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CAPITOLO XVII IN ALBANIA »

CAPITOLO XVII

IN ALBANIA

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Intanto la Cavalleria italiana era già da tempo presente in Albania con squadroni dei Reggimenti Catania , Lodi, Lucca, Palermo, Umberto I e con lo Squadrone Sardo. Le operazioni principali erano state quelle di contrasto alle bande irregolari e, nell'ultima parte della guerra, le azione di Fieri e sul Semeni e le operazioni svolte da] 7 luglio al 7 agosto 1918.

Ai primi di luglio del 1918 la linea di contatto delle opposte forze sulJ'ala sinistra della fronte albanese correva lungo la Vojussa. Già da tempo il comando delle truppe italiane in Albania era preoccupato dalle condizioni poco favorevoli dell'ala sinistra dello schieramento, appoggiata ad ostacoli naturali di scarsa entità, come le colline di Mifoli e di Zercovina nonché il basso corso della Vojussa, e troppo vicina all'importante base navale di Valona, tanto che aveva deciso un'operazione offensiva avente lo scopo d'occupare le alture della Malakastra, fra la Vojussa ed il Semeni. Procrastinata due volte, nel giugno e nel settembre 1917, l'offensiva fu intrapresa nel luglio 1918 su tutta la fronte, in concorso al]' operazione dei Francesi su li' Alto De voli, ed aveva da parte italiana per obiettivi Perati sulla destra e Fieri sul1a sinistra.

Il carattere montuoso ed impervio del terreno sulla destra italiana, la deficienza di comunicazioni e la difficoltà di farvi affluire i rifornimenti facevano dipendere il successo de11 'operazione in gran parte dall'esito dell'attacco sull'ala sinistra, che aveva per asse la strada Valona-Durazzo, strada che, superata la Vojussa, scavalcava le alture della Malakastra e proseguiva per Fieri ed il ponte di Metali sul Semeni.

Fra le ultime pendici occidentali della Malakastra ed il mare si stendeva una striscia di terreno piano, ampia circa da due a tre chilometri, acquitrinosa ed in parte boschiva, che costeggiava il litorale fino allo sbocco del Semeni nella laguna di Soli. Le truppe imperiali, che erano schierate sulle alture de11a Malakastra, della quale avevano organizzato a difesa il declivio scendente dolcemente come uno spalto verso la Vojussa, si limitavano a far esplorare da qualche rara pattuglia la prospiciente zona pianeggiante ed in gran parte scoperta, di una profondità variabile dai 4 ai 5 chilometri, che si stendeva fino al fiume. Stante questa situazione, perché le truppe italiane operanti ali' estrema sinistra potessero gittare i ponti attraverso la Vojussa, passarla e percorrere tutta l'ampia zona battuta dall'artiglieria nemica in condizioni non troppo sfavorevoli, occorreva che i preparativi fossero fatti con la massima segretezza e sotto la protezione delle tenebre. Il comando italiano progettò pertanto di attaccare frontalmente le alture della Malakastra con cinque battaglioni di fanteria e di affidare ad una colonna di sette squadroni di cavalleria con due sezioni mitragliatrici, someggiate di ripiego, il compito di sfilare fra le alture e il mare e puntare sulle retrovie nemiche in direzione di Fieri e del ponte di Metali. Ultimato il concentramento delle truppe la sera del 6 luglio 1918, appena cadute le tenebre si iniziò il gittamento di un ponte di barche nella località detta Poro. Venne fissato alla mezzanotte il potenziale passaggio della colonna di cavalleria agli ordini del tenente colonnello Bonati, composta da quattro squadroni di Cavalleggeri di Catania con le due sezioni di mitragliatrici, due squadroni di Cavalleggeri di Palermo ed il 9° Squadrone di nuova formazione - lo Squadrone Sardo. La forza dei singoli squadroni poteva essere calcolata mediamente in 100 cavalli circa - ma uomini e cavalli erano ridotti dal clima e dalle privazioni in condizioni di scarsa resistenza fisica, specie per via della malaria che falcidiava inarrestabilmente le truppe italiane.

Alle 4 e 30, ora fissata per l'inizio dell'attacco, la colonna di cavalleria si trovava nel boschetto della laguna di Soli in formazione di linea di squadroni ed iniziò il suo movimento in tale formazione, preceduta dallo Squadrone Sardo in avanguardia. Con la protezione di una provvidenziale

nebbia mattutina, poté traversare la laguna, che era totalmente allo scoperto. Le poche pattuglie nemiche incontrate vennero ricacciate verso il mare. In tale modo la colonna poté proseguire il suo cammino senza destare 1' allarme, né incontrare resistenza, fino sul tergo delle alture della Malakastra. Alle 7.30, mentre si dirigeva verso la strada di Fieri, una pattuglia segnalò un campo d'aviazione. Gli squadroni presero il galoppo e, senza neppure cambiare formazione, fecero irruzione nel campo nemico, che fu colto completamente di sorpresa. Catturarono quattro aerei che vi si trovavano, un quinto che stava atterrando e ne abbatterono un sesto col fuoco dei moschetti e delle mitragliatrici, prendendo prigioniero tutto il personale - aviatori e meccanici - per un totale dj sette ufficiali e 85 uomini di truppa. Solo un pilota, insospettito dall'aspetto insolito del campo, riusd a fuggire mentre stava per atterrare.

Dopo aver provveduto alla custodia ed all'avviamento dei prigionieri, il comandante la colonna stabilì di considerare il campo di aviazione come punto di concentramento e di riordino dei reparti e distaccò il 2° e 4° Squadrone Catania, con una sezioni mitragliatrici al comando del maggiore Giusti dei Cavalleggeri di Palermo, verso il ponte di Metali per prenderlo e distruggerlo. Nel giungere sulla strada Fieri-Metali questo Gruppo si imbatté in reparti e convogli nemici che procedevano verso Fieri e, rovesciati i carreggi e i vagoncini della Décauville, fece numerosi prigionieri. Proseguì quindi verso il ponte, dove fu accolto da un vivo fuoco di fucileria e di mitragliatrici da parte di truppe nemiche, accorse sulla riva destra del Semeni.

Il comandante la colonna inviò allora in rincalzo il 3 ° Squadrone Palermo e la Squadrone Sardo , con una seconda sezione mitragliatrici. Contemporaneamente ordinò al maggiore Tonini di spingersi su Fieri col 2° Squadrone Palermo, col 5° Catania ed una ventina di uomini del 6° Catania: in totale non più di 100-120 cavalli al comando del Magg. Tonini.

Il Gruppo Tonini, giungendo sulla strada di Fieri, s'imbatté anch'esso in truppe austriache che procedevano verso Fieri, le quali, prese dal panico, si arresero con tutto il comando di battaglione senza opporre resistenza.

Senza perdere tempo, il Gruppo proseguì e, prima che il nemico avesse potuto organizzare una difesa, caricò e giunse fino alla piazza di Fieri, dove fece prigioniero il personale del comando della 94a Brigata e numerosi militari isolati. Il pronto sopraggiungere di reparti di fanteria austriaca provenienti dall'esterno però, che contrattaccarono risolutamente, mutò aspetto alla situazione. Gli squadroni, già depauperati degli elementi staccati in pattuglia e di scorta ai prigionieri, subirono in breve tempo rilevanti perdite. Cercarono di reagire all'arma bianca e appiedando, ma, esposti anche al lanci di bombe ed al fuoco di fucileria dalle case, capirono che la loro insistenza a rimanere nel paese si sarebbe risolta in un inutile sacrificio. Pe1tanto il comandante, considerate le perdite subite e la stanchezza di uominj e cavalli, decise di ripiegare verso il campo d'aviazione.

Intanto il comandante la colonna, avvisato che il Gruppo Tonini era stato attaccato a Fieri, stava accorrendo in suo aiuto dal ponte di Metali con parte del 2° e del 5° squadrone Catania , col 3° Palermo ed una sezione mitragliatrici. Prima di giungere a Fieri però, seppe che il Gruppo si era disimpegnato e stava tornando verso il campo d'aviazione. Vi si diresse pure lui e lì si riunirono. Mentre gli squadroni si riordinavano, vennero rinviati la sezione mitragliatrici ed il 2° Squadrone Catania al ponte di Metali, dove erano rimasti lo Squadrone Sardo e l'altra sezione mitragliatrici, scortata da un plotone del 2° e da uno del 4° Catania. Il comandante la colonna intendeva intensificare l'attacco, per tentare poi coi rimanenti squadroni di vincere la resistenza nemica in quel punto. Mentre si disponeva ad eseguire questo piano, sulla riva opposta del Semeni gli Austro-Ungarici aprirono il fuoco sia sui reparti che agivano sul ponte, sia su quelli che si trovavano al campo d'aviazione, facendo inoltre aumentare l'intensità del fuoco delle mitragliatrici a difesa del ponte stesso. Contemporaneamente venne segnalata, nelle boscaglie vicine al campo d'aviazione, la presenza di pattuglie nemiche provenienti da Fieri.

Privo completamente di notizie sulle vicende dei reparti di fanteria che dovevano respingere il nemico dalla Malakastra, e nell'impossibilità di ottenerne, poiché un ufficiale inviato con una pattuglia per prendere contatto col comando della Divisione a stento era riuscito a sfuggire all'inseguimento di una banda albanese a cavallo,132 e considerata la stanchezza degli uomini e dei cavalli a fronte della reazione del nemico, il comandante la colonna inviò ai reparti impegnati al ponte di Metali l'ordine di ripiegare sul grosso. Alle 14.30, avvisato che lo Squadrone Sardo, che scortava le mitragliatrici, attaccato da varie parti non poteva raggiungere il grosso e ripiegava su Res Baciova, il comandante la colonna, incendiati gli aeroplani, gli hangars e il materiale non trasportabile, ripiegò con tutti reparti sul monastero di Pojani, dove giunse alle 18 e pernottò. Durante la notte le alture della Malacastra furono sgombrate del nemico. Le perdite subite nella giornata dalla colonna di cavalleria, la quasi totalità delle quali toccarono al Gruppo Tonini durante l'episodio di Fieri, furono: nove ufficiali (due morti, due feriti, cinque dispersi), 34 uomini fra sottufficiali e truppa (tre morti, 13 feriti, 15 tra dispersi e prigionieri), 72 cavalli (35 morti, 13 feriti, 24 dispersi).

Invece i risultati materiali dell'azione consisterono nella cattura di 1.200 prigionieri, fra i quali una quarantina di ufficiali, nella distruzione di un campo d'aviazione e di sei velivoli, di una colonna di rifornimenti, nel danneggiamento d'una colonna di carreggio e di due treni Décauville carichi. Fu poi paralizzata l'azione del comando della 948 brigata austro-ungarica e si determinò il ripiegamento di tutti i settori dello schieramento nemico sulla Vojussa, schieramento che aveva resistito all'attacco preparato e combinato dalle truppe italiane e francesi.

Di singolare valore e di particolare eloquenza è la testimonianza133 circa i sensibili effetti, anche morali, che quest'operazione determinò nel campo austro ungarico, perché "anche se la cavalcata della cavalleria italiana era terminata con perdite gravi,permane nondimeno il fatto sostanziale che essa decise le sorti della giornata."

Nonostante fosse andata fino allora perduta soltanto la posizione più avanzata del settore dell'ala più esterna, e gli Italiani incalzassero appena, l'effetto addirittura catastrofico prodotto sulla fronte dall'eco delle fucilate a Fieri e dalle voci, subito propagate dell'occupazione dell'abitato e del ponte sul Semeni, della cattura del comando di brigata e della perdita dell'unica linea di ritirata, portarono alla ritirata anche del settore nemico contiguo sul medesimo fronte. Tale settore era stato appena attaccato dagli Italiani. Sotto l'impressione di questi avvenimenti, le unità austriache si sbandarono, i rimanenti settori della fronte del1a Vojussa anziché verso nord ripiegarono irrimediabilmente verso est e furono abbandonati 13 pezzi di artiglieria. "Anche ad eccezione dell'estrema ala destra dello schieramento, la fronte della Vojussa e dell'altro Devoli aveva resistito gli attacchi nemici. Ciò nonostante il comando della 47° divisione di fanteria, ad onta avesse gran parte delle proprie riserve ancora intatte, diede la partita perduta, ordinò anche il ripiegamento della 93° brigata- schierata a sud di Beret- e stabili nelle prime ore del giorno 8 il proprio posto di comando a Liuzna e di giorno seguente a Rogozia." Infine "in questa situazione svanì anche nell'ultimo uomo la prospettiva della possibilità di una rinnovata sicura resistenza. Sulle truppe pesava come un incubo la catastrofe di Fieri, dipinta in proporzioni fantasticamente smisurate ed il terrore della cavalleria che dopo molte settimane dominava ancora gli animi". È ancora da notare che il 10 luglio il generale von Pflanzer-Baltin fu inviato in tutta fretta ad assumere il comando delle forze in Albania - comando di Corpo d'Armata - dove giunse il 12 in aeroplano.

Le operazioni dei giorni seguenti ripresero già l'indomani, 8 luglio 1918, quando alla colonna di cavalleria venne impartito l'ordine di risalire la sinistra del Semeni verso Kuci, col compito di cat-

132 Inquadrata da elementi regolari e comandata dal capitano di cavalleria dell'esercito austro ungarico A. Schaumann. 133 SCHWARTE, Der Grosse Krieg 1914-1918, vol. V - Der Osterreichischungarische Krieg, n. 22; Der Feldzug in Albanien. ed. 1922.

turare i reparti austriaci in ritirata che tentassero di ripassare il fiume. Questo compito venne disimpegnato fino ali' 11 luglio, dando per risultato la cattura di sbandati e la distruzione di un ponte militare di barche il 9 luglio presso Jagodina.

Il 12 la colonna ricevé l'ordine di passare il Semeni e puntare verso lo Skumbi, con un Gruppo in direzione di Liuzna e l'altro di Dragosti. Ambedue, scontratisi con rilevanti forze di fanteria austriaca e presi di mira dall'artiglieria nemica, furono però costretti a ripiegare su Kuci (sul Semenj).

L'indomani la colonna di cavalleria ebbe l'incarico di sorvegliare il corso del Semeni da Stamatica ad Hassan Boyut (40 chilometri circa) e di contrastarne il passaggio al nemico. Da Kuci, e poi da Sina, la colonna, già notevolmente ridotta di forze per le perdite e la malaria, disimpegnò il compito tenendo testa quotidianamente ai ritorni offensivi del nemico, che, specialmente dopo il 21, si facevano ogni giorno più violenti e accennavano all'intenzione di passare il fiume a Kuci. Finalmente il 24 le forze nemiche, ormai divenute rilevanti, prevalsero anche contro le truppe di fanteria inviate a contenerle. Il giorno dopo, jJ 25, la colonna fu raggiunta da due squadroni dei Cavalleggeri di Lucca ed i reparti di cavalleria furono impiegati in concorso con la fanteria, prima a trattenere il nemico, che aveva passato il Semeni, quindi a ricacciarlo.

Il 6 agosto, lanciati all'attacco della fanteria austriaca asserragliata in un bosco vicino a Jagodina, subirono perdite sensibili anche se il risultato del1a giornata consisté nella cattura di 62 prigionieri, due mitragliatrici, 54 fucili, molte munizioni e materiale vario. Si persero però cinque ufficiali (due morti, tre feriti fra cui il comandante la colonna tenente colonnello Bonati), 26 tra sottufficiali e truppa (sei morti, 18 feriti, due dfapersi) e 64 cavalli (28 morti, 26 feriti e 10 dispersi). Dato l'esaurimento dei reparti, 1'8 agosto il Reggimento Catania venne ritirato dal fronte ed inviato a Zercovina.'34 Poco prima della fine delle ostilità, cogli squadroni presenti in Albania, venne formata la IX Brigata di Cavalleria, che partecipò all'avanzata finale delle truppe alleate che pose termine alla guerra nei Balcani.

134 Colonnello Aldo AYMONINO, Note sull'impiego delle grandi unità di cavalleria, febbraio 1922.

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