STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO
ANSELMO DONNARI
IL CARRO ARMATO STORIA, DOTTRINA, IMPIEGO S.M.E. BIBLIOTECA
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ROMA, 1995
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PROPRIETĂ&#x20AC; LETTERARIA Tutti i diritti riservati.
Vietata la riproduzione anche parziale senza autorizzazione Š Copyright: by Stato Maggiore Esercito
Ufficio Storico - Roma 1995
Finito di stampare nel mese di maggio 1995 dalla Fotolito Moggio Roma - Via Alberobello, 86
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da Vinci
PRESENTAZIONE
L'Ufficio Storico ha già edito una storia della meccanizzazione dell'Esercito Italiano e, quindi, anche dei carri armati. Questa agile opera del colonnello Anselmo Dormari, ufficiale carrista, pur nella sua essenzialità, la completa e la integra1 allargando il campo di indagine agli altri eserciti e spaziando fino ai giorni nostri. I primi carri, destinati ad imprimere alla manovra un ritmo più accentuato e di rottura ed a diventare protagonisti del combattimento terrestre1 comparvero sullo scenario bellico circa 80 anni or sono; la loro storia, perciò1 è abbastanza recente, ed i tentativi di realizzare mezzi veramente capaci di incidere sullo sviluppo delle operazioni appartengono, soprattutto, all'epoca che va dal1a 2a guerra mondiale in poi, grazie all'incessante svil uppo tecnologico. L'evoluzione del carro è legata soprattutto a quella della motorizzazione, della meccanica e delle tecnologie dei materiali, nell'affannosa ricerca di un punlo di equilibrio tra i parametri -mobilità potenza di fuoco, corazzatura - che concorrono alla formula tattica del carro. Nel periodo a noi più vicino l'elettronica e l'optoelettronica hanno consentito ulteriori progressi in un costante cimento di idee che non ha soste perché in campo operativo, il carro conserva tuttora il ruolo di protagonista del combattimento terrestre; specialmente su quei terreni le cui caratteristiche ne consentono ]'impiego ottimale. Gli u ltimi ammaestramenti in merito derivano dal recente conflitto nel Golfo Persico1 che l'autore ha avuto modo di seguire per compito professionale; l'evento ha consentito anche di verificare alcune teorie e comporre non poche diatribe sulle caratteristiche del carro «ideale». E dove1 infine, è stato possibile mettere alla prova l'elemento umano1 il «carrista» ed il suo spirito, che in combattimento resta sempre attore principale e fattore di amalgama e di coesione, poiché il ruolo di validità operativa dei carri, anche come strumento di dissuasi.o.ne, non potrà mai prescindere dall'intimo binomio uomo-mezzo. 1
Il Capo Ufficio (Col. a.s. SM Stefano ROJ'v1ANO)
INTRODUZIONE Innumerevoli sono gli scritti sull'epopea del carrismo- specialità della fanteria relativamente giovane se rapportata alle origini secolari di talune Armi - e non potrebbe essere altrimenti considerato il valore determinante rappresentato dal1' elemento corazzato sui vari teatri di operazioni delle guerre successive alla Grande Guerra. Questo libro è stato elaborato con l'intento di presentare al lettore-appassionato, storico, tecnico1 carrista di ieri o di oggi - i lineamenti del travaglio dottrinale e d' impiego del carro, sino ai più recenti eventi della guerra nel Golfo Persico. Il carro armato fa la sua prima apparizione verso la metà della 1a Guerra Mondiale. Questo evento rappresenta una pietra miliare nella storia della guerra terrestre e segna l'inizio dello sviluppo, su vasta scala, dei mezzi corazzati~ delle forze meccanizzate. Ma le vere origini di questo strumènto bellico si perdono nella notte dei tempi. Progenitori del carro armato possono considerarsi gli elefanti con vere e proprie torrette, i vari tipi di carri falcati, le primordiali macchine da guerra, tra cui l' «ariete». Il genio di Leonardo da Vinci aveva anche concepito un procedimento d'impiego, rivoluzionario per l'epoca, quando scriveva «item farò carri coperti e sicuri inoffensìbili ... e dietro a questi potranno seguire fanterie assai illesi e senza alcun impedimento». Tutto ciò dimostra come già da tempo l'uomo abbia cercato di costruire ed impiegare un tipo di mezzo da combattimento simile, sotto certi aspetti, a quello moderno. Oggi, il carro armato rimane l'elemento dominante del moderno combattimento terrestre, benché siano stati prodotti molti altri sistemi d'arma dopo la 2a Guerra Mondiale. Esso possiede la protezione data dalla corazza, dalla mobilità, dalla flessibilità d'impiego, dalla potenza di fuoco, essenziali per la sua sopravvivenza sull'odierno campo di battaglia. Il presente studio esamina lo sviluppo dei mezzi corazzati - limitatamente ai più noti tipi di carro armato prodotti in massa dalle principali potenze che presero parte ai due conflitti mondiali - alla luce dell'evoluzione degli ordinamenti e
della dottrina d' impiego dell'arma base, dalla Grande Guerra alla Gu erra del Golfo. Completa la tratta zione una breve panoramica, essenzialmente tecnica, sui piĂš significativi carri da combattimento, con un sintetico esame delle prospettive future.
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PARTE I
L'EVOLUZIONE DEL PENSIERO CARRISTA, DEGLI ORDINAMENTI E DEI CRITERI D'IMPIEGO
CAPITOLO PRIMO LE TENDENZE DOMINANTI DEL PRIMO TRENTENNIO (1915-1945)
Generalità. L'esame d el primo trentennio di sviluppo del carro armato è fondamentale p er capire quanto fu lento e controverso il progredire verso una equilibrata combinazione di mobilità, protezione e potenza di fuoco - oggi comunemente intesa come formula tattica - simile ai moderni carri da combattimento. Le vie attraverso le quali i carri armati e le truppe corazzate sono venute affermandosi sono molte e varie; esse hanno a fattor comune lo sviluppo graduale degli autoveicoli e l'importanza sempre crescente delle armi pesanti servite da più di un uomo. Ma la realizzazione del carro armato fu, più che altro, la diretta conseguenza della guerra di trincea nella quale il fronte occidentale si era affossato dopo Yiniziale fase di movimento. Tale situazione poneva il problema di come attaccare frontalmente postazioni di mitragliatrici protette da filo spinato. La soluzione fu un veicolo corazzato, costruito sul telaio di un trattore Caterpillar, in grado di attraversare la «terra di nessuno>> in mezzo al grandinare d ei proiettili, superare i reticolati e distruggere le mitragliatrici con le proprie armi. Da questo primo iniziale impiego su scala ridotta, in ambiente di guerra di trincea ai primi veri attacchi a massa, trascorrerà all'incirca un quarto di secolo nel corso del quale l' evoluzione del carro armato può essere rappresentata da relativamente pochi temi e tendenze dominanti - «carri per fanteria», «solo carri», «carri per cavalleria» - destinati tuttavia ad avere riflessi determinanti sulla produ zione in serie dei vari modelli. L'esordio. Il carro armato, insieme all'aereo ed ai gas tossici, fu uno dei nuovi mezzi di lotta apparso nello scenario del primo conflitto mondiale. L'impiego iniziale si fa risalire al settembre 1916, in Francia, durante l'offensiva britannica sulla Somme dove una cin-
Fig. 2
Tank M K-l del 'esercito bril'annico realizzati dalla Foster fr Metropolitan Carriage and Wagon Company in attesa di entrare in com.ba.ttimento (Francia nord orientale, 1916). Sono i primi carri armati prodotti su scala industriale - fino al 19W ne furono costruiti oltre mille - in varianti diverse, di cui il ÂŤFe1naleÂť (per trasporto truppa) armato con sei mitragliatrici da 7,92 mm ed il ÂŤMaleÂť, da sfondamento, armato di due cannoni da 57 n-1111 e quattro mitragliatrici leggere.
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quantina di carri, dalla caratteristica forma romboidale, furono immessi in combattimento in appoggio ai fucilieri. Il successo ottenuto fu principalmente dovuto all'efficacia della protezione fornita dalla corazza cosicché, fin dalla sua comparsa e per tutta la prima fase del suo sviluppo, ricorrerà il concetto che vede come caratteristica principale del carro armato la corazzatura (i dizionari dell'epoca lo definivano «fortezza marciante»). Le prime tendenze quindi assegnavano al carro il ruolo di mezzo speciale destinato ad aprire la strada alla fanteria. Le prime idee innovatrici provennero da pionieri del carrismo, quali il Gen. Swinton ed il Gen. Fuller in Gran Bretagna, il Gen. Estienne in Francia, i quali - resisi conto delle più vaste possibilità offerte dai carri - propugnavano attacchi a massa, di sorpresa e con poca o niente preparazione di artiglieria, che fino ad allora aveva precluso qualsiasi possibilità di sorpresa in campo tattico. Il Corpo Carri Armati britannico fu il primo a sperimentare tali concetti. A Cambrai, nel novembre del 1917, vennero impiegati non meno di 470 carri armati e, per la prima volta, ebbero il ruolo principale nella battaglia. Fu effettuato uno sfondamento spettacolare della difesa, che però, non venne sfruttato per mancanza di mezzi idonei a proseguire l'azione e di dottrina d'impiego adeguata. Più o meno lo stesso avvenne successivamente ad Amiens dove furono ammasssati circa 600 carri armati britannici e nell'assalto effettuato dai carri francesi a Soissons. Questi tre combattimenti evidenziarono le possibilità dei carri quali mezzi di rottura di consistenti schieramenti nemici e la validità dell'impiego a massa e di sorpresa; restava insoluto il problema della prosecuzione dell'azione in profondità, dal momento che la cavalleria montata non era più in grado di assolvere tale compito. Il Gen. Fuller, Capo di Stato Maggiore del Corpo Carri Armati, concepì allora l'idea di profonde penetrazioni da realizzarsi con schiere successive dotate di nuovi carri, più agili e più veloci. Quest'idea figurava nel «Piano 1919» che prevedeva un'operazione da condursi con l'impiego di 10.000 carri armati ma il conflitto ebbe termine prima che il piano 13
TECNICA D ' ATTACCO ATTUATA NEL 1917 NELLA BATTAGLIA DI CAMBRAI
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SETTORE O' ATTACCO DI UNA SEZIO NE.C ARRI 60, 100 m.
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Fig. 3
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FANTERIA •
L'ESORDIO DEL CARRO ARMATO NELLA 1a GUERRA MONDIALE -TAPPE SIGNIFICATIVE-
IMPIEGO INIZIALE
'- nella zona di Flers (offensiva britannica sulla Somme) nel settembre 1916; - in numero limitato per proteggere la fanteria attacco durante; - insuccesso di carattere tecnico. IMPIEGO PERFEZIONATO
- nella zona di Cambrai, nel novembre 1917; - a massa (circa 400) alla ricerca della rottura della fronte avversaria; ¡ - insuccesso di carattere operativo.
IMPIEGO IMPORTANTE
- nella controffensiva generale del giugno-luglio 1918; - in piccole aliquote per sostenere le fanterie nell'attacco; - successo tecnico e operativo.
Fig.4
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potesse essere attuato. In conclusione, la 1a Gu erra Mondiale vide affermarsi due teorie: l'impiego delle unità carriste come ariete d'assalto ed il concetto di un impiego dei carri più indipendente ed a più largo raggio.
Il pensiero carrista degli anni trenta. Nel periodo immediatamente successivo alla Grande Guerra, l'esercito più forte e dotato di un maggior numero di carri (circa 3.000) era quello francese. Questa situazione, unita ad altre di carattere politico ed economico, aggiunse considerevole peso alle teorie francesi in campo carrista e, fra il 1920 ed il 1930, queste furono adottate dalla maggior parte dei Paesi. Le prime unità carri francesi furono considerate come artiglieria mobile d'assalto (artillerie d'assaut) ed erano dotate di cannoni da 75 mm; successivamente furono costruiti carri più piccoli con armi più leggere da impiegarsi a stretto contatto con la fanteria di cui, nel 1920, divennero parte integrante. Peraltro i carri leggeri Renault F.T., che costituivano in pra-
tica l'intera forza carrista francese, erano adatti soltanto a compiti di accompagnamento e senza dubbio la produzione su vasta scala di questi mezzi ostacolò ogni ulteriore progresso. Ma anche quando il Renault F.T. - ed altri carri simili in altri Paesi - furono sostituiti da mezzi più progrediti, il concetto «carri per fanteria» rimase e fu ufficialmente sancito nel regolamento francese «Istruzioni sull'impiego dei carri armati» del 1930; in esso venivano considerati esclusivamente come mezzi ausiliari messi a disposizione della fanteria ed interamente dipendenti dai reparti di fanteria ai quali erano assegnati. Analoghe teorie si affermarono negli Stati Uniti, dove il Corpo Carri Armati del periodo bellico fu sciolto nel 1920 con una legge del Congresso, in Russia, allorché si iniziò la costituzione delle unità carri negli anni trenta, in Italia, in Giappone ed in Polonia. Fu in questo ruolo ausiliario della fanteria che i carri vennero impiegati nelle operazioni bellìche che ebbero luogo fra le due guerre mondiali. Le operazioni francesi nel Marocco 16
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Fig. 5
Carro leggero francese RenauU Mod . 1935. /?.ealizzato fin dal 1917 nella versione F.T. veloce per cavalleria (armato di una mitragliatrice) e rivelatosi inadeguato per l'esplorazione, [11 riproposto con un cannone da 37 rmn come ÂŤcarro di rotturaÂť per la fanteria e come tale fu prodotto i11 oltre 1500 esemplari.
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dopo il 1920, la conquista italiana dell'Abissinia, l'invasione giapponese della Cina e la guerra civile spagnola sono solo alcuni fra gli esempi più significativi. Una importante eccezione ai criteri prevalenti dopo la 1a Guerra Mondiale esisteva in Gran Bretagna nel Corpo Reale dei Carri Armati; sebbene ridotto a soli 4 battaglioni, esso fu salvato dal destino post-bellico che era toccato alle unità francesi ed americane, e la sua indipendenza, unitamente al possesso di carri meccanicamente più progrediti, costituirono le premesse per un'ulteriore evoluzione. Fu per merito del Gen. Fuller - e di un piccolo gruppo di ufficiali quali il Cap. Liddell Hart ed i Gen. Hobart, Lindsay Broad e Martel - che le unità carri inglesi non furono interamente subordinate alla fanteria ma mantennero un impiego indipendente, in armonia con i criteri espressi nel citato «Piano 1919». Il loro impiego doveva somigliare a quello delle formazioni navali - il concetto di «nave terrestre» ha esercitato inizialmente notevolissima influenza su tutta la dottrina carrista britannica - mentre le altre Armi venivano considerate come ausiliarie. La teoria «solo carri» - propugnata dal Corpo Reale Carri Armati, sostenuta in particolare dal Gen. Fuller e dal Gen. Hobart (mentre il Cap. Liddel Hart poneva maggiore enfasi nella cooperazione con la fanteria e l'artiglieria) - esercitò una forte influenza sulle manovre effettuate con le prime unità ponendo per la prima volta in rilievo le possibilità strategiche delle truppe corazzate. Purtroppo tale evoluzione tendeva ad essere unilaterale; si poneva grande cura ad incrementare le caratteristiche di mobilità dei reparti carri m entre si trascurava l'importanza della potenza del loro armamento. Di conseguenza, il tipo di unità corazzate che fu creata aveva limitate possibilità d'impiego; poteva ereditare il compito assegnato un tempo alla cavalleria montata ma era incapace di intervenire efficacemente ed autonomamente in molte fasi del combattimento. In sostanza la teoria «solo carri», pur avendo contribuito ad improntare l'impiego delle unità corazzate ad un carattere di maggiore mobilità ed indipend enza, in realtà confinò il 18
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Fig. 6 Carro armato italiano Fiat 3000 Mod. 1921 nel superamento di un ostacolo. Derivato dal francese Renault F.T. ed entrato in servizio nel 1922 fu per molti armi il carro standard del Regio Esercito.
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ruolo di qu este unità a semplice sostituito della tradizionale cavalleria. L'indirizzo britannico fu seguito da numerosi altri Paesi. N egli Stati Uniti, un reparto simile alla Formazione Meccanizzata Sperimentale Britannica fu costituito nel 1928 a Fort Meade e, nel 1930, ne fu costituito un altro a Fort Eustis. Anche in Francia le esercitazioni combinate del 1932, alle quali presero parte unità meccanizzate di fanteria e cavalleria, nonché le manovre effettuate a Reims nel 1.937 dalla cavalleria meccanizzata, furono influenzate dalle teorie britanniche. Altrettanto accadde per gli esperimenti eseguiti nello stesso periodo in Russia ed in Germania. Tuttavia1 se questi tipi di carri erano considerati adatti per assolvere i compiti della cavalleria, altri ne occorrevano per rinforzare il grosso degli eserciti, che continuava ad essere rappresentato dalla fanteria. Essendo queste esigenze ritenute diverse una dall'altra, .i mezzi corazzati vennero suddivisi in due categorie, quella dei «carri per cavalleria» e quella dei «carri per fanteria», equesta suddivisione fu 1a caratteristica saliente degli anni trenta. Anche in Gran Bretagna, dove i pionieri del carrisrno degli anni venti avevano pressoché trascurato il problema dell'appoggio vicino alla fanteria, furono costituiti dopo il 1934 speciali reparti di carri armati per fanteria.
La realtà del secondo conflitto mondiale. La suddivisione in due categorie dei carri e delle unità corazzate continuò sino alle prime fasi della seconda guerra mondiale, dopodichè scomparve quasi totalmente tranne che in Gran Bretagna dove, con conseguenze negative intuibili, fu conservata fino al 1945 con le categorie strettamente specializzate di carri «incrociatori» e di «carri per fanteria» . I tedeschi furono i primi ad abbandonare la distinzione dei carri in due categorie ed anche a stabilire un ordinamento e una dottrina d'impiego d'avanguardia per l'epoca. In sostanza costituirono una specialità corazzata, la Pan.zerwaffe, indipendente e capace di assolvere molti compiti. Un manuale tedesco del 1940 per le truppe corazzate asseriva che le divisioni panzer erano particolarmente idonee alla 20
«rapida concentrazione di una notevole potenza di fuoco, ad ottenere effetti rapidi mediante Yapertura di brecce, a penetrazioni profonde su ampi fronti ed alla distruzione del nemico». Una concezione assai differente da quella espressa poco più tardi in un manuale britannico, secondo il quale le divisioni corazzate «avevano il compito di sfruttare il successo dopo che le posizioni nemiche erano state frantumate!». I successi riportati dai tedeschi durante i primi due anni della 2a Guerra Mondiale influenzarono enormemente lo sviluppo delle truppe corazzate in tutto il mondo. Essi spazzarono via molti concetti antiquati, che scomparvero con la distruzione delle vecchie forze corazzate sovietiche, e contemporaneamente spinsero gli altri Paesi ad adottare ordinamenti e criteri d'impiego analoghi. Così, nel luglio del 1940, l'esercito statunitense abolì ogni precedente suddivisione e creò una specialità composta principalmente da divisioni corazzate modellate sulle divisioni panzer. Anche le divisioni corazzate italiane si avvicinarono, almeno da un punto di vista ordinativo, a quelle dei loro alleati tedeschi ed i russi costituirono precipitosamente divisioni di carri armati, sul tipo di quelle panzer, quando i tedeschi attaccarono. Inoltre, contrariamente alla dottrina ufficiale, anche le divisioni corazzate britanniche furono in realtà impiegate secondo criteri molto vicini a quelli tedeschi. Per effetto di questi sviluppi e per il loro rapido incremento numerico, le truppe corazzate divennero la vera Arma dominante dei campi di battaglia della 2a Guerra Mondiale ed il risultato delle operazioni, sia nelle pianure russe sia nei deserti africani, dipese in gran parte dal successo o dal fallimento di queste unità. La crescente importanza dei carri armati e degli altri mez zi corazzati portò ad un aumento ingente della produziorn:~. I carri furono armati sempre più potentemente e una carar-teristica di questo periodo fu l'aumento generale dei calibri, dai più piccoli fino ai cannoni da 75 o 76 mm instaliét.tì sui principali carri medi.. In tai modo si cominciava a colmare le carenze, del periodo precedente nel campo de1I1 armar.n.ento; conseguenza del·· 21
la maggiore importanza attribuita alla corazzatura ed alla mobilitĂ . Si iniziava a tend ere, in sostanza, ad una combinazione abbastanza equilibrata ed efficace di mobilitĂ , protezione e potenza di fuoco.
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CAPITOLO SECONDO L' EVOLUZIONE DEGLI ORDINAMENTI E DEI CRITERI D'IMPIEGO
Gli ordinamenti. In tema di ordinamenti, l'aspetto più significativo è rappresentato dall'evoluzione d elle divisioni corazzate. Tale evoluzione può essere suddivisa in 4 fas i che segnano successivi stadi di sviluppo. Di queste 4 fasi la prima fu quella della brigata carri. Salvo alcune eccezioni, lo sviluppo iniziale della maggior parte delle truppe corazzate è praticamente ini ziato prendendo come base la brigata carr.i, ossia una unità costitui ta da 2-4 battaglioni carri e pochi altri elemen ti. Tali furono la Brigata Carri Armati britannica subito dopo il 1930, le prime Brigate Meccanizzate sovietiche e la 7a Brigata di Cavalleria americana. Anche alcune unità successive e più grandi, come la Divisione Mobile britannica e il Corpo lvleccanizzato sov.ietico, furono poco più che raggruppamenti di brigate carri. La seconda fase ebbe inizio nel 1934 con la costituzione della prima Divisione Légerè Mécanique francese e, un anno dopo, delle prime 3 divisioni panzer germaniche. Queste divisioni avevano ancora come base le brigate carri, ma in ogni caso la brigata carri era permanentemente combinata con una brigata di fanteria ed aliquote cli altre Armi. Questo tipo di ordinamento fu adottato quasi universalmente nella prima parte della 2a Guerra lvlondiale. L'esercito italiano lo adottò nel 1939 per le sue tre divisioni corazza te (Ariete, Centauro, Littorio) e altrettanto fece nella sostanza l' esercito sovietico per le sue divisioni carri nel] 940-41, che ebbero breve vita. Anche l'organico d elle divisioni corazzate americane del 1940-41 fu dello stesso tipo ed altrettanto dicasi delle divisioni corazzate giapponesi. L'esercitò britannico lo adottò a sua volta e l'abbandonò nel 1956. lvia l'esperienza bellica portò ad un tipo differente di ordinamento nell'ultima parte della 2a Guerra Mondiale corrispondente aJla terza fase dell'evoluzione. La combinazione
LA DIVISIONE CORAZZATA ITAt.lANA NEL 19421
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Fig. 7
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~ Gruppo controcarrl
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Battaglione genìo•trasmlssionl
delle diverse Armi1 anziché a livello divisionale come era avvenuto fino allora, discese al livello della brigata o d el raggruppamento tattico. Le divisioni corazzate americane, che dal 1943 in poi ebbero come elementi fondamentali battaglioni tatticamente autosufficienti e raggruppamenti tattici formati da battaglioni di Armi diverse1 sono state un esempio tipico di questa terza fase evolutiva. La stessa struttura di base fu adottata anche nelle divisioni corazzate francesi verso la fine della 2a Guerra Mondiale e, molto più recentemente, dalle nuove divisioni corazzate germaniche. In realtà1 anche se non ufficialmente codificato, le divisioni panzer della 2a Guerra Mondiale furono effettivamente le prime ad adottare il sistema dei gruppi da combattimento misti o Kampf-
gruppen. Nel 1957 anche l'esercito britannico assunse stabilmente tale tipo di struttura. La quarta ed ultima fase dell'evoluzione dell'organizzazione delle unità corazzate ebbe anch'essa inizio nell'ultima parte della 2a Guerra Mondiale. Essa fu caratterizzata dalla costituzione di gruppi tattici interarmi ad un livello ancora inferiore a quello precedente: il battaglione. Costituiti mediante combinazioni ad hoc di compagnie carri, compagnie fucilieri ed altri elementi, gruppi tattici a livello battaglione furono impiegati dalle divisioni corazzate americane, germaniche e britanniche e, dopo la guerra, ufficializzati negli organici . I reggimenti di cavalleria americani, le divisioni corazzate sovietiche del dopoguerra furono le prime ad incorporare stabilmente nelle loro tabelle organiche unità miste al di sotto del livello brigata o del raggruppamento tattico. Similmente avvenne1 poco dopo, per i Régiment:s Jnterarmes francesi. Consid erando le quattro fasi di questo sviluppo1 appare chiara la tendenza ad una sempre più stretta cooperazione fra le varie Armi e ad una integrazione reciproca realizzata a livello di unità progressivamente inferiore.
L'impiego. Al pari ovviamente dell'evoluzione degli ordinamenti1 anche se diversamente cadenzata, avvenne quella dei procedimenti d'impiego delle truppe corazzate. 25
I primi carri nacquero in un'epoca di fronti continui e statici quasi d'assedio. Era naturale perciò che sin da principio l'impiego si concretizzasse esclusivamente in attacchi frontali anche se, inizialmente, i carri erano troppo pochi e troppo diradati per ottenere un risultato d ecisivo. Dall'assalto frontale e dalla modesta penetrazione che esso produceva si arrivò gradualmente allo sfondamento tattico, come quello compiuto dai carri britannici a Cambrai nel 1917 e ad Amiens nel 1918, ove furono impiegati in entrambi i casi oltre 300 carri su fronti relativamente ristretti; fu evitato inoltre il lungo tiro di preparazione dell'artiglieria allo scopo di realizzare la sorpresa. Nel complesso, tuttavia, si ottenne un risultato limitato per la mancanza di mezzi idonei allo sfruttamento del successo. La 1a Guerra Mondiale ebbe termine prima che potesse essere sperimentato, sia il noto «Piano 1919» del Gen. FuJler, sia una nuova tecnica di assalto frontale elaborata dall'esercito francese. Quest'ultima prevedeva l'impiego dei poderosi carri 2C da 68 tonnellate - di cui era iniziata la costruzione - per la rottura del fronte e la successiva immissione della fanteria accompagnata dai carri leggeri Renault F.T. già esistenti. Dopo la guerra, l'idea dei carri pesanti di rottura (i francesi ne costruirono solo 10 esemplari) venne abbandonata perché dalla guerra di trincea si passò gradatamente ad orientamenti d'impiego più dinamici. I carri leggeri per fanteria rimasero così padroni del ca rnpo fino al '40. L'esercì to francese che li aveva adottati per primo (disponeva di circa 3.000 Renault F.T.) fu il sostenitore principale di questo mezzo, che fu poi introdotto anche nella maggior parte degli altri eserciti, sia per il suo basso costo, sia per la sua aderenza aì concetti d'impiego allora vigenti. Le possibilità ed il rendimento dei carri leggeri d'accompagnamento erano estremamente linùtati anche perché legati al passo dei fanti, talchè dopo un certo tem.po riprese vigore l'idea di condurre l'attacco con carri più potenti. Però questa volta i carri non furono più chiamati con il termine lin'litati vo di «carri di rottura», ma designati collettivamente come chars dc mnnoeuvre d' ensemble - corrispondenti anche al concetto statunitense dei leading tanks -e l'esemplare più rap-
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presentativo fu il carro pesante francese tipo B degli anni trenta. Il loro impiego, alle dirette dipendenze del comando di divisione o di corpo d'armata, doveva avvenire lungo l'asse dello sforzo principale. Essendo potentemente armati e più adatti a sostenere le reazioni avversarie, essi precedevano i carri leggeri per fanteria distruggendo le armi pesanti, i cannoni controcarro e i carri armati nemici. Si affermò così la forma d'impiego tattico su due scaglioni successivi formati da due diversi tipi di carro. I sovietici1 dopo il 1930, esasperando il concetto francese crearono addirittura tre categorie di carri anziché due. In primo luogo i carri «N.P.P.» (Neposredstennoj Podderzhki Pekhotyt ossia carri per il supporto diretto della fanteria, il cui compito corrispondeva a quello d ei chars d'accompagnament e che erano rappresentati dai battaglioni divisionali carri leggeri. Poi avevaJJO i carri «D.P.P.» (Dal'nej Podderzhki Pekhoty) ossia carri per il supporto a distanza della fanteria, corrispondenti grosso modo agli chars de rnanouvre d' ensemble destinati ad agire in maggiore profondità e con più indipendenza rispetto alla fanteria. Infine, avevano i carri «D.D.» (Dal'nego Dejstvija), ossia carri per l'azione in profondità destinati a penetrare rapidamente nel dispositivo nemico per distruggere posti com.ando, artiglierie e riserve. Una forma d'impiego molto elaborata per l'epoca e che richiedeva un notevole·sforzo di coordinamento. Nella pratica lo schema sovietico vincolava comunque l'azione dei mezzi corazza ti alla lenta progressione dei fucilieri appiedati. Inoltre, benché fosse previsto l'impiego di 1-2 brigate carri a sostegno di una divisione di fanteria, i carri non venivano impiegati a massa, ma suddivisi per compagnie o battaglioni fra le unità di fanteria . Mentre gli eserciti francese e sovietico elaborava no un impiego tattico dei carri tendente alla penetrazione in fronti continui e statici e strettamente legato alla fanteria, i britannici ricercarono per primi una forma d'impi ego più indipendente ed a vasto raggio. La brigata carri del Royal Tank Corps d egli anni trenta - costituita esclusivamente da carri leggeri per l'esplorazione, carri medi per l'attacco e ca rri armati muniti 27
Fig. 8
Heinz Goderian contribuì più di ogni altro alla organizzazione delle forze corazzate tedesche, cozzando spesso contro l'accanita opposizione dei suoi superiori di tendenza conservatrice. La sua dottrina <<il panzer del Comandante in testa come guida da seguire» verrà applicata in prima persona nelle azioni più spregiudicate della 2a Guerra Mondiale.
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di obice per la creazione di cortine nebbiogene - si ispirava a questi principi pur rimanendo i suoi compiti limitati ad azioni di incursione ed allo sfruttamento del successo. Compiti di limitata importanza erano attribuiti anche alla prima unità meccanizzata americana - la 7a brigata di cavalleria - ed alle brigate meccanizzate sovietiche della stessa epoca che rilevarono i compiti della cavalleria montata. Una radicale innovazione nel campo dell'impiego provenne dalla Germania e ne fu artefice il Gen. Heinz Guderian. I tedeschi affidarono sostanzialmente ad una stessa flessibile unità corazzata, la divisione panzer, il compito della penetrazione - sul quale si erano concentrati i corazzati francesi e sovietici - e quello cl.elle successive azioni tese allo sfruttamento del successo, sperimentate e sostenute dai britannici. Nella convinzione che i carri da soli erano insufficienti ad ottenere risultati decisivi, fu affiancata alla brigata carri della divisione panzer una brigata di fanteria motorizzata, panzer grenadiers1 con il compito di proseguire e completare l'azione dei carri e/ o di appoggiarli durante il superamento di ostacoli. Anche la partecipazione dell'artiglieria agli attacchi dei corazzati fu modificata per incrementare la rapidità di movimento o sostituita ogni qualvolta necessario con gli assai più rapidi interventi in massa dei bombardieri in picchiata. Ma il vero aspetto innovatore era, in stretta sintesi, che l'intero ritmo dell'azione veniva adeguato alla velocità dei carri posti sotto unico comando1 e non alla lenta progressione dei fucilieri. Tutto ciò fu concretizzato nella Blitzkrieg, la guerra lampo. Questi concetti d'impiego furono tradotti in pratica nelle campagne di Polonia, Francia, Balcani, Russia e Libia nel periodo 1939-42, durante le quali alle divisioni panzer fu riservato il compito principale e decisivo. Quando gli eventi bellici precipitarono per la Germania e le occasioni per operazioni offensive su vasta scala svanirono, alle divisioni panzer fu affidato il compito principale di rintuzzare con rapidi e violenti contrattacchi le penetrazioni degli avversari. In tali situazioni, emerse tuttavia di riflesso una conse-
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BLITZKRIEG
LEGENDA:
~ Divisioni
~
corazzate
Attacchi aerei
~ '
Artigrseria motorizzata
Paracadutiati
W)
1
Fatrtetia motorittata
Fanteria di linea
Fig. 9 L'aviazione, in cooperazione con i Panzer, agisce come artiglieria a lunga gittata e, con i paracadutisti, interrompe l'alimenl'azione della battaglia. La fanteria di linea impegna lo schieramento ai lati dello sfondamento.
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guenza negativa dell'ordinamento tedesco: la carenza di artiglierie campali che l'Alto Comando Germanico (O.K.W.) aveva, nell'imminenza del conflitto e nelle prime fasi di esso (1940-41), sottovalutata in favore dell'appoggio aereo diretto affidato agli stukas in picchiata. Quando infine la situazione generale p eggiorò1 le divisioni panzer divennero la spina dorsale della difesa germanica, come erano state la punta avanzata delle precedenti offensive. Alle divisioni panzer fu affidata la difesa dei settori critici con il mantenimento di posizioni chiave da parte della propria fanteria, sostenuta dalle reazioni dinamiche delle unità carri - e l'azione ritardatrice effettuata con piccoli gruppi tattici motorizzati; procedimenti d'impiego inusuali per l'epoca! La vastità dei compiti affidati alle divisioni corazzate tedesche durante la 2a Guerra Mondiale mise in evidenza la loro grande flessibilità, caratteristica che fu raggiunta dalle unità corazzate di altre nazioni molto più lentamente. I criteri sovietico e francese, basati sulla suddivisione dei carri in varie categorie, sulla differenziazione dei compiti e sul frazionamento dei carri stessi in piccole unità, apparivano quasi ridicoli al confronto con la logica semplicità del metodo tedesco che tendeva ad accentrare tutti i carri disponibili nelle divisioni panzer e tali divisioni nei settori decisivi. Le truppe corazzate sovietiche furono le prime ad imparare la lezione delle panzer divisions. Dopo le gravi perdite del 1941 1 dovettero praticamente ritornare al sistema degli attacchi frontali con piccole unità carri in testa alla fanteria; date le iniziali scarse risorse la stretta cooperazione con le altre Armi divenne dottrina ufficiale. Dall'attacco frontale le truppe corazzate sovietiche passarono gradatamente a penetrazioni sempre più profonde1 allo sfruttamento rapido del successo ed all'aggiramento strategico. Nell'ultimo periodo della 2a Guerra Mondiale in Europa1 il ritmo dell'avanzata dei corazzati sovietici cominciò ad avvicinarsi (100 km/ giorno) a quello delle divisioni panzer del 1940-41 ein Manciuria 1 nell'agostodel1945,losuperòcon una avanzata dì oltre 1.100 km in cinque giorni attraverso le 1
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difese giapponesi oramai disarticolate. Verso la metà della 2a Guerra Mondiale, sia i russi sia i tedeschi introdussero mezzi corazzati armati con cannoni pesanti destinati all'appoggio dei carri medi con la loro maggiore potenza di fuoco. Questa trasformazione ebbe inizio con l'adozione del carro m edio «Pz. Kpfw-IV» con pezzo da 75 lungo (48 calibri) in luogo del tipo più leggero realizzato prima della 2a Guerra Mondiale e fu completata, nelle unità corazzate tedesche e sovietiche, con la comparsa di carri muniti di bocche da fuoco di grosso calibro, tipo Pantera (75 mm), Tigre (88 mm) e Stalin (122 mmt che bene si prestavano a sostenere i combattimenti d'incontro fra corazzati, divenuti sempre più frequenti. La distinzione fra l'artiglieria d'assalto in casamatta ed i semoventi - concettualmente nitide in origine - si tradusse in realtà in realizzazioni ibride come il semovente italiano da 75/18 e quello germanico su scafo Skoda cecoslovacco. Tale tendenza, in una con I' opportunità di economizzare nelle costruzioni in acciaio pregiato e di utili zzare scafi di preda bellica, indusse tedeschi, russi ed italiani alla realizzazione di carri cannone (o artiglieria d'assalto) mediante l'installazione di bocche da fuoco potenti in casamatta - senza armi di bordo di minor calibro - ed operanti con i carri veri e propri e per i carri, integrati con quest'ultimi a livello plotone o compagnia. L'impiego indipendente era impensabile per l'assenza di un efficace armamento antifanteria. Il carro cannone non deve essere confuso concettualmente con le artiglierie semoventi realizzate attorno al 1941 - destinate a garantire un appoggio più aderente, più mobile e più protetto alle fanterie e/ o carri - mediante l'installazione di bocche da fuoco di medio calibro (tra i 75 ed i 155 mm) su scafi cingolati, con protezione limitata alle offese di armi portatili e di piccolo calibro e schegge di artiglieria. Alla fine del secondo conflitto mondiale, come è stato già detto, si passò dall'impiego di intere divisioni corazzate a metodi più flessibili imperniati su raggruppamenti più piccoli in cui si attuava una più stretta cooperazione tra le varie Armi. Ciò avvenne gradualmente in tutti i maggiori eserciti tranne che in Gran Bretagna, dove fu conservato per ancora undici 32
Fig. 10 Il carro armato «Pz.Kpjiv-IV» (cann one ca!. 75) - prodotto tra il 1936 ed il 1945 in ben. 9.200 esemplari - è stato il carro l'edesco quantitativan1ente e qualitativamente più importante durante la 2a Guerra Mondiale. Nel 1967 era ancora in servizio presso taluni Eserciti, tra cui quello siriano che lo impiegò nella «guerra dei sei giorni» contro Israele.
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Fig. 11
Il carro armato tedesco «Panther» (cannone cal. 75) fu progettalo contemporaneamente al «Tiger» per contrastare le prestazioni dei carri sovietici T-34 ed inviato sul fronte russo nei primi mesi del 1943. Sin dal suo esordio il Panther stupì per le brillanti prestazioni del motore (700 HP) che assicuravano al carro una eccezionale mobilità al/' epocn.
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Fig. 12
Il carro armato «Tiger» - divenuto in seguito sinonimo di «catro tedesco» - riprendeva soluzioni già impiegate su altri 1nodelli1 ma con una potenza di fuoco notevolmente più elevata (cannone ca!. 88). Equipaggiato con un apparato per l'attraversamento dei corsi d'acqua, il Tiger sembrò rappresentare l'arma decisiva per la vittoria tedesca, ma così non fu perché il peso (57 t) era eccessivo per la maggior parte dei ponti ed il trasporto per ferrovia comportava lunghe perdite di tempo per smontare e rimontare la cingolatura.
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Fig. 13
Il carro sovietico «Josif Stalin», inizialmente armato con un cannone da 85 mrn derivato da un pezzo controcarro, fu realizzato nel 1943 nella versione equipaggiala con un poderoso pezzo campale da 122 mm. 1 primi esemplari entrano in azione contro i tedeschi nel febbra io 1944; la notevole gittata del cannone consentiva ai «Josif Sfa/in» di mantenersi anche 500 metri dietro la prima linea di T-34, intervenendo solo contro obiettivi selezionati. Per il successo conseguito conlro i carri /edeschi e con riferimento ai loro nomi (Panther, Tiger) i «Josif Stalin» si guadagnarono l'appellativo di «cacciatori di belve» .
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anni dopo la 2a Guerra Mondiale un ordinamento basato su unità di carri e fanteria. Considerazioni conclusive. Questa breve panoramica sulla
evoluzione degli ordinamenti e dei criteri d'impiego pone in evidenza quanto fu lenta e controversa l'individuazione di un ruolo indipendente e risolutivo per le nascenti unità corazzate. TI carro armate\ costruito inizialmente come mezzo ausiliario per la fanteria destinato ad aver ragione del trinomio trincea-reticolato-mitragliatrice, tale rimase per un lungo periodo. Ancorata ai tradizionali procedimenti d'impiego, la fanteria non seppe cogliere in questo nuovo mezzo di lotta il motivo per una rapida e radicale evoluzione della dottrina, anzi ne oscurò per molto tempo le vaste possibilità vincolando il carro alla propria lenta progressione. Fu sempre lo spirito tradizionale che determinò la tendenza opposta - altrettanto de.lete.ria per In sviluppo c:li un mez-
zo da combattimento versatile ed efficace - che propugnava carri estremamente mobili quali successori della cavalleria montata, ormai in declino. Gli eventi hanno dimostrato quanto fosse inutile ed irrazionale la produzione e l'impiego di distinte categorie di carn. Tale tendenza poteva avere un qualche fondamento in particolari condizioni, come ad. esempio l'abbondanza di mezzt ma nella realtà produceva solo una dannosa dispersione dello sforzo fra vari tipi di carri, spesso inadatti a cooperare fra loro per la netta diversità delle loro caratteristiche. È da rileva re che la migliore normativa d'impiego, quella tedesca, nacque dalla limitata disponibilità di mezzi - conseguente al trattato di Versailles - e che la concentrazione di tutti i carri nelle divisioni panzer e l'impiego di queste unità in vari ruoli si basarono sul principio d el massimo sfruttamento delle risorse disponibili; ciò stimolò tra l'altro una più stretta cooperazione con le altre Armi.
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PARTE II
L'EVOLUZIONE DEL CARRO ARMATO SOTTO L'ASPETTO TECNICO
CAPITOLO TERZO DALLA PRIMA ALLA TERZA GENERAZIONE
Generalità. L'interesse verso il mezzo corazzato, nato nel decennio precedente la 1a Gu erra Mondiale, poté essere concretizzato solo verso la fine della guerra. La mancanza di una vera e propria industria bellica nel settore, le limitate conoscenze tecniche dell'epoca dei sistemi di rotolamento e sterzatura su terreno vario, l'impiego di propulsori di tipo commerciale poco potenti e scarsamente affidabili, fecero privilegiare inizialmente solo lo spessore della corazzatura e la protezione che il carro poteva offrire all'avanzata della fanteria appiedata. Era naturale, pertanto, che la lenta ma graduale evoluzione del carro armato iniziasse tra entusiasmi ed insuccessi, progetti e miglioramenti dei prototipi, specialmente in quei Paesi dove le possibilità economiche, lo standard della ricerca delle industrie e le esigenze militari erano (e sono) a livelli più avanzati. Oggi si parla di «generazione» di carri, espressione nata durante la 2a Guerra Mondiale con la prima generazione e sviluppatasi nell'ultimo quarantennio con nuove tecnologie interessanti complesso scafo, motore e corazze, che hanno etichettato i mezzi corazzati del periodo come appartenenti alla seconda generazione. La terza generazione di carri è appena all'esordio; la sperimentazione interessa, in particolare, sia la realizzazione di strumenti automatici di comando e controllo, sia dei dispositivi di propulsione e movimento (o trazione) - cioè motore e trasmissione - sia dei dispositivi d'armamento e protezione; ciò lascia prevedere uno sviluppo e, purtroppo, una obsolescenza delle caratteristiche tecnico-tattiche dei carri entro tempi più brevi rispetto a quelli che erano assicurati nel quara ntennio precedente. Fino a quando l'automazione avrà limitazioni nell'affidabilità (cioè fino a quando vi saranno limiti invalicabili all'automatismo) l'ergometria condizionerà le strutture e le dimensioni dei mezzi (perché l'uomo è sempre indipensabile).
Di conseguenza il carro manterrà più o meno la configurazione attuale. Probabili invece saranno ulteriori riduzioni di dimensioni e di pesi1sia per motivi di costo sia per motivi di sopravvivenza. Infatti, essendo la potenza distruttiva delle armi controcarro in crescendo, la protezione dei carri andrà sempre più ricercata non nella corazzatura, ma nella «incollimabilità» a tali armi. In estrema sintesi: essere più piccoli. Ciò spiega anche perché la difesa punta su armi controcarro basate sul principio della saturazione (bombette1cluster, ecc.), più che sull'impatto diretto frontale1 mentre l'offesa tende a realizzare torrette sempre più piccole (se non ad abolirle). Va rammentato come oltre 1'80% degli impatti frontali di armi controcarro avviene sopra i 120-130 cm sul terreno. In tale quadro1 le tappe che costituiscono delle vere e proprie pietre miliari dell'evoluzione dei carri si individuano: • durante la 1a Guerra Mondiale; • nel periodo fra le due guerre mondiali; • durante la 2a Guerra Mondiale; • nel quarantennio dopo la 2a Guerra Mondiale (carri d ella prima e della seconda generazione); • negli attuali sviluppi e prospettive future (carri della terza generazione).
Il primo conflitto mondiale. Agli inizi della grande guerra le maggiori potenze possedevano una discreta serie di autoblindo in grado di operare prevalentemente su strada o su terreno a fondo compatto con compiti di esplorazione e contromitragliatrice. L'esigenza di muovere le autoblindo su terreno vario, in modo di offrire una protezione continua alle truppe appiedate1 indusse alle prime applicazioni per usi militari della trasmissione del moto a cingoli. Il primo carro armato fu costruito in Gran Bretagna nel settembre 1915. Chiamato Little Willie dal nome del costruttore Willian Foster1 consisteva essenzialmente di un cassone corazzato mcmtato su cingoli1 forniti dalla Bullock Tractor di Chicago, per la cui propulsione veniva utilizzato il complesso motore-trasmissione del trattore inglese Foster.
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La sterzatura, rudimentale, avveniva per slittamento dei cingoli sul terreno, con conseguente notevole dissipazione di potenza; la direzione era impressa da due ruote direttrici installate su una coda sporgente del carro. Il Little Willie, dopo tre serie di modifiche interessanti scafo e trasmissione, dette origine al carro Male MK-I (armato di 2 cannoni e 4 mitragliatrici) e Fernale (armato di sole 5 mitragliatrici) ambedue con equipaggio di 8 uomini. Il Mark-I ebbe il battesimo del fuoco il 15 settembre 1916 sulla Somme. La cronaca dell'epoca riporta che dei trentadue MK-I impegnati: nove non riuscirono a partire per noie meccaniche, nove furono sopravanzati dalla fanteria perché non erano abbastanza mobili, cinque si impantanarono e non poterono procedere oltre. Solo nove riuscirono a portare a termine la missione, ma per mancanza di carburante non poterono rientrare e furono distrutti dalla artiglieria nemica che si era nel frattempo riorganizzata. Le caratteristiche del carro al suo debutto: buona protezione, con sei-dodici mm di corazzatura, notevole peso 25,4 t, mobilità modestissima, potenza specifica 4,1 HP /t, potenza di fuoco adeguata per l'epoca. Versioni migliorate del Mark-J originale furono prodotte solo nel 1917 e precisamente: Mark-II, JIJ e IV. II «Tank Corps» li impiegò con successo, anche se solo iniziale, a Cambrai, dove fu realizzato uno sfondamento spettacolare e di sorpresa, facendo a m eno dell'abituale preparazione di artiglieria. La maggior parte dei mezzi impiegati nella fase finale della 1a Guerra Mondiale furono carri pesanti Mark-V di 28 e 33 tonnellate simili ai Marks precedenti ma considerevolmente migliorati. In Francia, dove l'evoluzione dei carri armati seguì uno sviluppo del tutto indipendente da quello inglese, il primo esemplare fu costruito dalla compagnia Schneider da cui prese il nome; aveva un pezzo da 75 mm, 2 mitragliatrici, pesava 13,5 tonnellate ed aveva un equipaggio di 7 uomini. Costruiti anche dalla Saint Chamond con differenze marginali, erano del tipo senza torretta e furono inquadrati in unità denominate 43
«Artillerie d' Assaut». Fallito il loro primo impiego il 16 aprile 1917, ne venne sospesa la costruzione nella convinzione che era meglio avere più carri di minore potenza che pochi carri pesanti. La produzione fu quindi concentrata interamente sul carro leggero Renault F. T .. La novità assoluta di questo carro fu la torretta girevole per 360°, armata di una mitragliatrice o di un cannone da 37 mm. Di peso pari a 6,5 t, 2 uomini di equipaggio, un raggio d'azione di 40-50 km ed una velocità massima di circa 8 km/h, questo carro costituì per un decennio l'intera ossatura delle forze corazzate francesi e fu copiato da altri Paesi, fra cui l'Italia. In Germania, il primo carro armato, l' A7V, fu progettato nel 1917; peso 30 tonnellate, senza torretta, con un cannone da 57 mm e 6 mitragliatrici servite da un equipaggio di 18 uomini, era considerato una vera e propria fortezza marciante. L'Italia, cui va riconosciuto il merito di essere stata la prima ad impiegare autoveicoli in guerra (campagna italo-turca del 1912 in Tripolitania), si ispirò p er la costruzione d ei primi prototipi ai carri francesi Schneider e Renault F. T.; del primo furono creati 2 soli esemplari denominati carri pesanti Fiat 2000; del secondo, la cui versione italiana corrispondeva al Fiat 3000, ne furono realizzati 100. Verso la fine della guerra la produzione dei carri ebbe, in generale, un notevole incremento per le nuove tecniche di produzione in serie, la standardizzazione dei particolari meccanici e la coproduzione dei brevetti, in particolare fra Stati Uniti e Francia, riuscendo ad abbassare i costi di produzione.
Il periodo fra le due guerre. Le industrie meccaniche più progredite, dopo le esperienze belliche della 1a Guerra Mondiale, erano riuscite a mettere a punto propulsori con potenze superiori ai 100 HP, nuovi sistemi di trasmissione-sterzatura, cingoli a maglie corte e sospensioni a molle elicoidali, che consentivano piLt elevate velocità e maneggevolezza. Queste caratteristiche furono concretizzate, in gran parte, nel carro britannico medio Vickers MK-I. La sua produzione, iniziata nel 1923, arrivò a circa 160 esemplari e fu l'unico car44
Fig.14
Carro armato italiano Fiat 3000 su rimorchio trainato da autocarro Fiat 18 BL, veicolo in servizio pressochĂŠ fino alla 2a Guerra Mondiale. Tale combinazione rientra nei vari espedienti posti in atto per trasportare il piĂš velocemente possibile i mezzi corazzati nella zona di combattimento.
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ro in distribuzione al «Royal Tank Corps» durante gli anni venti e rimase come il carro medio tipo per gran parte degli anni trenta. Derivato dal Vickers da 8,75 tonnellate del 1921 primo carro britannico dotato di una torretta a forma di cupola e girevole per 360° - era molto più veloce di ogni altro carro in servizio, abbastanza affidabile ed in numero adeguato per armare 4 battaglioni. Il difetto maggiore era nell'armamento principale costituito da un pezzo di soli 47 mm, che tale rimarrà anche nei successivi modelli costruiti dalla Vickers. La preoccupazione della mobilità, in aderenza al concetto «carro uguale a nave terrestre», spinse a sottovalutare l'importanza della potenza di fuoco: fin quasi allo scoppio della 2a Guerra Mondiale non esisteva carro britannico più potentemente armato del carro sperimentale Vickers del 1921. La stessa carenza d'armamento la ritroveremo sia nei carri leggeri per fanteria e cingolette del tipo Carden Lloyd1 sia nei pesantemente corazzati (75 mm di spessore) Matilda, la cui invulnerabilità fu di breve durata. Analogo squilibrio tra le principali caratteristiche del carro armato (mobilità, protezione, armamento) esisteva all' epoca in Francia. Agli albori della 2a Guerra Mondiale, la maggior parte dei carri francesi era costituita dal tipo Renault R 35 da 10 tonnellate che rimpiazzò gradualmente1 dal 1935, il Renault F.T.. La cavalleria ebbe un carro molto simile ma più veloce, l'Hochkiss H-35 e il carro medio 5.0.M.U.A. S-35. Le unità carri per fanteria erano dotate del carro pesante B-1 da 30 tonnellate con cannone corto da 75 mm in casamatta. Nel complesso, tutti i carri erano ben corazzati (da 40 mm e 60 mm), ma risultavano alquanto lenti quelli per fanteria. Caratteristiche d'avanguardia erano: il brandeggio elettrico dell' S-35 e la sterzatura mediante differenziale controllato e trasferimento di potenza nei modelli 5-35 e B-1. Unica soluzione tecnica veramente disastrosa fu quella della torretta per un solo uomo, comune su tutti i carri francesi dell'epoca di qualsiasi dimensione e peso. Era impensabile che una sola persona - capo equipaggio e comandante del mezzo - potesse provvedere a caricare ed a far fuoco con il cannone e la mitragliatrice, coordinando la
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sua azione con il resto della formazione carri. Negli Stati Uniti gli iniziali progressi nel campo dei corazzati furono legati al nome del progettista e costruttore J. Walter Christie, da cui presero il nome le varie serie: leggeri T-1 , medi T-3 e T-4 e il veicolo da combattimento T-5. Di buone caratteristiche meccaniche, anche questi carri presentavano il loro punto debole nell'armamento che non andava al di là di un cannone corto da 37 mm con mitragliatrice coassiale da 12,7 mm1 o addirittura di solo quest'ultima (T-4 e T-5). In Germania1 nonostante il Trattato di Versailles che proibiva ai tedeschi il possesso di carri armati1 gli studi per la loro progettazione furono presto ripresi in segreto. Cosicché quando nel 1935 Hitler denunciò il Trattato di Versailles la prima divisione panzer improvvisata nell'estate dello stesso anno poteva contare su quattro ti pi di carro: .Pz. Kpfw-1 - II - IV e 1n che costituiranno l'armamento delle unità corazzate tedesche fra il 1935 e l'inizio della 2a Guerra Mondiale. Dal punto di vista cronologico, il primo carro prodotto (Pz . .Kpfw-I) ricalcava - nello scafo e nelle sospensioni- il modello inglese Carden Lloyd divenuto popolare in molti Paesi, anche per il suo basso costo. Questo primo carro tedesco prodotto su scala industriale era quindi un carro leggero di 5,3 tonnellate1 con un equipaggio di 2 uomini e 2 mitragliatrici in torretta. Migliore fu il secondo carro leggero, il Pz. KpfwII, del peso di 7,5 tonnellate, equipaggio portato a 3 uomini1 un cannone da 20 mm ed una mitragliatrice. Successivamente i tedeschi passarono alla realizzazione del carro medio Pz. Kpfw-IV, classe 20 tonnellate1 il cui maggior pregio era rappresentato dal cannone da 75 mm corto adatto sia al tiro controcarro, sia a quello ad alto esplosivo. Ultimo in ordine di tempo fu il Pz. Kpftv-III simile al modello IV tranne per I' armamento, inizialmente costituito da una bocca da fuoco da 37 mm sostituita, dopo il 1939, con una da 50 mm corta. Dei quattro modelli, il medio Pz. Kpftv-III fu quantitativamente e qualitativamente il carro più importante ed efficace della 2a Guerra Mondiale. Nel 1967 era ancora in servizio e fu usato dai siriani nella guerra arabo-israeliana. Come la Germania, così anche l'Unione Sovietica si ispirò 1
1
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Fig. 15
Il carro annato sovietico  T-28  rappresenta l'espressione inizinle del settore dei mezzi corazzati. Costruit¡o dalla Kirov nel 'l931, ern internamente suddiviso in due compartimenti: anteriore, ove erano alloca.ti i cinque uomini di equipaggio, posteriore, c/1e conteneva il motore (dodici cilindri a V raffreddato ad ncqun).
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.,,: #
~
t ~ ..·) ' ;·. , -· I •~ ~ ~~~ Fig.16
Carro leggero italiano L 3/35 nel superamento di un ostacolo. Non di rad.o i primi carri venivano sperimentati sui percorsi addestrativi della tradizionale cnvalleria montata.
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agli esemplari prodotti dalla ditta britannica Vickers-Armstrong - senz'altro la migliore costruttrice di carri negli anni venti - dalla quale acquistarono numerosi modelli. Anche i russi pertanto adottarono inizialmente la famosa cingoletta Carden Lloyd, ribattezzata T-27, e il Vickers da sei tonnellate che, ripudiato in Gran Bretagna, dette inizio alla serie dei carri T-26 sovietici. Il più comune dei modelli adottati era monotorretta, armato di u n cannone da 45 mm e una mitragliatrice coassiale; esso costituì l'ossatura delle unità corazzate sovietiche negli anni che precedettero la 2a Guerra Mondiale. Si noti che la bocca da fuoco da 45 mm era decisamente al di sopra della media dei calibri esistenti all'epoca, e questa superiorità fu ben evidente nella guerra civile spagnola. L' importanza attribuita dai russi alla potenza di fuoco li collocò in posizione d'avanguardia nel campo dell'armamento dei carri. I tedeschi avevano appena dota to i loro mezzi di cannoni corti da 75 mm, che già i carri sovietici T-28 e T35 montavano un pezzo da 76,2 mm. Tuttavia, questa loro superiorità nella potenza di fuoco fu vanificata da ordinamenti e normativa d'impiego inadeguati. In Italia lo sviluppo dei carri armati riprese nuovo vigore quando, nel 19261 i reparti carri cessarono di costituire parte integrante della fanteria e d ivennero un corpo specializzato. N el 1927 fu costituito il primo Reggimento Carri Armati su 5 battaglioni dotati di carri Fiat 3000; poi si passò al carro L3, sul quale ci si soffermerà. Contemporaneamente l'esercito italiano cominciò anch'esso ad interessarsi alle cingolette britanniche Cardel Lloyd, considerate particolamente adatte alla morfologia del nostro Paese. Prodotte dalla ditta Ansaldo d i Genova presero il nome, dopo varie modifiche, di carro veloce L-3 (anche in versione lanciafiamme e carroponte) e furono vendute a numerose altre nazioni1 tra cui il Brasile. Inizialmente gli L-3 erano privi di radio. Il mezzo - dopo u n insuccesso isolato a Dembeguinà il 15 dicembre 1935, dovuto all'impiego di tali carri senza l'appoggio della fanteria ed all'assenza di brandeggio delle mitragliatrici in casamatta - superò brillantemente il primo collaudo nell'invasione della montuosa Eritrea nel 1935. Successivamente il carro L-3 si rivelò del tutto inadeguato 50
Fig. 17
Carro L3/35 in configurazione lanciafiamme. Derivato dalla famosa tankette britannica prodotta dalla Carden Lloyd, l'L.3/35 ili dotazione all'Esercito ltaliallo assicurava - in aderenza alla dottrina dell'epoca - sia un ÂŤsupporto protettoÂť alla fanteria, sia la possibilitĂ di condurre missioni esploranti a velocitĂ relntivamente elevata (40 km/h su strada).
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Fig. 18
Carro armato italiano L3/35 (1939) equipaggiato con radio ricetrasmittente (da notare la strana antenna a proboscide).
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a fronteggiare mezzi similari nelle operazioni condotte in Spagna nel 1937. I carri italiani si dimostrarono vulnerabili anche a cannoni controcarro leggeri, per non parlare del confronto con carri del tipo T-26 russo. Questa amara esperienza, che nulla tolse al valore dimostrato dal Raggruppamento Carristi al comando del Col. Babini, fece nascere la necessità di disporre di un mezzo più potente dell'L-3. Prese così il via la produzione di carri medi della serie M, carri italiani dotati per la prima volta di torretta girevole per 360°. Una torretta con cannone da 20 mm sarà installata successivamente anche sul carro leggero L-6, derivato dall'L-3. Tuttavia il primo carro medio, l'M-11/39, fu quasi il peggior modello dell'epoca e ciò non tanto per le sue caratteristiche complessive - equipaggio di 3 uomini, peso 11 tonnellate, cannone da 37 mm e 3 mitragliatrici, buona corazzatura1 velocità 32 km/h e autonomia di 200 km - ma quanto per l'infelice sistemazione dell'armamento principale nello scafo (le sole mitragliatrici erano in torretta), il che annullava la maggior parte dei suoi pregi. Analogo inconveniente sarà riscontrato nel 1942 nei predecessori degli statunitensi Sherman (il Lee e lo Scout). Nel 1939 le tre divisioni corazzate (Ariete, Centauro e Littorio), di recente costituzione, disponevano di carri del tipo L-31 con un'esigua minoranza di M-11 che non arrivava al centinaio. E in queste condizioni l'Italia si presentava alla vigilia del secondo conflitto mondiale. Va peraltro precisato, per rispetto della verità, che i progetti dei mezzi corazzati italiani realizzati nel periodo 193540 richiamavano fra i requisiti fondamentali quelli della mobilità in zona prealpina (con conseguenti limiti di carreggiate richiesti per l'accesso in strade campestri, sentieri montani, sottopassaggi ferroviari, ecc.) e che l' «esigenza desertica » si tradusse concretamente in vincoli costruttivi solo nel 193940. Sullo scafo dell'M-11 1 dal 1940 sarebbe stato prodotto in 800 esemplari l'M-13 / 40, con un pezzo da 47 mm in torretta; essi furono definiti incompleti, costruiti con acciai di qualità inferiore, con corazze fissate debolmente mediante bulloni,
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-·~.,-... ·
_...
,,
-..... . _, Fig. 19
Il carro leggero italiano «L6/40», costruito nel 1940 co11 l'intento di equipaggiare le unità celeri e di cavalleria, em armato con can11011e au tomatico Breda ca/. 20. Invinto in Africa Settentrionale, nei Balcani ed anche in Corsica, si dimostrò ido11eo ad operazioni di ricog11izione ma si rivelò assolutamente inadeguato come cnrro dn battaglia (il rnl. 20 risultava inefficace contro mezzi corazzati a distan ze superiori ai 500 metri).
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con scarsa disponibilità di radiocomunicazioni ed altri difetti. Tuttavia dagli avversari non furono considerate macchine spregevoli. In generale si può affermare che la tendenza dominante agli albori della 2a Guerra Mondiale fu la riconosciuta esigenza, da parte di molte nazioni, di disporre di un carro di tipo medio che unisse ad una maggiore potenza di fuoco una adeguata mobilità, caratteristiche determinanti nei combattimenti diretti tra carri e nell'impiego a massa contro posizioni fortemente organizzate. Nel campo della produzione, i tedeschi furono i primi ad adottare una soluzione originale che permetterà di ridurre i tempi mediante la prefabbricazione modulare di quattro parti del carro: la torretta, lo scafo la sovrastruttura anteriore e posteriore. I Pz. I<pfw-IV e II.I furono costruiti con questo procedimento. 1
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CAPITOLO QUARTO IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE
Mobilità, potenza di fuoco, corazzatura. Sin dai primi anni di guerra, il ruolo decisivo assunto dai carri armati portò ad un aumento della produzione e ad un netto miglioramento delle caratteristiche tecniche specialmente nei carri tedeschi ed americani, peraltro prodotti da quelle che erano di gran lunga le due più potenti ed evolute industrie belliche dell' epoca. Particolare attenzione fu rivolta ai sistemi di trasmissione del moto e rotolamento, e ai nuovi gruppi motopropulsori appositamente studiati per il mezzo corazzato e non più ricavati da quelli di uso commerciale. Anche nel campo del1' armamento furono fatti notevoli progressi. In linea di massima, cominciò a delinerarsi una più efficace combinazione di mobilità, potenza di fuoco e corazzatura, che unita ad una maggiore autonomia permise di condurre grandi offensive, penetrazioni profonde e rapid e puntate. Ciò nonostante, l'interesse per i corazzati ebbe una grave flessione dopo le disfatte dell'Asse a Stalingrado1 El Alamein ed in Tunisia. Non era la validità del mezzo corazzato ad essere posta in discussione, quanto piuttosto la quantità di mezzi necessari per condurre offensive su larga scala e la conseguente necessità di un sostegno logistico capace di consentire la prosecuzione dell'azione in profondità. Una rinnovata considerazione per i mezzi corazzati - simile a quella goduta nel periodo 1940-42 - si ebbe verso la fine della guerra, nel corso della ritirata delle forze tedesche attraverso l'Europa orientale. In tale quadro, una nota divergente relativa aJla formula tattica dei carri- concepita per così dire dalla Germania e dall'Unione Sovietica da un lato e dai rimanenti Paesi in guerra dall'altro - fu rappresentata dall'armamento. Quando1 fin dalle prime settimane della campagna, i tedeschi si trovarono di fronte il nuovo e potente carro russo T34 armato di un cannone da 76 1 2 mm e munito di una originale corazzatura frontale molto inclinata, cominciò una vera
Fig. 20
Il carro nnnato sovietico «T-34/85» venne realizzato nel 1944. li proliferare dei cannoni da carro tedeschi ad alta velocità iniziale con proietti decalibrati costrinse i russi a potenziare l'intera linea dei carri medi e pesanti; fu così che sul T-34 ve11ne installato un pezzo ca/. BS/53 .
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e propria escalation alla ricerca della supremazia nella potenza di fuoco. Per diretto intervento di Hitler, furono costruiti i pesanti Tigre, armati con il famoso cannone da 88 mm, la cui versione contraerea era risultata anche ottimo controcarro. Quasi contemporaneamente1 venne realizzato un altro modello con cannone da 75 mm a canna lunga che prese il nome di carro armato Pan.tera. Un particolare forse poco noto: le ultime serie di questi carri vennero equipaggiate con sistemi di puntamento notturno all'infrarosso e ciò comportò pesanti perdite per l'Armata Rossa. Tigre e Pantera risolsero il problema della superiorità qualitativa ma non il problema della superiorità quantitativa, e fu questa la vera causa dei rovesci tedeschi. I russi dal canto loro si affrettarono a migliorare il T-34, producendo a partire dal 1942 una nuova versione1 il T-34/851 che rimarrà in dotazione nel dopoguerra a tutte le unità sovietiche e dei Paesi satelliti. Pur non reggendo il confronto con il formidabile Pantera., il T-34/85 ebbe potenziato il suo armamento con cannone da 85 mm lungo e migliorata l' abitabilità della torretta1 ora capace di contenere tre uomini. L'anno successivo produssero il pesante Stalin il cui pezzo, preso dall'artiglieria1 era di calibro 122 mm e la cui modesta altezza rappresentava la sua caratteristica principale. Ciò nonostante, questo formidabile carro non riuscì a prevalere sul Tigre versione caccia carri con cannone da 128 mm1 che resterà il m ezzo corazzato meglio armato della 2a Guerra Mondiale. Per contro, sul fronte occidentale, le divisioni corazzate alleate riuscirono a sfruttare il successo nelle particolari condizioni di disfatta generale dell'avversario puntando sulla buona mobilità dei loro carri1 la cui travolgente avanzata trovava remore solo in carenza di sostegno logistico. Americani ed inglesi continuarono pertanto per lungo tempo a riporre eccessiva fiducia nella mobilità o nella corazzatura a detrimento dell'armamento, ponendosi in stato di perenne rincorsa rispetto ai calibri ed ai modelli di bocca da fuoco adottati dai carri avversari tedeschi. La Gran Bretagna, inoltre, conservò per tutta la durata del 59
Fig. 21
Carri armati tedeschi Tigre in colonna durante la 2a Guerra Mondiale. Impiegato massicciamente su tutti i fronti europei, solo su quello orientale il Tiger riuscĂŹ a sfruttare al 1nassimo la gittata del suo pezzo e la protezione della corazzatura, soprattutto in virtĂš della assenza di ostacoli naturali.
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conflitto la deleteria suddivisione in «carri per fanteria» e «incrociatori», disperdendo la produzione su molti modelli diversi per struttura ma non per potenza di armamento. Esponenti più comuni della prima categoria, la cui principale caratteristica era costituita dallo spessore della corazza, furono i carri Matilda e Valentine. Ultimo della specie ad essere prodotto fu il pesante Churchill, la cui ultima versione raggiunse la corazzatura massima di 192mm. I carri incrociatori, il cui maggior pregio avrebbe dovuto essere la mobilità - in realtà la loro velocità massima si aggirava attorno alle 30 miglia orarie - ebbero un valido rappresentante nel carro medio Crusader, la cui peculiarietà era rappresentata dalla sospensione indipendente americana tipo Christie. Matilda e Crusader furono i due tipi principali di carri impiegati in Libia, nel 1941 e nei primi mesi del 1942, dove le truppe inglesi subirono pesanti rovesci ad opera dell' «Africa Korps» ad onor del vero, non tanto per l'inferiorità d'armamento, ma quanto per la superiore abilità tattica dimostrata dagli avversari. Un tardivo balzo in avanti nel campo dell'armamento fu fatto, nel 1943, con il carro incrociatore Cromwell. Dotato di una velocità massima di 38 miglia orarie, montava un pezzo da 75 mm a media velocità iniziale che gli americani avevano già installato due anni prima sui carri della serie Lee, Grant e Shennan. Nonostante ciò, la disponibilità di carri idonei al combattimento permaneva alquanto critica e, quando la produzione americana superò quella inglese, fu appunto il carro medio M-4 Shennan a divenire il carro armato principale delle truppe corazzate britanniche. Lo Sherman - il cui debutto avvenne nell'ottobre del 1942 alla battaglia di El Alamein, dove ebbe un ruolo di non poco conto nella disfatta finale dell' «Africa Korps» - era un carro medio, del peso di 32 tonnellate, 5 uomini di equipaggio, armato di un cannone da 76 mm (un'aliquota monterà successivamente un cannone da 105 mm). Sarà adottato nel dopoguerra da Italia, Francia, Jugoslavia, Giappone ed Israele, an61
Fig. 22
Il carro armato inglese MK-ll ÂŤMatildaÂť introdotto in servizio nel 1938, rappresentava per le sue caratteristiche - peso 72 tonnellate, cannone cal. 40 mm, fino a 78 mm di corazzatura - una sorta di bunker semovente, anche se scarsamente mobile.
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Fig. 23
Carri armati inglesi MK-lll «Valentine» distrutti ad El Alamein. Tprimi esemplari, entrati in azione in Africa Settentrionale verso la metà del 1941, si dimostrarono validi sotto tutti gli aspetti, anche se lenti. La produzione cessò definitivamente nel 1944 dopo il completamento di una linea di 8.000 carri, parte dei quali destinati all'Unione Sovietica in base agli accordi contemplati dal LendLease Act.
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Fig. 24
Carro armnl"o inglese MK IV «Churchill,> con bersaglieri italiani sulla torretta (Tun isia). Il «Churchill», approntato nel 1942 1 ebbe il suo battesim.o del fuoco nel disastroso tentativo di sbarco britannico a Dieppe (19 agosto 1942). Anche i Clrnrchi/1, come i Valentine, furono ceduti ai sovietici in base nl Lend-Lease Act, ma l'Armata Rossa li destinò ad un ruolo secondario (appoggio tattico alla fanteria).
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Fig. 25
TI carro armnto inglese MK-IV ,<Crusader» appartiene nlln cosiddetl'a categoria dei «carri dn crociera». I Crusader non ebbero una lunga vita operal'iva; immessi in combatl'imento per la pri/lla volto in Africa Settentrionnle nel giugno'/ 941 (operazione Balfleaxej per rompere l'assedio di Tobruk, parteciparono successivamente al/11 battaglia di El Ala111ei11 e alle opemzioni in Tunisia. La crescente disponibilità di carri statunitensi, quali /'M.4 «Shennan», relegò ben preslo in seconda linea la serie dei Crusader.
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Fig. 26
Il carro armato statunitense ÂŤM.4 Shermaiw (cannonecal. 75) fu indubbiamente uno dei grandi protagonisti della 2a Guerra Mondiale. L'enorme e differenziata esperienza operativa conseguita nel corso del conflitto permise di apportare via via al modello base tutta una serie di modifiche (alcuni esemplari hanno adottato un cannone da 105) che migliorarono sensibilmente il livello di efficienza e di efficacia del carro.
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che per l'efficienza tecnica dimostra ta e la facile manutenzione richiesta. In Italia, le limitate capacità industriali e la carenza di numerose materie prime, unite all'ampliamento delle unità terrestri effettuato prima della 2a Guerra Mondiale, furono le principali cause dell'insoddisfacente situazione dei mezzi corazzati. Il primo vero carro medio cominciò ad essere costruito nel 1940 con la sigla Ansaldo-Fiat M-13/40. Di struttura meccanica simile all'M-11 - ereditò purtroppo la stessa sospensione difettosa e lo scarso rapporto potenza/peso - era armato da un cannone da 47 mm montato (e questo era il pregio) in torretta servita da 2 uomini, anziché con uno da 37 mm nello scafo come l'M-11. Questo carro-e la sua versione migliorata, l'M-14, con motore più potente a benzina - pur non presentando soluzioni originali o superiori ad altri modelli, si difese grazie anche al1'abilità ed al coraggio degli equipaggi italiani; ma dal 1942 perse rapidamente di valore di fronte ai nuovi mezzi degli Alleati. L'ultimo carro armato italiano nella 2a Guerra Mondiale fu il P-26/ 40, che evoca il Pz. Kpfw-JVgermanico. Progettato nel 1940, fu messo in produzione nel 1943 e ne furono completati meno di cento esemplari; nella variante definitiva aveva un peso in ordine di combattimento di 25 tonnellate, il motore era un diesel da oltre 300 HP, mentre l'armamento era rappresentato da un cannone da 75 mm e da una mitragliatrice leggera; la corazzatura raggiungeva lo spessore massimo di 50mm. Da questa breve panmamica si può intravedere quanto fu varia e controversa la definizione delle caratteristiche d'impiego del carro armato e quanti fattori influirono sulla valutazione di esse. Da un punto di vista strettamente tecnico, durante gli anni della guerra, il processo evolutivo dei veicoli da combattimento e di quelli ausiliari o per compiti speciali, conobbe un ritmo elevato tanto che, nel 1945, carri che uscivano dalle fabbriche avevano in comune, con quelli dei sei anni precedenti, soltanto la struttura generale.
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Fig. 27 !I cnrro nrmato medio italinno <<M.13/4(h, - avvinto in produzione a/In fine del 1939 - ve1111e realizzato in Ire varianti, molto simili tra loro, per complessivi 800 ese111plari. Il maggior pregio del carro consisteva ne/In sistemazione s 11 torreUa girevole dell'annm11enlo pri11cipale (cn11none ca/. 47), fntfore elle nveva 11egativn111e11te condizionalo In precedente serie M.11 il rni ca1111011e dn 37 era i11stn/-
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Fig. 28
Carri armati italiani M.13/40 in azione nel deserto dell' Africa settentrionale.
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Fig. 29
Carri armati italiani M.14/41 pronti ad entrare in combattimento (2a Guerra Mondiale - Africa Settentrionale).
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Basti pensare che all'inizio della guerra le parti componenti di un carro medio variavano dalle 7 mila alle 10 mila, ma già nel 1943 superavano le 31 mila, per salire ancora negli ultimi due anni di guerra, soprattutto nei carri tedeschi e russi. La media dei disegni di progetto occorrenti per la costruzione di un carro era di 5 mila, realizzati in circa 75 mila ore di lavoro. Molte componenti del carro subirono notevoli modifiche e miglioramenti, in particolare i propulsori, i gruppi trasmissione-cambio e le sospensioni. Dai propulsori commerciali a bassa potenza, si passò all'allestimento di motori specifici o derivati da quelli per aerei, con maggiore potenza, meno ingombranti e più affidabili. Gli americani standardizzarono due motori a benzina di questo tipo, che poterono costruire in grandi quantità. Essi erano il Continental, montato su una larga serie di carri leggeri e medi, e il Wright stellare, più potente del Continental, montato su carri medi e sul carro T-26 B russo. Gli inglesi si orientarono, invece, su un tipo di motore affidabilissimo, già in uso sui caccia Hurricane e Spitfire, raffreddato ad acqua. Vi fu anche il primo progetto originale di motore diesel allestito dai russi, che erogava una potenza leggermente inferiore alla media dei carri occidentali, e questo fu il motore standard dei carri medi e pesanti sovietici. Solo nel dopoguerra, i vantaggi del diesel - economicità, minore incendiabilità e facilità di manutenzione a parità di potenza, anche se di peso lievemente maggiore - si affermarono sui motori a benzina in una continua evoluzione che porterà alla concezione degli attuali motori policarburanti. La standardizzazione adottata dai russi si rivelò vincente data la relativa facilità di manutenzione e di rifornimento dei ricambi che essa comportava. Alla fine della guerra, il rapporto potenza-peso, determinante per la mobilità del carro, aveva raggiunto mediamente i 10-12 HP/t e in alcuni casi addirittura i 16 HP /t (oggi il rapporto è pressoché raddoppiato). Notevole fu anche lo sviluppo del gruppo trasmissionecambio e sterzatura, dai quali d ipende il miglior sfruttamen71
Fig. 30
Carri «M.24 Chnffee» del .Reggi111e11to «L1111cieri di Montebello» in esercitazione 11egli m111i cinquanta n Tor di Quinto (Ro111n). Il carro nrmnl'o leggero statu11ite11se «M.24/Chaffee» (cannone ca/. 75) venne realizzato 11el 1944. Ribattezzato «Chaffee» dagli inglesi (da l nome di un Ufficiale che aveva svolto un importante ruolo nell'evo/11zione dei mezzi corazzati americani negli anni '30) presentava una linea bassa e ben profilata che consentiva 1111a eccellente protezio11e balistica ..
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to della potenza del motore e la maneggevolezza del carro. I problemi da risolvere erano l'eccessivo riscaldamento delle p arti, che portavano a perdite enormi di potenza, l' usura precoce e l'affidabilità dei complessivi. La soluzione ottimale fu raggiunta con l'adozione di un convertitore di coppia idrocinetico per la trasmissione del moto ai cingoli, unito ad un sistema epicicloidale per la sterzatura del carro montato sulla ruota motrice di ogni cingolo; ciò permetteva di limitare la dissipazione di potenza a vantaggio della velocità e maneggevolezza d el carro. Tale sistema fu adottato sui carri francesi serie R-35 e H-35 e sui leggeri americani, compreso l'M-24. J tedeschi svilupparono ulteriormente tale rneccanisn:lO cambio-sterzo arrivando ad un sistema sempre epicicloidale ma a variazione continu a di giri e recupero totale di potenza; esso consentiva raggi di volta variabili a seconda della velocità di rotolamento del cingolo (più bassa era la velocità più stretta era la sterzatura), fino alla rotazione del Célrro su se stesso ottenu ta n1uovendo i cingoli in s0nso opposto. Dopo la guerra tale nu ovo sistema darà vita al cambio-sterzo «cross-drive» con con1ando idrodi namico completamente automatizzato, costruito dalla Allison americana specificamente per risolvere tutti i problemi di trazione dei mezzi corazzati. Fu applicatoper primosul carromedio M-46 del ] 948. La elevata velocità richiesta dai carri leggeri e medi imponeva un radicale cambiamento degli organi di rotolamento, che dovevano ga rantire l'assorbimento delle elevate forze d'urto del cingolo col terreno ed una accettabile durata nel tempo. Innanzitutto vennero adottate sospensioni a ruo te portanti indipendenti, a molle elicoidali o a barre di torsione, con ammortizzatori che permettevano più ampie oscillazioni verticali del cingolo delle molle a balestra con coppie di rulli p ortanti. oscillanti, in uso sui carri della 1a Guerra Mondiale. A pélrtire dal 1942 i tedeschi u sarono p er p rimi le barre di torsione sui Tigre e Pantera e gli americani successivamente (anno 1944) sugli M-24 e M-26. I russ i adottarono lo stesso sistema sui carri leggeri BT e medi T-34 e 44. Contemporaneamente furono alleggeriti i cin73
goli e i rulli portanti, abbandonando la costruzione separata della catena e delle piastre in favore di quella a maglie piĂš larghe in un solo pezzo rivestito di gomma, la cui dimensione nel senso della lunghezza venne progressivam ente diminuita per aumentare la flessibilitĂ dell'intero cingolo. Le maglie erano collegate con perni di acciaio ricoperti di gomma chiamati ÂŤSilent BlockÂť di produzione americana (tutt'oggi adottata), che fecero aumentare la durata dei cingoli fino a 2.000 chilometri. I tedeschi realizzarono un'altra solu zione ancora validissima ma cos tosa, montando i connettori delle maglie dei cingoli su cuscinetti ad ago, riuscend o ad ottenere percorrenze variabili da 5.000 a 10.000 km.
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CAPITOLO QUINTO L'ULTIMO CINQUANTENNIO
IL periodo post-bellico. Alla fine della guerra le potenze belligeranti possedevano una notevole quantità di carri leggeri e m edi e - in particolare i sovietici - anche di carri pesanti. La Germa1ùa sconfitta dovette smobilitare e il notevole contributo dato durante la 2a Guerra Mondiale per lo studio, lo sviluppo e l'allestimento di nuovi carri riprenderà solo a partire dalla seconda metà degli anni sessanta, avendo ottenuto nel 1955 di far parte della NATO e di riorganizzare p ertanto le proprie forze armate. L'Unione Sovietica continuò ad attribuire grande importanza ai carri, visto il ruolo decisivo assunto nell'avanzata fin nel cuore dell'Europa. Conclusa la guerra, con gli Stalin e i T-34/85 i sovietici erano praticamente in possesso dei m igliori carri dell'epoca. Essi furono ulteriormente migliorati nell'armamento, negli apparati di puntamento, nelle corazzature e nel sistema di trasmissione e dettero vita alla serie dei carri T sovietici, di cui il T-44 sarà il capostipite (sino agli inizi degli anni '70 verrà ancora impiegato per compiti addestrativi). Negli anni cinquanta domina il T-54, che all'origine montava una torretta analoga a quella del T-44 con scudo esterno e piuttosto angolata. Accertato che la configurazione deviava i colpi sull'anello di rotazione della torretta, il disegno fu modificato adottando una forma simile a quella dei carri pesanti Stalin. Venne realizzata una cupola fusa in un sol pezzo munita di ventilatore e con scudo interno, con le parti laterali sfuggenti che sporgevano oltre i fianchi dello scafo successivamente resi di forma circolare. Come armamento principale il T-54 montava il cannone da 100 mm L54 con stabilizzatore, e disponeva dell'attacco dello Snorkel per il passaggio di guadi in immersione. Con il T-54 apparve anche un nuovo tipo di cingolo gommato, largo ed a bassa usura, che si distaccava da qu ello tipico utilizzato per molti an ni dai russi e derivato dal Christie. In sintesi, pur adottando diverse soluzioni d ei carri prece-
Fig. 31
Il carro armato inglese «Centurion,> (cannone ca/. 'LOS), in servizio dal 1945, è stato il carro standard inglese per oltre 20 anni. Prodotto i11 varie versioni, ha partecipalo 11 tutti gli eventi bellici posl"-con/1itto mondiale (guerra di Corea, crisi di Suez, guerra indo-pakistana, guerra arabo-isrneliana del 1967 e 19ì3, con gli australiani in Vietnam). Sostitui/"o dal «Chieftain» 11 metà anni '60 è stato venduto a Paesi del Medio Oriente.
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denti, il T-54 era indubbiamente un mezzo nuovo, che all'epoca poneva le forze corazzate sovietiche un passo avanti a quelle occidentali. Esso rappresentò il carro armato della 1a generazione che spinse le potenze occidentali a riconsiderare l'importanza del carro, lasciato in letargo dopo l' esplosione delle due bombe atomiche sul Giappone nell'agosto del 1945. Una prima ricostruzione delle unità corazzate del mondo occidentale fu necessaria in seguito all'invasione della Corea del Sud nel giugno 1950. Pochi battaglioni nord coreani armati con i vecchi carri sovietici T-34 smentirono le affermazioni occidentali circa il superamento dei carri. In senso più generale, fu dimostrata la infondatezza di una concezione che, in quel periodo, faceva un eccessivo affidamento sulle bombe atomiche delle forze aeree strategiche. Gli inglesi, in mancanza di progetti originali, perfezionarono il loro carro medio Centurion - prodotto nel 1944, anche se troppo tardi per essere impiegato in guerra - montando una bocca da fuoco da 83,9 mm. Dopo il 1950, si avvertì la necessità di d.isporre di un tipo di carro dotato di armamento più potente, a completamento di quello che era diventato il carro medio fondamentale Centurion, e si arrivò alla produzione del Conqueror da 65 tonnellate e bocca da fuoco da 120 mm. Il successivo sviluppo della serie Centurion, il cui armamento fu portato al potente e moderno 105 mm. della Vickers, segnò la fine del Conqueror che venne ritirato dalla linea. L'esercito inglese sembrava così aver trovato il suo carro principale da combattimento - l'abolizione della suddivisione in carri per fanteria e incrociatori ebbe termine nell'immediato dopoguerra ad opera del Maresciallo Montgomery - senonché lo Stato Maggiore britannico, influenzato dalle idee americane di impegnare i carri avversari sulle distanze dell'ordine di 2.000 m, fece mettere in cantiere un nuovo carro pesante armato con un cannone da 120 mm. N acque il Chieftain, che esaltava il binomio cannone-corazza, più potente ma meno mobile del Centurion, con possibilità dimostratesi pressocché teoriche di impegnare carri avversari su distanze di 2.000 metri finché non venne dotato di 77
Fig. 32 li carro armato inglese <<Chieftain Âť (can none cal. 120) - successore del Centu-
rion, del quale ereditò parte del complesso meccanico e la configurazione del treno di rotolamento - venne presentato nel 1961 e risultò, all'epoca, il carro meglio armato dell'occidente (montava un pezzo da 120/55).
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sistemi di puntamento più sofisticati. Il Chieftain rappresentava il carro da combattimento unificato di caratteristiche molto avanzate in grado di sostituire contemporaneamente, sia il carro medio Centurion. 1 sia il carro pesante Conqueror, dai quali doveva ereditare la mobilità e la potenza di fuoco. Sull'altro versante dell'Atlantico, gli americani, pur avendo realizzato diversi modelli dalle prestazioni non trascurabili, non riuscirono a concretizzare un vero e proprio carro principale da combattimento. In realtà si può dire che nello sviluppo dei loro carri postbellici, essi sono ricorsi sempre a soluzioni di ripiego, a cominciare dall'M-46 derivato dall'M-26 Pershing con nuovo cannone da 90 mm - venne messo in cantiere in tutta fretta per far fronte ad una situazione critica (Berlino, Guerra Fredda, Corea) - e continuando con l'M-47 Patton. Questo carro fu il risultato di uno strano connubio fra quello che avrebbe dovuto essere il T-42 e YM-46 già esistenti. Fu infatti modificando lo scafo di quest'ultimo e installandovi la torretta del T-42 che nacy_ue il carro più diffuso - fu adottato in ambito NATO - e discusso di questi ultimi quarantanni. Esso fu sostituito dal carro M-48 che, standardizzato come carro principale da combattimento, aveva lo scafo più robusto - ottenuto per fusione- e una_torretta molto più raccolta di quella dell M-47; ma montava pur sempre un cannone da 90 mm, decisamente inferiore al T-54 sovietico. Era necessario, pertanto, disporre di un carro più potente e-montando sull'M-48 un motore diesel e il cannone inglese da 105 mm del Centurion -venne realizzato rM-60, che rappresentò la evoluzione finale della serie Patton. L'M-60 doveva diventare il nuovo Main Battle Tank (MBT) NATO - armamento e dotazioni quasi adeguate - ma fu respinto a causa delle sue dimensioni proibitive, soprattutto per il trasporto ferroviario. La risposta all'M-60 USA venne, ne!Yambito del Patto di Varsavia, con il carro T-62 sovietico. Di prestazioni pressoché analoghe- con il suo basso treno di rotolamento privo di rulli1ù di rinvio e la sua torretta schiacciata a semiguscio d'uovo - presentava, tuttavia, dimensioni nettamente più conte1
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Fig. 33
li Generale George PaNon può senz'altro essere considerato uno dei grandi maestri dell'impiego delle forze corazzate e, non a cnso, uno dei più noti carri dell'immediato dopo guerrn - l'i\1..47 «Patton» - porta il suo nome. Comanclnnte energico e risolHto, in virtù delle sue innate capacità e della predisposizione a/In guerra di rnovimento, dopo il rovescio di Kasserine in Tun isia (2a Guerra Mo11.diale), seppe infondere nelle sue unità corazzare u11 11uovo senso di fidHcia nei propri mezzi, fino a battere sullo stesso terreno le forze corazzate tedesche. Dopo lo sbarco in Normandia, avanzò verso il cuore dell'Europa alla testn della terza armata americana, attraverso le difese tedesche che croll11v11J10, proseguendo la SI/a corsa al di là del f?.e110 fino in Cecoslovacchin.
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Fig . 34
Il carro annato statunitense «M-48» (cn11none ca/. 90) risale al 1955 e rappresenta la naturale evoluzione dell'M-47 del quale utilizza molte cornponenl'i. Dalla torretta ridisegnata, è stato prodotto anche in una configurazione che monta un cannone da 105 mm. Distribuito a «Paesi amici e neutrali», l'M-48 ha partecipato, con alterni risultati, ai conflitti arabo israeliani del 7967 e del 1973 (nel Sinai) oltre a quello i11do-pakista110 e vietnamita.
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Fig. 35
Carri armati sovietici «T-62» in esercitazione. Il carro «T-62» può considerarsi un ulteriore sviluppo della serie T-54/55; dallo scafo più largo e più lungo, con una nuova torretta, dalla sagoma eccezionalrnente bassa e ben profilata, presenta come principale innovazione rispetto ai predecessori l'adozione del cannone ad anima liscia da 115 mm ..
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Fig. 36
La triade (M-47, M-60 e Leopard) che per diversi anni ha costituito, nell'insie1ne, la linea carri dell'Esercito Italiano. Il carro statunitense M-47 - denominato <<Patl'on» dal nome del più famoso tra i Comanrfanti a,nericani di grandi unità della 2a Guerra Mondiale - rappresentò la naturale evoluzione dell'M-26 « Pers'1ing». All'entrata in servizio del successore M-48, gli Stati Uniti cedettero l'M47, quale aiuto nrilitare, ad alcuni Paesi tra cui l'Italia. L'Jv1-60può ritenersi una versione aggiornata clell'lvl-48; vendul:o anch'esso a vari Paesi, in Ualia è stato anche prodotto su licenza nella variante M-60A 1 con una torretta di nuova concezione. Impiegato nella guerra del Vietnam, non conseg1tì brillanti risulta ti poiché troppo visibile e rumoroso anche a grandi distanze. Il tedesco <<Leopard», inizialmente acquisito dalla Gennania nella sua versione originale, è stato prodotto successivamente, su licenza, anche in Italia. È tuttora in servizio in molti Paesi e in varie versioni, tra citi la configurazione «A4», dotata di un sistema avanza/:o per il controllo del fuoco.
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nute in larghezza ed in altezza (ben 98 cm in meno di altezza di sagoma). Dal 1977 gli verrà affiancato il T-721 più pesante e più veloce1 dotato di un cannone automatico di 125 mm1per cui l' equipaggio è ridotto a 3 uomini (i sovietici sarano i primi a portare da 4 a 3 i membri di equipaggio). I Paesi più tecnologicamente progrediti del Patto Atlantico dettero vita a partire dagli anni '60 a consorzi di produzione1 allo scopo di ridurre i sempre maggiori costi di costruzione e mantenimento e giungere alla standardizzazione di un carro NATO. Ma con il venire meno degli accordi, si finì per sviluppare progetti paralleli che ogni nazione realizzò per proprio conto. È il caso dell' AMX-30 francese e del Leopard tedesco. L' AMX-30 presentava una valida formula tattica - cannone da 105 mm, peso 36 tonnellate, motore 700 HP, velocità massima 65 km/h, autonomia 600 km, buona sagomatura e protezione - ma non ebbe la meglio sul Leopard, soprattutto per taluni problemi presentati dal gruppo motopropulsore. Il Leopard, fu il primo carro prodotto chtllt·.t Germania dopo la 2a Guerra Mondiale e capostipite della serie. Di caratteristiche tecniche pressoché analoghe all' AMX-30, disponeva però di un gruppo motopropulsore più efficiente e brillante (830 HP), anche se il rapporto peso/potenza era lievemente inferiore dato il maggior spessore di corazzatura. Questo carrò sarà introdotto anche in Italia - e poi prodotto su licenza - nelle allora divisioni corazzate, in sostituzione dell'ormai vetusto M-47 Patton. Dieci anni dopo, questa volta a causa dell'abbandono del programma Stati Uniti-Germania per un MBT-70, i tedeschi realizzeranno in proprio il carro pesante (54,5 tonnellate) Leopani 2, carro dotato di corazzatura speciale, con una sagoma di torretta diversa e più schiacciata (20 mm in meno del tipo 1) e cannone da 120 mm a caricamento, sia automatico, sia manuale. Gli USA iniziarono la sperimentazione di un nuovo carro denominato M-1 Abrams, dotato di corazzatura ad altissima resistenza 1 di un elevato rapporto potenza/peso (30 HP /t) e nuove sospensioni idrodinamiche a barra di torsione, atte a
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Fig. 37
Carro annata sovietico «T-72» in parata. Introdotto in linea nel 1976, costituisce /·uttom uno dei principali carri in dotazione agli eserciti dei Paesi del 'ex Unione Sovietica e di taluni Stati a suo tempo legati ali' URSS. La versione prodol'ta dalla Jugoslavia, prima del dissolvimenl'o della Federazione, è denominata M-84. Da rilevare, il cannone da 125 mm - ad anima liscia ed a caricamento automatico - di notevole lunghezza.
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Fig. 38
Il carro armato francese «AMX-30» (canncme ca/. 105), in produzione dal 1966, presenta caratteristiche molto simili al contemporaneo parie/asse Leopard. È stato impiegato da Francia ed Arabia Saudita durante la Guerra del Golfo (1991) ed è destinato a rimanere in servizio fino alla completa sostituzione con il nuovo carro «A.1vfX32 Ledere» di produzione nazionale.
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consentire una mobilità su tutti i terreni superiore a qualsiasi altro carro contemporaneo (la velocità su strada a pieno carico raggiunge gli 88 km/h). La crescente importanza attribuita al fattore mobilità deriva dagli studi1 che hanno dimostrato come i bersagli mobili siano meno vulnerabili alle armi anticarro di produzione sovietica. Una sua peculiarità è la possibilità di trasporto per via aerea. Peraltro1 l' aumentato interesse per la mobilità e la protezione non ha relegato in subordine l'altro parametro della formula tattica, la potenza di fuoco. Accanto a.I tradizionale munizionamento ad alto esplosivo multiruolo, si è affermato un tipo di munizionamento p erforante molto efficace, l' APFSDS (Annour Piercing Fin Stabilized Discarding Sabot). La caratteristica principale di qu esto proietto, del tipo inerte, è quella di utilizzare un nucleo centrale «penetratore» estremamente affusolato e di d.iametro ridotto, che gli consente di concentrare l' energit1 cinf'tica su una superficie piuttosto piccola della corazzatura. Tale munizion e può essere impiegata sia con cannoni ad anima liscia 1 sia ad anima rigata e la sua velocità iniziale è dell'ordine di 1.500 metri al secondo. Nei primi anni '80, anche gli inglesi si posero il problema della sostituzione dei loro Chieftain e - poiché nell'ottica del British Army si ritiene del tutto eccezionale la possibilità di prendere in considerazione prodotti stranieri - finirono per orientarsi sul carro Challenger1 originariamente messo a punto per l'esercito iraniano, ma mai consegnato per l'avvento della rivoluzione komeinista. L'originale Challenger, sebbene sia stato comunemente considerato com.e un carro appartenente alla stessa generazione del Leopard 2 e dell'M-1 Abrams, fu in realtà una versione rimotorizzata ed aggiornata del Cheftain con identica torretta - a parte le corazze Chobhmn - p er giunta sottoposta alle maggiori sollecitazio11i di u110 scafo dalla 1nobilità pi1' \·~ "--: L" I risultati di tiro poco incoraggianti1 orientarono l'ind" t 1 · , : tannica ad una versione radicalmente modificata del fft-: :· · il Challenger JI, con una nuova torretta, un nuovo cannone e 1
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., )
Fig. 39 Carro Leopard de/l'Esercito Italiano al guado in poligono. li Leopnrd è dotnl'o di un affidabile ntl'rezzatura per l'attraversamento di corsi d'acqua, in parziale o totale immersione, costituita da 1111 condotto da fissare sulla cupola del Cornandante, da un sistema idraulico che controlla le prese d'aria del motore, da un anello di gomma gonfiabile per la tenuta stagna della torretta e da 2 pompe per espellere eventuali infiltrazioni d'acqua.
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diverse altre modifiche che lo renderanno più affidabile. La bocca da fuoco, in particolare, è un pezzo da 120 mm ad altissima pressione capace di sparare proietti perforanti con penetratore in uranio impoverito ed è dotata di sistema di caricamento automatico, con conseguente riduzione dell'equipaggio a tre uomini; l'accresciuto carico di lavoro dell' equipaggio ridotto è stato risolto con un esteso ricorso all'automazione. In Italia, un valido compromesso fra tecnologia avanzata e desofisticazione, può essere colto nel carro di seconda generazione Ariete. L'Ariete è un mezzo di transizione inevitabile in attesa del carro d.i terza generazione, divenuto oramai emblematicamente Future Main Battle Tank. Il carro risponde alle medesime specifiche operative dei suoi pari classe, pur tuttavia può vantare alcune componenti più aggiornate. Il criterio della desofisticazione generale del mezzo ha trovato applicazione nella propulsione, nell'elettronica e negli impianti ausiliari con il vantaggio di un costo relativamente contenuto, di una migliore manutenibilità e di un più agevole addestram.e nto per il personale, elemento da non sottovalutare ove si tenga presente che l'esercito italiano è ancora costituito prevalentemente da militari di leva. L'armamento principale - seguendo la tendenza in atto in tutti gli eserciti europei - è costituito da un cannone da 120 mm ad anima liscia in grado di sparare muniziona mento perforante, del tipo APFSDS, a traiettoria estremamente tesa. Una notevole cura è stata posta nella realizzazione di un efficace sistema di protezione. Il tipo passivo si rifà alle corazze composite e adottate dai pariclasse occidentali - misto di piastre d'acciaio pressato con forti angoli di incidenza e di blocchi di corazze stratificate sui fianchi o inclinate sul frontale - anche se diverso dalla Chobham ed interamente progettato e realizza to in Italia. L'Ariete avrà un peso in ordine di combattimento compreso fra le 50 e le 52 tonnellate, in funzione della configurazione adottata.
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Fig. 40 TI carro nmw/o italin110 «OF-40» - ì11 produzio11e dnl 1980 per /'esportnzio11e può co11sidc•rnrsi unn vnrinnte nggiornatn delle 11lti111e serie del tedesco l.eopard 1 realizzato, su licenza, nelle Offici11e Oto Melnm.
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Fig. 41
Il carro armato C-1 Ariete - primo cnrro interamente progettato (dallo stesso team del/'OF-40) e costruito in Italia dopo In 211 Guerra Mondiale - è destinato ad ammodernare la linea carri del 'Esercito Italiano.
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L'ottima mobilità è affidata ad un motore modulare policarburante a 12 cilindri capace di erogare 1200 CV. Sempre nell'ottica della desofisticazione - il che non vuol dire basso livello di tecnologia - il treno di rotolamento e le sospensioni si basano sul robusto ed affidabile binomio barre di torsione - ammortizzatori idraulici. A fattor comune di tutti i progetti relativi ai mezzi corazzati di recente e prossima realizzazione, in ambito sia occid entale sia orientale, si è affermato il riconoscimento del1'endemica insufficienza della protezione passiva offerta dalle pur moderne corazza ture, sottoposte all'eterna ciclica rincorsa della offesa-difesa. Per ovviare a tali inconvenienti, i progetti e le realizzazioni più moderne prevedono la possibilità di apporre a ragion veduta sulle corazze elementi modulari di «corazze attive», autodetonanti all'impatto del proietto controcarro e come tali idonee a deformare il getto chimico o il perforatore metallico espresso dal proietto stesso1 riducendone la letalità. Una tale soluzione modulare consentirebbe altresì di aderire ad un'altra tendenza affiorante nei mezzi corazzati moderni: la riduzione del peso globale, con incrementi di mobilità e riduzione di sagoma. Il ricorso a corazze attive non può peraltro rappresentare un elemento altamente determinante per la formula dei nuovi mezzi corazzati, sia per le riserve di ordine tattico (relative alla pericolosità per eventuali fanterie circostanti a tali corazze esplodenti), sia perché l'efficacia d i queste ultime può essere ridotta con il ricorso a cariche cave coassiali e multiple, ad esplosione scalata nel tempo, oppure a bombette di saturazione.
Attuali sviluppi e prospettive future. L' evoluziom~ dei carri del dopoguerra, precedentemente tratteggiata1 segna un lento ma graduale abbandono del dualismo carro medio - carro pesante1 residuo degli ultimi due anni del secondo conflitto mondiale, ed una accentuata attenzione per la realizzazione di un mezzo versatile capace di offrire elevate possibilità di sopravvivenza sull'odierno campo di battaglia. Abbiamo visto in precedenza come gli eserciti, in partico92
SOPRAVVIVENZA Principali elementi relativi alle capacitĂ di sopravvivenza di un carro armato posti in correlazione con la protezione intesa nei suoi diversi aspetti
PROTEZIONE DIRETTA
I
corazza Integrale
corazze resistenti
I
corazza applicata
llners
corazze destabilizzanti
(oompo,r way]
I
I
1
' 1 acciaio da 1 corazza ad
,!
acciaio indurito
leghe leggere
alta,e,~i-st_e_n_za_e_i~_l_:_~~--,:~:~::'
, 1 piastre : ottenute 1per laminazione
spaziata
I piastre ottenute per colata
I
attiva
laminata
~tta]
I
I A ' I aggressiva , 1non aggressiva I
passiva
reattiva
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I
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sostituibile - - - - - - - - - - - - - - - - - - - .-
-
non sostituibile
-- ---- --- -- -- ---- --- -
I
---- -- -- -- - --- - -â&#x20AC;˘ --- --- -- -- --- ------ - --- -- -J Fig . 42
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lare quelli N ATO - per la scelta del carro degli anni '90 ed in attesa d ell'FMBT- sono venuti via via orientandosi verso un carro di second a generazione in configura zione classica, ossia con torretta, in quanto ritenuta ancora la più valida sotto il profilo operativo. L'ottimizzazione delle prestazioni viene conseguita mediante un sistema avanzato per il controllo del tiro costituito, in linea di massima, da un sistema di stabilizzazione della bocca da fuoco, un sistema di telemetria laser ed un computer che consenta una elevata probabilità di colpire al primo colpo, nonché la riduzione dei tempi di intervento, sia a ca rro fermo che in m ovimento. La visione e il puntamento di notte ed in condizioni di visibilità limitata (nebbia, fumo, ecc.) sono ottenute utilizzando la tecnica dell'infrarosso termico. La bocca da fuoco p uò sparare proietti sia ad energia cinetica sia ad energia chimica, idonei a p erfora re elevati spessori di corazza (fino a 100 mm) alle massime distanze. Un tale carro deve disporre di un gruppo motopropulsore, di sospensioni e cingolatura idonei a permettere un a velocità di 50 km / h su terreno vario e di 70 km/h su strada, oltre che a consentire elevati valori di accelerazione da fermo, determinanti per rapidi spostamenti. L'elevato grado di protezione p er Yequipaggio è reso possibile con la compartimentazione dei vani carburante/munizioni, con un valido sistema di protezione nucleare-chimicobatteriologica (NBC), nonché con l'adozione di vari tipi dicorazze e diaframmi interni. I materiali impiegati devono avere eleva ti valori di dura ta e resistenza, con minime necessità di manutenzione e di intervento per le operazioni di riparazione. Prendendo in esame mod erni carri - come, ad esempio, il Ledere francese o il T-80 ru sso - si può indubbiamente affermare che si è avuta una convergenza più o meno evidente sui parametri della formu la tattica. Il Ledere viene p resenta to come il primissimo carro in cui tutte le fu nzioni principali - mobilità, osservazione e p untamento, caricamento, tiro e comunicazioni - sono gesti te da calcolatori e, quindi, grazie alla trasmissione automatica di
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Fig. 43 li carro armato francese AMX-32/Leclerc (rnnnone cal. 120) è divenuto il carro da com.ban imento standard de/ l' es erei to frane ese, quale successore del/' A.MX3082. Presenta molte analogie, sia con il Leopard.-2 tedesco, sia con l' Abrams M1
statunitense (l'orretta a pareti verl'icali piatte).
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dati da calcolatore a calcolatore, capaci di permettere l'entrata in combattimento del carro in «tempo reale»1 di giorno, di notte ed ogni tempo. Destinato a divenire il carro standard dell'esercito francese - l'obiettivo è di 80 Ledere per reggimento - esso adotta avanzate caratteristiche di disegno, equipaggio ridotto a 3 uomini1 caricamento del pezzo automatico1 torretta biposto a profilo piatto; caratteristiche queste già divenute standard nei carri sovietici a p artire da gli anni settanta. Ciò che colpisce del Ledere sono le sue dimensioni contenute, soprattutto in lunghezza. L'apparato rnotopropulsivo molto compatto ha infatti consentito di realizzare un treno di rotolamento ridotto a sei ruote - rispetto allo standard occidentale di sette - e quindi uno scafo più corto di circa 1 metro nei confronti del Leopard 2, dell' M-1 Abrams e, perfino, del T-80 russo. A proposito di quest'ultimo carro - che è dotato d i una serie di elaborate corazzature di cui stam10 beneficiando i precedenti T-64/72/74 sotto forma di retrofit - la sua entrata in servizio presso unità di élite dell' ex URSS ha progressivamente ridotto l'efficacia dei pezzi montati sui già moderni Medium Battle Ta11k (MBT) occidentali. A fronte di ciò, il Ledere monta una nuova versione del cannone da 120 mm ad anima liscia ad altissima pressione capace di sparare munizionamento di nuova generazione con velocità iniziale prossima di 2.000 m/ sec. Non è previsto di dotare il Ledere di corazze attive tuttavia l'intero schema di protezione viene definito di tipo «evolutivo», nel senso che può essere facilmente aggiornato con l'evoluzione della minaccia previa sostituzione delle piastre di corazza. In sintesi in campo occidentale, dove il carro ha raggiu nto un eccessivo stadio di sofisticazione, si rileva attualmente quasi u na inversione di tendenza m irata a soluzioni semplici ed affidabili; la stessa corazzatura non viene più considerata come esigenza prioritaria, ma come punto di compromesso da ricercare tra la protezione in generale cd il pesomobilità. In campo orientale, per contro, i tecnici sono ancora tesi a 1
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colmare l'inferiorità qualitativa dei loro mezzi, anche se il sopracitato T-80 può considerarsi il carro nettamente più avanzato di tutta la serie. Quale sarà il futuro del carro? Anche estrapoland.o le caratteristiche degli attuali mezzi e riferendoci ai progetti in prova, è difficile tentare di delineare i parametri della formu la tattica dei carri della 3a generazione, soprattutto per il diverso ordine di priorità che ciascuna na zione attribuisce alla potenza di fuoco, alla mobilità ed alla protezione. Per ora, l'unico dato certo sembrerebbe essere la validità del cannone rispetto al missile, quale armamento principale. Ciò in virtù della minore vulnerabilità, della maggiore flessibilità d'impiego, dell'insensibilità alle contromisure elettroniche (data la naturale caratteristica dello «spara e dimentica»), della celerità di tiro e della velocità di traiettoria. Prevedibili progressi nel munizionamento (efficacia del colpo e riduzione degli ingombri per la componente propellenza) convalidano questa valutazione. N ell'ambito d.i questa comune fiducia nel cannone è invece più dibattuta la questione d el calibro. Tn alcuni Paesi - prevalentemente caratterizzati da ambienti naturali piatti con elevati campi di vista e di tiro e da probabilità più elevate di coinvolgimento in conflitti - v' è la tendenza a confermare il calibro da 1.20, da 125, o addirittura, da 130, confidando anche nei progressi della componente propulsiva del munizionamento per ridurre i crescenti ingombri e pesi; in altri Paesi le stesse previsioni cli progressi sul munizionamento (in specie per la componente proietto), oltre ai vantaggi derivanti dalle minori dimensioni del complesso, inducono a considerare ancora valido il calibro da 105. Per quanto riguarda la mobilità, il livello già raggiunto sulla realizzazione dell'M-1 Almnns e Leopard 2 - la potenza specifica è dell'ordine di 30 HP / t - fanno ritenere non necessari e paganti miglioramenti nel settore, se non per quanto attiene l'affidabilità delle componenti, la rusticità e la mantenibilità in efficienza. Ciò si tradurrà, in ultima analisi, in un consistente aumento delle capacità operative, intese come numero maggiore d.i mezzi a disposizione dei reparti nel tempo. 97
La disponibilità operativa di un carro armato deriva da un razionale equilibrio tra il tempo medio intercorrente tra inefficienze prestabilite e il tempo medio occorrente per la riparazione di esse.
Formula d ella disponibilità operativa (in %) MTBF x 100 MTBFxMTTR -MTBF (Medium Time Between Failures) = Tempo Medio tra Indficienze. - MTTR (Medium Time To Repair) =Tempo Medio per la Riparazione.
NOTA: • Aumentando il MTBF la disponibilità operativa aumenta con progressione meno che proporzionale; • Diminuendo il MTTR la disponibilità operativa aumenta con progressione più che proporzionale.
Fig. 44
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La protezione continuerà a fare affidamento non solo sulla corazzatura, sulla mobilità e sulle ridotte dimensimù del mezzo, ma anche sulla non rivelabilità magnetica e termica del mezzo e sulla sua capacità di sopravvivenza in ogni ambiente. La corazzatura trova i suoi limiti nella neçessità di mantenere i pesi nella classe 60 tonnellate (auspicabile 50). Particolarmente idonee allo scopo si sono rivelate le corazze laminate in acciaio-ceramica che consentirebbero di alleggerire il carro ed avere basse pressioni specifiche sul terreno, dell' ordine di 0,5-0,7 kg/ cmq. Sarà necessario, inoltre, mettere a punto un sistema di protezione attivo in grado di salvaguardare il carro - oltre che da proietti e missili a carica cava e ad energia cinetica - anche da «bomblets», minette e proietti a guida terminale che lanciati dalle artiglierie o da vettori aerei tenteranno di colpire il carro nelle sue parti «molli», ventre e soprattutto parti superiori. È da tener presente tuttavia che pur prescindendo dall' esplosione dei costi di sviluppo e di produzione - gli oneri finanziari connessi con il sistema carro, compresi quelli relativi alla manutenzione e riparazione, possono raggiungere valori tali da non far più apparire sensata l'adozione del sistema stesso. Indispensabile altresì fin dalla fase progettuale tener conto della possibilità di sviluppare un veicolo di trasporto truppa con il massimo livello di sistemi e componenti in comune. Occorrerà perciò valutare a fondo la .c onvenienza del rapporto costo/ efficacia del sistema carro e depennare da qualsiasi progetto quei complessivi la cui importanza sia ritenuta globalmente dubbia, o che non abbiano dimostrato la necessaria maturità tecnica. I complessivi e sotto-complessivi del futuro carro dovranno avere non solo elevate prestazioni, ma essere anche leggeri, relativamente piccoli, poco costosi, affidabili e facilmente impiegabili e manutenzionabili. In particolare, i gruppi motopropulsori dovranno poter funzionare sempre più con combustibili alternativi e presentare bassi valori di consumo specifico.
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L'ALTEZZA DELLA SAGOMA FRONTALE DI UN CARRO È UN FATTORE DI PROTEZIONE - Raffron to altezza di sagoma dei p rinei pali cani occidentali e del!' est e uropeo -
2 20 2 20 ..____,__ _,__,__ __.__2_,s_o_~ _2_,4_s_~_2,_29_~_ 2_,3_s_ -~[_··-_ - 2_A6
B
ALTEZZA l)l SAGOMA: t11la sonrn1 it~ dl'.tlla torretta (escluso armamento St...~ondariu)
~ •
T- 7 2 ( e x URSS )
·r-ao ( e x unss )
CHALLENGER ( GB)
-
LEOPARD-2 ( HFG )
~ AMX- 30 ( F)
M-1 (USA)
l\H:CETE (I )
M- 84 JUGO)
( ex
r;:;~-ir;:~;--JT~~l±J[~][~]G.G PR()FONDITÀ 0 1 SCAVO l'F.R SCAFO SOTIO: alla som mità d cllnsc,110
Fig. 45
100
Si arriverà così allo sviluppo di un carro armato che, pur non fornendo le massime prestazioni sotto tutti gli aspetti, sarà sicuramente più efficiente sotto il profilo operativo ed anche più economico in seno al reparto che lo impiega.
10.l
PARTE III
RECENTI AMMAESTRAMENTI. LA GUERRA NEL GOLFO PERSICO (1991)
CAPITOLO SESTO LE OPERAZIONI DEI CORAZZATI
Lo scenario. La guerra combattuta agli inizi del 1991 nel Golfo Persico per la liberazione del Kuwait dagli iracheni è stata senz'altro la più imponente operazione mai condotta da una coalizione di Stati dopo la 2a Guerra Mondiale. L'Iraq aveva invaso il Kuwait il 2 agosto 1990 ed in poche ore le Divisioni della Guardia Repubblicana di Saddam Hussein - unità d'élite b<,m addestrate ed equ ipaggiate, dotate di moderni carri armati T-72 e veicoli corazzati BMP-2 - avevano sopraffatto le forze armate del piccolo Stato arabo, immediatamente annesso come 19a provincia dell'Iraq. Successivamente la sdegnata reazione della comunità internazionale - espressa attraverso le Nazioni Unite - anziché far recedere Saddam Hussein dalle sue mire espansionistiche1 lo indusse a potenziare la difesa dei territori acquisiti con lP é.1rrni. Il Kuwait Theatre of Operations (KTO) - così come veniva oramai definita l'area operativa a sud del 31 ° parallelo - fu presto organizzato dagli iracheni per la condotta di una difesa ad oltranza, imperniata su tre fasce difensive - le F.A. irachene si ispiravano nella sostanza alla dottrina sovietica, ancorché adattata all'esperienza acquisita nel pluriern1ale conflitto con l'Iran (1980-1989) - ed articolando le forze su 3 Corpi d'Armata in 1a schiera con funzioni di arresto, 1 Corpo d'Armata per la difesa della fascia costiera ed una riserva strategica costituita dalla Guardia Repubblicana, le cui Divisioni si riveleranno le uniche motivate, efficienti, disposte ad accettare il combattimento. Elementi di forza dell'organizzazione difensiva del KTO erano costituiti dall'elevato concentramento di forze - nel complesso oltre 40 Divisioni - e dal massiccio ricorso ad ostacoli artificiali, scaglionati in profondità per consentire la reiterazione della manovra difensiva. Per contro la difesa irachena presentava come punti deboli l'inadeguatezza del sistema di Comando, Controll o, Comunicazioni ed Informazioni (C3Il) - taluni Corpì d'Armata si ritrovavano a dover «gestire» anche 8/10 Divisioni - e
la mancanza di potere decisionale ai minori livelli di comando. Altra rilevante vulnerabilità era costituita dal supporto logistico - vincolato alla sola alimentazione dal territorio nazionale - le cui carenze contribuirono non poco al repentino cedimento delle Grandi Unità in 1a schiera. Inoltre fu subito appurato1 anche dall'esame di taluni episodi difensivi del precedente conflitto Iran-Iraq, che le forze terrestri irachene avevano espresso scarsa attitudine al combattimento notturno. Mentre Saddam Hussein consolidava l'occupazione militare del Kuwait1 la risposta delle Nazioni Unite si manifestò attraverso·una serie di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che evidenziarono la determinazione della comunità internazionale nel voler restituire la legittima sovranità al Kuwait. Prima che la coalizione iniziasse la campagna aerea contro l'Iraq (16 gennaio 1991) furono adottate dal consiglio di sicurezza ben 12 risoluzioni; la più significativa di esse fu la prima (n. 660) che imponeva il ritiro delle forze irachene dal KTO e l'ultima (n. 678) che autorizzava gli Stati all'uso di «tutti i mezzi necessari» per costringere gli iracheni a ritirarsi dal Kuwait entro il 15 gennaio 1991. È da premettere che1 parallelamente agli sforzi diplomatici posti in atto subito dopo l'invasione irachena del Kuwait, ci fu l'immediata necessità di scongiurare e/ o respingere ogni ulteriore aggressione dell'Iraq nella regione e ciò dette l'avvio ad un vasto afflusso di forze internazionali verso il Golfo Persico. Nel novembre 1990, era già stata costituita in Arabia Saudita una struttura di comando - il Central Co,mnand USA ubicato a Riyadh - ed erano ivi affluite forze occidentali ed arabe sufficienti a contrastare ogni ulteriore attacco iracheno. Pur tuttavia la connotazione delle forze inviate nel Golfo la maggior parte delle Unità appartenenvano a Stati Uniti1 Regno Unito e Francia - era essenzialmente difensiva, mentre andava palesandosi la necessità che per costringere l'Iraq ad abbandonare il Kuwait occorreva incrementare, quantomeno a scopo di deterrenza, la componente offensiva della coalizione, che doveva porsi in condizione di sferrare un attacco risolutivo. Fu così che l'allora presidente Bush decise un sostanziale 106
potenziamento del dispositivo militare nel Golfo con l'invio di 2 Divisioni corazzate, 2 Divisioni meccanizzate, 1 Brigata corazzata, 1 secondo gruppo anfibio dei Marines, più navi e più aerei. Al momento dell'offensiva terrestre (24 febbraio 1991) gli USA avevano nel teatro oltre mezzo milione di uomini, con una rilevante componente di riservisti. Quando fu oramai chiaro che una guerra per la liberazione del Kuwait sarebbe stata pressocché inevitabile, numerosi erano i fattori che destavano gravi preoccupazioni. Le forze irachene che difend evano il KTO erano valutate non solo numericamente superiori e ben equipaggiate ma anche temprate da 8 anni di guerra contro l'Iran. Ciò lasciava supporre che fossero oltremodo combattive ed incuranti di subire gravi perdite. A ciò si assommavano inoltre i timori derivanti dal possibile impiego di aggressivi chimici e biologici da parte irachena. Esperti a vario titolo fecero le più svariate previsioni sul conflitto, che secondo alcuni sarebbe durato mesi e avrebbe comportato perdite tali da far scemare il consenso dell' opinione pubblica; altri adombrarono disastri ecologici, la ripresa del terrorismo internazionale ed il collasso economico. Preoccupava inoltre il possibile ruolo di Israele e la sua risposta ad un eventuale attacco iracheno e si dubitava anche della reale volontà degli Stati Arabi - tra cui la Siria - di prender parte alla coalizione occidentale. Un elevato grado di indeterminatezza era altresì conferito alla guerra ad alta tecnologia che ci si apprestava a combattere. Molti dei sistemi d'arma e di comando e controllo in dotazione agli eserciti occidentali non erano mai stati sperimentati sul campo di battaglia; alcuni di essi avevano connotazione spiccatamente difensiva poiché destinati a contrastare la minaccia sovietica in centro Europa. Neppure la dottrina USA - l' Air Lande Battle - che fu posta a base della pianificazione operativa nel Golfo era in realtà mai stata sperimentata. Oggi appare evidente quanto fossero infondate tali preoccupazioni. Pur tuttavia, allora, pochi esperti furono in grado di prevedere le possibili evoluzioni della crisi e della guerra 107
che ne seguì. L'Esercito iracheno era invero numeroso e ben equipaggiato, ma la sua reale capacità operativa fu sovrastimata fin dall'inizio. La pluriennale guerra contro l'Iran- una delle più cruente e sanguinose dell'epoca moderna - ne aveva fiaccato il morale, che fu ulteriormente minato dalla campagna aerea alleata che precedette l'offensiva terrestre. L'intelligence a mezzo satelliti forniva dettagliati elementi informativi sullo schieramento iracheno nel KTO, così pure i rapporti sui danni inflitti (Battle Darnage Assessrnent) nel corso degli attacchi aerei; ma il morale delle truppe di Saddam Hussein non si prestava ad essere «monitorizzato» ed il suo disastroso livello trasparì solo non appena ebbe inizio la battaglia terrestre, quando i primi disertori si rifugiarono presso le forze della coalizione; l'intera verità si rivelò nella sua tragica evidenza solo ad offensiva terrestre ultimata. Per l'Iraq era stato facile invadere il Kuwait, ma divenne pressoché impossibile mantenerne l'occupazione, anche se non era così errato, come taluni esperti sostennero, il piano operativo iracheno nel KTO: un forte schieramento difensivo teso a bloccare tutti gli accessi da terra e dal mare, con una riserva strategica quantitativamente e qualitativamente adeguata, costituita dalle Divisioni della Guardia Repubblicana. La strategia di Saddam Hussein - il voler sempre prendere tempo - invece, continua a rimanere poco chiara. Sembrava pronto ad accettare un gran numero di perdite e ciò costituiva certamente un punto di forza, oltre a non dover dipendere dalla solidarietà di alleati. La coalizione arabo-occidentale non solo era una organizzazione diversificata, ma risultava ampiamente condizionata dall'opinione pubblica. Cosicché se Saddam Hussein fosse stato in grado di subire rilevanti perdite ma di infliggerne a sua volta, la coalizione avrebbe potuto anche incrinarsi; ma così non fu. Quando ebbe inizio la guerra aerea (16 gennaio 1991) la coalizione aveva ammassato considerevoli forze nel Golfo, anche se le Unità terrestri non erano giudicate pronte ad entrare in combattimento. Si valutava che avessero bisogno di un altro mese di intensa preparazione, per cui il momento più opportuno per sferrare l'offensiva terrestre fu ricercato - con 108
oculata scelta dei tempi - dopo tale periodo. La supremazia aerea fu acquisita quasi immediatamente, con impatto devastante sulla capacità operativa irachena. Quando iniziò l'attacco terrestre (24 febbraio 1991t le forze della coalizione non erano più sotto la minaccia aerea nemica e, raramente, una operazione di tale portata fu condotta in condizioni di una così soverchiante supremazia aerea. Nonostante sia ancora dibattuto se la guerra del Golfo fosse stata già vinta o meno prima dell'offensiva terrestre, è indubbio che la campagna aerea contribuì moltissimo alla rapida sconfitta delle forze irachene. Ogni scelta della coalizione (dottrina, tattica, equipaggiamento) si rivelò appropriata. I sistemi C3 consentirono ai comandanti di prendere rapide decisioni, neutralizzando la capacità di reazione del nemico (la posta elettronica, ad esempio, permise di trasmettere ordini quasi in tempo reale). Sistemì d'anna quali i lanciarazzi multipli (MLRSt gli aerei A10 USA, gli elicotteri d'attacco Apache, hanno battuto obiettivi in profondità con risultati devastanti, mentre forze corazzate dotate di grande potenza di fuoco combattevano la battaglia di contatto. Uno dei pochi commentatori-il britannico John Keeganche all'epoca aveva predetto una rapida vittoria della coalizione sintetizzò così il confronto tra le forze in campo: «Da una parte si trovava un. Paese di 18 milioni di abitanti del ter.zo. mondo, senza adeguate industrie belliche e con equipaggiamento sovietico di seconda m.ano che non avrebbe potuto essere sostituito se perso in combattimento. Dall'altra vi erano tre dei maggiori paesi del mondo occidentale (USA, Regno Unito e Francia), che insieme raggiungevano i 350 milioni di persone e che erano, rispettivamente, al primo, al terzo e al quarto posto tra i produttori internazionali di armamenti e tecnologia avanzata».
La pianificazione dell'offensiva terrestre. Il concetto d'azione elaborato dal Centra[ Command USA a Riyadh per l'offensiva terrestre - denominata Desert 51.uord (Spada del Deserto) - si ispirava al principio dell' «approccio indiretto», supportato da un efficace piano d'inganno a livello strategico. È da rammentare che la teoria dell'approccio indiretto era stata enfa109
THE INDIRECT APPROACH (L'approccio indiretto)
Il segreto del successo sta in parte nella combinazione tattica di carri e aviazione, in parte nella sorpresa della direzione e dell'ora dell'attacco; ma soprattutto sta in ciò che segue, nel modo cioè in cui si sfrutta la breccia aperta (la penetrazione tattica di un fronte) con una penetrazione strategica in profondità delle forze corazzate, che operano indipendentemente precedendo il grosso dell'Esercito. La progressione di tali forze consente una penetrazione in profondità decisiva fintantoché è mantenuta a livello «torrenziale», capace dischivare i colpi della difesa nemica o di far breccia in essa (nel qual caso il fiume di carri si restringe1 per poi riportarsi alla sua ampiezza originaria). È la progressione costante, abbinata alla variabilità del punto di gravitazione, che paralizza l'avversario. Perché ad ogni passo, dopo la breccia iniziale, il movimento flessibile dalle forze corazzate pone contempo-
raneamente una serie di minacce, e la minaccia che di volta in volta si concretizza è troppo veloce perché le riserve nemiche possano arrivare sul posto in tempo. In effetti la sorpresa, sia tattica che strate&ica, è mantenuta dall'inizio alla fine. E questo l' «approccio indiretto» ad elevata velocità alle retrovie nemiche, nelle quali si trovano gli organi - vitali e vulnerabili -di controllo e rifornimento dell'avversario.
Basil Liddell Hart1 The British Way in Warfare (Il modo britannico di fare la guerra), 1932. Fig. 46
110
tizzata sin dagli anni '30 - periodo di intenso travaglio dottrinale e di cimento d'idee in campo carrista- ad opera di un illustre pioniere dell'esordiente «Arma corazzata», il britannico Basil Liddell Hart. Egli aveva tradotto questa idea nel «torrente in espansione» delle forze corazzate, che penetrano rapidamente in profondità nelle retrovie nemiche, annientando i centri vitali della battaglia. L'ambiente desertico del Golfo, privo di ostacoli significativi, ben si prestava ad una tale manovra; la natura del terreno, fattore che più condizionava la pianificazione operativa in centro Europa, esaltava in tal caso l'impiego a massa delle forze corazzate. La riserva strategica irachena (le divisioni della Guardia Repubblicana schierate a nord del KTO) rappresentava il centro di gravità nemico, ossia quella parte della potenza avversaria la cui neutralizzazione avrebbe provocato inevitabilmente la sconfitta; era pertanto questo l'obiettivo che il «torrente in espansione» dei carri doveva colpire il più rapidamente possibile. Tale intuizione fu così espressa dal comandante in capo delle forze della coalizione, generale Schwarzkoff: «La Guardia Repubblicana era il punto focale a livello operativo. Se avessimo potuto concentrare le nostre forze terrestri contro la Guardia Repubblicana, senza do'uer combattere contro altre forze, avremmo riportato un successo totale». In tale contesto assumeva rilevante importanza la ricerca della sorpresa a tutti i livelli. Il piano d'inganno doveva indurre Saddam Hussein aritenere che lo sforzo principale della coalizione sarebbe stato esercitato lungo il confine tra il Kmvait e l'Arabia Saudita piuttosto che altrove; ciò fu reso credibile concentrando vettori navali nel mare antistante Kuwait City e ammassando forze meccanizzate e corazzate lungo la fascia costiera saudita. Ma nell'immediato approssimarsi dell'attacco terrestre sotto la copertura della campagna aerea oramai in atto - la coalizione spostò la gravitazione delle forze verso ovest, oltre il punto triconfinale iracheno-saudita-kuwaitiano, con un imponente trasferimento di unità corazzate ad oltre 350 km 111
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Grnfico dell'operazione «Desert Sword.» (Spada del Deserto), Jàse terrestre della complessa offensiva alleata denominata «Oesert Storrr1» (Tempesta nel Deserto). La definitiva liberazione del Kuwait dall'occupazione irachena posta i11 atto nell'agosto '90 avvenne in 100 ore di combattimenti terrestri (24-28 febbraio 1991).
112
dalla costa del Golfo Persico. Al VII Corpo d'Armata USA, che aveva ricevuto in rinforzo la Divisione corazzata britannica, fu affidato lo sforzo principale con il compito di attaccare e distruggere la Guardia Repubblicana irachena. Il piano elaborato dal comando del VII Corpo prevedeva una manovra di avvolgimento da ovest, che avrebbe consentito di evitare lo scontro con il nemico là dove era me~lio sistemato a difesa e più preparato alla guerra di attrito. E da rilevare che tale manovra, ancorché fondata sul principio dell'approccio indiretto, fu fortemente condizionata dal comune desiderio degli Stati della coalizione di ridurre al minimo le perdite, come in realtà avvenne (la coalizione riportò 25 morti, mentre l'Iraq perse in combattimento 85.000+100.000 soldati tra morti e feriti gravi). L'imperativo era «isolare, concentrare, impedire contromanovre o rinforzi, distruggere» e tutto ciò doveva essere attuato con estrema rapidità e senza soluzione di continuità. Venne pianificata un'operazione di sfondamento delle difese irachene ad ovest di Wadi Al Batin - ampia depressione in senso pressoché meridiano che segna il confine sud tra l'Iraq ed il Kuwait - seguito dall'irruzione di forze corazzate: una divisione meccanizzata doveva aprire la breccia, due divisioni corazzate rinforzate da un reggimento di cavalleria avrebbero sopraffatto la Guardia Repubblicana irachena, mentre la Divisione corazzata britannica (su 7a e 4a Brigata) avrebbe dovuto proteggere il fianco destro del VII Corpo (fianco esposto) dalle riserve tattiche irachene. In sosta nza il piano del VII Corpo era quello di condurre la maggior potenza di attacco disponibile, cioè la due divisioni corazzate USA, nell'area della riserva strategica irachena (Guardia Repubblicana) senza dover prima affrontare altre forze. E ciò dipendeva in gran parte da come avrebbe assolto il compito la divisione corazzata britannica, che avrebbe dovuto condurre la battaglia di contatto.
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VII CORPO D'ARMATA USA - COMPITI -
1. 1 /\ Divisione di Fanteria americana: aprire una breccia nella principale posizione difensiva irachena
2. 1° Reggimento di Cavalleria americano: con-
durre un finto attacco lungo la direzione del Wadi Al Batin
3. 1" Di visione Corazzata britannica: proteggere
il fianco destro del Corpo d'Armata distruggendo le riserve tattiche irachene
4. 2° Reggimento Corazzato di Cavalleria americano: guidare la 1/\e la 3/\ Divisione Corazza-
ta americana in un'area dalla quale possano annientare la Guardia Repubblicana irachena
Fig. 48
114
CAPITOLO SETTIMO LA DIVISIONE CORAZZATA BRITANNICA
La battaglia di contatto. La missione affidata alla Divisione corazzata britannica era di «attaccare attraverso la divisione meccanizzata USA e neutralizzare le riserve tattiche nemiche per proteggere il fianco destro del VII Corpo d'Armata statunitense». Di seguito verrà analizzata la tattica cui si è fatto ricorso nella battaglia di contatto piuttosto che descrivere nel dettaglio le molte azioni che hanno avuto luogo durante la «guerra delle 100 ore»; laddove viene fatto specifico riferimento ad atti tattici, ciò al solo fine di illustrare come sia stato conseguito il successo. Alle 00.40 del 25 febbraio 1991 la Divisione corazzata britannica diramò l'ord ine di movimento. In precedenza1 p er una intera settimana1 l'artiglieria del VII Corpo d'Armata USA aveva effettuato un intenso fuoco di sbarramento sulle posizioni di prima linea irachene, stimato essere l'equivalente di 75.000 missili superficie-superficie tipo Scud. Il piano della Divisione britannica prevedeva di attraversare la breccia aperta il 24 febbraio dalla Divisione USA e di attaccare sequenzialmente con due Brigate, la 7a e la 4a_ Alla 7a Brigata corazzata Desert Rats (Topi del Deserto) venne affidato il compito di guidare l'attacco verso il territorio iracheno in guanto aveva avuto maggiori opportunità di addestrarsi, essendo stata inviata nel Golfo come brigata indipendente e dichiarata pienamente operativa sin dal novembre 1990. Il passaggio avanzato delle linee amiche non fu una manovra priva di contrattempi benché fosse stato accuratamente pianificato e provato in addestramento congiunto con la divisione USA da scavalcare non meno di tre volte. Il movimento attraverso la breccia fu meno rapido di quanto pianificato, forse perché non fu opportunamente ponderata la diversità delle prestazioni dell'enorme numero di mezzi coinvolti; il volume del traffico nell'area aveva costretto a rallentare la velocità e, inoltre1 uno dei varchi fu chiuso all'ultimo momento per il sospetto di mine. Il passaggio a van-
zato delle linee amiche sembrava parodiare le predizioni dì Saddam Husseìn sulla guerra, in tal caso «madre di tutti gli ingorghi di traffico»! In effetti, manovrare una divisione attraverso un'altra divisione risultava un'operazione assai complessa e, benché l' esercito britannico avesse condotto con successo una tale manovra nell'ambito dell'8a Armata durante la battaglia di El Alamein nel 1942, mancava una recente esperienza pratica che non fosse pura simulazione, ancorché ben ricostruita. Inoltre, ad aggravare le difficoltà, il passaggio delle linee doveva avvenire non attraverso un'altra divisione britannica ma filtrando nelle maglie della divisione americana che aveva effettuato lo sfondamento, con una dottrina diversa a cui adeguarsi. Nonostante tutto l'operazione fu condotta a termine con successo e con leggero anticipo sul tempo limite previsto; l' ora di inizio attacco era fissata per le 15,15 del D+ 1 (25 febbraio 1991) e ciò consentì di effettuare il pieno carburante ai carri prima di superare la linea di partenza oltre la breccia, in territorio iracheno. Le predisposizioni che garantirono la riuscita di un'operazione così complessa furono molteplici; l'essenza di esse è ben riassunta nelle parole del Capo di Stato Maggiore - Col. J.G. Reith- della divisione corazzata britannica: «I criteri che normalmente regolano il movimento furono valutati semplicemente inadatti in questa circostanza. Si decise di eliminare tutti i vuoti: nessuno spazio fra pacchetti equipaggio, fra le unità epersino fra le brigate. Fu u ti! izzato ogni centimetro del percorso. E anche così, occorsero circa 6 ore all'intera divisione per attraversare la breccia utilizzando 8 varchi (4 per cingolati e 4 per ruotati). La chiave del successo fu "una politica di saturazione e di affiancamento'' tradotta nell'impiego capillare di Ufficiali di collegamento a tutti i livelli. Avevamo la supremazia dell'aria, è vero, ma i rischi furono ridotti ulteriormente concentrando i sistemi d'arma contraerei delle due divisioni (USA e UK) intorno alla breccia ed indossando i kit NBC». La divisione aveva attraversato il confine iracheno con la prospettiva di dover affrontare una serie di scontri, dai combattimenti d'incontro lungo la direzione di marcia agli attac116
DESERT RATS
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IL PRIMO COMANDANTE IL COMANDANTE NELLA GUERRA DEL GOLFO
Gen. Percy Stanley HOBART ato nel 1885, HOBART non può dìrsi certo figura estrernamence nota - forse anche per chi abbia dimestichezza con la storia dei me7.7.i corazzati • sicuramente non famosa quanto il tedesco Heinz GU DERIAN o Erwin ROMMEL. Eppure fu HOBART • scarsamente profeta in patria (era avversato dai suoi ~uvc:riud) a uasmeuere al Cen. GUDERIAN. artefice poi della guerra lampo (61 itzkrieg). queWidea che "una massa compatta di carri armati può frantumare un solido schieramento nemico". HOBART fu in sostanza - insieme a Liddel HART. FULLER ed altri illustri pionieri del carrismo. il precursore di quelle operazioni fluide e dinamiche che poi sarebbero di venule di prammatica per i corazuili. Generale di Brigata, nel 1934 assunse il Comando della prima brigata carri britann ica e, nel 1938, costituì ed addestrò in EGITTO la famos.1 7" Divjsjone corazzata "Descrt Rats·· di cui oggì \a 7" Brigata corau.,ata impiegata nella Guerra del Golfo è degna erede. Kclla 2" G.M. ad HOBART venne tta l'altro affidato l'incarico di, mencrc a punto sp<:ciali mezzi coraz1.ati des1ina1i a guidare l'atlacco contro le spiagge prescelte per lo sbarco in Normandia. li successo dc\ " D-Day" dipendeva infalli dalla velocità con cuì gli in,•asorì sarebbero riusciti a spe7,7are la ..dura crosta" delle difese costiere e a pene1rarc verso l'interno. Dopo il disa51ro di DIEPPE. gli inglesi avevano compreso che le truppe d ·assalto della fanteria dovevano essere precedute ed appoggiate da pan icolari mezzi corazzali. in grado di neutraliz1.are o eliminare i vari tipi di oslacoli predisposti dai tedeschi. HOBART creò una serie di strani veicoli corazzati -funnies- ossìa carri armati ìn versione sminatori, lanciafiamme, bulldozer, ecc. per cui fu ricordato come .. l'uomo che aprl un varco nel vallo atlamico". Morl il 19 febbraio 1957.
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* Topi del Deserto
Gen. Patrick CORDINGLEY ato nel 194 4, COR DINGLEY e ntra nell a Reale Accademia Militare nel 1963. Vìenc promosso Ufficiale cd assegn>to ~I ~· Rn)'a l Inniskilling Dragoon Guanls nel 1965 e successivamente viene chiamato a servire in LIBIA. CIPRO e in GER MANI A. Ufficiale di Stato Maggiore specìalizz:110 in arma111en1i, ricopre vari incarichi tra cui quello di rcsponsabìlc de\ programma sui futuri carri dell' Esercito britannico. Nel 1988 il Gen. CORDINGLEY assume il Comando della 7"Briga1a corazzata "Dcsert Rais". Nel 1990 • allorchè le Au1orilà britanniche decidouo di inter· venire neUa crisì del Golfo (14 settembre). il Gen. CORDING LE Y e la sua Brig:ita (12.000 uomini, 150 carri armati CHALLENGER) si trasferiscono in poco più di un mese nella penisola arabica, ove viene da10 massimo impulso alle attività addestracive di amalgama con le forte stacunitcnsi. E' in questa fase che il Gen. CORDINOLEY mene a punto quel dispositivo di suppono tallico-\ogis1ico che consentirà ai "Descrt RatS"una rapida penctraiìone auraverso g\i appresta· menti difensivi iracheni (i l Gen. HOBART ha fauo scuola!). Iniziati i combattimenti terrestri. alla 7" Brigata ,·iene affidato il compito di guidate l'anacco verso ìl terri torio iracheno (25 febbraio \991) e di proteggere il fianco destro del 7° Corpo d'Armata USA nel quale era inquadrata. AUe ore 08:00 del 28 febbraio ìl Gen. CORD!NGLEY · muovendo da ovest verso est • taglia con le sue unità corazzate l'asse stradale KUWAT CITY • BASSORA e chiude ogni via di scampo aUa Guardia Repubblicana irachena. "Desert Stonn·· é conclusa. Generale di Divisione, COR DINGLEY ricopre attualmente l'incarico dì Comandante della Regione Miliwe Orientale. E' ìnsìgnito dell'alta onorificenza di "Distinguished Service Ordcr· (DSO).
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Fig. 49
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chi sistematici condotti con fanteria appiedata alla conquista delle trincee. In alcuni casi i combattimenti avevano corrisposto alle aspettative; in altri la battaglia si era svolta a distanza e si era conclusa con il collasso delle forze irachene e la loro resa; in generale l'intensità degli scontri fu inferiore al previsto ma comunque su periore a quella di u na qualunque esercitazione. In tale contesto il ricorso alla navigazione satellitare ebbe un impatto risolutivo sulle operazioni. Il comandante della 7a Brigata, Gen. Cordingley, ebbe ad affermare: «per la prima volta nella storia del!' esercito britannico sapevano esattamente dove ciascuno di noi stava combattendo la sua battaglia!». L'equipaggiamento u sato era un adattamento americano ad uso militare di sistemi commerciali (GPS) adottati su navi e yacht in grado di fornire riferimenti a griglia di otto figure con precisione di una decina di metri. I ricevitori per la navigazione satellitare furono distribuiti a tutto il personale-chiave; in genere ogni comandante ne a veva installato uno sul proprio carro. In ogni rapporto successivo ad atti tattici vi si intravedeva il contributo alla vittoria di tale equipaggiamento. Il carico di lavoro dei comandanti fu così enormemente snellito come ebbe a stigmatizzare uno di essi: «la navigazione satellitare ha "liberato" i comandanti, prima impegnati a combattere con i carri e le loro truppe con l'angoscia di sapere dove realmente si trovavano; ed ha significato pace per le reti di comunicazione. Senza tale ausilio il 50% del tempo in trasmissione si impegnava nelle domande e risposte di rito: dove sei? aspetta ... controllo ... , ecc.». In sintesi, sebbene sia inconfutabile che il particolare ambiente desertico abbia contribuito ad esaltare le operazioni tipiche dei corazzati, nella realtà, non vi è parimenti dubbio che la navigazione satellitare e l' impiego di visori e strumenti d i puntamento ad immagine termica siano stati determinanti nell'imprimere, sia di giorno che di notte, un ritmo incalzan te alYazione, oltre che nel ridurre al minimo l'eventualità di scontri fratricidi. I I8
Seppure la navigazione satellitare rappresentasse il miglior ausilio anti-fratricida disponibile1 altri espedienti furono posti in atto1 non solo per prevenire scontri fra truppe arniche, ma anche per facilitare il controllo delle formazioni e la ricognizione ravvicinata. Per la 7a Brigata furono adottate sui mezzi luci di navigazione verdi, rosse p er la 4a Brigata, mentre tutti i veicoli della coalizione furono contrassegnati con una «V» rovesciata; alcuni di essi (ad esempio quelli estremi delle formazioni) avevano dei pannelli rinfrangenti sulla torretta (espediente possibile in assenza di minaccia aerea avversaria). Successivamente, a seguito di alcuni incidenti dovuti a mancata identificazione, molti comandanti issarono addirittura la bandiera nazionale. Ciò riduceva inevitabilmente la sicurezza del rnezzo1 ma la possibilità di riconoscere con immediatezza i contrassegni amici era ritenuta più importante del fatto di mantenere occultata la posizione del comandante. In movimento, l'ampiezza dei fronti di spiegamento era normalmente condizionata dal terreno, dagli ostacoli e soprattutto dalla visibilità. Se l'osservazione era difficile a causa di avverse condizioni meteorologiche, tempeste di sabbia od oscurità1 le formazioni si chiudevano, mentre in presenza di condizioni favorevoli un gruppo tattico a livello battaglione poteva spiegarsi su di un fronte ampio fino a 4 km. Vi furono situazioni, di notte o in assenza di visibilità, in cui la formazione più opportuna era anche la più semplice: la fila singola, soprattutto se non tutti i mezzi erano dotati di ricevitori satellitari e/ o visori ad immagine termica. Man mano che si avanzava1 si percepiva con sempre più evidenza l'importanza di mantenere il ritmo dell'azione piuttosto che adottare tecniche di movimento prudenti e dottrinali, com.e lo scenario in Ct:ntro Europa forse avrebbe richiesto. Su terreno aperto l'unica copertura era di fatto «sulle posizioni nemiche»; elevata era la possibilità di essere visti molto presto ed in tal caso, al contatto, l'imperativo era: massiffta velocità e fuoco di soppressione continuo. Tuttavia, entrare in contatto con il nemico non significava 119
necessariamente attaccarlo in modo sistematico, poiché non era indispensabile, a meno di non esservi costretti, un coinvolgimento diretto in un'azione che avrebbe comportato quantomeno una perdita di tempo. Il punto fondamentale era quello di impiegare il nemico ad una distanza superiore alle sue capacità di risposta e ciò avveniva di norma con i carri armati Challenger su u na distanza di oltre 3.000 metri. L'unica limitazione era costituita dalla necessità di identifica re con immediatezza, ma anche con certezza, il nemico da battere. I primi scontri rivelarono subito l'importanza di vincere la «battaglia del fuoco». È questo un aspetto spesso trascurato nell'addestramento del tempo di pace, tendente piuttosto a privilegiare la manovra. Il movimento, soprattutto a livello di gruppo tattico, non consente di sopraffare il nemico, a meno che non sia strettamente eseguito per consegnare (cioè per rendere disponibile, n.d.a.) la potenza di fuoco. Il contatto iniziale fu quasi sempre ad opera dei carri Challenger - il carro armato fu impiegato per la sua versatilità anche per la ricognizione ravvicinata in quanto assommava una serie di caratteristiche vantaggiose, .tra cui i visori termici e il ricevitore satellitare - e spesso avvenne nella cosiddetta forma di «punti caldi» (hot spot) sui visori ad immagine termica. La 7a Brigata entrò per la prima volta in contatto con il nemico nella notte del 25 febbraio e ciò implicò un attacco fuori dalla linea di marcia contro un obiettivo inaspettato, un posto comando iracheno a livello divisionale. Lo squadrone carri che procedeva sul fianco destro della Brigata individuò una serie di hot spot per cui il Comandante inviò una pattuglia da ricognizione da quella parte. Gli esploratori vennero ben pres to agganciati dai riflettori all' infrarosso iracheni e rientrarono rapidamente all'interno dello squadrone che, nel frattempo, si era spiegato. Nel rapporto del comandante dello squadrone si legge: «non appena avanzammo, i carri cominciarono ad inquadrare gli obiettivi nei loro visori termici. Con assoluta chiarezza consentirono di rilevare bunkers ed altre postazioni occupate. Non fu una notte particolarmente piacevole, stava piovendo a dirotto e la visibilità ad occhio nudo era inferiore a 15 metri, prima che si potesse 120
Fig. SO
Veicolo corazzato Warrior in azione nella notte del 25 febbraio 1991 . La fase terrestre di Desert Storm è iniziata da poche ore. In alto a destra si notano le scie dei razzi degli MLR.5.
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vedere qualcosa della grandezza di un carro; era molto buio. 1 carri aprirono immediatamente il fuoco e quando i veicoli colpiti cominciarono a bruciare1 la fanteria ebbe dei bersagli su cui sparare». Vinta la battaglia del fuoco, il problema successivo era quello di convincere gli iracheni che lo squadrone voleva accettare la loro resa, per poi procedere oltre velocemente. Ciò fu ottenuto accendendo i fari dei Challenger e muovendo lentamente verso l'obiettivo. Nell'impartire gli ordini i comandanti a tutti i livelli si sono avvalsi pressoché esclusivamente della rete radio. In merito, è da precisare che il comando della divisione aveva elaborato un dettagliato ordine di operazioni solo per il passaggio delle linee avanzate, attraverso la breccia aperta dalla Divisione statunitense. Per lo sviluppo successivo della manovra ci si limitò a fornire aggiornamenti di situazione (se disponibili), conferma della missione (ove necessario) e le risorse per l'esecuzione. Come ebbe a dire il capo di Stato J\!Iaggiore della divisione, fu necessario un «men.tal somersaults», un capovolgimento mentale, per rompere la tradizione britannica di impartire lunghi e dettagliati ordini, a cui tutti i comandanti erano stati educati da quarant'anni di Generai Deployment Plan (GDP) in Centro Europa. Ma ben presto si instaurò la convinzione che per combattere una guerra di manovra come quella che si stava preparando nel Golfo occorreva cambiare stile di comando: «i comandanti dovevano combattere la battaglia piuttosto che fare i piani!» e ciò conferì l'indisp ensabile flessibilità all'intera operazione. La maggior parte degli attacchi furono condotti contro apprestamenti difensivi; raramente si verificarono veri e propri combattimenti d'incontro, anche se forze corazzate nemiche spesso furono neutralizzate mentre accorrevano a rinforzare le postazioni irachene. Una tale circostanza si presentò nelle prime ore del 26 febbraio. La 7a Brigata individuò con i visori termici dei carri una serie di «punti caldi» a notevole distanza, che si rivelarono presto carri T-55 iracheni. Furono sparati in brevissimo tempo 97 proietti, per lo più usando gittate stimate, e il con122
Fig. 51
Topi del Deserto della 7° B. cor. britannica in attesa di e,;trare in azione.
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trattacco fu bloccato con successo. Identificare le posizioni nemiche nelle fasi finali dello scontro non fu mai agevole; spesso ciò dipendeva dal fuoco di «ricerca» dei carri, dal fuoco indiretto dell'artiglieria e dall'abilità del comandante di d escrivere ai propri uomini gli obiettivi. Le postazioni irachene erano ben mimetizzate, interrate dietro banchine, difficili da individuare da bordo dei veicoli da trasporto e combattimento Warrior - soprattutto se questi non disponevano di visori termici - in condizioni di scarsa visibilità (fa ttore purtroppo ricorrente durante tutta l'offensiva terrestre). Ingaggiato l'obiettivo i Challenger e l' artigliera forn ivano il fuoco di soppressione. Pu r potendo sparare in movimento, i carri si fermavano un attimo per aprire il fuoco poiché ciò consentiva una maggiore precisione, oltre alla possibilità di aggiustare il tiro osservand o l'impatto del colpo. A circa 300 m etri dall'obiettivo, mentre l'artiglieria allungava il tiro in profondità, i Warrior acceleravano (fino a 35 km / h), raggiungevano e superavano i carri ed iniziavano il fuoco con l'armamento di bordo. Il rapporto che segue, redatto da un comandante di squadrone (Cap. MacKenzie-Hill), presenta in mod o realistico, non solo le fasi dell'assalto finale, ma anche l'inevitabile confusione che si creava nella postazione nemica. «La fan teria irachena correva all'aperto sot/:o il nostro fuoco. A qualcuno sembrò che stessero avanzando. Si pensò che quelli che si gettavano a terra stessero assumendo la posizione per far fuoco. Ad un comandante sem.brò di vedere sul suo visore una immagine termica costituita da piccoli «punti caldi e freddi» che ritenne essere una rete mimetica. Si rivelò invece un gruppo di fanti iracheni in piedi, presto abbattuti dal fuoco di ricerca. Era difficile anche valutare se i nostri carri ricevessero il fuoco delle armi portatili irachene. Fu chiesto al comandante dello squadrone se voleva luce: «non ancora» fu la risposta. Molti bunkers erano ancora sotto il fuoco dei carri. Si passò sopra alcune trincee. Continuava il fuoco di soppressione. Venne dichiarato il cessate il fuoco quando sembrò che il nemico volesse arrendersi. Si accesero i fari e si videro in alcune trincee delle bandiere bianche. Seguirono due-tre minuti in cui il nemico corse all'aperto. Alcuni iracheni salirono sui carri>>. 124
Nell'assalto finale non vi furono rigidi criteri riguardo al momento in cui la fanteria dovesse sbarcare dai Warrior; la decisione dipendeva da una serie di fattori: il terreno, lanatura della minaccia nemica, il supporto di fuoco diretto e/ o indiretto a protezione degli assaltatori. Emerse subito chiaramente che l'impiego più efficace del Warrior nel particola-, re ambiente naturale era quello di far appiedare gli uomini proprio sull'obiettivo, Vi erano pericoli connessi prevalentemente ai campi minati, ma i vantaggi furono valutati presto superiori agli svantaggi. Il Warrior divenne così un mezzo per la «consegna della potenza di combattimento» (a similitudine del velivolo C-130 per i paracadutisti), con un ruolo secondario di supporto di fuoco per la fanteria appiedat?. È da precisare che tale impiego fu condizionato, da un lato, dall'incremento delle possibifità di sopravvivenza del mezzo (operato potenziandone la corazzatura), dall'altro, dalla difficoltà delle trupp~ appiedate di muoversi sulla soffice sabbia del deserto saudita. Anche se il terreno ghiaioso dell'Iraq aveva successivamente eliminato il problema, la tattica migliore rimase quella di far sbarcare gli uomini non lontani dal1' obiettivo. La velocità di progressione, combinata con la sorpresa della direzione spesso inaspettata (consentita dalla navigazione satellitare), impresse all'assalto finale uno slancio altrimenti impossibile con un attacco appiedato. Non sempre comunque occorreva sbarcare dai mezzi; alcune compagnie di fanteria non sono mai appiedate o l'hanno fatto soltanto per radunare i prigionieri. In alcuni casi il nemico non ha combattuto, mentre in altri sono stati raggiunti «obiettivi vuoti». In generale, l'opzione «discesa dai mezzi» fu attuata raramente, a meno che non fosse assolutamente necessario, poiché l'imperativo era quello di mantenere il ritmo incalzante dell'azione. Fu anche per tale ragione che i due comandanti di brigata diressero le operazioni a bordo del proprio carro, dotato di un equipaggio selezionato. Il generale Cordingley, comandante della 7a Brigata corazzata, ha spiegato così l'impiego del suo Challenger durante l'offensiva: «Per le prime 16 125
Fig. 52
Il Gen. Cordingley guida l'attacco della 7a B. cor. britannica a bordo del suo carro comando.
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ore sono rimasto sul mio carro e soltanto dopo ho raggiunto il mio posto comando, quando si doveva pianificare un attacco notturno. Avrei potuto fare ciò anche solo con il mio ufficiale cannoniere, ma dal momento che non c'erano ragioni che richiedessero la mia presenza altrove sul campo di battaglia, mi sembrò un gesto di sensibilità impartire gli ordini al mio staff verbalmente. Poi l'avanzata continuò e così rimasi nel mio carro per altre 14 ore. E quando la brigata si consolidò su un successivo obiettivo, tornai al mio comando. In seguito la battaglia divenne una disfatta per il nemico e fu importantissimo comandare in testa alle formazioni. Ci fermammo al centro del Kuwait e un'altra volta raggiunsi il mio comando, e il processo di pianificazione continuò . .Poi fui di nuovo nel mio carro fino a tagliare la strada che collegava Kuwait City a Bassora (28 febbraio)». Il generale Cordingley era certo che le necessarie misure di coordinamento e controllo sarebbero state ben gestite dal suo staff al posto comando anche senza la sua presenza; ciò era un riflesso del lungo addestramento effettuato e della reciproca fiducia instauratasi con i suoi gregari nel corso dei mesi precedenti l'operazione << Uesert Sword». L'esperienza della 7a Brigata corazzata «Desert Rats». La 7a Brigata (12.000 uomini, 150 carri armati Challenger), come già accennato, era stata inizialmente inviata nel Golfo Persico come brigata indipendente sin dall'autunno del 1990, quando sembrava che Saddam Hussein minacciasse anche l'integrità territoriale dell'Arabia Saudita. La sua preparazione pertanto era ben diversa da quella della 4a Brigata, completata solo nei primi giorni del gennaio 1991 allorché fu trasferito dalla Germania - dal British Army of the Rhine (BAOR) - anche il comando di divisione destinato ad inquadrare le due brigate britanniche. Tre mesi di intenso addestramento congiunto con unità statunitensi - in un primo tempo con i Marines nel ruolo difensivo, successivamente con la divisione meccanizzata USA nell'imminenza dell'offensiva «Desert Sword» - avevano conferito alla 7a Brigata una indiscussa versatilità ed affidabilità, talché fu designata per guidare l'attacco in territorio iracheno. Il Generale Patrick Cordingley, comandante dei «Topi del 127
Fig. 53
Formazione carri Challenger lanciata in combattimento. L'attacco fu inizialmente condotto dal grnppo dei Queen's Roynl Irish Hussar costituito solamente dn carri.
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Fig.54
Carro Chalienger dei Royal Scots Dragoon Gunrds lanciato in combattimento. I Dragoni Scozzesi costituivano l'aUro gruppo corazzato della 7a B. cor. britannica.
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Deserto», ha efficacemente riassunto la sua esperienza nel corso della conferenza sulla guerra corazzata (Londra, 5 novembre 1992), ponendo particolare enfasi su talune considerazioni pratiche relative all'impiego del carro armato Challenger. Le brevi note che seguono sono pertanto indirizzate, quali spunti di riflessione, a tutti coloro che a vario titolo si occupano dello sviluppo e dell'approvvigionamento di mezzi corazzati. I primi ammaestramenti - emersi non appena la brigata iniziò l'addestramento di amalgama ad AlJubayl (a nord-est di Riyadh, a ridosso del confine kuwaitiano) - si riferiscono alla capacità di movimento in ambiente desertico. Nella circostanza fu in un certo senso smentita l'opinione diffusa che un carro debba essere estremamente veloce; infatti ad una eccessiva velocità si sottopongono gli equipaggi ad un notevole logoramento - mentre essi necessitano di giungere «freschi» ad ingaggiare il nemico - e si rendono le formazioni carri difficilmente controllabili. Ciò che è invece fondamentale per un carro è l'accelerazione per rapidi cambi di posizione; basso numero di giri ed elevato spunto iniziale consentono inoltre di venir fuori dalla soffice sabbia del deserto. Altro problema derivò dai veicoli corazzati del genio. Venne fatto il possibile per adattare alle esigenze il materiale disponibile: alcuni carri gittaponte furono convertiti in carri smina tori, furono aggiunti aratri e calamite per far brillare le mine, rimorchi per trainare «vipere esplodenti», ecc .. Ma non tutti gli scafi dei mezzi impiegati erano Challenger e quindi la capacità di movimento della Brigata non fu omogenea. Occorre allora riconoscere che per avere la massima mobilità ed agilità tutte le componenti di una formazione corazzata debbono avere unico scafo e propulsore. Sempre in tema di addestramento, apparve evidente che allorquando l'intensità delle esercitazioni raggiunse livelli di notevole realismo e, in particolare, Yazione di fuoco dell' artiglieria fu riportata a non più di 100 metri davanti ai carri data la volatilità dei carburanti e l'elevata temperatura esistente - il rischio di una esplosione accidentale di un carro di130
Fig. 55
Carro gittaponte Centurion trasformato in sminatene con l'aggiunta di aratri, calamite ed altre attrezzature.
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Fig. 56 Modem; carri soccorso e recupero su scafo Challenger in attesa di entrare i11 azione.
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Fig. 57
Un'artistica rappresentazione di autore britannico dell'epilogo dei combattimenti della 7a B. cor. Ă&#x2C6; l'alba del 28 febbraio 199"/, il Kuwait è stato liberato.
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venne considerevole. Una tale eventualità non solo avrebbe comportato la perdita dell'equipaggio ma anche prodotto un effetto negativo sull'intera brigata, i cui componenti avrebbero potuto vedere un proprio carro esplodere. È necessario quindi approfondire le ricerche per ottenere un propellente che sia il meno pericoloso possibile e prevedere lo stivaggio del munizionamento in riservette aventi la massima protezione. Al termine dell'addestramento di amalgama, i «Topi del Deserto» erano in grado di manovrare a livello brigata e sparare con tutti i sistemi d'arma. Ma ciò che più contava era il fatto di poter muovere e sparare di notte, operazioni che in tempo di pace è quasi impossibile attuare a causa delle restrizioni imposte per la sicurezza degli equipaggi. Con l'immagine termica potevamo vedere bene di notte come di giorno, ossia potevamo combattere 24 ore al giorno! Ma restava aperto un interrogativo: per quanto tempo si poteva sostenere un simile sforzo? La realtà provò che gli equipaggi, dopo 2 giorni di combattimento, erano molto stanchi e cominciarono a commettere degli errori. Fu dato allora ordine che tutti i messaggi venissero scritti e controllati prima di essere trasmessi. Al 3° giorno accaddero incidenti, e vi furono inizi di scontri fratricidi. Ciò dovrebbe far riflettere i fautori di carri con 2 soli membri di equipaggio. La lezione è che quanti più uomini è possibile allocare in un carro armato - compatibilmente con la sua formula tattica - tanto maggiore è la possibilità che qualcuno di loro possa a turno riposare. Strettamente legata al tipo di guerra di manovra che occorreva condurre, fu la decisione del generale Cordingley di comandare la brigata da un carro. Come già accennato, il generale aveva intuito la profonda diversità che caratterizzava questa missione dal ruolo difensivo della brigata nel BAOR in centro Europa, scenario in cui raramente un comandante di brigata si trova impegnato in prima persona in una battaglia di contatto. L'esercizio del comando sperimentato per anni nelle eser134
Fig. 58
.. duzwne . ex-s . . ca Sistemi missilistici F·rog-7di pro · -ov1et1ca - t'turat:i cwli <> iracl·1eni..
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Fig. 59
Carro T-72 di produzione ex-sovietica catturato agli iracheni ed orn esposto nel Regno Unito presso il Museo dei Carri Armati di Bovingl:on.
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citazioni in Germania consisteva essenzialmente nell'attuazione sistematica di misure di coordinamento pre-pianificate in risposta alla progressione nemica; in tal caso al comandante veniva richiesto di esercitare un accorto controllo piLt che un ardito comando. Nelle operazioni offensive di «Desert Sword«, invece, il punto focale era il comando di una battaglia di contatto, ruolo decisamente più attagliato ad un comandante di brigata corazzata. Tale concetto fu così espresso da Cordingley: «Quando sai dove stai andando ma non hai idea di quel che il nemico farà, a quel punto si crea immediatamente una chiara distinzione tra ciò che è comando e ciò che è controllo. Le misure di controllo sono decise all'inizio, con i primi ordini, il comando deve invece continuamente adeguarsi ad una situazione, o ad una battaglia, in mutamento». Una volta impartito un ordine il comandante della 7a Brigata doveva poter comunicare - sia con i suoi gruppi tattici, sia con il suo staff al posto comando - da una posizione in cui potesse «vedere o percepire la battaglia che la sua unità stava conducendo». Inoltre, se si profilava una crisi ed aveva bisogno di recarsi sul posto di persona, si trovava anche sul mezzo più protetto presente sul campo di battaglia. Occorre riflettere su questa esperienza e, in futuro, prevedere a bordo del carro ogni possibile ausilio p er facilitare il processo decisionale del comandante, poiché è di fondamentale importanza conseguire una decisione il più rapidamente possibile per fare in modo che non sfugga alcuna opportunità. Infatti, se si reagisce molto velocemente non appena si presenta un'opportunità, si sottrarrà quasi sicuramente l'iniziativa al nemico. Se si indugia, potrebbe presentarsi un problema e, se si attende ancora per prendere una decisione, quasi sicuramente ci sarà una crisi. È necessario quindi produrre ogni sforzo per «attrezzare» il carro in modo che il comandante - sgravato dai problemi di un tradizionale posto comando - possa sviJuppare il suo concetto d'azione rapidamente e consentire a tutte le forze coinvolte nell'azione una tempestiva ed efficace reazione.
Alcune considerazioni. «Desert Sword» non può certo ritenersi un test valido per ogni teatro e situazione operativa. Pur 137
tuttavia quanto emerso su un piano prettamente tecnico-tattico sembra prescindere dal contesto in cui è stata organizzata e condotta l'azione contro l'Iraq. Talune indicazioni non richiedono alcun commento, se mai potrebbero essere oggetto di una più appropriata analisi in sede tecnicai altre invece inducono ad almeno due ordini di considerazioni: -i procedimenti d'impiego dei corazzati, affermatisi altermine di un trentennio (dalla 1a alla 2a Guerra Mondiale) di lento e controverso travaglio dottrinale, permangono pressoché immutati nell'odierno campo di battaglia; - l'elemento umano, nonostante la sempre più spinta sofisticazione dei sistemi d'arma, si caratterizza ancora come fattore determinante della guerra moderna. I brevi riferimenti alla condotta delle operazioni sono sufficienti a sottolineare l'odierna validità della «dottrina offensiva dei corazzati»: penetrare in profondità combinando rapidità di manovra, potenza di fuoco, sorpresa. Anche la decisione di Cordingley di comandare la sua brigata da un carro Challengerrichiam.a indubbiamente alla mente quanto a suo tempo propugnato ed attuato dal collega tedesco - ancorché defunto e famoso - Heinz Guderian. L'ideatore della blitzkrieg, la guerra lampo, condusse in prima persona le azioni più spregiudicate, fedele alla lettera della sua dottrina: «il carro del comandante in testa come guida da seguire». Su un piano di maggiore concretezza, scaturiscono conseguenziali due notazioni: -in primo luogo, quando si opera la sostituzione di w1a intera linea carri occorrerebbe pianificare anche analogo ammodernamento per le unità destinate a cooperare con i carri (meccanizzati, artiglieria, genio, ecc;). In altre parole, operazioni fluide e dinamiche tipiche dei corazzati saranno possibili solo in presenza di un'estesa sta ndardizzazione in ambito Unità/Grandi Unità di almeno due dei tradizionali parametri della formula tattica di un carro: mobilità e protezione; -inoltre, come il generale Cordingley ha dimostrato, unità corazzate del livello brigata possono essere comandate da bordo del proprio carro, pur disponendo d i uno sh?ff ridotto (egli aveva con se 1 ufficiale cannoniere/addetto alle opera138
zioni). È necessario quindi sviluppare anche un addestramento in tal senso, rifuggendo dalla tendenza ad avvalersi di ridondanti posti comando; con l'esercizio potranno inoltre individuarsi tutti quegli ausili atti a facilitare il processo decisionale del comandante. In tema di fattore umano innumerevoJi potrebbero essere glì ammaestramenti da trarsi. Ma ciò che si ritiene fondamentale sottolineare riguarda la correlazione esistente tra l' equipaggio di un carro ed i parametri della sua formula tattica (potenza di fuoco, mobilità, protezione). Pur con il diverso ordine di priorità che ciascuna nazione attribuisce ai citati parametri- influenzati talvolta anche dalYambiente naturale di probabile impiego (caratteristiche del terreno, campi di vista e di tiro) - vi è la diffusa tendenza a contenere l'ingombro di un carro anche attraverso la riduzione del numero dei membri dell'equipaggio. In sostanza, minor numero di operatori a bordo - compensato da un'elevata automazione e sofisticazione dei sottocomplessivi - consente ridotte dimensioni del mezzo (soprattutto dell'altezza di sagoma), minor peso, conseguentemente maggiore mobilità ed in ultima anaJisi più protezione. Nell'ambito di progetti di FMBT (Future Medium Battle Tank) sono allo studio alcuni prototipi che richiedono come operatore addirittura un solo carrista (allocato nello scafo), con possibilità quindi di limitare al solo affusto per il sistema d'arma principale la sovrastruttura deilo scafo stesso. Pur tuttavia la traduzione in pratica dei concetti sopra delineati- avulsi da quel contesto umano a cui il Cordingley fa riferimento - potrebbe essere affatto pagante sul campo di battaglia. Un equipaggio carri il più possibile contenuto presenterà indubbiamente i suoi vantaggi (meno dispendio di risorse umane, formula tattica più elaborata, ecc.) ma occorre rilevare anche i non pochi aspetti negativi. Tralasciando quelli di ordine psicologico facilmente intuibili, se ne individuano almeno due di ordine pratico: - ridotto numero di addetti ai controlli, manutenzione eriparazioni di emergenza del carro; 139
- m inore possibilità di reciproca sostituzione all'interno del pacchetto equipaggio, anche per riposare a turno, come Cordingley annota. A chiusura della parte dedicata agli ammaestramenti tratti dalle operazioni dei corazzati nella guerra del Golfo Persico - il cui esame, ancora in corso, certamente fornirà ulteriori ed interessan ti spunti di riflessione - ben si attaglia, per la sua emblematica attualità, quanto riportato nel paragrafo conclusivo di «Notes on Certain lesson of the Great War» (Appunti su alcune lezioni della Grande Guerra) pubblicato dal « War Office» britannico nel lontano 1934: «Guardando indietro,
alla guerra e a tutto ciò che questa ci ha insegnato, non dobbiamo però trascurare l'insegnamento ancor più importante che eia essa abbianw appreso, e cioè che ogni guerra produce nuovi metodi e nuovi problemi. Se l'ultima guerra ha riservato molte sorprese, la prossima non sarà rneno prolifica di sviluppi inaspettati. Dobbiarno perciò studiare il passato alla luce delle possibilità del futuro, che è ciò che veramente conta. Indipendentemente dalla nostra capacità di essere buoni profeti, la prossima guerra assumerà probabilmente fonne molto diverse dalle nostre concezioni del tempo ùi puce. Per poter far fronte allo sconvolgimento delle nostre idee preconcette, i nostri comandanti dovranno essere versati!( dotati di grande buon senso e fiducia in se stessi. Produrre tale tipo di mentalità dovrà essere l'obiettivo del nostro addestramento».
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APPENDICE
LA PRODUZIONE INDUSTRIALE TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
Generalità. Un ruolo decisivo per le sorti dei conflitti in cui sono stati impiegati i carri è stato esercitato dalla capacità di produzione dei Paesi belligeranti. Ciò ha comportato, di conseguenza, la soluzione di molti altri problemi ad essa connessi, al fine di ottenere un numero sufficiente di mezzi, sia per ripianare le perdite1 sia per disporre della qualità e quantità di carri necessari per sopraffare la potenza avversaria. Proprio durante i conflitti infatti sono stati realizzati i più significativi miglioramenti ed i più alti livelli di produzione. Nel seguito, vengono forniti alcuni dati numerici per dare un'idea dello sforzo sostenuto dai Paesi belligeranti e delle loro linee di tendenza. Italia. L'Italia fu1 come si è detto, la prima nazione ad utilizzare dei veicoli in guerra(campagna italo-turca del 1912 in Tripolitania), ma ciò non determinò l'automatico .sviluppo di progetti nel campo dei carri armati. La dotazione delle nostre unità poté contare1 quindi, fino alla fine della 1a Guerra Mondiale su due esemplari Fiat 2000 di concezione nazionale e pochi esemplari di carri Renault e Schneider, importati per verificare la loro rispondenza ai requisiti tecnico-tattici dell'esercito italiano. Nei primi anni 20, furono introdotti in servizio 100 carri Fiat 3000 A, che costituiva la versione italiana migliorata del carro Renault. La limitazione della produzione di quest'ultimo carro, preventivata inizialmente in 1.400 esemplari1 fu dovuta alla conclusione della guerra ed a ragioni di natura politica. Nel periodo fra le due guerre, si tentarono miglioramenti del parco corazzato con il Mod. 30, versione modificata del Fiat 3000 A. I risultati furono deludenti ed i 50 carri prodotti furono tutti radiati nel 1939. Sulla base dei disegni costruttivi dei Carden Lloyd inglesi1 l'Ansaldo di Genova costruì il «carro veloce 33» che1 con la denominazione di carro L-3, fu realizzato in 2.500 esemplari. Alcuni di questi furono esportati mentre 1.320 risultarono disponibili per l'impiego alla vigilia della 2a Guerra Mondiale. Nel periodo 1939-40 fu prodotto il carro M-11/39, in 100 1
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esemplari, che risultò inferiore p er prestazioni ai carri realizzati dalle altre nazioni. Un considerevole progresso fu fatto con la realizzazione dell' M-13 / 40 con un armamento più potente e meglio sistemato, perché in torretta e non già in casamatta. Quasi contemporaneamente si provvide alla realizzazione di un nuovo carro leggero derivato dall'L-3, che prese il nome di L-6; doveva essere realizzato in 283 esemplari, ma la produzione fu però interrotta nel '43 per ordine del Comando Supremo. Un ulteriore carro, il P-40, ebbe una vicenda contrastata prima del suo apparire. L'ordinativo di 500 esemplari non poté essere completamente soddisfatto e 1'8 settembre i carri già costruiti, circa un centinaio, furono requisiti dai ted eschi. Nel complesso, la situazione dei mezzi corazzati italiani fu quanto mai insoddisfacente sia qualitativamente che quantitativamente, anche per le difficoltà in cui si dibatteva l' indus tria dell'epoca e per la precarietà dell'approvvigionamento delle materie prime. Carenza di materie prime e limitata capacità di produzione - quella dell'acciaio, ad esempio, era qua ttro volte inferiore a quella inglese e sette volte a quella tedesca - non impedirono però di esercitare un notevole sforzo per la produzione di carri. Nel 1941 furono prodotti ben 1.222 carri medi, cifra di t utto rispetto se rapportata alla produzione contemporanea tedesca, britannica ed americana . Fu un exploit d i breve d urata. Tale ritmo di produzione non poté essere conservato e già l'anno successivo si rid usse del 50%.
Germania. La Germania si accostò piuttosto tardi ai problemi di produzione e di impiego dei carri armati. Anzi, vi fu quasi costretta dall'apparizione sui campi di battaglia, nel 19161 dei primi carri francesi ed inglesi. Dagli esperimenti condotti con carri di preda bellica, nacquero cd entrarono in linea, nel 1918, i primi 5 esemplari di carri A7V, per i quali era stata programmata per il 1919 una produzione di ben 800 m ezzi. Tale programma fu però disatteso per la sopraggiunta scon144
fitta. Nel totale i tedeschi riuscirono ad impiegare in tutta la 1 a Guerra Mondiale solo 20 A7V ed un centinaio di carri di preda bellica. Il trattato di Versai11es, se da un lato limitò la sovranità dello stato tedesco, dall'altro ne pungolò sentimenti di rivincita. Furono pertanto intrapresi studi segreti per l' approntamento di uno strumento veloce e potente. Il 1° settembre 1939, la Germania poteva così disporre di ben 3.195 carri, di cui però 1'85% del tipo Pz.Kpfw-I e Pz.Kpftoscarsamente armati e protetti, ma comunque superiori per numero e qualità alle opposte forze corazzate polacche. Con l'occupazione della Cecoslovacchia, l'esercito tedesco poté acquisire 469 carri di tipo pesante che quella nazione aveva prodotto e, soprattutto, si impossessò degli stabilimenti di produzione. Nell'aprile del 1940, alla vigilia d ell'offensiva in occidente, i tedeschi disponevano di 3.380 carri, un incremento non di poco conto se si pensa che nel frattempo il numero dei Pz .Kpfw-IIT era più che triplicato rispetto a quello dei Pz.KpftoIV, passato da 210 a 280 mezzi. Dopo i successi delle divisioni panzer contro la Francia ed in previsione della campagna contro la Russia, fu raddoppiato il numero delle di visioni panzer, peraltro solo in modo fittizio, ossia riducendo il numero di carri per divisione. Infatti, l'industria bellica di quel periodo non consentì una rapida ascesa del ritmo di produzione; nel 1940 fu possibile costruire non più di 1.460 carri. N el 1941 la situazione era già considerevolmente migliorata ed il numero era salito a 4.198 con una produzione annua di ben 3.256 carri, che consentiva il ripianamento delle perdite. L'impiego del T-34 da parte dei sovietici contrinse i tedeschi a costruire carri più potenti del tipo «Tigre» e «Pantera», dando anche un notevole impulso alla produzione, che passò a 4.278 carri nel 1942, anno in cui i tedeschi risolsero praticamente il problema delle qualità belliche dei loro carri senza però disporre di una macchina produttiva capace di eguagliare il crescente numero dei carri sovietici. Solo dal 1943, l'industria bellica assunse un' organizzazio-
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ne tale che permise di costruire all'incirca il doppio dei carri del 1941, ben 5.966. Da questo momento, la produzione salirà vertiginosamente sino ad attestarsi, l'anno seguente, a 9.161 unità, cifra comunque irrisoria se confrontata con il livello di produzione sovietico, americano e britannico insieme. Tali livelli produttivi furono ottenuti, nonostante i bombardamenti anglo-americani, sia per la dislocazione in più magazzini delle materie prime e d~gli elementi indispensabili, sia per lo sfruttamento razionale delle risorse materiali di ogni parte d'Europa e l'utilizzazione di circa 7.000.000 di prigionieri di guerra e lavoratori stranieri, impiegati nell'agricoltura e nelle fabbriche. Le ul time fasi del secondo conflitto mondiale videro i tedeschi impegnati a ricercare nuove soluzioni, spesso improponibili, con una tale dispersione di sforzi che impedì un corretto ed aderente sostegno delle forze corazzate. Gran Bretagna. La Gran Bretagna esordì con la produzione di carri sin dal 1916, incentrandola soprattutto su quelli del tipo pesante. Il numero di mezzi prodotti nel periodo 1916-18 raggiunse il totale di 2.654 carri, tenendo conto dei vari modelli realizzati; in pratica vennero prodotti più di 800 carri all'anno, il che rappresenta una cifra notevole se commisurata alla capacità industriale del tempo. Nell'immediato primo dopoguerra però la produzione si azzerò quasi del tutto, nella convinzione che la Germania non costituisse più un pericolo militare. In questo periodo furono effettuati studi su carri leggeri per fanteria e ne furono realizzati svariati modelli nel modesto numero di 153 esemplari. Questa stasi produttiva ebbe una improvvisa variazione di tendenza in conseguenza del riarmo tedesco, che inizò a partire dal 1935. Nel 1936 la Gran Bretagna disponeva di soli 375 carri, di cui 164 costituiti dai sorpassati Vickers medi e il resto da carri leggeri con mitragliatrici del 1929. Tre anni dopo, allo scoppio della 2a Guerra Mondiale, la produzione era notevolmente salita a 1.146 esemplari, anche 146
se un migliaio di questi erano tutti carri leggeri ed i nuovi carri incrociatori e per fanteria ammontavano a poco più di un centinaio. Un considerevole sforzo produttivo per aumentare il numero di quest'ultimi tipi di carri fu fatto subito dopo talché, nel 1940, la Gran Bretagna raggiunse quasi il livello della Germania: 1.399 contro 1.460. Durante il 1941, la produzione triplicò ed il totale dell' anno salì a 4.841, circa un migliaio in più di quella tedesca. Tuttavia, mentre i tedeschi si avviavano a risolvere il problema qualitativo dei loro mezzi, i carri inglesi idonei al combattimento non erano molti per cui quando, nel 1943, il colosso americano superò la produzione britannica con il carro M-4 Sherman, questi divenne il carro principale delle unità britanniche. Nel complesso la Gran Bretagna, fino al termine della 2a Guerra Mondiale, produsse più di 28.000 carri.
Francia. AI contrario degli inglesi, i francesi privilegiarono durante la 1a Guerra Mondiale la produzione di carri leggeri, più adatti alle possibilità industriali del Paese. Il numero totale di mezzi costruiti fu più elevato di quelli realizzati dagli inglesi nello stesso periodo. Anche in Francia, tra i due conflitti, la produzione fu quasi completamente interrotta e furono costruiti pertanto solo 260 carri medi e 10 pesanti di vari tipi. Nel 1932 quando gli orizzonti dell'Europa cominciarono ad oscurarsi, ancora si preferì destinare una grossa fetta del bilancio dell'esercito in cemento ed acciaio per la «linea Maginot», anziché nella costruzione di nuovi carri armati. Non c' é dunque da sorprendersi se, nel 1936, risultavano in servizio solo 34 nuovi carri. L'aver trascurato quasi del tutto le industrie pesanti condizionò sfavorevolmente la ripresa su vasta scala della produzione sebbene, quando i tedeschi attaccarono la Polonia, i carri francesi fossero saliti a 2.200 e, nel maggio del 1940, avessero raggiunto i 3.500 esemplari, tra cui 800 medi e pesanti. Complessivamente comunque la Francia costruì, nel periodo 1935-19401 meno carri che nel corso della prima guerra ed i circa quattromila carri dispersi tra le unità di fanteria furono spazzati via dall'offensiva tedesca del 1940. 147
Stati Uniti. A causa della loro lontananza dal teatro di guerra, gli Stati Uniti si posero relativamente il problema della costruzione di carri durante la 1a Guerra Mondiale. Il risultato fu che al momento dell'armistizio erano stati prodotti solo 952 carri leggeri Renault F.T. su progetto francese, 100 MarkVIII del tipo inglese e 15 piccoli carri senza torretta da 3 tonnellate realizzati dalla Ford. Al termine del conflitto il Tank Corps poteva disporre di un organico di poco più di 1.000 carri, che venne successivamente polverizzato, a seguito della ristrutturazione del 1920 (scioglimento del Corpo Carri) con la ridistribuzione dei carri armati esistenti tra le unità di fanteria e cavalleria. La limitata costruzione di carri tra le due guerre (450 esemplari) non mutò la situazione di carenza di carri che gli Stati Uniti accusa vano. A partire dal 1940 però, con la costituzione del1'Annoured Corps1 la produzione si concentrò su alcuni modelli, le cui numerose versioni non dispersero il potenziale industriale per le elevate caratteristiche di standardizzazione dei componenti utilizzati. L'M-4 Shennan, il noto carro medio della 2a Guerra Mondiale1 fu quello prodotto nel maggior numero di esemplari. Tutte le principali fabbriche automobilistiche e parecchie grandi ditte di costruzioni ferroviarie parteciparono alla produzione, anche se questa richiese tempo per avviarsi. Nel 1941 il gettito totale della produzione di carri balzò, dalla modesta cifra di 331 dell'anno precedente, a ben 4.052 esemplari in più di quella tedesca e soltanto leggermente inferiore a quella britannica. Nel 1942 salì a 24.997 unità e raggiunse quasi la cifra di quella britannica e tedesca insieme, e l'anno seguente furono prodotti complessivamente 57.027 carri medi, dei quali 49.234 erano Sherrnan, su un totale generale di circa 88.000 carri costruiti dagli Stati Uniti durante la 2a Guerra Mondiale. Il problema della quantità, dovuta in parte alla sopravvalutazione della forza numerica degli avversari, divenne quasi un'ossessione e fece trascurare non poco il problema della qualità dei mezzi, in primo luogo il loro armamento. Unione Sovietica. Partendo da una situazione difficile e di 148
arretratezza deJl'industria pesante d~l periodo prerivoluzionario, l'Unione Sovietica riuscì a raggiungere livelli p_roduttivi qualitativamente equivalenti a quelli dei principali Paesi occidentali ma quantitativamente del tutto superiori. L' aiuto tecnico straniero fu determinante cosicché le ditte britanniche, americane e tedesche contribuirono non poco alla creazione delle poderose industrie belliche comuniste. Sulla base dello studio d ei migliori mezzi prodotti negli altri Paesi, l'URSS ideò i propri modelli nazionali che risultarono di buone caratteristiche e prestazioni. Oltre che la potenza dell'armamento dei loro carri, i sovietici ne curarono il numero fin quasi all'ossessione. Nel 1941 il totale dei carri prodotti si aggirava intorno alle 24.000 unità, più del quadruplo di quelli tedeschi e più del totale dei carri esistenti in tutto il mondo. Questi risultati poterono essere raggiunti distribuendo su un sempre più grande numero di fabbricJ:te lo sforzo produttivo. Inoltre gli stabilimenti continuavano le loro lavorazioni anche in condizioni difficili; ne è testimonianza lo stabilimento di Stalingrado che, durante l'infuriar e dei combattimenti, riuscì a m antenere nel 1942 il ritmo di
15 carri prodotti al giorno! Proprio a partire dal 1942 l'industria bellica sovietica fu capace di produrre fino a 30.000 mezzi corazzati all'anno - il T-34 fu il carro prodotto in maggior numero di esemplari - cosicché, pur con le enormi perdite, nell'aprile del 1945 l'URSS poteva contare su circa 50.000 carri armati.
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PRODUZIONE DEI CARRI NEI VARI PAESI
STATI :.
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LEGENDA:
Fig. 60
150
.
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:
INDICI
INDICE DELLE FIGURE 1: il carro cli Leonardo da Vinci ........... ......... .. pag. 2: carro inglese MK-1 ..... ... .... ....... .... ..... ... ...... . pag. 3: la battaglia di Cambrai (1917) ................... . pag. 4: l'esordio ciel carro armato nel la la Guerra Mondiale ............ ............................. pag. FIGURA 5: carro francese Renault Mocl. 1935 .... .......... pag. FIGURA 6: carro italiano Fiat 3000 Mod. 1921 .... ......... . pag. FIGURA 7: la divisione corazzata italiana nel 1942 ...... pag. FIGURA 8: il Generale Heinz Guclerian ...... .... .... ..... ..... pag. FIGURA 9: il blitzgrieg - la guerra lampo ... ................... pag. FIGURA 10: carro tedesco Mocl. Pz.Kpfw-IV ............ ..... pag. FIGURA 11: carro tedesco Pan ther (Pantera) .... ......... .... . pag. FIGURA 12: carro tedesco Tiger (Tigre) ......................... pag. FIGURA 13 : carro sovietico J. Stalin ... ... .... .... ... ..... .... .... . pag. FIGURA 14: carro italiano Fiat 3000 su rimorchio trainato ............................... .... ............ .... .... . pag. FIGURA 15: carro sovietico T-28 ........ ... .... ............ ......... pag. FIGURA 16: carro leggero italiano L-3/35 ...................... pag. FIGURA 17: carro leggero L-3/35 in configurazione lanciafiamme ............ ................................... pag. FIGURA 18: carro leggero L-3/35 con radio ricetrasmi ttente ..... .... .... ...... .... ........ ............. pag. FIGURA 19: carro italiano L-6/40 ................................... pag. FIGURA 20: carro sov ietico T-34 ..... ... .... ... .... .... ......... .... pag. FIGURA 21: carrĂŹ tedeschi Tiger (Tigre) nella 2a Guerra Mond iale .... ....... ... .... ... .... ............. .... .pag. FIGURA 22: carro inglese MK-ll Matilda ................... .... pag. FIGURA 23: cmTi inglesi MK-III Valentine ... ................. pag. FIGU RA 24: carro inglese MK-IV Churchill ... ............. .... pag. FIGURA 25: carro inglese MK-IV Crusader. .................... pag. FIGURA 26: carro USA M-4 Sherman dell'Esercito italiano .... ....................... .......... ..................... pag. FIGURA 27: carro italiano M-1 3/40 ........ ....... ................. pag. FIGU RA 28: carri ital iani M- 13/40 in azione nel deserto ............................................. ............. pag. FIGURA 29: carri ital iani M-1 4/41 in Africa settentrionale ............ .............................. ..... pag. FIGURA FIGURA FIGURA FIGURA
3 12 14 15 17 19 24 28 30 33 34 35 36 45 48 49 51 52 54 58 60 62 63 64 65 66 68 69 70
FIGURA 30: carri USA M-24 Chaffee delJ'Esercito italiano .................................... .... .... .... .......... pag. 72 FIGURA 31: carro inglese Centurion ............................... pag. 76 FIGURA 32: carro inglese Chieftain ........................... ..... pag. 78 FIGURA 33: il Generale George Patton ............................ pag. 80 FIGURA 34: carro USA M-48 ........... .............................. pag. 81 FIGURA 35: carri sovietici T-62 in esercitazione ............ pag. 82 FIGURA 36: carrĂŹ M-47, M-60 e Leopard ..................... .. pag. 83 FIGU RA 37: carro sovietico T-72 in parata ..................... pag. 85 FIGURA 38: cmTo francese AMX-30 .................. ............. pag. 86 FIGURA 39: carro italiano Leopard al guado .................. pag. 88 FIGURA 40: carro italiano OF-40 (Ariete in versione per l'esportazione) .......... ............................. pag. 90 FIGURA 41: carro italiano Ariete ............ ... .... .................. pag. 91 FIGURA 42: la sopravvivenza di un cmTo armato ........... pag. 93 F IGURA 43: carro francese AMX-32 Leclerc .................. pag. 95 FIGURA 44: la disponibilitĂ operativa cli un carro armato ...................... ............... ........... pag. 98 FIGURA 45: altezza d i sagoma dei principali carri armati ... ....... .... .................. .... .... .... ...... pag. l 00 FIGURA 46: the indirect approach (l'approccio indiretto) ..................................... ........ .... ..... pag. 1 IO FIGURA 47: il piano operativo Desert Sworcl (Spada del deserto) ...................................... pag.1 l 2 FIGURA 48: i compiti del V Il Corpo d'Annata USA ..... pag. l 14 FIGURA 49: Desert Rats (topi del deserto). Il primo Comandante ed il Comandante nella Guerra del Golfo ................. ......................... pag.117 FIGURA 50: veicolo corazzato Warrior ............... ............. pag.12 l FIGURA 51 : Topi del Deserto della 7a Brigata corazzata ............... ....... .... ....................... .... pag.J.23 FIGURA 52: il Generale Cordingley a11' attacco .......... .... pag.126 FIGURA 53: fo rmazione carri Challenger dei Queen's Royal Irish Hussar in combattimento ......... pag.128 FIGURA 54: carro Challenger dei Royal Scots Dragoon Guarcls .... ....... .... ............................ pag. I29 FIGURA 55 : carro gittaponte Centurion ...... .................... pag.1 3 1 FIGURA 56: carri soccorso e recupero su scafo Challenger ......................... ... .... .... ............... pag.132
FIGURA 57: Un'artistica rappresentazione dell ' epilogo dei combattimenti della 7a Br. cor. .......... ... pag.133 FIGURA 58: sistemi missilistici Frog-7 catturati agli iracheni ................ .... ................... ... ........ pag.135 FIGURA 59: carro T-72 catturato agli iracheni ................. pag.136 FIGURA 60: produzione dei cmTi nei vari paesi ............... pag.150
NOTA: La documentazione fotografica è s.tata fornita dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, dal Generale britannico Patrick Cordingley e dall'autore. La grafica è stata curata da Igino Abitabile.
BIBLIOGRAFIA
- Basi! Liddel Hart, La prima guerra mondiale 1914-18, Milano 1968 e Storia rnilitare della seconda guerra mondiale, Milano 1970. - Ogorkieviczt, / corazzati, Roma 1964. - Pignato Nicola, Gli eserciti del ventesimo secolo, Roma 1980. - Stefani Filippo, La storia della dottrina e degli ordinamenti dell'Esercito Italiano, VoJ. Il, Tomo 1°, SME Ufficio Storico, Roma 1985. - Autori vari, / generali di Hitler, Novara I 976. - Autori vari, Storia dei mezzi corazzati, Milano l 976. - Petacco Arrigo, Le grandi battaglie del XX secolo, Roma 1980. - Autori vari, Armi da guerra, Novara 1985. - Benvenuti Bruno e Miglia Fulvio, Guida ai carri armati, Verona 1981. NOTA: Per la stesura degli ammaestramenti tratti dalla Guerra nel Golfo Persico (parte Ili) sono stati utilizzati i testi della conferenza sulla guerra corazzata tenutasi a Londra (5 novembre 1992).
INDICE
Introduzione .................................................................. pag.
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PARTE I L'EVOLUZIONE DEL PENSIERO CARRISTA, DEGLI ORDINAMENTI E DEI CRITERI D'IMPIEGO CAPITOLO PRIMO: LE TENDENZE DOMINANTI DEL PRIMO TRENTENNIO (1915-1945) - Generalità .................................................................... pag. 11 - L'esordio ..................................................................... pag. 11 - Il pensiero carrista degli anni trenta ....................... pag. 16 - La realtà del secondo conflitto mondiale ............... pag. 20 CAPITOLO SECONDO: L'EVOLUZONE DEGLI ORDINAMENTI E DEI CRITERI D'IMPIEGO - Gli ordinamenti .......................................................... pag. 23 - L'impiego .................................. .............. ................. ... pag. 25 - Considerazioni conclusive ........................................ pag. 37
PARTE II L'EVOLUZIONE DEL CARRO ARMATO SOTTO L'ASPETTO TECNICO CAPITOLO TERZO: DALLA PRIMA ALLA TERZA GENERAZIONE - Generalità .................................................................... pag. 41 - Il primo conflitto mondiale ............ ................... ....... pag. 42 - Il periodo fra le due guerre ...................................... pag. 44 CAPITOLO QUARTO: IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE - Mobilità, potenza di fuoco, corazzatura ................. pag. 57
CAPITOLO QUINTO: L'U LTIMO CINQUANTENNIO
- Il periodo post-bellico .............. .... ... .... ........... ........... pag. 75 - Attuali sviluppi e prospettive future ...... ................ pag. 92
PARTE III RECENTI AMMAESTRAMENTI. LA GUERRA N EL GOLFO PERSICO (1991) CAPITOLO SESTO: LE OPERAZIONI DEI CORAZZATI - Lo scenario ....... .................................. ................... ..... . pag. 101 - La pianificazione d ell'offensiva terrestre ............... pag. 109 CAPITOLO SETTIMO : LA DIVISION E CORAZZATA BRITANNICA - La battaglia di contatto .............. .... .......... ................. pag. 115 - L'esperienza della 7a Brigata corazzata «Desert Rats» ......... ............................. .... ....... ............. pag. 127 - Alcune co nsid erazioni ... ....... .................................. .. p;:ie. 117
APPENDICE LA PRODUZION E INDUSTRIALE TRA LE DUE GUERRE MONDIALI
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Generalità ... .... ... ................... ... .... ....... ........................ pag. 143 Italia ....... .... ........ .... ............................. .... .................... pag. 143 Ger1n ania ............................ ................... .... ................. pag. 144 Gran Bretagna ................ .......... ........................... ...... pag. 146 Francia ...... ....... ................... .............. ................ .... .... .. pag. 147 Stati Uniti ........ .... ................................ ....................... pag. 148 Unione Sovietica ......................... .. ..... ....................... pag. 148
IN DICI ......................... .... ........ ... ................... ............ .... pag. 151 Indice delle figure ............................................ .... .... .... pag. 153 Bibliografia ... .... ........... ........... .................. .................... . pag. 157