STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO Ufficio Storico
Gianrodolfo ROTASSO - Maurizio RUFFO
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'ESERCITO ITALIANO DAL 1861 AL 1943
S.M.E. BIBUOTECA MILITARE CENTRALE
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Via Ludovica Albcnoni, 76•82 • Tcl. 06/ 5.376386 · 5349080 · Fax 06/ 5827376
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RINGRAZIAMENTI Gli autori desiderano ringraziare gli Enti:
- il Museo dell'Artiglieria di Torino; - il Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo di Roma; - il Museo Storico della Fanteria di Roma; e le persone:
-
i/Dott. Mario Alberghina di Roma, il Sig. Ruggero Bacciali di Roma, /'A vv. Alfredo Bartocci di Firenze, il Dott. Cesare Calamandrei di Firenze, il Cap. Tonino Di Gangi di Roma, il Magg. Roberto Di Rosa di Roma, il Prof Marco Franchini di Roma, il Sig. Federico Lazzarini di Cencenighe Agordino (BL), il Prof Sergio Masini di Roma, il Dott. Angelo Parodi di Alessandria, il Mar. Daniele Prinari di Roma, il Dott. Luciano Salvatici di Firenze ed il Doti. Sergio Zanna! di Treviso,
che hanno contribuito alla realizzazione di questa opera.
(M.A . - TO) -
Museo dell'Artiglieria di Torino;
(M.N.C.S.A. - RM) -
(M.S.F. - RM) -
Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo di Roma;
Museo Storico della Fanteria di Roma.
PROPRl ETJ\ LETTERARIA TUTTI I DIRITIT RTSERVATI • ,, I
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VIETATA LA RIP RODUZIONE ANCHE PARZULE SENZA AUTORIZZAZIONE
© UFFICIO STORICO SME - ROi'vIA 1997 ;
l " EDIZIONE ANNO 1995 2" EDIZTONE ANNO 1997
PRESENTAZIONE L'Ufficio Storico ha da tempo avvertito l 'esigenza di riservare una concreta a t tenzione ad un particolare settore della produzione editoriale quale risulta essere quello relativo ai mezzi, ai materiali, agli equipaggiamenti, a tutto ciò, . in sintesi, che non è compreso nell'analisi s torica degli eventi e dei personaggi. In questo quadro, è con piacere che si vede realizzata l 'opera di Rotasso e di Ruffo sull'armamento individuale della nostra Forza Armata, dalla sua costituzione in Esercito nazionalefino al secondo conflitto mondiale. Il volume, oltre ad essere di sicuro interesse per gli "addetti ai lavori" e per gli appassionati di armi. stimola l'attenzione di quanti sono dediti allo studio degli eventi storici in generale, per le ovvie concatenazioni che si possono riscont rare tra avvenimento bellico al quale ha partecipato l'Esercito Italiano e armamento individuale di cui era dotato in quel periodo. L 'adozione di armi tecnologicamente avanzate costituisce tutt'ora unfattore di primaria importanza per assicurare eleoata capacità opP.m.H.na. a.d una compagine militare e tale considerazione appare ancora più valida se la si effettua nei confronti dello strumento militare del secolo scorso o del primo novecento. Storia di armi equivale anche a storia dell'evoluzione industriale ed in effetti scorrendo le pagine di questo libro si può percorrere in parte il cammino effettuato dal nostro paese nel passaggio da una economia prettamente agricola del periodo preunitario a quella industriale del ventesimo secolo. Ai due autori, il plauso per aver saputo realizzare un'opera altamente curata per ricchezza e precisione di dati e che, nel contempo, risulta di piacevole ed agevole lettura. IL CAPO UFFICIO (Col. a. s. SM Stefano ROMANO)
CAPITOLO
I
LA NASCITA DEL REGIO ESERCITO (Gianrodolfo Rotasso)
Nel 1861, realizzatasi l'unità d'Italia con le vittoriose campagne dell'Italia Meridionale, delle Marche e dell'Umbria, l'Armata Sarda aveva incorporato, nei propri ranghi, molti militari che facevano parte dei vari eserciti preunitari. A questi si erano aggiunti anche alcuni ufficiali e volontari garibaldini. L'allargarsi così rapido degli effettivi creò non pochi problemi di carattere organizzativo. Questi erano accentuati dal passaggio da una struttura di Stato preunitario, seppur di una certa dimensione qual'era il Regno di Sardegna, ad una di Stato nazionale. Tra i vari problemi che bisognava affrontare assumeva primaria importanza, sotto l'aspetto ordinativo e logistico, l'unificazione dell'equipaggiamento e dell' armamento nel nuovo esercito nazionale. A questi si aggiungevano le difficoltà di carattere finanziario dovute alla copertura delle relative spese. Per avere un quadro più preciso della mole di lavoro che si presentò ai vertici militari è sufficiente considerare che l'Armata Sarda, trasformatasi il 4 maggio 1861 in Esercito Italiano, passò da 10 Brigate di fanteria a 38, da 10 battaglioni bersaglieri a 40, la cavalleria crebbe da 9 a 18 reggimenti, l'artiglieria da 36 a 72 batterie ed infine il genio portò da 12 a 26 le sue compagnie. Analogamente si svilupparono i supporti ed i servizi. Tuttavia questa grossa mole di lavoro, intrapresa mentre al Sud il brigantaggio postborbonico manteneva quelle regioni in "stato di guerra", venne affrontata e risolta in maniera tale da permettere al Regio E~ercito di presentarsi alla campagna del 1866 forte di 3 Cor-pi d ' Armata, su 4 Divisioni ciascuno, ed un raggruppamento di altre 8 Divisioni affiancate da 26 reggimenti di fanteria, 2 di cavalleria, 10 battaglioni di bersaglieri e 220 di Guardia Nazionale costituenti la riserva (2 a e 3 a linea). Elemento caratterizzante fu che l'intero esercito di campagna e parte della riserva risultarono equipaggiati ed armati in maniera tutt'altro che omogenea.
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L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
Dall'avancarica all'otturatore· ad ago
Fino alla metà degli anni '60, l'armamento in dotazione all'Armata Sarda e poi Esercito Italiano comprendeva un'etereogeneità di modelli che andavano dalle ordinanze di vecchio tipo, comprese le armi "ridotte dalla silice al fulminante"0l (fig. 1), a quelle di nuova adozione "rigate". Ciò era dovuto al fatto che, contemporaneamente alla fabbricazione di nuove armi mod. 1860, venivano distribuiti i numerosi fucili di cui, nel corso del 1859, il Piemonte si era approvvigionato presso gli arsenali di alcuni Stati europei, in particolar modo dalla Francia. Queste armi erano destinate ad equipaggiare i. vari Corpi di Volontari affiancati all'esercito regolare. Nel 1860 venne adottato, come arma di ordinanza per la fanteria piemontese, un fucile derivato dal mod. 1844 corto a cui erano state approntate alcune modifiche, in particolare la rigatura della canna. A campione per tale trasformazione fu scelto e valutato il fucile francese mod. 1857 sistema Minié <2l, derivazione dal mod. 1853 rigato (mod. 1853 T) a cui era stato aggiunto un nuovo alzo a traguardi graduato in metri. In Francia la scelta era caduta su quell'arma perché, per le intrinseche caratteristiche costruttive, era la più idonea a subire tali modifiche; essa inoltre .offriva la poss.ibilltà di trasformare nel sistema mod. 1857 anche i vecchi modelli 1822 T, modificati dalla pietra e che, a loro volta, derivavano dal mod. anno IX <3l, (figg. 2-3). All'adozione del nuovo sistema si giunse a seguito di accurate sperimentazioni effettuate nei poligoni di Torino e Venaria Reale dalla Commissione che il Ministero della Guerra aveva nominato nell'ottobre 1859. ( I).La selce piromaca vennè usata nelle armi da fuoco dette per l'appunto "a pietra focaia", dalla seconda metà del XVI sec. e rimase in uso presso alcuni eserciti fin dopo la metà del XIX sec.. Nell'acciarino a pietra focaia il polverino d'innesco della carica della cartuccia viene incendiato dalle scintille che scaturiscono dall'urto della selce, tenuta tra le ganasce del cane, contro la martellina di acciaio. Nelle armi da fuoco con acciarino "a ruota" veniva impiegata la pirite. Dallo sfregamento della ruota girante contro la pirite scaturiscono delle scintille che incendiano il polverinò d'innesco. (2) Il cap. francese Minié (1814-1 879) risolse i problemi di caricamento delle armi ad avancarica a canna rigata utilizzando una pallottola di forma cilindrico-ogivale con cavità posteriore tronco-conica chiusa da un cappelletto di ferro detto fondello . La pallottola veniva spinta velocemente con la bacchetta all'interno della canna addossandola alla carica di lancio senza batterla. La pressione dei gas provocati dallo sparo comprimeva istantaneamente il fondello , posto all'inizio dell'incavo, dilatando uniformemente la parete di piombo contro la rigatura della canna e garantendo in tal modo un tiro preciso e potente. Questo sistema pratico e veloce con varie modifiche alla pallottola fu adottato da quasi tutti gli eserciti dell'epoca. (3) La denominazione deriva dal fatto che nel fruttidoro dell'anno IX della Rivoluzione (agosto 1800), si:pose fine alla costruzione incontrollata delle armi prodotte nei turbolenti momenti di grande necessità, per riprendere la fabbricazione dei modelli d'ordinanza. Il cane "a cuo1e" (con doppio collo) e lo scodellino con briglia di rinforzo per il fermo a vite della martellina e le fascette ferma canna contribuirono .a rendere quest'arma la più robusta e funzionale della sua epoca. Dopo la caduta dell'Impero Napoleonico, molte manifatture europee e americané costruirono fucili sul modello "anno IX" e gli esemplari di preda bellica continuarono il loro servizio subendo le trasformazioni dell'evoluzione tecnica avvenuta negli anni successivi. Anche l'armamento dell'Armata Sarda della Restaurazione fu "alla francese" essendo stata ristrutturata la fabbrica di Valdocco, già "Manifattura Imperiale di Torino", utilizzando gli operai ed i resti dei macchinari lasciati dai francesi durante la ritirata.
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LA NASCITA DEL REGIO ESERCITO
fig. 1 - Dettaglio di un acciarino a pietra focaia e di un acciarino trasformato a percussione "alla piemontese ". Cfr. nota (9)
fig. I a - Vista del meccanismo interno dell 'acciarino 1ra4ònna10 a percussione.
a
e
" fig. lb - Sequenze della /rasjònnazione delle canne con il sis1ema a percussiolle "a luminello".
(Disegni da: ''Anname11to individuale de/l'Esercilo piemonlese e ilalian.o 1814-1914'', A . Bartocci - L. Salvatici).
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L\RMAMENTO INDI VIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 A L 1943
fig. 2 - Fucile delle Fanterie Napoleo11iche mod. J 777 corretto anno IX (modificato nel 9° anno della Ri110/uzione) ca!. J7,5 mn1 .. (M.A. - TO)
fig. 2a - Mod. 1777 corre;to anno IX. Panico/are delJucile delle.fanterie napoleoniche.
fig.
~
1
-
Fucile .fi"ancese mod. 1853 con il camtterisrico acciarino ··a molla indietro", cos1ruito anche mod. 1842, ma non adot/GIO sulle armi dell'Armata Sarda (M.A. - TO)
a .'1rescia per i fucili
LA NASCITA DEL REGIO ESERCITO
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Nel valutare l'opportunità di adottare il sistema francese, la Commissione tenne anche conto dei problemi economici e delle possibilità di riutilizzo di vecchie armi che, diversamente, sarebbero cadute in disuso se si fossero adottati altri sistemi quali ad esempio l'inglese Enfield. La ristrutturazione delle armi in dotazione consistette, in generale, nella introduzione di quattro _rigature destrorse a passo costante nei vecchi fucili e moséhetti ad anima liscia per fanteria e per RR.CC. mod. 1844 e nelle pistole per artiglieria e cavalleria mod. 1844 (fig. 4). I pistoloni da cavalleria mod. 1843 e da falegname di fanteria mod. 1845 con vitone carnerato sistema Delvigne<4l, già rigati (8 righe e cal. 16,9 mm.), furono portati al cal. 17,4 dei moschetti, ripassando le rigature dopo l'alesatura della canna. Nessuna modifica venne apportata alle carabine da bersagliere mod. 1856 nate a canna rigata con vitone ordinario e che utilizzavano proiettili cilindrico-ogivali autoespansivi Peeters <5>; analogamente rimasero immutati i moschetti d'artiglieria e da pontieri ed alcuni fucili mod. 1844. Su questi ultimi, a seguito dell'adozione avvenuta nel 1858 della cartuccia a palla cilindricoogivale cava della carabina da bersagliere, ridotta però a gr. 3,5 di carica, era stato abolito lo stelo sistema Thouvenin <6l. Le pistole da RR.CC. mod. 1847 invece non vennero rigate e quelle costruite dopo il 1860 si differenziavano dal tipo precedente unicamente per avere il portaluminello spianato (fig. 5). Durante le operazioni di repressione del brigantaggio nei territori dell'ex Regno delle due Sicilie, dette armi furono gradatamente sostituite da "pistole-revolver a spina" brevetto Lefaucheux <7>. I pistoloni mod. 1860 da cavalleria e da falegname di fanteria, furono fabbricati con canne a 4 righe e vitone ordinario <8l a differenza dei modelli 1843 e 1845 che, come si è detto, portavano 8 rigature.
(4) Il sistema di caricamento ideato dal cap. francese Delvigne (1799-1876) - vedi capitolo "Le cartucce di carta e la cartuccia a spina" -, per quanto fosse geniale presentava alcuni difetti dovuti soprattutto alla deformazione incostante della palla che provocava tiri imprecisi. Per migliorare detta deformazione il col. Pontcharra propose di calzare la palla di piombo con un tacco di legno duro che serviva da base di appoggio contro il bordo della camera. (5) L'operaio armaiolo belga Peeters propose un proiettile cilindrico-ogivale autoespansivo più semplice di quello ideato dal cap. Minié, con l'eliminazione del cappelletto di ferro (fondello) e la modifica della forma della cavità interna a somiglianza di capezzolo. (6) Il col. francese Thouvenin nel 1842 ovviò in parte all'inconveniente del sistema ideato da Delvigne, dotando la canna di un vitone con un robusto perno, centrale, detto stelo (tige), contro cui la palla si fermava. In questo modo la palla sotto i colpi della bacchetta assumeva una deformazione più uniforme aumentando pertanto la precisione del tiro. (7) L'armaiolo francese Lefaucheux, ispirandosi alle armi ad avancarica del tambur9 dell'americano Colt, realizzò nel 1853 un revolver a retrocarica del tamburo utilizzante cartucce con innesco e percussore incorporati nel bossolo. Queste cartucce sono dette comunemente "cartucce a spina" (o a spillo) data la sporgenza dal bordo del fondello del bossolo della testa del percussore. (8) Il vitone ordinario costituiva il tappo posteriore della canna.
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INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 A L 1943 - - - - -L'ARMAMENTO -- - - -- - - -- - -- -- - - - -- -
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Fig. 4 -
Pisrola d'Arriglieria e Cavalleria mod. 1844 " ridoua · · ca/. 17. 1 mm .. (lvi.A . - TO)
fig. 5 -
Pistola da RR.CC. mod. 1847 ca!. 15,2 mm .. (M.A . - TO)
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LA NASCITA DEL REGIO ESERCITO
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-In quel periodo, la produzione di armi di nuovo modello, fu concentrata quasi interamente negli Stabilimenti del Piemonte, essendo quelli ubicati nei territori degli ex Stati Preunitari in via di radicale ristrutturazione. Le poche officine di questi ultimi, in grado di lavorare, furono impegn~te alla trasformazione di armi a "silice" (pietra) in armi a "fulminante" (luminello) C9l da destinare ad equipaggiare i Reparti della Guardia Nazionale. Nel 1865 oltretutto, alcuni di quegli opifici, sia per la loro dislocazione decentrata, che per mancanza di fondi e personale specializzato, furono convertiti per altre produzioni o addirittura chiusi, come ad esempio quello di Mongiana in Calabria, assai noto presso i Borboni. Questo stato di cose ebbe il suo riflesso nella guerra del 1866 nella quale, come noto, parte dell'esercito era ancora equipaggiato con armi di vecchio tipo allo stato originario, mentre la maggior parte degli eserciti europei aveva già ammodernato interamente il proprio arsenale, passando in breve tempo a sistemi di "avanguardia" quale quello a retrocarica. Il principa!e vantaggio di questo sistema era l'aumentata celerità di tiro dell'arma come, d'altra parte, stava dimostrando la Guerra di Secessione americana (1861-1865), eccellente banco di prova per la sperirpentazione di nuovi sistemi a ripetizione c10i Henry e Spencer, utilizzanti entrambi serbatoi tubolari posti sotto la canna (Henry) c11 > o nel calcio (Spencer). Questi sistemi, che potremmo definire "rivoluzionari", in effelli alLro non erano che l'ap-
plicazione delle teorie espresse e sperimentate secoli prima da Kalthoff e Lorenzoni c12> in Europa. Sebbene le notizie che giungevano dalla lontana America dimostrassero la validità dei suddetti sistemi, le nazioni europee non ne intuirono immediatamente i vantaggi tecnico-tattici, tardando quindi ad adottarli.
(9) La trasformazione consisteva nel sostituire il cane a ganasce per trattenere la selce, con un cane a martello ed eliminare la martellina, la sua molla e lo scodellino per l'innesco. Lo spazio vuoto creatosi sulla cartella dall'asportazione dello scodellino e delle viti veniva riempito saldandovi dei ta.sselli sagomati. La canna veniva trasformata tappando il focone corrispondente con lo scodellino dell'acciarino a pietra focaia e ricavandone un altro rivolto verso la battuta del cane, munito di base a chiocciola (a vite) per l'applicazione del luminello su cui veniva posta la capsula detonante. Caratteristica del cane "alla piemontese" è la sagoma bombata della cresta. I movimenti del cane rimangono sempre gli stessi, ossia a riposo, prima monta o posizione di sicurezza e seconda monta o posizione di sparo. In caso di caduta accidentale del cane, lo scatto azionato dalla molla s'incastra nel primo dente della noce (posizione di sicurezza) evitando lo sparo. Lo scatto si discosta dalla noce del cane solo sotto la pressione del grilletto. (10) La ripetizione si otteneva azionando l'otturatore, ricaricando quindi meccanicamente. (11) Nel sistema "Henry" il caricatore tubolare è posto sotto la canna derivando dal "Volcanic" , ed è il diretto predecessore del Winchester '66. Nel sistema "Spencer" il caricatore tubolare è sistemato nel calcio. (12) Kalthoff, la prolifera famiglia tedesca di Solingen, e Lorenzoni, italiano di Firenze, realizzarono intorno alla metà del XVII sec. fucili e pistole a ripetizione con serbatoi tubolari per le palle, laterali o sotto alle canne e contenitori per la polvere posti nei calci. Con complicati meccanismi azionati dal ponticello del grilletto o da una leva laterale all'acciarino sparavano a ripetizione.
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L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DEL['E.l. DAL 1861 Al 1943
I sistemi a retrocarica che non erano stati presi in considerazione dal Piemonte, sia per il continuo coinvolgimento bellico, sia per la cronica ristrettezza di fondi, lo furono dal Regio Esercito Italiano solo nel 1867 seppure in forma non integrale. Le prime retrocariche italiane, infatti, erano derivate da trasformazioni di vecchie armi ad avancarica secondo un sistema ideato e proposto da Salvatore Carcano 0 3). Se la retrocarica era una novità per l'Italia, non lo era per altre Nazioni, quali la Prussia che già dagli anni '50 era armata con il sistema ad "ago" del Dreyse C1 4l (fig. 6) e la Francia che nel 1866, oltre ad adottare il fucile Chassepot, anch'esso ad ago, aveva all'esame il sistema detto "a tabatiere" - Schneider - per trasformare le vecchie armi mod. 1857 utilizzando cartucce con bossolo in lamiera e cartone tipo Boxer (figg. 7-8) <15l <16) 0 7 ).
(13) Salvatore Carcano nacque a Varese nel 1827 e dopo aver combattuto nella Prima Guerra d'Indipendenza si ritirò in P iemonte. A Torino venne arruolato come armaiolo nel Corpo Reale di Artiglieria dove in breve tempo fu nominato "artista". Congedato, entrò nel 1852 come operaio nella Fabbrica Reale di Torino e iniziò la sua carriera di inventore. Progettò e costruì / macchine per la lavorazione delle canne, .delle baionette e di altre parti d' armi. Lo stesso Cavour in persona gli commissionò la preparazione delle armi per le truppe da inviare in Crimea. Nel 1858 conseguì una medaglia ed un diploma d'onore alla Esposizione Nazionale di Torino e "fu salutato come colui che veramente dava lustro allo stabilimento" . Nel 1863 fu inviato in missione all'estero per collaudare macchine per la fabbricazione delle canne in acciaio. Dopo aver progettato l'otturatore ad ago si dedicò ad altri brevetti adottati anche su armi straniere. Nel 1879 venne promosso capotecnico principale di prima classe della Fabbrica Re!lle. Infine lavorò sul nuovo fucile d 'ordinanza, il 91. La figura di questo inventore, poco conosciuta, è comunque degna di stima e di ammirazione. Non bisogna dimenticare che Carcano ideò il fucile ad ago italiano e realizzò l'ultimo fucile italiano d'ordinanza del Regio Esercito. (14) L'esercito prussiano fu il primo al mondo ad essere armato con un fucile a retrocarica regolamentare a partire dal 1848. li progetto di questo sistema si deve all'armaiolo di Sommerda, Johann Nikolaus von Dreyse (1787-1867) che lo realizzò già nel 1828. L 'idea di costruire un otturatore cilindrico, girevole scorrevole, senza alcuna vite, quindi assai semplice da smontare e rimontare, fu per l'epoca veramente geniale. La tenuta dei gas veniva assicurata dall'incastro perfetto della testa dell'otturatore, tronco-conica, contro la culatta della canna pure tronco-conica. L'otturatore garantiva la tenuta mediante l'appoggio della base del manubrio contro la spalla della falsa culatta che oltretutto seguiva l'andamento di un'elica in modo tale da assicurare sempre la perfetta chiusura forzando semplicemente il manubrio, anche quando le due superfici (base del manubrio e della spalla dellà falsa culatta) erano logore per l'usura. Altra cosa interessante era la camera di espansione ricavata sulla testa dell'otturatore in cui i gas dilatandosi spingevano fuori dalla canna i residui della cartuccia. Questo sistema dal 1860, con varie modifich·e, fu imitato da altri modelli in altre nazioni. ')
(15) Ispirandosi al progetto di Dreyse, un armaiolo di Mutzig, Antoine-Alphonse Chassepot (1833-1905), realizzò nel 1863 quest'arma che l'esercito francese adottò nel 1866. La particolarità dell'otturatore di Chassepot fu la presenza di una guarnizione di caucciù posta tra la testa che era mobile e il corpo del cilindro. La pressione dei gas comprimeva la testa mobile facendo dilatare il disco di caucciù contro le pareti della camera di scoppio eliminando in questo modo qualsiasi sfuggita di gas. Questo sistema, oltretutto, non richiedeva la precisa lavorazione dell'otturatore prussiano. L 'otturatore di Chassepot però, a differenza di quello di Dreyse, per sostituire il disco di caucciù o l'ago, aveva bisogno di essere smontato con l'ausilio di un cacciavite e di una chiave speciale per svitare il tappo posteriore. (16) Cartuccia per fuci le Chassepot. La cartuccia dello Chassepot a differenza di quella del Dreyse e del Carcano aveva la capsula fissata al fondello del bossolo. (17) Utilizza l'otturatore del tipo detto " a tabacchiera" ribaltabile lateralmente simile al sistema inglese Snider usato per la trasformazione dei fucili Enfield.
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LA .'JASCITA DEL REG IO ESF RCITO
fig. 6 - Par1icolare del fitci/e del/ Esercito Prussiano mod. 184 1 ''ad ago 路路 - sistema Dreyse ca /. 15.43 (M .S. F - RM /
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fig. 6a - Disegno dell 'epoca che illustra la meccanica del sistema Dreyse.
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L'ARMAMENTO INDIYIDUi\ LE DELL'E.l. DAL 186 1 i\ L 1943
fig. 7 - Fucile de/l'Esercito Francese mod. 1866 "ad ago" - sistem.a Chassepot cal. Il mm .. (M.A . - TO)
fig. 7a - Cartucce per fucile Chassepot La cartuccia dello Chassepot a differenza di quella del Dreyse e del Carcano aveva la capsula jissma al fondo del bossolo.
fig. 8 - Particolare del fucile dell'Esercito Francese mod. 1857 trasformalo a retrocarica in mod. 1867 con il sistema Sch11eiderdet10 "a tabatiere " cal. 17,8 mm.. (M.A. - TO)
LA NASCITA DEL REGIO ESERCITO
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L'Austria che per il proprio esercito adottava armi rigate fin dal 1854, dopo la battaglia di Sadowa (1866) giunse alla retrocarica su due vie: modificando con il sistema Wanzel con cartuccia a percussione anulare le armi ad avancarica ed adottando contemporaneamente il nuovo fucile Wer,ndl con cartuccia a percussione centrale (figg. 9-10) <18) <19). In Italia ia Commissione nominata nel 1866 dal Ministero della Guerra, dopo aver scartato sistemi a cartuccia metallica perché troppo costosi, prese in esame i sistemi ad involucro di carta ed innesco incorporato (Dreyse, Chassepot, Luk, Doerch-Baumgarten (20>, ecc.) (fig. 11). Ispirandosi alle meccaniche di Dreyse, Chassepot e Doerch-Baumgarten, Salvatore Carcano elaborò la culatta della canna del fucile mod. 1860 adattandovi un otturatore ad ago con una particolare sicurezza detta "tubetto a nasello", che venne ancora impiegato, con opportuni aggiornamenti sulle armi mod. 1891. Anche sulla cartuccia di carta Carcano apportò delle migliorie introducendo sul fondello di cartone della cartuccia stessa la guarnizione di caucciù che invece, nel sistema Chassepot, troviamo sulla testa dell'otturatore, sempre con la funzione di guarnizione di tenuta per i gas. La seconda modifica che effettuò fu quella dell'adeguamento dei congegni di mira alle nuove caratteristiche balistiche delle cartucce che dal 1862, con il loro continuo evolversi avevano reso inadeguato il congegno originario. Tale provvedimento avrebbe dovuto essere, pertanto, inderogabilmente applicato, malgrado il costo che ne derivava. Uno studio del cap. Berni, pubblicato nel 1868, rende la dimensione contenuta del costo di trasformazione in rapporto a quello che era l'onere da sostenere per un'arma costruita ex novo; ad esempio contro le 10 lire indicate per il costo delle modifiche, una carabina da bersagliere mod. 1856, costava 47 lire e 43,50 era il costo di un fucile di fanteria mod. 1860; per non parlare poi delle armi a retrocarica i cui prezzi di costruzione erano di almeno un terzo superiori a quelli citati; questo grande divario fra il costo di costruzione e quello di trasformazione giustifica perché fu scelta la seconda soluzione, considerando anche che, alla fine si otte~ neva un'arma di poco o niente inferiore ad un'altra di nuova costruzione. Alla trasformazione del fucile da fanteria e della carabina da bersagli seguirono nel 1870 e 1871 rispettivamente quella dei moschetti da RR.CC., a piedi ed a cavallo, e quella dei moschetti per artiglieria e pontieri.
(18) U tilizza l'otturatore del tipo a blocco ribaltabile verso la volata molto usato nelle trasformazioni delle armi ad avancarica. (19) Utilizza l'otturatore del tipo detto "a barile" a blocco ribaltabile lateralmente che in Austria all'epoca fu adottato perché si ottenne una celerità di tiro superiore al sistema "rolling block" di Remington. (20) Joseph Cari Doersch e Cramer von Baumgarten realizzarono un fucile ad ago imitando il sistema Dreyse che l'esercito dello Schaumburg-Lippe adottò nel 1861.
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L'A RMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E. I. DAL 1861 AL 1943
fig. 9 - Par1icolare dello "Jiigerstu1ze11 " mod. 1854 de/l'Esercito Ausrriaco tra~formato a retrocarica in mod. 1867 con il sistema Wanzel ca!. 13,9111111.. (M.A. - TO)
fig. 9a - Cartuccia a percussione anulare per le anni Wa11ze/.
fig. 10 - Panico/are del.fucile dell'Esercito Austriaco mod. 1867 - sistema Werndl ca/. IO. 98 mm. (M.A. - 70)
LA NASCITA DEL REGIO ESERCITO
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fig. 11 - Prototipo di fucile realizzato in lwlia con otturatore "ad ago" - sistem.a D&D (Doersch-Baumgarten) ca/. I 7,5 mm.. (M.A. - TO)
fig . l la - Particolare dell'arma con ouuratore chiuso.
fig. 11 b - Particolare dell'arma con otturatore aperto.
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L' ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E .I. DAL 1861 AL 1943
Le armi così trasformate erano senza dubbio nettamente superiori alle precedenti ad avancarica, sebbene anche il sistema ad ago presentasse i suoi inconvenienti; principale era quello dei residui di carta nella camera di scoppio, che dovevano essere rimossi manualmente ad ogni colpo, mediante un'estrattore che il soldato portava fissato alla giberna, così come per il fondello di caucciù a causa del frequente decentramento dello stesso rispetto all'asse ago-camera. Le armi così modificate, trasformate a retrocarica con l'otturatore cilindrico girevole scorrevole detto "a catenaccio" sistema Carcano, iniziarono ad essere distribuite ai reparti dalla fine del 1867 . Per prime furono approntate le carabine da bersagliere mod. 1856, successivamente i fucili da fanteria mod. 1860. Il costo unitario di trasformazione poté essere contenuto in sole 10 lire ad arma in quanto le uniche operazioni che furono effettuate consistettero nella fresatura della culatta della canna per ricavarne la sede dell'otturatore: il pezzo più costoso; nella modifica dell'alzo e per adeguare l'arma alle nuove caratteristiche balistiche; al rifacimento della cassa solo per quegli esemplari che per le condizioni dei legni, non rendevano possibile l'adattamento previsto. Ciò fu possibile in qua_nto le casse ancora in buona efficienza vennero riutilizzate chiudendo con qei tasselli di legno le incassature che accoglievano la cartella e la controcartella. Questi fattori negativi della cartuccia di carta furono eliminati mediante l'adozione della cartuccia a bossolo metallico che, seppure più costosa, risultava senz'altro più efficiente e moderna ed alcuni eserciti europei l'avevano già introdotta in servizio. Inconvenienti, questi, che per i militari dell'epoca rappresentavano seri impacci. In Italia furono i bersaglieri i primi ad usarla. Infatti, dopo la campagna del 1870 in cui le armi ad ago trovarono l'unico impiego bellico, si affrettarono a sostituire le carabine in dotazione con i Remington "rolling block" catturati all'Esercito papalino ed impieganti cartucce con bossolo metallico di calibro più piccolo e con un tiro utile maggiore. Fu però la guerra Franco-Prussiana del '70, dove si misurarono i due più famosi fucili ad ago Dreyse e Chassepot, a decretare sorpassato questo sistema . Nell'Esercito Italiano le armi ad ago furono conservate nelle armerie fino alla completa distribuzionè delle armi mod. 1870 sistema Vetterli alle truppe di "seconda linea", distribuzione che avvenne negli anni '90. Dalle baionette "Anno IX" alle sciabole Mod. 1860
L'Armata sarda, durante la restaurazione, aveva conservato, come d'altr'a parte aveva fatto la gran parte degli eserciti europei, le armi bianche di vecchio modello. Questo fatto rappresentava la conseguenza diretta del continuo perfezionamento tecnico delle armi da fuoco che, dopo aver già reso superfluo l'uso delle vecchie armature, facevano passare in secondo piano anche le armi bianche offensive.
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Alla vigilia della Seconda Guerra d'Indipendenza le sale d' armi dell'Armata Sarda custodivano ancora delle ottime lame del periodo napoleonico: manifatture di Klingenthal ''Coulaux" e di Brescia "Landi" o, addirittura, settecentesche piemontesi. Lame èhe furono in parte immanicate con le nuove guardie mod. 1824 da cavalleria di linea e mod. 1829 da cavalleria grossa e leggera (figg. 1-2-3-4). Analogamente, diverse lame delle sciabole da fanteria erano provenienti da "briquet" mod. anno XI e da sciabole piemontesi mod. 1814 (fig. 5). Invece le baionette del tipo "a manicotto" per fucili e moschetti erano rimaste quelle del 1814, cioè simili al mod. 1777 anno IX, tanto che, l'Esercito Italiano conservò, per tutti gli anni '60 ed anche dopo, le vecchie baionette a manicotto usate dall'Armata Sarda per i fucili da fanteria, i moschetti da RR .CC. e quelli da pontieri. I bersaglieri, invece, sulla carabina mod. 1856 utilizzarono le sciabole-baionetta di tipo prussiano Hirsfanger mod. 1809 adottate nel 1839 ed utilizzate anche per le carabine mod. 1844 e 1848. Una sciabola-baionetta con stesso sistema di innesto, ma a lama doppio filo, era usata per il moschetto di artiglieria mod. 1844. La cavalleria da parte sua conservò la sciabola mod. 1834 e la lancia del '49 fino alla completa distribuzione dei modelli 1860 (figg. 6-7). Con l'introduzione delle sciabole da cavalleria mod. 1860 vennero utilizzati foderi in lamiera di acciaio anche per la truppa. (Prima erano in lamiera di ferro). L'artiglieria a cavallo, invece, utilizzò per tutti gli anni '60 la vecchia sciabola mod. 1833. La sciabola da Furieri Maggiori mod. 1833 rappresentò per tutto 1'800 l'arma caratteristica dei sottufficiali di fanteria a cui fecero eccezione i bersaglieri. La daga da pontiere mod. 1831, la sciabola da fanteria mod. 1843, la daga da granatiere del 1852, la sciabola a sega da falegname da fanteria mod. 1845 ed infine la daga da cannoniere mod. 1859, tutte provviste di forniÌnenti in ottone, rimasero al fianco dei militari di truppa più per completamento dell'uniforme che non per una effettiva utilità. Agli ufficiali dei bersaglieri rimase la sciabola adottata nel 1850, a lama di disegno caratteristico. Tale lama restò in dotazione per molti anni, seppure con leggere varianti, anche per gli ufficiali di fanteria (figg. 8-9). La particolarità della lama era rappresentata dal doppio sguscio al debole con punta raccordata simmetricamente al falso filo . D'altra parte, anche il fornimento in ottone dorato con guardia a cinque else ed impugnatura in ebanite zigrinata trattenuta da una cappetta a testa di leone, era tipico del Corpo dei bersaglieri. Questo tipo di sciabola, seppur con lievi modifiche, è a tutt'oggi in dotazione agli ufficiali del Corpo.
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L'ARMt\lv!ENTO IN DIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
fig . I - Sciabolajiwzcese da Cavalleria leggera mod. Amw TX (Coll. privata)
fig. 2 - Sciabolafra1'1cese da Cavalleria di linea nwd. Anno Xl. (M.A . - TO)
fig. 3 - Sciabola piemontese da Cavalleria di linea rnod. 1824 (lama mod. Anno XI). (M.A. - TO)
fig. 4 - Sciabola piemontese da Cavalleria leggera mod. 1829. (M.A. - TO)
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LA NASCITA DE L. REGIO ESERCITO
fig. 5 - Sciabola francese "briquet" mod. Anno XI. (M.A. - TO)
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fig. 6 - Sciabola piemontese da Cavalleria leggera mod. 1834. (M. A . - TO)
fig. 7 - L ancia da Cavalleria mod. 1833/36 con modifica 1849. (M.A. - TO)
La sciabola, adottata per gli ufficiali di fanteria nel 185 5, pur conservando la stessa lama di quella dei bersaglieri, presentava un fornimento in ferro del tipo detto "a staffa" (fig. 10). Agli ufficiali degli Stati preunitari fu concesso di portare le loro vecchie lame immanicate però con guardie "alla piemontese" (fig. 11). Gli ufficiali dei vari corpi di cavalleria utilizzarono poi, modelli di sciabola il piÚ delle volte fuori ordinanza. Tali modelli rappresentarono una tacita concessione purchÊ si attenessero alla tipologia dapprima piemontese e, successivamente, italiana.
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fig. 8 - Sciabola da i(tficiale dei Bersaglieri mod. 1850. (Dal Giornale Militare del 1863)
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fig. 9 - Sciahola da ufficiale di Fa,ueria mod. 1855. (Da/ Giornale Milirare del 1863 )
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L'ARMAMENTO INDIV!DUt.Uè: DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
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fig. 10 - Sciabola da ufficiale di Fanteria mod. 1855. (M.N.C.S.A . - RM)
fig. 11 - Scillbola da ufficiale dei Bersaglieri con lamll fuori ordinanza. (M. N. C.S.A. - RM)
fig. 12 - Sciabola all'austriaca da ufficiale degli Ussari di Piacenza. (Col/. Ca/amandrei - Firenze)
In tale contesto, gli ufficiali del Reggimento Ussari di Piacenza, che utilizzavano sin dall'origine una sciabola di foggia austriaca, costituirono un'eccezione (fig. 12). Le lame delle sciabole degli ufficiali erano in gran parte commissionate, come ¡del resto accadeva per diversi -0rdinativi di lame destinate alla truppa, a fabbriche di Solingen. Le fabbriche nazionali di Torino, Brescia e Torre Annunziata, da parte loro, forgiavano in prevalenza lame per baionette e per daghe come già avveniva nel Piemonte preunitario. Il Regno di Sardegna, in effetti, ac9uistava buona parte delle lame per sciabole in Germania, a differenza del Regno delle Due Sicilie che vantava tradizioni di ottimi artigiani come i Labruna di Napoli e stabilimenti statali quali la Fabbrica Reale di Napoli e quella di Sparanise, specializzata quest ' ultima in lame per baionette e daghe.
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La fabbricazione delle armi negli anni 1860
Per sor,:>perire al fabbisogno dell'Esercito Italiano, il Ministero della Guerra aveva devoluto la costruzi0ne delle armi sia alle fabbriche d'armi dello Stato che ad imprenditori privati nazionali ed esteri, conservandone però sempre il diretto controllo. Con il conseguimento dell'unità, erano divenute statali, oltre alla Fabbrica Rea.le di Torino presso Valdocco, la fabbrica di Brescia, installata subito dopo la guerra del ' 59, e quella di Torre Annunziata già del Regno delle Due Sicilie. In queste fabbriche venivano costruite le nuove armi, si trasformavano le vecchie e si riparavano quelle il cui grado di inefficienza era tale da non poter essere ovviato dalle officine site presso i vari Corpi. Alla direzione delle fabbriche erano preposti ufficiali superiori di artiglieria coadiuvati da un vice direttore, chiamato sotto direttore, e da un certo numero di ufficiali inferiori: capitani e subalterni. Le lavorazioni e le prove erano dirette e sorvegliate da controllori d'arrni e capi armaioli ciascuno responsabile di una propria branca ed eseguiti materialmente da operai armaioli specializzati. Il lavoro che si svolgeva era per lo più manuale poiché, dato il rilevante numero di operai dipendenti mantenuti con un regime salariale contenuto a fronte dell'ingente spesa che si sarebbe dovuta affrontare per una immediata ristrntt ura7.ione ed ammodernamento dei macchinari e delle
apparecchiature delle tre fabbriche, si preferiva sfruttare ancora l'ingente manodopera disponibile. Al contrario di quanto avveniva in altre Nazioni, come ad esempio l'Inghilterra dove l'industrializzazione del Paese era già più avanzata, nelle quali già da tempo si fabbricavano le armi con macchinari moderni ottenendo prodotti qualitativamente più elevati ed in tempi più contenuti. In Italia, Paese ancora tipicamente agricolo, l'industrializzazione era agli albori tanto da rendere estremamente difficile una celere sostituzione del lavoro manuale con quello meccanico. D'altra parte questa situazione si rivelò estremamente vantaggiosa per gli operai che erano piuttosto degli ottimi artigiani che non dei lavoratori da catena di montaggio. Le materie prime che venivano impiegate nella fabbricazione delle armi erano il ferro, l'acciaio, le "stoffe" o miscugli di ferro ed acciaio, le lamiere di ferro ed acciaio, il rame, l'ottone, lo zinco, lo stagno, il piombo, il legno ed il cuoio. L'acciaio fuso era utilizzato per fabbricare diverse parti delle armi, ma non le canne che erano ancora ricavate da coste di ferro fucinato. Solo in Austria si costruivano canne in acciaio fuso già dall'inizio degli anni '60. Gli Infanteriegewehr e gli Jagerstutzen mod. 1862 furono i primi fucili con canna in acciaio e sostituirono rapidamente gli analoghi mod. 1854 realizzati con canna in ferro , venduti ai due Governi Americani bisognosi di armi durante la Guerra di Secessione. In Italia la sperimentazione delle canne in acciaio ebbe inizio negli anni 1865-1866 e permise di apprezzarne immediatamente i vantaggi derivanti da una maggiore resistenza e durata. Altro aspetto positivo era rappresentato da un minore onere finanziario, dovuto al fatto che
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la loro fabbricazione non richiedeva dei fucinatori particolarmente esperti. Il sistema precedente, viceversa, oltre a richiedere particolarmente esperti fucinatori implicava la necessitĂ di disporre di minerale ferro so di prima scelta e di effettuare numerose operazioni manuali. Le canne venivano fabbricate con lamine di ferro di ottima qualitĂ , ben depurato per evitare il verificarsi di soffiature e sfaldature. I lati lunghi delle lamine, riuniti insieme, venivano saldati, mediante un processo chiamato "bollitura", per formare dei grossi tubi. Un'altra operazione delicata consisteva nel portare al calibro esatto l'anima delle canne fucinate trapanandole ed alesandole con apposite apparecchiature ed utensilerie. Dopo la perforazione, per ridare al ferro la tenacia perduta per il calore che veniva sviluppato dal trapano e per il conseguente raffreddamento con l'acqua, le canne venivano scaldate al rosso-bruno e lasciate raffreddare sotto la cenere per circa ventiquattro ore. Le operazioni successive prevedevano l'eventuale raddrizzamento a piccoli colpi di maglio o di martello, se le canne presentavano difetti dovuti alla fucinatura; nel lisciamento dell'anima per accertarsi se le generatrici del cilindro interno erano perfettamente rette; nel disgrossamento esterno con il tornio ed infine nella molatura necessaria per dare alle canne le giuste dimensioni .. Al termine di queste operazioni si praticava alle culatte, dopo averle fatte rinvenire al rossociliegio, la chiocciola per ricevere i vitoni. Quindi si dava con la lima ed il bulino il profilo esatto alla sezione delle culatte e dei porta luminelli, si perforavano i foconi e si ricavavano le chiocciole sui porta luminelli per i luminelli stessi. Infine, dopo aver saldato i mirini ed i fermi delle baionette, quando si trattava di fucili e moschetti, le canne erano pronte per sostenere la prova balistica. Il test consisteva nel sottoporre le canne, fissate su di un bancone in camera di sicurezza, a due spari consecutivi utilizzando una carica di 4,5 gr. di polvere nera da fucileria ed una pallottola di piombo oblunga di 17 mm. di calibro e di 38,2 mm. di lunghezza. Superata positivamente la prova, le canne venivano lasciate per circa 30 giorni in una camera umida in modo tale che, ossidandosi, potessero manifestare eventuali difetti sfuggiti ai precedenti controlli. Un 'altra operazione che presentava delle notevoli difficoltĂ era la rigatura (fig. 1). La si realizzava intagliando l'anima delle canne mediante un coltello d'acciaio, azionato da una alesatrice a movimento alternativo elicoidale dalla culatta alla bocca e viceversa, e facendo ruotare quest'ultimo .secondo il passo dell'elica. Le rigature venivano ricavate una alla volta e, ad operazione ultimata, le canne erano sottoposte ad un controllo di verifica. Tale operazione consisteva nel far entrare nell'anima della canna il "calibratore" da 17,5 mm. e, successivamente, controllare che non vi entrasse quello da 17,8 mm .. Il controllore, al termine di questa verifica e dopo aver sottoposto la canna ad un'altra prova forzata, vi apponeva il proprio punzone. Terminate queste verifiche e controlli le canne erano pronte per subire le ultime operazioni quali l'applicazione dell'alzo, il foro per la vite del vitone ecc., prima di essere montate sulle casse. I luminelli venivano ricavati con la tecnica dello stampaggio da una verga d'acciaio scaldata al rosso-ciliegia e quindi lavorate con apposite macchine.
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La loro tempra costituiva il trattamento termico più importante perché dovevano conservare una grande durezza, ma, nello stesso tempo, anche tenacia per resistere alle percosse del cane. Per questo motivo la tempra veniva fatta solo "al colonnino", dopo di che i luminelli erano fatti rinvenire riscaldandoli leggermente e lasciandoli raffreddare. I vari pezzi degli acciarini erano costruiti a mano, fatta eccezione per i "cani" che venivano stampati-a macchina. Dopo la limatura e la verifica, i pezzi venivano composti per l'aggiustaggio: ultima rifinitura, quindi temprati, rinvenuti e puliti con spazzole spolverate di smeriglio. Al termine il controllore revisionava la forza dei molloni, tutti i movimenti del meccanismo e, una volta accertatone il perfetto funzionamento, punzonava gli acciarini. Analogamente anche la fabbricazione delle bacchette e dei vari fornimenti era soggetta a tutte queste operazioni ed alle dovute verifiche da parte dei controllori. Le bacchette, parti vitali per il caricamento delle armi ad avancarica, erano sottoposte ad un ulteriore e successivo controllo per verificarne l'elasticità. L'operazione consisteva nell'appoggiare la parte filettata, dove venivano avvitati i vari accessori per l'eventuale estrazione del- . le pallottole o degli stracci rimasti in canna e per la pulizia della canna, ad un apposito cuscinetto fissato al suolo e, con la mano, nel premere sulla capocchia incurvando la bacchetta di 150 mm. se di fucile, di 96 mm. se di carabina. Dopo la flessione, al momento del rilascio, doveva tornare diritta e non presentare neanche il minimo accenno di curvatura. Per rendere tutte le parti in acciaio più dure e preservarle maggiormente dall'ossido, si realizzava la tempra del metallo. Il metodo più semplice detto "tempra alla volata" consisteva nello scaldare l'acciaio al rosso-ciliegia ed immergerlo repentinamente nell'acqua fredda per fissarne la struttura molecolare che si era ottenuta con il riscaldamento. A seconda dell'uso, si doveva poi "rinvenire di tempra", ossia ungere con olio d'oliva, lasciare sui carboni ardenti finché l'olio si consumava e quindi immergere in acqua finché l'acciaio assumesse un colore turchino. Questa operazione aveva lo scopo di impedire che l'acciaio diventasse troppo duro e quindi di facile rottura in occasione di determinati impieghi. Per riconoscere se un pezzo era d'acciaio, oltre a tentare di intaccarlo con la lima dopo averlo scaldato, si usava l'acido nitrico diluito in acqua. L'acido, se il materiale era acciaio, corrodeva il ferro ed anneriva il carbone; se invece compariva una macchia biancastra, il pezzo era di ferro . Le parti in ferro venivano indurite superficialmente con la cosiddetta "tempra al cartocci<::". Nell'effettuare questa operazione si doveva porre molta attenzione a che la superficie acciaiata non fosse troppo spessa e, comunque, mai superiore al mezzo millimetro, in caso contrario poteva rendere fragili le varie parti delle armi. I pezzi, raggiunta la colorazione rosso-ciliegia, erano immersi in acqua e, raffreddandosi, assumevano un colore grigio terso; l'operazione poteva quindi dirsi riuscita perfettamente se, i vari elementi, battuti con una pietra di selce, mandavano scintille. ·
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In ultimo, per dare la durezza e la lucentezza dell'acciaio agli ornamenti in ferro veniva utilizzato anche il cianoferruro di potassio al posto del carbone. Il procedimento risultava più veloce perché consisteva nello scaldare il ferro al colore rosso, impolverarlo con detto sale ed immergerlo subito nell'acqua fredda; la superficie del metallo veniva così cementata. Un procedimento quasi analogo veniva effettuato anche in Inghilterra dove però si utilizzava il prussiato di potassa. Per distinguere il grado di temperatura delle varie calde ci si basava sul colore che assumeva il metallo; in particolare la tonalità rosso-scuro corrispondeva a circa 700°, il rosso-ciliegia a 1.000°, il rosso-bianco a 1.300° ed infine il bianco-saldante a 1.400° . Per fabbricare le casse era impiegato il legno di noce, preferibilmente quello bruno, perché garantiva una lunga durata e facilità di lavorazione, inoltre ha le caratteristiche di essere più leggero di altri tipi di legno. In mancanza del noce erano utilizzati rispettivamente l'olmo, il faggio ed il castagno. Le casse venivano ricavate, seguendo l'andamento delle fibre del legno, da panconi ben stagionati ai qy_ali il controllore applicava il suo punzone profondamente in modo tale da non essere cancellato durante il lavoro di raschiatura che da va ai panconi la forma dovuta. Le incassature delle diverse parti erano realizzate con scalpelli e sgorbie; la pulitura era ottenuta ripassando il legno con carta robusta su cui era stato incollato dello smeriglio fine (carta vetrata) e, infine, al termine dell'operazione, la cassa veniva unta leggermente con olio di lino. Terminate le lavorazioni, ed assemblate le varie parti, le armi venivano sottoposte ad un ultimo controllo prima di essere punzonate con le iniziali della fabbrica e dichiarate pronte per l'impiego. All'epoca le armi da fuoco dell'Esercito non erano brunite e la loro manutenzione era costituita da una pomata a base di olio d'oliva depurato con piombo per la lubrificazione e sego di montone per la conservazione dalla ruggine. Per la pulizia erano usate sostanze polverizzate a base di mattone o pietra pomice allo scopo di impedire alle armi di risplendere, ma di acquistare solamente una colorazione bianco appannato . Le spade, le sciabole e le baionette, fino al momento dell'introduzione dell'acciaio fuso, erano in "stoffa", ossia composte di lamine d'acciaio e di ferro martellate contemporaneamente e saldate insieme per bollitura; la tempra del filo, ricavato in lamina d'acciaio molto carburato, veniva curata in modo del tutto particolare perché doveva avere la caratteristica di essere sufficientemente dura nel fendere ma, nel contempo, non così fragile da scheggiarsì. Jn questo modo le lame risultavano molto resistenti e tenaci. Con l'introduzione dell'acciaio fuso si evitò la lunga e laboriosa forgiatura della stoffa, ma si ottenne un prodotto di livello qualitativo inferiore. Le lame delle sciabole da cavalleria mod. 1860 erano in acciaio fuso; venivano fucinate piene e successivamente si praticavano gli sgusci di alleggerimento servendosi di apposite sagome per dimensionarle. In ultimo venivano scaldate al rosso-ciliegia e quindi immerse in acqua fredda.
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Le raddrizzature erano realizzate riscaldando le lame fino al colore turchino e battendole con martelli di ferro, successivamente venivano fatte rinvenire per ridare all'acciaio la tenacità perduta nella tempra. Infine, se prive di quei difetti che potevano crearsi durante la tempra, venivano rifinite con mole di pietra e di legno. L'elasticità e la robustezza delle lame venivano verificate piegandole per piatto nei due sensi e battendo le faccie contro un ceppo di fegno in maniera analoga a come era fatto per il dorso e per il taglio. Questa prova faceva rompere le lame troppo temprate e piegava quelle non abbastanza dure. Il medesimo procedimento era utilizzato per le lame delle baionette, delle sciabole-baionetta, delle daghe e per le punte delle lance. Le guardie sono realizzate in lamiera di ferro, di acciaio forbito o per fusione di ottone o bronzo. ¡ Le impugnature, di legno, potevano essere rivestite di pelle trattenuta da spire di treccia di filo metallico. I foderi erano fabbricati in lamiera di ferro, di: acciaio forbito o in cuoio con cappa e puntale in metallo. Le aste delle lance, infine, erano in frassino perchÊ legno fibroso, rigido e resistente.
fig. I - "Il Rigatore" (Schizzo di Cesare Calamandrei) .
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Le cartucce di "Carta" e la cartuccia "a Spina" Con l' introduzione delle armi a canna rigata mod. 1860 venne uniformato l'impiego della "pallottola espansiva" tipo Minié mentre la palla sferica, da parte sua, terminò il suo servizio con la pistola da RR.CC. a canna liscia.
La palla e la polvere erano contenute in una cartuccia di carta simile a quelle in uso fin dai vecchi tempi. La vecchia cartuccia in particolare era costituita da un contenitore di carta di forma cilindrica racchiudente la palla, di calibro inferiore a quello dell'arma, e dalla carica di polvere "da guerra" compreso il quantitativo da versare nello scodellino per l'innesco. La palla veniva ottenuta fondendo il piombo in un crogiolo e versandolo in un apposito stampo; la polvere era composta da un 75% di salnitro, 12,5% di carbone e 12,5% di zolfo.
Il rapporto esistente t ra peso della palla e peso della carica era tale che, ad esempio, per un fucile da fanteria mod. 1814, che sparava una palla cal. 16 mm. e pesante 25 gr., si usavano mediamente 11,5 gr. di polvere. La carta, donde la denominazione di "cartuccia", oltre ad essere un contenitore, una volta svuotata dalla polvere serviva ad avvolgere la palla in modo da fungere da guarnizione ''stoppaccio" tra la palla stessa e la canna.
Il soldato, infatti, trattenendo con la mano la cartuccia dalla parte della palla, strappava con j denti il lato incollato e ripiegato, versava un po' di polvere nello scodellino ed abbassava la martellina, versava quindi la rimanenza della polvere nella canna, girava la cartuccia ed introduceva la palla avvolta nella carta all'interno della canna spingendola con la bacchetta fino in fondo e pressandola contro la polvere. La cartuccia di carta, salvo alcune migliorie, era la stessa usata sin dai tempi di Napoleone o meglio ancora di Gustavo Adolfo.
Il Re di Svezia infatti aveva introdotto la cartuccia nell'uso militare durante la Guerra dei Trent'anni anche se, allora, serviva solo per il caricamento mentre l'innescamento era fatto con polverino più fino. Era la soluzione migliore per rendere le operazioni di caricamento delle armi ad avancarica più veloci, garantendo il massimo volume di fuoco in tempi sempre più ristretti e permettendo ad un soldato ben addestrato di sparare ben tre colpi al minuto. Con la cartuccia di carta venivano quindi evitate alcune operazioni che allungavano itempi di caricamento come l'innescamento dello scodellino con la fiaschetta della polvere e lo stoppaccio della carica. D'altra parte l'aumento della cadenza del tiro, realizzata con l'introduzione della cartuccia, penalizzava la precisione del tiro poiché la palla usciva dalla canna con un forzamento minimo.
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Con le prime armi a carina rigata si tentò di risolvere il problema forzando nella canna, a martellate, una palla di calibro maggiore; questa forzatura però deformava la palla creando una notevole irregolarità nel tiro. _A questo inconveniente si aggiungevano una lunga operazione di caricamento ed un frequente lavaggio della canna per asportare la feccia della polvere nera combusta accumulata sulle pareti dell'anima della canna stessa. Un altro sistema era rappresentato dal caricamento di una palla di calibro minore avvolta in un pezzo di panno ingrassato, o meglio ancora di pelle che, entrando più facilmente nelle righe, garantiva un tiro più preciso a discapito della potenza realizzata con l'altro metodo di forzamento (fig. 1). D'altra parte ottenere un buon forzamento della palla con facilità e celerità di caricamento non era indubbiamente una cosa facile se si escludevano i delicati e costosi meccanismi a retrocarica. Un tentativo che ebbe successo lo si deve all'ufficiale di fanteria dell'Esercito francese Delvigne. Delvigne nel 1827 propose, infatti, un sistema caratterizzato da un vitone camerata più stretto del calibro della canna; la palla si assestava contro il bordo e mediante dei colpi di bacchetta ben assestati si schiacciava aderendo alla rigatura. Al momento dello sparo il proiettile fuoriusciva dalla canna con un moto rotatorio forzato (fig. 2). In Piemonte il sistema Delvigne venne utilizzato con pallottole sferiche e cilindro-coniche per le carabine dei Bersaglieri del 1836, 1839, 1844 e 1848, per i pistoloni da cavalleria mod. '43, da falegname di fanteria mod. '45 ed infine per le pistole d'artiglieria e da cavalleria mod. '44. Tale sistema però, nonostante i continui accorgimenti, non diede i risultati auspicati per l'imperfetta deformazione delle pallottole. In Francia, nazione all'avanguardia in tali studi, il colonnello d'artiglieria Thouvenin tentò, nel 1842, di ovviare all'inconveniente dotando il vitone di uno stelo per dare posto alla carica di lancio ed utilizzando, nel contempo, _un proiettile cilindro-ogivale ideato dal capitano Tamisier. La caratteristica del proiettile Tamisier era rappresentata dal fatto che, calcato contro lo stelo, si deformava allargandosi ed aderendo alla rigatura in maniera più uniforme delle pallottole del Delvigne (fig. 3); il sistema trovò la sua applicazione nelle carabine mod. '46. Nell'Esercito P iemontese il vitone a stelo venne realizzato nei moschetti d'artiglieria e da pontieri mod. 1844, in qualche carabina da bersagliere mod. 1848 sperimentale e derivata ed infine in circa 6.000 fucili allestiti nel 1854 per la guerra di Crimea.
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L'ARMAMENTO IND[VIOUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
fig . I
fig , 3
fig. 2
fig . 1 - Palla sferica per fucile francese mod. anno IX. (Coli. priv.) fig. 2 - Canna con vitone a camera ristretta - sistema De/vigne. fig. 3 - Vitone a stelo - sistema ThnuvPnin .
Lo stelo però, da parte sua, denunciava delle difficoltà nelle operazioni di pulizia della camera di scoppio tali da suggerirne la soppressione alla fine del conflitto. La soluzione al problema venne trovata dall'operaio belga Peeters con l'adozione di una pallottola cilindro-ogivale cava posteriormente. Questa cavità, sottoposta alla pressione dei gas all'atto dello sparo, si allargava adattandosi uniformemente alla parete della canna. La pallottola espansiva del Peeters era uno sviluppo di quella pallottola che il capitano Minié aveva presentato nel 1849 alla Commissione francese preposta agli studi ed agli esperimenti sulle armi da ,fuoco portatili rigate (fig. 4). Le varie espi rienze condotte in Italia su questo tipo di munizionamento vennero effettuate con la carabina dei bersaglieri mod. 1856 cbe, utilizzando le pallottole del Peeters propulse da una carica di "polvere dei bersaglieri" di 4,25 grammi, forniva risultati ritenuti sod4isfacenti nonostante il suo peso eccessivo: 45 grammi. Successivamente, con l'adozione delle _nuove armi rigate mod. 1860, venne usata una palla di peso inferiore pari a 33 grammi e di forma migliorata simile a quella mod. 1857 francese. Per le armi a canna liscia e per i pistoloni si utilizzava già dal 1857 la palla cilindro-sferica tipo Nessler anch'essa cava posteriormente (fig. 5).
LA NASCITA DEL REGIO ESERCITO
35
Queste pallottole venivano poste nel bossolo di carta con la cavità rivolta verso la base per facilitarne il caricamento. La carica di polvere "da fucileria" a granitura più uniforme rispetto alla precedente "da guerra'\ ,non conteneva più il quantitativo da versare nello scodellino perché dall'anno 1843 era stata introdotta la capsula "alla fulminante" da porre sul luminello. La capsula era in lamierino di rame e conteneva una mistura di fulminato di mercurio e salnitro, ricoperta da un leggero strato di vernice per preservarla dall'umidità. Era stampata con il bordo a quattro alette per facilitarne il maneggio (figg. 6-7-8). Ogni soldato aveva in distribuzione dei pacchetti contenenti dieci cartucce e dodici capsule; le due capsule in più erano di riserva nell'eventualità che si verificassero eventuali cilecche. Con l'introduzione della retrocarica, la capsula venne incorporata nella cartuccia stessa. La nuova: cartuccia, confezionata sempre con bossolo di carta e, due anni dopo, con controbossolo di cartone per irrobustirla e tenere in sito il fondello, era così composta: sul fondo piatto era posto un disco di gomma per la tenuta dei gas, quindi la polvere da fucileria, il "tacco d'innesco" in carta pressata per la mistura fulminante e, a ridosso, la pallottola oblunga su cui la carta del bossolo ingrassata veniva ripiegata e legata con un filo presso la punta. La mistura fulminante era composta da 70 parti di clorato di potassa, 80 di solfuro diantimonio, 6 di zolfo raffinato in polvere ed infine 5 parti di carbone. Data la forma caratteristica della cartuccia, il soldato non poteva sbagliare nell'introdurla nella camera di scoppio e quindi chiudere l'otturatore.
fig. 4 - Pal!otto!a Minie. (Col!. privala) fig. 5 - Pallotto!a Nessler. (Colf. privata) fig. 6 - Capsula a quattro ali. (Col!. privata)
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LA NASCITA DEL REGIO ESERCITO
37
All'atto dello sparo, l'ago, trapassato il fondello della cartuccia e lo strato di polvere, andava a percuotere la capsula fulminante tenuta salda dal tacco d'innesco a ridosso della pallottola. La pressione dei gas, generati dall'accensione della polvere, faceva dilatare il disco di gomma,,in un secondo tempo sostituito con del panno imbevuto di sego, contro la testa dell'otturatore e le pareti della camera di scoppio; la tenuta ermetica così ottenuta salvaguardava il tiratore dalle lesioni al viso provocate da una accidentale fuoriuscita posteriore di vampate. Con questo tipo di munizionamento, un soldato poteva sparare circa otto colpi al minuto. Nel campo del munizionamento per pistole nel Regio Esercito, era in via di distribuzione ai RR.CC. sin dal 1861 un revolver sistema Lefaucheux che sparava cartucce con bossolo metallico a capsula e percussore incorporati. Questa cartuccia detta "a spina" e successivamente "a spillo" venne perfezionata dal francese Houiller intorno al 1846. La sua caratteristica era di avere una spina perpendicolare al fondello, sporgente da un lato del bossolo e comunicante all'interno con la capsula. La caduta del cane sulla spina provocava la percussione dell'innesco e la conseguente accensione della polvere (fig. 9). La pressione dei gas, oltre a spingere in avanli la pallottola, agiva sulle pareti del bossolo espandendolo e facendolo aderire perfettamente alle pareti della camera di scoppio, ottenendo così una chiusura ermetica di quest'ultima. Questo sistema, pur rappresentando per l'epoca una soluzione geniale al problema, nel campo militare venne utilizzato solo per revolver per truppe speciali sia per l'alto costo del bossolo in ottone o rame, sia per la scarsa sicurezza offerta dal percussore sporgente. La spina infatti poteva· provocare degli spari accidentali e creare degli inconvenienti meccanici se l'arma non veniva maneggiata con la dovuta cura ed attenzione. Agli inizi degli anni '60 erano utilizzate le seguenti cartucce: cartuccia a pallottola per pistole da RR.CC. con palla sferica di cal. 14,3 mm. e 2,8 gr. di polvere da fucileria; cartuccia a polvere per pistole da RR.CC. (a salve) con 2,8 gr. di polvere; cartuccia a pallottola cilindro-sferica cava per pistole e pistoloni con pallottola del tipo Nessler a risalto mammellare nella cavità, lunga 15 mm. di cal. 16,6 mm. e 2,25 gr. di polvere da fucileria; cartuccia a pallottola cilindro-ogivale cava mod. 1860 per fucili di fanteria (e moschetti) con pallottola a cavità triangolare-punta piatta e solco anulare lunga 21, 5 mm. di cal. 17 ,2 mm. e 5 gr. di polvere da fucileria. Riducendo la carica ad occhio al momento dell'uso si impiegava anche per le pistole e i pistoloni (fig. 10);
38
L'ARMAMENTO .I NDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
cartuccia a polvere da fucili, moschetti e pistole (a salve) con 6 gr. di polvere; cartuccia "a spina" per pistole a rotazione da RR.CC. mod. 1861 con pallottola cilindro ogivale di 12 gr. e con 0,67 gr. di polvere nera a grana fine. La cartuccia era lunga 28,5 mm. e pesava 17 gr ..
f ig. 9 -
Carwcce "a spina " per pis!Ole sis1ema Lefa11che11x. /Coli. Zannol - Treviso)
I fig . IO - Pallottola Nessler con sporgenza mamme/lare nell'incavo, pallottola mod. 1860 a cavitĂ triangolare e pallottola adottata nel 1867 a cavitĂ quadrangolare. (Da "Armamento individuale dell'Esercito piemonrese e italiano 1814-1914" A. Bartocci - L. Salvatici)
LA NASCITA DEL REGIO ESERCITO
39
La carabina da bersaglieri utilizzava la cartuccia del 1856 con pallottola del tipo Peeters a cavità mammellare a tre solchi anulari e con polvere di granitura più fine chiamata ''polvere da bersaglieri''. L'iht,roduzione di una polvere da fucileria di nuova granitura, tra i due e i sei decimi di millimetro, portò nel 1862 ad un ritocco delle cariche e all'adozione della pallottola da fucile di fanteria anche per le carabine dei bersaglieri. · Nel 1864 le cartucce vennero ridotte a 5 tipi così suddivisi: cartucce a pallottola cilindro-ogivale da 17,2 mm. con 4,5 gr. di polvere per fucili e carabine, con carica ridotta a 3,6 gr. per moschetti e con carica ridotta a 2 gr. per pistole e pistoloni; cartucce a pallottola cilindro-sferica da 16,6 mm. con 5,3 gr. di polvere per fucili a canna liscia, con carica ridotta a 2,2 gr. per pistoloni di vecchio modello e pistole a canna liscia; cartucce a pallottola sferica da 14,3 mm. con 2,8 gr. di polvere per pistole da RR.CC.; cartucce a pallottola cilindro-ogivale da 11,8 mm. con 0,67 gr. di polvere da caccia finissima per pistole a rotazione da RR.CC.; cartucce a polvere con gr. 5 di polvere, a salve. Nel 1867 infine, venne adottata la pallottola cilindro-ogivale francese mod. 1863 a cavità
quadrangolare sempre di cal. 17,2 mm. ma lunga 24,5 mm. e pesante 36 gr. (figg. 11-12-13). Gli stabilimenti in cui erano fabbricate le munizioni per le armi mod. 1860 e quelle ridotte a retrocarica erano dislocati in varie parti d'Italia; tra questi il più importante era il Real Pirotecnico di Torino in Borgo Dora. In Emilia, dal 1862 era attivo anche il Real Pirotecnico di Bologna e la sua produzione fu intensificata durante la guerra del '66. Nel centro-sud dell'Italia c'era il "Laboratorio di Artifizi", così denominato dall'ottobre del 1861, situato nelle antiche fortificazioni di Capua. La polvere nera veniva preparata nel Real Pirotecnico di Fossano e di Scafati.
40
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL"E.I. DAL 1861 Al 19-1>
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fig. Il - Tamia raf(ig11ra111e la car111ccia con la pallottola a ca,·iuì quadrangolare. (Dal Giornale d'A rriglieria del 1867)
41
LA l\"ASCITA DEL REG IO ESERC ITO
Carlucce a pallollola oblunsa da mill.17 con grami. 4,50 polvere Penrova forzata fo fucili a r~~-0~~1,c~ -~ dì fucili a re~lì~a~JH __ '
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fig . 12 -Tavola raffigurante le cartucce per o r111i trasformate a retrocarica con il sistema Ca rea no (Dal Giornale d'Artiglieria del 1868)
42
L"ARMAMENTO INDIVIDUALE Dcl.L"E.l. DAL 1861 AL 19-1:S
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fig. 13 · Tavola raffigurame la carruccia "a merraglia" per armi 1msfor111are a re11vcarica con il sistema Carcano. ( Dal Giornale d 'Arriglieria del 1875)
TAVOLE DEL CAPITOLO I
TAVOLA
I
FUCILE DA FANTERIA MOD. 1860 (M.S.F. - RM)
Arma dall'aspetto e dimensioni uguali al fucile Mod. 1844 corto. Fu adottato con nota nr. 37 del 17/2/1860. La canna è in ferro fucinato, internamente solcata da quattro righe destrorse larghe mm. 6,87 Oarghezza uguale ai pieni) e profonde mm. 0,25. Il passo della rigatura è di mt. 2. Esternamente la canna è tonda con la culatta sfaccettata e reca il mirino, il fermo per la baionetta e l' alzo a ritto con tre tacche disposte in diagonale verso sinistra per correggere la derivazione laterale. Fino al 1863 però, solo circa 1/10 dei fucili era provvisto di alzo e veniva dato ai migliori tiratori. I fucili mod. 1844 lunghi e corti fu rono trasformati nel mod. 1860. L'acciarino è uguale a quello del fucile mod. 1844 ed è lungo mm. 162 oppure, nei modelli trasformati, è quello vecchio ridotto a percussione sempre della stessa lunghezza. Nei fucili "ridotti" al mod. 1860 le canne sono ancora quelle trasformate dalla pietra focaia alla percussione. La cassa è in legno di noce e presenta un margine più largo intorno all'incassatura dell'acciarino rispetto a quella del mod. 1844. La cassa ricavata dal fucile mod. I 844 lungo mantiene la posizione avanzata della seconda fascetta.
calibro.
mm.
17,5.
lunghezza della canna.
mm.
1.027.
lunghezza dell'arma senza baionetta.
mm.
1.414.
lunghezza dell'arma con baionetta.
mm.
1,874.
-
peso della canna.
gr.
2.275.
-
peso deÌ/'arma senza baionetta.
gr.
4.300.
-
peso dell'arma con baionetta.
gr.
4.600.
- ·alzo a traguardi graduati fino alla distanza di mt. 600. -
fermo della baionetta: a dente.
-
fornimenti: in ferro .
Con tale fucile era armata la fanteria di linea, i cacciatori franchi e le compagnie veterinarie.
46
L.ARM.'\:V1E!\"TO 11'\Dl\'IDL.ALE DC:LLTI DAI, 1861 AL 19_.;
Segue
1. \lista del! ·arma dal la,o destro.
2. Parrico!are del! ·acciarino.
T1\\'0LA
47
TAVOLE DEL CAPITOLO I
TAVOLA
Il
CARABINA DA BERSAGLIERI MOD. 1856 (M.A . - TO)
Questa carabina venne distribuita in sostituzione del vecchio mod. 1848 lungo e corto, con vitone camerata sistema Delvigne. Fu l'ultima arma realizzata per i bersaglieri e venne costruita senza il caratteristico spuntone del calciolo e utilizzando la sagoma in generale simile a quella dei fucili e dei moschetti. La canna ha le stesse caratteristiche interne ed esterne del fucile mod. 1860 e reca il mirino, il fermo della braga per la baionetta e l' alzo a cursore. L'acciarino è quello dei moschetti (lungo mm. 145). La cassa è in legno di noce ed ha l'estremità anteriore protetta da un bocchino spinato.
calibro.
mm.
17,5.
lunghezza della canna.
mm.
880.
lunghezza dell'arma senza baionetta .
mm.
1.268.
lunghezza dell'arma con baionetta.
mm.
1.772.
-
peso della canna.
gr.
1.918.
-
peso dell'arma senza baionetta.
gr.
4.350.
-
peso dell'arma con baionetta.
gr.
5.210.
-
alzo a cursore scorrevole graduato fino alla distanza di mt. 800.
-
fermo della baionetta: a braga.
-
fornimenti: in ferro.
Con questa carabina erano armati anche gli zappatori del genio.
l ."1\ l!M1\M l '.NT O IN IH V IIHl1\ I.I: 1>1'1.1." U . IM I . I Xl> I 1\ I. l 'J-U
s~g 11~ T 1wo 1.A
I. \listo dell 'an110 ilul l({fo destro.
2. Par/icolare dello brago per I 'allrtcco della sciabola-lmio11etw ( *).
3. Parficolore rie /I 'o l-::o rt ntrsore. ( * )
( */ Di~cgni da: "t\nn,11111'11/11 illlli1路id1wl,路 ddl'/:'.wrd111 tiie111(1111,,.,路1路 e i1<1/i,11w Uil-1- /9/-I". A . Barlocci - L. So1l va1ici.
Il
49
TAVOLE DEL CAPITOLO I
TAVOLA
III
MOSCHETTO DA CARABINIERI REALI A PIEDI MOD. 1860 (M.A. - TO)
È il vecchio moschetto mod. 1844, ma con canna rigata. La canna ha le stesse caratteristiche interne ed esterne del fucile mod . 1860 e reca il mirino, il fermo per la baionetta e il traguardo (è privo di alzo). L'acciarino è lungo mm . 145. La cassa è in legno di noce e lascia la canna sporgente per circa l / 4 della sua lunghezza.
-
calibro. lunghezza della canna_. lunghezza dell'arma senza baionetta . lunghezza dell'arma con baionetta. peso della canna . peso dell'arma senza baionetta. peso dell'arma con baionetta. fermo della baionetta: a dente. fornimenti: in ottone eccetto le magliette, lo scudo e il calciolo.
mm. mm.
17,4. 760.
mm. mm. gr. gr. gr.
1.147. 1.671. 1.410. 3.305. 3.690.
Con questo moschetto erano armati oltre ai Carabinieri a piedi, i Moschettieri, le Guardie del Corpo di S.M.. e le Guardie del R. Palazzo. Un certo numero di queste armi poi, veniva distribuito secondo le esigenze di servizio anche ai sergenti, ai caporali ed ai soldati del Corpo di Amministrazione che non aveva armi da fu oco e così pure per il Treno d'Armata i cui Reggimenti potevano disporre di 400 moschetti ciascuno, senza baionetta, per il servizio armato e l'addestramento delle reclute.
1. Vista dell'arma dal lato destro.
50
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAI. 1861 AL 1943
Segue TAVOLA Ili
MOSCHETTO DA CARABINIERI REALI A CAVALLO MOD. 1860 (M.A. -TO) È uguale al modello precedente con in più il porta-moschetto e la fascetta è in ferro.
2. VisTO dell'arma dal lato sinistro con il porta-moschello.
51
TAVOLE DEL CAPITOLO I
TAVOLA
IV
MOSCHETTO D'ARTIGLIERIA MOD. 1844 A CANNA RIGATA (M.A. - TO)
Ă&#x2C6; il vecchio moschetto mod. 1844 adottato con vitone a stelo e canna rigata nel 1855 e, soppresso lo stelo con decreto del 23/8/ l 856 e successiva nota nr. I07 del 1/8/1857, utilizzato con cartuccia per carabina da bersaglieri a pallottola espansiva e carica ridotta.
La canna ha le stesse caratteristiche interne ed esterne del fucile mod. 1860 e reca il mirino, il fermo della braga per la baionetta e l'alzo a ritto. La cassa è in legno di noce e reca un bocchino fissato con la stessa vite ~he trattiene la braga al fermo saldato sotto la canna.
-
calibro. lunghezza della canna. lunghezza dell'arma senza baionetta . lunghezza dell'arma con lJaiune//u. peso della canna. peso dell'arma senza baionetta. peso dell'arma con baionetta. alzo a traguardi graduati fino alla distanza di mt. 500. fermo de/fa baionetta: a braga. fornimenti: in ottone eccetto le manigliette, lo scudo ed il calciolo.
mm. mm. mm.
17,4. 706. 1.093.
nun.
1.599.
gr. gr: gr.
1.500. 3.555. 4.405.
Con questo moschetto erano armati in tempo di pace tutti i cannonieri da piazza, operai e batterie di battaglia, in tempo di ¡guerra nelle batterie di battaglia erano armati solo i serventi.
1. Vista dell'arma dal lato destro.
52
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.1. DAL 1861 AL 1943
Segue TAVOLA IV
MOSCHETTO DA PONTIERI MOD. 1844 A CANNA RIGATA (M.A. - TO)
È simile al moschetto d'artiglieria dal quale differisce perché conserva il bocchino a due semianelli e il fermo della baionetta a manicotto con ghiera. Con l'applicazione dell'alzo graduato il mirino è stato spostato dalla canna sul primo semianello e il bocchino viene tenuto stabile nella sua posizione da un dente saldato sulla canna che si incastra nel semianello.
2. Vista dell'arma dal lato destro.
53
TAVOLE DEL CAPITOLO I
TAVOLA V
PISTOLONE DA CAVALLERIA MOD. 1860 (M.A. - TO)
È simile al pistolone mod. 1843, ma con canna solcata da quattro righe e vitone ordinario come la canna del fucile mod: 1860. Quest'arma venne adottata nel 1861 (nota nr . 49 del 5/4) insieme al vecchio modello ridotto. La canna reca il mirino e il traguardo a due alette introdotto nel 1843 per rinforzare la cassa delle armi ridotte, avvitato sulla coda del vitone. L'acciarino è quello da pistola ed è lungo mm. 130. La cassa è in legno di noce col fusto a mezza canna e reca sul calcio, oltre alla campanella, un gancio "a paletta" per permettere al soldato di appendere l'arma al cinturino quand'era a piedi. Il dente ricavato sul guardamano dietro al ponticello, serviva per impugnare l'arma in maniera più salda ed anche con una mano sola. La bacchetta è disgiunta ed è composta da un'asta di acciaio con capocchia cilindrica rivestita in ottone e manico in legno con maglietta per la cinghia.
calibro.
mm.
17,4.
lunghezza della canna. lunghezza dell'arma
mm.
340.
mm.
-
peso della canna
698. 860.
-
peso dell'arma . fornimenti: in ferro.
gr. gr.
Con quest'arma furono armati tutti i soldati di cavalleria eccetto le guide.
1. Vista dell'arma dal lato destro.
l .960.
54
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
Segue TAVOLA V
PISTOLONE DA FALEGNAME DI FANTERIA MOD . 1860 (Coli. privata)
È simile al pistolone mod. 1845, ma con canna solcata da quattro righe e vitone ordinario, come la canna del fucile mod. 1860.
La distribuzione di quest'arma insieme al vecchio modello ridotto, iniziò alla fine del 1863. La canna reca il mirino ed il traguardo incavalcato sulla coda del vitone come nel pistolone da cavalleria. L'acciarino è quello da pistola. La cassa è in legno di noce ed ha il calcio angolato con dente sul guardamano, adatto sia per il tiro dalla spalla che a braccio sciolto. P er non impegnare la mano nel mantenere la cinghia dell'arma, il pistolone veniva portato con il calcio inserito in una custodia fissata al cinturino del falegname e la cinghia era mantenuta ferma dalla spallina. La bacchetta ha la capocchia rivestita in ottone.
calibro.
mm.
lunghezza della canna.
mm.
17.4. 340.
lunghezza dell'arma
mm.
698.
-
peso della canna .
gr.
860.
-
peso dell'arma .
gr.
2.240.
-
Jornimenti: in ottone.
-~
2. Vista dell'arma dal lato destro.
55
TAVOLE DEL CAPITOLO I
TAVOLA
VI
PISTOLA D'ARTIGLIERIA E DA CAVALLERIA MOD. 1860 (M.A. - TO)
Arma simile come linea al mod. 1844, ma con canna solcata da quattro righe e vitone ordinario come le canne delle altre armi mod. 1860; il passo della rigatura però, è di mt. 1,5. La pistola venne adottata con nota nr. 122 dell'l/7/1860, ma tardò ad essere distribuita. Come le precedenti pistole è priva di mire. L'acciarino è lungo mm. 130. La cassa in legno di noce ha una impugnatura più arcuata rispetto ai vecchi modelli che consente una migliore presa e presenta un margine più largo intorno all'incassatura dell'acciarino, tipico delle armi mod. 1860; la coccia è munita di campanella.
La bacchetta è disgiunta ed è tutta in acciaio con capocchia con foro a chiocciola per avvitare il cavastracci.
-
calibro. lunghezza della canna.
-
lunghezza dell'arma peso della canna. peso dell'arma . f ornimenti: in ferro.
mm. mm. mm. gr. gr.
17,4. 200.
340. 435. 1.080.
Con quest'arma furono armati i soldati del Reggimento Guide ed i cannonieri delle batterie a cavallo.
58
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL"E.I. DAL 1861 AL 194~
Segue TAVO L A
1.. Vis10 dello pis1olo o roro:ionP rio/ lotn
VII
rfpstro.
2. Vista di una pistola a rota::,ione nwd. Lefaucheux clisrribuita prima dell'aclo::,ione del rnod. 1861. Un modello analogo era giĂ s1a10 adottato anche dalla rnarina sarda nel 1859. (Nelle note dell 'epoca dette armi venivano denominate anche "pis1ole rnvolvers ")
59
TAVO LE DEL CAPITOLO l
Carm,;.
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3. Tavola di un iesto milùare del! 'epoca ra.ffigura,ue. oltre alle varie parti della pistola, anche la haccherra che si porraw1 separata dal 'arma e il njJo di cartuccia.
· 60
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861. AL 1943
T AVOLA VIII
FUCILE DA FANTERIA A RETROCARICA (M .N.C.S.A. - RM)
È il fucile mod. 1860 trasformato a retrocarica con il sistema Carcano adottato con nota nr . 118 del 20/8/1867 e distribuito l'anno successivo. II ritto dell'alzo rimane tarato a mt. 600, ma è migliorato e portato a quattro tacche. La bacchetta non più necessaria per il caricamento, viene mantenuta solo nelle armi dei sottufficiali e dei caporali 1
e dal 1870 le casse per la sostituzione di quelle rotte, vengono costruite senza il canale per il suo alloggiamento.
In seguito alla eliminazione della molla ferma-bacchetta, la bacchetta viene trattenuta in cassa da una rosetta aggiunta alla parte anteriore che va ad incastrarsi nell'intaglio praticato nel bocchino. /
I.
Vista de!f'arma dal lato destro (cassa nuova).
2.
Vista dell'otturatore aperto con ago sporgente.
61
TAVOLE DEL CAPITOLO 1
TAVOLA
IX
CARABINA DA BERSAGLIERI A RETROCARICA (M.N.C.S.A. - RM)
Ă&#x2C6; la carabina mod. 1856 trasformata a retrocarica con il sistema Carcano adottata con la stessa nota dP-1 fucile da fanteria, ma modificata prima e distribuita giĂ a partire dalla fine del 1867. L'alzo a cursore rimane tarato a mt. 800, ma viene migliorato nella graduazione. La bacchetta viene mantenuta solo nelle armi dei sottufficiali e caporali e come per quella del fucile, alla parte anteriore viene fissata una rosetta che va ad incastrarsi dietro al bocchino della cassa.
1.
Vista def/'arma dal lato destro (cassa riadattala).
2. Particolare dell'incassatura dell'acciarino chiusa da un tassello.
62
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
X
MOSCHETTO DA CARABINIERI REALI A PIEDI A RETROCARICA (M.A. - TO)
È il moschetto mod. l 860 da carabinieri a piedi trasformato a retrocarica con il sistema Carcar.o con nota nr. 141 del 30/12/1869. Alla canna viene applicato un alzo a ritto imperniato obliquamente per correggere la derivazione, graduato fino alla distanza d i mt. 300.
I.
Vista dell'arma dal lato destro .
MOSCHETTO DA CARABINIERI REALI A CAVALLO A RETROCARICA (M .A. - TO)
È il moschetto mod. 1860 da carabinieri a cavallo trasformato a retrocarica con il sistema Carcano con la stessa nota del moschetto per carabinieri a piedi.
iiibY
2.
Vista del/ 'arma dal lato sinistro.
63
TAVOLE DEL CAPITOLO I
TAVOL A
XI
MOSCHETTO D'ARTIGLIERIA A RETROCARICA (M .A. - TO)
È il moschetto d' artiglieria mod . 1844 a canna rigata trasformato a retrocarica con il sistema Carcano nel 1871.
La trasformazione comporta anche la sostituzione dell'alzo con quello a ritto, già in uso per i moschetti da RR.CC..
1.
Vista dell'arma dal lato destro.
MOSCHETTO DA PONTIERI A RETROCARICA (M.A. - TO)
È il moschetto da pontieri mod. I 844 a canna rigata che ha subito la stessa trasformazione del moschetto d'artiglieria.
2.
Vista dell'arma dal lato destro. ·
64
U\RYJAMEKTO l'.'iDIV!Dt;ALE DELLE!. DAL 1% 1 AL 1943
T AVOLA
Xll
IL SISTEMA CARCANO (Disegni da: "Armamemo indi, iduale del/ Eserciro pie/1/o!ITese e iwlicmo 1814-1914 ... A. Barrocci - L. Salvatic i)
1. Visra della m.ecca.nica separata dalla cassa.
o
2. Parricolare di un 'arm.a con otturatore in chiusura. Ă&#x2C6; ffidente la modifica della culatta con il porta luminello otturato e le parti aggiunte. La tenuta dell'orwratore in chiusura è assicurata dalla base del manubrio in contrasro con la "spalleua '' ricavata nella culatta. Per -~filare / 'otturarore dall'arma bisogna tirare verso il basso il ritegno a molla situato davanti al grilletro. Detto riregno sen,e anche a non fa r aprire l'otturatore durante lo sparo. inserendosi in una apposita apertura del cilindro.
65
TAVOLE DEL CAPITOLO I
Segue' TAVOLA
Xll
3. Arma con otturatore aperto per l'inserimento della cartuccia e vis/a dell'estrattore "a mano". Per aprire l'otturatore è necessario prima armarlo. ossia tirare indietro il bottone avvitalo allo stelo che porta dall'al1ra estremità il ponaspillo con lo :,pillo (ago) e poi agire sul manubrio.
4. Anna con ott;.iraJore chiuso in posizione di sicurezza. Tl tubetto "a nasello" sganciato dal cilindro-ouura1ore ha disteso la rn.olla spirale che comprime l 'ago, impedendo in tal modo lo sparo.
5. Anna con otturatore chiuso in posizione di :,paro. Premendo con forza sul nasello si aggancia il tubetto al cilindro-otturatore comprimendo la molla spirale. In caso di sganciamento accidentale del congegno di percussione, il bottone viene bloccato dal dente di sicurezza imperniato dietro al denle di scatto, che si ritira solo con la pressione sul grilletto, evitando cosĂŹ lo sparo.
6. Vista dello s1elo con ago, molla e tubetto "a nasello".
66
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
XIII
SCIABOLA DA CAVALLERIA MOD. 1860 E DA CARABINIERI REALI A CAVALLO (M.A. - TO)
È la vecchia sciabola mod. 1834 da cavalleria leggera che ha subito delle modifiche al fornimento e al fodero come
richiesto con nota nr. 122 dell'l/7/1860. Lama leggermente curva ad un filo, punta e falso filo con grande sguscio. La guardia è in lamiera di acciaio con intaglio a goccia al centro (che determina due else), bordo rinforzato sul lato destro inferiore ove è praticato anche lo spacco a forma rettangolare per la dragona. L'impugnatura è in legno di faggio ricoperta in pelle scura trattenuta da spire di treccia in filo di ottone e mezza cappetta in ferro con bottone avvitato. Fodero in lamiera di acciaio.
lunghezza della lama .
mm.
900.
lunghezza totale.
mm.
1.058.
-
larghezza della lama al tallone.
mm.
32.
-
peso della sciabola.
gr.
1.130.
-
peso del fodero .
gr.
970.
; 1. Vista della sciabola con fodero .
: i& 2 L j Si LL4- 3
67
TAVOLE DEL CAPITOLO I
Segue TAVOLA
XIII
SCIABOLA D'ARTIGLIERIA A CAVALLO MOD. 1833 (M.A. - TO)
Lama leggermente curva ad un filo, punta e falso filo con grande scuscio. Guardia in ferro del tipo detto "a staffa" (monoelsa) ed impugnatura in legno di faggio ricoperta in pelle scura trattenuta da spire di treccia in filo di ottone e cappetta in ferro con bottone avvitato. Fodero in lamiera di ferro.
lunghezza della lama .
mm.
820.
lunghezza totale.
mm.
960.
larghezza della lama al tallone.
mm.
32.
-
peso della sciabola.
gr.
950.
-
peso del fodero.
gr.
860.
~
2. Vista della sciabola con fodero.
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68
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
XIV
SCIABOLA DA FURIERI MAGGIORI, FURIERI E SUONATORI DI FANTERIA MOD. 1833 (M.A. - TO) (e dal 1870 SCIABOLA DA SOTTUFFICIALI DI FANTERIA)
Lama leggermente curva ad un filo, punta sulla linea del dorso e falso filo . Fornimento in ottone d i stile francese, con guardia monoelsa, cappetta corta e impugnatura in ebano zigrinato. Fodero in cuoio annerito con cappa e puntale in ottone.
lunghezza della lama .
mm.
690.
lunghezza totale.
mm.
820.
larghezza della lama al tallone .
mm.
30.
/
-
peso della sciabola.
gr.
910.
-
peso del fodero .
gr.
450.
1. Vista della sciabola con fodero.
69
TAVOLE DEL CAPITOLO I
Segue T AVOLA XIV
SCIABOLA DA SOTT'UFFIZIALI DEI BERSAGLIERI (M.A. - TO)
Lama dritta ad un filo, punta e falso filo. Fornimento in ottone fuso in un sol pezzo con crociera a corti rami terminanti a forma di ghianda, impugnatura intagliata a spirale con pomo sferoidale e rosetta tra crociera e lama. Fodero in cuoio annerito con puntale e cappa in ottone. Arma adottata nel 1850 e data anche ad alcuni graduati di truppa e specialisti dello Sta to Maggiore del Corpo e di Battaglione.
lunghezza della lama .
mm.
555.
lunghezza totale.
mm.
685.
larghezza della lama al tallone·.
mm.
32.
-
peso della sciabola.
gr.
830.
-
peso del fodero.
gr.
210.
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2. Vista della sciabola con fodero.
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70
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
XV
SCIABOLA DA FANTERIA MOD. 1834 (M.A. - TO)
Lama leggermente curva ad un filo e punta sulla Enea del dorso. Fornimento in ottone fuso in un sol pezzo con guardia monoelsa. Arma simile al mod. 1814 ma di dimensioni leggermente piĂš piccole e con il fornimento trattenuto al codolo della lama da un bottone in ferro avvitato. Fodero in cuoio annerito con cappa e puntale in ottone.
lunghezza della lama .
mm.
590.
lunghezza totale.
mm.
725.
larghezza della lama al tallone .
mm.
32.
-
peso della sciabola
gr.
1.010.
-
peso del fodero
gr.
300.
Con questa sciabola erano armati i Carabinieri Reali a piedi.
1. Vista della sciabola con fodero.
71
TAVOLE DEL CAPITOLO I
Segue TAVOLA
XV
SCIABOLA DA FANTERIA MOD. 1843 (M.A. - TO)
Lama leggermente curva ad un filo e punta sulla linea del dorso. Fornimento in ottone fuso in un sol pezzo con crociera a forma di S trattenuto al codolo da un bottone in ferro avvitato. Fodero in cuoio annerito con puntale e cappa in ottone.
lunghezza della lama .
mm.
470.
lunghezza totale
mm.
600.
larghezza della lama al tallone.
mm.
30.
-
peso della sciabola.
gr.
780.
-
peso del fodero .
gr.
190.
Con questa sciabola era armata la fanteria di linea esclusi i granatieri.
2. Vista della sciabola con fodero.
72
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
XVI
DAGA-SEGA DA PONTIERI E ZAPPATORI DEL GENIO MOD. 1831/33 (M.A. - TO)
Lama dritta con filo da un lato, sega dall'altro e punta. Fornimento in ottone fuso in un sol pezzo trattenuto al codolo da un bottone ottagonale, con crociera e impugnatura terminante a pomo sferoidale schiacciato. Fodero in cuoio annerito con cappa e puntale in ottone.
lunghezza della lama .
mm.
507.
lunghezza totale.
mm.
625.
larghezza della lama al tallone.
mm.
49.
-
peso della daga.
gr.
1.175.
-
peso del fodero .
gr.
450.
')
1.
Vista della daga con fodero.
73
TAVOLE DEL CAPITOLO I
Segue TAVOLA XVI
SCIABOLA A SEGA DA FALEGNAM.E DI FANTERIA MOD. 1845 (M.A. - TO)
Lama dritta con filo da un lato, sega dall'altro e punta arrotondata con foro per l'applicazione della traversa a due manici. Fornimento in ottone con crociera a rami terminanti a forma di ghianda e impugnatura in legno verniciato di nero rinforzato da una lamina in ottone a forma anatomica. Fodero in legno rivestito in cuoio annerito e dotato di lamina interna in ferro ad U dal lato della sega, con puntale e cappa in ottone.
lunghezza della lama .
mm.
712.
lunghezza totale.
mm.
860.
larghezza della lama al tallone.
mm.
39.
-
peso della sciabola.
gr.
970.
-
peso del fodero.
gr.
330.
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2. Vista della sciabola con Jodero.
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74
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
XVII
DAGA DA GRANATIERI (M.A. - TO)
Arma adottata nel 1843 per la Brigata Guardie e denominata "daga da granatieri" dal 1852. Lama a doppio filo e punta, leggermente lanceolata. Fornimento in ottone fuso in un sol pezzo, trattenuto al codolo da un bottone in ferro avvitato, con crociera e impugnatura intagliata terminante a becco, e rosetta tra crociera e lama. Fodero in cuoio annerito con cappa e puntale in ottone.
lunghezza della lama .
mm.
490.
lunghezza totale.
mm.
625.
larghezza della lama a metĂ lunghezza.
mm.
44.
-
peso della daga .
gr.
970.
-
peso del fodero .
gr.
265.
t)
1. Vista della daga con fodero.
TAVOLE DEL CAPITOLO I
75
Segue TAVOLA XVII
DAGA DA CANNONIERE MOD. 1859 (Coli .)
Lama uguale a quella della sciabola-baionetta per il moschetto d'artiglieria mod. 1844. Fornimento simile, ma di dimensioni più piccole e senza rosetta, a quello della daga d'artiglieria adottata nel 1833. Il fodero è simile a quello della sciabola-baionetta e dal 1895 provvisto di particolare bocchetta di acciaio per evitare che la daga si sguaini accidentalmente. Con quest'arma vennero armati i graduati ed i soldati delle varie specialità dell'Artiglieria che non avevano il moschetto. Nel 1871 venne data ai caporali di amministrazione del corpo Zappatori del Genio e infine anche al "personale di assistenza" del corpo militare della C .R.I..
2. Vista della daga con fodero.
76
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.J. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
XVIII
SCIABOLA-BAIONETTA DEI BERSAGLIERI (M.A. - TO)
Arma di tipologia prussiana: "Hirschfanger" mod. 1809 per i "neue Corpsbi.ichse" mod. 1810, adottata per le carabine "La Marmara" date in distribuzione nel 1839. Lama diritta ad un filo, punta e falso filo. Fornimento in ottone fuso in un sol pezzo, trattenuto al codolo da un bottone in ferro avvitato, con semplice crociera e impugnatura liscia terminante a becco; tra lama e crociera c'è una rosetta in ottone. I
L'impugnatura reca di lato un lungo incastro a "T" con molla a lamina e dente d'arresto per il fissaggio della baionetta alla braga della carabina. Fodero in cuoio annerito con cappa e puntale in ottone.
lunghezza della lama
mm.
470.
lunghezza totale
mm.
606.
larghezza della lama al tallone
mm.
30.
-
peso della baionetta
gr.
870.
-
peso del fodero
gr.
180.
1. Vista della baionetta con fodero.
77
TAVOLE DEL CAPITOLO I
Segue TAVOLA
XVIII
SCIABOLA-BAIONETTA D'ARTIGLIERIA (M.A. - TO)
Arma adottata nel 1843 per il moschetto d'artiglieria "ridotto" e adottato l'anno successivo come mod: 1844. Lama a due fili e punta. Fornimento in ottone fuso in un sol pezzo, trattenuto al codolo da un bottone in ferro avvitato, con semplice crociera e impugnatura intagliata terminante a becco. L'impugnatura reca di lato un lungo incastro a "T" con molla a lamina e dente d'arresto per il fissaggio della baionetta alla braga del moschetto. Fodero in cuoio annerito con cappa e puntale in ottone.
lunghezza della lama
mm.
455.
lunghezza totale.
mm.
590.
larghezza della lama al tallone .
mm.
30.
-
peso della baionetta
gr.
720.
-
peso del fodero.
gr.
180.
2. Vista della baionetta con fodero.
78
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
T AVOLA
XIX
BAIONETTA PER FUCILE DA FANTERIA E MOSCHETTO DA PONTIERI (M.A. - TO)
Lama a sezione triangolare con lati sgusciati e manicotto a spacco con ghiera di fissaggio. Si tratta del vecchio modello 1814. Fodero in cuoio annerito con puntale e cappa in ottone e gancio di ferro.
-
lunghezza della lama .
mm.
460.
-
peso della baionetta
gr.
300.
-
peso del fodero.
gr.
155.
1. Vista della baionetta. ·
BAIONETTA PER MOSCHETTO DA CARABINIERI REALI (M.A. - TO)
È simile alla baionetta per fucile da fanteria da cui differisce solo per la maggiore lunghezza della lama: mm. 5 J4. ')
2. Vista della baionetta.
79
TAVOLE DEL CAPITOLO I
TAVOLA XX
LANCIA DA CAVALLERIA MOD. 1860 (M.A. - TO)
Lama composta da punta in acciaio a forma piramidale di sezione a losanga e gorbia troncoconica con rosetta terminale, trattenuta all'asta da due bandelle avvitate che servono di rinforzo all'asta stessa. La bandella piĂš corta reca anche tre occhielli per il fissaggio della banderuola e un bottone situato sul primo occhiello per abbottonare la correggia di cuoio del fodero in ottone, quando viene messo a protezione della punta. Asta in legno di frassino verniciato di nero (dal 1895 in color noce) munita a circa metĂ lunghezza, di correggia in cuoio per il maneggio dell'arma. Calciolo in ferro, per controbilanciare la punta, rinforzare la parte terminale dell'asta e tenere ferma la lancia nel bicchiere della staffa. Rimase in servizio fino a completa distribuzione del mod. 1900.
-
lunghezza della lama .
mm.
235.
lunghezza totale
mm.
2.594.
peso
gr.
2.550.
1. Vista della /ama e della bandella con gli occhielli per il fissaggio della banderuola.
2. Vista della iama con fodero con ritegno a molla.
)
CAPITOLO Il
L'ERA DEI "VETTERLI" E DEI "REVOLVER" (Gianrodolfo Rotasso)
')
Il 20 settembre 1870, con l'ingresso a Roma dei bersaglieri attraverso la breccia aperta a Porta Pia, l' unità d'Italia poté, a meno della Venezia Giulia e del Trentino, dirsi conclusa. In quell'occasione caddero nelle mani del nuovo Esercito Italiano le armi in dotazione all'Esercito papalino consistenti in diverse carabine, fucili e moschetti Remington, sistema " rolling block", che vennero distribuite ai bersaglieri nel 1871. Questo sistema presentava notevoli caratteristiche di semplicità e robustezza ed era ispirato alla meccanica di Flobert. Venne ideato, brevettato ed iscritto, nel 1863, come brevetto U.S. nr. 37501 da Leonard Geiger. La ditta Remington di Ilion (Stato di New York), acquistatone il brevetto, diede incarico ad un suo dipendente ed inventore, J oseph Rider, di perfezionarne-ulteriormente il funzionamento per accrescerne le qualità ed immettere sul mercato armi dall'ottimo rendimento. D'altra parte furono proprio la semplicità e la robustezza del meccanismo che permisero alle armi della Remington di ottenere un notevole successo e di diffondersi in tutto il mondo nel volgere di poco tempo. Infatti i fucili Remington, dopo essere stati adottati sin dal 1867 dalla Marina degli Stati Uniti, vennero acquistati dalla Danimarca, dalla Svezia, dalla Norvegia e da numerosi altri Stati tra i quali quello Pontificio le cui armi, con l'annessione all'Italia, vennero acquisite dai soldati italiani. In particolare è da sottolineare che quei Remington di preda bellica rappresentarono leprime armi utilizzanti cartucce con bossolo metallico date in distribuzione ad alcuni reparti dell'Esercito Italiano. Nel frattempo, era stato prescelto come arma d'ordinanza il fucile, soprannominato "Vetterli" di piccolo calibro: 10,35 mm .. Con l'introduzione in servizio del Vetterli, i Remington vennero ceduti agli Abissini che, per ironia della sorte, li usarono nel 1885 contro gli Italiani durante la 1a campagna d'Africa.
84
L'A RMAM ENTO INDIVIDUALE D ELL'E .l. DA L 1861 AL 1943
Dopo l'Unificazione, la trasformazione delle vecchie armi con il sistema Carcano aveva risolto diversi problemi, non ultimo quello economico. Nel contempo però non aveva ostacolato gli studi che la Commissione, nominata nel 1866 dal Ministero della Guerra, conduceva per la definizione di un'arma a retrocarica più moderna. La Commissione infatti aveva preso in esame le meccaniche di vari fucili come il Burton, il Vetterli, il Valdocco, il Werndl, il Remington, il Westley-Richards ed una modifica del Carcano, ma alla fine si orientò sull'otturatore cilindrico, girevole scorrevole del Vetterli. L'armaiolo svizzero Federico Vetterli aveva realizzato, intorno al 1866, un fucile ad otturatore cilindrico girevole scorrevole con alette di ritegno posteriori che utilizzava cartucce con bossolo metallico "a percussione anulare", contenute in un serbatoio tubolare posto sotto la canna come nel sistema americano "Henry-Winchester" Ol. Quest'arma rappresentò il primo fucile a ripetizione ordinaria o, come si diceva allora "a , tiro rapido", di una certa affidabilità e robustezza che era stato progettato in Europa (fig. 1). Questo tipo di otturatore, ideato da Dreyse nel 1828 ed utilizzato con varie modifiche in diversi Stati europei, forniva una maggiore garanzia di sicurezza e facilità di maneggio. Inoltre, utilizzando cartucce con bossolo metallico, offriva la possibilità di rendere !''arma a ripetizione. Tuttavia, in Italia non si ritenne conveniente cambiare sistema usando, già da alcuni anni, l'otturatore di Carcano, che presentava caratteristiche analoghe. Anche la scelta della cartuccia del tipo "a percussione centrale" si rivelò più che soddisfacente. Venne invece scartato il serbatoio ed il congegno a ripetizione per cui il Vetterli italiano mod. 1870 fu a caricamento successivo o a colpo singolo. Infatti, come nel vecchio fucile ad ago, il soldato doveva ogni volta introdurre manualmente la cartuccia nella camera di scoppio e quindi chiudere l'otturatore; in tal modo, un militare ben addestrato era in grado di sparare circa 1O colpi al minuto con una precisione superiore alle armi precedenti. Il bossolo metaillico veniva espulso automaticamente nella fase di apertura dell'otturatore eliminando i precedenti estrattori manuali (fig. 2). Il motivo alla base della decisione dell'Esercito Italiano di non adottare il sistema a ripetizione, era rappresentato non tanto all'eventuale spreco di munizioni, ma dalla delicatezza dei sistemi di alimentazione dei caricatori in uso a quei tempi.
(1) Pur ispirandosi al serbatoio del fucile americano Henry-Winchesrer, Vetterli dotò però la sua arma di otturatore girevole scorrevole affinché il soldato nella posizione a terra potesse utilizzare più facilmente il suo fucile.
U ' RA DEI ··\ 'ETTERLr
E DEI ·REVOLVER''
85
fi~ . I - Parrico/c;re del f i1t ile \!euer/i .ffi;;em o riperi::ione ca/. 10.50 111111. o percussione anulare - 1·ersin11e sperimentale del 1869. I M.A. - TO !
fig . I a - Carruccia a percussione anulare de/fucile Verrerli si i::.::ero. (Col/. pri1·ma)
fi g. 2 - Panico/are del fucile Vi:11er/ì ìw/iano u carìcwne111n successin1 ca!. 10.35 mm. a percus:,ìo111' t enrraie - primo ripo llipo .. c ·1. uvl.A - TO !
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L'ARMA.t\1ENTO INDIVIDUALE DE LL'E.I. DAL 1861 AL 1943
D'altro canto anche altri Stati avevano adottato una soluzione analoga, infatti, in Germania venne utilizzato il fucile Mauser mod. 1871 monocolpo <2J; in Francia il fucile Gras mod. 1874 era ad un solo colpo ed oltre oceano dove, pur avendo usato fin dall'inizio della guerra di Secessione·armi a ripetizione, il fucile d'ordinanza del nuovo Esercito Americano era addirittura con otturatore "a blocco ribaltabile" Springfield-Allin mod. 1866 <3J e derivati (figg. 3-4). Il fucile mod. 1870 entrò in servizio dopo aver subito, in un arco brevissimo di tempo, alcune modifiche, che diedero vita a dei tipi di armi classificati in A, B e C per differenziarli dal modello regolamentare. Il loro impiego durò per anni tanto che nelle "istruzioni sulle armi e sul tiro per la fanteria" del 1876 vengono ancora citati. Il tipo A, che rappresentò l'ultima versione, si differenziava per avere la bacchetta con rosetta come nella carabina a retrocarica dei bersaglieri. Il tipo B, oltre alle bacchette come il tipo A, aveva come sicurezza un ritegno sul grilletto. Il tipo C, il primo tipo, aveva le caratteristiche delle versioni A e B con in più l'alzo a ritto imperniato obliquo e provvisto di cursore di appoggio, il mirino fissato ad incastro, l'apertura di caricamento rivolta superiormente, la posizione orizzontale della "chiavetta" ed infine il manubrio dell'ottur~tore con un particolare ritegno che si agganciava ad un perno ricavato nella cassa. Dopo il fucile da fanteria venne dato alla cavalleria un moschetto con baionetta a manicotto a lama alloggiata nella cassa. Nel 1875, all'artiglieria venne dato un moschetto che era già stato parzialmente distribuito agli zappatori della fanteria e che in un secondo tempo fu dato anche al genio. Quest'arma, simile al fucile, ma con la canna più corta, venne denominata: moschetto da truppe speciali. Nel 1886 un moschetto simile a quello della cavalleria, ma con canna più lunga, venne dato ai RR.CC .. Lo stesso moschetto, ma con fornimenti dorati e con l'aggiunta di una bacchetta metallica, fu distribuito allo squadrone Carabinieri - Guardie di S.M. il Re. Nei primi anni di impiego, escludendo i tipi C, B ed A dichiarati "non regolamentari", i fucili mod. 1870 subirono delle modifiche al sistema di sicurezza ed agli alzi.
(2) Fu il primo "Mauser" d'ordinanza dell'Esercito tedesco. Una delle particolarità che rese celebre l'otturatore progettato da Mauser nel 1868, fu il sistema di armamento automatico a camma, con cui il percussore si armava al momento della sua apertura. In tal modo si evitava la possibilità di spari accidentali nel richiudere l'otturatore, oltre a facilitare il funzionamento dell'arma. Mauser è un nome che si trova di sovente citato nell'evoluzione dei fucili con otturatore a dlindro. Questo grande inventore e costruttore tedesco, nato a Oberndorf nel 1838, iniziò la sua fama con l'adozione da parte dell'Esercito del Reich del fucile mod. 1871. Peter Paul Mauser progettò l"'Infanteriegewehr M 71" basandosi sul sistema Dreyse e ben presto i principi dei suoi brevetti furono sfruttati per realizzare molti altri fucili tra cui il "91" italiano. Diversi eserciti di tutto il mondo infatti adottarono i fucili o il sistema di Mauser che sempre all'avanguardia con continue modifiche legò il suo nome, quasi leggendario, ai più grandi fatti d'armi a cavallo dei due secoli. Il nome Mauser diventò famoso anche tra guerre civili e spedizioni espolrative. Infine il Mauser fu il compagno inseparabile dei soldati della Wehrmacht per ben sette anni di guerra. (3) Utilizza l'otturatore del tipo a blocco ribaltabile. Le armi con questo tipo di otturatore e ridotte di calibro, rimasero d'ordinanza presso l'Esercito degli Stati Uniti fino al 1892 quando vennero distribuiti i primi fucili a ripetizione " Krag-Jorgensen", ma il loro uso continuò fin dopo la guerra Ispano-Americana (1898).
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L'ERA DEI "VEl'f ERLI" E DEI "REVOLVER"
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La leva di sicurezza ideata dal Cap. Clavarino, agendo soltanto sul dente di scatto, poteva provocare spari accidentali. Il Cap. Vitali, cambiandone la sagoma, ne costruì una più efficiente che sostituì la precedente a partire dal 1884. I primi alzi si differenziavano oltre che per la struttura anche per la graduazione che era in metri; nel 1884, con l'ultima versione, si preferì graduarli in ettometri. Tutte queste modifiche, se da un lato migliorarono le qualità dell'arma, dall'altro non ne cambiarono in modo sostanziale la struttura che rimase inalterata fino al 1887.
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L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
È in quest;anno che, dopo anni di ricerche e di studi, fu apportata la modifica più sostanziale: l'applicazione di una scatola-serbatoio; questa modifica trasformò il Vetterli in un fucile "a tiro rapido". · L'innovazione si era resa impellente quando, durante la guerra franco-prussiana del 1870 nella quale era stato impiegato uno svariato numero di armi della più ampia provenienza, il fucile ad ago aveva mostrato i propri limiti tecnico-tattici. Anche nel campo del munizionamento c'era stata la svolta; la cartuccia con bossolo metallico aveva soppiantato quella di carta risultando molto più pratica sia per il maneggio sia per la costruzione di armi a ripetizione. La continua conflittualità ed il progresso tecnico ed industriale che caratterizzarono questi anni di grande fermento, permisero agli inventori di sbizzarrirsi a brevettare svariati meccanismi, molti dei quali risultarono inutili.
In Italia, gli studi per dotare il fucile mod. 1870 di un meccanismo di ripetizione più sem-1 piice dell'originario Vetterli svizzero, iniziarono già verso la fine del 1872. Vennero presi in esame diversi tipi di serbatoi tubolari sistemati nel fusto, nel calcio o asportabili da applicéj.re lateralmente alla canna e sistemi a tamburo ed a caricatore a pacchetto, con particolari meccaniche per l'alimentazione delle cartucce. Tra gli anni 1873 e 1875 vennero provati i sistemi Thury, Bertoldo, Javelle, Nieger ed Engel con risultati non soddisfacenti. Le prove ripresero nel 1887 con i nuovi fucili di Bertoldo esaminando contemporaneamente anche quanto di meglio era prodotto dalle altre Potenze. Furono esaminati i sistemi Clavarino, Kropatschek, Hotchkiss, Werndl, Keane, Walmisberg, Vitali, Lee, Krnka, Carcano, Pieri, Glisenti, Picard, Schulhof, Arnaldi, Burton, Mauser, Jarman, Spencer-Lee, Mannlicher e Di Lauso. Nel 1887, al termine di numerose prove, svolte spesso con prototipi distribuiti a reparti di bersaglieri, venne adottata la scatola-serbatoio fissa del Cap. Vitali e l'aggiunta di un sostegno a guida per la posizione aperta dell'otturatore al fine di evitare gli spostamenti radiali dello stesso all'atto di incamerare la cartuccia affiorante dalla bocca del serbatoio. La scatola in lamiera di acciaio, dalla capienza di quattro cartucce e sistemata in una apertura della cassa dell'arma davanti al ponticello del grilletto, comunicava con il canale dell'otturatore tramite una)feritoia praticata nella culatta. Era provvista di un "arresto di ripetizione" per impedire il sollevamento delle cartucce e consentire il tiro con caricamento succe'ss_ivo. Il serbatoio era riempito con un pacchetto-caricatore contenente quattro cartucce e costituito da una testa di legno e fianchi in lamierino sottile d'acciaio ripiegati inferiormente per trattenere le cartucce (fig. 5). La testa del J:)acchetto era dipinta in bianco con una freccia nera per indicare il senso di introduzione nel serbatoio dell'arma; aveva, inoltre, una funicella con nodo che serviva, stretta tra le dita, ad estrarre il pacchetto stesso dal serbatoio svuotandolo dalle cartucce. Azionando l'otturatore si poteva caricare l'arma e sparare a ripetizione con una cadenza di circa 15 colpi al minuto.
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L'elevatore delle cartucce veniva azionato da una molla a spirale alloggiata verticalmente al centro del serbatoio. Il sistema Vitali fu preferito ai serbatoi tubolari, benché contenessero dalle otto alle dieci e più cartucce, perché risolse in maniera semplice il problema del riempimento simultaneo del serbatoio. I fucili ed i moschetti T.S. trasformati o di nuova fabbricazione vennero denominati "Verterli-Vitali" nel linguaggio corrente e mod. 1870-87 in quello ufficiale.
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Queste modifiche non riguardarono i moschetti da RR.CC. che rimasero pertanto sprovvisti di serbatoio-caricatore, mentre ne vennero dotati alcuni da cavalleria che furono assegnati al Plotone Esploratori Misti operante in Eritrea dal 1888 (fig. 6) C4l. Con la Grande Guerra, l'impellente necessità di armi ed i sempre maggiori problemi logistici di rifornimento di munizioni fece sì che parecchi Vetterli subissero modifiche di calibro in modo da poter usare la cartuccia del nuovo fucile d'ordinanza: il '91. Analogamente a come si operò per la scatola-serbatoio del Vitali, alle armi ricalibrate venne applicato un serbatoio in grado di ricevere il pacchetto caricatore dal moschetto mod. 91. (4) Gli ufficiali di questo plotone erano armati di carabina "Winchester" (probabilmente il mod. 1873 ca!. '44/40) ed una parte della truppa indigena aveva il fucile Remington (si suppone il mod. 1869 egiziano ca!. '44 poiché dopo l'occupazione anglo-egiziana, molte di queste armi erano rimaste in mano ai locali che avevano militato per l'Egitto.
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Con l'adozione di queste ulteriori modifiche, si ottennero le seguenti armi: fucile da fanteria mod. 1870/87/16; moschetto da TS mod. 1870/87/16 e moschetto da RR.CC. mod. 1870/16. La scelta operata per il fucile d'ordinanza dell'Esercito Italiano degli anni 1870 era stata felice ed essa fu completata dall'adozione di un revolver a cartuccia a percussione centrale. La pistola purtuttavia, essendo un'arma prettamente da difesa, non godette mai un grande interesse presso i Corpi dei vari eserciti eccezione fatta che presso la cavalleria. Ciò è dovuto in parte alla necessità di un continuo addestramento al tiro per ottenere un'ottima utilizzazione, in parte allo scarso potere d'arresto del proprio munizionamento se raffrontato con quello di un qualsiasi fucile. Inoltre, ad eccezione dei Carabinieri che svolgono anche mansioni di polizia, per gli altri Corpi dell'Esercito non si era ravvisata la necessità di un'arma corta da difesa se non per talune determinate circostanze. La cavalleria, dal canto suo, aveva adottato la pistola sin dal suo apparire in virtù dell'ingombro ridotto e per l'efficacia del tiro ravvicinato, eseguibile nel combattimento a cavallo, e non abbisognevole di particolari congegni di tiro. Per questi motivi, nell'Esercito Italiano dei primi anni dell'Unità, la pistola era limitata in prevalenza ad un uso di cavalleria ed a tale scopo la mod. 1860 era più che sufficiente, ma
il grande progresso tecnico dell'epoca ne imponeva la sostituzione con una più moderna.
Venne selezionata la migliore meccanica esistente allora in Europa: la Chamelot-Delvigne, passando così dalla pistola ad avancarica a quella a rotazione a cartuccia metallica a percussione centrale. Il revolver, del resto, era abbastanza conosciuto in Italia non solo per i Lefaucheux che erano in dotazione originariamente alla Marina Sarda e, successivamente, alla Regia Marina ed ai RR.CC., ma anche per le diverse versioni civili inglesi, belghe ed americane ad avancarica del tamburo , molto diffuse per difesa personale ed in possesso anche a molti ufficiali (fig. 7). Dunque Cha:melot-Delvigne realizzarono quest'arma all'inizio degli anni '70, affidandone la prnduzione alla fabbrica Pirlot Frères di Liegi. La ditta belga costruì questa rivoltella in diverse versioni e calibri per vari eserciti europei. La produzione per quello italiano iniziò nel 1874. Successivamente, per coprire il fabbisogno dell'esercito, venne costruita in Italia dalla Glisenti e dalla Regia Fabbrica d'Armi di Brescia. La meccanica, a movimento continuo ed intermittente a sei colpi ed il castello chiuso con espulsore dei bossoli laterale che la contraddistinguevano, era quanto di più funzionale per praticità e robustezza si potesse pretendere da un revolver militare. Inoltre, asportando la cartella fissata da una sola vite, si poteva accedere con facilità al meccanismo per la pulizia e le eventuali riparazioni.
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La nuova arma corta era denominata: pistola a rotazione mod, 1874. Il calibro era di 10,35 mm .. Gli unici inconvenienti erano rappresentati dal peso un po' eccessivo, ben 1.150 gr., e dalla canna un po' troppo lunga. Se per quest'ultimo il problema poteva essere facilmente risolto accorciando la canna, come venne fatto per alcuni esemplari nel 1888, per il primo la soluzione si presentò più difficile. Si rese necessario infatti realizzare un nuovo modello di arma che tecnicamente risultò superiore al mod. 74. La nuova rivoltella, progettata dall'italiano Bodeo e denominata mod. 1889, aveva introdotto tra i nuovi accorgimenti il congegno ideato dal belga Abadie che permetteva, aprendo lo sportello di caricamento, la rotazione del tamburo azionando il grilletto senza armare il cane. Con questo sistema si caricavano le cartucce ed i bossoli venivano espulsi più velocemente che non ruotando il tamburo a mano. Esteriormente quest'arma era caratterizzata dalla tipica impugnatura "a manico di scopa" chiamata dai soldati anche con il nomignolo di "coscia d'agnello". Del mod. 1889 per l'esercito ne vennero realizzate due versioni che si distinguevano per la presenza di un grilletto pieghevole in quella "da truppa", mentre quelle "da ufficiale" avevano un ponticello sul grilletto.
(5) La leva calcatoio, a differenza dei modelli americani tipo Colt, è imperniata al castello di lato della canna. È una delle tante armi corte usate negli anni '60 in vari calibri, da militari e civili per difesa personale. In particolare i revolver dei fratelli Adams furono i preferiti poiché introdussero la doppia azione e dato il castello chiuso erano anche più robusti e idonei all'uso militare. Il brevetto del primo revolver Adams risale al 1851 e la ditta costruttrice fu la "Deane, Adams & Deane".
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L'ARMAMENTO INDIVJOUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
Questa denominazione rimase nell'uso fino al 1915 quando, con la distribuzione delle nuove pistole automatiche, il revolver assunse la nuova denominazione di "pistola a rotazione mod. 1889 tipo A" e "pistola a rotazione mod. 1889 tipo B". Dopo alcuni anni di servizio, nel 1894, il mod. 89 venne dotato di una sicura che si interponeva tra il cane ed il castello ed era costituita da una leva, o lamina elastica, avvitata all'esterno della cartella. Nei primi anni del '900 questa sicura venne sostituita con una leva interna molto più pratica. Durante la Grande Guerra, diverse mod. 89 v'e nnero commissionate a fabbriche spagnole, più o meno valide, che fornivano però anche armi scadenti. In realtà il tradizionale fornitore d'armi corte era il Belgio, ma essendo in quel periodo in regime di occupazione da parte delle armate tedesche, si rese necessario rivolgersi alla Spagna per far fronte alla sempre maggiore richiesta d'armi. Nel 1916 la ditta Tettoni di Brescia importò anche un certo numero di revolver a canna e tamburo basculanti su imitazione Smith & Wesson in calibro 10,35 mm., prodotti dalla ditta Orbea Hermanos che già li costruiva in calibro 11 mm. per l'esercito spagnolo ed in calibro '455 per quello inglese (fig. 8). /
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Quest'arma però, nonostante il sistema di apertura e di espulsione automatica e simultanea dei bossoli, non)aveva le prestazioni tecniche dell'originale americana Smith & Wesson e, benché sulla bindella della canna riportasse la scritta "Revolver mod. 1916 cal. 10,35", non venne mai adottata ufficialmente. I revolver rimasero in servizio nell'Esercito Italiano fino ai primi anni del secondo dopoguerra quando fu completata la distribuzione della pistola automatica Beretta mod. 34. Durante la guerra erano in dotazione ad autieri, mitraglieri, carabinieri oltre ai reparti coloniali. (6) Arma a canna e tamburo basculanti con estrazione automatica e simultanea dei bossoli. Benché simile nel disegno e nella meccanica allo Smith & Wesson, il Tettoni è di gran lunga inferiore all'arma americana.
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Le baionette del "Vetterli" e la sciabola "71" Con le nuove armi da fuoco vennero introdotte in servizio nuove baionette che, per il periodo di pace che si stava delineando sull'orizzonte politico europeo, rappresentarono essenzialmente il completamento ornamentale dell'uniforme del soldato. Di tale categoria erano le belle sciabole-baionette di linea ''alla francese' ' , con lama a ''yatagan", da innestarsi sui fuci li Remington in dotazione all'Esercito Papalino all'epoca della presa di Roma. Anche la prima baionetta del fucile Vetterli era un'elegante arma denominata, per l'appunto, sciabola-baionetta. Aveva la lama lunga, diritta ad un taglio e la crociera dotata di un anello per fissarla alla canna. Aveva alt resì il gancio per poter effettuare il fascio di armi e l' impugnatura in ottone rigato con corto incastro a ''T'' . L'impugnatura in ottone, ricalcante la linea della baionetta del Remington, ebbe breve durata e venne sostituita nel 1874 da una composta da due guancette in ebanite racchiuse in un telaio di ferro o di ghisa; raramente venne usato l'ottone. Tuttavia anche questa foggia risultò molto elegante e così, dopo alcune varianti, se ne disegnò un alleo modello con lama più corta, a sezione di losanga ed a lati sgusciati, che venne data in distribuzione alle truppe che parteciparono alla prima campagna d'Africa. La stessa lama, durante la Grande Guerra, fu brunita ed immanicata con una impugnatura costituita da un solo pezzo e con la crociera che, ora, non aveva più il gancio bensì terminava con una sfera, come quella che sarà adottata per il '91, in ottone verniciato di nero. Per i moschetti da cavalleria e RR.CC. venne adottata, invece, una baionetta a manicotto munito di ghiera con lama a sezione cruciforme, che veniva alloggiata, quando non serviva, in un canale ricavato dalla cassa sotto alla canna. La sciabola da cavalleria mod. 1860, entrata in servizio verso la metà degli anni '60 in sostituzione di quella mod. 1834, ebbe vita breve probabilmente perché troppo costosa anche se, dal punto di vista estetico, fu la più bella sciabola da cavalleria dell'Esercito Italiano. Nel 1872 venne adottato un nuovo modello a lama costolata denominato mod. 1871 e destinato a rimanere in servizio, con leggere varianti, fino ai giorni nostri. Il fodero d'acciaio era inizialmente munito di due campanelle che successivamente furono ridotte ad una sola. La stessa foggia di lama fu adottata nel 1887 dai Carabinieri-Guardie del Re (Corazzieri) mentre, in versione alleggerita, fu usata dagli Ufficiali di cavalleria a partire dal 1873 (fig. 1). L'artiglieria a cavallo nel 1888 sostituì la vecchia 1833, dotata di fodero ad una sola campanella per appenderla alla sella alla maniera della '71, con un nuovo modello di sciabola con
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L'AR!vlAMENTO INDIVIDUALE DELL'E .I. DAL 1861 AL 1943
la lama simile alla '71 da cavalleria. Era denominata mod. 1888 ed aveva anch'essa il fodero ad una sola campanella.
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Ad iniziare dagli anni '70 la sciabola da Furiere Maggiore mod. '33 venne denominata "sciabola da sottufficiale di fanteria" e la pesante lama fu alleggerita sostituendola con lame, in parte di recupero, provviste di grande sguscio. Nel 1877 fu introdotta in servizio una nuova daga a sega per le compagnie di sanità che, data la particolare lunghezza della lama, fu denominata "sciabola a sega"., Questa daga era più decorativa che funzionale come, del resto, tutte le altre. Con l'adozione della baionetta del Vetterli le lame di questo tipo vennero ritirate dai reparti di prima linea per essere distribuite ai Servizi ed al nuovo Corpo Sanitario. Nel 1888 per gli Ufficiali di Stato Maggiore delle Armi di Fanteria, Artiglieria, Genio e Servizi fu adottata, in sostituzione del mod. 1855, una sciabola con lama simile al vecchio modello, ma più stretta e con guardia in lamiera di acciaio a tre branche (else) (fig. 2). Le lame di tutte queste armi erano in acciaio lucido ad eccezione delle baionette per i moschetti da RR.CC. e da cavalleria che venivano brunite. Nel 1895 l'asta della lancia mod. 1860 venne verniciata color noce.
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L'ammodernamento delle fabbriche d'armi negli anni 1870-1880
Come già accennato, le ultime partite di fucili mod. 1860 vennero costruite con canne sperimentali ricavate da sbarre d'acciaio. Infatti i vantaggi derivanti dalla maggior resistenza e durata, uniti ad un minor costo di fabbricazione, risultarono tali da consigliare la costruzione delle armi con canne in acciaio. Prima di essere distribuite erano accuratamente controllate ed i marchi dei vari controllori venivano impressi sulle sfaccettature della culatta della canna dove risultava anche la fabbrica, l'anno di fabbricazione ed il numero di matricola. A partire dal 1884 tutte le parti metalliche delle varie armL sia di nuova costruzione sia quelle costruite in precedenza, vennero brunite con "vernice ossidante". Un' altra novità introdotta era rappresentata dalla permutabilità dellé varie parti, ossia la "specializzazione del lavoro in serie". Con tale procedimento l'operaio eseguiva, con l'aiuto di nuove macchine, sempre lo stesso lavoro costruendo pezzi finiti perfettamente uguali fra di loro e, quindi, intercambiabili. In questo periodo, raggiunta l'Unità con l'annessione di Roma, l'Italia iniziava a trasformare la propria economia da agricola ed industriale, seguendo l'esempio delle altre grandi Potenze europee, e relegando in secondo piano il lavoro artigianale. Le tre fabbriche d'armi esistenti, potenziate con nuovi macchinari, furono indirizzate alla lavorazione su scala industriale delle armi mod. 1870. Il principio della produzione in serie venne sperimentato presso gli stabilimenti di Torre Annunziata. Il montaggio delle armi venne realizzato eliminando l'operazione d_ella rifinitura dell'assemblaggio delle varie parti, operazione che richiedeva tempo e personale particolarmente specializzato. L'energia motrice della fabbrica di Torre Annunziata era fornita, in principio, da due turbine della forza complessiva di 35 HP e da due macchine a vapore della forza complessiva di 50 HP, in seguito, venne aumentata a 60 HP di energia idraulica e 98 HP di forza vapore. Nel 1874, con una maestranza di 1.300 operai lavoranti ad orario diurno, la produzione massima giornaliera era di 100 fucili. Dal I 87 5 la produzione diminuì a circa 30 fucili al giorno poiché, a fronte di una riduzione consistente di operai, furono infatti ridotti a circa 500, la fabbrica aumentò la produzione di parti di ricambio e la riparazione delle armi rotte in distribuzione ai vari reparti. La fabbrica di Torino concorse con la fabbrica di Brescia alla costruzione delle armi mod. 1870 raggiungendo una produzione giornaliera di circa 100 fucili.
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TAV. 104• - Strumenti, utensili ed attrezzi per fabbricazione d'armi. (Atlante del materiale d'Artiglieria)
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100
L'ARMAJv!ENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 A L 1943
Con l'adozione delle armi mod. 1870, tra il 1871 ed il 1880 fu costruita la fabbrica di Terni con lo scopo di aumentare la produzione delle nuove armi. Terni, grazie alle sue abbondanti acque, era un centro industriale già dai tempi dei Romani e poi sotto i Papi durante il Rinascimento. Nel 1842 vi esisteva una ferri era con officine varie che dava lavoro a circa 300 operai. Con Roma capitale d'Italia la zona di Terni venne prescelta perché, oltre all'abbondanza di acqua necessaria per la produzione di energia motrice, era al sicuro da eventuali colpi di mano nemici in virtù della sua posizione geografica e, grazie a tale posizione, era più facile ed immediata la distribuzione delle armi sia al Nord che al Sud dell'Italia. Nel 1880 la fabbrica di Terni diede inizio alla produzione delle armi mod. 1870. Nel 1887 il ciclo produttivo si trasformò per adattarsi a quella tecnica che il cap. d'artiglieria ing. Giuseppe Vitali della Regia Fabbrica d'Armi di Torino ideò per rendere il \retterli a ripetizione ordinaria. Le parti d'armi meno importanti venivano acquistate dall'industria privata e, successivamente assemblate nelle officine delìo Stabilimento. Questo sistema si dimostrò molto conveniente poiché era possibile controllare tutti i pezzi in modo tale da avere la massima garanzia del grado di finitura. La produzione di armi mod. 1870/87 si stabilizzò sulla media di circa 25 fucili all'ora e per ogni fucile venivano impiegati 7 operai.
Le cartucce con bossolo metallico a percussione centrale
Dopo la presa di Roma, nel marzo del 1871, il Ministero della Guerra dispose ufficialmente la distribuzione di 97 carabine e 720 fucili Remington (mod. 1868) di preda bellica ad ogni reggimento di bersaglieri. Queste armi, in prevalenza di fabbricazione belga (Nagant), di piccolo calibro (12, 7 mm.) ed utilizzanti cartucce con bossolo di ottone a percussione centrale, avevano riscosso molto interesse presso i militari italiani. Durante la campagna del '70, infatti i soldati dell'Esercito Italiano fecero a loro spese l'esperienza del buon funzionamento dei Remington papalini dotati di un tiro utile maggiore dei loro Carcano. Il piccolo calibro, poi, dava al soldato il vantaggio di portarsi al seguito con lo stesso volume un terzo in più di munizioni. Il bossolo metallico, da parte sua, garantiva l'integrità della cartuccia sia durante le intemperie che nei trasferimenti e facilitava il funzionamento dell'arma.
L'ERA DEI "VETTERLI" E DEI "REVOLVER"
101
La cartuccia per la carabina ed il fucile Remington avevano una pallottola a tre solchi anulari dal peso di 31 gr., lunga 25 mm. e con un diametro dell'anello di forzamento di 13 mm .. Il bossolo in ottone di forma cilindrica e dal peso di 10 gr. era lungo 45 mm. e conteneva 4 gr. di polvere da fucileria. Il fondello era munito di un orlo che tratteneva la cartuccia in camera da. scoppio ed offriva presa per l'unghia dell'estrattore. La capsula, in lamiera di ottone foggiata ad "U" del tipo "Boxer" contenente la mistura fulminante, era posta in un apposito alloggiamento al centro del fondello del bossolo ed aridosso dell'incudinetta, sistema detto "a percussione centrale". Tramite un foro, allorché percossa, la capsula trasmetteva la fiammata alla carica di lancio. Il bossolo, essendo il materiale malleabile, sotto la pressione dei gas si dilatava senza rompersi garantendo la tenuta (fig. 1). Successivamente, nell'aprire il blocco-otturatore, un'unghia impegnava il bordo sporgente del fondello estraendo il bossolo dalla camera di scoppio. La lunghezza totale della cartuccia era di 58,6 mm. e pesava 45 gr.. Era usata anche una cartuccia da salve composta da un bossolo contenente 4 gr. di polvere da fucileria tenuta chiusa da un disco di feltro. La cartuccia pesava in totale 15 gr .. Per l'addestramento si utilizzava una cartuccia da esercitazione pesante 12,9 gr. e con pallottola in legno.
Le cartucce con pallottola ed a salve venivano distribuite in pacchetti di otto u:r..ità. Quando nel 1871 entrarono in servizio anche le prime armi Vetterli in calibro ancora più piccolo, 10,35 mm., ed utilizzanti una cartuccia di volume e di peso inferiore a quella del Remington, i risultati ottenuti furono pienamente soddisfacenti. Il soldato italiano in pochissimi ar_mi era passato dalle armi ad avancarica di vecchia concezione ad uno dei più moderni fucili della sua epoca, dotato di una cartuccia dai risultati balistici altrettanto all'avanguardia. La cartuccia del Vetterli italiano era a percussione centrale a differenza dell'originale svizzero nato a percussione anulare. La mistura del fulminante era infatti sistemata lungo il bordo interno del fondello del bossolo. ·· Il sistema a percussione anulare, anche se poco costoso, era alquanto pericoloso se hon veniva maneggiato con cura, come già avveniva con le cartucce a spina, e non garantiva la tenuta dei gas con cariche sostenute poiché il sottile lamierino del bordo del fondello rischiava di fessurarsi provocando la fuoriusçita di vampate. D'altronde, rendendolo più robusto, il percussore non sarebbe riuscito a schiacciarlo compromettendo la percussione del fulminato. Questo sistema era quindi buono per cartucce con cariche deboli e non per uso militare.
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L' ERA DEI " VETTERLI" E DEI " REVOLVER"
103
La cartuccia per fucili mod. 1870 denominata "cartuccia a pallottola per armi mod. '70" aveva una pallottola di piombo trafilato a quattro solchi anulari del peso di 20 gr. , lunga 25,5 mm. e con un diametro dell'anello di forzamento, ossia la fascia tra la seconda e la terza scanalatura a partire dalla base, di 10,8 mm .. Alla base presentava un incavo a calotta. Il bossolo in lega di rame con pochissimo zinco (tomback) dal peso di 10 gr. era lungo 47 ,5 mm. e conteneva 4 gr. di polvere da fucileria del nr. 1. La forma era leggermente tronco-conica per facilitare l'estrazione del bossolo dopo lo sparo. La capsula conteneva una mistura in parti uguali di clorato di potassio, solfuro d'antimonio e fulminato di mercurio isolata dall'aria da un leggero strato di vernice alcoolica di gommalacca. L 'incudinetta a forma di cuore con due risalti laterali era inserita tra la capsula ed il porta capsula ricavato nel bossolo: sistema Boxer. La pallottola che aveva la prima scanalatura ingrassata con un composto di paraffina, grasso di bue e sapone d'olio di palma, veniva separata dalla carica da un disco di cartoncino. La lunghezza totale della cartuccia era di 65,6 mm. e pesava 35 gr. (fig. 2). rmrtn.Jt>?d, - fD ~
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2a - Cartuccia per armi mod. 1870. 2b - Cartuccia sezionata per armi mod.
1870 e mod. 1870187 con bossolo alleggerito. (Col! Zannol - Treviso)
t"ig. 2~ - l a 1¡uia raj/ig11ra111e le canucce per armi m od. 1870. (Dal " Giornale
d 'A rtiglieria" del 1871)
104
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
La cartuccia per i moschetti 1870 differiva dalla cartuccia per fucili solo nella carica e quindi nel peso; per i moschetti si usavano 3 ,5 gr. di polvere da fucileria e lo spazio vuoto nel bossolo veniva riempito con un disco di feltro. La cartuccia da salve era composta da un bossolo contenente 4 gr. di polvere da fucileria tenuta chiusa da un disco di feltro e pesava in totale 15, 1 gr., poi la carica venne ridotta a 3 gr. e trattenuta da due dischi di feltro. La cartuccia da esercitazione era composta da un bossolo con pallottola in legno e pesava 10,8 gr .. Come per le armi Remington, anche le cartucce per le armi mod. 1870 venivano distribuite in pacchetto di 8 unità. Nel 1877 vennero adottate delle nuove cartucce con bossolo in ottone dal peso di 11,9 gr. che in parte si differenziavano dalle precedenti solo per le misure e la modifica della base della pallottola il cui incavo a calotta venne leggermente slabbrato al bordo. Venne dismessa la cartuccia per moschetti e si adottò una cartuccia per prove forzate con pallottola lunga 48,2 mm. e pesante 40,5 gr .. I La cartuccia era lunga 88,25 mm. e pesava 55,3 gr. (fig. 3). ~ Nel 1880 venne adottata una cartuccia "a mitraglia" per servizio di ordine pubblico, composta da un bossolo lungo 62,3 mm. e da una pallottola da 10 mm. e nove segmenti cilindrici di piombo. Il peso totale era di 46,5 gr. (fig. 4).
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zata delle armi Vel/erli.
Sempre nel 1885 venne messo in servizio il bossolo di ottone "alleggerito" ridotto a 9,2 gr. di, peso. È da notare che i bossoli di ottone ordinario, per ovvi motivi economici, venivano ricaricati più volte e si distinguevano per avere impresso sul fondello un circoletto di 1 mm. di diametro, in luogo della crocetta dei vecchi bossoli in tomback e, per ogni ricarica, l'anno ed il luogo di fabbricazione nonché le iniziali del capo tecnico. I bossoli di ottone alleggerito venivano ricaricati solo da salve. Nel 1890, con l'introduzione della polvere bianca: la balistite di Nobel, la pallottola·venne incamiciata in lega di ottone e la velocità iniziale da 435 metri al secondo passò a 615 metri al secondo (fig. 5).
Era un altro passo avanti, ma non costituì un miglioramento soddisfacente poiché la polvere bianca già impiegata in altri Stati', tra cui la Francia,. con calibri inferiori come 1'8 mm. Lebel aveva dato risultati balistici sorprendenti.
105
L'ERA DEI "VETIERL!" E DEI "REVOLVER"
4a
4b
fig. 4 - (4a) Cariuccia "a me/raglia" 1110d. 189U per armi 1110d. 187U e 1110d. 187Ul 8 7. (Col/. Lannol - heviso) (4b) Tavola raffigurante la cartuccia "a metraglia" per armi Velterli da "Notizie Sintetiche" del Laboratorio Pirotecnico di Bologna (1916).
La nuova cartuccia denominata "mod. 90", aveva il bossolo con l'incudinetta ricavata direttamente nell'alloggiamento della capsula: sistema Berdan. La "cartuccia a pallottola mod. 90" usata nelle mitragliatrici Gardner era la stessa usata per i fucili e moschetti. Si differenziava però in quanto aveva la bocca del bossolo munita di tre punzonature per evitare che la pallottola potesse fuoriuscire dal bossolo per le continue vibrazioni della mitragliatrice. La capsula conteneva due parti di fulminato di mercurio, una parte di clorato di potassio ed una parte di solfuro di antimonio. La carica di balistite in grani del n. 1 pesava 2,4 gr. e, poichÊ era di volume inferiore a quello della polvere nera; lo spazio vuoto nel bossolo tra polvere e pallottola veniva colmato da un "bioccolo di cotone idrofilo". Sul rivestimento in ottone del nucleo di piombo che costituiva la pallottola, era ricavato un anello di forzamento. Detto anello, situato alla base dell'ogiva, era di 10,5 mm. di diametro. Le pistole a rotazione mod. 1874 e 1889, presentando lo stesso calibro, usavano le medesime cartucce. La cartuccia per dette armi, denominata "cartuccia a pallottola per pistola mod. '74 e '89", aveva una pallottola di piombo a due solchi anulari dal peso di 11,6 gr. e lunga 15 mm. con un diametro dell'anello di forzamento, ricavato tra i due solchi, di 10,8 mm. (fig. 6).
106
L" ARMAME!\"TO INDIV!Dl'AL E DELL 'E.1. DAL 186 1 AL 194,
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fig. 5 - 15al Cartuccia nwd. 1890 per armi mod. 1870 e 1110d. 1870/87: (5b) Canuccia 1110d. 1890 se::,ionata: (Coli. Zannol - Tr(T iso) (Se) Ta1·ola ra[figum111e la corruccia mod. 1890 per an/11 \ìe11erli: (5d) Cartuccia mod. 1890 per mi1ragliarrici. (Da "Noti::,ie Si111e1iehe" del Labomrorio Pimrecnico di Bologna -19 /6 1
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fig. 6 - (6a) Cartuccia perpiswla mod. 1874 e nwd. 1889: <6b i Canuccia 1110d. 1890 sc::,ionara per pis,ola mod. 74 e 1110 d . 89: (6c ) Canuccia se::,ionaw mod. 1890/99 per pistola mod. 74 e 1110d. 89: (Col/. Zannol - Trel'iso) (6d) Ta vola rajfigura111e la cartuccia mod. 90/99. /Da ".No,i::,le Si111e1iche'· del Lobora1orio Pirorecnico di Bologna -191 6!
L'ERA DEI "VETIERLI" E DEI " REVOLVER"
107
Il bossolo in ottone a forma leggermente tronco-conica con fondello munito di orlo, era lungo 22,6 mm. e conteneva 1,3 gr. di polvere nera a grana fine. La capsula conteneva cinque parti di solfuro di antimonio, cinque parti di clorato di potassio e sette parti e mezzo di fulminato di mercurio. Tra la capsula ed il portacapsula ricavato nel bossolo era inserita l'incudinetta. La lunghezza totale della cartuccia era di 32,25 mm. e pesava 18,3 gr .. La cartuccia da salve pesava 7 gr. ed era composta da un bossolo contenente polvere nera a grana fine tenuta chiusa da un disco di cartone intorno al quale l'orlo del bossolo veniva ribadito. Dal 1890 anche le cartucce per pistola vennero caricate con balistite. La nuova cartuccia aveva il bossolo leggermente più corto con l' incudinetta ricavata direttamente nel portacapsula e conteneva una carica di balistite in grani del n. 2 di 0,53 gr.. Lo spazio vuoto nel bossolo tra la pallottola e la polvere veniva colmato da un bioccolo di cotone idrofilo. La pallottola, come per la cartuccia mod. 90 da fucile, era rivestita da un involucro di ottone e munita di un anello di forzamento. Nel 1899 la cartuccia per pistola subì delle leggere modifiche e venne denominata "mod. 90/99''. Queste modifiche consistevano principalmente in un leggero aumento della carica, 0,55 gr. al posto di 0,53 gr., e nel dotare l'incudinetta di due fori anziché di uno solo. Anche le pistole erano dotate di una cartuccia da esercitazione con la pallottola di legno e senza canea. Le cartucce per pistola mod. 74 e mod. 89 venivano costruite negli stabilimenti già ricordati ad iniziare dal Reale Pirotecnico di Torino, che fu il primo ad essere attrezzato per allestire tali munizioni e la cui produzione durò fino al 1877. Nel 1872 venne attrezzato con macchinari provenienti da Torino anche il Reale Pirotecnico di Bologna che tra il 1888 ed il 1890 produsse oltre cento milioni di cartucce; Anche il "Laboratorio di Artifizi" e dal 1879 "Laboratorio Pirotecnico di Capua" venne ampliato, tra il 1870 ed il 1880, e programmato per la costruzione di dette cartucce. In questo periodo emerse tra i migliori e più progrediti polverifici d'Europa il Reale Polverificio di Fossano, ponendosi in concorrenza con quello di Scafati che era stato danneggiato nel 1863 da una terribile esplosione, ma che fu rimesso in efficienza dopo qualche anno. Nel 1890 il polverificio di Fossano raggiunse una produzione di 680.000 Kg. di polvere nera. La scoperta delle polveri infumi, avvenuta verso la metà degli anni '80 ed il loro successivo impiego, li fece però diminuire di importanza fino a che, nel 1894, il polverificio di Scafati venne chiuso.
'.)
TAVOLE DEL CAPITOLO II
')
111
TAVOLE DEL CAPITOLO li
TAVOLA I
IL FUCILE REMINGTON (Coli. privata)
È il fucile dell'esercito pontificio mod. I 868 costruito su licenza americana (brevet Remington 9404) dalla ditta inglese Westley Richards & C. di Birmingham e dalla Emile e Leon Nagant di Liegi che si rivelò più perfetta nell'esecuzione delle varie parti garantendo quindi un miglior funzionamento dell'arma. Le armi inglesi infatti arrivarono tardi ai pontifici.
La canna è in acciaio, internamente solcata da cinque righe destrorse. Il passo della rigatura è di mt. 0,710. Esternamente la canna è tonda con la culatta sfaccettata e avvitata al castello e reca il mirino, il fermo per la sciabolabaionetta e l'alzo del tipo a cursore con gradini sullo zoccolo. Il castello in ferro reca il meccanismo di otturazione della canna a "blocco rotante" e il congegno di scatto. La cassa in legno di noce è composta dal calcio e dal fusto, separati dal castello.
calibm
mm.
12,7.
lunghezza della canna
mm.
880.
lunghezza dell'arma senza baionetta
mm.
1.300.
-
peso dell'arma senza baionetta
gr.
4.180.
-
alza a cursore scorrevole graduato fino alla distanza di mt. 1.000.
-
fornimenti: in ferro.
-
Nel 1871 vennero dati per ogni Reggimento cli Bersaglieri 720 di questi fucili, distribuiti ai migliori tiratori di ogni compagnia.
I.
Visla del/ 'arma dal la/o destro.
112
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 19<13
TAVOLA
II
LA CARABINA REMINGTON (Coli. privata)
È la carabina da gendarmeria papalina simile al fucile da cui differisce per la minor lunghezza della canna (mm . 720), quindi del fusto e della bacchetta e l'alzo è graduato fino alla distanza di mt. 700. L'attacco per la sciabola-baionetta, come è applicato sul fucile, venne aggiunto quando le carabine diventarono di proprietà dello stato italiano, poiché la gendarmeria papalina usava una baionetta a manicotto con ghiera. Nel 1871 vennero distribuite 97 di queste carabine per ogni reggimento di bersaglieri destinate ai sottufficiali dello Stato Maggiore e dei battaglioni.
l.
Vista dell 'arma dal lato sinistro.
2. Particolare dell'arma con cane armato e otturatore aperto.
113
TAVOLE DEL CAPITOLO Il
TAVOLA
III
IL SISTEMA "REMINGTON" (ROLLING BLOCK) ', (Disegni da: ''Armamento individuale dell'Esercito piemontese e italiano 1814-1914", A. Bartocci - L. Salvatici)
1. La meccanica consiste in due blocchi di acciaio opportunamente sagomati, girevoli attorno a due robusti perni di cui il primo costituisce l'otturatore ed è munito di un percussore a rimbalzo; il secondo fa le funzioni del
cane e allorché va in battuta anche di sostegno dell'otturatore, perché interponendosi a questo blocca la sua rotazione all'indietro sotto la pressione dei gas garantendo in tal modo la massima chiusura della culatta. Il cane, che è azionato da una molla a lamina, ha la noce con la tacca di sicurezza e di sparo. L'otturatore, quando non è contrastato dal cane, viene mantenuto stabile da una leva spinta da una molla che ne frena la rotazione. 2. Particolare dell'otturatore aperto con vista dell'estrattore:
l'estrattore è collocato nella culatta della canna ed è unito all'otturatore tramite un dente che penetra in un incastro praticato nella parte bassa a sinistra di quest'ultimo. Quando si apre l'otturatore, dopo aver armato il cane, fuoriesce anche l'estrattore portando con sé il bossolo della cartuccia sparata. In questa posizione l'arma è pronta per essere caricata con una nuova cartuccia. 3. Particolare dell'alza a ritto.
1
A
B
114
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE OELL'e .l. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
IV
FUCILE DA FANTERIA MOD. 1870 (M.A. - TO)
Si tratta della versione più comune delle armi sistema "Vetterli", a caricamento successivo che monta l'ultimo tipo di alzo e la sicurezza "Vitali". La canna è in acciaio internamente solcata da quattro righe destrorse profonde mm. 0,20. II passo della rigatura è di mt. 0,660. Esternamente la canna è tonda con la culatta sfaccettata avvitata alla "culatta mobile" e reca il mirino, il fermo per la sciabola-baionetta e l'alzo a ritto che viene mantenuto fermo nelle varie graduazioni da una molla a lamina azionata dalla coppiglia a pulsante che trattiene l'alzo stesso. Il ponticello è munito dì riccio d'appoggio per il dito medio. La culatta mobile in ferro temprato di forma cilindrica, reca dietro l'unione con la canna due fori sfogatoì per la sfuggita dei gas nel caso che il bossolo si spacchi, e un manicotto girevole in lamiera a protezione dell'apertura di caricamento. La chiusura della culatta è assicurata da un otturatore in acciaio di forma cilindrica, girevole scorrevole con alette di ritegno posteriori ed ha incorporati il percussore e l'estrattore. La cassa è in legn~ di noce e reca la bacchetta nettatoia.
-
calibro lunghezza della canna lunghezza dell'arma senza baionetta peso dell'arma senza baionetta . alzo a ritto graduato fino afla distanza di mt. 1.600. fornimenti in ferro .
Con quest'arma era armata tutta la fanteria compresi i bersaglieri.
")
1.
Vis1a dell 'arma dal /aio des/ro .
2. Panico/are dell'arma con ouuratore aperto.
mm. mm. mm. gr.
10,35 862. 1.349. 4.100.
115
TAVOLE DEL CAPITOLO Il
TAVOLA V
MOSCHETTO DA CAVALLERIA MOD. 1870 (M.A. - TO)
L'adozione di questo moschetto avvenne con atto del 1° luglio 1872 e all'inizio fu distribuito ai cav_alieri non armati di lancia. L' arma ha le stesse caratteristiche tecniche del fucile mod. 1870, ma monta una "mezza cassa" ed inasta una baionetta a manicotto con ghiera e lama a sezione cruciforme che viene alloggiata, quando non serve, nella cassa sotto la canna. 11 ponticello del grilletto è privo dell'appoggio per il dito medio. Il calcio contiene la bacchetta pieghevole lunga mm. 500. L'alzo di vecchio tipo è graduato fino alla distanza di mt. 600. Quest'arma non fu più provvista di portamoschetto per cui con la sua adozione scomparve la vecchia rangona e venne introdotto in un primo tempo per il porto a cavallo, un "tubo ferrato porta-moschetto" fissato alla sella dalla parte destra. Nel 1882 fu adottato un nuovo "porta-moschetto" in cuoio naturale simile ad una fonda .
-
-
1.
calibro lunghezza della canna lunghezza dell'arma senza baionetta. peso dell'arma senza baionetta alzo a ritto graduato fino alla distanza di mt. 1.000. lunghezza della baionetta peso della baionetta . f ornimenti: in ferro.
Vista dell'arma dal fato destro. (l'esemplare monta il vecchio alzo e la sicura "C/avarino").
mm. mm. mm. gr.
10,35. 453. 928. 3.025.
mm. gr.
530. 270.
I 16
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DEL.L'E.l. DA L 1861 AL 1943
TAVOLA VI
MOSCHETTO DA TRUPPE- SPECIALI MOD. 1870 (M.A. - TO)
Arma simile al fucile mod. 1870 da cui differisce per la minor lunghezza della canna (mm. 610), quindi della cassa e della bacchetta, per avere una sola fascetta e per il ponticello del grilletto che è privo dell'appoggio per il dito medio. L'alzo di vecchio tipo usato sui moschetti T.S. era graduato fino alla distanza di mt. 800. L'alzo di nuovo tipo è graduato fino alla distanza di mt. 1.600. Il peso è ridotto a gr. 3.650. Quesrarma assegnata in un primo tempo ai soli zappatori di fanteria venne distribuita poi all'artiglieria ed al genio .
I.
Vista del! 'arma dal lato destro.
')
117
TAVOLE DEL CAPITOLO li
TAVOLA
VII
MOSCHETTO DA CARABINIERI REALI MOD. 1870 (M.S.F. - RM)
Ă&#x2C6; l'ultima versione del sistema "Vetterli" a caricamento successivo . Arma simile al moschetto da cavalleria mod. 1870 da cui differisce per la maggior lunghezza della canna {mm. 610), quindi anche della bacchetta nettatoia in due pezzi, alloggiata nell'apposito canale ricavato nel calcio e per la diversa forma del bocchino. Ă&#x2C6; provvisto di alzo a ritto graduato fino alla distanza di mt. 1.600.
2.
Vis1a dell'arma dal lato desrro con la baionetta in "posizione di riposo".
MOSCHETTO DA CARABINIERI-GUARDIE DEL RE MOD. 1870 (vedi moschetto da RR.CC.)
Si differenzia dal modello da Carabinieri Reali per la presenza della bacchetta nettatoia posta in un foro della cassa sotto l'alloggiamento della baionetta e per l'avere i fornimenti dorati.
118
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
VIII
IL SISTEMA "VETTERLI" (Disegni da: "Armamento individuale dell'Esercito piemontese e italiano 1814-1914", A. Bartocci - L. Salvatici)
1. Vista della meccanica separata dalla cassa.
2. Particolare di un'arma con otturatore in chiusura e leva di sicurezza (tipo Vitali) inserita. 3. La guida del percussore sporge leggermente dalla calotta poiché la leva di sicurezza, oltre a disimpegnare il
dente di scatto, mantiene il manubrio leggermente sollevato in maniera tale che la testa del percussore non vada a contatto con la capsula della cartuccia. Per disinserire la sicurezza è necessario sollevare il manubrio. Per togliere l'otturatore dall'arma bisogna prima sfilare la chiavetta che ne limita la corsa arrestando il risalto della testa dell'estrattore. L'otturatore è composto dal cilindro con la calotta. avvitata che trattiene la molla spirale del percussore con il percussore coperta dal manicotto, e il manubrio con la noce che ruota intorno al cilindro e sulla coda dell'estrattore dei bossoli. La noce a manubrio è munita anteriormente di due alette di ritegno che vanno ad incastrarsi in appositi alloggiamenti della culatta e posteriormente di due incastri elicoidali dove contrastano le alette del percussore quando questo viene armato ruotando il manubrio. L'estrattore serve anche a mantenere armato il percussore durante l'apertura dell'otturatore, trattenendo con la coda incastrata nella noce il manubrio sollevato. A percussore armato la sua guida sporge dalla calotta. Solo quando l'otturatore ritorna in chiusura, la coda dell'estrattore viene abbassata dalla chiavetta e quindi la noce a manubrio si libera dal contrasto e può ruotare. Il percussore rimane armato perché trattenuto dal dente di scatto. L'estrattore inoltre, sporgendo dal cilindro, scorre lungo una scanalatura della culatta impedendo all'otturatore di girare con la~noce. 4. Vista dell'arma con otturatore aperto e bossolo espulso.
Il dente dell'espulsore contro il quale batte il fondello del bossolo quando viene espulso, sporge da un foro nella parte bassa della culatta. 5. Particolare della sicura "Clavarino ".
6. Particolare della sicura "Vitali". 7. Otturatore senza manicotto con percussore armato ..
I 19
TAVOLE DEL CAPITOLO Il
Segue TAVOLA
Fig. 1
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 5
Fig. 6 Fig. 7
Vlll
120
L'ARMAMENTO IN DIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
IX
IL SISTEMA "VETTERLI-VITALI" (Disegni da: "Armamento individua/e dell'Esercito piemontese e italiano 1814-1914", A. Bartocci - L. Salvatici)
l.
Vista della meccanica separata dalla cassa. Il disegno illustra la scatola-serbatoio contenente le cartucce per il tiro a ripetizione e la cadetta di guida per la posizione aperta dell'otturatore. L'apertura (ji caricamento è stata allargata per agevolare l'introduzione del pacchetto con le cartucce, è stato eliminato il manicotto copriapertura e introdotto un manicotto molto più corto e sagomato con la funzione di arresto dell'alimentazione del serbatoio per consentire il tiro a caricamento successivo. Sfilato il pacchetto le cartucce sono trattenute nel serbatoio da due molle di ritegno fissate alla culatta e sagomate in maniera da dirigere la cartuccia, spinta dalla testa rfell'otturatore, nella camera di scoppio.
2.
Vista del pacchetto di caricamento con quattro cartucce.
3.
Vista del fucile, mod. 1870187. (M.A . - TO)
3a. Particolare del fucile 70187 con otturatore aperto e nuovo tipo di alzo. (M.S.F. - RM) 4.
Vista del moschetto da truppe speciali 70/87. (!v/.S.F. - Rivi)
ì
I~ I
L. ARMAMl:::NTO INDIVJD UALE DELL"E.I. DAL 1861 AL 19-L'-
Segue T.-\ YOLA
fig . 2
fiq. 3
fig. 3a
fig. 4
lX
L ARtvlAMENTO IJ\Dl\'IDL •\LE DELL'E.1. DAL 186 1 .".I. 19-13
TAVOLA
X
ARMI MOD. 1870/87/16
fig. 1
fig. 2
')
I. \lisra dc{fucile. del moschetto do TS. e del moschetto da RR.CC mod. 1870/87//6. (M.A. - TO ) La 11uo1·a 111od/fica comporra la ridu::.ione del calibro a mm. 6.5 (ritubando le canne) per usare le s1esse car/ucn' de/fucile mod. 91. con la sos1i1u::.ione della semola serbatoio e / 'accorciamen10 del ritto del/'al::.o per ade-
guar/o al rito più teso del nu01·0 muni::.ionwnellfo.
i f ucili. i moschetti da TS. ed i moscherri da RR.CC 111odifica1i in ca/. 6.5. nel corso della Grande Guerra furo no dati alla Mi/ba Mobile.
2. Panico/are cle//'a/::.o di un 'arma mod. 70187/16. 1Disegni
da: " Aggiomomemo indil ·iduale del! 'Eserciio piemonrese e iwliano J814-I914 ·. A. Banocci - L Sall·atici ).
123
TAVOLE DEL CAPITOLO Il
TAVOLA
XI
PISTOLA A ROTAZIONE MOD. 1874 (M.N.C.S.A. - RM)
Canna in acciaio fuso internamente solcata da quattro righe destrorse a passo costante. Il passo della rigatura è di mt. 0,25. Esternamente la canna è ottagonale e reca il mirino (la tacca di mira è ricavata sul castello), il canale della bacchetta (espulsore) ed è avvitata al castello. Il castello a differenza del mod. 1861, è del "tipo chiuso" ed è ricavato in un unico pezzo con l'impugnatura e reca il meccanismo a doppia azione (a movimento continuo ed intermittente sistema Chamelot-Delvigne). Quest'ultimo è composto dal cane che reca sulla noce la tacca di sicurezza e di sparo, lo scatto, la molla dello scatto, il grilletto con la sua molla, il bocciolo e il tirante che trasmettono il movimento al cane ed al tamburo. La molla del cane collegata a quest'ultimo mediante la "catenella", è alloggiata nell'impugnatura. Il tamburo è in acciaio fuso e come nel mod. I 86 I ha sei camere e reca la corona dentata e gli intagli di arresto ed in più ha sei sgusciature di alleggerimento. Lo sportellino di caricamento del tamburo è fissato sul Iato destro del castello. Le guance sono in legno di noce zigrinato. La coccta dell'impugnatura è munita di campanella. L'arma non veniva brunita ad eccezione dei modelli "coloriti a fuoco" dati agli ufficiali di cavalleria a partire dal 1891. La brunitura che presentano diversi esemplari la si può considerare un'aggiunta piuttosto tarda che dimostra il lungo impiego di queste pistole fin dopo la prima Guerra Mondiale. La '74 fu adottata con atto nr. 46 del 22/3/1876. Inizialmente fu distribuita ai primi dieci reggimenti di cavalleria, poi venne data agli ufficiali di fanteria. In artiglieria e nel genio venne data anche ai sottufficiali e alla truppa in sostituzione della pistola a rotazione mod . 1861.
-
calibro.
mm.
10,35.
lunghezza della canna.
mm.
160.
lunghezza dell'arma
mm.
290.
peso
gr.
- capacità del tamburo .
1.150.
nr. 6 cartucce.
1:i4
LARMA.VIE!\'TO l!\'DIVIDLALE DELLTI. IJAL 186 1 AL 19-l ,
1. \/isra della pisrola dal iaro destro.
TAV.
P ISTOLA A ROTAZ IONE MOD. 1874
SINISTRO , SENZA CARTELLA
VISTA
DI
E
SENZA
SOPRA
2. Tal'Ola dello pis10/a. ( Dal ··Manuale p er allie1-i armaioli'' - Roma 1935)
VISTA
FRONTE
3-bi.,
125
TAVOLE DEL CAPITOLO Il
TAVOLA
Xll
PISTOLA A ROTAZIONE MOD. 1889 DA TRUPPA (O "TIPO A") (M .S .F . - RM)
L'arma mantiene alcune caratteristiche strutturali del mod. 1874. La canna è in acciaio fuso e internamente è solcata da quattro righe destrorse a passo costante. li passo della rigatura è cli mt . 0,25. Esternamente la canna è ottagonale e reca il mirino (la tacca di mira è ricavata sul castello), la ghiera porta bacchetta ed è avvitata al castello. La bacchetta (l'espulsore) è alloggiata nell'albero del tamburo. Il castello è del " tipo chiuso" ed è ricavato in un unico pezzo con l' impugnatura e reca il meccanismo a doppia azione (sistema Bodeo). La molla del cane è a "V": la lamina superiore preme sul cane mentre quella inferiore aziona il bocciolo del tamburo e quindi il grilletto. li grillettO privo del ponticello di protezione ha la coda che si ribalta sul davanti dove viene trattenuta da una molla a lamina. Il cane è "rimbalzante" ed ha una sicura "a leva interna" articolata al bocciolo . Il tamburo è in acciaio fuso ed è simile al mod . '74. Lo sportellino di caricamento, munito cli un p io lo che penetra nel meccanismo, quando è aperto svincola il cane dal grilletto (congegno Abadie) . La scomposizione dell'arma viene fatta senza l'ausilio di alcun attrezzo compresa la molla a "V" che si smonta utilizzando il gancio di presa posto all'interno della cartella. Le guancette sono in legno di noce zigrinato. La coccia dell'impugnatura reca la campanella per il coreggiolo. Le pistole mod. '89 venivano brunite. Il mod. '89 da truppa fu adottato con atto nr. 235 del 31/10/1889.
calibro.
mm.
10,35.•
lunghezza della canna.
mm.
114,5.
lunghezza dell'arma
mm.
234,5.
capacità del tamburo . -
peso
nr. 6 cartucce. gr.
890.
l :!6
L ;>. RMAMF.NTO INDIVIDUALE DELL"E.l. DAL 186 1 AL 194."\
Segue T AVOLA Xll
1. \lis1a della pistola.
PISTOLA A ROTAZIONE MOD. 1889 DA UFFICIALE (0 "TIPO B") (M.S.F. - RM) Si differenzia principalmente dal modello da truppa per la presenza del ponticello ciel grilletto e quindi per il peso (gr. 910). Quest'arma venne adottata con atto nr. l05 del 3/6/J 891 e fu distribuita con precedenza agli ufficiali degli alpini.
2. Vista della pistola.
1~,
TiWOLE DEL CA PJTOLO li
Segu,'
PISTOLA A ROTAZIONE MOD. 1889
L \\ 'OLA XII
TAV. 3
TIPO A
PARTI COMUNI A L LE 9,_UE PISTOLE PARTI 01 PISTOLA {TIPO B)
1 - Cult11o . 2 - Ponticello 8 - Crlllttto PART! D I P ISTO\..A {TIPO A)
4 - Cu ttllo g - a , Ulltlo e - Coda di crlfletto
7 - V ita d i coda. di 1rlBctto 8 - Molla•dtcrno di coda d i cri llctlo 9 - Vite dl n,,oll• •ritctno di coda di
,,mstto
10 1t 12 13 14 \S 18 t7 -
Cartella Canna Cilindro "Tubicino dentiera Alber-o, c:on mol la 8-oc.duolc CUcneo dl ,1cur.:u.a Cana
18 - Appendice di c.ant 19 - Molletta di appendice 20 - VHr•perno (Il • ppendleci d i cane
21 - Puno d tl cane 2 11
•
Perno del
r rlllctto
22 - Mollone 23 - Vite rlt ccno di a lbc-ro 24 - Ghler • porb b a c:chett.a 25 - Molletta di bacchttta 26 - Vite di molletta di baceh4tt• 27 - S portello 28 - Moli& di • port•Uo
3. Tavola dal "Manuale per a!/ie1'i armaioli" - Roma 1935.
29 30 31 32: 83
-
V ite di molla di •por1eBo Pluolo di tporltllo, con v ite Pcrrio dc-llt:i , portello V11.t. d i c&rl.t:l\a Vite prlrionit:r1 d i.vite di ca r1ell•
34 - C a mpa hf;:11& ~
36 ~ 38 39 40 -
Porta c ampanC"II•. con d ado Guancia 1 inittr a Ova rid• de•tt.a. Vit• dl ru• nc.la
Ro,ctt& Bocchetta
128
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL !943
TAVOLA XIII
SCIABOLA DA CAVALLERIA MOD. 1871 (primo tipo - con fodero a due campanelle) (M.A. - TO)
Lama leggermente curva ad un filo e punta con dorso a bacchetta. La guardia è in lamiera di acciaio con intaglio a goccia al centro (a due else), nicchia per il pollice e spacco per la dragona. L'impugnatura a becco in legno di ·pomo naturale è fissata a una cappetta di tipo lungo e ghiera di ferro. Il fornimento è trattenuto al codolo della lama da un bottone a vite a mezza oliva. Fodero in lamiera di acciaio a due campanelle ridotto ad una sola alcuni anni dopo (1876) . La sciabola fu adottata con la circolare nr. 2 I 5 del 30/ I O/ I 872.
1.
lunghezza della lama
mm.
908.
lunghezza totale.
mm.
l.060.
-
larghezza della lama al tallone .
mm.
28.
-
peso della sciabola .
gr.
l.020.
-
peso del fodero .
gr.
710.
Vista della sciabola, con fodero .
129
TAVOLE DEL CAPITOLO li
Segue TAVOLA
Xlll
SCIABOLA D'ARTIGLIERA MOD. 1888 (M.A. - TO)
Lama leggermente curva ad un filo e punta con dorso a bacchetta (simile al mod. 1871). La guardia è in lamiera di acciaio a tre else, nicchia per il pollice e spacco per la dragona: L'impugnatura in legno naturale è fissata a una cappetta di tipo lungo e ghiera di ferro. Il fornimento è trattenuto al codolo della lama da un bottone a vite che completa l'andamento ovale della sommità della cappetta. Fodero in lamiera di acciaio a una campanella.
I.
lunghezza della lama
mm.
850.
lunghezza totale
mm.
1.008.
larghezza della lama al tallone .
mm.
28.
-
peso della sciabola .
gr.
930.
-
peso del fodero .
gr.
590.
Visw della sciabola con f odero.
130
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA XIV
SCIABOLA DA CARABINIERI-GUARDIE DEL RE (CORAZZIERI) (M.A. - TO)
Lama leggermente curva ad un filo e punta con dorso a bacchetta (simile al mod. 1871). Monta una particolare guardia insolita nella tipologia delle sciabole italiane. Essa è in massiccia lamiera di acciaio, messa a giorno con fiorami e trofeo d'armi (fucili e bandiere con al centro elmo e corazza caricata in petto da una stella). L'impUgnatura in corno nero con treccia in filo di ottone argentato è fissata ad una cappetta di tipo lungo con ghiera scanalata. II fornimento è trattenuto al codolo della lama da un bottone a vite a mezza oliva. Fodero in lamiera di acciaio a due campanelle. La sciabola fu adottata nel 1887.
1.
lunghezza della lama
mm.
915.
lunghezza totale.
mm.
1.075.
larghezza della lama al tallone .
mm.
28.
-
peso della sciabola.
gr.
1.100.
-
peso de/fodero.
gr.
710.
Vista della sciabola con fodero . .
131
TAVOLE DEL CAPITOLO Il
Segue TAVOLA XIV
SCIABOLA A SEGA PER LE COMPAGNIE DI SANITÀ (M.A. - TO)
Lama dritta con sega al posto del taglio terminante con una tozza punta. Crociera in ottone con le estremità foggiate a forma di ghianda e grosse alette. Impugnatura in legno verniciato di marrone scuro con risalti anteriori per le dita. È rinforzata da una bandella di ottone trattenuta nella parte bassa da una ghiera.
Il fornimento è fermato al codolo della lama da un bottone in ferro con base in ottone. Fodero in legno rivestito in cuoio annerito e con lamina interna in ferro ad U dal lato della sega, con cappa e puntale in ottone. L'arma fu adottata con atto nr. 116 del 21/8/1877.
lunghezza della lama.
mm.
516.
lunghezza totale.
mm.
670.
mm.
33.
larghezza della lama al tallone .
I •
-
peso ·della sciabola.
gr.
620.
-
peso del fodero .
gr.
400.
... -- -
1.
Vista della sciabola con fodero.
132
L'ARl\¡lAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
XV
SCIABOLA-BAIONETTA PER ARMI REMINGTON EX PONTIFICIE (Coli. Alberghina - Roma) Arma di tipologia francese usata per i fucili Chassepot mod . 1866. Ha la lama a "yatagan" con grande sguscio fino al falso filo. L'impugnatura è in ottone intagliato con lungo incastro a "T" sul dorso e con piolo a dente d'arresto per il fissaggio della baionetta al fucile, azionato da una molla a lamina. La crociera in acciaio reca l'anello con una vite di regolazione e un grande gancio per il fascio d'armi. Ha il fodero in cuoio del tipo piemontese in sostituzione di quello in lamiera di ferro, con cappa e puntale in ottone.
-
1.
lunghezza della lama. lunghezza totale. larghezza della lama al tallone . peso della baionetta peso del fodero .
Vista della baionetta con fodero originale.
la. Vista del fodero in cuoio del tipo piemontese.
mm. mm. mm. gr. gr.
568. 690. 29. 680. 200.
133
TAVOLE DEL CAPITOLO II
Segue TAVOLA XV
SCIABOLA-BAIONETTA MOD. 1870 - PRIMO TIPO (denominata "~ipo E" dal 1874) (M.A. - TO) Lama dritta ad un filo, punta e falso filo con grande sguscio. L'impugnatura è in ottone e mantiene la sagoma delle baionette dei Remington. La crociera in acciaio reca l'anello con vite di regolazione e un grande gancio con piccolo sperone all'inizio . II fornimento è trattenuto alla lama da un bottone avvitato al codolo. Il fodero è in cuoio annerito con cappa e puntale in ottone.
-
lunghezza della lama . lunghezza totale. larghezza della lama al tallone . peso della baionetta. peso del fodero .
mm. mm. mm. gr. gr.
I. Vis!U della baio11e1 ta con Jodao .
SCIABOLA-BAIONETTA MOD. 1870 - SECONDO TIPO (denominata "tipo D" dal 1874) (vedi primo tipo) Simile al primo tipo, ma con lama accorciata di 45 mm .. Il fodero accorciato ebbe la cappa'munita di bocchetta di acciaio a linguette a partire dal 1875.
565. 690. 27. 750. 205.
134
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
XVI
SCIABOLA-BAIONETTA MOD. 1870 ADOTTATA NEL 1874 (denominata "tipo U" dal 1891) (Coli. privata) Mantiene la lama del "tipo D" e monta un nuovo fornimento con parti fisse alla lama. L'impugnatura è composta da un cappuccio di ferro o ghisa con l'incastro a "T" sul dorso e guance di corno o di ebanite trattenute da due viti passanti; la molla per il piolo con il dente d'arresto è ancora del tipo corto ed è tenuta ferma dalla prima vite delle guance. La crociera in acciaio reca l'anello senza vite di regolazione e il gancio senza sperone. Il fodero è lo stesso del "tipo D".
I.
Vista della sciabola-baionetta.
SCIABOLA-BAIONETTA Mon:1870 ADOTTATA NEL 1879 (denominata "tipo Z" dal 1891) (Coli. Alberghina - Roma) È simile al "tipo U" dal quale differisce per avere il fornimento amovibile trattenuto aila lama da un bottone avvitato al codolo. Le guance sono in ebanite.
2.
Vista della baionetta con fodero.
135
TAVOLE DEL CAPITOLO Il
Segue TAVOLA XVI
SCIABOLA-BAIONETTA MOD. 1870 - TIPO REGOLAMENTARE DAL 1879 (M.A. - TO)
È simile al "tipo Z" da cui differisce principalmente per avere la molla del piolo più lunga e tenuta ferma dalla seconda vite delle guance e un fodero con cappa e puntale di nuovo disegno.
3.
Vista della sciabola-baionetta con fodero.
136
L'ARMAJv!ENTO INDIVIDUALE DELL'E.1. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
XVII
BAIONETTA PER MOSCHETTI MOD. 1870 DA CAVALLERIA E RR.CC. (M.A. - TO)
Lama dritta a quattro costole, dette "filetti", leggermente convergenti, a sezione di croce. Il manicotto, che è unito alla lama da un breve braccio, presenta due spacchi e reca la ghiera di fissaggio . Lo spacco ricavato dalla parte della lama serve per fissare l'arma quando viene portata capovolta sotto la canna con la punta alloggiata nella cassa. -
lunghezza della lama . lunghezza totale. peso . .
mm. mm.
gr.
464.
530. 270.
.. /
1. Vista della baionella.
BAIONETTA PER MOSCHETTI DA CAVALLERIA COLONIALE MOD. 1870/87 (M.A. - TO)
È simile al mod. 1870 da cui differisce per avere la lama più corta di mm. 164 (e logicamente più sottile). Ciò è dovuto per il minor spazio a disposizione nel vano della cassa dove alloggia la lama, occupato dalla scatola) serbatoio.
2.
Vista della baioneua.
_ _ _ _ _ __ __ __
_
_
_
137
___ TAVOLE DEL CAPITOLO Il
TAVOLA
XVIII
BAIĂ&#x2019;NETTA CORTA PER ARMI MOD. 1870/87 PER LE TRUPPE D'AFRICA (denominata dal 1891 "baionetta corta a lama quadrangolare") (Coli . Alberghina - Roma)
Ha Ja lama diritta a sezione romboidale a Iati sgusciati, con tagli convergenti non affilati e punta ellittica. Mantiene il fornimento della sciabola-baionetta del 1879. Arma poco ingombrante e molto robusta, atta solo a perforare. Fodero in cuoio naturale (come le buffetterie delle truppe d'Africa) con cappa e puntale in ottone. (La versione con impugnatura in ottone ha il fodero in cuoio nero).
-
lunghezza della lama .
mm.
lunghezza totale.
mm.
275. 407.
larghezza della lama al tallone .
mm.
27.
peso della baionetta. peso del fodero .
gr.
508.
gr.
138.
r
l
1.
Vista della baioneua con fodero.
CAPITOLO
III
IL '91 E LE ARMI AUTOMATICHE (Maurizio Ruffo)
La scoperta della "polvere bianca" o "polvere senza fumo", avvenuta verso la metà _degli anni '80, rappresentò una tappa fondamentale nello sviluppo delle armi della fine del XIX secolo. Grazie a questa scoperta, infatti, fu possibile realizzare un'ulteriore riduzione dei calibri, ottenendo risultati balistici di gran lunga superiori a quelli conseguiti con le armi precedenti, ed una riduzione di peso delle cartucce con immaginabili risvolti positivi per il s0ldato. Queste migliorie erano dovute principalmente alle caratteristiche chimico-fisiche proprie della polvere bianca che, ad una maggior proprietà propellente rispetto alla vecchia polvere nera, associava una totale combustione con assenza di quelle scorie che causavano l'intasamento della rigatura delle canne. Il soldato stesso ne trasse dei vantaggi potendo, a parità di peso, trasportare un maggior numero di cartucce. Significativo è in tal senso l'episodio della battaglia di Dogali dove, probabilmente i "Cinquecento" di De Cristoforis sarebbero andati incontro ad una sorte ben diversa se queste migliorie fossero già state realizzate. Erano invece già state attuate in altri Paesi europei come la Francia che fin dal 1886 aveva adottato un fucile, detto "Lebel", di 8 mm. di calibro con pallottola incamiciata. 1
Altrettanto si era fatto in Germania, dove il fucile Mauser fu calibrato per una cartuccia con pallottola da 8 mm.; in Austria toccò al Mannlicher (fig. 1) Ol essere ridotto a 8 mm. di calibro.
(1) Ferdinand Ritter von Mannlicher nacque nel 1848 a Most (Boemia) e nonostante intraprendesse la carriera come ingegn·ere delle ferrovie austriache diventò ''uno dei più grandi inventori di armi da fuoco della storia''. Così lo definiscono i due Smith nella loro opera "Small Arms of the World" e giustamente soggiungono che se nel vecchio Impero Asburgico avesse avuto Io stesso appoggio che ebbe Peter-Paul Mauser nel Reich tedesco, senza dubbio i suoi successi sarebbero stati maggiori. Mannlicher fu stretto collaboratore della fabbrica di Steyr e progettò diversi sistemi di alimentazione per armi a ripetizione in uso ancora ai nostri giorni. Il caricatore a pacchetto, semplice ed economico, fu uno dei tanti successi e venne adottato perfino dalla Germania per il "Gewehrpri.ifungskommission" mod. 1888. Gli otturatori, poi, che si potevano aprire e chiudere con solo due movimenti invece di quattro, furono veramente geniali. Non fu da meno nel campo delle armi automatiche anche se con scarsa fortuna.
142
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
In Italia con la balistite di Nobel venne modificata la cartuccia del Vetterli incamiciando la pallottola senza, peraltro, ottenere risultati soddisfacenti se paragonati a quelli delle armi su menzionate. Dopo varie prove comparative, la "Commissione delle armi portatili" della Scuola di Tiro di Fanteria di Parma, nominata dal Ministero della Guerra alla fine del 1888, decise di adottare una cartuccia di calibro ancora più piccolo dell'8 mm .. Si scelse il calibro di 6,5 mm. e, dopo aver sup_erato alcune perplessità dovute al capovolgimento della pallottola nell'aria causato dal calibro troppo piccolo, si affidò la realizzazione del progetto del nuovo fucile alle fabbriche dello Stato. Si verificherà, però, subito un inconveniente: il tratto iniziale della rigatura si consumava con poche centinaia di colpi. La causa venne attribuita al passo delle righe elicoidali troppo corto. Per ovviare a quanto riscontrato venne deciso di adottare la rigatura a passo progressivo. Questa rigatura era già stata presa in esame con le armi ad avancarica, ma era stata abbandonata perché, come asseriva il Castelli nel suo trattato del 1865, non aveva dato risultati migliori di quella a passo costante e comportava, inoltre, una maggiore difficoltà a ricavare le righe. Ora, con l'adozione del piccolo calibro a pallottola incamiciata, era tornata d'attualità. Il passo délla nuova rigatura andava da un giro di 58 cm. dopo la camera di scoppio, ad un giro di 20 cm. al vivo di volata. Tra i moltissimi acciai sperimentati per la fabbricazione delle canne, fu scelto l'acciaio compresso della ditta Poldi Hiitte di Kladno (Praga) che diecfe prova
di massima resistenza anche all'azione corrosiva dei gas. Una parte d1 qÙeste prove venne effettuata con otturatori Vetterli che vennero scartati dalla Commissione. In seguito si decise di far bandire un concorso per la realizzazione di un nuovo otturatore con termine di presentazione il 31 dicembre 1891. Oltre ai vari concorrenti dai nomi già famosi come Mauser, Mannlicher, Bertoldo, Vitali, concorsero anche le quattro fabbriche dello Stato: Torino, Brescia, Torre Annunziata e Terni. La presenza di un così vasto e qualificato lotto di concorrenti favorì il susseguirsi di esperimenti .con continui apporti di migliorie ed innovazioni. Curioso fu in questo contesto, il tentativo di mantenere segreta la rigatura a passo progressivo fornendo ai due costruttori stranieri canne con rigatura a passo costante. A prove ultimate, la Commissione scelse _il modello presentato dalla Fabbrica di Torino con il sistema di alimentazione Mannlicher, usato nel "Gewehrprilfungskommission"<2> tedesco (fig. 2). Il nuovo otturatore venne realizzato dal capotecnico principale della fabbrica: Salvatore Carcano. Carcano mantenne il principio del congegno di sicucezza del vecchio otturatore ad ago e, ispirandosi al Mauser tedesco, dotò il cilindro di due alette di ritegno frontali e predispose che l'armamento del percussore avvenisse nell' alzare il manubrio. (2) Cfr. nota (1).
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fig. I - Fucile "Mannlicher'· mdo. l 895 ca/. 8 x 50 d'ordinan:::a 11el/'eserciro ausrro-ungarico. Ha l 'ouuratore cilindrico a movimenlo solo scorrel'Ole che permetre il caricarnenro con due soli movimenti invece di quattro. Ruora soltanro la testa che è munila di alene di bloccaggio ed è ricavara dal prolungamento del cilindro interno dell'o!IUratore. il quale viene a:::ionato dal movimento di apertura e di chiusura. Molte di queste armi (fucili e moschetti) di preda bellica vennero distribuiti alle rruppe coloniali italiane. (M.N C.S.A. - RM)
fig. 2 - Particolare del "Gewehrpri/fungskommission" mod. 1888 con sistema di alimenta:::ione a paccherro-caricmore "Mannilicher .. _{Si n.oti I 'otruratore "Mauser'' con a/elle di ritegno in lesta). (M. N C.S.A. - RM)
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L'ARMMIENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
Ciò è dimostrato dal fatto che anche il fucile giapponese tipo "I", di cui vennero costruiti in Italia circa 60.000 esemplari tra il 1938-39, utilizzava l'otturatore di Carcano, cioè quello del fucile 91.
' I-
fig . l a - JJacd1e110-caricawre con canucu! per
fi g. la - Pacchetto-carica/Ore con cartucce per
fucile "Mannlicheì-". (Colf. Zannol -
il ' 'Geweh,prufungskommission " .
Treviso)
(Colf. Zannol - Treviso)
È il caso di citare che durante la 2a Guerra Mondiale diversi moschetti 91/38 T.S. furono camerati per la potente cartuccia cal. 7,92x57 del fucile Mauser. Dette armi si distinguono oltre che per alcuni accorgimenti tecnici e per il calibro stampigliato sulla tacca di mira, per avere anche impressa.sulla culatta-otturatore una grande S (fig. 3) (3l. · Si presume che la S stia ad indicare l'iniziale di "Spitzer" (appuntito) ossia il tipo di cartuccia adottato nel .,1905 per il fucile Mauser mod. 1898 avente una pallottola acuminata.
(3) Si differenzia dalle altre armi mod. 91 per la presenza dei due rinforzi sistemati nella cassa e per la grande "S" impressa sulla culatta-otturatore. Sulla culatta è stato praticato anche un invito per :Jermettere l'inserimento del pacchetto-caricatore con le cartucce 7,92x57; il calibro è stampigliato sulla tacca di mira. La trasformazione di queste armi fu dovuta all'evolversi della guerra che portò il Regno d'Italia in balia dei capovolgimenti politico-militari in seguito all'8 setteml:re 1943. Da tale situazione nel nord della Penisola nacque la Repubblica Sociale Italiana che continuò la guerra a fianco del vecchio alleato germanico. I molteplici problemi logistici del Governo di Salò sotto l'egida del Terzo Reich, costrinsero ad un:formare i calibri per certi reparti, quali le " Waffen SS", dove erano inquadrati anche militari italiani. Fu così che alcuni lotti di moschetti 91/38 vennero ricalibrati per la cartuccia 7,92x57 "Spitzer'' . Dopo la guerra queste armi vennero riutilizzate in vari Paesi per integrare l'armamento di nuovi eserciti dove era stata adottata la cartuccia "8 Mauser".
IL '91 E LE A RMI AUTOMATICHE
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Pacche110-caricaw re con cartucce ca/. 7, 92 mm. per mosche/lo T.S. e visw dello stesso a confro1110 di quello per carwcce ca/. 6,5 mm. da cui deriva. fig.3 ter - I pacchetti-caricatori in acciaio brunito hanno una "S" runica nel foro rettangolare. (Coli. Zannol - Treviso) fig. 3b
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L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E .l. DAL 1861 AL 1943
Non fu questa però la prima volta che il 91 venne ricamerato per una cartuccia straniera. Durante la Grande Guerra, infatti, gli Austriaci allungarono la camera di cartuccia a diversi 91, catturati agli Italiani, per permettere anche l'impiego della cartuccia greca mod. 1903 cal. 6,5x54 mm .. Questi fucili sono riconoscibili dall'iscrizione "It.u.Gr." impressa sulla sfaccettatura della canna o sul calcio. Si può pertanto affermare che il capolavoro del vecchio inventore fu veramente encomiabile. L'applicazione poi del sistema di alimentazione con pacchetto caricatore Mannlicber fu la migliore soluzione dell'epoca, poiché rappresentava quanto di meglio era stato realizzato sia nel campo tecnico sia, soprattutto, nel campo economico. Il caricatore, costituito da una lamiera di ottone piegata in tre parti per trattenere le cartucce, era dotato di due grandi fori rettangolari di alleggerimento, uno per lato, ed aveva sul dorso un dente di arresto per agganciarsi nel serbatoio del fucile. Dopo aver tentato di costruirne uno simile presso la fabbrica di Torino, venne deciso di acquistarne il brevetto dall'inventore austriaco perché meno costoso. Con il nuovo sistema di alimentazione fu eliminato l'arresto della ripetizione che permetteva anche il caricamento successivo come nel mod. 70/ 87. Questa decisione, oltre ad eliminare il problema logistico rappresentato da cartucce sciolte ed in caricatori, venne presa probabilmente perché anche le altre due Potenze della Triplice, la Germania e l'Austria-Ungheria, avevano adottato l'alimentazione solo simultanea. L'unico inconveniente di questo sistema, che all'epoca fu avvertito minimamente, era rappresentato dal fatto che le armi dovevano essere caricate mediante pacchetto o a colpo singolo a differenza dei fucili Mauser mod. 1898, ad alimentazione a piastrina, che permettevano il riempimento dei loro serbatoi anche con cartucce sfuse oppure tolte dai nastri di mitragliatrice. Tuttavia il sistema era ancora valido diversi anni dopo, tanto che venne ripreso da Garand, negli anni '30, per progettare il fucile semi-automatico dell'esercito degli Stati Uniti in uso, ancora ai nostri giorni, in diversi eserciti del mondo, tra cui quello italiano. Il nuovo fucile da fanteria, fornito anche di corto copricanna e "sciabola-baionetta" con fermo ricavato sul bocchino, venne adottato il 29 marzo del 1892 con la denominazione di "mod. 1891". I primi reparti a cui venne dato in distribuzione furono quelli alpini. L'arma venne, giustamente, anche chiamata "Mannlicher-Carcano" e meno comunemen- · te "Mauser-Parravicino". Sui manuali militari venne definita "Arma portatile da fuoco, a ripetizione ordinaria per il tiro teso alle brevi distanze contro bersagli animati, verticali e allo scoperto". Per la cavalleria ed i carabinieri venne realizzato un moschetto senza copricanna e con baionetta a lama pieghevole a sezione triangolare avente due lati sgusciati, fissata sott9 la canna
IL '91 E LE ARMI AUTOMATICHE
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all'altezza del mirino che, quando non serviva, veniva ribaltata all'indietro alloggiando la punta nella cassa. Per i Carabinieri Guardie del Re fu realizzato un moschetto con bocchino e baionetta simile al Vetterli da RR.CC., ma con alcune parti dorate. Il 6 giugno del 1900 venne adottato anche un moschetto per le truppe speciali di lunghezza uguale a quello per la cavalleria, ma con copricanna ed una baionetta simile a quella del fucile, però con un innesto disposto trasversalmente. Dopo alcune modifiche tra cui la sostituzione del copricanna del fucile (1906) che si sfilava facilmente e migliorie alla testa dell'otturatore e dell'estrattore, nel 1913 venne definitivamente sostituito l'estrattore che ora non oltrepassava piÚ l'aletta dell'otturatore, bensÏ le passava di lato con conseguente modifica dell'otturatore stesso. Nel 1916, con l'ultimo sistema di ritegno della baionetta ribaltabile, venne dotato di copricanna anche il moschetto da cavalleria. Durante la Grande Guerra, alcuni fucili per tiratori scelti furono provvisti di cannocchiale di tipo "Scheibler" applicato sul lato sinistro in maniera da permettere l'inserimento del pacchettocaricatore nel serbatoio (fig. 4).
fig. 4 - Fucile mod. /89/ con cannocchiale. {Coli. Zannol - Treviso)
fig. 4a -
Vista dal lato sinistro.
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L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E. l. DAL 1861 AL 1943
Bomba Benaglia per il lancio col fucile e col moschetto mod. 1891 Tappo a vite per il caricamento del detonatore
Cariea: gr. 60 di polvere ner.:i. Peso comp1C5Si'fo: gr. 660.
Accensione a percussione: il percussore si arma all'auo dello sparo. Lancio: col fucile mod. 1891, portato alla spalla o applicato sopra un cavalletto, caricato con la cartuccia regolameu1are senza pal/011ola, ollurara con uno stoppaccio.
Detonatore
Distanza di lancio: da 4-0 a 90 metri (secondo l'inclinazione data al fucile da 40° a 459 , mai meno di 40").
Raggio d'atiooe: sino a 50 meui (il governale, alh1 scoppio, è violentemente ricacciato indietro sino a 60 meni).
Governale ramato
Noli - La bomba &maglia {)u.ò anche essere lanciati col moscheno mod. l 89 f: la gittata è quasi doppia dì qrut11a data dal fucile. ln conseguenza del forte tormemo durante i! rinculo occorre appoggiare a tet111lka!cio del n10sc.heno.
Avvertenze. /
Non adoperare mai i1 caricatore per /,e C<lrtuccie, ma caricare a mano una cartuccia senza pallottola a/[a volta. Non sparare più di unti decina di colpi di segwto causa il riscaldam erllu della ,::anna dafm:1'1e.
Nell'app/icaziol!e della granata <J.l fucile osservare il perfeuo COI!· tarto dello zoccolo di legno della gra!lata al bocchino della canna del fucile.
Nota dell'impiego delle bombe da fucile.
La bombà da fucile è adoperata per infliggere perdite giomal.iere al nemico. Essa arriva all' improvviso senza rumore e scoppia prima che uno possa scansarla. li suo impiego, fatto razionalmente, demoralizza il nemico, e gli infligge delle perdite molto considerevoli. Bisogna quindi studiare minuziosamente il sistema delle trincee n.emiche che si ha dinanzi, conoscere la posizione degli osservatori, degli appostamenti per mitragliatrici, dei ricoveri, l'incrocio dei camminamenti.
Occorre tenere ìl fucile continuamente diretto su tali punti, sistemandol.o anche su cavalletti, per lanciare immediatamente bombe al minimo accenno di movimento: Quando si tira senza cavalletto, iJ calcio del fucile si appoggia sul suolo, o contro alla spalla; ma in quest'ultimo caso per eliminare il tormento del rinculo è bene interporre un.sacchetto da terra. n tiro con le hllmbe da fucile vìe;1e rnntinuato sui punti individuati, sia di giorno. che di notte. ' Malgrado l'lnvìsìbilità qua'si completa del nemico, la sua miiùma densità, il suo appianarsi nei ricoveri, sarà possibile cagionargh perdite sensibili facendo piovere bombe da fucile senza una regola dì tempo fasa, ma saltuatllilllénte, sui luoghi e punti giudiziosamente scelti in precedenza. Una tale continua minaccia rende al nemico est.remamen!B penosa In circolazione ed il soggiorno nelle trincee. Quando si avverte movimento in una trincea o in un camminamento nemico è opportuno di tirare co:n più fucili opportunamente distan2iati, per impedìre al nemico dì potersi spostare e portare al riparo. In tal moto sì rende anche malagevole al nemico di individuare gli appostamenti dei fucili che tirano con bombe sopra le sue posizioni.
fig. 5 - Bomba Benaglia {prirno lipo). (Da " Bombe a mano e da fucile" del Comando Supremo delle R . t :sercito Italiano Roma 1916)
IL '9 1 E LE ARMI AUTOMATICHE
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I
Furono introdotti mirini per tiri da fucileria contraerea e dei dispositivi per mire luminose da applicare ai fucili ed anche alle mitragliatrici. Questi dispositivi, che si sovrapponevano al mirino ed alla tacca del ritto, erano in lamiera d'acciaio stampata e sagomata e venivano spalmati con pasta fosforescente . Fu allestita una particolare bomba detta "Benaglia", con un involucro di ghisa a frattura prestabilita e munita di governale ramato da inserire nella canna del fucile o del moschetto (fig. 5). Nei lotti successivi la bomba Benaglia fu munita anche di tre alette di impennaggio (fig. 6). Per il lancio veniva impiegata una cartuccia senza pallottola e, con un'inclinazione dell'arma a circa 45 gradi, la bomba veniva scagliata a circa sessanta metri di distanza. Il fucile ed il moschetto TS impiegavano anche un tubo di lancio per la bomba "Bertene". Il tubo, lungo 20 cm., veniva innestato sulla canna e, con un'inclinazione dell'arma a 45 gradi, poteva lanciare bombe fino circa duecentocinquanta metri (fig. 7). Per il lancio della bomba Bertene veniva impiegata la normale cartuccia ordinaria perchĂŠ era proprio la forza d'urto della pallottola, oltre a quella dei gas, ad imprimere la massima spinta alla bomba. Nel 1920 fu introdotta la baionetta da fuc ile anche per il moschetto da TS fino a che, esaurite le scorte di baionette da TS, nel 1923 vennero modificati gli attacchi dei bocchini delle vecchie armi. Dopo aver introdotto la baionetta da fucile per i moschetti da TS distribuiti all'artiglieria, nel 1921 vennero adottati anche gli attacchi laterali per la cinghia per permettere di portarli a "tracoll'arm" durante il servizio ai pezzi. Nel 1930 il doppio attacco della cinghia venne esteso anche agli altri moschetti. Nel 1925 venne adottato il moschetto 91/24 ricavato dall'accorciamento del fucile da fanteria, che si differenziava dal moschetto da TS soprattutto per il lungo alzo modificato. Nel 1928 fu adottato un particolare tromboncino lancia bombe applicabile sul lato destro del moschetto da TS. Di questo tromboncino era stata prevista la distribuzione a cinque uomini per ogni squadra fucilieri. Durante il Ventennio fascista ritornarono in discussione gli inconvenienti del piccolo calibro e cosĂŹ dopo vari studi fu allestita una cartuccia cal. 7 ,35 mm .. Con questa cartuccia fu possibile abbandonare la rigatura progressiva e, constatato che fin dalle origini l'alzo graduabile non era molto usato dalla truppa, si decise di sostituirlo con una tacca di mira fissa a 300 metri. La nuova cartuccia era molto stabile, aveva una buona radenza e, date le sue caratteristiche, permetteva una facile trasformazione del calibro delle vecchie armi. Le nuove armi, in calibro 7,35 mm. e denominate 91/38 si differenziavano dalle precedenti per l'assenza del ritto dell'alzo. Il fucile era piĂš corto del modello originario e presentava uno
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L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
BOMBA BENAGLIA
/
o
fig. 6 - Bomba Benaglia (secondo tipo). (Da "Programma per l'isiruzione sull'impiego dei mezzi sussidiari di offesa e di d!fe-
sa " del Comando della 5° Armata - S.M. Ufficio I.P. - 23 febbraio 1918)
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IL '91 E LE AR!vll AUTOMATICHE
BOMBA BEATONE Per il lancio col fucile e col moschetto Mod. 91
Tappo a vite
TUBO DI LANCIO TUBO DI LANCIO APPLICATO SUL FUCILE
CapsuleHa d'accensione
... '
Stelo oantrale d i ferro dolce
Carica di sco pio
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Involucro di ghisa
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Foro centrale
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Vista dall'alto
fig . 7 - Bomba Benone. (Da "P,vgramma per l'isiru::.ione sull'impiego dei me::.zi sussidiari di offesa e di difesa" del Commi do della 5° Armata - S.M Ufficio I.P. - 23 febbraio 19J8)
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L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELl 'E. I. DAL 1861 AL 1943
fig. 8 - Panico/are del fucile 1110d. 38 con pugnale-baionetta inas1ma e lama in posizione di "riposo". (Co/I. privata)
Il fucile è il modello originari.o con il primo .tipo di bocchino senza le due particolari a/elle di rinforzo. Anche la haionetta è della prima l'ersione con il 1·0111andn di svincolo a leva, an:::iché a pulsante.
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- · _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _____J
fig. 9 - Fucile mod. 41 con alzo eccen1rico. (Cine111a1eca S./v!.R .I:.:. UJI Add.)
speciale bocchino con attacco per baionetta a pugnale a lama pieghevole la cui punta, in posizione chiusa, si alloggiava in un apposito incavo della cassa (fig. 8). Quest'ultimo, inoltre, presentava due sgusci laterali per facilitarne la presa. Ùna partita di questi fucili venne inviata alla Finlandia durante la guerra contro ìa Russia. Purtroppo l'avvicinarsi del secondo conflitto mondiale costrinse lo Stato Maggiore, per non creare ulteriori problemi logistici, a far costruire le armi rnod. 38 in calibro 6,5 mm .. Tra fucili e moschetti cal. 7 ,35 ne furono costruiti solo centomila e vennero in parte ritirati alle truppe operative e distribuiti alla Gioventù Italiana del Littorio sempre per semplificare i rifornimenti ai reparti operativi già oberati da diversi tipi di cartucce non intercambiabili.
IL '91 E LE ARMI AUTOl\·1ATICHE
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Bisogna ricordare, infatti, che oltre alle cartucce cal. 6,5 per armi mod. 91 e per fucili mitragliatori Breda mod. 1930, c'erano anche le cal. 8 per mitragliatrici Fiat mod. 1935 e Breda mod. 1937, le cal. 9 corto per pistole Beretta mod. 1934, le cal. 9 Glisenti per pistole mod. 1910, Brixia e Beretta 1915 e mod. 1923, le cal. 9 lungo per i mitra Beretta, le cal. 10,35 per le rivoltelle mocl. 1889, le cal. 10,35 per armi Vetterli ed in più le cartucce per le armi di preda bellica come le tal .. 8 austriache per i fucili Mannlicher e mitragliatrici Schwarzlose ancora in distribuzione ~Ile truppe coloniali, le cal. 8 francesi per mitragliatrici Hotchkiss e le cal. 7 ,5 sempre francesi per i fucili mitragliatori Chatellerault. Di contro, gli alleati germanici avevano solo il 9 Parabellum per pistole automatiche e pistole mitragliatrici, ed il 7, 92 per fucili e mitragliatrici. Comunque, a prescindere dal fatto che l'Esercito Italiano di quei tempi avesse parecchi modelli tra fucili e moschetti, si decise di adottare nel 1941, in piena guerra, un nuovo fucile denominato mod. 91/41 in ca!. 6,5, ma con rigatura a passo costante. Fu l'ultimo della numerosa ed antica famiglia dei 91 e venne dotato anche di alzo eccentrico che rimase però allo stato di prototipo (fig. 9). Nel 1943 i fucili 91 e 41 furono dotati anche di un tromboncino per il lancio di bombe controcarro (fig. 10). Il 91, è bene ricordarlo, iniziò la sua storia con la repressione dei disordini scoppiati a Milano nel 1898 (ad Adua nel '96, si disse che fosse stato sostituito con il Vetterli 70/87). Seguì poi con il Corpo Italiano di spedizione in Cina (4l, ma il battesimo del fuoco vero e proprio lo ebbe con la Guerra di Libia (5J nel 1911-12.
Fu quindi presente in tutte le guerre e campagne militari del Regno e dell'Impero, per poi armare ancora parte dell'Esercito Italiano del dopoguerra unitamente alle armi dei Vincitori. Il 9 I venne distribuito anche ai reparti di alcune Nazioni che furono occupate dall'Italia, come l'Etiopia e la Grecia. Infine, piccole aliquote di 91/38 con tromboncino per il lancio delle bombe lacrimogene, vennero impiegate fino ad alcuni anni fa dai reparti delle Forze di Polizia in servizio di ordine pubblico. Il rinculo dell'arma da fuoco, durante lo sparo, era stato sempre considerato un fattore negativo soprattutto per la precisione del tiro. Con l'esplosione della carica da lancio, infatti-, si sviluppano due violente spinte che provocano il lancio del proiettile in avanti ed una contemporanea sollecitazione all'indietro dell'arma.
(4) Il Corpo Italiano di spedizione in Cina fu inviato, di concerto con le altre Potenze, a Pechino nel luglio del 1900 a seguito dei disordini provocati dalla setta xenofoba Boxer e dall'assedio, da parte di quest'ultimi, al Quartiere delle Legazioni che ospitava le varie Ambasciate. Cfr. SME-Ufficio Storico: CINA 1900. (5) Cfr. SME-Ufficio Storico: La Campagna di Libia.
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L' ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'EL DAL 1861 AL 194.,
fig. IO - Tromboncino per il lancio di bombe da fucile controcarro mod. 43. Da applicarsi al fucile mod. 9 I e 4 J per eseguire il tiro comrocarro (peso g1: 850).
fig. IOa - Apparecchio di puntamenro per fucile muniro di rromboncino mod. 43 (peso g ,: 365 - le gradua;ion i .fino a 250 1111. si riferiscono alla bomba con/ro bersagli a11i1J1ari che all'epoca non era ancora in allestimenro be;ichĂŠ il congegno fosse giĂ swio ado11a10).
fig. !Ob - Bomba da fucile con1rocarro mod. 43 con carica di lancio (peso g,: 440 - 'dis1an:::.a ulite di lan.cio 100 ,m. circa pe1forava una piasrra di acciaio da 60 mm. - cartuccia con g,: 1. 7 di polvere - era previsw la distribu:::.i one alle squadre fuciliere). (Cinemateca S.M.R.E. Uff. Ade/.).
IL '91 E LE ARMI AUTOMATICHE
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Con gli studi sulle armi a ripetizione, questo fenomeno venne preso in considerazione per poter risolvere "automaticamente" le operazioni manuali di espulsione dei bossoli, di caricamento delle cartucce ed anche di sparo. L'americano Hiram Maxim fu il primo a sfruttare la forza del rinculo e realizzò nel 1883, seppur rozzamente, un fucile semiautomatico. Elaborò una carabina Winchester con una serie di leve, con molle collegate dalla leva d'armamento ad un doppio calciolo. Allo stesso Maxim si attribuisce l'idea del principio della sottrazione dei gas di sparo, rè~lizzata più tardi da Browning. Mannlicher, nel 1885, brevettò un fucile a corto rinculo di canna che poteva sparare anche a raffica. In seguito vari progetti sullo sviluppo di queste nuove armi , anche se molti erano puramente fantasiosi, vennero realizzati da diversi inventori, che tentarono continuamente di proporli alle Commissioni Militari per l'accettazione. Anche in Italia gli studi furono condotti con un certo interesse ed il primo a presentare dei progetti fu il Col. Gaspare Freddi già dal 1886. Il problema non era semplice da risolvere poiché la grande diffièoltà era rappresentata dallo studiare il sistema di ritardare l'apertura dell'otturatore fino al momento in cui il proiettile fosse uscito dalla canna. Una cosa importante, poi, per garantire la continuità dell'automatismo era la realizzazione di cartucce opportunamente studiate e prodotte per evitare possibili inceppamenti. La polvere senza fumo, dal canto suo, grazie alle caratteristiche chimiche che garantivano pressioni più costanti della vecchia polvere nera, oltre a non lasciare residui combusti, favorì ottimamente lo sviluppo delle armi automatiche. · Tale sviluppo avvenne nonostante che uno scatto a vuoto, interrompendo il funzionamento del meccanismo, obbligasse il tiratore ad intervenire manualmente per permettere il caricamento del colpo successivo. · Purtuttavia le autorità militari dell'epoca furono molto restie ad adottare armi automatiche individuali anche perché l'interesse suscitato da queste meccaniche era diretto soprattutto alle armi di reparto, le mitragliatrici, per cui venivano presi in esame solo progetti inerenti a queste ultime. Solamente le pistole ebbero una certa attenzione, anche perché dirette all' armamento di buona parte degli ufficiali. In Italia, già dal I 906, era stata adottata una pistola automatica a corto rinculo di canna di cal. 7 ,65 mm. Glisenti, simile al 7 ,65 Parabellum ma sottocaricato, costruita dalla Società Siderurgica Glisenti. Il progetto fu realizzato da Abiel Bethel Revelli che lo cedette alla ditta bresciana che iniziò a produrre l'arma verso la fine del 1907.
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L'ARMAM ENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
Il calibro usato venne ritenuto insufficiente per l'uso militare e così la pistola fu modificata per sparare cartucce cal. 9 mm. Parabellum. La struttura meccanica però si rivelò debole per la potente cartuccia tedesca, per cui la carica di polvere venne ridotta di circa il 25 % . La cartuccia così modificata, fu denominata "9 mm. Glisenti". La nuova arma, costruita dalla Meccanica Bresciana Tempini che aveva rilevato la Siderurgica Glisenti, venne adottata come "modello 1910". La pistola era molto ben rifinita e montava guancette in ebanite nera zigrinata, recanti al centro l'aquila sabauda. Dal 1912 le guancette in ebanite, piuttosto fragili, furono sostituite con altre in legno di noce, sempre con zigrinatura, ma senza stemma. La meccanica, alquanto particolare, ha dato origine a problemi per la sua classificazione; poiché l'otturatore arretra nella prima fase del rinculo vincolato alla culatta, taluni definiscono questa pistola "a chiusura geometrica". Nel rinculo, però, l'otturatore arretra più velocemente della culatta, per questo altri classificano il mod. 1910 come "a chiusura labile con apertura ritardata". Una versione semplificata e più robusta, denominata Brixia (nome latino di Brescia), fu progettata per ab,bassare i costi di produzione. La necessità di produrre armi semplici e robuste a basso costo era ed è sempre d'attualità, ma aumenta maggiormente in tempi di guerra. La pistola automatica mod. 1910 non rispondeva certo a questi requisiti, soprattutto con 1'avvicinarsi della Grande Guerra. La precaria situazione venne sfruttata dalla fabbrica d'armi più vecchia al mondo, la Beretta, che avvalendosi del progettista Tullio Marengoni mise a punto una pistola automatica con chiusura a massa (labile), a cane interno, in cal. 9 mm. Glisenti. L 'arma venne adottata con la denominazione di "pistola automatica Beretta" e la ditta la precisò come "brevetto 1915". Fu la capostipite delle pistole automatiche Beretta, d'ordinanza dell'Esercito Italiano, poiché con l'apporto di alcune migliorie diede origine a diversi modelli fino a giungere al noto mod. 34. Tra il 1940 ed il '41 furono prodotte dalla F.N.A. (Fabbrica Nazionale d'Armi di Brescia) · alcune migliaia di esemplari della "pistola militare con fodero-calcio" cal. 9 mm. lungo. Questa pistola ideata da Giulio Sosso, non ebbe fortuna nonostante alcune innovazioni tecniche di un certo) interesse, perché piuttosto complesse e costose (fig. 11). Il celebre Revelli che condusse studi in vari campi delle armi automatiche riportando ottimi risultati , fu il primo a realizzare un'arma a raffica utilizzante cartucce per pistola, 9 mm. Glisenti, che fu impiegata su vasta scala durante la 1a Guerra Mondiale. Quest'arma, di forma insolita, venne denominata "pistola-mitragliatrice Villar-Perosa mod. 1915" (6) (fig. 12). (6) Il nome deriva dalla località piemontese dove era posta la ditta che la costruì ed alla quale Revelli concesse il brevetto. Successivamente prodotta dalla Fiat, fu denominata anche "Fiat mod. 1915".
IL '91 E LE ARMI AUTOMATICH E
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L' ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E .I. DAL 1861 AL 1943
fig . 13 - Pisrola-1ni1raglia1rice mod. 43 ca!. 9 mm. lungo. (Col/. privala)
fig. 14 - Pistola-mitragliatrice mod. 43 ca!. 9 mm. lungo per carri armari. (Col/. privala}
Ciò che rende insolita questa mitragliatrice è la particolare struttura costituita da due armi accoppiate che sparano indipendenti tra di loro raggiungendo una celerità di tiro di circa 1.500 colpi al minuto. Il funzionamento è a chiusura labile ritardata, l'alimentazione avviene tramite due caricatori superiori da 25 colpi ciascuno. Inizialmente la pistola-mitragliatrice fu progettata per essere usata a bordo degli aerei, ma ben presto vennè distribuita anche alle fanterie, montata su bicicletta e, dotata di sostegno scudato, venne usata come arma da posizione. Nonostante tutto si rivelò scomoda nell'impiego, mentre l'elevato volume di fuoco comportava una grande dispersione di colpi per cui verso la fine della guerra venne dismessa dal servizio e presa in esame per essere usata con una canna sola a volume di fuoco più basso. Ne derivò la ''carabinetta automatica O. V.P .'' che venne distribuita in 500 esemplari al Corpo Aeronautico Militare. Alla Beretta dove si costruivano le canne per la "Villar Perosa", l'ingegnere Tullio Marengoni elaborò l'arma conservando canna, scatola di culatta e caricatore originale e dotandola di un nuovo meccanismo di scatto a due grilletti, uno per il tiro a raffica e l'altro per sparare a colpo singolo.
IL '91 E LE ARMI AUTOMATICHE
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L'alimentazione avveniva sempre dall'alto. Ne derivò il moschetto automatico Beretta mod. 1918, antesignano del mod. 1938 che mantenne lo stesso meccanismo di scatto a doppio grilletto. Il nuovo M.A.B. 38 era a chiusura labile e sparava le potenti cartucce cal. 9 mm. Super Fiocchi (denominato 9 lungo per differenziarlo più comodamente dal 9 della pistola mod. 34). L'alimentazione avveniva con il caricatore inserito inferiormente. La versione mod. 38 "A" fu considerata la migliore arma portatile italiana della seconda guerra mondiale, ma purtroppo venne distribuita in lotti molto limitati. Con alcune varianti e munito anche di baionetta (come il M.A.B. 38 della P.A.I. - Polizia dell'Africa Italiana - che fu la prima a riceverlo) questo mitra venne impiegato da altri Eserciti e Forze di Polizia e,_ nella versione alleggerita, rimase in distribuzione all'Esercito Italiano del dopo guerra fino alla totale distribuzione del F.A.L. B.M. 59 C7l. Inoltre, imitando la "Maschinen-Pistole mod. 1940" degli alleati Germanici, nel 1943 fu dotato anche di calcio metallico ripieghevole realizzando in tal· modo un'ottima pistolamitragliatrice per truppe speciali (figg. 13-14). Gli studi iniziati da Freddi per la trasformazione del Vetterli mod. 1870 in "fucile a tiro celere" si conclusero con il fucile automatico tipo 1900. Altri automatici di un certo interesse furono il fucile mod. 91 modificate da Genovesi nel 1905, il "fucile automatico da guerra Ìnod. 1911" di Cei Rigotti, il fucile B~eda mod. PG del 1930, il fucile Scotti mod. X del 1932, il fucile Beretta del 1937, il fucile Armaguerra mod. 1939 e il fucile Pavesi mod . 1942. L'unico semiautomatico però costruito in una certa quantità e preso in considerazione dalle Autorità Militari fu l' Armaguerra mod. 39 prodotto dalla Società Armaguerra di Genova nello stabilimento di Cremona (fig. 15).
fig . 15 - Fucile semiautomatico "Armaguerra" mod. 39 ca!. 6,5 mm. (M.S.F. - RM). Ne era staia prevista la distribuzione a tre tiratori scelti per squadra fucilieri, agli ufficiali e solfufficiali e ai paracadutisti.
Progettato dall'ingegnere Revelli, era un'arma a corto rinculo di canna a limentata con pacchetti caricatorì del fucile mod. 91.
(7) Fucile Automatico Leggero, Beretta mod. 1959; derivato dall'omologo belga della Fabrique Nationale.
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BOMBA S.R.2 CON GOVERNALE (Da impiegarsi esclusivamente col tromboncino M.28 a peduncolo raccorciato)
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L' ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
Il fucile costruito inizialmente in cal. 7 ,35 e poi in cal. 6,5, ha un sistema di armamento piuttosto inconsueto. L'otturatore si apre tirando la cinghia (che serve per il trasporto dell'arma) dalla parte anteriore e si richiude premendo la sporgenza anteriore del ponticello del grilletto. Con lo scoppio della guerra le Autorità Militari non diedero la possibilità di apportare migliorie all'arma a differenza degli alleati Germanici che proprio in tempo di guerra realizzarono le migliori armi automatiche del mondo. (Fallschirmjagergewehr 42 e Sturmgewehr 44).
Le ultime armi bianche
Con l'adozione del fucile 91 la baionetta, ancora denominata sciabola-baionetta, venne ridimensionata nelle proporzioni e nel grado di finitura. La nuova arma bianca fu realizzata con le guancette in legno e con la lama più corta e stretta rispetto ai modelli precedenti. Non aveva certo l'eleganza e la grinta del modello Vetterli però, a differenza della precedente, offriva una miglior maneggevolezza che permetteva di utilizzarla come attrezzo o coltello da trincea, qualità che fu molto apprezzata dai singoli combattenti durante la Grande Guerra. Analogamente anche le altre Potenze, quali l'Austria e la Germania, avevano già abbandonato le belle e lunghe lame per altre più funzionali. In più la Grande Guerra, per gli alti consumi e la necessità di avere notevoli quantitativi di armi, provocò un'ulteriore diminuzione del livello di finitura di queste baionette, tanto che per accelerare ulteriormente i tempi di fabbricazione, molte impugnature vennero ricavate in grezze fusioni di ottone e verniciate in nero per ragioni di mimetismo (figg. 1-2).
fig.
I • Sciabola-baionetta per fucile mod. 91 con impugnatura in 011one in origine verniciata d: nero per ragioni di mimeti-
smo. (Coli. Alberghina - Roma)
IL '91 E LE ARMI AUTOMATICHE
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fig. 2 - Sciu/Ju!a-haione11a per 111oscheu o 91 TS con i111pugna1ura in o/Ione. (C olf. Ca/amandrei - Fir en-;,e)
In maniera analoga vennero realizzate impugnature in ottone fuso sul modello delle 91 (fig. 3) anche per le lame corte del Vetterli mod. 70/87 e 70/87/16. Con la guerra di trincea poi, le lunghe lame del Vetterli furono accorciate e, con gli spezzoni delle punte, si costruirono "Ersatz" (baionetta d'emergenza) per il fucile 91 o rudimentali pugnali per gli "Arditi" (figg. 4-5-6).
L'adozione del nuovo fucile comportò anche la versione per la cavalleria e per le truppe speciali con le relative baionette. Ai moschetti da cavalleria venne applicata una baionetta ribaltabile imperniata in un braca sotto la canna all'altezza del mirino e, quando non serviva, poteva essere piegata alloggiando la punta in una apposita scanalatura ricavata nella cassa. La lama era a sezione triangolare con due lati sgusciati. Per bloccarla in apertura e chiusura vennero utilizzati tre diversi sistemi: a due ritegni sulla lama; a nottolino sulla braca (di transizione); a bottone a molla sulla braca. Il ritegno a bottone, entrato in uso a partire dal 1916, si rivelò il più funzionale. Per i moschetti da TS nel 1900 venne adottata una baionetta identica al modello da fanteria, ma con l'attacco trasversale ed il bottone di ritegno fu alloggiato sopra il pomo anziché di lato. Questo sistema, pur eliminando il benché minimo gioco dell'incastro, non era funzionale e, con il nuovo modello da TS (1920), venne usata la baionetta da fanteria con incastro tradizionale (fig. 7). Dopo un ventennio dalla fine della guerra, la baionetta del 91 si accorciò e diventò il famoso pugnale-baionetta dei fucili mod. 91/38:
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fig. 3
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L'ARlvlAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.1. DAL 1861 AL 1943
La prima versione ebbe un bottone di ritegno a leva e la lama pieghevole, come un coltello a serramanico. Poi venne utilizzato al posto della leva il bottone a molla, sempre con lama ripiegabile, ed infine la baionetta fu costruita con la lama non più ripiegabile. Alcuni esemplari probabilmente di transizione ed assemblati in un secondo tempo, ebbero la lama fissa mantenendo però l' impugnatura del tipo pieghevole. Comunque tutti contribuirono, insieme ai modelli superstiti della Grande Guerra, a formare i famosi "otto milioni" di baionette . . Con il nuovo secolo per la cavalleria vennero adottate una lancia con asta in tubo di acciaio dolce denominata "mod. 1900" ed una sciabola ad impugnatura leggermente anatomica con lama dritta e molto lunga (1000 mm.) che, nel 1909, venne accorciata perché ingombrante e cambiata la disposizione della campanella sul fodero. Nonostante alcune modifiche però, la sciabola mod. J900 variante 1909, non sostituì la mod. 1871 e due anni dopo, al termine della guerra, fu abolita. Nel 1907 ai marescialli di fanteria, genio e servizi fu dato un nuovo modello di sciabola con guardia in acciaio a tre branche (else) denominata "sciabola mod. 1907 per marescialli a piedi".· Per i mare~cialli dei bersaglieri si mantenne sempre il fornimento in ottone. La tattica condotta all'inizio della Grande Guerra obbligò alla brunitura di tutte queste armi per ragioni di mimeti~mo, comprese quelle degli ufficiali ai quali però, ad eccezione di quelli di cavalleria, alla fine del primo anno di guerra venne ritirata la sciabola pur avendo, nel contempo, sperimentato anche una spada da combattimento. Le sciabole da cavalleria ed artiglieria vennero brunite subito prima dell'entrata in guerra. Le parti in ottone, come già detto per le impugnature delle baionette del Vetterli e del 91, furono verniciate di nero. Dopo la guerra venne ripristinata la nichelatura per le sciabole da ufficiali e sottufficiali, ora estesa anche alla lama, e vennero apportate alcune modifiche. Alla sciabola d'artiglieria mod. 1888, abolita alla fine della guerra e ripristinata nel 1922, venne aggiunta la seconda campanella al fodero; la stessa, nichelata, fu data ai marescialli dei RR.CC. a piedi in sostituzione della mod. 1871 brunita con fodero a due campanelle. La variante mod. 1888/22 comportò poi anche una lama più leggera oltre a modifiche di secondaria importanza, come lo spostamento dello spacco per la dragona, ora praticato sulla braca della guardia vicino alla testa della cappetta. Ai marescialli dei RR.CC. a cavallo rimase la sciabola mod. 71 brunita, ma con impugnaturà in ebanite e fodero a due campanelle. I marescialli delle armi a cavallo ricevettero nel 1927 la mod. 71 nichelata con l'impugnatura in ebanite e fodero a due campanelle. Così p~re ai sergenti maggiori nel 1929 venne nichelata la sciabola mod. 71 assumendo la denominazione di mod. 71/29, e nel 1930 fu applicata la seconda campanella al fodero. Si distingueva dalla sciabola per marescialli dall'impugnatura che era rimasta in legno naturale. La truppa delle armi a cavallo e dell'artiglieria, dal 1920, conservò la mod. 71 brunita.
IL '91 E LE ARMI AUTOMATICHE
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Nel 1927 venne data una nuova sciabola ai marescialli per le armi a piedi che durò fino al 1935 e, nel 1929, fu adottato un modello simile anche per i sergenti ed i sergenti maggiori di fanteria in sostituzione della vecchia sciabola derivata dal mod. 1833 . .La guardia della nuova sciabola era in lam1era d'acciaio con un intaglio a goccia spostato a destra, in modo che ne risultavano due branche disuguali. Nel 1932 le sciabole d'ordinanza vennero ridotte a tre: la mod. 71, la mod. 29 e la mod. 71/29. Le sciabole da marescialli si distinsero da quelle degli altri sottufficiali per avere. sempre le impugnature in ebanite, anziché in legno naturale. Per i sottufficiali dei bersaglieri le parti metalliche del fornimento rimasero in ottone. Gli ufficiali dei vari Corpi mantennero i loro modelli di derivazione ottocentesca, che attraverso il ventennio fascista e la 2a Guerra Mondiale sono in parte sopravvissute fino ad oggi.
L'andamento delle fabbriche negli anni di guerra Il lungo periodo di pace di cui aveva goduto il Regno d'Italia, nel contesto europeo dopo la presa di Roma, aveva imposto un ritmo di produzione più lento alle fabbriche d'armi. Anche le sfortunate imprese coloniali della fine del secolo non avevano incrementato di molto la produzione. Con la guerra di Libia (1911-12) il fabbisogno di armi si fece impellente. Il nemico da combattere, fortunatamente, aveva un armamento tutt'altro che omogeneo che andava dai vecchi Martini-Henry cal. '450 ai modernissimi Mauser mod. 1903 cal. 7,65 mm. (7,65x53). Il Vetterli 70/87, ancora in servizio, era di gran lunga inferiore a questi ultimi che, oltretutto, avevano delle prestazioni superiori anche al 91. Quindi per gli Italiani le armi 91 ebbero una importanza vitale ed il loro impiego si può dire che diede ottimi risultati. A costruire fucili e moschetti però erano rimaste solo le fabbriche di Terni e di Brescia dopo la parziale chiusura di Torino e di Torre Annunziata. La guerra Italo-Turca quindi, anche se non ebbe un esito del tutto soddisfacente dal punto di vista strategico-politico, fu provvidenziale se non altro per l'impulso dato alle fabbriche che, in poco tempo, dovettero incrementare la loro produzione di quel tanto da riuscire successivamente a fronteggiare l'enorme richiesta di armi per la Grande Guerra. Già dal gennaio del 1912 all'aprile del 1913 a Temi la produzione mensile era passata da 540 a 2.500 fucili, e a Brescia da 500 a 1.700 moschetti. Inoltre la riparazione delle armi veniva eseguita direttamente dalle Direzioni d'Artiglieria e nelle vecchie fabbriche di Torino e di Torre Annunziata. Nonostante ciò gli impianti furono ancora potenziati e vennero assunti nuovi operai.
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L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
Negli ultimi mesi del 1914 furono fabbricati mensilmente circa 3.000 fucili e 2.000 moschetti. Al 1° gennaio del 1915 il numero dei fucili salì a 6.000 e dei moschetti a 3.000. Nel mese successivo si arrivò a 8.745 fucili e 3.400 moschetti. Al 1° luglio la produzione dei fucili fu di 14.000 esemplari. In totale Terni produsse durante la I a Guerra Mondiale 2.063. 750 fucili e Brescia 534.000 moschetti con oltre 5.000.000 di parti di ricambio. Terni fabbricò anche 1.600.000 baionette oltre all'allestimento delle "Ersatz" ricavate dalle lunghe lame del Vetterli. Buona parte delle baionette venne però fornita da fabbriche private. Furono trasformati in cal. 6,5 mm. anche circa 400.000 Vetterli (70/ 87/16), quasi tutti dalla Beretta, da dare alla Milizia Mobile per non sottrarre il 91 alle truppe di linea. (La Milizia Territoriale aveva il Vetterli 70/87 che alla dichiarazione di guerra venne ridistribuito alle truppe coloniali e all'artiglieria di fortezza in sostituzione del 91). Un grande sforzo fu fatto anche nel rifornire di munizioni tutte queste armi. I laboratori pirotecnici di Capua e di Bologna aumentarono il numero dei macchinari assumendo nuovi operai. Venne adottato inoltre l'orario continuativo di 24 ore su 24 compresi i giorni festivi. Qut:sto fu parzialmente provocato dalle notizie che giungevano dai vari fronti di guerra europei del 1914, dove fu notato un enorme consumo di cartucce, impensabile nelle guerre passate, dovuto in gran parte anche dal largo impiego delle mitragliatrici. Tali notizie però crearono preoccupazioni così grosse che il Gen. Cadorna ordinò, nel dicembre dello stesso anno, di triplicare le dotazioni d'arma dell'esercito di campagna. Infatti da 700 colpi assegnati per ogni fucile e da 600 per ogni moschetto, secondo le direttive del Cadorna, si doveva arrivare a 2.000 per arma. In realtà non si arrivò nemmeno a 900, perché si concentrò il grande sforzo per rifornire le mitragliatrici per le quali erano stati previsti l 00.000 colpi ciascuna. Non indifferente a questa operazione fu anche l'apporto della S.M.I. con le altre fabbriche minori. Alla fine della guerra la produzione giornaliera era di 3.400.000 cartucce e in totale ne vennero costruite 3.616.000.000 per le armi 91. Comunque durante la Grande Guerra le fabbriche d'armi furono all'altezza della situazione, cosa che purtroppo non si verificò durante la Seconda Guerra Mondiale (figg. 1-2-3-4). Ciò probabilmente fu dovuto dalla convivenza al governo di due amministrazioni politiche diverse, cosicché nessuno si assunse la vera responsabilità dell'andamento delle fabbriche, tanto da provocare anche la mancata realizzazione di certi progetti, per l'epoca all'avanguardia, a differenza, come già detto, dell'allora alleato germanico.
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IL '91 E LE ARMI AUTOMATICHE
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L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL' E .i. DAL 1861 AL 1943
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PRODUZIONE DAL 1 APRILE 1940 AL 31 DIC. 1940 DISPONIBILITÀ TOTALE AL 31 DICEM. 1940
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ESISTENZA GlOBAl E PER lE ARMI
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IL '91 E LE ARMI AUTOMATICHE
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PRODUZIONE DAL 1 APRILE 1940 AL 31 DIC. 1940 DISPONIBILITÀ TOTALE AL 31 DICEM. 1940
177.390.760 1.795.016.61 O
ESIS1ENZA GLOBALE PER LE ARMI CONSI0ERA1E NEGLI SPECCHI 2,3, 4
172
L'ARMAMENTO lND!VlD UALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
MITRAG·LIATRICI Fiat 35 - Breda 37 - S.LA. Schwarzlose - S. Etienne
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ESISrENl'.A GL08/\LE PER LE ARMI C0NSI0ERArE NEGLI SPECCHI 2. 3, 4
IL '91 E LE ARM I AUTOMA TICH E
173
Si preferì invece fare affidamento sulla tecnologia di vecchia concezione arrestando la produzione delle armi automatiche calibrate per la cartuccia in 7 ,35 mm. (che balisticamente non avrebbe avuto molto da invidiare alla moderna 7 ,62 mm. NATO), con le quali le Fanterie del ·Regio Esercito avrebbero potuto contrapporsi più decorosamente alle Truppe Alleate. Come si può notare dai dati riportati da uno specchio del Ministero della Guerra, la situazione armi e munizioni e soprattutto la loro produzione per completare il fabbisogno lascia una certa perplessità.
Le cartucce moderne
La cartuccia del nuovo fucile d'ordinanza, in seguito utilizzata anche per le mitragliatrici Fiat e Maxim, fu progettata da Luigi Scotti, capotecnico collaudatore al Pirotecnico di Bologna dal 1883 al 1895. La "cartuccia a pallottola M. 91 per armi M. 91 ", come veniva denominata, aveva una pallottola di piombo trafilato, saldato e compresso, di forma cilindrica sormontata da una parte ogivale ricoperta da un involucro di maillechort (8l. La pallottola era lunga 30,4 mm., aveva un diametro di 6,8 e pesava 10,45 gr .. Inserita nel colletto del bossolo, la pallottola veniva leggermente spalmata a caldo di grasso lubrificante composto da una parte di paraffina, una parte di vasellina ed una parte di cera vergine. Il bossolo aveva la parte inferiore leggermente tronco-conica ed era unita alla parte superiore cilindrica mediante un altro tronco di cono che aveva dato appoggio alla cartuccia in camera di scoppio. In totale era lungo 52 mm .. Nell'interno del colletto cilindrico era ricavato un risalto anulare per evitare che la pallottola potesse penetrare nel bossolo in seguito ad urti. II fondello aveva una scanalat ura anulare che offriva presa per l'estrattore. I .a capsula conteneva una miscela, circa 26 mg., composta da due parti di fulminato di mercurio, una parte di clorato di potassio ed una parte di solfuro di antimonio, isolata da un sottile stratO di vern ice alcoolica di gomma lacca. L'incudinetta era ricavata nel portacapsula del bossolo ed aveva due fori per il passaggio della vampata prodotta dalla detonazione dell' innesco: sistema Berdan. Il bossolo era caricato con 1,95 gr. di balistite in grani del n. I tenuta in sito da un bioccolo di cotone idrofilo.
Sulla fascia del fo ndello erano stampate le ini ziali del capotecnico collaudatore e le iniziali del luogo dove risiedeva la direzione costruttrice e l'anno di fabbricazione . (8) Lega d: rame e nichelio nella proporzione dell'85°/o d el primo e del 15% del secondo, ideata dalla casa aust riaca Roth .
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CarwcciG a pa/10110/a 1110d. 9/ICJ5 11er armi 1110d. 9/ /e 111irmglia1riciJ cn11 pa/10110/a p/accaw r./ maillechnrr: (::!l carr11ccia mod. 9/195 ..1<•:io11ara: corruccia o mirraglia 1110d. CJl/95: 1-1) carwccia a 111i1raglia mod. 9/195. se:iom11a: (5) carruccia a pnllorwla lu111inosa- i11cendiaria per anni mod 91 le 111iTraglimric i J: (6) pal/onnla lu111i11osai11ce11diar ia : ( 7I p(f/lorrolu o rdinaria 11wd. 91195: <81 corruccia o pallo11ol(f 1110d. 91/95 p er anni mod. 91 I e 111irrag /ia1rici) con pal/ouola placcato al 10111/Jac-co e bos.1(1/o di acciaio laccc110: (9 J carruccia do eserci/(/:im,e mod. 9//95: ( 101 carmccia da eserci/(/:ione 1110d. 9/195. se:innma: I 11 > carwccia da safre mod. 91195: (I:!) canuccia da sa/re mod. 91/95. se::.iona,a: ! I:; l car111ccia da /a11cio per bo111ha Benaglia: ( 1-1 I c(frfllcria per Tiro ridono per armi 1110d. 9 I: (I)
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( I :i I pa/10110/a e cappello::.::.o di carr111·ce per 1im ric/0110: I 16 1 carTutcia per Tiro ric/0 110 1110d. 39: 11 7) canuccia p er riro riclorw 1110d. 39. se;io11ma: 118) car111ccia a ptillcl/lolafra11,~ibile mod. 37. TÌ/IO Magis1ri. !Col/. Zw1110/)
17~
IL ¡9 1 E LE ARM I A L'TOMATICHE
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tavola raffigurante: ( I) car{llccia o pallonola mod. 91195: C! car{llcc/a a 111irraglia mod. 9 J/95: ( .3 I carruccio a pallorro/o perfora111e per .fucili mod. 91 e milmgliarrici rusaw in cnâ&#x20AC;˘ia;iu11e1: 141 caricarore per armi 1110d. 91 da .. _,Vori~ie Sinretiche .. del Loborarorio Pim1ecnico di Bo/og110 I 19 )6!.
176
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E. I. DAL 1861 Al 1943
Nel 1895 il bossolo subì delle modifiche che lo resero più resistente e che evitarono sfuggite di gas tra la capsula ed il portacapsula. La nuova cartuccia denominata "M 91/95", aveva sulla faccia del fondello del bossolo un incavo a corona circolare concentrico al portacapsula e recava stampati in rilievo i contrassegni di fabbricazione (fig. I). Dopo il 1895 alla cartuccia, pur subendo varie modifiche, non si cam bi ò più la denom inazione.
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fig. 2 - ( I J C11rI11cci11 a pa/10110/a per /l/S{()fa a1111mw1Irn mori. l<J/0: (}) car111ccw ,, pu/101111/a per pistola a11I011101im 111 0 d. /910. w~ionata . (Coff. /annoi • 'fi·<•1·isoJ
Tal'ula raffigura111s:: (3) Cartuccia a paf/0110/a Jler pistola 111ud. <J/0:
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IL '91 E LE ARMI AUTOMATICHE
177
Tra le modifiche che si susseguirono la prima fu la sostituzione della carica di balistite con una carica di 2,28 gr. di solenite in tubetti. La solenite era costituita dal 63 % di esplosivo di nitrocellulosa, dal 34% di nitroglicerina e dal 3% di idrocarburo. Questo nuovo esplosivo, sperimentato nel 1896 presso il Reale Polverificio del Liri, offriva il vantaggio di una temperatura di esplosione inferiore alla balistite, 2.600° contro 3.000°, garantendo in tal modo una maggiore durata delle canne. Le prime cartucce caricate con solenite furono prodotte a partire dal 1906 dal Pirotecnico di Bologna e dal 1907 dal Pirotecnico di Capua. Si distinguevano da quelle caricate a balistite per la presenza di una croce in rilievo sul fondello del bossolo in aggiunta ai contrassegni di fabbricazione. · Tale croce venne soppressa prima dell'inizio della Grande Guerra. Un'altra modifica fu l'adozione della triplice punzonatura trapezoidale sul colletto del bossolo per trattenere la pallottola affinché non si sfilasse. Sulla pallottola a sua volta venne ricavata un'apposita scanalatura anulare dove faceva presa l'ottone punzonato della bocca del bossolo. La triplice punzonatura durò fino all'inizio della 2 a Guerra Mondiale sostituita poi dalla aggraffatura del colletto del bossolo, che era già stata adottata nel 1932 dalla Società Metallurgica Italiana. Dal 1940 anche il rivestimento del Maillechort della pallottola fu sostituito da una incamiciatura in acciaio placcato al tombacco o al maillechort e, a partire dal 1942, sempre per economizzare, yennero allestiti dei lotti di cartucce con bossolo di acciaio laccato come d'altronde facevano anche i tedeschi. Oltre alle cartucce con pallottola ordinaria, per le armi M 91 furono allestiti diversi tipi di munizionamento: la cartuccia per tiri di esattezza M 91/95 che differiva dalla cartuccia con pallottola ordinaria per la maggior accuratezza nell'allestimento; la cartuccia a mitraglia M 91 e M 91/95 con pallottola a dieci segmenti semicilindrici di piombo; la cartuccia a pallottola frangibile per il tiro fino a 300 mt.; la cartuccia a pallottola frangibile M 37, tipo Magistri per il tiro in poligoni chiusi; la cartuccia per tiro ridotto (adottata nel 1913) per il tiro a 20 mt.; la cartuccia per tiro ridotto M 39 che sostituì la precedente; la cartuccia da salve M 91 e M 91 /95 con pallottola di carta o di legno colorato in rossoarancione; la cartuccia da esercitazione M 91 e M 91/95 con falsa pallottola; la cartuccia per prove forzate simile alla cartuccia con pallottola ordinaria ma con una carica di gr. 2,07 di balistite in grani del nr. 1; la cartuccia di lancio per bombe da fucile (bomba Benaglia);
178
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.1. DAL 1861 AL 1943
la cartuccia a pallottola M 38 per armi mod. 38 (cal. 7,35 x 52) con pallottola in acciaio placcato al maillechort; la cartuccia a pallottola M 38 per armi mod. 38 con pallottola di acciaio placcato al tombacco; la cartuccia a mitraglia per armi mod. 38; la cartuccia da salve per armi mod. 38. In guerra, soprattutto nella Grande Guerra, furono impiegate nelle armi 91 anche cartucce speciali da mitragliatrice come le cartucce a pallottola perforante, le cartucce a pallottola luminosaincendiaria, le cartucce con pallottola esplodente a tempo - la pallottola esplodeva a circa 100-200 mt. dall'arma. Le cartucce venivano caricate in numero di 6 nel serbatoio delle armi M 91 inserite in un pacchetto caricatore del tipo Mannlicher. I primi caricatori per le cartucce delle armi M 91 furono sia in lamiera di ottone che in lamiera di acciaio brunito; con le nuove cartucce del '95, fino alla Grande Guerra, invece furono tutti in ottone. Durante il conflitto vennero costruiti anche caricatori in lamiera di acciaio brunito. Dopo la guerra si costruirono caricatori in acciaio solo per le cartucce per tiro ridotto M 39 Con la 2a Guerra Mondiale si ritornò ai caricatori in acciaio. Le cartucce per armi 91 venivano impacchettate in numero di tre caricatori divisi da linguette di cartone ripiegato. Sul coperchio della scatola era incollata una carta arancione con stampigliata l' iscrizione del laboratorio pirotecnico. La cartuccia cal. 9 mm. Glisenti, denominata ufficialmente "cartuccia a pallottola per pistola automatica M 910" aveva una pallottola di piombo compresso e trafilato rivestita in maillechort lunga mm. 15 e dal peso di gr. 8 (fig. 2). Il bossolo di ottone, leggermente rastremato, lungo mm. 19,1, aveva una scanalatura anulare presso il fondello che offriva presa per l'estrattore ed era caricato con gr. 0,22 di balistite in piastrelle. · . Sulla faccia esterna del fondello erano impressi i contrassegni indicanti la direzione fabbricatrice, l'anno dPfabbricazione del bossolo e le iniziali del capotecnico collaudatore. La capsula conteneva la stessa miscela delle cartucce per il fucile 91. La cartuccia era lunga 29 mm. e pesava 12,5 gr.. Nonostante avesse le dimensioni della 9 mm. Parabellum, o Luger, non era intercambiabile avendo una carica di lancio inferiore alla cartuccia tedesca. Le cartucce venivano impacchettate in scatole di cartone ricoperte da una carta arancioné. Ogni ·scatola conteneva 7 cartucce disposte con le pallottole alternate con i fondelli dei bossoli e sul coperchio era stampata l'iscrizione del laboratorio pirotecnico.
IL ·91 E LE ARMI AL:TOMATJCHE
]79
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fig. 4 - <I ) Carruccia ca/. 9 111111. lungo con pallotrola placcara al 10111/Jacco: (2 ) car111ccia co11 pa//otrola di ucciaio nudo pro-
1er10: (3) carruccia ca/. 9 mm. lungo con pa//orro/a di acciaio placcato al mai/lechort: (4) cartuccio ca/. 9 mm. lungo se::Jo11aro: (5) cartuccia ca/. 9 mm. lungo con bossolo i11 acciaio loccaro. (Coli. Zannol - Trei·iso)
fig.
Cartuccia a pallotrola mod. JR per armi mod. 38 (ca/. 7.35 x 52) con pallotrola di acciaio placcaro al maillechort: (2 ) cartuccia a pu/10110/a con pa/lono/a di acciaio plac:cara al tombacco: (3 I canuccia a mirraglia per anni mod. JR: (4) cartuccia do sall'e per armi mod. 38. (Coli. Zannol - fre1 ·iso)
5 - (I)
180
L'ARMAI\-IENTO INDIVIDUALE DE LL'E .I. DA L 1861 AL 1943
fig. 6 - Carrucce panico/ari per armi '91 co n pal/0110/e rese espansi ve i111piega1e, come racconwno i vecchi cornbauenti, durante la campagna de/l'Imp ero. (Col/. privata)
La "cartuccia a pallottola M 910 per mitragliatrice" era la stessa della pistola automatica alla quale venne aggiunto un disco di feltro sopra la polvere "in modo da sviluppare maggiore precisione e per avere un regolare funzionamento della pistola-mitragliatrice". Le cartucce per pistola-mitragliatrice venivano impacchettate in numero di 25 per scatola. La "cartuccia a pallottola cal. 9 mm. corto" fu adottata dall'Esercito Italiano con la pistola Beretta mod. 1932, (fig. 3) la diretta antesignana del mod. 1934. Ideata da John Browning venne impiegata in pistole tascabili dalla Colt già nel 1908 (.380 ACP) e nel 1912 dalla F.N. Belga (9 mm. Browning Short). Il buon potere d'arresto di questa cartuccia che poteva essere sparata in pistole leggere e a chiusura labile, la rese popolare in diverse nazioni tra cui l'Italia. La cartuccia, che è ancora in uso, è lunga mm. 24, 7 e pesa gr. 9, 7. Ha una pallottola di piombo incamiciato lunga mm. 11, 7 e pesa gr. 6, I. Il bossolo di ottone, lungo mm. 17 ,2 ha una scanalatura anulare presso il fondello che offre presa per l'estrattore ed è caricato con gr. 0,23 di balistite grafitata in piastrelle. Sulla faccia esterna del fondello sono impressi i contrassegni indicanti la direzione fabbricatrice, l'anno di fabbricazione del bossolo e le iniziali del capotecnico collaudatore. Le cartucce sono impacchettate in numero di 7 per scatola. La "cartuccia a pallottola cal. 9 mm. lungo M 38" venne adottata con l'introduzione della nuova serie di moschetti automatici prodotti dalla Beretta a partire dal 1938 (fig. 4). Fu approntata dalla ditta Giulio Fiocchi di Lecco elaborando la 9 mm. Parabellum. L'origine di questa cartuccia che è attualmente la più usata nel mondo per pistole automatiche e pistole-mitragliatrici, risale all'inizio del secolo.
IL '91 E LE A RMI AUTOMATICHE
181
Fu realizzata dalla D. W .M. (Deutsche Waffen Munitionsfabriken) di Berlino per essere impiegata nelle pistole ''Luger'' e, date le eccellenti caratteristiche balistiche, venne successivamente adottata da molti altri eserciti. Per tale motivo è conosciuta come 9 mm. Luger o 9 mm. Parabellum dal noto motto latino "si vis pacem, para bellum", slogan pubblicitario usato dalla casa tedesca per il lancio commerciale delle sue armi. L'M 38 italiana però è leggermente più violenta della 9 mm. Parabellum (gr. 0,40 di balistite grafitata in piastrelle) e sparata in alcune pistole può creare degli inconvenienti. Ha le stesse dimensioni della 9 mm. Glisenti, dalla quale differisce per avere una carica di lancio più potente, per cui non è intercambiabile. Le cartucce vengono impacchettate in numero di 50 per scatola. Le cartucce per il Regio Esercito furono prodotte nei laboratori pirotecnici di Bologna (B) e di Capua (C) e dalla Società Metallurgica Italiana (SMI), dalla Bombrini Parodi-Delfino (BPD), dalla Leon Beaux & C. (LBC) e dalla Giulio Fiocchi di Lecco (GFL). Nel 1936 vennero prodotte cartucce per armi M 91 anche dalla ditta austriaca Hirtenberger che si riconoscono per il fondello piano con impressi una stella a cinque punte e l'anno di fabbricazione (figg. 5-6). Le polveri furono fabbricate dal Polverificio Militare del Liri e dal Dinamitificio Nobel in Avigliana.
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TAVOLE DEL CAPITOLO III
TAVOLA
I
FUCILE DA FANTERIA MOD. 1891 Il fucile 91 fu adottato ufficialmente ~l 29/3/ 1892 e venne dato in dotazione anche ai reparti ciclisti. La canna in acciaio fuso è internamente solcata da quattro righe destrorse a passo progressivo di mm. 580 in culatta e mm. 200 alla volata. Esternament e la canna è tronco-conica, con la culatta sfaccettata avvitata alla culatta mobile e reca il mirino e l'alzo graduato in ettometri (con il ritto rovesciato sulla canna la tacca è esatta per la distanza di 300 metri; a ritto appoggiato sullo zoccolo è esatta per la distanza di 450 metri). Il ritto dell'alzo viene azionato come nel fucile mod. 1870. La culatta mobile è in ferro fucinato, temprato a pacchetto. La chiusura della culatta è assicurata da un otturatore in acciaio di forma cilindrica, girevole e scorrevole, con alette di ritegno in testa e con incorporati il percussore e l'estrattore. Il congegno di ripetizione ha la scatola-serbatoio sporgente dalla cassa con una apertura ricavata sul fondello per la caduta del caricatore vuoto. Il fermo per la sciabola-baionetta è ricavato sul bocchino sotto il canale per la bacchetta nettatoia. La cassa è in legno di noce; (successivamente le casse vennero costruite prevalentemente in legno di faggio o di frassino).
-
calibro . lunghezza della canna lunghezza dell'arma senza baionetta. peso dell'arma senza baionetta. alzo a ritto graduato fino alla distanza di . f'ornima1ti: in ferro (o acciaio dolce).
mm. mm. mm. gr. mt.
6,5. 780. 1.285. 3.950. 2.000.
1. Vista dell'arma dal lato destro. (Si tratta di una delle prime versioni di 91 prodo11i in serie ancora con coprican-
na che non oltrepassa la /ascella con maglietta, ma con mirino ed alzo munii i di fasce/la. li mirino con zoccolo fissato diretwrnente alla volata della canna, ossia senza fasce/la, è 1ipico delle armi fabbricate a Torino nei primi anni anni di produzione}. (M.A. - TO)
2. Vista de/fucile 91 con copricanna adottato nel 1906. (Il vecchio copricanna è munito di una linguella di ritegno metallica che si inserisce sollo la fasce! ta). (M.A. - TO)
186
L' ARMAMENTO INDIVIDU ALE DELL'E.J. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA II
MOSCHETTO DA CAVALLERIA MOD . 1891 L'adozione di questo moschetto in sostituzione del "Vetterli" da cavalleria, avvenne con atto nr. 116 del 15/7/1893 e venne dato anche ai RR.CC .. L'arma ha le stesse caratteristiche tecniche del fucile mod. 91, ma monta una ''mezza cassa'' e inasta una baionetta ribaltabile fissata alla canna con una braca a ghiera. L'otturatore, a differenza del fucile, ha il manubrio ripiegato in basso. Come nel moschetto " Vetterli" ha la bacchetta (in due elementi avvitabili) alloggiata nel calcio. Per il porto a cavallo era previsto un portamoschetto in cuoio naturale fissato alla destra della sella. calibro lunghezza della canna. lunghezza dell'arma con baionetta ripiegata.
mm. mm. mm.
peso dell'arma.
gr.
919. 3.160.
-
alzo a ritto graduato fino alla distanza di.
-
lunghezza della baionetta. fornimenti: in ferro (o acciaio dolce).
mt. mm.
1.500. 370.
1. Vista dell'arma (sezionata) dal law destro. (i\1.A. - TO)
2. Particolare del! 'arma sezionata.
6,5. 451.
TAVOLE DEL CAPITO LO lii
187
Segue T.._,.OLA l i
3. Vista del moschet10 da cai·alleria con baic>neua di transi:,ione a "11orroli110 ·· in uso p rima del 1916. ( M. S.F - RM )
4. Vista del mos,:h e110 da ca1 1a lleria con baionena a bo11one ( 19 I 6 ). (Coli. privaw)
5. \lisw del 1110.1cherro da cm·alleria mod. 91/38. ( M.S.F - RM ! Si differen:ia dai modefli precedenri per m ·ere la ,acca di mira fissa esalta per la distan:a di 200 metri e per ai·ere I 'i11grossamemo defla parie 1ermùzale della canna di forma tronco-conica. 11011 più ~faccerrata. Inoltre 1·ie11e idenrific:mo rapidame111e dal modello in ca/. 7.35 mm. p er Ol'ere il calibro inciso sulla hase della tacca di mira. A dif.feren:a però del modello in ca/. 7.35 mm. ha la canna con rigatura progressil'CI a passo ini:iale di 111111. 390 e passo alla 1•ola1a di 111m. 195. propria delle 1•ecchie armi 91.
188
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DE LL'E.I. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
III
MOSCHETTO PER CARABINIERI-GUARDIE DEL RE MOD. 1891 (M.A. - TO)
Deriva dal moschetto 91, ma conserva alcune caratteristiche del vecchio mod. 70 per Carabinieri-Guardie del Re, come il bocchino e la baionetta. Il manubrio, il nasello del tubetto, la scatola-serbatoio, lo zoccolo ed il bottone dell'alzo , il bocchino con maglietta e la maglietta inferiore sono dorati . La cassa arriva fino al manicotto della baionetta.
lunghezza della canna. lunghezza dell'arma senza baionetta. peso dell'arma . alzo a ritto graduato fino alla distanza di.
mm. mm. mm. gr. mt.
lunghezza della baionetta.
mm.
calibro
-
1. Vista del moschetto dal la10 deslro con baione!fa alloggiata nella cassa sotto alla canna.
o
2. Particolare con baionefla inastata.
6,5. 440. 950. 3.100. 1.500. 382.
189
TAVOLE; DEL CAPITOLO III
TAVOLA IV
MOSCHETTO DA TRUPPE SPECIALI MOD. 1891 L'adozione di quest'arma in sostituzione del moschetto T.S. mod. 70/87 avvenne con atto nr. 6 del 6/1/1900. Il nuovo moschetto ricalca il modello da cavalleria, ma ha la cassa più lunga e con copricanna, ed inasta una "sciabola-baionetta" simile a quella del fucile però con incastro trasversale del cappuccio. La bacchetta nettatoia è alloggiata nella cassa sotto la canna.
mm.
6,5.
lunghezza della canna.
mm.
451.
-
lunghezza·dell'arma senza baioneua.
mm.
919.
-
peso dell'arma.
gr.
3.000.
-
alzo a ritto graduato fino alla distanza di.
mt.
1.500.
-
fornimenfi: in ferro (o acciaio dolce).
-
calibro
-
.
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...
1. Vista delf'arma dal lato destro (M.A. - TO).
2. Particolare del moschello con la "sciabola-baionella " inas1ata.
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a
b
3. Vista in profilo e in pro.!Jperriva delle parti anteriori dei moscherri a seguiro delle modifiche apportare in epoche successive: a ) primo tipo ( 1900) - il copricanna ha la linguetta di ri1egno metallica come nelfi.rcile: b ) secondo ripo o "moscherro mod 91 TS mod/ficoto" ( 1920) - mcmra il bocchino del fucile per inasrare la sressa sciabola-baionena e la.fascetta reca anche /'anacco laterale per la cinghia: c) è la modifica del prinw ripo decrerara nel 1923 per impiegare. se necessario. la sressa sciabola-baionerw de/fucile. Il copricanna è rrauenuto da una linguetta di riregno ricm'ara sul bocchino ( 1916): alla cassa sonn srati aggium i"anche gli anacchi laterali per la cinghia. (Disegni eia: ..A rmam.enro indi,·iduale del/ Esercito piemomese e italiano 18 14-1914 .. _A . Bar1occi - L Salra1ici1 )
4. Vistadelmoschettomod. 91 TS. modificato (l920). (MA . - TO)
19 1
TAVOLE DEL CAPITOLO l ii
Segue T AVOL A
IV
5. \lista del moschetto do truppe speciali mod. 91/38. !Co lf. prii·atai Si differen-::.ia dai 1nodel!i precedenti per a l'ere come il nwscherro 38 da cavalleria la racca di mira fissa esmra per la diswn::,a di mer,·i 200 e per a vere /"ingrossamento della parre 1erminale della canna di forma tronco-conica. non p iù sfaccettata. !110/rre Fiene identificato rapidamente dal modello in ca/. 7.35 mrn. per avere il calibro inciso s ulla base della tacca di rnira. A differen-::.a però del modello in ca!. 7.35 111111. ha la canna con rigatura progressi Fa a passo ini-::.iale di e passo alla volata di mm. 195. propria delle vecchie anni 9./.
111111.
390
192
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
T AVOLA V
MOSCHETTO MOD. 91/24 (M.A. - TO)
Questo moschetto, adottato con circolare nr. 59 del 29/1/1925 per sostituire all'occorrenza il moschetto per truppe speciali, è ricavato dalla trasformazione del fucile mod. 91. Se ne differenzia principalmente dal moschetto TS per il lungo alzo ridotto a 15 ettometri.
l. Vista dell'arma dal lato des1ro.
2. l'arricolare del/'a/~o 111rHl !f1ca10 .
3. Particolare del 111oschet10 con la sciabo!a-baioneua i11as1a1a.
TAVOLE DEL CAPITOLO lii
193
Segue TAVOLA V
MOSCHETTO DA TRUPPE SPECIALI MOD. 91 CON TROMBONCINO MOD. 28 (M .A. - TO)
Si tratta di una modifica apportata al moschetto TS per applicarvi il tromboncino lanciabombe mod. 1928.
I. Visra del 111oscheuo con 1ro111boncino.
2. Particolare del tromboncino lanciabombe mod. 28.
Il tromboncino funziona con lo stesso otturatore del moschetto. Inserita la bomba nella canna (ca!. mm. 38,5) si introduce una cartuccia ordinaria nella camera di scoppio del tromboncino e si chiude l'otturatore. Agendo sul grilletto del moschetto sifa partire il colpo. La pallottola della cartuccia non può avanzare perché appoggiata al fondo della camera per cui i gas prodotti dalla deflagrazione allargano il bossolo e sfogano attraverso i quattro fori della camera di scoppio trasmettendo la forza propulsiva alla bomba. All'apertura dell'otturatore si estrae il bossolo e si fa fuo riuscire anche la pallottola. Il sistema però risultò poco pratico per cui venne dichiarato fuori servizio nel 1934.
194
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DE LL' E .I. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
VI
FUCILE MOD. 91/38 IN CAL. 6,5 MM. (M .A. - TO)
È il fucile mod. 38 in ca!. 7,35 mm. ridotto per uniformità di calibro in 6,5 mm .
Ha la stessa meccanica delle armi 9 I, ma mantiene la canna solcata da quattro righe destrorse a passo costante (mm. 215) del modello in ca!. 7,35 mm. (il cui passo è di mm. 240). La tacca di mira fissa è esatta per la distanza di 200 metri. (Nel modello in cal. 7 ,35 mm. la distanza è di 300 metri). Sulla base della tacca di mira è inciso il calibro, particolare molto utile per una rapida identificazione dell'arma. L'ingrossamento della parte terminale della canna è di forma tronco-conica, non più sfaccettata. La cassa ha due scanalature sul fusto che facilitano la presa dell'arma. La bacchetta in tre elementi viene alloggiata nel calcio come nei moschetti da cavalleria. Gli attacchi per la cinghia sono sistemati sul lato sinistro della cassa. L 'attacco per il pugnale-baionetta a lama ribaltabile con l'incavo suI!a cassa è lo stesso del modello in cal. 7,35 mm., ma inasta una baionetta a lama fissa di dimensioni uguali.
l.
-
lunghezza della canna
mm.
536.
-
lunghezza dell'arma peso dell'arma .
mm. gr.
1.020. 3.450.
Visra del fFcile dal
la10
des1ro.
2. Particolare del fucile con il pugnale-baioneua inastato.
195
TAVOLE DEL CAPITOLO lll
TAVOLA
VII
FUCILE MOD. 91/41 (M.S.F. - RM)
Ă&#x2C6; l'ultimo discendente della dinastia dei 91 realizzato in piena guerra mondiale. Differisce dal vecchio fucile 91 per essere piĂš corto, per avere la canna con quattro righe destrorse a passo costante (mm. 215), per montare un alzo da moschetto ma graduato da 200 a 1.000 metri e per mantenere l'ingrossamento della culatta della canna a forma tronco-conica tipica delle armi mod. 38 inoltre ha gli attacchi per la cinghia anche sul lato sinistro. Il fucile mod. 41 inasta la stessa baionetta del mod. 91.
lunghezza dell'arma
mm. mm. mm.
peso dell'arma
gr.
calibro lunghezza della canna -
1.
V IS[{/
dell'arma dal /alo destro.
â&#x20AC;˘
--
~
-
2. Vista dell'arma dal lato sinistro.
6,5. 690. 1.170. 3.720.
196
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
VIII
MECCANICA DELLE ARMI MOD. 1891
l. Vista della meccanica separata dalla cassa.
Per togliere l'otturatore dall'arma nel tirarlo indietro, bisogna premere il grilletto affinché si ritiri anche il piolo che impedisce all'otturatore stesso di sfilarsi nelle normali operazioni di apertura. Il congegno di scatto e di espulsione è composto da un bilanciere che porta posteriormente il dente di sparo ed il grilletto e all'altra estremità l'espulsore con una molla spirale. Il dente di sparo che sporge da una apertura della culatta viene azionato dalla stessa molla che agisce sull'espulsore, il quale a sua volta sporge o rientra dall'apposito foro della culatta a seconda che l'otturatore sia in fase di apertura 0 di chiusura. Al grilletto è imperniato il piolo che sporgendo nella scanalatura dell'aletta destra dell'otturatore ferma, quest'ultimo a completa apertura. Il congegno di ripetizione è composto dal serbatoio munito di elevatore per le cartucce azionato da una molla e da un gancio di arresto per trattenere il caricatore. Il serbatoio presenta. sul fondo una apertura per la caduta del caricatore finite le cartucce. Il caricatore con le cartucce viene inserito nel serbatoio dalla apertura della culatta e rimane bloccato contro la spinta dell'elevatore, dal gancio d'arresto che si aggancia al dente sporgente sul dorso (del caricatore). Per togliere il caricatore con ancora le cartucce, si preme il pulsante del gancio d'arresto che sporge all'interno del ponticello del grilletto e il caricatore libero da detto gancio viene lanciato fuori dall'apertura della culatta dalla spinta dell'elevatore. 2. Particolare del percussore con le varie parti ad esso connesse: molla spirale, tubetto con "nasello", cane con
dente d'arresto per lo scatto e guida laterale e bottone avvitato per trattenere le parti. Il tubetto con nasello viene azionato come nel vecchio otturatore ad ago.
197
TA VOLE DEL CAPITOLO 111
Segue TAVO LA
.J.
4.
5.
6.
7.
V I II
Arma con ouura,ure 111 ctuusura dupo lo sparo, ossia co11 percussore avanzato. Le due alette che assicurano la chiusura dell'otruratore sono incastrate verticalmente nelle scanalature anulari della culatta. Azionando il manubrio verso l'alto, l'otturatore compie un quarto di giro che disimpegna le alette da!te scanalature della culatta e arma il percussore. Le alette ruotando nell'ultimo tratto elicoidale fanno anche arretrare di alcuni millimetri l'otturatore che compie "l'estrazione primaria" del bossolo sparato, cioè lo smuove dall'aderenza alle pareti della camera di scoppio provocata dalla pressione dei gas di sparo. Il percussore si arma per la mancata rotazione del cane causata dalla guida e viene così arretrato durante il sollevamento del manubrio, dal contrasto della superficie elicoidale interna alla guida contro quella dell'incastro del cilindro. · Il percussore, poi, rimane armato perché il risalto elicoidàle del cane esce dall'incastro del cilindro. Arma con otturatore in apertura e bossolo estratto ed espulso. Nel chiudere l'otturatore viene portata in camera di scoppio un 'altra cartuccia spinta in alto dall'elevatore e trattenuta dai fabbri del caricatore. · Arma con "colpo in canna" e sicura. Per togliere la sicura, come nel vecchio otturatore ad ago, si spinge il tubetto fino in fondo e lo si ruota verso destra. Il cane resta trattenuto dal dente di sparo mantenendo armato il percussore. Pacchetto-caricatore con sei cartucce per armi mod. 91.
(Disegni da: "Armamento individua/e de/l'Esercito piemontese e italiano 1814-1914", A . Bartocci - L . Salvatici)
198
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.1. DAL 1861 AL 1943
T AVOLA IX
MOSCHETTO AUTOMATICO BERETTA MOD . 1938 "A" (M.A .B. 38 "A") (M.N.C.S.A. RM) Deriva dal moschetto omologato nel giugno del 1938 dal quale si differenzia principalmente per avere il manicotto con i fori di raffreddamento rotondi, invece che oblunghi e montare un compensatore a quattro tagli trasversali in sostituzione dei tagli compensatori longitudinali di volata. Inoltre, il modello fornito all'esercito è sprovvisto di attacco per la baionetta amovibile a lama ripieghevole. La canna ha sei righe destrorse elicoidali a passo costante. La scatola di culatta a forma tubolare entro cui scorre l'otturatore, è ricavata dal pieno e da un lato è avvitata alla canna e·dall'altro è chiusa da un tappo che si avvita a incastro. Il tappo è assicurato nella posizione di chiusura durante lo sparo a raffica da una sicura automatica comunicante con il grilletto, mancante nei primi esemplari. Sul lato destro della scatola di culatta è ricavata una fresatura in rilievo per lo scorrimento della manetta di armamento. (Armato l'otturatore, detta manetta va riportata in avanti dove, trattenuta da un ritegno, rimane immobile durante il tiro). Sul lato sinistro della scatola di culatta vi è la feritoia per l'espulsione dei bossoli. Il sistema di chiusura è a massa, ossia l'otturatore (con il suo peso) spinto dalla molla di recupero garantisce la chiusura dell'arma sino alla fuoriuscita del proiettile dalla canna con la maggior parte dei gas dello scoppio. II contraccolpo dello sparo con la spinta dei gas residui fa indietreggiare l'otturatore consentendo l'espulsione del bossolo. Infine spinto dalla molla di recupero, (nel tiro a raffica) l'otturatore ritorna in chiusura camerando una nuova cartuccia. L'otturatore in un unico pezzo di acciaio macchinato del peso di gr. 790, è dotato di un estrattore a lamina azionato da una molla e ha il percussore mobile. (Giunto in chiusura l'otturatore, una camma libera il percussore che era rimasto armato durante il rinculo dell'otturatore). L'espulsore è fissato nella scatola di culatta dietro l'apertura di caricamento. La molla di recupero è racchiusa in un tubo guida molla collegato anteriormente all'otturatore e posteriormente preme contro,,il tappo di chiusura della scatola di culatta. (Per smontare il tappo bisogna premere il bottone fuoriuscente dal tappo stesso in modo da comprimere la molla di recupero e quindi si ruota il tappo di un quarto di giro verso sini1>tra). Il congegno di scatto ha due grilletti: il primo per il tiro singolo ed il secondo, quello zigrinato, per il tiro a raffica. La leva di sicurezza che blocca i due grilletti è situata sulla sinistra della scatola di culatta (non blocca però l'otturatore, per cui se l'arnia viene battuta a terra con il calcio, l'otturatore rincula e porta in camera di scoppi• una cartuccia facendola esplodere). L'apertura per l'inserimento del caricatore è ricavata nella cassa ed è munita di un coperchio scorrevole dì prote.zione a caricatore disinserito. La cassa è in legno di faggio e reca sul lato sinistro gli attacchi per la cinghia: uno sul calcio e l'altro sulla fascetta metallica. Nel calcio è contenuta la bacchetta nettatoia in due elementi. Il caricatore a forma prismatica è in lamiera di acciaio e contiene l'elevatore spinto da una molla spirale tenuta compressa dal fondello del caricatore.
199
T AVOLE DEL CAPITOLO Ili
Segue TAVOLA
IX
Le cartucce possono essere inserite singolarmente o con l'aiuto di un apparecchio carica caricatori e piastrine da dieci cartuccรง (come nel sistema Mauser).
-
calibro .' lunghezza della canna . lunghezza dell'arma peso dell'arma scarica . alzo con cursore (che serve a poggiare sui gradini dello zoccolo) graduato da alimentazione: con caricatore bifilare da 10-20-30-40 cartucce. ritmo di tiro: circa 600 colpi al minuto.
I. Vista del/'ar111a dal lato desrr o . MOSCHETTO
2. Vista
I
del 'arma
in
A UrOMAF/CO
SERETiA
se-::.ione. (Di.li'!!,110 di Ser!!,io Z a1111ol) -โ ข~
A
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OT71Jf?41CPr
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I
3. Vista particolareggiata dell'otturatore. (Disegno di Sergio Zanna!)
mm. 9 lungo. mm. 320. mm. mm.
ml.
947. 3.945. 100/500.
200
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E .l. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA X
PISTOLA AUTOMATICA MOD. 1910 PER UFFICIALI (M.A. - TO)
Comunemente nota come "pistola Glisenti" fu adottata con la circolare nr. 197 del 2/5/1911. (La sezione armi della Siderurgica Glisenti che produsse la pistola automatica adottata nel 1906 a quel['epoca era già stata rilevata dalla Meccanica Bresciana Tempini le cui iniziali incrociate si trovano marcate sulle culatte e castelli dei mod. 1910). La canna è solcata da sei righe destrorse con passo di mm. 250 e reca il mirino con la cresta fissata alla base mediante un incastro a coda di rondine. La culatta di forma squadrata entro cui scorre l ' otturatore, anteriormente reca la canna avvitata e posteriormente è attraversata dalla "chiavetta" che trattiene la molla di recupero e limita la corsa dell'otturatore. Sulla faccia superiore della culatta si trova l'apertura per l'espulsione dei bossoli e all'estremità posteriore è ricavata la tacca di mira fissa. L'otturatore a forma di un parallelepipedo con alette posteriori zigrinate per una migliore presa (come quello delle note pistole Mauser) contiene il percussore, la molla di recupero che aziona anche il percussore e la sicura munita di due alette sporgenti per bloccare e sbloccare il percussore.
Il dente di arresto del percussore è avvitato sulla testa dell' asta (guida) e viene azionato dalla leva di scatto imperniata nella culatta. L'estrattore è sistémato sulla faccia superiore dell'otturatore mentre l'espulsore è alloggiato nel castello. La culatta è unita a l castello da due guide longitudinali che le permettono lo scorrimento ed ha una propria molla di recupero sistemata sotto la parte anteriore. II castello, come nelle pistole a rotazione (mod. 1874 e I 889), è munito sul lato sinistro di una cartella che asportata oltre a mettere in vista il meccanismo, libera la guancia permettendo di prelevare un particolare cacciavite che si trova inserito nell'impugnatura e serve per proseguire allo smontaggio dell'arma. Nel castello si trova imperniato il blocco rotante munito di un grosso dente che aggancia l'otturatore, azionato dà una molla a lamina. (Nel rinculo la culatta con la canna viene mantenuta vincolata all'otturatore per alcuni millimetri finchè la rotazione del blocco disimpegna il dente dall'otturatore). Sul davanti dell'impugnatura è posta una leva che funge da sicurezza contro spari accidentali, poichè aggancia il grilletto bloccandolo: solo quando l'arma è ben impugnata la leva aderisce all'impugnatura e libera il grilletto. Sul lato posteriore dell'impugnatura è ricavato l'attacco per il cordone. L'impugnatura contiene il caricatore che si inserisce dal basso e viene trattenuto da un ritegno con bottone zigrinato sporgente dalla guancia sinistra. Il caricatore ha due ampie aperture laterali di alleggerimento che permettono anche di abbassare l'elevatore con le dita nell'inserire le cartucce. Sparato l'ultimo colpo l'espulsore, spinto in alto dall'elevatore del caricatore, blocca in posizione di apertura l'otturatore per dare l'avviso di arma scarica. L'arma è brunita ad eccezione delJ'otturatore, della chiavetta, del grilletto, del caricatore e del cacciavite che sono nichelati.
-
Calibro . lunghezza della canna lunghezza dell'arma . peso dell'arma (scarica). capacità del caricatore .
mm. 9 Glisenti. mm. 95. mm. 206. gr. 800. nr. 7 cartuc..
201
TAVOLE DEL CAPITOLO Ili
Segue TAVOLA
X
I. Vis1a della pisIola dal laI0 sinisrro. I. ·cse1111J/uri' lw le g11<111n' i11 cha11i1c.
PISTOLA AUTOMATICA MOO, 010 CAL!Bf'JO 8
'l'AV. 4
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a • Molla riWP,U.l.tl'it• fl CVl.&t\41, 4 . Alk~•o dt ,...c,Ch ric,;,p~ntrlci, cf1 c,,,tatta !i, •
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a . •it.,c:,io ,1111 :e-11~c,.10," ,n,,. ""o:ii., 23 ., C
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00 • v11. dtlta airttll• b iti hsl• 1:C11Nit1•l• 3 1 ~ Pl1.1o&o ft rt~1111 d~P• ...1...-dtl!3 u~lra ton l'l"IOII• • t.tpt-ne1 a vlt•
~ • Plr,,,alo 41'erT'Dlo 41.-lh d c uu1ua p~,.,•o,t, ~ fflOlil&
aJ , T,.,.,,-1.,0 1 h ;ll'lm,-.lf'lthtra lì4 • C-<cl• wJte
2. Tavola della pistola dal "Manuale per allievi amwiuli" • N.oma 1935.
202
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 186 1 AL 1943
TAVOLA
XI
PISTOLA AUTOMATICA BRIXIA (Coli. ) Si differenzia principalmente dal mod. 1910 per la semplificazione di alcune operazioni di fabbricazione che hanno reso l'arma piÚ robusta . Inoltre è stato eliminato l'uso del particolare cacciavite per lo smontaggio dell'arma e la sicura all' impugnatura e aggiunta una nuova sicura che impedisce la percussione (lo sparo) a caricatore disinserito ("sicura a prova di stupido"). -
peso
1. Vista della pistola dal lato sinistro.
gr.
950.
203
TAVOLE DEL CAPITOLO 111
TAVOLA XII
PISTOLA AUTOMATICA BERETTA - BREVETTO 1915 - CALIBRO 9 MM. GLISENTI (M.A. - TO)
La canna è solcata da sei righe destrorse con passo di mm. 270. Anteriormente reca un anello su cui è fissato il mirino e posteriormente ha un piolo verticale per il fissaggio della canna stessa al castello. La culatta che protegge la canna fin quasi alla volata, funge anche da otturatore. Anteriormente presenta una grande apertura che serve per lo smontaggio della canna e al di sotto sporge un manicotto entro cui passa l'albero della molla di recupero e contrasta con essa. Dietro la grande apertura è ricavata la feritoia per l'espulsione dei bossoli e la sede dove è imperniato l'estrattore. Posteriormente è fissata la tacca di mira. All'interno della culatta-otturatore è alloggiato il percussore del tipo a rimbalzo la cui testa sporge nella cavità ricavata per consentire il movimento del cane. La culatta-otturatore è unita al castello da due guide longitudinali che le permettono lo scorrimento e sui lati posteriori è munita di profondi solchi verticali per consentire una migliore presa nell'arretramento manuale. Nella parte anteriore del castello è alloggiata la molla di recupero con l' albero guidamolla e la molla ammortizzatrice del rinculo. Sul lato sinistro del castello è imperniata la sicura manuale il cui perno azionato dall'albero guidamolla, oltre a bloccare e sbloccare il grilletto, serve anche da ritegno della canna. Il braccio della sicura inoltre, può bloccare la culatta-otturatore in posizione di apertura facilitando lo smontaggio della canna e quindi dell'arma. Sulla parte posteriore del castello vi è una seconda sicura manuale che serve a bloccare il cane armato. All'interno del castello è sistemato il meccanismo di scatto con il cane e l'espulsore. Il sistema di chiusura è del tipo labile (a massa), ossia viene garantita dall'inerzia della culatta-otturatore, dalla resistenza della molla di recupero e dalla molla del cane. L'impugnatura contiene il caricatore che si inserisce dal basso e viene trattenuto da un ritegno. Sparato l'ultimo colpo l'elevatore del caricatore spinge in alto l'espulsore che blocca l'otturatore in posizione di apertura dando l'avviso di arma scarica. Le guance in legno di noce zigrinato sono fissate all'impugnatura da una vite per ciascun lato. Sul lato sinistro dell'impugnatura sporge la maglietta per il cordone.
lunghezza della canna .
mm.
95.
lunghezza dell'arma
mm.
169.
-
peso dell'arma
gr.
880.
-
capacità del caricatore
nr. 8 cartuc..
204
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
Stgue TA VOLA
Xli
I. Vis/a c/C'lla piswla dal la/o si11i.11m . !>/STOLA AUTOMAT ICA BERETTA CALIBRO 9 ~T.t
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2. Tavola del/a pistola dal ''A1arruale per allievi armaioli" - Roma 1935. (*) Del brevetto 1915 venne costruita anche una variante in ca/. 7,65 mm. Browning che si differenzia dal ca{.
9 mm. Glisenti soprattutto per le minori dimensioni, oltre alla mancanza della sicura posteriore che blocca il cane e del/a mo/la ammortizzatrice del rinculo. Inoltre l'espulsione del bossolo viene provocata dal percussore. Nel 1922 venne messa in produzione una nuova versione nota come "brevetto 1915-1919", sempre in ca!. 7,65 mm., che presentò delle innovazioni tecniche riprese nei modelli successivi.
205
TAVOLE D EL CAPITOLO lii
TAVOLA XIII
PISTOLA AUTOMATICA MOD. 1923 (M.A. - TO)
È uno sviluppo del mod. 1922 e presenta per la prima volta il cane esterno mantenuto poi nei modelli successivi.
Il congegno di scatto viene dotato di un semplice disconnettore azionato dalla culatta-otturatore. La canna è fissata al castello con un incastro longitudinale bloccato sempre dal perno della sicura manuale. La culatta-otturatore mantiene com e nel mod. 1922 una unica grande apertura che serve per l'espulsione dei bossoli e per lo smontaggio della canna. Il mirino è ricavato sul semianello della culatta-otturatore che avvolge la volata. Le guance sono in lamierino stampato e recano le iniziali PB in un ovale.
-
calibro lunghezza della canna lunghezza dell'arma peso dell'arma
mm. 9 Glisenli. mm. 102. 167. mm. gr. 900.
capacità del caricatore
nr. 8 cartuc ..
l. Vista della p1s101a aat 1a10 sinistro.
206
L'ARMAMENTO IN DIVIDUALE DELL'E .J. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
XIV
PISTOLA AUTOMATICA MOD. 1934 È uno sviluppo del mod . I 932 che fu prodotto per soli due anni e da cui differisce principalmente per il diverso tipo di guance.
Fu distribuita inizialmente alle forze di polizia per le quali nel 1933 era stata fatta una specifica richiesta alla Beretta di progettare un'arma di minimo ingombro dotata di un semplice e robusto meccanismo e utilizzante una car-• tuccia con buon potere di arresto. Questi requisiti hanno reso noto il mod. '34 come " la Beretta" per eccellenza tanto da imporne ancora il suo im piego presso l'esercito itali ano. La canna è solcata da sei righe destrorse co11 passo di mm . 250 e reca posteriormente un incastro longitudinale per l'unione al castello. La culatta-otturatore mantiene un'unica grande apertura che serve per l'espulsione dei bossoli e per lo smontaggio della canna e inoltre ha la fresatura nel bordo sinistro che consente il funzionamento del disconne:tore introdotto con il mod. '23. Il cane è dotato di due tacche: di sicurezza e di sparo. L'impugnatura ha le guance di materia le plastico rinforzato da un supporto in lamierino stampato (nel mod . ' 32 sono in noce liscio). Il caricatore ha il fondello con un'appendice ricurva per migliorare la presa.
-
calibro lunghe:::,:::,a della ca1zna lunghe:::,::,a dell'arma peso del! 'arma (scarica) . capacilà del caricatore
1. Visia di una pistola mod. 34 se:::,ionata. (Coli. Zanna/)
mm. 9
("(Il'/() ,
111171.
86.
mrn.
148.
g,:
605.
111:
7cortuc..
207
TAVOLE DEL CAPITOLO l i i
Seg ue TAVOL A
1. Otturatore
2 . Canna 3. Fusto 4. Cane esterno con dop-
pia monta 7. Perno 8 . Vite di bilancia 9. Bilancia 1 O. Perno poriamo Ila cane 11 . Leva comando grilletto del -::ane 12. Leva di scatto 13. Copiglia leva scatto 14. Dado che tiene in pressione la molla del cane 15. Perno fermacaricatore 16. Molla del fermacaricatore 17. Copiglia del fermacaricatore 18. Fermacaricatore
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J:J
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2. Tavola della pistola
1110d.
34 rrctrfa dalla r e/aJi\'{/ isrru:.ion e.
19. Copiglia arresto del cane 20. Copiglia estrattore 21 . Percussore 22. Estrattore 23. Perno della stanghetta del grilletto 24. Grilletto 25. Sicura 26. Perno del grilletto 27. Asta portamolla ricupero 28. Scatola caricatore 29. Elevatore 30. Fondello del caricatore . 31. Piastrina fondello 32. Molla del caricatore 33. Molla di ricupero 34. Molla del cane 35. Molla del grilletto 36. Molla dell'estrattore 37. Molla del percussore 38. Mira 39. Espulsore
XIV
208
L'ARMAMENTO lND!VIDUALE DELL'E.J. OAL 1861 AL 1943
TAVOLA XV
SCIABOLA DA CAVALLERIA MOD. 1900 - VARIANTE 1909 Si tratta della modifica apportata nel 1909 alla sciabola da cavalleria adottata con atto nr. 63 .del 26/3/1902 (mod.1900), che consiste principalmente nell'accorciamento della lama. Lama diritta ad un filo, punta e falso filo con dorso ingrossato a sezione a forma di cuore. Guardia in lamiera di acciaio con intaglio a goccia al centro (a due else). Ha il bordo di rinforzo e lo spacco per la dragona come nel mod. J 871, ma è sprovvista di nicchia per il pollice. Impugnatura in legno naturale zigrinato con cappetta lunga a forma leggermente anatomica. Il bottone che trattiene il fornimento alla lama è fermato da una coppiglia passante per la testa della cappetta onde evitare lo smontaggio dell'arma da parte del soldato (soluzione introdotta nel 1916 e applicata anche ai mod . 1871 e 1888). Fodero in acciaio ad una campanella con fascetta a camerella laterale per un migliore attacco alla sella o al cinturino.
-
lunghezza della lama . lunghezza totale larghezza della lama al tallone peso della sciabola .
mm. mm. mm. gr.
-
peso del fodero
gr.
911. 1.070. 27. 1.030. 530.
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l I. Visw della sciabola con jiidcro. (M ..·1.
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2. Particolare della sciabola mod. 1900. (Col/. Calamandrei - F1)
209
TAVOLE DEL CAPITOLO Ili
TAVOLA
XVI
SCIABOLA PER MARESCIALLI DI FANTERIA E GENIO MOD. 1907 (M.A. - TO)
Arma adottata con atto nr. 21 dei 22/1/1907; dal 1908 venne data anche ai marescialli musicanti. Lama leggermente curva ad un filo, punta e falso filo, simile al modello da sottufficiali di fanteria (1870) e come tale poteva essere ricavata accorciando vecchie lame. Guardia in acciaio a tre else con nicchia per il pollice e senza spacco per la dragona. Cappetta corta, impugnatura in ebano zigrinato ai lati e ghiera con coda semilunata per appoggiare il pollice. Il fornimento è trattenuto alla lama da un bottone avvitato al codolo . Fodero in cuoio verniciato di nero con cappa e fascetta con campanelle e puntale in acciaio. Per i marescialli dei bersaglieri i fornimenti della sciabola e del fodero sono in ottone. Le parti in acciaio venivano brunite a fuoco .
-
lunghezza della lama
mm.
680.
lunghezza totale
mm.
830.
larghezza della lama al tallone
mm. gr.
950.
gr.
400.
peso della sciabola
- peso del fodero
7
J. Vista della sciabola con fodero.
30.
210
L'ARMAl'vlENTO INDIVIDUALE DELL'E.!. DAL 1861 AL 1943
Segue TAVOLA XVI
SCIABOLA PER MARESCIALLI DELLE ARMI A PIEDI MOD. 1927 (M.S.F . - RM) Arma adottata con circolare nr. 409 del 7/7/1927 . Lama leggermente curva ad un filo, punta e falso filo con sguscio decorata a fiorami e trofei. Guardia in lamiera di acciaio con intaglio a goccia al centro (a due else), spacco per la dragona e nicchia per il pollice. Cappetta corta del tipo in uso sulle sciabole mod. 1907 con la superficie superiore a spicchi, impugnatura in legno zigrinata ai lati e ghiera con coda semilunata. Fodero in lamiera di acciaio a due campanelle. È tutta nichelata salvo la lama come previsto dalla circolare che approvò la sua adozione. Per i marescialli dei bersaglieri il fornimento è in ottone. Questo modello di sciabola ad eccezione delle versioni f.o. rimase in uso fino alla fine del 1935. Erano previste tre lunghezze: mm. 1.100 (peso gr. 9 15 circa), mm . 1.050 (peso gr. 870 circa) e mm . 1.000 (peso gr. 825 ci r-ca) .
-
e
--
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2. Vis/a della sciabola con fodero .
SCIABOLA PER SERGENTI E SERGENTI MAGGIORI DELLE ARMI A PIEDI MOD. 1929 ("SCIABOLA MOD.929 PER FANTERIA") (M.S.F. - RM)
Arma adottata con circolare nr. 549 del 29/8/1929 e dal l 933 adottata anche per i marescialli come stabilito dalla circolare nr. 189 del 13/4 dello stesso anno: "d'ora in avanti ai marescialli nuovi promossi venga ceduta a pagamento la sciabola che già avevano in consegna previa la sostituzione della impugnatura". Lama leggermente curva ad un filo, punta e falso filo con sguscio . Guardia in lamiera di acciaio con piccolo intaglio a goccia disposto in modo asimmetrico da rendere l'elsa esterna di minor larghezza, spacco per la dragona e nicchia per il pollice. Cappetta corta del tipo in uso sulla sciabola mod. 1907 e con impugnatura in legno naturale e ghiera con coda semilunata. Fodero in lamiera di acciaio a due campanelle. Per i sergenti e ·sergenti maggiori dei bersaglieri il fornimento è in ottone. La sciabola mod . 929 per marescialli si distingue da quella dei sergenti e sergenti maggiori per avere l'impugnatura in ebanite zigrinata sui Iati. Il mod. 929 fu in do'tazione dal 193 1 anche ai vicebrigadieri e brigadieri dei carabinieri. Sono previste tre lunghezze: mm. 1. 100, 111111. 1.050 e mm. 1.000 .
: 3. Visra della sciabola con fodero.
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211
TAVOLE DEI, CAPITOLO III
TAVOLA
XVII
SCIABOLA-BAIONETTA MOD. 91 Arma adottata assieme al fucile. Lama diritta ad un filo, punta e falso filo con grande sguscio . L'impugnatura è composta da un cappuccio di ferro con l'incastro a Te guance in legno temite ferme al codolo con due coppiglie ribadite.
li piolo con den'.e è azionato da una molla spirale. La crociera in acciaio termina con l'anello dal lato dell'incastro a T del cappuccio e con una piccola sfera dall'altro . II fodero è in cuoio annerito co n cappa e puntale in ottone. (Una variante più tarda ha i fornimenti in ferro) .
-
mm.
lunghezza della lama lunghezza totale larghezza della fama al tallone peso defla baionetta peso del fodero .
mm. mm. gr. gr.
-
-
-
-
300. 414.
. 25. 340. 136.
_ _ _ _ __ __ j
1. 1 ·,.1 1a della haio11e11a con fodero . (Col/ . .-l!herp./111w · RcJ111a)
2. Visra di una versione tarda di baionerra mod. 91 con fodero mewllico liscio. (1\1.A . - TO)
212
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
Segue TAVOLA
XVII
SCIABOLA-BAIONETTA MOD. 91 T.S. (Coll. Alberghina) ;\rrna adottata insieme al moschetto. È simile al modello per fucile da cui differisce per avere l'incastro a T trasversale e il bottone del piolo sistemafo sopra il cappuccio.
Oltre al fodero in cuoio con fornimento metallico durante la Grande Guerra venne dotata di un fodero in lamiera d'acciaio con nervature di rinforzo che rimase in servizio fin dopo il 1935 anche se non più regolarmente.
3. Vista della baionetta con fodero metallico. (li fodero è fotografato dal lato posteriore}
213
TAVOLE DEL CAPITOLO Ili
TAVOLA
XVIII
BAIONETTA PER MOSCHETTO DA CAVALLERIA MOD. 91 E 91/38 (M.S.F. - RM) È costituita da una lama a sezione triangolare con due Iati sgusciati (o meglio a "T") imperniata alla braca sotto la canna del moschetto all'altezza del mirino. Per sbloccare e bloccare la lama oltre ad agire sul sistema di svincolo, bisogna spingere leggermente avanti o indietro la lama stessa. · La lama "a riposo" alloggia la punta in una apposita scanalatura ricavata nella cassa del moschetto.
-
cm. cm. gr.
lunghezza della lama . lunghezza totale . peso della baionetta .
34,7. 48.
145.
I
2
..
,.
3
I. Vista della baionetta inastata sul moscheuo. Il sistema di svincolo è quello adollato inizialmente ossia a ri1egno
a molla sul tallone. 2. Vista della baionetta inastata sul moschetto con il sistema di svincolo a nottolino sulla braca (sistema di transizione eseguito prima del 1916). 3. Vista della baionetta inastata sul moschetto con il sistema di svincolo a bottone a molla sulla braca (a partire dal 1916).
214
L' ARMAMENTO !Nl)JVIDUALE DELL'E.!. DAL 1861 AL 1943
TAVOLA
XIX
PUGNALE-BAIONETTA MOD. 38 Ă&#x2C6; l'ultima versione adottata per il fucile mod . 91/38 in cal. 6,5 mm ..
Presenta la stessa struttura della sciabola-baionetta mod. 91. Il fodero in lamiera di acciaio liscia simile all'ultimo tipo per la sciabola-baionetta mod. 91, ha la bocchetta svasata entro cui si appoggia la crociera. -
lunghezza della lama
mm.
177.
-
lunghezza totale larghezza della lama al tallone
mm. mm.
290.
-
peso della baionetta
gr.
280.
21.
1. Vista del pugnale-baionerra con Joclero . (M./1. - 70)
2. Vis1a di un pugnale-baioneua a lama fissa per f ucile mod. 91 / 38 composra con parti del modello a lama ripie-
ghevole. (Coli. Alberghino)
215
TAVOLE DEL CAPITOLO lii
TAVOLA
xx
LANCIA DA CAVALLERIA MOD. 1900 (M.N.C.S.A. - RM)
Arma adottata con la disposizione nr. 68 del 1/4/ 1902. La punta di forma piramidale a sezione quadrata è tutt'uno con l'asta che è costituita da un tubo di acciaio. Nell'interno del tubo dal diametro di mm. 26, sono disposti arrotolati dei fogli di carta assorbente per attenuare la sonorità dell'arma. Come nel modello precedente, l'asta è provvista di tre occhielli per il fissaggio della banderuola e inoltre è munita nella parte centrale di una impugnatura lunga mm. 300 ricavata con spire di spago incatramato trattenute da due anelli di ottone. Il calciolo fissato all'asta con due copiglie ribadite è di forma troncoconica arrotondata. Successivamente all'adozione della lancia venne introdotto un astuccio portalancia cli ferro stagnato da applicare al nuovo tipo di staffa denominata "modello Cengia" .
lunghezza totale
mm. mm.
peso
gr.
lunghezza del/a punta -
l. Vista della punla della lancia.
135. 3.150. 2300.
()
NOMENCLATURA (Tavole da: "Armamento individuale dell'Esercito piemontese e italiano 1814-1914", A. Bartocci - L. Salvatici)
218
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DE LL'E.I. DAL 1861 AL 1943
Tavola A
PISTOLE
CASSA
1 2 3 4 5
-
6 -
7 -
8 ACCIARINO o PIASTRA
9 1O 11
12 -
GUARDAMANO
13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30
-
31 -
32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42
-
Canna (la cui parie anteriore si chiama Bocca e la posteriore Culatta) Codetta o Co.dolo Mirino Tacca di Mira Fusto Impugnatura Cane Ganasce del Cane Vite delle Ganasce Scodellino o Scudetto Martellina Molla della Martellina Cartella Viti lunghe della Piastra o Acciarino Ponticello Bandella Anteriore del Ponticello Bandella Posteriore del Ponticello Scudo Grilletto Bocchino Coda del Bocchino Controcartella Bandella dell'Impugnatura Coccia Vite della Coccia Vite da Legno della Coccia Campanella o Anello Bacchetta Cilindro Castello Nocca Sportello Bacchetta di Espulsione Ghiera Portabacchetta Guancia Rosetta Portavite Percussore o Becco del Cane Mollone o Molla del Cane Bocciolo Caricatore Sicurezza o Sicura Manuale Sicurezza o Sicura Automatica
219
f\OMEKCLATURA
26 20 16
28
Il
20
\
1
24
26
13
.77
19
.1
\ 27
19
220
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.l. DAL 1861 AL 1943
Tavola B
MOSCHETTI E PISTOLONI 2 3 4 5 6
CASSA
7 8 9 -
ACCIARINO o PIASTRA
10 11
GUARDAMANO
12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23 24 25 26
-
27 -
28 29 -
BAIONETTA
30 31 32 33 34 35 36 37
-
-
Canna (la cui parte anteriore si chiama Bocca e la posteriore Culalla) Luminello Portaluminello Mirino Tacca di Mira o Traguardo Fermo Della Baionetta Fusto Impugnatura Calcio Cartella Cane Cresta del Cane Ponticello Bandella Anteriore del Ponticello Bandella Posteriore del Ponticello Scudo Grilletto Bocchino o Prima Fascetta Molletta Fermabocchino Seconda Fascetta Controcartella Portamoschetto Campanella Gancio da Cintura Maglietta Portacinghia Calciolo Bacchetta Cilindro Otturatore (**) Manubrio del Cilindro Otturatore Estrattore Copriapertura di Caricamento Leva di Sicurezza o Sicura Alzo Lama Braccio Manico o Manicotto Ghiera
26
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26 -
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27
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222
L' ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.I. DAL 1861 AL 1943
Tavola C
SCIABOLE E SPADE
LAMA
FODERO
FORNIMENTO o MONTATURA
1 2 3 4 5 6 7 8 9 1O 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 -
Punta Tallone Codolo Filo Dorso Falso Filo Sguscio Fascetta Campanella Bocchetta Cresta Guardia Elsa o Branca o Ramo Di Guardia Intaglio della Guardia Bordo di Rinforzo Spacco per la Dragona Nicchia per il Pollice Aletta Impugnatura Spire Cappetta Ghiera Bottone
LAME - sezioni tipiche A B C D E
-
a facce piane ad un filo e grande sguscio ad un filo e doppio sguscio a due fili e sguscio centrale costolata
NOMENCLATU RA
e
23
21 23
15
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10 3
23 13
9
19
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5
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224
L'ARMAMENTO INDIVIDUALE DELL'E.J. DAL 1861 AL 1943
Tavola D BAIONETTA
BAIONETTA
FODERO
a b c d e f g h i 1m n o p q -
r -
Manico o «Manicotto» Ponticello Spacco Ghiera con la sua Vite Braccio Lama Punta Costola o Filetto Sguscio Fermo di Ghiera Cordoncino d'Appoggio della Ghiera Cappa Fodero Sguarnito o Cuoio Puntale Gancio di Cappa Correggiola SCIABOLA-BAIONETTA
LAMA
FORNIMENTO
FODERO
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29
-
-
Punta Tallone Filo Sguscio Dorso Falso Filo Codolo Filettato Bottoncino del Codolo Impugnatura Cappuccio Spacco per il Passaggio del Fermo Molla Piolo Vite della Molla Guance Crociera Gancio di Crociera Anello Incastro per il Fermo Anteriore Vite di Regolazione Cappa Bocchetta (all'interno della cappa) Cucitura Bottone della Cappa Vite di Cappa Fodero Sguarnito o Cuoio Puntale Cresta Copiglia
NOMENCLATl-RA
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17
5
18
26
21
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I
----.. 27 28
24
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ROTASSO Giaruodolfo - "L'armamento individuale dagli eserciti preunitari all'esercito italiano della Repubblica" - in «Le fonti per la storia militare italiana in età contemporanea» - Roma.
INDICE
RINGRAZIAMENTI
Pag.
2
PRESENTAZIONE DEL CAPO UFFICIO.
»
3
CAP. I
»
5
» » »
8 20 27 32
TAVOLE DEL CAPITOLO I
»
43
L'ERA DEI "VETTERLI" E DEI "REVOLVERS"
»
81
Le baionette del "Vetterli" e la sciabola "71" L'ammodernamento delle fabbriche d'armi negli anni 1870-1880 Le cartucce con bossolo metallico a percussione centrale
»
93
» »
95 100
TAVOLE DEL CAPITOLO II
))
109
IL '91 E LE ARMI AUTOMATICHE.
»
139
Le ultime armi bianche. L'andamento delle fabbriche negli anni di guerra. Le cartucce moderne
» » »
162 167 173
TAVOLE DEL CAPITOLO III
»
183
NOMENCLATURA.
»
217
BIBLIOGRAFIA
»
227
LA NASCITA DEL REGIO ESERCITO Dall'avancarica ali' otturatore ad ago Dalle baionette "Anno IX" alle sciabole Mod. 1860 La fabbricazione delle armi negli anni 1860 Le cartucce di "Carta" e la cartuccia "a Spina".
CAP.Il
CAP. III
»
FINITO D I STAMl'A RF NEL M ESE DI AGOSTO 1997
ifJ=7 ยง.@.Cii. TIPOLITOGRA FIA