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CAPITOLO X Ù FFENSJVA TN ASIAGO »
CAPITOLO X
OFFENSIVA IN ASIAGO
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Nel maggio del 1916, cominciata l'offensiva austriaca degli Altipiani- la Strafexpedition - la 2a e la 3a Divisione di Cavalleria, ancora montate, furono immediatamente mandate a presidiare gli sbocchi delle valli che scendono alla pianura vicentina, ma non ebbero occasione di intervenire. A contrastare il nemico avanzante veniva invece mossa immediatamente la IV Brigata di Cavalleria, composta dai reggimenti Aosta e Mantova.
Il 12 maggio 1916 la Brigata, in previsione di un suo possibile imminente appiedamento, si trovava a Villanova sul Iudrio, al campo di addestramento per la distruzione di reticolati. Poi venne spostata verso l'Isonzo. Il 31 maggio le fu ordinato di coprire la radunata della Y Annata, destinata a bloccare la Strafexpedition e in quel momento in via di costituzione nel Vicentino, nel settore delimitato ad ovest dall' Astico, ad est dal Brenta fino a Cartigliano e dalJa strada Cartigliano-NoveMarostica-Crosara.86 Il comando della Brigata disponeva in quel momento del Reggimento Mantova e di un gruppo di formazione cli due squadroni, provenienti dai reggimenti Lucca e Umberto /. Terminata l'attività di pattugliamento a copertura della costituenda 5a Armata e cessata l'emergenza d'Asiago, in luglio le unità sarebbero state trasferite nella zona tra Brescia e Mantova. Ben altro intanto era stato l'impegno delle altre unità di cavalleria sul medesimo Altopiano, su cui ogni azione di massa di cavalleria è destinata a fallire per via del terreno.
Dopo aver contrastato dinamicamente ed aver rallentato l'irruzione nemica su Asiago, 87 nel giugno 1916 i1 3° e 4° Squadrone dei Cavalleggeri di Padova, unitamente al giovane Reggimento Cavalleggeri di Palermo ed al 5° Squadrone dei Cavalleggeri di Aquila, contribuirono a terminare con successo le operazioni sull'altipiano di Asiago, specialmente nelle giornate del 26 e 27 giugno.88 Seguiamone le operazioni. Alle 15.30 del 25 giugno 1916 il comando della cavalleria riceveva a Breganze l'ordine di partire al più presto per San Giacomo di Lusiana con gli squadroni dei reggimenti Palermo, Aquila e Padova ed i nuclei ciclisti reggimentali. Il comandante del Reggimento Cavalleggeri di Palermo, giunto per primo a San Giacomo, prese gli ordini per effettuare cogli squadroni un'incursione sull'altopiano. Doveva raggiungere come primo obiettivo Gallio, Asiago e Camporovere. Se avesse trovato sgombre queste località, la cavalleria avrebbe dovuto raggiungere le retrovie nemiche sulle strade della loro ritirata che, irradiandosi dall'Altopiano, risalivano la zona montuosa verso nord cioè: Gallio-Valle di CampomuJo-Asiago-Giardini-Camporovere-Val d'Assa. Nel raggiungimento di questi obiettivi. i cavaJleggeri dovevano trarre il maggior profitto dalla situazione favorevole data dal nemico in ritirata. Prima di iniziare l'operazione dovevano essere presi accordi con il comandante della 28" Divisione e quindi coi comandi delle Brigate Lombardia ed Arno. Alle 22.30 giunsero a Mosca i ciclisti, trasp01tati da autocarri e, poiché era giunto avviso dalle due brigate che l'incursione poteva senz'altro essere effettuata, essi furono lanciati su Asiago, dove giunsero intorno a mezzanotte. Qui effettuarono il collegamento con il comandante di un battaglione del 213° Fanteria, che stava per giungervi. A mezzanotte giunsero a Mosca i cinque squadroni di cavalleria, due di Palermo, due di Padova e uno di Aquila. Mentre i cavalli prendevano un breve riposo, gli ufficiali furono edotti sull'operazione e sJll modo in cui doveva svolgersi. Ciascuno dei comandanti si vide assegnare la propria missio-
86 AUSSME -142S lOE - Diario storico delle IV brigata di cavalleria - 2" divisione. 87 Per un approfondimento rimando a Paolo POZZATO, Un anno sull'altipiano con i diavoli rossi. Storia della brigata Sassari e Reggio nella Grande Guerra. Udine. Gaspari editore. 2006.
88 PEZZI-SIBONI e RAVAGNATI-LARGIUNI, op. cit. ·
ne. Nessun compito era in termini troppo rigidamente determinati: la missione degli squadroni doveva cessare là ove sarebbe stata contrastata da forze nemiche preponderanti, in modo che le resistenze avrebbero di per sé stesse tracciato la linea suUa quale il nemico appoggiava la sua nuova difesa. Alla 13.00 del 26 tutto il Reggimento di formazione partì, nel1 'ordine secondo il quale le varie colonne avrebbero dovuto deviare per seguire la strada a ciascuna assegnata, raggiungendo in tal modo, senza interruzione di marcia, i primi obiettivi. Così il 5° Squadrone di Aquila, comandato dal capitano Del Carretto, che marciava in coda, al bivio del Turcio deviò per la strada del Pennar e, rotti i reticolati in prossimità di Asiago, vi penetrò da sud, dopo aver fatto riconoscere convenientemente l'abitato. I quattro rimanenti squadroni marciarono in colonna fino al bivio di Bertigo, dove i due di Padova al comando del capitano Spadaccini proseguirono per Gallio e vi giunsero alle ore 13 .30. I due ultimi squadroni, di Palermo , deviarono invece per Zocchi e, dopo aver tolti i reticolati nemici in vicinanza di Asiago, vi entrarono alle ore 16 previa ricognizione. Tanto Gallio che Asiago erano in fiamme e I.e pattuglie delle due colonne provenienti da Pennar e da Zocchi si collegarono nell'abitato devastato e deserto. Nella piazza di fianco alla chiesa, il cui campanile non era del tutto crollato e quindi era ancora visibile a distanza, si stabiu il posto di raccolta notizie. Raggiunta così la linea Gallio-Asiago eri.conosciuto che questi due centri erano sgombri dal nemico, ogni colonna si avviò per assolvere il secondo compito, precedentemente assegnato a ciascun comandante.
La colonna Padova, diretta su Gallio, oltrepassato il paese risalì la valle di Campomulo, malgrado un'interruzione stradale ed il fuoco di artiglieria nemica da cui era bersagliata. A due chilometri da Gallio ottenne il collegamento con il 138° Fanteria e intorno alle 8.30 giungeva a Marcesina, senza trovare tracce del nemico. Siccome la sua presenza poteva ostacolare l'azione della fanteria, il comandante decise di ripiegare su Gallio, il che fu fatto sotto l'azione del fuoco d'artiglieria avversaria, arrivandovi a mezzogiorno. Qui fece una breve sosta e, non avendo ricevuto l'ordine che gli era stato mandato, di mantenere cioè il collegamento con semplici pattuglie e di ritirarsi su Asiago, per iJ caso si dovesse procedere ad altra operazione, di propria iniziativa ripiegò. Questo movimento avvenne a gruppi per la strada Gallio-Asiago ed in parte sul fondo del Ghelpac, senza seri inconvenienti, sebbene il tiro dell'artiglieria nemica, che aveva scorto la colonna, cercasse seriamente di ostacolarlo.
Alle ore 14 la colonna Palermo, comandata dal tenente colonnello Manzotti, da Asiago si mise in marcia per Costa e Giardini, dopo aver fatto riconoscere 1 'abitato di Rodighieri. A q. 1103 fu raggiunta dal nucleo ciclisti provenienti da Gallio, che furono subito impiegati quale avanguardia del gruppo di squadroni. Nell'avanzata la colonna fu sottoposta a fuoco nemico che, dalJa direzione, iJ comandante stabili proveniente dal Mosciagh e, dati gli effetti, classificò come di artiglieria da montagna. Alla terza svolta trovò la strada interrotta da esplosioni di mine, ma, deviando, passò oltre, sempre sotto il fuoco d'artiglieria, raggiungendo il bivio delle mulattiere che conduce a Monte Zebio. La marcia divenne sempre più difficile per altre interruzioni stradali provocate da mine esplose e abbattute di abeti. Ciò nonostante, la colonna proseguì per Monte Zebio, fortemente occupato dal nemico, che vi stava costruendo reticolati; mantenne il contatto con pattuglie e, con giusta percezione de] pericolo cui poteva andare incontro, evitò di percorrere la strada già fatta, dove il nemico le aveva certamente preparato qualche insidia nei punti interrotti.
Il comandante stabilì che i ciclisti rimanessero in retroguardia e, sebbene sotto il fuoco della artiglieria nemica, con una marcia fatta in parte a piedi con i cavalli alla mano, scese in Val di Nos raggiungendo la strada Gallio-Asiago a villa Rossi. A questo punto la colonna fu fatta segno a colpi di grosso calibro, ma il comandante raggiunse ugualmente Asiago a scaglioni, passando nel fondo del Ghelpac, sempre inseguito dal fuoco nemico, che fu poi aJlungato contro Asiago stessa dopo che la colonna vi era entrata.
Il 5° squadrone dei Cavalleggeri dell'Aquila, lasciata Asiago alle ore 14.30, si diresse su Camporovere ma, appena oltrepassato l'abitato. fu accolto da fuoco di fucileria proveniente dalle falde meridionali del Monte Rasta. Il comandante vi constatò una forte presenza di fanteria in due ordini di trincee con reticolati e ne valutò la forza a una compagnia con mitragliatrici. Lo squadrone 1ispose al
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Truppe di rincalzo in marcia sugli altopiani.
fuoco, sia per guadagnar tempo che per riconoscere meglio il terreno ed informarsi più esattamente dell'entità delle forze nemjche che aveva di fronte, disimpegnandosi solo all'arrivo di una mezza compagnia di fanteria che lo rilevò. Quindi rimontò a cavallo, in attesa del momento propizio per spingersi nuovamente in ricognizione nella Val d' Assa e sul Monte Interrotto. Constatata però l'impossibilità di procedere oltre, ebbe l'ordine di tenersi da quella parte a contatto con il nemico con pattuglie e di dirigersi col grosso sulJ'abitato di Bosco per riconoscerlo. Alle 16.15 il comandante dello squadrone informava che Bosco era occupato dal nemico, il quale tendeva a scendere con grosse pattuglie anche da Buscar su Asiago. Fu mantenuto il contatto per tutto il giorno anche da quella parte dal grosso delJo squadrone, che poi si ritirò provvisoriamente ad Asiago sotto il fuoco dell'artiglieria nemica.
La situazione· restò così per qualche ora, in attesa dell'avanzata della fanteria ad Asiago, ove però rimase effettivamente fino alle 18 solo il Reggimento di Cavalleria, mentre la città era fatta segno a un bombardamento intenso, che impediva qualsiasi movimento. I cavalieri sbarrarono le su·ade di accesso e costruirono linee di reticolati coll'abbondante materiale che si trovava ovunque, presidiando ogni settore così protetto con un plotone per tutta la notte fra il 26 e il 27. Alle ore 16.30 il comando del reggimento ricevé gli ordini di operazioni secondo i quali, in cooperazione con un battaglione del 213° Fanteria e con un'altra compagnia mjtragliatrici, avrebbe dovuto operare in Valle d 'Assa. Una ricognizione fatta eseguire alle pattuglie e l'intensificarsi in quel momento del fuoco di fucileria nemica, appostata in trincee parallele alla strada che rimonta la Val d' Assa, consigliarono di far eseguire l'operazione al nucleo ciclisti seguito da uno squadrone rinforzato, tenendo gli altri ad Asiago, pronti a intervenire. Alle 18.30 l'operazione iniziò con i ciclisti all'avanguardia, i quali, giunti a casa Rutser, furono accolti da fuoco di fucileria nemica proveniente dal Lambara, fuoco che superarono facilmente proseguendo per Camporovere.
L'uscita dei ciclisti dal paese fu contrastata da un altro tiro di fucileria nemica, proveniente stavolta dalle falde del Monte Rasta. Il comandante del nucleo appiedato rispose aJ fuoco, per tenere impegnato il nemico e dar modo così allo squadrone, che stava ruTivando, di olu·epassare Camporovere. Appena giunto, lo squadrone non trovò ancora nessun Battaglione, né la compagnia di fanteria che avrebbero dovuto
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esserci. Allora i cavalleggeri si portarono a sud della strada di Camporovere, sottoposta al fuoco di fucileria e artiglieria nerrùca, riuscirono ad entrare nell'abitato e vi trovarono il nucleo cicUsti fortemente impegnato. Giunto anche un reparto del 213° Fanteria al comando di un maggiore, furono fatti diversi tentativi per uscire dal paese, ma tutti inutili. Vi rimasero feriti il sottotenente Croppi ed il capitano Spadaccini.
Visto vano ogni sforzo di proseguire sulla strada di Val d' Assa, fortemente battuta, ed essendo entrata in azione anche la fanteria italiana, lo squadrone iniziò il ripiegamento su Asiago, seguito anche dai ciclisti. Alle ore 21, nell'oscurità, si avvicinò alla posizione di Camporovere un battaglione di fanteria proveniente da Zocchi ed i cavalieri, impossibilitati ad operare, rimasero ad Asiago pronti ad intervenire. Al mattino del 27, Asiago fu fatta segno ad un intenso bombardamento nemico con grossi calibri. Essendo pericoloso rimanervi coi cavalli, il Corpo d'Armata ordinò il ripiegamento su Campo dj Mezzavia. Facilmente individuati, i cavalleggeri furono fatti segno al fuoco d'interdizione lontana dell'artiglieria nerrùca, per cui il comandante della 28a Divisione ordinò la sospensione del ripiegamento degli squadroni fino a notte inoltrata.
Anche lo squadrone che era rimasto di collegamento tra le truppe della 28a Divisione e quelle operanti sull'Altopiano, il giorno 27, dopo aver svolto il suo servizio con pattuglie appiedate, ripiegò e si riunì al Reggimento a Campo Mezzavia. Concluse la sua relazione il comandante:
"Se il reggimento ai miei ordini non raccolse, intimo desiderio di tutti, risultati tangibili nella prima parte della sua operaz;ione, dipese dall'essersi il nemico ritirato silenziosamente ed accortamente fin dal giorno innanzi. Tuttavia nella seconda parte, con intelligente ed ardita esplorazione, gli squadroni riuscirono in poche ore ad avere esatta visione della ritirata del nemico e tracciare la sua nuova linea di resistenza. Così fin dalle primissime ore del giorno 26 si riuscì a stabilire che Gallio-Asiago e Camporovere erano sgombre e che non si sarebbe trovato nemico, se non oltre Marcesina, la cresta di Monte Zebio e alle falde del Monte Ra.sta. Ciò era stato richiesto alla cavalleria come definitivo compito, e questo compito,fu pienamente e sollecitamente raggiunto. "89
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Uomini e cavalli diedero prova di grande resistenza, perché alcuni squadroni percorsero in continuazione oltre 65 chilometri in condizioni molto disagiate e fu quasi una prova per le grandi operazioni che di li sarebbero seguite e nelle qua]i la cavalleria riprese il suo posto nella storia della guerra. Il diario del reggimento parla di "mirabile comportamento dei cavalie1i" ma, con obiettività, non tacque nulla e riferì anche il comportamento poco edificante di due graduati, che non fecero completamente e sollecitamente il loro dovere e furono quindi retrocessi di grado davanti a tutto il reggimento riunito. I due erano il caporale Tartaglino, "perché disorientatosi nelle retrovie non raggiungeva il proprio reparto e rientrava a Pria dell'Acqua propalando esagerate notizie sulle perdite subite gli squadroni" ed il sergente Monteverde il quale "disorientatosi nella ritirata non escogitava le conoscenze in possesso di un sottufficiale per raggiungere il proprio reparto unitamente ad altri cavalleggeri dispersi." È degno di nota che il metodo deU'efficienza, voluto dal Comando Supremo ed attuato in alto coi siluramenti, cominciasse a fare presa anche sulla truppa con punizioni più morali che fisiche. Le perdite subite dagli squadroni furono lievi: due ufficiali feriti, uno dei quali gravemente; tre morti e 19 feriti fra la truppa; sei cavalli morti, 28 feriti ed uno disperso. Furono presi cinque prigionieri con arrrù e rnunizioni.90
89 AUSSME - Relazione del comandante del Reggimento dj cavalleria Cavalleggeri dell'Aquila. 90 AUSSME - B4 9652 Altopiano di Asiago, giugno 1916, Comando del XIV Corpo d'Armata - San Giacomo di Lusiana Reggimento Cavalleggeri di Palenno: relazioni sulle operazioni svolte dagli squadroni di cavalleggeri di Palermo-PadovaAquila, nei giorni 25, 26, 27 giugno sull'altopiano di Asiago. Nei diari storici delle brigate di fanteria coinvolte, come la Milano o la Sassari. per fare un esempio, nei combattimenti, manca un riscontro di conferma sull'azione specifica della cavalleria sull'altopiano. Va ricordato, inoltre, che vi era da parte delle truppe coinvolte la mancanza di una di.retta conoscenza dei luogbj e una deficiente cartografia (erano carte al 100.000) insufficiente ad un efficace orientamento ed esatta conoscenza dei luoghi.