Magie, per leggere i codici giapponesi Purple.
La storia di Enigma. Enigma è La macchina cifrante picì celebre della recente storia militare. Utilizzata dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale, è considerata assolutamente impenetrabile dalla gerarchia nazista, che fa totale affidamento sui suoi sofisticati meccauismi elettro-meccanici per la trasmissione degli ordini più segreti.
Simile a una macchina da scrivere con due tastiere (di cui una luminosa), dal peso di trenta chili circa, facile da trasportare, Enigma era stata inventata negli anni venti da un ingegnere tedesco di origine olandese, Arthur Scherbius, per esigenze commerciali: era cioè a disposizione di società e ditte per la trasmissione via radio di messaggi in codice impossibili da decifrare. Ben presto tuttavia il suo successo attira L'attenzione delle forze armate e dei servizi segreti tedeschi, che decidono di
adottarla apportandovi alcuni adattamenti e modifiche per rendere il sistema più sicuro e più sofisticato.
L'originalità di Enigma consiste nella combinazione di tre piccoli rotori con le lettere cifrate che si spostano in sequenza a ogni battuta (se cioè battendo il tasto A nella prima tastiera si ottiene la lettera cifrata Z nella tastiera luminosa, alla successiva battuta di A- per esempio- si ottiene un'altra lettera, scelta in maniera casuale dai tre rotori, ma mai la Z ottenuta all'inizio), nella grande varietà dei sistemi di aggiustamento (le «chiavi» per regolare 11elln ma11iera voluta i rotori) e nella possibilità di ciascun rotore di essere sostituito da ingranaggi di ricambio contenenti ulteriori seque11ze di lettere e schemi di cablaggio che producono miliardi di combinazio11i possibili. 11 messaggio così trasmesso (e ricevuto via radio) può essere messo in chiaro rtnicnmente ribnffendolo su u11n mncchi11n simile, regolata allo stesso modo di quella mittente, co11 chiavi che vei!J?Ono cambiate a brevi intervalli e simultanenme111e SII tutta In rete.
Gli esperti di Bletchley Pnrk hanno all'inizio gra11di difficoltà per venire n capo di f.nigmn, nonostante le informaziolli ricevute dai servizi segreti della Polo11ia (alla vigilia dell'illvasiolle nnzista del 1° settembre del 1939), dove già da tempo matematici ed esperti nvevn11o compiuto significativi progressi 11ella spiegazione dei meccanismi della cifrante tedesca. La messa i11 chiaro dei mes-
saggi Enigma CO/l i sistemi di decifra elettro-meccanica (le Bombe), per quanto avanzati, risulta in realtà lenta, incerta e difficoltosa. Le chiavi illfatti 11011 solo conte11gono
gli innesti dei collegamenti, ma indicano anche la posizione dei rotori e il loro orientamento. Il che complica ulteriormente il lavoro dei cripto-analisti britannici.
nfattore tempo del resto è essenziale. Spesso infatti la decifrazione dei messaggi rischia di arrivare troppo tardi rispetto ai fatti segnalati. Per essere utile, l'informazione deve essere anche "tempestiva". Occorre quindi fare di tutto per procurarsi lepreziosissime «chiavi» che assicurano la lettura dei messaggi in tempo reale.
In attesa che matematici e ricercatori geniali, come Alan Turing, completino i loro studi sui sistemi di decodifica elettromagnetica (più efficienti e più rapidi e che, come abbiamo visto, daranno vita al primo computer della storia), a Londra non rimmzgoHo da percorrere che due vie: prelevare le chiavi dalle navi nemiche catturate o rubar/e presso le ambasciate nazisfe nei paesi terzi.
Nel primo caso, Lo11drn beneficia di un colpo realmente molto fortullato: la cattura di wz sommergibile tedesco della classe U-Boot, nel maggio de/1941, allargo delle isole Ebridi, co11 a bordo una macchina Enigma perfettamente jullziollante, le relative chiavi e le istruzioni per l'uso (la vicenda è rievocata nel film U-571).
Nel secondo, l'M/6 può contare su agenti di eccezionale valore, come la fascinosa Cy11thia (al secolo Elisabeth Thorpe Pack) che entra in possesso delle clziavi di decifra custodite nell'ambasciata italiana a Washi11gton (anche l'italia utilizzava macchine Enigma) prima dell'entrata in guerra degli Stati Uniti.
Sempre considerando di assoluta priorità il mantenimento del segreto sulle attività di Bletchley Park, Londra ritiene di così vitale importanza non far sapere ai tedeschi che il funzionamento di Enigma è stato violato, da decidere - tra gli altri episodidi non far evacuare gli abitanti della città di Coventry, del cui bombardamento le autorità britanniche vengono a sapere inanti-
cipo. Anche se molti storici contestano tale circostanza, argotnentando che l'informazione carpita ai tedeschi non precisava quale sarebbe stata la città bersaglio dei bombardamenti.
In ogni caso un'attività talmente segreta quella di Bletchley Park che verrà parzialmente svelata dai britannici solo negli anni '70, trent'anni dopo la fine della guerra.
Un segreto che però dà presto i suoi frutti. La battaglia di Capo Mntapan ne è un ese111pio significativo. La sorprendente sconfitta della Regia Marina italiana n opera della Roynl Navy allargo del Peloponneso, ne/marzo del1941, può essere capita e spiegata solo alla luce di quanto avveniva n Bletclzley Pnrk, dove peraltro, n partire del 1943, il sistema Enigma è completamente permeabile, con o senza codici di accesso (ma i tedeschi non lo sospetteranno mai).
La fine della guerra sottomnr;nn in Atlan l ico e In vittoria su i temibili U-Boot sono essmzialmente dovute n/lavoro dei criptoanalisti britannici elle «leggono» le rotte seguite dai comandanti tedeschi.
L'ul timo messaggio cifrato di una macchina Enigma è un breve testo dell'ammiraglio Doenifz, l'effimero successore di Hil'/er, il l 0 maggio 1945, che dice: «<l Fiilzrer è morto. La lotta continua». Messaggio inutilmente segreto e pietosame11tc irrenlistico. Tutti infatti sanno già elle Hilfer si è suicidnto e che 11011 c'è pitì una lotta da continuare. La guerra è ormai finita. Come è finita la carriera di E11igma!
Cynthia, la spia dagli occhi v e rdi. Americana, sposata con un diplomatico americano, Arthur Pnck, Elisnbeth Thorpe viene arruolata a New York dal British Security Coordinatio11 (BSC), l'organismo dei servizi segreti inglesi incaricato di collaborare, durante la guerra, con gli omologhi servizi americani.
Intelligente, colta, sincera democratica, Elisabeth sente di
dover dare il proprio contributo alla causa alleata per sconfiggere quanto più detesta nella vita: il nazisnzo, il fascismo, la dittatura, la guerra. Per raggiungere lo scopo, l'agente Cynthia è disposta a tutto, anche a mettere a disposizione il proprio corpo. Insomma non indietreggerà se, per il successo della causa alleata, sarà necessario sedurre la vittima designata da cu i ottenere preziose informazioni. Alla vigilia del conflitto si ritrova in Polonia, dove il marito è stato trasferito in qualità di consigliere dell'ambasciata britannica. Qui viene "agganciata" dal Secret lntelligence 5ervice (515), interessatissimo a capire in che direzione in definitiva si muoverà il govemo polacco e quali progressi siano stati compiuti dai matematici di Varsavia, impegnati a scoprire i segreti della macchi/la cifrante tedesca Enigma. Per mettersi allora nella posizione migliore di osservazione accende una lave story con Michal Lubienski, potente capo di gabinetto del Ministro degli Esteri, jòsef Beck. 11 515 sarà molto soddisfatto della nuova recluta.
Un precedeHte che deve essere stato preso in considerazione quando a New York, nel febbraio del1941, il B5C la recluta e le assegna le due missio11i che ne farmi no ww delle spie più efficaci del periodo bellico. La prima: procurarsi le tabelle cifranti della Marina militare italiana (cJ1e usa anche la macchina Enigma) custodite presso la nostra Ambasciata a WaslziHgton. La seconda: entrare in possesso anche di quelle frallcesi, conservate presso l'ambasciata del govemo Pétain, attiva nella capitale americana.
Cynthia riuscirà brillantemente nelle due operazioni, sempre seducendo le sue vittime. La prima operazione peraltro è stata contestata dagli eredi della vitti-
ma, l'amrniraglio Alberto Lais, i quali sostengono che la storia era stata notevolmente "amplificata", se non inventata, dalla stessa spia nelle sue memorie. La maggioranza degli studiosi di intelligence è, invece, concorde nel sostenere che l'aggancio di Lais da parte della bella e affascinante Cynthia ci sarebbe effett ivamente stato e il materiale procurato in tali circostanze dall'americana avrebbe avuto couseguenze catastrofiche nella battaglia di Capo Matnpan (28/29 marzo 194n dove la Regia Marina subirà una drammatica sconfitta. Il fatto è che gli inglesi erano in grado di leggere le istruzioni segretiss im e inviate da Supennarina (il comando superiore della Marina attivato nel 1940) alle proprie unità, pote11do facilmwte decifrare i messaggi italiani, grazie appunto n/le chiavi procurate da Cynthia.
Nella seconda operazio11e la preda è l'addetto stampa dell'ambasciata francese, Charles Brousse, splendidamente sedotto, ma non abbandonato, giacché Charles diventerà il secondo marito di Cynthia che noll di rado si innamorava delle proprie vittime ...
11 materiale fomito da Cynthia co nse 11tirà agli alleali, 11el novembre 1942 (operazione Torcl z) di sbarcare senza troppe perdite nel Nord Africa (Algeri, Cnsablnncn, Orn11o), co11oscendo in anticipo le diposizioni delle autorità militari e le rotte delle navi francesi.
Anche gli americani, come già gli inglesi, saran no es trenrnmellte soddisfatti de/lavoro della "spia dagli occhi verdi" e glielo riconosceranno. Ellery Hunhzgton, ca po dell'nntenua OSS (l'organismo di spionaggio statunitense dell'epoca) al seguito delle truppe alleate le scriverà molto compiaciuto: "A parte i principali obiettivi, non abbiamo incontrato in pratica alcwrn resistenza. La ragio11e va ricercata nel segreto 111ilitare. Ma penso che Lei lo debba sapere bene, perché ciò è avvenuto grazie n/le sue tabelle. Esse hanno cambiato il corso della guerra!".
Il progetto M agie. Se gli inglesi scoprono a Bletchley Park i segreti di Enigma tramite il sistema Ultra, gli americani non sono da meno nei confronti dei codici giapponesi, penetrando la macchina cifrante Purple a seguito dei successi ottenuN dal progetto denominato Magie.
La nascita ufficiale di Magie viwe generalmente datata al25 settembre del1940, quando per la prima volta vengono messi i11 chiaro alczmi messaggi cifrati giapponesi. Le sue origini tuttavia si possono far risalire al periodo postbellico della prima guerra mondiale, accreditandone il merito iniziale al criptoanalista americano Herbert Yardley.
Yardlet; può in effetti essere considerato l'iniziatore dei servizi di decrittazione statunitensi e il prornotore delle ricerche in tale settore. Dopo aver accompagnato nel 1919 il PresideHte Wilson alla conferenza di pace di Versnilles, a capo di una piccola squadra di cifratori, Yardlet; riceve l'incarico di penetrare i codici giapponesi. Sceglie così motivati ed esperti m1nlisti, matematici, tecnici, linguisti, conoscitori della lingua giapponese, traduttori, formando insomma un efficiente gruppo di lavoro (detto Black Chamber) che rnggirmge presto gli scopi prefissi .
Le sue attività hanno tanto successo che, llell'importante Conferenza navale di Washington del1921, gli americani trattano in una posizione di vantaggio potendo leggere le istruzioni da Tokyo nello stesso momento dei delegati giapponesi.
Negli anni successivi, tuttavia, Yardley si lascia attrarre da altri interessi, lavorando piuttosto per imprese private che ovviamente pagano molto rneglio del servizio pubblico . Senza pe rò la sua continuativa presenza il gruppo finisce per perdere molti colpi e diventa gradualmente poco opera t ivo. In quel periodo, inoltre, prevale negli Stati Uniti l'idea di vivere una nuova era di pace, dove i servizi segreti non sono più così necessari. Il Segretario di Stato Stimson, sicuro che «Uil gen tleman non legge mai la posta degli altri», non ha di conseguenza molti dubbi nel deci-
dere di sciogliere definitivamente il servizio di ricerca crittografica, diventato nel frattempo assai costoso e poco produttivo.
Yardley, molto contrariato, scrive allora un libro di memorie che fa sensazione e che diventa un best seller mondiale, The American Black Chamber, dove racconta senza ritegno le sue imprese, soprattutto quelle collegate alla Conferenza navale.
Il libro suscita una comprensibile emozione negli ambiellti governativi di Washington e Ynrdley viene messo al bando, nonostante i suoi indubbi meriti.
A Tokyo parallelamente scoppia inevitabile una violenta tempesta politico-diplomatica. l giapponesi decidono immediatamente di abbandonare il siste111n dei codici manuali per passare a quelli efeti romeccan ici. Vengo HO concepite e prodotte in tempo record macchine cifranti dette «alfabeticlle modello 97», non molto dissimili nella co11cezione di base dalle tedesche Enigma e elle gli americani soprrmnomiJLmw Purple.
La decisa presa di posizio11e giapponese costringe presto gli america ni n riorgrm izznrc la stm tturn di decifraziolle e n riprendere le ricerche (da poco sospese) 11el settore della criptommlisi co11 nuovi uomini e pitì co11sistenti mezzi fillanziari (nasce il Signa/
Jnt elligence Service). A cnpo della strutf11ra vie11e opport11nnme11te posto 1111 allievo di Ynrdley, William Friedmnn, ell e in venli mesi di duro lavoro, aiutato da esperti di alto valore elle ha111t0 viss uto per anni in Giappone, riesce finalmente 11el settembre del 1940 a rompere il «Codice rOSSO».
Poche persone sono al corrente dell'exploit e pochissime sono destinatarie dei fogli con la stampigliatura «Magie», dove sono riportati i
messaggi giapponesi «tradotti» in chiaro e in inglese.
Magie permetterà di risparmiare nel corso della guerra migliaia di vite umane, ma non sarà in grado di evitare il disastro d1 Pearl Harbour il 7 dicembre del1941. Perché?
Secondo uno dei più rece11ti studi sull'argomento (Robert Stitweft, Day of deceit. The truth about Pearl Harbour), gli americani sin dal/'i11izio di novembre di quell'm111o sono al corrente del piano operatim giapponese per via dell'incessante scambio di messagg1 cifrati tra ministeri, ambasciate, consolati, comandi nipponici ecc. Ma tali messaggi- decifrati da Magierimangono per troppo tempo sulle scrivanie di Washingto11 e vengono portati a conoscenza dei comandi napali americani co11 i11dugio.
Ora è vero che a causa del ritardo accumulato dagli operatori, dai traduttori e dalle dattilografe dell'ambasciata giapponese il fatale, ultimo messaggio di Tokyo con In dichiarazione di guerra in debita forma viene couseg11nta al Dipartimento di Stato 1111 'orn più tardi, e cioè alle 14 i11vece che alle 13 (qua11do l'attacco i11 pratica è già comiuciato).
Ma secondo Stinnett, i cifrntori americani erano stati piiÌ rapidi dei «colleghi» giapponesi. /11 effetti risulta che fin dalle dieci de/mattino di quel 7 dicembre- quattro ore prima dell'attacco - 1 messaggi Purple erano stati dati in visio11e al Presidente Roosevelt.
Che cosa è successo in definitiva? Mal funzionamento dell'intelligence, sfasamento nella catena di comando, o ·mluto ritardo nella trasmissione delle notizie per massimizzare l'impatto, <<mediatico» e smuovere il prevalente sentimento iso/azionista dell'opiniolle pubblica americana, molto restia ad affrontare un altro conflitto mondiale?
La Storia non ha ancora pronunciato la parola definitiva al riguardo, anche se, con Robert Sthmett, i sostenitori della terza tesi aumentano.
Una cosa tuttavia è certa: Magie sul piano tecnico ha fatto il
suo dovere, ha funzionato a meraviglia, è stato addirittura più rapido del 11emico, ritardato dalle pastoie burocratiche della propria ambasciata.
La disinformazione
Uno degli aspetti più insidiosi dello "spionaggio aggressivo" è senza dubbio rappresentato dalla disinformazione (disinformntion o anche deception in inglese, intoxicaton informative, in francese). Un'attività che peraltro può sfuggire di mano, provocando conseguenze imprevedibili e anche non volute dai s uoi s te ss i ideatori. .. Un esempio famoso di evidente attività di disinformation, che dura da più di un secolo nonostante le numerose messe a punto ufficiali, è dato dai Protocolli (falsi) dei Savi di Sion.
È in effetti stupefacente constatare come una pubblicazione, frutto della «p ropaganda nera» messa in atto da un servizio segre to, abbia continuato ad avere nefasti effetti, anche dopo che ne è s tata accertata, e chiaramente dimostra ta, la falsità.
Dopo l'assass inio dello zar A lessandro rr nel 1881, la polizia segreta russa, la tcmibile Okrana, cerca di scre ditare i riformatori liberali che se mbrano guadagnare terreno c simpatie fra le minoranze oppresse, in particolare tra gli ebrei. A Parigi un abile agente dell'Okrana, l'aristocratico e intellettuale Matvei Golovinski, viene incaricato della non facile missione. Ottimo giornalista, collaboratore del Figaro, Golovinsky inizia a scrivere una serie di articoli per denigrare gli ebrei, proprio all'epoca dell'affaire Dreyfus, cioè nel momento di massima polarizzazione dell'opinione pubblica europea verso i semi ti.
Successivamente, nel1897, esce a Parigi la prima edizione dei «Protocolli», un testo scritto app unto da Golovinski
(il quale si sarebbe ispirato alle opere dello scrittore antisemita Maurice Joly e in particolare al suo Dialogue aux enfers entre Machiavel et Montesquieu), testo che viene immediatamente tradotto in russo, riscuotendo immediato successo. Inizia quindi a circolare l'idea, tuttora viva nell'immaginario collettivo di molti paesi, del «Complotto ebraico internazionale», intrecciato peraltro con l'altro complotto che pure turba i sonni degli aristocratici: quello massonico. TI complotto «giudaico-massonico», sarà molto di moda negli anni trenta. L'Okrana cerca in effetti un capro espiatorio dei processi di liberalizzazione in atto in Russia. Il «complotto internazionale» cade quindi a pennello.
Non c'è dubbio, scrivono i prezzolati giornalisti dell'Okrana additando al disprezzo pubblico il testo «sovversivo» dei 24 Protocolli: è tutta colpa degli ebrei che complottano in segreto per mettere le mani sull'economia mondiale.
I Protocolli, in effetti, si presentano come un «piano operativo ultra segreto» concepito dagli «anziani», elabora-
U11'attic.>ità di disùiformazione che dura da secoli: "l protocolli dei Savi di Sion".
Benché ne sia sta ta accertata la falsità, in alcuni paesi arabi ancora oggi si continua a dar loro credito
to in occasione del Congresso semita di Basilea, ritrovato per caso e indirizzato alle nuove generazioni perché si impadroniscano delle tecniche e delle strategie necessarie per ottenere il controllo della finanza internazionale e l'instaurazione di un nuovo ordine sociale, basato sul principio della manipolazione delle masse.
I metodi preferiti sono: la diffusione delle idee liberali (da combattere, quindi}, il sovvertimento della morale (da fermare}, la contestazione dell'autorità tradizionale e dei valori cristiani (da respingere), la libertà di stampa (da limitare) ecc. Insomma tutti comodi alibi per i circoli conservatori tesi a fronteggiare le minacce alle loro posizioni di potere.
Ma la manipolazione risulta talmente evidente, che lo Primo ministro russo, Stolypin, ordina nel 1905 un'inchiesta segreta c accurata. La conclusione è scontata: si tratta di un falso, di un documento creato a tavolino. Non esistono i «Savi di Sion», non esiste alcun complotto internaziona le, non esistono i Protocolli. Lo stesso zar Nicola II, posto di fronte all'evidenza, dichiara che «una buona causa non può essere difesa con mezzi sporchi». Quindi fin dal 1905 si sa che i Protocolli sono fasulli. Seguono comunque altre accurate indagini e verifiche.
Famosa è rimasta quella del Times del 1921 che ripercorrc nei dettagli tutte le vicende del manoscritto c dimostra senza ombra di dubbio che si è trattato solo di una iniziativa di disinformazione ben riuscita.
Tredici anni dopo, nel 1934, la Corte cantonale di Berna, investita del caso, arriva dopo approfondite indagini alle stesse conclusioni. Uno dei giudici in particolare dichiara: «Spero che verrà il momento in cui nessuno sarà in grado di capire come una mezza dozzina di persone sane e responsabili furono capaci per settimm1e di prendersi gioco dell' iHtelligenzn della Corte, discutendo dell'autenticità dei cosid-
detti Protocolli, proprio quei protocolli che nocivi, come sono stati e saranno, non sono nient'altro che ridicole assurdità». Ma non per questo si fermano le strumentalizzazioni dei Protocolli. Veri o non veri, essi rispondono a mai sopite tendenze antisemite che albergano in vasti strati delle popolazioni europee e servono bene allo scopo. Lo stesso Hitler, pur probabilmente consapevole della falsità del documento, scrive in Mein Kampf: «la cosa importante è che con terrificalllt? certezza essi rivela11o la natura e l'atth•ità del popolo ebraico ed espone i loro conte.:.ti interni come anche i loro scopi ji11al i». E sappiamo dove que.,ta convinzione abbia condotto i nazisti e la stessa Germania. Ma ancora oggi i Protocolli, incredibilmente, continuano a essere stampati e diffusi, soprattutto in Medio Oriente: in Egitto, in Iran, in Arabia Sa udita, in Libano i Consigli dei Savi sono presi sul serio e coincidono col comune sentire in quei paesi nei confronti degli ebrei. Hamas nel suo Statuto co<;titutivo, all'art. 32, stabilisce che «il piallo sio11ista è senza limiti. Dopo la Palestina i sionisti aspirano a espandersi dal Nilo all'Eufrate. Qua11do avrmmo sistemato la regione, essi ripartirai/l/O e aspireranno a ulteriori e'ipmzsioni e così Pia. l/loro piano ('• contenuto nei Protocolli dei Savi di Sion e la loro attuale condotta è la miglior prova di ciò che diciamo».
Il giornale del Cairo al-Akhbar scrive nel 2002:
«Tu t ti i mali elle alt li nlme nte affliggono il 111011do sono dovuti al Sio11ismo. Questo non deve sorprendere perché
1 Protocolli dei Savi di Sion, che furono redatti dai loro anziani più di un secolo fa, stanno procedendo in base n llll piano preciso e una meticolosa tabella di marcia ed essi dimostrano clte sebbene sia11o una minorauza, il loro obiettivo è quello di dominare il mondo e l'intera razza umana» .
Nei testi scolastici sauditi ancora oggi gli studenti
apprendono che:
"Queste sono risoluzioni segrete, molto probabilmente del
summenzionato congresso di Basilea. furono scoperti nel XIX secolo. Gli ebrei cercarono di negarne l'esistenza, ma c'era ampia evidenza della foro autenticità e che fossero stati emanati dagli anziani di Sion. l Protocolli possono essere riassunti nei seguenti punti:
l. Rovesciare i fondamenti deff'attuafe società mondiale e i suoi sistemi, in modo da permettere al Sionismo di avere il monopolio del governo mondiale.
2. Eliminare le llnzionafità e le religioni, specialmente le nazioni cristiane.
3. Sforzarsi di incrementare la cormzione negli attuali regimi europei, dato che il Sionismo crede nella loro corntzio11e e nel Loro collasso finale.
4. Controllare i mezzi di pubblicazione, propaganda e stampa, usando l'oro per provocare disordini, seducendo fa gente per mezzo della Lussuria e diffondendo f'immoralitn.
La prova schiacciante dell'autenticità di queste risoluzioni, così come dei piani infemafi ebraici in essi inclusi, è la reale attuaziolle di molti di quesl i propositi, intrighi e cospi rnzion i contenuti nei Protocolli. Chiunque li legga- e sono sfati pubblicati Ilei XIX secolo- comprende oggi fino a clu: punto è stato realizzato molto di ciò che si trova nei Protocolli".
Ma l'Okrana, pur consapevole della sua efficacia, avrebbe mai pensato che una sua iniziativa di disinformazione avrebbe avuto tanto successo nello spazio e nel tempo? Avrebbe mai immaginato d i essere all'origine dell'iniziativa di disinformazione più duratura della Storia? Il fatto è che i Protocolli, veri o falsi che siano considerati, rispondono troppo bene alle finalità politiche di determinati paesi, decisi a cancellare dalla carta geografica lo Stato di Israele, per rinunciare a questo strumento di propaganda e per non valutarli per ciò che in realtà sono: solo un eccellente esercizio di "spionaggio aggressivo" della polizia poli tica degli zar!
Dopo la seconda guerra mondiale, contrariamente a quanto era avvenuto a conclusione della prima nel 1918, i servizi speciali dei vari paesi non solo non vengono <;mantellati, ma vengono rinforzati e riorganizzati per far fronte allo scontro che già si annuncia tra i due imperi emergenti in difesa delle rispettive zone di influenn: gli Stati Uniti a ovest e l'Unione Sovietica a est.
Svanita nel1945 antinazista, l'Europa si ritrova ben presto divisa in due blocchi contrapposti, uno comunista e l'altro liberai-democratico (è l'epoca del discorso di Churchill della «corti11n di ferro», del Piano Marshall e del Cominform nel 1947, nonché dell'Alleanza Atlantica nel 1949 e del Patto di Varsavia nel1955).
Inizia insomma una fase di grande tensione politica e militare caratterizzata da rigide ideologie contrapposte ma, fortunatamente, controllata dalla consapevolezza di dover evitare scontri militari globali, soprattutto nel momento in cui tra le due superpotenze si verifica l' «egui-
librio nucleare», con la certezza quindi di essere reciprocamente distrutte in caso di guerra atomica (la dottrina militare della Mutual Assured Destruction, MAD). Una guerra quindi che non può essere diretta, «calda», ma piuttosto indiretta, «fredda » (la celebre definizione si deve agli americani Bernard Baruch e Walter Lippmann), combattuta cioè con altri mezzi: per interposti paesi (Corea, Vietnam, Africa, Cuba, Centro America, Afghanjstan) e tramite ... i servizi segreti.
Le sotterranee battaglie che vengono combattute dagli agenti segreti nel periodo della guerra fredda producono un gran numero di vittime. Le spie, inviate sia dall'Est che dall'Ovest o anche reclutate sul posto, svolgono attività particolarmente pericolose (è la regola del «g ioco », gli agenti sono consapevoli dci rischi che corrono): quando sono scoperte infatti, vengono uccise immediatamente o, quando va loro bene, scambiate con altri agenti. Come vengono abbattuti senza scampo, al momento dcll'individuazionc, gli aerei spia e gli altri apparecchi di ricognizione.
Gli americani decidono così di mettere ordine nella loro intelligence, dopo i due anni di incertezza seguiti allo scioglimento dcli'OSS (0/fice of Strategie Services), creato per le specifiche esigenze belliche nel1942.
Superate finalmente le perplessità degli avversari di una grande struttura unificata di intelligence, nel 1947 viene istituita la CIA (Centrai lntelligence Agency), organizzazione incaricata delle attività di intelligence all'estero nei settori politici, economici, tecnici e scientifici.
Direttamente dipendente dal presidente degli Stati Unitiattraverso il National Security Council- è solidamente controllata dal potere politico. Dotata di ingenti mezzi e finanziamenti, ha fin dall'inizio ampi poteri, ma non quello giudiziario di perseguire davanti ai tribunali agenti nemici.
Solo l'FBI (Federa/ Bureau oj lnvestigntion), dipendente dal ministero della Giustizia e incaricato del controspionaggio all'interno del territorio, ha il potere di farlo.
La missione fondamentale, non scritta, della CIA è di frenare qualsiasi iniziativa di espansione del comunismo (nel solco della «dottrina Truman» di contninmenf dell'espansionismo sovietico) e a tal fine moltiplica le operazioni di disinformazione o di destabilizzazione in varie parti del mondo.
In risposta l'URSS crea qualche anno più tardi, nel 195-1, il KGB (Comitato per la sicurezza dello Stato) che accentra nel suo seno tutte le attività e tutti i poteri di spionaggio sia all'estero sia all'interno. La sua missione fondamentale, non scritta, è di evitare la caduta del comunismo, prevenendo le minacce interne ed esterne contro il regime sovietico (e i regimi «Satelliti») e incoraggiando anche iniziative di «penetrazione» ideologica verso Ovest.
V1issioni insomma, quelle della CIA e del KGB, del tutto incompatibili c contrapposte.
In tali condizioni lo scontro è, come abbiamo visto, molto aspro, senza esclusione di colpi, con episodi eclatanti (almeno tra quelli conosciuti) che lasciano per molto tempo il segno. I «servizi» conoscono in questo periodo un'espansione senza precedenti nella storia mondiale dell'intelligence.
I due blocchi in effetti, da un lato, cercano di proteggersi dall'avversario ma, dall'altro, tentano di penetrarlo utilizzando tutti i mezzi a dispoc:;izione dello spionaggio aggressivo, «nero». Gli agenti quindi pullulano in una variegata gamma di «specialità»: agenti di influenza, di penetrazione, doppi, in sonno, legali, provocatori, speciali ecc. Simboli di questo mondo che si agita in segreto, di queste attività sotterranee, di queste tragedie personali di
Berlilw. Il p01r1t• del/t• spre, tratro d1 scnmln fil nge1111 dei dul' cnmpi co11fmpposti. È qui elle il pilotn americn11o Gnry Powers fu scnm/linto co11 In SIIJII!r spm sovietica Rudo/11/r A/lt'l
cui l'opinione pubblica non sa molto , s e non ciò che vede nei film o legge nei romanzi ispirati alla realtà di quel periodo, s ono il ponte Glicnike (il ponte delle s pie, Glie11iker Brìicke) e il Checkpoint Chnrlie, nella Berlino del dopoguerra, s ulla Friedrichstrasse, il punto di collegamento fra la zona di occupazione sovietica e quella americana, la «zo na libera ». Teatri di sca mbi di s pi e, di drammatici inseguimenti, di inconfcssale operazioni.
Del re s to c'è una nuova forma di minaccia cui far fronte con permanente, assidua vigilanza: l'attacco nucleare. In tale eventualità, si sa, i tempi di reazione sono estremamente ridotti. Occorre quindi essere in grado di individuare immediatamente qualsiasi decollo di bombardieri strategici o lancio di qualsiasi missile con testala atomica, informandone i governanti interessati per le pertinenti valutazioni e decisioni. Prevedendo altresì di lasciare ai dirigenti politici un lasso ragionevole di tempo per adottare la «buona decisione». Di conseguenza si sviluppa lo
spionaggio tecnico con gli aerei-spia e, successivamente, con i satelliti di osservazione.
In effetti se da un parte c'è la consapevolezza dell'assoluta necessità di evitare l'olocausto nucleare in caso di conflitto, dall'altra le due superpotenze non rinunciano ad aumentare i rispettivi arsenali nucleari in una assurda corsa per avere le migliori chance nel «primo colpo nucleare » (il famoso first st rike) determinante per impedire al nemico di reagire in maniera tempestiva e adeguata. Vanno quindi avanti parallelamente per decenni la corsa agli armamenti e i negoziati per la limitazione e la riduzione degli ordigni nucleari. Solo agli inizi degli anni '80 si arriva finalmente alla conclusione del primo accordo START, Strategie Arms Reduction Talks. I due blocchi insomma hanno innumerevoli ragioni e necessità per spiarsi vicendevolmente.
n resto del mondo però viene, per così dire, un po' trascurato, osservato da lontano. Ciò spiega, a esempio, la «Sorpresa » dei britannici al momento dell'invasione argentina delle Falkland / Malvine nell'aprile del1982.
La contrapposizione dei due blocchi è tale che si temono invasioni reciproche non solo militari ma ancl1e ideologiche e politiche. Tra il1947 e i11950, temendo la minaccia sovietica, q u asi tutti i principali paesi della NATO organizzano un sistema segretissimo di prosecuzione della guerra in caso di invasione con azioni di guerriglia condotta da uomini ben addestrati e dotati di armi predisposte nascostamente nei vari paesi dell'alleanza. L'operazione, conosciuta con il nome di Stay Behind, si articola in n u merose ramificazioni: quella in Italia è la controversa Gladio, che tante polemiche suscita negli anni novan ta quando viene «Scoperta» e quando alcuni esperti sostengono che nelle direttive di Gladio c'è una certa tendenza a confondere
«minaccia esterna» e «sovversione interna». Ma le due cose, si può osservare, sono necessariamente collegate, se si tiene conto che l'invasione esterna potrebbe essere preparata con azioni di penetrazione ideologica e politica interna, attivate da spie e agenti avversari già presenti nel paese.
Negli Stati Uniti intanto la «Caccia alle streghe» del senatore Joseph Raymond McCarthy dà il via a una serie di inchieste politico-giudiziarie tese a colpire qualunque possibile influenza comunista negli apparati dello Stato: scoppia il fenomeno del «maccartismo». È forse il momento di maggior tensione della guerra fredda. Inchieste, condotte spesso in palese contrasto con i principi costituzionali e giuridici statunitensi, che colpiscono numerosi soggetti, anche personaggi famosi, sulla base di un semplice sospetto.
La guerra fredda si protrae in sostanza- fra alti c bassi, tra fasi acute e periodi di «disge lo», tra tensione e distensione - dalla fine del la seco n da guerra mondiale fino al
collasso dell'Unione Sovietica n ei pri mi an ni novan ta.
Il simbo lo forse più vivido e drammatico della divis ione ideologica e politica de l mondo- e dell'Europa in partico lare - è il Muro di Berlino, edificato nel 1961. Alto 4 met ri e lu ngo 46 chilometri, impedisce l'esodo dci cittadini della Repubb li ca Democratica Te d esca (RDT) verso la Repubblica Federale Tedesca (RFT). Separa i tedeschi dai tedeschi, Berlino Ovest da Berlino Est, la RFT dalla RDT, il mondo libera i-democratico da quello comunista.
Sarà abbattuto a furor di popolo a colpi di piccone, da cariche di bulldozer, con tutti i mezzi disponibili, nel novembre del1989.
Prin ci p a li "s p eci ali zzaz i o ni " d eg li agenti segre ti
Agente di influenza
Age11fe di parficolnn• h·l•aturn culturale e inlellettunle. Cerca di mflumzare, co11 nffil'ità di l•ario gmere, In renlln politica e sociale 11elln quale è i11serito afm.•ore del paese per il quale opera.
Agente sotto copertura, cioè con falsa identità. Incita e incoraggia individui sospetti a co111piere crimini o atti illeciti al fine di documentarli e servirsene n danno del paese contro cui opera.
Agente particolarmente addestrato che riesce a penetrare in incognito in organizzazioni nemiche o reti crimiltnli. Sono richieste ottviamente buone co11oscenze antropologiche, religiose, sociali e ideologiche del paese in cui opera, oltre alla perfetta padronanza della lingua .
Agente inviato in un altro paese per condurre missioni di intelligence. Non gli si chiede però di essere immediatamente operativo. Dovrà colldurre uua vita norrnale, al pari di qualunque altro cittadino del paese fino al momento i11 cui si renderà necessario il suo intervento e verrà quindi "svegliato".
Viene acwratamente selezionato per livello culturale, professionalità e idoneità fisica. In genere destinato a i11dagare su questioni relative alla sicurezza nazionale e n delicati eventi internazionali. È l'agente spesso attivo "srll campo", specializzato in settori operativi, anche di tipo milìtare e di controspio11aggio (con o senza licenza di uccidere) e si avvale di una rete di i11jormnlori.
Simula di lavorare per u11'ngenzin di lntelligel!ce, mentre, iH realtà, opera a favore di un'organizzazione nemica.
Opera in paesi stranieri co11 copertura legale, in genere 11 tilizzando l'accreditamento diplomatico chiesto dall'nmbascinln del proprio paese (con tutti i vantaggi che 11e co11seguono: immunità, uso del corriere diplomatico ecc ... ). Del loro effettivo ruolo so110 informati i servizi del paese di accoglienza con i quali collabora.
Juliu s ed Eth el R os enb erg. Uno dei casi pizì emblematici dell'atmosfera di forte contrapposizione ideologica e divisione politica che si respira negli anni della guerra fredda, è senza dubbio quello dei coniugi Rosenberg, accusati negli Stati Uniti
di spionaggio a favore dell'Unione Sovietica. L'opinione pubblica mondiale si divide presto tra "colpevolisti" e "innocentisti", manifestazioni di piazza scuotono l'ordine pubblico in diPersi paesi, Washington è accusata di intolleranza ideologica capitalista tesa a dominare il mondo.
Nell'aprile del1951 julius e Ethel Rosenberg, ebrei americaIli, membri attivi del partito comzmista, vengono condannati a morte per spionaggio in fm•ore di Mosca. Si imputa loro in particolare di arer trasmesso agli amici sovietici informazioni e documenti- acquisiti dal famoso progetto Manhattan- rivelatisi utili alla costruzione dell'arma atomica, di cui fino a qliL'lmomento gli USA lzamzo avuto in qualche modo L'esclusiva mo11diale.
La sentenza deve essere eseguita il 21 maggio dello stesso m11zo. Immediatamente, tuttavia, si scatena i11 vari paesi un'intellsa campagna mzti-USA c i1111eggiante ai coniugi Rose11berg, considerati come capri espiatori sacrificati sull'altare della guerra fredda. Si mobilita l'intclligl!cnzin ilztemnzionnlc, intcnJcngono per.;onalità dell'arte e della cultura, uomini politici e gover-
nanti. "I Rosenberg non devo11o morire" è il titolo di una pièce teatrale di graude successo seri tta dal celebre storico jraHcese
Alain Decaux, sicuro dell'innocenza dei due imputati.
Si fa sempre più strada l'idea che la giuria americana si sia sbagliata e che In Corte in ogni caso sin stata troppo severa. Essere com u11isti- viene ripe tu t o- non vuoi dire essere necessariamente spie asservite a Mosca. Gli in te ressa ti del resto non fanno che proclamare la loro innocenza. La stessa opi11ione pubblica americnna comincia a dubitare.
La difesa, cavalcando l'onda della protesta mondiale, cercherà in tutti i modi di far riaprire i termhzi del processo. Ma non sarà in grado di presentare prove e riscontri decisivi. Così, dopo diversi rinvii, i Rosenberg snrmmo giustiziati nel giug11o del 1953.
l dubbi se i Rosenberg fossero colpevoli o innocenti sono rimasti presenti nell'opinione pubblica per quarant'anni. fino a quando la pubblicazione di alcuni dossier dell'FBI, l'apertura degli archivi del KGB, le rivelazi01zi sul progetto Venona (sistema nmericn11o di decifrazione dei messaggi sovietici), le meiiiOrie di alcztni protagonisti della vicenda hanno consentito di eliminare le incertezze passate. Dall'insieme di In/i nuove follti informative si deduce che i Rosenberg erano colpevoli dei reati loro addebitati. Avevano cioè cospirato contro gli USA, il loro paese. La giuria non si era sbagliata.
Meritavano per questo la pena di morte? Le informazioni passate a Mosca ermw state così importanti?
Nel riflettere sulla risposta da dare a tali quesiti, 11011 bisogna dimenticare che i Rosenberg avrebbero avuto la vita salva se avessero confessato e svelato il funzionamento della rete spionistica cui attivarnente appartenevano. Ma, come osservò il giudice Kaufmall, essi scelgono di non parlare, scelgono «di morire perché amavano la loro causa più della loro vita e di quella dei loro figli».
E proprio dalla messa in chiaro dei messaggi sovietici (nel-
l'ambito del progetto Venon.a) che emerge senza ombra di dubbio l'appartenenza della coppia alla rete spionistica sovietica negli USA. Tm questi messaggi ce ne sono alcuni che fanno riferimento addirittura alla «imprudenza» di ]ulius che qualche volta sembra trascurare Le regole della casa . «La nostra preoccupazione è dovuta al fatto che ]ulius parla delle nostre questioni con altri membri della rete nel suo appartamento. Abbiamo notizie che l'FBJ utilizza mezzi tecnici per ascoltare le conversazioni della persone che sorveglia. È quindi necessario invitarlo fermamente a rinunciare n tali conversazioni».
Le memorie delle grandi spie sovietiche scritte dopo il crollo dell'URSS, vanno nello stesso senso, in particolare quelle di Aleksnnder Feklisov, l'ufficiale che recluta i Rosenberg. Racconta Aleksnnder che In collaborazione con Julitts (all'epoca impiegato presso un'impresa di prodotti elettr01neccanici legata alle forze armate) em stata molto proficua. Tra i documenti avuti da Rosenberg- precisa Feklisov- figurano i piani di 1111 dispositivo radio che permette di distinguere gli aerei amici da quelli nemici nonché U/1 «detonatore di prossimità»
(noli i piani, ma il pezzo stesso), un meccanismo che fa esplodere il proiettile sparato contro tm aereo a qualche metro dal bersaglio: i suoi numerosi frammenti non danno alcuna possibilità di salvezza al velivolo preso di mira. Inoltre, le testimonianze durante il processo di Harry Go/d, spia sovietica confessa, di Oavid Greenglass, fratello della moglie di ]ulius (tecnico nel centro di Las Alamos dove si costruisce La bomba atomica), confermano le tesi accusatorie nei confronti dei coniugi Rosenberg (anche di Ethel, membro attivo della rete, che all'inizio sembrava estranea alle attività del marito): si sono procurati documentazione sensibile sulle attività dei laboratori di Las Alamos passando/a ai sovietici. Un quadro dal quale emergono pochi dubbi sulla colpevolezza dei Rosenberg.
Lo stesso Alain Decaux, con ammirevole onestà intellettuale, ha avuto il coraggio di ammettere di essersi sbagliato. Ripudia persino la sua pièce teatrale che in effetti non è pitì stata rappresentata: «No n posso impedirmi di sentire un certo malessere nell'evocare questo paradosso: sincerame/lte persuaso della totale innocenza dei Rosenberg, ne ho convinto- a torto - decine di migliaia di spettatori nel mondo e qualche milione quando fu adattata per In televisione. C'è di che far riflettere sulle responsabilità, 11011 solo dello storico, ma anche dell'autore teatrale quando tratta fatti reali».
Non è facile stabilire che cosa abl?in animato i Rosenberg. Probabilmente l'ideologia comunista e In prospettiva di w1 «mondo migliore>> . Oppure l'idea che gli Stati Uniti fossero diventati una nazione antisemita e che quindi bisognasse combatterli in nome di un paese, l' Unione Sovietica, che dichiarava di non esserlo. Se così fosse i Rosenberg si sarebbero sbagliati su tutta la linea. Il comunismo infatti n011 solo non hn migliorato In sorte dei lavoratori, ma lzn generato tlll «mondo peggiore».
L'antisemitismo sovietico, poi, non è 11em mello !onta namente paragonabile ai limitati fenomeni antisemiti che si registrano negli USA negli anni 1930/40, dovuti più che altro a una troppo estesa libertà individuale. D'altra parte il giudice Kaufman, il procuratore Saypol e il suo vice Coh11 -i maggiori protagonisti del processo - sono loro stessi ebrei. Come si può allora pe11snre che l'antisemitismo abbia potuto sottendere la sentenza.
Chi furono dunque in definitiva Julius e Lthel Rose11berg?
Come ha scritto Florin Aftalion (autore di un documentato volume sull'argomento: La trahison des Rosenbcrg), «i Rosenberg furono i martiri di una causa clte avrebbero invece dovuto combattere con tutte le loro forze se non fossero stati accecati dalla ideologia ».
Capitolo XIV
L'i
La principale caratteristica dell'intelligence tecnologica è quella di utilizzare lo spazio per osservare c «ascoltare» il nostro pianeta. Un'osservazione e un ascolto che si realizzano grazie a sistemi costituiti da vettori (aerei, dreni, c;atelliti) e da intercettori (ottici, infrarossi o radar) le cui performance migliorano di giorno in giorno. La guerra del Golfo (1990-1991) del resto ha reso evidente a tutti quanto siano vulnerabili i paesi non in grado di osservare o ascoltare dallo spazio gli eventi sul terreno, nel momento della presa di decisioni fondamentali per la loro sicurezza nazionale.
L'utilizzo dell'aereo prima e dei satelliti in seguito, ha profondamente modificato il sistema della ricerca «preventiva» di notizie, conferendo un posto fondamentale all'intelligence tecnologica, preponderante nell'ultimo decennio del XX secolo e destinata ad accrescersi ulteriormente nel XXI.
In effetti lo spionaggio tecnologico offre l'immenso vantaggio, rispetto a quello umano (che però continua a
essere utile per altri motivi), di operare in permanenza e di fornire in tempo reale notizie da qualsiasi parte del globo; e nella maggior parte dei casi senza mettere in pericolo vite umane. Con alcune limitazioni tuttavia di tipo «fisico»: attualmente, ad esempio, non è ancora possibile sapere cosa succede e cosa si trama nel fondo di una sperduta grotta di montagna (il che ci riporta, in una prospettiva di complementarità, all'indispensabile apporto fornito dalla intelligence umana, Humint, Human Intelligence, le «buone, vecchie spie» insomma).
Questo vasto campo della intelligence tecnologica si differenzia in tre dimensioni principali: intelligence elettronica (Efetronic lnteffigence, Elint), intelligence delle comunicazioni (Comnumicatio11 lntelligence, Comint) e intelligence attraverso le immagini (Jmnge llllefligence, Imint). Le prime due dimenc;ioni peraltro, interessate a tutti i tipi di segnali che vagano nello spazio, vengono riunite c qualificate in un unico contenitore chiamato intelligence di origine elettromagnetica (Signnlllltelligellce, Sigint), acquisita grazie a due tipi principali di vettori: aerei (pilotati e droni) e sistemi sa tellita ri.
Durante la guerra fredda gli americani utilizzano per le esigenze dell'intelligence tecnica principalmente l'aereo U2 (Utility 2) che finisce al centro di un complicato gioco di spionaggio fra sovietici e americani. Nel maggio del 1960 l'U2 pilotato dal comandante Gary Powers viene abbattuto dalla contraerea sovietica mentre sorvola la regione di SverdJosk. Powers si lancia col paracadute c, appena a terra, viene arrestato. Dopo un processo che fa la prima pagina dei giornali di tutto il mondo, scatenando polemiche tra i blocchi contrapposti e infiammando le rispettive opinioni pubbliche (una sorta di caso Rosenberg all'inverso), Powers è condannato a dieci anni di reclusione e scam-
biato (come era consuetudine in quegli anni, quando l'abbondanza di agenti segreti offriva pure qualche vantaggio ... ), due anni dopo, con la spia pro sovietica catturata negli USA, William Fishe r, alias Rudolf Abel, abile coordinatore di una rete di agenti comunisti. Insomma la vicenda Powers è certamente una tra le più emblematiche del livello di estrema tensione cui era arrivato lo spionaggio negli anni sessanta.
Sarà un altro U2, nell'estate del 1962, a documentare con 328 fotografie che i so\·ietici stanno costruendo a Cuba le installazioni necessarie per il lancio di missili balistici SS4 a capacità nucleare. È la crisi di Cuba! n mondo è per qualche giorno sull'orlo della catastrofe atomica. Mosca non può negare. L'Intelligencc tecnica americana non si è sbagliata. Abili politici sovietici si affrettano allora a negoziare lo smantellamento delle loro rampe in cambio della diminuzione della pressione militare americana e Nato. Così dalla Turchia, dall'Italia c dalle isole britanniche vengono ritirati i missili a capacità nucleare puntati verso I'URSS e Washington dovrà rassegnar!:>i al definitivo inglobamento dell'Avana nel campo comunista. L'Intelligence tecnica è sempre più protagonista delle vicende internazionali.
Il «drone» è un piccolo aereo, tecnologica mente molto sofisticato, senza pilota. È vero che attualmente ha una vocazione per così dire tattica e quindi limitata (tenendo conto della sua autonomia, capacità di carico, a ltezza raggiungibile ecc.), ma in un futuro prossimo è molto probabile che, in considerazione dei continui progressi nel campo dell'elettronica e delle telecomunicazioni, il drone possa svolgere missioni di spionaggio strategico, moltiplicando così le sue opportunità di impiego. Più di recente il drone è andato assumendo anche funzioni di mici-
diale arma senza rischio per colpire obiettivi specifici, sollevando però tutta una serie di interrogativi sulla liceità del suo uso a fini bellici.
Il satellite, infine, occupa dall'inizio della guerra fredda un posto di assoluta preferenza. Può rispondere in effetti simultaneamente a esigenze tattiche, strategiche, operative e politiche. Il notevole costo poi lo rende proibitivo per un gran numero di Stati, mentre il suo livello di sofisticazione impedisce a numerosi paesi di costruirlo e di metterlo in orbita.
L'utilizzo dello spazio a fini strategici è naturalmente oggetto di intense discussioni e accesi dibattiti nelle istanze internazionali. Qui gli Stati Uni li si sono sempre presentati come i difensori di due grandi principi, tradizionalmente presenti nel pensiero politico americano: libero accesso allo spazio e libera navigazione spaziale.
Tuttavia nell957 gli americani si ritrovano nella situazione dell' «Arroseur nn-osé». I sovietici in effetti lanciano il primo satellite-spia della storia, lo Sputnik, lasciando intravedere tutte le potenzialità dello spazio per scopi prettamente militari e strategici.
Washington allora si affretta a intervenire correggendo il tiro del suo tradizionale pensiero: qualche limitazione deve pur essere introdotta alla libertà della navigazione interstellare per evitare gli incalcolabili danni che potrebbero derivare per l'intera umanità se lo spazio diventasse teatro di guerra. Lo spazio quindi non può e non deve essere utilizzato per fini «non pacifici» né per spionaggio aggressivo. Una spia del resto è una spia, sia che vesta l'impermeabile grigio per mimetizzarsi fra la gente sia che graviti a diverse centinaia di chilometri dalla Terra.
Dieci anni dopo, nel1967, le Nazioni Unite stabiliscono
i principi generali per l'uso pacifico dello spazio. Washington e Mosca, dal canto loro, si mettono successivamente d'accordo sul divieto di installare armi di distruzione di massa e di effettuare esperimenti nucleari nello spazio. Ma non rinunciano tuttavia all'utilizzo «militare non aggressivo)) dello spazio e quindi delle attività di intelligence tecnica attraverso i satelliti di osservazione. Gli americani si dotano delle varie generazioni dei Key Ho/e e Lacrosse, i sovietici utilizzano le diverse classi dei Cosmos. Successivamente anche altri paesi entrano nell'esclusivo club dello spionaggio spaziale.
È chiaro d'altra parte che l'aereo, il drone, il satellite, non sono che mezzi di trasporto. La loro efficacia dipende dagli «intercettori» trasportati che permettono l'osservazione ottica, infrarossa o radar.
L'osservazione ottica si riassume in sostanza nella presa di fotografie dallo spazio, per costituire banche di dati specifici, relativi a una determinata regione. I1 loro studio permette di percepire le evoluzioni, lente o brusche, della situazione e di adottare le conseguenti iniziative. Un tipo di osservazione che permette anche lo svolgimento di missioni politico-diplomatiche (sorveglianza di regioni in crisi, controllo della esecuzione di accordi di disarmo) e strategiche (sorveglianza dei siti dove sono installati i missili nucleari). Con un limite importante tuttavia: le condizioni atmosferiche. Basta, cioè, una spessa coltre di nubi per accecare la sorveglianza ottica. Quindi l'osservazione ottica (facilità di analisi, ma capacità di osservazione a volte limitata) diventa naturalmente complementare a quella ottenuta con i satelliti a infrarossi o radar dove invece, se a volte risultano maggiori le difficoltà di analisi dei segnali percepiti, la capacità di osservazione è permanente, costante, non condizionata dallo stato del tempo.
n Grande Fratello di orwelliana memoria ha probabilmente assunto le sue prime fattezze concrete con Echelon («scaglione» o «gradino »). Nome in codice dato alla più vasta rete informatica di ascolto mai esistita, attivata durante la guerra fredda e rimasta assolutamente segreta fino al 1997, capace di controllare, selezionare e registrare ogni forma di comunicazione terrestre. Una rete composta da 120 sofisticati satelliti artificiali (soprattutto del tipo Key Hole e Lacrosse), 11 stazioni a terra in grado di ricevere informazioni da sa telliti in orbita e due centri di elaborazione dei dati, in Gran Bretagna (Menwith Hill) e in Australia (Pine Gap). Concepita nell'ambito dell'accordo anglo-americano di spionaggio denominato UKUSA, cui in seguito hanno aderito anche Canada, Australia e Nuova Zelanda. Res ponsabile del progetto è la National Security Agency (NSA), in col laborazione con la CIA.
Non si sa molto in realtà di come funzioni il s istema s ul piano tecnico: le attività di Echelon sono tuttora coperte dal «marchio » top sccret. Si sa in ogni caso che un certo numero di stazioni è orientato su satelliti di comunicazio-
ni internazionali messi in orbita per trasmettere chiamate telefoniche, fax e posta elettronica. Le comunicazioni a livello nazionale vengono invece intercettate dalle stesse stazioni a terra. Le informazioni poi che transitano attraverso i cavi sottomarini, vengono intercettate quando i segnali provenienti dai cavi viaggiano via etere per raggiungere i destinatari. A completare il sistema di intercettazione pensano poi, come abbiamo visto, i 120 perfezionati satelliti-spia lanciati dalla NSA. Nulla può sfuggire al Grande Fratello o sarebbe meglio dire al Grnnde Orecchio. Si calcola che su un milione di messaggi captati dalla rete, circa 7.000 sono oggetto di una prima selezione, 1.000 tra questi sono in genere considerati «interessanti» e solo una decina sono alla fine trattati per un'analisi approfondita.
Il compito più difficile quindi resta di conseguenza quello di selezionare l'infinita mole dei dati raccolti nell.a colossale operazione di intercettazione. Operazione che avviene sulla base di identificazione di «Concetti-chiave» contenenti parole o espressioni convenzionali, specifici riferimenti a determinate situazioni o a nomi di personaggi ritenuti sospetti o comunque «interessanti» per le Agenzie. Un utilizzo quindi che può essere orientato in qualunque momento verso direzioni desiderate (o indesiderate per i destinatari). Per scopi cioè leciti o illeciti?
Quando alla fine degli anni novanta, a seguito di un processo a due ragazze pacifiste, si viene a sapere indirettamente dell'esistenza di Echelon, si registra nel mondo, e in Europa in particolare, viva preoccupazione e vasta emozione. Tutti si sentono «ascoltati», controllati, spiati.
Ma l'emozione sarà ancora più grande quando, qualche anno più tardi, dalle carte trasmesse dal transfuga americano Edward Snowden (tecnico di una società informatica che forniva consulenza alla NSA, ora rifugiato in Russia), si
verrà a sapere che Echelon aveva conosciuto un'ulteriore evoluzione sul piano tecnologico con il programma PRISM. Una struttura, sempre gestita dalla NSA in collaborazione con la CIA, talmente sofisticata da poter intercettare e registrare persino le chat vocali, le video chat, gli scambi dei messaggi nell'ambito delle rete sociali, i b:asfer.imenti di file ... Se Echelon utilizzava i satelliti per la sua raccolta di dati, PRISM invece si concentra sui server dei grandi provider informatici (programma down-stream) e sui cavi sottomarini (programma up-stream). Insomma dal Grande Orecchio che ascolta tutto, si passa al Grande Raccoglitore che registra tutti i segnali che vagano nell'etere. Un sistema tuttavia suscettibile, come appare evidente, di derive di diverso tipo e orientabilc verso insospcttate direzioni.
Fin nel1993 del resto l'ex agente canadese, Fred Stock, aveva denunciato il rischio che il Guardim10 del villaggio (Echelon, pensato in funzione della guerra fredda, a difesa cioè del campo occidentale) potesse trasformarsi in un Cannibale (con l'ampliamento, cioè, degli interventi tesi alla raccolta di notizie utili anche presso i paesi alleati e amici).
Ma c'è di più. In una prospettiva abbastanza ravvicinata, il Grande Orecchio potrebbe assumere le sembianze di un Grn11de inquisitore! È in effetti in costruzione nello Stato dell'Utah (USA) la più imponente struttura informatica mai concepita. Un colossale silos informatico ("Utah Data Ce11ter"), capace di intercettare e registrare anche le attività più personali e riservate dell'individuo (ricerche fatte su internet, itinerari di viaggi, acquisto libri, compere on line ... ) e quindi in grado di ricostituire il profilo virtuale di una persona con i suoi gusti, i suoi spostamenti, le sue preferenze, le sue debolezze ecc ...
Un sistema che viola la privacy dei cittadini e la riservatezza delle comunicazioni dei responsabili politici.
Con quali conseguenze c;u l convivere democratico?
La perplessità so no legittime. Il quesito è chiaro. Le risposte però lo sono un po' meno. Le perplessità rimangono ...
Qualcuno pensa che siamo in definitiva di fronte un sistema che viola i diritti dell'uomo, affermando che le Agenzie di sicurezza americane hanno deliberatamente ignorato quegli stec;si principi che c;ono chiamate a difendere. Occorre allora che su l piano politico vengano, da parte di tutti i paesi intcresc;ati, meglio precisate le regole del funzionamento c le "finalità" del moderno "spionaggio elettronico" per rassicurare amici e alleati c allo stesso tempo non diminuire l'efficienza di fronte al crescente pericolo del terrorismo e dell'estremismo islamico. Contemperare cioè sicu rezza e democrazia, performance teologiche e privacy dei cittadini, poteri di indagini e libertà individuali. Questa è probabilmente la maggiore sfida che devono affrontare i servizi segreti dei grandi paesi democratici. Tanto più saranno in grado di conciliare queste esigenze, tanto più saranno accettati e sostenuti dall'opinione pubblica nella loro fondamentale mis-
L'"UtaJr Data Ct'lllrr", il grande i11quisitoresione di man tenere la sicu rezza del paese e dei citta d in i. Al trime n ti risch iano di perdere credibili tà e consenso.
William Fi s her, alia s Andrei Ka j oti s, alias Emil Goldfu ss, alia s Ma rk, alia s Rudolf Abe l, l' ultima grand e s pia de lla g ue rra fre dda . Figlio di russi comunisti emigrati in Gran Bretng11a e rientrati in patria nel 1921, il giovane William Fisher si laurea brillantemente in ingegneria delle comzmicnzioni radio. Effettua nnturalme11te il suo servizio mi/ ilare Ile il' Armata rossa, dove si fa 11otare per la perizia tecnica e In perfetta conosce 11 za della lingua i11glese e tedesca. Un eccellente agente in nuce per gli efficienti reclutatori del GRU (Servizio segreto 111 ili fare) che in effetti non se lo lasciano sfuggire e se lo coltivano adeguatamente. Durante In seconda guerra mondiale William partecipa n diverse e rischiose operazioni tese a disinformare il servizio di intelligence nazista con trasmissioni radio cla11destine. Se la cava sempre in maniera egregia e con soddisfazione dei superiori.
Finila la guerra, di Fisher si perdo/lo le tracce. Finché nel 1948 sbarca nel Quebec un rifugiato lituano, Andrej Knjotis, drammaticamente fuggito dall'infemo sovietico. Nel 1950 la stessa perso11n, questa volta con il nome di Cmil Goldfuss, risiede a New York . Fotografo in pensione, si offre per piccoli lavori di riparazioni di radio e apparecchi elettrici. In realtà l'uomo è il più pericoloso ageHte introdotto dal GRU negli Stati U11iti co11 l'incarico di ricostituire negli USA la rete di agen t i segreti al servizio di Mosca. Si tratta di William Fisher, conosciuto in seguito con il nome datogli dalla casa madre: Rudolf Abel.
Per i vicini di casa e per gli amici degli ambienti artistici (si picca di essere un pittore dilettante), Rudolf è un uomo trallquillo, molto affabile, servizievole, buon fotografo e sempre pronto n dare una nwno per riparazioni elettriche effettuate nel suo
attrezzato laboratorio dove sono installate- ma nessuno se ne è accorto- efficaci apparati radio riceventi e trasmittenti.
Il suo ruolo va precisato: più che raccogliere in prima persona notizie utili, ripesca i vecchi agenti, ne recluta di nuovi, supervisiona il loro lavoro e coordina il funzionamento di tutta la rete. Per la sua organizzazione lavorano anche Lana e Morris Cohen, che saranno i corrieri dei Rosenberg e di Greenglass.
Buon bricoleur, Abel informa la sua gerarchia anche tramite microfilm inseriti in mondine metalliche o in penne stilografiche. I suoi agenti, reclutati fra gli emigrati cechi e tedeschi, hmmo all'inizio il compito di srgnalare i movimenti di materiale Perso l'Estremo Oriente. Ma quando nel 1950 viene arrestato Klaus Fuchs, la spia atomica inglese, Abel interrompe prudentemente i rapporti con la retr. Qualche tempo dopo vengouo infatti arrestati anche Harry Go/d, Greenglass e i coniugi Rosenberg, mentre il capo della rete delle spie atomiche, il «Vice console»
Iakoh>v, fugge precipitosammte a Mosca. Abel per qualche tempo continua a riparare radio e a interessarsi di pittura.
\'ell'ottobre 1952 commette 1111 iuvolo11tario passo falso.
Recluta come corriere un certo Eugen Makis, di originefinlmtdese, apparentemente dC1.'0to afla causa, clze conosce Rudolf Abel solo come Mark.
Makis però conduce 1111a vita alqumzto sregolata e sopra le righe. Dà troppo nell'occhio. Abel decide, contro l'avviso dell'interessato, di farlo rientrare a Mosca. Durante lo scalo parigino del volo New York-Mosca, Makis scappa e si rifugia presso l'ambasciata degli Stati Uniti. E qui C1.'identemente parla. E parla anche del non
più amato Mark che voleva farlo tornare in URSS, dove certo non sarebbe stato accolto col tappeto rosso. L'FBI, con le notizie provenienti da Parigi, non ha troppe difficoltà a individuare Mark, alias Emil Goldfuss, alias Rudolf Abel, alias William Fisher.
Arrestato, Abel respinge tutte le accuse mossegli, pur davanti alla testimonianza di Mnkis, e non fornisce alcuna informazione sulla refe e sui suoi componenti.
Condannato n morte in prima istanza, si vede commutata la pena in 30 mmi. Dopo appena cinque mmi di reclusione, In fortuna gli sorride di nuovo. Viene scnmbiafo con Gary Powers, il pilota americano di U2 , catturato dai sovietici nel 1960.
Tomnto in Unione Sovietica Rudolf Abel viene accolto con una certa freddezza, come era consuetudine con gli agenti arrestati all'estero potenzialmente sospetti di essere sfati «rivoltati». Dopo aver tanto dato al «servizio», Rudolf Abel viene prnticamellte messo da parte. Muore ne/1971 dimenticato da tutti in Unione Sovietica, ma 110n in Occide11te dove Abel (come del resto era successo per Richard Sorge) viene consideralo una delle più grandi spie sovietiche.
Aldricll Ha zen A m es, l a prima gran de s p ia dopo l a guerra fre dd a. La flue della guerra fredda non frena l'attività di spionaggio «tradizionale», cioè di singole spie variamente motivate, come 11el caso dello statz111itense Alrlrich Hazen Ames, agente della CIA fattosi corrompere dai reclutatoti del KGB sovietico prima e dnll'FBS russo dopo. A seguito dell'arresto mi 1994, si scopre che Ames da circa dieci anni vendeva a Mosca (e a caro prezzo) notizie segrete.
Nativo del Wisc01zsin, Ames mtra nella «casa madre» nel 1962. Dopo sette anni di formazione e iniziazione, realizza le sue prime missioni per conto della CIA in Turchia, precisamente ad Ankara dove paradossalmente il suo compito è contattare e cerca-
re di rivoltare agenti sovietici. Non se la cava male. Tornato a Washington, in riconoscenza del lavoro svolto e dell'esperienza acquisita, viene assegnato proprio al Dipartimento anti-sovietico. Tre mmi più tardi Ames decide di avviare un pericoloso doppio gioco, animato unicamente da sete di denaro, spinto anche dalla bella ed esigente moglie colombiana, Rosario. Con la sua copertura del resto non gli è difficile frequentare l'ambasciata sovietica dove, invece di acquisire notizie, vende preziosa documentazione. Si dice che le sue informazioni siano state di grandissima utilità per Mosca che sarebbe stata in tal modo in grado di far fallire 100 operazioni e di mettere fuori uso 30 fonti utilizzate dai servizi segreti occidentali. Si sospetta anche che Ames (che nel frattempo è diventato un uorno ricco) abbia fornito i 11omi degli agenti americani attivi in territorio sovietico, dato dettagli sulla localizzazione dei tunnel utilizzati dagli americani per spiare elettronicamente Le i11stallazioni satellitari sovietiche, rivelato le caratteristiche della tecnologia impiegata dagli Stati Uniti per controllare il 11umero delle testate atomiche, contenute nei missili intercontinentali sovietici. Insomma notizie di inestimabile valore per i danlli arrecati all'Occidente (compensati ad Ames con 3 milioni di dollari).
Nel1991 ilifine la CIA comincia ad avere seri sospetti di fronte all'inspiegabile scomparsa dei suoi Si effettuano così discretamente diversi controlli intemi. Nell'ufficio di Ames
vengono trovati dowmenti segreti che avrebbero dovuto trovarsi presso altri uffici, carte che l'in teressa to non aveva motivo di conservare.
Ames viene immediatamente sottoposto a stretta vigilanza. Nonostante i sofisticati metodi di indagine a disposizione della CIA, Aldriclz viene incastrato nel più banale dei modi: frugando nella sua spazzatura. Un pezzo di carta imprudentemente non distrutto porta sulle tracce della spia che a Caracas deve inco11frare il «corrispo11dente» msso. Cosa che puntualmente avviene. L'FBI, dal canto suo, ha scoperto un co11to in Svizzera intestato proprio ad Aldrich Ames con ingenti fondi al suo attivo in alcun modo giustificabili. A questo punto, il cerchio si chiude, non ci sono più dubbi. Arrestato e giudicato, Ames viene condannato all'ergastolo, dopo aver rischiato la pena di morte. Questa voi t a no11 ci sono le emozioni e le com111ozion i del caso Rosenberg. L'Unione Sovietica 11011 esiste più, le motivazioni del tradimento 110n sono state ideologiche, non ci sono strume11talizzazio11i politiche. Ames l1a rischiato e ha perso. Tutto qui. Il suo caso è anche al ce11tro di un film di LI/l certo successo: Aldrich Amcs: Traitor Within (1998).
Capitolo XVII
Nuove minacce e nuove sfide
Prima della caduta del muro di Berlino (1989), l'esigen:,ra della «Conoscenza preventiva» era in qualche modo ridotta alla s ua «Semplice» dimensione bipolare. La reciproca minaccia, cioè, era ammessa dai due campi contrapposti, e i rispettivi c;egreti organizzati in maniera conseguente. Gli Stati Uniti (e i loro alleati), insomma, sorvegliavano l'Unione Sovietica (e i suoi satelliti) c viceversa.
La fine della guerra fredda se non determina certo la «Fine della Storia» (secondo la celebre formula di Francis Fukuyama, riferita all'accettazione universale della democrazia politica e dell 'economia di mercato), s icuramente significa la fine di una s toria. Una storia, durata mezzo 5ecolo, nel corso della quale le regole del «Grande Gioco» sono note, i nemici riconoscibili, i pericoli prevedibili, le sfide definibili.
Con il crollo dell 'impero sovietico, evento geo-politico epocale, l'intelligence internazionale si trova confrontata a una situazione inedita che richiede una profonda riorga-
nizzazione, se non una vera propria «mutazione genetica»
delle sue strutture operative. Le minacce cambiano, in effetti, e specularmente cambiano le sfide con cui vengono a confrontars i i Servizi special i.
Si passa infatti rapidamente dalle «minacce classiche» (a livello di Stati, geograficamente limitate, con un codice comportamentale condiviso, con forze militari identificate, con dottrine militari co no sciute ecc.) alle «11l/0Ve minacce » transnazionali, geograficamente disperse, senza legge e S<:nza codici condivisi, con partigiani fanatici o gruppi armati difficilmente identificabili, con la volontà di utilinare tutti i mezzi di distruzione immaginabili.
Nuove minacce che assumono diversi aspetti c dimensioni variabili a cominciare da quella del «terrorismo interna ..donalc». Un terrorismo che, più di recente, si è arricchito di una nuova e più pericolosa componente: l'e stremismo islamico.
Il terrorismo viene definito dai servizi di sicuret-za statunitensi co me «qualsiasi atto premeditato che metta in pericolo la vita umana e il be11essere pubblico per intimidire ofare pressio ll e sul le popolazioni civili o sui governi. IL terrorista, caratterizzato dall'azione che prepara e commette, è dissociato dal concetto di appartene11za 11azionale. Questa dissociazione tra la lllillaccia, l'individuo e lo Stato è al centro delle riflessioni sul co11cetto globale di sicurezza e, quindi, di intellige11ce i11ternn ed esterna, segreta o aperta, wlzionale e transnazio11ale».
Nei nuovi pericoli entrano poi in gioco il traffico internazionale di stupeface nti, la rete tran s nazionale del crimine organizzato, la proliferazione delle armi convenzionali e NBC (nucleari, batteriologiche e chimiche), il risorgere di contrasti etnici e persino religiosi. Tutti fattori che mettono a dura prova la sicurezza di intere popolazioni e sono suscettibili di minacciare o condizionare l' indipendenza economica e politica degli Stati.
In tale contesto le sfide dell'intelligence non possono che diventare globali e i suoi metodi necessariamente sottoposti a significative revisioni.
Tra le prime conseguenze delle nuove sfide vanno senz'altro annoverati il cambiamento delle mentaJità e delle burocrazie dei servizi speciali, il rigore di bilancio e la ridefinizione del concetto di «segreto».
Nelle mentalità ora fa premio la consapevolezza che per una corretta percezione dei pericoli che incombono su un pae-.e, una popolazione, uno Stato, occorra inserire le nuove minacce nel contesto più generale della c:;ituazion e mondiale, con le sue evoluzioni (o involuzioni) e le sue crisi. I servizi segreti dovranno cominciare quindi a intcressar<>i anche della questione demografica, le riserve di energie e di materie prime, la penuria di prodotti alimentari, i cambiamenti climatici, l'impoverimento di certe zone del mondo, la globalizza.1ione dell'economia, l'asimmetria nel ritmo di svil uppo tecnologico che si traduce nel contrasto crescente fra paesi ricchi e paesi poveri, la riapparizione di guerre tribali, interetniche, religiose, civili, «pe rsonali » ecc. Tutte situazioni insomma dalle quali possono derivare tensioni e sq uilibri s uscettibili di concretizzare minacce dalle quali nessuno potrebbe sentirsi al sic uro, nemmeno coloro all'apparenza non direttamente interessati.
Per quanto riguarda il «seg reto », ci si può chiedere se la paranoia che caratterizzava l'attività della CIA e del KGB sia tuttora giustificabile. La tendenza dominante, in effetti, sembra orientarsi verso una rideterminazione del «segreto» limitato all'essenziale della sicurezza dello Stato e verso un più ampio ricorso da parte dei servizi di informazione alle fonti aperte (Open Sources Intelligence, Osint).
Tendenza già saldamente radkata negli Stati Uniti, dove più del 60% del bilancio destinato alle attività di intelligence va a finanziare imprese private.
L'informazione utile- per la successiva "buona" decisione politica - presuppone un insieme di conoscenze accessibili a tutti, completata in seguito da notizie sempre più riservate e finalmente segrete. Questo data base aperto può essere costi tu ito dag li stessi servizi segreti o anche dato in trattazione a organismi specializzati. Quando alla fine dell'esercizio le notizie riservate e segrete vengono trapiantate alla banca dati iniziale, l'azione dei servizi di intelligence ridiventa legittimamente predominante.
La pi rate ria infor m atica . Dall'inizio del XXI secolo, con la formidabile espansione di i 11 teme t e lo sviluppo dei servizi 011 fine, si è aperta una vera autostrada per i pirati informatici, gli hacker, che sempre più spesso si raggruppano in bande organizzate. Si è così passati da semplici "virus" ai distruttori di "vermi" capaci di auto-riprodursi o anche ai "cavalli di Troia" elle scardinano le porte del computer o addirittura ai "robot" che permettono il controllo a distanza dei computer stessi.
Ma chi sono esattamente i pirati informatici?
Si tratta di persone di varia provenienza e co11 finalità differenziate. Ci sono innanzitutto le cyber-spie, coloro cioè cl1e u tilizzano i metodi tradizionali di spionaggio sulla rete al solo fil/e di recuperare informazioni segrete o riservate. A volte ci riescono senza che la vittima 11emmeno se ne accorga. Abbiamo poi i cyber-terroristi, che cerca110 di attaccare bersagli strategici per destabilizzare popolazioni o Stati, mettendo in crisi sistemi di comunicazione, di trasporto e così via . Emergono infine i cyber-pirati veri e propri, esperti informatici elle vogliono valorizzarsi dimostrando la loro abilità e La loro potenziale capacità di nuocere o che vogliono "monetizzare" la loro professionalità, finendo però spesso in prigione. Vanno anche segnalati i cyber-criminali i quali, sfruttando le debolezze della rete, e
soprattutto l'ingenuità dei "naviganti", mettono a segno sofisticate truffe per guadag11are facilmente denaro.
La riforma dell'Intelligence italiana
Proprio per far fronte adeguatamente ai mutati e mutanti vo lti della minaccia, anche i servizi segreti italiani c;i sono dati nel 2007 un nuovo a'>setto, con una riforma (su cui non è mancata- per una volta!- una larghissima maggioranza parlamentare) attesa da lungo tempo e che non poteva più tardare sen/a rischiare gravi indebolimenti delle nostre strutture di intelligence. Questi, in sintesi, le principali novità introdotte della legge 124/2007.
Le competenze degli organismi interessati, anche per evi tar e le sovrappoc; i/i oni e le interferewe reciproche del passato, non sono più divise ••pl'r materia» (come avveniva con l'ex SISMI per le questioni di sicurezza militare e controspionaggio e l'ex SISDE per la lotta all'eversione, al terrorismo e alla criminali tà organizzata), ma piuttosto «per territorio>>. Sono state quindi create due specifiche Agenzie: l'A/SE, Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna e l'A/SI, Agenzia Informazioni c Sicurezza Interna. Una più netta definizione quindi delle funzioni, un po' sul modello americano (CIA per l'estero e FBI per l'interno) o inglese (M IS per l'interno e MI6 per l'estero) o francese (DGSE, sicurezza esterna, DCRI, sicure.ua interna).
Le due Agenzie - grande novità - informano costantemente i Ministeri della Difesa e dell'Interno in ragione delle materie trattate, ma n on ne dipendono più! C'è o ci dovrebbe essere di conseguenza una minore dipendenza dalla politica e dai politici ...
Esse inoltre sono chiamate strettamente a cooperare alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio, il quale ha la responsabilità esclusiva su tutta la materia (altro elemento di novità) e si avvale del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS), nella s ua opera di coordinamento, e della consulenza del Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (CJSR), per l'esame di specifiche questioni.
La legge prevede quindi le famose «garanzie funzionali». Gli agenti operativi, cioè, possono in determinate circostanze commettere anche «atti illeciti » (sempre funzionali allo scopo perseguito, cioè alle finalità istituzionali dei serv izi), ma devono esservi autorizzati di volta in volta. Autorizzazioni che possono essere opposte all'autorità giudiziaria in caso di indagini s u tali atti illeciti. La riforma, quindi, definisce con precisione le «licenze di reato » sulle quali peraltro è sempre necessario il benestare del Presidente del Consiglio.
Sono ovviamente esclusi da tali licenze i reati più gravi. Di conseguenza niente «licenza di uccidere » per gli 007 italiani ovvero permessi per azioni che ledano la libertà o la salute delle persone o arrechino danno a partiti politici o sindacati. Un chiarimento questo atteso da anni e nece ssario a eliminare tutte quelle zone grigie che in definitiva si rivelavano dannose per tutte le parti in causa: per gli agenti, per i loro superiori gerarchici, per i politici e per le inchieste giudiziarie relative a determinati avvenimenti. A ciascuno ora la propria responsabilità!
Vengono riviste poi le procedure di reclutamento. Si sancisce finalmente il principio che nei servizi segreti si potrà entrare anche «per concorso» c non per sola «Coop-
tazione», com'è avvenuto fino alla riforma. La selezione esterna, come in altri paesi democratici, tende anche ad avvicinare l'Intelligence all'opinione pubblica, alle università, agli istituti di ricerca, invogliando i giovani più preparati e con alto senso dello Stato a mettersi a disposizione del paese. Con l'ulteriore finalità di attrarre specialisti che non sempre si reperiscono nei ranghi della pubblica amministrazione. A seguito di specifici accordi tra l'Università di Roma e il DIS, si sono di recente concretizzati i primi reclutamenti "esterni" riservati ai migliori allievi di master dedicati alle problematiche intelligence. I <;ervizi inoltre vengono in\'ogliati, nello spirito della legge 124/2007, a farsi meglio conoscere dal pubblico attraverso siti wcb (www.sicureuana7ionale.gov.it) o pubblicazioni di largo respiro (Gnosis).
Oggi in effetti l' «age nte segreto», al di là degli stercotipi della guerra fredda c delle finzioni cinematografiche, deve essere anche un economista, un informatico, un conoscitore della Storia c delle relazioni internazionali, deve praticare lingue rare, oltre quelle tradizionali, avere cultura, tatto e diplomazia. Insomma si entra nei servizi per merito e per vocazione, e non per «amicizie». Speciale attenzione viene quindi prevista per la formazione professionale e psicologica degli agenti, finora per la verità molto trascurata.
La legge precisa inoltre che il vincolo del «Segreto di Stato» - in linea peraltro con le tendenze generali cui si è accennato sopra- è apposto solo in caso di effettive esigenze di sicurezza nazionale, ha una durata massima di 15 anni e può essere rinnovato solo su richiesta della Presidenza del Consiglio. In ogni caso la durata complessiva del vincolo del segreto di Stato non può eccedere la durata di 30 anni. Dopo tale termine i documenti si «declassificano» automaticamente.
L'apposizione del "Segreto di Stato" da parte del Presidente del Consiglio è un atto politico e può essere opposto alla Magistratura nel corso di un'inchiesta giudiziaria.
Viene anche recepito il concetto di "declassifica automatica" dei documenti. Le «classifiche di segretena» dei documenti (segretissimo, segreto, riservatissimo e riservato) di conseguenza, dopo cinque anni, si declassificano al livello inferiore, senza necessità di alcuna procedura e dopo dieci anni perdono ogni vincolo di classifica, a meno che l'emittente non richieda il rinnovo della classifica per motivate ragioni. Questa è senza dubbio una delle novità più significative. Finora la «classifica di segretezza» era per cosl dire "eterna", senza cioè una precisa scadenza temporale. Spettava in effetti a chi aveva emesso inizialmente il documento deciderne la declassifica. Ma se non lo faceva, il documento rimaneva «classificato». Ne sanno qualcosa gli studiosi e i ricercatori che a volte si trovavano nell'impossibilità di consultare o utilizzare negli archivi storici documenti anche di 70/80 e più anni fa perché ancora recanti la dicitura «segreto», avendo l'ente originatore semplicemente ... dimenticato di declassificarlo!
L'Ufficio Centrale per la Segretezza (UCSe), operante in ambito DIS, veglia alla riservatezza delle informazioni, alla corretta applicazione della normativa in vigore e sovraintende al rilascio dei Ntùla Osta di Segretezza (NOS) a individui e società.
La classifica di segretezza è un atto arnministmtivo che non può essere opposto alla magistratura, la quale però, dal canto suo, dovrebbe assicurare opportuna riservatezza ai documenti classificati eventualmente consultati.
Si rinforza infine il controllo parJamentare delle attivi-
tà di intelligence attraverso l'ampliamento, nella composizione e nelle competenze, del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (COP ASIR).
Composto di cinque deputati e cinque senatori in rappresentanza della maggiori formazioni politiche presenti in parlamento (con un presidente eletto tra i suoi membri e appartenente all'opposizione), il Copasir ha la funzione di verificare in maniera sistematica e continuativa che le attività del Sistema di Informazioni per la Sicurezza si c;volgano nel pieno rispetto della costituzione e delle leggi, nell'esclusivo interesse e per la difesa del paese e dei suoi cittadini.
Accanto al controllo "politico" del COPASIR è stato previsto dalla nuova legge anche un controllo "interno" ai servizi stessi attraverso l'istituzione di un apposito "lspettorato".
Bisogna ora vedere c;e i «regolamenti attuativi» sapranno realizzare, anche nell'applicazione pratica, tutti gli obiettivi perseguiti dalla legge 124/2007 per la modernizzazione dei Servi.1i, conseguendo maggiore efficienza e più genuina consapevolezza di servire gli interessi generali dello Stato e non quelli particolari di un governo o di un gruppo politico.
Il caso James Bond. È noto il fascino che le ambiguità, i segreti, «le anime multiple e le mille passioni» de/mondo dell'ombra hanno da sempre esercitato su romanzieri e registi cinematografici. lmwmere?•oli sono stati i romanzi ispirati dai contami chiaroscuri dello spionaggio e altrettanto imzwnerevoli i film che ne sono stati tratti.
Ma il caso più eclatante e duraturo di un personaggio di finziolle, così amato dal pubblico internazionale da sembrare
«reale», è senza dubbio quello di fames Band, In spia più celebre della letteratura di spionaggio, agente dell'Ml6 al servizio di Sua Maestà Britannica con «licenza di uccidere».
Creatura di fan Fleming, vero agente segreto, grande seduttore e scrittore di talento, In vita letteraria e cinematografica di Band tuttavia è sfata continuata da altri autori (Robert Markham, Christopher Wood, fohn Gm'dner, Raymond Benson ecc.) per non interrompere una snga letteraria e cinematografica che tuttora assicura consistenti guadagni alle case editrici e produttrici. È però, a Fleming che dobbiamo il maggior n·conoscimento per aver saputo creare un personaggio di tale fascino letterario e cillematografico.
Di famiglia aristocratica, 11ato a Mayfair (Londra) nel 1908, fan Fleming, dopo una giovinezza animata e avventurosa, inizia la sua attività giomalistica presso In Re11ters di Londra, agenzia di stampa collegata ai servizi segreti inglesi. Scrive anche per il Times e per il Su11day Times, dove diventa capo del settore estero. Alla vigilia della seconda guerra mondiale viene reclutato dai servizi segreti della Royal Navy (Naval intelligence departmenf). Per diversi anni quindi ha In
possibilità di conoscere da vicino il mondo dello spionaggio 11el cui ambito trova sicura ispirazione per i suoi futuri personaggi letterari. Partecipa coll successo a diverse missioni e operazioni di iutelligeuce, soprattutto quelle legate nlln «disinformnziolle» o (<propagn11dn nera», ricevendo forti stimoli per ln sua fantasia e allo stesso tempo contribuendo con le sue visioni alle elucubrn::ioni del/n «sa/n immaginate le operaziolli più imprePedibili co11tro il nemico nazista.
Terminata la guerra, tomato alla vita civile, fan comincia a scrivere ripensando n/ Naval intelligence depnrtment, al/n «Snln 39» e ai suoi spericolnti agenti.
Ne/1953 esce Cac;ino Royale il primo romanzo dove appare James Bond, l'agente 007. Da allora In sua attività letteraria, malgrado il successo relativamente limitato delle vendite, diventa intensissima. In pochi nn11i pubblica ben 14 romanzi dedicati n/ suo persouaggio preferito. Ma, come spesso sucade, l'afferma:.ione planetaria, attrat'erso le trnsposizioni cillematograficlre, avvie11e per caso.
Un sera del 1960, a cena con il giovane senatore fohn F. Kennedy presentatogli da u11'nmica comune, lnn conquista co11 il suo fascino tutti i presenti pnrlmzdo del c;uo personaggio, della sua trnsfigura:.ione letteraria: ]ames Bond.
In una delle prime interviste rilasciate dopo la sua elezione a presidente, alla domanda su quali fossero i suoi dieci libri preferiti, Kennedy risponde mettendo n/nono posto Dalla Russia con amore. Tutti così scoprono l'autore del romnuzo citato: /nn Fleming.
Lo farà presto anche il ci11ema, dove ha wr successo assolutamente impensabile In prima pellicola ispirata alla snga bondinna proiettata per la prima volta nel 1961: Dr No (diffuso in Italia con il titolo 007 - Licenza di uccidere). Un film costato allora appena un milione di dollari e che ne guadagua oltre 400.
Sfortunatamente Fleming può assaporare il gusto del trion-
fo per poco tempo. Indebolito nella salute a causa dei suoi numerosi eccessi (Casanova impenitente, fumatore di sessanta sigarette al giorno per lui apposi fame n te confezionate, spesso e volentieri accompagnate da giganteschi Martini allungati con gin e vodka), fan Fleming muore stroncato da Wl infarto a soli 56 anni ne/1964. Comincia la vita della sua creatura ...
Bond ill effetti appare talmente "reale", che Fleming gli dedica una particolareggiata e credibile biografia (in "Si vive solo due volte" c'è un appassionato necrologio scritto da «M», direttore del SIS, per il suo miglior age11te).
james Band dunque nasce ne/1924 da padre .,cozzese e madre svizzera . l/ padre, rappresentante della ditta di armi Vickers, lavora molto all'estero e quindi la prima educazione di fames si svolge in diversi paesi europei dove impara perfettamente il francese e il tedesco. Persi i genitori in un incidente alpinistico nei pressi di Chamonix, fames vie11e accolto da una zia resid(!//te nel Ke11t. Iscritto al prestigioso collegio di Eton, ne viene espulso due anni dopo per wta sua relazione co11 una giovane cameriera. Impara nel fratternpo nwnerose discipli11e sportive, dove eccelle (sci, golf, te11nis ecc.).
Terminali gli studi all'età di 17 anni, entra nel1941 nl11linistero della Difesa grazie n una segnalazione di wt ex-collega del padre (e al fatto di essersi invecchiato di due anni), integrando i ranghi del Servizio speciale della Royal 11aval voltmteer reserve e terminando la guerra co11 il grado di comandante.
Accetta subito dopo di far parte del servizio dell'Ml6 dove viene catalogato prima con il nuntero 7777, poi 007 (la sezione «00» compmzde i nove migliori agenti del SIS con licenza di uccidere ... ). Lavora con profitto a Hong Kong e in Giamaica prima della missione al Casino Royale che segna In nascita della sua storia letteraria.
Personaggio intrigante, elegante, bello e in te/l igen te, Jmnes Bond conosce tutte le arti marziali, usa ogni tipo di anna, è un
raffinato buongustaio, beve Dom Perignon solo d'annata e sa riconoscere a fiuto il posto dove è stata prodotta la sua marca preferita di Bourbon. ll suo fascino con le donne è proverbiale e lo usa scientemente per smontare i piani delle organizzazioni criminali. Anche n letto, insomma, james si comporta da buon patriota! La sua longevità letteraria fa sì che Band rappresenti tutte le metamorfosi dell'agente segreto negli ultimi cinquant'anni. Da agente di guerra fredda teso a combattere minacce ben individunbili, ad agente clze ferma i piani criminali di indefinibili organizzazioni intemnzionali, ad agente che collabora con colleghi dei servizi ex-11emici per snlvnre il mondo dalle «nuove minacce». Un personaggio per il momento in tramontabile nel quale il pubblico vede la «S pia» ideale, il volto positivo dell'agente segreto al setvizio del/n patria, l'eroe elegante del mondo dell'ombra. Un agente che uccide certo, ma solo per legittima difesa e per salvaguardare la pace internazionale. Un agente in cui gli spettatori si identificano: Bond è coraggioso, seduttore, leale, competente, forte, patriota, elegante (non per niente i suoi abiti cinematografici sollo confezionati dn B1'ioni!) e sempre dalla parte giusta. E nelle sale oscure dei ci11ema si può sempre sognare ... I film. Ventitré sono le pellicole «ufficiali» dedicate a james Bond, non tutte tratte dai romanzi di fan Fleming. Pellicole in ogni caso che hm1110 assicurato sempre un incredibile successo di pubblico e notevo-
lissimi guadagni ai produttori, Harry Saltzman e Albert R. Broccoli. I diversi volti di James Bond sono davvero 110ti: da Sean Connery (forse il migliore) n Roger Moore (il più ironico), dallo sconosciuto George Lazenby al teatrale Timothy Da/ton (il meno amato), da Pierce Brosnan fino all'ultimo del/n lista Dnniel Craig (il più umano). Un fenomeno se11za precedenti nella storia del cinema.
James Bond: una pura creazione letteraria, 11n affascinante esercizio di fantasia, Wl modello di agente segreto inesistente.
Lo spionaggio economico, come abbiamo già visto, compare molto dopo quel lo propriamente militare. La sua nascita in effetti viene convenzionalmente fatta risalire al XIII-XIV seco lo, quando in Occidente irrompe un'inedita classe sociale, quella dei «mercanti di città», che si stru t tura in corporazioni e inizia a sviluppare un'economia rivolta verso il mondo esterno, verso tutte le regioni dove appare conveniente concludere affari. «L'informazione» sui mercati, s ull e possibilità di co mprare o vendere merci, s ull'affidabilità dei co mm ercianti locali, assume un valo re inestimabile.
Abbiamo anche constatato come in alcuni casi - il più conosciuto è quello della Venezia dei Dogi -lo c;p ionaggio economico diventi una componente essenziale e costante della politica es tera del paese, stru tturandosi presto in servizio pubblico.
Con la n ascita degli Stati nazionali- e il seguito di guerre e rivoluzioni di ogni tipo che ne derivan o - l'aspetto
militare dello spionaggio tuttavia riprende, per così dire, il sopravvento rispetto alla dimensione economico-commerciale. Le finalità belliche dello spionaggio saranno prevalenti fino alla Prima guerra mondiale, quando il coinvolgimento «totale» dei paesi nel conflitto farà finalmente prendere coscienza alle gerarchie militari della necessità di sviluppare anche uno spionaggio di tipo economico. Queste infatti capiscono che occorre avere notizie non solo sui pezzi d'artiglieria o gli sposta menti delle divisioni o l'introduzione dell'ultima arma, ma anche sui movimenti finanziari, l'approvvigionamento di materie prime, i progressi della ricerca scientifica ecc. Insomma sono oramai consapevoli che lo stato dell'economia di un paese influisce in maniera determinante sulle sue potenzialità belliche.
Va però detto che il ritomo alla pace non comporta la creazione di istituzioni specializzate e conseguenti: gli agenti impiegati nel settore economico vengono rapidamente smobilitati e le loro esperienze sfruttate in altri settori.
Lo spionaggio economico riprende quindi vigore con la Seconda guerra mondiale (ancora più coinvolgente e «totalizzante» della prima nello sforzo collettivo dci paesi belligeranti) c soprattutto durante la guerra fredda, quando al confronto militare si aggiunge la competizione economica, scientifica e industriale, in particolare dell'URSS e, senza particolari motivazioni ideologiche, del Giappone.
Mosca, come abbiamo avuto modo di constatare, pratica una forsennata attività spionistica per raccogliere informazioni economiche, commerciali, scientifiche e industriali di ogni tipo per aiutare il paese a non rimanere indietro rispetto alle potenze capitaliste. Informazioni che vengono sapientemente studiate, rielaborate e utilizzate per le esigenze del regime, presentando il risultato come il frutto del progresso socialista.
Con la fine della guerra fredda si apre una prospettiva inedita per lo spionaggio economico, che delinea sempre più i contorni di un'attività di intelligence, di una valutazione, cioè, più generale e meditata dei fenomeni presi in esame. In effetti l'integrità territoriale e l'indipendenza politica della maggioranza degli stati non sembrano più minacciate, almeno nel senso tradizionale dei due concetti.
r\uovi pericoli, invece, emergono a11'orizzonte, suscettibili di mettere in questione la loro indipendenza economica e quindi indirettamente la loro sicurena: la nuova organizzazione economica del mondo, l'esaurimento di alcune risorse naturali, la scarsità delle fonti energetiche tradi.tionali, le economie parallele, il denaro «Sporco» con le conseguenti attività di riciclaggio transnazionali ecc. L'economia insomma irrompe al centro della politica di sicurezza degli stati.
Cambia quindi il raggio di azione e la "qualità" dello spionaggio economico che per lungo tempo, in un mondo fatto di alleanze fra Stati, si è organizzato contro il nemico <<potenziale o tradizionale ». Finita la guerra fredda, il concetto di «nemico» si diluisce o meglio diventa più difficilmente individuabile. Quella che ormai si può definire intelligence economica non considera più il mondo secondo i criteri classici degli stati «amici o nemici». Nella difesa e nella promozione degli interessi economici nazionali contano solo «i soci» o i «Co ncorrenti».
Nel mezzo di queste nebulose attività di spionaggio l intelligence, va poi c;egnalata la difficoltà di distinguere fra le notizie destinate alle autorità dello Stato e quelle invece indirizzate alle imprese nel perseguimento delle loro strategie commerciali. l governi chiedono all'intelligence economica notizie ai fini della difesa di interessi nazionali considerati «Vitali». Le imprese cercano, invece, attra-
verso lo spionaggio economico di ottenere vantaggiosi contratti a scapito della concorre n za. Nei paesi democratici e liberali i due sistemi non si intersecano, almeno in teoria. In pratica però succede che il collegamento tende a stabilirsi sempre più spesso in un mondo «globalizzato», dove la concorrenza tra i mercati, tra gli stessi Stati si fa sempre più aspra, senza esclusione di colpi. Dal risultato della competizione, in effetti, può dipendere la sopravvivenza di imprese e di intere industrie, con tutto ciò che ne deriva in termini di occupazione e di produzione.
Il Giappm-1e, g ran beneficiario de ll o spionaggi o ecollom ico- in dus t ria le. Non è sorpre11dente co11statare come sia stato il Giappone, forse piiÌ dell'Unione Sovietica, a beneficiare dello spionaggio industriale 11egli ultimi ci11quant'anni. finita la seconda guerra mo11diale e dopo l'umiliante sco11jitta subìta a seguito de/la11cio delle due llornbe atorniche da parte degli americmli, il Giappo11e in effetti decide che i suoi organi informativi, invece di conce11trarsi sulla ricerca di dati militari dei paesi vicini o delle gra11di pote11ze, dovrmmo dedicarsi piuttosto a COIISeguire segreti i11dustriali utili al paese. l servizi segreti di Tokyo, in tale prospettiva, potrmmo contare sull'importante collaborazione degli stessi impresari nipponici, che appoggia/lo attivamente In creazione di un Gmppo di studi politici (GSP), sovvellzionafo dal Ministero dell'Industria. Obiettivo pri11cipnle del Gruppo è <<realizzare inchieste serie e imparziali che possano aiutare gli uomini d'affari e il governo a prendere la decisione giusta». Più chiaro di così!
Da quel momento Le accuse co11tro il Giappone di spionaggio industriale non sono mai cessate. Se si pensa in effetti che i giapponesi sono arrivati persino a produrre (utilizzando gli stessi rnetodi tradizionali francesi) persino il classico e unico foie gras,
c'è da credere che non tutte le accuse erano infondate.
Secondo uno studio della CIA del1987, ben l'BO % dei fondi messi a disposizione dal governo giapponese per l'intelligeHce ha avuto come obiettivo primario l'acquisizione di informazioni nel settore tecnologico. Pierre Lncoste, già direttore dei servizi irzformntivi francesi (SDEC[), ha dichiarato che nel 1982 Tokt;o ha ricevuto noll meno di 50.000 messaggi di spionaggio industriale. Questo evidentemente spiega tante cose ... Un esperto della Cin arri'm ad affermare << che colossi carne Mitsubishi, Mitsui, Sumitomo e altre grandi imprese somigliano molto ad ngen:.ie di spionaggio e di intelligence industriale > >. Pensare poi che l'alunno, in molti settori, n/7bin superato il maestro (nessuno poteva i111111aginare negli mmi cinqrmntn che i giapponesi avrebbero prodotto motociclette Sttscet tibili di fare concorrenza al le nostre, allora celebri, Gilern, Ducati e Guzzi o motorini ili grado di competere con le mondinlmente conosciute Vespa e Lnmbrelln) ci porterebl1e n tutt'altro tipo di considerazioni. Ma una cosa è urta: la riconversione industriale e tecnologica del paese- dopo i terribili danni materiali t'i condi:.ionamenti politici conseguenti al dilrwio atomico -è stata grandemente aiutata dall'attività informatim economica (in questo caso peraltro più «spionaggio» eire <<ÙitelligelzCe») dei sen,izi segreti giapponesi.
La Cina, campion e del moderno spionaggio economicoindu s t ria le. Al Giappone, nella folle corsa per l'acquisizione di segreti industriali e è subentrata, negli anni '80 del secolo scorso, la Cina. E il periodo in cui Deng Xiaoping avvia le grmrdi rifanne dell'economia, introducendo i concetti, fino ad allora sconosciuti, del merito e della produttività e aprendo il mercato alle regole "capitaliste", pur rimanendo il partito Co111tlllista assoluto e unico gestore della sit uazione politica del paese. Così anche in Cina i servizi segreti si orientano pr ior itar ia-
mente verso l'intelligence economica per aiutare il "grande balzo in avanti" in direzione capitalista. E anche in q11esto caso si può dire che l'alunno abbia superato il maestro. Chi in effetti avrebbe mai pensato vent'anni fa di acquistare in Italia (patria della migliore industria calzaturiera al mondo) scarpe made in China?
Probabilmente nessu11o . Oggi invece le scarpe cinesi sono riclliestissime nel IIOStro paese, certo ill virtù del loro minor costo, ma anche di w1 livello q11alitntivo che è andato migliorando negli anni, grazie all'eccezionale spirito di "osservazione" dei cinesi. La febbre di acquisire informazioni o anche di "clonare" prodotti occidentali, è salita a U/1 pullto tale che la società cinese Montrésor /m immesso qualche anno fa sul mercato nnzio11nle e internazionale cioccolatini simili ai famosissimi "Rocher" di Ferrera. Simili quasi in tutto, anche nella tipica confezione con la carta dorata, che incontra tanto il favore dei ci11esi. Non però nel gusto ... se si pensa elle al centro del cioccolati/lo cinese c'era Lll7n nocciolina america11n e non una nocciola intera, come in quello
italiano. A11che il nome era stato furbescamente scelto per trarre i11 ingnn11o i consumatori: "Tresor doré di Ferrari Cllocolate"! Forfllnntnmente In determinazio11e della Ferrera nel perseguire giudizinriammte Montrésor, l'insistenza con cui aneli c le nostre autorità hanno seg11ito l'affaire, hanno portato l'alta corte cinese a riconoscere clze
l "RocJrer" di Ft•rrero: l'originale e la ''clonazione" cinese
la Ferrera era stata vittima di pratiche di concorrenza sleale e ha ordinato il ritiro da/mercato dei "trésor doré".
U11 peccato tutto sommato relntivammte "veniale"questo: si è cioè sfruttato u11 mare/zio famoso, senza però rubare un brevetto, Lilla fomwla, LI/l segreto.
Ci so110 invece casi di spionaggio industriale vero e proprio e che possono dare l'idea e della pericolosità delle pratiche cinesi ...
Nell'ottobre 2011 sono stati arrestati in Frn11cia due stngisti cinesi (all'apparenza semplici operai, in realtà spie be/L addestrate per In missione), i11 forza presso una società di alta tecnologia installata nei pressi di :Vnnet;, In Col'ertenm (del gruppo Generai Electric), mentre in :o11n protetta, fotogrnfnvmw i motori prodotti dalla fabbrica. Fitto riserbo però i• stato mnnte11uto sul caso di cui 110n si è saputo mollo: ulteriore co/lfermn che doveva trattarsi di LI/l "nffaire" importante. U11 altro emblematico episodio l!n riguardato l'America/l Superconductor Corporntion. Tale società, co11 sede in Mnssnclwsetts, ha registrato nel 2011 una perdita di circa 700 milioni di dollari n causa di 1111 clonaggio industriale i11 piena regola che le hnfnlto mancare numerosi clienti. Si è scoperto infatti che il suo più importante cliente ci11ese, In Sùwvel, era riuscito n corrompere LI/l tecnico della società per entrare in possesso di 1111 sofisticatissimo programma ùiformntico (coperto da copyright) di controllo delle turbine eoliche. Un caso che ha n'l'llfo risvolti politici notevoli, arrivando ai più alti livelli. Da segtzalare anche il caso DuPo11t. Un cittadino america/lo, Walter Liew, è stato recentemente arrestato co11 l'accusa di aver passato ai cinesi informazioni di alta tecnologia concenwzti il segreto più custodito al mondo in materia di vernici industriali ([a progettazione del biossido di titnnio).
Casi clze ovviamente lzmmo creato forte tensione tra Stati Uniti e Cina, quest'ultima acwsnta da più parti di utilizzare una vasta rete di abilissimi hacker in grado di carpire preziose
informazioni. E non solo nel settore industriale. Lo spionaggio industriale insomma è sempre pro11to a colpire, l'illtelligeuce economica è più necessaria che mai.
In passato hanno senza dubbio operato figure di donne-spie di grande valore ed efficacia. Ma si trattava in genere di personaggi singoli, eccezionali, in Wl universo considerato tipicamente maschile. Sarà in effetti solo nel corso della Prima guerra mondiale che il ricorso allo "spionaggio al femminile" si amplierà significativamente diventando in qualche modo sistematico.
Per lungo tempo si era ritenuto- a torto evidentemente! - che le donne non fossero adatte allo spionaggio in quanto meno capaci degli uomini nel maneggiare le armi, nel mantenere i segreti e nel muoversi nell'ombra. Teorie davvero fallaci! Chi meglio di una donna, invece, sa mantenere un segreto, sa fingere, mimetizzarsi, muoversi nell'ombra? Si trattava- occorre predsarlo?- di preconcetti irrazionali e "maschilisti".
Inoltre la lenta ma costante evoluzione dello spionaggio classico (dove spesso effettivamente la capacità operativa "fisica" e "muscolare" si rivelava indispensabile) verso il moderno concetto di Intelligence (fatto di tecnol ogia, studi,
previsioni, mistificazimù), ha favorito l'emergere e il consolidamento del ruolo della donna.
Un vero cambiamento di mentalità, un mutamento di approccio che a partire dagli anni '80 del secolo scorso ha consentito ad alcune donne di arrivare senza problemi alla testa di importantissime strutture di Intelligence nazionali. Basterebbe citare i nomi della danese Hanne Bech Hansen, nominata al vertice di un'importante branca dci servizi segreti di Copenaghen (PET), o Stella Rimington, diventata capo dell'MIS (controspionaggio britannico) o anche Pauline Neville-Jones che ha diretto per alcuni anni lo strategico joint lntelligence Commette (J!C).
Persino negli ultimi film a lui dedicati, james Bond opera agli ordini di una donna!
Ma non sempre è sta to così.
Il generale De Gaulle, ad esempio, non amava molto gli agenti operativi donne e l'idea di paracadutare delle giovan i inglesi del SOE su l territorio francese occupa to dai tedeschi, non gli piaceva molto. Richard Sorge, la grande spia sovietica, considerava dal canto suo le donne "troppo emotive e mmzcnn ti di sa ng11e freddo" per essere efficacemente impiegate nei servizi di Intelligence.
Fortunatamente non m ancavano pareri opposti.
Sir Basil Thomson, Capo del Dipartimento investigativo di Scotland Yard, affermava di "non essere d'accordo con coloro elle credono le donne emotive e incapaci di mantenere un segreto. Bisogna che queste persone si liberino di questo pregilldizio". Lavrenti Beria,
implacabile cacciatore di spie al servizio di Stalin, sosteneva addirittura che le donne avessero degli atouts supplementari, sia pure in una visione ancora maschilista: "i grandi 11omini sono così p1ccoli a letto e amano tanfo chiacchierare co11 le loro amanti!".
Va però subito precisato che non sempre il sesso è stato Io strumento principale di cui si sono servite le donne per strappare segreti alle loro vittime.
Il loro ruolo e le loro attività c:;i sono evolute seguendo le mutazioni dello Spionaggio/lntelligence. Se inizialmente erano impiegate per la consegna di messaggi riservati oltre le linee nemiche, in seguito furono utilizzate per supporto logistico alle formazioni clandestine. Durante la Seconda guerra mondiale diventarono provette operatrici radio c insostituibili addette alle trasmissioni di messaggi criptati, fino a partecipare, a pieno titolo con gli uomini, a operazioni di spionaggio "attivo": ricognizioni in territorio nemico, organizzazioni di "esfiltrazioni" (allontanamento di agenti dai luoghi ostili in cui operano), sabotaggi e attentati. Ri<:ìchiando spesso, come gli uomini, la loro vita.
È dunque nel corso delle due guerre mondiali che si delinea tutta la professionalità delle donne-spie, le quali finiscono per imporsi sulla base del loro addestramento, delle loro capacità personali e delle loro motivazioni ideologiche. Pur non rinunciando, quando necessario, all'arma della seduzione. La galleria degli straordinari personaggi femminili che hanno popolato il mondo dello spionaggio è particolarmente folta e rappresentativa del variegato modo di fare spionaggio. Ne diamo solo qualche pennellata emblematica.
Da Dalila, che beffò Sansone privandolo del sua forza erculea, alle coraggiose donne che attraversarono le linee nemiche durante la guerra di secessione americana (Belle Boyd, Emma Edmo11ds, Rose O'Neale Greenhow), da Editlz
Clave!, personaggio simbolo del Primo conflitto mondale a Elisabeth Thorpe, "Cynthia", la bella spia che cambiò il corso delle Seconda guerra mondiale. Fino agli ultimi clamorosi casi dei nostri giorni . Ana Belén Montes, temibile spia di Fidel Castro che operava all'interno stesso del Dipartimento della Difesa americano e Anna Chapmmz (detta Amw la rossa), la spia di Putin negli Stati Uniti ...
Insomma se c'è un settore dove la pari tà tra uomini e donne si può considerare raggiunta, è proprio quello dello Spionaggio / Intelligence dove oramai tutti corrono gli stessi rischi, incontrano le stesse difficoltà, subiscono le stesse conseguenze.
Tra le spie armate essenzialmente della loro forza seduttrice si fa inevitabilmente riferimento alla ballerina dal fascino esotico: Matn Hnri. Tra quelle invece animate da coraggio, professionalità e determinazione ideologica, pensiamo a Virgina Hall, la dame qui bo/te, efficacissima agente dell'OSS. Tra quelle più appassionate e sostenute da un esplosivo entusiasmo non possiamo non ricordare fosép!tine Baker.
Ma è molto lungo, articolato e affascinante il labirinto nel quale si snoda lo spionaggio al femminile c, al di là di facili mistificaz ioni, sarebbe imposs ibile negare che le donne abbiano concorso, al pari degli uomini, a modificare dcterminati eventi in delicati passaggi storici.
Vi rign ia Hall , un a sp ia supe rattiv a ma lgrado le sue li m itazio n i fis ich e. Tra le spie più attive ed efficiellti va senz'altro segnalata Virginia Hall, la sola donna civile a essere stata onorata, alla fine della Seconda guerra mondiale, con la Distinguished Service Cross, l'importante riconoscimento che l'esercito degli Stati Uniti assegnava ad eleme11ti che avessero fatto prova di eccezionale coraggio e valore.
Nata nel 1906 a Baltimora da una ricca fmniglia del luogo, Virginia diventa presto poliglotta e, dopo gli studi universitari, si incammina verso 1111a brillante carriera giornalistica. Inviata speciale del Nezt' York Post, viaggia in diversi paesi europei e mediorientali. Durante la sua permanenza in Turchia rimane vittima di un incidente di caccia, clze le causerà l'amputnzioue di 1111a gamba al di sotto del ginocchio. "La donna che zoppica" o "In donna con la gamba di legno" diverranno da allora, c per il resto della sua vita, gli appdlath'i con i quali verrà indicata con dispre::o dai suoi nemici.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, Virgi11in viene trasferita n Londra, dore i serui:r segreti brita11nici, in ragione delle 'We qualità intellettuali, del suo coraggio e del suo patriottismo, non esitano n reclutar/n i11 uno degli organismi di spionaggio più delicati e pericolosi, il SOE (Spccial Operations Executivc). Concluso rnpidnme11le il necessario addestramento tcc11ico c professiollalc, Pie11e ilwintn in Francia, n Vichy, sempre con In copertura di corrispondente del New York Post. No11ostante l'handicap fisico, Virginin farà In spola fra diversi centri operativi, trasformalldosr 111 coraggioso e attivo corriere in grado di assicurare il collegamento tra i vari membri del SOE e/re operano clandestinamente in Francia. Jlsrto lavoro si rivelerà utilissimo. Lo11dra 11e sarà molto soddisfatta. l suoi inevitabili contatti co11 agenti doppiogiochisti e spie al sen,izio dei tedeschi mel to11o, per·ò, a rischio la sua vita. La Gestapo è presto sulle sue tracce e fa circolare un avviso dove "la do11na con la gamba di legno" ·uiene descritta come una temibile spia, da eliminare quanto prima. Solo il suo infallibile intuito femminile e la sua acquisita professionalità la salvano dall'arresto. Virgìnia riesce a fuggire rocambolescamente, entrando -a piedi! - in Spagna attraverso i Pirenei. Gli inglesi, per la sua straordinaria attività svolta nella Francia occupata, la insigniscorw dell'ordine MBE (Member of the British Empire).
Potrebbe ora considerare con soddisfazione di aver fatto la propria parte e riprendere quindi il più tranquillo lavoro di giornalista. Invece 120! Non è proprio nel carattere di Virginia ...
Nel1943 ritorna segretamente in Francia, travestita da contadina, e, qualche mese dopo, sarà in condizione di collaborare con la resistenza francese e di partecipare fattivamente alla preparazione dello sbarco allento in Normandia. Nei giorni precedenti il D-Day Virginia Hall, come il più esperto degli agenti, svolge in effetti w1 ruolo essenziale e i11sostituibile trasmettendo agli informazioni preziosissime sull'ubicazione e sui movimenti delle truppe tedesche, coordinando persino i lanci dei paracadutisti e guidando gruppi di maquisards in azio11i di guerriglia e di sabotaggio! Proprio lei, colpita da 1111 handicap fisico non certo trascurabile.
Come siamo lontani dal cliché della languida Mntn Hnri! Due donne, due spie, due universi di valori e due modalità di azione del tutto diversi.
Al/n fine del/n guerra Virginin verrà onorata e il suo molo piellmnente riconosciuto. 11 generale William]. Do11ova11, Capo del/'OSS, le rimetterà la croce del Di11tinguished Service Cross.
Il Presidente Trumnnle conferirà una speciale medaglia d'oro, quasi a conclusione dell'irripetibile vicellda dell'efficacissima spia. Ma al momento della COliferimento l'hzteressnta tergiversa, si schernisce e risponde ga rbatamente al Presidente: "La ringrazio dell'o11ore. Ma io mi considero ancora operativa e ansiosa di impegnarmi di nuovo!".
Virginin HallAbbiamo constatato come, durante la guerra fredda, l'intelligence si doti di strumenti tecnici e tecnologici adattati alla specificità del periodo nonché di uomini specialmente formati in conc;iderazione della natura bipolare del confronto est-ovest.
Oggi evidentemente la situazione è profondamente cambiata. Dai primi anni '90 le diverse tipologie dei pericoli incombenti e la dispersione geografica delle nuove minacce -a volte peraltro interconnesse - impongono agli Stati e ai loro servizi speciali una nuova organiz7azione e nuove modalità di funzionamento, alla ricerca di w1 difficile equilibrio tra la crescente esigenza di maggiore efficienza e la necessità, sempre più sentita, di rispettare le libertà fondamentali dei c;ingoli.
Dopo 1'11 settembre 2001 gli Stati sono quindi posti davanti a un arduo dilemma: di quali strumenti giuridici e tecnici dotarsi per il successo dei servizi speciali contro le nuove minacce, senza essere accusati di attentare alle liber-
tà individuali, al cui esercizio i cittadini (almeno negli Stati democratici) sono molto sensibili?
Per di più in un generale contesto di «asimmetria». Se cioè tutti gli Stati degni di questo nome, in effetti, sottostanno a un certo numero di regole deontologiche del gioco nazionale e internazionale, non altrettanto fanno i protagonisti delle nuove minacce per definizione «Senza regole e senzn leggi )) . Un'asimmetria quindi sia etica (gli Stati non possono -e non devono - utilizzare gli stessi metodi dei terroristi o dei fondamentalisti islamid), sia materiale (i gruppi terroristi utilizzano a volte anche metodi molto semp li ci, addirittura arcaici, paradossalmenlc svianti per i sofislicati servizi segreti organizzati, e proprio per questo molto efficaci).
Emerge quindi per i servizi segrcli la priorità di conseguire un più intenso coordinamento, all'interno e sul piano internazionale, per far adeguatamente fronte ai rischi che trascendono gli Stati c si fanno gioco delle frontiere.
Tale coordinamento deve essere interno, per evitare i possibili danni derivanti dalla separazione, pur necessaria, tra l'intelligence all'esterno c quella all'interno del paese e per non cedere alla tentazione di organizzare servizi segreti altamente centralizzati, propri degli stati totalitari.
Ma il coordinamento deve essere anche esterno, fra servizi di paesi che condividono gli stessi valori e gli stessi avversari per scambiarsi, con sempre minori reticenze, utili informazioni per arrivare alla creazione di un a sorta di data base generale, dove ciascun servizio possa accedere secondo i bisogni contingenti. Utilizzare insomma le potenzialità della tecnologia e dell'informatica per adattarle al carattere diffuso della minaccia, senza però mai trascurare l'elemento umano.
Insomma è certo difficile "ascoltare" un avversar io che
non usa il telefono. Ma la pazienza e la costanza permettono di aspettare che quec;ti faccia un errore da cui diventa possibile l'individuazione della notizia utile.
Il necessario equilibrio quindi tra l'utilizzo dell'intelligenza umana e di quella tecnologica (troppo spesso presentata come la soluzione a tutti i problemi) è un processo molto delicato da realizzare. Ma è molto importante che ci sia già una generale consapevolezza del problema. Per esempio, se può risultare relativamente facile pas..,are dall'ascolto delle reti c.,ovietiche a quelle di uno "Stato canaglia", è invece ascoltare individui che comunicano solo attraverso messaggeri. Tuttavia è sempre possibile catturare il messaggero, infiltrare i gruppi estremisti o «rivoltare» alcuni dei loro membri. Ecco perché l'uomo, il fattore uma11o, rimane una del1e chiavi di volta da tenere presente nella lotta alle nuove minacce. l servizi speciali dovrebbero investire molto più nella formazione e nell'aggiornamento profec;sionale dei nuovi agenti.
Appare evidente che, a breve e medio termine, le evoluzioni e gli adattamenti necessari alla lotta contro gli incombenti, nuovi pericoli c;pingeranno i servizi verso accre<;Ciute collaborazioni tese a c;viluppare la necessaria complementarità fra mezzi tecnici e «fattori umani» e a delineare nuove professionalità e nuovi metodi di lavoro.
In tale prospettiva le strutture di intelligence si avvieranno progressivamente a diventare grandi agenzie organizzate per produrre informazione aperta e segreta da destinare ai governi per le conseguenti «decisioni politiche».
Servizi quindi largamente «aperti» in direzione dei cittadini, quando possibile, e strettamente «chiusi», quando indispensabile. Questo per fare in modo che «alla somma di tutte le mwve minacce corrisponda la somma di tutte le nuove
competenze» acquisite dai servizi dei grandi paesi democratici e liberali.
È indispensabile cioè cercare di rendere compatibile l'intelligence tecnologica - più «precisa », ma a volte meno sicura senza dimensione umana- con l'intelligence umana, più «Sic ura », ma meno precisa sul piano tecnico.
Micltael McKevitt, tm imprendibile terrorista catturato grazie al «fattore umano». Nell'ambito dell'IRA (lrish Republican Army, il braccio armato clnudestino de/movimento 1razionnlista Sinn Fein), LLIL gruppo aucora più «[oudamentalista>> e dissidente - chiamato Reni iRA continua In sua folle corsa agli attentati. Nell'agosto del1998la Reni IRA è nll'origine della «S tra ge di Omagh» (cittadina dell'Irlanda del Nord, capoluogo della contea di Tyrone), un attentato che causa 29 morti (fra i quali donne e bambini) e piiÌ di 200 feriti. La cattura del suo presunto capo, Michael McKevitt, diveutn assolutamente prioritaria per il col/ trospionaggio britannico, l'MIS. Occorre del resto agire presto. Il gmppo è estremamente pericoloso e l'opinione pubblica è trnumatizzata dalla sua ferocia. Tutti
i possibili si m menti tecnici vengo110 attivati, ma solo grazie alla tradiziollale opera di una «talpa», uel 2003 i servizi segreti britannici potranno mettere le mani su McKevitt, e consegnarlo alla giustizia che lo condmwerà a 20 m111i di reclusione.
Michae/ McKevi/1La talpa è David Rupert, UJZ americano infiltrato dali'FBI (che collabora strettamente con l'MIS) presso un'associazione caritatim statunitense che, con il pretesto di raccogliere fondi per le famiglie cattoliche d'Irlanda, finanzia anche il Sinn Fein. Come in una «old, good spy-story» l'amore e soldi appaiono come i due eleme11ti principali che garantiscono il successo dell'operazione. In effetti questa 11011 sarebbe mai avvenuta se la «talpa» non si fosse imzamorata di 1111n bella americana di origine irla11dese (contraria alle a:::.io11i terroristiche dell'IRA e che lo spinge ad accettare l'offerta deii'FBI/MIS) e se per i suoi «Servizi» non gli fosse stntn garantita 11nn ricompensa di 750.000 sterline. Infiltrarsi i11 effetti i11 un gruppo di terroristi pronti a decisame11te rischioso, e può facilmente costare la l'ita. Ma Dnvid Rupert è abile e se la cava egregiamente. Non solo si infiltra senza destare a/culi sospetto, 111n riesce a sapere co11 certezza chi è il capo del gruppo, simpatiz:::.n con lui, stabilendo 1111 eccelle11te ral1porto personale co11 McKevitt. Un rapporto così stretto che il capo della Reni IRA chiede a Rupert di fornirgli materiale elettronico di cui il gruppo lza llll gran bisogno. A partire dn quel momento l'opera della «talpa» si può rapidamC!nte concludere!. Il materiale elettronico VÌC'IIe fomito insieme al/n seg11nlnzionc fnttn nll'M/5, che In considera del tutto credibile e agisce immediatamente d1 conseguenza. Un pericoloso terrorista è assicurato n/In giustizia grazie n/ fattore umano.
A11n a la ro ss a, attualità del fatt ore umano. Con il crollo dell'Unione Sovietica si poteva pensare che lo spionaggio "umn11o" dei tempi della guerra fredda si sarebbe esaur ito. Dn una parte infatti l'utilizzo sempre più sofisticato dell'intelligence tecnologica m1rebbe garantito un sufficiente flusso di informazioni e, dall'altra, le due grandi potenze (e i loro alleati) non si sarebbero più confrontate sul pinna ideologico e politico.
La scoperta nel 2010 di una rete di spie russe operanti negli Stati Uniti secondo le regole d'antan, stanno invece a dimostrare il contrario ... L'FBI, dopo lunghe e non facili indagini, ha in effetti individuato dieci agenti di Mosca che si erano perfettamente integrati nella società statu11itense sia sul piano professionale (svolgendo attività in settori imprenditoriali e commerciali), sia a livello familiare (con persone ignare o complici). Rete che deve essere stata considerata abbastanza pericolosa se i dieci, una volta scoperti, sono stati immediatamente espulsi e scmnbiati con qualfro agenti americani. Fin dove siano arrivati i russi nella raccolta di notizie, quali segreti abbiuano passato a Mosca, 11011 è dato ancora sapere. L'FBT dal canto suo ha cercato di Slninuire la portata del danno, affermando che la rete non aveva avuto In possibilità di pmetrnre istituzioni ufficiali o "sensibili".
Ma poteva fare affermazione diversa?
Del gruppo faceva parte anche l'agente che ha più fatto parlare di sé e che, però, si è rivelato proprio l'anello debole della rete clte ha portato l'FBI sulle tracce dei colleglti: A 111m Cltapma11.
Anna, del ta anche "la rossa" per via dei suoi cape/l i, era una giovane e affasciltante ragazza, già moglie di un cittadino inglese elle aveva sposato nel 2001, quando si trovava a Londra per lavo-
ro. Probabilmente nella capitale inglese non era ancora stata reclutata dai servizi, ma di certo già condizionata da questa prospettiva essendo figlia di un alto dirigente del KGB, Vassili Kouchtchenko. A Washington invece Anna Kouchtchenko è già w1 age11te reclutato dal servizio segreto russo (SVR) a tutti gli effetti.
Arma la rossa, diventata famosa in Russia dopo essere sta/n scoperta
Appassionata di nuotte tecnologie, di natura alquanto esibi::ionista, Anna lza finito per lasciare troppe tracce di sé su internet: facebook, interoiste, video, foto ecc ... Il fatto è che In rete era nnclze il mezzo con cui Amm co1m1nicava con i suoi ufficiali trattanti!
Stmmento "classico" dello spionaggio, Anna era sfata scelta per il suo fisico attraente, In sua indubbia intelligenza, l'eccellente padronanza dell'inglese e la sua carica erotica che le avrebbe certo consentito di fare molta strada tra importanti personaggi del paese in cerca di compagnia. In realtà non sappiamo quanto produttivo sia stato il suo lavoro, né se lo sia stato. L'unica novità rispetto al passato è e/te una volta le spie, dopo essere state scoperte e aver avuto la fortuna di essere restitu ite alloro paese, facevano di tutto per farsi di me n ticnre. Oggi invece In pubblicità negativa per essere stati colti con le mani nel sacco apre incredibilmente la strada della notorietà, sopratflltto se si è giovani e carine, anche se si è esercitato il mestiere di spia. Tornata in Russia A111za, in effetti, è diventata 1111 personaggio molto popolare, incessantemente ricercato da mngnzine, radio, televisioni e cinema. Tutto è utile al/n pubblicità commerciale! Anna è stata elogiata dallo stesso Preside11te Putitz il quale, t•ogliamo sperare, deve aver apprezzato, più che le fattezze sexy della be/In spia dai capelli rossi e dagli occhi verdi, i c;egreti americani da lei portati al Cremlino .
Per gli appassionati dt•l ge11ere c'è il Museo l11tmwzionnle dr!lo Spio11nggio n Wnshi11gton. Nato d/In col/nborctzione di ex agenti del/n Cl A. dei/'FBI t' del KGB dopo il m>llo tleii'Unio11e Sol•ieticn
Le Huove minacce tm po ' più al dettaglio
Per avere un'idea più precisa della pericolosità delle «nuove minacce )) cui devono far fronte i c;ervizi di intelligence di tutto il mondo, conviene farne brevemente una sommaria lista.
- Il bioterrorismo
n semplice invio di lettere contenenti il bacillo dell'antrace può essere considerato come un «seg uito» degli attentati dell'l l settembre 2001 e una prima, concreta forma di (( bioterrorismo». L'antrace in effetti porta con sé un batterio estremamente pericoloso che provoca il carbonchio, malattia spesso mortale per gli individui che ne vengono colpiti. Una prospettiva quindi particolarmente inquietante, una minaccia difficilmente prevedibile e co ntroll abile: (< terrorizzante », appunto.
Il primo, riconosciuto attacco all'antrace risale alS ottobre 2001, meno di un mese dopo l'attentato alle Torri ge-
melle. Si registra in quel giorno in Florida la prima vittima ufficiale del carbonchio. Muoiono subito dopo altre 4 persone, contraendo la malattia nell'aprire le buc;te di lettere infettate col Bacillus anthracis. Gli americani vengono presi dal panico. Nessuno sa come difendersi.
Il servizio postale è per qualche giorno completamente paralizzato, con gravissimi danni all'economia del paese. Il panico peraltro arriva anche in Europa, dove vengono sottoposti a controlli preventivi centinaia di migliaia di lettere e pacchi sospetti. Con conseguenti perdite economiche e finanziarie la cui entità è difficile calcolare. Solo negli Stati Uniti si parla di miliardi di dollari. Ed è probabilmente proprio questo l'obiettivo del bioterrorismo. Con poche vittime, riuscire a causare il panico, con conseguente disorganizzazione generale che, a parte i danni economici cui si è accennato, finisce col rendere il paese minacciato ancora più vulnerabile.
Un bioterrorismo peraltro utilizzato a volte per scopi non confessati e da non ben specificati mandanti per colpire selettivamente singoli individui o singoli agenti. Come nel caso di Alexander Litvincnko (ex agente del KGB che sa troppo e minaccia di parlare), avvelenato in Gran Bretagna il primo novembre del 2006 con il Polonia 210 (una sostanza radioattiva} e morto pochi giorni dopo. Avvelenato da chi?
C'è da sperare che non siano stati i servizi segreti «ufficiali», altrimenti verrebbe meno quell'asimmetria «etica» cui si è accennato prima e che fa tutta la differenza. È
un'eventualità da scongiurare in ogni caso il fatto che strutture ufficiali utilizzino gli stessi metodi e mezzi del terrorismo.
Rientra nelle forme del bioterrorismo anche la «minaccia biologica». L'introduzione e la diffusione, cioè, di gravi
malattie contagiose attraverso canali difficilmente controllabili da qualsiasi servizio di intelligence, se non attraverso l'informazione «preventiva » e l'infiltrazione dei gruppi terroristici più pericolosi.
- Il cyber terrori s mo
Se i terroristi più fanatici si servono a volte di metodi «arcaici» per conseguire i loro obiettivi, essi sono tuttavia pronti a ricorrere anche ai più sofisticati strumenti dell'informatica per creare danni economici, confusione e disorganizzazione generale nei paesi considerati nemici. Le principali società mondiali di lotta contro le "infezioni" informatiche sanno bene che i pirati possono facilmente approfittare delle «debolezze» esistenti nei principali sistemi di gestione dei computers per introdurv i pericolos i virus. Dette società peraltro lavorano solo in maniera «reattiva », non «preventiva», cioè non possono fare nulla in favore degli utilizzatori che non proteggono regolarmente i loro sistemi, lasciando penetrare virus destabilizzanti. Insomma i potenziali terroristi informatici - che potrebbero mettere in crisi aeroporti, sistemi bancari, servizi postali ecc. -hanno il vantaggio dell'iniziativa! Certo le grandi società informatiche dispongono di esperti capaci di respingere gli attacchi dei «cyber terroristi», ma non sapendo quando e d ove essi colpiranno, partono con un notevo le svantaggio iniziale. Neg li Stati Uniti c'è una diffusa consapevolezza neg li ambienti governa t ivi della necessità di ((s ecurizzare) ) le infrastrutture elettroniche del paese. Solo nel 2003 sarebbero stati spesi a tal fine 5 miliardi di dollari. Sarebbe inoltre prevista la costituzione di una struttura comune, fra tutte le agenzie federali di sicurezza, per proporre u n contatto unko alle im prese onde rilevare u n'intrusione o un d anno informatico, ma anche per u tili
scambi di informazioni sulla sicurezza ad alta tecnologia.
Un terrorismo «virtuale» capace tuttavia di provocare incommensurabili danni «reali» alle popolazioni e agli Stati, se non controllato e combattuto con i necessari impegno e fermezza.
Un gruppo terrorista, con la sola minaccia dell'uso di una «bomba sporca», potrebbe agevolmente raggiungere due risultati in un sol colpo. Da un lato, cioè, terrorizzare le popolazioni con l'immagine devastante dei danni che causerebbe l'arma nucleare (facendo quindi insostenibili pressioni sui governi interessati) e, dall'altro, essere in qualche modo esentato dal disporre di tutta la tecnologia necessaria per costruire una vera arma nucleare. In effetti la «bomba sporca» non è propriamente un'arma nucleare c non richiede il possesso di una tecnologia di alta sofisticazione. Si tratta in realtà di un ordigno classico che, al momento dell'esplosione, dissemina tuttavia nell'aria materiale radioattivo proveniente dalle industrie civili, acquisito in vario modo (furto o vendite illegali di rifiuti radioattivi, tossici o di materiali utilizzati per trattamenti medici, tutte cose in teoria alla portata di W'l ben organizzato gruppo terroristico). Questo perlomeno fino a quando gruppi terroristici non si identificheranno con Stati «Canaglia» in grado di sviluppare energia nucleare e servirsene anche per scopi militari. A quel momento si aprirebbero scenari ancora più inquietanti.
Oggi, in società organizzate in maruera complessa e interconnessa, tutte le minacce (bioterrorismo, bombe sporche, armi biologiche e batteriologiche) sono prima di tutto strumenti di disorganizzazione politica, economica e sociale che svegliano, a vantaggio esclusivo dei terroristi,
tutte le paure latenti in ciascun individuo. n numero reale dei morti provocato da queste minacce rappresenta in realtà <<l'intermediario necessario», come è stato detto, la scintilla da cui far deflagrare l'incendio distruttivo generale.
- Il t e rroris mo aereo e mi ss ilis tico Nel novembre del2002 un aereo israeliano, con 277 passeggeri a bordo, in fase di decollo da Mombasa (Kenya), -,ubisce due tiri di missili antiaerei di fabbricazione sovietica, gli SA7. Fortunatamente falliscono il bersaglio, altrimenti sarebbe stata una strage immane. Ma l'azione di per sé è emblematica della minaccia permanente che pesa sul trasporto aereo civile, assolutamente indifeso contro eventuali tiri di missili antiaerei. Missili largamente venduti durante e dopo la guerra fredda a chiunque senza sapere poi in che mani siano finiti c finiscano. Missili, qualunque sia la loro generaz ione, faci lmente maneggiabili, di una terrificante efficacia, che c;i tratti di quelli sovietici (SA7) o di quelli americani (Stinger), di quelli ing lesi (Blowpipe e Ja,·elin) o francesi (Mistral) o anche italiani (Aspide). Come è avvenuto nel luglio del 2014, quando un aereo della Vlalaysia Airlines, con 283 passeggeri a bordo, è stato abbattuto nei cieli dell'Ucraina. Centrato da un missi le terra aria Buk (di fabbricazione russa) lanciato dal territorio del'Ucraina sotto controllo dei separatisti filo-r u ssi.
Senza infine parlare del terrorismo aereo <<classico» a cui siamo tristemente abituati, la bomba cioè messa nei bagagli o trasportata dallo stesso kamikaze (altra forma di «nuova minaccia») che ha costretto tutti i paesi e tutte le compagnie aeree a rinforzare drasticamente le misure di sicurezza neg li aeroporti con costi n otevolissimi, con d isagi crescenti per i viaggiatori, s u scitando negli scali u na costan te atmosfera di tensione e di preoccupazione.
La lista delle nuove minacce non si esaurisce qui, naturalmente. Abbiamo solo voluto ricordare le più importanti per offrire qualche spunto di riflessione finale sulle sfide cui si devono confrontare i servizi di intelligence e su lla conseguente organizzazione del funzionamento delle loro strutture.
Breve riflessione finale
n quesito fondamentale su cui concentrare l'attenzione non è- a nostro giudizio- se i servizi di intelligence s iano o meno utili (come pure qualche autore si chiede), ma piuttosto se essi funzionino bene o male. Se, cioè, siano efficienti, moderni, all'altezza delle nuove sfide e al servizio esclusivo della Nazione ovvero supe r ati, scadenti, a disposizione del politico o fazioni di turno. Se siano, quindi, da considerare come uno strumento essenziale della politica di sicurezza dello Stato (ricevendo attenzione e considerazione corrispondenti) o se siano in definitiva solo uno strumento per l'esercizio del potere (il che garantirebbe forse prolungata sopravvivenza a una determinata formazione politica, ma non assicurerebbe per contro un'adeguata attenzione alla sa lv ag uardi a della comunità nazionale).
Se vogliamo insomma far fronte, convenientemente preparati, alle nuove minacce, dobbiamo dotarci di inediti servizi di intelligence, dove prevalga il senso dello Stato, La professionalità, la motivazione personale, la dedizione al serv izio pubblico, la difesa delle libertà democratiche e la salvaguardia del proprio Paese da pericoli interni ed esterni. Abbandonando, senza reticenze e senza rimpianti, schemi, scheletri, distorsioni, strumen taliz zazioni e miopi visioni del passato.
Id ent ikit de ll ' agente segre to id eal e. Definire le caratteristiche dell'agente segreto ideale non è certo agevole perché, al di là degli stereotipi letterari e cinematografici, esiste una pasta gamma di impieghi degli agenti a seconda delle variegate finalità delle missioni loro affidate. Corne abbiamo visto, ci so1w agenti operativi, age11ti speciali, agenti di influenza, agenti in SOI1110 , agenti doppi , agenti legali ecc ... È chiaro quindi che le qualità che devono possedere so11o in junzio11e della loro specialità. A 1111 analista, insomma, non si richiede un intenso allenamento atletico o un addestramento n/l'uso delle armi. Un b11oll agente di influenza deve far prova di "senso politico", di cui, im.we, può fare a meno un agente speciale.
Volendo tuttaPin immaginare un nge11te polivalente, "ideale", iudichiamo di seguito le dieci principali caratteristiche che dovrebbe possedere. Nella realtà verosimilmente 11011 esiste 1111 agente che possegga tutte queste qualità contemporaneamente.
È sufficimte che ne abbia almeno alcune, quelle cioè necessarie per portare a termiue co11 successo In specifica missione che gli è stata affidata. Spetterà in definitiva ai rispettivi Capi Servizi saper sfruttare le migliori qualità di ciascuno i11 funzione del suo migliore, specifico impiego. Non tutti sono fames Bond!
L'agente ideale dunque dovrebbe possedere:
- Eccellente background culturale (soprattutto per quanto riguarda le relazioni intemazionali e la s toria dei Paesi);
- Capacità di analisi (saper i11terpretare i segnali di interesse nell'immenso flusso di notizie che giungono ai sen1izi di intelligence);
-
Conosce11za di lingue rare (come sapere cosa si trama in lilla grotta se non infiltrandosi nel gruppo dei cospiratori? Ma se non si conosce la loro lingua ... );
- Approfondita cultura informatica (assolutamente necessaria per sapersi orie11ta re in un mondo dove lo spionaggio viene praticato sempre pi ù spesso in rete);
- Capacità di sed11zione (soprattutto sul piano intellettuale. Sapersi cioè far accettare, susc itare interesse, ispirare fiducia); Eccellente forma fisica (per chi è impegnato in missio11i operative sul terreno e affronta climi difficili in paesi lontani);
- Tratto diplomatico (per potersi meglio inserire 11egli ambienti ufficiali del paese di interesse);
- Idoneità all'aggiornamento (in particolare sui grandi temi mondiali in discussiolle che possono avere ricadute anche di i11 tefligence);
- Expertise in una professione (strume11to supplementare e utilissimo di integrazione nella società dove si opera);
- Patriottismo (consapevolezza di svolgere una missione nell'interesse dello Stato e a protezio11e della Nazione).
Una volta gli agenti segreti venivano reclutati esclusivamente tra le forze dell'ordine e tra i militari. Oggi, come abbiamo constatato, le cose sono significativamente cambiale con la riforma del 2007. Si tende cioè ad affermare e svil uppare una cult11ra dell'informazione per aprire il mondo dell 'intelligence alle Università, ai Centri di ricerca, alle migliori professionalità "esterne". In effetti sul si to del DIS ( www .sic urez zanaz ionalc .go v. i t ) pervengono continuamente i curricula di perso ne disponibili per un lavoro nei "servizi". Candidature che vengono esaminate, se lezionate ed eventualmente accolte quando si trova la persona giusta. Il DIS nello stesso tempo raccoglie informazioni presso le Università sui candidati suscettibili di essere reclutati.
Nel 2009 inoltre il DIS ha concluso un accordo con l'Università di Roma (La Sapienza) per attivare un Ma ster sulla Sicurezza, dalla durata di tre anni. Si tratta di corsi che preparano all'acquisizione di una competen-
za articolata su ma ter ie quali la cyber security, la sicurezza delle reti, i sistemi di rivelazione delle frodi, i s istemi di preallarme per la protezione del territorio, l'individuazione di evasione fiscale ecc ...
Una volta ottenuto il Master ovviamente non si diventa ipso facto 007. I Yfaster sono uno dei momenti di forma7ione, uno dei percorsi didattici che il DISorganizza in materia di sicurezza. Solo i migliori allievi dei Master saranno assunti, anche in relazione ai posti disponibili e aUe specialità richieste e un ulteriore formazione professiona le presso la Scuola dei Servizi.
Il Direttore del DIS, Ambasciatore Giampiero Massolo, ha le idee chiare al riguardo. In una recente intervista ha infatti dichiarato: "Ci .-;tiamo muove11do l'adozio11e di procedure di rrclutamento -;empre più trasparenti, meritocratiche e orientate per attrarrr 111/0Vi profili professionali, tene11do in debita consideraziOne l'alto potenziah• dd settore privato in termini di apporto di idee e innovazione. L'lntelligence è un mestiere come altri, al di In delle capacità e del talento che ognuno di noi ha al.'uto in dono alla nascita. E, in quanto mestiere, l'lllfelligence può esser mseg11ata. La parola chiave è dunque formazione. La sfida clze abbiamo dinanzi a noi è quella di valorizzare le nostre ri:;orse uma11e e in particolare le IIUove leve, attraverso 1111 conti11110 percoro;o di aggiomamento professionale".
C'è solo da augurarsi che dai propositi si passi a lle realizzazioni concrete!
Il museo internazionale dello spionaggio. Se vi recate a Washingto11 e se comincia11o a interessarvi la storia e le storie dello spie, IlO/l mancate di visitare il museo illfernazionale dello spionaggio (www.spymuseum.org).
Nel 2002 in effetti è stato inaugurato nella capitale federale il
primo museo globale dedicato al mondo dello spionaggio. Le sue finalità sono chiaramente educative e didattiche, ma non prive di dimensione storica e scientifica. Va tuttavia precisato che per rendere la visita più attraente, la prospettiva pedagogica si mescola spesso, nel tipico stile americano, co11 Le mitologie cillematografiche e gli effetti speciali che tanto impressionano i giovani. Così, accanto a u11 esemplare originale della macchina cifrante tedesca Enigma o alla pistola-rossetto del KGB o alle scarpe con i microfoni nascosti sotto la suola, si può ammirare I'Aston Martin DBS utilizzata da James Band nel film Agente 007-Missione Goldfinger. Una mncchi11a reale di un personaggio in celluloide.
La scritta che accoglie i visitatori è molto esplicita e offre immediatamente l'idea del percorso che si sta per iniziare: "Nlllla è come sembra". In effetti i muri del museo hmwo occhi e orecchie. Gli ospiti vengono ascoltati e ripresi n loro i11snputa e, nl termine della visita, viene loro collseg11nta la registrazione!
Ma a quel pu11to il visitatore avrà già acquisito una huona conoscenza delle tecniclte dello spionaggio. Avrà infatti imparato n decifrare messaggi segreti e n riconoscere spie mimetizzate. l più giova11i snprn11110 apprezzare!
Spesso vi vengono organizzati anche i11contri di alto livello scientifico con la partecipazione di esperti, docenti universitari, funziollari di organismi di sicurezza.
U11 museo nssolutame11 te originale che ripercorre le fasi storiche dello spionaggio e si interroga sulle sue sfide fu ture di fronte alle "nuove minacce". Sorprendente iniziativa interattivn, frutto della collaborazione tra ex agenti della CJA, FBl e KGB che, dopo il crollo dell'Unione Sovietica, avendo cessato di combattersi, han110 intelligentemente preferito mettersi insieme in affari!
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