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Introduzione
INTRODUZIONE
Di norma, se si nasce e si cresce sempre nello stesso ambiente, ci si dimentica, o addirittura non si scopre nemmeno, che esso può rivelare particolarità o caratteri unici nel suo genere ed è solo “uscendo” e confrontandosi con altri modelli culturali e sociali che ci si accorge di quanto, in realtà, questi caratteri sono importanti nella formazione del singolo e nel suo modo di rapportarsi con l’esterno. Una volta liberi dai “legacci” dell’assuefazione ci si confronta anche in maniera diversa verso il proprio territorio e cambia anche il modo di percepire il suo universo culturale, trasformato dall’essere un convenzionale modo di agire ad un interessante terreno di studi per capire quali processi del passato si sono susseguiti e hanno contribuito a creare il mondo in cui si è abituati a vivere. È stato proprio il desiderio di conoscenza delle vicende storiche delle località da cui provengo che mi ha spinto ad analizzare uno dei periodi più tragici della sua storia contemporanea, ovvero la questione delle Opzioni del 1939, un evento che non solo ha cambiato radicalmente la vita di chi è stato oggetto della faccenda, ma che ha anche avuto conseguenze di lungo termine sulla componente etnico-culturale degli abitanti delle zone coinvolte in questo “problema”. Tuttavia, prima di concentrarmi specificatamente sul tema della tesi, la notevole perifericità della mia regione rispetto al resto dell’Italia e la scarsa conoscenza del suo passato mi hanno spinto ad esporre, in sintesi, un primo capitolo di descrizione “storico-geografica” in cui ho delineato le peculiarità del territorio oggetto della mia tesi, il quale si trova all’esatto punto di congiunzione dei tre confini di Austria, Slovenia e Italia, ovvero la parte più nordorientale del Friuli-Venezia Giulia. Si tratta di una regione montagnosa e ricca di diverse tradizioni che hanno concorso a formare quella vallata che oggi viene chiamata Canal del Ferro-Valcanale. Una zona estremamente interessante sotto diversi punti di vista, fra cui spiccano quello etnico, in quanto la regione è il punto d’incontro di tre culture, tre lingue e tre diversi modelli di vita, ma anche quello storico poiché, essendo una regione di confine, la geopolitica qui ha giocato sempre un ruolo di rilievo. La frontiera, costante nella storia della valle, fin dall’inizio dei tempi ha accompagnato le vicende della popolazione che abita in queste terre e ha significato soprattutto una netta linea di separazione amministrativa. Le varie potenze che si confrontarono da una parte e dall’altra, spesso in maniera violenta, tentarono continuamente di spostarla, ma per oltre 900 anni essa rimase più o meno stabile, finché, nel 1919, l’Italia, vincitrice della Prima Guerra Mondiale,
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ampliò i suoi confini fino al Brennero e in tutta la Venezia Giulia, di conseguenza anche il piccolo territorio della Valcanale entrò nell’orbita italiana. È da questo punto che sono partito per capire, innanzi tutto, come si rapportarono gli abitanti della parte germanica della valle, abituati da secoli a far riferimento al mondo austro-tedesco, all’amministrazione e al modo di agire italiano appena insediatosi e organizzatosi nelle modalità decise dalla dittatura fascista, decisamente ostile alle minoranze, instaurata da Benito Mussolini. In seguito, ho ritenuto necessario analizzare quali eventi internazionali giocarono un ruolo di rilievo nel processo di avvicinamento politico fra l’Italia e la Germania, dove nel frattempo un altro dittatore, Adolf Hitler, aveva imposto il suo fanatico pensiero. In un contesto di politiche europee volte a discriminare, o meglio, annullare in toto le minoranze culturali nel tentativo di omologare tutti gli abitanti di uno Stato e trasformarli in un’unica massa da guidare grazie al carisma di un solo uomo, i “tedeschi” del Sudtirolo, e di conseguenza i “tedeschi” della Valcanale, furono etichettati come un “problema politico” da risolvere. Fu in questo clima che i due dittatori si accordarono, nel 1939, per fare in modo che questa gente fosse costretta a optare, ovvero decidere se trasferirsi definitivamente nel terzo Reich e ricongiungersi con il mondo tedesco ma abbandonando ogni legame con la loro terra, oppure rimanere in Italia e, implicitamente, abbandonare ogni legame culturale con l’universo tedesco dal quale provenivano. Vittime, quindi, di scelte politiche molto più grandi di loro, questi “optanti” furono costretti a compiere una scelta tragica ed a ricominciare una nuova vita lontani da dove erano nati e cresciuti.
Lo scopo del secondo capitolo è quindi comprendere come e perché i valcanalesi optarono, cosa si aspettassero dalla nuova Patria e che apparato burocratico venne realizzato per agevolare i trasferimenti e gli ufficiali cambi di cittadinanza. Nel terzo e ultimo capitolo, infine, mi sono concentrato sulla questione delle proprietà degli optanti e sulle conseguenze sociali e culturali della vicenda delle opzioni. Dapprima, grazie all’analisi di documenti inediti conservati all’Ufficio Tavolare di Pontebba, ho cercato di capire che ruolo ebbe nella vicenda l’ente pubblico creato apposta per l’occasione e che si occupò della gestione delle proprietà cedute, mentre nella seconda parte ho cercato di capire chi e perché decise di comprare questi immobili, se fossero stati a conoscenza del perché quelle case erano state vendute e come mai si potevano ottenere così facilmente. La scoperta del fatto che la maggioranza di queste abitazioni fosse stata comprata da friulani delle poverissime valli limitrofe, che poi si sono effettivamente trasferiti in una valle completamente estranea alla loro cultura, mi ha spinto a raccogliere alcune interviste per
capire se questi “nuovi arrivati” si fossero adattati facilmente oppure no al nuovo ambiente e che rapporto si fosse stabilito fra i tedeschi rimasti e la nuova componente italo-friulana. Insomma, nonostante la “Grande Storia” fosse passata lontana da questo piccolo territorio, alcuni suoi effetti si sono fatti sentire in maniera significativa, lasciando conseguenze ancora ben visibili. Chiarire le cause, sostanzialmente, è quello che ho cercato di fare, nella speranza di aver trasmesso la verità.
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