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Frammenti di etnología istria n a

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A U S Z U G

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RASSEGNA DI STORIA ISTRIANA

semplice, ma anche sarti, fabbri, calzolai, scalpellini, in genere dediti al lavoro manuale. Erano pieni di buon senso e parsimoniosi, per cui molti in poco tempo riuscivano a migliorare la loro condizione materiale, se non addirittura arricchirsi. Erano di piacevole presenza e con le loro caratteristiche positive molto utili alia provincia. Vivevano nei villaggi piü grandi, nei castelli e nelle terre, ma non erano arrivati nella provincia prima degli Slavi. Ai Cami - molti li chiamavano Cargnelli - erano simili i Friulani, la cui terra natia non era lontana. Molti Friulani si stabilivano per brevi periodi nelle Campagne, nelle terre o nei singoli poderi, dove lavoravano a stagione, dopo di che con quanto guadagnato tornavano a casa.

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II terzo ceppo (generatione) era di Grado; pescatori nati, grandi conoscitori del mare e della navigazione. Vivevano sulla costa, a Umago, Cittanova, Parenzo, Orsera e laddove si poteva fare commercio di pesce e di altri prodotti con la vicina Venezia. Gente semplice, di poche parole, parlava una lingua simile all’antico dialetto veneziano. Non erano inclini al chiasso e non facevano sfoggio delle loro imprese marinare. Molti di loro si erano arricchiti con il commercio, avevano cómprate i poderi, si erano mescolati con la popolazione indígena e diventati cittadini delle citta maggiori. Ad esempio delle 25 famighe di Cittanova ben 12 erano venute da Grado.

I quarti erano gli abitanti nuovi, venuti dall’Albania e da altre regioni occupate dai Turchi. Venezia li portava volutamente nella provincia. Per piü di un secolo erano stati soggetti alia giurisdizioné del capitano di Raspo, eccezion fatta per quelli del territorio di Pola, i quali, cosi come gli abitanti vecchi, erano alie dipendenze del Proweditore e percio non dipendevano dalle volonta dei rettori delle singóle citta o castelli.

Infine c’ erano gli indigeni, per i quali era caratteristico che a causa delle numeróse pestilenze e guerre le loro radici non superavano i 200 anni. Per cui si potevano considerare indigeni anche gli immigrati fiorentini, bergamaschi e veneziani e altri che qui si erano ben presto acclimatati.

Durante l’ultima guerra con i Turchi (la cosiddetta guerra di Creta 1645-1668) in Istria erano venuti molti Morfacchi (cosi venivano chiamati i nomadi indigeni della penisola balcánica di origini latine ma poi slavizzatisi). I veneziani li avevano portati in Istria dalla Dalmazia e daU’Albania (delTAlbania faceva parte anche il litorale montenegrino, n, a.). Erano inclini al furto e alia rapiña e causavano disordini ma con il passar del tempo si calmarono. Cosi Prospero Petronio.

Frammenti di etnologia istriana

Pero l’impetuosa crescita cultúrale nelle citta ancora per lungo tempo non trovo un riscontro simile nelle Campagne dove, nonostante i numerosi flussi migratori, gli istriani conservavano immutate attraverso i secoli innanzitutto le loro caratteristiche etnologiche. In parte ció dipendeva dalle caratteristiche psicologiche degli abitanti vecchi, che designavano i nuovi arrivati come foresti e in tal modo li allontanavano dagli awenimenti importanti, costringendoli all’accettazione ancor piü pronta degli usi e costumi tradizionali. All’aspetto etnológico unitario contribuirono in buona misura gli statuti cittadini, che legalizzavano alcuni usi consuetudinari, come ad esempio il matrimonio all’uso istriano, vale a dire “come fratello e sorella“ (utfrater etsoror), nei senso i coniugi che erano proprietari paritetici del loro patrimonio comune. Questo uso é attestato in quasi tutti gü statuti cittadini, mentre la legge agraria, riportata solo nello 48

EVO MODERNO

statuto capodistriano, secondo l’opinione generale era valido almeno nelle campagne delTIstria veneta.

Naturalmente, molti usi e costumi si conservavano solo in determinate zone, come succedeva ad esempio con i costumi popolari o con i dialetti, differenti da comune a comune, ma certi altri usi e superstizioni di origine pagana erano profondamente radicad nelle genti istriane. Come stabilisce M. Tomšič nelle sue opere letterarie, gli istriani hanno in comune molti racconti magici, tra i quali sicuramente primeggiano quelli su strigoni, strighe e lupi mannari. Sulla loro resistenza e al contempo sulla persistenza dei persecutori la dice lunga anche il processo penale contro gli stregoni e le streghe celebrato ancora nel 1716 nei dintorni di Castua. In modo pittoresco scrisse di

Costumi istriani (J. V. Valvasor)

queste credenze I. V. Valvasor nel suo libro Slava vojvodine Kranjske (1689): “La gente delle campagne istriane é fermamente convinta che i maghi e gli stregoni succhiano il sangue ai bambini. Questo succhiatore di sangue lo chiamano strigon o mago. Credono che dopo moño tale stregone attorno a mezzanotte giri per il villaggio, bussi e batía alie porte, e che nella casa alie cui porte ha bussato di la a pochi giorni qualcuno morirá. E se qualcuno in quei giorni muore i contadini affermano che lo stregone se lo ha mangiato. 49

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