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2.2. L’avvicinamento alla politica nazista e l’arrivo alla radicale soluzione delle opzioni

trasferiti […]. Furono trattati da cittadini sospetti e naturalmente divennero sospettosi.59

Altre problematiche economiche, che spesso comportarono tensioni sociali, riguardavano gli espropri e gli acquisti fatti dagli enti:

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Qui si contestano i diritti di legname e di pascolo conservati attraverso i secoli […] qui si espropriano i pochi fazzoletti di terra coltivabile per costruire caserme […] e nella vicina Germania sorgono […] ricoveri per il bestiame in alta montagna. Qui non si trovano finanziatori per dare una indispensabile attrezzatura alberghiera ad una delle più belle ed accessibili zone delle Alpi, e al di là del confine si richiamano i turisti e sciatori anche dalla lontana Trieste con facilitazioni di soggiorno e servizi automobilistici speciali.60

In questo contesto di endemica carenza di sbocchi occupazionali, e di conseguenti tensioni sociali e intolleranza verso il potere costituito, il regime non seppe dare risposte concrete, se non di facciata: « in fondo, i fascisti non si curavano se i tedeschi diventassero italiani o no. Bastava che apparissero italiani »61 . L’obiettivo di completa italianizzazione non venne dunque centrato, se non in maniera del tutto superficiale, non solo a causa dell’impenetrabilità di una certa cultura estremamente radicata, ma anche, e soprattutto, a causa di questioni economiche che, come nella maggior parte dei casi, determinarono conseguenze importanti dal punto di vista sociale.

2.2. L’avvicinamento alla politica nazista e alla radicale soluzione delle Opzioni

Mentre in Italia Mussolini consolidava il suo potere, oltralpe, a partire dagli anni ’20, altre forze totalitarie si avviavano a prendere il sopravvento nella vita politica. Adolf Hitler, in Germania, aveva fondato nel 1919 il Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori, nelle parole di Ennio di Nolfo: « un coacervo di risentimenti e una miscela di motivi populistici, nazionalistici e autoritari ».62

Rimasto nell’ombra durante gli anni’ 20, con il tempo la sua struttura si era irrobustita e aveva accresciuto i suoi consensi facendo leva su sentimenti revanscisti e soprattutto antisemiti.

59 Ibid, op, cit, p. 30. 60 GARIUP M, La Valcanale fra le due guerre mondiali, Cividale, Soc. Coop. Dom, 1993, p. 37. 61 SALVEMINI G, Preludio alla seconda guerra mondiale, Milano, Feltrinelli, 1967, p. 710. 62 DI NOLFO E, Storia delle relazioni internazionali, Milano, Laterza, 2008, p. 97.

Fra le varie agghiacciati idee elaborate dal futuro Führer, un concetto fondamentale dell’ideologia nazista, esposto fin dalla prima pagina del Mein Kampf, era l’unione di tutti i tedeschi d’Europa sotto un’unica bandiera e la ricostituzione del grande Reich, in una dispotica Europa "purificata" dagli elementi nocivi alla "razza ariana", la quale avrebbe dovuto essere la nuova luce della civiltà.

Quando, nel 1933, Hitler arrivò a dominare la scena politica tedesca e a diventare cancelliere, una delle prime mosse della neonata dittatura fu quella di adoperarsi per il riarmo della nazione e indirizzare la politica estera verso azioni offensive, a cominciare dall’uscita dalla Società delle Nazioni dell’ottobre del 1933 e dall’occupazione della Renania nel 1935. In questo contesto, uno fra i più importanti e immediati obiettivi che Hitler si era posto, e che propagandava già dagli anni ’20, era quello di ricongiungere i territori dell’Austria al Reich e, nonostante i pareri contrari di tutte le nazioni europee, Italia compresa e per di più schierata in prima linea contro questo progetto,63 si servì di ogni mezzo per riuscirci. In quel periodo, proprio a causa del timore di avere la Grande Germania a diretto contatto con l’Italia, le relazioni diplomatiche fra Italia e Germania si mantennero fredde. Col tempo, però, i rapporti fra i due Paesi, soprattutto dopo la conquista italiana dell’Etiopia e la questione delle sanzioni, risolta solo grazie al supporto logistico tedesco, si trovarono a convergere sempre di più e si incontrarono definitivamente dopo la guerra civile spagnola, quando sfumarono del tutto le possibilità di un riavvicinamento italiano alla politica delle democrazie

europee. I comuni obiettivi politici e ideologici portarono i due regimi alla stipulazione dell’Asse Roma-Berlino nel 1936 e crebbe fra le popolazioni tedesche residenti in Italia l’idea, già vagheggiata ma priva di fondamento, che la Germania avrebbe rivendicato a sé i territori dell’Alto Adige e di conseguenza anche della Valcanale. Bisogna sottolineare che, in questa situazione, soprattutto per le nuove generazioni degli allogeni, prive di legami ideologici e culturali con l’impero austroungarico e vessate da una politica anti-tedesca che non accennava a scendere a compromessi, il nazionalsocialismo restava l’unica speranza di cambiamento e di affermazione sul piano nazionale. Diventava così sempre più difficile resistere al richiamo del Reich, fra l’altro presentato magistralmente da una macchina propagandistica sempre più viva e radicata fra le comunità tedesche ancora separate dalla Germania di Hitler.

63 Cfr: BERNASCONI A, MURAN G, Il testimone di cemento, Udine, Ed. LNB, 2009, p. 14.

Nel 1937, la diplomazia italiana si disinteressò progressivamente delle faccende danubiane, preferendo concentrarsi sulle questioni mediterranee, consapevole che le sorti dell’Austria, già da tre anni priva di personalità in grado di contrastare il radicamento delle idee nazionalsocialiste, erano ormai segnate e si poteva solo cercare di ritardare il più possibile l’annessione.64 Dopo anni di tentennamenti e alti e bassi diplomatici fra le due dittature, il 14 marzo 1938, tre giorni dopo l’occupazione tedesca dell’Austria, Hitler annunciò l’Anschluß, ovvero la ricongiunzione della sua patria d’origine con il grande Reich germanico. L’evento fu salutato festosamente da tutte quelle componenti politiche naziste che ormai anche in Austria avevano assunto un peso preponderante. Sia a Tarvisio, sia in Alto Adige, ormai « non più semplici zone abitate da tedeschi ai confini con il Tirolo e la Carinzia, ma terre tedesche confinanti con la grande Germania »65, la notizia provocò notevole agitazione:

L’Anschluß contagiò anche la popolazione allogena della Valcanale e fece esplodere una grande propaganda, pubblica, privata, onesta e disonesta contro l’Italia. La popolazione valcanalese palesò violentemente il desiderio di tornare all’Austria da cui era stata strappata.66

In realtà fu chiaro fin dall’inizio che l’appoggio italiano all’Anschluß venne dato solo in cambio del riconoscimento dell’intangibilità delle frontiere, rassicurazione che Hitler provvide a far pervenire in più occasioni, sia subito prima dell’Anschluß in una lettera indirizzata allo stesso Mussolini in cui enunciava: « Quali possano essere le conseguenze dei prossimi avvenimenti, così come ho fissato frontiere definitive fra la Francia e la Germania, così ne fisso, ora, una non meno definitiva fra l’Italia e noi: è il Brennero.[…] », 67 sia subito dopo, quando il 7 maggio, a palazzo Venezia, così egli aveva brindato con Mussolini: « È mia incrollabile volontà, ed è anche il mio testamento politico al popolo tedesco che consideri intangibile per sempre la frontiera delle Alpi ».68 Addirittura nel Mein Kampf, scritto molti anni prima dell’Anschluß, si legge: « penso che se un domani si dovrà scendere in lotta, diventerebbe criminale versare il sangue per 200.000 tedeschi, quando 7 milioni di tedeschi sono sotto il potere straniero ».69

64 Sugli eventi diplomatici che sancirono la definitiva annessione dell’Austria alla Germania nazista si rimanda a: BERNASCONI A, MURAN G, op, cit, pp. 29-36. 65 SCROCCARO M, op, cit, p. 118. 66 Archivio Parrocchiale di Ugovizza (APU), citato in: GARIUP M, op, cit, p. 24. 67 BERNASCONI A. MURAN G, op, cit, pp. 33-35. 68 SCROCCARO M, op, cit, p. 122. 69 Ibid, p. 122.

Nonostante le dichiarazioni ufficiali di Hitler la speranza di redenzione delle minoranze non dava segni di cedimento e la situazione peggiorò sia dopo la visita di Hitler a Roma nel maggio del 1938, la quale si concluse con un nulla di fatto mentre Mussolini sperava in una ratifica ufficiale del confine settentrionale, sia con la crisi dei Sudeti, nel settembre dello stesso anno. Parallelamente, la macchina propagandistica tedesca e il notevole flusso turistico tedesco sulle Dolomiti e sulle Giulie, con conseguenti manifestazioni pro-naziste, contribuiva a far crescere fra i valligiani la speranza che l’Italia avrebbe preso posizioni definitive sulla questione degli allogeni, problema che ormai non era più di tipo etnico all’interno dello stato ma politico fra due dittature. Di questa faccenda, comunque, si era già parlato in altre occasioni, ma sempre in via informale. Il già citato Scroccaro, nella sua opera sulla questione delle opzioni, da conto delle occasioni in cui si affrontò il problema in riferimento alle nuove provincie.70

Ettore Tolomei fin dal 1918 aveva ventilato nel suo "Archivio per l’Alto Adige" l’ipotesi di un esodo organizzato e lo stesso Hitler, nel 1932, ricevendo una delegazione di sudtirolesi, li aveva invitati a non porsi come elemento di disturbo all’interno del regime fascista in quanto l’Italia avrebbe potuto risolvere la questione espropriando i terreni delle valli e trasferendo i cittadini. Nel 1937 fu la volta di Göring che sostenne il trasferimento come unico sistema per mantenere il carattere nazionale, ma anche in questo caso si trattò di ipotesi astratte. Per parte sua, invece, per molto tempo il governo fascista aveva cercato di risolvere il problema dall’interno, favorendo l’afflusso di italiani e modificando la cultura locale. Però, a ridosso dell’Anschluß, il problema, come abbiamo visto, si fece impellente e poco dopo l’evento, il 3 aprile 1938, intervenne il ministro degli esteri Ciano che, preoccupato per la situazione in Sud-Tirolo e in Val Canale, puntò il dito contro la propaganda nazista e consegnò al suo diario la famosa frase: « Converrà far cenno ai tedeschi circa l’opportunità di riassorbirsi i loro uomini, l’Alto Adige è terra geograficamente italiana e poiché non si può cambiar posto ai monti e corso ai fiumi, bisogna che si spostino gli uomini ».71 In seguito, il 23 aprile, in un incontro fra Göring e il consigliere d’ambasciata a Berlino Massimo Magistrati, si parlò per la prima volta di opzioni. Magistrati riporta il colloquio con il generale tedesco, il quale dichiarò: « Occorrerebbe, ad un certo momento, porre gli Alto Atesini davanti ad un aut-aut: o avviarsi verso la Germania, vedendo naturalmente equamente liquidati tutti i loro averi oggi esistenti in Alto Adige, o rinunciare, e per sempre, ad essere

70 Ibid, p. 141-142. 71 CIANO G, Diario 1937-1943 a cura di RENZO DE FELICE, Milano, 1980 p. 120-121.

considerati tedeschi. […] il problema si assorbirebbe alla base ».72 Anche in questo caso, tuttavia, si trattò solo di ipotesi e, con l’incontro del 7 maggio fra Hitler e Mussolini, la faccenda venne accantonata.

Il problema riemerse più urgente che mai nel gennaio del 1939, dopo l’adesione dell’Italia al “Patto Anti-Comintern” e, soprattutto, con la firma ufficiale, il 22 maggio dello stesso anno, del “Patto d’Acciaio”, con il quale l’Italia si legò permanentemente, con accordi sia offensivi che difensivi, alle sorti della Germania nazista, vincolando di fatto il suo destino a quello del Führer. Nel patto neanche una parola, tranne un piccolo e poco significativo preambolo, venne spesa da parte tedesca per risolvere la questione degli allogeni, sebbene già da gennaio sia Ciano, sia Bernardo Attolico, ambasciatore italiano a Berlino, si fossero impegnati perché il governo tedesco chiudesse definitivamente la questione con un atto ufficiale. A fine marzo le idee e i tempi stavano maturando nella direzione di quelli che diventeranno gli accordi per le opzioni. Dopo una serie di incontri sempre più fitti fra Ciano e Von Ribbentrop, ministro degli esteri tedesco, nonché tra i vari funzionari delle due delegazioni diplomatiche, il 27 maggio Attolico fece il punto della situazione, precisando le proposte delineate in via di approvazione, ossia: « la creazione di una commissione mista italo-tedesca per il rimpatrio dei cittadini germanici e l’opportunità in parallelo di far rientrare, specie dal Tirolo, i cittadini italiani, 1.300 circa, […] la creazione, almeno in via provvisoria di un consolato tedesco a Bolzano, per facilitare le operazioni […] » 73 Il 15 giugno Himmler in persona dichiarava di aver ricevuto personalmente dal Führer l’incarico di « studiare la questione altoatesina e tradurre in realtà la possibile soluzione dell’opzione ».

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Il cerchio oramai era chiuso: la partita era passata di mano dal ministero degli esteri alle SS, ed era pronta a entrare nella fase operativa, guidata dagli uomini di fiducia del Führer, incondizionati esecutori delle sue volontà.

A questo punto è bene citare quanto scrive Lara Magri, che centra perfettamente il punto del nostro lavoro, sulla soluzione raggiunta:

Fu così che il 23 giugno 1939, nella sede della Gestapo di Berlino, dodici funzionari tedeschi e cinque delegati italiani iniziarono le trattative che portarono alla sottoscrizione, il 21 ottobre 1939, delle tre convenzioni per il trasferimento delle popolazioni di origine tedesca residenti nei territori italiani, firmate dal Console generale di Germania a Milano, Otto Bene, e dal prefetto di Bolzano,

72 MAGISTRATI M, L’Italia a Berlino (1937-1939), Milano, Mondadori, 1956, p. 165. 73 SCROCCARO M, op, cit, p. 147. 74 MAGISTRATI M, op, cit, p. 360-362.

Giuseppe Mastromattei. Di queste tre solo la prima, “Norme per il rimpatrio dei tedeschi di nascita dall’Alto Adige nel Reich”, fu resa pubblica.75

Sulla Gazzetta Ufficiale uscì il 2 settembre una legge sulla perdita della cittadinanza da parte degli allogeni, mentre le norme per il rimpatrio sono reperibili nei documenti diplomatici italiani ed è interessante citarne i passi più importanti, i quali rappresentano le direttive con le quali la macchina iniziò poi, lentamente, a muoversi:

1. Le disposizioni seguenti si applicano ai cittadini germanici e agli allogeni tedeschi residenti nei territori indicati al paragrafo 2. 2. I territori previsti in queste norme (Territori dell’Accordo) sono: la provincia di Bolzano; la zona mistilingue di Egna (provincia di Trento) la zona mistilingue di Cortina d’Ampezzo (provincia di Belluno) la zona mistilingue di Tarvisio (provincia di Udine) 3. Il rimpatrio per i cittadini germanici è obbligatorio 4. L’emigrazione degli allogeni tedeschi è volontaria 5. Il rimpatrio e l’emigrazione devono effettuarsi per mezzo delle "Amtliche

Deutsche Ein-und Rückwanderstellen" (A. D. E. u. R. St.) (Uffici germanici per l’immigrazione e il rimpatrio) istituiti a Bolzano, Merano, Bressanone,

Brunico, Vipiteno e da istituirsi eventualmente altrove. A Bolzano ha sede l’Ufficio principale dell’ ADEuRSt […] 6. Per i cittadini germanici la scelta della residenza nel Reich è libera. Per gli allogeni […] possibilmente unitaria. 7. Il rimpatrio dei cittadini germanici si effettuerà entro tre mesi […] 8. L’emigrazione degli allogeni tedeschi […] dovrà effettuarsi entro il termine massimo del 31 dicembre 1942. Tutti gli allogeni tedeschi originari dei Territori dell’Accordo dovranno entro il 31 dicembre 1939 presentare al Comune di origine una dichiarazione con la quale liberamente e spontaneamente s’impegnano – in forma assolutamente definitiva – o a voler conservare la cittadinanza italiana o a voler acquistare la cittadinanza germanica e a trasferirsi nel Reich. La mancata presentazione della dichiarazione […] varrà come definitiva espressione della loro volontà a conservare la cittadinanza italiana.76

Con queste disposizioni si arriva dunque a una soluzione della questione degli allogeni. I cittadini coinvolti nell’accordo avrebbero dovuto presentare in Comune un modulo compilato dal capofamiglia: arancione se si voleva cambiare cittadinanza o bianco se si voleva rimanere italiani. Coloro i quali avrebbero deciso di restare cittadini italiani entro il 31 dicembre 1939,

75 MAGRI L, op, cit, pp. 14-15. 76 ITALIA, MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI, I documenti diplomatici italiani, nona serie (1939-1943) Vol. II, Roma, Tipografia dello Stato, p. 601.

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