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CAPITOLO XI
RITORNO SUL CARSO: LA PRESA DI GORIZIA
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Nel secondo semestre del 1916 la mobilitazione delle risorse industriali, lo sfruttamento del potenziale umano e l'adeguamento alle regole della guerra di materiali, fatta di preponderanza nel numero di battaglioni e pezzi d'artiglieria, nella quantità di armi, munizioni, mezzi tecnici e logistici di ogni genere, resero il Regio Esercito uno strumento bellico adeguato alle necessità imposte dal conflitto. L'artiglieria riuscì a soverchiare il dominio della mitragliatrice sul terreno, distruggendone le postazioni con il fuoco di distruzione, ma per la cavalleria non c'era, in una guerra del genere, nulla o poco da fare, nonostante ancora sull'altopiano di Asiago avesse dato buona prova di sé e, appiedata, avesse in genere dato risultati brillanti, soprattutto grazie al suo spirito aggressivo ed impavido.
L'Esercito italiano era ormai stato messo in condizione di impone aU 'avversario il peso della battaglia di materiali, supportata dal pronto ingresso di riserve fresche, per alimentare lo sforzo e superare l'inevitabile logoramento imposto dalle terribili condizioni di vita e lotta nelle trincee. Alle nuove divisioni ed alla potenziata artiglieria italiana però le truppe austro-ungariche schierate lungo l'Isonzo e sul Carso potevano opporre linee difensive più solide. In mesi di estenuante scavo, i genieri austro-ungarici, le squadre di lavoro e le stesse truppe, libere dai compiti di vedetta, avevano inciso in profondità la dura roccia carsica per ricavarne caverne e trincee.
La seconda linea austriaca, partendo dalla foce del Vipacco, includeva nel tracciato il Monte San Michele, si inarcava sulle cime del Cmi Hrib e del Debeli e si co11egava alle posizioni nei pressi di Quota 121. Il caposaldo della seconda linea rimaneva il San Michele, che, per il fatto di essere la chiave difensiva delJ'altopiano di Doberdò, divenne un labirinto trincerato, nel quale le rispettive posizioni obbedivano alla logica del continuo adattamento alla situazione. Dietro la seconda linea, ad est del Vallone, era stata attrezzata la "Posizione Vallone", terza linea difensiva: appoggiandosi con l'ala destra all'ansa del Vipacco nei pressi di Raccogliano, partiva dal Convento di San Grado di Mema, passava per la Quota 212 del Nad Logem, Vizintini, Palchisce, Ferleti, Boneti, Quota 175, Quota 235, Jarniano, Quota 131, Flondar, Quota 145, Quota 199, terminando presso Duino.
Tenendo ben presente l'eventualità della perdita del San Michele, era stata tracciata una linea intermedia di contenimento tra la seconda e la terza sul tratto Gabria-Gorne-Brestovec-Quota 110Marcottini. Tale linea si ancorava alla terza sulla destra, presso Pri Stanti, e alla seconda sulla sinistra, in cima al Crni Hrib. Il fronte sud-occidentale fu poi rafforzato con i mezzi che lo sforzo logistico-organizzatjvo aveva messo a disposizione. Ciò nondimeno l'inferiorità numerica e materiale dell'armata dell'Isonzo non le permetteva di passare all'offensiva nel corso del 1916.
La testa di ponte di Tolmino, quella di Gorizia ed il Carso di Doberdò erano in grado dì reggere l'assalto italiano; pure, laddove questo si scatenava, costringeva l'armata del generale Boroevic a lottare per sopravvivere. Per l'esercito imperiale le prospettive per il 1916 non erano rosee ed i fatti lo dimostrarono.
L'offensiva di maggio dal saliente trentino, passata aJJa storia con il nome di Strafexpedition (spedizione punitiva), fallì nel suo disegno strategico: la discesa dagli altipiani e la presa al1e spalle delle armate italiane schierate alla fronte giulia. Contemporaneamente, tra maggio e giugno, si scatenò l'improvvisa, violenta offensiva russa che apri la breccia di Lutsk, in Volinia; le truppe austroungariche de] settore vennero travolte o coinvolte nella rotta.
La crisi sul fronte orientale non sottrasse ingenti forze al teatro bellico italiano, ma costrinse l'esercito imperial-regio a rimanere sulJa difensiva, nell'attesa della prevedibile offensiva d'estate
italiana. Con una riuscita operazione tattico-logistica il generale Cadorna trasferì sulla fronte giulia le truppe che gli erano servite per arginare l'avanzata austro-ungarica in Trentino e lanciò in agosto la sesta offensiva sull'Isonzo, godendo della piena superiorità numerica e materiale. Furono adottate delle innovazioni tattiche. Nei combattimenti passati si usava allungare il tiro delle artiglierie quando le truppe uscivano dalle trincee, un fatto che permetteva al nemico di guadagnare l'attimo necessario per prender posizione e aprire il fuoco con le mitragliatrici.
Si cercò allora di fare in modo che le fanterie avanzassero sotto l'arco della traiettoria dell'artiglieria, in modo da giungere a ridosso delle trincee nemiche contemporaneamente all'allungamento del tiro. Gli avversari, costretti a rimanere al riparo fino all'esplosione dell'ultima granata, si sarebbero trovati addosso gli attaccanti prima di poter abbozzare una reazione. La tecnica venne in aiuto alla tattica ossidionale: il massiccio uso delle bombarde, che divennero ben presto una specialità italiana, risolse almeno in parte il problema dei reticolati, un ostacolo che arrestava lo slancio della fanteria, permettendo all'artiglieria e alle mitragliatrici di infierire più a lungo sulle ondate all'attacco. L'azione contro il campo trincerato di Gorizia si svolse fulminea, in sincronia con l'attacco della 3a Armata sul San Michele. L'improvvisa caduta del Sabotino fu l'elemento che compromise la tenuta della testa di ponte da parte austro-ungarica. La mancanza di consistenti riserve e le perdite della 58a Divisione indussero il comando del fronte sud-occidentale ad ordinare il ripiegamento a oriente di Gorizia. A sua volta Boroevic impartì anche l'ordine di sgombero del Carso di Doberdò. La ritirata austriaca non si trasformò in una rotta perché l'Armata deJ Duca d'Aosta non si accorse dell' abbandono delle posizioni da parte dell'avversario. Cinque giorni di furiosi scontri sull'altopiano carsico avevano d'altro canto logorato anche le divisioni italiane, ormai trincerate sulla sommità del Monte San Michele. All'alba del 10 agosto le truppe italiane si diedero ad inseguire iJ nemico di propria iniziativa, provando per la prima volta l'ebbrezza e l'inquietudine dell'avanzata senza contrasto sul terreno aperto. L'XI ed il XIII Corpo si inoltrarono sul terreno quasi privo di rotabili, fra trincee, doline ed i soliti muretti io pietra carsica, che creavano non poche difficoltà alle truppe in marcia con jl loro incrociarsi labirintico e irregolare. Le alture ad est di Monfalcone vennero abbandonate il 12 agosto (Debeli, Quota 121, Quota 85) . 91
I reggimenti della V Brigata della 3a Divisione di Cavalleria nell'agosto del 1916 parteciparono e si distinsero nella battaglia per la liberazione di Gorizia. IJ 9 agosto 1916 la 3a Divisione di Cavalleria si avvicinò alla zona di operazioni della 3a Armata. La V Brigata era composta dal Comando Divisione, dai reggimenti Cavalleggeri di Salua,o e Cavalleggeri di Vìcenza, dal IX Battaglione Bersaglieri Ciclisti e da una sezione di auto-mitragliatrici; la VI Brigata da Savoia Cavalleria , dai La,ncieri di Montebello e da una batteria a cavallo.
Dopo la presa di Gorizia, la Divisione fu improvvisamente chiamate a cooperare allo sfondamento delle linee avversarie. Era sbarcata dai treni la sera del I O agosto a Cormons, dove ricevè l'ordine di occupare i nodi stradali di Schonpass e Doremberg, appena le fanterie avessero aperto un varco nelle linee nemiche.All'alba dell'indomani si recava sull'Isonzo, al ponte di Mainizza e, percorrendo con i cavalli condotti a mano i camminamenti abbandonati dal nemico sulla sponda sinistra del fiume, la testa di essa si portava a poche centinaia di metri dalle trincee nemiche, per non lasciarsi sfuggire l'attimo favorevole all'adempimento del compito assegnatole. In tale operazione fu ammirevole il contegno delle truppe che, malgrado le perdite, percorsero senza alcuna esitazione o defezione, sotto il tiro aggiustato delle artiglierie nemiche, tanto il quachivio di Mainizza quanto il ponte omonimo, a più riprese colpito, interrotto e riparato.
L'll agosto 1916 al Comando del1a V Brigata di Cavalleria fu dato l'ordine, come primo obiettivo, di assicurare i nodi stradali di Domberg e di Schoenpass e, come obiettivo ulteriore, di occupare la conca di Aidussina, spingendo punte verso Zolle Vipacco. La conca di Aidussina apriva la stra-
91 CERNIG01-CucINATO-VOLPJ, Sui sentieri della prima guerra mondiale, op. cit.
da per l'interno dell'Impero ed era, qualora fossero state conquistate le vette circostanti, percorribiJe da reparti di cavalleria. La resistenza del nemico in zona tendeva a coprirne il ripiegamento ed il rafforzamento su posizioni arretrate, nonché la messa in batteria di artiglierie pesanti.
La fanteria prese contatto con il nemico su una linea di due chilometri ad est di Gorizia e, a sud, per Vertoiba verso San Grado di Mema. L' 11 la linea fu fortemente battuta dall'artiglieria per sfondarla ed irrompere oltre.
In questa situazione si prescrisse alla cavalleria, grazie alla sua celerità, di passare, cadere alle spalle dell'avversario e fame crollare la resistenza. Ovviamente chi stilò l'ordine non conosceva affatto il terreno che da Vertoiba sale verso San Grado di Mema, rotto da grize e con una pendenza particolaimente pronunciata. Per aprirsi la strada il comando intendeva, ad onore della verità, impiegare la Brigata, sostenuta dal IX Bersaglieri Ciclisti e da una batteria de11a prima squadriglia automitragliatrici, impiegando queste soprattutto sulle direttrici Aidussina-Schoenpass e GoriziaDomberg. Le rimanenti truppe sarebbero rimaste a disposizione, per rinforzare quelle che si fossero poi trovate nelle migliori condizioni di agire alle spalle dell'avversario. Così all'alba la V Brigata si trovò incolonnata sulla strada San Lorenzo di Mossa-Mariano, con la testa alla chiesa di San Lorenzo di Mossa, avanzò alle 9.45 ed iniziò operando verso il Vallone.
Il 12 agosto Genova Cavalleria occupò l'Altopiano di Doberdò e Monte Cosich e, in cooperazione con la Brigata Cremona, conquistò quota 144; mentre i Lancieri di Novara combattevano sul Monte Cosich e sul Debeli e venivano poi schierati sulla linea Mucile-quota 121, dove sarebbero rimasti fino a tutto il dicembre 1916. 92
Il 13 agosto 1916 gli Imperiali furono respinti da q. 212 a sud del Vipacco ed a Oppacchiasella, a nord del Vipacco. Occupavano in quel momento in modo saldo tutte le linee del fiume Vertoibica e tutte le linee ad est di Gorizia, in forti trinceramenti, ma ancora con una scarsa quantità di uominj, per di più molto scossi. Un'azione ardita alle loro spalle avrebbe forse provocato un crollo morale che, con la disorganizzazione dei movimenti nelle retrovie, avrebbe probabilmente costretto i nostri avversari ad un'ulteriore ritirata. Per raggiungere questo scopo era necessario che le truppe italiane si trovassero aperta la strada pedemontana che corre parallela a sud del Vipacco, strada che era facilmente percorribile da reparti celeri, a differenza della zona di San Grado di Merna. In tal modo avrebbero potuto attraversare il fiume ad est di Biglia, per agire sulle strade a levante della Vertoibica.
A questo punto urgevano informazioni ed era necessario che la cavalleria le reperisse con una ricognizione. Per farla fu ritenuto sufficiente l'impiego di una brigata e di un battaglione ciclisti. Il compito fu quindi affidato alla V Brigata ed al XII Battaglione Ciclisti, messo alle sue dipendenze. 93
I Cavalleggeri di Saluzzo furono ammassati a sud di Villanova, a ridosso del Monte Fortin; il Reggimento Cavalleggeri Vicenza fu messo in riserva. Saluzzo eseguì l'incarico, scoprendo che da sud del fiume Vipacco alla chiesa di San Grado le linee erano tutte occupate da fanterie munite di numerose mitragliatrici ed artiglieria, come ad est di San Grado, verso il cimitero di Biglia. Dopo aver effettuato ricognizioni nella piana di San Pietro di Go.rizia, il Reggimento ripiegò sulle alture di Monte Fortin, presso San Lorenzo di Mossa. Per quanto riguardava l'altra Brigata di Cavalleria, anche i suo reggimenti avevano preso parte alla battaglia di Gorizia: Savoia aveva passato l'Isonzo sotto il fuoco nemico, per poi spostarsi a Peteano, mentre Monrebello si era trovato nel settore ru Monte Fortin, subendo perdite in uornin:i e cavalli. Non fecero molto di più perché, vista l'impossibilità di operare efficacemente, alla Divisione di Cavalleria era stato ordinato di tenersi in posizione d'attesa, a cavallo del Vi pacco, per cui per sette giorni consecutivi era rimasta intorno all'Isonzo, col Comando tra Boschini e Rubbia e con reparti oltre il
92 AUSSME Diario storico delle divisioni di cavalleria. 91 AUSSME - 142S 12E - V brigata di cavalleria, 3• Divisione.
Vipacco. Il settimo giorno le superiori autorità, ritenuto ormai impossibile lo sfondamento deUe linee nemiche, le avevano ordinato d'arretrare. In quel lasso di tempo erano stati impiegati due battaglioni di Bersaglieri Ciclisti. in cooperazione con la fanteria, per tentare di rompere le resistenze nemiche, mentre le automitragliatrici blindate divisionali avevano fatto un prezioso lavoro di avanscoperta, portandosi sino sulle trincee austriache, tanto che uno dei loro ufficiali era rimasto ferito da una bomba a mano.94 Poi, iJ 17 agosto 1916, constatata l'impossibilità di proseguire e la necessità di rafforzarsi sulle posizioni conquistate, alla 3a Divisione di Cavalleria fu impartito l'ordine di rientrare nei propri alloggi.
Con la caduta della testa di ponte di Gorizia nell'agosto 1916, gli Austro-Ungarici, già duramente provati sul fronte orientale, dove erano in ritirata a seguito della catastrofe di Luck, dove si era appena aperta una gigantesca falla nelle loro linee in seguito all'offensiva del generale russo Brusilov, furono costretti ad arretrare anche nel settore meridionale del Carso. Lo fecero abbandonando il pilastro angolare del Cosich, fino allora inespugnabile, ritirandosi sulle alture che sbarrano ad oriente la conca del lago di Doberdò e sovrastano quello di Pietra.rossa.
L'autunno del 1916 vide le coJline del monfalconese diventare un immenso agglomerato di trincee, depositi e strutture per il ricovero dei rincalzi. La linea del fronte di combattimento rimase ancorata fino al maggio 1917 a ridosso delle alture che fasciano la strada del Vallone, nel tratto che emerge dal solco Devetachi-Boneti fino allo sbocco presso San Giovanni di Duino: giogo di Jamiano, falde occidentali di Quota 144 (Arupacupa), Quota 100, alture del Locavaz, San Giovanni.
Alla 3a Armata l'autunno portò piani di battaglia; più esattamente, col benestare di Cadorna, si pianificò la VII Battaglia dell'Isonzo e la si iniziò il 14 settembre.
Per la cavalleria, furono coinvolti i Cavalleggeri di Roma che nei primi due giorni - 14 e 15 settembre 1916 - attaccarono quota 77 a sud di Pietra.rossa, ripetendo gli assalti per ben sei volte consecutive e subendo forti perdite. La 3" Armata infatti aveva preparato sul Carso l'attacco delle posizioni nemiche ad est di Oppacchiasella e, con la sua ala sinistra, voleva cercare di raggiungere le alture del Volkovniak-Fajti Krib. Ali 'VIII Corpo d'Armata della 2a Armata era stato quindi ordinato di appoggiare l'avanzata dell'ala sinistra della 3a Armata, cercando di occupare la Vertoibica, impadronendosi del paese di Biglia e coadiuvando l'attacco delJe alture di San Grado. Nell'eventualità che tali azioni fossero fortunate e consentissero d'impiegare ancora la cavalleria, fu ordinato che aliquote della 38 Divisione si tenessero pronte per l'esplorazione. Era importante stabilire su quali nuove linee della Valle del Vipacco il nemico potesse tentare d'opporre resistenza, in caso si fosse ritirato. Oltre a questo la Divisione doveva effettuare, se possibile, l'aggiramento da tergo delle forze che l'avversario avesse eventualmente lasciato indietro a proteggersi la ritirata. Ma, effettuato il primo sbalzo sull'altopiano di Comeno e arroccatisi gli Imperiali su una linea ancora più resistente, l'azione della cavalleria fu vanificata e la Divisione restò nelle retrovie.95
I guadagni ottenuti dalla VII Battaglia dell'Isonzo furono così scar i - piccoli successi intorno al Veliki e nell'ansa del Vìpacco, l'occupazione di San Grado di Merna ed una breve avanzata nel piano di Comeno - che proprio Cado.ma J'inten-uppe d'autorità già il 16. Di lì a tre settimane però, il 9 ottobre, egli ordinò l'inizio dell'VIII Battaglia dell'Isonzo. i cui risultati si sarebbero alla fine condensati nella conquista della seconda linea austriaca ad est del Vallone di Doberdò, nell'avanzata verso il Pecinka e nell'allargamento dell'occupazione intorno a Gorizia. TI 10 ottobre i Cavalleggeri del Monferrato, passati alle dipendenze della Brigata Arezzo (225° e 226° Fanteria) furono impegnati per la conquista di quota 77 di Monfalcone e si comportarono con grande valore e spirito di sacrificio. Ali 'alba di quel giorno il Reggimento, dislocato col I Gruppo di
"' AUSSME - B 4 9651 - Comando 3• divisione di cavalleria. Incidentalmente. salvo errore. questa dovrebbe essere stata la prima azione di fuoco in avanscoperta faua da mezzi blindati della Cavalleria italiana in guerra. 95 AUSSME 142S 14E - VT brigata di cavalleria. Comando della 3• divisione di cavalleria, 14 senembre 1916.
Go,izia appena conquistata: agosto 1916.
due squadroni nei trinceramenti di Mandria e col II Gruppo di rincalzo alla fabbrica del grasso di Monfalcone, ebbe l'ordine di tenersi pronto a lanciarsi alJ'assalto, in giornata, delle forti posizioni austriache di quota 77 (falde meridionali), dal castello diruto al Lisert.
Nelle prime ore del mattino i tre squadroni di prima linea si portarono in posizione di attesa per l'attacco, nella località avanzata di "casa diroccata" e "Ridottino Roma", situata a 500 metri circa dalle posizioni nemiche, mentre il II Gruppo Squadroni dalla fabbrica del grasso avanzava a presidiare i trinceramenti lasciati dal I. Alle quattro precise del mattino il tenente di complemento Nicolò Maiero si portò fin sotto il reticolato nemico con dodici cavalleggeri e vi fece tagliare i fili dei reticolati e b1illare i tubi di gelatina esplosiva, aprendo in tal modo varchi per una cinquantina di metri dinanzi al tratto di trinceramento verso la palude Lisert.
Alle 14.50 Maiero uscì di nuovo, stavolta con due pattuglie di quindici uomini ciascuna, e distrusse le ultime opere di reticolato nemico verso il Lisert. Dopo aver visto saltare il filo spinato, al grido di Savoia, si lanciò coi suoi dentro la trincea, catturando numerosi prigionieri e chiedendo subito rinforzi al comandante del I Gruppo. Nel frattempo, dal ricovero centrale situato alle falde di quota 77, cominciarono ad affluire i primi contrattaccanti, prontamente accolti a fucilate dal reparto zappatori di Maiero.
Erano le 15 .50 quando il 1 ° squadrone ebbe ordine di lasciare il più celermente possibile la "casa diroccata", per aiutare il plotone zappatori seriamente impegnato, che il nemico da quota 77 stava tentando d'aggirare e che si difendeva energicamente, ma rischiava d'esaurire le munizioni e le bombe a mano. Dieci minuti dopo lo stesso ordine venne impartito pure al 2° Squadrone.
Nel primo sbalzo, ferito il capitano Di Tocco, il tenente Campanaro Biase portò il 1 ° Squadrone fin presso ai "tre alberi", dove fu accolto da un furioso fuoco di mitragliatrici ed artiglieria avversaria. Poi il tenente Muscoline giunse sull'orlo della trincea nemica col proprio plotone e riuscì a disimpegnare il plotone zappatori i cui superstiti, usciti con uno sbalzo, riuscirono a riunirsi, prendendo alcuni prigionieri.
Agosto 1916: truppe italiane a Gorizia in marcia verso il San Marco.
Gli Austro-Ungarici intanto si precipitavano dall'alto della seconda trincea e, con un violentissimo ed ininterrotto fuoco di mitragliatrice e lancio di bombe a mano, alla fine costrinsero a ripiegare i cavalleggeri del 1 ° Squadrone, già duramente provati dal fuoco, specialmente intenso da quota 21. Ma proprio in quel momento giunse a sbalzi il 2° Squadrone, preceduto da un plotone guidato dal sottotenente Muzzati, il quale, s1anciandosi sull'orlo della trincea, cadde colpito alla fronte. Parte del suo plotone riuscì a penetrare nelle trincee avversarie, ma dovette subito ripiegare per la viva resistenza dei nemici, continuamente affluenti dalle caverne, e per l'intervento di fuoco di sempre nuove mitragliatrici. In quel mentre, giunse ordine di ritirarsi al "Ridottino Roma" e riordinarvisi. Il ripiegamente venne effettuato a sbalzi e con calma, lungo l'efficace riparo d'un muretto che evitò maggiori perdite.
Riordinatosi il 1 ° Squadrone nei pressi di "casa diroccata", alle ore 17 precise si lanciò una seconda volta fuori della linea avanzata ed a sbalzi procedé decisamente nella stessa direzione di prima, seguito dal 2° che si portò ali' altezza del I O nel braccio di trinceramenti verso il Lisert.
Intanto anche il 3° Squadrone muoveva a rincalzo e sostegno delle due prime ondate. In due sbalzi successivi si lanciò nella direzione del "casello ferroviario" ed entrò in combattimento, tentando di superare il reticolato austriaco. Il IV plotone del 3°, con il sottotenente Rodriguez in testa, ingaggiò un combattimento a bombe a mano sul ciglio della trincea al "CaseUo" e l'ufficiale cadde ferito a morte mentre continuava ad incitare all'assalto agitando l'elmetto.
Il violento fuoco di fucileria, mitragliatrici ed artiglieria nel complesso arrestò la sortita dei tre squadroni, costringendoli ad impiegare bombe a mano e moschetteria dai pochi appigli offerti dal terreno roccioso. Il combattimento appariva ancora incerto, quando giungeva a rincalzo il II Gruppo Squadroni. Il 4° Squadrone aveva seguito il movimento del 3°: il suo I plotone ora venne lanciato in direzione del "casello distrutto" e riuscì a raggiungerlo, nonostante le raffiche del fuoco avversario; ma una fortissima esplosione fece strage tra i cavalleggeri che vi erano entrati e si erano mischiati a quelli del 3° Squadrone. Gli altri plotoni del 4° avanzarono nella stessa direzione, ma furono fermati dal soverchiante fuoco avversario dalle caverne e dall'alto della quota. Nonostante tutto, tentarono per ben due volte d'assaltare i trinceramenti nemici, ma furono sempre costretti a ripiegare.
Analoga sorte ebbe il 5° Squadrone, che si lanciò con un plotone verso il "casello" e coi rimanenti tre contro la trincea che dal "casello" scendeva verso sud. Il terreno particolarmente anfrattuoso agevolò l'avanzata e permise al 5° di giungere sotto i reticolati nemici quasi all'imbrunire, mentre il I Gruppo Squadroni, cbe aveva attaccato la trincea avversaria, era già duramente colpito. Più fortunato fu il 6° Squadrone, anch'esso lanciato in direzione del "casello", dove più cruenta era la lotta, fu protetto dall'incipiente oscurità e poté avanzare velocissimo fino all'obiettivo designato, riuscendo a rinforzare i reparti già impegnati sulla posizione.
A questo punto, erano le ore 19 circa, il comandante del Reggimento, ricevuta informazione che la colonna di sinistra aveva ripiegato sulla linea di partenza e vista l'inutilità degli sforzi per espugnare la trincea avversaria, inviò ordine a tutti gli squadroni di ritirarsi, a sbalzi ed ordinatamente, verso "casa diroccata". Il ripiegamento avvenne ordinatissimo e, alle ore 20.30 circa, tutto il Reggimento si trovava riunito nella linea avanzata "casa diroccata- iidottino Roma".
Il Il plotone del 6° Squadrone era stato assegnato alla 5a Compagnia del 225° Fanteria, che era stata il collegamento fra il medesimo Reggimento di Fanteria a sinistra ed i Cavalleggeri del Monferrato a destra nell'azione su quota 77. Alla compagnia di fanteria era stato anche aggiunto, al mattino, un plotone del 1 ° Squadrone di Monferrato , il quale era stato oggetto del tiro intenso dell'artiglieria avversaria, uscendone con forti perdite, fra cui il tenente Di Loreto, colpito a morte.
Allora era stato inviato in rincalzo il II plotone del 6° Squadrone dei Cavalleggeri di Piacenza, comandato dal tenente Luigi Sequi. Alle 17, viste uscire le ondate d'attacco del Monferrato, il tenente Segui aveva preso il comando de1Ja prima ondata della sa Compagnia e, alla testa dei fanti e dei
Sant'Ignazio (Gorizia) con truppe di cavalleria della 3" Divisione di Cavalleria nell'agosto 1916.
suoi cavalleggeri si era precipitato fuori dalle trincee verso il "casello ferroviario". Si era spinto. sotto il fuoco avversario, fino ai reticolati nemici, assecondando l'azione del Reggimento e cercando di rafforzarsi sul terreno conquistato. fin quando, visto che i reparti laterali non riuscivano a superare l'aspra resistenza nemica, all'imbrunire aveva ricevuto l'ordine di rientrare in linea.'16
Nell'azione, le perdite subite dal Reggimento assommarono a tre ufficiali morti (tenente Di Loreto e sottotenenti Rodriguez e Muzzati, (caduti nella trincea nemica) e sette feriti, mentre fra sottufficiali e truppa si registrarono 23 uccisi, 21 dispersi e ben 200 feriti.
Terminata il 12 ottobre l'VIII, il 31 cominciò la IX Battaglia dell'Isonzo, che po1tò la 3a Armata all'occupazione del Pecinka, del Veliki Krib e delle falde del Fajti Krib ed all'avanzata fino a Castagne vizza.
In tutto l'arco di questo ininterrotto ciclo operativo, da settembre a dicembre, l'artiglieria nemica tornò padrona della situazione, battendo intensamente tutte le posizioni italiane; la cavalleria rimase non impegnata. Mentre alcuni reggimenti restavano in attesa a cavallo, il resto dell'Arma fu impiegato appiedato ed in differenti modi, cosicché Roma agì da fanteria, respingendo tutti gli attacchi nemici alle sue linee da quota 144 al mare.
I reggimenti non inquadrati divisionalmente avevano partecipato in vario modo, o non avevano partecipato affatto, aUe operazioni correlate alle ultime quattro battaglie dell'Isonzo.
Nel fortunato mese di agosto avevano preso parte, appiedati, alla battaglia di Gorizia il 3°, il 5° e il 6° squadrone di Piemonte Reale, subendo perdite suJla Vertoibiza e sul Vipacco, mentre il 1° squadrone dello stesso reggimento in autunno sarebbe rimasto in trincea tra q. 144 e le quote ad est di Monfalcone.
I Lancieri di Firenze, assegnati al IX Corpo d'Armata, erano andati in Cadore con compiti di supporto. Il reggimento Foggia rimase da settembre a novembre di massima negli accantonamenti; i suoi squadroni, a turno, prestarono servizi temporanei fuori sede per scortare i numerosi prigionieri catturati durante le operazioni sul Carso. Foggia fornì così, saltuariamente, distaccamenti a Romans, a Sdraussina, a San Martino del Carso, a Bosco Cappuccio, a Parra ed a Rubbia.
Gli esiti delle battaglie dell'Isonzo, come si è visto, non permisero comunque un costante impiego delle truppe di Cavalleria, cosicché, cessata l'azione, gli Squadroni rimanevano nella zona di retrovia dei Corpo d'Armata e riprendevano i consueti servizi di vigilanza e di perlustrazione in ausilio ai Carabinieri Reali.97
Nel 1916 Lodi fu smembrato. Il Comando col I e il II Gruppo furono mandati in Albania, dove, fin dall'anno prima, lo Stato Maggiore aveva inviato un contingente di truppe.
Anche Lucca appiedò i suoi squadroni e il 1° si segnalò nelle trincee di Monfalcone, Plava e Canale, meritando la citazione sul bollettino.
Gli squadroni dei Cavalleggeri di Catania furono destinati ad operare in Albania. TI Reggimento Umberto I, impegnato come truppa suppletiva, appiedato, fu inviato nella zona di Gorizia, alla cui liberazione, 1'8 agosto, concorsero i Cavalleggeri di Udine, che poi puntarono sul San Gabriele e sul Monte Santo. Il giorno successivo raggiunsero Vertoiba e Merna, dove conquistarono la posizione del cimitero, nonostante le forti perdite subite.
Il 1916 si chiudeva con la cavalleria in una situazione di incertezza quanto al suo futuro. I risultati erano stati comunque buoni, tanto per la conservazione del materiale quadrupedi quanto per coloro che avevano partecipato alle operazioni con le grandi unità di cavalleria appiedate, dimostrando di saper combattere bene anche in maniere a cui non erano stati originariamente addestrati.
9(, AUSSME - B 4 9651 Comando Generale arma di cavalleria - reggimento Cavalleggeri di Monferrato: Relazione sull'azione svolta da reggimento nell'attacco di quota 77 ad est di Monfalcone il IO ottobre 1916.
91 PEZZT-SIBONl e RAVAGNATI-LARGHlNl, op. cil.
La 3° Divisione di Cavalleria a Gorizia in via Alvarez nel 1916.
9 agosto 1916: la stazione dalla strada del ponte di Lucinico con le truppe della 3" Divisione di Cavalleria.
Lucinico: truppe della 3" Divisione di Cavalleria a riposo nel 1916.
Gorizia, Via Rastello con truppe della 3" Divisione di Cavalleria a riposo.
Una sezione di autoblindomitragliatrici della 3" Divisione di Cavalleria sbarra la strada di Vertojba.
Soldati italiani a riposo sulla sponda del fiume Yipacco oltre Rubbia.
La 3a Divisione di Cavalleria nella piana di Gorizia.
1916: Il lago di Doberdò visto dall'abitato di Doberdò; sullo sfondo a sinistra la q. 208 nord e sud e, a destra, la q. 144, aU'orizzonte: l'Hermada.
Truppe italiane a Gorizia nel 1916 in attesa d'avanzare ancora.
Il generale Cadoma e il generale Porro a San Martino del Carso: agosto 1916.
Il Carso di Doberdò nel 1916.
Trincee di approccio alla prima linea del fronte sul Carso di Doberdò nell'autunno del 1916.
Autocolonna . arcia m m verso ·1 fronte 1 nel 19L6.
Autunno 1916. Carso dj Monfalcone. Cavalleggeri dj Roma in un osservatorio in trincea.
Settembre 1916: reparto di cavalleria appiedato in marcia per il fronte.
Autunno 1916, q. 77-78 del Carso di Monfalcone. prima Linea presidiata dai Cavalleggeri di Roma. (MCP)
Cavalleria a riposo lungo l'argine cti un fiume (probabilmente l'Isonzo nei pressi cti Pieris).
Settembre I 916: un reparto di cavalleria appiedato pronto a partire per il fronte.