LA GALLERIA ARMONICA

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MINISTERO PER l BENI CULT URALl E AMBIENTALI OPRINTENDENZA PER I BENI ARTISTICI E STORICI DI ROMA

LA GALLERIA ARMONICA Catalogo del lvfuseo degli strumenti musicali di R oma tt c11ra

di LUISA CERI / l.:Ll. l

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1994


(52 13029) Roma, 1994 - Istituto Poligrafico c Zecca dello Stato (P. V.)


SOMMARIO

Premessa di Claudio M. STRINATI

Pag.

Introduzione

»

Atrio

»

7

Vetri nette con libri .

»

9

IX

Sala I:

Stmmenti archeologici

..

Il

Sa la li:

Strumenti archeologici

»

37

Sala lii:

Strumen ti extra-europei

»

53

Sala IV:

Strumenti popolari

»

93

Sala V:

Il pianoforte

»

139

Sala VI:

La musica in cammino.

»

159

Sala VII:

La musica militare

>>

195

Sala VIU:

La musica in Chiesa

»

207

Sala lX:

La musica

»

215

Sala X:

(in allestimento)

»

235

Sala XI:

Medioevo e Rinascimento .

»

237

Sala Xll:

Secolo XVI-XV/l

»

271

Sala XUT:

Secolo XVll-XVlll

»

297

Sala XIV:

Secolo XVJJ-XVIII

»

321

Sala XV:

11 trionfo del barocco .

))

341

Sala XVI:

Stmmenti meccanici .

»

361

Sala XVIJ:

Strumenti meccanici .

»

367

Sala XVIII: Strumenti meccanici .

»

373

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casa.

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Al dott. Antonio Latanza e al restauratore capo sig. Pietro Patacchiola va la mia più profonda riconoscenza per la preziosa e competente collaborazione



PR EMESSA

Questo è un catalogo molto particolare perché !>leso in una forma narrativa che unisce insieme molti caratteri diversi da cui scaturisce un contesto insolito rivolto a una vasta gamma di studiosi e esperti della materia, ciascuno dei quali può trovare qui un notevole arricchimento delle proprie cognizioni per le molte materie che vengono trattate, sia pure in un contesto unitario quale è quello del Museo degli Strumenti musicali. Unitario, però, solo per certi 1•ersi, perché non bisogna dimenticare come gran parte dei beni del Museo derivino dalla Collezione l orga. celeberrima proprio per l'incredibile coacervo di pezzi che l'infaticabile raccoglitore accumulò con dispendio di denaro ed energie, lasciando poi allo Stato un'eredità non certo facile a gestire con tutte le conseguenze del caso, del resto ampiamente illustrate nella introduzione al catalogo, che ripercorre anche le vicende, di straordinario interesse, dei successivi apporti come le collezioni di Alessandro Marcello. La curiosità, il continuo accumulo dei beni, la l'astità delle esperienze e delle cognizioni d01•e il reperto straordinario può essere accostato persino con l'opera incerta, sono altrettanti elementi che si riverberano su questo affascinante contesto e il catalogo che oggi ne scaturisce rende conto bene del clima culturale in cui queste collezioni nacquero e dell' appassionato spirito di ricerca che vi è rimasto latente. Così il volume non ha la normale struttura di un catalogo di museo ma è vasto e diramato seguendo le sollecitazioni che i singoli oggetti offrono allo studioso per rintracciare una miriade di connessioni, deduzioni. scoperte, tali da rendere fruibile il testo anche a chi non sia specialista della materia. E c'è certamente un notevole bisogno di ricognizioni del genere in rapporto a un patrirnonio culturale di cui tutti sono ben disposti a riconoscere l'interesse straordinario ma di cui ben pochi hanno conoscenza diretta, comprendendone le implicazioni e le ulteriori interferenze con altre categorie di beni culturali. Il catalogo, dunque. ha la forma narrativa che riflette bene la cultura e l'impostazione dell'autrice, T,uisa Cervelli. per molti anni Direttrice dell'Istituto. una .\ tudiosa fomwta~i alla .\ cuoia crociana di Lui!(i Ronga, contraddistinta. da .\empre, da cospicua vivaciti! e sensibilità intellettuale t' da quel piacere della

ricerca che si diroma su molteplici temi collaterali, pur rispettosa delle esigen:.e filologiche e descrittil•e strettamente inerenti al campo specifico. Il libro , così. con spirito umanistico e colloquiale. si allarga alla anali.\i del patrimonio di immagini connesse, nel corso del tempo, con i vari stmmenti , alle problematiche legate alle cerimonie liturgiche e agli usi profani della musica, a una miriade di aneddoti, commenti, spunti analitici e/te corroborano il nerbo dell'indagine ricostruendo episodi e fatti di estremo interesse. La strutwra impressa dalla studiosa al concreto allestimento del Museo si riflette puntualmente nel catalogo che è anch'esso concepito con l'intento di contemperare le esigenze della cronologia con la messa in luce delle funzioni dello strumento musicale. Così il taglio diacronico e quello sincronico si alternano nell'allestimento dello spazio museale e trovano un congruente spazio nel catalogo. Questo consente all'autrice di spiegare, con C/1/tpiezza di argomentazione, come lo strumento musicale sia sempre legato a determinate circostanze storie/te e quelle esprime anche nel coso di una lunga persistenza attraverso i tempi. legato sempre a una specifica prassi esecutiva e alle abitudini sociali conseguenti. Lo strumento, quindi, permane, decade o si trasforma profondamente, in relazione all'uso degli spazi. o/le esigenze del linguaggio. alla prassi dell'esecuzione nelle diverse forme de/l'intrallenimento, del concerto. della liturgia. della festa, della meditazione. Da qui /'analisi, storica e speculativa insieme, sulla natura del suono, sulle numerose remore che, di epoca in epoca, hanno gravato sull'idea colta della musica, sull'incessante andirivieni tra costruzione come essenza stessa del fatto musicale e uso ritmico e motorio della musica a corroborare fasi determinate dell'esistenza oltre qualunque ulteriore funzione Molto ihtportante, in questa medita:done sulla qualità del prodotto musicale, è /'analisi delle connessioni con il patrimonio visivo e figurativo. Vi è unito il problema della corretta interpreta:ione e individuazione dello strumento in sé, della relazione degli strumenti fra di loro. del significato e del rapporto con la vucalità del mutare delle opere. della interpreta:ivne delle dil·a .lt' funzioni deUa mwica. tonto che il cntalo}fo offre 1111111em.1·e nozioni e spunti Prellll!~·sa

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di emolisi per la storia dell'arte della composizione nello specifico dell'uso dello strumento. La conoscenza di questo Museo costituisce un' esperienza culturale incomparabile e molti temi storiografici pouono essC'fe e\aminati in que!.ta luce solo a confrontare le diverse tesi che il catalogo espone con dol'izia di informazioni. È frequente. ne/fa storia della musica, una rifles.l·ione sulla tipologia delle diverse opere, sia nell'intima stmttura del brano musicale. sia nelle forme visive accostabili. Il museo, per come è organizzato, tende a stimolare cognizioni di questo tipo perché mira a eviden:.iare i comportamenti musicali anche al di là della minuta discussione filologica. Im portante è, in tal senso, l'ottica particolare con cui, attraverso il vaglio critico della storia e della tipologia degli strumenti. si riesce a ricomporre parti essenziali di una corretta decifrazione di epoche storiche wvente connotate dal luogo comune e dalla conven'l.ionalità del giudizio. Si può pensare, per esempio. ai molti e nuovi elementi di analisi per la cultura medioevale o alla cruciale questione degli scambi oriente e occidente. dall'età rfaçsica agli albori dell'età moderna, anche in rapporto al problema della forma dello strumento e alle tipolo[!ie generali delle strutture musicali. dalla manodia accompagnata alla concertazione, al/'intavolatura. Se ne ricava uno sguardo complessivo, ma da un'ottica particolarissima, su grandi problemi storiowafici dal respiro sovente vastissimo che coinvolgono fa meditazione teoretico come le abitudini quotidiane di ben individuati gruppi sociali. Un punto particolarmente pu() 1/imo/are nuovi studi e nuove considerazioni: a fronte della immensa quantità di strumenti musicali prodotti dalle varie civiltà e dalle varie epoche, è frequente il caso di strumenti musicali tutt'ora esistenti per cui non si conorcono quasi musiche di riferimento, come se la storia della produzione delle diverse sonorità e la storia della musica fossero due uni1•ersi differenti che di tempo in tempo interferiscono nel concreto della fHM-

X

l .a Galleria 111'/IIIIIIÌca

si compostttva e delle attese di w1 pubblico quale che sia, pur distinguendosi sempre chiaramente. Naturalmente questa è soltanto una sensazione acuita dalla perdita di immense quantità di oggetti e di testi musicali e tuttal'ia una precisa cognizione del Museo degli strumenti consente di farsi un'idea piiÌ 1•era di quella che fu, in certe epoche almeno, fa realtà della musica . Nella storia si è suonato sempre e moltissimo, ma non sempre si è prodotta musica nel senso che la tradizione occidentale ha consacrato fin dai primi secoli cristiani; e la storia degli strumenti musicali aiuta a mettere a fuoco un tale concetto. Alcuni dibattiti storiografici che il catalogo riesamina con attento acume filologico offrono notevoli spunti di riflessione come nel caso, assai importante del problema archeologia-musica. Ma sono innumerevoli le /ematiche che scaturiscono dalla schedatura minuzioso del materiale da cui, ci si augura, i filologi trarranno giovamento. Cospicui sono gli inediti o gli oggetti pochissimo noti e pochissimo studiati, a partire dal più antico strumento firmato appartenente al museo, la tromba H ainlein del l 461 su cui l'autrice sviluppa interessanti deduzioni. Ma solo un esame minuzioso del testo consentirà a ciascuno di rintracciare motivi di interesse e nozioni sovente rare e preziose. Ne scaturisce una sorta di genere scientifico letterario particolarissimo che distingue questo catalogo da molti prodotti consimili. Così la notazione tecnico descrittiva, l'informazione sulla tessitura dello strumento. il riferimento ai problemi connessi di storia della musica, scorrono contestuali con continui arricchimenti. E cospicua è la raccolta di molteplici informazioni al di là di qualunque limite prefissa/o per comporre un libro di storia e di analisi destinato a suscitare lo sviluppo di nuovi 1'/udi e /'amp/iatnento di un interesse che nel nostro Paese dne assumere uno rpazio pitì significath•o. CI.Al lDIO

M. STRINA Il


INTRODUZIOJVE

l) Cenni storici sulle origini c sulla form azione del Museo. II Museo (Nazionale « dc facto ~ anche se non ancora « de iure • ) degli strumenti musicali di R oma (già « Raccolta Statale di strumenti musicali ») è, dal 1974, una concreta realtà che pei'mette al nostro Paese di porsi al fianco delle altre nazioni civili, le quali hanno da tempo i loro musei di strumenti. Fra tante indecorose defezioni, di complete collezioni e di pezzi singoli che, attraverso vendite più o meno regolari o in vi1iù di misteriose « levitazioni », hanno preso la via dell'esilio, la collezione Gorga, nucleo iniziale e principale di questo Museo, è l'unica grande collezione privata che sia rimasta in I talia in questi ultimi tempi. Dopo essere stata un tempo maestra nell'arte di costruire strumenti musicali, l'Italia era entrata in un cerchio d'ombra, che sempre più si infittiva, poiché i capolavori italiani di tale prezioso patrimonio ogni giorno migravano verso lontani lidi. Oggi, finito il periodo nero dell'ignoranza c dell'abbandono, della incomprensione e della leggerezza, si deve cominciare - e questo Museo vuole essere il segno della ripresa - a prendere coscienza del nostro valore in questo meraviglioso campo artistico, a sentirsene e a renderscne degni, cercando di sempre meglio conoscere e sempre più gelosamente conservare questi preziosi messaggeri dell'arte dei suoni, che giungono a noi da epoche gloriose della nostra civiltà. Il ricco patrimonio di questo Museo è unico al mondo anzitutto come quantità di materiale. Esso ammonta, infatti, a circa tremila pezzi, di cui o ltre ottocento già esposti al primo piano, a ltri suddivisi fra il secondo piano (non ancora aperto) ed i magazzini, in attesa di essere esposti o di essere resta urati. Una tale cifra è del tutto eccezionale, poiché tutti gli altri grandi musei hanno iniziato la loro vita con poche centinaia di pezzi. Per fare qualche esempio ricordiamo i 230 strumenti della Collezione Clapisson. con cui aprì i battenti, nel 1884, il Museo di P arigi; i l 72 delle Collezion i Fétis e Tagore, che, riunite, costituirono il nucleo con cui si inaugurò. nel J 877, il Museo del Conservatorio di Bruxelles; i 240 della Collezione De Wit, con cui cominciava a vivert.:, nel 1880, il Museo

di Berlino; i primi 276 pez:t.i della Collezione CrosbyBrown (a cui seguiranno altri della stessa Collezione) i quali, aggiunti ai 74 che il « Metropolitan Museum of art » di New York già possedeva, costituirono il nucleo iniziale della sezione strumentale di quel Museo, aperta nel 1889. Il Museo di Roma si a rticola in vari fondi: il maggiore, costituito dalla Collezione Gorga, la cui figura sarà illustrata più avanti, e l'altro, che si accresce di continuo, alimentato da acquisti e da doni. Molti fra gli strumenti raccolti da Gorga parteciparono a varie mostre, fra cui ricordiamo, anzitutto, la retrospettiva tenuta a Castel S. Angelo nel 1911, a cui seguì, nel 1913, sempre nello stesso Castel S. Angelo, l'allestimento in sette sale, che ebbero il nome di (( Museo storico musicale Gorga », cd infine, nel 1927, quella organizzata a Francoforte col titolo (( L a musica nella vita dei popoli » ( « Musik i m Le ben der Volker ~ >. Nel 1929 lo Stato, sollecitato dallo stesso Gorga, che, sopraffatto dalle difficoltà finanzia rie in cui si dibatteva, specie per i dieci appartamenti in cui aveva sistemato le collezioni, ne paventava la dispersione, le prese in consegna, sottoponendole ad un forzato immagazzinamento in cinque sedi diverse: Museo delle a rti e tradizioni popolari aii 'EUR, Palazzo Barberini , Palazzo Corsini, Palazzetto Venezia. Galleria azionale d'arte moderna. Soltanto nel 1943 si riaprirono le casse dove gli oggetti erano stati chiusi c se ne fece una prima ricognizione, in base alla quale fu stampato, dal Poligrafico dello Stato, nel 1948, un elenco con cui fu rono avviate le trattative che si conclusero con la Convenzione, stipulata fra Gorga e lo Stato nel 1949, approvata con la Legge n. 7 1l del 30 luglio 1949 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 2 10 del 13 settembre 1950. La lettura eli tale Convenzione è sommamente interessante per chiarire la situazione esatta che si era determinata c per lumeggiore la figura di Gorga. Lo Stato, con tale Convenzione, fra l'altro, si impegnava ad esporre nelle sue raccolte il materiale pitr interessante dellt.: raccolte Gorga, ma egli morì nel 1957. a 92 anni, senza poter veder quel Museo che aveva tanto sognato c che oggi è, finalmente. una concreta rea ltir.

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Tuttavia, per tornare a lle 30 e più collezioni di Gorga, quella prima ricognizione non fu che una fugace ripresa di contatto con un materiale così vasto e ricco, che aveva fatto « tremar le vene e i polsi l) a più di un ispettore del Ministero: era una massa di oggetti, i più disparati, che scaturiva dalle casse collocate in vari sotterranei o comunque in luoghi non idonei ad una lunga conservazione e non certo nelle migliori condizioni per essere esaminati e studiati. Dopo la lunga parentesi della dislocazione in svariati magazzini (parentesi di cui ancor oggi molti pezzi conservano dolorosi ricordi), il primo momento di rinascita la collezione musica le l'ebbe nel 1964, anno in cui potè essere finalmente tutta riunita nella Casermetta (oggi « Pala7.zina ~ ) Samoggia, che faceva parte della ex-Caserma « Principe di Piemonte » (già « Umberto I ») a S. Croce in Gerusalemme. I lavori di riattamento della Palazzina furono iniziati il 1° maggio del 1971 ed il Museo potè essere inaugurato, dal Direttore Generale Prof. Salvatore Accardo e dal Soprintendente P rof. Guglielmo Matthiae, il 27 marzo 1974. Durante l' ultimo conflitto la Palazzina (Casermetta) Capocci fu bombardata nei piani superiori dell'ala nord, ma fortunatamente in modo non irreparabile, tanto che è stato possibile s tudiarne un valido ripristino, che è ora in corso. L a Casermetta Setti fu demolita intorno al 1960 per mettere a giorno l'acquedotto di Claudio, di cui è ora visibile anche il castello. nella parte più vicina a Porta Maggiore. La casermetta Samoggia, infine, che fu la meno danneggiata dagli eventi, bellici e non, non insiste su resti archeologici: essa divenne. perciò, sede del Museo c ad essa sono, quindi, dedicate le pagine che seguono. Per concludere, tuttavia, le vicende di questa triplice casetma, diremo ancora che, abba11donata, nel 1943 dalle truppe italian e, venne occupata per breve tempo da soldati tedeschi cd infine, dismessa dai militari, fu usata come campo profughi giuliani nell'immediato periodo postbellico, fino al 19 59.

ora qualche cenno biografico di questa interessante e complessa figura di collezionista per paterne meglio conoscere la ricca c poliedrica personalità, che non è solo quella del raccoglitore, ma anche quella del maestro. dell'educatore, del musicista, del vatc dell'arte lirica c della sua diffusione nel mondo. Egli nacque il 6 febbraio 1865 a Brocco (allora (prov. di Frosinone) da Pietro (fu Modesto) e dalla prov. di Caserta, in Terra di Lavoro) oggi Broccostella nobile Matilde de Sanctis, c gli furono imposti i nomi di Gennaro Evangelista (nome da cui deriva, abbreviato c con un sapore leggermente esotico, quello da lui usato di Evan); studiò il canto e la m usica col M° Franceschetti e debuttò, nel 1895, al T eatro Comunale di Cagliari con la Mignon di Thomas, a cui seguirono la Ma non di Massenet, l' <c Amico Fritz » di M ascagni, poi a Roma, al Teatro Costanzi, nello stesso anno, con « I Lombardi :. di Verdi e quindi, il 1° febbrai J896. al Teatro Regio di Torino con la prima di « Bohème l) di Puccini, opera che fu replicata trionfalmente per 24 sere, di cui egli fu il primo R odoHo, ruolo che gli dette la celebrità (per tale esecuzione, diretta da Toscanini, fu scelto personalmente da P uccin i) e gli schiuse le porte di una luminosa carriera. Nello stesso anno 1896 passò al Teatro Carlo F elice di Genova, con la prediletta « Bohème :. (23 repliche), con « I Lombardi • ( 12 repliche) ed ancora col « Mefistofelc • di Boito c col « Faust '> di Gounod. Nel 1899, dopo soli 5 anni di attività teatrale, abbandonò l'arte lirica per dedicarsi alle sue collezioni: ne aveva oltre trenta, degli oggetti più disparati, ma la sua preferita, per lui musicista, era naturalmente quella degli strumenti musicali, che curò in modo particolare. La vita di Gorga si chiuse il 5 dicembre 1957, a 92 anni, senza che egli potesse vedere realizzato il suo sogno di un grande museo. Egli sperava di poterlo realizzare per aiutare i giovani che avessero buona voce e non avessero i mezzi per studiare. Gli ultimi anni furono per lui anni di amarezze c di

Il) Evan Gorga.

L a figura di Evan Gorga è stata considerata sotto diversi aspetti c da varie angolazioni: per noi ha un valore unico ed incontestabile in quanto egli è alle origini di questo grande Museo e. per il suo spirito di italianità, che, resistendo alle lusinghe di ricche offerte americane (l) tenne fermo il principio che la sua collezione doveva rimanere in I talia. Già solo questo fatto lo rende grande ai nostri occhi, perché, senza questa sua fermcna gli stupendi pezli che oggi qui possiamo ammirare sarebbero ben !ungi da noi, perduti per sempre nella lontana A me1ica. T racciamo

2 La Galleria rlriiWIIiCtt

(l) Si ripotta qu1, per intero, la nota l della pag. 161 del volume c Le moMrc romane del cinquantenario ,. di Arturo Lancellotti (Roma, F.lli Palombi. 1931) che cita l'episodio, ncco di protondo ~ignificalo c di vitale importanza per il nostro Museo, in quanto ne pcrmi~c la nascita e quindi la vita SlQS a: c ~ da ~egna la re che Picrpom Morgan offrì al Gorga, per i 280 ~trumcnti musicali cspos1i a Castel Sant'Angelo. la somma di 2 milioni di lire e che, avendo il G orga respinta tale offerta, lo invitò a mettere lui stesso il prezzo, dichiarando di acccllarlo anticipatamente qualunque fosse. Ma anche lJUC~Ia volta Gor!!a rc,pin\c l'invito. certamente a~'>ai a llettevole, p.:r non larc u~circ tl all" ltalia neppure una pari<: di c:osì importante Colle1icu1e '"·


delusioni: oppresso dai d~.!biti per aver acquistato più strumenti o opere d'arte di quanto le sue possibilità gli consentissero, fu ad un passo dal perdere tutto quanto aveva faticosamente raccolto in tanti anni. Chiese aiuto ~ilio Stato che, per evitarne la dispersione, prese in deposito tutte le sue raccolte (1929) c ne divenne quindi proprietario, stipulando con lui una convenzione (avvenuta il 27 settembre 1949 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 13 settembre 1950) con cui lo Stato, pagando i suoi debiti e istituendo una pensione per il Gorga c 10 borse di studio per « giovanetti bisognosi per l'apprendimento dell'arte del canto :. , entrò in possesso di tutte le sue raccolte. Quando egli morì gli furono fatti funerali a spese dello Stato, ma con questo l'Italia non ha certo estinto il suo debito di riconoscenza verso questo suo figlio, segno di contraddizione in una società che sembra misconoscere i valori profondi di una sofferta vita che si chiude nel silenzio, dopo tante melodie, c nella quasi povertà (negli ultimi anni si era ridotto ad accordare pianoforti) dopo i trionfi di una felice carriera. La figura di Gorga fu oggetto di vari saggi ed articoli, primo fra tutti lo studio storico di Luigi PaUottino, dal titolo quasi profetico, in quanto pubblicato ben sette anni prima che il Museo fosse inaugurato: « DaJJe rovine della Collezione Gorga al Museo Nazionale degli strumenti musicali » (Roma, Ed. di Palatino, 1967). La ricca bibliografia su Go rga è una valida testimonianza dell'interesse suscitato dalla personalità di questa figura « balzachiana », come amava definirlo Emanuel Winternitz, il conservatore degli strumenti musicali del Metropolitan Museum di New York, che, come chi scrive, aveva avuto la ventura di conoscere personalmente un tale emblematico tipo di singolarissimo artista.

lll) Ubicazionc in R o ma. Situazione ambientale ed importanza a rcheologica della zona.

11 Museo sorge in una zona di R oma che rivel;tc una duplice importanza: quella archeologica, conferitale dalla presenza dci resti del Palazzo Imperiale (Sessorio). deLL' Anfiteatro Castrense e del Circo di Eliogabalo (di recente e solo parzialmente rimess i in luce), e quella dell'amenità dei luoghi, che ancora conservano l'aspetto delle località « suburbane • . Qui, infatti, si respira ancora l'aria delle grandi ville delh.: famiglie pa trizie c delle vigne degli ordini religiosi della R oma papale, che furono via via (col crescere urbanistico dell'abitato, con l'espandersi delle reti viarie e l'aumento della popolazione, per gli eventi politici che portarono la città a divenire, oltre che centro della Cristianità, capita le d'Italia), assorbite dal nuo-

vo contesto cittadino, il quale, ineluttabilmente, avanzava dal centro storico verso l'esterno, prendendo il tipico aspetto di popolosi quartieri. Nel caso di questo Museo la meraviglia del visitatore non sarà lieve, quando, giunto in piazza S. Croce in Gerusalemme dal centro o dalla Stazione T ermini (cui la piazza stessa è o ra collegata dalla linea n. 9) entrerà in un comprensorio dove a lberi cd arbusti, tra cui intrecciano voli e canti uccelli di varie specie, conferiscono alla zona un fascino misterioso che trasporta in un mondo lontano di secoli, ricco dell'incanto dell'archeologia ed ora anche degli echi dell'arte dei suoni . Appena varcato il cancello, si incontra un breve viale fiancheggiato di a ll ori, piante di ricordo classico: al visitatore sembrerà quasi di sentire qui il respiro affannoso di Dafne, inseguita da Apollo e tramutata in lauro. Una notizia curiosa può essere data da un altro riferimento a lle piante del comprensorio: vi sono anche vari platani, piantati qui in occasione della costruzione della Caserma « Umberto I » (1900). Una tradizione dice che il platano venne importato dagli antichi romani proprio da quella città di Antiochia da cui venne a Roma Eliogabalo, che qui aveva il suo circo cd il suo anfiteatro. Coincidenze storiche o romantiche fantasticherie? Certo è che sia i platani che g li a llori possono avere un loro significato nel contesto sto rico ed archeologico di questo luogo così pieno di fascino c di poesia. La zona, all'interno del comprensorio, ha pure una sua sto ria anche recente; dopo gli edifici e gli impia nti circensi degli antichi romani, nel medio evo e ne l rinascimento i terreni vennero adibiti ad orti di famiglie nobili c di conventi: qui era la vigna dei Padri Cistercensi, che dal 1561 amministrano la Basilica di S. Croce; con l'avvento di Roma capitale il territorio fu assorbito dal Demanio e, intorno al 1900, vi fu iniziata la costruzione di una delle piì1 grandi caserme d'Italia e forse d'Europa, intitolata ad Umberto T (a11ora re d'Ttalia) e poi denominata « Principe di P iemonte :. , caserma che accolse il Reggime nto Granatieri di Sardegna c che era costi tuita da tre casermette disposte a ferro di cavallo. contraddistinte dai nomi di tre eroici granatieri caduti: Seui, Capocci , Samoggia. La Casermetta Setti fu demolita intorno al l 960 per mettere a giorno l'acquedotto di Claudio, di cui ora è visibile anche il castello, nella parte pill vicina a Porta Maggiore. La Casermetta Capocci fu bombardata nei piani superiori dell'ala nord ma, fortunatamente, ne è possibile un valido ripristino, o ra in corso. La Casermetta Samoggia, infine, che fu la meno danneggiata dagli eventi bellici e che non doveva pa-

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vcntarl! rischi di demolizioni finalizzate al rccupero di parti monumentali in quanto non insiste su resti archeologici, fu degnamente ripristinata c divenne sede del Museo: ad essa sono, quindi, dedicate le pagine che seguono. Per concludere, tuttavia, le vicende eli questa triplice caserma, diremo ancora che, abbandonata nel 1943 dalle truppe italiane, venne occupata per breve tempo da soldati tedeschi ed infine, dismessa dai militari, fu usata nell'immediato periodo posthcllico come campo profughi giuliani fino al 1959. Oltre che per evidenziare l'acquedotto di Claudio, la Casermetta Setti fu demolita anche per consentire gli scavi archeologici che dovevano riportare in luce i sottostanti resti dell'altro Jato della cavea del circo di E liogabalo; tali scavi, però, furono poi nuova mente ricoperti, come, del resto, è stato ricoperto il grande piazzale o lato della pista dove si preparavano alla corsa i carri appena usciti dalle « carceres ~. di cui era pure tornata in luce la pavimentazione in grandi lastre di pietra; ora tutto è di nuovo sepolto sotto oltre tre metri di terra. L'importanza archeologica della zona in cui si trova il Museo è data da un complesso di edifici c di impianti circensi dei secoli Hl c TV d.C. di cu1 rimangono qui rilevanti vestigia. Tn ordine di importanza si tratta, anzitutto, del Palazzo Imperiale, detto « Scssorium '> (dal verbo << sedeo ~: soggiorno): di esso resta una vasta sala, detta « grande atrio ~, che, con l'aggiunta di una abside, divenne. in età costaminiana. la Basilica di S. Croce; altro importante complesso della zona erano le terme, costruite in età scvcriana (come prova. fra l'~ltro, una dedica a Giulia Domna del 212), poi dtstruttc da un incendio e quindi restaurate da S. Elena, da cui presero il nome di elcniane: una lapide colà reperita, che ricorda l'avvenimento, si trova nei Musei Vaticani (Sala a croce greca) (2); esse furono poi ricoperte dai lavori fatti eseguire da Sisto V per la costruzione della via Felice, nel 1585, e non ne rimangono visibili, oggi, che i resti di una grande cisterna con 12 concamerazioni, ad un livello più basso di quello stradale. lungo la via Eleniana. tra piazza S. Croce e Porta Maggiore. Altro monumento importante della zona è I'An[it~atro Castrense (qui « castrum » non ha più il senso dt « accampamento militare » ma quello di dimora imperiale) costruito da Eliogabalo quale anfiteatro di corte, come pure il circo, detto « Variano ~ dal nome della famiglia di lui. Tra i due luoghi di divertimento

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correva un grande corridoio coperto, lungo circa 300 metri, largo m. 14,5 c alto 16, che costeggiava il palazzo imperiale e comunicava con il suddetto grandc atrio per mezzo di cinque porte: tale corridoio era usato sia come elemento di unione fra i vari impianti e la residenza imperiale, sia come ippodromo coperto, in quanto, per le sue vaste dimensioni, poteva essere percorso anche con carri a più cavalli. Un muro del « grande corridoio ~ (l'altro, parallelo, fu distrutto da lavori interni del convento dei cistercensi) è ancora visibile anche dalle finestre del Museo, in quanto delimita il terreno (dietro la cavea del circo, passando lungo il palazzo imperiale, presso il « grande atrio ~ ora Basilica) tra la zona dove si trova il Museo e quella occupata dal convento; a questo muro, che ora termina c si innesta nel recinto fortificato di Aureliano, si appoggiava un lato di un chiostrino (ora distrutto) del convento. L'anfiteatro castrense fu incluso nel recinto della fortificazione di Aureliano (27 t -275), che ne chiuse gli archi e ne modificò la sommità. Una tale recinzione, realizzata per difendere Roma dajle incursioni barbariche, tagliò fuori una gran parte dei giardini (che costituivano forse il maggior pregio di questa residenza imperiale), tanto che, dopo il taglio, non si parlò più nè di « Horti ad spem veterem » (chiamati così per un tempio qui dedicato alla Sperann nel 477 a.C., più antico di quello costruito nel 260 a.C. nel Foro Olitorio) nè di « Horti Variani > (cioè « giardini della famiglia di Vario >, cui Eliogabalo apparteneva, e che, con lui imperatore, divennero parte del fisco imperiale), ma solo di « Sessorium ~ . cioè di Palazzo imperiale. Il circo, come la maggior parte delle altre costruzioni delJa zona, risale alla tarda età severiaoa, in guanto era stato molto probabilmente iniziato da Scttimio Severo (193-21 l) c fu poi terminato da Eliogabalo. Questi si chiamava, in realtà, Marcus Aurelius Antoninus Varius Bassianus Avitus; era della famiglia dci Bassiani ed era nato nel 204 ad H emesa (oggi Homs); il nome di Elagabalus gli fu dato nel 209, quando fu fatto sacerdote del sole (culto del dio Elagabal di H emesa, che egli portò a R oma •.: cercò di inserire nel Panthcon romano, tentando di soppiantare tutti gli a ltri culti); nel 218 fu acclamato imperatore dai soldati e da Antiochia venne a R oma, dove entrò nel luglio del 219, con pompa « sola.re ~ e non militare come altri imperatori; non fece guerre, ma fu uno dei più abbietti imperatori romani che la storia ricordi. Egli dedicò due templi al suo dio: uno al Palatino cd uno in questi giardin i (di cui non si è trovata traccia). Ben presto odiato per le sue nefandezze, fu minacciato di morte dai soldati: in questa villa riuscì a sfuggire, mentre non


poté evitare un altro tentativo, in cui fu ùcciso, probabilmente nel Palazzo Imperiale sul Palatino. con la madre Giulia Soemia, nel febbraio del 222. 11 circo di Eliogabalo, lungo m. 565 e largo m. 125, era il secondo circo di Roma dopo il Circo Massimo (m. 600 x l 50); seguono quello di Massenzio e quello di Gaio e Nerone (m. 350 X 100). Il circo, condannato pochi decenni dopo la morte di Eliogabalo dal taglio del muro di Aureliano, fu naturalmente abbandonato cd altrettanto avvenne dell'Anfiteatro Castrense. Era rimasto il Palazzo Sessoriano, con una ridotta zona di verde intorno, che fu eletto da Costantino come abitazione per la sua famiglia ed io particolare di sua madre Elena. Questa presenza sembra riscattare questi luoghi dall'ombra sinistra che vi aveva steso la figura del giovanissimo depravato imperatore, il quale veniva in questa villa per organizzare le corse dei carri ma anche per preparare attentati contro il cugino Alessandro Severo, che, ormai, tutti gli preferivano e che regnerà dopo di lui: questo apprendiamo dalla « Historia augusta », in cui L ampridio traccia, contro voglia, la biografia di Eliogabalo con cui lo dipinge a fosche tinte e, naturalmente, lo condanna. S. Elena (Flavia Iulia Hclena, cui fu conferito dal figlio Costantino il titolo di Augusta) nacque nel 247 a Drepanum in Bitinia (detta poi Helenopolis) ed ebbe il figlio Costantino dall'Imperatore Costanzo Cloro, che poi la ripudiò per sposare Teodora; agli inizi del TV secolo qui visse e di qui partì, nel 326, per Gerusalemme, alla ricerca delle reliquie della Passione; fece costruire varie chiese in P alestina e a Costantinopoli; a Roma curò, col figlio Costantino, la costruzione della Basilica di S. Croce in Gerusalemme, realizzata, come si è detto, da una sala dello stesso palazzo imperiale. Essa morì. forse a

Roma, verso la fine del 328 o agli inizi del 329 c fu sepolta in un mausoleo sulla via L abicana (odierna Casilina) nella località detta « ad duas laurus ~ . sulle catacombe dei santi Pietro e Marcellino. Costantino aveva preparato il mausoleo per sé, forse tra gli anni 313 c 323, cioè prima di pensare alla fondazione di Costantinopoli (dove avrebbe poi deciso di essere sepolto nella chiesa dei SS. Apostoli oggi perduta), come prova il maestoso sarcofago di porfido rosso, di fattura egiziana, con scene di guerrieri a cavallo, oggi al Museo Vaticano di scultura ~Sala a croce greca), dove fu invece sepolta S. Elena. ll mausoleo fu poi detto « T orpignattara » perché nella cupola, per alleggerirne la costruzione, furono inseriti dei vuoti di terracotta. Concludiamo questo breve excursus archeologico con un piccolo elenco dei monumenti in ordine cronologico, ivi compresi anche quelli non reperiti ma che si sa presenti un tempo, almeno come fondazione: l) Tcmplum Spei vetcris (477 a.C.): 2) Palazzo imperiale - età severiana (193-211): 3) Terme S. Elena - età severiana; 5) Anfiteatro Castrense; forse già iniziati in età 4) Circo / scveriana, ma comple5) Anfiteatro Castrense \ tati da Eliogabalo (218222): 6) Grande corridoio; 7) Tempio del dio Elagabal - Eliogabalo; 8) Grande aula absidata - Costantino (306-337): 9) Basilica eli S. Croce in Gerusalemme - Costantino - S. Elena (320-325).

lut rodu zirme

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ATRIO

Vetrina l Percorso un tratto di portico della Palazzina Samoggia, varchiamo il cancello-vetrata che dà adito al Museo. Nell'atrio ci viene incontro, collocato nella vetrina l , un pezzo, quasi di fantasia, di Carlo Bugatti, il n. 978, con relativo sgabello, nello stesso stile, dello stesso Bugatti, il n. 979; le misure dello strumento sono le seguenti: L. tot. cm. 180; L. tastiera cm. 55,5 ; L. puntale cm. 11; L. manico e tastiera cm. 134; L. vibr. c. cm. 79; pf. cassa cm. 9; L. piano cm. 53,3 / 55; le misure dello sgabello sono: Manici, L. tot. con sedile cm. 94; senza sedile cm. 49; solo sedile cm. 45 x 43,5; alt. da terra cm. 44,5 . È uno strumento a sei corde, con cassa armonica piatta, di forma circolare, con due piani costituiti da pelli tese (sulla superiore sono dipinti dei fiori) e con un lungo manico, sagoma che può ricordare quella di un banjo ma notevolmente ingrandito. È opera di Carlo Eugatti, ebanista milanese che visse a cavallo dei secoli XIX e XX, noto per i suoi strani mobili dalle caratteristiche esotiche (specialmente moresche e giapponesizzanti) ed in ogni modo eclettiche, e per i materiali usati (pergamena, metalli, cordoni ed altri). Lo strumento è stato qui esposto da solo, nell'atrio, non tanto per una vera e propria importanza musicale, ma piuttosto come simbolo del gusto Liberty, di cui il suo autore fu uno degli esponenti più rappresentativi ed originali: questa collocazione si spiega col fatto che sotto il segno dell'arte Liberty sorse, intorno al 1900, il complesso architettonico a cui appartiene la P alazzina oggi sede del Museo, la quale, del resto mostra anche elementi strutturali e decorativi (sia pure rigorosamente sobri, come sì conviene ad una caserma, quale essa era) che si riallacciano allo stile Liberty, fiorito appunto tra la fine del sec. XIX c gli inizi del XX. A proposito di questo strumento si può dire che esso deve essere stato del tipo dei « tamburicordi :t di cui parla L. F. Valdrighi riportando la cronaca di un concerto: <{ H a in quest'anno 1888 fatto dare nella sala della famiglia artistica in Milano un concerto di strumenti musicali a corde e ad arco, chiamati « tamburicordi :t, essendone le tavole armoniche formate da una pelle tesa. Si torna davvero all'antico, giacché gli strumenti a corde e pizzico, indiani e ci-

nesi, avevano sino da 2000 anni, il coperchio della cassa sonora di tese pelli di montone, e anche d'asino e persino di quelle epidermoidee piatte dei grossi rettili , come sarebbe del boa constrictor , (l). A questa citazione si può affiancare un'interessante notizia che si riferisce agli stessi stmmenti, pubblicata il 29 aprile 1888 dalla « Gazzetta musicale di Milano :t : « Giorni or sono richiamavamo la pubblica attenzione, nelle vetrine del negozio Ricordi, taluni strani cd originali strumenti ad arco e a pizzico di forme nuove, tra il moresco ed il bizantino, battezzati dal loro costruttore Carlo Bugatti tamburicorde. 11 tamburicorde ebbe la sua sanzione musicale alla Famiglia A rtistica, in un concerto dato dai mandolinisti e chitarristi venerdì scorso 27 aprile 1888 '>. Altro giornale che faccia cenno di questo memorabile concerto è l' « Asmodeo , , pure di Milano, (n. 19-20 del 30 aprile 1888), che, a p. 3, nella rubrica « Novellette a spizzico '> , pubblica un trafiletto che vale la pena di riportare qui quasi per intero. « Il tamburicorde Bugatti :t . - I n Milano, nel simpatico salone della Famiglia Artistica, venerdì ultimo era radunato un pubblico numeroso e scelto, composto in preponderanza di artisti e di dilettanti. Trattavasi di udire e di giudicare comparativamente un nuovo istrumento musicale, costruito da Carlo Bugatti, uno dei più eccentrici talenti del nostro mondo artistico. Carlo Bugatti, per la strana versatilità sua, per il gusto originalissimo di decorazione, che egli esercita persino sulla propria persona, e per la mirabile forza di volontà, che gli ha permesso di riuscire nei più diversi rami dell'attività umana, meriterebbe una monografia, che qualche volta forse sarà tentata. Con questo nuovo strumento egli ha tentato, o creduto tentare, un perfezionamento della chitarra e del mandolino. Le corde vibrano, invece che sulla cassa di legno, sopra uan pelle tesa che fa da cassa armonica. 11 suono ne resta velato, prende un timbro come di percussione. (l) Nomocheliurgograjia antica e modema ... Modena, 1884, 4" aggiunta, 1888, p. 25, n. 3936, alla voce c Bugatti, Carlo •·

Atrio

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Nei bassi ciò può riuscire utile, negli acuti invece è evidentemente dannoso. Dai tre pezzi eseguiti sui tamburicorde, di diversa dimensi one e forma, a cui il Bugatti, molto onestamente, ha voluto - per dare un termine di confronto - far seguire tre altri eseguiti su chitarre c mandolini usuali, risulta che, ~e il suono dei nuovi strumenti non riesce sgradevole all 'orecchio, e si fonde assai bene, non ha però la forza e la risonanza che danno gli stmmenti di legno. È presumibile che rinforzando con alcune chitarre del nuovo sistema un'orchestrina di mandolinisti, si possa ottenere qualche buon effetto di colorito; ma da solo l'istrumento non dovrebbe uscire dal cerchio di un dilettantismo originale e di buon gusto, tenuto conto anche dell'eleganza di forma c di fattura che i nuovi istrumenli presentano ~ . L 'esemplare di « tamburicorde , qui esposto sembra essere !"unico di proprietà statale: altri, come quello presentato nella « Mostra del Liberty italiano , , tenuta a Milano nel 1972-73 (2), si trovano in collezioni private. Carlo Bugatti nacque nel 1855 a Milww, ricevette la sua prima educazione artistica dal padre, l-uigi, scultore 110t0 per monumentali caminetti e per ricerche sul moto perpetuo. Nel 1879 si iscrisse all'Accademia di Brera, dove conobbe Giovanni Segantini, a cui si legò, oltre che con vincoli di fratema amicizia, anche con vincoli di parentela, in quanto ne divenne il cognato: infatti il SeRali tini, nel 1880, sposò la sorella di Bugatti, Bice. Entrato nel mondo artistico-musica/e milanese, che in quegli anni riunisce il nome del librettista lllica, dell'editore Ricordi, dei musicisti Puccini e Leoncavallo, degli scultori Grandi e Rosa, ben presto, dopo esperienze dt pittura e di architettura, si dedica con foga all'ebanisteria e nel 1888 apre a Milano (in via Castelfidardo, 6) w1 laboratorio di «mobili artistici di grande novità». Egli cOilquista, e nello stesso tempo disorienta, giurie di mostre

(2) Mostra del Liberty italiano. Palazzo della Permanente, Milano, Dicembre 1972-fcbbraio 1973. Cat. n. 401, p. 212-213 c tav. a p. 86.

La G a/Ieria antlollica

(Londra, 1888; Torino, 1898; Parigi, 1900; Torino, 1902) e larghe sfere di pubblico, disegnando e costruendo mobili, a cui una terminologia specialistica inglese dell'epoca attribuiva lt1 qualifica di « quaint », cioè curioso, i quali, ad un esasperato decorativismo, espresso anche co11 l'illserzione di intarsi del materiale più vario (rame, pergame11a, peltro, ebano, otto11e, avorio, madreperla, nappe di seta, corde intrecciate ed altro), uniscono una calcolata e quasi scielltifica funzionalità dell'oggetto. Alla tecnica del rmwbile scultura» giunge, nel 1902, in occasione dell'« Esposizione lntemaziona/e d'arte decorativa moderna» di Torino, la cui giuria, assegnandogli il diploma d'onore, parla anche di scie11za, per giustificare l'artigianato-arte di Wl autore così nuovo, che diveniva quasi un segno di contraddizione verso la tradizio11e e verso il suo stesso tempo. Poco dopo il 1902, tutzavia, egli lasciò l'ebanisteria e l' Italia: si ritirò in Francia, a Pierrefonds (Compiegne) (di cui fu sindaco durante la prima guerra mondiale), dove si dedicò a dipingere e soprattutto a disegnare e modellare argenterie per la ditta Hébrard; si stabilì, infine, a Molsheim (Strasbourg), dove morì nel 1940, a 85 anni. Agli inizi del sec. XX, mentre Carlo si ritira dalla sua attiviuì di ebanista, cominciano a fiorire i primi successi dei suoi due figli, Ettore ( 1882-1947), inventore e costrullore eli auto da corsa, e Rembrandt (1885-1916), scultore « animalier » (in quanto specializzato in animali, per lo più feroci).

BLDLIOGRAFIA: V. PICA, L 'arte decorativa all'Esposizione di Torino del

1902, Bergamo, 1903. E. BuGATTI, The Bugatti story, London, 1967. R. B OSSAGLIA, Ebanisti italiani d"età Liberty; in: « K alòs » l (1970), p. 3-14. S. JERVIS, Carlo Bugalli; in: c Ane illustrata », 1970, n. 37-38, p. 80-87. Ph. D EIEAN, Carlo - Rembrandt - Ettore - Jean Bugatfl, Milano, Automobilia, 1982.

Vetrina 2

Nella vetrina 2 (cubica), si trova il corno, n. 982, in Fa-Sib-Mi-La. (0 del padiglione cm. 30,8) la cui marca è « CAZZANr/ kalison / MILANO » , donato dal Maestro Domen ico Ceccarossi.


VETRINET'TE CON LIBRI

Nell'anti-sala o ingresso di sinistra, verso la Sala I, si trova una vetrinetta a tavolo contenente vari volumi, sempre provenienti dalle collezioni Gorga, aperti su pagine che presentano interesse per gli strumenti musicali. Eccone i titoll: - A. BANCHIERI, L 'organo suonarino. Venezia, A. Vincenti , 1622, p. 2-3. - G. DALL.OLIO, Sopra la tastatura degli organi e dei cembali. Modena, 1807 (T omo Xlll della Soc. !tal. di Scienze), p. 2-3. - F. GALEAZZI, Elementi teorico-pratici di musica. Due vol. Roma, Piccinelli, 1791-1796. Tomo T, p. 2-3. - Le danze dei Greci descritte e pubblica te pel faustissimo imeneo eli Sua A ltezza Imperiale c Reale il Serenissimo Principe R anieri Arciduca d' Austria, ecc. e Viceré del Regno Lombardo-Veneto con Sua Altezza Serenissima Ja Principessa Elisabetta di Savoia-Ca rignano, ecc. Mila no, Dall'Imperiale R egia stamperia, 1820, p. 38. - F. on' FrcoRONI, Le maschere sceniche e le figure comiche d'antichi romani descritte brevemente ...

Roma, A. de' R ossi, J736. Disegno rlproduccnte un bassorilievo in marmo con attori ed una fanciulla che suona la doppia tibia (tavola tra la pag. 24 e la pag. 25). Nell'anti-sala o ingresso di destra, verso la Sala X, si trova un'altra vetrinetta con libri, sempre dalle collezioni Gorga, ed una sta mpa di recente donata al Museo: - La stampa è una pagina del « Gabinetto armonico • di Filippo Bonanni (R oma, 1722), tav. XXXIIT), raffigurante la stanza del Palazzo Vcrospi in cui Michele Todini aveva sistemato la sua « Galleria armonica '», già da lui allestita in tre stanze della sua abitazione in via dell'Arco della Ciambella. - CII. B uRNEY. De l'état present de la musique en France et en ltalie, dans /es Pays-Bas, en Ho/lande et en Allemagne ... Toro . J, Gènes, J. Grossi, 1809, p. 330-331.

- lo., Tom. Il, ivi, 1810, p. 30-31. lo., Toro. III, ivi, 1810, p. 246-247.

Vetrinette cnn libri

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Sala I STR U.MENTI ARCHEOLOGICI

Vetrina l Sul l o ripiano in alto, si trovano campanelli, fischietti e frammenti ad altorilievo. Campanello di bronzo n. l (cm. 6 x 4 x 3,3), a sezione tronco-piramidale con base rettangolare, rigonfiamenti agli angoli della base e anello esagonale; campanello n. 2 (cm. 7 X 0 4) di età romana con profilo conico, base a sezione tonda, ampio ~nello tondo, decorazione di linee e semisfere incavate· campanello n. 3 (cm. 7 X 0 4), di forma ovoidal~, con anello a sagoma trapezoidale e decorazione di linee concentriche parallele a gruppi dj tre, meno l'ultima che è singola; a metà altezza vi è una fila di motivi a forma di otto, incisi nel bronzo, e orlo sfrangiato; campanello n. 4 (cm. 8 X 0 4,5) di età ellenistica, a forma cilindrica, con spalle arrotondate, orlo rilevato, anello pentagonale; al centro del gruppo è esposto il campanello n. 5 (cm. 11 X 0 8), un frammento di calcare ad altorilievo del II-I sec. a.C. raffigurante un amor,ino nudo con i capelli a boccoli, in atto dj suonare; col plettro, una lira. Seguono 4 fischietti di terracotta quasi tutti di età ellenistica; il n. 16 (cm. 5 x 5,3) raffigura una testa maschile reclinata all'indietro; il n. 17 (cm. 8 X 3 X 3), · dell'Italia meridionale, rappresenta una figura femminile mancante di quasi tutta la testa, in lunga veste e manto, con decorazione incisa al corpetto e al bordo del mantello; il n. 18 (cm. 6,5 x 4,5), del sec. a.C. raffigura una testina femminile e mostra tracce di colore; il n . .19 (cm. 6,5 x 5,3 X 3,7) ha la forma dj una testina femminile; al centro del gruppo si trova il n. 20, un frammento di bassorilievo forse databile al III sec. a.C., raffigurante un giovane (forse Apollo) dai morbidi capelli al vento, vestito di tunica con cintura, sorreggente col braccio sinistro, una grande cetra eptacorde (misura cm. 16,5 X 13,3 X 6,5).

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Nel 2o ripiano, intermedio, sono esposti 5 pezzi tra lucerne e parti di ,Juceme in terracotta, · tutti del I sec. d.C., sul cui disco sono rappresentati suonatori di vari strumenti: nel n. 6 (cm. 10,5 x 3) Apollo suona una lira; nel n. 7 (cm. 1O x 2,5), un amorino seduto suona una cetra; nel n. 8 (cm. 12,5 x 9,5 x 5) un personaggio mitico (forse Apollo) suona una lira;

al disotto di questa lucerna sono incise le lettere « c . OP. REST »: nel disco di lucerna n. 9 (cm. 10,5 X 8,7 X 3) un satire suona una lira; al centro di questo gruppo il disco di lucerna contrassegnato col n. 10 (cm. 9,2 X 8,2 X 2,8): vi è raffigurato un suonatore di doppia tibia. Seguono quattro lucerne di terracotta, tutte del I sec. d.C.: il n. 21 (cm. 13,5 X 3,6) ha sul disco tma mooade danzante con tamburello e tirso, circondata da tralci e grappoli d'uva; il n. 22 (cm. 10,5 x 8,2 X 3) ha sul disco un suonatore di tibia frigia davanti ad un'ara; il n. 23 (cm. l 1 x 2,5) ha una figura di donna che suona la lira; il n. 24 (cm. 9,8 x 2,5) ha sul disco la raff,igurazione di un attore (come dimostrano la maschera e l'abito teatrale) che suona un tamburello; al centro si trova il n. 25 (cm. 22 x 15) raffigurante due personaggi (forse Proscrpina e Apollo) seduti su di un trono dall'alto schienale: l' uomo sostiene col braccio sinistro una piccola cetra con base arrotondata (sagoma che ricorda la « phorminx » di omerica memoria) e nella mano destra tiene il plettro. n gruppo è di dubbia autenticità e di impasto non ben definjto. Nel 3° ripiano, in basso, si trovano 10 campanelli in bronzo, di età ellenistica: il n. 11 (cm. 7,8 x 5,5) di forma tronco-piramidale, con anello esagonale, base rettangolare e piccoli rigonfiamenti agli angoli; il n. 12 (cm. 6,7 X 5), a base rettangolare, di forma tronco-piramidale con spalle arrotondate e anello quadrangolare; il n. 13 (cm. 7 x 4,3), pure di forma tronco-piramidale, base rettangolare con cigonfiamenti agli angoli e anello esagonale; il n. 14 (cm. 7 X 4,3), a forma tronco-piramidale con anello ovale e tracce di 4 piccoli rigonfiamenti agli angoli della base, rettangolare; al centro di questo gruppo è il n. 15 (cm. 8,5 X 5), a forma tronco-piramidale, con spigoli smussati, base rettangolae e ane1lo ovale. Nello stesso 3° ripiano sono altri 5 campanelli, quasi tutti di età ellenistica: il n. 26 (cm. lO X 7 ,3), con profilo tronco-piramidale, a sezione quadrata, sormontato da anello esagonale; il n. 27 (cm. 9 x 5,5), di forma tronco-piramidale con anello tondo; il n. 28 (cm. 12 x 6), egizio, databile all'epoca del Basso Impero, con spalle arrotondate ed anello tondo; il n. 29

Sala l : Strumenti archeologici

I I


(cm. 12 X 6,7), pure egtZio, di forma tronco-pirarnidale con anello esagonale e piccoli rigonfiamenti agli angoli della base; al centro di questo gruppo si trova il n. 30 (cm. 8 X 6,5), a sezione rettangolare, con sagoma tronco-piramidale e grosso anello ovale.

Vetrina 2 La vetrina 2 (cubica) contiene un solo ospite: il

n. 31 (cm. 79 X 3,5 X 9), grande frammento di sarcofago del TTI sec. d.C., con bassorilievo in marmo raffigurante un suonatore di lira cd il portatore di una maschera tragica; strumenti musicali e maschere teatrali si usavano spesso, come simboli di arti belle, per ornare sarcofagi di donne; questo sarcofago forse non è stato mai « abitato , , perché il viso del defunto, o della defunta, non è scolpito ma solo sbozzato: cioè starebbe a significare che era pronto per l'uso ma non si avevano ancora i connotati dell'ospite a cui era destinato.

Vetrina 3 Nel l o nptano, in alto, si trovano 4 campanelli in bronzo, di età ellenistica: il n. 32 (cm. 6 x 4,5 x 3,5) presenta una sagoma tronco-piramidale, con base rettangolare, angoli smussati ed anello pentago nale; il n. 33 (cm. 5,5 x 3,6 X 3,2) è simile al precedente, ma ha quattro piedini agli angoli della base; il n. 34 (cm. 5 X 4 X 3) a forma tronco-piramidale, con anello esagonale all'esterno e tondo all'interno; il n. 35 (cm. 6,8 X 5), orientale, forse siriano, a sezione tonda, di forma conica. con decorazione di linee c pallini incisi ed anello tondo. Fra di essi si trova la statuina raffigurante una donna diademata che suona la cetra, n. 36 (cm. 21,4 x 8 X 4). Seguono quattro fischietti in terracotta: due a forma di cinghialetto. il n. 74 (cm. 8,5 X 5,2 X 5) e il n. 75 (cm. 9 x 6 X 4), uno a forma di rana, il n. 76 (cm. 8 x 5 2) c uno a forma di galletto, il n. 77 (cm. 5,5 x 4 x 2); al centro del gruppo è esposto un frammento di lucerna, il n. 87 (cm., 5 X 3,8)), che presenta, nel disco, la raffigurazione di un uomo seminudo che suona una bellissima cetra. li 2° ripiano, intermedio, contiene un gruppo di 29 piroli (dal n. 37 al 65): essi sono, purtroppo, come brandelli di corpi dissolti e svaniti nel nulla, perché le parti !ignee degli strumenti a cui appartenevano sono evidentemente anelate distrutte, in un

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La Galll!ria armonica

modo o nell'altro, e sono sopravvissute solo queste parti perché composte di materiale più resistente, talvolta di avorio ma per lo più di osso. I piroli sono affusolati verso il fondo, che veniva imperniato nello strumento, ed hanno un foro dove veniva infilata la corda (di budello), mentre la testa è a sezione triangolare per facilitarne la presa e quindi agevolare il tiraggio delle corde. Essi presentano un corpo fusiforme sormontato da una parte a sezione triangolare, ad eccezione del n. 45. Il n. 37 (cm. 14,7 X 1,8) è in osso calcificato; il n. 38 (cm. 10,8 X 1,3) è in avorio; il n. 39 (cm. 8,6 X 1,3) è in osso; il n. 40 (cm. 11 ,6 x 1,5) è in avorio il n. 41 (cm. 11,5 x l ,5) è in avorio; il n. 42 (cm. 9,4 x 1,6), pure in avorio, è mancante della parte col foro; il n. 43 (cm. lO x l ,4), di età romana, in avorio, ha corpo quasi cilindrico con parte superiore a sezione triangolare; il n. 44, (cm. 9,4 x 1,5), pure in avorio, è di età romana, con corpo fu siforme sormontato da una parte a sezione triangolare; il n. 45 (cm. 8,8 X l ,5) è in osso, di età romana, con corpo cilindrico sormontato da un rigonfiamento sernisfcrico; ha due fori nel corpo; il n. 46 (cm. 15 X 1,8), di età ellenistica, ha corpo fu siforme sormontato da una parte a sezione triangolare, con mancanze e screpolature; il n. 47 (cm. li ,5 x 1,3). di età ellenistica, è incompleto, in quanto, al corpo, affusolato, manca la parte superiore; il n. 48 (cm. 10 X 1,4) , in avorio, è di età romana: ha corpo fusiforme sormontato da una parte a sezione triangolare: il n. 49 (cm. 6,5 X 1.5), di età romana, in osso, ha corpo quasi cilindrico, sormontato da una parte a sezione triangolare: manca la parte inferiore col foro; il n. 50 (cm. 7 X 1,6), di età ellenistica, è incompleto: il corpo, fusiforme, sormontato da una parte a sezione triangolare, manca della parte inferiore (col foro); il n. 51, pure in avorio (cm. 11,8 X 1,7), di età, ellenistica, ha corpo fusiforme, sormontato da una parte a sezione triangolare; vi sono 2 linee circolari concentriche presso il foro; il n. 52 (cm. 10,4 X l ,7), di età romana, è incompleto: il corpo, fusiforme, sormontato da una parte a sezione triangolare, manca, in fatti. della parte inferiore (col foro) ; il n. 53 (cm. 14,7 x l ,5), in osso, di età eJlcnistica, ha corpo affusolato, sormontato da una parte a sezione triangola re, con una scheggiatura su d i un lato; il n. 54 (cm. 11,6 x 1,5), in osso, di età ellenistica, è incompleto: il corpo, affusolato, manca della parte superiore; il n. 55 (cm. 14 X 1,5) è in avorio; il n. 56 (cm. 10,8 x 1,4), in avorio, di età ellenistica, ha corpo affusolato, sormontato da una parte a sezione triangolare; ha delle spaccature sulla testa c delle scheggiature nella parte inferiore: il 11. 57 (cm. 12,8 x


1,6), ba corpo affusolato, sormontato da una parte a sezione triangolare con qualche scheggiatura nella parte superiore; è anch'esso di età ellenistica; il n. 58 (cm. 12,4 x 1,5), pure di età ellenistica, è incompleto; infatti al corpo, affusolato, manca la parte superiore; presenta screpolature su quasi tutto il corpo; il n. 59 (cm. 12,6 x 1,6), sempre di età ellenistica, ha corpo fusiforme, sormontato da una parte a sezione triangolare, e presenta corrosioni lungo il corpo; il n. 60 (cm. 14 x 1,5), sempre di età ellenistica, in avorio, è frammentario, in quanto vi è solo la parte fusiforme c manca la parte superiore; il n. 61 (cm. 9,6 X J,5), in avorio, ha corpo tronco-conico con testa a sezione triangolare; ha una spaccatura lungo il corpo; il n. 62 (cm. 9,5 x 0,9 x 1,3), pure di età ellenistica, in avorio, ha corpo quasi cilindrico, leggermente affusolato, sormontato da una parte a sezione tri angolare; il n. 63 (cm. 9 x 1,5), sempre di età ellenistica, ba il corpo a tronco di cono allungato, su cui si innesta (su tre linee) una sfera sormontata da una parte a sezione triangolare; ha una scheggiatura s ulla parte tronco-conica; il n. 64 (cm. 9,5 x l ,5), in osso, di età romana, ha corpo leggermente fusiforme , sormontato da una parte a sezione triangolare; presenta screpolature su tutto il corpo; il n. 65 (cm. 10,8 X 1,7), in osso, di età romana, ba corpo fusiforme sormontato da una parte a sezione triangolare. Nel 2" ripiano, intermedio, si trovano anche tre plettri. Il n. 66 (cm. 24 x 4 ,3) è in osso, di forma piatta, stretta cd allungata, terminante, da un lato, a paletta c, dall'altro, a manina, forma che ricorda il plettro etrusco studiato da F. Jurgeit in un suo saggio (1); il n. 67 (cm. 2,3 x 4,5) è in avorio a corpo piatto, aii U11gato, terminante a paletta e a foglie, con apertura romboidale al centro; il n. 68 (cm. 18 x 4,5), in osso, è di una forma simile a quella del precedente, piatta ed allungata, terminante in una paletta concava e in una palmetta (in gran parte mancante). Su questo tipo vi sono stati pareri discordanti, che forse potranno essere risolti dal citato studio dello Jurgeit. Ne/l'opera di George Dennis « The cities and cem eteries of Etruri<1 • (2) si trova il disegno che riproduce w1 oggetto di questo tipo e porta la dicitura « Un cucchiaio

(l) F. J URGEIT c Ein etrwkisc!te:. Plek1ron in K arl.\rulte :o : in : c Miscellanea archacologica Tobias Dohrn dedicata • . Roma, G. Brctschncidcr, 1982, pag. 26 (con ricca bibliografia). (2) G . D ENNI S, Itinerari etru:>chi; ùa: c The cilies ancl c.:mctcrics of Etruna • a cura di Mario Castagnola ... Roma, De Luca, 1984, p. 2 13.

d'osso trovato nella tomba di l side •· Al contrario, in un rec.:ente saggio di Giovannangelo Camporeale, intitolato c 11 mondo degli Etruschi. Scambi e commerci • (3), si trova la foto di 1111 oggetto simile, definito c plettro in avorio con resti di ri\·estimento i11 oro • (R oma, Museo di Villa Giulia). A tale giudizio ci possiamo validamente affiallcare per de/i11ire la natura di questi oggetti.

Ancora nello stesso ripiano si trovano sette tra lucerne e frammenti di lucerne, tutti del I sec. d.C. Il n. 79 (cm. 9,5 x 6,5 X 3,4) ha la figura di un suonatore di tuba; il n. 80 (cm. 9 x 6 x 3), mancante dell'ansa, ha nel disco la raffigurazione di un amorino che. camminando, suona una doppia tibia; il n. 81 (cm. 7 x 3), contiene, nel disco, la rappresentazione di un Eros con mantello svolazzante dietro le spalle, che tiene con la mano sinistra una cetra a quattro corde c con la destra il plettro; il n. 82 (cm. 8,3 X 33 ha un amorino nudo che suona una doppia tibia; il n. 83 (cm. 8,3 X 6,5 X 2) ha la figura di una donna che suona la tibia frigia; il n. 84 (cm. 4,5 x 9,5 x 5,5) ha la raffigurazione di un suonatorc di « salpinx >. Questa lucerna è !"unica a cui si può assegnare una data, il 60 d.C. , in base ad una ricerca della prof. Margherita Guarducci, che ha individuato una nuova officina, quella degli Aeoli, attiva probabilmente nel Lazio (a Roma o ad Ostia), da cui uscì tra le altre, la serie di cui fa parte questo esemplare. L a serie, secondo la prof. Guarducci, risale ai giochi indetti da Nerone nell'anno 60 d.C., chiamati « Neronia >, che si svolgevano con un triplice agone, musico, ginnico, equestre. Altre lucerne della stessa serie, relative alla musica, si trovano nel Museo di Sabratha (ci taredo) e al Museo di Colonia (auleta). Questo esemplare è forse quello meglio conservato di tutti, in quanto è integro anche nella parte decorativa, costituita, oltre che dalla figura del protagonista della gara (quale << sa1pinetes » ), in tutte le lucerne di questa serie, da otto foglie di acanto per parte e, in prossimità del becco, da una piccolissima coroncina di rose, che, secondo la testimonianza di Seneea, era un fiore amatissimo nella R oma neroniana e che era proprio il fiore di cui era formata la corona conferita al vincitore di tali giochi. Per il suonatore si usa il termine di « salpinetes » (da « salpinx », termine greco per « tromba >) anziché « tubicen » (dal termine latino « tuba >, tromba) in quanto i Neronia, giuochi quinquennali introdotti da Nerone per primo, a R oma, erano dei veri e propri « ludi Graeci » , come attestano T acito e Svetonio: il carattere greco si ri(3) G. CAMPOREALE, il mu1ulo degli Etnt.~chi, Scambi e w mmerci; in : c Gli Etruschi: mille anni di civiltà », Vol. 1!,

Firenze, Bonc<.:hi, 1985, p. 461.

~a l a 1: Strumenli orcheologici

I?


nette anche nelle vesti greche, prevalentemente usate dai concorrenti effigiati nel disco di queste lucerne (4). Al centro dello stesso 2° ripiano, infine, si trova il frrunmento di una lucerna di fine fattura e precisamente il disco con la graziosa figura di un amorino che suona una siringa di Pan a cinque canne: è il n. 85 (cm. 3,9 x 3,9); la fonna di questo strumento può a tutta prima risultare strana, in quanto le canne sono tutte della stessa lunghezza, ma la cosa sarà subito chiara ove si pensi che, nel caso di canne uguali esternamente, esse venivano, all'interno. chiuse con cera a vari livelli per ridurne la lunghezza della colonna d'aria, in modo da dare una serie digradante di suoni, come se fossero realmente canne di lunghezze differenti. Nel 3° ripiano, in basso, si trovano cinque campanelli in bronzo, di età ellenistica: il n. 69 (cm. 4,8 X 3,5), a corpo quasi cilindrico, spalla tronco-conica, anello pentagonale, decorazione composta di due lince circolari concentriche; il n. 70 (cm. 4,5 x 4,3). a forma semisferica leggermente schiacciata, a sezione rotonda con anello tondo; il n. 71 (cm. 5,2 x 4 x 3,5), a sezione rettangolare, con anello tondo quasi ovalizzato; il n. 72 (cm. 5,5 x 4), a sezione tonda con corpo quasi cilindrico, spalla tronco-conica, anello romboidale; al centro di questo gruppo si trova il n. 73 (cm. 6 X 3,9 X 4,3), di forma tronco-piramidale a sezione rettangolare, con quattro rigonfiamenti agli angoli della base ed anello esagonale. Seguono 5 campanelli, in bronzo, di età ellenistica: il n. 86 (cm. 6,2 x 4 x 2,8), a sezione ovah:. con spalla rotonda ed anello esagonale; il n. 87 (cm. 5 X 4,5), di forma tronco-piramidale, con 4 rigonfiamenti agli angoli della base (rettangolare), tipo piedini, ed anello esagonale; il rz. 88 (cm. 4,3 x 3) a corpo quasi cilindrico, con s palla tronco-conica, base rotonda e decorazione costituita da due solchi circolari paralleli incisi sulla spalla; il n. 89 (cm. 6 X 4,3 X 3), di forma tronco-conica, a sezione ovale, con anello esagonale; al centro si trova il n. 90 (cm.6 X 5 X 4,5), a sezione rettangolare, di forma troncopiramidale, con anello quasi tondo, mancante della parte superiore.

Vetrina 4

Sul l o np1ano in alto sono dieci campanelli di età ellenistica, in bronzo : n. 91 (cm. 5,5 x3,7 x3,5), (4) M. GUA I\OUCCJ , Nuove IH\'ervac.iuni ,wl/e lucerne/te

degli Aeoli; in: « Mittcilungcn des dcutschen archaeologi~chcn ln!>tituts, Rocmische Abteilung :o , Bd. 93, Mainz, 1986, p. 302 e tav. 132/1 .

I 4 La C a/Ieria armonica

di forma tronco-piramidale con base a listcllo corredata da quattro rigonfiamenti agli angoli e anello esagonale; n. 92 (cm. 6 x 4,2), dal corpo quasi cilindrico con spalla scmisferica e anello esagonale, resti di batacchio in ferro e decorazione costituita da linee circolari e parallele incise (quasi tutte coperte da ossidazione); n. 94 (cm. 7 X 4), di forma tronco-piramidalc, con anello quadrato all'esterno e tondo alrintcrno; n. 93 (cm. 7 x5 X3,7), di forma tronco-pirarnidale a sezione rettangolare con spalla atTotondata, anello esagonale consunto in alto e rigonfiamenti a palline agli angoli della base; al centro si trova il n. 95 (cm. 7 X 4,5), a corpo quasi cilindrico con spalla tronco-conica parzialmente mancante e anello pentagonale; n. 103 (cm. 3 X3,7), di forma emisferica, con decorazione costituita da linee concentriche e losangbe a rilievo, nove puntine all'orlo della base, mancante di metà anello; n. 104 (cm. 3 X3,6), di forma quasi emisferica con ricca decorazione a sbalzo sim ile a quella del n. 103; n. 105 (cm. 4,4 X 3,5), di forma pressoché conica, a sezione rotonda, con anello tondo c decorazione a base dl collarini e semisfcrette in rilievo; il n.J06 (cm. 4X3,5x2,5), di forma troncopiramidale, a sezione romboidale con angoli appuntiti ed anello rotondo; nel centro di quest'altro gruppo si trova il n. 107 (cm. 7 x 5,4), di forma tronco pirarnidale, con base rettangolare ed anello esagonale molto consunto in alto. Nel 2° ripiano, intermedio, sono esposti 6 sistri di età romana, strumenti tipici del culto di Iside che, dall'antico Egitto, si diffuse anche a Roma: essi venivano agitati, durante le funzioni di tale culto, dai sacerdoti e dai devoti; n. 96 sistro greco-romano a tre bacchette. i:. uno degli esemplari più ragguardevoli del Museo: è il tipo con manico formato dalla figura del dlo Bes, tipo di cui si trovano vari esemplari in diversi Musei (Calro, Berlino, Bologna, ecc.). Al sommo, sopra la staffa, la solita gatta Bastet con i due gattini lattanti al petto; in basso ai lati interni della staffa, vi è un portale di tempio fratto (tipologia di bassa epoca) ai cui lati sono seduti i due leoni dell'orizzonte Shu e T efnut. Sotto la staffa si trova la testa bifronte di Hatbor, ai lati della quale sono due serpenti : uno ha l'ureo con la corona di Iside Thermutis e l'altro è un cobra che ha un collo più stretto ed ha in testa la corona doppia dell'alto e del basso Egitto oppure la corona osiriana (Agathodàimon). Le bacchette sono piegate a becchi in ricordo delle oche di Ammone. Il mezzo busto delle dea Hathor esce da una corolla posta sulla testa del dio Bes (con la consueta acconciatura di penne), la figura completa del quale, con i piedi appoggiati su un ca pitello (?) costituisce il vero c proprio manico.


Ai lati esterni della staffa, in basso, sono dei rilievi molto consllllti: a sinistra le piume (attributo di Tside e di Bes), a destra la doppia corona. Misure: L. tot. cm. 19,4; L. manico cm. 8,4; L. bacchette cm. 10,3/ Il , 7 1 11; L. arco: mass. cm. 3,5; min. 2,5; pf. arco cm. 2,2; spessore metallo cm. 0,3; 0 manico cm. 1,3; L. testa Hathor coi due serpenti cm. 4. n. 97. - Sistro romano. - Sulla sommità, anziché una gatta (Bastet) con i r aggi solari a mo' di diadema, si trova una lupa, con i due gemelli: uno succhia il latte al petto della lupa e l'altro viene lambito dalla lupa stessa. La staffa è tutta decorata da un motivo a rilievo di squame sovrapposte; il bordo di essa è molto pronunciato. Le tre bacchette sono piegate a becco d'anitra (ricordo delle oche di Ammone). Alla base della staffa, in cima al manico, è una mezza figura bifronte con le braccia sollevate come a sostenere la staffa: da un lato, sul davanti, è figura femminile, con aureola, e dall'altra è maschile, con copricapo da cui escono due corna. Questa duplice mezza figura esce da una corolla quadrilobata di fogliette arricciate. Sia le figure che le decorazioni sono tipicamente di ambiente romano. Un sistro molto simile a questo, rinvenuto nel Tevere (con la differenza che, invece di tre ha cinque bacchette e in luogo del manico cilindrico ne ha uno a tortiglione) si trova al British Museum, contrassegnato col n. 872 (5). Misure: L. tot. cm. 29,5; L. manico cm. 10; L. bacchette cm. 10,7 l 10,1 l 9,5; L. testa con braccia cm. 3,8; L. arco: mass. cm. 5,4; min. cm. 2,3; pf. arco cm. 2,3; spessore metallo cm. 0,3; 0 manico cm. 1,1. n. 98. - Manico di sistro. - A sezione tonda, con interno vuoto, come si può vedere da uno spacco longitudinale, e parzialmente anche trasversale, aperto in esso. In cima al manico, sotto la staffa, di cui si conservano due parti iniziali in basso, si trova una testa bifronte di H athor con vistose doppie orecchie di mucca sporgenti, due per ogni faccia, nettamente distaccate le une dalle altre.

sotto forma di gatta con due cuccioli. Ai lati esterni della staffa, sopra il manico, sono due fregi in rilievo, ormai poco leggibili perché molto logori: a destra forse, tma situla (altro simbolo isiaco che spesso si trova nelle mani di sacerdotesse di Iside (6) entro un portacoppa con due nappe laterali, e a sinistra, forse, un atef deformato. n manico è a sezione ottagonale e la base tonda. Molto probabilmente i simboli deformati che si trovano su alcuni sistri ne provano la fabbricazione avvenuta a Roma, dove gli artigiani non avevano troppa confidenza coi simboli abituali del mondo egizio (7).

Misure: L. tot. cm. 20; L. manico cm. 9,3; L. bacchette (sempre dall'alto): cm. 16,5, 14, 13; L. arco: mass. cm. 4,5, min. (base) cm. 2,6; pf. arco cm. 3; spessore metallo cm. 0,4; 0 manico cm. 0,12. n. 109. - Sistro romano a tre bacchette con base quadrata. - In alto si trova un gatto accovacciato (privo di un orecchio). Sui lati esterni della staffa, in basso, sono dei rilievi molto consunti: a sinistra, forse, un atef deformato, ridotto simile ad una pigna, come riteneva il Bacchini, non avendo capito che si trattava della deformazione di corone che si nota sui sistri tardi (8); a destra altra corona isiaca formata dalle due corna di vacca, emblema di Hathor, o dei due serpenti Uraei che si arrampicano attorno al simbolo di Hathor. TI manico è a sezione ottagonale e ha due modanature. Misure: L. tot. cm. 21,8; L. manico cm. 9,5: L. bacchette cm. 16,2/17716,5; L. arco: mass. cm. 4,6; min. cm. 3,2; pf. cm. 3,6; spessore metallo cm. 0,4; 0 mM~ico in basso cm. 1,7. n. 110. - Manico di sistro. - AI sommo si trova una testa bifronte di Hathor con due paia di orecchie di mucca (2 per ogni faccia) sporgenti e distaccate le une dalle altre. In alto, sopra la testa, vi è un pezzo di staffa, fino al livello del 1o foro, dove è infilato un chiodo. Misure: L. tot. cm. 19,2; L. manico cm. 8,3; L. testa Hathor alle estremità delle orecchie cm. 4,7 ; spessore metallo cm. 0,2; 0 manico cm. 1,4.

Misure: L. tot. cm 14; L. manico cm. 8,3; L. testa cm. 4 ,3; 0 manico cm. 1,5.

Nel 3° piano in basso, sono esposti quattro piattini da sonagli, concavi, con foro al centro: il n. 99

n. 108. Sistro romano a tre bacchette (spezzato). In alto si trova la raffigurazione della dea Bastet

(6) v. la scena di cuJto isiaco raffigurata in un affresco proveniente da Pompei oggi a Napoli (foto Alinari 12.035). (7) N. GÉNAlLLil, Le si~·tre Strozzi (à propos des objet.~ culruels isiaques en ltalie): in : « Bulletin de la Soc. française u'egyptologie •, n. 77-78, oct. 1976-mars 1977, p. 65. (8) B. BocCHINI, De sistrorwn figuri\' ttc differenlia. Bonooiae, MDCXCI, pp. 20-2 l .

(5) N. GÉNAILLE, Le sisrre Srrozzi (à propo~· de:; objets c:ulruels isiaque.1· en ltalie): in: « Bulletin de la Sos. française cl'egyptologie •, n. 77-78,. Oct. 1976-mars 1977, p. 65.

Sala l : Strumenti archeologici

IJ


(cm. 12,8 x 1,7), il n. 100, rigonfio (cm. 2,2 X 12,2), il n. 101 (cm. 12,8 X 1,7), il n. 102 (cm. 5,7 X 1,5). Questi piattini possono avere una duplice origine: o facevano parte di crotali, cioè erano montati su di una forcella con manico, dove battevano l'uno contro l'altro, oppure venivano tenuti, mediante un Jacciuolo di cuoio, una coppia per ogni mano, e suonati come le odierne nacchere, come si pensa facesse il fauno della Casa del Fauno a Pompei. In mezzo a questi piattini è esposto un campano o campana a sezione rettangolare, in bronzo senza batacchio nè traccia che vi sia mai stato; all'interno vi è, graffito, il disegno di un pesce (non del tutto completo: è mancante della parte posteriore); a qualcuno tale disegno farebbe pensare che il campano fosse usato per la pesca, battuto dal di fuori per richiamare i pesci; a qualcun a ltro potrebbe ricordare il nome del pesce in greco (tx&uç) che stava a significare il nome di Cristo; ma si potrebbe in tal caso trattare di un campano usato per chiamare i cristiani a qualche funzione o sempUcemente alla preghiera (nelle catacombe o in qualche piccola oratorio). Il campano porta il n. 983 ed ha le seguenti misure: alt. cm. 16,5; sezione (rettangolare): in alto cm. 7 x 4, in basso cm. l 1,3x6,5. Sulla sommità: anello esagonale con la parte superiore mancante di un frammento. Seguono quattro campanelli di bronzo: il 11. l l l (cm. 9 x 7, 3 x 4,5), di forma tronco-conica a sezione ovale, con anello tondo: presenta un foro nel corp:l e manca del bordo; il n. 112, quasi cilind rico, con spalle arrotondate e anello pentagonale (alt. cm. 9 ,8; 0 cm. 5,6); il 11. 113 (cm. 10,8 X 5,5), dal corpo c ilindrico, con spalla rotondeggiantc ed anello pentagonale; il n. 114 (cm. 7,5x5,9), di forma tronco-conica. con anello triangolare c decorazione costituita da un doppio colla rino all'attacco dell'anello; sempre nello stesso piano inferiore si trovano due piattini da sonagli con foro centrale: il n. 115 (cm. 6,2 x 1,4) c' l il n. 116 (cm. 6,2 X 1,4); quest'tùtimo ha un piccolo spacco. Completano il gruppo due sonagli con centro concavo e bordo rialzato, forati al centro: in tali fori venivano introdotti i due lacciuoli di cuoio in cui si infilavano le mani per battere i piattini l' uno contro l'altro. I due sonagli-piattini hanno i numeri 984 e 985 e le dimensioni di: 0 12 x spess. 2: essi sono uguali. (I lacciuoli non sono originali).

Vetrina 5 Nel 1o ripiano in alto sono esposti otto campanelli in bro nzo e due statuine in te rracotta: il campanello n. 132 (cm. 5,5 X 3,3), di età ellenistica, dalla forma

I O La Galleria annonica

tronco-piramidale, con quattro paJiini agli angoli della base ed anello esagonale; il n. 133 (cm. 8 X 4), pure di età ellenistica, dal corpo cilindrico a tulipano, con spalle arrotondate ed a lto anello pentagonale; è lesionato e mancante di vari frammenti; il n. 134 (cm. 5 X 3,5), ancora di età ellenistica, egizio, con corpo cilindrico dalla spalla tronco-conica, con a nello esagonale; esso è decorato da linee circolari, parallele, incise; il n. 135 (cm. 5,3 x 5), di età pretolemaica, egizio, dalla forma quasi sferica , con anello quadrangolare e, come decorazione, ha gruppi di cinque linee ci rcolari, parallele, incise su spalle e corpo; presenta una rottura alla base e incrostazioni all'interno; il campanello n. 117 (cm. 6X4,l X3,3), ha base a sezione rettangolare, anello pentagonale e quattro pallini agli angoli della base (di cui l ma ncante); il campanello n. l l 8 (cm. 4,5 X 6,5) ha forma quasi cilindrica con rigonfiamento superiore e una decorazione formata da due coppie di linee circolari parallele incise; manca dell'anello e presenta all 'interno uno strato di ruggine, il 11. 119 (cm. 7 x3,5), dal corpo cilindrico, con pareti concave, spalle arrotondate anello pentagonale, ha il batocchio ossidato attaccato nell'interno; il n. 120 (cm. 5,5 x 5), dalla forma leggermente a campana con grande anello esagonale, è molto corroso; a l centro del gruppo si trova una statuina forse votiva, il n. 136 (cm. lO x 4 X 4), raffigurante una donna seduta che s uona la cetra; la statuina è consunta e corrosa e manca di varie parti, ma conserva tracce di policromia: altra statuina, pure in terracotta, è il n. 121 (cm. 14 x7 X4) dell'Italia Centrale, databile lli-TI sec. a. C.; raffigura un personaggio m aschile (forse Apollo) con mantello discendente dietro le spalle, che sostiene una grande lira; la statuina manca della testa e conserva tracce di colore. Sul 2° ripiano, intermedio, sono esposte stat uine e lucerne in terracotta di cui segue la descrizione: il n. 137 (cm. 7,5 x7) è un frammento di rilievo di età ellenistica, raffigurante un Eros che sostiene una cetra appoggiata a lla spalla sinistra; il n. 138 (cm. 12,5 X 7 x 3,5), rappresenta un personaggio maschile (forse un satira) dal ventre sporgente, in atto di suonare uno strumento a corda, probabilmente un barbiton, ma non sicuramente definibile perché mancante della parte superiore; anche il personaggio è incompleto, in quanto manca di testa c di gambe; le due statuine segucpti sono due fischietti in terracotta: il n. 139 (cm . 9 x 4 ,5 x 3), ha figura di uomo barbuto con cappello; il n. 140 (cm. 10,5 x 4 X 4) ha forma d i mostro, daUa testa e dalle zampe di leone, in piedi; fra queste statuinc si trova il n. 141 (cm. 17 x 6,2 X 5), statuina di e tà ellenistica in terracotta provenie nte da l Sud-Italia, raffigurante un personaggio maschile (forse Apollo)


che suona la cetra; veste un corto chitone che lascia scoperte le gambe; la statuetta è piuttosto .consunta, ma conserva tracce di colore. La lucerna n. 122 (cm. 9,9 x 7 x 2,8), del I ~ec. d.C., ha, nel disco, un genietto che suona una tibia frigia mentre un altro danza; in quella col n. 123 (cm. 9,8 X 3,8) del I sec. d.C., si vede nel disco un personaggio in veste di attore comico che suona un tamburello; al disotto è incisa la scritta << L. FABRIC. MAS >>; quella col n. 124 (cm. 11 X2,8) ci offre la raffigurazione di un piccolo Eros alato che suona una siringa di Pan a cinque canne con legatura a fascia e, al disotto, ba la scritta, ,jncisa: « c.cLo.svc. »: la lucerna manca del becco e di parte del corpo; quella col n. 125 (cm . 10,5 X2,6), del I sec. d.C., mancante di quasi tutto il becco, presenta nel disco una suonatrice di lira; al disotto è inciso un tridente. Fra queste lucerne si trova, contrassegnata col 11. 126 (cm. 12,5 X 4,5 X 4) una statuina votiva in terracotta di età ellenistica (forse da Alessandria), ra ffigurante un musico frigio con lungo mantello e cappello a punta (o cappuccio) che suona una siringa di P an. Nel 3° ripiano, in basso, sono esposti dieci campanelli di bronzo di età ellenistica di cui segue la descrizione: il n. 142 (cm. 5,2X4X3,5), dalla forma tronco-pirarnidale, a sezione quadrata, con anello rotto: è corroso e presenta un grosso strato di ossidazione: il n. 143 (cm. 6,5 X5,5 X3), di forma tronco-conica, a sezione ovale, con anello rotondo, è molto corroso; il n. 144 (cm. 6,5x5x4), di forma tronco-conica a . ' sezwne ovale, con grande anello rotondo, è molto corroso; il n. 145 (cm. 5,2 x 4,8), egizio, di forma tronco-piramidale, con quattro pallini agli angoli della base ed anello pentagonale, conserva un elemento nastriforme avvolto intorno all'anello; al centro di questo gruppo si trova il n. 146 (.cm. 7,2 X 4,7 x 3,3), di forma quasi cilindrica, a sezione ovale, con anello pentagonale; manca di parte della base e presenta un foro nella spalla; il n. 127 (cm. 5x3,5X3,1), di forma tronco-piramidale, ha quattro palline agli angoli della base ed anello pentagonale; conserva il batacchio, attaccato alle pareti interne; è molto corroso; il n. 128 (cm. 4,3 X 3 X 2,8), di Forma piramidale, ha agli angoli della base quattro pallini, di cui uno mancante; è molto corroso; il n. 129 (cm. 6x4,1 x3 ,4), egizio, di età tolemaica, dalla forma tronco-piramidale, a sezione quadrata, ha quattro pallini agli angoli della base; il n. 130 (cm. 7,5 X 3,8), di forma quasi cilindrica, a sezione rotonda, con anello pentagonale, manca di alcuni frammenti; al centro di questo gruppo si trova il n. 131 (cm. 5,7 X 4,3), eli forma tronco-piramidale, a sezione esagonale. con anello rotondo e piccolo foro nel corpo.

Vetrina 6

Nella vetrina 6, cubica, si trovano tre frammenti di marmo ed un pezzo di intonaco dipinto; il n. 147 (0 cm. 21 X 3 di spessore) è un oscillum, disco di marmo (bianco) che si appendeva ai rami degli alberi o ai tetti delle case per allontanare gli spiriti maligni; questo esemplare ha avuto una rottura al foro di scspensione originario, tanto che ve n'è stato praticato un altro; su di una faccia ha un bassorilievo con fa raffigurazione di un centauro che suona la doppia tibia, mentre sull'altra un tritone suona una conchiglia (bucina); il n. 148 (cm. 12,4 X 7,7 X 4,8) è un frammento di scultura in marmo raffigurante una mano che tiene una siringa di Pan a quattro canne; il n. 149 (cm. 29,4 X 15 x 8) è un frammento di scultura in marmo, di età romana imperiale. che faceva parte di una grande cetra da concerto appartenente ad una statua, forse di un Apollo citaredo; nel marmo è sco~­ pito in bassorilievo Marsia appeso all'albero. Ai tre frammenti di marmo si è aggiunto un frammento di intonaco dipinto che il Museo ha ricevuto in deposito dal Museo Etrusco di Villa Giulia (n. di inv. del Museo etrusco: n. 89); il frammento (cm. lO x 14,5) proviene dalla Villa dei Volusii, del I sec., di Lucus Feroniae, sulla via Capenate, venuta in luce nel 1961, in occasione dei lavori per l'autostrada del sole; è stato trovato nello strato di crollo fra l'attuale casa del custode e l' Antiquarium. In questo frammento è dipinta una graziosa fanciulla dagli orecchini d'oro; essa suona t•no strumento a due corde, a pizzico, che potrebbe esser definito monocordo a due corde e di cui questo sembra essere per ora l'unica raffigurazione conosciuta (9). Vetrina 7

N ella vetrina 7, sul 1o ripiano in alto, si trovano otto campanelli di bronzo, e due statuine di terracotta, tutti di età ellenistica; il campanello n. 150 (cm. 6,7 x X 4,2 X 4) ha form a tronco-pirarnidale con anello esagonale e piccoli rigonfiamenti agli angoli della base; il n. 151 (cm. 5,5 X 5 X 4) ha forma sernisferica (troncoconica arrotondata) con base a sezione ovale ed anello rotondo; il n. 152 (cm. 6,7X3,8x4,5) ha fonna tronco-piramidale con spalla arrotondata, anello esagonale c quattro piccoli rigonfia.menti (di cui uno mancante) agli angoli della base; il rz. 153 (cm. 6 x 3,5) ha anche esso forma tronco-pirarnidale con anello esagonale e quattro piccoli rigonfiamenti agli angoli della base, (9) Un riferimento musicale alla tecnica di suono di questo poco noto strumento lo si può trovare nell'opera di Tobias Norlind, Systematik der Saitcninstrumentc. I. Gc· schichtc der Zither. Stockholm. 1936. col. 2 19-226, disegno alla i'ig. 226 (Brcttzithc r).

Sala l : Strumenti orcheo/ogici

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presso la quale presenta un foro; il n. 165 (cm. 6 x X 3,8 x 4,3), egizio, con anello pentagonale e quattro piccoli rigonfiamenti agli angoli della base, ha molte incrostazioni; il n. 166 (cm. 5 x3,7), con sagoma leggermente bombata, anello esagonale e piccoli rigonfiamenti agli angoli della base ha il batacchio, ossidato, aderente, in parete; il n. 167 (cm. 5,5 X4,3) è simile ai precedenti ma senza batacchio; il 17. 168 (cm. 4,5 x X 3), simile a l precedente, ed ha anch'esso i l ba tac . chio, deformato cd ossidato, attaccato in parete; accanto a questi campanelli è una statuita votiva de l sud-Ita lia, il n. l 54 (cm. 12 x 4 x 2,7) del ID-Il sec. a.C., raffigurante Apollo, con un lungo mantello dietro spalle, che sostiene col braccio sinistro una lira; la statuina conserva tracce di policromia; a fianco si trova il n. 169 una statuina votiva, in bassorilievo (cm. 10 X X 5), che è stata ricomposta da frammenti; manca di parti ed è consunta, ma conserva tracce di policromia; raffigura un personaggio maschile nudo che sostiene una cetra appoggiata alla spalla sinistra; lo strumento non è di sicura identificazione a causa della frammentarietà del prezzo. Nel 2° ripiano, intermedio, si trovano otto lucerne del I sec. d.C. e due statuine. La lucerna n. 155 misura cm. 10,5 x 7,5 X 4; manca di un fianco c di mezzo becco; sul disco ha la raffigurazione di un suonatore di d oppia tibia; il n. l 56 (cm. 11,5 x 7 ,5) ha nel disco un piccolo Eros che, a cavallo di un del fino, suona una doppia tibia; il n. 157 (cm. 8 x 7 x X 2,6) ha un piccolo Eros suonatorc di tibia frigia; manca quasi tutto il becco; il n. 158 (cm. 8.7 x6,7 x X 2,8) ha un centauro che suona una lira; manca parte del becco; al disotto vi è incisa una scritta incompleta per la mancanza di un frammento; la lucerna n. 170 (cm. 8 X 1,8) manca del manico c di parte del disco, nel quale si trova la raffigurazione di un Eros che suona la lira; a l disotto vi è incisa la scritta «L. MVNA. MAR ~ ; quella col n. 171 (cm. l O X 2,6) ha nel disco un Eros che suona un tamburello; quella col n. 172 (cm. 10,5 x 3), annerita dall'uso e mancante di parte del manico, ha nel disco la figura di un personaggio, con abito e maschera da attore comico che suona un tamburello; quella col n. 173 (cm. 7,3 x 6,5) è incompleta: vi è solo la parte superiore; ha nel disco un piccolo Eros che suona una tibia frigia: il n. 159 è una statuina di età ellenistica (cm. 11 X 5,7 X 3,8) raffigurante un attore comico barbuto, vestito di un corto mantello, che tiene in mano un tamburello; al centro di questo gruppo è esposta una graziosa statuina votiva in terracotta, proveniente dall'Italia meridionale, contrassegnata col n. 174 (cm. 16x6,5x6,7), raffigurante un pastore, forse il dio Pan, seduto sotto un a lbero (dai cui rami pende un

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8 Ln Galleria ar/1/0IIica

oscillum), in atto di suonare una siringa di Pan; vicino a lui, seduto in terra, un cagnolino ascolta attento la melodia. Nel 3° ripiano, in basso, si trovano dieci campanelli di bronzo (tutti di età ellenistica meno il n. 161): il n. 160 (cm. 8,5 X 4,5 X 5,3) ha la forma troncopiramidale con anello quadrangolare e base a sezione rettangolare; all'interno si notano incrostazioni con batacchio ossidato e un foro presso la base; il n. 161 (cm. 12 X 5,7), di età romana (l sec. d.C.), dalla forma a tulipano, porta incise presso il bordo, le parole, ora molto consunte, « c. TITISSA / M / IOCAT T. :. l « SAM M / IOC ) ; il n. 162 (cm. 8 X 5,2 X 5,7) ba forma tronco-piramidale, base a sezione rettangolare con quattro piccoli rigonfiamenti agli angoli ed anello mancante per più della metà; il ti. 163 (cm. 7,5 x 4,3 x X 4,8) ba un corpo tronco-piramidale con anello rotondo mancante della parte superiore e piccoli rigonfiamenti agli angoli della base; il n. 164 (cm. 6, l x X 4,3) dalla forma sempre tronco-piramidale, ha anello esagonale piuttosto consunto e conserva il batacchio; il n. 175 (cm . 14 x 8 x 6,5) ha corpo cilindrico, spal la emisferica, anello esagonale con due sporgenze laterali; il n. 176 (cm. 11 x 7,8 x 6,5), a tulipano, ha corpo cilindrico, base a sezione ovale, spalla arrotondata ed anello pentagonale; il n. 177 (cm. 9,5 X 6,4 X X 4,3) ha forma quasi cilindrica, base a sezione ovale, anello tondo, molto corroso; il n. 178 (cm. l O x X 5,5 X 6) ha forma tronco-piramidale con anello tondo e base a sezione rettangolare; il n. 179 (cm. 7,3 X 5,7 X 4,8), egizio, di età romana, ha forma quasi tronco-conica, con base rettangolare ed anello quadrangolare, ed è molto consunto.

Vetrina 8 Sul l o n plano in alto si trovano vari tipi di sonagli: il n. 180 (cm. 23 X 9,5 X 13,5). del TTT-TT sec. a.C., è un sonaglio costituito da un manico su cui sonC' innestate due semisfcre piatte c combacianti, con sassolini nell'interno; il n. 181 (cm. 12,5 x 2) è un anello con otto pendagli a forma di sferette schiacciate. Una lunga dissertazione su di tm pezzo simile. che l'autore chiama crotalo, si trova nell'opera del Caylus, Recueil d'antiquités égyptiennes, étrusques, grecques, romai~es et gauloises. Suppl. t. Vll. Paris, 1757. p. 223-224 e tav. LXIT, T e TI. , Anna - Cln11de - Philippe de Thollbières & Comte de Caylus ... R ecueil! d'antiquités légyptiennes, l étrusques, grecques l romaines l et gauloises. Suppl. t ome septième. Paris. U. M. Tilliard, libr. Quai des A 11/fiiSrins. lì Saint Benoit. 1767. p. 223-224. P/. LXTT N . l p. 223.


« Qu01que /es crotales que portoienl /es Bacchantes, & plusieurs Pretresses inférieures, dans !es cérémonies particulières, soient très jaciles à distinguer, & a reconnoftre dans /es bas-reliefs antiques; c'est avec plaisir que j'ai trouvé celle-ci. D' autant plus que l'o n juge beaucoup mieux d'aprés l'originai, ce crotale des plus complets & des mieux conservés, est sur wr anneau de bronze, dont l'interieur est de deux puces trois lignes, & l' epaisseur d'un peu plus de deux lignes. Il y a huit faillies de bronze percées, & qui servent à porcer cles especes de castagnettes, qui ont une tete également percée & qui les arre/e en leur laissant tous les mouvements aux jaillies de cet anneau. Leur diamètre en général est d'un pouce près de six lignes car elles ne sont pas absolument égales, & leur épaisseur est de dix lignes. Du reste elles res[ p. 224]semblent à des bossettes de Cheval. Il ne paroU pas qu'elles ayent jamais été sonores, mais elles produisoient wz bruit sourd qui pouvoit marquer la cadence, & que l'usage de /es agiter, & l'habijude de /es entendre, rendoient certainment plus agréable' que nous ne pouvons imaginer aujourd' hui. Ce qui me plait de cet instrument c'est le complet, car je ne lui réprocherai point Le mode... des petits anneaux. Il n'est pas possible que leur médiocrité leur ait permis de résister à la rouille, & aux outres injures du temps. N. Il l'ai cru de voir (?) fclire dessiner en particulier une de ces castagnettes, pour faire voir plus aisément au Lecteur que le concave & le convexe simplement p~é­ sentés l'un à l'autre, ne se tenoient que par la belière passée elle-meme dans le plus petit anneau excédant le principal. Je dois ajouter que chacune de ces bossettes eJ·t percée exactement dans son centre, & ce trou ne peut avoir été fait que pour rendre le total mains sourd ». 11. 182. - Crotalo (cm. 34 X 7 X 4,5). È costituito da due piattini di bronzo fissati in cima ai bracci di una forcella terminante, in basso, con un manico che serviva per ·agitare lo strumento in modo che i due sonagli battessero l'uno contro l'altro; 11. 198 (cm. 23 X x 7), sonaglio del III-II sec. a.C., formato da un lungo manico su cui è innestato il corpo, vuoto, leggermente piriforme, affusolato, con 3 anellini saldati all'esterno e dei sassolini nell'interno; un grande campanello, n. 199 (cm. 12 X 7 ,4), a corpo cilindrico con parete lievemente concava, spalla arrotondata, anello esagonale e base ovale, ba uno spacco che si estende verticalmente lungo tutto il corpo; il sonaglio n. 200 (cm. 26 x 10,8) del IV-II sec. a.C., è formato da un lungo manico su cui si inserisce il corpo formato da due parti coniche appiattite e congiunte verso le basi; come ornamento vi è una semisfera con la parte convessa al disopra e, al disotto, l l anellini infilati all'orlo, in basso vi è un piccolo rigonfiamento a cipolla.

Nel 2° ripiano, intermedio, sono sei sistri, di cu1 segue la descrizione:

11.

183. - Sistro ellenistico-romano a 4 bacchette. -

Piccolo, con base quadrilobata; sulla sommità sono i mezzi busti di Iside e di Scrapide affia ncati e disposti trasversalmente alla staffa.

Misure: L. tot. cm. 18,3; L. manico cm. 6,2; L. bacchette cm. 11 / 11 / 12,7/ 9,5; L. arco: mass. cm. 3,5 , min. cm. 2,5; pf. arco cm. 2,7; spessore metallo cm. 0,3; 0 manico cm. 0,9. n. 184. - Sistro a 3 bacchette. - AHa base della staffa la testa bifronte di Hathor è affiancata dai due serpenti « Uraei >> (che forse , in origine, avevano in testa le corone del basso c dell'alto Egitto ed erano spesso assunti come simboli stessi di I side e Serapide). Nell'interno della staffa, alla base, si trova un gatto (richiamo alla dea Bastet) seduto. Il manico è a sezione tonda. Misure: L. tot. cm. 25; L. manico cm. 9,2; L. bacchette cm. 18,4/ 16,7 !7/ 13; L. testa Hathor cm. 3,8; L. arco: mass. cm. 6,5, min. cm. 3; pf. cm. 3,3; spessore metallo cm. 0,1; 0 manico cm. 1,1. n. 185. - Sistro romano a 3 bacchette. - Sulla sommità si trova la dea gatta Bastet diademata, cioè con la raggiera solare sulla testa, sdraiata, con i due gattini lattanti al petto. Sul lato esterno della staffa, in basso a sinistra, un rilievo consunto ma che si può ritenere forse una raffigurazione stilizzata e non molto esatta della corona isiaca; l'altro lato è liscio, senza fregi . Il manico è a sezione tonda, leggermente affusolato, con un rigonfiamento verso il basso. Le 3 bacchette sono ripiegate, alle estremità, a becco d'oca. La staffa ha un bordo a forte rilievo. Misure: L. tot. cm. 21,2; L. manico cm. 10,2; L. bacchette cm. 13,5 / 12,5/ 11; L. arco: mass. cm. 3,5, min. 2,5; pf. arco cm. 2,5; spessore metallo cm. 0,4; 0 manico (massimo rigonfiamento) cm. 1,6. n. 201. - Sistro romano a 3 bacchette di cui una (la superiore) mancante. Sulla sommità .l a consueta gatta Bastet con i due cuccioli al petto. Ai lati esterni della staffa, in basso, vi sono fregi a rilievo: a sinistra i serpenti urei con le corone dell'alto e basso Egitto e a destra il disco solare con le corna bovine, attributi di Iside. Il manico è a sezione tonda con modanatura, irgonfiamento verso il basso e base tonda. Misure: L. tot. cm. 21,2; L. manico cm. 11,4; L. bacchette cm. 15,2/ 14,3; L. arco: mass. cm. 15,2, min. cm. 14,5; pf. cm. 3; spessore metallo cm. 0,4; 0 manico cm. 1,5 / 1,1.

Sala l : Strumenti archeologici

l f)


11. 202. - Sistro a 5 bacchette (tipo greco-romano). - Sulla sommità delrarco si trova un gatto (o gatta/ Bastet); accovacciati ai lati della base della staffa sono i due leoni dell'orizzonte (Shu c Tefnut). Sotto la staffa, in cima al manico, la testa bifronte di H athor esce da una corolla quadrilobata. TI manico è sottile. li bordo della staffa è fortemente pronunciato.

Misure: L. tot. cm. 36,5; L. manico cm. 16,5; L. bacchette (non originali) cm. 12/ 10/9!7/9,5; L. arco: mass. 4,7/4,5, min. cm. 2,5; pf. arco cm. 3; spessore metallo cm. 0.3; 0 manico (rigofiamento in basso) cm. 1.3.

n. 203. - Si!>tro romano a 3 bacchette, senza manico. In basso vi è la figurina di un gatto accovacciato e in alto ve n'è un'altra (ma senza gattini). Sotto la staffa, al sommo del manico, vi è una testa bifronte di Hatbor, ma di fattura piuttosto inconsueta, in quanto è troppo stilizzata. Ai lati esterni della staffa si trovano dei rilievi di difficile lettura, forse raffiguranti dci fiori di loto. Misure: L. tot. cm. 15,7; L. bacchette (forse non originali cm. 13 / 10/ 11; L. arco: mass. cm. 5,4, min. cm. 3,5; arco cm. 3: spessore metallo cm. 0,5; L. testa H athor cm. 3.5. Nel 3° ripiano, in basso, si trovano piattini di sonagli, dischetti bombati e forati al centro, con lince circolari incise e campanelli tutti eli età ellenistica: n. 186, piattino (cm. 6,5 x 1,5); n. 187, piattino (cm. 5,7 x l); n. 188 piattino (cm. 5,7 X l); n. 189. piattino (cm. 6,3 x 5); 11. 190, campanello (cm. 6,5 X x 5,3) dal corpo di forma pressochè cilindrica, con anello esagonale e, come decorazione, due linee circolari parallele, incise; n. 191, campanello (cm. 6,8X3,5) orientale, forse siriaco, con corpo ci lindrico e spalla tronco-conica, sormontato da un anello tondo e con la decorazione costituita da gruppi di linee circolari parallele, incise; nella parte superiore vi sono 9 solchi terminanti, in basso, ciascuno con una semisferetta ad incavo; n. 192, piattino (cm. 6,3 x l ,2); n. 193, piattino (cm. 6,7 x 1,5); n. 194, piattino (cm. 6,8 X J ,7): n. 195, piattioo (cm. 6,8 X 1,5); n. 196, piattino (cm. 6,8 x 1,5); n. 204 (cm. 6,4 x 3,9) ha forma tronco-conica con anello pentagonale; n. 205 (cm. 5 X x 3,5), egizio, ha corpo quasi cilindrico con anello esagonale e una decorazione costituita da linee circolari parallele incise (quasi completamente coperte da ossidazione); n. 206 (cm. 5,5 x 4) ha forma troncoconica bombata con anello pentagonale e decorazione costituita da lince circolari, parallele, incise; n. 207 (cm. 5,5 x 5,3) ha corpo semisferico a sezione tonda con anello tondo; come decorazioni ha varie linee circolari paraJiele incise, coperte da incrostrazioni. Infine

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La Galil•rio 111'11101/ica

nel 3° ripiano, in basso, si trovano due frammenti di bordura in terracotta: il n. 197 (cm. 46 X 20 x 5) su cui sono raffigurati, in bassorilievo, una doppia tibia, tre maschere tragiche ed una cetra, e il n. 208 (cm. 50,0 X 16 X 5) in cui sono raffigurati, in bassorilievo, tre maschere tragiche, un tirso ed una siringa di Pan a nove canne: si tratta del tipo di lastre cosiddette Campana, usate come rivestimenti architettonki di case romane, frequenti a partire dal I sec. a.C. Tali lastre furono dette « Campana » dal nome eli Gian Pietro Campana, archeologo e collezionista (Roma 1808, Napoli 1880) cbe raccolse, studiò, classificò molti oggetti di scultura dell'antichità classica, e pubblicò le « Antiche opere in plastica discoperte, raccolte e dichiarate dal marchese Gian P ietro Campana » (R oma, 1851; 1852; 1854). ARCHEOLOGI A E MUSICA Parlare di archeologia ai musicisti e di musica agli archeologi è come voler varcare un lìmite di incomunicabilità ed usare, per gli uni c per gli altri, una lingua sconosciuta. La si tuazione non è di oggi, ma solo oggi si comincia ad intravvedere la grave frattura che esiste fra i due mondi. Infatti la musica è nata, si può dire, con l'uomo, c si è ormai universalmente riconosciuto che la si può documentare nella storia delle conquiste culturali, e molto prima delle documentazioni di musica scritta. Basti pensare solo per fare un esempio, agli scavi di Ur (Hl millennio a.C.), che ci hanno rivelato strumenti di squisita fattura, per capire l'importanza di questa arte nella vita dei popoli. L'archeologia, al contrario, come scienza, è disciplina relativamente giovane: per quanto il gusto di scavare per ritrovare tracce di antiche civiltà si sia sviluppato già da qualche secolo, tuttavia l'organizzazione scientifica di tale materia si può dire che sia ancora in fase di assestamento cd il progresso tra il sec. XIX ed il presente colma lacune che potevano sembrare iocolmabili. Ora il problema che si pone per sanare la frattura tuttora esistente fra questi due mondi è il seguente: occorre che gli archeologi apprendano la musica o che i musicisti si dedichino all'archeologia? Sarebbe troppo audace pretendere sovrastrutture di tal genere per gli adepti delle due materie, che hanno già sufficienti quesiti da risolvere nelle loro singole specializzazioni. Quale, quindi, la soluzione che si può prospettare prcchè questi due mondi si incontrino? on è certo, questo, un problema che possano risolvere gli studiosi, gli amatori e cultori per proprio conto, singolarmente o in gruppi, ma è opera di più vasto respiro che deve es ere assunta, come re ponsabilità e come proiezio9e verso il futuro, da un ente che possa affrontare problemi di documentazione su vasta scala e di ampia portata sia cronologica che geografica, per poter corredare una disciplina che ancora non è stata sufficientemente intesa nè, quindi, realmente valutata come materia di studio: l'iconografia musicale nel mondo archeologico. Infatti, i repertori e le schedature iconografiche iniziano, generalmente, dal Rinascimento c, molto più raramente, dal lontano medio


evo. Un vero c proprio repertorio iconografico archeologico è ancora un pio desiderio di quanti amano l'antichità e la musica e, si potrebbe quasi affermare, data la ricchezza che esso può rivelare un settore « inesploso » della nostra cultura. A tale grave carenza può ovviare un'attività, organizzata con adeguate attrezzature e, soprattutto, con personale specializzato, da reclutarsi nei due campi, ma con formazione adeguata nelle due materie. Poichè l'istituto che meglio si presta a svolgere tali squisite funzioni è senz'altro il Museo Nazionale degli strumenti musicali di Roma, si prospetta ora l'urgente necessità di provvederlo di attrezzature scientifiche e di personale qualificato. L'importante è chiarire il punto focale del problema: si tratta di un lavoro di <<équipe» che non è attuabile da cultori isolati, ma che richiede una sapiente organizzazione. A queste esigenze risponderanno le sofisticate apparecchiature che il nostro tempo ci offre e tutti i mezzi e metodi di lavoro più aggiornati di ricerca e di studio che consentano di spaziare al di là di ogni barriera di tempo e di territorio, per raggiungere quell'auspicato bagaglio di cognizioni che non sarà un peso di erudizione ma un~1la di cultura per approfondire sempre meglio la conoscenza dello spirito umano, attraverso i secoli, fin dalla più remota antichità. Sarà così agevole penetrare, anche con l'ascolto di non più udite voci, in un ambiente da noi così lontano da sembrare, più che remoto, perduto, mentre è ancora, attraverso le documentazioni iconografiche, così vivo e vitale, così ricco ed inesauribilmente pieno di rivelazioni e, forse, di sorprese. Si comincia, infatti, già ad intravedere - in raffigurazioni che risultano pressochè uniche più che rare - di strumenti che si supponevano retaggio unicamente del medio evo, in pitture e sculture del I, II e III sec. d.C., e viene così ad essere configurata e confermata la teoria secondo cui gli strumenti non sempre si inabissano in secoli di oblio per risorgere, secondo un medesimo schema, dopo un lungo periodo di assenza e, potremmo dire, di silenzio, ma continuano a vivere, in un sottofondo di vita quotidiana. Come una linfa sotterranea che, in forza di una tradizione connaturata con l'ambiente e con L'uomo di determinate fasce sociali, non interrompe il suo flusso, ma, pur se ridotto ad un minimo vitale, riaffiora dopo lunghi silenzi e quasi esplode, come una novità assoluta, mentre non è che un rifiorire, nel tempo, di antiche forme d'arte e di pratica musicale. Tanti strumenti, infatti, coinvolti nella condanna, sotto l'accusa di paganesimo, da parte dei Padri delia Chiesa (che vedevano in essi quasi un'emana· zione di Satana, in quanto provenivano da un mondo grondante corruzione e rilassatezza di costwni), via via rientrano quasi furtivamente nella prassi artistica e nella vita quotidiana, e ciò sta a significare che non erano del tutto scomparsi ma si erano solo ritirati su posizioni d'ombra e non di morte. Sembravano così rinascere, dopo un lavacro di secoli, mentre non erano che i continuatori ed i perfezio natori di antichi prototipi consacrati da immemorabili ed incancellabili correnti di storia e di tradizione, i quali riprendevano ufficialmente possesso della loro mai perduta vitalità. lo questo quadro di rispettate cronologie ed in questa concezione di continuità senza fratture ma solo con eva-

nescenti presenze io luogo di persistenti assenze, si può affrontare una fruttuosa ricerca tipologica che lancerà un ponte dal mondo organologico dell'età classica a quello, avvolto da brume e da nebbie, del medio evo. Si ritroverà, così, ad esempio, nelle pergamene di antifonari o in trattati didattici dei secoli attorno al deprecato anno mille, un tipo di monocordo a due corde molto simile a quello immortalato in un frammento di intonaco proveniente dalla Villa dei Volusii presso il Lucus Feroniae e databile a I secolo. Si ritroverà, in affreschi del '400 (v. la chiesa di S. Caterina a Galatina) un certo tipo di siringa di Pan (qui con sacchetto e là senza) che si era già visto in un sarcofago romano del II secolo trovato sulla via Appia, in cui un gruppo di eroti musicanti forma un interessante complesso con strumenti che oggi diremmo d'avanguardia, vale a dire «nuovi per queste scene :o, così come dovevano esserlo quelli di cui furono trovati a Pompei misteriosi resti, resi ancor più misteriosi dalla leggerezza degli scavatori, che li privarono dei preziosi elementi del loro contesto, sovrapponendo un personale, sprovveduto giudizio ad una insopprin1ibile realtà storica. Per colmare il vuoto culturale tra i due mondi archeologico e musicale occorre sanare questa apparente estraneità reciproca dei due mondi, colmare il vuoto e ristabilire i contatti con l'antichità, da cui la musica fluisce come da una vitale e mai del tutto approfondita fonte d'arte. L'auspicio è chiaro: il Museo dovrà essere il « trait d'union », il collegamento fra questi due mondi, gettando un ponte su cui archeologi e musicisti possano alfine darsi la mano e parlare una stessa lingua, senza silenzi nè malintesi, alla luce di una nuova fraterna chiarezza. È questo l'elemento che caratterizza una linea d'azione instaurata dal Museo di Roma verso il mondo antico, che non si può disconoscere ma si deve considerare e venerare come glorioso antenato ed origine prima del nostro mondo musicale di oggi. Può apparire, perciò, strano che, ad esempio, a Berlino gli strun1enti dal rinascimento in poi trovino ospitalità - e quindi diritto di cittadinanza - nel Museo degli strumenti musicali, mentre preziosi reperti archeologici, pur di stretto carattere musicale, come i sistri, trovino luogo solo nei musei archeologici, quasi come una sepoltura agli occhi dei viventi. Anche molti altri musei operano questo taglio drastico e netto, mentre altri - come il Museo teatrale alla Scala di Milano che, tuttavia, per il suo particolare carattere dedicato all'ambiente scenico, si estende anche a molte altre sezioni di oggetti - ammettono 11elle loro sale pezzi « archeologici :. soltanto adombrati da copie (come a Bruxelles o Firenze) perchè la colleganza diretta tra i due mondi sarebbe apparsa troppo dirompente alla autori.tà preposte a tali Musei. Poiché il Museo di Roma accoglie ben due sale dedicate alla bibliografia, ci è sembrato giusto ed urgente informare il mondo della cultura di questo nuovo ponte gettato fra i due mondi, archeologico e musicale, che, nel nostro desiderio, dovrebbe essere un'altra pietra gettata nel vuoto di silenzio cbe ancora esiste fra questi due mondi, per contribuire a colmare questa incresciosa lacuna e a creare la continuità del succitato discorso, destinato a non interrompersi più ma, anzi, a farsi sempre più fitto, fra terno ed efficace.

Sala l: Stmmenti /lrclteologici 2I



131

132. Campanello in bronzo; età ellenistica (Vetrina 5) 19. Fischietto in terracotta; età ellenistica (Vetrina l)

17. Fischietto in terracotta, avanti e retro; età ellenistica ' (Vetrina l) 19

17

17

Sala l: Strumenti archeologici

2}


18

20

18. Fischietto in rerracolla; sec. l H a. C. (Vetrina l) 16. Fischiello in terrnco11a; età ellenistica (Vetrina 1) 20. Frammento di bassorilievo; sec. Ili a. C. (Vetrina l) 25. Gruppo di due personaggi in trono: sec. III a. C. (Vetrina l)

16

24 La Galleria armonica

25


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66. 68, 67. Plettri in osso, avorio, osso (Vetrina 3)

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77. Fischietto in terracotta (Galletto); sec. l ll a. C. (Vetrina 3)

Framm ento di intonaco romano (Vetrina 6) Sala I: Strwnenti archeologici

2J


74, 75, 76. Fischietti in terracotta; età ellenistica (Vetrilla 3) 78. Frammento di lucerna in tnracotta; età ellenistica (Vetrina 3) 84. Lucema Ìll terracotw; 60 a. C. (Vetrina 3)

76

26 Lu Galleria armonica


69

70

71

72

104

7)

69, (7VO,etnna ?l, 72, 3) 73. Ccunpanel/i in bronzo; età ellenistica

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92, 94. Campanelli ,·,1 bronzo,· e ta' e11enistica (Vetrina 4)

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104. Campanello in bron zo; età ellenistica (Vetrina 4)

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92. 94

Sala I·. St rumentt. archeologici

27


IOJ

/06

108

97, 185' 98

109, 110

97. Sistro romano (Vetrina 4) 185. Sillro in bronzo; età romana (Vetrina 8) 98, Manico di sistro (Vetrina 4) 99, 101. Piallini da sonagli (Vetrina 4) 103. Campan ello in bronzo; età ellenistica (Vetrina 4)

108. Sistro romano (Vetrina 4) 109. Sistro romano (Vetrina 4) IlO. Manico di sisrro (Vetrina 4) 99, 101

28 La Galleria armonica


l/5, 116

119

120

lll

118

129

131

115.116. Pi(l/tini da sonagli (Vetrina 4) 117. 118. 119, 120, 129. 131, 135. Campanelli in bronzo; età ellenistica (Vetrina 5) 121. Statuina in terracotta; sec. IH-Il a.C. (Vetrina 5) 126. Statuina in terracotta; età ellenistica (Vetrina 5) 135

121

126

Sala 1: Strumenti ar('heologici

2!)


136

137

l 37. Frammento di rilieFO in terracotta ; età ellenistica (Vetrina 5) 136, 141. Stntuine in terracotta; età ellenistica (Vetrina 5) 139, 140. Fischielli in terracotta; età ellen istica (Vetrina 5)

139

140

} O La G n/Ieri a arm onica

141


147

147

148

!5C, /J'}

f.J7. Oscill11111 i11 manno, avanti e retro; sec. (Vetrina 6)

n d. C.

148. Frammento in marmo (mano con .\iringa di Pan);

età romana (Vetrina 6) 149. Framme1110 ;, marmo (Braccio di Cetm); età romana

impcrinlc (Vetrina 6) J50, /52. 168. 175. Cwnlullll'lli in bronzo; età ellenistica (Vetrina 7) 1611

175

Sala l: Strrrmenti archf'ologici

}l


156

154

159

157

169

156. 157. Lucerne in lerracolla; sec. 154. 169. Sratuine in terNICOtta: na 7)

[

d. c. (Vetrina 7)

Ili -TI sec. a. C. (Vetri-

159, 174. S/(1/uine in terracotla; età e llenistica (Vetrina 7) 174

J2 La Galleria armonica


180

180, 181. Sonagli in bronzo; V II -VI sec. a. C. (Vetrina 8) 182. Crotalo in bronzo: VII-VI sec. a. C. (Vetrina 8) 183. Sisrro in bronzo; età ellenistica (Vetrina 8) 184. Sistro in bronzo; e tiì rom ana (Vetrina 8) 96. Sistra,greco-romano (Vetrina 4) 182, /81

184, 96, 183

Sala .l : S1rumenti orcheoloJ?id

33


86-89. Piarrini in bronzo; età ellenistica (Vetrina 8)

192-195. Piartini in bronzo; età ellenistica (Vetrina 8)

202. 203, 20 l. Sistri in bronzo di età romana e greco-romana (Vetrina 8)

34 La Galleria armonica


31. Frammento di rarcofago in marmo; sec. Il i d. C. (Vetrina 2) 197, 208. La,çrre ( Vetrina 8)

« Campana~

in terracoua; sec. X IX

198. Sonaglio in bronzo; V li -V I sec. a. C. (Vetrina 8)

198

31

197

208

Sala l : Stmmenti are/teologici

JJ



Sala II STR UMENTI AR CHEOLOGICI

In questa Sala troviamo. anzitutto. fuori delle ve tri ne c appeso in alto, sulla sinistra. entrando. un disco di bronzo che. per la sua forma circolare, veniva appunto detto « discus » c, per la sua funzione, che era quella di segnalare l'ora di apertura e chi11sura delle terme, era chiamato « aes thermarum » . Le terme avevano orari particolari: a Roma, perese mpio, salvo eccezioni, si aprivano a mezzogiorno e si chiudevano al tramonto. Questo esempla re (a differenza di quello conservato nel Museo Nazionale di N a!>Oii, proveniente dalle Terme Stabiane di Pompei, c he è di nutevoli proporzioni) è piuttosto piccolo e doveva, ev1 · dentementc, servire per terme non grandi. È un disco di bronzo, come si è detto (forato nel mezzo per far posto al sostegno in cui è infilato). che veniva battuto con un pendaglio o, pe r meglio dire, un percussorc di bronzo che vi era annesso con una corta cate na di ferro. (fui sia la catena che il percussore sono di restauro, realizzati in base a lle documentazioni di quelli conservati (l). Questo disco, che, per semplificare, chiameremo modernamente « gong », ha il n. 992 e le seguenti misure: 0 disco cm. 27.7: 0 foro cm. 3.2: spessore: interno cm. 2: esterno cm. l. TI pcrcussore ha il n. 993 e le misure seguenti: L. cm. 19; 0 cm. 5; L. catena cm. 30.

Vetrina l Nella vetrina l (centrale) sono esposti vari oggetti, di notevole interesse archeologico. Si traica di una statua e di un corno, entrambi in terracotta, di cui si sono ora lumeggiate origi ni e funzioni, datazioni e provenienze, che li fanno ritenere assai vicini ai territori degli Etruschi. La statua, che raffigura un suonatore di cetra, sembra origina ria della zona di Capena, ed è databile al I V sec. a.C.; essa è giunta a noi incompleta, poiché manca nte eli una piccola par-

(l) Una riproduzione lotografica ~i trova nel vol. «Vita romana • di U. E. Paoli (Firenze, Le Monnicr, 1962, pagina 500) c un disegno è riportato in: Daremberg et Saglio: Dictionnaire des amiquités grccques et romajnes • , vol. TI/ l. D-E/ pag. 280 alla voce c D i~cus •· (Rist. mod. Graz/ Au~tria. A kademischc Druck- u. Vcrlag~an~ta lt. 1969).

te di cuoio capelluto, dci piedi c dell'avambraccio destro con la mano, che certo teneva il plettro; ha il n. 994 e le seguenti misure: alt. cm. 98; largh. spalle cm. 3 1, m isure della cetra (a 7, 8 o 9 corde che non sono ben visibili): a lt. cm. 27; Jargh. in alto cm . 20; in basso cm. l 4. Oucsta statua viene qui o ra indica ta col pomposo titolo di « Apollo capenate », ma, in realtà, doveva essere una di quelle statue votive che si ponevano dinanzi all'ingresso dei templi. Come origine e datazione essa viene attribuita, da studi e ricerche del Prof. Pico Cellini e del Prof. Antonio Giuliano. alla zona di Capena cd al sec. IV a.C. L 'abbigliamento, costituito dalla « paenula :. , tipica sopravveste etrusca. stretta in vita da una cintura con fibbi a, a nch'essa di s tile etrusco, c lo strumento sono tipici de ll'ambie nte etrusco. La cetra tenuta dal personaggio è del tipo che i tedeschi chiamano « Wiegenkithara » (cetra a culla) ed i francesi, al loro seguito, « citharc cn berceau " • nomi che fanno pensare ad una certa profondità, come deve avere, in realtà. una culla, e che io preferisco qu :~l ifi care come « cetra a base curva • . dato che si tratta di un oggetto con una superficie piatta e non di una cosa di consistente profondità.

n. 31. - Corno fittile; per la sua provenienza, da un accurato esame mic rostrutturale della te rraco tta, è stato attribuito alla zona falisca di Civita Castellana c, come epoca, a l VI sec. a.C. Nella curva il corno ha una rottura riparata: evidentemente la terracotta ha avuto in quel punto un tiraggio che l'ha resa più fragile. così come è stato per il corno. pure fittile, del Museo Pigorini, pure riparato. che sembra sia di tutt'altra epoca e molto probabilmente addirittura preistorico. Lo stato è buono. Misure: Lunghezza in linea re tta cm. 31; in linea curva esterna 35; in linea curva interna 31,3; 0 imboccatura inte rno cm. 1,4; esterno cm. 3 / 2,6; foro uscita esterno 0 cm. 6/ 6,3; interno 5,3 / 4,5. n. 1044. - L ucerna incompleta: solo disco superiore mancante di molta parte. Vi è la raffigurazione di un uomo suonatore di cetra (con oltre 7 corde ma non tutte visibili perché coperte dal fianco si-

Sala Il : Strumenri arc!teo/oqici

37


nistro dell'uomo) seduto su di una sedia. dalla spalliera a voluta e forse con zampe lconine o zoccoli: l'uomo è a torso nudo c a piedi nudi. Questa lucerna. del l sec. a.C., è simile ad una lucerna esposta nella vetrina l della Sala J. Stato discreto.

Mi.111re: cm. 7,5 x 7,7 X alt. 2,2. 11. 1045. - Lucema incompleta in terracotta rossa; manca di circa la metà c di quasi tutto il becco. Vi è la raffigurazione di una fanciulla che suona un tamburello e forse danza. come ra pensare il lembo della veste ondeggiante. La lucerna non ha manico perch~ ne era sprovvista anche in origine. Stato discreto.

Misure: cm. 6,5 X 8,5 X alt. 2,K.

n. 1046. - Lucerna intera (manico riattaccato) in terracotta con raffigurazione di un amorino suonatore di doppia tibia e danzante presso una corta colonna tortilc che forse sostiene un vaso. Stato buono. i\liwre: cm. 10.7 X alt. 3. n. 1047. - Fisc!tieflo in terracotta a forma di uccello stilizzato. Probabile terra d'origine: l'Italia meridionale; incompleto c in stato di conservazione mc .. di ocre. Misure: cm . 11 X 4,7. n. 1048. - Fiscltielfo in terracotta di età ellenisti .. ca a forma di galletto piuttosto stilizzato. Terra d'origine: l'Italia meridionale. Manca un piccolo pezzo dd becco. Stato discreto.

Misure: cm. 5 X 2,3. n. 1049. - Fischietto 111 terracotta di età ellenistica raffigurante una donna offerente con una collana a borchi e e lunga veste. Manca della testa e di un frammento dell'imboccatura. Terra d'origine: l'Itali a meridionale. Stato discreto.

Misure: cm. 8 X 4 X 3,5. n. 1050. - Fiscltiello in bronzo di età ellenistica. Corpo a forma di pera con anello all'estremità opposta all'imboccatura. Manca un piccolo frammento presso l'imboccatura. Stato discreto.

Mancano parte del corpo e della cresta. Tracce di inTerra d'origine: l'Italia meridionale. Stato discreto.

gubbiaturt~.

J\1i.1urc: cm. 8.5 x 5,5. Gli strumenti piLI importanti cd interessanti della sezione archeologica sono, in assoluto, le due « tibiae » (termine latino corrispondente al greco « auloi »), segnate con i numeri 936 e 937. L'ottimo stato, (compatibi lmente con le difficoltà di conservazione del bronzo carico di ossidazione) in cui sono giunte fino a noi le rende ancora manovrabili ed osservabili anche nel loro interno. Esse sono dello stesso tipo di quelle esposte nel Museo Nuionale di Napoli. Tutte e due queste tibie conservano l'ancia infilata nel bocchino. Le tibie. nella loro storia, contemplano notevoli variazioni sul numero dei fori. il cui aumento era dovuto al perfezionamento della tecnica costruttiva, e della tecnic.:a esecutiva, cioè di suono. Una delle due tibie, costituita da un cili ndro in avorio ricoperto di bronzo, presenta undici fori, nove davanti e due dietro, alle e.:.tremità del tubo. l nove fori non sono sulla stessa linea c a distanze regolari: ad esempio il 2° ed il 3" a cominciare dall'alto, sono un po' a sinistra rispetto agli altri. Anche nelle tibie scoperte a Pompei nel 1867 si ha un tubo d'avorio forato da undici fori laterali su cui scorrono. a tenuta d'aria, altrettanti cannelli in metallo (bronzo o argento): ogni cannello ha un'apertura laterale che, al comando del suonatorc, gli permette eli comunicare col foro corrispondente del tubo d'avorio; su tali cannelli erano fissati degli anellini che molto probabilmente servivano a facilitare il movimento rotatorio di essi . L'importante è che questi strumenti sono portatori di ancia doppia, come è documentato dal mosaico delle maschere del sec. H d.C.. !-.COp..:rto nel Hs28 nella vigna dei Gesuiti sull'Aventino ed oggi conservato nei Musei Capitolini (2). nel quale le tibie sono fomite anche di copri-ance. Generalmente le tibie erano usate in coppia, essendo di diversa impostazione sonora per il cli l'fcrente numero dei fori. Talvolta, come nella tibia frigia, il tubo di destra era ricurvo. La seconda tibia possiede un tubo cilindrico in avorio rivestito da un altro tubo in bronzo e argento; si differisce dall'altra tibia in quanto ba soltanto tre fori. Entrambe conservano l'ancia originale infilata nel bocchino. Altra cosa notevolissima e rara è la dotazione che queste tibie hanno degli « anellini • muniti di aletta per chiudere del tutto o parzialmente i fori:

Misure: cm. 4,3 X 3,8. n. 1051. - Fiscltietto in terracotta di età elleni-

stica a forma di galletto: era rotto ed è stato riparato.

}8

La Galleria armonica

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Mosaico eh~: ne il 'ottobre il 2\l .. hillon, il qual.: d.1 delle ance doppie nelle tibie. b•lm~n."

1892 ~~~.:

imprc~~ionò lkdu~~c

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sensi-

prc~enza


essi. nonostante l'ossido che ha ricoperto tutto il bronzo, sono ancora ben visibili c manovrabili, cioè girevoli: sono quelle attrezzature che il Willc chiama « Metallringen » c piLI precisame nte, per il loro movimento, « Drchringen » (3), già presenti nella tomba etrusca dei Leopardi a Tarquini a (c. 490-470 a.C.) . La tecnica di suono della tibia presupponeva che essa venisse suonata in coppia, ma. poiché le due tibie venivano imboccate conh:mporaneamentc da un solo suonatore, vi era un ·ritrovato che semplificava la tenuta delle due imboccature: esso era detto in la tino « capistrum » ed in greco « forbeia »: era costituito da una striscia di cuoio che passava davanti alla bocca del suonatore, dove teneva ferme le due imboccature, passando dietro la nuca, e da un'altra striscia che saliva sopra la testa: insomma era una specie di museruolo che serviva anche a coprire le guance che si gonfiavano, facendo provvista di aria, durante le esecuzioni. Queste due tibie hanno le seguenti misure: 11. 936: L. cm. 63; 0 l; 11. 937: L. cm. 53,7; 0 0 ,9.

n. 995. - Parte di tibia in osso di età romana. È. la parte presso l'imboccatura (holmos) destinata a

portare l'ancia d oppia. È decorata da linee circolari parallele incise. P resenta profonde lesioni. Stato mediocre.

-

Misure: cm. 9 X 0 0,2. n. 996. - P arte di tibia in osso (ho lmos):

imboccatura porta-ancia doppia. Presenta una profonda crepa . Stato m ediocre.

Misure: cm. 4,6 X 0 1,8. 11. 997. - P arte di tibia in osso (holmos) di età romana, decorata da lineette incise. Stato buo no.

Misure: cm. 5,3 X 0 l. n. 998. - P arte di tibia in osso, di età romana. È una parte di imboccatura (holmos), presso la quale

sono incise varie lince circolari parallele; presenta varie lesioni e mancanza di parte del tenone con lince incise. Stato mediocre.

Misure: cm. 7,7 X 0 1,8. n. 999. - P arte di libia in osso di età romana. Presenta corrosioni, scheggia ture, due crepe c lesioni varie. Stato mediocre. Misure: cm. 7 X 0 1,4.

(3) G. WILLE, Mu~ica romana, Am~rerdam, P. Schippcrs N. V., 1967, pp. 173 c 568.

n. 1000. - P arte di tibia in osso di età romana . ~ la parte dell'imboccature destinata a portare l'ancia

doppia. Vi sono incise lince circolari parallele nel tenone. Presenta lesioni, scheggiature ed un leggero schiacciamento; manca il tcnonc di un'estremità. Stato discreto.

Misure: cm. 9 X 0 2,3 (1,8). n. 1001. - Parte di tibia in osso di età romana. Conserva tracce di verde dovute alla presenza del bronzo che vi era all'esterno. È la parte dell'imboccatura che sosteneva l'ancia doppia. Stato mediocre. Misure: cm. 4,5 X 0 1,8. n. 1002. - Parte di libia in osso di e tà romana. Vi sono incise linee circolari. Conserva la patina verde dovuta alla presenza del bronzo che vi era all'esterno. È la parte dell'imboccatura destinata a portare l'ancia doppia; manca un lenone. Stato discreto. Misure: cm. 5,4 X 0 l,5 . n. 1003. - P arte di tibia in osso di età romann. R otta cd incompleta. Conserva tracce di colorazione rossiccia. Stato discreto. Misure: cm. 8,5 X 0 l ,6. n. 1004. - Parte di tibia in osso di età romana. Incompleta, corrosa c consunta. Stato cattivo. Misure: cm. 7 X 1,8. n. 1005. ·- l'arte di tibia in osso di età romana.

t decorata da gruppi di linee circolari concentriche con andamento irregolare. Presenta lesioni c mancanza di parti. Stato mediocre.

Misure: cm. 8,5 X 0 l ,8. n. 1006. - Parte di tibia in avorio di età romana. Presenta due fori di cui uno parzialmente spez:t:ato e mancante eli un frammento . Stato m ediocre . Misure: cm. 9,6 X 0 1,4. 11. 1007. - P arte di tibia in osso di e tà romana di fo rma conica. J:: lesionata, scheggiata e lacunosa. Presenta una decorazione di linee circola ri parallele incist! cd un listello a r ilievo . Stato cattivo.

Misure: cm. 6 X 0 1,6. n. 1008. - Parte di tibia in osso di e tà romana con due fori to ndi a bordi rilevati di sagoma quadrata. Stato buono. Misure: <'111. 9 X 0 1,7.

Sala Il : Stmmenti archeofo{?ici

}f)


n. 1009. - P arte di tibia in osso, di colore scuro, di età romana (parte dell'imboccatura), lesionata ed incompleta. Stato mediocre. Misure: cm. lO X 0 2.

n. 1010. - Parte di tibia in osso di età romana con un foro. P atina verde chiaro, ricordo del brom:o di rivestimento originario. Manca un piccolo frammento del tenone al disopra del foro. Stato discreto. Misure: cm. IO X 0 l ,5. n. 1011. - Parte di tibia in osso di colore scuro, di età romana, con due rotture rettangolari ai lati di un anello a rilievo. Superficie corrosa e logorata. Stato cattivo.

Misure: cm. 8,7 X 0 1,4.

n. 1012. - Parte di tibia di età romana, tin osso, con superficie corrosa c logora, mancante di frammenti. Stato mediocre. Misure: cm. 9,7 X 0 1,2.

n. 1013. - Parte di tibia in avorio di età romana, lievemente conica, con patina verde chiaro, ricordo dell'originario rivestimento in bronzo. Manca di parti. Stato cattivo. Misure: cm. 9 X 0 1,6. n. 1014. - Parte di tibia in osso, di età romana, con decorazione costituita da lince circolari parallele incise; manca di vari frammenti. Stato cattivo.

Misure: cm. 8,3 X 0 2.

n. 1015. - P arte di tibia in avorio, di età romana, con un foro e patina verde chiaro, ricordo dell'originario rivestimento in bronzo. Stato discreto. Misure: cm. 4,5 X 0 1,2. n. 1016. - Parte di tibia in avorio, di età romana, con tre fori per le dita e parte di un 4° foro passante. Decorazione costituita da solchi circolari paralleli. Patina verde chiaro, ricordo dell'originario rivestimento in bronzo. Stato mediocre. Misure: cm. 8 X 0 1,2.

n. 1018. - Parte di tibia in osso, di età romana, con un foro per le dita in una fascia rilevata. Presenta corrosioni, lesioni e crepe. Stato discreto. Misure: cm. 4,9 X 0 1,3. n. 1019. - Parte di tibia in osso, di età romana, dalla forma troncoconica, con decorazione costituita da collarini a rilievo. Presenta lesioni e crepe. Stato discreto.

Misure: cm. 10 X 0 1,5. n. 1020. - P arte di tibia in avorio, di età romana, a forma conica. Linee circolari parallele incise in una parte più rilevata. P resenta una schiacciatura con lesioni varie. Stato discreto.

Misure: cm. 11 X 0 1,6. n. 1021. - Parte di tibia in avorio, di età romana. Forma quasi cilindrica. Decorazione costituita da linee circolari parallele. Presenta lacune di parti, corrosioni c lesioni. Stato mediocre.

Misure: cm. 8,4 X 0 1,5.

n. l022. - Parte di tibia in avorio, di età romana, con un foro per le dita. Linee circolari parallele incise a distanze non regolari fra loro. Patina verdolina che testimonia l'originario rivestimento in bronzo. Stato discreto. Misure: cm. 3,1 X 0 l.

n. 1023. - P arte di tibia in avorio, di età romana, senza fori, con patina verde chiaro, ricordo dclJ'originario rivestimento in bronzo. Stato discreto. Misure: cm. 4,5 X 0 l. n. 1024. - P arte di tibia in avorio, di età romana, con linee circolari parallele incise a regolari distanze fra di loro. Collarino Jiscio a rilievo. Stato discreto. Misure: cm.6,8 X 0 1,8. n. 1025. - Parte di tibia in avorio, di età romana. È rotta, lesionata, mancante di parti c percorsa da due incrinature lungo tutto il corpo. Stato mediocre. Misure: cm . 8,4 X 0 2.

n. 1017. - Parte di tibia in avorio, di età romana, con tre fori per le dita. Presenta lesioni, mancanza di frammenti e patina verde chiaro, traccia dell'originario rivestimento in bronzo. Stato mediocre. Misure: cm. 7,9 X 0 1,4.

40 La Galleria armonica

n. 1026. - Parte di tibia in bronzo, di età romana, con un foro per le dita. Presenta corrosioni e forti incrostazioni di ossido verde scuro. Stato discreto. Misure: cm. 3,9 X 0 1,5.


n. 1027. - Parte di tibia bronzo. Stato cattivo.

111

avorio rivestita di

Misure: cm. 4,8 X 0 1,8.

n. 1028. - Parte di tibia in avorio verso l'imboccatura: elemento svasato ed ornato da lince circolari parallele incise a distanze non regolari . Presenta una piccola crepa. Stato discreto. Misure: cm. 3,6 X 0 2,2.

n. 1029. - Parte di grande tibia in avorio, di età romana, verso l'imboccatura, con la consueta sagoma a forma di pera. L ince circolari parallele incise fittamente nel tenone. Stato discreto.

n. 1030. - Parte di tibia in avorio calcificato, di età romana, con forma leggermente svasata ad imbuto. Manca di vari frammenti. Presenta incrostazioni e lesioni. Stato discreto. Misure: cm. 6,5 X 0 J ,9.

n. 1031. - Parte dj tibia in avorio, di età romana, ornata da linee circolari parallele incise. Stato buono. Misure: cm. 3 X 0 2,5.

n. 1032. - Parte di tibia in avorio di colore scuro, di età romana; ha due fori per le dita ed è solcata da linee circolari parallele nel tenonc. Manca di un grosso frammento cd è corrosa. Presenta una crepa Iongitudinale che percorre tutto il corpo. Stato mediocre.

Misure: cm . 12 X 0 1,5.

n. 1033. - Parte di tibia in avorio calcificato, di età romana, con tre fori per le dita. M anca di vari frammenti cd ba una profonda incrinatura longitudina le. Stato meruocre. Misure: cm. 13,2 X 0 1,6.

n. 1034. - P arte di libia in avorio calcificato, di età romana, con due fo ri p er le dita. Presenta varie lesioni, mancanza di frammenti ed incrostazioni. Stato cattivo. Misure: cm. 12 X 0 2.

n. 1035. - Parte di tibia in avorio calcificato, di età romana, con tre fori per le ruta (uno è rovinato). Presenta la mancanza di vari frammenti, lesioni ed incrostazioru. Stato mediocre. Misure: cm. 12 X 0 l ,6.

n. 1036. - Parte di tibia in avorio calcifica to, di età romana, con due fori per le dita (uno è rovinato). Mancano vari frammenti e vi sono ampie incrostazioni. Stato cattivo. Mi.wre: cm. 12,2 X 0 1,8.

n. 1037. - Parte di tibia in avorio, di età romana: presenta un listello a rilievo, con linee circolari parallele incise, varie crepe ed una profonda lesione. Stato cattivo. Misure: cm. 7.5 X 0 2.

n. 1038. - Parte di tibia in avorio, di età romana; manca di un grosso frammento longitudinale; ha va rie linee circolari incise e una modana tura ad una estremità con relativa svasatura. Stato mediocre. Misure: cm. 7,8 X 0 2,2. 11 . 1039. - P arte di tibia in avorio con tre fori per le dita (due da un lato cd uno chùl'altro); presenta forti incrostazioni c varie piccole crepe. Stato mediocre.

Misure: cm. 9,3 X 0 7.

n. 1040. - Astuccio di legno, forse ottocentesco, ricoperto in pelle ma rro ne scuro con interno imbottito di seta verdone profilato da cordoncino chiar o; chi usura a fermaglio. Misure: cm. 23,5 X lJ ,5 X 4 di spessore; contiene tre parti ru uno strumento a fiato (probabilmente un flauto traverso) in avorio con frammenti di bronzo che ricoprivano lo strumento. D escrizione delle tre parti:

n. 1041. - Parte con tre fori (due da un lato a uno dall'altro); presenta una crepa longitudinale, tracce di verde e mancanza di frammenti. Stato discreto. Misure: cm. 9,5 X 0 8. 11. 1042. - Pa rte di colore vcrdolino con un foro incompleto nel tenone; manca di frammenti c presenta varie crepe. Stato mediocre.

i'Vlisure: cm. 9,8 X 0 2,2.

n. 1043. - Parte senza fori, di colore leggermente verdolino con linee ci rco la ri incise, frammenti mancanti e leggere crepe. Stato mediocre. Misure: 4,7 X 0 1,8 .

Sa la Il : Str11menti ar('heofogici

41


n. 1055. - Campano a tulipano con anello rettangolare ovalizzato. Presenta 2 forellini nella parte superiore; ammaccature e incrostazioni di ossido. Manca batacchio. Stato discreto. Misure: alt. cm. 16,5; base (ovale) cm. 7,8 X 6,8.

1056. -

Campanello a tulipano. Presenta 2 fori con vari spacchi laterali lungo il corpo; ammaccature ed incrostazioni; tracce di colore marrone. Manca batacchio. Stato cattivo. 11.

Misure: alt. cm. 7,8; base cm. 4,2 x3,4. n. 1057. - Campanello di forma piramidale; base a sezione rettangolare; 4 lievi rigonfiamenti agli angoli della base; anello romboidale. Manca batacchio. Stato buono. Misure: alt. cm. 6,7; base cm. 4,4 X 3,5. n. 1058. - Campanello di forma tronco-piramidale; base rettangolare; anello esagonale; manca parte del corpo verso la base; vi sono 2 piedini negli angoli rimasti. Stato cattivo. Misure: alt. cm. 6,5; base cm. 4,2 X 4,6.

n. 1059. -

Campanello di forma tronco-conica con anello ovalizzato. Mancano batacchio e parte del corpo; presenta incrostazioni e un foro nella parte superiore. Stato cattivo. Misure: alt. cm. 6; base cm. 4,5 X 3,5.

n. 1060. - Campanello a sezione ovalizzata con ane.Jlo tondo; mancano batacchio e un grosso frammento nel corpo. Stato cattivo. Misure: alt. 4,7; base cm. 3,3 X 2,8. n. 1061. - Piccolo campanello di forma piramidaJe a sezione rettangolare; anello pentagonale: incrostazioni esterne ed interne nella base. Manca batacchio. La base aveva 4 piedjni di cui 2 sono mancanti. Stato discre to. Misure: cm. 3,5 base 2,7 X 1,8. n. 1062. - Campanello di forma pressoché ci lindrica con parte superiore conica; anello pentagonale; manca un grosso frammento nel corpo verso la base. P resenta un orlo e due lince circolari incise nella parte superiore conica. Stato cattivo. Misure: cm. a lt. 4,5; base 0 2,2.

42 La Galleria armonica

n. 1063. - Piccolo campanello di forma troncoconica; anello rettangolare; 5 piedini alla base di cui 2 mancanti; forti incrostazioni interne eu esterne. Stato discreto. Misure: alt. cm. 3,5; base 0 3,4. 11. 1064. - Campanello cilindrico-conico mancante dell'anello; manca pure di un piccolo frammento all'orlo della base; presenta un 'incrinatura nel corpo dalla base verso l'alto; ha nell'interno un grosso anello per il batacchio (mancante). Stato cattivo.

Misure: alt. cm. 3,5; base 0 3,5. n. 1065. - Campanello tronco-piramidale mancante di anello; nella base, rettangolare, vi sono 4 piedini di cui l mancante. Stato discreto. Misure: alt. cm. 4.4; base 3,8 X 2,8. 11. 1066. Campanello di forma tronco-conica con base ovale, spalle arrotondate e anello rotondo; mancanza di un frammento della parte superiore. Manca pure un g rosso frammento del corpo verso la base. Stato cattivo.

Misure: alt. cm. 13; base 6,5 x 5,8.

n. 1067. - Campanello cilindrico-conico con anello rotondo. Stato discreto. Misure: alt. cm. 4,4; base 0 3,7. n. 1068. - Campanello tronco-conico con anello esagonale; un foro nella parte superiore presso l'anello; incrostazioni varie. Stato discreto. Misure: alt. cm. 4; base 0 3, 1. n. 1069. - Piccolissimo campanello tronco-conico con anello rettangolare all"esterno e tondo all'interno; incrostazioni interne ed esterne. Stato discreto. Misure: alt. cm. 2; base

0

1,6.

n. 1070. - Piccolissima campanella con orlo svasato, senza batacchio; grossa incrostazione interna. Stato discreto. Misure: alt. cm. 2,4; base 0

. l 071. -

2,3 .

n. Campane/lino a forma di campana, mancante della parte superiore dell'anello; presenta un bordino circolare a rilievo nella parte superiore e due linee incise sopra e sotto lo stesso ai bordo della base. Stato discreto. Misure: a lt. cm. 2,5; base 0 3,2.


n. 1072. - Campanellina tronco-conica con anello ovalizzato, senza batacchio. Stato buono.

Misure: a lt. cm. 3,6; base 0 3,2.

n. l 081. - Campanello tronco-conico incompleto; manca della parte inferiore del corpo. Anello tondo. Senza batacchio. Stato cattivo. Misure: alt. cm. 3,9; base 0 3,1.

n. 1073. - Campanello tronco-corneo senza batacchio, con anello quadrangolare. Incrostazioni varie dentro c fuori. Stato discreto.

Misure: alt. cm. 2,6; base 0 2,2.

n. 1082. - Campanello cilindrico con spalle arrotondate, anello esagonale con altro anello inserito; batacchio aderente in parete. Stato discreto. Mi wre: alt. cm. 3,8; base 0 3.

n. 1074. - Piccolissimo campanello di forma tronco-conica con anello ovale riportato: incrostazioni interne ed esterne. Stato discreto.

Misure: alt. cm. 2,3; base 0 2, l.

n. 1083. - Campanello di forma tro nco-conica con anello esagonale; 2 linee circolari incise nella parte superiore. Stato buono.

Misure: alt. cm. 4; base 2,7 x 3. n. 1075. - Piccolo campanello tronco-conico con anello ovale, senza batacchio. lncrostazioni interne ed esterne. Stato discreto.

Misure: alt. 2,8; base 0 n. 1076. -

l ,9.

Campanello di forma cilindrica con

spalle arrotondate; anello ovalizzato con residuo di un avvolgimento metallico, senza batacchio. Jncrostazioni varie; mancano piccoli frammenti all'orlo della base. Stato discreto.

' Misure: alt. cm. 3,7; base

0

2,7.

n. 1077. - Campanello di forma tronco-conica. con base tonda ed anello esagonale; 2 linee circolari incise nella parte superiore; senza batacchio. Stato buono.

Misure: alt. cm. 4,8: base 0 3,6. n. 1078. - Campanello di forma tronco-conica con base tonda ed anello esagonale; due lince incise nella parte superiore. lncrostazioni dentro e fuori. Manca batacchio. Stato huono.

Misure: alt. cm. 4,5; base 0 3,3. n. 1079. - Campanello di forma c ili ndrica con spalle arrotondate e anello esagonale; linea ci rcolare incisa sulla parte superiore. Manca il batacchio. Stato buono. Afisure: alt. cm. 4,2; base 0 3. n. 1080. - Piccolo ca111panello cilindrico con spalle arrotondate, mancante dell'anello, del batacchio e di un piccolo frammento nella base. Stato cattivo. Misure: alt. cm. 2,4; base 0 2.

n. 1084. - Campanello cilindrico con spalle arrotondate; manca dell'anello; forti incrostazioni interne cd esterne. Stato cattivo.

Misure: alt. cm. 2,5; base 0 2,5. n. 1085. - Campanello a sagoma tronco-piramidalc leggermente schiacciato con spalle arrotondate; anello ovale; senza batacchio. Stato discreto.

Misure: alt. cm. 3, l ; base 2,8 X 2, l.

n. 1086. - Campanello di forma tronco-piramidalc; base rettangolare con bordo a rilievo; anello quadrato. Senza batacchio: incrostazioni varie. Stato buono.

Misure: alt. cm. 4,6: base 3,5 X 2,6. n. 1087. - Campanello piramidale con anello esagonale; base rettangolare con 4 piedini. Senza batacchio. Lievi incrostazioni interne ed este rne. Stato buono. Misure: alt. cm. 5,3; base 3,5 X 2,2. n. 1088. Campanello di forma piramidale; anello ovale; base rettangolare con rigonfiamenti agli angoli e con i lati arcuati; senza batacchio; incrostazioni nell'interno. Stato buono.

Misure: alt. cm. 4,6; base 3 ,4 X 2,7. n. 1089. - Campanello tronco-pira midale con base ad angoli smussati; anello trapezoidale; senza batacchio. Stato buono. Misure: alt. cm. 3,6; base 3,2 X 2,6.

Sala Il : Slrumenli archeologici

43


n. 1090. - Campanello di forma tronco-piramidale con anello esagonale; 4 piedini a pallina agli angoli della base (rettangolare); un foro rettangolare presso l'anello lascia passare una catenina che sostiene un batacchio forse antico. Suona. Stato discreto.

n. 1098. - Campanello di forma tronco-conica schiacciata, deformato da grosse ammaccature; base ridotta a sagoma quasi triangolare; spacchi e frammenti mancanti nella base. Stato cattivo. Misure: alt. cm. 5: base 3,5 X 2,8.

Misure: aJt. cm. 5,2; base 3,4 x 3.

n. 1091 . - Campanello a forma di campana con anello ovalizzato; due linee a rilievo verso l'orlo; forti incrostazioni esterne ed interne; manca batacchio. Stato discreto. Misure: alt. cm. 4,3; base

0

Misure: alt. cm. 6,2; base 4,4 X 4.

1093. - Campanello di forma tronco-conica; anello leggermente trapezoidale con parte superiore arrotondata; giro di semisferette a ril ievo verso la base; manca di un frammento della base e di parte del batacchio; il tutto è fortemente ossidato. Stato discreto. 11.

Misure: alt. cm. 6,2; base 4,5 X 4, 1.

n. 1094. - Campanello tronco-conico mancante di anello e di batacchio con forti incrostazioni interne ed esterne. Stato discreto. Misure: alt. cm. 4,5; base 0 4,5.

n. 1095. - Campanello di forma tronco-conica con anello trapezoidalc; un piccolo s pacco nella base: manca batacchio. ll tutto è leggermente ossidato. Stato buono. Misure: alt. cm. 6,2; base 4,4 x 4, l. 11. 1096. Campanello a forma di campana mancante della parte superiore dell'anello, con forti incrostazioni dentro c fuori; senza batacchio. Stato discreto.

3,6.

n. 1097. - Campanello tronco-conico con anello esagonale, senza batacchio; presenta numerose lncrostazioni esterne ed interne e forse anche qualche linea circolare incisa. Stato discreto. Misure: alt. cm. 4,4; base 0 3,5.

44 La Galleria armonica

Misure: alt. cm. 6,3; base 0

5,2.

3,8.

n. 1092. - Campanellina con base svasata e anello trapezoidale; presenta incrostazioni ed un foro a metà del corpo; manca del batacchio. Stato discreto.

Misure: alt. cm. 4; base 0

n. 1099. - Campanello con anello ovale, mancante di circa la metà del corpo; presenta un forellino presso ranello e una linea circolare di pallini a rilievo presso la base. Stato cattivo.

n. 1100. - Campanello di forma piramidale con base a sezione rettangolare e 4 piedini agli angoli; anello pentagonale. Senza batacchio; varie incrostazioni. Stato buono. Misure: alt. cm. 4,5; base 3,6 x 2,6.

n. 1101. - Campanello di forma tronco-conica con a11e1lo tondo, senza batacchio; incrostazioni specialmente nell'interno. Stato buono. Misure: alt. cm. 4; base 0 2,7.

n. l 102. - Campanello tronco-conico con anello romboidale; incrostazioni con macchioline verdi; presenta un foro nella parte superiore del corpo; manca il batacchio. Stato discreto. Misure: alt. cm. 5,3: base 3,4 x 3,5. n. 1103. - Campanello cilindrico con spalle arrotondate, anello pentagonale; senza batacchio; 2 linee circolari incise nella parte superiore; spacchi con frammenti mancanti nella base. Stato discreto. Misure: alt. cm. 4 ,2; base 0

2.7.

n. 1104. Campanellina svasata con anello trapezoidale ed una croce a rilievo; due modanature incise; manca batacchio; presenta varie incrostazioni. Stato buono. Misure: alt. cm. 4; base 0 3,3.

n. 1105. - Campanello tronco-conico con anello ovale sp cui è inserito un doppio anello forse antico. Senza batacchio. Alla base manca un grosso frammento. Stato cattivo. Misure: alt. cm. 4,5; base 0

3,4.

n. 1106. - Campanello di forma tronco-conica stretta ed affusolata; anello rotondo con sotto un


bordino circolare a rilievo; presenta due forellini nella parte superiore; senza batacchio. Stato buono.

Misure: alt. cm. 5,2; base 0 2,5. n. 1107. - Campanello di forma tronco-piramidale le cui pareti continuano il profilo dell'anello; senza batacchio; nella base presenta ammaccature e parti mancanti; incrostazioni nell'interno e abrasioni all'esterno. Stato cattivo. Misure: a lt. cm. 4,6; base 3,5 x 3,3. 11. 1108. - Campanello tronco-conico con anello tondo; senza batacchio. Incrostazioni interne ed esterne. Stato discreto.

n. 1115. - Piccolissimo campanello cilindricoconico con anello quadrangolare: incrostazioni varie. Stato discreto. Miwre: alt. cm. 1,7; base 0 1,4. n. 1116. - Piccolissimo campanello cilindricoconico con anello quadrangolare; forti incrostazioni interne cd uno schiacciamento alla base. Stato discreto. Misure: alt. cm. 2,1; base 1,9 X 1,6. n. l l 17. - Piccolo campanello con anello rettangolare; incrostazioni nell'interno. Stato discreto. Misure: alt. cm. 2,6; base 0 2. 11.

Misure: alt. cm. 5,5; base 0 4. n. ll09. - Piccolo campanello cilindrico-conico con anello rettangolare; incrostazioni interne ed esterne; leggero schiacciamento su un Jato della base. Stato discreto.

Misure: alt. cm. 2,3; base 0

1,9.

n. 1110. - Piccolo campanello tronco-conico con ancll6 quadrangolare; forti incrostazioni interne; manca un frammento nella base. Stato cattivo.

Misure: alt. cm. 2,5; base 2, l X 2. n. 1111. - Piccolo campanello di forma conica, schiacciato; base ovalizzata con una punta; anello quadrangolare. Stato cattivo. Misure: alt. cm. 2,4; base 2,5 X 1,8.

n. 1112. - Piccolo campanello tronco-conico con anello quadrangolare; forti incrostazionì interne. Stato discreto.

Misure: alt. cm. 2,2; base 0

2.

n. 1113. - Piccolissimo campanello tronco-conico con anello esagonale; piccola pietra nell'interno: incrostazioni varie. Stato discreto.

Misure: alt. cm. 1,7; base 0

Misure: alt. cm. 3, l ; base (ovalizzata) cm. 2,7 X 2,4.

n. l 119. - Piccolissimo campanello pressoché cilindrico-conico con anello quadrangolare; varie incrostazioni interne ed esterne. Stato discreto. Misure: alt. cm. 2,3; base 0

1,8.

n. 1120. - Piccolissimo campanello con anello esagonale; screto.

forti

incrostazioni nell'interno. Stato di-

Misure: alt. cm. 2; base 0 1,6.

n. l 121. - Piccolo campanello con anello rettangolare; forti incrostazioni interne cd esterne; un 'ammaccatura nella base. Stato cattivo. Misure: alt. cm. 2,6; base 0 2,4. n. 1122. - Campanello cilindrico-conico con anello esagonale; forti incrostazioni esterne ed interne. Stato cattivo. Misure: alt. cm. 2,7; base 0 2,5. n. 1123. - Campanello tronco-conico con anello rotondo pressoché riempito dall'ossidazione. Stato discreto. Misure: alt. cm. 3,7; base cm. 2,7 X 2,3.

1,5.

n. /ll4. - Piccolissimo campanello tronco-conico con anello esagonale; incrostarioni interne. Stato discreto.

Misure: alt. cm. 1,5; base 0

1118. - Piccolo campanello con anello rettan-

gola re. Stato discreto.

1,3.

n. 1124. - Campanello cilindrico-conico con anello esagonale; forti incrostazioni interne ed esterne; incrinature nella base con mancanza di un piccolo frammento. Stato discreto. Misure: a lt. cm. 4,4; base 0

3.

Sala 1: Strumenti archeo[of?ici

4J


n. 1125. - Piccolissimo campanello cilindricoconico con anello esagonale; presenta uno schiacciamento della base. Stato discreto.

tuati: presenta tre fori nella parte superiore. Stato cattivo.

Misure: alt. cm. 2,9; base 2,8 X 1,9.

Misure: alt. cm. 1,7; base (ovalizzata) 1,4 x 1.5. n. 1126. - Piccolissimo campanello cilindrico-conico con anello quadrangolare; è presente un piccolo frammento di batacchio nell'interno. Stato discreto. Misure: alt. cm. 1,7; base 0

1,5.

n. 1127. - Piccolo campanello tronco-conico con anello rettangolare; presenta un forellino nella parte alta del corpo sotto l'anello. Stato discreto. M isure: alt. cm . 2,6; base 2,2 X 2,4. n. l l 28. - Campanello cilindrico-conico con anello esagonale; leggere incrostazioni interne ed esterne; doppio filo di ottone passante nell'anello. Stato discreto.

Misure: a lt. cm. 2,8; base

0

2, l.

n. 1129. - Campanello cilindrico-conico con anello esagonale; presenta un foro nella parte superiore sotto J'nncllo e lncrostazioni varie dentro c fuori. Stato discreto. Misure: alt. cm. 4,6; base 0

3,4.

n. l 130. - Campanello semisferico con anello spezzato c quasi comple tamente obliterato per l'ossidazione, che invade anche l'interno. Stato cattivo. Misure: alt. cm. 3.6; base (ovalizzata) 3.4 x 3.8. n. 1131. - Campanello semisferico con anello esagonale; presenta 2 fori sotto l'anello. Stato discr~;w.

Misure: alt. cm. 3,8: base 0

3,7.

n. 1132. - Campanello tronco-piramidalc con anello esagonale; jncrostnzioni interne ed esterne; doppio filo di ottone passante nell"ancllo. Stato discreto. fl~isure:

alt. cm. 3,5; base 2,9 X 2,9.

n. 1133. - Campanello tronco-piramidale con anello esagonale; presenta due nastrini metallici, costituenti un porta-batacchio. intorno all'anello; è presente una parte del batacchio, ossidata cd incrostata. Stato discreto. Misure: alt. cm. 5,2; base cm. 3,6 X 3,2. n. l 134. - Campanello tronco-piramidale mancante di anello; base rettangolare con angoli accen-

46 La Galleria armonica

n. l 135. - Campanello tronco-piramidale con anel1o rotondo; base rettangolare schiacciata c divenuta prcssochè romboidale. Stato discreto. Misure: alt. cm. 3,6; base cm. 3, l X 1,7. n. 1136. - Campanello di forma tronco-piramidale con grande anello esagonale. Sotto la base, in corrispondenza degli angoli. vi sono quattro piedini. Incrostazioni e corrosioni sulla superficie. Stato discreto. Misure: alt. cm. 6,5; base cm. 4,4 X 5. n. l 137. - Campanello tronco-piramidalc con anello esagonale; base rettangolare con quattro piedini; incrostazioni dentro e fuori. Stato buono. Misure: alt. cm. 5,8; base 4.2 x 2,9.

n. 1138. - Campanello tronco-piramidale; i lati della base sono arcuati; anello mancante della parte superiore; base rettangolare. Stato discreto. Misure: alt. cm. 5,6; base cm. 3,7 X 3,2.

n. 1139. - Campanello cilindrico-conico con anello esagonale; vi è una linea circolare incic;a intorno al corpo. Stato discreto. Misure: alt. cm. 3,8; base

0

2,9.

11. l 140. Campanello a forma tronco-piramidale con spall e arrotondate e anello, esagonale, conservato solo in parte. Alla base, in corrispondenza degli angoli, vi sono quattro piedini a pallina, d i cui uno mancante; mancano anche parte del batacchio e parte del corpo. Forti incrostazioni calcaree. Stato mediocre.

Misure: alt. cm. 5; base cm. 2,8 X 4.

Vetrina 3 e 4

Le due vetrine 3 c 4, ricche di campanelli di tutti i tipi c di tutte le dimensioni, costituiscono il prolungamen,to di un argomento già introdotto nella Sala I. È questo il momento per introdurre un cenno che li illustri dal punto storico ed estetico. Anzjtutto qualche breve considerazione sulla natura, l'uso e la provenienza di sonagli, crotali e simi li . Essi offrono una grande varietà di tipi c quindi richiederebbero, singolarmente, notizie dettagliate. Si può, tuttavia, tracciarne un quadro generale, scendendo poi ai particolari


ed esemplificandone, con i pezzi esposti, le singole caratteristiche. Cominciamo dall"ultimo elemento di distinzione: la provenienza. Sulla traccia dcgu studi e delle approfondite ricerche di H ans Hickmann possiamo dichiarare egizi alcuni esemplari, mentre gli altri rientrano nella produzione greco-ro mana, a nzi prevale ntemente romana, che qui annovern la maggior pa rte di esempi. L' uso e la funzione che i campanelli, sonagli, crotali e simili avevano nella pratica musicale, cultuale, magica o di altro tipo nella vita quotidiana dei romani. erano assai vaste: dall'uso segnaletica ai giochi per l'infanzia, dai finimenti per cavalli, all'impiego in una vera c propria musica « seria '>, in quanto erano usati nei piccoli complessi, diremmo noi, da camera. Gli strumenti a percussione. di carattere spiccatamente ritmico, erano anche retaggio dei culti orgiastici, c quindi altributi di fauni, satiri c baccanti. Ultimo aspetto che prenderemo in considerazione è l' uso che se ne faceva riguardo a l culto dei morti, i corpi dci quali venivano s pesso ornati di campanelli, allo scopo apotropaico (che del resto era valido anche per i vivi) di tener lontani gli spiriti maligni. M a. nonostante a ttributi diversi e simbologic svariate a seconda dell'ambiente e del momento storico in cui si sono sviluppati c diffusi. siamo sempre nel campo dcgli 'strumenti veri c propri e come tali essi vanno studiati. I campanelli, e i sonagli in senso lato, sono di vari tipi c eli differenti misure. A seconda del tipo, naturalmente, anche la tecnica esecutiva cambia. T campanelli comuni , con batacchio interno, venivano usati nella vita quotidia na come giocattoli , come ornamenti, come strumenti da segnali , come oggetti rituali e magici. In questo caso essi avevano un carattere cultuale. poiché scandivano il ritmo di danze per lo più orgiastkhe, come comportavano. ad esempio, i rili di Cibelc. T piccoli campanelli, citati in principio, che sono in numero prevalente tra tutti gli idiofoni qui esposti. rientrano nella categoria dci « tinlinnabula '> (termine onomatopeico derivato dal tintinnio del loro suono), generalmente di bronzo con batacchio in ferro (che risulta quasi sempre perduto a causa della forte ossidazionc a cui va incontro questo me tallo). Se si seguono le sorti dei campanelli. dalle più lontane origini , si trova no notizie che ci dicono come di essi si siano serviti quasi tutti i popoli dell'an tichità, specie orientale: da i Cinesi (che li costruivano già dicci secoli c più avanti Cristo), agli Assiri. ai Fenici , agli E gizi (4) ai Greci, agli Etruschi , ai Roma(4) H . HICKMA~:-. , Cawlvgue généra/ des antiquités egy(Jtiet111e.l du musée du Caire: n°• 69271-69282, Le C:J irc, 1949. lo., Zur Geschichre der altiigyptischen Glocken; in: « Musik unù K ire h c • , 21 ( 1951) pp. 72-88.

ni. Di tali antichi usi sono validi testimoni gli esemplari rinvenuti in molte plici scavi di nccropoli, di sanruari (anche come ex-voto), di antiche dimore c botteghe; non si hanno prove di campanelli per richiesta di entrata nelle case, sia presso i Greci che presso i R oman i (alle porte, infatti, era appeso un martello a mo' di battente), mentre si sa per certo che i soldati delle ronde di notte portavano un campanello; allo stesso modo i vigilanti dc i quartieri della Roma antica avevano un campanello per avvertire gli abitanti in caso di incendio; inoltre si sa di campanelli attaccati al collo degli animali (cavalli, muli, pecore, cani) c per a nalogia, come segno di ludibrio, al collo dei criminali ed in qualche caso anche di martiri cristiani condotti al supplizio. Spesso i campanelli ve nivano incisi con fregi. per lo più geometrici. e con iscrizioni: citiamo, in particola re, oltre a vari nomi considera ti come la firma del costruttore, la dicitura apposta ad un campan ello, esposto nella vetrina 7 della Sala l , che, con le parole incise « Titissa iocat • fa ritenere che esso sia stato fatto per i giochi di una bambina (e forse sepolto con lei nella sua piccola tomba). In un campanello d'oro trovato sull'Esqui lino è incisa un'iscrizione in greco che ne conferma l'uso contro il malocchio (5) e così pure in due campa nelli trovati in una tomba sulla via Prenestina, con incisi auguri in greco. L campanelli venivano ancora impiegati e qui s iamo sempre in campo apotropaico - come ta lismani, come oggetti partecipanti ai riti orgiastici della dca Cibele c del dio Dioniso, nelle scene comiche elci teatri romani c si incontrano, quindi, sospesi ai polsi, ai gomiti, alle orecchie, alle vesti, di baccanti c di danzatori: in questo caso l'aspetto rituale o teatrale si confonde con l'apotropaico, in quanto le orge e le danze racevano parte, spesso, di un rito; rie ntrano in questo ambito a nche i campanelli che si sospendevano ai rami degli a lberi ( « a rbores sacrae -., in particolare del pino sacro a Cibele); un tale carattere si trova anche in campanelli a ttaccati a i finimenti dei cavalli, a lle vesti de i defunti e, tra i viventi, a lle vesti di quanti avevano funzioni sacerdotali (come, ad esempio, i « pa'a'monin » nome e braico dei campanelli che venivano cuciti all'orlo della veste del gran sacerdote del T empio di Ge rusalemme). Via via, però, che ci si allontana dal mondo piì:1 antico ed orienta le e ci si addentra nel mondo romano, si trova che i vari campanelli e sonagli perdono il loro caratte re religioso e vanno in mano a cortigiani, danzatori e indovini girovaghi. (5) BR UZ.I.A, lmumo acl un campanello d'oro trowuo ~ul­ l'Esquilino; in : « Annali dell'Istituto di corrispond enza archeologica•, 1875, 188 1.

Sa la T: Strumenti arc!teoloqici

47


Tra gli altri sonagli, di cui veniamo, così a parlare, vanno citati i cimbali. pure di derivazione orientale, giunti in Grecia e a Roma con i culti di quei paesi. E qui è opportuno distinguere forme, dimensioni e tecniche di suono. J più piccoli venivano suonati in coppie, come le odierne nacchere spagnole, cioè due per ogni mano; i più grandi, invece, venivano tenuti uno per ogni mano, sempre con una cinghietta di cuoio: per i più piccoli vi era una variante; anzichè essere tenuti nel palmo della mano. essi venivano montati sulle due strisce di metallo flessibile di una forcella di bronzo; questi sonagli così accoppiati e montati, come altri, simili più che altro a bacchette leggermente ricurve battenti tra loro, venivano detti « crotali». l sonagli esposti si possono, quindi, così suddividere: quelli montati a coppia su forcelle bronzee e definibili col termine di crotali; quelli singoli, muniti di un laccio di cuoio con cui vengono tenuti dalle dita di una mano unitamente ad altro sonaglio simile. allacciato con lo stesso sistema al pollice della stessa mano. Altrettanto dicasi per l'altra mano, che suonerà una coppia simile eli sonagli, manovrati, quindi, con la stessa tecnica usata per le nacchere dalle danzatrici spagnole eli flamenco. Un terzo tipo è quello un poco più grande, tale tuttavia da non poter essere suonato in coppia dalla stessa mano. 'È il tipo assai prossimo a quello, pitl grande e concavo, detto « acetabulum » per affinità di forma con una specie di tazza per l'aceto: a questo tipo veniva, per lo più, fissato nel foro un manico che veniva impugnato dalla mano, in modo da poter essere battuto contro l'altro sonaglio simile, tenuto dall'altra mano. L' impiego di questo tipo si è prolungato per tutto il medioevo cd oltre e si può considerare progenitore della coppia di piatti usata nelle moderne orchestre.

n. 1052. -

Ponticello di cetra in osso di età rormma. Sagoma con 5 fori: forse per tre corde con due fori di ornamento. Stato discreto. Misure: cm. 6 X 4,5.

n. 1053. - Ponticello di cetra in osso di età romana· imperiale. Sagomato con tre forellini (per tre corde): probabilmente per pandura-trichordon suonato con grande plettro (6). Scheggiature e abrasioni. Stato discreto. Misure: cm. 5,5 X 7,3. (6) v. WERNER BACHMANN, Die An/unge tfeç Streichinstrumentenspie/s, Lcipzig, VEB Breilkopf & Hartel Musikverlag, 1966, fig. 19. (da: Farmer, An carly grcck pandore, J ournal of thc Royal Asiatic Socicty, 1949, p. 177).

48 La Galleria armonica

n. 1054. - Ponticello di cetra in osso della prima età imperiale romana, per 16-18 corde, decorato da 9 circoletti incisi c 6 fori: 2 piccolissimi e 2 grandi tondi, più 2 rettangolari. Stato discreto. Misure: cm. 8 X 5,5. n. 1141. - Ponticello di cetra (forse a 5 corde), in osso, elegantemente sagomato, con 4 gruppi di 3 forellini l'uno, più uno tondo grande al centro; è dccorato anche da 7 forellini non passanti e dclimitah, ciascuno, da un giro inciso; verso la base è aperto un foro rettangolare che aveva un corrispondente toro simile (di cui ora resta tm accenno nella parte mancante della base). Epoca: età imperiale romana. Stato mediocre. Misure: L. cm. 9,2; alt. crn. 5,7.

n. 1142. - Gruppo in terracotta raffigurante due personaggi maschili con i capelli svolazzanti, a torso nudo ma con ampie vesti che cingono i fianchi e scendono fino ai piedi: essi suonano: una doppia tibia (il personaggio di sinistra) e, con il plettro, una cetra a base curva (il personaggio di destra). Il viso del suonatore di doppia tibia è assai frammentario c quello del suonatorc di cetra manca del tutto. 11 gruppo presenta tracce di ingubbiatura (vernice) rossiccia sulle vesti e sui corpi. L'autenticità del pezzo è comprovata dal fatto che sul retro vi è la traccia del foro di sfiato della cottura della terracotta, foro che qui è stato chiuso, come si può vedere dall'interno. Stato discreto. Misure: alt. cm. 17,5; largh. massima cm. 11; pf. cm. 5; base: cm. 6 X 6 9. n. 1143. - Statuina acefala in terracotta raffigurante una suonatricc di doppia tibia; la donna indossa una veste lunga fino ai piedi ed una sopravveste che, drappeggiata intorno ai fianchi, scende, sul dietro, sotto ai ginocchi: la stessa sopravvcste avvolge anche le spalle, lascia11do nude le braccia. Stato discreto. Misure: alt. cm. 12; base crn. 4,4 X 4,3. n. l 144. - Borchietta di crotalo, di età ellenistica, in bronzo, con patina verde scuro (a causa dell'ossidazione), più chiara sulla parte convessa, intorno al foro, dove, evidentemente, poggiava, tramite un dischetto (certo pure di bronzo), la forcella. Stato buono. Misure: 0 cm. 5,5; l. bordo: 1,2; alt. 1,5.


992. Discus in bronzo; età romana (fuori Vetrina)

936. 937. Tibie in avorio e bronzo; sec. V a.C. (Vetrina l)

992

936 , 937

Sala !l : Stmmenti arclwolot?ici

4.9


994. Statua in terracotta (suonatore di cetra); sec. IV a. C. (Vetrina l)

J O La Galleria armonica


31. Corno fittife; sec. VI a. C. (Vetrina 1)

• :

.- .•

1054, 1041, 1053, 1052. Ponticelli dt cetra in osso; età imperiale romana (Vetrina 2)

Sala ll: Strumenti archeologici

JI



Sala m STRU.MENTI EXTRA-EUROPEI

Mentre nella Sala I lo sguardo si era rivolto molto indietro nel tempo, nelle sale seguenti il criterio cronologico lascerà il posto ad organizzazioni di altra natura: si seguirà, cioè, un ordinamento più che altro geografico. Infatti, gli strumenti esotici e quelli popolari non seguono criteri di sviluppo storico ordinato nel tempo, in quanto l'attaccamento alla tradizione fa sì che anche a distanza di centinaia di anni, gli strumenti, come altri oggetti della vita quotidiana, vengano costruiti, di padre in figlio, nello stesso modo. Perciò in questa sala i pezzi sono suddivisi, come generalmente si usa con gli strumenti esotici (che sono, in certo senso, come i popolari , fuori del tempo) per paesi o zone di influenza etnica. Si incontra qui, innanzi tutto, entrando, a sinistra, l'Estremo Oriente.

del nostro esemplare, n. 215 (cm. 92 x 12 x 9,5: L. vi br. c. 68,4), è dipinto in verde e oro, mentre il collo è ricoperto di seta trapunta d'argento. Viene suonato in posizione verticale ed ba una voce assai dolce, ma non molto robusta e un po' lamentosa. ~ strumento di origine piuttosto recente (sec. XV); si può dire che l'esrar sia un incrocio fra il silar, da cui ha preso il lungo collo con i tasti, i piroli, le corde, ed il sarangi, che gli ha dato la forma con restringimento mediano del corpo, dalla sagoma leggermente a clessidra, ed il piano armonico di pergamena. Una caratteristica propria di questo strumento è la striscia di legno per i piroli delle corde di risonanza, che è separata ed applicata lungo il manico, alla sua destra; viene usato nella musica d'arte come strumento solista e, specie nel Bengala, per accompagnare il canto di voci femminili. L'accordatura è la seguente:

Vetrina 1

4 corde principali Nella vetrina l , sul ripiano più basso, troviamo due rappresentanti dell'India: l'esrar e il sarangi. Essi hanno in comune la caratteristica di avere delle corde che vibrano « per simpatia >> , cioè senza essere toccate direttamente dall'arco ma per sollecitazione di corde vicine che entrano in vibrazione strofinate dall'arco. Questo interessante fenomeno, dovuto ad un principio fisico che può avere quasi un signilicato misterioso, è tipicamente orientale; infatti un'etimologia, anche se non molto ortodossa dal punto di vista filologico, ma curiosa, della viola d'amore (l'unico strumento europeo in cui tale principio è applicato ai giorni nostri), dichiara l'incontestata provenienza di questo tipo di strumento, in quanto fa derivare il nome di « viJla d'amore » da una idealizzata deformazione del termine « viola da moro » cioè viola da arabo, poiché il principio viene, in verità, dall'oriente. L'esrar è uno strumento ad arco dell'India settentrionale, dal lungo collo (su cui sono posti 16 tasti metallici) e dalla piccola cassa armonica con il piano di pelle. Il principio della vibrazione per simpatia si realizza nel seguente modo: alle quattro corde principali o di melodia, in acciaio, passanti sul ponticello, se ne aggiungono altre undici di risonanza. li corpo

l l corde di risonanza

~ J :J J J r r r E r r r li P.V. 7763. -- Tar persiano a 7 corde. Tastiera ricopelia da piastre di avorio e madreperla intarsiate con decorazione composta da circoletti rossi e verdi incisi. Corpo eli legno con stelle, intarsiate, in avorio e madreperla. Il corpo consiste in due pezzi di legno scavati e uniti nel senso longitudinale, in modo che il piano armonico, costituito da pelle tesa, forma una sagoma a « otto » . Nell'interno vi è una striscia di legno dorato che va dalla base del manico alla base del piano. Misure: L . tot. cm. 90; L. piano cm. 27; L. da base piano a capotasto cm. 69,2; l. piano cm. 14 x 15; pf. cavigliere cm. 10,7; pf. corpo cm. 13 / 15 (Lascito Wiirts 481).

Sala llf: Strttmenri extra-europei

J3


Il sarangi è uno strumento ad arco dell'India settentrionale, scavato in un sol pezzo di legno, in cui è pure largamente applicato il principio delle corde che vibrano per simpatia. La forma è piuttosto tozza, anche se ha un restringimento aJ centro del corpo; il piano armonico è costituito da pergamena. In questo esemplare, n. 214 (cm. 57 x 19 x 7,5; L. vibr. c. 33,5), alle quattro corde principali , che sono di robusto budello, se ne aggiungono altre 11, accordate diatonicamente, che passano sotto al ponticello. Si suona con un arco molto corto tenuto in posizione verticale ed è molto usato nella danza e nelb musica da teatro. L'accordatura è la seguente:

4 corde di budello

9=

r r rJ

1

,,

oppure

2:

r r rJ

1

11 corde di risonanza 8'

~

r r r·r r J r r r r r

Passando al np1ano 2°, intermedio, della stessa vetrina l , troviamo il khen, n. 213 (cm. 44 X 14 X 7,5; J. vibr. c. 45,8), organo a bocca del Laos composto di 14 lunghe cannucce di bambtl che, divise in due gruppi, paralleli ed affiancati, di 7 cannucce ciascuno, vengono fatte passare, per due finestre parallele e longitudinali, attraverso una camera per l'aria, di legno duro, dalla forma di cilindro ovalizzato ed appuntito, quasi a bariletto; le canne, nel punto in cui si inseriscono nella camera d'aria, sono dotate di ance libere di ottone (e talvolta anche d'argento). Deriva da un tipo primitivo di sheng cinese a 5 canne ed è diffuso nel Laos settentrionale, dove viene suonato in gruppi di vari khen; ne esistono, infatti, tre tipi, di varie misure, da uno a tre metri di lunghezza, con 6, i4 ·o 16 canne di bambù ; la camera per l'aria può essere fatta con un frutto oppure d'avorio. L 'intonazione delle 14 cannucce di questo esemplare è diatonica; vengono prodotte 14 note così distribuite: canne di destra

-')=

J J r r rr rl

J4 La Galleria armonica

canne di sinistra

che, nel complesso, risultano così ordinate

Accanto a l khen trova posto l'unico rappresentante dell'Oceania che il Museo possiede (sufficiente, però, per poter affermare che tutti i continenti vi sono rappresentati): il gamhus n. 212 (cm. 71 x 22 X 11; L. vibr. c. 45,8). È uno strumento a pizzico, di origine arabo-islamica, che si diffuse via via in tutta l'Indonesia, dappertutto dove giungevano mercanti arabi. Il nostro esemplare è del tipo usato nell'isola di Celebes, in Indonesia: ha il corpo (scavato in un sol pezzo di legno) allungato, a forma di pera ed il cavigliere, arcuato a semicerchio, terminante in una piastra rettangolare. TI piano armonico è costituito da pergamena tesa. L'armatura, che, generalmente, è tipica e diversa a seconda delle varie zone di espansione dello strumento, qui è di 5 corde semplici, regolate da piroli laterali (come nella famiglia dei liuti), che vengono suonate con l'ai uto di un plettro o anche dalle dita nude. n materiale delle corde è vario: in indonesia le corde doppie sono di seta, le basse di metallo, le superiori di budello. Salendo, sempre nella stessa vetrina l , al ripiano superiore (lo in a lto), vi si incontrano tre strumenti a fiato: una la-pa c due so-na. La prima, n. 210, è una tromba lunga, diritta, conica, in metallo (ottone); è divisa in due parti, rientranti parzialmente l'una dentro l'altra a cannocchiale e termina in un padiglione ampiamente svasato. Produce tre suoni (gli armonici 2, 3, 4 del suono fondamentale re b a 3a ottava):

Lo strumento, un tempo impiegato per manifestazionj militari , è o ra rimasto in uso solo per cerimonie religiose; dalla Mongolia e dal Tibet, zone da cui è originario, si diffuse anche in Cina, dove prese il nome popolale di « la-pa », mentre il termine esatto e completo sarebbe « sia o t'ung kyo ». Sull'orlo del padiglione si trova una scritta graffita che dice « tromba dell 'immenso cielo>>.

Misure della la-pa, n. 210: cm. 140 X 16 (0 pad.).


Gli altri due strumenti appartengono al tipo del «so-na », che è un oboe cinese assai popolare (detto pure << riang te :t) usato specialmente per feste di nozze,

dal corpo conico in legno, con il padiglione e la parte verso l'imboccatura in metallo (ottone), come il persiano suma e l'indiano sanai. È accorciabik, per comodità di trasporto, in quanto le parti di legno c di ottone sono parzialmente rientranti a cannocchiale l'una dentro l'altra. e fornito di 7 fori frontali c di un 8" foro sul retro per il pollice, che gli permettono di produrre le note seguenti:

I formati più piccoli sono detti « /d-na » oppure « k'ai ti » (piccolo so-na di Pechino).

Misure dei so-na: del pitl grande, n. 209: L. cm. 46,5: 0 paci. cm. 13,5: del più piccolo, n. 211: L. cm. 33; 0 pad. cm. 9.

X 14 X 9) è tutto di legno, cilindrico, con fondo traforato, il n. 232 (cm. 76,5 X 16 x 7,2) ha una cassa ottagonale. Sullo stesso ripiano 2°, intermedio, della vetrina 2 sono anche dci flauti cinesi: un flauto diritto, 11. 226 (cm. 63 x 2,2) e tre flauti traversi: il n. 229 (cm. 70 x X 2,5) con testa e coda di drago, il n. 227 (cm. 64,2 x X 2,5) con estremità in avorio, il n. 228 (cm. 64 x 2.5) con coda di drago ed estremità in avorio: sul piano 3°, in basso, si trovano un gong di bronzo, n. 222 (cm. 27.4 x 2) e, particolarmente importanti, due esemplari di Jl!eng, tipo molto antico di organo a bocca, costituito da 17 cannucce di bambù fornite di ance libere, inserite circolarmente in una specie di tazza semisferica con imboccatura a beccuccio: n. 224 (L. tot. cm. 49,5; L. tazza cm. 11,7; 0 tazza cm. 8) e 11. 22 l (cm. 41 X 10 x 6,2); si affianca a questi pezzi un san 1!.\ien, 11. 231 (cm. 111,5X25.5X9), strumento dal lungo manico e dal corpo piuttosto piccolo con due facce ovali ricoperte di pelle di pitone. armato di tre corde eli seta accordate:

Vetrina 2

Questa vetrina, come le due seguenti. è dedicata esclusivamente alla Cina. el l n ripiano in alto troviamo due esemplari di yueh ch'in (« chitarra luna »), strumento dal corpo circolare c piatto, a 4 corde accordate per quinte a due a due

~ FF J J l e suonate a pizzico con le dita. L'accordatura è la M.:guente:

L'esemplare n. 225 (cm. 57 x 35 x 4: L. vi br. c. cm. 33,7) è mancante di un pirolo ed ha 9 tasti disposti sulla tastiera; un altro esemplare, il n. 216 · (cm. 59 x 35 x 4; L. vibr. c. cm. 33,2) è armato di due sole corde c 10 tasti, come si usa fare talvolta per semplificare lo studio dello strumento ai bambini. Sempre nella vetrina 2, sul 2° ripiano intermedio, sono vari esemplari di /w ch'in, strumento a due corde. suonato con un arco i cui crini passano fra una corda e l'altra, in modo da dare due note diverse a seconda se il suonatore spinge l'arco verso eli sé o verso l'esterno; gli 1111 eli' in qui esposti sono cinque ed hanno le seguenti caratteristiche: i nn. 220 (cm. 76,5 X 16 X 7 ,2), 230 (cm. 43,7x l4,7X5,5) e 217 (cm. 65xl4X8) hanno il piano di pelle di pitone, il 223 (cm. 57,2 X

Vetrina 3

ella vetrina 3 troviamo, sul l o r·ipiano in alto, quattro strumenti dipinti: tre di essi contengono raffigurazioni di complessi musicali in cui sono usati tutti strumenti (meno due) posseduti dal Museo cd esposti in questa sala. Esaminiamo ora i tre strumenti. l) n. 236. - Strumento del tipo detryue/i ch'in (cm. 72 x 36 x 7; L. vi br. c. cm. 47 ,2), ma a tre corde, con lungo manico e 8 tasti. La scena qui riprodotta rappresenta un concerto formato di soli uomini: il primo, da sinistra, suona, con la mano destra, un tamburello a sezione rotonda, con le due facce costituite da pelle tesa, sorretto da un sostegno fatto di leggere cannucce di bambLJ (che qui, tuttavia, non sono più visibili, per cui si ha l'impressione di un tamburello sospeso nell'aria); questo tamburello è presente nel piano l o della vetrina 4; lo stesso uomo suona, con la mano sinistra, un gruppo di tavolette legate insieme, come quelle che figurano al piano inferiore della stessa vetrina 3 (dette p'ai pan); il secondo uomo suona una tromba lunga del tipo della « la-pa » (v. vetrina 1), il terzo suona uno yun-lo ed il quarto un oboe del tipo detto so-na (v. vetrina 1). Lo yun-lo è uno strumento (che il Museo non possiede), costituito da una cornice suddivisa in 10 scomparti in cui sono sospesi l O piattini di metallo, tipo gong, che vengono per-

Sala III: S1r11111enti extra-europei

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cossi con un lungo martelletto; lo )11111-lo viene sorretto dal suonatorc mediante un robusto manico. 2) n. 235. - Lo strumento centrale è un p'i p'a (cm. 98 x 32 x 29; L. vibr. c. cm. 72) tipo antichissimo di liuto a 4 corde dal corpo a forma di pera. con cassa molto piatta c sottile (nel cui interno si trova spesso, come qui, una lamina vibrante), che viene suonato a pizzico, con plettro, cd ha la seguente accordatura:

Nel ripiano inferiore della stessa vetrina 3 troviamo un tamburello ottagonale, n. 237 (cm. 17,5 x 6), ricoperto di pelle dì pitone, il quale, appunto per la sua forma, prende il nome d i pa chiao ku ( « ottoangoli-tamburo • ); un gruppo di tre ta\·olettc legate insieme e dette p' ai pan, n. 239 (cm. 27 x 6 x 1,1) specie di castagnette che figurano su due degli strumenti dipinti esposti nel np1ano superiore, ed ancora un Jzu ch'in, n. 238 (cm. 67 X 12 X 6).

Vetrina 4 li p'i p' a ha 16 tasti di cui 4 su lla tastiera e 12 (di cui 2 mancanti) sul piano armonico. Sul piano armonico del p'i p'a è raffigurato un complesso strumentale femminile (notare i piedi delle fanciulle, deformati secondo un'antica usanza che durava da oltre dieci secoli e che fu abolita da una legge del 19 L l): la prima ragazza da sinistra, in piedi, suona le castagnette fatte di tavolette eli legno e dette « p'ai pan » (v. ripiano inferiore della stessa vetrina 3), la seconda, seduta, suona un /w e/t'in (v. vetrina 2), la terza, seduta, suona la cetra da tavolo detta ch'in (non posseduta dal Museo), tipo di origine antichissima che sta alla base di tutti gli strumenti del genere fino al koto giapponese, e la quarta, in piedi, suona una cetra ad arco, come quella esposta nello stesso ripiano». 3) n. 233. - Sul piano armonico del terzo strumento dipinto, che è un yueh ch'in, a quattro corde (cm. 59,5x37x6: L. vibr. c. cm. 37,6), è rappresentato un altro concertino femminile: la prima fanciulla, da sinistra, seduta, suona un p' i p'a, la seconda, in piedi, suona uno sfteng, la terza, pure in piedi, suona un flauto traverso c la quarta, seduta, suona un san hsien. 4) n. 234. - Il quarto strumento dipinto che si trova su questo stesso ripiano è la cetra ad arco di cui sopra si è fatto cenno nella descrizione delle pitture. detta ya cheng (o la ch'in); la decorazione pittorica, qui, non raffigura suonatori ma si limita a fregi florea li che ornano il piano armonico, ricurvo, su cui sono tese le corde. Sotto il ponticcllo, in una striscia di avorio che corre parallelamente alla cordiera, è incisa una scritta in caratteri cinesi che riporta i nomi delle cinque note musicali cinesi ripetuti due volte. L o strumento è a 10 corde doppie sostenute da 10 cavalletti mobili, spostabili ma non asportabili in quanto le corde passano attraverso le loro punte per evitare che, nella posizione inclinata in cui va tenuto lo strumento durante le esecuzioni, essi possano cadere.

; 6 La Galleria armonica

La vetrina 4 è l'ultima con strumenti cinesi: vi troviamo ancora due san ftsien, n. 240 (cm. 119 x X 25 X 4) c 11. 243 (cm. 121,5 X 26 X l l) un tamburello tondo a forma di caciotta, con pelle su tutte c due le facce, n. 241 (cm. 29 x 9; cavalletto cm. 95,5: chiuso: cm. 4,5); esso è raffigurato, come si è detto , in un concertino dipinto su di uno strumento della vetrina 3. Jl tamburello poggia su di un sostegno costituito da sottili cannucce di bambli ed è decorato da una finissima pittura ral'l'igurantc due fanciu lle che suonano il flauto traverso in un giardino fiorito. Vi sono, inoltre, due campane con protuberanze, dette po-c/wng, n. 246 (cm. 19,5 X 15 x 6: sostegno cm. 62 X 32,7 x 21,2) e n. 245 (cm. 14,5 x 8,5 x 4,4; sostegno cm. 62x32,5x20,7), che vengono percosse dall'esterno con un martellino c vengono usate per cerimonie religiose. Le cornici in cui stanno appese sono finemente traforate e, sulla sommità, nel lavoro di traforo, si trova un ideogramma che significa « immortalità ~ .

Vetrina 5 Con la vetrina 5 passiamo in Giappone. Questo Paese, la cui civiltà musicale, a quanto si può dedurre da statuette rinvenute in antiche tombe, sembra avere origini ancora più antiche di quella cinese, ha tuttavia importato tutti gli strumenti dalla Cina, assimilandoli, con qualche modifica, alla propria cultura. ln questa vetrina sono 5 strumenti donati dall'Ambasciata del Giappone, che costituiscono un interessante e pittoresco gruppo di pezzi in cui sono riunite l'antica tradizione dell'arte giapponese c la moderna perfezione tecnica dell'artigianato odierno di quel Paese.

n. 249. - Kotsuzwni. - Appartiene al tipo dci tamburi a clcssiclra, composti da due coppe unite da un tubo in modo da lasciare all'esterno le due pelli tese sull'orlo delle coppe: la sagoma risulta. così, a rocchetto. 11 tiraggio delle pelli è regolato da cordoni governati dalle dita del suonatore, che può, così, modificare il


corista a cui è intonato lo strumento. Le due pelli sono di cavallo e vengono tese sugli orli delle due coppe mediante anelli di ferro e cuciture. Il corpo del tamburello, fatto di legno di zelkana (una specie di ciliegio giapponese), è verniciato a lacca nera con decorazioni color oro; i cordoni (i cui colori hanno per secoli indicato il livello di preparazione musicale dell'esecutore: arancio-rosso per il suonatore di levatura normale; blu chiaro e lilla per i gradi pit't elevati) passanti per i 6 fori degli orli, sono qui del colore arandone (che corrisponderebbero al primo livello, cioè a quello dell'esecutore ordinario) e sono perciò ottimamente intonati all'oro dci fregi che ornano la lacca; questo strumento, oltre che per la sua funzione musicale, va considerato anche sotto l'aspetto artistico della ricca decorazione, che ne fa una piccola opera d'arte. Nella sua posizione di suono il Kotsuzum i (o « tamburo da spulla ») viene appoggiato sulla spalla destra, sostenuto dalla mano sinistra, che stringe anche i cordoni, e percosso dalla mano destra in diverse posizioni, a differenti livelli dinamici, con uno o più dita, con mutamenti di corista (ottenuti, come detto sopra, mediante il variare del tiraggio dei cordoni), con effetti di glissando (dovuti sempre a tiraggio e pressione sui cordoni), ecc.; i suoni fondamenta li da esso prodotti sono cinque e le esecuzioni su tale strumento, sia delle note che degli abbellimenti o nuances sopra citati, richiedono una notevole abilità esecutiva, non inferiore a quella di un timpanista delle orchestre occidentali. Come uso e funzione musicale il Kotsuzumi rientra nell'ambiente dell'antico dramma no, in cui si unisce con altri tamburi c con un flauto; viene pure usato per le danze e nelle orchestre, nelle quali svolge un in1portante ruolo ritmico. Come origini lontane sembra che il Kotsuzumi sia stato importato dal Turkestan orientale nel IV sec. d.C.

Misure: L. cm. 26; 0 cm. 19 ,80. Materiali: corpo: legno di ci liegio; pelli: di cavallo; cordoni: di seta.

n. 240. - Shino-bue. - ll termine « bue » che significa flauto, è il frutto della trasformazione subita dalla parola << fue » o « fuyè » (flauto) dct;vato dal verbo « fuku », soffiare, in combinazione con un·altra parola (in questo caso << shino » vuoi dire << bambù sottile »), per cui la ( si trasforma in b. Equivalente di shino-bue (ovvero shino f'ue o fuyè) è « take-bue » , che si traduce pure con « flauto di bambù » . E un flauto traverso giapponese fatto di bambtt con 7 fori per le dita.

Le estremità dello shino-bue sono avvolte con vimirti o fibra di giunco, che viene fatta solidificare con lacca per renderla più resistente. Lo shino-bue si costruisce in 13 tipi secondo l'altezza sonora. È lo strumento a fiato indispensabile per musiche e canti folcloristici; viene suonato spesso con lo shamisen e tamburi, ma vi sono alcune musiche in cui si usa da solo. Vi sono infatti mw;iche per « Kusa-bue >> ((lauto di foglie di erba), per << inaka-bue » (flauto rustico), ecc. ll materiale di cui lo strumento è costituito è bambtt con bastone di malacca (canna d'India).

Misure: L. cm. 41; 0 cm. 1,7 . n. 245. - Shakuhachi. - È un flauto diritto giapponese costruito in grossa canna di bambù, provvisto di quattro fori frontali e di uno posteriore per il pollice; non ha bocchino, bensì un incavo obliquo sull'angolo superiore del tubo sonoro, mediante il quale, grazie a mezze-chiusure del foro da parte del labbro inferiore dell'esecutore, si riesce a produrre l'intera scala cromatica giapponese (juniritsu):

Il tono corista del Giappone, è proprio basato sulla nota più bassa (Re') dello Shakuhachi, a 292 cents, con una lunghezza-tipo di cm. 54,5. Il Piggott formula un interessante giudizio sul tono dello shakuhachi: << Ben suonato, esso è uno dei più amabili tra gli strumenti a fiato; ma l'eccezionale difficoltà di suonarlo giustifica pienamente la tradizione di segreti quali sono stati trasmessi da Omori Toku, (un eremita di Yedo), di generazione in generazione di pazienti insegnanti c di pazienti allievi » (l). Sulle origini di questo strumento le teorie non sono concordi; secondo Sibyl Marcuse (2) esso fu importato dalla Cina nel 935, secondo altri sarebbe stato importato nel 1254 da un prete buddista, Kakushin, che ebbe numerosi discepoli, mentre il Sachs (3) lo dice introdotto dal principe Tsuneyoshi nel l 335. Nel sec. XVI fu adottato da gruppi di samurai che erano stati rovinati dalla guerra civile e si fecero, in seguito a ciò, monaci buddisti itineranti (detti << Komuso »); caratteristico il loro copricapo di giunchi

( l) F. PIGGOTT, The nwsic and mwical instrument.\' Japan.

za ed. Yokohama-London, J909, p. 152.

(2) S. MARCUSE , Musical instruments: a comprelzensive dictionary. New York, W. W. Norton & Comp., 1975, p. 470. (3) C. SACHS, Reai-Lexiko11 der Mu,,ikinstrumente. Ncw York, Dover, 1964, p. 368.

Sala I.Ll: Strumenti extra-europei

Jl


mtrecciati a forma di pentola capovolta che essi mettono sul capo fino a coprirsi il viso per ragioni religiose, dato che girano per la loro rituale questua. Lo shakuhachi è annoverato, insieme con lo shamisen, col kokyu e con il koto, tra gli strumenti popolari; un particolare complesso popolare è il trio detto « san-kyoku », composto di koto. shamisen e shakuhachi. Il corpo dello shakuhachi è costruito in grosso bambù, diviso in due pezzi; le sue misure sono: L. tot. cm. 56; 0 cm. 5,5. 11.

250. - Koto.

Cenni storici. - Lo strumento a ppartiene al gruppo delle cetre da tavolo (o da pavimento, come nel caso del Koto) che traggono la loro origine, dal cinese ch'in. n Koto è documentato in Giappone fin dal sec. VITI ed ha tutto un simbolismo quanto mai poetico che lo trasfigura al di là della sua funzione musicale, nella sfera suggestiva del mito. Esso è paragonato a un dragone, sdraiato sulla spiaggia, che discorre con le onde tanto dolcemente da richiamare gli angeli che scendono ad ascoltare. Le parti dello strumento vengono idealizzate c sim boleggiano parti vitali della scena che viene evocata dalla sua musica; i vari lati del suo corpo sono i principali protagonisti della scenografia: la parte superiore è il dorso del dragone, la parte inferiore il suo ventre. la parte superiore laterale la spiaggia, la più bas!a la piccola spiaggia, l'ovale in scaglie di tartaruga all 'estremità destra rappresenta il mare; il grande ponticello a destra raffigura le corna del dragone e il lungo ponticello all'estremità sinistra la nuvola o sede degli angeli ; la proiezione angolare all'estrema punta destra la lingua forcuta del dragone, l'altra estremità la sua coda, la cavità all'estremità destra sotto Ja superficie, la luna velata e quella all'estremità sinistra la coppa del dragone (4). Descrizione. - Il Koto ha la forma di una cassetta rettangolare lunga e stretta, su cui sono tese 13 corde di seta, la cui intonazione viene regolata da 13 cavalletti mobili; le accordature sono molteplici ma le più comuni sono due:

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Lo strumento viene posato in terra e l'esecutore s i inginocchia davanti ad esso. l materiali di cui si compone il Koto sono il fine c decorativo legno di paulownia, che è il componente maggiore del corpo, la tartaruga c l'avorio che ne costituiscono la sobria decorazione, la seta di cui sono farte le corde, e l'avorio dci tre plettri (tsume). che vnnno infilati nei polpastrclli del pollice, dell'indice c del medio della mauo destra per pizzicare le corde, mentre la mano sin istra scorre lieve sulle corde stesse per smorzare il suono o alzare il tono; vi si ottengono pure effetti che si possono accostare al << glissando » delle nostre arpe.

Uso. - Generalmente il Koto è strumento femminile, ma, oltre ad essere prediletto dalle signore e signorine di buona società, è anche usato da uomini, compositori e virtuosi, come il suonatore cieco Michio Miyagi, morto nel 1956, che scrisse oltre 1000 composizioni per il suo strumento. Nella sua lunga storia il Koto venne usato con alterna vicenda in vari ambienti e scuole. Dal sec. V d.C., in cui si dice che fosse già suonato in Giappone, al sec. VJTJ in cui viene annoverato fra gli s trumenti del tempio Hòryuji presso Nara (724 d.C.) c del tempio Tòdaiji in ara (7 56). In trattati, raccolte di scritti vari e testi filosofici viene citato in diverse forme e armature di corde. Dopo essere stato, attraverso i tempi, strumento religioso c di corte, esso divenne anche popolare, dando vita alla scuola popolare di Koto, e rimase sempre tra gli importanti strumenti nazionali se non lo strumento nazionale per antonomasia. Fece parte delle orchestre che accompagnavano pantomime, canzoni popolari c rappresentazioni gagaku; spesso si unisce ad altri strumenti pure di carattere c di importanza nazionale, quali lo shamisen e lo shakulwchi. Misure: L. cm. 182; l. cm. 24; pf. cm. 9.

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(4) S. MOREUX. La mwique japonaise; in: . DUFOURCQ, La llllllique d es origines à nos iours. Paris, 1967, p. 451.

J 8 La Galleria armonica

n. 252. - Shamisen. - f: uno strumento a plettro, dal lungo manico e dal piccolo corpo a forma di piauo armonico parallclepipedo, le cui due facce e piano retrostante - sono costituite da pelli bianch:: di gatto, e le cui 3 corde (di seta) possono essere variamente accordate.


La storia di questo strumento è particolarmente interessante. Importato dalla Cina intorno al 1562 nel porto di Sakai presso Osaka, divenne il jamisen delle isole Ryukyu, che aveva ancora, del san hsien cinese da cui deriva, il lungo manico e il piccolo corpo ancora ovale, ricoperto sulle due facce di pelle di serpente. Lo strumento fu adottato dai suonatori di bi-wa (traduzione giapponese del liuto cinese p' i p' a) i quali, usando anche per il jamiscn il loro plettro, che era, del resto, di migliore rendimento fonico del plettro cinese, constatarono che la pelle di pitone (usata dai cinesi) non reggeva il colpo del loro forte plettro e, avendo cercato una pelle più robusta, trovarono e adottarono la pelle bianca di gatto. Il jamisen fu usato prevalentemente nell'isola di Okinawa, che è appunto la pitl prossima alla Cina e costituisce la fase di transizione - più che altro il trait-d'union - fra il san hsien cinese e lo shamisen giapponese. Dalle zone immediatamente vicine alla Cina, con la nuova pelle (la quale risultò anche un progresso dal punto di vista della resa dei suoni) e con la forma di parallelepipedo, si diffuse in tutto il Giappone, entrando ben presto nella pratica musicale artistica c popolare (teatro Kabuki, ecc.) e divenendo, dal sec. XVII in poi , oggetto di numerose scuole e di differenti stili. È strumento di uso prevalentemente femmini le. È spesso usato insieme al koto, allo shakuhachi e al kokiu, con i quali forma un complesso detto sankyoku. Non sarà qui inutile illustrare brevemente anche il kokyu , che ha l'aspetto dello shamisen ma che, con alcune varianti, quali le piLI ridotte dimensioni , un diverso ponticello ed un puntale sotto alla cassa, viene suonato con un lungo arco ed è l'unico strumento ad arco del Giappone. Lo shamisen ha avuto numerose accordature (almeno 9), ma le più diffuse sono tre: l) Honchoshi, originale

2) Niagari, che aumenta la seconda

3) Sansagari, che abbassa la terza

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L'accordatura può anche essere cambiata più volte nel corso di uno stesso brano. La tecnica di suono è l'aspetto più tipico di questo strumento, in quanto si basa sull'uso caratteristico del plettro di bi-wa, detto « bachi » (o « batsi »), a forma di paletta, pressoché triangolare, dalla base, che tocca le corde, molto larga e di spessore più sottile del resto, n. 253. AI suono « agrodolce » caratteristico dello strumento, si unisce un rumore secco sul tipo del tamburo, causato dal colpo del plettro sia sulle corde che sulle pelle: la corda pitl bassa (che non passa sul ponticello) vibra direttamente sulla pelle sotto il colpo del « bachi » ; altro fenomeno tipico è, nel registro basso, un ronzio nasale simile a quello dello scacciapensieri. Per proteggere il piano armonico di pelle dai colpi del « bachi » viene applicata sul piano stesso una piccola mezza! una di pelle detta « bacbjgawa » . r materiali usati per la costruzione dello sbamisen sono molti e svariati, in quanto mutano anche col carattere e l' uso dello strumento, cioè per il tipo da concerto o per quello piì1 semplice usato nella pratica di ogni giorno; il manico, di un legno duro rosso scuro ( « cydonia sinensis »), è in tre pezzi che possono essere separati per rendere più comodo il trasporto dello strumento; la cassa può essere di sandalo, gelso o cotogno; qui è di un tipo di pino (pinecleal); la pelle, bianca, è di gatto; i piroli (detti << itomaki ») possono essere di avorio o di legno (qui è di quercia), il ponticello è generalmente di avorio, ma sono usati anche altri materiali, come il legno o la plastica: qui è di canna di bambì1, abilmente lavorata c tinta di nero. Le corde, per cui oggi si usa anche il nailon, sono qui costituite dal classico materiale tradizionale, cioè la seta. Nei tipi più raffinati , da concerto, si trovano anche intarsi , fatti con osso di aringhe ( « ayasugi >> ) o altri materiali (madreperla, ecc.). La pelle di gatto può talvolta essere sostituita, nei modelli pitl economici, da pelle di cane, ma il suono risUlta meno brillante. Fra i vari accessori va ricordato lo « yubikake >> (o riparo delle dita) ricoperto di seta, che può essere intonato al kimono della suonatrice. È interessante citare qui le traduzioni dei nomi usati per questi strumenti: « san hsien » significa in cinese « tre corde » (cfr. il persiano « si-tar »); « jatnisen » vuoi dire « (foderato di) pelle di serpente »; « shamisen » è traducibile con << tre-gustarecorde ». La forma originale del termine giapponese « jamisen » fu modificata in « shamisen » per assomigliare il più possibile al nome cinese « san hsien » mentre

Sala Il : Strumenti archeologici

J.9


in giapponese il termine << tre corde » sare bbe << sangen » : la f01mazione del vocabolo shamiscn è dovuta alla ricerca di assonanza con la parola « jamisen >> più che a vera e propria etimologia.

Misure: L. tot. cm. 99; l. del piano cm. 18; L del piano cm. 19,5; h. delle fasce cm . 9,6. Vetrina 6

N ella vetrina 6, al l o ripiano in alto, troviamo un esemplare di jamisen, n. 254 (cm. 94 x 22 x 29), (l'interessante strumento che segna il passaggio dal san hsien a llo shamisen giapponese) di cui si è parlato a proposito dello sltamisen della vetrina 5; lo strumento, dal corpo ancora più piccolo di quello dello shamisen, e dal lungo manico, in cima al quale apre le sue ali un artistico pipistrello, intagliato nella parte a lta del cavigliere, è anche molto bello da vedersi, per il colore rosso scuro del suo legno e la decorativa pelle di pitone, inserita nelle due facce o, meglio, cornici della cassa a1monica, mediante profil i di bronzo. Per rimanere nel campo degli strumenti dal lungo manico citeremo ora un'altra piccola ma importante presenza di questa vetrina, sempre nel l " ripiano: un modellino di kokyu, n. 255 (cm. 28 x 6 x 315), l' unico strumento ad arco del Giappone, di cui si è parlato a proposito dello shamisen: il kokyu è strumento, come si è detto, più piccolo dello shamisen ed ha un lungo arco (generalmente circa cm. 114), i cui crini sono tirati, mediante un anellino, dal mignolo dell'esecutore. L'armatura più comune è quella a 4 corde, con la seguente accordatura (le due corde più alte sono accordate a ll'uni~ono):

Questo strumento si distingue dallo shamisen anche per la presenza di un ptwtale, sotto la cassa, che viene a sostenere in posizione verticale lo strumento durante le esecuzioni. Aln·i strumenti, sempre gia pponesi, in questo stesso r ipian9 della vetrina 6, sono: un minuscolo koto a l 3 corde, co n decorazioni in lacca, chiamato yo p'in, n. 256 (cm. 57 X 11 ,5 X 7), due flauti diritti, n. 257 (cm. 65,5 X 02,5) e n. 257 (cm. 62,5 x 02,2) ed un flauto traverso, n. 258 (cm. 65 x 02,2) . Nel ripiano in basso si trova un han koto (mezzo koto o koto da viaggio), cioè un koto dalle dimensioni ridotte per comodità di trasporto, n. 260 (cm. 72 x 24 x 11) a 13 corde con 13 ponticelli mobili (di cui uno mancante), e due shamisen: n. 261 (cm. 98,5 x 21 x 11) n. 262 (cm. 98,5 x 21 x 11).

e

DO La Galleria armonica

Vetrina 7

ella vetrina 7 sono contenuti strumenti dell' America meridionale, a cominciare da cinque silvadores (vasi fischiatori), che si trovano sul ripiano in alto. Sono vasi di terracotta a due corpi e due colli, propri della civiltà incaica di epoca precolombiana. Le forme sono varie: uno, il n. 263 (cm. 15,5 x 22 X 10), raffig ura un re sul trono (a vari scalini): egli ha la corona in testa ed in mano un disco, forse il disco solare simbolo del potere; un altro, il n. 264 (cm. 20,5 x 25 x 12), ha la figurina di un suonatore di siringa di P an sotto una piccola tettoia, un altro ancora, il n. 265 (cm. 16 X 19 X 9), è ornato della figura di una scimmietta, mentre gli a ltri due, n. 266 (cm. 28 x 19.5 x 10) c n. 267 (cm. 17,5 x 21 ,5 x 13,5), sono in terracotta nera senza figure: l'ultimo è a due colli con un corpo unico. Nel ripiano intern1edio sono esposte tre chitarre spagnole molto vicine al tipo della bandurria. Quella segnata col n. 268 (cm. 73,5 X 22,5 X 7 ,8; L. vi br. c. cm. 42,3) è a 15 corde (divise in cinque gruppi di tre) c 17 tasti metallici; sul retro ha la figura di un cavallo (incisa) ed una doppia filettatura metallica: ne ll'inte rno una targhetta in carta porta la scritta: « Ebanisteria l de l Luis L opez l Quito » . Quella col n. 269 55.2 x 20 x 7: L. vibr. c. cm . 30) è a 12 corde divise in 4 gruppi di tre e 16 tasti di budello; sul piano armonico sono fregi ad intarsio, come pure all 'orlo del foro armonico; cassa c manico sono verniciati ad imitazione della tartaruga; sul piano. sotto al foro, vi è una piastra io legno di granadiglia per riparare il piano dai colpi del plettro. La chitarrina col n. 270 (cm. 54 x 20 x 7; L. vi br. c. cm. 294) è a 12 corde divise in gruppi d i tre con 14 tasti: IO in avorio sulla tastiera e 4 in legno sul piano armonico: su questo sono vari intarsi e piastra di riparo dal plettro in palissandro con 4 tondini in madreperla agli angoli; il fondo, le fasce e il manico sono in acero riccio. Nello stesso ripia no sono due siringhe di Pan. una a lO canne scava te nel legno, n. 272 (cm. 15,4 x 8,8 X X l ,6), decorata da fregi geometrici incisi con resti di vernice rossa; e l'altra, n. 271 (cm. 23,2 x 24,2 x 3,7) . costituita da 8 canne bambù inserite in un blocco di legno t:on disegni geometrici incisi. N el ripiano più basso, infine, si trovano tre esemplari di banjo tenore, a quattro corde, più una , regolata da un pirolo imperniato a metà del manico. Essi sono contrassegnati dai nn. 274 (cm. 71,5 x25 x7.5), 273 (cm. 86x28,5 x 10) e P.V. 7767 (cm. 66,5 x X21X7).


Vetrina 8 Nella vetrina 8, che continua a presentarci strumenti dell'America del sud, incontriamo, nel piano superiore. due corni peruviani, il n. 275 (cm. 142 X X 5,8 , diametro esterno di uscita), il n. 276 (cm. 143 x X 5,5), formati da elementi di corni di animali, da un segmento di canna di bambù gigante e da un'ancia: le ance qui mancano perché vengono portate a patie dai suonatori; tra i comi è esposto un curioso strumento, la quijada, n. 277 (cm. 35,5 x23 X 19,5), costituito dalle ossa della mascella inferiore di un asino afro-cubano (la mascella, tuttavia, può anche essere, talora, dì zebra): è strumento tipico delle orchestrine afro-cubane e viene percosso col palmo della mano: decorazioni policrome ne fanno un pezzo del tutto caratteristico, oltre che dal punto di vista musicale, anche sotto l'aspetto folcloristico. Nei due ripiani inferiori sono esposti 9 esemplari di un tipo di chitarrino (o mandolino) sudamericano detto charango, che viene costruito con la cassa armonica formata dalla corazza quanto mai robusta, decorativa e varia come sagoma e disegni di un animale che vive appunto nell'America meridionale, nell'America centrale (Messico) e negli Stati Uniti, e che qui è rappresentato da un esemplare imbalsamato: l'armadillo (nome che in spagnolo significa « piccolo armato >>) n. 282. Armadillo imbalsamato. - La cassa armonica d i questi chitarrini, diversi per forma, grandezza e numero di corde, è costituita dalle squame cornee delle loriche scapolare e pelvica di questo animale, armatura di eccezionale robustezza che consente all'armadillo di essere pressoché invulnerabile quando, in caso di pericolo, si ripiega su se stesso e si chiude come una palla. Sul 2° ripiano, intermedio. troviamo quattro esemplari d i questi chitarrini dalle seguenti caratteristiche: il n. 278 (cm. 79 X 22 X 11; L. vi br. c. cm 59) è a 7 corde semplici (manca un pirolo) e 17 tasti metallici; il n. 279 (cm. 54 X 12,7 X 5,7: L. vibr. c. cm. 35,3) è a 7 corde (due doppie e tre singole) con 5 tasti in osso ; il n. 280 (cm. 67,8 x l 8 x 9; L. vi br. c. cm. 43 ,2) è a 12 corde (4 gruppi di tre) ed ha 14 tasti metallici di cui 4 sul piano; mancano 4 piroli; il n. 281 (cm. 75 x 18.7 x7,8; L. vibr. c. cm. 43,2) è a J 5 corde (5 gruppi di tre) con 17 tasti metallici. Sul ripiano inferiore si trovano i cinque seguenti esemplari: il n. 283 (cm. 94,2 X 22 X 9,5; L. vibr. c. cm. 59,2) è a 6 corde semplici con 17 tasti di metallo; il n. 284 (cm. 52,8 x 17 x7,8; L. vibr. c. cm. 32); il n. 285 (cm. 82X24X9,5; L. vibr. c . cm. 45,2) è a 16 corde suddivise in 4 gruppi di quattro e l l tasti metallici (mancano 8 piroli). Questo esemplare ha sul

piano armonico una piastra metalJica a rilievo con uno stemma accompagnato da due parole in due diversi cartigli: « PERU » « LIBRE » ; il 11. 286 (cm. 47,4X X 12,4 X 6,5; L. vibr. c. cm. 25,2) è a 8 corde (4 doppie) con 17 tasti metallici; il n. 287 (cm. 85,5xl9,3X X 11,2; L. vibr. c. cm. 48) è a 12 corde (6 doppie) con 17 tasti metallici sulla tastiera; i piroli sono di impostazione laterale ed il cavigliere termina con una voluta arieggiante un riccio.

Vetrina 9 Con le vetrine 9, 10 e 11 si passa in Africa, ultimo continente di questa rassegna geografica di pezzi esotici. Nella vetrina 9 sono collocate, nel l o ripiano in alto, varie arpette dalla semplice forma arcuata, assai vicina a quella dell'arco musicale da cui hanno origine, forma costituita da una piccola cassa armonica. a barchetta o a parallelepipedo, e da un manico arcuato, con cavigliere, armato di cinque corde negli esemplari piccoli e di 1O corde in quelli grandi. Queste arpette, di varia provenienza, sono del tipo della nanga, ma ricordano anche, sebbene in modo assai rozzo, la sagoma dell'arpa birmana. Esse sono talvolta decorate da interessanti sculture: quella segnata col n. 288 a lO corde (tavola arm. cm. 49 x 13; pf. cm. 9; L. testa e cassa cm. 82,5: L. arco cm. 70; L. vibr. c . cm. 97,5 / 37) ha una cassa armonica scavata in un pezzo di legno a forma di parallelepipedo che si prolunga. sotto il cavigliere, in una scultura raffigurante una testa umana che ricorda vagamente una maschera antigas vecchio tipo e quella col n. 289 a 5 corde (piano arm. cm. 25 x 12,5 x 6,7 pf. cassa; arco cm. 43,5; L. vi br. c. cm. 3 7 /23,5) è sormontata da una graziosa testina dalla deformazione cranica e dalla pettinatLtra tribale tipiche della popolazione Mangbetu, del Congo nord-orientale (Zaire). T seguenti due numeri sono occupati da due arpette del tipo della nanga:

n. 290 a 5 corde Misure: piano arm. cm. 40 X 12; pf. cassa 8,5; L. t o t. 62; L. vibr. c. 47,5 / 30. n. 29l a lO corde Misure: piano arm. cm. 32,5 X 15,5; pf. cassa 1O; L. tot. 59: L. vi br. c. 61 /26,5 . e l 2° ripiano, intermedio, sono due esemplari antichi di valiha, strumento malgascio formato da un tubo di grosso bambù in cui, da un nodo all'altro della canna, alcuni sottili filamenti della canna stessa vengono distaccati dal tubo, lasciando tuttavia attaccate le due estremità e mantenendo leggermente distanziati

Sala III: Strumenti extra-europei

OI


dal tubo i filam enti mediante pczzctti di sugbero, in modo che essi possano essere usati a mo' di coruc. l l valiha (detto pure marovany nella Repubblica Malgascia), strumento originario dcii'Tndonesia, è qui rappresentato da tre esemplari: due vecchio stile ed uno moderno. I valiha antichi sono di due tipi: uno lungo, n. 292 (cm. 151 x 09) a 16 << corde ~ della lunghezza totale di cm. 61 ,5, comprendente, o ltre a l pezzo di can na compreso tra due nodi, anche due pezzi lisci, senza il lavoro di tagli e di incisione descritti sopra per il pezzo centrale: l'altro. n. 293 (cm. 57 X 08). a li « corde ~ della lunghezza totale di cm. 44. l>a. o ltre la parte diciamo sonora. due piccoli bordi di canna per il m:.~neggio del pezzo; a questi esemplari del tipo primitivo se ne affianca uno moderno. il n. 294, corto, a 16 corde (L. tot. cm. 70X09. L. tot. c. cm. 45). costruito sempre d i canna ma con vere corde metalliche, legate alla canna stcs~a nel punto dei nodi (dove gli strumenti del tipo primitivo avevano pure degli avvolgimenti di fibre vegetali per fermare i filamenti d i canna estratti a fonnarc << corde » ). Questo pezzo, donato al Museo dal dottor Vincenzo Berardi, già Ambasciatore italiano nel M adagascar. è del tipo che viene usato anche dai virtuosi di tale strumento. i quali vi eseguono persino musiche di J. S. Bach. L a tecnica di suono del valiha è la seguente: lo strumento viene tenuto con una estremità appoggiata in terra c l'altra in alto, con la parte sono ra fra le ginocchia oppure appoggiata sull'addome dell'esecutore, e si s uona a pizzico con le unghie. Lo strumento è attentamente descritto cd ill ustrato. su esemplari del Musée de 1'/wmme di Parigi, da Curt St'chs nel suo studio ({ Les instrumcnts du Madagascar », P aris, 1938, pp. 51-58, tav. XT/ A-B-C e XTT/ A (suonatore che lo tiene fra i ginocch i) c XIV l A (suonatore che lo tiene puntato sulla pancia). Accanto al valiha. sempre nel ripiano intermedio della vetrina 9. sono due piccole cetre a piroga. tipiche delle regioni settentrionali del Niassa. con corpo lungo e stretto, scavato in un sol pezzo di legno. a sei corde. Una di esse, il n. 295 (cm.60 X 9 X 5). ha, su una estremità, una graziosa sdlltura raffigurante un busto di donna con gli occhi formati da due perline bianche; l'altra.' n. 296 (cm. 74.5 x 7 x 3). non ha sculture. Nel ripiano inferiore, infine. si trovano due strumenti etiopici: un kissar, n. 297 (cm. 69 x 60 x 9 .5), strumento usato in Abissinia, Sudan c Uganda, che ricorda molto da vicino la lira dell'antica Grecia. L e corde sono sei, fermate da strisce di tela al giogo, ed il piano armonico è di pelle, fermata sul retro con legamenti pure di pelle; un sistro. n. 298 (cm. 23 X 9 X 4,5). in metallo traforato (con manico di legno), simile a quelli usati nei riti religiosi orientali.

02 La Galleria armonica

Vetrina 10 Nella vetrina 10 si trovano, sul nptano in alto, strumenti dell'Africa settentrionale: un rebab. n. 299 (cm. 56,5 X 11,5 X 11.5: L vibr. c. cm. 44) di raffinata fattura, con una elegante cassa armonica di legno rosso scuro ornata da sei fori la terali o rlati di avorio; il piano armonico è diviso in due parti: quella verso i piroli è in legno traforato da tre rosette e l'altra, verso i bottoni fermacorde. è ricoperta in pelle. Lo strumento è armato di due corde c viene suonato ad a rco. Seguono tre gunibrì (dim. di gunbri). strumenti che sono anch'essi armati di due corde ma vengono ~uonati a pizzico. De i tre esempla ri qtti esposti, il 11. 300 (cm. 70.5 X 10.4 x 9.5). il n. 301 (cm. 68 X x l l x9.5) ed il n. 302 (cm. 65 x 11.5 x7.5), il pitt pregevole è senz'altro il primo, con la cassa. a forma di pera, secondo lo schema tradizionale. in un bel legno rosso scuro. a cui, nel retro, è applicata. in senso Iongitudinale. una striscia dello stesso legno con filettatura metallica; g li altri due hanno, come tutti gli strumenti eli questo tipo. il piano ricope rto eli pergamena ed il retro della cassa in legno naturale decorato da ornamcntazioni ad intaglio espresso con disegni geometrici. Sia il rebab che i gunibri. qui presentati. sono particolarmente diffusi in Marocco. Nel 2° ripiano, intermedio, sono esposti tre tamburelli: n. 303 (cm . 14 X 20), n. 304 (cm. 16.5 X 6.5) c n. 305 (cm. l Ox l 5.5). in bronzo, con varie protuberanze ed una elegante forma conica. Insieme con i tre tamburelli sono due sonagli !ignei. in forma quasi di tartaruga, contrassegnati dai nn. 306 (cm. 12 X 9.5 X x5,5) e 307 (cm. 11 x8,5X6), con cinque ciondolini pure !ignei che fuoriescono dal corpo per produrre, se scossi, un rumore simile a quello delle nacchere; il fatto che i ciondoli sono cinque li fa ritenere come strumenti maschj, mentre quelli femmine ne hanno tre. Questi strumenti . propri del basso Congo. vengono detti « dibu ~ al singolare e << madibu » al plurale: si usano pe r la caccia (legati alla pancia dei cani) oppure per riti religios.i , durante i quali vengono agit:~ti dal capo tribù : molto probabilmente questi esemplari erano di uso rituale, data l'artistica decorazione, a disegni geometrici. da cui sono ornati. Seguono altri due strumenti, tipici anch'essi dell'Africa centrale cd in particolare del basso Congo: sono due zanza contrassegnate con i nn. 308 (cm. 23,5 X 12,5 x 6) a 9 la melle, c 309 (cm. 20 x l l ,5 x 6,5) a 7 la melle, consistenti in cassettinc. scavate in un sol pezzo di legno c con uno dei lati corti aperto, su cui sono innestate delle lamelle di ferro con perline infilate: le lamelle,


variamente intonate a seconda della loro lunghezza, vengono fatte vibrare con i pollici e con gli indici e la cassetta serve da risuonatorc. Le zanza sono per lo pitl usate lungo il cammino durante lunghe marce o come sottofondo musicale a lle narrazioni c conversazioni durante le lunghe sere d'inverno. Nel ripiano inferiore troviamo cinque tamburi del tipo del darabuka arabo (plurale darbukat), con varie forme c decorazioni: il 11. 310 (cm. 37,5 X23,5) è a doghc !ignee bicolori, il n. 311 (cm. 44 X24) è di terracotta dipinta con fregi e arabeschi policromi e dorati, il 11. 312 (cm. 42X 19) è in terracotta tutto ricoperto da intarsi di madreperla, il n. 313 (cm. 21.5 X X 19,5) è in te rracotta a l natura le, come pure il 11. 314 (cm. 38 X 28). Il darabuka viene sostenuto da l braccio sinistro quasi vertica lmente, con la parte aperta volta verso il basso, e viene suonato, con forza. dalle dita della mano destra su l piano armonico (costituito da pergamena), c, pitl leggermente, dalle dita della mano sinistra vicino a ll 'orl o del piano stesso.

Vetrina Il N ella vetrina l l si trovano quatto rdici corni d'avorio africani, ricavati da lunghe e bellissime zanne d'elefante lasciate pressoch:! integre. tranne la foratura. in genere praticata lateralmente. per l'imboccatura. Alcuni di essi hanno interessanti sculture raffiguranti tcstine c decorazioni anche policrome. Su l \ 0 ripiano, in alto, si trovano il 11. 315 (L. cm. 35,5; 0 cm. 6.5x5.5) con tcstina scolpita intorno all'imboccatura, praticata. eccezionalmente, sulla punta della zanna, il n. 316 (L. cm. 31: 0 cm. 5,5 x 5), con imboccatura, a losanga, la terale (la pa rte terminale. sopra l'imboccatura, è rotta). il n. 317 (L. cm. 37,8: 0 cm . 5.3x4,2). decorato con circoletti rossi e neri incisi. imboccatura laterale a losanga. il 11. 318 (L. cm. 30,7: 0 cm. 5,4 x 4,4), con imboccatura laterale a losanga. il n. 3 19 (L. cm. 44: 0 cm. 5.7 X 4,5) con imboccatura ovale (laterale) in un manicotto a rilievi. Nel 2° ripiano. intermedio. ~i trovano: il 11. 320 (L. cm. 25,7: 0 cm. 6 x 4 .8) piccolo. in avori o gia llo, con spago pe r traspo rto ed imbocca tura di punta; il 11. 32 1 (L. cm. 59; 0 cm. 8,7 X 7 .5), pure in avorio giallo con imboccatura laterale a losanga, il n. 322 (L. cm. 87 .7:0 cm. 9.4x7.3) pure con imboccatura la terale a losanga, il n. 323 (L. cm. 34,7; 0 cm. 6 X 4,5), del tipo de l n. 320, con spago ed imboccatura di punta. il n. 324 (L. cm. 45,2: 0 cm. 8.7 x7,5) dalle stesse caratteristiche del n. 320 c del 11. 323: cambiano solo le dimensioni.

el 3° ripiano, in basso, si trovano i corni più grandi . ricavati da bellissime zanne: il 11. 325 (L. cm. 80,5: 0 cm. 8 X7,3) in avorio giallo sfaccettato con imboccatura laterale a losanga, il n. 326 (L. cm. 86; 0 cm. 7 x 7 ,6), con imboccatura laterale a losanga in un manicotto a righe incise, righe che si ripetono in a ltre tre parti del corpo, il n. 327 (L cm. 105,5; 0 cm. 8,6 x 7, orlo rotto) con imboccatura laterale a losanga affiancata da lunghi « baffi ~, c ioè con bordi che si prolungano in senso longitudinale parallelamente a l tu bo per arricchi re la sagoma della losanga stessa, il n. 328 (L cm. 62,5: 0 cm. 10.5 X 9,2) con imboccatura a Josanga in un manicotto a lince incise e due « baffetti~. come sopra.

Vetrina 12 L'ultima vetrina della sala . la n. 12, presenta, sul l 0 ripiano in alto, un kenwnrsclte o ribechino fu reo a tre corde. n. 329 (cm. 39,5 x 14,7 x 3,2; L. vibr. c. cm . 19) che si suona ad arco. tenendolo verticalmente. La sua cassa è di materiale c fattura quanto mai pregevoli. in quanto è costituita da 13 doghe di avorio (eli c ui la centra le è piì:J la rga) intercalate da doppie fil ettature in ebano ed ornate da intarsi in ta rtaruga raffiguranti uccelli. A dimostrazione dell'importanza di questo strumento basterà ricordare che Evan Gorga. per attenerlo dal precedente proprietario. fece ben tre viaggi a Vienna. Ai la ti del ribechino sono due piccoli esemplari di affusolati tamlmr, strumenti popolari turco-persiani. cosiddetti liuti dal lungo manico. con corpo stretto e a forma di pera, a 4 corde, con due pirolli frontali e due laterali (mancano 3 piroli). che vengono suonati a pizzico; sono strumenti di o rigine medieva le cd oggi si trovano in un'arca che va dai Ba lcani a l Medio Oriente. T due esemplari esposti sono molto simili ma variano per le dimensioni: il n. 330 è lungo cm. 72,5, largo cm. 11,5 e profondo cm. 10,5, l'altro. segnato P.V. 7766 , è lungo cm. 53, largo cm . 10. profondo cm. 9; ha una lunghezza vihra ntc eli corde di cm. 38 ed ha 14 tasti di budello. e l 2° ripiano. intermed io, si incontrano di nuovo strumenti africani: il kemangeh (o kamanga o kamanja) a'guz (nome che in arabo significa << antico strumento ad arco ~ ), diffuso particolarmente in Egitto, è uno strumento la cui cassa armonica è costituita da una noce di cocco variamente decorata di intarsi c le cui caratteristiche sono il lungo ma nico ed il lungo punta lc in ferro che viene poggia to sul terreno durante le esecuzioni: esso è qui rappresentato da due esemplari, diversi per fattura e decorazione: il

Sa la I II : Stmmenri extra-europei

D}


n. 331 (L. tot. cm. 104; piano arm. cm. 9 x 9, cassa cm. 12,5: pf. cassa cm. 9,5) è molto semplice, con cassa formata di una disadorna noce di cocco. ed ha tre corde; il n. P.V. 7768 (L. tot. cm. 92; piano arm. 0 cm. 11 ; 0 cassa cm. 18; pL cassa cm. 16,5: L. vibr. c. cm 35), col suo arco (cm. 62.5), ha come corpo una palla a strisce di pasta nera a lterna ta a strisce di avorio decorate con circolini rossi e verdi e con intarsi di madreperla ; ha tre corde ed il piano di pergamena, come l'altro, ed inoltre un lungo arco. Segue, sullo stesso ripiano, un rebab el moganny (o rabah el moganni, che in arabo vuoi dire rebab del cantore), n. 332 (cassa: a lt. cm. 27 ,5, basi cm. 23,5-20; pf. cm. 5,5; L. tot. cm. 9 1,5). con cassa trapezoidalc ricoperta di pergamena cd un lungo puntale in ferro; il ma nico cd il cavigliere sono decorati da tendini di madreperla intarsiati . è armato di due corde. N el 3° ripiano, inferiore, si trova un liuto moderno arabo-egiziano del secolo scorso. n. 333, L. cavigliere 34. L. da capotasto a base cassa 67; L . piano arm. 47,4; l. piano a rm. 32,5; 0 rosa: est. 14,7; int. 6,3; pf. cassa 14,5; L. vibr. c. 58; è a 14 corde (7 doppie) con chiavi a vite; è decorato da intarsi: in madreperla nella rosa, in legni vari su lla tastiera e nella

04 l~a Galleria armonica

rosa : sul piano, dove batte il plettro, è un 'ampia piastra in tartaruga, Al disotto della cassa vi è un bottone per la tracolla, di ebano, in una piastra d'avorio; d'avorio è il capotasto come pure doveva essere d'avorio un collarino a lunette posto in cima alla cassa all'attaccatura del manico, nel retro, ed oggi perduto. Accanto al liuto troviamo un interessante strumento arabo, il qanun, su cui non sarà disdicevole trattenerci un poco perché esso è molto ricco di storia e di tradizione. Oltre ad essere citato in un racconto nella 169a delle (( Mille e una notte », attribuito a l sec. X, esso sembra risalire, come origini, a ll'Egitto. L'armatura è sempre stata molto ricca, dotata già nel sec. XIV di 63 corde divise per tre. Oggi ne ha da 17 a 25, sempre triple; il piano armonico è di legno assai decorato ed intagliato in gra,dose ro ette, ma è pure, in parte, di pergamena: l'ambito va, generalmente, dal do 1 al sol3 e l'accordatura è diatonica. Sulla diagonale a l disotto dei piroli si trovano dei capotasti mobili in metallo: nel l o gruppo delle corde più basse non vi sono capotasti; il 2° gruppo, sempre partendo dal basso, ha un solo capotasto; tutti gli altri hanno doppi capotasti posti a distanze varie; essi consentivano così di mutare tonalità.


212. Gamln11· - Borneo (Vetrina l)

213. Klum - Laos (Vetrina l )

214. Sarangi - India (Ve trina l)

215. Esmr - India (Vetrina l)

Sala TI!: Strumenti extm-Puropei

OJ


218

2 l l , 209. Sona - Cina (Vetrina l ) 2 18. 1/11 ch'in - Cina (V etrina 2) 211, ](}9

215

66 La Gafleria armonica

225. Yueh -Chin - C ina (V etrina 2)


220

230

217

111

229, 227. 228

217. 220, 230. 232. 1111 e/t'in - Cina (Vetrina 2) 229, 227. 228. Flauti trttl'ersi - Cina (Vetrina 2) 222. Gong di bronzo - Cina (Vetrina 2) 222

Sala Ili : Strumenti extra-europet

07


224. Sheng - Cina (Vetrina 2)

234. Ya cheng dipinto - Cina (Vetrina 3) 236. Yueh ch'in dipinto - Cina (Vet rina 3)

1!4

236

\

134

68 La Ca/feria armonica


233. Yueh ch'in dipinto - C ina (V e trina 3)

235. P'i P'a dipinto - Cina (Vetrina 3)

Sala Ili : Strumenti extrn-europei

6!}


237

UJ

237. Pa chitw ku - Cina (Vetrina 3) 239. P'ai fWII - C ina (Vetrina 3) 24 l. Tamlmrello con 5ostegno - C ina (Vetrina 4) :Z3Y

7 O La Galleria amwniw


254

243

254. St111 luien - Cina (Vetrina 6) 243. San l!sil'll - Cina (Vetrina 4) 249. Kotsuzwni - G iappone (Vetrina 5) 240. Shino -bue (con cu.vtodia) - Giappone (Vetrina 5)

249

240

Sala n r: Stm111enti extra-europei 6

7l


216. Yueh-chin - Cina (Vetrina 2)

247. S/wkuhachi con custodia - Giappone (Vetrina 5)

250. Koto - Giappone (Vetrina 5)

7 2 La Galleria armonica


252

252. S!wmisen - Giappone (Vetrina 5) 255. Modellino di Kokyu - Giappone (Vetrina 6)

260. lltlll Koro - Giappone (Vetrina 6)

255

260

Sala III: Strumenti extra-europei

7J


256. Yo P'i11 - Giappone (Vetrina 6)

261. Slwmise11, avanti e retro - Giappone (Vetrina 6)

74 La Galleria armonica


263

264

263-167. Si!l•(l(/or - Sud America (Vetrina 7)

265

266

267

Sala 111: Strumenti extra-europei

7J


268. Bandurria di Luis l.opez. Quito - Sud America (Vetrina 7)

269. Bandurria di Luis Lopez, Quito - Sud America (Vetrina 7)

7D L Galleria armonica (l


270. Bandurria di Luis Lopez. Quito - Sud America (Vetrina 7)

271. 272. Siringa di Pan - Sud America (Vetrina 7)

Sala lJ {: Strumenti extra-europei

77



275. 276. Comi penn·iani (Vetrina 8)

277. Quijada - Sud Ame rica (Vetrina 8)

Sala 111 : Stmme11ti ex1ra-europei

79


278. Cfwrango - Sud America (Vetrina 8)

281. Charango - Sud America (Vetrina H)

286. Cfrarango - Sud America (Vetrina 8)

8O La Galleria anllonica


282 . .-l muulillo imbalwmato (Vetrina 8) 284. Clwmngo. avanti e retro - Sud America {Vetrina 8)

285. Charango - Pe rì.1 {Vetrina 8)

181

284

21!5

Sala l li : Stmmenri extra-europei

81


288

288, 289, Arpette africane (Ve trin a 9)

289

82 La Galleria amtonica


292. Vali/w - Madagascar (Vetrina 9)

293. V ali/w - Madagascar (Vetrina 9)

297. Kissar - Etiopia (Vetrina 9)

Sala III: Stncmenti extra-europei

83


195. 296

295. 296. Ce1ra a piroga - Niassa (Vetrina 9) 298. Sistro - Etiopia (Vetrina 9) 299. R ebab - N o rd Africa (Vctrinn l 0)

298

299

84 La Galleria armonica


300. Gunibri - Nord Africa (Vetrina IO)

301. Gunibri - Nord Africa (Vetrina 10)

302. Gwzibri - Nord Africa (Vetrina 10)

Sala ITT: Strumenti ex1ra-europei

8J


305. Tamburello in bronzo - Nord Africa (Vetrina l 0) 307, 308. Madibu - Nord Africa (Vetrina 10)

306, 309. Ztu1za - Basso Congo (Vetrina 10)

305

308, 307

306, 309

86 La Galleria armonica


310, 3/1, 3 12. Darabukc1- Africa (Vetrina 10)

325. 322, 326. Comi africani (Ve trina 11)

Sala Ili : Strum enti extra-europei

87


329. Ribeclzino turco, avanti c retro; sec. XVII (Vetrina 12)

88 La Galleria armonica


33V. Twnlnuo turco-persiano (Vetrina 11)

f>. V. 7766. Tamburo

1111 co-peniano

(Vetrina 11)

33 1. K<·11u111ge .-f·Guz- Egitto (Vetrina 12)

P. V. 7768.

1\t'IIUIII[W

A ·cuz - Egitto (Vetrina 12)

Sala ILI: Strumenti extra-europei

8J


332. R ebab El Mogan11i - Nord Africa (Vetrina 12)

333. Liuto - Arabo-egiziano; sec. Xl X (Vetrina 12)

!JO La Galleria armonica


334. Qanun arabo (Vetrina 12) 336. Arpetta peruviana (fuori Vetrina sul pavimento)

334

336

Sa la Ili : Srrumenti exrra-ruropei

9I



Sala IV STR UME1VTI POPOLARI

La Sala è dedicata agli strumenti popolari, non solo italiani ma europei, fra cui sono compresi anche pezzi che, come tipi, traggono le loro origini dalla lontana preistoria.

Vetrina l Sul l o ripiano in alto sono esposti due mandolini genovesi, su cui sarà interessante soffermarsi alquanto per una dibattuta questione di paternità. Anzitutto un cenno sul tipo dello strumento di cui si parla. 11 mandol ino genovese era simile a quello napoletano, in quanto aveva i piroli infissi dal retro nel cavigliere, aveva corde metalliche c veniva suonato col plettro, ma, anziché di 4, esso era armato di 5 oppure (come qui) di 6 corde doppie, ragione per cui aveva il cavigliere più lungo e la tastiera più larga. L'accordatura del manclolino genovese a 6 corde doppie era la seguente:

4 ~ JJ r r l

Il

« archicistre » con un marchio identico ma senza spiegarlo . Vari autori, tuttavia, fra cui lo Jalovec (3), sostengono l'attribuzione di tale marchio a Nicola Calacc, donde la confusione che poteva, naturalmente, fuorviare ogni seria ricerca: difatti si tratta di tutt'altra personalità eli artigiano c di tutt'altro ambiente, in quanto le iniziali vanno risolte con il nome di un liutaio che veramente lavorava a Genova nel '700: Christian Nonnemacher. La soluzione de1 problema si presenta facile se si prendono in considerazione altri pezzi oggi conservati che portano questo marchio. Ciò che fa testo è uno strumento firmato c datato « Christian Nonnemachcr Genova 1732 » . appartenente a Ian H arthwood (4), a cui segue, cronologicamente. una pandurina data 1737. che fu esposta alla Loan Exhibition di Londra nel 1904. Di Christian Nonncmachcr si conosce anche un clavecin brisé del 17 57, che si trova al Metropolitan Museum di New York (5) . li nome è citato come NotU1emacker, Nonsmacher. Nonnemacker e Nonnemacher. Seguono ora le schede degli strumenti qui esposti nella vetrina l.

n. 340. - Mandolino genovese di C. Nonnemacher. L'interesse particolare di questi due strumenti è dato dal marchio a fuoco, consistente nelle due iniziali « c » ed <<N» , fra le quali si trova un cuore fiamm eggiante. T a le mnrchio è presente anche in un a ltro mandolino genovese, appartenente alla Coìlezione Carel va n Lecuwcn eli Bussum ed oggi all' Aja. nel cui catalogo, tuttavia. steso dal collezionista c da J. H . van der Meer, il marchio a fuoco non viene spiegato e, anzi, viene dichiarato non identificabile (1). Anche il K insky, nel suo pregevole catalogo degli strumenti della raccolta Heyer oggi a Lipsia (2) cita un

(l) C. Vt\N L EEUWEN-J.H. VAN DER MEER, The Care/ VWI Leeuwen Boomkamp Collection oj i\1u.,·ical instmments. Am-

sterd am. P. knur, 1971: strumento n. 65 del catalogo: foto a pag. 120; testo a. pag. 97: « stamp CN, with an unidenfi cable mark, on tbc rea rsidc of the peg board and the lower end of cap » . (2) G. KtNSKY, Musikhinstorisches Mu;eum von Will!elm

Heyer in Co/n. p. 192.

Katnlog. Vol. lL Còln , 1912. n. 630 a

Corpo: a 13 doghe in noce filettato di acero; sotto la cassa, presso il piano: 6 bottoncini fermacorcle in osso più uno per sostegno della tracolla (l'altro. di restauro, è di lato sulla paletta) . Sul piano: fregi in madreperla: triangolini nel bordo della rosetta, fiori ed altri motivi in alto (all'attaccatura del manico) e in basso; piastra protettiva (dove «giuoca >> il plettro) in tartaruga filettata di osso. Rosetta: in carta, digradante a 3 ordini, con fregi dorati e colonnina dorata al centro;

(3) K. JALOVEC. Encyclopedia of vio/in-markers. Vol. I,

London, 1968, p. 185.

(4) B. DrSERTORr, La mu.\ica nei quadri antichi. Trento, 1978. p. 179. (5) E. WtNTERNTTZ, Keyboard instruments in the Metropolitan Mt11·eum of art. A picture book, New York, 1961, p. 29.

Sala lV: Strumenti popo/an

fJ 3


Tasti: 8 in metallo su lla tastiera c 4 in ebano su l piano (tot. 12); Corde: 6 doppie in acciaio: Capotasto: m osso; Ponticello: in osso ed ebano (di restauro): Piro/i: in bosso (2 originali c IO di restauro: tot. 12); Carigliere: in palissandro, decorato da 4 strisce longitudinali di osso leggermente divergenti, fra cui è inserita, ad intarsio, una striscia di ebano, ornata in alto da un fiore quadrilobato in madreperla, pure ad intarsio; Marchio a fuoco: «c [cuore sormontato da una fiamma] N». È ripetuto due volte: nel retro del cavigliere e alla base della cassa. Misure: L. tot. cm. 57 ,5; L. piano cm. 26: l. piano cm. 17,5 L. manico cm. 12.5; L. manico con cavigliere cm. 33: l. capotasto cm. 5,3; pf. cassa cm. l l , 0 rosetta: est. cm. 8,5; int. cm. 6; L. vibr. c. cm. 31. n. 341. - Mandolino gen01·ese. C. Nonnemacher, sec. XVIII. Corpo: a 1 l doghe in noce filettate di acero; Piano: con fregi in avorio, madreperla e t<utaruga; Sotto la cassa, presso la parte bassa del piano. sono 6 bottoncini fcrmacorde in osso cd un piccolo pomello per la tracolla: l'altro. che era di lato sulla paletta, è perduto. Rosetta: manca; Tasti: 8 di metallo sulla tastiera c 6 in ebano su l piano (tot. 14): Capotasto: in osso;

n. 342. - Mandolino N. M. Ca/ace, sec. XIX.

napoletano asimmetrico.

Caratteristico mandolino dalla sagoma un po' Libcrty. conferitagli da una specie di arco leggermente angolato a sinistra della tastiera che lo fa assomigliare ad una piccola arpa, come forse vuoi far pensare la parola incisa su l piano atmonico: « Plettmarpa » .

Corpo: a fondo piatto con retro in noce diviso m 13 daghe filettate in acero; Piano: in abete (lucidato) con inserzioni di palissandro filettato in ebano e avorio: bordo profilato in noce, avorio cd ebano; Ponticello: in eba no c avorio; Tastiera: eli palissandro con 5 dischetti di madreperla intarsiati; Capotasto: in osso: Tasti: 22 di metallo bianco ( 19 sulla tastiera c 3 sul piano); Piro/i: 8. n vite con testina piatta in osso: Sotto la cassa: 8 bottoncini fcrmacorde in metallo su piastra di metallo bianco; Foro armonico: oblungo

c asimmetrico:

Etichetta interna (stampata, meno la data e la firma, che sono mss.) « IMcdagliel Nicola M.' 1a Calace l • apoli l Via S. Anna de' Lombardi. 54 55 l 1904 N. M. Calace ~ . Marchi a fuoco sul piano: l Nrapolil. »

« Ble

(?)

i

(?)

PLETTRNARPA

Misure: L. tot. cm. 56; L. piano cm. 23 l 20,5: l. mass. piano cm. 19,6: pf. cassa cm. 8 l 8,8; l. capotasto cm. 3: ponticello cm. 5 l 7 l 12,5: L. vibr. c. cm. 33,2.

Ponticel/o: in palissandro (di restauro): Piro/i: 12, in acero, tutti di restauro; c .avigliere: in palissandro; la striscia centrale tra le due strisce di osso è dello stesso legno (palissandro);

n. 343. - Mandolino napoletano. A. Ca/ace. Corpo: n 2 1 doghe e fasce di palissandro fi lettate in metallo bianco: sotto la cassa: traccia di quattro bottoni fcrmacorde (che mancano);

Marclrio a fuoco: è come quello dell'altro mandolino genovese, il n. 340, e ripetuto negli stessi punti dello strumento;

Manico, tastiera e parte anteriore del cm•igliere: placcati in finta tartaruga;

Misure: L. tot. cm. 59; L. piano cm. 26,5; l. piano cm. 17,5; L. vibr. c. cm. 31,5; L. manico cm. 12,5; L . con cavigliere cm. 33; 0 foro rosetta: est. cm. 8,2; int. cm. 5,8; pf. cassa cm. Il .

Tasti: 17, in metallo bianco ( l O sulla tastiera c 7 sul piano);

.94 La Galleria armonica

Capotasto: in avorio;

Ponticello: perduto;


Corde: erano IO doppie: 3 gruppi di 2, un gruppo di 3 per gli acuti, pitl una corda. sempre agli acuti;

Foro armonico: ovale con bordo decorato da filettature di vari tipi di legno;

Foro armonico; ovale: sotto ad esso: una pia~lra

Pim,tra: per riparare il piano dai colpi del plettro: in ebano;

di tartaruga sagomata; Retro del ca1•igliere: ricoperto in metallo bianco: Piro/i:

1O, a vite. con testine piatte in osso;

Fregi ad intar!lio (impasto nero e madreperla):

perduti: Etiche/la interna (stampata, meno la data. che è ms. c il n. civico dell'indirizzo, che è corretto a penna (da 13 a 46): « i\N'I ON I O CALACE l FABBR ICANTE l DI S'l tWMcN l'l i\RMONICl l Via dell'Università 46 Napoli. 1874 ». Misure: L. tot. cm. 59,5; L piano cm. 29: l. piano cm. 19,5; L. manico cm. 30,5; l. capotasto cm. 3,4; 0 foro armonico: est. cm. 9,6 / 5.6; int. cm. 7,8 / 4; pf. cassa cm. 17: L. vibr. c. (appross.) cm. 32.5; tastiera: l. sup. cm. 3,5; l. inf. cm. 4.2: L. tot. cm. 21.8.

Nel ripiano intermedio della stessa Vetrina t figurano due mandolini con la cassa ricoperta in tartaruga: P.V. 8208. -

\lwulolino napoletano. Anonimo.

Corpo: a l 1 doghe piu fasce in tanaruga filettate

di acero;

Piro/i: 8, a vite, con tcstine piatte m osso;

1 n.1ti: 22. tutti sulla tastiera. /1/i.sure: L. tot. cm. 61; L. piano cm. 29,5: l. mass. piano cm. 18.2: L. manico cm. 14 / 31; pf. cassa cm. 15; foro armonico: 0 est. 8,4 X 5,4; in t. cm. 7,4 x 4,3: L. vi br. c. cm. 33,2.

pezzi più pregevoli di questo ripiano sono i tre strumenti che seguono, opere eli Antonio Petroni , romano, noto specialmente per aver costruito mandolini dalla ricca decorazione (intarsi in madreperla, ebano cd altri materiali pregiati) per la Regina Margherita di Savoia, che amava suonare questo strumento. Fra questi va ricordato un mandolino oggi al Victoria & /\lbcrt Museum, dal caratteristico cavigliere a raggicra, con decorazioni in madreperla e avorio, contenuto in un astuccio di mogano nel cui coperchio è intarsiato lo stemma di Casa Savoia. Questo liutaio. citato dal Valdrighi. dal Vannes. dallo Jalovcc, è poco rappresentato nei musei ed è perciò poco conosciuto. mentre i ~uoi strumenti, lavorati con finezza eli co'ìtru7ionc c eli ornamentazione, sono di pregio non comune: il nostro Museo. con i suoi tre esemplari, è forse il pitl ricco di opere sue.

Piano: bordato con fregi in madreperla cd impasto 11. 345. - M andolino napoletano. A. Petroni 187 l.

nero; Foro armonico (ovale) idem c.s.

Tastiera. cavigliere e parte supaiore del manico:

decorati da strisce in osso: Piastm per riparare il piano dai colpi del plettro:

in noce: Piro/i:

l O in bosso;

Tasti: 18 ( l O su lla tastiera c 8 sul piano): Ponticello: in bosso:

Per agganciare la tracolla vi sono: nel retro del cavigliere l anello e sotto la cassa l pomello. /1/iwre: L. tot. cm. 61: L. piano cm. 30.5; l. mass. piano cm. 18,2; L manico cm. 14.5/ 30.5: foro nrmonico: 0 est. cm. 8,5 X 5.4: int. cm. 6,6 X x 3.4: pf. cassa cm. 15: L. vibr. c. cm. 33.3. 11. 344. - Ma11rlolino napoletano. Ano11i111o. Corpo: retro cassa a 13 doghe più fasce in tartaruga con doppia filettatura in noce ed acero; in basso: una maschera ad intarsio;

Corpo: retro cassa a 23 doghe strettissime c concave in acero filettate di faggio e noce, disposte a conchiglia piti fasce idem: Piastra per riparare il piano dai colpi del plettro: sagomata, in eba no: foro armonico: ovale; Mrmico:

in acero;

Cavigliere:

in acero placcato in noce:

Piro/i: 8, di pero (testine con punte di metallo): Capotasto: in avorio: Tastiera: placcata in ebano: Ta!>ti:

20. metallici (tutti sulla tastiera):

Ponticello:

manca;

Etichetta interna (stampata, meno le due ultime cifre della data, che sono mss.). « Fabbrica d'istrumenti di l AN rOl\10 Pr, rRo:-<r l Premiato aii'Esposi7ionc Universale di Parigi del l 867 l R oma, Via Soclerini 13.4" P. I 1871~. Misure: L. tot. cm. 57.5; L. piano cm. 28; l. mass. piano cm. 18,4; pf. cassa cm. 14; foro armoni-

Sala IV: Strmnenti popolari

JJJ


co: 0 est. cm. 7.4 X 5; in t. cm. 6 X 3,8: tastiera: l. sup. cm. 2,2: inf. cm. 4: L. tot. cm. 23,9; L. vibr. c. (appross.). cm. 33. n. 346. - Mando/ino napoletano. A. Petroni 1868. Corpo: retro in palissandro con intarsi in ebano: fregi geometrici; in basso: fregi idem ma con motivi floreali in madreperla, avorio e legni di pitl tipi: Piastra per riparare il piano dai colpi del plettro:

in ebano: tature e fregi in palissandro, ebano e acero: placcato in ebano:

Cavigliere: forma caratteristica, t1p1ca dello stile Pctroni, a raggiera. placcato in ebano s ul davanti c in metallo bianco sul retro: Piroli: 8, a vite in avorio c metallo, con tcstina piatta: C apota.1 to : in ebano; Tastiera: placcata in ebano: T asti: l 7, tutti sulla tastiera; Ponticello: in ebano: Bottoni fermacorde: 4. in metallo. con una piastra pure metallica (base cassa): Eticl1etta interna (stampata. meno il n. della via e l'ultima cifra della data , che sono mss.): grattata a strappo sul nome e s ulla via: « Fabbrica d'istrumenti di l ANIO-.: Jo PEIRON I 1 Premiato aii'Esposi7ione Universale di Parigi del 1867 l l fregio con strumenti intrecctatl: l chitarra: l viola: 1 liuto: l Roma .. . n. 27 l 1868 ~. Misure: L. tol. cm. 54: L. piano cm. 28,5 / 27: l. mass. piano cm. 18,8: pf. cassa cm. 13.5: L. manico cm. 15 / 25-22: tastiera: l. sup. cm. 2,5 : inf. cm. 3.5: L. tot. cm. 22,4: foro armonico: 0 est. cm. 7.8 X 5.5: in t. cm. 6 X 4: L.

vibr. c. cm. 33,5. 11.

in acero tinto:

C apota.\ to: in osso; Fasce:

in ebano, con intarsi in madreperla;

Piro/i: 8. in ebano. con punte in metallo. a testina piatta; Tmti: 18. in metallo. tutti sulla tastiera: Foro armonico: ovale; all'orlo: perla c impasto nero:

fregi in madre-

Ponticello: in ebano;

Foro armonico: ovale, con bordo decorato da filetManico:

!VI anico:

347. - .\1andolino napoletano. A. Petroni 1871.

Corpo: retro cassa a 27 doghc: fasce rilevate in ebano, filettate da metallo bianco a zig-zag e disposte a conchiglia: Foro armonico: ova le; Sul piano: decorazioni, ad intarsio. di madreperla dalle sfumature eli vari colori (rosso, verde) e impasto nero (fiori c uccell ini in madreperla) con fil ettature in oli vo. profilature e quadrettini di acero e palissandro: piastra in ebano: al centro intarsio tondo in madreperla con fiore graffifo;

96 La Galleria armonica

E tichetta interna (ovale, in carta azzurra, sta mpata. meno l'ultimn cifra della dnta e l'indirizzo. che sono mss.): << FABBR ICA D'ISTRl.JMENTI l DI l ANTONIO PETR ONl l ROMA 187 1 l Via Soderini 13 P. 4° [ Premiato nii'Espos. Univ. di Parigi. 1867 > . Misure: L. tot. cm. 57,5: L. piano cm. 27,2: l. m as~. piano cm. 18,5: L. manico cm. 27.4: pf. cassa cm. 14,5: 0 foro armonico: est. cm. 8,7 X 5,8: int. cm. 7,1X4.1; tastiera: l. sup. cm. 2,5; l. inf. cm. 3.7: L. tot. cm. 22: L. vibr. c. cm. 32.8 / 33.

Nel 3° ripiano. in basso, troviamo un piccolo ca mpionario di folclore napoletano, a cominciare dalla Cli C· cavclla, pemolino ricoperto da una pelle con infilato un bastoncino. che viene strofinato verticalmente pc·· far vibrare l'aria contenuta nel vasctto e provocare un suono crepitante soffregando la pelle. 11. 348. - Cacc(ll·e/la. Questo è un tipico e semplar~ di pignattino per cuocere i fagiuoli. originario della Campani a. Le misu re sono: alt. cm. 16,2: 0 in alto cm. 9.4 (piano sonoro in pelle, rotta) c in baçso cm . 8.2 (base del vasctto). Dopo questo caratteristico tamburo a fri 7ione che, tuttavia, non è patrim')n io esclusivo del fo lclore italiano (lo si incontra anche in Olanda. Belgio, Germania ed altri paesi d'Europ1 col nome di Rommelpot o rummelpot. Rommcltopf cd altri termini) si passa ad altri pezzi prevalentemente a percussione: il tri ccheballacche, formato da tre mar· telli di legno inseriti in un telaio pure di legno : il centrale è fisso e i due laterali vengono battuti contro eli esso. Eccone i connotati:

n. 349. - T riccheballacche. Cornice eli l~gni vari, martelli in frassino. Misure: L. tot. cm. 43: l. delle due cornici cm. 32/24: 0 martelli cm. 4.8. n. 350. - Crepitacolo in legno a sega, con sonagli , eletto. nel napoletano, « scetavaiasse » (lett.: < svegl iaragavi >) con i seguenti dati: L. to t. cm. 69.5: l. sega cm. 3: il n. dei sonagli (piastrine in ferro) è di 38 (compresi i 4 sulla sega);


n. 35 1. - Altro strumento simile, consistente in 2 corti bastoncelli con sonagli, dai seguenti dati : L. tot. dei bastoncelli cm. 39,7 + / 32,2 0 cm. 3/ 2,2. Il numero dei sonagli è l O (5 doppi). Si affiancano a questi strumenti. altri 3 strumenti in legno. che erano usati durante la messa nella Settimana Santa, giorni in cui erano imcrcletti i suoni di campane e camp:melli; ad essi si pub attribu ire il termine eli « crepitaculum pasquale » ovvero raganella. n. 352. Raganella in legno con manico a ruota dentata. che viene azionata per mezzo di un manico. girando in aria ~ o strumento c producendo co ;ì un rumore, o meglio un suono crepitante dovuto agli scatti veloci dei den ti della ruota. Viene usato in Itali a e neJia Svizzera italiana, il Canton Ticino. È composto di legni vnri. Misure: L tot. cm. 32,4; l. cassetta cm. 5.5: pf. cassetta cm. 5.2; L. manico cm. 12.2. n. 353. - Raganella simile alla precedente ma con ruota dentata in ebano; è costituita anche da altri legni (noce, faggio). Misure: L. tot. cm. 26.5: \. cassetta cm. R.5; L. manico cm. 12,4: pf. cassa cm. 3.4: 0 ruota cm. 8. 11 . 354. - Raganel/a di materiali vari. Q uesta rag·tnella. formala da segmenti di canna di bambi1. più sottile per il manico e pilJ grande per la cassa, con una lamina di metaUo per fermare gli scat ti, fa pensare. dato il materiale. ad un'origine esotica. Miwre: L. tot. cm. 36.5: l. cassa cm. 12.5: 0 cassa cm. 3.3. Chiudono questo settore folclori -;tico napolctu1o 4 piccoli scacciapensieri. strumenti di origine forse prei'ìtorica. diffuso in vali paesi, anche fuori d'Ital •a, con i nomi: tcd. Maultrommel , frane. guimbardc, ingl Jew's harp; 3 sono piccoli. in ferro. il 4° è pilJ prandc cd ha un'aqui la in ottone. Li citiamo in o:dinc di grandena, dal pill piccolo al più grande.

n. 355. - Scacciapensieri in ferro. Misure: L. tol. cm. 4.5: l. cm. 3,4: spcss. cm. 0.6; lamella cm. 4/ 5. piegata. n. 356. - Scacciapensieri in ferro. Misure: L. tot. cm. 5.5: l. cm. 3.3: spess. cm. 0,5; lamella cm. 5. n. 357. - Smcciapemie1 i in ferro. Misure: L. tot. cm. 6; l. cm. 3,6; spess. cm. 0,5: lamella cm. 5,4. n. 358. - Scacciapensieri pil! grande di rutti . con aquila in ottone. Misure: L. tot. cm. 16.5: l. strum. cm. 5.7: l. nli dell'aquila (aperte) cm. 8: L. lamella cm. 9,4: spc-;sorc cm. 1,2.

Lo scacciapensieri è un curioso strumento. la cui origine si perde nella notte dci tempi; ebbe i suoi virtuosi c le sue musiche. Albrecbtsberger scrisse alcuni concerti per scacciapcnsieri, mandora c archi; in Germania. tra il 1821 cd il 1830 . furono eseguiti concerti da complessi addirittura di 16 scacciapcnsieri (6). Nelle vetrine 2, 4, 5, 7, 8 e lO le protagoniste assolute sono le cetre da tavolo: non sarà perciò inutile dare qui alcuni cenni sui tipi principali , sulle loro sagome, sulle loro accordature. su lle loro tecniche costruttive c di suono: sarà così più semplice. richiamandosi a tali cenni. illustrare gli strumenti esposti. Cetm da ltll ·ofn.

De(i11izione. - Dal vocabolo greco x~a·apcc (cfr. il caldaico • Kcthar ,.) si dipartono tre nomi. ~imi li ma dati a tre ~trumenti diversi nel corso dei tempi: l) Zither: 2) Cister (cetera. citala): 3) Chitarra. Mentre il 2" ed il 3° sono strumenti col manico. il 1". la cetra da tavo lo. è a ca5sa piatta. orinontale. con forme c nom i c he variano a seconda dci tipi u ~n ti nei vari pac~i.

F anno eccezione a quc~ta terminologia i nomi con cui il , ·ocabolo « Zither ,. è usato per indicare. invece. lo o;trumento con manico. oggi detto « C'ister ,. (cetera. citola): essi sono: c H a lszither » o • Zither mit H ai<; » (cetra con manico), il c ui no me è già di per sè indicativo, « Thliri nge r Zithcr ,. c « Harze r Zithcr ,. (dai no mi di due rc~i o ni d el nord della Germania: Turingia c Harz). Tali ca<>i <;Ono tracce evidenti del periodo in cui i due vocah('li non s i erano ancora nettamente sci<;si c venivano u<,ati indifferentemente per l'uno o per l'altro stmmento: <;olo r.li attributi (per lo pill geografici). infatti . erano. fino al ~cc . XVIIT. la sola q ua lifica che bastas' c n differenzia re l'uso dci due te rmini.

OriC!illi e storia. - L a cetra da tavolo, o «Gebirgszither» (ce tra montanara) si S\'iluppò dallo Scheitlwlt, di cui ci parla anche M. P ractoriu<; nel suo « Syntagma musicum • (7) come di uno strumento economico. da poveri: que<;to ~tnt­ mcmo è a~sai simile ad un monocordo didattico. in quanto consta di r oche corde tese su di una cassettina lunga e sott ile: da questo t ipo primitivo, va riamente svilu ppato e sagoma to (rettangolare o trapcz.o idale. con i ri gonfia menti laterali. ccc.) e con varia tecnica di suono (con le nude dita o

(li) ~ da segnalare 1'8° napitolo (intitolato appu nto « Die Mnultrommel :t) del volume c Volkstiimlichc Musikin-

strumcntc in dcn Alpen ,. di Karl M. Klier. Kassel-Basel, Barenrciter, 1956, p. 71 -77, chi.l contiene d iffu se noti zie sulle sua costruzione, la sua storia e le sue documentazioni iconografiche. con una ricca bibliografia. (7) M . J>R,\ETORIUS, SyntaRma mu.1icum Il , De Organographia, Wolfenbiittel, 1619. R i~t. mod.: Kassel (etc.), Barcnreitcr, 1958. Testo: Cap. XXXrTl a pag. 57, tav. XXI, fig. 8.

Sala l V : Strume11ti popolari

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con plettro oppure con l'arco) ~i dipartono i van tipi, innumerevoli nel tempo c nello ~patio. che ebbero particolari zone di rigogliosa fi oritura , o ltre che in Oriente, sua arca di origine. anche in Occidente. zone quali l'Europa Centrale per la « Zuher ~ cd i Paesi Scandinavi per lo « H ummel » . Tip1 di cetre da ta volo po!>sono quindi considerar i la mmbuca (ocq~~U'l.'YJ) dell'antichità babilonc~c. assira, fenicia, israelita c greca a cui fa riscontro la « .mmhi111 » del medio alto tedesco e il medievale c psalreri11m ,. (q)(xh7j(.MN). Que~to era a pizzico. come il c qmum ~ arabo, come lo c yang k'in » ci n e~c cd il « raki koto » giapponese, mentre il " santur » o « santir » per!>iano-turco (a 72-LOO corde) era un salterio a percussione. come. in Euro pa, il « saftprio redesco » (ted. H ackbrett. ingl. dulcimer. <>pagn. dulccma (\ec. XI V) e dulcemcl (sec. XV), da c ui derivarono lo spagno lo « timpano », il fran cese « tympano n » c. in altra fo nna, l' ungherese « cimbafom » . Pure a percussione è il « tamlmurin du Béam ~ (sud Francia). armato per lo più di 7 corde di budello intonate alternativamente tonicadominante (do-sol-do-sol-do-sol-do). che veniva sorretto dal braccio sinistro (la c ui mano tastava il « flauto da una mano ») c suonato dalla mano destra che ne perc uo teva le corde con un ba toncello. Si può arguire che tali strumenti ~ian o un'importazione dall'Oriente c che si siano diffu~i al segt•ito di migrazio ni slave o di spostamenti di genti gitane, come pure, per la Spagna. ~i può pensare ad una ne tta influe nza araba. dato c he la pit'1 antica raffir.u razio ne del salterio è appunto in Spagna a Santiago dc C'ompo~tcla (bassorilievo del 1184). Tn Europa una speciale fioritura di cetre da tavo lo del tipo dello Sche itholl si incontra nei Paesi Scandina vi o\·e. con diversi nomi. si indicano stmmcnti similari. Così il termine svedese « H ummel • e ra usa lo in vari luoghi nel la seconda metà de l sec. VII l, ma .-imasc poi esclusivamente adoperato in Svezia. mentre in Danimarca lo strume nto enl detto « Hum le • · Dov11ti. poi a lla sua forma lunga c stretta .,ono i vari termini con cui pure lo -.i indicava nei vari pac\i nordici : « langspel • in Svezia. « lallf(elep » in Danimarca, « la11gleik :o in Norvegia. « hlllf!Sflil "' in l slnnda: in Olanda. invece. ve niva indicato come « H ommef » c c IIOnrdtclw Balk • : essi erano tutti a pinico. salvo rare eccezioni ad arco ( « Strcichbogcn ») in Olando c in lslanùa ( « langspi l »).Un tipo a parte, ~c pure affine. può considerarsi In ~ trumento nazionale finlandese. il « Ka11tele "' · ~recie di salterio a forma di ala di uccello (la cui armatura in origine a 5 corde. giunse poi fin o a 30), che viene <;uon:~to con le nude dita. La moderna cetra da tavolo è di origine relativame nte re.:entc c si può far rientrare in quel fenomeno di accresciute e~igenze sonore che. nel '600. pre<;icde tte alla formazione di nuovi tipi s tmmentali : dallo Schc itholt, a poche corde, nacque cosl la « Krntzzith er » , ancora rettangolare, lunga e , trctta (di cui una particolare c limitata fi o ritura i ebbe anche in Francia con l'Epinefle de!J Vosges. a 4-5 corde, di forma sottile) che dette vita alle varie forme succe!>sivc. sviluppatcsi in modo s peciale oci paesi di lingua tedesca (donde tutta la terminologia german ica collegnta a questo ~>trumento).

,98 La Galleria armonica

Nelle reg1oni alpme, do'c essa fu cd è maggiormente d1ffusa (Tiro lo, Baviera, Austria, Svizzera) la cetra da tavolo ebbe due grandi c principali tipi, relativi ad una diversa agoma: c Sa[zlmrt:er Fom1 • . detta pure "' Ha llein ~orm ,. o "' Pinzgauer form (da nomi di luoghi vicini a Salisburogo: Hallein e l'inzgau) con la pancia da un solo lat o, e « Mitte nwalder form » (da M ittcnwald, nell'alta B~1vicra), panciuta da ambo i lati. Uno dci più noti virtuosi di cet ra da la\ o lo fu, nel ~ccolo scor~o. Johann Pctzmayer di Yicnna (l HOJ-1884): egli aveva raggi unto, dal l 830, la fama di grande concerti~ta quando, nel 1873. a Bambcrg, fu udito dall' Arciduca Massimiliano di Baviera c he. l'anno ~eguente. lo no minò )UO vi rtuoso di camera. La ceLra era allora una « Schlag:itlwr • (lelteralmcnte « cetra a percussione • , così detta per distinguerla dalla cetra ad arco o « Strcichzithcr '~' · con un piccolo numero di corde melodiche (da 2 a 5) cd uo numero più o meno grande di corde di accompagnamento. per lo più di budello o di '>Cta. Le corde melodcihe corre vano sulla tas tiera, una !>triscia suddivisa da tasti metallici, dapprima diato nici e poi cromatici, cd erano accordate per quinte come il violino:

Per le corde libere ( l• rc•~<Hten) o d1 accompagnamento n''ll vi era nè numero nè accordatura stabile c soltanto con iJ,. . Weigel ( 1811 - 1878). detto c Rcformator der Zither • . !>i ebbe un primo definitivo !>i~ tema ( 1838) secondo il principio logico del c irco lo di quarte e quinte. che rimase ne ll'accordatura della cetra a 28 corde, detto "' Normalhc'>ai tung »:

Per le corde melodiche, p01, Il cui numero, dopo di due. di tre o di quattro corde (come nella precedente a ccordatura), venne per lo più fissato a 5, si e bbero due prevalenti sistemi: l'accordatura di Monaco: c~scrc s tato

c l'accordatura di Yienna


Alle corde di accompagnamen to delle grandi cetre tchc giunsero al numero di 42 corde) furono aggiunte anche altre corde, dette « Contra-Saiten • . per completare un triplice circolo di quinte:

Krat zzither di Jorma più tarda. cioè Sal:.:burger Form l:td una sola pancia) : a) ~:orde

di melod ia (2 o 3)

~ J J Il oppure

fZJw il 2o circolo di quime

I tasti cromatici, poi, giunsero presto a 29. Un tipo di cetra che si distingue nettamente dai precedenti, a pizzico, è la Streichzitlter, o cetra ad arco, che sta fra la Zither e il violino, inventata e costruita da J. Petzmayer nel 1823: essa aveva dapprima solo tre corde. ma poi ne ebbe quattro, accordate come il violino, che si s uonano con l'arco; non ha corde di accompagnamento; la sua (orma caratteristica, dettata anche dalle esigenze della tecnica di suono, è a cuore (donde il nome di « Herzform ») e spesso anche i due fori di risonanza, oltre che tondi, sono a forma di fog lia o di cuore; la tastiera divide longitudinalmente il piano armonico ed è suddivisa da tasti metallici come la chitarra. Altre sagome di cetre vanno aggiunte al quadro dei tipi, innumerevoli , che furono escogitati nei vari periotli e nei vari paesi in cui man mano questo strumento maggiormente fioriva: le cetre gemelle (Doppel- o, meglio, Zwillingszithern) e tripl ici (Drillingszithem), in cui varie cetre venivano riunite in un unico strumento con due o tre serie di corde, 2-3 tas tiere, ecc. Ecco le accordature principali e più note dei vari tipi di cetre da tavolo: Scheiclwlt o Kratzzither, di forma più antica, a 3 cord.::

b) corde di accompagnamento: 12, 14, ecc.) e accordatura variabili.

numero (4, 8, 10,

Una caratteristica di questo tipo sono a lcune corde di accompagnamento più corte, che avevano il loro attacco in un piccolo cavigliere supplementare posto all'inizio del rigonfiamento del corpo di risonanza: esse erano intonate all'ollava superire e perciò venivano dette « Oktavsaiten » o m.:glio « Okt~1vchen » (ottavine) o « Trompeterln » (trombettine). In questo primo c pii't arcaico gruppo i tasti diatonici non superavano il numero di 14. Scltlagzither (Prim- o Diskantzither) m cui alle 2 corde di melodia, se ne aggiunge una 3n, per lo più alla sa inferiore:

Anche la tastiera progredisce e dai primitivi 14 tasti diatonici giunge sino a 29 tas ti cromatici. In questO tipo si comincia ad incontrare (c. dal 1830) la forma panciuta dai due lati cioè la « Mittenwaldet Form », che, con la « Salzburger Form », la « Lyraform » e la « Guitarrenform • , si diffonde per tutto il sec. XIX, con 4 corde melodiche e l6 di accompagnamento; i tasti sono 16 per le due corde di La e 15 per le due più basse:

oppure·

l JJ corda melodica

2 corde di accompagnamento

Epinelle d es V nsgrs·

2 corde di melod ia

Un tipo di « Salzburger Form » era detto pur « Helm- » o « Hornzither », perchè aveva il cavigliere con un riccio fatto a pennacchio o a corno. Una piccola Schlagzither, detta pure « Terz- » o « Kinderzither >> (piccola cetra per bambini) era intonata una 3a maggiore sopra la « Primzithcr ». Le corde melodiche erano accordate, quindi :

3 corde di accompagnamen to

Sala l V: S trumenti popolari

!}!}


Una cetra più grande è quella, delta pure cetra contralto o cetra bassa, denominata « Elegiezither » ; essa fu ideata dal musicist a di corte bavarese Franz Stahl e costruita da G . Tiefenbrunner a Monaco n el 1851. B accordata una qu a rta sotto le comuni cetre ( « Prim- » c « Diskantzither ») e ser ve per accompagnarle: le sue 5 corde di m elod ia sono così intonate:

d i melodia, pas~an ti sulla tastiera; per le altre corde basse, libere fuori della tastiera, usa l'i nd ice, il medio e l'anulare: i mignoli non ven gono impiegati. La cetra da tavolo, per quanto non strumento d'arte ma popolare, tipico dei paesi alpini (Svizzera, Germania, Austria) dove, da più di tre secoli accompagna canti e danze dei conta dini montanari o agisce come strumento solista anche in tipici complessi orchestral i, è tuttavia, ne l suo genere, pur così semplice e primiti vo, uno strumento completo, poic hè consente la contemporanea esecuzione tl i una melod ia e de l suo accompagnamento.

Il foro di risonanza è generalmente ova le.

Vetrina 2 Streichzither (Cetra ad arco). Il tipo a 3 corde metal liche, costruito da J. Petz mayer nel 1823, aveva l'accordatura seguente:

N ella vetrina 2 (cubica) sono esposte due cetre da ta volo non a pizzico come le altre delb sala, ma acl arco, a 4 corde:

n. 359. - Cetra a fo rm a di viola : « Streichz)ther in Violenfonn » , in legno tinto con vernice rossiccia; ha due piedini in metallo e due in legno; i 4 piroli G. Flisslen vi aggiunse più tard i, come 4a corda, un raddoppio del La, ma la definitiva accordatura clel ia S treichz ither fu, poi, generalmente quella del violino, per quinte:

Una S treichzither inventata da F. Jiihl ing aveva l'accordatura della vio la e un'altra, inventata da E. Salomon, aveva quella del violoncello. Un tipo di cetra ad a rco, dalla vera e pro pria forma d i v io lino, prese nome di « Streichm efodion »: fu in ventato nel 1856 a Brlinn da Leopo ld Breit (onde fu <t oche detto « Breitoline »). Esso era dapprima a 5 corde, intonate forse così:

'J rJ~

11

ma passò poi ad avere 4 corde con l'accordatura del violino; esso s i s uonava tene ndo lo non sul tavolo bensì in g rembo (donde il nome, pure usato, di « Schossgeige »). Altri tipi d i cetre ad a rco sono lo svedese Psa lm odikon e il finlandese Streicbkantelc.

Tecnica di suono deffa cetra da tavolo a pizzico. ll suonatore pone la cet ra su l tavolo (e a tale scopo essa è fo rnita d i piccol i pied in i sfe rici) oppure sulle ginocchia, con la tas tiera verso di sè (cd i piroli alla sua sinistra), p reme con le dita della mano sinis tra le corde sui tast i (segmenti metallic i s uddividenti la tas tiera, come, ad es., nella chitarra), mentre col poll ice della mano destra (nudo o munito d i un plettro ad ane llo) pizzica le corde

I OO La Galleria armonica

sono a vite, con testine piatte .in osso, sotto i quali si trova una piastra in metallo bianco graffito con disegni floreali. Lo strumento ha varie scritte : su lla tastiera. d i ebano, si trova la cordiera in metallo con la dicitura che porta la dala del brevetto: « PATENTED Oct. 2G 1889 »; sulla tastiera stessa un'altra .informazione con numero, autore e luogo: « 5206 l Franz Schwarzer l Washiugtou. M . o. >>; infine nell'interno, l'etichetta: «F. SCHWA RZE R J WASII INGTON lVI. O . ~ J tasti sono 29.

M isure: L. tot. cm. 60,5; l. mass. piano cm. 26,2/ 19,5; pf. cassa cm. 3,8; L. tastiera cm. 30,5; L. vibr. c. cm. 34. 11.

360. -

( « Slreichzi ther

Cetra ad arco, a forma di cuore in H erzform », ha la cassa in legno

tinto nero con tre piedini in avorio fermati al fondo da chiodini ed ha due fori armonici oblunghi, a fo rma di foglia lanceolata. I tasti, metallici, sono 29.

Misure: L. tot. cm. 47; pf. cassa cm. 3,4; fori a rmo nici: cm. 7,8 x 5; L. vibr. c. cm. 38,7 . Questo tipo d.i cetru ad arco a forma di cuore fu inventato come si è già detto, ne l 1823 a Monaco da Johann Petzmayer (Z.istcrdorf presso Vienna 1803 Monaco 1884), ma aveva tre sole corde accordate lare-sol; l'originale è descritto nel 2° vol. del catalogo della Coli. H eyer (passata a Lipsia) di G. Kinsky (Coln, 19 12, p. 70). L'armatura di 4 corde accordate per q uinte, come il violino (mi-la-re-sol) fu introdotta da G. Fi.isslen e non dallo stesso Petzmayer, come molti ritengono. Del suo strumento Petzmaycr d i\'enne virtuoso, compositore c teorico; raggiunse grande fama come creatore della prima cetra da tavolo ad arco


e contribuì, come concertista. a diffonderne la conoscenza e l'uso. Completa la vetrina 2 una piccola fisarmonica detta • Conccrtina ~ . n. 361. - con i piatti laterali esagonali e traforati; ha l O tasti con bottoni d'avorio su di un lato e lO su ll'altro; per le mani vi sono due piccole cinghictte di cuoio; il legno è il palissandro: il mantice è ricoperto di carta con stelline verdi e le pieghe di esso sono in pelle tinta di verde: le misure di questo pezzo sono: L. lati cm. 8; pf. cassa (a soffietto chiuso) cm. 11,8. Questo tipo di fisarmonica (strumento ad ance libere, come l'hannonium) fu inventato da Charlcs Wheatstonc di Londra, che lo brevettò il 19 giugno 1829 (brev. n. 5803); lo strumento ha avuto una ricca letteratura (musica da camera cd anche brani per conccrtina c orchestra) cd una storia ricca di successi per opera di vari virtuosi che la fecero conoscere ed ammirare in concerti c tournées.

Vetrina 3

·ella vetrina 3 (cubica) sono riunite dieci ocarine: di questo strumento diamo, anzitutto, alcuni cenni storici, per passare, poi, ai dati di ciascuna di esse. L'ocarina fu inventata a Budrio (Bologna). verso il 1863, da Giuseppe Donati (1836-1925), che. nel 186 7. aprì, proprio a Budrio, la sua prima fab brica; nel 1863 sorse il l o Quintetto ocarinistico budriese. promosso dallo stesso Donati c detto « Concerto delle ocarine », che poi divenne un settimino c raccolse grandi successi, con il nuovo strumento, svolgendo tournées anche all'estero. (Tale complesso è oggi ideal mente continuato da quello, non meno celebre, degli << Ocarioisti di Budrio»). Uscirono, quindi, i primi metodi (G. Donati, A. Anclcrscn c A. Viotti, J. Hcrtel, G. H. Smith, C. J. Shocmakcr, Spcrindio R anuzzi, G. B. Pirani) a cui seguirono dissertazioni di carattere tecnico e storico (v. il volumctto di Aldo Adversi: L'ocarina di Budrio. Bologna, Bongiovanni, 1963) ed una vac;tissima fioritura di musica, seguita da numerose incisioni discografiche, che consacrarono per sempre la fortuna indiscussa e mondiale di questo piccolo e semplice strumento. Esso è di nuova inven7ione. ma, tuttavia, attinge le sue più lontane origini nell'arcaico flauto globulare di terracotta, noto alla Cina della preistoria, all'antico Egitto, all'America precolombiana, aUa europea età del bronzo. Le oca rinc qui presenti sono di vari autori: la maggior parte sono opera di Cesare Vicinelli Ct 1920) che aveva cominciato a fabbricare ocarine a Budrio nel

1878 , dopo che Giuseppe Donati si era trasferito a Bologna (di dove, nel 1907, si spostò a Milano, sua ultima dimora): le ocarine di Vicinelli sono in diverse tonalita c quindi di varie grandezze: in DO (n. 366), in SOl (nn. 362, 363, 364, 365): tuttavia, fra le più antiche va anche annoverata quella (n. 368) di L uigi Silvestri, di Camisano Vicentino ( 1830-1927), che aveva pure inventato l'ocarina doppia cd aveva tanto contribuito all a diffusione di questa sua invenzione c della ocarina in generale da venir chiamato « padre dcll'oca rina ~ ; seguono altre ocarinc anon ime, nn. 369, 370, 37 1, di cui due diverse dal prototipo originale (n. 369 di legno, n. 371 di forma lunga): se ne aggiunge una (n. 367) di « Crist. Appelius l Jr e C. l Livcrno », costmttore di cui mancano per ora notizie. Seguono ora le caratteristiche dei dieci pezzi qui esposti:

n. 362. - Ocarina in Sol: L. tot. cm. 28,5; l. mass. del corpo cm. 9,5. Scritta: « SOL Budrio 1 Cesare Vicinelli Fabbricante Budrio (Italia) , . 11. 363. - Ocarina in Sol, con le stesse misure della precedente. Scritte: ~ SOl Budrio l Cesare Vicinclli Fabbricante l Budrio (Italia) :. . ,, C. Vicinclli l Bud rio». 11. 364. - Ocurina in Sol: L. tot. cm. 29,5 l. mass. cm. 9,5. Scritte: << SOL l Budrio l Cesare Vicinclli Fabbricante 1 Budrio (Italia) » . « C. l Vicinclli Budrio».

n. 365. - O carina in Sol: L. tot. cm. 29.5: l. mass. cm. 9,5. Scritta: « C. Vicinelli l Budrio ,l Lriprocl. Medaglia l l Sol ».

366.- Ocarina in Do: L. tot. cm. 22,7; l. mass. cm. 8. Scritta: ~ C. Yicinelli 1 Budrio l [riprod. medaglie] 1 Do ». 11.

n. 367. - Ocarina in Mi: L. tot. cm. 16.7; l. mass. cm. 3,5. Scritta: Crist: Appelius jr A LIVOR'\O l Chiesa Fabbrica di ocarine 1 Fermo (?) ». n. 368. - Ocarina in Re: L. tot. cm. 16,5: l. mass. cm. 3,5. Scritta: « Si lvestri Luigi l Camisano Vicentino ».

Sala IV : Stmmenti popolari

I OI


n. 369. - Ocarina in Mi, in legno: L. tol. cm. 15,5; l. mass. cm. 4. n. 370. - Ocarina in La: L. tot. cm. 13: l. mass. cm. 5. n. 371.- Ocarina lunga in Si (Do): L. tot. cm. 35,5; l. mass. cm. 2,8.

Velrina 4

ella vetrina 4, sul ripiano superiore, troviamo tre cetre da tavolo: n. 372. - Cetra da tavolo in legno, di tinta scura c dalla sagoma di chitarra, con 2 fori armonici fatti a esse; ba 4 piedini, 12 tasti metallici, 10 piroli in ferro; i bottoni fcrmacorde sono 21 (6 in alto, sotto i piroli, e 15 in basso (di cui 6 mancanti); sulla tastiera, verso il basso, si trova una piastra sagomata in avorio.

Misure: L. tot. cm. 62,2; l. mass. del piano cm 30 / 23,5; L. piano cm. 51; L. tastiera cm. 44; pf. cassa cm. 5,8 ; L. vibr. c. cm. 44,5.

n. 373. - CeLra da tavolo in legno tinto n ero, del tipo di Salisburgo; ba due fori armonici tondi (e vuoti) nel piano: in quello più grande, al centro della parte semicircolare, si vede una scritta (interna) ms. ad inchiostro, in gotico corsivo, non del tutto leggibile: « ..... l M. J oh. Ad. Ekhard l ..... l ..... v. 5 ». lo alto c'è una voluta come coronamento del cavigliere, che contiene 12 piroli in ferro; altre 5 corde, più corte, le ottavinc (Oktavchen), facevano capo al piccolo cavigliere d'angolo, come di consueto per queste corde che suonavano all'ottava sopra. Misure: L. tot. cm. 64,5; l. mass. piano cm. 25: L. piano cm. 48; pf. cassa cm. 4 ,4; L. tastiera cm. 40,7; L. vibr. c. cm. 44,8 l 48; L. vibr. ottavine cm. 22,2.

Nel ripiano intermedio troviamo due cetre: 11. 37 5. - Cetra · brevettata, di colore nero, asimmetrica. Nell'interno una etichetta stampata: << Muller's l Accord-Zither l Patent n. 29930 l ZitherHarpe l Autoharp ».

Misure: L. tot. cm. 50.5; L. piano cm. 42,5; l. mass. piano cm. 27,7: pf. cassa cm. 3.2; 0 foro cm. 7; L. vibr. c. cm. 43 ,4 l 23.

Ha 6 ta')ti: « A !B IC l D lE l F >> c 24 piroli. Questo tipo di cetra ru inventato da C. A. Gtitter a Markneukirchen, nell'ultimo quarto del sec. XIX, per consentire anche a persone senza una particolare preparazione musicale di suonare per accordi, poiché le corde non desiderate vengono premute dalle barre (le 6 con i tasti sopra citati) e smorzate dal feltro sottostante alle barre stesse. n. 376. - Cetra eli legno tinto nero, con colonnina tornita (per cui questo tipo veniva pure detto << HarpZither »; sul piano armonico sono varie decorazioni del tipo delle decalcomanie (riproducenti uccelli, farfalle, fiori e l'accordatura su cui è organizzato lo strumento.

Misure: L. tot. cm. 57,5; l. base cm. 41,8; pf. cassa cm. 3,6; 0 foro arm. cm. 6,6: L. vibr. c. cm. 43,5 l 17 ,5. Ha 49 piroli in ferro. Vi è una scritta poco leggibiJe in cui due sole parole sono chiare: « Guitar ... Wien ... ».

l

Nel ripiano in basso sono esposti due mandoloni, strumentt t1p1c1 della musica popolare, sorti nel '700 cd usati anche per gran parte dell'800. Il mandolone era una mandola di formato gigante (circa m. l di lunghezza) con 7-8 corde meta iJiche doppie e la seguente accordatura:

Questa cetra ha l 6 tasti metallici c 4 piedini (di cui 2 mancanti).

n. 374. - Cetra da tavolo del tipo di Mittenwald, a IO corde, in legni vari (acero e abete) con una data (1865) c sotto, a matita, un nome illeggibile; ba 10 piroli in feiTo ad occhiello, 4 piedinj (di cui 2 mancanti) e 15 tasti metallici (di cui l mancante). Misure: L. tot. cm. 59,2; L. piano cm. 45; l. mass. piano cm. 29,8; pf. cassa cm. 4,2; L. vibr. c. cm . 38,5 l 37,5; 0 foro cm. 5; L. mass. tastiera cm. 32.

I O2

La Galleria armonica

li dorso era per lo più a doghe larghe, in noce, ed assumeva a volte una bella tinta bronzea; nel piano armonico si apriva una rosetta digradante lavorata in carta. Fu usato specialmente in ftaJia, nel sec. XVIII cd uno dei principali costruttori ne fu il Jiutaio Gaspar Ferrari, romano, intorno al 1750; se ne conservano esemplari nei principali musei di strumenti: Bruxelles, BerLino, Copenl1agen, Parigi, ecc.


Possiamo ricordare, come efficace iconografia, i disegni di Bartolomeo Pinelli. riproducenti scene di danze popolari romane in cui figurano dei mandoloni. l due mandolorù qui esposti sono fra loro differenti, in quanto l'uno è del tipo normale mentre l'altro è dotato di corde di bordone, fuori tastiera, il che potrebbe farlo definire un << arciroandolone ». 11. 377. - Mando/one firmato da uno dei più illustri membri della gloriosa famiglia dci Vinaccia (liutai napoletani dei secoli XYll-XIX): « Antonius Vinaccia Fecit l Anno 1788 l in Via Comtantii 1 Ncapoli » . Lo strumento, sul piano, all'orlo della rosa e sulla tastiera, è decorato con fregi in madreperla ed impasto rosso, mentre nelle fasce è ornato da fregi floreali ad intaglio.

Misure: L. tot. cm. 95; L. piano cm. 49,5; L. manico cm. 22,2 l 46; l. mass. piano cm. 23,4; pf. cassa cm. 23,3; 0 rosa: est. cm. 12,5; int. 8,5; L. vibr. c. cm. 55,5.

I tasti sono 16: 9 metallici sulla tastiera e 7 di ebano sul piano; i piroli sono 16, in bosso. L e corde (metalliche) sono 8 doppie (8 + 8). Per riparare il piano dai colpi del plettro vi è una piastra in tartaruga filettata in ebano; gli orli del piano, H manico ed il cavigliere sono filettati in avorio. Per attaccarvi la tracolla sono presenti un anello in ottone nel retro del cavigliere cd un bottone in osso sotto la cassa. L'altro mandolonc, segnato P. V. 8195, è anonimo, o, per lo meno, tale risulta in quanto la rosa è del tutto chiusa (il che rappresenta anche un problema per l'uscita del suono): essa è formata da due stelle (sovrapposte) a 6 punte l'una, in ebano e avorio alternate, con al centro una rosellina in madreperla a 6 petali forati. Lo strumento è a 10 corde doppie (l O+ 10), di cui 4 (doppie) sono fuori tastiera, poste su un piccolo capotasto supplementare (di osso filettato in ebano), quindi con funzione di bordoni. Per sostenere la tracolla vi sono due anelli di ottone nel retro del cavigliere e alla base della cassa. Oltre agli intarsi sulla rosa vi sono filettature in osso ed in ebano, il che conferisce all'insieme un senso di accuratezza ebanistica che, unita a ll'eccezionale armatura delle corde, ne fa un pezzo di rilevante interesse.

Misure: L. tot. cm. 105; L. piano cm. 49,3; L. manico cm. 20,8 l 51 ,5; l. massima piano cm. 40,2; l. manico: alta cm. 12,5, bassa cm. 14,2; p f. cassa cm. 21; L. vi br. c. tastate cm. 56, libere cm. 74 [ 70,5. piroli sono 10, in bosso (di cui l mancante).

Vetrina 5

P assiamo ora alla vetrina 5, dove continuano le presenze delle cetre da tavolo, a cui sì uniscono alcuni variopinti tamburelli, quasi tutti dcll'800, e una statuina. Sul l o ripiano, in alto, troviamo:

n. 378. - Tamburello con cornice di faggio tinto in rosso nella quale si aprono 5 tagli rettangolari dove sono sistemate le coppie di lamelle (se ne conservano solo 3 coppie su 5) più un foro per infilarvi il pollice. Sulla pelle tesa, dal lato anteriore, è dipinto un paesaggio raffigurante un lago con alberi ed un bue sulla riva, mentre dal lato interno è abbozzato un viso circondato da ricciolini. Le misure sono le seguenti: 0 cm. 32,8; alt. cm. 5,5. n. 379. - Tamburello a tre coppie di lamelle; la cornice è di faggio tinto (a noce) e la pergamena (o meglio pelle) vi è fissata con 18 borchiette tonde in ottone. Le misure sono: 0 cm. 24; alt cm. 5. n. 380. - Tamburello di fattura molto semplice per non dire rozza (ma, nella sua semplicità, è interessante come caratteristica opera d·arte popolare). Nella cornice di faggio dipinta (all'interno di rosso c all'esterno di giallo) sono otto tagli con i relativi soJ1agli; la pelle è decorata da fiorellini dipinti e da nomi: « GIOACCHIN l A... MARIO ~ . Misure: 0 cm.39; alt. cm. 7,5. n. 381. - Tamburello dipinto. È uno dei più belli tra quelli posseduti dal Museo. Sulla sua pelle è dipinta una ciociara in C05tume con un tamburello in mano. La cornice, in acero ricoperto di carta, che ha il 0 di cm. 36 c l'altezza di cm. 8,3, contiene 6 tagli rettangolari in cui sono sistemate 6 coppie di lamelle di latta. Chiude il ripiano superiore il n. 382. - Cetra da tavolo con sagoma di Salisburgo; i materiali sono l'acero (per il piano c le fasce) e r abete tinto (per il fondo). Nclrinterno è visibHe !"etichetta (stampata): « Georg Tiefenbrunner l Saiteninstrumentenmacher Milnchen » con la riproduzione di una medaglia di « Maximilian li . Kocn. von Bayem ». L'orlo del piano armonico ha un bordo scuro; vi sono tre piedini, 29 piroli in ferro c 20 tasti metallici. Le misure sono le seguenti: L. to t. cm. 50; l. mass. cm. 3 l; L. tastiera cm. 31 ,7; 0 foro arm. cm. 9; pf. cassa cm. 2,5; L. vibr. c. cm. 38,5. Nel ripiano intermedio della medesima vetrina 5 si trovano i numeri: n. 383. - Tamburello decorato da una graziosa pittura raffigurante un paesaggio soffuso di una leggera malinconia autunnale: una strada con alberi sul·

Sa la IV: Strumenti popolari

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lo sfondo di un ciclo gngto. La cornice è di faggio: naturale all'interno c dorato a ll'esterno; essa contiene 5 tagli con 5 coppie di lamelle ed un foro per infilarvi il pollice. Le misure sono: 0 cm. 37; a lt. cm. 6,5. 11. 384. - Tamburello piuttosto piccolo (0 cm. 20;1, alt. cm. 4) ma di fattura robusta ed accurata: la cornice è in ottone, con 5 aperture oblunghe (contenenti 5 paia di lamelle di latta) e 4 gruppi di forellini disposti a croce. La pelle, dalla parte esterna, è dipinta (forse si trattava di una scena campestre, ma ora non si può più capire quale fosse il soggetto, perché è tutta graffiata e rovinata) mentre dal lato interno ha un « 2 » scritto a mano.

n. 385. - Tamburello di discreta fattura: la pelle è ornata da una pittura raffigurante il mezzo busto di un pagLiaccio con costume decorato dai 4 semi delle carte da gioco francesi; sulla pelle vi è una scritta, eseguita a mano, con inchiostro: « G. Campi Milano ». Completa l'insieme una specie di frangia composta da un gruppo triangolare di palline azzurre tipo pompon. La cornice (di faggio) che è dipinta in verde con fregi rossi dal lato esterno, mentre all'interno è rimasta allo stato naturale, misura: 0 cm. 31,5: alt. cm. 6,7: ha 4 tagli per 4 coppie di lamelle di latta. Chiudiamo la presentazione di questo ripiano con due cetre da tavolo: n. 386. - Cetra da tavolo in palissandro e bo:;so, dalla sagoma salisburghese; in alto, sopra la tastiera, dalla parte dei piroli di melodia: una piastra di metallo bianco graffito a motivi floreali; i piroli sono 32, di cui 5 a vite in osso per le corde di melodia e 27 in ferro per le corde di accompagnamento. Lo strumento poggia su tre piedini in avorio fissati a lla cassa mediante chiodini. Dal foro armonico si può leggere l'etichetta: « ! ste mma ~ J. Haslwanter K. H olf-Zithern Fabrikant l U. Saitcn-lnstrumentenmacher l Muochen » con la riproduzione di tre medaglie sulla destra c di altre tre su lla sinistra. Le misure sono le seguenti: L. tot. cm. 50,5; L. base cm. 2; L. tastiera cm. 32; pf. cassa cm. 2,7; 0 foro arm. cm. 9; L. vibr. c. cm. 39.

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n. 387. - Cetra del tipo simile a quello deii'ElegieZither ma molto pitt stretta. Il materiale è legno tinto (finto palissandro); ha 3 l corde di cui 5 di melodia e 26 di accompagnamento; i piroli (26 + 5) sono in ferro; i tasti (di metallo) sono 29. Al disotto vi sono tre piedini costituiti da pallini di legno fissati con chiodini (uno manca). Lungo la tastiera sono intarsiati 7 tondini di madreperla. Le misure sono le seguenti: L. tot. cm. 6 1; l. mass. piano cm. 25: L. tot. piano cm. 41,7; 0 foro arm. cm. 12,8 X 6; pf. cassa cm. 3,4; L . vibr. c. cm. 54,2/50,3/50,7.

I O4 La Ca/feria am10nica

Nel ripiano in ba)so sono ancora presenti tamb,lrelli , cetre da tavole, e una statuina.

n. 388. - Tamburello dalla cornice di acero verniciato in rosso con fregi dorati c fiori di vari colori: la pelle, fissata alla cornice mediante un 'intelaiatura in ottone, è fermaLa da 6 galletti che ne regolano la tensione; nella cornice si aprono 5 fori oblunghi, non tutti forniti di lamelle (se ne conservano solo 5 ). In complesso è di fattura accurata c di aspetto gradevole. Misure: 0 cm. 29,8; alt. cm. 5,8. n. 389. - Celra da tavolo con sagoma di Salisburgo, in acero; ha 24 tasti (sulla tastiera) c 16 piroli in fc1To (4 per le corde di melodia e 12 per quelle di accompagnamento). Misure: L. tot. cm. 52,4; l. ma: s. piano cm. 27,2; 0 foro arm. cm. 7,2; pf. cassa cm. 3: L. tastiera cm. 35,7; L. vibr. c. cm. 41,8/39,2. n. 390. - Tamburello con cornice di acero tinto in rosso c ricoperto, all'esterno, di ferro ramato, in cui sono praticate 14 aperture rettangolari (contenenti 16 lamelle di latta) pitt una tonda per passarvi il pollice; ad essa è fermata, mediante 31 borchiette tonde, la pelle senza decorazioni. Le misure sono: 0 cm. 25; alt. cm. 5.

n. 39 l. - Tamburello con cornice di faggio naturale in cui sono aperti 5 fori oblunghi (per 5 coppie di lamelle di latta) più un foro tondo per il pollice; Io strumento è grazioso per le sue gaie decorazioni: su l lato interno della pelle è dipinto un Arlecchino, con maschera nera c cappello, che danza su un prato, mentre 5 palloni (a strisce c foglie) volteggiano nell'aria; sempre dal lato interno è teso in diagonale un cordoncino ornato da l O campanellini. L e misure sono: 0 cm. 38; alt. cm. 9,5. n. 392. - Cetra da tavolo in legno tinto nero con fregi dorati e note musicali (del tipo delle decalcomanie) intorno al foro armonico. Nell'interno è attaccata un 'etichetta in ca rta nera con la dicitura: « Aeol l A. Fiehlcr l Bcrlin l Prinzenstr. 31 l New York, 33 First st ». I piroli, in ferro, sono 37. La cetra ba 4 piedini in metallo. Le misure sono: L. tot. cm. 53,3; l. mass. piano (base) cm. 36; pf. cassa cm. 3,5; 0 foro arm. cm. 6,2; L. vibr. c. cm. 43,5 / 16,5. n. 974. - Statuina di bronzo raffigurante un uomo che suona una piccola grancassa, appesa dietro le spalle, e una armonica a bocca; ha in testa un cap · pello a punta dalla falda ornata di campanelli. L a statuina poggia su una base imitante il lastrico stradale. li cappello è a tre ripiani orlati da campanelli c termina in una punta su cu1 e un arco di luna; dietro le spa lle, allacciata con bretelle passanti


sul petto, si trova una piccola grancassa con sopra due piatti che figurano azionati da un filo agganciato al tacco della scarpa destra del suonatore, mentre il mazzuolo che percuote la grancassa appare mosso dal suo gomito destro. L ' uomo suona, inollre, una armonica a bocca, che tiene legata sotto il mento, mentre aziona con Je mani un organetto a manticino. SuUa piccola grancassa si trova pure un triangolo con all'interno un campanello, che, naturalmente, dove;:a suonare quando veniva percossa la piccola grancassa. Questa statuina è un capolavoro di sintesi strumentale, in quanto è tma eloquente espressione del punto di partenza per la formazione di un'orchestra. La storia di questa formazione, che è lunga e tonnentata, si può far partire dall'antico accoppiamento di uno strumento a fiato (flauto da una mano, con 3 fori, due avanti per l'indice e il medio, uno dietro per il pollice) ed un tamburello, legato al polso della mano che tiene il flauto e percosso con un mazzarello impugnato dalla mano destra. Questa formazione veniva detta in inglese « pipe and tabor »; essa era l'indizio di un antico anelito che gli strumenti avevano di « suonare insieme » e che, anche con la massima carenza di esecutori, si traduceva in una mag~::: r ricchezza di mezzi espressivi affidati ad un unico esecutore. Questo uomo-orchestra, che realizza vari effetti strumentali con le sue sole forze, è, in nucc, una piccola banda musicale che genera sorpre:;a e ammirazione. Misure: base cm. 8,5 x 10,5; alt. cm. 32; l. mass. cm. 14. Vetrina 6 Nella vetrina 6 si possono ammirare, sul piano in alto, tre mandolini napoletani di squisita fattura. n. 393. - Mandolino napoletano senza alcun marchio né etichetta: dobbiamo, quindi, anche se di finissima lavorazione, considerarlo anonimo. I materiali di cui è composto sono prcgiati e la decorazione è particolarmente graziosa: è forse uno tra i più artistici mandolini del Museo. T fregi di madreperla graffita, in piccole piastre applicate, contengono i seguenti soggetti: sulla parte anteriore del cavigliere, dall'alto: l) una zampogna a 4 canne legata con nastri, una maschera, nacchere; 2) una donna pressoché nuda, in piedi, con leggero manto discendente dalla spalla destra e nella mano destra una lunga foglia lanceolata; 3) un'arpa con base, legata con nastro (fiocc) sul modiglione).

Sulla tastiera: l) un libro di musica aperto c legato con un

nastro; 2) una lira;

3) una chitarra con fiocco; 4) un tamburello con nastri;

5) un mandolino e un oboe (?) legati con na-

stri; 6) un tamburello con nastri; 7) una siringa di Pan e un flauto dolce con

nastri. Sul piano armonico, all'orlo del foro armonico, vi sono motivi floreali; la piastra è in tartaruga, sagomata, e profilata in avorio; l'orlo del piano è profilato in avorio ed ebano; cavigliere e tastiera sono bordati in avorio; sempre su l piano, in basso, si trova un'altra piccola piastra in tartaruga filettata in avorio e sormontata da un fregio in madreperla graffita a forma di fiore; il retro cassa è tutto ad intar.:.io co:;tituito da elementi rettangolari, in ebano e avorio graffito (fiorellini) alternati, disttibuiti su 9 zone; nel retro del manico e su una striscia longitudinale nel retro del cavigliere: piccolissimi quadratini in ebano e avorio: i piroli sono 8, in avorio, a testina piatta, cuoriforme; i tasti sono l O, metallici, tutti sulla tastiera; ponticello e capotasto sono in ebano. Misure: L. tot. cm. 56,2; L. piano cm . 24,8; L mass. piano cm. 14,7; L. manico cm. 15,5 / 31,4; tastiere: l. sup. cm. 3,3; inf. cm. 4,2; L. tot. cm. 15,3; pf. cassa cm. 10,7; 0 (oro arm. : est. cm. 9,6; int. cm. 4,3; L. vibr. c. cm. 33,6. L 'altro mandolino, sulla destra, è il n. 394. - Mandolino firmato da un illustre liutaio napoletano: « Vincentius Vinaccio Filius Januarii l Fecit Neapoli alla Rua Catalana l A.D. 1781 »;l'etichetta è stampata meno le ultime due cifre della data, che sono mss. Esso è pure graziosamente decorato. Sul piano si trovano intarsi jn madreperla su impasto rosso; piastra in tartaruga filettata in avorio ed ebano; tastiera decorata con impasto rosso e fregi in madreperla; filettature in osso al bordo; il manico è decorato da strisce di ebano e avorio con filettature in noce; il capotasto è in avorio; i tasti sono 10, tutti sulla tastiera; i piroli sono 8, a vite, con testine piatte in osso (non originali), il cavigliere è decorato da una striscia di intarsio di madreperla in impasto rosso (motivo floreale) e da placcature in ebano, avor.io e tartaruga; la tastiera è decorata da intarsi con f:regio floreale analogo a quello del cavigliere; essa ba i bordi filettati in osso; il retro della cassa è a 23 doghe di acero filettate di noc~ pitt fasce; i tasti sono 10, in metallo, tutti sulla tastiera;

Sala lV: Strumenti popolari

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il ponticello è in avorio e faggio; i bottoni fermacorde (sotto alla base della cassa) sono 8, tn metallo, su p lacca.

Misure: L. tot. cm. 57,6; L. piano cm. 24,8; l. mass. piano cm. 14,7; pf. cassa cm. 13,3; L. manico cm. 29,5; 0 foro arm.; est. cm. 9,2; i.nt. cm. 6,1; L. vibr. c. cm. 33,6. n. 977. - Manaolino Vinaccia 1773. L a cassa ha 19 doghe, in acero fi lettate di avorio, più le fasce. 11 piano armonico è in abete con intarsi in madreperla e impasto rossiccio; così pure l'orlo della rosa. La tastiera ha dei fregi ad intarsio in madreperla e tartaruga. La piastra che ripara il piano dai colpi del plettro è in tartaruga bordata in madreperla con fi lettature in ebano. Sulla paletta sono incassati nell'intarsi:> 2 vetrini di varia sagoma. n ponticello è in osso placcato in legno (originale) . Sotto la cassa vi sono 4 piroletti fermacorde in osso. Manico c paletta sono filettati di avorio, ebano e tartaruga; il retro del manico è in tartaruga filettato in avorio ed ebano, come pure il retro della paletta. All'interno vi è un'etichetta stampata con la seguente dicitura: « Vincentius Vinaccio Filius J anuarii fecit l eapoli alla Rua Catalana. l A.D. 1773 » (l'ultima cifra è manoscritta). Misure: L. tot. cm. 58,5; L. piano cm. 28,5; L. manico cm. 14,7; pf. cassa cm. 12,8; l. ma.>s. piano cm. 19; 0 rosa 915,5; L. vibr. c. cm. 32. N el ripiano intermedio si trova il n. 395, una graziosa chitarrina spagnola, a sagoma di pera con fondo piatto, cioè una bandurria, a 6 corde doppie, con fasce e fondo in palissandro scuro, cordiera e tastiera pure in palissandro, filettate in bosso ed ebano; all'orlo del foro armonico e del piano è applicato un inserimento d i intarsi in madreperla (motivi a rombetti) ed in legni vari su fondo nero; sulla tastiera sono L2 tasti metallici; il capotasto è in avorio. J piroli sono 12, in palissandro con punte ed anelli in avorio (molti dei quali mancanti); il ponticello è in ebano e avorio. L 'etichetta interna porta la seguente dicitura: «MARIANO ZORZANO E HlJO l Fabricante de l GUITARES Y BANDURRIAS l y toda clase de instrumentos de cuerda l TUDEscos, n. 23 l MADRID » .

Misure: L. tot. cm. 52,2; L. manico cm. 25 l 7,5; L. piano cm. 26,5; l. mass. piano cm. 24,8 ; pf. cassa cm. 7,6; 0 foro armon. : est. cm . 10,5; int. cm. 6,2; L. vibr. c. cm. 25 , l. Segue un ricco grup po di nacchere di cui diamo, con i numeri e le misure, le principali caratteristiche. Si avverte qui che si tratta di nacchere doppie, come avviene per ogni naccher a, ma non di coppie

I O6 La Galleria armonica

di nacchere, quale sarebbe, ad es., il corredo per le due mani di ogni ballerino o ballerina di flamenco.

n. 396. - Piastre in noce (ricopetie da tinta nera in parte perduta) di forma ovale, che misurano cm. 4,5 X 5,8, mentre l'incavo ha la profondità di cm. 0,4. Su una piastra è intagliato uno scudo con tre api. n. 397. - Piastre in avorio, ovali, con spatole a coda di pesce, che misurano cm. 3,5 x 3,9; incavo cm. 0,5. n. 398. - Piastre di legno di melo rotonde ed incavate, con alucce; sono tenute insieme da un cordoncino rosso e giaUo intrecciato, con nastrinl e paUini di lana degli stessi colori. Misure: 0 cm. 5; incavo cm. 0,5.

n. 399. - Piastrine di radica di bosso, rotonde ma di sagoma piuttosto allungata, riunite da un semplice spago; sul dorso di una piastrina è inciso uno stemma con un'aquila e un'oca (?) . Misure: 0 cm. 5; l. incavo cm. 0,6. n. 400. - Piastrine tenute insieme, come quelle segnate col n. 398, da spago rosso e giallo con nastrini e palline di lana degli stessi colori. Misure: 0 cm. 5; incavo cm. 0,5 . n. 40 l . - Piastrine di sagoma ovale, ad ome di ricchi intagli con motivi geometrici, tenute insieme da un cordoncino passante nei fori . Mentre quasi tutte le nacchere qui esposte sono del sec. XIX o del XX, queste sembrano addirittura del '600 c risulterebbero, quindi, essere le più antiche del gruppo. Misure: cm. 48 x37, incavo cm. 0,7. n. 402. - Piastre in acero, rotonde ma di sagoma allungata, intagl iate con motivi geometrici (forse adorobranti due occhi e un naso) e tenute insieme da uno spago marrone. Misure: cm. 3,1 x 1,7; incavo cm.

0,75 . n. 403. - Piastre in avorio, rotonde, tenute insieme da spago. Misure: cm. 6,8 x 4,6; incavo cm. 0,8. n. 404. - Piastre in bosso, di forma semisferica con decorazione ad intaglio (18 linee parallele), tenute insieme dallo spago passante nei 4 fori. Misure: cm. 5,3 x 3,4; incavo cm. l.

n. 405. - Piastre in bosso tinto, con una fitta decorazione di motivi geometrici, rappresentanti figure umane, e foglie stilizzate. Misure: cm. 6,5 X 4; incavo cm. l , l. n. 406. - Piastre del sec. XX, in avorio, rotonde e profondamente incavate; manca i l cordoncino. Misure: cm. 5,4 X 3,8; pf. incavo cm. 0,5.


n. 407. - Piastre in bosso ovali, fatte in modo che. chiuse, formano un uovo. Misure: cm. 6,4 x3,9.

4) contraiLo

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1

n . 408. - Piastre in acero, ovali con intagli geometrici. Misure: cm. 5, l x 3,3. 51 b~~~o

n. 409. - Piastre in legno, di cui una ha su l dorso una decorazione ad inta rsio raffigurante una coppi:! che danza. mentre l'altra ha la parola « Sorrent() • · Misure: cm. 7,4x5,1; incavo: pf. cm. 0,7 .

n. 4 10. - Piastre in avorio ovali, del sec. XX. Misure: cm. 5,4X3,6; incavo cm. 1, 1. n. 411. - Piastre in palissandro tenute tnsrem::: da un cordoncino intrecciato rosso e giallo. Questo esem plare è fra i pitt graziosi: una piastra ha una grazios:l pittura ad olio raffigurante un mezzo busto virile con cappello napoleonico (lucerna). Misure: cm. 7,2 x 5,4. Sullo stesso ripiano intermedio della vetrina 6 sono esposte due balalaikc. Tali strumenti, tuttw ia. saranno illustrati, nella lo ro struttura tecnica c n~ ll 1 loro storia, da un cenno preliminare. Bafcilaika.

Strumento popolare russo derivato nel sec. XVlll dalla dombra. (tanbur) kirghisa. n tipica la fonna della sua cassa, in abete, con piano armonico triangolare; rarmatura era in origine di due corde, ma verso la fine del '700 se ne aggiunse una terza: Io strumento è così rimasto dotato di tre corde, di budello o di metallo, da suonarsi con le dita nude (o col plettro), e 4 tasti di budello. Nella seconda metà del sec. XIX. specie ad opera di Wassili Wassiljewitsch Andrejew ( 1862-1919), si sono formate grandi orchestre di balalaike, che hanno notevolmente contribuito a diffondere la conoscenza dello strumento in tutta Europa ed anche o ltre Oceano, specie eseguendo musiche di alto livello classico oltre che semplici melodie popolari; infatti composero brani originali per balalaika anche autori come A. K. Glazunov c N. Rimskij Korsakov. Oggi si costruiscono sci mi~ure diverse di balalaikc con relative accordature a seconda del tipo: 4:

'> piccolo

2)

3)

primo

/Er r # j (] F

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Per i tipi non facenti parte di un complesso l'accordatura più diffusa è quella n. 2. P. V. 7765. - Ba/alai/w in abete naturale, senza scritte nè m archi , con il retro della cassa a 6 doghe, fondo in un sol pez7o e i 3 piroli in ebano.

Misure: L. tot. cm. 55,8: L manico cm. 22,8 1 31.5: L. piano cm. 24,4; l. mass. piano (base del triangolo che forma il piano) cm. 33,5; pf. cassa cm. 8,2; L. vibr. c. cm. 40. n. 412. - Balalaika in acero, con piastra in ebano sagomato e abete. Dietro a l cavigliere è la scritta « MADE l N RUS SIA » c sopra di esso, ne l profilo, un'a ltra scritta: « THE REGENT » . Sul cavigliere è intar~ iato un piccolo stemma con un galletto e nel retro è appli cata una piastra di metallo bianco graffito con mc tivi floreali: il retro della cassa è a 7 daghe triangolari che si prolungano nel fondo, cioè sotto la c1csa· i tre piroli sono a vite con testine piatte in osso: i tasti (metallici) sono 23 c si trovano tutti sulla tastiera.

Misure: L tot. cm. 68.5: L. manico cm. 26 / 40,5; l. mass. piano cm. 41; 0 foro arm .: est. cm. 4 ,8; int. cm. l ,7; L. vibr. c. cm. 44. Nel 3° ripiano in basso, sempre della Vetrin:l G, si trovano due cremplari di cistrum, cistro (o citola, o cetera o addirittura Zither. dato che ~ i tralta d i strumenti a lpini di zone austro-germaniche, ma del tipo con manico).

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J

~ccondo ' J J J. l

n. 413. - Cetera (o citola) a 5 corde d oppie con una testa di torello in cima al cavigliere; sul piano, sulla fascia e sul retro si intravedono, sotto una sgradevole vernice marrone o meglio rossiccia scura (non originale) graziosi fregi dorati: sul piano il monogramma (( H*S l Lfiori] l •; nel retro della cassa: una raggiera dorata; nella fascia: un motivo marez 1 ato. Nell'interno si vede un 'etichetta ms. di non facile lettura (anzitutto per la grafia, che è un antico gotico

Sa la l V: Strum enti popolari

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corsivo, c poi perché è molto sciupata): « N" 131 • « P eter Zungg im l Liechtgut bey Eignau l Sitermacher » . - La data , « 1733 », è incisa in modo piuttosto grossolano nel retro del ca viglicrc.

A1isure: L. tot. cm. 77 ,8; L. manico cm . 21 l 40,5; L. piano cm. 37; l. mass. piano cm . 23,5; pf. cassa cm. 7; 0 foro arm. int. cm. 6,30; la ros::t è perduta; L. vi br. c. cm. 47 ,5. Si affiancano a dolci:

questo strumento due

fla utini

n. 414. - F/agiofetto con 4 fori anteriori ed l posteriore per il pollice; è decorato da fregi vari ad intaglio. Misure: L. tot. cm. 19,3; 0 a lto cm. 2 ,8; 0 basso cm. 2; colonna d'aria cm. 14,4. n. 415. - Flautino dolce doppio, cioè geminato, in legno di bosso, con due tubi , a 6 e 5 fori, più un fo~o chiu'>o in alto; è decorato da varie scene ad intaglio . Sul davanti Madonna con Bambino c, sotto. un uomo nudo, panciuto, che si appoggia ad un bastone: nel retro; un uomo vestito c, sotto. Madonna con Bambino. Misure: L. tot. cm. 18: l. dei tubi 1 cst.) cm. 4 /5 ,7; colonna d'aria cm. 15,4. L 'origine di questo strumento va molto probal,ilmente ricercata in Campania. secondo quanto è documentato da un recente studio (8). Sempre nel ripiano basso troviamo l'ultimo pez:w di questa vetrina 6: P. V. 8189.- Altra cetera o citala, pure a 5 corde doppie come l'altra (n. 413), con piano in abete, fond o e fasce in acero. In cima al cavigliere: u na pi·•stra a fiore: sul piano sono dipinti fregi floreali ed uno stemma con due tridenti incrociati; in un cartiglio ~ i trova la scritta: « Liebe l Wein, We ib und G esang dei n Le l be lang :. . Sempre nel piano si aprono tre rose: una gran:!e con fregio a fiore (margherita con petali simili a raggi) e due piccole; i piroli sono di legno tinto; i 1a ti sono 14, metallici, tutti sulla tastiera.

Misure: L. tot. cm. 84,7; L. manico cm. 41 ,5; l. mass. piano cm. 30; pf. cassa cm. 6; 0 ro· a grande est. cm. 9; int. cm. 7,7 ; 0 rosette pie· cole cm. 4. 3; L. vibr. c . cm. 45,5.

(8) R. PALM I ERI. Il doppio /lallio in Ct1111fHWia, « Nuovi contributi e ricerche •· Bologna, 1986.

l 08 La Galleria armonica

Vetrina 7 N el 1° npwno in alto si trova il n. 416. - Cetra da tavolo dalla sagoma detta di Salisburgo; ha il piano in abete ed il fondo in cipresso; la rosa, a 5 raggi, che si a pre nel piano. è in metallo; a lle corde normali di melodia (4 doppie) c di accompagnamento (8 semplici), si aggiungono le due ottavine (OkUivchen), che abbiamo già visto nella vetrina 4 (n. 373); in tutto ha 14 corde; ha 14 piroli in ferro. 14 tasti. pure meta llici, e 4 pied ini.

Misure: L. tot. cm. 50,5; L. base cm. 12,7; l. mass. piano cm. 2 1,5; pf. cassa cm. 3.8 (senza piedini); 0 rosa grande cm. 8,9; 0 rose piccole cm. 4,4; L. vibr. c. cm. 38,2/39,5; L. vibr. ottavine cm. 23. Seguono due piccole cetre da tavolo con cassa di limitate proporzioni e quindi di scarsa sonorità: sono dette « épinettes des Vosgcs » io quanto traggono la loro origine dai Vosgi, ma il nome « épinettes :. o anche « guitares •, come talvolta si trova citato, non !'i sa donde provenga. 11. 417. Epinelte des Vosges. - Piano. manico e fondo in acero tinto; fasce in acero naturale.

Misure: 0 dci fori armonici: fo ro grande cm. 1,2 X x0,7 : fori piccoli a croce: cm. 2,6; L. tot. cm. 62,4; base cm. 7 ,5; pf. cassa cm. 2.5; l. piano: sup. cm. 5,5; inf. cm. 6: L. vibr. c. cm. 46,7. Il capotasto è in ferro; ferro.

tasti, 14, sono pure tn

n. 418. - Epinette des Vosges. - Piano c fondo: legno di un a lbero da frutto (melo?); i tasti, metallici, sono 14, tutti sulla tastiera; i piroli sono 5. in legno tinto. Misure: L. tot. cm. 49; base cm. 7,3; l. pia no: alta cm. 4.5, bassa cm. 6,2; pf. cassa cm. 2: 0 fori armonici: roscUina quadrilobata di 4 fori (in basso) cm. 2,3; cuoricino cm. 1,5 X 1,3; L. vibr. c. cm. 37,8. Nel ripiano intermedio della stessa vetrina 7 troviamo un pezzo curioso c forse unico: si tra tta d i uno s trumento doppio, segnato P.V. 8197, strumento con unica cassa a due facce, in quanto da una parte è mandola e dall'altra è mandolino. È anonimo . ma molti e lementi lo potrebbero far ritenere opera di qualche estroso liutaio napoletano; i piani sono in abete con fil ettature di noce e acero; gli inta rsi sono in madreperla con impasto nero. La cassa, unificata. è in acero


con doppia filettatura in noce, in a lto vi è un collegamento, fra i caviglieri dei due strumenti, a forma di effe.

Misure lato mandola: L. tot. cm. 88; L. piano cm. 60,3; L. manico cm. 32,5/47; pf. cassa cm. 9,5; l. mass. piano cm. 28; 0 foro arm. est. cm. 13,5, int. cm. 7,8; L. vibr. c. cm. ('3,4.

T tasti, in metallo, sono t 9 e sono tutti sulla ta-

18. in metallo: i piroli sono 14, in ferro; è annessa la chiave per accordare. Misure: L. tot. cm. 96; base cm. 13,7; pf. cassa cm. 4, l; L. vi br. c. cm. 72,4.

Vetrina 8

Misure: L. tot. cm. 50; base cm. 9,8; l. mass. piano cm. 20,4; 3 fori (a forma di f): cm. 4 X 1,7; cm. 3,2 X 1,3; cm. 2,7 X 1,2; L. vi br. c. (tastate) cm. 37 ,2.

Nella vetrina 8 (cubica), sola, come una piccola regina, si trova una elegante « Conzert-Zithcr ~ (o « Elegie-Zither • ), n. 423, in un ricco astuccio imbottito e foderato di velluto azzurro con piccoli scomparti per riporvi le corde di riserva (scomparto chiuso da un coperchietto), una scopetta per pulire (el i cui è rimasto solo il manico, lavorato a traforo), la chiwc per accordare (mancante), un diapason a forcella (pure mancante). L a cassa è dal lato superiore in legno tinto di colore rossiccio, tipo palissandro, e dal lato inferiore in abete tinto nero. I piedini sono 3 pallini di avorio con punte: sotto i piroli vi è una piastra di metallo bianco graffito con motivi dl foglie e il disegno di una cetra da tavolo: i piroli sono 27 in metallo (per le corde libere) e 4 in osso. a vite, per le corde di melodia: l'orlo del piano è filettato eli acero. Nell' interno è applicata l'etichetta, che porta la seguente dicitura: « Stanislaus Vsetecka l Musik - Instrument Fabriks - Lager l Musikalienhandlung u. Antiquariat l Wicn l Bez. Burggasse nr. 92 :P.

Nell'ultimo ripiano, in basso, sono esposti 2 tamburelli ed un'altra cetra da tavolo; eccone le dec-crizioni:

Misure: L. tot. cm. 50; l. mass. piano cm. 30.4; pf. cassa cm. 2.7; L. tastiera cm. 33.5: 0 foro arm. cm. 9,3: L. vibr. c. cm. 39 / 43,2 / 39,5.

stiera.

I piroli sono 6, a vite. Misure lato mandolino: L. tot. cm. 55; L. manico cm. 25/13,5: L. piano cm. 29,5; 0 foro arm. cm. 8,2 l cm. 5,4; L. vibr. c. cm. 32,4.

T tasti, in metallo, sono 26, tutti sulla tastiera. l piroli sono 8, a vite. n. 419. - Piccola cetra da tai'Oio del tipo di Salisburgo. con piano e fasce in acero, fondo in abete, tastiera. cordiera e supporto della pancia in pero, manico in noce. 1el retro la cifra (forse una data) a penna: « 1688 ». TI capotasto è in osso. come pure i tastl che sono 14, di cui 3 mancanti.

n. 420. - Tamburello con fascia in legno dipinto in rosso c oro: tralcio di foglie dorate che corre lungo il giro (dentro e fuori) c bordi dorati; 6 tagli ret!angolari più un foro per il pollice; 3 paia di piastre dorate; striscia in ottone intorno a lla pelle. fermata da 7 galletti e tiranti; vi è una piccola rottura nella pelle. Misure:

0 cm. 35,5; a lt. senza galletti cm. 4.~.

n. 421. - Tamburello in legno di faggio naturale, senza nessuna decorazione; fori 5 (più uno per il pollice) e 5 paia eli piastrine; 6 galletti e 6 tiranti in ferro. Misure: 0 pelle cm. 33,8; 0 con cerchio legno cm. 35; alt. cornice cm. 6,5/7 . 11. 422. - Cetra da fai'(J/o di forma lunga e stretta, tipo Scheitholt, a 14 corde (3 di melodia c 11 di accompagnamento); piano armonico in faggio; fondo in abete: nel piano sono 2 rosette a fiore quaclrilobn.t.: n margherita con 2 petali chiusi e scavati; i tasti sono

Vetrina 9

Nella vetrina 9 (cubica) incontriamo un piccolo angolo slavo-balcanico, contenente, a sinistra, una cornamusa e, a destra, una gusla.

n. 425. - Cornamusa slava del '700, con due padiglioni svasati in metallo lavorato al bulino. Misure: L. tot. di una canna, quella senza fori, che dà il bordone, o nota fissa di pedale, cm. 57-36; 0 pad. cm. 9,2: L. tot. dell'altra canna (con 6 fori) cm. 26-28; 0 del pad. cm. 8,2.

n. 426. - Gusta. - Strumento ad arco di origine serba o dalmata in cui corpo e manico sono ricavati da un unico pezzo di legno (per lo più di acero); l'unica corda, governata da un lungo pirolo che attraversa il manico. è di peli di cavallo ritorti ed anche i crini dell'arco sono il cavallo. Il piano armonico è formato da una membrana di pelle eli pecora tesa sul bordo della

Sa la IV: Strwnemi popolari 109


cassa. Il suonatore s uona stando seduto, tenendo lo strumento verticalmente tra le ginocchi a e cantando; la gusla non ha un proprio corista fisso ma si adegua a quello del cantore che con essa si accompagna. Poiché non vi è tastiera le corde vengono tastate, lateralmente, con la parte carnosa delle dita indice, medio e mignolo l'anulare non viene mai usato), senza premere sul manico; l'arco, n. 427, è grande, ricavato da un ramo curvo il cui attacco al tronco serve da impugnatura. L o strumento qui esposto ha la cassa ornata nel retro da intagli geometrici ed il cavigliere terminante in una testa di stambecco artisticamente scolpita.

Misure: L. tot. cm. 82,5; L. piano cm. 26; l. mass. piano cm. 23; L . manico cm. 54; pf. cassa cm. 7; L. vibr. c. (appross.) cm. 4 1. Misure arco: L. cm. 39 X 1,5.

Vetrina 10 Sono qui esposti due colascioni, uno piccolo ed uno pitl grande, di epoche differenti c quind i con caratteristiche diverse. Sembra qui opportuno inserire anzitutto un cenno che chiarisca la natura di questo interessante strumento. 11 colascione è uno strumento a 2-3 corde, caratterizzato da un corpo relativamente piccolo (a fondo curvo) e da un lungo manico; come forma t rae le sue pitl remote origini dal tipo del « tanbur » orientale (cfr. monumenti dell'arte egizia ecc.), mentre, come nome, è di formazione piuttosto recente, in quanto si trova solo. in crittori italiani e francesi, a partire dal sec. XVII. Prese particolare sviluppo e diffusione nell'ltalia meridionale, specie nel napoletano; era strumento popolare c, benché venisse talora adoperalo anche in chiesa, nella prima metà del settecento, esso era usnto gene r:1lmentc per accom pagnare il canto profano in musiche da camera ed in esecuzioni a ll'aperto (il Burney ricorda di aver sentito, nell'ottobre 1770, a Napoli, una canzone cantata con accompagnamento di violino e c calascionc • ). l virtuosi olisti eseguivano per lo più musiche per liuto adattate a l colascione. per il quale esistono ben poche composizioni scritte espressamente. Fra i principali virtuosi ebbero grande fama i fratelli Colla (o Cola) di Brescia (dei quali Domenico e ra compositore di mus ica per colascione) cd i fratelli Marchi di apoli (tra cui va ricorda to, come compositore, Giacomo), che, nella seconda meta del settecento, fecero trionfali viaggi di concerti in tutta Europa. Come dati somatiei il colascione era assai variato, poichè aveva il dorso formato da un numero di doghe mollo diverso da un esemplare a ll'altro (da 9 a 25); il manico era di lunghezza oscillante tra m. 1,25 c m. 2; sulla tastiera il numero delle divisioni, d i budello. non era costante: vi erano da 16 a 24 tasti, ~uddividenti ogni corda in una scala cromatica che arrivava fino a due ottave. Per quanto riguarda le corde. poi, il Fryklund, autore della più esau·

I I O La Galleria armonica

riente monografia sul colascione, fa una distinzione il termine «colascione '> indica lo strumento più diffuso, a 2-3 corde, mentre al tipo con corpo un po' più grande e con più di 3 corde, in genere 5-6 (usato, anche se meno frequentemente dell'altro, specie nel sec. XVIIT, egli riserva il nome di c calichon • · Un tipo di colascione più piccolo (mezzo colascione) a 2 (o 4) corde. accordato un 'ottava sopra il colascione nom1ale, era detto c colasciontino ,. (termine ritenuto errato dal Fryklund, che sostiene doversi dire « colascioneino • ) e veniva suonato dagli stessi virtuosi di colascione; fu assai in voga a Napoli nel '700. F ra le musiche scritte per questo strumento va citata la raccolta di c 6 suonatine per colasciontino di due corde • (contenente anche una eric di composizioni per c calichon ,. a 6 corde) di D omenico Colla. Dei costruttori d i colascioni poco s i può dire, in quanto le etichette dei colascion i oggi conservati sono spesso assai sospette e la maggior parte di essi ~ anonima, dato anche il carattere dello strumento, non d'arte ma popolare. Una delle più sicure per autenticità è l'etichetta di un cola, ciontino a 2 corde appartenente al Museo di strumenti di Bruxelles (n. 1568), firmato da c Go cwijn Spijker l Musik Tnstrument l Maaker in Amsterdam l A. 1759 ~. Altre etiche tte, con nomi prevalentemente itali a ni , dci sec. XVI. XVII c XV rTT sono di dubbia valid ità cd infirmate dai loro stessi errori di ortografia. I più notevoli esemplari di co la~cioni oggi conservati , generalmente a 3 corde, si trovano a Milano (Conservatorio. n. 262), a Bruxelles (n1 1566, 1567, e 1568), a Stoccolma (Musikhistoriska Mu ·cct, n. 650. 651), a Goteborg, a Kopcnhagcn, Musikhistorisches Museum) n. 3 11 c Coli. Claudius n. 1 I l 1-1 13), a Lips ia (Coli. Hcycr, n.1 52853 1). a Vienna (Kunsthistorischcs Muscum, C. 44), a Ncw York (Metrop. Mus. n. 1009 c n. 1529), a Norimberga, ecc.; Le principali accordature del colascione sono: a 2-3 corde

a 6 corde ( ec. XVTTT)

2=J j J j r r 11 Bibliografia: La bibliografia del colascione è assai vasta ed è stata accuratamente vagliata da Daniel Fryklund nel suo studio c Colascione och colascionister • pubblicato nello c Svensk Tidskrift fOr Mu ikforsning •, 1936, p. 88· 117. Tra le fonti più antiche e quindi più interessanti pcrchè più vicine all'epoca di fioritura del colascione, sono i testi di M. Praetorius (Syntagma musicum, II. Wolfcnbiillcl, 16 18), di M. Mcrscnnc (H armonie univcrselle. Paris, 1636), di A. Kirchcr (Musurgia universalis. Roma. 1650). di F. Bonanni (Gabinetto armonico. 1722). ccc.. per lo più arricchite da chiare cd efficaci illustrazioni. A queste grandi opere del repertorio organolog;co generale vanno aggiunte


due roonografic del sec. XVII: G. C. Cortese. Lo colascione. 1621. Sgrutendio. La tiorba a taccone. 1646. Un accenno breve ma interessante, in quanto contiene una lista di fonti musicali manoscritte cd un Minuetto del Bresciancllo in intavolatura per colascione ed in trascrizione moderna, è in un manuale del nostro secolo, di J. Wolf: H andbuch der Notationskuode. II. Leipzig. l 919,

p. 125-127. Il primo esemplare di questo tipo di strumento che qui si presenta è il n. 428. - Grazioso colascione di sagoma piccola, per cui viene detto colasciontino. È anonimo (del sec. XVII-XVlTT) ma tuttavia di fattura accuratissima, tanto da poter essere definito oggetto artistico, più che artigianale. l1 manico è, come comporta il t,ipo, lungo e slanciato, in acero, con intarsi in madreperla raffiguranti frutti , maschere, teste di profilo, cuoricini, ecc. La tastiera è in ebano con intarsi di piastre rettangolari in avorio graffito (scene di caccia c paesaggi): il cavigliere, in acero. avorio ed ebano, porta due piroli in ebano con bottoncini in avorio il capotasto è in avorio; i tasti sono 12, di budello, annodati; il retro della cassa è a 11 dogbe in palissandro filettate di avorio. Nel piano è applicata una rosetta traforata. Vi è una scritta interna (a mano, ad inchiostro): « Candi (?) Oreste l Ri parò ... l 1896 • ·

Misure: L. tot. cm. 78,2; L. corpo cm. 21 ,5; L. manico cm. 56,7; l. mass. corpo cm. 13,4; pf. cassa cm. 6,8; L tastiera: sup. cm. 2,8; inf. cm. 2,7: L. tot. tastiera cm. 48,7; L vibr. c. cm. 67,3. n. 429. - Altro colascione, assai più grande, armato di un cavigliere del tipo di quello della chitarra, portante 5 corde doppie. È ornato da intarsi in madreperla dai riflessi di vari colori, raffiguranti rombettini, fiori , colombe; sul piano, oltre la piastra e vari fregi floreali, si trovano, in basso. due ovali, incorniciati da quadratini di madreperla che contengono varie figure, ad intarsio in madreperla: a sinistra una chitarra, una falce, una picca c un uccello; a destra un guerriero con e lmo, lancia e scudo. L a rosetta è digradante, di tre scalini, e sembra costituita in cuoio. Sulla tastiera sono altri intarsi di madreperla (c impasto nero) rappresentanti uccelli (forse piccole anitre) su foglie; sul cavigliere, sia sul davanti che sul retro: tralci di foglie. Il retro della cassa è a 15 doghe di acero tinto, filettate di acero naturale. l tasti sono 17, me tallici, tutti sulla tastiera; i piroli sono 10, di legno tinto c madreperla, dalla tcstina piatta con inserito un tondino di madreperla. L 'abbondanza di questo pregevole materiale fa ritenere questo strumento proveniente dalla

Campania, forse Napoli, forse Sorrento, dove la madreperla abbonda e dove viene artisticamente lavorata. TI numero delle corde fa datare lo strumento alla fine del '700-inizi dell'800, ma di questa seconda fase della storia del colascione riparleremo nella Sala XV.

Misure: L. tot. cm. 106; L. corpo cm. 33,2; L. manico cm. 72,5; l. corpo cm. 24,3; 0 rosa cm. 4,9; L. vibr. c. cm. 75,5. Ai colascioni seguono, sullo stesso ripiano in alto, due piccole chitarre:

n. 430. - Chitarrina assai profonda, dell'800, anonima, a 6 corde semplici con rosetta intagliata a fregi geometrici bordata da motivi a quadrettini in legni vari e, sotto la cordiera, una rosetta tipo margherita, a 8 petali, fatti a rombettini, di madreperb in impasto nero e, a l centro, un forellino a stella: sul cavigliere sono 3 tondi di madreperla (il centrale con una pietra blu) intarsiati in alto. T piroli sono 6 in palissandro, con tcstina piatta; il capotasto è in avorio, la tastiera in palissandro; i tasti sono 15. in metallo, tutti sulla tastiera; la cordiera è in palissandro e madreperla; vi sono gli attacchi per la tracolla. Misure: L. tot. cm. 53,5; L. manico cm. 28; l. corpo: alta cm. 13,4, media cm. Il. bassa cm. 16,6; pf. cassa cm. 8,8; L. piano cm. 25,5: l. mass. piano cm. l 6,8; 0 foro arm. cm. 5,7; alt. fasce cm. 8,4/8,6; L. vibr. c. cm. 33,4. n. 431. - Chitarrina battente a 5 corde doppie, ornata da una decorazione particolarmente graziosa: oltre ai soliti fregi ad intarsio in madreperla e impasto rossiccio o nero (a fiorellini nella parte del piano sotto la cordiera), oltre alla piastra di noce per riparare il piano dai colpi del plettro, vi è una figurina in avorio, rappresentante un coniglietto accovacciato. in atto di mangiare una grossa foglia di insalata: è b nota caratteristica che dà una vita particolare a questa piccola chitarrina settecentesca. TI retro della cassa è a doghe, fasce c fondo di noce con filettature in olivo; la tastiera è placcata in avorio, come la parte centrale, Iongitudinale, del cavigliere, nella quale sono graffiti graziosi fregi raffiguranti una rosa Tudor a 5 petali (il cui centro è forato per lasciar passare la tracolla) con foglie c boccioletti vari, c, presso il capotasto, un uccello in piedi sul bordo di una conchiglia del tipo « pcctcn » aperta; l'altro attacco per la tracolla è un bottone in avorio sotto la cassa; i tasti sono 14 (lO in metallo sulla tastiera e 4 in noce sul piano); il ponticcllo è in acero tinto c avorio; il capotasto è in avorio.

Sala IV : Srr111nenri popolari I I I


Misure: L. tot. cm. 6 1,5; L. piano cm. 34,3: L. manico cm. 35; l. corpo: alta cm. 14,5, centr. cm . 13, .inf. cm. 17 ,3; pf. cassa cm. 1J ,7; 0 foro arm. cm. 6/ 3: alt. fasce cm. 7 l lO, cm. 2/6; L. vibr. c. cm. 37 ,6. Nel 2° ripiano, intermedio, di questa medesima vetrina 10, troviamo ancora una cetra da tavolo:

n. 432. - Cetm da tavolo del tipo « Elegiezither ~, a 30 corde (5 tastate, di melodia. c 25 libere, di accompagnamento), con cassa dal piano in acero, inserti in palissandro ed intarsi con motivi fl oreali sulla parte estrema del rigonfiamento della cassa; nell' interno, visibile dal foro a rmonico, una veduta di mare con barca a vela dipinta su carta. Il fondo è in abete tinto ne ro con tre piedini costitu iti da palline di osso con chiodini; i ta<;ti sono 27, in metallo; 30 piroli sono in ferro.

di essi viene chiuso con cera a seconda della intonazione: per l'accordaturn re 5, do diesis4, si3• la diesis2 ( « p ipia , ) viene chiuso il 5° foro in basso; per l'accordatura do diesis4 • si 3, la2 , sol diesi$1 ( « mediana • ) viene chiuso il J0 foro in alto: il foro in più enunciato all'inizio si chiama arre/i1111: è rettangolare, stretto e lungo, ed è . empre aperto: c so si trova sotto tutti gli altri ora citati c dà il mi. La mancosa dà: mi, re, do diesis, si, la; il t11mbu dà il la basso. Le accordature sono va rie ed hanno diversi nomi: esse danno il nome al « cunzertu », a seconda della tonalità in cui è tagliato: ne abbiamo citato due: la ~ mediana , (meno acuta) che dà sol diesisu la J~ si si 3 do diesis4 , e la « pipia • (più acuta; il termine significa « bambina • ) che dà la2 • si 3, do diesis4 , re 5. P oiché queste due !.ono intercambiabili si uniscono solto una stessa nomenclatura « mediana a pipia •· L' arrefinu della mancosedda dà il mi, quello della mancosa dà il la.

Misure: L. tot. cm. 54; base cm. 20,2; l. mass. piano cm. 26,7; pf. cassa cm. 3, l ; 0 foro armonico (ovale) cm. 11,7 x 8,5: L. vibr. c.: tastate cm. 40,8, libere cm. 45,3 / 41. Incontriamo quindi degli strumenti, più che arcaici, preistorici: le launeddas, strumenti sui quali. prima di descrivere gli esemplari esposti, daremo qualche cenno.

Launeddas. Lo strumento è formato da 3 canne, per cui viene detto di « launcddas • (9): i nomi di queste tre cannp sono: l) tumbu ( IO) (non « tumba,. come scrive il M ahillon (Il) e come ripete il Recker ( 12) senza fori, con funzione di bordone; 2) mancosa manna(« mancina grande •)= 4 fori+ 1: 3) mancosedda (« mancina •) 4 fori+ l. ~onzertu •

=

Le due prime vengono tenute dalla mano sinistra e sono legate insieme (leggermente divergenti fino a 3 cm.) da spago impeciato; la terza è indipendente ed è tenuta dalla mano destra; i fori non vengono chiusi dai polpastrclli ma dalla seconda fa lange delle dita. Nella mancoscdda, vi sono 5 fori. ma ne ris ultano 4, in quanto uno

(9) G. F ARA. Sull'etimologia di • launedda1· :o , in: RMI.

xxv (1918), p. 259-279.

(l 0) G. FARA, Sull'etimologia della parola « tumbu l>, in: Rl11/J, XXI (1914) pp. 322-323. (I l ) ì vi. e C11. M ,\III LLON, Catalogue ... du Mmée instm m entnl ... du Conservatoire Royal de mu~ique de Bruxelles, vol. IV. Gand, 1912, p. 177, (n. 2303). (12) H. BECKER. 7.ur Emwicklungsge1chichte der tmtiken rmd mitTelalterlichen l~ohrblattinstrumente, Hamburg, H. Sikorski, 1966, p. 114.

II2

La Galleria armonica

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Il pezzo con l'ancia si chiama « cabissa »: è tagliato a parte per poter essere sostituito quando è consumato c si innesta nella canna ,·era e propria: l'ancia o linguetta, che si chiama « linguazza • a Cagliari e « Limbatta ,. nel Logudorese, è sempl ice battente ed è tagliata nella canna con l'estremità vibrante verso il basso: essa viene fermata d<tlla parte inferiore con un pezzetlo di cera per regolarne le vibrazioni. Sia le estrem ità inferiori delle canne che le superiori, sotto ai bocchini e sopra ad essi, sono rivestiti da giri di spago impeciato. Le launcddas, strumento. come si è detto. antichissimo anzi preistorico (come è dimostrato da una statuetta nuragica in bronzo raffigurante llll suonatore di launeddas, che si trova al Museo archeologico di Cagliari), banno molte analogie con l'aulos greco e con la tibia romana, sia per la materia (canna, spago, cera) che per la posizione di suono, anche se poi se ne differiscono per il numero delle canne (due il doppio aulos greco o la doppia tibia romana e tre le launeddas) e nella distribuzione dell'ambito: nelle launeddas i suoi bassi sono dati dalle canne di sinistra c gli ac uti dalla canna di destra, mentre sembra che nell'aulos avvenisse il contrario. Questo strumento un tempo veniva suonato in tutte le cerimonie, cortei nuziali. proccs~ioni, feste profane. balli, feste religiose, cerimonie natalizie. ecc., in cui si può quasi dire che sostituì se l'organo. Oggi, purtroppo, va sempre


più comparendo, anche per la grande difficoltà di suonarlo; è un messaggio che i giovani non facilmente raccolgono dai bravi esecutori delle passate generazioni. Lo si usa ancora, ad eesmpio, nella processione di S. Efisio o in feste popolari a carattere folk loristico, quasi per sodd isfare una curiosità turistica, ma è ormai una tradizione che si va inesorabilmente perdendo. Nella iconografia delle launeddas, oltre la statuetta di bronzo già citata, di epoca preistorica, va ricordata una miniatura delle ~ Cantiga'> dc S. Maria -. di Alfonso X il Savio di Castiglia e Leon (1221-1284): miniatura n. n nella numerazione R ibera ( 13), riproducente strumenti a tre canne detti « flautas triples • che si possono assimilare alle launeddas. La bibliografia è prevalentemente costituita dagli studi di Giulio Fara: L'anima della Sardegna. Udine, 1940, p. 68-71; Musica popolare sarda. In: RMT, XVI ( 1909), p.

25-735; Su

11110

strumento musicale sardo. In:

RMl, XX

(1913). p. 763-791: XXl (1914), p. 13-51. Si aggiunga a questi la monografia recente di uno danese: A. F. Weis BENTZON. The !auneddas. A Sardinian folk music instrument. Copenhagen. Akademisk Forlag. 1969.

studio~o

Dei due strumenti qui presenti diamo le notizie principali: n. 433.

Misure delle tre canne (con decorazione puntinata): a) L tot. cm. 80; 0 alto cm. t ,5, bas~o cm. 1,8; b) L. tot. cm. 50; 0 a lto cm. t, basso cm. 1, 1; 5 fori: l lungo, 4 piccoli; c) L. tot. cm. 44; 0 alto cm. 0,8, ba<-so cm. 0.9;

6 fori (rettangolari). Altro esemplare moderno 11. 434: a) L. tot. cm. 77 ,5; compresa ancia cm. 83; 0 alto cm. l ,4, basso cm. 1,5; b) L. tot. cm. 40,7 senw ancia; 0 alto cm. 0,9, basso cm. 1: 5 fori; c) L. tot. cm. 36,4 con ancia; cm. 31,5 senza ancia: 0 alto cm. 0,8, basso cm. 0,9; 5 fo•i. Nello stesso ripiano una Ghironda seiccntesca (n. 435) a forma di chitarra, molto semplice, decorata da una testa di uomo con baffi e con cappdlo, rozzamente scolpita , in cima al cavigliere. Di que: to interessante strumento si darà un cenno storico-tecnico nella Sala VI. L'esemplare qui esposto è con cassa a forma di chitarra. a 4 corde: 2 che passano nella tastiera e 2 che passano fuori (corde libere. o di l~or-

( 13) J. RIBERA. L a 11111\ica de Lll.\ Cantigas. Madrid. l n2.

done, che danno suoni fissi, ma tutte sempre, come è ovvio, strofinate dalla ruota; le fasce e il fondo sono di noce; i piroli sono eli legni vari; i tasti sono t 2. Sul coperchio della tastiera è intarsiato un lungo rombo di acero. Per attacco della tracolla vi sono un perno di noce nella fascia di fondo ed un altro dietro al cavigliere.

Misure: L. tot. (senza manovella) cm. 62,5; l. piano sup. cm. 22. media cm. 20, bassa cm. 27 ,2; pf. cassa cm. 9,3: tastiera (cassettina) cm. 23,8 x 6.2: L. vi br. c.: libere cm. 34,5, tastate cm. 35,3. Nel 3° ripiano in basso, è esposto un Mandolino piatto (n. 436) con i due fori armonici a forma di effe come il violino ma leggermente sfalsati, cioè uno pitt s u e l'altro più gitt. Fondo, fasce c manico sono di faggio, mentre il piano, come di solito, è di abete: cordiera e tastiera sono in palissandro: su qucst'ulti · ma sono inseriti, ad intarsio, 2 tendini di madreperla· i tasti. di metallo. sono 19; i 6 piroli sono in legno tinto; sul piano, verso il basso, è un fregio in ebano.

Misure: L. tot. cm. 55; L. piano cm. 30; L. manico cm. 24,8/ l 0.2; l. mass. piano cm. 23; pf. cassa cm. 5; L. vibr. c. cm . 30,3. Attraversa, in diagonC~Ie, tutto il piano in ba<;so, sempre della vetrina t O, un Alphorn svizzero, elci tipo piegato. Anche di questo strumento sarà utile tracciare un breve cenno storico. L'Aiphorn è uno dei più antichi strumenti a fiato che si sia conservato fedele al suo tipo originario di tromba lunga di legno, a cameratura conica. La forma tipica c diritta, con una piegatura nella parte terminale del tubo sonoro, proprio solto il padiglione, se così si può chiamare la parte verso il foro di uscita, leggermente svasata: tale sagoma a pipa. che ricorda pure lo shofar ebraico, è nssai simile alla figura del ~ lituus-. dei romani: ~ lituus nlpinus • . infatti. lo chiama Conrad Gesner nella sua « Descriptio Montis Fracti seu Pilati • . pubblicata, in latino, a Zurigo nel 1555. Le origini deii'Aiphorn \Ono remotissime. E. Buhle ( 14) pensa che esso derivi dai grandi corni militari di melallo: secondo C. Sachs, invece, si riatlaccia alle trombe primitive. dal suono terrificante, usate in molti riti magici dell'antichità ed ancor oggi connesse con le cerimonie pro· piziatorie di funerali (Romania) o con le preghiere della ~era (Svizzera) ( 15). ( 14) E. B UIILE. Die mu.likali\'cl!en l nsrrumen/l' in den Minialllren des frill!en Miuelalters. Ein Beitrag z.ur Gelchirl!te der Musikinstrumeme. l . Die 8/minstrumente. Leipzig, Brcitkopf & Hiinel, 1903, p. 13, 14. 19. (15) TI! e ltistory of nuoical imtruments. London. J. N. Dcnt & Sons, Ltcl, 1942, pp. 47-48.

Sala IV : Strumenti popolari

I I}


L'Aiphoro è strumento caratteristico della Svizzera e dello Spessart tedesco, ma si estende anche ai monti della Baviera, della Turingia, dell'Austria; tuttavia come tipo di tromba lunghissima, diritta, di legno, si può accostare a strumenti pastorali simili: dall'arcaico c lur ~ scandinavo (non quello danese, di cui sono conservati degli esemplari a Copeuhagen) al • bucium:. romeno. dal c luik ~ estone al « ligawa » polacco, cd infine ad altri usati nel Caucaso, ncii'Hindustan, fra gli Indiani del Sud America, ecc. Il suono dell' Alphorn. che si spinge a grandi distanze, echeggiando nelle vallate più lontane, (u usato in antico anche quale segnale d'allarme per chiamare a raccolta le popolazioni in caso di di pericolo; e so l: ora impiegato per riunire il bestiame, per segnalazioni varie c per tipiche melodie popolari, soprattutto per scopi turi tici. L'Alphorn è costitu ito da pezzi d i tronco d'albero (abete, pino domestico, pino cembro) per il tubo sonoro e da radici per il padiglione ed il suo gomito; i pezzi di legno sono tenuti insieme c ricoperti da una fasciatura di scorza d'albero {per lo più fibre di alice o betulla); il bocchino è di legno duro. Oltre al tipo prevalente e tradizionale, diritto, che raggiunge anche le proporzioni eccezionali di circa 4 metri, se ne costruisce anche un altro che, pur conservando le stesse caratteristiche foniche e la stessa lunghezza di tubo sonoro. risulta più maneggevole per essere piegato in tre, così come lo fu la tromba lunga da araldo alla fine del medio evo. Ecco lo schema teorico delfestensione di un Alphom diritto (lungh. m. 2,45), proveniente datrOberland Bcrnese. posseduto del Mu co strumentale di Bruxelles (n. 1144: v. Catai. Mahillon. vol. II, p. 367-368): « Scala armonica totale»

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L'Alphorn produce solo gli armonici naturali, la cu i esatta intonazione, tuttavia, dipende dal ma teriale e dalla regolarità di costruzione del tubo sonoro. Come in tutti i primitivi strumenti a fiato, la quarta {11° armonico) è un suono intermedio fra il fa nat. ed il fa diesis( Alphorn in fa); tale caratteristica, che ricorda la quarta eccedente del modo lidio, si ritrova anche negli jodler, canti vocalizzati che hanno una particolare fioritura ncll'Appenzell, regione alpina del nord della Svizzera che dà il nome ad una tradizionale melodia popolare, detta appunto 4: Appcn-

I I 4 La Galleria or monica

zeller Kuhrcigcn ~. o 4 Ranz des vaches » (corteo delle mucche), di cu i l'Aiphorn è il naturale interprete. Oltre i numerosi musicisti che ripresero tale melodia, anche Wagncr dimostrò di non sfuggire al (ascino di questo strumento e, per l'a solo strumentale del pastore nel 3° atto del c Tristano ~. prescrisse uno speciale strumento di legno c sul modello dell'Aiphorn svizzero». Fra le citazioni letterarie in cui si può veder adombrato l'A iphorn figurano le « maiores tubae » di cui parla lo storico dell'Abbazia svizzera di S. Gallo, Ekkehard JV (Casus S. Galli, cap. 111), quale s trumento diffuso fra le genti alpine del suo tempo (sec. X). In pieno R inascimento. nel 1563, uno svizzero suonatore di Alphom veniva chiamato al servizio del Principe di Orléans. Nel 1618 M. Praetorius parlava, nel suo c Syntagma musicum » (H . De organographia. Cap. V f, p. 33; tav. VI U, fig. 12) dcll 'Alpborn come di strumento predi letto da suonatori ambulanti del Voigtland e della Svizzera. Nel romantico '800 l'Alphorn fu assai ammirato da letterati e da artisti: Mme de Stacl ne lodava la poesia agreste e Th. Gauthicr rincanto nostalgico; i poeti tcde chi F. von Schlcgel c F. Freiligrath lo cantarono, nei loro versi, quale strumento tipico del lo Spessart. Esemplari di Alphorn nei due tipi, diritto e piegato in tre, si trovano nei principali musei di strumenti : Basilea. Berlino, Boston, Bruxelles, Copcnhagen, Lucerna, Monaco, ew Y ork, Vicnna, Zurigo. Più diffu e notizie sull' Alphorn si trovano nell'opera di K. M. Klier: Volkstlimliche Musikinstrumentc in den Alpen. Kassei-Basel, Barenreitcr, 1956, pp. 16-18, fig. 11-28.

L'esemplare qui esposto, n. 437, è del tipo piegato, in legno di abete ricoperto di scorza; il tubo, nella parte finale, è cilindrico (0 c. cm. 18): il resto è a sezione ottagonale.

Misure: L. tot. cm. 140,4; L. colonna d'aria cm. 339; 0 tubo entrata cm. 2, uscita cm. 8,2. Ultimo pezzo della vetrina 10 è un elega nte corno di animale, n. 438. Corno scolpito ed inci~o: vi è raffigurato, in rilievo, un cavaliere con cappello piumato, a cavallo, che insegue uno stmzzo ad ali aperte. Le briglie del cavallo, la cavezza e le staffe sono in argento; i 2 anellini di sostegno per un cordone di trasporto sono in metallo bianco annerito. Misure: L. tot. cm. 35/37; 0 uscita cm. 7 X 8.

0

entrata cm. 2,2;



342. Mandolino napofetmw asimmetrico di

. M. Ca/ace ( 1904) (Vetrina l)

343. Mandolino napoletano di A . Ca/ace ( 1874) (Vetrina 1)

I I 6 La Galleria armonica


344. Mcmdolino nnpole1ano anonimo ricoperto in tartaruga; sec. XJX (Vetrina l )

345. Mnndolino napoletano di A. Petroni (1871) (Vetrina l)

Sala l V: Strumenti popolari

I 17


346. Mandolino napolewno di A. Pctroni (1868), avanti c rcLro (Vetrina l)

l I 8 La Galleria annoni ca


347. Mandolino napoletano di A. Petroni (1871), avanti c retro (Vetrina l)

Sala IV: Strumenti popolari

I 19


P. V. 8208. Mandolino napoletano anonimo ricoperto in tartaruga (sec. XJX), avami e retro (Vetrina l)

I 20 La Galleria armonica


348. Caccave/la in terracotta (Vetrina l)

349. Tricchebaflacche, legni vari (Vetrina l)

358. Scacciapensieri con aquila in ottone (Vetrina l)

Sala IV: Strumenti popolari

I2I


353. Raganella con mota dentata in ebano (Vetrina l)

360. Cetra ad arco anonima; sec. XIX (Vetrina 2)

I 22 La Galleria armonica

361 . Concertina, strumento ad ance libere: sec. X IX (Vetrina 2)


362-366. Ocarine in terracotttl di c C. Vicine/li, Budrio»; sec. XIX (Vetrina 3)

367 -371. Ocarine in terracotta; sec. XIX (Vetrina 3)

372. Cetra da tavolo anonima; sec. Xl X (Vetrina 4)

Sala TV: S trumenti popolari

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373. Cetra da tavolo di M . .T. A. Eklwrd; sec. XlX (Vetrina 4)

375. Cetra brevettata di Miiller: sec. XIX (Vetr[na 4)

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24 La Galleria armonica


377. Mwulolone di c Antonius Vinaccia ~ Napoli, 1788 (Vclrina 4)

P.V. 8195. Mandalone anonimo; sec. XVlii (Vetrina 4)

Sala lV: Strumenti popolari

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378. 381, 383. Tamburelli dipinti (Vetrina 5)

393. Mandolino napoletano anonimo; sec. XVIII, avanti e retro (Vetrina 6)

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20 La Galleria armonica


394. Mandolino napoletano di V. Vinaccia, Napoli, 178 l (Vetrina 6)

395. Bandurria di M. Z orzano, Madrid; sec. XIX (Vetrina 6)

Sala IV: Strumenti popolari

127


401, 405. Nacchere in bos.w incise; sec. XVII (Vetrina 6)

409. Nacchere in legno dipinto; sec. XIX (Vetrina 6) 399. Nacchere con stemma inciso; sec. XTX (Vetrina 6)

398, 41 l. Nacchere in legno dipinto; sec. X IX (Vetrina 6)

402. Nacchere in bosso incise; sec. XVIII (Vetrina 6)

406. Nacchere in (/l'Orio; sec. XX (Vetrina 6)

410. Nacchere in avorio;

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28 La Galleria armonica

cc. XX (Vetrina 6)


P. V. 7765. Balalaika; sec. XlX (Vetrina 6)

4 12. Balalaika « 111ade in Russia » l « The Rege 111 :» ; se..:. XIX (Vetrina 6)

Sala lV: Strumenti popolari

I2f)



414. Flagiolerto co11 fregi a i11taglio; sec. XVIII-XIX (Vetrina 6) 415. Flauti110 dolce geminato; sec. XVIII-XIX (Vetrina 6) 416. Cetra da tavolo cuzo11ima; sec. XV III (Vetrina 7) 417. Epinette des V osges anonima; sec. XVIII (Vetrina 7)

414. 415

Sala lV: S trumenti popolari

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418. Epineue des VOSJ!eS anonima; sec. xvnr (Vetrina 7)

1'. V. 8197. Strumento doppio anonimo: mando/a/ mando/ino:

419. Piccola cetra da tavolo anonima • 1688 • (Vetrina 7)

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La Galleria armonica

cc. XIX (Vetrina 7)


420. Tamburello dipi11to; sec. XV/l/ (Vetrina 7)

422. Cetra da tavolo anonima; sec. XVliT (Vetrina 7) 425. Cornamusa slava; sec. XVIIJ (Vetrina 9)

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Sala IV: Strum enti popolari l

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423. Cetra da cavolo c011 astuccio c S. Vsetecka!Wìe11 ~; sec. XIX (Vetrina 8)

433. Launeddas; sec. XVITT (Vetrina 10)

I 34 La Galleria armonica


426. Gurla anonima con arco; sec. XVlll (Vetrina 9)

428. Colascione piccolo anonimo a 2 corde; sec.:. XVI f-XVlll (Ve trina 10)

429. Colascione grande fiiiOIIim o decorato; sec. XVIII-XIX (Vetrina 10)

Sa la IV: Strumenti popolari JO

I JJ


430. Clutm rmtt anon111111; sct:. X l X (Vetrina l 0) .JJI. Cltiwnina htll/1' 1111' anonima: sec. XVIII (Vetrina IO)

432. Cetra da tm•o/o anonima con mtarsi: sec. XVIII-XIX (Vetrina IO)

410

411

432

l 36 La Gallf'ria amwnica


435. Ghironda anonima; sec. XV II (Vetrina IO)

436. Mando!ino piallo; sec. XlX (Vetrina 10)

Sala lV: Srrumenti popolari

I 37


437. Alplwm; sec. XIX (Vetrinn JO)

438. Como di bue; sec. XV II -XVlll (Vetrina IO)

I 38 La Galleria armonica


Sala V IL PIAN OFORTE

Questa sala è dedicata all'inventore del pianoforte, Bartolomeo Cristofori (strumento che qui troneggia, dalla sua pedana, tra altri « colleghi » dello stesso sec. XVIII). Di lui, tuttavia, parleremo alla fine della sala, quasi a lasciare per ultima l'esplosione di un grande astro quale fu veramente il Cristofori. Iniziamo, quindi, la visita, entrando, sulla destra, con il n. 986, pianoforte rettangolare con 2 pedali , costruito dalla Casa Longman & B roderip, nota casa editrice di musica che ·e sercitò anche il commercio di strumenti musicali, a Londra, nella seconda metà c'el '700; la ditta, fondata intorno al 1767 da James Longman, diventa, per l'entrata di un nuovo wcio, Longman & B roderip negli anni 1779-98 . Proprio nel 1798 la ditta fallisce, dopo di che J ohn Longman, che era succeduto all'antico James, vi interviene per alcuni anni con la collaborazione del noto comj:ositore e pianista italiano Muzio Clementi (1752-1832); la ditta diverrà poi, alla morte del Clementi, Collard e Collard. Lo strumento, secondo una nobile tradizione ebanistica inglese, è decorato da intarsi di legni vari. raffigu ranti festoni floreali, che fanno corona alla targa ovale in rame porcellanato contenente nome e indirizzo dei costruttori: « LONGMAN & BRODERIP l N. 26 C HEAPSIDE & N. 13 HAYMARKET l LONOON >> . I l piano armonico è di abete; le cornk:ette sono di mogano: i 122 piroli sono di ferro; i ponticelli sono di acero; h meccanica è, naturalmente, inglese; vi sono 3 registri a mano. a sinistra della tastiera: il 1°, che mette tutti g li smorzi, è comandato anche dal pedale ~ini ­ stro; il 2° solleva gli smorzi degli acuti (ultimi 30 verso destra): il 3° solleva gli smorzi dei bassi (primi 3 1 a sinistra). TI pedale destro alza il pezzo di coperchio sul davanti a destra. D ei 61 tasti i 30 inferiori sono placcati in avorio. i 25 superiori sono ÌJ1 legno tinto; essi sono lunghi cm. 12,2 / 4 e largh i cm. 2,2. L "ambito è d i 5 ottave ta ~ -fa6 • L e corde, in o ttone c acciaio, sono 3 per tasto. L e l unghezze vibranti di esse sono: 1° Do cm . 107,6; Do cm. 88,3: 3° Do cm. 56: 4° Do cm. 28; 5° Do cm. 16.

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Misure: L. sola tastiera cm. 82,5; lato A cm. 157,5; lato B cm. 55,3; alt. cassa cm. 23; alt. da terra cm. 87.

n. 928. - Pianoforte rettangolare Longman & Bro· derip - sec. XVUI. - Anche questo strumento, tipicamente inglese come lavoro di pregevole ebanisteria, è decorato da filettature e intarsi di legni vari. Sulla striscia che discende verticalmente dietro la parte visibile dei tasti (nameboard) vi è la scritta, a caratteri goti ::i, col nome e l'indirizzo dell'autore racchiusa in un ovale e circondata da un fregio floreale, a volute, su fondo giallo: « LONGMAN AND BRODERTP l N. 26 CHEAPSIDE AND N. 13 HAY MARKET l LONDON ». Nell'interno della cassa, a sinistra, presso i registri a mano, si trova il numero di costruzione: « 1785 >> : esso, per pur o caso, sembra quasi coincidere con la data eli nascita dello strumento, che, come si è deeo, è compresa fra il 1779 ed il 1798. Non ci sono ped ~ Ji; vi sono 3 registri a mano, sulla sinistra (2 per il forte, l per il piano). Le corde sono 2 per tasto, in acciai" . T piroli sono 122, in ferro. TI somiere è na'" costo rlnl piano armonico, che è in abete. I tasti sono 61: 25 superiori, placcati in ebano, e 36 inferiori placcati in avorio. L 'ambito è di 5 ottave (fa 1-fa6); le lunghezze vibranti delle corde sono le seguenti: l o Do cm. 118.8; 2° Do cm. 87,3; 3° Do cm. 57; 4° Do cm. 30,2; s<' D o cm. 14,3.

Misure: L. tastiera cm. 83; lato A cm. 156; lato B cm. 54,5; a lt. cassa con coperchio chiuso cm. 21 ,5; alt. da terra cm. 8 1,8 .

n. 929. - Sostegno per detto pianoforte: 4 gambe a tronco di piramide rovesciata con rotelle ovalizzate costituite (secondo una tradizione inglese che, pur consentedone lo spostamento, evita allo strumento di effettuare movimenti non richiesti sui lucidi pavimenti) da placchette o meglio piastrine di cuoio ovall affiancate. Misure : cm . 158x56; alt. cm. 7,8/6,2X60 (misura totale gambe). n. 909. - Pianoforte rettangolare anonimo, con 6 1 tasti: 25 tasti superiori placcati in osso c 36 tasti inferiori placcati in ebano. Vi è l leggio a grata rettangolare (incornic iato nell'interno del coperchio). L'am-

Sala V: ll pianoforte I }9


bito è di 5 ottave, fa~ -fa 6 • Cassa in noce. Le 4 gambe sono a piramide rovesciata con piedini a palletta; vi è l ginocchiera sulla destra per alzare 48 smorzi dal basso verso l'acuto. Nella tavoletta che scende sui tasti vi sono intarsi in palissandro con filettature di legni vari) a forma di rombo orizzontale c 2 triangoli simili ai lati. Misure: lato A cm. 136: lato B cm. 48.5: alt. cassa cm. 19.3; alt. da terra cm. 79.5.

A .D. 53. - Pianoforte rettangolare Erard 1781 a 4 pedali. - È strumento dalla cassa elegantemente decorata. all'esterno, con pitture ad olio in bianco su fondo grigio; tralci c ghirlandette di fiori racchiudono scene pastorali con sci ninfe, quattro amorini . due pecore ed un cane presso un corso d'acqua. Sulla parte anteriore del coperchio, parte che si abbassa davanti a lla tastiera. vi sono, tra piante e fiori, tre amorini, di cui due musicanti (lira e flauto): a ll'interno di questa stessa ribaltina, visibili quando la si apre sopra i tasti. vi sono una graziosa ghirlanda intrecciata con fiori di vari colori, due tralci di foglie e due frecce: a lla base della cassa si trova un fregio costituito da un nastro giallo che si svolge con dorate spire attorno a tralci floreali. Sempre all'esterno si trovano sulle pareti due medaglioni con paesaggi dipinti in grigio. L a scritta (in un ovale di porcellana, nella striscia che scende ui tasti) è in caratteri gotici e porta la dicitura « SEBASTIEN ERARD ET FRERE 1 COMPAG. PRIVILE(;lf~ E DII ROI flUE DU MAIL N. 37 l À PARIS 1781 ;1> , Lo strumento ha un ambito di 5 ottave e una s a: fardo7. I tasti sono 68: 40 inferiori placcati in avorio e 28 superiori placcati in ebano; essi misurano cm. 13 /4,2 di lungh ezza c cm . 2,2 di larghezza. Le corde, in acciaio c ottone, sono 2 per tasto. Le lunghezze vibranti di esse sono: l o Do cm. l 24.8: 2° Do cm. 89.4: 3" Do cm. 56,3; 4" Do cm. 27,3; 5" Do cm. 7. I 4 pedali sono. da sinistra: piano. forte. cembalo. fagotto.

Misure: L. tastiera cm. 92: lato A cm. 161; lato B cm. 60; alt. cassa cm. 25: alt. da terra cm. 79,5. n. 762. - Clavicordo. - È uno strumento che si potrebbe considerare quasi portatile, in quanto consiste in una cassetta stretta c lunga che si potrebbe mettere agevolmente sotto il braccio. Nell'interno del lato ribaltabile del coperchio articolato si trova una data, scritta in grossi caratteri. con inchiostro color ruggine molto sbiad ito: « 1690 ». È di fattura quasi

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40 La G a/feria armo11lca

certamente tedesca cd è del ripo che i tedeschi chiama· no " gebundencs • , cioè legato, in quanto il numero delle corde è inferiore a quello dei tasti. dato che le tangenti metalliche poste sulle leve dei tasti percuotono le corde in vari punti, anche della stessa corda: infatti i piroli in ferro, quindi le corde. sono 58, mentre le tangenti. quindi i tasti, sono 45. TI piano armonico è di abete, le cornicette sono di noce. il ponticello è di faggio. T 18 tasti superiori sono placcati di bosso c i 27 inferiori sono placcati di acacia: questi ultimi hanno tutti i frontalini intagliati con motivo a tre arcate di cui la centrale più alta. L'ambito è di 4 ottave (do 1-do 1). Misure: sola tastiera cm. 61,7; lato A cm. 100: lato 8 cm. 29,2; lato A con cornicetta cm. 101,5; lato B con cornicetta cm. 31: alt. della cassa con coperchio chiuso cm. 15; rosetta (in pergamena) 0 cm. 3,4. 11. 987. - Piccolo piano/orte rettangolare anonimo, fine '700. con angoli frontali smussati: cassa in noce con sottili cornicettc in bronzo dorato a motivi floreali che fanno quasi presentire il non lontano stile Impero. Nella striscia che scende dietro la parte visibile dei tasti è un piccolo ovale con un minuscolo paesaggio (forse austriaco) dipinro in una tonalità di color seppia. L'ambito è di 4 ottave: fa1-/a, : i tasti sono 49: i 29 inferiori placc~Hi di ebano; i 20 superiori placcati di osso. 11 piano armonico è di abete; le cornicette sono di legno tinto. TI somiere è di noce; i piroli. in ferro. sono 49 come i tasti. Vi è sulla sinistra l ginocchiera che solleva tutti gli smorzi. Le lunghezze vibranti delle corde sono: l " Do cm. 66; 2" Do cm. 49; 3" Do cm. 29; 4" Do cm. 18.

Mìsure: L. tastiera cm. 59,5; Lato A cm. 89; lato 8 cm. 41; a lt. cassa cm. 28,2 (senza coperchio): a lt. da terra cm. 83,5. 11. 988. - Pianoforte rettangolare D. Morandi 1795. - Cassa in noce con filettature in acero c palissandro. Le gambe sono a cono rovesciato. La scritta è dipinta in nero in una striscia rettangolare di acero ad intarsio. inserita nella tavoletta che scende dietro la parte visibile dei tasti: « DOMfNICUS .\10RANDI l l\IEDIOI.ANI l 1795 ) . L'ambito è di 5 ottave: fa1-fa 6 ; le corde, in acciaio c ottone. sono una per tasto per le prime 5 note, e 2 per le altre. Le lunghezze vibranti di esse sono: 1° Do cm. 108: 2" Do cm. 79,2; 3° Do cm. 51.5; 4° D o cm. 28,5; 5° Do cm. 14,5.


I tasti sono 61: i 36 inferiori placcati in ebano, i 25 superiori placcati in osso; la loro lunghezza è di cm. 13 / 4 e la Jargh. è di cm. 2 ,2. Jl piano armonico è in abete; i piroli, in ferro, sono 115; i ponticelli sono in noce; gli smorzi sono 57; manca l'ultimo tasto a destra (faa). H a subito delle modifiche: probabilmente vi erano 2 ginocch iere ( l per gli acuti e l per i bassi). Misure: L. tastiera cm. 82,5; lato A cm. 156; lato B cm. 58; alt. cassa cm. 21 ,8; alt. da terra cm. 84.

n. 989. - Pianoforte rettangolare L. Viola 1795. Cassa in noce dalle linee semplici e sobrie; le gambe sono a cono rovesciato e sono smontabili, a vite. La dicitura col nome è racchiusa in una targhetta rettangolare dai lati arrotondati , che è in acero ad intarsi, i11serita nella striscia che scende sopra i tasti, porta: « N. 84 l ALOYS IUS VIOLA F'ECIT BONONIAE l MENSE SEPTE:vlllRfS l ANNO 1795 >> . L 'ambito è di 5 ottave fa ~-fat;; i tasti sono 61: i 36 inferiori placcati in ebano, i 25 superiori placcati in osso. Vi è un telaio con seta verde che copre le corde ed è asportabile; vi è un leggio pieghevole in noce. TI piano a rmo njco è in abete; le cornicette sono m noce: il somierc è coperto dal piano armonico. M isu re: lato A cm. 159; lato B cm. 56: tastiera cm. 87; alt. cassa cm. 19.5: alt. cb terra cm. 81.

Vi sono 2 ginocchiere; que lla di destra smorza tutto con un tipo di smorzo particolare che segue la sagoma arcuata del ponticello sul piano armonico; quella di sinistra toglie gli smorzi, in corrispondenza dci martelletti. n. 912. - Pianoforte rettangolare Scflolly. - Ha quattro gambe a piramide rovesciata con puntali in legno a sezione quadrata, cassa in noce ornata da intarsi eli legni vari, per lo pitl in acero, raffiguranti: una farfalla in un ovale sul coperchio, quattro farfalle ai quattro a ngoli del coperchio (sempre sul lato esterno); greche ai bordi dalla tavoletta col nome e alla base della cassa nonché ai lati della tastiera; nel resto: fil ettature varie e nei frontalini tre modanature. La scritta col nome de!J'autore, un tedesco che lavorava a Roma nel '700, racchiusa in un ovale inta rsiato nella tavoletta che scende sopra la tastiera. è redatta in un italiano che ricorda molto da vicino la lingua tedesca: « JOH. MICH. SCHOLLY l FABRTCATOR DE PJANf'ORTE l 1 ROM.

l 1798 N. 47 >> .

Questo autore, certo non molto celebre perché non si trovano notizie di lui nei repertori, doveva aver avuto, tuttavia, un suo momento di gloria in Italia, dove si era, forse da poco (come farebbe pensare l'uso

piuttosto incerto delia lingua italiana), trasferito dalla natia terra tedesca, come altri suoi compatrioti, se vi aveva costruito già, con questo, 4 7 pianoforti. L'ambito dello strumento è di 5 ottave fa 1-fa6 ; l 25 tasti superiori sono placcati in avorio ed i 36 inferiori sono placcati in ebano. Misure: lato A cm. 151; lato B cm. 59; alt. ca~ sa cm. 21,7; alt. da terra cm. 81,4; L. sola ta· stiera cm. 84,2.

Nel centro della sala si trovano tre pianoforti a coda, di cui quello di gran lunga pitt importante, di Bartolomeo Cristofori, rimarrà, in questa presentazione per ultimo, come apice, inizio e trionfo del pianoforte per eccellenza. nell'opera del suo inventore.

n. 680. - Pianoforte a coda di J. l. Konnicke, Wien, fine sec. XVl/1 . - È uno stmmento in noce dalle linee eleganti che, per interessanti combinazioni cromatiche di ebano, avorio c osso, nonch ~ per k borchie di ottone fuso applicate aUa base della cassa e a lla parte alta delle gambe (con piedini di ottone fuso), rivela il fine gusto settecentesco viennese che si distingue per Io stile del mobile e per la lavorazione dei materiali. La tastiera, di 63 tasti, presenta la caratteristica di avere i 37 tasti inferiori placcati in ebano ed i 26 superiori placcati in avorio e osso. Essi hanno, inoltre, graziosi frontalini, decorati da motivi geometrici in ebano e avorio. Misure dei tasti: L. cm. 14,4/ 3,9; l. cm. 2,2. Sulla tavoletta che scende dietro la parte viEibile dei tasti è inserita una targhctta ovale in porcellana, con cornicetta di ottone, in cui si trova il nome del costruttore: « JOHANN JACOB l KONNICKE l lN WIEN » . L 'ambito è di 5 ottave c una 2" (farso/6); la meccanica è, naturalmente viennese; ci sono 2 ginocchiere: la destra dà il piano mettendo una sordina c la s inistra dà il forte alzando gli smorzi . Il piano armonico è di abete; le cornicette sono di legno tinto; il somierc è di noce; i 118 piroli sono in ferro; i ponticelli sono in legno tinto. Le corde, in acciaio e ottone, sono 3 per ogni tasto nelle ultime 22 note all'acuto e per tutte le altre 2 per tasto. Le lunghezze vibranti delle corde sono: l o Do cm . 153.6/ 152.5; 2° Do cm. 102,8/ 101,3; 3° Do cm. 54,3 / 53,4; 4° Do cm. 28; 5° Do cm. 14. Misure dello strumento: L. tastiera crn. 82,8; lato A cm. 98,5; lato B cm. 218; lato C cm. 185,8; lato D cm. 60: alt. cassa cm. 27 ,7; alt. da te rra cm. 85 ,5. n. 990. - Pianoforte a coda di Carlo Arno/di, fine sec. XVIII. - Lo strumento è in noce ed ha linee assai eleganti c sobrie; le gambe, con attacco a vite,

Sala V: Il pianoforte I

41


sono affusolate e scanala te; le decorazioni sono costituite da intarsi e da due piccole pitture. L ' intarsio è presente in un ovale che si trova ne lla tavoletta che scende dietro alla parte visibile dei ta~ti e che contiene le lettere CA in un tondo con bordo dentellato affian cato da due uccelli (corvi?) ad ali aperte e, ai lati, da due ovali (dipinti a oljo su tela, quasi di tipo miniatura, con cornicette in ottone) applicati al legno dello strumento. I soggetti di tali piccoli quadretti sono figu re femminili con bambini. Su questo autore vi sono alcune interessanti notizie. Anzitutto: l'attribuzione a Carlo Arnoldi è corroborata dalla presenza nel patrimonio del Museo di altri due suoi strumenti (non esposti perché bisognosi eli restauro) (1) che hanno notevoli affinità Etilisriche con questo, oltre al monogramma CA , che è già di per sé abbastanza eloquente per confermarne l'attribuzione a Carlo Arnoldi, ma soprattutto dalla scriHa interna (etichetta stampata, che ora è di nuovo ricoperta dal piano armonico) e che porta la seguente dicitura: « LABORE ET STUDIO l CAROLl ARNOLD I TRIDENT JNUM (sic) l ANANIENSIS OPI FICIS l ROMAE ANNO 179. (sic) ». Su questo termine Anaillensis (che non ha nulla a che fare con Anagni) si può citare un passo del Libro copiale n. 69 dell'Archivio Capitolare di Trento a lla data del 14-5-1787: «Noi P. Vigili... attestiamo c facciamo indubitata fede qualmente Carlo Arnoldi della Villa di Thueno nella Va lle Annone fTuenno in Val di Non] , rustrctto di questo Principato, giovane di ottimi costumi e fabbricatore di cembali. si porti in Ita lia per esercitarvi la propria professione.. . >>. 11 piano armonico è di abete; i 122 piroli sono in ferro; i ponticelli sono di acero; la meccanic'\ è di tipo francese; gli smorzi attuali sono 45 (di cui 7 di restauro); vi è una ginocchiera per il « forte>>, che alza tutti gli smorzi, ed un leggio pieghevole. I tasti sono 61: i 36 inferiori sono placcati in ebano; i 25 superiori sono placcati in avorio. L'ambito è di ottave: fa,-fa 6 • Le corde, di acciaio, sono 2 per tasto. Le lunghezze vibranti di esse sono: 1° Do cm. 129,3; 2° Do cm. 95; 3° Do. cm. 54,5 ; 4° Do cm. 28; 5° Do cm. 13,5.

Misure: L. tastiera cm. 82; lato A cm. 89,2; lato B cm. 189,5; lato C cm. 160; lato D cm. 57; alt. cassa cm. 20,2; alt. da terra cm. 79,5. n. 918. - Pianoforte di Bartolomeo Cristofori. Si tratta di un raro esemplare di pianoforte costruito (l) Le

non esposti sono: 1794 1> . - «Carlo Arnoldi Trentino fabbrica in Roma» . -

«CA RLO

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scritte sui due pianoforti

ARJ'\OLDI

TRENTINO

l FECE IN ROMA L'AN:

La Galleria armonica

dallo stesso invento re del pianoforte. Bartolomeo Cristofori, nato a Padova nel 1655 e morto nel 1732 a Firenze, dove si era trasferito su invito del princire Ferdinando de' Medici e dove, sin dal 1698, aveva dato l'avvio a lla grande invenzione, costruendo l' « Arpicimbalo ... che fa il piano e il forte » , già terminato nel 1700. Gli strumenti di questo tipo che oggi rimangc no sono tre: uno, del 1720, conservato a New York, questo, del 1722, cd uno, del 1726, conservato a Lipsia. L'esemplare di Roma, l'unico rimasto in Italia, è quello mantenuto ne lle migliori condizioni. Apparten ne con tutta proba bilità ad Alessandro Marcello, fratello di Benedetto; fu acquistato dal Ministero della P.T. (da cui il Museo allora dipendeva) per il Museo, che ancora non era aperto, il 6 dicembre 1966, insieme con il clavicembalo verticale e con altri 28 ~t rume n ti a fi ato del '500, che oggi si trovano nella ~ala XI.

Ambito: 4 ottave do 1-do5 •

Misure: L ato A cm. 82; soli tasti cm. 68,7: lato B cm. 22,6; lato C cm. 25 ; lato D cm. 176; lato E cm. 64; alt. cassa (chiuso) cm. 21. Per una più ampja documentazione s ulla figura e sull'opera dell'inventore si rinvia al massimo studioso del Cristofori, Mario Fabbri (2), a voci di enciclopedie (3) e ad articoli vari (4), inserendo poi un nostro studio, già pubblicato col titolo di << Noterei/e cristoforiane », che qui ora trova il suo giusto collocamento, in quanto fu stampato dietro varie sollecitazioni , in attesa che uscisse il catalogo. Queste « noterelle » hanno un particolare interesse perché si riferiscono ad argomenti del tutto inediti. L o strumento, il c ui principio a nimatore - realizzato con la costruzione di martelletti in luogo dei salterelli che pizzicano le corde dei cembali - schiudeva la via a nuo ve possibilità espressive, contiene anche (come quello di Lips ia) un accorgimento che consente, con un piccolo spostamento della tastiera, di d imezzare addirittura la sonorità, in quanto

(2) M. FABfllH , L'alba del pianoforte: verità storica su/fa nascita del primo cembalo a martelletti, Milano, Nuove Edizioni, 1968. (3) MGG, Nuovo GROVE, D izionario biogra fico degli italiani. (4) L. O c H, Bartolomeo Cristo/ori, Scipione Maffei e fa prima descrizione del « gravecembalo » col piano e fo rte, in: «li flauto dolce », 1986, o. 14-15, p. 16-23. S. PoLLENS , The picmos oj Bartolomeo Cristo/ori, in: « J ournal of the American Musical Ins tru ment Society, X (1984), p. 32-68 (interessante perchè studia anche questo di Roma).


il martelletto percuote non più due ma « una corda •· Tra le prime musiche composte per lo strumento inventato da Bartolomeo Cristofori sono le dodici « Sonate da cimbalo di piano e forte detto volgarmente di martelletti. Opera prima • di LodO\·ico Giustini. a cui seguirono le sonate di Giovanni Pia tti e di altri. Di Lodovico Giustini i conosce solta nto la data della nascita. avvenuta a Pistoia il 12 dicembre 1685. ll luogo c la data di edizione delle « Sonate » del G iustini sono quelli stessi della morte del Cristofori: f7irenze, 1732. Le « Sonate » vennero poi ristampate ad Amsterdam nel 1736 col titolo c So na te per cembalo 'olgarmente detto dci martelletti •· Vale la pena di citare qui un passo del poemctto di Giambauista Dall'Olio imitolato c La musica • , stampato a Modena nel 1794 , in cui il Dall'Olio, a 62 anni dalla morte dell'inventore del pianofo rte, riassume in pochi felici versi la storia di tale invenzione c he dagli stessi contemporanei ital iani fu. per lungo tempo ritenuta invenzione inglese o fra ncese o tedesca, in quanto, specie Jean M arius e Christoph Amadeu!> Schroter vollero farla passare per propria, arrivando persino ad accu are di plagio lo tesso inventore, di c ui avevano carpito immediatamente le idee. l 1 brano poetico così si esprime: (pag. 52-53) « ... il pianoforte Qua in riva all'Arno per le c ure industri Del padovan Cristofori scn nasce, E vagato oltra il mare ed oltra i mont1 F a ritorno all'Italia, che dimentica Delle glo rie natìc dono lo crede Del britanno. del gallo, e del germano •. Per questo illustre inventore e per la s ua opera occorrerebbe una trattazione a parte: ci . i può soltanto limitare a segnalare le più correnti fonti reperibili nei repertori più diffusi. come il Dizionario biografico degli italia ni; il nuo,·o Grove va consultato con riserva pcrchè contiene varie inesattezze; il Boalc h (5) non è, nemmeno lui, esente da varie mende, quale la grafia del nome. scritto « Bartolommeo ~ . mentre bastava vedere nel volume del Puliti (6) per controllare l'esatta grafia. Altrettanto può dirsi per c hi si occupa dei nomi delle strade nella città di Roma, dove si trova una via intitolata a c Bartolomeo Cristofari ~. ella ~ud­ detta pagina del Puliti è pubblicata la ricevuta che il Cristofori stese quando gli furono affidati in c ustodia gli s trumenti mus icali provenienti dalla eredità del Gran Principe 1-'crd inando (figlio del Granduca di Toscana Cosimo 111) suo protettore, amico c collaboratore nella ricerca del nuovo mezzo espressivo. La ricevu ta è così compilata : c Jo Bartolo meo Cristofori o ricevuto in Consegna tuti li opradetti Strumenti et in fede mano propria • (consegna del 23 settembre 1716).

(5) D . llOA I.\ 11 , Maker:. of the lwrp.1ichord ond c/rll•icwd 1440-1840. 24 ed. Oxford. Clarendon Press, 1974, p. 200. (6) L. P ULITI, Cenni .11orici della vita del serenij:,imo Ferdinando dei Medici granprincipe di Toscana t' della ortgme del pianoforte, in: c Atti dell'Accademia del R. Istituto Musicale id Firenze, Firenze, 1874, p. 108.

Prima di c hiudere la scheda s ul pianof orte, occorre fare una precisazione. 1':. piuttosto singolare l' uso incondizionato che oggi si suole fare del termine « fortepiano », sostituendo addirittura al tradizionale, classico termine c pianoforte •· P er il Cristofori si usò l 'espre~sione c Arpicimbalo che fa il piano c il forte • ed il Maffei scriveva c Gravicembalo col piano c forte • , da cui, in fom1a abbreviata, viene il nostro c pianoforte ». Nel '700 tuttavia (e ques to, forse ad opera di Cristoph Schroter, che si vantava di averlo inventato e quindi ostentava un « battesimo » per suo \'antaggio) fu chiamato, in Francia ed in Germania, rovesciando volutamente il termine per spiri to di contraddizione c quasi a dimostrazione di novità, c forte-piano • (7) per distinguere lo strumento a tastiera a martelletti da quello con la meccanica a base di sa lterelli. T uttavia il nome « pianoforte » continuò ad essere usato, come dimostra no le citazioni del Wrighl pe r gli a nni 1774 («piano»), 1798 ( « piano » o « pianoforte • ). 1818, 1827 (c piano») (8) e per gli a nni 1766, l 771 (in cui lo usava anche D. Bedos dc Celles) cd i principali autori ( Dolmetsch, Jamcs cd altri fra cui. in tempi recenti, il Nuovo dizionario Ricordi della mus ica c dci musicis ti (Mihmo, l 976, p. 269) rinviano addirittura da << Fortepiano » a « Pianoforte~. Purtroppo la ma nia del « fortepiano » ha preso anche i traduttori. come <;i può constatare nella recente edizione italiana (ERI, 1984) del volume su c Domenico Scarlatti • di Ralph K irkpatrick. il quale, nel <;uo testo o riginale. u<>a empre « pianoforte • (come, del resto. fanno il Burney ed il Sacchi, c he Kirkpatrick cita). mentre nella traduzio ne italiana il termine è stato invertito e ridotto a « fortepiano ». Ancora, per un'ultima c pill di ogni altra auto revole, citazione, basti dire che la massima autori tà in fatto di pianoforte. Rosamond H arding, ha intitolato la sua opera, fondamentale ed insupcrata, c The pianoforte • (Cambridge, 1933). Non si potrebbe. per caso. tornare all'antico ed avere, così. un certo progresso? Ci sia lecito, infine. aggiungere una piccola « storiella , sentita a nni fa a Bologna come proveniente da fonte qualificata: il « fortcpiano » non sarebbe un pianofo rte. ma « una cosa di mezzo fra cemba lo e pianoforte :. : forse uno strumento con martelletti c he pizzicano o con sa lterelli che percuoto no? un mistero che non ci preoccupiamo di risolvere. Aggiungiamo Je date di nascita del Cristofori: Padova, 4 maggio 1655, (da Francesco e Laura) e di mo rte, 27 gennaio 1732. La c hiesetta di S. Luca, in via XX settembre, a Padova, dove fu battezzato. ancora esiste, mentre quella dove fu sepolto, S. Jacopo tra' Fossi, a Firenze, fu demolita nel 1847. Ancora un cenno sul Gran Principe Ferdinando: la s ua impo rtanza come collabo ratore ed ispiratore del Cri· stofori è documen tata da vari clementi: in un quadro di

e

(7) Marcuse. Musical in ~trume nts: a comprchensive dictionary. cw York, W. W. Norton & Co., 1975. p. 402. (8) R. WRJGIIT, Dictionnaire des instrument\ de IIIIUique. Etudc dc lexicologie. London, Battlcy Brothers Ltd., 1941. p. 130.

Sa la V: Il pianoforte

143


An to nio Domenico Gabbiani (1655- 1726), datato c. al l 685, rafrigurante «Un concerto a lla Corte di Toscana ~ (Fire nze. Pa lazzo Pitti) lo si vede seduto in tm:zzo a 7 cantori c musici, con in mano un violoncello e con acca nto una lira da gamba. strumento quest'ultimo di a \ai complessa tecnica: anche il violoncello richiedeva una pratica consumata in quan10, lasciata la funzione di sfondo armonico del bas!.O continuo, comi nciava a librarsi ne lla prassi virt uosistica dello s trumento solista. Vie ne ora c hiaro il passo, quasi emozionante, con cui l :rance~co Maria Man nucci riferisce l'episodio in c ui i l Cri~tofori si affretta a nferire i risultati dci suoi c perimenti per perfezionare il tentativo cbe doveva aprire la via alla invenzione del pianoforte: • Prima d'c eire vidd i il Sig. Cristofori venire di corsa ne lle Stanze Reali , per re lazionare col G ran Princ ipe. seco portando un tas to con un o rdingo a martello , d i m isura più piccola dell'ordinario, c he mi disse più buono a battere sulle Corde di quelli da lui medemo usati pc' nuovi Cimbali con piano e forte.

fabbricati nel Laburatorio per volere del Ser.mo Gran Princ ipe F erdinando, cominciando du ' a nni prima de l Giubileo » (9). Da ciò !>i ricava c he ve rame nte il Principe r erdinando era in grado di dare « ~uggerimenti e con~igli • al Cristofori (l 0). Di que~to importan te • Arpicunbalo • si parla nelle • Noterei/e cristoforiane :. che ~i riportano alla fine del testo di questa Sala. Purtroppo d i ta le prezioso strume nto. c he era ancora a Firenze, pre~so la Corte Granducale, ne l 1766 e veniva usato dal Mae:;tro di C'appella. si sono perdute le tracce (Il).

(9) M. h\flllRI, L'allll'ità jwrent111a di Perti. Crwo/ori « Chigiana » . Firenze, L.S. Olschki. 1964,

,. Haemlel, in: p. 164. (l 0.) il·i.

( Il) C. FLOROS, Musicisti livome1i: Carlo Antonio Campioni. in : c R ivi~ta di Livorno • . 1955 , n. 3, p. 142.

* "' *

NOTERELLE CR ISTOFORI ANr ( •)

Si tratta di due piccole not1z1e ined ite c he possono

La c hi o~a ~> i riferisce a que ll' ill ustre predecc:.sorc del

c~se rc d i qualche interesse per lumeggiare aspetti e risvolti

« graveccmbalo che fa il piano c fo rte», inventato d<~ l

della figura e dell'opera del grande padovano. Il primo inedito è costituito da una postilla apposta da 1-ederico M eccoli ( c So natore di tasti • . come lo defini:.ce un elenco di • Musici addetti alla Corte del Granduca C'o'>imo III • compilato dalla « Dcpositeria Generale, cod. 403 • , de i « P rovisionati • per l'a nno 1704) ad una co pia delle « Istituzioni lwrmoniche • de llo Zarlino, allo ra in suo possesso. Tale copia era g iunta ne l 1959, dop o chi ~a quanti passaggi. ne lle ma ni di Ray mund Russe ll. c he co~ì la cita nella nota n. l a pag. 38 del suo volume Tfte ftarpsicord ami clrtl'iclwrd • · London . F aber & F aber, 19.59: • The au thor's copy of « L(• l stitutioni lwrmoniche • of Zarlino. 1558. contains a ms. accoun t of an « arpi c im balo del piano c forte » made by C ri ~ t ofor i in 1700. This was writ ten by Fcderigo Meccoli, who was Director of music to the g ran Duke Cosimo IJ l in 1704 ». Alla morte del Russell la copia dello Zarlino non seguì gli ~trumen t i a Edimburgo, ma pas ò nell'antiquariato librario. dO\C per me la scovò il Sig. J o hn Barn e~. il no to restauratore di cembali. che gen t ilmente me ne inviò le fo tografie c che ora mi autoriz7a a pubblicarle: lo ringrazio in mod o particolare anche perché semb ra che tale copia, poi vc nchll ~l . sia o ra irreper ibile.

Cristofori ne l 1698 c già ultimato nel 1700, data in cui lo strumento ri~u lta compreso. col nome di Arpicimbalo, nell'inventario degli st rumen ti medicei ~teso in quell'anno. Su questo argome nto sono stati di grande peso gli studi, le ricerche e gli scri tti di Vinicio Gai c di Mario Fabbri (a cui si rinvia per ulteriori c più dettagliate no tizie in me rito) (1). Lo s trume nto e ra ancora a Firenze, presso la Corte gra nducale. ne l 1766, anno in cui ri ulta usato dal mac~tro di Cappella Carlo Antonio Campioni di L ivorno. ma dopo di allora se ne perdono le t racce e ~i rima ne. quindi. mancando una comple ta e minuta dc crizione di esso, con la più viva c uriosità sui !>UOi d ettagli costrutti vi e quindi sulle tec niche di funzionamento. Il Gai affro nta il proble ma

(•) Estratto da c Quodrivium • , Univer;ità di Bologna, 1981.

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La Galleria armonica

(l) V. GAl. Gli Hrumenti mtmcali della corre medicea e il Mu:.eo del Conwrvatorio « Luigi Cherubini • di Firelll.l'. Firenze 1969; \t. FABBRI, L'alba del (Jifllw/orte, Milano. 1968; Nuova luce ~u/f 'atth·ità fio relllina di Giacomo Antonio l'erti, Bartolomeo Cri.1tojori e Giorgio F. Haendel, in « Chigiana » , XXI ( 1964), pp. 162- 172; Dalla spinethta al contrnviolino. Cem1i storid .wl/a formazione del Muwo annesso al COII\erl'aiOrio c L. Cherubini • di Firen ze, in Antichi ~frumenti dalla raccolta dei Medici e dei Lorena alla formazione del Mu.seo del Comerl'flfOriu di Firenze; Firenze, Palazzo Pitti, lcbbraio-dicembrc 1980, pp. 20.23.


esprimendo alcuni caut1 e timidi dubb1, che il Fabbri, con grande ~icure7Ja ri~olve identificando inequivocabilmente gli smorzi nei • ~altcrciii con panno rosso :. . Pur tuttavia il Gai formula altre ipote~i. che lasciano aperto il problema (2). Ora. leggendo que!>ta inedita chiosa del :-vicecoli. tah dubbi si riaffacciano con più consistenza. pur 'enza c~~erc av\ alorati da prove tangibili né delio strumento. ormai perduto e mai esattamente descritto. né dei testi, soprattutto quello dell'inventario del 1700 (3). troppo laconico sulla tecnica costruttiva anche se descrittivo riguardo ai materiali . M a veniamo alle chiose appo~te del Mcccoli nel citato lib ro delio Zarlino. In tali note ~ono elencati degli « andamenti ~ che il Mcccoli poté rea lizzare s ul nuovo st rumento: certo. ta li esperienze possono essere il frull o di una raffinata tecnica esecutiva (infatti Scipionc Maffei. nella ~U<I relazi one su l « gravecembalo col piano c forte l) pubblica ta ne l « Giornale dei Letterati d' Italia » (Venezia 171 l) c ristampata dal Pu liti (4), dichiara apertamente c he no n è da tutti il saperlo suonare). ma potrebbero anche, c con maggior veridicità. essere frutto di particolare competenza nel saper manovrare. con accorgimenti o congegni, la tastiera o altro c quindi di abilità nel '>apcrli muovere c combinare fra di loro. Quello che ~ap­ piamo di \icuro (dalla descrizione dell'Jnventario) è che In ~trumcnto aveva già il « meccanismo • che consentiva lo '>postamcnl() della ta~tiera in modo che venisse percossa dal martelletto ~olo una corda invece di due. dimezzandosi co-.ì la '>onorità. espediente che si ritrova anche nei due c~emplan di pianoforti cri~toforiani di Roma e Lipsia. Tutta\ ia tale riduzione di inten!>ità sonora non sembra <>ufficientc per poter formare gli « andamenti ~ da lui citati c che dovrebbero el>~ere . come !>i è detto. movimenti tendenti ad imitare altri strumenti manovrando con accorgimenti c congegni ta~ticra o altro. Eccone l'elenco redatto dal Mcccoli. scritltl di \un pugno in un ri~guardo della copertina. alla fine del volume: An<.lamcnto di Viola Andamento di Leuto alla francese Andamento eli M:~ndo l ino

o,,,

v. GAl, C'il., p. 173. (3) V. GAl. Op. cit .. p. 11 e M '. PABBRr, L'alba del pianoforte, cit.. p. 17. - Un Arpicimbalo di Bartolomeo Cri(2)

~tofori, <.li nuova invcntionc, che fa il piano. e il forte. i1 due rcgbtri principali uni~oni. con fondo di Cipresso ~enza ro\a. con fa<>cic c -.corniciatura mezza tonda simile, con filetto d'Ebano. con alcuni ~allerelli con panno rosso. che toccano nelle corde. et alcuni martelli. che fanno il piano, et il forte. c lutto l'ordigno vicn serrato. e coperto da un piano di cipresso fileuato di Ebano. con tastatura di Bossolo. et Ebano senza \pezzati che comincia in Csolfaut ottava stc~a. e finisce 10 Csollaut. con n. quaramanovc tasti. tra bianchi c neri, con due sod1 laterali neri. che uno da levare. e porre. con due palline nere sopra. lungo braccia tre c selle Olia\ i. largo nel davanti braccia uno. e soldi sci. con suo leggio di ciprc<;\O. c ~ua contrOCal>SU d'Albero bianca. e sua coperta di cuoio ro~~o fodcratu di taffettà verde orlata di nastrino d'oro :o . (4) L. PULI n. Ce1111i 1torici della vita del .~ere11i.uimo Ferdina11do dei Medici Gnmpri11cipe di T osca11a l' dellll origine del pia11ojorte. Firenze, l !!75, p. 88.

'\ ndamcnto di T10rba 1\ ndamento d1 Timpano

Andamento d1 Lcuto all'haliana Andamento d'Arpa ,\ndamcnto d1 Ba'>seuo Andamento Ba~~i andanti Andamento Ba~~i radclopptati i\nd. 1": d'oboa palpitato l iorba è Chitarrino i\rpcggio di V10lc con altri Andamenti Solo .:h~ F'ederigo Meççoli Mu\kO c organista dell'A. Reale eli l o~ca n a l'ha saputo sonare con quc5ti sopraddetti Andamenti & c non altri & " Egli aggiunge quind i. di traverso. verso il marg1ne es tern o del fog lio, le 1.eguenti quattro righe: .. Quc-.ti sono gl'<1ndamenti che si pos~ono adattar in ~u l' A1 pi Cimbalo del piano e for te, inuentato da Mro Bartolomeo Christofari Padouano. l'Anno 1700. Cimbalaro del Scr.mo Gran P.pc Ferdinando di l O\cana "

l n'a ltra nota mano\critta {poi parzialmente tagliata dal lcgatore) 111 allra parte del , ·olume. e precisamente al margine c~terno della pagina 343. contiene fra l'altro. le parole l'anno 1703 • . data che possiamo quindi assumcn: come tcrminu' po~t quem • · 1el risguardo d'inizio del volume vi è, poi. la semplice dichiarazione. ~emprc mano,critta. di proprietà: c Questo libro è di Fcdengo Meccoli • ~eguita, come una « probatio pcnnae • . da varie note mu,icali. c. ne l retro. da annotazioni di mu~ica. matematica , latino. religione. ccc.: tutte le c itate scritte s,1nn vi~ ibili nelle fotografie stampate nella tavo la. Ora. riepilogando queste note e cercando di trarre da cs'e una spiegazione per quanto concerne la vera e~scnza Jc 11' 1\ rpicimba lo c la possibilità di far sentire su d i esso tutti gli effe tti strumentali elencati da l Meccoli, viene fatto di uomanda r::.i co me fosse possibile, con il solo spo~ta­ mcnto della tastiera (come congegno « meccanico ») e con il varia re del tocco (come fattore espressivo) realizzare \onorità che potessero imitare. facendone quindi sentire a nche le diffcrcn7c. ">lrumenti pur così simi li fra loro quali « l.cuto alla Francese ~ cd il ~ Leuto ali'Jtaliana • . L'idea che sorge ~pontanca. a questo punto, è che il nuovo ~tnt­ mento ro.,~c dotato di qualche accorgimento meccanico che con~enti~se di variare e combinare timbri e sonoritii, CO'>Ì come. ad esempio. un organo positivo ( « da camera • \i potrebbe dire. in quanto è fatto a foggia di scrittorio a nbaltu) co!>truito da Luigi Montessanti di Mantova nel 1777 (oggi comcrvato nel Museo Nazionale degli strumenti mu'>icali di Roma). contiene (scritti a mano sui coperchi delle canne di legno) degli avvertimenti sul modo di combinare gli 8 regbtri spezzati: qualche esempio di tali combinazioni: • Cornetti con Bas~o di violoncello 1.4.6.7.8.; Corno ingle. c con l3a<,so di Tiorba 1.3.4.5.8.; Corno inglese con Ha~so di r lutta 1.3.5.8.: Violoncello suonando dalla parte dc 13a<>\i 1.2.3.4.5.8.: e ancora: « F lauto inliero 1.3.6.:

Sala V : Tf pianoforte

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Flautino con Basso di Clarinetto 4.6.; Tiorba 3,4.5.6; Clarinetto 4.5; Cornetto 1.2.3.7.8 • ecc. Questo variare di timbri strumentali è possibile per varie ragioni: anzitutto perché lo strumento è dotato di tre tipi di produzione sonora: canne di metallo, canne di legno cd ance, quindi abbraccia sonorità di organo c di harmonium, e poi perché, avendo registri spezzati, nell'unica tastiera, consente di dialogare e combinare i vari rcgi~tri con la ricchezza di una tavolozza di colori. Ma qui, nel caso dell'arpicimbalo. non si hanno notizie esatte sulla sua interna conformazione: si possono solo fare ipotesi (e qui ci si distacca necessaritlmcnte dalle conclusioni del rabbri) sulla eventualità di uno strumento ancora « bilingue • · quale esperimento. cioè fornito di salterelli e di martelletti. come in principio del discorso tanto Gai che Fabbri accennano, per poi subito allontanarsene. Notiamo qui qualche piccolo dettaglio o sfumatura che potrebbe incoraggiarci a vedere in questo predecessore del pianoforte uno strumento ancora ~pcrimentale quindi non definitivo. in cui l'invenzione stava cautamente affermando~i enza tuttavia imporsi del tullo in modo assoluto. An7itutto il nome: perché quell'« Arpi » se non ci fosse stato un qualcosa che aveva ancora del pizzico come l'Arpa, se lo strumento nuovo, maturo c completo, perder~t tale premessa c sarà detto ~cnz"altro c gravecembalo col piano e forte • ? c perché. poi. usare quel singolare partitivo « alcuni • (c alcuni saltarelli con panno rosso, che toccano nelle corde et alcuni martelli che fanno il piano et il forte ») mentre per i tasti l'inventario d ice esattamente c quarantanovc •? Che si potesse trattare. qui. come nel citato organo Montcssaoti. di una tastiera a registri spezzati, cioè che lo strumento fo se armato parte (forse i bassi?) con martelli c parte (forse gli acuti?) con salterelli? In tal modo si spiegherebbero molto bene gli «andamenti • del M eccoli c. chissà, forse anche quel quarto « gravecembalo, pur col piano e forte. con differente e alquanto più facile struttura -. che il Maffei cita, oltre i tre di grandezza ordinaria pure già costruiti nel 1709, c considera come una variante del tipo ormai stabilizzato (5). Tnoltre. si può anche rilevare che. oell'rnventario del 1700. sono riportate talvolta le scritte apposte agli s trumenti (v. ad es. il cembalo verticale di B. Cristofori. oggi perduto, firmato e datato c Oartholomaeus dc Cristophoris Patavinus faciebat Florentiae MDCJLIC •): come mai l'Arpi C imbalo, così importante, non è fi1mato? for~e perché era solo un tentativo, ancora c allo stato fluido • c Cristofori. benché fosse consapevole dell'innovazione. non si . sentì di firmarlo, come poi farà per i pianoforti, quale ~ inventor -.. anche perché era for~c un esperimento ancora parziale? Sulle possibilità di strumenti bivalenti, come cembali e come pianoforti, si trovano esempi a non finire, per tutto il sec. XVIII, a causa dell'attaccamento con cui era considerato il clavicembalo e, allo stesso tempo. quasi del sospetto o della diffidenza con cui veniva accolto - c in certi casi respinto - il pianoforte. Baste-

(5) L. Puu n ,

o,,. cit .. p. 9 1.

I 40 L(/ Grlileria armonica

rebbe ricordare il giudizio drastico con cui Voltaire, in una lettera a M adame Du Deffand. proclamava il pianoforte c un instrument de chaudronnier (da calderaio) en comparaison du majestcux clavecin -. per comprendere l'atmosfera di osti lità in cui il nuovo strumento si trovava a gareggiare con l'antico. Ricorderemo qui che vari costruttori. mediante l'in~erzione di registri. ginocchiere (leve) o pedali, cercavano di attutire l'urto del nuovo contro il vecchio, conservando ai loro strumenti, tutti già a martelli, anche la possibilità di suonare con timbri che ricordavano quello della penna. Citeremo qui, ad esempio, il pianoforte costruito da Scb. Erard nel 1781 (consen•ato presso il Museo azionale degli Strumenti Musicali di Roma), che ha la possibilità, con il vario gioco dei suoi quattro pedali, di conferire allo strumento (pur senza avere più le penne) una sonorità che ricorda quella degli strumen ti a pizzico, cara ai nostalgici del clavicembalo. Soprattutto uno, fra i cembalari del '700, va qui ricordato. in quanto. quale allievo prediletto di Bartolomeo Cristofori, ne avrà certo seguito, più da vicino di ogni altro, dettami cd insegnamenti, esperimenti c tendenze: Giovanni Ferrini. E qui viene avanti il secondo inedito che era stato annunciato all'inizio di queste c Noterelle •· Si tratta di un bre,•e dizionario di poche pagine, contenente alcuni termini musicali cd alcuni nomi di persone (compositori. costruttori), redatto tra gli anni 1766 e 1784 da un toscano (forse fiorentino) anonimo, che era in quel tempo possessore del pianoforte costruito da Bartolomeo Cril.tofori nel 1720 (oggi a New York). d ;zionario che è contenuto dalle pagg. 113 a 123) nel ms. Martiniano H. 62 del Civico Museo bibliografico di Bologna. Vediamo subi to il passo che parla di Fcrrini: è a pag. l 16. « Ferrini Giovanni morto in Fiorenza sua patria nell"anno 1758. Fu celebre artefice di gravcccmbali: ne fu ottimo re arcitore: fu il migliore dei due scolari di Bartolommeo (6) Christofori da P adova; costruì gravecembali ii martelli sul la no1ma c invenzione del suo maestro con aggiugnervi di piu il poterli sonare ancora a' penne, e fu il primo ii costruire gravcccmbali con le corde di minugia mosse dal suolo l = suola. cioè cuoio robusto l posto nè salterei! i invece della penna, e producenti una qualità di voce simjlc à quella dell'arpa •· Che questo brano possa in qualche modo un po' illuminarci su lla vera natura deii'Arpicimbalo, specie con quest'ultimo accenno alla voce dell'Arpa, che ne richiama la prima parte del nome? Ma veniamo ora a vedere, in questo stes~o manoscritto, i passi che più direttamente riguardano il Cristo[ori: da essi avremo anche notizie, che non credo si trovino altrove, di alcuni restauri operati dal Cristofori su vari strumenti del '500.

(6) Non si riesce a comprendere perché tanti, anche ai nostri tempi, scrivano Bartolornmco con due m. mentre egli appose, chiarissima ed incquivocabilc, la sua firma con una sola m all' lnvemario del 1700, riportata (nel 1875) dal Puun, Op. cit., in fac-simile, a pag. 108.


Anzitutto leggiamo, a p. 114, la voce « 2. Corda: chiamasi con taJ nome generico ogni voce, ò suono, per rapporto à quel tal grado di acutezza, o gravezza. con cui esso vien prodotto: ed anche chiamasi corda la nota che lo espone. 3. C della chiave. Affinché la corda, che lo esprime si trovi nella sua giusta tensione, se ella è di metallo, deve essere lunga p iedi 1., e pollici 6.; Ma nel mio gravecembalo co· martelli fatto da Bartolomeo Christofori nell'anno 1720, ed in tuono alquanto grave, la corda predetta di ambedue i registri è lunga piedi l, pollici 8., e linee fra 6., e 10. (p. 115) Se tal corda è di minugia; per un gravecembalo deve essere lunga... e per un ecometro da sonarsi con l'arco deve essere lunga piedi 1., pollici L, e linee 7. Si è inteso del piede reale di Parigi diviso in 12. pollici, e ogni pollice in 12. linee». Ed ecco ora, di seguito, cioè sempre a p. 115, la voce Cristofori: « 4. Christofori Bartolomeo da Padova morto in Fiorenza nell'anno 17 .. fu celebre artefice di gravecembali, ne fu insigne rcsarcitore, rendendo ottimi i buoni già costruiti dà migliori antichi autori, e fu inventore de gravecembali à martelli, i quali producono diversa qualità di voce sì per il colpo de' martelli nelle corde, sì ancora per l'interna diversa struttura del corpo dè martelli nelle corde, sì ancora per l'intera diversa struttura del corpo dello strumento, ma questa non è visibile nell'esterno: In ciascheduno dè gravecembali, che egli fece, pose il suo nome, cognome, patria e l'anno in cui lo costruì: se ne trovano de' costruiti negl'anni descritti quì appresso, e i migliori strumenti, che egli fece, furono per Ferdinando dc' Medici Gran principe di Toscana suo Protettore, e Figliuolo del Granduca Cosimo 111. 1720. G ravecemba lo à martelli 17 l 9. Sordi no con leve inventate dall'autore ». Di questo interessante Sordino, cioè clavicordo, « con leve », non si banno purtroppo altre notizie. Ed infine le notizie di alcuni suoi restauri: p. 116 « Floriani Benedetto fù celebre artefice di gravecembali: egli pose in ciascheduno di essi il suo nome, cognome, e l'anno, in cui li costruì: se ne trovano de· construiti negl'anni descritti quì appresso: 1568. Gravecemba\o resarcito da Bartolommeo Christofori, che per accrescerne la voce de' bassi turò una rosa, che vi era verso la coda: il turamento è meravigl ioso, perché quasi invisibile». p. 119 « Pesaro. D omenico da P esaro fu celebre artefice di gravecembali: egli pose in ciascheduno di essi il suo nome, patria, e anno, in cui lo construì: se ne trovano de costruiti negl'anni descritti qui appresso. 1537. Gravecembalo risarcito da Bartolomeo Cristofori, e poi da Giovanni Ferrini. 1543. Sordino risarcito da Bartolommeo Christofori » . Aggiungiamo le attuali ubicazioni dei s uddetti strumenti, fin dove è possibile seguirli. Del cembalo di F loriani del 1568 s i sono perdute le tracce (nel Museo de l Conservatorio di Firenze vi è, del 1568. una sua spinctta).

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Del cembalo del 1537 di Dominicus Pisaurcnsis (Domenico da Pesaro) non si hanno notizie; il suo sordino, cioè c lavicordo, del 1543 si trova oggi a Lipsia, nel Museo della Kari-Marx-Universitat. Per qlJanto concerne il supposto accoppiamento cembalo-pianoforte, è interessante notare che Bartolomeo Cristofori costruì, nel l 722 e nel 1726, un cembalo e un pianoforte ogni anno (può darsi che abbia fatto lo stesso anche nel .1720, ma non si conosce, per tale data, che il pianoforte emigrato a New York) con le stesse caratteristiche costruttive (ambito, tasti, ecc.). l due pianoforti sono conservati a Roma (quel lo del 1722) e a Lipsia (quello del 1726); i due cembali, con le stesse date dei due pianoforti si trovano pure a Lipsia, nel Museo della KarlMarx- Universitat (7). La più grande studiosa del pianoforte, Rosamond Harding, pur non conoscendo il terzo pianoforte rimasto, conservato oggi a Roma, formula una ipotesi, per me attendibilissima, circa la funzione di coppia che cembalo e pianoforte della stessa data potevano avere. Su questo ipotetico abbinamento sarà interessante ricordare, che, nel '700, varie furono le musiche composte, oltre che per cembalo o pianoforte, anche per cembalo e pianoforte. Ricordiamo una « Symphonie concertante pour le clavecin et le piano avec orchestre op. R >> di J. Fr. Tapray, del J778, ed un « Concerto doppio a cembalo concertato, f ortepiano concertato, accompagnato da due corni, due flauti, due vio lini, violetta e basso », composto nel 1788 da Cari Philipp Emanuel Bach. Che il Cristofori abbia potuto fare uno strumento « bilingue» , che funzionasse a penne e a martelli si può ipotizzare anche dalla finezza del suo intuito, grazie al quale, poi, avrebbe pensato di scindere lo strumento in due strumenti separati, per consentire una maggiore libertà di esecuzione, facendoli, però, a coppie per mantenere la possibilità di farli suonare insieme e di permettere agli ascoltatori un rapido immediato confronto tra le due diverse sonorità, dimostrando così che il nuovo strumento non solo non temeva il paragone con l'antico glorioso cembalo, ma era degno di affiancarsi ad esso, parlando una lingua nuova che ben poteva esprimersi, quasi dialogando con l'altra, in una ammirabile armonia, scevra di rivalità e di gelosie. ln questo spi rito si inseriscono i tentativi di accoppiamento dei. due strumenti in uno, che, nelle opere dei cembalari settecenteschi, si affaccia ogni tanto come fusione tra il criterio conservatore amante del cembalo e l'anelito verso il nuovo strumento, ormai felicemente nato e che tendeva ad insediarsi con pieno diritto nel mondo degli strumenti a tastiera più diffusi e coltivati.

(7) Quello del ]722, che fino a qualche anno fa , avevamo veduto nel Museo, lo abb iamo trovato, nel 197':l, inspiegabilmcnte ( i motivi di spazio, dato il valore unico del pezzo non bastano a giustjficare tale provvedimento) relegato in soffitta, sotto il tetto, dove si stava già rovinando: speriamo che sia stato reintegrato nel posto che gli spetta nel Museo o che lo sia al piLI presto, per pcrmctternc la visione e lo studio da parte dei visitatori, e per impedirne la fatale gravissima degradazione.

Sala V: ll pitmoforte

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1\Jia tecnica co~trull i va eU c~ccullva ùdh: coppie celll· ba lo·pianofone !>i può rial lacciarc il tipo di strumento c he. nella seconda metà del '700. costruì Jean André Stein di 1\usgsburg: si chiamava « vis·à·vis $ perché i due esecu· tori si trovavano di fronte; era uno ~trumento rettango· lare che aveva da una parte una ta:.tiera di pianoforte c dall'altra due tastiere, una di pianoforte (superiore) ed una di cembalo (inferiore): i due strumenti erano conte· nut i in una sola ca~sa c potevano c~serc ~uonati da Juc

LE TAVOLE Le tavo le ill ustrative riguardano note c postille apposte alla copia delle lstiwzioni ltarmonic!te dello Zarlino (Venezia 1558), già posseduta da Raymond Ru~.,ell. Le note delle l igurc l e 3 molto probabilmente non \Ono au10grale del Mcccoli, mentre. invece, sono da ritencr-,i tali quelle delle ligure 2 c 4.

I

48 La Galleria armonica

p.:r-.onc oppu11.: da una: di quc!-.IU tipo di strumento doppio di .1. A. Stcin se ne conservano due esemplari: uno, de l l 777. a Verona (vittima di un recente poco felice restau· ro), e l'altro, del 1783. a upoll (magistralmente re~HIU· rato qualche anno ta da Hor!>t Rase di Berlino).

Luisa Cen•el/i Roma


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918. Pianoforte di Bartolomeo Cristofori, 1722

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680. Pianoforte di l . l . Konnicke, Wien; sec. XVIII

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4 La Galleria armonica


A .D. 53. Pianoforte di Erard, 1781

~ala V: 11 pianoforte

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928. Pianoforte di Longman and Broderip, 1779-1798

l J 6 La Galleria armonica


912. Pianoforte di l. M. Scho/ly, Roma 1798

Sala V: l/ pianoforte

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762. Clavicordo anonimo; sec. XV1l

I J8 La G alleria armo11ica


Sala VI LA MUSICA IN CAMMINO

La Sala VI è stata intitolata « La musica in cammino», senza riferimento alcuno, beninteso, a pro· gressi o meno dell'arte musicale, bensì in considerazione del tipo di strumenti in essa contenuti, i quali sono non solo « trasportati » (in quanto molti stlumenti sono trasportabili) ma addirittura partecipi c quasi protagonisti degli spostamenti umani in svariate circostanze: processioni, feste popolari, danze, sere· nate ed altre manifestazioni musicali all'aria aperta.

Vetrina l Troviamo qui, anzitutto, nella vetrina l, vari esemplari di « pochette », piccolo violino tascabile che era usato, specialmente nel sec. XVIII, dai maestri di ballo, e che per questo, oltre che « Taschengeige », violino da tasca, era detto in tedesco « T anzmcistergeige >> violino dei maestri di danza, i quali andavano a dar lezioni a domicilio e, fra una casa e l'altra, riponevano il loro piccolo strumento in una tasca posteriore del settecentesco abito a falde (donde il nome d i << pochette », da « poche », tasca). La pochette aveva, naturalmente, una sonorità assa i lim itata a causa della sua piccola cassa armonica, tanto che in italiano era detta « sordino »; se aveva quattro corde l'accordatura era generalmente la seguente:

ma se aveva tre corde l'armatura si limitava alfe prime tre note. Essa era costruita con diverse sagome (a figura di vioUno in miniatura o di viola da gamba, con cassa a battello o arrotondala o a doghe) e spesso aveva bellissime decorazioni ad intarsio o appl icate, in materiali pregiati, quali l'ebano e l'avorio. Trae le sue origini dal sec. XVI, ma si sviluppò e diffuse specialmente nel '600 c nel ' 700 e fu prevalentemente oggetto di moda francese dalla prima metà del sec. XVII al XVIII.

Seguono ora le schede delle pochettes, tutte, come si è detto, nella vetrina l. Sul 1° ripiano in alto ve ne sono esposte tre:

n. 519. - È forse la pochette pitl antica fra quelle possedute dal Museo (si può far risalire al seicento)

e la più singolare, in quanto armata di una sola corda; è anche artistica nella fattura, per avere il retro della cassa in avorio, con scanalature a raggiera, coronato da un motivo a conchiglia; nel piano le due effe sono con la testa rotonda (sagoma assai rara); non si conoscono altri esemplari di pochettes di questo tipo. Capotasto, bottone fermacorda e bottoncino sulla testilla del pirolo sono in avorio (manca il riccio del al cavigliere).

Misure: L. tot. cm. 34,3; L. corpo cm. 17; L. manico cm. 17 ,2; l. corpo: alta cm. 2,3; media cm. 3,3; bassa cm. 4 ,4: pf. cassa cm. 3 ,3: L. piano cm. 17 ,2 ; l. mass. piano cm. 4 ,4; alt. fasce: cm. I ,5 - 1,8 - 1,6; tastiera: L su p. cm. 1,7; l. inf. cm. 2,3; L. tot. cm. 11,5. n. 520. - Pochette di tipo settecentesco, tra i più pregevoli dal punto di vista della decorazione ad intarsio, in barrette di avorio ed ebano, con filettature in ebano, avorio ed olivo: la sagoma è sottile ed il retro della cassa è a 5 doghe placcate di ebano con filettature di avorio, intarsi di olivo c di avorio alternati; i due fori a1monici sono a forma di C affrontati; il manico è di noce tinto; il capotasto è in avorio; il ponticello è in acero; la cordiera è in ebano; i 4 piroli sono in osso con testa piatta a cuore. L 'elemento più interessante è la testina di leone scolpita in cima cavigliere).

Misure: L. tot. cm. 45,8; L. manico cm. 16,5; L. piano cm. 28; l. piano: alta cm. 3,2; bassa cm. 3.5; L. vibr. c. cm. 26; pf. cassa cm. 2,4. P. V. 8200. - Pochette di tipo piuttosto strano, in cui i pregevoli materiali (avorio, osso, ebano) contrastano visibilmente con la lavorazione, che è piuttosto rozza. Si può datare alla fine del '600. Nel piano, di abete, si aprono due fori armonici sagomati come le effe dei violini. n retro della cassa è a 5 doghe in avorio graffito: i disegni rappresentano forse un ostensorio, una Madonna affiancata da un angelo con tromba. Il manico è placcato in osso; il cavigliere è in acero, ricurvo, e termina con una pjastra quadra-

Sala VI: La musica in cammino

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ta; i 4 piroli, in pero tinto, hanno la testina piatta; il capotasto, la tastiera e la cordiera sono in ebano; il ponticello manca; il bottone fermacordiera è di pero. Misure: L. tot. cm. 47,5; L. corpo cm. 27,3; L. manico cm. 20,2; l. corpo cm. 6; pf. cassa cm. 5; L. piano cm. 25,7; l. mass. piano cm. 5,8; tastiera: l. sup. 2; l. inf. 3,5; L. tot. 19,5; L. vibr. c. 28,5; « diapason » cm. 16,2. Sul secondo ripiano, intermedio, vediamo la pochette n. 521, che si affaccia da una delle ampie tasche posteriori dell'abito a falde usato dai gentiluomini del '700. Forse questo strumento è databile al '600, da vari fattori somatici e da elementi di tecnica costruttiva. n corpo è costruito in un sol pezzo (di acero) col manico ed il cavigliere, che è leggermente curvo e tennina in una piastra quadrata placcata di ebano. Capotasto e cordiera sono in ebano; i 4 piroli sono in pero, la tastiera è in palissandro e pero; ponticello e bottone fermacordiera sono in acero. Misure: L. tot. cm. 49,7; L. corpo cm. 28,2; L. manico cm. 21 ; L corpo cm. 5; p f. cassa cm. 3,5; L. piano cm. 28 ,2; l. mass. piano cm. 5; alt. fasce: cm. l ,8 - 1,3 - l ,8; « diapason » cm. 17 ,2; tastiera: 1. sup. cm. 2,5; 1. inf. 3,5; L. tot. cm. 19,2 L. vibr. c. cm. 28,3. n. 522. - Giacca-livrea in cui è inserita la pochette n. 521.

n. 523. - Anche questa pochette è in un sol pezzo (corpo, manico e cavigliere), di sagoma allungata, più stretta in alto e più larga in basso, con fondo piatto. Nel piano si aprono i due fori armonici dalla tipica forma delle effe dei violini più un piccolo foro a due lobi sotto la fine della tastiera. li retro della cassa è a 5 doghe. Fondo, manico, ponticello e bottone fermacordiera sono in acero; capotasto, tastiera e cordiera sono in ebano; i 4 piroli sono in bosso, con testina piatta, cuoriforme. Il cavigliere, curvo, termina con un bottone !igneo sfaccettato. Misure: L. tot. cm. 50,5; L. corpo cm. 27 ,5; L. manico cm. 23; l. corpo: alta cm. 3,5; media cm. 4,3; bassa cm. 5; pf. cassa cm. 4; L. piano cm. 27,5; l. mass. piano cm. 5; « diapason» cm. 16,7; tastiera: l. sup. cm. 2,4; L ìnf. cm. 3,5; L. tot. cm. 20,2; L. vibr. c. cm. 29.

n. 524. - Pochette settecentesca dalla sagoma barocca, a volute, con fondo piatto e doppio: fra i due

I 60 La Galleria armonica

piani, o, per meglio dire, fra piano e fondo, distanti l' uno dall'altro di circa un cm., si nascondeva un ventaglietto (ora perduto), il quale, tirato da una nappina verde e avorio (ancora presente), scorreva su un binarietto scavato nel legno e, uscendo, si apriva a ruota, come i moderni ventaglietti cinesi. Un esemplare del tutto simile, che conservava il ventaglietto, era il n. 175 del Museo di Berlino, ma è andato distrutto durante l'ultima guerra. Anche questa pochette è scavata in un sol pezzo di acero (manico, fasce e fondo); capotasto e cordiera sono in avorio. la tastiera è in ebano; il ponticello manca; i 4 piroli sono in pero tinto con testine tonde e piatte. n cavigliere ba, in cima, un riccio simne a quello del violino. Misure: L. tot. cm. 35,5; L. corpo cm. 15,5; L. manico cm. 19,5; 1. corpo: alta cm. 3,5; media 4,3 , bassa 5,5; pf. cassa cm. 1,8; L. piano cm. 13; l. mass. piano cm. 5,5; alt. fasce cm. 0,6; tastiera: l. sup. cm. 0,9, l. inf. cm. 3, L. .fot. 18,6; L. vibr. c. non rilevabile per mancanza del ponticello. Nel 3° ripiano, in basso, si trovano le ultime 3 pochettes: n. 525. - Pochette databile al sec. XIX e che, quindi, può forse dirsi la più recente. Ha sagoma rettangolare, con leggera rientranza al centro. Nel piano si aprono due fori armonici che sono due effe diverse dalle normali effe del violino, in quanto hanno delle barrette al posto dei tondini tenninali. Nel retro, sulla spalla, è inciso a fuoco un marchio ovale nella cui parte superiore non si può leggere nessun nome (forse esso è stato obliterato di proposito con dei tratti); al disotto si vede chiaramente la parola « BREVETÉ » e più sotto ancora: « PARIS »; il tutto è sormontato da un foro che ha intorno un circolo puntinato e, sotto, il n. 197. Fasce, fondo , cavigliere e ponti celio sono in acero; capotasto, tastiera, cordiera, bottone fermacordiera e i 4 piroli sono in ebano.

Misure: L. tot. cm. 58,5; L. corpo cm. 36,2; L. manico cm. 23,3; l. corpo: alta cm. 11, media 9,3 , bassa 11; pf. cassa cm. 6,5; L. piano cm. 36,2; l. mass. piano cm. 11; alt. fasce cm. 4; « diapason » cm. 19; tastiera: l. sup. cm. 2,3; l. inf. cm. 4,2; L. tot. cm. 26,3; L. vibr. cm. 32,5.

n. 526. - Pochette seicentesca il cui corpo è scavato in un sol pezzo (di acero) con manico e cavigliere. Questo termina in una piastra quadrata Jiempita di impasto rosso o ceralacca, che forse sostituisce pietre o madreperla perdute.


Nel piano si aprono due fori armonici fatti a C volti verso l'esterno più un foro cuoriforme sotto la fine della tastie ra. n piano è profilato da una doppia filettatura di ebano. Il retro d ella cassa è a 5 doghe; capotasto c tastiera sono in noce; ponticello, cordiera e bottone fermacordiera sono in acero: i 4 piroli sono in bosso a testina piatta con bottoncini.

Misure: L. tot. cm. 44,5; L. corpo cm. 27,3; L. manico cm. 17 ,8; l. corpo: alta cm. 3,5, media 4,2, bassa 4 ,5; pf. cassa cm. 4; L. piano cm. 27 ,3; l. mass. piano cm. 4.5: « diapason ~ cm. 15.8: tastiera: l. sup. 2,5; J. inf. 3,7; L. tot. 14,2; L. vibr. c. 25,5.

n. 527. - Pochcttc scicentesca, scavata in un sol pezzo eli legno di salice (corpo e manico). n cavigliere, curvo, termina in un riccio a forma quasi di fiore; le effe sono le solite ma intagliate con tocco non molto preciso. Il capotasto è in osso; la cordiera è in palissandro come la tastiera: il bottone fermacordiera è in salice; il ponticcllo manca . Misure: L. tot. cm. 55.5: L. corpo cm. 34,4; L. manico cm. 21 ,3; l. corpo: alta cm. 8, media 8, bassa 8.5; pf. cassa cm. 5.2; L. piano cm. 34.4: l. mass. piano cm. 8,5; alt. fasce cm. 2,3 - 2,7: « diapason • cm. 19.3: tastiera: l. sup. cm. 2,4, l. inf. 3,4, L. tot. cm. 21.2: doghe: cm. 5: piroli : cm. 4 (di vari tipi).

Vetrina 2 Nella vetrina 2 si trovano vari ottoni di notevole importanza come tipi e come esemplari. Va eletto subito che gli strumenti qui esposti sono, in realtà, quasi in funzione del tema che è svolto in questa sala, cioè assunti quali rappresentanti, fra gli altri, di quella « musica in cammino :~> cui si è accennato sopra. Sul 1° ripiano in alto, è il n. 528, un pezzo molto bello, s u cui, tuttavia nulla si può dire come origine e paternità. 'È un corno da segnali, a mezzotondo, presumibilmente del '700, data la rassomiglianza con altri esemplari di quell'e poca , molto ben decorato da disegni incisi c d a applicazioni ornamentali, firmato da un « GEORG BART l URNBEG (sic) • , di cui non si trova alcun riscontro nei repertori riguardanti i costruttori di quella città e di quel tempo. A meno che non si tratti di un'abilissima mistificazione, dovrebbe forse essere considerato un « unicum » di un autore non altrimenti noto. Lo strumento è in ottone, con canneggio conico curvo e bocchino incorporato: la tonalità è PA. È fornito di 3 anelli a cui veniva attaccato il cordone per il trasporto e di 4 anelli di rinforzo con piastre incise.

N el bordo del padiglione sono incise o applicate varie decorazioni: eccole nell'ordine a partire dall'anello del padiglione: una figura femminile semisdraiata con altra figura dietro (piastra a rilievo, applicata) « GEORG BART l IN NUR: BEG (sic • tcstina di angioletto con a li aperte (pure a rilievo, applicata) l incisioni: albero, cervo, cerva (?) gruppo come sopra (piastra) incisionj: albero, cane, uomo con corno, a lbe ro l angelo (piastra come sopra) 2 stemmi incisi: 1: uomo con 3 fiori; 2: vuotol

Misure: L. tubo cm. 8 l ; 0 est. iniziale del tubo cm. l ,6; 0 est. padiglione cm. 12. Segue la tromba, n. 529, molto semplice come costruzione, che si fregia di un ovale contenente un'ancora affiancata dalle due iniziali « G » e « A », che risultano essere il marchio di Gautrot Ainé (autore che ritroveremo nella vetrina 2 della Sala VTT, a cui si rinvia), ma interessante, in questa sala, per il fatto di costituire anche quasi un bagaglio, poiché il suo « abbigliamen to da viaggio ~ consiste in un robusto astuccio di cuoio. n. 530, che ne doveva difendere l' integrità (dato che si tratta di uno strumento dallo spessore assai sottile e quindi soggetto, come infatti è avvenuto, a rompersi). È in ottone, con canneggio conico diritto: come unico ornamento ha una fascia di metallo bianco a ll'attaccatura del bocchino.

Misure: L. tubo cm. 64; 0 est. iniz. del tubo cm. 1,3: 0 est. padiglione cm. 12,7. cl 2° ripiano. intermedio, troviamo una coppia di corni del costruttore François Perinet, attivo a Parigi tra il 1829 cd il 1846; le diciture incise sul bordo del pad iglione dei due strumenti differiscono soltanto nel n. civico, come si può rilevare dalle relative schede che seguono.

n. 531. - Corno in ottone. All'orlo del padiglione è incisa la scritta: « François Perinet Rue Copcrnic 25 près l'Are de l' Etoile à Paris l [stemma] » l « Brcveté » . Tonalità: re. Canneggio cilindrico circolare. C'è la catenella; manca il bocchino.

Misure: L. tubo cm. 448; 0 est. iniz. tubo cm. 0,8: 0 est. padiglione cm. 27.

n. 532. - Corno in ottone. All'orlo del padiglione è incisa la dicitura: « François Perinet Rue Copernic 23 prcs l'Are de I'Etoile à Paris Lstemma l » « Brcvcté » . Tonalità: RE. Mancano catenella e bocchino.

n. 533. - Tromba naturale, 2° ripiano intermedio. Strumento di notevole valore artistico, opera di un illustre costruttore settecentesco di Norimberga che si

Sa la VI:

La musica in cammino


firma, nell'orlo del padiglione, con la seguente scritta incisa: « MACII T. PAVLVS. SCHMIDT l STADT. HA VPTBOIST l IN VRNBERG • · Di lui conosciamo soltanto la data di nascita e non quella di morte. Dalla suddetta scriua si apprende che egli (come già suo padre. Johann Jakob). faceva parte della banda cittadina. Si conoscono di lui pochi strumenti. conservati nei Musei di Stoccolma, Lubecca, Norimberga, Merano. TI suo marchlo era costituito da un uccello su di un tronco tagliato, tra le iniziali « f> :. ed « s :. . L'orlo del padiglione, applicato, è decorato da fregi incisi (tralci di foglie, firma, ccc.). Vi sono 2 anelli per l'attacco del pennoncello o del cordone di sostegno. TI canncggio è cilindrico circolare. Misure: L. tubo cm. 180; 0 est. iniz. tubo cm. l ,5; 0 est. padiglione cm. 12. Nel 3° ripia no in basso è esposto un corno da caccia del sec. XTX, n. 534, naturalmente in ottone, a 3 ritorte semplici, a can neggio cilindrico circolare, con bocchino. la cui tonalità è re. È opera di « Lapret à Besançon :& , costruttore poco noto e non registrato n~i correnti repertori. Misure: L. rubo cm. 448 (?): 0 est. iniz. tubo cm . 0,9; 0 est. padiglione cm. 27. Accanto a questo corno è esposto un estratto della grande « Encyclopédie, ou l Dictionnaire l R aisonneé l Des Sciences. l Des Arts et des Métiers • eli Diclerot c D'Aiembcrt (T .T. . Paris, 1751) alla voce « Chasse :. e precisamente la tav. XL VITI, intitolata « Chasse, Vcncrie. la chasse par force :. . Alcuni strani disegni , tra la scena elci cacciatori col suonatorc di corno e la musica per tale strumento. raffigurano le impronte del cervo. Segue il trombone a tiro n. 535, uscito dalla « Fab. d'Ant. Apparuti , Mode na », a canneggio cilindrico circolare con coulisse (tiro) e piccolo draghetto di soste · gno sotto al padiglione, draghetto caratteristico dci tromboni di Appa ruti. Nel bordo del padiglione si tro · va una striscia di ottone puntinata. L'attività della fabbrica di Antonio Apparuta (17991845), figlio di Pietro, trombettiere dell'lll.ma Comunità, fu purtroppo racchiu a in un arco di tempo assai breve, che va dal 1833, anno in cui egli lasciò la fabbricazione di armi per dedicar i agli strumenti musicali. al 1849. anno in cui, dopo che il figlio Achille aveva invano tentato di rialzare le sorti della fabbrica patema. essa doveue ripiegare sulla costruzione di bilance c radere perchè la potente concorrenza delle fabbriche vicnnesi. che rifornivano tutto il mercato locale. aveva soffocato la sua auività, pur così nobile, qualificata ed apprezzata in tutto il mondo. Si disse anzi che c il sistema degl i strumenti a macchina, detti «a tre pistoni • . c, in seguito, quello a rubinetti o cilind ri, in voga, erano « novazion i che esegui ronsi nella

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La Cnfleria armonica

fabbrica dell'Apparuti in Corso di Canalchiaro prima, poi nella soppressa chiesa di S. Giacomo, di gran lunga sorpassando quelle di Vicnoa e di Parigi: anzi, la macchina a rubinclli o cilindri fu talmente da esso modificata da rendcrla a tutte superiore • (l). rt nome di questo costruttore fu mal interpretato dal Kimky (2). che lo lesse « Apparati • : al suo seguito si pone il repertorio del Langwill (3), che attribuisce addirittura la grafia (invece esatta) « Appartati • ad un c errore • del Valdrighi, e, inoltre. dà, come unica data, il 1850. anno in cui I'Apparuti era morto da cinque anni e la fabbrica aveva smesso da un anno di fare strumenti. La tonalità è do.

Miwre: L. tubo cm. 240; 0 est. iniz. tubo cm. l ,2; 0 est. paci. cm. 17 ,5. Vefrina 3

Un gruppo di strumenti del tutto particolare, che ha contribuito a dare Io spunto più notevole alla organizzazione c alla denominazione di questa sala, è quello degli strumenti-bastone. che ebbero voga c successo specie in Germania ed in Austria. ma anche in Italia, nella prima metà dell'ottocento. I tipi eli strumenti contenuti in questa vetrina sono vari e risultano interessanti in quanto, oltre alla loro funzione musicale. hanno assolto egregiamente un compito eli valido appoggio durante il cammino. appoggio che si rivela efficacissimo, sia per il puntate metallico, che ancora conserva tracce dell'uso. sia per la forma dell'impugnatura: la varietà dci tipi comprende: il flauto traverso, il flau to dolce. il clarinetto cd il violino. Va notato, inoltre. che i fl au ti o clarinetti-bastone furono generalmente costruiti in modo che il loro aspetto facesse pensare al ra mo di un albero, con corpo contorto e nodoso. in cui le chiavi venivano mimetizzate, cioè fatte ad imitazione dei nod i del legno. Naturalmente tutti i tipi avevano un punta te, per lo più metallico, da appoggiare sul terreno. Oltre ai tipi qui esposti ve n'erano anche altri, come il fagotto-bastone, l'oboe-bastone, la tromba-ba · stone. Un volume pubblicato di recente sui più strani bastoni da passeggio (4) contiene tutto un capitolo sui bastoni-strumenti musicali, a proposito dei quali cita. fra i costruttori italiani. Berlingozzi di Siena (c. 18?0). (l) L. F. Valdrighi c Musurgiana n. 14 • · Serie 13 • Modena. 1886. pp. 9-1 O. (2) Muvikhi1tOrische\ Mu1eum vo11 Wilhelm H eyer, in Coln. Klcincr Katalog der Sammlung alter Musikinstrumente, Colo, 1913, pa,~.t. 195. (3) LYNOESAY G. LANGWILL, A11 index o! mt~rical winditrstrument nwker.\ , 6a cd., Edinburgh, 1980, pag. 5. (4) CAni ERINE DIKI. Les cannes à système: un monde fobufe ttx et mécrmnu. Pn ris, L982. cap. 12, p. 104- 123.


Coselschi, pure di Siena (c. 1830) e Gas pari di Bo · logna. Sul l o ripiano in alto si trovano quattro flauti traversi - bastoni: n. 536. - Flauto traverso - bastone anonimo in legno di bosso imitante le nodosità del bambù, in 5 parti con puntale di ottone, a 6 fori più imboccatura ed l chiave grande di legno. L. tot. 91,5. n. 537. - Flauto traverso - bastone in 3 parti firmato da « I. Ziegler l Wien ~ (dicitura ripetuta 3 volte, cioè su ciascuna delle 3 parti di cui è composto lo strumento); è in ebano con anelli di corno c ha l O chiavi tonde in metallo bianco.

Johann Ziegler, di Vicnna (1795-1858), firmò co.;i fino al 1850, dopo di che. fino al 1858, firmò « J. Zicgler & Sohn » perch.! associato al figlio Johann 11 tBaptist) (1824-1878) , il quale dopo la morte del padre, fumò di nuovo « l: Ziegler » . n. 538. - Flauto traverso - bastone ad una chiave quadrata di legno. firmato << GALEAZZI l LIVORNO » (marchio ripetuto 2 volte, cioè su ciascuna delle 2 parti di cui lo strumento è composto); è in legno di bosso ed imita le nodosità di un ramo; ha il pomo di corno ed il puntale di ferro arrugginito; manca un anello (forse era di corno). Misure: L. tot. cm. 861n4,3; 0 cm. 3 12,5.

Giovanni Galeazzi era segnalato negli indiriLZari di L ivorno tra il 1830 cd il 1864 quale macstr.) di flauto e fabbricante di flauti. Nel secondo ripiano, centrale, troviamo tre pezzi : 2 flauti ed l violino. Sul flauto dolce-bastone sarà utile dare qualche cenno, perché esso ha avuto una sun particolare storia ed una propria letteratura. Di origine Corse boema, si diffuse particolarmente in Ungheria, verso il 1820, col nome di « czakan • o « ciikan » (dall'ungherese « csakany • , Clauto dolce); aveva 6 fori amcriori ed uno posteriore per il pollice. una cameratura conicn restringentesi verso il basso: la tonalità era la bemolle oppure si bemolle; l'ambito era la bcmollc 1 - re bemolle. ma il particolare più intcre%ante è la parte terminale superiore, che doveva servire per appoggiarsi ed anche per suonare: poichè l'imboccatura a becco mal si sarebbe prestata a costituire una comoda impugnatura, essa veniva ricoperta da un pomo con due forellini, che permettevano al fiato di raggiungere il becco reso invisibile. La prima citazione di questo strumento risale al l o ottobre 1808, data in cui la « Wiener Zcituog • segnalava una « Fantaisie pour le csakan ou fHìte doucc • di Hebcrle, musicista che un programma di concerto della città di Veszprém in Ungheria indicava come inventore c virtuoso dello strumento: « Variationen fiir den ungarischen

Csakàny mit Begleitung des ganzen Orchesters gesetzt, und gespielt von dem hier anwei~enden Tonkiinstler Herr Anton Heberle, Erfinder diescs l nstruments ~- Per questo strumento furono scritti vari metodi (Wilhelm Klingbrunner, 1819; Karl Krcith c G. Matiegka), ma forse il piLI importante è la « Ncuc thcoretisch-praktische Csakan-Schule », pubblicata nel 1855 da Ernst Krahmer, oboista vicnnesc ( 1795-1857). Gli autori ora citati, a cui si aggiunge il compositore unghere c Janos Keresztely Hunyadi, scrissero molte composizioni per il csakan. 11 Museo di Bruxelles conser\'a un esemplare di csakan in ebano (n. 20 l). appartenmo al Fétis, che pare lo portasse, come bastone, con molto piacere (v. Catalogo Mahillon, vol. l, p. 263). Ha 6 fori laterali

ff~J w J w J r r l o

,

,

e, in più la chiave per il

~ ~J i 11. 539. - Flauto traverso - bastone anonimo, di legno tinto nero, in 3 parti; ha l chiave tonda e piatta di metallo bianco; un anello ed il pomo sono di corno; il puntalc è di metallo bianco.

Misure: L cm. 88,5 / 82; 0 cm. 3/ l ,5. n. 540. - Flauto traverso - bastone anonimo, in 3 parti di bosso c corno (2 anelli): ha il pomo in avorio cd una chiave trapczoidalc in ottone; anche il puntale è in ottone. Tanto il n. 539 che il n. 540 hanno per imboccatura 2 forellini in testa al pomo d'impugnatu-

ra. Misure: L. cm. 82,5/76.3; 0 cm. 3/1,3.

n. 541. - Violino-bastone col suo archetto n. 542. il quale è forse il più interessante e quello che ha avuto maggior successo fra gli strumenti-bastone. Il viol;no-bastonc fu in\'entato da Johann Wilde. violinista bavarese che fu, dal 1741 al 1764, musico di corte a Pietroburgo c morì nel 1770 (inventò anche il cosiddetto «violino di ferro • o c Nagelgeigc $), lett. « violino di chiodi», (costituito da un gruppo di chiodi di varie lunghezze infi lati in una cassetta circolare, che vanno suonati con l'archetto; egli ne ebbe l'idea durante la sosta tra un pezzo e l'altro, in occasione di un concerto, provando a far scorrere i crini dell'archetto su un chiodo infisso in una porta). Lo strumento, naturalmente dal suono assar e iguo, come quello di una pochcttc, ha tuttavia delle caratteristiche somatiche assai interessanti: esso si presenta veramente « funzionale:., sia come bastone. per la robusta e comoda impugnatura. ia come violino, in quanto la stessa impu-

Sala V l: La musica in cammino

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gnatura diviene un efficace appoggio, veramente « anatomi co~. quando esso viene appoggiato sulla spalla; una volta terminata l'e ecuzione musicale, lo strumento riceve di nuovo nel suo interno il ponticello, la chiave per accordare c rarchetto; runità del corpo si ricompone, con il c mezzo guscio ~ precedentemente tolto per suonare, che viene ora fermato con un anello di metallo, cd il bastone è pronto per rimettersi in cammino. LI violino-bastone fu ri lanciato di nuovo s ul mercato nel 1880 dal la Ditta A. Lutz & Co. di Vienna.

casa fondata noi 1822. Sul pomo sono due iniziali, forse di un proprietario: << o F ».

Misure: L. 89; 0 cm. 3,512. n. 545. - Flauto traverso-bastone in 4 parti di legno di pero ad l chiave di legno tonda; puntale in ottone; vi è un anello di corno; l'impugnatura è rifatta.

Misure: L. tot. cm. 83; 0 cm. 3 (alto). Flauto traverso-bastone firmato « co(3 volte); è in acero con l chiave oblunga in legno; è tornito ad anelli con 3 aneUi di corno; manca il pomo d 'impugnatura. n. 546. -

Questo esemplare può forse risalire a tale ripresa, ma non è firmato: solo un marchio a fuoco in forma di croce greca, impresso due volte nell'orlo interno, sotto il manico, e due volte dentro il manico, pu~ essere di utile riferimento per qualche ricerca. Altre indicazioni:

Piano: in abete; Fondo e manico: in legno della famiglia del mogano; Capotasto, Tastiera, Cordiera, Bo/Ione jermacordiera: in ebano; Ponticelio: in acero; Arco: in legno tinto, ebano, metallo; crini di cavallo; Piroli: 4 in ottone; Chiave per accordare: in ottone. Misure: L. tot. cm. 85,3; L. corpo cm. 49,5; L. manico cm. 5,5; l. corpo (media) cm. 4,8: pf. cassa cm. 2,~; l. mass. piano cm. 3,8; tastiera: l. sup. cm. 2, l; l. in f. 3,6; L. t o t. 26,8; L. vibr. c. cm. 32,3; Arco: L. cm. 64,5; 0 vite cm. 0,7. Nel 3° ripiano, in basso, sono esposti 4 pezzi: 2 clarinetti e 2 flauti.

n. 543. - Clarinetto- bastone in do. firmato « + l

l

AMMAN

l

+ l 2 l c~ (dicitura ripetuta 2 volte).

Ulrich Ammann, di Alt St. Jobann in Toggenburg (Svizzera), nato nel 1766 e morto nel 1984, era uno specialista di czakan, anche se costruì pure clarinetti-bastone, flauti traversi-bastone, doppi flauti. tutti diffusi nei principali musei.

SELSCHI 01 VJEN A »

Misure: L. tot. cm. 85 ,3; 0 cm. 3,3. Vetrina 4 Nella vetrina 4 troviamo, sul ripiano superiore, tre l i re-chitarre. Questo tipo di strumento, nato c particolarmente diffuso in Francia, ebbe vita relativamente breve, in quanto durò circa mezzo secolo. Ebbe, infatti, origine intorno al 1770 sotto il segno del neoclassicismo, e ciò è dimostrato dalla sua forma, che, come remjoiscenza dell'antichità classica, rievoca la sagoma della Jjra, mentre, in realtà, è una vera e propria chitarra a cuj sono stati aggiunti due bracci; essi vengono uniti in alto al cavigliere per mezzo di due traversine. La sua origine è anche documentata linguisticamente dai nomi che questo strumento prese: in Francia esso fu detto anche c Lyre anacréontique » ed in lngnilterra c Apollo lyre » . Fu coltivato con grande piacere dalle dame, per far musica in salotto (dove veniva posto su una colonnina, il che dava modo alle esecutrici di sfoggiare, in un fluttuare di veli e sciarpe, l'ondeggiare delle braccia); essa venire impiegata per far musica in giardino, sull'acqua, in romantiche passeggiate in barca, tino al 1830 circa.

Misure: (appross. per mancanza di parti): L. 87,5; 0 3,3.

Sempre parlando genericamente come tipo, lo strumento è piatto, con una base cbc può essere curva o piatta (rettangolare); nel piano armonico si aprono delle rosette ed il foro armonico vero c proprio, presso cui termina la tastiera; le punte dei bracci sono talvolta ornate d~t.. Lcstine di aquila in bronzo dorate, e lemento decorativo caro allo stile Impero (come si trova in un esemplare conservato alla Bachhaus di Eisenach). L 'accordatura delle sei corde di cui la lirachitarra è armata è sempre quella deJJa comune chitarra: mi lt la" re 2. sol 2, mi3.

n. 544.- Clarinetto-bastone in 4 parti, a IO chiavi, di cui 2 mancanti; manca pure il bocchino; il pomo è di corno; il puntale è in ottone; il corpo imita i nodi del legno; è firmato «* / MOLLENIIAllF..R l FULDA l * '> ,

n. 547. - Lira-chitarra che veramente raggiunge un alto livello artistico, opera di Gennaro Fabricatore, liutaio di grande abilità e reputazione, che lavorava a Napoli tra il 1773 ed il 1836.

Lo strumento qui esposto è iJ1 3 parti di bosso, lavorato ad imitazione delle nodosità dci rami; ha 5 chiavi mimetizzate nei falsi nodi del legno; il puntale è in ottone; manca il pomo; presenta una rottura con una piccola mancanza nella seconda parte in basso.

I

64 La Galleria (lrmonica


l suoi strumenti sono spars1 m vari musei di tutto il mondo: ricordiamo, fra gli altri suoi pezzi fuori d'Italia, una chitarra nel Museo di Berlino, datata 1820, ed un'altra nel Museo di Stoccarda, datata 1836 (in realtà questa sarebbe l'ultima sua opera nota). In Italia va notata una sua lira-chitarra del 1797, molto simile a questa, nel Museo Civico di Modena: si potrebbe dire quasi uguale (cioè con differenze di pochi millimetri) e diversa solo nel disegno dci fregi a ramagcs floreali intagliati in ebano che sono applicati sul piano armonico intorno alla cordiera. La sagoma, assai elegante, è arrotondata in basso ed i bracci, dalla linea arcuata, morbidamente sinuosa e slanciata, sono collegati al cavigliere per mezzo di barrette in bronzo dorato. Va notata, all'interno, l'etichetta stampata, particolarmente graziosa, in cui il nome e le altre notizie del costruttore sono som1antati dalla figurina di una suonatrice di chitarra con festoni di fiori, nella quale etichetta, tuttavia, è presente un errore di datazione, in quanto la data è stata parzialmente abrasa e riscritta a penna, arretrando di un secolo l'anno di costruzione: infatti vi si legge: c Gennaro Fabricatore l Anno 1708 Napoli l Strada S. Giacomo N. 26 »; for e qualche ingenuo restauratore avrà pensato di poter sopravvalutare lo strumento rendendolo più antico, cioè modificando la data. Basterà, infatti, considerare le date, anzitutto di nascita e di morte, del costruttore. Gennaro nel 1708, non era nato quindi non poteva aver costruito una lira-chitarra prima di nascere, ed inoltre sarà sufficiente controllare rordine cronologico dei vari indirizzi di Gennaro per rilevare la grossolanità di questa falsa data. Egli inizia la sua attività al n. 37 della Strada S. Giacomo nel 1773 c vi lavora fino al 1793, passando poi al n. 26 (date riscontrabili 1797-1808), e tornando, quindi, al n. 37 (circa fino al l 8 16), per passare, infine, al n. 42 della stessa strada tra il 1816 ed il 1826. Ultimo suo posto di lavoro sembra, tuttavia essere stato il n. 297 della Strada Tolcdo, dove risulta essere stato attivo tra il 1826 cd il 1836, indirizzo a cui si ascrivono una chitarra del nostro Museo, datata 1826, c quella già citata di Stoccarda. li 1836 è la data ultima delle sue opere note e, forse, della sua vita. Ecco la scheda della lira-chitarra n. 547 con le altre notizie che la riguardano. Sul piano non vi sono rosette, ma soltanto il foro armonico a mezzaluna alla base della tastiera; altri due fori armonici, tondi, sono aperti nelle fasce, all 'in· terno dei bracci.

Per la tracolla vi sono 2 bottoni in palissandro: l sulla fascia inferiore e l sul cavigliere. M isu re: L. tot. cm. 81; L. corpo cm. 30 (spalle), 81 (bracci); L. manico cm. 51; l. media corpo cm. 37,7; pf. cassa cm. 9,8; L. piano (spalle) cm. 30; l. mass. piano cm. J-7,7; 0 foro cm. l 1,3 X 3,8 (ovale); aJt. fasce cm. 919,8; tastiera: l. sup. cm. 4,2; inf. 6,2,; L. tot. cm. 49,4; L. vibr. c. cm. 62,4.

n. 548. - Lira-chitarra francese, come dichiarato dall'etichetta interna <' FAIT PAR CHAROTTE le jeune 1 à Angoulème l an 1834 ». La scritta è stampata, meno «an 1834 », parola c cifra che sono manoscritte. Nonostante che i repertori citino molti costruttori di tal nome (circa una decina), attivi prevalentemente a Mirecourt, e qualcuno a Nancy, per nessuno di essi è menzionata la città di Angoulème, quindi non si possono dare riferimenti biografici di questo autore. Egli, però, non è rappresentato solo da questo pezzo; in un altro simile conservato nel Museo di Stoccarda, si legge: '' CIIAROTTE jeune l luthier l vis-à-vis la rue du Soleil l Angoulème » . Ecco la scheda del nostro strumento: Nel piano si aprono due rosette trilobate al cui orlo, come all'orlo del piano e dei bracci, è un bordo ad intarsio composto da rombettini e tondini di madreperla in impasto nero con doppia filettatura in ebano e avorio; anche il cavigliere è decorato da intarsi rappresentati da una ste lla a cinque punte in madreperla con cinque tondini intorno (uno ad ogni punta). I piroli sono 6 a forma di giglio: in legno dalla parte posteriore e in metallo sul davanti. Fasce e fondo: in radica di acero; Manico e tastiera: in legno tinto; Cavigliere: semicircolare in legno placcato di ebano e madreperla; Capotasto: in avorio;

Fasce e fondo: in acero;

Tasti: 17 , in ottone c madreperla, sulla tastiera;

Manico: in legno tinto;

Cordiera: in legno tinto, con due volute laterali e, al disotto, con parte frastagliata, ornata da tondini in madreperla; sulla cordiera e sul cavigliere vi sono 6 bottoncini placcati in madreperla.

Cavigliere: in legno tinto placcato di palissandro; Piro/i: 6, io pero; Capotasto: in ebano; Tastiera: in palissandro; Tasti: 23, in ottone, sulla tastiera; Cordiera: in noce; Bottoni fermacorde: 6, in legno tinto e madreperla (sulla cordiera).

Misure: L. tot. cm. 80,5; L. corpo cm. 39,5 (compresa base); L. manico cm. 41,5; l. med ia corpo cm. 34; pf. mass. cassa cm. 9,5; L. piano cm. 36,7; l. mass. piano cm. 34; 0 rose cm. 7; alt. fasce cm. 2,5 !7 ,519 ,5; tastiera: l. su p. cm. 4,6; l. iof. 6,2; L. tot. 40,5; L. vibr. c. cm. 60,2.

Sala VI: La musica in cammino I

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Con la seconda c con la terza lira-chitarra siamo in Italia, il che sta a dimostrare che anche da noi questo tipo di strumento incontrò favore ed ammirazione perché fu costruito anche da celebri liutai italiani. La seconda, n. 549, tuttavia, è piuttosto piccola c sembra voler compensare, con la sua graziosa fattma, la semplicità e forse modestia del suo autore, di cui nei repertori non si trova alcuna citazione. L'etichetta interna, manoscritta, contiene la sua firma: « Gio: LOCATELLI l BER<iAMO » . Si incontra soltanto un Ignazio Locatell i, Liutaio italiano che lavorava ad lnnsbruc~ nel 17 64, ma non si sa se sia parente o meno del no· stro Giovanni, di Bergamo. Ecco la scheda della piccola lira-chitarra. Oltre il piccolo formato, essa ha anche un'altra caratteristica: i bracci non sono lll-; iti al cavigliere, ma terminano in due ampie volute rivol:e verso l'esterno, che si ripetono, come motivo curvilinee>, nel cavigliere. Piano: in abete profilato da una triplice filettatura in acero e noce; Fasce e fondo: in acero;

Manico e cavigliere: in noce tinto; Tasti: 19, su tastiera: 14 in ottone e 5 in osso; Cordiera: in noce, rettangolare, con estremità a punte c, in basso, intagli anotondati in corrispondenza dei 6 attacchi delle corde, che sono appoggiati ad una striscia di osso. Vi sono, per sostegno della tracolla, due piccoli bottoni in legno: uno al cavigliere ed uno sotto la cassa, sulla fascia.

Misure: L. tot. cm. 54,2; L. corpo cm. 22 (spalle); 37,7 (bracci); L. manico cm. 32; l. media corpo cm. 25, compresi bracci 34,8; pf. cassa cm. 6,8; L. piano cm. 22; l. mass. piano cm. 25; 0 foro cm. 8 x 2,2; alt. fasce cm. 6,8 (bracci 5,5); tastiera: l. sup. cm. 4,2; l. iuf. 5; L. tot. 21 ,8; L. vibr. c. cm. 30. n. 550. - Orplzica. Fino al 1830 circa visse anche lo strumento che è esposto nel ripiano inferiore, inventato nel 1795 a Vienna da Carl Leopold Rollig, il quale gli dette il nome di (( Orphica ». Egli così spiega !"origine del nome da lui dato al suo strumento, di cui, oltre che inventore, fu teorico, compositore e virtuoso: « Wegen der Form, die mit der Lyra des Orpheus einige Ànlicbkeit hat ~ . Questa « rassomiglianza » con la lira di Orfeo, come si può vedere dall'assetto dello strumento (che può ricordare, se mai, una piccola arpa giacente), non sussiste affatto, ma il riferimento è già di per sé sufficiente a dare un' idea dell'atmosfera di neoclassicismo in cui nacque questo piccolo pia-

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noforte da serenate, da passeggiate, da «fine settimana » o « week-end piano», (nome che gli fu dato in Inghilterra); come la lira-chitarra, esso intendeva far rivivere i caratteri decorativi dell'antica Grecia. Ma la lira-chitarra aveva veramente una sagoma che poteva ricordare la lira o la cetra c;el.l'antichità, mentre qui abbiamo soltanto la ricca decorazione in ottone, tipica dello stile Impero, che, con i suoi motivi, ci ricorda miti e fregi dell'antica Grecia: borchie, di petali o foglie, di sagoma al.llmgata, alberelli. uva, due lire e tralci di foglie, nel cui centro si trova una sirena alata con un cesto di frutta in testa; questi ornamenti sono applicati ai lati della tastiera, a l lato destro della cassa e sulla lunga cornice che ne delimita la sagoma quasi di arpa, .imprimendogli un carattere ben chiaro e pennettendone, così, anche una approssimativa datazione, che si può far rientrare nei primi anni del sec. XlX. Oltre alla forma e alle ridotte dimensioni (i tasti sono larghi circa la metà dei tasti dei pianoforti normali) questo piccolo pianoforte portatile aveva la caratteristica di essere am1ato di una sola corda per ogni nota. La sua trasportabilità lo rendeva particolarmente adatto, come si è detto, per esecuzioni all'aria aperta; se il suonatore stava in piedi lo strumento veniva sospeso ad una spalla mediante una cinghia; se, invece, stava seduto, ve niva tenuto sulle ginocchia. La meccanica, naturalmente, data la sua origine, era viennese e l'ambito poteva abbracciare dalle due alle quattro ottave: do2 do 5• L'inventore dell'Orphica, Cari Leopold Rollig, nacque intorno al 1740 e fu dapprima « Musikdirektor » in Amburgo, poi, dal 1797, fu impiegato alla Hofbibliothek di Vienna. Nel 1780 applicò una doratura sugli orli delle coppe della Glasharmonika che davano i suoi cromatici (in tal modo l'effetto visivo fa corrispondere gli orti dorati ai tasti neri del pianoforte). Nel 1801 inventtò la « Xenorphica ~. strumento a tastiera in cui le corde venivano strofinate da archetti di violino anziché percosse da martelletti. Oltre ad esercitare l'attività di giornalista musicale, Rolug scrisse pure un saggio intitolato « Orphica. l Ein musikalisches Jnstrument l Erfunden von l C. L. Rollig... » (con incisioni su rame). Wien, Blumauer, 1795. Compose musiche per Orphica sola: « Kleine und leichte TonstUcke fiir die Orphica ». Wien, 1797, e canti con accompagnamento di Orphica: « Sechs deutsche mit leichte und angenehmer Begleituog der Orpbica oder des Claviers ». Wien, 1797. 11 termine « leichter » (facile) così spesso ripetuto, sta a far rilevare che il carattere dello strumento era squisitamente dilettantistico e doveva perciò essere fornito di una letteratura accessibile anche ai meno preparati. Oltre alle opere sopracitate, Rollig compose molte a ltre musiche c studi tecnici e storici. Egli morì il 4 marzo 1804. Una ricca bibliografia corredata da molte notizie e da copiosa documentazione sulle sue opere è pubblicata nell'opera: «Neues h istorisch-biographisches Lex.ikon der T onki.instler>> di Emst Ludwig Gerber, pubblicata a Lipsia nel 1813 e ristampata a Graz nel 1966: 3° vol., colonne 895-898. Gli esemplari di Orphica conservati fino ad oggi nei vari mus~i non sono molti (forse una ventina): ricordiamo, fra gl i altri, quelli dei Musei di Berlino, Lipsia, Markneukirchen, Salisburgo, Norimberga, Parigi, Stoccolma; generalmente essi non sono firmati (come non lo è neppure


questo); talvolta (assai raramcne) vi si trova il solo nome « Rollig » oppure la dicitura « von Dohna l in Wicn »: Dohnal costruiva, infatti, secondo il brevetto (Privilegio) di Rollig. L 'esemplare qui esposto ha le seguenti caratteristiche: Cornice delle corde: in legno tinto nero; Cassa: impiallacciata di aframosia (legno color mogano); Somiere: in legno tinto nero;

oggi dei piccoli tasselli di legno, inseriti sulla parete destra della cassa, l.'!d in cima alla cornice dalla sagoma di arpa coricata. Essi sono proprio là dove dovevano essere piantati: a destra un ponticello (infatti i tassellini sono due, relativi al luogo dei due piedini del pontice!Jo, evidentemente largo quanto la cinghia) e, a sinistra, un anello (il tassellino, qui, è unico). Questa chiusura dei fori destinati in origine, secondo la natura stessa dello strumento, alla cinghia di trasporto, fa pensare che questo esemplare sia stato poi non più portato in giro, ma suonato in salotto, come piccolo pianoforte da dilettanti qual esso era.

Piano e fondo: in abete; Ponticello: in acero; Decorazioni applicate sulla cornice, ai lati della tastiera e al lato destro della cassa: in ottone; Striscia sovrastante gli smorzi: in acero; Sopra Ja suddetta striscia vi è una striscia di gallone giallo oro (divenuto verdone scuro). Tasti: 37 (15 superiori, in legno tinto, 22 inferiori, placcati in osso); Corde: in acciaio armonico, una per tasto; Piroli: 37, in ferro. La decorazione in ottone applicata al mobile comprende i seguenti soggetti: su!Ja cornice (parte anteriore): 3 borchie ovali di tipo floreale; ai lati della tastiera: due rami di palma (uno per Iato) con frutta, pigne, uva, fiori; al lato destro della cassa sono altri tre fregi: due Lire a 4 corde con rami di foglie fra l'una e l'altra lira; tma figura femminile (sirena?) con un cesto di frutta in testa, ali e doppia coda, le cui due volute si rivolgono verso l'esterno. Ambito: 3 ottave = do2 do,; Tasti: 37 (15 superiori in legno tinto; 22 inferiori placcati in osso); Piro li: 3 7, in ferro. Misure: L. tot. cm. ll2; L. tav. arm. cm. 50,5 X x 20,5 x 10,5; L. cassa cm. 55; L. lati: piccolo, a sinistra cm. 21,5; grande, a destra 36; Alt. cassa: senza cornice cm. 8,3, con cornice 10,5, con striscia smorzi 12,5; Tastiera: cm. 38,5; con capotasti 40,2; con fianchi 53; L. parte visibile dei tasti: inf. cm. 7 ,5; sup. 4,3; L. vibr. c.; l" do cm. 59,6; 2° do cm. 44,5; 3° do cm. 24,8; 4° do cm. 13. L 'Orpbica, per essere trasportabile, grazie ad una cinghia passata sulla spalla, richiedeva dei punti di attacco per la cinghia: in questo esemplare si notano

Vetrina 5

La vetrina 5 contiene, nel npwno più alto, due esemplari di arpa eolia, strumento consistente in una lunga cassetta su cui sono tese, sulle due facce opposte, le corde, che dovrebbero suonare da sole, vibrando per la sola forza del vento: una di esse ha la cassa a sezione trapezoidale per poter essere posta in un'imboccatura di finestra, aperta « a bocca di lupo », in corrente d'aria. Questo strumento, così strano, merita qualche cenno di illustrazione storico-tecnica. B uno strumento che sta fra il salterio e l'arpa cd applica il principio, noto fin dalla più remota antichità, della vibrazione delle corde per effetto della corrente d'aria. Nella tradizione del Talmud si ricorda l'arpa ( « kinnor ») del Re Da v id, la quale, attaccata presso il suo letto, suonava da sola, a mezzanotte, allo spirare del vento del nord; un antico poema indù citalo da Sir William Jones (1781) parla di e((etli simili nelle corde della indiana « vina »; vanno pure annoverati sotto tale principio di vibrazione alcuni strumenti cinesi (a corda), malesi (di canne di bambù) ed altri. In Europa, S. Duostano, arcivescovo di Canterbury (924-988), costruì un'arpa eolia, ma lo strumento, che, in virtù del suaccennato principio, suonava da sè, senza essere toccato, fece nascere sospetti di magia e fu perciò messo da parte per tutto il medio evo, come testimonia G. B. Della Porta nella sua « Magia naturalis » (Napoli, 1558). Nel sec. XVII il P. Atanasio Kircher ( << Musurgia universalis » . Roma, 1650, t. 11, p. 352-353; « Phonurgia nova». Caropidonae (Kempten), 1673, p. 145-149) offre la descrizione scientificamente esatta di un'arpa eolia che si trovava nel suo Museo (la quale, tuttavia, non sembra essere più presente nel « Gabinetto armonico » ordinato dal Bonanni che doveva essere la continuazione del Museo Kircheriano): era una cassetta di pino annata di 15 corde di budello, uguali, accordate all'unisono e all'ottava, tese su due ponticelli, che veniva posta davanti ad una finestra aperta: a seconda della dolcezza o della forza della corrente d'aria, si sentiva nella stanza, per il vibrar delle corde, una meravigliosa armonia paragonabile a voci e strumenti di vario genere. La spiegazione fornita dal Kircher per la diversità dei suoni prodotti da una sola corda o da

Sala Vl: La musica in cammino l~

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più corde intonate all'unisono, è scientifica e chiara: la differenza del vento nel colpire la corda o le varie parti di essa, produce, secondo la divisione del monocordo, ora l'ottava o la quinta, ora la decimaquinta o la vigesima seconda, quindi la terza, la quarta o la sesta. Il soffio d 'aria è dal Kircbcr paragonato ad un p lettro che, colpendo la corda nelle proporzioni stabilite dalla divisione del monocordo, produce, oltre al suono fondamentale, una serie ricca c varia di armonici, che vengono percepiti insieme o successivamente nell'ondcggiamcnto sonoro delle corde. E nel corollario conclude che, con la maggiore o minore fo rza del la corrente d'aria, si spiega come una medesima corda possa emettere infiniti diversi suoni; infatti il vento, anche se preme p iù forte la corda in un luogo. o in mol ti a ltri luoghi premendola più debolmente, produce sempre nuove difìerenze di suoni (Phonurgia nova~. p. 149).

Grande favore incontrò l'arpa eolia nell'età romantica (in senso lato tra il 17 50 ed il 1850) c la sua massima fioritura si ebbe intorno al 1800. Essa si diffuse in modo speciale in Germania ed in Inghilterra, dove, esposta al soffi<u·e impetuoso del vento tra i ruderi di antichi castelli, ne accresceva il fasci no col suo suono « pieno di mistero >> (5). Descrizioni tecniche dell'arpa eolia e saggi sulla teoria della generazione dei suoni in tale strumento ci hanno lasciato vari studiosi e scrittori: l'inglese Matthew Yow1g, vescovo di Clonfert, con la sua << Enquiry into tbc principal phcnomena of sounds and musical strings » (Loudon. 1784), il tedesco G. F. Liclltenberg nel « G ottinger Tascheukalender >> del 1792, il poeta inglese H.obert Bromfield nel suo « Nature's music » (1808) ed altri ancora. Esemplari di arpe eolie dei vari tipi, differenti per forma c per numero di corde, sono conservati nei principali musei di strumenti, fra cui Stoccolma, Copenhagen, Ambttrgo, Berlino, Norimberga, Lipsia, Bruxelles, Boston c New York. Principali costruttori e perfezionatori dell'arpa eolia (urono tra la fine del XV!Il secolo c il XIX J. W. Bindernagel di Gotha, W. Melhop (Amburgo), J. Pleyel (Parigi), H. C. K ocb (Rudolfstadt), che redasse un 'ampia descrizione del proprio modello, riportata dal « Musical ische ConversationsLexikon » di H. Mendel (Vol. l, p. 61-62), F. T. Kaufmann (Dresda, c. 1850), Rob. Burkhardt c C. D obler (c. 1860).

Dopo questo breve cenno storico ecco le schede delle due arpe eolie qui esposte entrambe ascrivibili a l sec. XIX.

(5) Per questo suono suggestivo fu immortalata nell'opera di vari poeti, appu nto dell'epoca roman tica, fra cu i il « Castle of indolence » di James Thomson (2 3 ed, London, 1748, p. 21), i poemi ossianici: Fi ngal, Temora, Berrathon (v. trad. in versi italiani di M. Cesarotti: Le poesie di Ossian, ed. del 1826 ristampata a cura di G. Balsamo Crivelli. Tori no, 1924), la poesia «An eine Aolsharfe» di E. Morike (1804- 1875), poi musicata da Brahms, da H. Wolf, ccc.

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n. 551. - Arpa eolia con cassa stretta c lunga a sezione rettangolare, a 8 corde tese su ciascuna delle due facce opposte più larghe e fermate da una parte e dall'altra con gancetti alternati a piroJi: le due facce su cui si trovano le corde, che passano su due ponticelli di legno tinto nero situati presso le due estremità, sono in abete, mentre le altre due facce, pure o pposte, sono in cipresso ed hanno, al centro, dei rombi di e bano con un fo ro al centro e piccoli punti di ottone intarsiati; i bordi dei piani armonici sono placcati in ebano; a l di sopra (considerando la cassetta in posizione verticale) vi è un anello (su base roto11da di metaUo dorato, con motivo, a sbalzo, di tralci di foglie) che doveva servire ad appendere l'arpa stessa ad un sostegno, mentre al disotto, forse per conseguire una maggiore solidità ed una più forte resistenza al vento o alla corrente d'aria, vi erano probabilmente quattro piedini oggi scomparsi. Misure: L. cm. 108,7; l. basi cm. 9,7 (facce laterali): 15,7 (piani armonici); l. vibr. c. cm . 83 .5. n. 552. - Arpa coli a, p ure a 16 corde, 8 per ogni faccia, sulle due facce opposte, inclinate, in quanto la sezione della cassetta è trapezoidale; su queste stesse facce, si aprono dei fori armonici fatti a stella (a 6 punte con un foro centrale: due stelle in una faccia ed una nell'altra); su tali fori armonici corrono le corde, otto per ogni faccia , fermate con piroli in ferro da una parte c gancetti dall 'altra. Lo strumento veniva posto tra i battenti di una finestra socchiusa << a bocca di lupo », appunto per raccogliere meglio la corrente d'aria. Quest'arpa eo!ia è tutta in abete c dal Jato dei piroli, proprio sugli angoli, ha due ponticelli in legno tinto nero con capotasto in meta llo bianco.

Misure: L. tot. cm. 78,5; l. basi cm. 12,5 J 4,2 l l 12,5 J 9; 0 rose (esterno) cm. 5,5: L. vibr. c. cm. 76,7. Altro pezzo tipico, che troviamo sempre nella vetri na 5, sullo stesso 1° ripiano, è il

n. 553. - Violino « muto », cioè da studio, con cassa armonica ridotta a l minimo (quindi dalla sonorità molto esigua, quasi di « pochette >>) e sagoma limitata ai necessari punti d'appoggio e di sostegno. È firmato e datato: « F atto da l Pie tro Grulli l in Cremona J l'anno J 893 ». Lo strumento ha le seguenti caratteristiche: il piano armonico, in abete, con le due effe di sagoma non consueta, bensì a « C >> , è prof.ilato da filettature in acero; fasce, fondo, manico e cavigliere (terminante nel classico riccio) sono di acero; i 4 piroli sono in pero tinto: il capotasto, la ta-


stiera, la cordiera cd il bottone fermacordiera sono in ebano.

Misure: L. tot. cm. 59,5; L. corpo cm. 35,5; L. manico cm. 23,7: l. corpo: alta cm. 10; media: 11,5 bassa: 11,5; pf. cassa cm. 6; L. piano cm. 35.5: l. mass. piano cm. 13.8; alt. fasce cm. 3,2; « Diapason » cm. 18,7; tastiera: l. sup. cm. 2,5: inf. 4: L. tot. 26; L. vibr. c. cm. 31,5. Di Pietro Grulli, liutaio d i buona scuola tradizion ale, si sa c he viveva nel 1870 a Cremona, dove morì il 27 ottobre 1898, ma se ne igno ra la da ta d i nascita. N el 2° ri p iano, intermedio, incontria m o un alt ro s trume nto p articola rme nte interessante, c he avevam o già t rovato nella sala IV, f ra gli strume nti pop ola ri, e c he è p resente qui con due esemplari assai differe nti fra loro: la ghironda ~in gl. hurd y-gurd y, ted. D rehleie r), strumento a corde in cui r a rco è sostit uito da una ruota azionata da una ma novella. Es:.a deriva dal medievale c organistrum » che, tuttavia, era molto più grande e, data la speciale fattura dei tasti, richiedeva, per essere suonata, l'impiego di un"altra persona oltre a quella che girava la ruota. Su tale slrumcnto ~i con e n ano vari ~cri t ti teorici medievali, fra cui ii piccolo t rattato attribuito a Oddone di Cluny ( + 942) dai titolo c Quomodo organi~trum construatur » (6). Anche l'iconografia segue in modo eloquente le fasi storiche del· lo sviluppo di questo strumento: al periodo in cui gli esecutori erano due si a~crive la raffigurazione che sembra più antica, quella del bassorilievo dell'Abbazia di S. Georgcs de Boscherville in Normandia, del sec. XI, mentre altre precise documentazioni ~i trovano in un ba~sorilievo sco! pito ncll"arco centrale del Portico della Gloria della Cattedrale di Santi ago de Compostela, tra i 24 seni ori dell' Apocalisse, opera di M astro M a teo (l l 88)) (7), in una scu ltura del Palazzo arcivescovi le, sempre di Santiago e circa della stessa epoca, oltre a vario miniature. U na volta perfe· zio na ti i tasti (sec. XIH), lo strumen to divenne più piccolo e ma neggevole, sì da richiedere un solo esecuto re. lll ustrano as~ai bene questa nuova fase i due esemplari riprodotti nella mininiatura n. l 6 delle c Cantigas de S. Mar i a:~>, redatte, in stupendi manoscritti mi nia ti. sotto il regno di Alfonso il Savio, re dì Castiglia e Léon ( 1252- 1284). La tecnica esecutiva era divenuta tanto semplice cbe lo strumento si diffuse anche fra i mendicanti ciechi, per cui venne detto anche c viola da orbo » e c Jyra mendicorum ». Ma il suo destino doveva un giorno cambiare e la ghironda ebbe il suo momento di gloria quando il re di F rancia Luigi XV sposò, nel 17 J 5, la principessa polacca Maria Lcscz.ynska ( 1703-1768), che era un 'appassionata virt uosa di ghironda.

(6) In: M. GERDHR r, Scriptores ecclesiastici de m mica sacra potissimum. St. Blasicn, l, p. 303. (7) v. G. L. MI'LLINI, Mae.\ lro Mateo a Santiago de Composte/a. Firen7c, Sadea/ Sansoni , 1965, tav. 10.

La regina, relegata dal 1737 nella residenza di Versailles. passava il tempo dedicandosi a suonare il suo strumento preferito. seguìta in ciò. ben presto. da dame e ca,·alicri della corte: dt qui la nuova edizione. si potrebbe dtrc, di lusso della ghironda, con intarsi in ebano e avorio, graziose testine scolpite in cima al cavigliere e varietà di forme e sagome. Lo strumento. che venne detto in Francia, là do' c ebbe la maggior oiffusione, " v ielle à roue » o più :-.emplicememc c 'ielle » o « vièle », veniva costruito con il dorso bombato, (in tal caso veniva detto « vielle en luth » ), oppure con il dorso piatto e la sagoma di chitarra, (nel qual caso era chiamato « viellc en guitare »). Esemplari as~ai pregevoli per finezza di decorazioni e per eleganza di fattura vennero costruili dai più noti liutai dei secoli XVI ll c XIX: f ra i primi ricordiamo Jean Louvet di P arigi, costruttore anche di arpe, e suo fratello P ierre, detto « Le S tradiva ri de la viellc », i quali avevano, nelle loro etichette. la dicitura, che era come un'insegna, « à la vielle Roya lc » c fra i secondi vanno citati Nicolas Colson c figlio di Mi rccourt. 11 filone « aristocratico », si era così affiancato, elegantemente ma con semplicità, al filone popolare, il quale, tuttavia, rimase il vero protagonista della biografia di queMo intere~sante strumento, che ancor oggi continua ad essere co~truito e suonato dagli alpigiani delle valli svizzere e piemontesi. Riguardo alrarmatura dell"organistrum si sa che essa era di tre co rde; ma non se ne conosce !"accordatura. Nella ghironda del sec. XV l il numero delle corde è salito a quattro e circa un ~ccolo dopo crebbe sino a sei: due ta~tate (che pa~~ano dentro la cassetta in cui sono racchiusi i ta~ti) c quattro libere (cioè non tastate), con funzione di bordone, che pas~ano al di fuori della suddetta cassetta; tutte le sci corde, però, vengono strofinate dalla ruota, mos~a dalla manovella. Poiché, come si è detto sopra, questo strumento ebbe una particolare diffusione in Francia, i nomi delle sci corde sono noti in francese. Le p rime d ue si chiamano « chanterelles » c le altre quattro « tro mpette ~. « mo uche » , « pctit bourdon » e « gros bourdon ~- L 'accordatura è la seguente:

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= c chanterelle »: 2 = « trompcttc »: 3 = c mouche • : 4 = « petit bourdon • ; 5 = « gros bourdon ». l

Una caratteristica della corda detta c trompclle • è un ponticello (che si ritrova nella maggior parte delle ghironde francesi del '700) detto c trompillon • il quale, per mcao di una corta corda di budello (fermata ad un pirolo in erito nella cordiera e puntato sul piano armonico) provoca una particolare vibrazione con un effetto di tromba simile a quello della tromba marina. 11 discorso sull'organistrum c sulla ghironda potrebbe continuare a lungo: tuttavia basterà rinviare all'opera più e~auricntc sull'argomento, dove si potranno trovare tutte le notizie ~torich e, tecniche, iconografiche. Si tratta dell'opera di Marian ne Brèicker, in due volumi: « Die

Sala VI: La m usica in cammino

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Drehleier: ihr 13au und ihre Geschichle ». Bonn-Bad Godesberg, 1977. P er agevolare la comprensione del procedimento che ha differenziato l'organistrum dalla ghironda potrà essere utile osservare il disegno dei tasti, sia di quelli che richiedevano due esecutori, nel sec. XH, e sia di quelli che, invece, nel sec. Xlll, restrinsero la governabilità ad una sola persona. Nel primo caso i tasti dovevano essere impugnati ed essere girati (come se si trattasse di coltelli, appoggiati su di un tavolo, che occorreva prendere per il manico per rialzarne la lama in verticale) per spingere in su le corde, mutando così il loro suono. Nel secondo caso i tasti vengono non più girati ma spinti orizzontalmente contro le corde, ottenendo lo stesso scopo di prima. Questi tasti, così azionati, avranno una certa analogia, per non dire che ne ~a­ ranno un po' un precedente storico, con le tangenti ap plicate alle leve dei tasti del clavicordo.

n. 555. - Ghironda a forma di chitarra. Sec. XTX. La « firma » dell'autore - « Colson à Mirecourt » è una scritta incisa su un lato della cassetta dei tasti. L a casa Colson prese .l'avvio da Nicolas, nato a Mirecourt nel 1798, che costruì lire, vielles en guitare (vale a dire ghironde a forma di chitarra) e fu continuata dal figlio, suo allievo, che costrul vielles e chitarre di qualità ancora migliore di quelle paterne. I n cima al cavigliere vi è una testina viri le scolpita nel legno dello strumento. Corde: 6 Tasti: 23 (10 sup. placcati in osso, 13 inf. in legno) Fasce, manico e fondo: in acero Ta vola armonica: in abete Una parte della fascia è in noce (di restauro)

fig. 1

fig. 2

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Ecco le schede delle due ghironde qui esposte: n. 554. - Ghironda a forma di chita rra. Sec. XVIXVII. La fattura è molto semplice: in cima al cavigliere vi è una testina scolpita in modo quasi primitivo (viso con zigomi pronunciati, naso piatto, occhi ravvicinati, capigliatura unita, espressa con disegno puntinato, discendente sulle spalle; in cim a alla testa ba una specie di copricapo dentellato). Corde 4 di cui una sola tastata. Fasce, manico e cavigliere molto probabilmente di acero (l'identificazione dei legni è molto ostacolata da una tinta applicata sui legn1 stessi). Fondo e piano: forse di cipresso. Piro/i: 4 in pero tinto. Tasti lO, Ponticelli 5, Cordiera in legno tinto.

l piro/i sono in palissandro ed ebano (non tutti o riginali). La striscia copriruota è in ebano fi lettata in acero. Vi è il pirolo che tira una corda dal ponticello « tromba m arina » . L 'orlo del piano ha intarsi in ebano e osso con doppia l'ilettatura in ebano. Misure: L. tot. cm. 65; L. corpo cm. 50; L. manico cm. 15; l. corpo sup. cm. 19, centr. 15,5, inf. 25; pf. cassa (dal lato della r uota) cm. 11; L. piano cm . 45; l. mass. piano cm. 25,5; alt. fasce cm. 75, l 8,5 l 8,3; L. vibr. c. cm. 39 (2 a sinistra), 38,5 (2 a destra), 33 (2 tastate).

n. 556. - Statuina !ignea settecentesca (che vagamente ricorda il tratto incisivo del Diirer) raffigurante un uomo dall'abito a brandelli che suona una ghironda: forse è un mendicante che canta accompagnandosi con lo strumento. È una eloquente espressione della prima fase, della storia della ghironda, la fase dei poveri e dei gir-ovaghi (donde il nome eli << lyra mendicorum » ), che precedette e sopravvisse a quella elegante e salottiera, ma che forse è la più genuina e la più vera, in quanto più consona alla nuda e semplice povertà dello strumento. Misure: alt. cm. 26,5; L cm. 10; pf. cm. 5,5; base cm. 5,5 X 12,7; L. strum. cm. 7,4.

Come punti di attacco per la tracolla vi sono 2 pomelli in legno. Nella parte alta del piano si aprono due fori armonici a « S ».

N el 3<) ripiano in basso della stessa vetrina 5 s i trovano due chitarre di cui seguono le schede.

Misure: L. tot. cm. 69; L. corpo cm. 49,5; L. manico cm. 19,5; l. corpo (sup. cm. 22, media 17,6, inf. 25,5; pf. cassa cm. 9,5; L. piano cm. 49,3: l. mass. piano cm. 25,5; alt. fasce cm. 8,7; L. vibr. c. cm. 36,.2 (le 2 interne a lla tastiera), 35 (l'esterna di destra), 36,2 (l'esterna di sinistra).

n. 557. - Chitarra P. Vinaccia 1858. Lo strume nto è firmato e datato: « PASQUALE VINACCIA l Fabbricante di Strumenti l armonici l Strada Catalana l n. 53 l apoli l 1858 » (etichetta interna, stampata, meno il nome, il numero della strada c le ultime due cifre della data, che sono manoscritti; l'etichetta è assai

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La Galleria armonica


ornata: una chitarra, un liuto, una viola, carta da musica e, intorno, un fregio che incornicia il tutto). Questo autore è uno dei nomi pitl gloriosi della liuteria napoletana. Pasquale Vinaccia, nato a Napoli il 20 giugno 1806 ed i vi morto verso il l 885, figlio di Gaetano, fu ritenuto il miglior costruttore di mandolioi dell'ottocento; fu fornitore deHa Corte e forse adottò per primo le corde di metallo; anche le sue chitarre, di vari tipi, sono assai pregevoli. Pllliroppo in questo caso lo strumento, ben costruito, fu danneggiato cd evidentemente mal riparato.

Piano armonico: in abete filettato di palissandro al bordo; Fasce e fondo: in acero, una striscia di palissandro è inserita nella fascia in basso Manico: in palissandro Cavigliere: in legno tinto placcato in ebano Piro/i: 6 in legno tinto Capotasto: in legno tinto Tastiera: in palissandro Tasti: 18, in ottone (tutti sulla tastiera, terminante al foro armonico)

Tasti: 15 (lO in ottone sulla tastiera; 5 in avorio sul piano) Piro/i: 6, in legno tinto e madreperla Capotasto: in avorio Attacchi per la tracolla: l pomello d'avorio sulla fascia sotto la cassa, l pomello di ebano e madreperla sui lato sinistro del cavigliere. Misure: L. tot. cm. 87,6; L corpo cm. 42,7; L. manico cm. 45; J. corpo: alta cm. 21; media 14,8; bassa 26,8; pf. cassa cm. 9,2; L. piano cm. 42,6; l. mass. piano cm. 26,8; 0 foro arm. cm. 8,2; alt. fasce cm. 7,4 l 8,4 l 9,2; tastiera: l. sup. cm. 3,9; l. inf. cm. 4,8; L. tot. cm. 29,4; L. vibr. c. cm. 62,5.

n. 559. - Astuccio per detta, dipinto a olio: pittura raffigurante un vaso con fregi floreali in giallo su fondo marrone.

Misure: L tot. cm. 91 ,7; l. mass. cm. 33; alt. cm. 11,7 (con coperchio chiuso).

Vetrina 6

Cordiera: in legno tinto. Come attacchi per la tracolla vi è solo la traccia di un pomello sulla fascia, in basso.

Misure: L. tot. cm. 91; L. corpo cm. 46,7: L. manico cm. 44,4; l. corpo alta cm. 23,5; media 15,7: bassa 29,2; pf. cassa cm. 7,8; L. piano cm. 44,3; 0 foro armonico cm. 7,4; alt. fasce cm. 7 l l 7,5 l 7,9; Tastiera: l. sup. cm. 4,7, 1. inf. 6; L. tot. cm. 43; L. vibr. c. cm. 63,5.

n. 558. - Chitarra (con astuccio). L'autore è « Gio. Battista Fabricatorc l Napoli Anno 1797 in l S.M. dell'Ajuto. N. 32 », come risulta da una etichetta interna (1e prime tre cifre della data sono stampate, l'ultima è manoscritta). Questo liutaio è membro di una illustre famiglia di liutai napoletani: è figlio di Vincenzo, forse fratello di Pietro e di Gennaro (T) e padre di Gennaro (TT). La vernice di questo strumento è rossiccia , la sagoma è stretta; le decorazioni consistono in intarsi di madreperla con impasto rosso (raffiguranti fiori c foglie) e tartaruga; tali fregi si trovano in tutto il bordo del piano, sull'orlo del foro armonico. sulla tastiera e sulla paletta . Ai Iati della cordiera vi sono intagli a rabeschi in legno tinto; la cordiera è in legno tinto e avorio. Fondo e fasce: in acero Piano: in abete

N el 1o ripiano 111 alto sono esposti una chitarra e due mandolini: n. 560. -

Chitarra firmata da « Giuseppe Scialè l Via del Corso l N. 91 l R oma l 1835 >>, comc risulta dall'etichetta interna (dove le prime due c ifre della data sono stampate e le due ultime cifre sono manoscritte). Questo liutaio (di evidente origine francese, dato che il nome è trascrizione di Chalet) viveva a Roma tra il 1810 ed il 1840, godendo di llna buona fama come costruttore e come restauratore eli chitarre. Negli ultimi anni costruì anche buoni violini ed alcune copie di violini di Gaetano Guadagnini. Lo stru mento è tutto in acero, meno le seguenti parti:

Piano: in abete bordato di ebano Tastiera: placcata in ebano Piro/i: in pero tinto Tasti: 19, in ottone (di cui 7 sul piano) Manico: in legno tinto nero: il bordo della rosetta è filettato in noce e acero; la cordiera e la paletta sono in ebano.

Misure: L. tol. cm. 85,3; l. piano cm. 23; 16,2; 29; alt. fasce cm. 8,2; 7,7; 7; 0 foro armonico: est. cm. 9,2, int. 8; L. vibr. c. cm. 55,7.

Sala VT: La musica in cammino

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Seguono, come si è detto, due mandolini:

n. 561. - Mcmdolino napoletano. La scritta porta la seguente dicitura: • Gasparo Mandolin in l Roma 1803 • · L'etichetta. interna. è stampata , la data è manoscritta. Di questo autore non si hanno notizie nè si conoscono altri strumenti di lui. Lo strumento è di grande semplicità, ma è di grandc effetto per le lince c per la lavora7ionc, per il felice accoppiamento e contrasto di tinte fra avorio ed ebano. Piano armonico: in abete. con ampia piastra in palissandro sotto il foro armonico. che è ovale con bordo filettato in acero

nella parte bassa del piano c intorno al foro armonico, sotto al quale è applicala una grande piastra di tartaruga per difendere il piano dai colpi di plettro. Anche la paletta è ornata longitudinalmente da una striscia con motivi floreali ad intarsio con tartaruga c madreperla.

Piano armonico: in abete con, al bordo. doppia filettatura in ebano e avorio; retro del manico c del cavigliere a strisce in ebano e avorio alternate Cavigliere: ornato al bordo da bottoni in avorio Piro/i: 8, in bosso Capotasto: in osso

Cavigliere: ornato, nel senso della lunghezza, da una larga striscia di avorio

Tastiera: in ebano

Nel retro vi sono quattro strisce. pure in avorio. alternate alla placcatura in ebano

Ponticello: in ebano

A i lato vi sono vari bottoncini di m •orio: 4 grandi c 5 piccoli per parte più 2 sopra Il manico è in legno ricoperto da st risce alternate di ebano c di avorio: motivo che si ripete e continua quello del retro del cavigliere

Doglie: 25. di acero filettato in noce Piro/i: 8, in noce Capotasto: in palissandro Tastiera: Placcata in avorio Tasti: 15 (10 in ottone sulla tastiera, 5 in palissandro sul piano) Ponticello: in palissandro; come attacchi per la tracolla vi sono due pomelli in avorio: t in cima al cavigliere l sotto la cassa, nella fascia. Misure: L. tot. cm. 57,5; L. corpo cm. 28.5; L. manico cm. 29; l. corpo cm. 17,5: pf. cassa cm. 13: L. piano cm. 28.5: l. mass. piano cm. 17.2: tastiera: l. sup. cm. 2.7. inf. 3,5: L. tot. cm. 14.2: L. vibr. c. cm. 32,3. n. 562. - Mandolino napoletano con la seguente etichetta interna, stam pata: « Joseph Filano Donati filius fecit Neap. l Alla Rua di S. Chiara Anno 1784 '> . Questo costruttore è un esponente di altra celebre famiglia di liutai napoletani: è figlio di Donato Filano. attivo a Napoli tra il 1780 ed il 1785, il quale fece anche violini ma non di grande valore: suoi capolavori sono i mandolini, ricchi di intarsi, ricercati da collezionisti e musei. Giuseppe, suo figlio ed allievo, lavorò a Napoli tra il 1780 ed il 1797 ad ottime chitarre e pregevoli mandolini. Lo strumento qui esposto è adorno di sobrie ornamentazioni ad intarsio di madreperla in impasto rosso

172 L a Galleria armonica

Tasti: 17, in ottone (tutti sulla tastiera) Doglie: 23. in acero filettate di noce. Misure: L. tot. cm. 58: L. corpo cm. 28.9; L. manico cm. 23.5: l. corpo cm. 18.5; pf. cassa cm. TT; L. piano cm. 27,7; 1. mass. piano cm. 17,6: 0 foro cm. 5.S: Tastiera: l. sup. cm. 2,4. l. inf. cm. 3.7: L. vibr. c. cm. 33.7. cl secondo ripiano, intermedio, si trovano due piccole fisarmoniche entrambe ascrivibili al sec. XTX.

n. 563. -

Fisarmonica. f1rmata « DUPI A~D l 2,

PLACE DU PAIAIS ROYAL l PARIS l BREVETÉ S.G.D.(:. •

(etichetta ovale in madreperla. applicata).

Cassa: in legno tinto nero con cornici di ebano scolpite Mantice: in carta fiorata con angoli metallici (ettonati) Tasti: 29, placcati in madreperla (come pure i ventilabrini) Bassi: 2, in metallo bianco, piì:l una valvola di scarico pure in metallo bianco: Fregi: in bassorilievo Registri: l (pomello mancante) Semitoni doppi: 2. Misure: L. tot. cm. 44.3: l. tot. cm. 19 (pf.): l. mantice solo cm. 3,5; alt. cm. 14,5; l. tastiera cm. 33 con capotasti. n. 564. - Fisarm onica simile ma senza alcun nome. Cassa: in legno tinto nero con cornici in ebano scolpite

Mantice: in carte fiorate con angoli metallici


Tasti: 22, placcati in madreperla, compresi tilabrini c un semitono doppio

ven-

Bassi: 2, con valvola di scarico, in metallo bianco, scolpita Registri: uno, con pomello in avorio. Misure: L. tot. cm. 35,5; l. tot. cm. 17,5 (con astuccio e cornice): l. solo mantice cm. 2; l. con cassa cm. 10,7: pf. cm. 13,7. n. 565. - Chitarra firmata « Marcus Obbo fecit l Strada S. Ferdinando n. 56 l Napoli Anno 1802 »; la scritta si trova su un'etichetta interna, stampata con fregio al bordo. L'autore, forse nipote di un liutaio omonimo (attivo a Napoli dal 1712 al 1740, che costnliva anche violi ni) sì dedicò, agli inizi del sec. XIX. in particolare a chitarre e mandolinì, pregevoli per fattura c per ornamentazìone. Piano armonico: in abete con filettature in ebano e avorio a l bordo ed intorno al foro armonico Fasce e fondo: in acero riccio (radica) con bordo in ebano Cordiera: in legno tinto nero con fregi a rabescbi ai lati c striscetta in avorio sotto le corde Manico: filettato in ebano e avorio: nel retro vi sono due strisce longitudinalì in avorio che continuano quelle del cavigliere Piro/i: 6, in ebano, con tondini dì madreperla intarsiati Cavigliere: in legno placcato dì ebano c avorio: nel retro: strisce e filettature in ebano e avorio alternati Capotasto e t(lstiera: in ebano

Tasti: 20 (di cui 7 mancanti) in ottone sulla tastiera, che giunge fino al foro armonico

etc. l Fabrique loutes sorte d'lnstrumens l et a son attelier. rue de la Providence, maison Prìe, porte 38 l A TURIN». Dì questo autore non si trovano notizie nei correnti repertori (Lligendorff, Vanncs, Jalovcc, Valdrighi); sì conosce tuttavia Wl suo strumento, conservato nel Museo Civico dì Bologna (n. 1804). Si tratta di una chitarra con una voluta ed una colonnina ai lati del manico, ma che, come armatura, è una normale chitarra a 6 corde. Lo strumento viene attribuito a Stradivari da una ingenua scritta sul piano: << CH I TARRA l STRi\DIVAR I CARLO GODONE / RIPARÒ I N TORINO» e da una targhetta interna (falsa) a cui si unisce quella del Godonc che se ne autodefinis-ce riparatore: « CARLO GODONF. l FABDONE,

PIAì'iOFORTI l ... 1:'.0 ALTRI STRUMENT I l ALLA PROVVIDI:.NZA » - ANTONHJS STRADlVARIUS 1 CREMONENS I S l Faciebat l Anno 1703 ». BRICANTE DI

A CORDE ...

La ch itarra bolognese è ornata da motivi floreali dorati e. all'interno, da un sole con raggi di cartone dorato. Tutto ciò sta a dimostrare, nel Godone, una fervida fantasia ed una grande ingenuità nel falsificare. Piano armonico: in abete Fondo e fasce: in acero Fondo: più stretto del piano, filettato al bordo con acero cd ebano Bordo del piano: filettato in acero, noce ed eb ~mo Foro armonico: orlato da un bordo con 16 fori tondi filettati come sopra Cordiera: in noce e metallo bianco a raggicra con due palline alle estremità Cavigliere: in legno tinto Piro/i: 6, in pero Capotasto: in ebano Tastiera: in legno tinto

Attacchi per la tracolla: gancio in ottone al cavigliere e pomello in ebano (spezzato) sull a fascia sotto la cassa.

Tasti: 17, in ottone, tutti sulla tastiera; (come attacchi per la tracolla vi sono: un foro in cima al cavigliere ed un pomello sulla fascia sotto la cassa).

Misure: L. tot. cm. 90; L. corpo cm. 43; L. manico cm. 48; l. corpo cm. (alta) 22,2; (media cm. 15,8; bassa cm. 29,3; pf. cassa cm. 9,3; L. piano cm. 42,8: l. mass. piano cm. 29,3; 0 foro armonico cm. 7,7; alt. fasce cm. 6,8 l 8,2 l 9,3: tastiera: l. sup. cm. 45, l. inf. cm. 57; L. tot. cm. 30,2; L. vibr. c. cm. 43.

Misure: L. tot. cm. 94,5; L. corpo cm. 46,5; L. manico cm. 48,2; l. corpo: alta cm. 23, media 20, bassa 29; pf. cassa (mass.) cm. 10,6; L. piano cm. 29; 0 foro arm. cm. 7 ,3; alt. fasce cm. 9,5 l 1 IO 1 10,6; tastiera: l. sup. cm. 4,8, l. inf. cm . 6; L. tot. cm. 41; L. vibr. c. cm. 63,7.

n. 566. - Chitarra Codone 1810. Nell'interno di questa chitarra si trova l'etichetta (stampata, eccetto la data, che è manoscritta): « 181 O l CHARLES GO-

Fuori delle vetrine, sparsi nella Sala, sono esposti vari interessanti pezzi. Anzitutto un « regale » , organo senza canne, in cui l'aria, soffiata dai mantici, va direttamente nelle ance, le quali sono molto sensibili ai mutamenti di temperatura e di umidità e quindi sog-

Sala VI: La musica in cammino

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gettc a scordarsi con grande facilità. In un confronto con altri f;trumenti simili esistenti nel mondo si è potuto constatare che le ance di questo regale possono essere assimilate a quelle degli esemplari più antichi. vale a dire dei secoli XVI c XVIT: per i primi (del '500) si può citare quello di Antonius Meidting, del 1587. oggi conservato a l Kunsthistorisches Museum di Vienna. La scritta (in rosso) apposta allo strumento di Vicnna è variamente interpretata: Julius Schlosser legge « Anthonius Meidling Augustanus fecit anno dom. 1587 mensac (sic!) Decembrij , (8), mentre Reinhardt M engcr, in un suo pregevole recente studio, legge: « Anthonius Mcidting. Augusta nus. F eci t. Anno doni 1587. Mcnsae Decembrij » (9). Per il '600 si può segnalare quello del Museo Carotino Augusteum di Salisburgo. proveniente dal convento del Nonnberg (l 0), dove era giunto dal Castello di Ambras. Le ance del regale sono battenti, al contrario di quelle dell'harmonium. che funziona con ance libere. Tl fatto che l'aria vHda direttamente alle nncc comporta una certa perizia nnche nell'alzamantici. in quanto. se l'aria viene spinta con forza. si hanno note crescenti: se, invece. la pressione è troppo debole, si hanno note calanti. La presenza di un foro all'estremità di ciascuno dci due mantici ha féltto pensare che fosse stato concepito un sistema di sollevamento o meglio di tiraggio <tzionato da lunghe aste, per cui lo stesso suonatore potesse muovere. con tali specie di pedali, i mantici. ma l'idea, adottata nel Museo di Berlino (per il n. 343 del sec. XVTTD. fu poi abbandonata. Evidentemente venne chia rita la funzione dei fori suddetti: sembra ovvio che essi siano stati usati, come risulta anche da tracce circolari attorno ai fori, al fine di assicurare con perni (a vite?) la stabilità della ch iusura per un trasporto più ~icu ro in caso di spostamenti. Questo regale è stato posto in questa sala, tra i « portatili », perché nei mantici si trova uno spazio per contenere la tastiera con la fila delle ance. Una volta coll ocata la tastiera nel suo abitacolo da viaggio. lo strumento, richiuso c ridotto ad una piccola casset-

(8) J. SCHLOSSHR, Die Sammlung a/tu Musikimtrumente ... Wien, A. Schroll & Co., 1920, n. A. 126 a pag. 73. (9) R. MENGER, DA S REGAL, TuTZING, H. SCHNE IDl!R, 1973, p. 92-93 e fig. 36, 37, 38. (I O) KARL GEIRJNGER, Alte Mmik-111.\trumente im Mu.1eum Carolino Augusteum Salz.burg ... Leipzig, Breitkopf u. Hartel, 1932, n. 225 del catalogo a p. 36 e n. 55 della tav. IV. - R. ME:-!GER, op . cit., p. 86-87 e fig. 26. - v. pure: H . MOUNTNEY, Tlze Regal. in: GSJ XXII (1969), p. 3-21.

174 La Galleria armonica

ta, diventa un oggetto di comodo trasporto ( « R ciscregal »: regale da viaggio); questo criterio di trasportabilità ru spesso applicato con successo in questo tipo eli strumento: basti ricordare i vari artistici esemplari di « Bibei-Regal • che popolavano abbazie, cantorie e circoli musicali, esemplari ormai divenuti rarissimi: spesso, infatti, il regale veniva confezionato ad imitazione di un grosso libro rilegato (una Bibbia, donde il nome), che si apriva per farlo funzionare e, richiuso, si portava sotto il braccio come un qualsiasi volume. Il regale sorse nel sec. XV, ma la sua trasportabilità si può dire che inizi intorno alla metà del sec. XVT (tra i primi a costruirne fu l'organaro norimberghesc Georg Voi, che nel 1575 fece un regale oggi conservato al Metropolitan Museum di New York) e si prolunghi fino al settecento. li regale fu trumento da chiesa c da casa. da processione e da camera, e funzionò sia come solista che come accompagnatore del canto solistico: fu in questo ruolo che venne usato anche da Claudio Monteverdi per il suo ~Orfeo», a Mantova, nel 1607 (recitativo di Caronte, atto III). Il suono è piuttosto aspro, di sonoritH molto sim ile a que lla dci cornamuti torti, ma è ricco di sonorità nei registri bassi.

n. 567. - R egale (sec. XVI?). Lo strumento è tutto in noce, meno la parte interna dei tasti, che è di castagno. Tasti: 45: 18 placcati in ebano e palissandro (superiori); 27 placcati in bosso con frontalini scolpiti a semicerchio (inferiori). Ambito: 4 ottave con o.c.: do ,-do$. A copertura del vano ance vi è un telaino con 4 fori oblunghi c. al centro, un foro tondo, tutti chiusi da una garza ro~sa applicata dal disotto. Mantici: ciascun mantice ha un vano interno vuoto: tali vuoti sono destinati a contenere l'uno la tastiera c l'altro la cassetta delle ance: - nella parte interna dei mantici vi sono 2 cerniere in ferro fissate con chiodi in ferro conici, il tutto fatto a mano; - nella parte esterna dello strumento vi sono elci chiodi in legno a testina tonda; su ogni mantice vi è il posto per i pesi, delimitato da cornicette; - nella secreta, vale a dire nel vano dei ventilabri (realizzati con lo scalpello), vi sono invece due lettere: all'interno del la to sinistro una « O » e sul lato interno della parete destra una « I », incisa, come un « J » numero romano, molto rozzamente, ma molto fortemente: sembra si possa desumere che siano le iniziali del costruttore, ma esse, mancando qualsiasi riferimento che possa richiamarsi a tali iniziali, rimangono per ora del tutto misteriose.


Purtroppo tra tutti i regali conservati non se ne trova nessuno di autore italiano (infatti anche i due oggi a Bruxelles, che appartennero a lla collezione Contarini-Corre r, sono firmati (contrariamente a ciò che afferma H. Mountney, che li qualifica di « fabbri cante sconosciuto ») ( 11 ), da Theodorus Wilhelmus Agatho. Agathe. sassone, nel 1676 ( 12). Disgraziatamente, come in genere per tutte le cose delle Collezioni Gorga, non si hanno notizie sulla provenienza di questo regale e non si ha, quindi, nessuna informazione sulla sua origine. T uttavia. quello che possiamo fare è cercare di stabilire gli elementi che ci possono illuminare sull'epoca e sul luogo in cui questo strumento può aver avuto i natali. Anzitutto le ance: da un attento esa me di esse e da un confronto con quelle degli altri esemplari oggi esistenti , si è potuto rilevare, come si è detto sopra, una singolare affinità con quelle del regale costruito (affiancato ad una spinctta c coperto da una scacchiera per il gioco del tric-trac) da « Anthonius Meidting. augustanus » (di Augsburg), nel 1587 (oggi a Vicnna, nel Kunsthistoriscbes Museum). Anche la confezione di tutto lo strumento qui esposto, realizzata completamente a mano e con sistemi del tutto semplici (sia nei chiodi di ferro, all'interno, che nei chiodi di legno, all 'esterno) ci porta ad un'epoca piuttosto delimita ta nel tempo e neJla sto ria della tecnica artigianale.

Misure: L. tot. cm. l Ol ,5; L. mantici: con maniglietta cm. 81 ,5, senza maniglietta cm. 78,8; L. tenoni agli sbocchi dci mantici verso le ance cm. 4,5; L mantici (uniti) cm. 67 .5: l. tastiera cm. 62, soli tasti cm. 59; alt. mantici cm. 11; vano interno di ciascun mantice: cm. 61 ,R X X 18,7 x pf. 5.5; esterno di ciascun mantice: cm. 79 x 34 x alt. 8,5; strumento chiuso (in assetto da trasporto: cm. 33,5 X 86,5 (con maniglie e bocche) x 16,7 (alt.): alt. con cornicette dei pesi cm. 18,5; L. visib. dei tasti cromatici cm. 5.9, diatonici cm. 8,7. Da questa scheda si può partire per formulare qualche ipotesi: le ance risultano, come si è detto. di possibile fattura cinquecentesca (fine secolo, dai raffronti) e quindi lo strumento si potrebbe datare tra la fine del sec. XVI e gli inizi del XVII. Sul luogo d'origine può, in certo modo, dare qualche idea la presenza del castagno, legno che no n a lligna dovunque c che, (I l ) H. Mour-.r.:H. T/w lkt:al. In: Galpin SociCt) Journal, XXII (1969), pp. 3-22 (nn. 6. 7, 8). (12) v. V.- C'h. Mahillon. C'atalogue descriptif et analytiquc du Musée instrumcntal du Con~crvatoire Royal de Musiquc dc Bruxelles. Vol. 11. 2• ed., G<1nd, 1909. n. 1129: pag. 35 1; n. 1130: pag. 352-353.

forse con la collaborazione della dendrocronologia, potrà fornire qualche utile elemento.

n. 568. - « Cembalo piegatorio », pezzo di grande importanza in quanto è l'unico esemplare di tal genre che sia stato costruito da un italiano (almeno fra quelli oggi noti). Questo interessante strumento è opera di Carlo Grimaldi. attivo come cembalaro ma anche, a quanto sembra. come organaro, a Messina alla fine del '600 c agli inizi d el '700. Della sua vita no n s i cono~ce quasi nulla. se si eccettuano le sue opere c, del resto, dato c he il suo nome. originario forse dalla Francia, come quello de i Principi di Monaco, è comune a parecch ie famiglie di Liguria, di Napoli e di Sicilia, è faci le imbattersi in un omonimo, come quel barone Carlo Grimaldi, governatore della contea di Modica, che nel 1693 ottenne la concessione del tito lo di principe (13) c che forse 'ii potrebbe ricollegare al ramo dei Grimaldi di G enova emigrato in Sicilia (14). Un atto, citato da Giordano Corsi in un suo articolo di vari anni fa ( 15). è quello del l 7 15 dai Libri di lntroito ed esito della Chiesa Matrice di Novara di Sicilia, in cui si dice che l'organo fu fallo in Messina dal Maes tro Carlo Grimaldi e da suo figlio Paolo; il fatto c he quest'ul· timo, in un altro atto del 1725, venga detto " fu Carlo » fa ritenere che il padre, anche se da poco, fosse allora defunto. Si può, così, dedurre la data della morte, ma non quella della nascita.

Questa piccola opera di Grimaldi era dunque uno strumento da viaggio o per usi campestri (passeggiate, feste rurali, festini di campagna o balli patrizi nei giardini delle ville seicentesche). La collocazione dello strumento nella sala VT è del tutto appropriata quando si pensi a lla originaria destinazione del cembalo, che era quella di fa r mus ica all'aperto. Si tratta di tre pezzi incernierati fra loro. P rima di affrontare lo strumento qui presente può essere utile considerare le a ltre due opere note di Carlo Grimaldi. Anzituuo il c: cembalone • · firmalo c + Carolus Grimaldi fccit l M essane 1697 •, con base riccamente intJgliata e dorata. ricca pittura di un bel rosso vivo all'in terno del coperchio e ricchi fregi dorati con fiori ed uccelli a ll'esterno, c he si trova oggi a Norimberga: esso era fino a poco tempo fa nella collezione del conte G. Bernardini di Lucca, e come proprietà di lui è riprodotto nella 16 edizione de lla Storia della mus ica d i F. Abbiati (16). D a lla Collc:~;ione (13) Citato nel c Nobiliario di Sicilia • di A. Manzo, vol. 11 , A-M. Palermo. 1912, p. 350. (14) Citato da Angelo M. G. Scorza nel suo repertorio c Le famiglie nobili genovesi :o . Genova, 1914, pp. 124-125. (15) c Un grande cembalaro italiano del '600: CARLO GRIMALDI :o . in: c uova rivbta musicale italiana. n. 2 del 198 1. p. 206-215. ( 16) Vol. TTT Milano. Gar.wnti, 1941, p. 365.

Sala Vl : La musica in cammino

17J


Bernardmì passò alla Collezione Rtick c con questa al « Germanisches Nationalmuseum ~ di Norimberga, dove ora si trova. Il cembalo pieghevole o da viaggio fu reso celebre da Jean ~larìus, di Parigi, il quale, il 18 settembre 1700. ottenne dal re di Francia Luigi XIV un privilegio ventcnnalc per la costrut.ionc e la vendita di tale tipo di strumento; Marius fece una specie di lancio pubblicitario del nuovo strumento. di cui egli si proclamò inventore, con una l Description du claveein brisé ,. nei « Mémoires de Trévoux ~ del 1703. a p. 1292 (17): in tale « rcclamizzazione ,. egli, per diffondere il cembalo pieghevole. che chiama « clavecin brisé porlatif :., dice che, da chiuso. diviene una ca-;seua della misura e del peso (non più di 12 libbre) assai simile a quelli di un normale bagaglio di parrucche (che, nel '700, era. evidentemente. uso generale portarsi dietro). Ma la figura di J ean Marius non è immune da smpctti. in quanto nel 1716 egli si proclamò pure im•entorc del pianoforte, in rcnltà inventato oltre l anni prima da Bartolomeo Cristofori. Anche Sibyl Marc use. nel suo di7ionario (l 8). alla voce « Clavecin brisé :.. a proposito delle manie « imentive ,. c « piegatorie ,. di Mariu~ ricorda che egli si proclamava inventore anche di un ombrello piegh evole. Non sarà q11indi inuti le r ip ortare qui, obiettivnmente. un dubbio espresso da un illustre studioso francese, Adrien de La F age. il quale. nei suoi « Es~ais dc diphthogr:~nhie mu,ic:~ le ., (19). cita un pas~o della « P olyanthca technica :. di Giampietro Pinarol i. M s. Ol,anatense del 1732, in cu i si dice che i «cembali piegatorij » erano stati inventati nel '600 dal cembalaro imolese don Giuserpe Mondini (o Mendini). c aggiunge: « À propos dcs « cimbali picgatorij ». i'observcrai quc si l'époque assignée par Pinaro li ~ lcur invention est cxactc et qu'ils ctatent réellement du XVII• ~iècle, cc scrait à tort qu'cn France Mnrius se serait donné. cn 1700. comme inventeur des « clavccins bri~é~ •. Poichè. infatti, il Marius non era a lieno dall'assimilnrc n ~e stesso gli altrui ritrovati, come fece poi rcr il pianoforte. si può pensare che anche per questo ~frumento I'i~pirazione gli fo~se venuta forse durante qualche suo fruttuoso viaggio in Ttalia: e dire. poi. che il dc La Fage non aveva visto strumenti itali:'!ni di tale tipo. come questo. Sarà. inoltre. utile aggiungere qualche notizia Sl!i « c);,,·ccins brisés ,. di cui si sono perdute le tracce. In un inventario degli strumenti medicei affidati alla custodia di Bartolomeo Cristo fori. redatto nel l 716 (20) s i trova, al n. 28, · « Un cimbalo da ripiegare, lavoro fatto in Francia,

o

con il fondo dtpinto a rabeschi. con ta~tatura d'avorio, et ebano in tre pezzi. con invenzione per poterlo accordare di uno strumento d'ottone ». Sono. queste, caratteristiche che. al momento, sono reperibili soltanto negli esemplari l, 2 c 5 del quadro sintetico o riepilogo forn1ulato sopra. Dal testamento di Carlo Broschi detto Farinelli (21) riMtlla c he egli aveva due cembali , di dimensioni ridotte, che ~i piegavano in tre parti e che si riducevano nella loro ca~\etta, uno dci quali decorato da graziosi intarsi in ebano c madreperla, ma non si sa né come esattamente erano fatti né da chi. Infine, in un'asta tenuta a Londra nel lug lio 1901. si sa c he fu venduto un « clavecin brisé » di Mariu~ del 1709. ma in ~cguiLO non se ne è saputo piLt nulla ed esso sembra e scflii \'olatilizzato. La più importante differenza fra i cembali pieghevoli di Marius e questo di Grimaldi è che qui le tastiere non ~ono rientranti come in quelli di Mariu~: tale caratteristica non è però garamia di priorità, poiché <;i trova anche nel « cla vecin brio;é ,. an onimo che sta all'Aia c che è del 1750. La deco razione di questo e di allri strumenti (salteri e ~pinettini) è detta « arte povera) in quanto costituita non da vere pitture ma dall'applicazione di stampinc ritagliate, colorate e poi ricoperte da vari strati di una vernice traspa rente detta « sandracca ~- Fra i calcografi che divcnn~ro celebri per aver stampato incisioni dedicate a questo t1p0 di decorazione, fiorito a Venezia nel '700. vanno ricordati i R cmondini di Bassano. allivi tra il 1650 ed il 1R60: Giuseppe Antonio, morto nel 1711, Giuseppe Giovanni Battis ta ( 1713-1773), Francesco (1773- 1R20)). che dcgn:~mente rivaleggiarono con gli altri stampatori europei di q uesto tipo di incisioni. T soggetti erano cineserie. . cene popolari. pac~aggi. I n varie sccnettc di genere. con giocatori. '\uonatori e ballerini. le v i~rnette ve ni va no collegato l'una all'altra mediante pitture di sfondo con piantino e m onti per riempire gli spazi vuoti. Questo tipo di decorazione. nato a Venezia intorno alla metà del sec. XVII per imitare le lacche ''eneziane. derivate dalle lacche orientali, si diffu'\c, per la rapidità di esecuzione e per il suo basso costo, con gran ~ucccsso in tutta l'Europa nel sec. XVTTT e fu molto usato per fruttiere. '\Catole. mobili, strumenti mmicali ('\pecie clavicembali c salteri). Tale decorazione è interessante anche per la s toria d el co~ tllme dei secoli XVH c XVTTT. sia per l'abbigli:~mento che per le acconciature (capigliature corte ~otto ai cappelli. parrucche bianche a boccoli con codino) cd i cappelli (piatti. forse a tricomo. a pan di wcchcro. con piume, a tuba con penne rosse ed altri tipi n turbante con ricca ornnmentazionc).

Scritta (sul 1° tasto): « + Carolus Grimaldi fecit » (l 7) Ristampati nel Catalogo del Con~crvato rio di Parigi pubblicato da Chouquct nel 1884, a p. 86. (18) Op. cit.. p. IlO. ( 19) Pari~>. O. Lesouix, 1864, p. l 12. (20) Pubblicato da LETO Puutt nella sua opera « Cenni 1torici della vita del sereni1.1Ì111 n Ferdi11nndo dei Medici granpri11cipe di Tnsca11a e della origine del pianoforte. In: c /\Ili dell'Accademia del R. 1st. mu~ieale di Ftrenze, 1874, pag. 103.

IJ 6 La Galleria armonica

Decorazione: figurine di carta a ttaccatc a l legno, colorate c integrate, fra l' una e l'altra, da pittura (<c arte povera ») (2 1) Tl ologna, An:h. Nota rilc, l !!72, riporta lo da R. KtRCKPATRtEK nel suo volume su c Domenico Scarlaui :. Princcton, Ncw Jerse}, 1953.


l «cimbali picgatorij » che oggi si conoscono sono almeno otto, eccone un breve riepilogo: N.

l

Autore

l

nn t a

l

Pruprletarlo attualo

l

~.

l

Precedente proprlet:.rlo

........

J

Marius

1700

Paris - Cons.

2 3

Marius

s. d.

Bcrlin - Mus.

331 228

Federico il Grande (J 712-1786)

Marius

Bruxelles - Mus.

555

Coli. Tolbccque

4

Marius

Leipzig - Mus.

!D

A. Kraus - Firenze

5

Mari us

1709 1713 1715

Paris - Cons.

-

Col i. Chamb urc

6 7

c. Grimaldi

s. d.

Roma- Mus.

568

Col!. Evan Gorga

?

Christian Nonncmacker

1750 1757

L'Aja - Gem. Mus.

8

l

Coli . Scheurleer

ew York - Metr. Mus.

Piano armonico iu abete

Coli. Crosby Brown

l

Prima ottava: corta

Cornicette iu cipresso Somiere in noce Piro/i originali in ferro: 30 + 30 + 30 Saliere/li: (di restauro) corpo eli sorbo: linguette di faggio; becchi eli penne di condor; mollette in setole eli cinghiale) Tacchetti di appoggio e strisce coprisaltere/li (di restauro): in cipresso R egistri: 2 X 8' Tasti: 45. I 27 inferiori sono placcati in avorio: 18 superiori sono placcati con un impasto speciale dorato dalle marezzature ad imitazione della tartaruga Le leve sono in faggio t

a

Restauri e modifiche: il ccmbaletto era stato ridotto aJ essere uno strumento a percussione: i saltere!Ji erano stati sostituiti da rozzi martelletti che percuotevano le corde saltando in su verticalmente dai vani stessi dci salterclli. È stato ripristinato come vero cembalo, con salterclli di restauro; anche i cartigli e le strisce sopra i salterelli sono di restauro. Per offrire una descrizione più dettagliala e chiara dello strumento se ne danno qui le misure distinte per le tre parti di cui esso è composto: parte dei bassi ( 1), parte dei centri (2) c parte degli acuti (3), che si fanno precedere Ja due piccoli grafici riproducenti lo strumento dall 'alto c da uno che lo ritrae di profilo (chiuso).

d

b

e h

m

Sala VI: La musica in cammino

177


l) S1rumen1o aperlo:

ambulanti, i quali. durante i loro spostamenti, lo portavano appeso alla spalla con una cinghia. Eccone la sintetica scheda:

a-b cm 103,8; a-c cm 112; d-e cm 103,8;

:t-d cm 20.6;

n. 569.

d-f t:m 112;

g-1 cm 345;

Colonna e modigfione: in legno tinto nero

g-h cm 79,2;

o-r cm 34.4;

Piano armonico: in abete

g-i cm ll7,4;

b-e cm 21.0;

Fondo e fasce: in acero

l-m CIII 5 1,6;

h-m cm 20.5;

Corde: 37 (d i budello).

1-n cm 59,8;

p-\ cm 20.6;

o-p cm 51.5;

c-f cm 20.5;

o-q cm 59,5;

i-n cm 20.5;

r-s cm 24,1;

q-1 cm 20.6;

r-t cm 32,-1;

c-t cm 61.8.

2) Strum ento ~emit.:lti111u: Ambiti:

comp1c,~ivo

dot-do~

T asticrn { 1): do t·/m Tastiera {2): sul2-la3 Ta~ti cra

(3): sibJ·dos

L. vibr. c.: 1° do: cm 94,5/94.5; 2° do: cm 87.2/84,!!; 3o do: cm 52/50,7; 4" do: cm 27,8126,4; do: cm 14/ 13,5;

Arpa con spuntoni.

Nel piano armonico vi sono 6 rosette a raggierc in cuoio tinto marrone scuro; cassa e base a sezione rettangolare. D alla base fuoriescono due spuntoni in ferro; la meccanica è a ganci a mano (meno le due prime e le due ultime corde). Misure: A l t. to t. senza spuntoni cm. 136; (L. spuntoni 10); L. cassa arm. cm. 116,5; L base cm. 32: L inf. piano arm. cm. 28; l. sup. piano arm. cm. 7; pf. cassa in basso con cornicette cm. 12.2; pf. cassa sin alto con cornicettc cm. 5,5; 0 rosette sup. est. cm. 4,8, int. 4; 0 rosette centr. est. cm. 5,5, int. 4,6; 0 rosette inf. est. cm. 6. int. 5.6; L vibr. c.: mass. cm. 119,5, min. 9,5.

so

Punti di pizzico: 1° dv: cm 14/ 12.8: u1t. do: cm 6 14,5; Misure dei tasti: Ta~lit:ra (l) L. parte visi bi le sta l i: s u p. CIII 4,6; in f. cm 8, 1; L. to t.: s u p. c m 21 ,8; in f. cm 26,5;

. Ta~licra (2) L. parte \Ìsib.: id. c.s.: L. tot.: sup. cm 22,6; mf. cm 24,4; Tastiera (3) L. parte visib.: id. c.~.; L. tot.: sup. cm 19; inf. cm 20,5. Front:~1ini pr~cnti (scolpiti a mezzaluna) 4: 111Ì4.

Sallcrclli (di rcst<~uro): L. tot. cm 4,7; L. parte in[ cm 3,2; l. cm l; <>pessore cm 0,3.

3) Strumento çhiuso (di profilo)

n-<r c m 1202; C·a: cm L12,7; u-a: cm 18.5; u-v: cm 7·

'

z-a: cm 70.

Sempre nella stessa sala si trova una piccola arpa ottoccntesca che, in luogo degli abituali piedini, ha due spuntoni di ferro: essi servivano per appoggiare sui ciottoli lo strumento, che era tipico dei suonatori

178 La Galleria m·monica

n. 570. - Organo Worle 1733. - Questo piccolo grazioso esemplare di arte organaria ha i seguenti interessanti requisiti: anzitutto esso è « positivo :. , in quanto si posa, ma è anche << portatile », cioè da processione. Tuttavia, nel 1700, poiché di veri c propri portativi :. a spalla non ne esistevano più dal medio evo, fu usato il termine « portativo • per indicare la trasportabilità di uno strumento da un luogo all'altro. In tal senso André Maugars, nella sua « Responsc faite è un curieux sur le sentiment de musique d'Italie escrite à Rome le prcmier octobre 1639 , (ristampata a Parigi nel 1865) usa l'aggettivo « portatif » quando dice che in un'esecuzione nella chiesa della Mincrva ve n'erano ben otto ad accompagnare altrettanti cori (oltre ai due organi grandi con altri due cori) c in tutta Roma se ne trovavano oltre duecento ( << à chaquc chocur il y avoit un orgue portatif, comme c'est la coustume:. ). Alla descrizione dello strumento qui espo to seguiranno alcune notizie, biografiche e storiche, sull'autore. L'organo è racchiuso in una cassa dipinta in color avorio. con cornici dorate e fregi !ignei intagliati c dorati che riproducono tralci di foglie alternati a volute color avorio: essi sono posti agli angoli c;uperiori della facciata e scendono a riempire gli spa7i lasciati vuoti dalla cuspide di 21 canne del registro Principale di 2' (le altre canne di tale registro sono interne) che


si trovano appunto in facciata, con bocche allineate c labbro superiore a scudo. Altra nola carallcristica eli questo piccolo organo da processione sono quattro fori rettangolari praticati nei fianchi della cassa (due a destra e due a sinistra) per infilarvi le barre con cui veniva traspo1iato, e la sistemazione dei due mantici a libro sopra il tetto della cassa, con due lunghi bastoni, che pendono sulla sinistra per essere azionati dal basso. Tale sistemazione dei mantici, che risparmia lo spazio della cassa sottostante allo strumento, propria di tutti gli altri positivi, si incontra anche in alcuni organi dei musei di Parigi e di Norimberga. Questi elementi, uniti all'assenza di pedaliera, rendevano lo strumento assai maneggevole e pratico per essere agevolmente spostato da un luogo all'altro durante le processioni e le feste religiose all'aperto o in piccoli oratori di campagna. La tastiera ha un ambito di 4 ottave (do! do5 ) con la prima ottava corta ed è formata da 45 tasti placcati in palissandro (gli inferiori o diatonici) ed in ebano (i superiori o cromatici). I registri sono azionati da cinque manette verticali in ferro ai lati della tastiera, che inseriscono i registri se vengono spostate verso la tastiera; esse sono sistemate nel modo seguente (dal dietro in avanti). Le due di sinistra sono: l) Flauto di 4' tappato, tutto di legno di castagno, registro caratteristico del Worle; 2) Flauto di 2', aperto, con le prime 20 canne in legno (fino al do3 ) e le altre 25 in lega di stagno. Le tre di destra: l) due file di ripieno che suonano su un solo comando, tutte di stagno. 2) Ottava (pure di stagno). 3) Principale 2' tutto di stagno (21 canne in facciata cd il resto interne). Misure: cm. 102 X 61 X alt. 116. Va notata la caratteristica qui praticata dal Worle, forse dovuta anche alle esigue proporzioni dello strumento che consentivano una spesa relativamente contenuta, e che poi sarà da lui abbandonata negli organi di più vaste dimensioni (questo è l ' unico organo così piccolo di mano del Worle che sia conosciuto): quella dj costruire tutte le canne interne in lega di stagno anziché in piombo come d'uso. La paternità dello strumento risulta da una scritta a mano, ad inchiostro, apposta dal Wor.le all'interno del piccolo pannello che chiude la secreta, sul davanti, sotto la tastiera. Egli così firma questa sua prima opera (conosciuta): « Johann Conrado Worle in Roma Anno 1733 » . 11 cognome ancora scritto nella grafia germanica (poi sarà « italianizzato » in Verlè) e le caratteristiche tedesche sia della Conica che della decorazione, fanno ritenere che egli si fosse solo da poco trasferito a Roma dal natio Tirolo. Che lo strumento qui esposto sia un organo da processione lo si comprende anche dai fori (rettango-

lari) dove venivano infilate le stanghe per gli sposta. menti. 11 Worle aveva casa e bottega nei dinto rni della Ch iesa Nuova, in piazza de ll'Orologio n. 8, dove rimase fino alla morte, senza farsi una propria famiglia ma dedito soltanto alla costruzione di pregevoli strumenti, che saranno gli unici a « scandire» la sua s ilenziosa ed umile vita. Doveva certo già godere di un'ottima fama se gli fu affidato l'incarico dell'organo della chiesa della Maddalena, che allora stava uscendo da una felice operazione di rifacimento, la cui facciata rococò, di Giuseppe Sardi, è contemporanea dell 'organo del Wéirle (1735). L'organo della Maddalena (che fu poi rimaneggiato dal Priori nel 1863), collocato in una cantoria ricca di statue, raffiguranti la Fede, la Religione (in alto); la Carità, la Speranza (in basso), e poi 2 angeli musicanti e 2 puttini, figure e dorate di cherubini, che si potrebbe definire l'apoteosi della fede e della musica, è certamente uno dei più fantasmagorici, artistici e scenografici di tutta la città: di qui si può dire inizi in modo ufficale e grandioso la celebrità del Wéirle. La morte lo colse improvvisa mentre ancora tanti lavori attendevano nella sua bottega di essere ultimati e consegnati (fra i quali l'organo di S. Maria in Campitelli) e con una situazione economica veramente pietosa se, alla fine di una lunga e laboriosa vita, egli lasciò un'eredità di soli 1.440 scudi. La bottega di lui fu rilevata, alla s ua morte, dall'allievo Ignazio Priori, che vi si trasferì con la famiglia. L'unica notizia della vita del Wéirle, è la sua associazione, dal 1736, alla Confraternita della B. V. Maria della Pietà nel Campo Santo Teutonico (Città del Vaticano), in cui volle essere sepolto.

Ecco la lapide della sua tomba: D. O. M. lOA:

CONRADUS WERLB

NATIONE TIROLENSIS IN CIVITATE VILS DlOCESIS AUGUSTANAE NATUS MDCC/DJE Il AUGUSTI URBE. ORGANARIUS CONFRATER ARCHISODALlTATlS B. V. MARIAE DE PIETATE IN CAMPOS. AN XXXV ERGA HANC ARCHICONFRATERN BT LOCUM PlUM SEMPER BENE AFFECTUS MORTEM SAEPIUS MEDITANS HUNC LAPIDEM PRO SE SUISQ. VIVENS PONI CURAVIT MDCCLXYI OBllT DIE

Il. DECEMBER

MDCCLXXVJI

AETATTS SUAE

LXXV !l

MENSIS. IV.

Sala V I: La 111usica in cammino

17.9


(Nel vano fra le suddette date vi è la riproduzione del la facciaL<t di un piccolo orga no. sotto il quale sono ~colpiti vari altri clementi (ossa. un teschio. un nastro). La tomba si trO\ a all'aperto. dinanzi alla Cappella del Crocifisso.

Ma torniamo ora alle sue opere: l'organo della Maddalena e ra considerato la sua prima opera nota finch é non fu scoperto questo piccol o grazioso positivo da processione, proveniente dall a Collezione Gorga. Segue qui ora un breve elenco delle opere del Worle pcrch~ se ne possa abbracciare a grandi linee l'attività, veramente eccezionale per quantità e qualità tlegli o rgani, tutti pregevolissimi, usci ti dalle sue mani: 1) 1733 - R oma positivo da processione;

Museo Strumenti Musicali:

2) 1735

Roma - Chiesa della Maddalena:

3) 1744

Roma - Oratorio del Crocifisso:

4) 1745

Albancto/ L eonessa (Rieti) - S. Ni-

5) 1747

Lugna no (Terni):

6) 1748

Otricoli (Terni);

7) 1752

R oma

Chiesa dell"Ara Coeli.

8) 176 ..

Roma

S. G iuseppe a lla Lung.1ra;

9) 1764

Supino - Santuario di S. Pietro c

cola;

S. Cataldo; l 0) 1764 - R omu - Chiesa di S. Eustachio: 11) 1765 - Leonessa S. Giuseppe da Leonessa;

(Rieti)

-

Santua rio

di

12) 17 .... - Roma - Chiesa di S. Eu~ebio: 13) 1772-76 - R oma - Chiesa dci SS. Vincenzo c Anastasio;

14) 1775 - Montcromano (Viterbo) parrocchiale;

Chiesa

15) 1777 - Montefiascone (Viterbo) - Chiesa di S. Barto lo meo (annessa a l Se minario Ba rbariga); 16) 1777 - Roma - Chiesa del Ba mbino Ge l.1 (Suore Oblate Agostiniane - v. U rba na, 7 (l: r organo fatto « per le Suo re T edesche >> ); 17) s.d. Carpineto R omano (Roma) - Cattedrale; 18) s.d. Poggio .\llirteto (Rieti) - S. Giovanni Battista ( 1765?). 19) s.d. - Vigo d i Tonno (Trento) - Organo positivo. Organi scomparsi: R oma - SS. Apostoli; Roma S. Macuto: Roma - S.M. in Campitelli. Può essere interessante segnalare che tali preTio~i strumenti hanno ripreso vita grazie a restauri storico-

I 8O La Galleria a1 monica

funzionali eseguiti a cura ddle Soprintendenze di R o ma (nn. l , 2, 3, 4, 8, 10) e di Pe rugia (n. 6); il n. 7 ed il n. Il sono stati restaurati a cura delle rispettive chiese: il n. 9 è stato di recente restaurato a cura della chiesa. con contributo statale. Va notato che l'organo qui e~>posto aveva anteriormente due sportelli (di cui restano gli attacchi) oggi pe rduti , e così pure è perduto un fastigio a timpano che coronava la facciata. Il carattere a ncora prcttamente tedesco di questo strumento si può ravvisare confrontandolo con un « Portativ :. austriaco del M useo Carolina Augusteum dì Salisburgo (22) della metà del '700: anch ·esso ha i mantici sopra e gli intagli lignei dorati che scendono sopra le canne della facciata; esso pure aveva, davanti a lla facciata, due sportelli, perduti come nello strumento qui esposto. Altra importante testimonianza tedesca è un 'incisione di Chlistoph Weigel (c. 1700). in cui è visibile un positivo del tutto simile a questo del Worle. Segue un a ltro organo da processione diversamente conformato: me ntre nell'organino del Worle la trasportabilità è agevolata dall'avere i mantici sopra, qui è data dal fatto che i mantici, posti sul dietro, sono ribaltabili a lrintcrno dello strumento. n. 571. - Organo positivo Traeri. È un piccolo grazioso organo positivo (senza pcdalicra), del tipo « portatile», cioè da processione, in quanto i due mantici a libro sono ribaltabi li sul re tro. rie ntranti nella cassa, dove vengono fermati con nottolini quando lo strumento viene preparato per il trasporto, che si realizza mediante due maniglie in ferro sui fianchi deUo strumento. La cassa è in legno naturale con intagli avanti c sopra le canne, capitelli, pure intagliati, che sormontano i quattro pilastrini, da cui la facciata viene divisa in tre campate, ciascuna di 5 canne. Queste hanno piedi piuttosto a lti e bocche a llineate. La tastiera ha un ambito di 4 ottave (do 1 -do~) di cui la l " corta: i registri sono 2: Principale di 2' e Ottava di l' e sono azionati da due manette sulla dcstra. N ella sccrcta del somicrc si trovano data c firm a (questa in form a assai contratta c quindi di non facile lettura): << F. 11 D. co T .''' B. no F. 11 1689 >> ( « F ecit Domenico Traeri Bresciano Filius 1689 »). L a famiglia Traeri, a ntica gloria bresciana, si trasferì nella persona del capostipite Carlo, padre di Francesco c di D omenico, a Bologna c a Modena. ma conservò, per alcuni suoi membri , la dicitura di « Bresciano» , ad esempio per Dome nico. autore del presente strumento, c per

(22) KARt GtiRII'\GER. Alle ldtl\ik-ln\lrumente im /1111!Jl'lllll Caroli11o A ugll\11'11111 Sa/zburg. Lcipz.ig, Breitkopf u. llartcl, I'J32: N. 266 del Cat. c fig. 266 della • Tafel IV •·


Ugo (che restaurò nel 1731, con Celestino Testa. l'organo di Luca Blasi nella Basilica di S. Giovanni in Lateraoo). La dicitura di f Bresciano • fu da loro adottata insieme a quella di « Bolognese •, ad esempio per il suddetto Ugo, riunendo il luogo d'origine ed il luogo di Lavoro. Di questo autore esistono varie pregevoli opere a Modena (chiese di S. Pancrazio, di S. Carlo, della Madonna delle GraLic) c a Carpi (Pieve di Camurana c chiesa di S. Bernardino da Siena), ma questo è l'unico organo del tipo tJ·asportabile ed è un vero gioiellino nel suo genere c nel suo formato in miniatura. Le sue misure sono: cm. 66 x 26 X alt. 103. Segue un'altra arpa « da strada», cioè da musici girovaghi, che aveva, come l'altra di questa stessa sala. gli spuntoni al posto dci piedini, ma qui essi Iurono poi tolti; i fori da cui essi uscivano vennero chiusi ed ora la base è formata da una tavoletta rettangolare: evidentemente l'arpetta lasciò la vita nomade per vi vere e funzionare soltanto in sale o stanze con regolari pavimenti, che sarebbero stati rovinati dagli spuntoni ferrei. n. 574. - Arpa. 1'w·. arm.: in abete Cassa e fa.\ce: in acero Corde: 35 Cassa: a se7ione rettangolare Nel retro della cassa: 5 fori ovali (4,5 x 1.5 in alto: H,5 x 3,2 in basso). Misure: alt. tot. cm. 140: L. cassa arm. cm. 114: l. base cm. 27 ,5; l. in f. piano arm. cm. 27 ,5; L sup. piano arm. cm. l O; pf. cassa, in basso cm. 13, in alto 5: L. vibr. corde: mass. cm. 126. mjn. 10.

Altro strumento interessante che ora si presenta è il n. 573. - (+n. 574. - cavalletto) - Harmoni/Uìte, tipo francese di fisarmonica a cui è stato adattato un sostegno, con un pedale che muove il mantice mentre le mani, senza dover azionare nessun soffietto, possono agire entrambe sulla tastiera. Esso era molto diffuso tra i suonatori ambulanti che. chiuso lo :.trumento. infilavano al braccio il sostegno, ripiegabile, e proseguivano il cammino. ma esso era anche molto amato dai dilettanti, che ne facevano oggetto di esecuzioni da ~alotto. Il pittore Giovanni Boldini (Ferrara 1842 - Parigi 1931) ritras~e l'amico Cristiano Banti (anche esso pittore), in un ritratto ad olio, databile tra il 1865 ed il 1866, mentre suona uno strumento del tutto simile a questo. li dipinto è intitolato « 11 pittore Cristiano Banti all'armonio~ (che, in realtà, è un Harmonif!Gte) c si trova a Firenze, nella Galleria d'a rte moderna.

Altra documentazione, ottoccntcsca e salnttiera è una fotografia pubblicata nell'« Album romano ~ di Silvio Negro (Roma. G. C'a~ini, 1956. relativo ad una ~!ostra di antiche fotografie tenuta a Palazzo Braschi nel 1953). ~otto il titolo « Concertano in casa del prelato ~ (c. 1830), in cui un \esco,o. nel ~uo salotto, accompagna su un Harmoniflùte un cantante, mentre ahri quattro amici ascoltano. Fra le mui~chc compo~te per tale strumento si ricorderà un brano di Davide Antonietti (Monza 1836-1898): « La carità ,. per ll armonifl(lte c pianoforte. Questo tipo di strumento fu cost1uito per la prima volta nel 1852 dalla Casa Bouton di Parigi c si diffuse ben presto in Francia. in German1a ed anche, come si è vi~to, in Italia. Vi sono due tipi di Harmon iflfltc: uno con il sostegno. come qui si vede, in cui il mantice viene mosso dal pedale. e l'altro, che si po~ava in grembo, in cui il mantice veniva azionato dalla mano :. ini~tra, mentre la destra si muoveva sul l<t tastiera (un po· come avveniva nell 'ant ico organino portativo). l due tipi sono esposti, con il relativo metodo, nel Deutsches Muscum di Monaco di Ravicra. L'ambito abituale era di tre ottave cromatiche fa 1 fa 1.

L'esemplare qui esposto è opera della casa Busson di Parigi, come risulta dal marchio racchiuso in un ovale inciso nel legno al disopra della tastiera: « BUS~0\1 BIU-.Vt -. rE SGDG , PARIS ». Di questa stessa fabbrica esiste un esemplare nella Stearn Collection di Ann Arbor, Michigan (n. 737:

p. 107 c tav. Vll

del Catalogo di A.A. Stanley pubblicato ad Ann J\rbor nel 1918). Ambito: 4 ottave (sol-sol) Tasti: 49 (20 crom. in ebano; 29 diat. piace. m avorio) Parte l'isibife dei tasti: crom. 33: diat. 8 Alt. tot. da terra cm. 82. Misure: L. slrum. cm. 64,5; l. strum . aperto (a soffietto chiuso) cm. 34; l. strum. chiuso cm. 20; l. strum. chiuso con tastiera cm. 26; alt. cm. 20.5; L. lato tastiera cm. 56,5; L. soli tasti cm. 54.5: sostegno: L. gambe cm. 69; l. base cm. 54."i. Ultimo pezzo della Sala VI è il n. 575. - Piccolo lwrmonium portatile a 2 tasliere, sec. XIX, che contiene i pedali per azionare i manticetti: quando il viaggio è giunto al termine c lo strumento deve entrare in funzione. lo si pone su di un tavolinetto: si estraggono i pedali, che si trovano nelrinterno, si pongono a terra. collegandoli, mcdinntc tubi di gomma. ai manticctti interni c l"harmonium è così pronto per l'uso. La cassa è in palissandro; il coperchio è articolato in tre parti. Ambito delle due tastiere: 3 ottave (do- do) con o.c. Ta.\ti: 32 ( 13 sup. in ebano; 19 inf. placcati 111 avorio Mi.\111'1': (a strumento chiuso) L. tot. 53. alt. 30 Tasti('l'f': l tast. sup. 43, 4, inf. 43,5.

Sa la VI: La 1/lll.l'ica in COI/71/JÌIIO

I 8I



51Y

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519. Pochette; sec. XVII-XVIH, avanti e retro (Vetrina l) 520. Poclzette; sec. XViii (Vetrina l) 521. Poclzette; sec. X V ri (Vetrina l) 522. Lit•rea; cc. XVll f (Vetrina l ) 524. Pochette; sec. XV III, di fronte e laterale (Vetrina l) 526. Pochette; sec. XVII (Vetrina l ) 528. Como da segnflli « Georg Bari $ - Norimbnga; sec. X VIll (Vetrina 2) 52 1, 522

Sala VI: La m usica in camm ino I ' ~l

83


531, 532. Comi di François Perine t - Parigi. 1829-1846 (Vetrina 2)

533. Tromba naturale di • Paulus/ Schmidi, Numberg •; sec. XVIH (Vetrina 2)

I 84 La Galleria armonica


539. Flauto c/(l/ce hastone anonimo; sec. XIX (Vetrina 3)

-

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544. Clarinetto-bastone di Mollen Hauer/ Fulda; sec. XIX (Vetrina 3) 534. Corno da caccia; sec. XIX (Vetrina 2)

545. Flauto tral'erm-/Jastone anonimo: sec. XIX (Vetrina 3)

535. Trombone a tiro di An t. Appantli,. Modena ( 17991845) (Vetrina 2)

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.........

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541. Violino-basrone a11011imo; sec. X I X (Vetrina 3)

Sala VI: La musica in ct1111111ino I

8J


548. Lira-Chitarra di Charorle, Angouleme (1834) (Vetrina 4)

550. Orphica anonima; sec. X IX (Vetri na 4)

I

86 La Galleria armonica

551, 552. Arpe eolie anonime; sec. X LX (Vetrina 5)




553. Violino «muto • di Pietro Grulli, Cremonn, 1893 (Vetrina 5)

567. Regale (aperto); sec. (fuori Vetrina)

567. Regnle (chiuso); (fuori Vetrina)

XVI-XVH

sec. XVI-XVTT

Sala VI: La musica in Ct1111111ino

I 8.9


568. Cembalo piega/orio di Carlo Grimaldi; sec. XVJL-XVJ Il (fuori Vetrina)

568. Cembalo pie,::atorio di Carlo Grimaldi: sec. XV II-XVIll. chiuso (fuori Vetrina)

I fJ O La G alleria arm onica


570. Organo positivo di « Jofwnn Conmdo Wijr/e in Roma anno 1733 » (fuori Vetrina)

Sala V L: La musica in cammino

Ijl


571. Organo po.litil•o di Domenico Traeri, 1689 (fuori Vetrina)

I!J 2

/ .a Galleria armonica


573. Harmonifllite di Vetrina)

BIIJSOII,

Parigi: sec. X IX

(fuori

56lJ. Arpa co11 spllllfOIIi tmonima; sec. XJX (fuori Vetrina)

575. Piccolo lwrmo11i111n portatile a due tastiere; sec. X l X (fuori Vetrina) Sala V I: La musica i11 cammino

1.93



Sala VII LA MUSICA MILITAR E

Le tre sale che seguono (VII, VIII, lX) sono come dei piccoli campionari o saggi di ambiente, con cui non si intende assolutamente esaurire l'argomento a cui sono dedicati, ma soltanto offrirne w1a piccola « degustazione ». T temi a cui essi si informano wno assai vasti ed è perciò facile intuire il loro carattere puramente indicativo e di « assaggio ».

Presso il bocchino è inciso nella pelle nn fregio dorato di foglie; all'orlo del padiglione si trova un fregio dorato a tortiglione; vi sono due giri di metallo zigrìnato con anelli, a cui è applicato il cordone di sostegno terminante con due nappe. Sul 2° ripiano, centrale, sono esposti:

n. 585. - Se1pentone.

Vetrina l La Sala VII è riservata alla musica militare, cioè agli strumenti usati nell'esercito. Nella vetrina l sono esposti dei serpentoni e dei corni da segnali, tutti in legno ricoperto di pelle. Il serpentone è lo strumento contrabbasso della famiglia dei cornetti curvi, sorta alla fine del '500 e vissuta per tutto il '600 cd oltre; il serpentone era costruito in legno scavato nel senso della lunghezza, serpeggiante, in due metà, che poi venivano riunite e ricoperte di pelle nera. Esso durò fino all'800 come strumento basso e fu usato sia in orchestra (v. Mendelssohn: « Meerestille und gli.ickliche Fahrt >> ( « Calma di mare e felice viaggio » ); « Rienzi »), sia in ·chiesa per sostenere iJ canto fermo (ragion per cui in Francia fu detto anche « serpent d'église » ), sia dai militari, ma a piedi; per quelli a cavallo c'era il serpentone di cavalleria, che qui è rappresentano da un tipo usato in Francia intorno al 1815, esposto nel piano superiore della vetrina (n. 583) e che spicca per l'interno del suo padiglione dipinto di rosso vivo; oltre ai tre serpcntoni (n. 585, 586, 588), la vetrina contiene, come si è detto, due corni: uno a tutto tondo ed uno a mezzo tondo, sempre di legno, usati per segnali. Eccone le schede.

Misure: L. appross. del tubo cm. 215; 0 di entrata: esterno cm. 3,2; interno 1,4; 0 di uscita: esterno cm. 9,8 X 9,8; interno 8,2 x 8,5 (leggermente ovalizzato). Alla parte verso l'imboccatura vi è un bordino (rotto) di corno; manca il tubetto porta-bocchino e quindi anche il bocchino. All'orlo del padiglione vi è una striscia di cuoi laccato (fregio a rilievo: motivo di gigli stilizzati) con tracce di doratura) e lungo il tubo sono applicati due quadratini con fiori dorati e due rettangolini pure con fregi dorati; verso il bocchino è incisa una greca.

n. 586. - Serpentone. Misure: L. appross. del tubo cm. 196,5; L. del tubetto metallico pOlia-bocchino (che manca): esterno cm. 21 , interno 19; 0 di entrata: esterno cm. 1,5, interno 1,1; 0 di uscita: esterno cm. 10,4 X 10 (ovale), interno 9,4 X 9. Vi è un anello per il cordone di sostegno; sulla pelle sono state applicate strisce di garza. Sul 3° ripiano, in basso, sono i seguenti pezzi:

Sul l o ripiano, in alto, si trovano:

n. 587. - Corno a tutot tondo.

n. 583. - Serpentone di cavalleria.

Misure: L. appross. del tubo cm. 261; 0 entrata: est. cm. 3,4; int. 1,6; alt. fascia metallica applicata alla parte iniziale del tubo (verso imboccatura) cm. 3,8; 0 di uscita: est. cm. 8,6; in t. 7 ,2.

Misure: L. approssimativa del tubo cm. 197 ,5; 0 di entrata: est. cm. 3,5; int. 2,5; 0 di uscita: cm. 19,8. n. 584. - Corno a mezzo tondo. Misure: L. approssimativa del tubo cm. 124,5 0 dì entrata: esterno cm. 3,8; interno l; 0 di uscita: esterno cm. 9 x 8,4 (ovale); interno 7,7 X x 7,5 (ovale).

Occorre aggiungere, a proposito di questo strumento, un curioso dettaglio. Sulla pelle applicata, come di consueto, sul legno, si notano delle lettere, il che ha fatto pensare a qualche nome di costruttore o ad altri dati riferibili allo strumento stesso, ma una attenta

Sala V !l: La musica militare

I 9J


indagine ha portato, invece, ad appurare che si tratta di etichette di pelle prese da dorsi di rilegature di li bri: eccone qualche esempio chiarificatore: « Mabli - Legislazione >> - << Devoti - De legibus >> - « Tratt<~to elci minerali », cd altri di non facile lettura.

n. 588. - Serpentone.

Misure: L. appross. tubo cm. 177,5; 0 entrata: est. cm. 4,5; int. 2,7: 0 uscita: est. cm. lO X X 9,2; int. 8.7 X 8,4, (ovale). fntorno al tubo sono avvolte, sulla pelle, altre ~tri­ sce di pelle. Mancano il tubetto col bocchino cd un pezzo del tubo.

Vetrina 2

La vetrina 2 offre una scelta di ottoni del sec. XIX di tutti i tipi: da banda, da segnali, da cavalleria, da posta cd altri. Sul ripiano in alto si trovano i seguenti 5 pezzi (va detto, come premessa a questa vetrina, che gli strumenti sono tutti in ottone salvo notizia in contrario c che anche qui la lunghezza del tubo è approssimativa, essendo presa dall'esterno):

n. 589. - Tromba a cinque chiavi in metallo bianco.

Tromba n. 591. - La dicitura, incisa, è la seguente: l [ovale con un'àncora e, ai lati di essa, le iniziali G A l » . Questo costruttore, P. L. J\iné Gautrot di Parigi, intorno al 1835 si associò a Cìuichard (che aveva fondato una ditta nel 1827) c nel 1845 ne diventò unico proprietario. Ricevette medaglie c menzioni in varie importanti Esposizioni internazionali; nel 1884 la Ditta passò a Couesnon et C. 1c Ai 3 dOCili di sostegno il cordone, bianco e rosso, è avvolto, intrecciato e terminante in due nappe. « Gautrot Brevct..:

Misure: L. tubo cm. 267,5; 0 est. inizio tubo cm. 1,2; 0 padiglione cm. 12.8; tonalità: mib; 0 bocchino: cm. 2,8. n. 592. - Tromba (o com etta). Ritorta semplice, tipo tromba di cavalleria con due anelli, un cordone verde (per trasporto) avvolto al canneggio e terminante in due nappe. La dicitura, incisa nel padiglione, porta « Gautrot Brcvcté l PARIS rovale con monogramma formato dalle lettere G e :.1 intrecciate] l PARIS » . Di questo autore si è già parlato a proposito dello strumento precedente.

Misure: L. tubo cm. 127; 0 iniz. est. tubo cm. t,2; 0 padiglione cm. l 5,3; tonalità: sib; 0 bocchino (conico, allungabile) cm. 2,7. 11. 593.- Tromba (cornetta) a 8 chiavi con canneggio cilindrico; anonima: forse tipo sperimentale.

Ha canncggio cilindrico. La scritta, incisa nel padiglione, porta « CHARLE BERNARD1 A 1\III.AN GV » . Di questo costruttore non si trova, nei repertori, altra notizia che quella della presenza di una coppia di suoi corni al Museo Donizettiano di Bergamo. Per la parte ornamentale vanno notate le chiavi a conchiglia e la fascia al bordo del padiglione, graffita con motivi floreali, foglie a cuore e stelline.

n. 594. - Tromba ad un pistone. La scritta, incisa, è la seguente: [stemma rca lcl n. 1893 l A. SACCANI l MILANO l 35 ».

Misure: L. tubo cm. 206; 0 est. iniz. tubo cm. 1,2; 0 padiglione cm. 13; tonalità: R eb; bocchino a tazzetta: 0 cm. 2,7.

Misure: L. tubo cm. 180; 0 est. inizio tubo cm . 1,3; 0 padiglione cm. 11 ,5; tonalità: reb; 0 bocchino (conico • cm. 2,8.

n. 590. - Tromba a 5 chiavi con canncggio cilindrico; la dicitura, incisa nel bordo del padiglione, porta « CAMMEL LI A PISTOIA » . Si tratta di Raffaello Ca m mciii, attivo a Pistoia tra il 1844 ed il 1854, di cui una tromba a 3 cilindri si trova nel Museo di Lipsia (n. 1860). Il padiglione è bordato da w1a piccola fascia puntinata. Misure: L. tubo cm. 152; 0 est. iniz. tubo cm. 1,2; 0 pad. cm. 13,5; tonalità: Sol; bocchino: manca. Vi sono, annesse, 6 ritortc per le seguenti tonalità mib, fa, mi, re, do, sol.

I .90 La Galleria armonica

Misure: L. tubo cm. 86; 0 iniz. est. tubo cm. 1,25; 0 padiglione cm. 13; 0 bocchino cm. 2,7. Sul 2° ripiano, centrale, si trovano altri 5 pezzi:

Vi sono due catenelle: una per il bocchino presente e una per il bocchino di riserva (mancante).

n. 596. - Tromba in re senza chiavi, sec. XVlli anonim a - a 2 ritortc semplici (una corta e una lunga). Nel padiglione sono impresse a rilievo in circolo LO conch iglie; nel tubo, verso l'inizio del padiglione, vi è un rigonfiamento di rinforzo c di sostegno, a ciambella; 2 anelli per il cordone (mancante).

Misure: l. tubo cm. 278,5; 0 est. inizio tubo cm. l ,2; 0 padiglione cm. 12,6; tonalità re; bocchino: manca.


n. 597. -Tromba (cornefla) a due cblavi, in rame, con la parte iniziale del tubo in ottone, ad una ritorta semplice con canneggio conico. La scritta (in una piastra ovale di metallo bianco, applicata) porta: « PELITTT l Lfregio arabo - firma di Maometto (?) - sormontato da 5 stelle e fiancheggiato da due ratni di foglie] l

ma andarono evidentemente perduti perché negli ultimi cataloghi non risultano pitJ. Misure: L. tubo cm. 152; 0 est. iniz. tubo cm. 1,15; 0 padiglione cm. 12,2; tonalità sii> bocchino: manca.

MiLANO».

Misure: L. tubo cm. 168; 0 est. iniz. tubo cm. 1,2; 0 padiglione cm. 13,8; tonalità: re; 0 bocchino (a tazzetta, allungabile) cm. 2,6. Questo importante costruttore, Giuseppe Pelitti, attivo a Milano per gran parte del sec. XTX (circa dal 1835 fin verso la fine del secolo), è forse figlio di quel Paolo P. di cui il Museo possiede un corno datato «Milano 1795 »; egli fu inventore eli due tipici stn.lmenti: il Pelittifero, strumento in legno ricoperto di pelle, con 3 pistoni (o ciliJ1dri) rotanti (che veniva suonato con bocchino a tazza) brevettato nel 1843, e il Pelittone, tuba bassa e cont:rabbassa brevettate in Italia e in Austria nel 1846; il Museo di Roma, che è certamente il più ricco di sue opere (poiché ne possiede quasi un centinaio) annovera fra i suoi pezzi più tipicamente interessanti, appunto un esemplare, ottimamente conservato di Pelittone Altre sue interessanti opere che il Museo possiede (e che saranno, anch'esse, .esposte in altra sezione) sono varie trombe da lui costruite per i Balli del teatro alla Scala di Milano verso la fine dell'Ottocento. n. 595. -Tromba a 5 chiavi con canneggio cilindrico e striscia in metallo bianco graffito all'orlo del padiglione, in cui è incisa la dicitura: << Fab.ca di Gaetano Spada Bologna » - Si tratta di un abile costruttore, attivo circa dal 1873 al 1894, di cui il Museo possiede anche un corno a tre pistoni.

Misure: L. tubo cm. 162; 0 est. iniz. tubo cm. 1,2; 0 padiglione cm. 13; tonalità sib; bocchino: manca. n. 598. -Tromba a 6 chiavi con canneggio cilindrico. La scritta, incisa all'orlo del padiglione, contiene la seguente dicitura con stemma. « August Beyde l [stemma in ovale: aquila bicipite con una corona unjca sulle due teste e con spada nella zampa destra] in Wien >> . Di questo costruttore si sa soltanto che esistono opere sue in altri Musei, fra cui il Gennaniscbes Nat. Museum di Norimberga, MIR (già Coll. Riick) 136, Bruxelles (n. 1280), New York (già Coli. Crosby Brown 2269); a Lipsia ve n'erano altri due (n. 1905 e 1916),

Nel terzo ripiano, in basso, sono presenti vari piccoli corni da segnali e da posta. n. 605. - Piccolo corno da posta a varie ritorte semplici con canneggio cilindrico, in metallo dorato. Vi è applicata una targhetta ovale, a sbalzo, con la seguente scritta: « PELJTTI [stemma reale] Milano». Vi sono due anelli per il cordone, che manca; il bocchino pure manca.

Misure: L. tubo cm. 144; 0 est. iniz. tubo cm. 1,05; 0 padiglione cm. 7,6 x 4,6 (ovale); tonalità: la.

n. 604. - Piccolo como da posta a varie ritortc semplici, con canneggio cilindrico. La targhetta, ovale, in metallo bianco, applicata, porta la consueta dicitura di questo costruttore: « PELlTTI [stemma reale] MILANO>>.

Vi sono due anelli per il cordone (che manca) ed un gancio di appoggio. Misure: L. tubo cm. 144; 0 iniz. est. tubo cm. 1,05; tonalità: la 0 bocchino (conico con catenella) cm. 2,5. n. 603. - Piccolo corno da posta in ottone chiaro a varie ritorte semplici; al centro degli avvolgimenti: un pistone con tasto placcato in madreperla. Vi sono due anelli per il cordone (perduto, ma da alcuni fili rimasti si ritiene sia stato bianco e rosso). Misure: L. tubo cm. 160; 0 iniz. est. tubo cm. 1,1; 0 padiglione cm. 7,2 X 4,6 (ovale); tonalità la; bocchino: manca. n. 602. - Piccola tromba a doppia ritorta semplice c canneggio cilindrico. La scritta, stavolta, anziché in una targhetta applicata, è incisa nell'ottone: « [stemma reale] PELITTI l MILANO [stella a sette punte] J 19 ».

Misure: L. tubo cm. 106; 0 est. iniz. tubo cm. l; 0 padiglione cm. 8,3; tonalità: sol 0 bocchino (conico) cm. 2,2.

Sala Vll: La musica militare

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n. 601. -Piccolo corno da posta in ottone dorato a varie ritorte semplici. La scritta è contenuta in una etichetta ovale, di metallo bianco, a rilievo, applicata: « PELITTJ l [stemma reale] l MILANO ». Vi sono due anelli per il cordone, rosso e oro, terminante in una coccarda a cui sono appese due nappe, tutto sempre in rosso e oro. Misure: L. tubo cm. 144; 0 est. iniz. tubo cm. 1,05: 0 padiglione cm. 7,6 x 4,6 (ovale; tonalità: la 0 bocchino (conico, con catenella) cm. 2,5.

n. 600. -Piccolo corno da posta in metallo bianco a varie ritorte con canneggio cilindrico. Targhetta a sbalzo in un ovale applicato: « PELITTl [stemma realej l MILANO ». Sotto la targhetta, inciso nel padiglione: << 13 >> . Vi sono due anelli per il cordone (mancante) ed un anello per la catenella (pure mancante) del bocchino. Misure: L. tubo cm. 106; 0 est. iniz. tubo cm. l; 0pad iglione cm . 7,3; tonalità: re!; 0 bocchino (conico) cm. 2,5 .

n. 599. - Piccola tromba in metallo bianco avvolta su se stessa, con canneggio cilindrico a spirale (8 giri). fl solito marchio di Pelitti è contenuto in una targhetta ovale di metallo bianco, a rilievo, applicata: « PELITT I l [stemma reale] l MILANO ». Misure: L. tubo cm. 160 (senza bocchino); 0 iniz. est. tubo cm. 1,2; 0 padiglione cm. 6,2 x 4 (ovale); tonaLità: !ab, 0 bocchino (conico con catenella) cm. 2,5.

n. 606. - Piccola tromba a doppia ritorta semplice, con canneggio cilindrico. Gli avvolgimenti, paralleli, delle ritorte sono strettamente aderenti gli uni agli altri formando, così, un corpo unico. La targhetta, abituale, è ovale, di metallo bianco, a rilievo, applicata: « PELITTI l [stemma reale] l MILANO ». Misure: L. tubo cm. 97 ,6; 0 est. iniz. tubo cm. l ,l; 0 padiglione cm. 5,2; tonalità: mib, 0 bocchino (a tazzetta, con catenella) cm. 2,5 .

Vetrina 3 La Vetrina 3 contiene sei esemplari di un solo tipo di strumento, il « Bass-l!orn >>, corno basso detto pure Russisches Fagott o cimbasso, che ha un corpo di legno piuttosto tozzo, molto simile alla parte inferiore del fagotto, ma ne differisce essenzialmente per essere a bocchino, come tutti gli ottoni, mentre il fagotto è ad ancia doppia. Taluni esemplari, oltre alla caratteristica testa -di drago che funziona da padiglione,

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hanno anche, nell'interno di essa, una lingua metallica oscillante tra le fauci aperte. Tale strumento era usato, agli inizi del sec. XIX, specie dalle truppe francesi c tedesche, ma anche in Italia aveva i suoi seguaci; infatti , dei 6 pezzi esposti, due sono italiani, il n. 612 di « C. CER UTI/CREMONA », e il n. 609 di « PAPALIN1/ CHIARAVALLE ». Sul primo ripiano, in alto, quindi, sono esposti i due seguenti esemplari: n. 607 cimbasso in 5 parti: 3 di (legno noce tinto) e 2 di metallo (ottone); a 3 chiavi, con dicitura impressa (tre volte: nelle due parti centrali e nell'inferiore sotto l'anello di ottone): « ouBOIS l COUTURIER l à Lyon ». Questa ditta ebbe diverse intitolazioni commerciali : Dubois: 1832-1835; Dubois e Couturier: 1835-37; Dubois & Cie, 1838-47; Dubois & Projen: 1848-51; Dubois: 1853-54. Da questo elenco di nominativi e di indirizzi risulta, perciò, che il presente strumento può essere datato 1835-27. Di questi costruttori vi sono varie opere in vari musei: fra gli altri un Basshom in DO con testa di drago, a 3 chiavi si trova nella « Stearns Collection » ad A nn Arbor (n. 902), ed altri due alla Smithsonian Institution di Washington (n. 65 c 612). Lo strumento ha il padigUone a testa di drago dipinta in rosso e oro. Misure: L. tot. tubo cm. 147,65 (senza bocchino); L. « esse » di ottone cm. 98; L. parte lignea: sup. cm. 62,7; inf. 34,5; L. parte !ignea cm. 9,5; L. parte metallica padiglione cm. 39; alt. tot. cm . 101; tonalità: do; L. bocchino cm. 6; 0 all'inizio della « esse » cm. 1,5 (verso il bocchino); 0 alla fine della « esse » cm. 2,9; 0 bocchino cm. 3,6.

n. 607. - Cimbasso in 4 parti: 3 di legno di acero e padiglione di metallo (ottone) incompleto; a 4 chiavi - anonimo. Padiglione a testa di drago dipinta in verde scuro, rosso e oro, con lingua vibrante tra le fauci aperte. Misure: L. tubo cm. 140,1 (senza bocchino); alt. tot. cm. 107,7; L. padiglione cm. 44,5; L. parte lignea Lsup. cm. 29,7 / 2H,5; l. parte !ignea: inf. 33,7 l 10; « esse » manca; bocchino: manca. manca.

Sul 2° ripiano, centrale, sono esposti guenti:

pezzi se-

n. 609. - Cimbasso .in 4 parti tutte di legno (acero); a 3 chiavi (di ottone). Dicitura impressa a fuoco (3 volte: nel padiglione - nella parte centrale senza fori nella parte inferiore sotto l'anello di ottone): « PAPALINI CH IARAVA LLE » .


L'inizio del padiglione è in legno; al suo orlo si u·ova un'impanatura cui si avvitava il vero e proprio padiglione, che manca; mancano anche il canneggio metallico e l'anello metallico terminale della culatta. Misure: L. tubo solo parte lignea cm. 162,1; alt. tot. cm. 89 (senza bocchino); L. parte lignea sup. cm. 53,6/ 37 ,7, inf. cm. 35,4: l. parte !ignea cm. 8,5; 0 padiglione cm. 8,7 ; « esse » manca; bocchino: manca.

Su questo pezzo si può fare una piccola osservazione. La sua forma può far pensare anche ad una specie di fagotto contralto (Alt-Fagott), (o anche al fagotto tenore - Tenoroon) tipo di strumento molto simile al fagotto, inventato da William Meikle di Strathaven (Lanarkshire) intorno al 1830, con tubo conico ed ancia singola, a cui egli dette il nome di « Caledonica )>; fu rimaneggiato da George Wood di Londra, che vi adattò un bocchino da clarinetto. Purtroppo la situazione attuale di questo strumento, mancante della « esse » c del bocchino, nonché della maggior parte del padiglione, non consente un sereno giudizio ed una sicura qualificazione di esso. Tuttavia si può tranquillamente far rientrare nel tipo rappresentato dai vari esemplari raccolti in questa vetrina, vale a dire quel Bass-horn (ingl.-ted. Basshorn, ital. Corno basso), inventato da Louis-Alcxandre Frichot c realizzato da George Astor di Londra nel 1800 come variante del serpentonc e che fu poi sostituito dall'oficleide nel 1835. Frichot ne fece in seguito dei tipi con cui ritenne di migliorare la sua primitiva idea c li chiamò basse-cor ( 1806) e basse-trompette (1810). L'originale Basshorn di Frichot, in Do0 a Sol2 , aveva 6 fori per le dita e 3 chiavi, come lo strumento di Nicola Papalini qui presente c richiedeva la stessa diteggiatura del serpentone (altre 2 chiavi furono aggiunte dopo). Questo costruttore, attivo (secondo il L angwill dal 181 O) a Chiaravalle. presso Milano, inventò un tipo di clarinetto basso dalla curiosa sagoma a serpentina, nelle etichette del quale egli si autodefinisce, giustamente, « inventore » , e di cui il Museo possiede un esemplare ùatato 1829 (non ancora esposto). Ciò lo fa ritenere un artefice acuto ed un attento amatore delle novità, il che potrebbe comportare una maggiore disposizione verso il tipo usato nel 1800 piuttosto che verso quello sorto nel 1830, e quindi l'esemplare di Pa palini qui esposto si può far 1ientrare nel periodo e nello stile del Basshorn. n. 610. - Cimbasso (anonimo) in tre parti: una di legno laccato in nero con fregi dorati (motivi floreali) c 2 di metallo; a 3 chiavi; padiglione dipinto in rosso, blu c oro, a testa di drago con lingua oscill ante, canneg-

gio circolare parzialmente mancante; manca pure l'anello metallico in fondo alla culatta. Misure: alt. tot. cm. 104,5; L. tubo cm. 250; L. corpo (unico) parte !ignea cm. 62,8; L. padiglione cm. 41,5; L parte !ignea cm. 11,4; 0 tubo cm. 3,5 / 1,3 verso bocchino (mancante).

Sul 3° ripiano, iu basso, si trovano gli ultimi due Bass-Hi:) rner. n. 611. - Cimbasso in 5 parti: 3 di legno (noce tinto) e 2 di metallo (ottone); a 3 chiavi. Anonimo. Padiglione tutto in ottone svasato con interno dipinto in rosso (pittura quasi del tutto perduta). Misure: alt. tot. cm. 96; L. tubo cm. 232,44; L. « esse» cm. 91; 0 padiglione cm. 24,2; L. parte !ignea: sup. cm. 32,8/ 30,8; inf. 34,7; l. parte lignca inf. cm. 10,5; L . padiglione cm. 2 8,7.

n. 612. - Cimbasso in 4 parti: 3 di <legno (acero) e l padiglione di metallo (ottone); a 2 chiavi. Dicitura impressa (una sola volta, nella parte inf. al di sopra dei fori per le dita): « C. CERUTr l CREMONA ». Padiglione in ottone, svasato, dipinto, all ' interno, in rosso con motivi di foglie dorate. Di questo costruttore non si sono trovate notizie. Si sa che i Ceruti erano liutai di Cremona e che a tale famiglia apparteneva anche un Carlo, che lavorava a Torino, ma è troppo recente 1880 c.) per poter rientrare nell'epoca dei Bass-Horner (prima metà del sec. XIX). Misure: alt. tot. cm. 99,5; L. tubo cm. 165,34; L. parte !ignea: sup. cm. 30,1; inf. 35,7; 0 padiglione cm. 25; « esse » e bocchino: mancano; L. padiglione cm. 35.

Sparsi nella Sala, al di fuori delle vetrine, si trovano tre tamburi di cui seguono le schede, ed un padiglione cinese, di cui si parlerà in modo particolare per il suo stretto rapporto con la « musica turca ». n. 613. - Tamburo militare grande. Sec. XVJTT , dipinto a lunghi tliangoli giallo scuro alternati a triangoli neri; su un triangolo giallo è tracciata, di traverso, una doppia W in blu; poiché si tratta di tamburi militari, si dovrebbe ritenere che tale lettera fosse l'iniziale del nome di un capo di Stato o di milizie, tedesco o austriaco (dato che in Italia non vi sono nomi che cominciano con la W). La lettera è ripetuta (impressa a fuoco) anche nel cerchio inferiore di bordatura presso un foro di passaggio della corda. Vi sono due anelli per la corda eli sostegno. l cerchi dei bordi superiore ed inferiore sono in legno naturale di faggio, come, del resto, tutta la cassa. Misure: alt. cm. 68,5; 0 cm. 51,7.

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n. 614. - Tamburo militare. Sec. XVTU, dipinto a lunghi triangoli grigio ferro su fondo blu scuro . Ad essi è sovrapposta la pittura di uno stemma (troncato con Icone rampante e, nella parte inferiore, 4 bande bianche c rosse) che ba, in a lto, un c imiero con piume rivolto a sinistra e, al di sotto, un cartiglio giallo con lettere c numeri: vi si intravede una cifra, che forse vuoi essere una data, volutamente mal tracciata: 1605? Sembra che questo tamburo sia stato rimaneggiato, forse allungato, e ridipinto, stemma (falso) compreso. Vi è il meccanismo in ferro p er il tiraggio della cordina trasversale che veniva tesa sulla pelle inferiore (cordina che qui manca). Tale cordicella era formata da una doppia corda di budello, delta minugia, che si applicava sopra la membrana infer.i ore del tamburo per conferire al suono una più viva chiarezza con un radd oppiato numero di vibrazioni, le quali davano anche il suono doll'~a. Tale cordicella era fi ssata da una parte con l due capi, mentre dall'altra veniva agganciata al congegno di tiraggio. La cordicella risale ad epoca assai antica e si trova, senza il meccanismo, sulla pelle percossa, (in dal medioevo. La cassa è in faggio. I cerchi di bordatura in alto e in basso sono dipinti a strisce trasversali bianche e blu. Misure: a lt. cm. 4 7 ,2; 0 cm. 41 ,3.

n. 6 l 5. - Tamburo. Presumibilme nte del sec. XIX, vi è dipinto in giallo lo stemma della città di R oma « S.P.Q.R. :. - con sopra una corona, c dietro, nella parte inferiore, due asce (incrociate), che sono attrezzo da lavoro dci vigili del fuoco. I nfatti, sotto a llo stemma, parzialmente coperto da un piccolo cerchio di legno, aggiunto forse per rinforzo, si legge la parola « VIGILI , : evidentemen te apparteneva alla banda dci vigili (del fuoco) di Roma. I cerchi di bordatu ra supe1iore e inferiore sono dipinti a strisce trasversali rosse e b lu scuro. Anche qui vi è il congegno per il tiraggio della cordicella tesa di traverso sulla pelle della faccia inferiore. Anche questa cassa è in faggio. Misure: alt. 30,5 0 cm. 38,2. Padiglioni cinesi. - A proposito di questo tipo di strumento sarà utile aprire una parentesi per darne alcuni cenni storici, Esso rientra in quella corrente artistica detta c musica turca •, che prendeva le mosse dalle bande musica li dci giannizzeri (fanteria regolare dei Turchi Ottomani creata nel sec. Xl V c soppressa nel 1826) che ai primi del '700, dopo la caduta dell'Impero Ottomano, vennero assoldati da re da imperatori per conferire nuovi effetti alle loro muische militari. Tra i primi governanti vanno ricordati Augusto TI, elettore di Sassonia e re di P olonia, a cui seguirono Federico il Grande di Prussia (forse intorno al 1750) e poi l'imperatore d'Austria cd altri; infine agli inizi dell'ottocento, tutti i più_importanti c)erciti europei avevano bande con c musica turca •, fornite, in prevalenza, dc-

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gli strumenti a percussione tipici delle bande dei giannizzeri, e cioè grancassa, tamburo, piatti, triangolo, padiglione cinese; a questi si afCiancarono anche altri strumenti, tanto turchi che europei, come fagotti, oboi, timpani, ccc. L' ultimo stato che introdusse il padiglione cinese nelle sue bande militari fu ringhiltcrra, che lo adottò nel tardo '700 per abbandonarlo dopo la guerra di Crimea del 1856; rimase tuttavia a lungo, per qual.i tutto l'ottocento, negli altri paesi d'Europa (in Germania ebbe anche la forma di una lira) fra cui l'Italia, ~pccic nelle regioni dominate daiI'Au~tria.

Per quanto la c musica lUrca » possa sembrare una mania o una moda passeggera, legata ad eventi politici, storici e militari e condizionata dalle tendenze delle corti c dci governanti ad imita1·si c a gareggiare, tuttavia essa lasciò una incancellabile impronta nella musica europea, con l'introduzione della musica marziale e degli strumenti relativi ad essa, che ancor oggi sono presenti nelle n ostre orchestre sinfoniche c liriche e non soltanto nelle nostre bande militari. Tracce concrete di cmusica turca» rimangono, oltre che nei vari e ricchi c cmplari di padiglioni cinesi che si sono moltiplicati in tutto l'ottocento, come i rappreentanti più efficaci di questa espressione musicale, anche nelle inserzioni di strumenti c turchi • in strumenti a tastiera, che si prolungarono per tutto il 1.ecolo scorso: troviamo, così, negli organi da chiesa incorporati strumenti a percussione, come grancassa, tamburo, q, timballone •, giochi di campanelli tipo Glockcnspiel (detti anche « gariglione :. dal francese c carillon • ), cd i caratteristici accoppiamenti di « catuba :. (grancassa) e « cappello» (dal francese c chapeau chinois » , padiglione cinese), registri, tutti, realizzati da famosi organari, quali i M orettini e i redcli: troviamo ancora c musica turca » inserita nei pianoforti a coda dell'epoca lmpcro, cio.! del primo quarto dell'ottocento, ed azionata dai pedali, che arrivavano fino a sci/otto (con i raddoppi) ed agivano ~ù particolari congeni imitanti gli strumenti c turchi »: grancassa, tamburi, tamburelli, fagotto, triangolo (questo era rappresentato da tre campanelli che venivano percossi da martelletti. Per questi pedali sarà utile leggere il cap. Vl del prezioso volume di Rosamond H arding, Thc pianoforte, Cambridge, 1933, p. 124- 150. Un ultimo accenno interessante sul padiglione cinese può essere il riferimento alla sua presenza nei presepi napoletani del settecento, appunto nelle bande musicali (fom1ate prevalentemente da negri abbigliati con sfarzosi costumi, che facevano parte del corteo dei Re Magi, che è quanto dire sovrani orientali); tra gli esemplari piì:l ricchi di tali presepi oggi conserva ti sono da ricordare quelli del Bayerisches Nationalmuseum di Monaco di Baviera c quelli del Museo di San Mart ino a Napoli: i complessi musicali in essi rappresentati (attentamente elencati dalla Harding, a pag. 120, nota 2 della sua opera, sopra citata) ci mostrano quasi sempre un padiglione cinese e poi corni, sonagli, timpani, nacchere, tamburelli con sonagli, piattt, triangoli, insieme a (agotti, colascioni. mandole, arpette, triccheballacche, zampogne, pive, oboi, serpentoni, ecc. Del resto il c gusto turco • influenzò llltla un'epoca, lasciando la sua impronta su giocattoli (automi, ecc.), su acconciature, su opere letterarie e musicali: le varie « marce


turche~ e simili (Gluck; Mozart Sonata K. 331 in la magg. con « Rondò alla turca ~ (1778); Beethoven; Schubert; ecc.) ci aiuteranno a meglio comprendere e a spiegarci la natura e le caratteristiche di tanti pianoforti del primo ottocento, dotati di ta li strane attrezzature, imitanti gli strumenti a percussione ed estranee alla natura stessa del pianoforte: esse vennero via via eliminate, non senza, purtroppo, aver causato danni irreparabili agli stessi strumenti in cui erano state impiantate, prima fra tutte Ja rovinosa grancassa. Infatti. ben pochi pianoforti di quell'epoca conservano intatta la loro « musica turca ~: essa o si era ben presto guastata o era stata tolta dagli stessi proprieta_ri d~i pi~no­ forti, essendo mutata Ja moda ed avendo 1l p1anoforte riacquistata la sua piena personalità, liberata dai tamburi, dalle grancasse e dai sonagli da fiera.

n. 616. -Padiglione cinese, costituito da due pagodine traforate, orlate di campanelli, che si trovano al disotto e al disopra della figura, in metallo, di un cinese recante nelle mani due bandierine, pure di metallo, a strisce bianche e rosse, sormontate da frecce; il tutto è imperniato nel bastone di sostegno, che veniva impugnato, sostenuto e mosso a tempo, dal « suonatore », che precedeva la banda e ne marcava i ritmi delle marce. Misure: L. tot. (alt. dalla base del bastone) cm. 230; senza bastone cm. 157; 0 mass. delle pagodine: inf. cm. 29,5: sup. 35. Tuttavia il più illustre è quello segnato col n. 986. costruito per l'ingresso in Modena dell'Arciduca Francesco Ferdinando (che fu ucciso a Sarajevo nel 1914). L'ingresso di lui a Modena non ebbe mai luogo per le note ragioni storiche, ma una traccia tangibile di tale progetto rimane in questo pregevolissimo e unico pezzo di cui diamo qui una breve descrizione: in alto domina l'aquila bicipite degli Asburgo, con corone salle due teste, la quale tiene negli artigli uno scettro dorato da cui pende un piccolo stendardo di maglina metallica che porta la scritta, in lettere pure metalliche, « FRANZ l r:EROINAND l D'ESTE >> . Alla base di questo piccolo vessillo sono attaccati 8 piccoli c~mpa­ nelli; al disotto segue una mezzaluna con 2 ptccole palle alle due estremità; ancora al disotto seguono: una palla ed una cupoletta con vari sonagli (16, di cui 8 mancanti), una corona composta da 4 foglie di acanto alternate a 4 gigli sormontati ciascuno da 3 semisfere; uno stemmino contenente il n. 32 (forse riferito ad un reggimento); il contenitore dei campa-

nelli con 3 bandierine metalliche a strisce bianche e rosse a sinistra e 3, specularmente identiche, a destra; al centro di questo contenitore, rotondo e piatto, vi è raffigurato un sole con raggi c foglie; nello spessore dello stesso contenitore corre, sempre di metallo, un tralcio di foglie; al disotto ancora si trova una lira che poggia su di una tastierina con 15 tasti (9 bianchi c 6 neri) per l'ambito di un'ottava e una seconda, da do a re. I tasti, per mezzo di fi li di ottone, azionano i campanelli, disposti su 2 colonne, collocati nel contenitore. TI COStruttore è « ALESSANDRO GHIRLANDA l FA BBRICATORE D' JSTRUMENTI DA FlATO FILARMON ICO di Verona » .

l AL TEATRO

Alessandro Ghirlanda svolte la sua attività in Verona intorno al 1855 (1). L 'arciduca era, naturalmente, un Asburgo puro sangue, ma qui, per entrare in Modena, faceva buon giuoco citare solo il nome d'Este, che risultava incorporato dalla casa di Asburgo dopo L'infausto matrimonio di Maria Beatrice (la quale sposò Ferdinando d'Asburgo Lorena, figlio di Maria Teresa e Duca di Modena). In seguito a questo matrimonio ,Je preziose raccolte estensi (fra cui, ahin1è, i rari strumenti musicali del Castello del Catajo) furono assorbiti dalla Casa d'Austria e trasportati a Vienna, anche se solo col pretesto di una mostra (nel 1892), e là rimasero, ereditati dall'in1peratore Francesco Giuseppe ailla morte dl Francesco Ferdinando. Le misure sono le seguenti: alt. tot. cm. 220; largh. mass. della mezzaluna cm. 96; contenitore dei campanelli 0 36,7; pf. l 0.5; etichetta di maglina cm. 26,5 X x 16,5; L scettro cm. 30.

Vetrina 4 (Cubica)

P.V. 7419! 1 e 2. - Due tamburi dipinti, di forma stretta e lunga. Vi sono raffigurati vari stemmi, delle famiglie Piccolomini, Ciacci, Luciani Giudici ed altre, ma poiché vi prevale lo stemma Piccolomini, se ne può dedurre che la loro provenienza sia Siena; la data della loro costruzione potrebbe essere posta tra la fine del sec. XVII e gli inizi del sec. XVIII. Le misure sono le seguenti: alt. cm. 68,5; 0 cm. 31,6. Due tamburi di forma simile si trovano al Museo Bardini di Firenze. (l) VALDRIGHI, Nomocheliurgografia ... p. 36, n. 1233.

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583. Serpmtone di cavalleria; sec. XIX (Vetrina l) 584. Corno a mezzo tondo; sec. XlX (Vetrina l) 585, 586. Serpentoni; sec. XIX (Vetrina l) 587. Corno a tutto tondo; sec. XIX (Vetrina l) 589. Tromba a cinque chiavi di Clwrle Bernardi a Milan; sec. XIX (Vetrina 2) 590. Tromba a cinque chiavi di « Kammelli a Pistoia», 1844-1854 (Vetrina 2) 587

Sala VII: La musica militare

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593. Tromba comefla wwnima a oliO chiavi; sec. X IX

(Vetrina 2)

594. Tromba ad 1111 pistone di « A. Saccanii Milano »; sec. X IX (Vetrina 2)

596. Tromba senza chim·i: sec. XVI II (Vetrina 2)

di « Gautro1 BrHefé l Parigi 1>; sec. Xl X (Vetrina 2)

591. Tromba

599. Piccola

tromba (Vetrina 2)

di

« Prlirtil Milano :&;

sec.

X IX

606. l'iccola tromba (Vetrina 2)

di

« Peli/li l Milano»;

sec.

XIX

20 4 La Gal/erta armonica

601. Piccolo como da posta di « Pelitrii Milano »;sec. XIX

(Vetrina 2)


607. Cimhasso di Dubois / Couturier, L yon. 1835-37 (Vetrina 3)

592. Tromba « Gautrot Bre veté/ Paris >~; sec. X IX (Vetrina 2)

616. Padiglion e Cl/lese di A lessa11dro Ghirlanda, V ero11a. 1855 (ruori Ve trina)

Sala Vll: La musica militare

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613. Tamburo mi/i rare grande, sec. XVIII (fuori Vetrina)

614. Tamburn militare: sec. XVTIT (fuori Vetrina) 615. Tamburo con sremma c S.P.Q.R. »:sec. X IX (fuori Vetrina)

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206 La Galleria armonica

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Sala VIII LA MUSICA IN CHIESA

L a Sala Vlll dedicata alla musicc1 111 chiesa, contiene, nella vetrina l, varie piccole campane (per piccoli campanili o da porta di sacrestia) e campanelli (da messa) a cui si aggiunge uno strumentino a tastiera c a 8 canne, con manticino che, suUe prime, ro lrebbe far pensasrc ad un med ievale organetto portalivo, mentre invece non è che un semplice guid:IVo:::i dell'ottocento. Sul 1° ripiano. in alto, troviamo 5 campane c campanelli cd il guidavoci. Eccone le descrizioni: prima fila, sul davanti, da sinistra:

n. 620. - Campanello da mes.1a, in bronzo, del secolo XVTTT, con lungo manico tornito e varie modana rure. È presente il battaglio, a pallina.

Misure: alt. (compreso il manico) cm. 15,5; 0 sup. cm. 3; 0 base cm. 6, l.

(l

piega); dimensioni:

alt. tot. cm. 41; l. cm. 30:

pf. cm. 21,7. Nella 2• fila, (sempre da sinistra):

n. 617. - Campana, in bronzo, del sec. XVHI, dal l'abitua le forma di campana con decorazioni rappresentate da un rilievo a conchiglia più due medagli~ pure a rilievo nelle quali è raffigurata la Madonna con il Bambino, e da un monogramma formato dalle tre lettere G c F riunite a triangolo. È presente il batacchio.

Misure: alt. cm. 7; cm. 0,99.

0

sup. cm. 0,57;

0

base

n. 626. - Campane/lina, in bronzo, senza particolari decora7ioni ma solo varie modanature; vi è forse traccia di una stella a rilievo. Manca il batacchio.

!11/isure: alt. tot. cm. 4; 0 sup. cm. 1,8; 0 base cm. 3,5.

n. 621. - Campanello da messa, in bronzo, del secolo XVIl l , con lungo manico ed alcune modanaturc è presente il battaglio, a pallina. Misure: alt. tot. cm. l l ,3; 0 sup. cm. 2 .6 0 base cm. 5.

n. 622. - Guidavoci, del sec. XIX. in l'orma di piccolo organino con 8 canne ed un manticetto ricoperto eia carta marezzata a colori. Veniva usato per dare il ton') ai cantori delle corali. Sulle 8 canne sono incisi i nomi delle note. Misure delle 8 canne: do: L. tot. cm. 35,5; L. vi br. c m. 28,3; 0 cm. 3, l ; re: L. tot. cm. 32,5; L. vibr. cm. 25,6; 0 cm. 2,8; mi: L. tot. cm. 29,7; L. vibr. cm. 22.9; 0 cm. 2.6: fa: L. tot. cm. 27,8; L. vibr. cm. 2 L; 0 cm. 2,3; sol: L. tot. cm. 25,6; L. vibr. cm. 19: 0 cm. 2, L; la: L. tot. cm. 23,5; L. vibr. cm. 17; 0 cm. 1.9; si: L. tot. cm. 21,5: L. vi br. cm. 15; 0 cm. 1,8; du: L. tot. cm. 20,7; L. vibr. cm. 14; 0 cm. L7 . l tasti sono tutti in osso e tutti diatonici; non vi sono tasti neri (cromatici): L. cm. 3,5; crivello in legno. L. tastiera (soli tasti) cm. 2; manticctto cm. 30 X 14,7

n. 619. - Campanello da messa, di bronzo, con anello; corpo decorato da varie fasce puntinate e dorate. C'è il batacchio a forma di pera allungato. Misure: alt. tot. cm. 9,3; 0 sup. cm. 4,4; 0 base cm. 6,8. Sul 2" ripiano, centrale:

n. 618. - Campane/fina.

Misure: alt. tot. cm. 5,5; 0 sup. cm. 2.5; 0 base cm. 5,1.

n. 627. - Campane/fina, senza altre decorazioni che quelle costituite da modanature circolari. M anca il batacchio. Misure: alt. tot. cm. 6,3; 0 sup. cm. 2.7; 0 cm. 5,3.

b<~Ee

n. 628. - Campana, in bronzo, del sec. XVLl, ornato da ricca decorazione a rilievo: 18 gigli ed uno stemma con, al centro, le in izia l i « L F ». È presente il batacchio, a palletta.

0

base

Sala VI li : La musica in Chiesa

2 07

Misure: alt. cm. 9,2; cm. 12.

0

sup. cm. 6,2:


Nella fila sul dietro (sempre da sinistra):

Nella fila sul dietro, sempre da sinistra:

n. 623. - Campanello da messa, rotto e incompleto, in bronzo, d el sec. XVII, con corto c tozzo manico ornato da linee a spirale, e con il corpo decorato da motivi floreali e da uno stemma (di non facile lettura) nonché da varie modanature. Manca il batacchio.

n. 629. - Campana, in bronzo, del sec. XVTI, con decorazione fo rmata da 8 medaglioni, ovali ed ottagonali (contenenti figure di santi) applicati al corpo disposti su due file, una superiore ed una inferiore. 1?: presente il ba tacchio di forma allungata.

Misure: alt. tot. cm. 8,3; 0 sup. cm. 2,b; 0 base

Misure: alt. tot. cm. 16; 0 sup. cm. 5,2; 0 base cm. 12,4.

cm. 5 ,8.

n. 624. - Campane/lina, in bronzo, con una croce in rilievo. Ma nca il batacchio. Misure: alt. tot. cm. 4,4; 0 sup. cm. 1,6 0 base cm. 3 ,6.

n. 625. - Campana, in bronzo, del sec. XVII, con la decorazione, a rilievo, formata da una testa femminile, da gigli (di Fire nze?), da 2 stelle a 8 punte (tipo asterisco) c da uno stemma medicco. Manca il batacchio.

Misure: a lt. tot. cm. 14; 0 sup. cm. 6,8; 0 base cm. 14, l. Sul 3° ripiano, in basso, sono presenti, nella fila sul davanti:

n. 633. - Campana, in bronzo, del sec. XVII, con il corpo decorato, come la precedente. da 2 serie di me · daglioni ovali ed ottagonali applicati (rarriguranti Santi, rrati oranti e Madonna con Bambino) e da 4 tel:tinc coronate a rilievo. Nella parte superiore: il monogìnmma formato dalle 3 lettere L R F accostate a triangolo. n batacchio manca. Misure: alt. tot. cm. 13,&; 0 sup. cm. 7; 0 base cm. 15,5.

n. 634. - Campana, in bronzo, del sec. XVll , con ornamento formato da 2 artistici stemmi medicei da lla sagoma barocca e sormontati da una corona a 9 punte. È presente il batacchio, a palletta. Misure: aJt. tot. cm. 11,8; 0 sup. cm. 7 ,4; 0 base cm. 15,6. n. 635. - Campana, in bronzo, del sec. XVill, priva di una particolare decorazione. È presente il batacchio. allungato, a forma di pera. Misure: alt. tot. cm. 25,5; 0 sup. cm. 12,5; 0 base cm. 22,5.

20 8 La Galleria armonica

n. 630. - Campana, in bronzo, del sec. XVTl, con decor azione costituita da 2 file di gigli a rilievo molto logorate; batacchio a palla. Misure: a lt. tot. cm. 12,5; 0 sup. cm. 7; 0 base cm. 13. n. 631. -Campana, in bronzo. del sec. XVI II, con corona trilobata e corpo decorato da rilievi raffiguranti 2 amorini con ghlrlande, più una figura maschile e 2 tralci di foglie di quercia con ghiande. È presente il batacchio, di forma allungata. Misure: a lt. tot. cm. 13,7; 0 sup. cm. 8,7; 0 base cm. 16,3.

n. 632. -Campana, in bronzo, ornata da una figura di donna che suona una chitarra c, dall'altro lato, dalla scritta, in targhetta, v. FEI. È presente il batacchio d i forma a Uungata. Misure: a lt. tot. cm. 19,5; 0 sup. cm. 8; 0 base cm. 15, 1. Fuori della vetrina troviamo quattro strumenti molto interessan ti : un organo positivo da processione cd una tromba ma rina. n. 636. - Organo da processione.

Lo strum ento, d atabile tra la fine del ' 600 e gli inizi del '700, ha una decorazione pittorica che ci può, forse, illuminare sulla sua storia. Infatti i fregi dipinti sulla sua cassa, riproducenti motivi architettonici c, nella parte esterna degli sportelli, le canne di facciata (quasi a farle sembrare visibili a nche a sportelli chiusi), sembrano riprodurre fed elmente le pitture con cui è d ecorato l'interno della piccola chiesa di S. Marta in piazza del CoiJegio R omano, su cui sarà utile dare un breve cenno storico. La chiesetta risale, come origine prima, agli inizi del sec. XVI; ospitò dapprima un rif11gio di convertite e, dal t561, le suore agostiniane; nel t 673 fu ina ugurato un nuovo assetto della chiesa, rimancggiata dall'architetto Carlo Fontana . con stucch i berniniani attribuiti a Francesco Fancelli. Dopo il 1870 la chiesa divenne m agazzino militare e le opere


d'arte in essa contenute andarono disperse. Dal 1961 al 1965 fu attentamente restaurata: vennero puliti e reintegrati gli stucchi dipinti a finto marmo, ricostruite le mensole, il tutto ridipinto in varie tonalità di grigio e di giallo oro, con tralci di foglie discendenti lungo gl i archi delle cappelle, motivo che si ritrova, come disegno c come tinte, in questo pregevole organo, eli cui segue la d escrizione. Quest'organo positivo è tras portabile, come è provato dalle quattro staffe di ferro articolate (vale a dire ripiegabili addosso alla cassa) in cui si infilavano le stanghe per il trasporto; è l'unico o rgano del Museo che sia giunto a noi con pcdalicra. Lo strumento è particolarmente significativo per la s ua bella veste decorativa. T fregi dipinti in tonalità che vanno dal bian · co gessato a ll 'avorio, dall'argento al grigio e dal 12iallo al caldo dorato, comprendenti festoni di foglie che scendono, fermati in alto da borchie (pure dipinte in S?iallo) all'interno delle portelle di ch iusura della facciata e ai lati dalle canne di facciata (riprodotte in pittura all'esterno d elle stesse portelle), i festoni eli foglie discendenti nei pilastrini delimita nti la facciat a c tutti i fregi sembrano in realtà riprodurre fedelmente i pa rticolari architettonici della chiesa (ora sala) di S. Marta al Collegio R omano. un tempo appartenente. come si è detto, ad un convento di suore Agostiniane. le quali, estro messe da S. M arta, si trasferirono poi a S. Prisca sull' A venti no, (donde proviene il oregcvoli<.simo positivo ad ala di Filippo T esta del 1716 che si trova oggi a l Pont. Istituto di M usica Sacra di R oma). È perciò pienamente credibile, data la straordinari:! analogia fra le decorazioni dello strumento c quelle della chiesa di S. Marta che questo organo sia ~ tato fatto proprio per quella chiesa, te nuta d a suore di così alta cultura musicale. Nella fa ccia ta, oltre ai fregi dipinti, altri fregi. intagliati e dorati, scendono fra la cuspide centra le di 7 canne c le due ali ascendenti laterali (di 5 canne ciascuna) e a l disopra di esse; le canne h anno un piede altissimo (il che conferisce loro grande slancio cd ele· ganza) e le bocche (con labbro s uperiore a mitra sormontate d a un puntino) sono a llineate; la tastiera, d<d consueto a mbito di quattro ottave (do1 -do5) di cui la prima corta , comprende 45 tasti (placcati in bosso con frontalini intaglia ti a semicerchio, i 27 inferiori c placcati in noce tinto i 18 superiori); la pedaliera riproduce gli otto tasti della prima ottava (corta) della tastiera, a cui i ped ali sono collegati mediante legacci di cuoio. non avendo registri propri. T pochi registri presenti - ottava, XV, XTX. XXII - (governati da pomelli eli legno disposti su un'unica fila alla sinistra dell a ta· stiera) fanno capire che si tratta di un o rgano costruito non per esecuzioni solistiche bensì per accompagna· mento, eli voci o strumenti. TI somiere è a tiro; i due

ma11tici, a libro, sono contenuti in una struttura lignca aperta (che poteva essere distaccata dalla parte superiore per il trasporto) c sono azionati da corde poste sulla destra.

Misure: cm. 100 X 115; alt. cm. 225 (compresa la gabbia eli base). Ultimo, ma non per importanza. pezzo della Sala V Il l; è la tromba marina. (t ed. Trumsehcit, ingl. trumpct marine, frane. trompette marine) strumento che risulta sommamente interessante per vari aspetti della sua storia e della sua personalità musicale. Anzitutto il nome: l'appellativo di " marina :. non ha nulla a che vedere con il mare, sebbene qualche testo abbia insinuato l'amena supposizione che lo strumento sarebbe stato usato per segna lazioni dalla marina britannica: assolutamente grottesco il pensare a marinai in alto mare che impugnano l'archetto per fare segnali (magari di S.O.S.. in un mare in tempesta) con le armoniose note di una corda di minugia! Sembra, piuttosto, che il termine sia una corruzione dell'aggettivo « mariana -. , che si può far risalire ai conventi di monache, dove tale strumento era usato per sostenere il canto fermo. Infatti in Germania, dove esso fu detto anche « onnengeige , (giga delle monache), venne chiamato anche c Maricntrompete » (tromba mariana. dal fatto che quasi sempre i conventi femminili erano dedicati alla Madonna). donde. con una leggera storpiatura, può essere derivato il vocabolo 4: marina :.. La tromba marina ha, oltre al nome, rilevanti particolarità come strumento: la tecnica di suono cd il ponticello. Per la prima va detto che l'arco, piuttosto corto, strofinava la corda tra il punto in cui veniva pre· muta ed il capotasto. cioè al disopra del dito che la tastava, e non al disotto, come, ad esempio, nel violoncello; inoltre il dito non doveva premere molto forte sulla corda, ma solo leggermente, per poter produrre i suoni detti « di flagiolello '> (in ted. Flagcolettone); la tecnica del pollice è passata a l violoncel lo appunto dalla tromba marina. Come suoni la tromba marina usava soltanto gli armonici, che sono poi stati introdotti nelle parti soli~tiche ed orchestrali della nostra pratica strumentale. P oi c'è il ponticcllo, che è la parte più caratteristica dello strumento: è costruito in modo che un solo piedino fo se appoggiato al piano armonico. mentre l'altro lo sfi orava, pro· ducendo forti vibrazioni sonore che ricordavano, per la loro potenza, il suono di una tromba, donde il nome, il ponticello doveva, però essere si~temato nella giusta posizione, altrimenti l'effetto non era raggiunto. Ed ora qualche cenno storico sul suo aspetto. cwe su lla sua forma, sulle sue dimensioni e sulla 1.ua posizione di suono. La storia di questo interessante strumento si può dividere in due fasi: esso (contrariamente a quanto avvenne per la ghironda, più grande alle sue origini c più piccola dopo) ha, in un primo tempo, cioè dal sec. Xlf, il tìpico corpo dalla sagoma tronco-pirami· dale, stretta cd allungata, quasi come un lungo cartoccio, per lo pill a sezione triangolare. tuttavia di proporzioni ancora modeste (circa m. l) e così maneggevolc da poter

Sala VIII : La musica i11 Chiesa

2 0!)


cs~ere, generalmente, tenuto anche con la base verso l'alto, come eHicacementc è presentato da Hans Memling nelle ._ T re tavole d'organo » raffiguranti c Cristo fra angeli musicanti • (circa del 1480) oggi al Konninklijk M uscum di Anve rsa, n ella « ToLCntanz », incisione di H ans Holbein il Giovane (1523-25), c, in llalia, da Bar tolomeo Suardi detto il 13ramantino ( 1455-1536) nella c atività » alla P inacoteca Ambrosiana di Milano. ella seconda fase, che va dal sec. XVI al XVll l cd oltre, lo strumento ha un corpo più ampio e lungo (m. 1.80 c pi\.1) con cassa armonica, a tre o più facce, distinta dal manico, piuttosto corto, che vi viene applicato sopra. In questa seconda fase. per le sue aumentate proporzioni, la tromba marina muta anche posizione di suono c deve essere appoggiata in terra con la parte posteriore de lla base (aperta al disotto rcr l' uscita del suono) e alla spalla sinis tra o al petto dell'esecutore con la parte a lla, cioè con il cavigliere. Il pirolo era, nel periodo più antico, del tipo più semplice, in legno, ma fu beo pre~to munito di una ruota a rocchetto il cui meccanismo suggerì poi la c testa a macchina » del contrabbasso moderno, come pure delle chitarre c dci mandolini . La ruota dentata azionata da una vite senza fine, cioè l'invenzione del pirolo meccanico, di metallo, è generalmente attribuita ad Anton Bachmann. vio;suto tra il 1716 cd il 1800, ed è datata al 1778, ma. evidentemente, l'invenzione del liutaio berlinese non fu che un perfezionamento della ruota a rocchetto che esisteva già alla fine del sec. XVI nella tromba marina e che il Practorius criticava, in quanto l'accordatura non può essere precisa per i passaggi obbligati da un dente all'altro della ruota. Il numero delle corde, limitato ad una, da cui il nome, specie nel medio evo, di « monocordo » dato allo s trumento, non è s tato, tutta via, sempre di una sola corda: già nella sua prima fase (v. il citato dipinto del Mcmling) esso aveva, in aggiunta alla principale, una o due corde, più corte, che vibravano per simpatia con l'altra (ed erano, perciò dette in tedesco « Aliquotsaiten » o corde simpatic he), che era l'unica abilitata ad esegui re la melodia. In molti esemplari conservati si trovano su l piano armonico tracce di n otazione alfabetica indicanti i punti di divi~ione della corda corrispondenti agli armonici che la corda poteva produrre. Se il numero delle corde supplementari oltrepassava le tre, esse, per ragioni di spazio, non trovando posto sul piano armonico, dovevano c~sere alloggiate nell'interno: si giunse. così, a lla « trom-

21 O La Galleria armonica

pette marine orgamsce • escogitata da J. B. Prin e da lui illustrata in uno scritto del gennaio 1742 (ristampato da Léon Vallas nel 1908), che contemplava oltre venti corde simpatiche; ma quc~ta non f u che un 'avventura passeggera della tromba marina e non fa parte del la sua vera ed interessante storia altro che accidentalmente. Quel>to strumento ha, per la sua importanza e per le sue caratteristiche, una ricca bibliografia. mentre non altrettanto può dirsi della musica composta per esso, di cui si conservano ben poche opere. f'ra esse ricord iamo i balletti d i Lulli per l'opera « Sersc • di Cavalli. eseguita al Louvrc in occasione delle nozze di Luigi XlV ( 1660), una raccolta di 36 pezzi per 2 trombe marine di J. M. Gettle. intitolata « Musica genialis Latino-Germanica , c pubblicata ad Augsburg nel 1674, una « Sonata per la trompa marina » di D. L orenzo de Castro, pubblicata a Londra nel 1699; citiamo, infine, il curioso an nunzio, pubblicato nel n. 96L del 4 febbraio 1674 della London Gazette (c riportato dallo H awkins nella sua c Generai history of thc sciencc and practice of music », L ondon, 1776. vol. Il r, cap. 158, p. 120) di un raro concerto, mai udito prima in inghi lterra, per quattro trombe marine ( « A rare concert of four trumpets marine, ncver heard of before in England » ).

L'esemplare qui esposto è settecentesco, con cavigliere di legno scolpito in forma di testina di vitello, con piccole corna d<tvanti alle orecchie. Il ponticello era perduto e quello presente è di restauro. ricostruito su un disegno pubblicato dal Bessaraboff ( l ). E cco la scheda dello strumento qui esposto. n. 639. - Tromba marina. Mi.wre: L. tot. cm. 191; L. piano cm. 112,5: L. manico cm. 70; l. piano: alta cm. 8.5; bas·a cm. 29,5 : l. altre fa sce (6) del retro cassa: da destra a sinistra: parte bassa: cm. 8,2/7,9/9/ 7,9/8,2; p arte alta: cm. 2,5/ 2,3/2, 1/ 2,1 /2,3/ 2,5: l. base cm. 34; pf. base cm. 79,8; pf. cassa: in alto cm. 4,7; in basso cm. 18. (l) N I('IIO I. AS

B ESSARAHOFF,

Anc-ietlf Europea/l mu.r ica/

instruments, Boston, H arv(lrd Universitv Prcss, 1941 , pag. 3 18.


621

615

617. Campana in bronzo; sec. X V Ili (Vetrina l)

622. Guidm•oci a forma eli OrRanino: (Vetrina l)

\CC.

XIX

625. Campana in bronzo; sec. XV II (Vetrina l) 628. Campana ill bronzo; sec. XVII (Vetrina l) 629. Campana in bronzo; sec. XV II (Vetrina l) 631. Campana in bronzo; sec. XVJ!l (Vetrina l ) 628

617

629

63 1

S;da V lJ l: [,a musica in Chiesa

21 I


632

633

632, 633. Campane in bronzo; c;cc. XV U (Vetrina 639. Tromha marina; sec. XVI II (fuori Vetrina) 639

212 La Galleria ar111onica

l)


636. Organo da processione; sec. XVll-XVIli (fuori Vetrina)

Sala VIII: La musica in Chiesa

213



Sala IX LA MUSICA IN CASA

Anche qui. come nelle due sale precedenti. lo spazio, troppo esiguo, è del tutto inadeguato alla vastità dell'argomento, che richiederebbe chilometri quadrati: si tratta, pure in questo caso, soltanto di una piccola scelta d'assaggio di un banchetto ricchissimo.

Vetrina 2

n. 917. - Spinettino Daddi 1686. Le scritte con il nome dell'autore sono due: una sul retro della striscia che scende sui tasti: « Lorenzo Daddi hempolcse fece in Siena l'Anno 1686 » c l'altra sulla leva del 45° tasto: « Lorenzo Daddi 1686 ». È del tipo « false inncr-outer » . Nell'interno del coperchio è dipinto un paesaggio con un ponte ed una torre; l'esterno è dipinto in verdone. I l piano armonico è in cipresso, come pure cornicettc c fasce. La rosa è in legno e pergamena. Il somierc è in noce; i ponticelli sono: in faggio quello sul pancone c in noce quello sul piano. I salterelli sono in pero, ad l smorzo. I tasti sono 45: i 27 inferiori sono placcati in osso e i 18 superiori sono in noce tito.

l

Vetrina l P.V. 8408. - Spinettino G. Birger, Milano, 1759. Sul retro della striscia sopra la tastiera vi è la scritta: « Giouvani Birgcr feci Milano 1759 • · Questo costruttore è citato dal Boalch (l) come « Berger. Giovanni Domenico {?Birger) • . Lo stesso Boalch cita questo strumento come non datato, mentre la data vi è chiarissima. Lo strumento è decorato in atte povera (figurine di carta colorata attaccate al legno dipinto); con raffigurazioni dì uomini a cavallo armati dì rivoltelle, cannoni; a ll'interno del coperchio: giardino con fontana; musìci c danzatori; giocatori in riva a UJ1 Lago c tra ruderi. el piano armonico si trova un rosetta. digradante a due gradini, di carta dorata.

Ambito: 4 ottave + L tono: dal do2 (poiché lo spinettino è sempre all'ottava) al re6 (con la prima ottava corta). Lo strumentino è del tipo « non inner-outer », già citato. Il piano armonico è in abete; le corniccttc sono dorate. Il somiere è coperto dal piano armonico. I piroli sono originali. I ponticclli sono di noce. I salterclli, originali, sono di pero ad un solo smorzo, con molle metalliche. I tasti sono 4 7: i 28 inferiori sono placcati in avorio con frontalini in pergamena (archetti con fiori e foglie) c i 19 superiori sono placcati in ebano.

Misure: sola tastiera: cm. 63,5; J. sporg. tastiera cm. 68,5; pf. tastiera cm. Il : lato A cm. 79,5; lato B ; L 16; D cm. 20; lato E cm. 33; alt. cassa cm. 14.

(l) D. H. Boalch. Makcrs of lhc harpsichord and clavichord 1440-1840. 23 cd. Oxford, Clarcndon Press, 1974, p. 8.

Ambito: 4 ottave do2 - do6 con prima ottava corta. Misure: sola tastiera: cm. 63,2: L sporg. tastiera: cm. 66,4; pf. tastiera: cm. 9: lato A cm. 83,5; lato B: cm. 14,8; lato C: cm. 86,8; Jato D: cm. 37,6: alt. cassa con coperchio chiuso: cm. 15. L. vibr. c.: l o do: cm. 76; ult. do: cm. 7 (ponticelli staccati). Punto di pizzico: l o do: cm. 6; ult. do: cm. 2,6; l. mass piano cm. 6,2; 0 foro: cm. 1,2X 1,5 (ova le); tastiera: .J. sup. cm. 0,9, inf. l ,3; L. tot. cm. 8,3; L. vibr. c. cm. 15,7. Vetrina 3 Nella vetrina 3 al centro, sul ripiano superiore, troviamo una piccola collezione di strumenti in miniatura i quali, per lo più, provengono da presepi n apoletani del '700 (come le tre piccole zampogne n. 655, 656 e 657, le chitarre battenti n. 650 c 647, le arpette n. 658 e 654, la chitarrina cistrum n. 649), mentre a lcuni sono piccoli strumenti-giocattolo di carattere anche decorativo (come la chitarra n. 644 c le mandole n. 645 e 646), altri ancora sono pezzi di bravura, o, meglio, modellini, di ottimi costruttori, come la cornetta in sib a tre pistoni n. 648, che è perfettamente funzionante, e il piccolo violino n. 652, opera del celebre liutaio modenese Pietro Messori. Anche i tre minuscoli man-

Sala IX: La musica in casa l~

21J


doloni n. 651, 653 c 659 sono dei campioni di perfetta liuteria, come la piccolissima chitarra n. 644 del cremonese Enrico Ceruti. Ecco le descrizioni di tutto il materiale di questa vetrina.

n. 644. - Modellino di chitarra. Fattura accuratissima. Piano in abete orlato da tripla filettatura in palissandro; intarsi geometrici in madreperla su impasto nero all'orlo del foro armonico c alla cordiera; capotasto in osso: tastiera in ebano con due piccoli intarsi geometrici in madreperla; tasti 19, in ottone, sulla tastiera; cordiera in legno tinto e madreperla; corde 6 in acciaio. Misure: L. tot. cm. 31; L. corpo cm. 15,2; L. manico cm. 15,5; l. corpo: alta cm. 9,3; media 6,5; bassa l l ,8; pf. cassa cm. 2,5; L. piano cm. 15,2; l. mass. piano cm. l l ,8; 0 foro cm. 2,6; alt. fasce cm. 2, l; tastiera: l. su p. cm. l ,6; l. inf. 2,5; L. tot. 14,5: L. vibr. c. cm. 19,8. Nell'interno: etichetta ms.: « Enrico l Ceruti l Cremona l 1860 , . Enrico, figlio ed allievo di Giuseppe, era nipote di Giovanni Battista. Nacque nel 1808 a Cremona, dove morì il 23 ottobre 1883; fu abile costruttore anche di violini e violoncelli.

n. 645. - Modellino di mando/a. Piano armonico in acero con due fori (uno più grande ed uno più piccolo) orlati da intarsi in madreperla su impasto nero; sempre sul piano sono pure altri intarsi verso il basso ed una piastra rettangolare in ebano; 8 tasti di budello; 4 piroli di pero intagliati; retro cassa a li doghe in acero filettate in noce; capotasto perduto; cordiera in legno tinto; per il trasporto: cordino di seta annodato ad un lato del cavigliere c ad un piroletto nella fascia di fondo; cavigliere ricurvo terminante in una piastra quadrata. Misure: L. tot. cm. 23,5; L. corpo cm. 9,7; L. manico cm. 13,8; pf. cassa cm. 4,5; L. piano 10,3. n. 646. - Modellino di mando/a. Piano in abete; sul piano, sulla tastiera e sul cavigliere intarsi in madreperla, tartaruga c avorio; capotasto perduto; piroli 6 in avorio (perduti); manico placcato in tartaruga; retro cassa a 7 doghc in madreperla, tartaruga, impasto nero (tartaruga e madreperla aHcr.nate); cavigliere con intarsi in tart~uuga, madreperla e avorio (retro placcato in tartaruga); piroli 6: 4 mancanti e 2 in frammenti (di avorio); tastiera: decorazioni in avorio, ma-

21 O La Gallerìa armonìca

drepcrla su impasto nero, bordi in avorio; ponticello in palissandro.

Misure: L. tot. cm. 22,5; L. corpo cm. 9,8: L. manico cm. 12,7; pf. cassa cm. 4; L. piano cm. 9,8; l. mass. piano cm. 6; 0 foro cm. l ,3; tastiera: l. sup. cm. 1,1; l. inf. 1,3; L. tot. 7; L. vibr. c. cm. 14,4.

n. 647. - Modellino di chitarra battente. Piano in abete con intarsi in madreperla intorno al foro; ramages in vernice nera in basso; tastiera placcata in ebano e osso graffito come pure il cavigliere; piroli .in osso: l O di cui 3 mancanti; fondo in noce filettato di acero come pure le fasce; mmuco di legno tinto; capotasto in ebano; tasti 7 in metallo su tastiera (5 mancanti); ponticello in ebano; bottoni fermacorde 5 in osso; corde 5 doppie in ottone (2 coppie mancano); per la tracolla vi sono un bottone in avorio sulla fascia di fondo ed un foro in cima al cavigliere. Misure: L. tot. cm. 20; L. corpo cm. 9,5; L. manico cm. 10,5; 1. corpo: alta cm. 4,2; media 3,8; bassa 5,9; pf. cassa cm. 3,5; L. piano cm. 9,5; l. mass. piano cm. 5,9; 0 foro cm. 1,4; alt. fasce cm. 2 l 2,8 l 2; tastiera: l. sup. cm. 1,3; inf. 1,6; l. tot. cm. 6; L. vi br. c. cm. 12,8. n. 648. - Modellino di cometta. A 3 pistoni; canneggio cilindrico circolare:

Misure: L. tubo cm. 58; 0,5; 0 pad. cm. 4,6.

0

iniz. est. tubo cm.

(T onalità: sib ?). Ottone e metallo bianco; bocchino a tazzetta; l chiave a doppio effetto per il vapore acqueo; bottoni dei pistoni placcati in madreperla.

n. 649. - Modellino di chitarra-cis/rum. Piano in abete; all'orlo del foro intarsi in osso su impas to nero: corpo, manico e cavigliere scavati in un sol pezzo; cavigliere a sezione trapezoidale terminante a riccio; capotasto in avorio; piroli 6 in avorio: 2 frontali e 4 laterali (ne manca l); tastiera in palissandro; tasti 8 in avorio su tastiera; ponticcllo in ebano; bottoni fermacorde 3 in avorio; corde 6; bottone per tracolla nella fascia di fondo. Misure: L. tot. cm . 19,8; L. corpo cm. 8; L. manico cm. 12; pf. cassa cm. 2,3; L. piano cm. 8; l. mass. piano cm. 7; 0 foro cm. 1,7; alt. fasce cm. 1,8; tastiera: l. su p. cm. l .6; in f. 1,9; L. tot. cm. 7,6; L. vibr. c. cm. 12,6.


n. 650. - Modellino di c!titarra baltente a 8 corde. Piano in abete; piroli in osso 6 ( + 2 che mancano) intarsi in madreperla sul piano, all'orlo del foro armonico e al cavigliere; tasti 7 in osso su tastiera; capotasto manca; tastiera placcata in tartaruga; 8 finte dogbe + 3 fasce. Misure: L. tot. cm. 21,4; L. piano cm. 9,2; L. manico cm. 11,6; l. piano cm. 4 ,7 / 2,8; pf. cassa cm. 2,2. n. 651. - Modellino di mandolone. P,iano in abete con intarsi (piuttosto rozzi) in madreperla su impasto nero; tastiera e cavigliere a strisce di ebano e madJ·eperla; retro cassa a 12 doghe di acero filettate in noce; manico placcato a striscioline di ebano e avorio; piroli 14 in avorio (6 mancano); capotasto in avorio; tasti 6 in metallo su tastiera; corde 7 doppie; bottoni fermacorde 5 in avorio (3 mancano); attacco per tracolla: bottone in avorio sulla fascia di fondo. Misure: L. tot. cm. 19,5; L. corpo cm. 9,6; L. manico cm. 9,8; pf. cassa cm. 4,3; L. piano cm. 9,5; l. mass. piano cm. 7,2; 0 foro cm. 2,1; tastiera: l. sup. cm. 2, inf. 2,2; L. tot. cm. 5; L. vibr. c. non rilevabile per mancanza del pontice1lo. n. 652. - Modellino di violino. Piano in abete; fondo in acero (in 2 pezzi); piroli, capotasto, tastiera e bottone fermacordiera in ebano; ponticello in acero; cordiera in acero tinto. Nell'interno l'etichetta ms.: « Pietro Messori l allievo di l Giuseppe Sgarbi l Fece in Modena l l'anno 1893 » . Pietro Messori (Modena 1870-1952), attivo dal 1843, era allievo di Giuseppe Sgarbi di cui, nel 1894, rilevò la bottega; ebbe premi alle esposizioni di Milano, Torino, Parigi.

All' interno etichetta ms: 1788 » .

« Donata o Monti f.t:

n. 654. - Modellino di arpa. A 12 corde (Il piroli presenti); nel piano armonico, che è in abete profilato di nero, 4 foli (2 per lato); retro cassa a 5 facce, in acero riccio; colonna, modiglione e sotto-base tinti di nero; bottoni fermacorde di osso (5). Misure: Alt. tot. cm. 22/ 17 ,5; l. cm. 13 (modiglione); J. piano armonico: in alto cm. 22; in basso 3,2. n. 655. - Modellino di zampogna. A 4 canne con sacchetto, la più lunga con finta chiave ricoperta da bariletto a forellini c accenno di 6 fori. Misure: L. tot. senza sacco cm. 24; L. canne cm. 24; 0 3,8; L. canne cm. 15,5, 0 2,5; cm. 11,8; 0 1,8; cm. 10, 0 1,5. n. 656. - Modellino di zampogna. A 4 canne con sacchetto; canna più lunga con finta chiave. Misure: L. canne cm. 22,5, 0 3,4; cm. 13,8, 0 1,7; 9,2, 0 1,4; cm. 7,6, 0 1,2. n. 657. - Modellino di zampogna. A 4 canne con sacchetto (la più lunga con tinta chiave). Misure: L. canne: cm. 13,5, 0 1,8; cm. 10, 0 1,2; cm. 7, 0 1, 1; cm. 6, 0 0,9. n. 658. - Modellino di arpa. A 9 corde; 9 piroli presenti; colonna, modiglione, piro!i: dorati (porporina); cassa a sezione rettangolare (vernice gialla); piano in abete profilato di nero: 6 fori a « C». Misure: L. tot. cm. 23,2/ 18,5; l. cm. 14 (modiglione); l. base cm. 1,8/ 3,2; pf. base cm. 1,2/2.

n. 653. - Modellino di mandolone. Piano in abete con decorazioni irr madreperla graffita; retro cassa a 17 doghe in ebano con filettature in avorio; cavigliere placcato in tartaruga, madreperla, avorio, ebano; capotasto in avorio; tastiera in tartaruga e madreperla; tasti 13: 9 in ottone su tastiera, 4 in ebano sul piano; ponticello in noce c avorjo; bottoni fermacorde 5, in avorio; corde: 7 doppie; punti di attacco per la tracolla: un anello di ottone nel retro del cavigliere e un bottone di avorio nella fascia di fondo.

n. 659. - Modellino di mandolone. Piano in abete con intarsi di madreperla su impasto rosso e pia· stra di tartaruga sagomata in madreperla graffita; retro cassa a 11 daghe in tartaruga con doppia filettatura in avorio; piroli 16, in ebano (4 mancano e 4 sono di restauro); bottoncini di avorio ai lati del cavigliere; tastiera Ìll madreperla, tartaruga, impasto rosso e ramage..c; di madreperla su impasto rosso; tasti 9 in metallo su tastiera; ponticello in ebano; bottoncini fermacorde 7, in avorio; corde 16; punto di attacco per la tracolla: un bottoncino di avorio sulla fascia del fondo.

Misure: L. tot. cm. 20,3; L. corpo cm. 8,7; L. matùco cm. 11,5; pf. cassa cm. 4, l; L. piano cm. 8,7; l. mass. piano cm. 6,1; 0 foro cm. 1,5; tastiera: l. sup. cm. 2,3; l. inf. 2,7; L. tot. 5,6; L. vibr. c. cm. 11,7.

Misure: L. tot. cm. 20,3; L. corpo cm. 8,9; L. manico cm. 11,4; pf. cassa cm. 4; L. piano cm. 8,9; l. mass. piano cm. 6,3; 0 foro cm. 1,5; tastiera: 1. sup. cm. 2; l. inf. cm. 2,5; L. tot. cm. 5,8; L. vibr. c. cm. 11,8.

Sala rx : La 1'1111.\"iCa in casa

217


n. 660. - Modellino di astuccio di violino in legno tinto nero con maniglia metallica.

Misure: 9 X 3 X 1,5.

Nel ripiano intermedio ed in quello inferiore si trovano graziosi strumcntini a tastiera costruiti per mani infantili; infatti, data la piccolezza dei tasti, le dita di una per ona adulta prenderebbero facilmente due tasti insieme. Si presenta, anzitutto, sulla sinistra, un virginalinoscatola da lavoro del sec. xvn, n. 661, in ebano con intarsi io avorio graffito, che, per assolvere le sue funzioni, oltre che di strumento anche di astuccio da ricamo, è dotato di vari cassettini sapientemente occultati. Questa raffinata arte cbanistica dci « segreti », che, nella storia del mobile, ha sempre costituito una attrazione ed un interesse speciale, sembra qui avere una particolare realizzazione, felice nella semplicità degli espedienti e nella grazia delle soluzioni. Per tale singolare aspetto questo piccolo strumento merita una dettagliata descrizione, sia per i '' segreti » che per le decorazioni, che sono, poi, intimamente connessi fra loro. Anzitutto prenderemo in considerazione il coperchio, coronato da un vistoso cuscinetto ricoperto in damasco rosso, per appuntarvi aghi e spilli; immediatamente al disotto di esso, nella cornice di ebano, sono celati due cassettini, uno sulla destra ed uno sulla sinistra, la cui apertura non era a tiraggio ma a pressione; infatti i pomellini di avorio che ora si vedono c che si potrebbero supporre come '' tiranti » per l'estrazione dei cassettini stessi, non sono originali: al loro posto dovevano esservi dei battoni i quali, se premuti, Liberavano una molletta, che si trova sotto il cassettino, e ne provocavano cosi la fuoriuscita; questi due cassettini sono foderati in carta fiorata; quello di sinistra è a tre scomparti quello di destra a cinque, variamente disposti; al suo interno il coperchio dello strumento contiene un piccolo specchio (che doveva anche avere un piede (di cui rimane jJ punto di attacco per essere messo diritto, e consentire, così, alla fanciulla di specchiarsi) il quale, essendo asportabile, consentiva di alloggiare, dietro di sè, un biglietto o una lettera che la giovane suonatrice poteva riporre c rileggere. poi, fra una melodia ed un ricamo, nella raccolta quiete della sua stanza: lo trumcnto presenta, quindi, aspetti interessanti anche per la storia del costume. L 'abitacolo dello specchio, come pure le paretine sopra il piano armonico e quelle ai lati della tastiera, sono foderati di seta rossa. Anche come chiusura il coperchio presenta una interessante singolarità: non ha la serratura nel vero

218 La Grilleria armonica

senso della parola ma un gancio che chiudeva (e riapriva), a pressione, il coperchio sulla parete anteriore (mobile ed asportabile, che veniva fissata ai lati con due palettini ora perduti). Passando a considerare la cassa dello strumento osserviamo subito che, sul davanti, neiJa base, è occultato un piccolo cassetto, largo quanto lo strumento stesso e sistemato nella cornice di ebano, fornito, questo sì, di una vera serratura con la sua piccola chiave; questo cassettino, pure foderato di carta fiorata, è suddiviso in quattro scomparti, di cui uno con coperchio e un altro, il più grande, raddoppiato da un secondo scomparto sovrapposto, asportabile con due manigliette di stoffa. In tal modo, con tanti ripostigli, così vari per forma c dimensioni, era possibi le sistemare c riporre aghi e fili, matassisne c nastri, ditaJi c forbicine, ed ogni altra cosa inerente a lavori femminili. La decorazione, ad intarsio, è particolarmente curata: vi sono piccole piastre in avorio graffito e fregi floreali, cioè tralci del tipo delle grottesche, svolti lungo le pareti; sul dietro della cassa, all'esterno, una piastra ovale allungata, con un paesaggio graffito, rappresentante monti nello sfondo, case, un fiume e un ponte; ai lati: tralci come detto sopra. rella striscia di chiusura anteriore, davanti alla tastiera (striscia che viene fermata ora con due gancetti di ottone non originali, in quanto, come si è detto, veniva forse chiusa con due palcttini laterali ora perduti) vi è una piastra ovale allungata in cui sono graffiti cinque amorini che giocano sotto un festone di frutta. Nell'interno del coperchio, ai lati dello specchio, sono inseriti altri intarsi in avorio graffito: sulla sinistra è raffigurato uno strumento che potrebbe dùsi una Lira chitarra ante litteram e, a destra, è una maschera coronata di alloro con nastri e altre ornamentazioni. Diamo ora la descrizione dello strumento vero e proprio come tale, che è, naturalmente, il protagonista assoluto di questo interessante oggetto. Il piano armonico, in abete, è dipinto (caratteristica squisitamente fiamminga) a tempera con motivi floreali e fregi geometrici. La striscia che scende perpendicolarmente sui tasti porta una scritta (a mano, ad inchiostro), con la dicitura « Pieter. Van. 1 der. Slagh l Meulen tot Antwerpen l 1600 ». La scritta, apocrifa, ricorda stranamente la grafia, presente anche in altri strumenti di taJc provenienza (come la spinetta Karest nella Sala Xl) dell'antiquario fiorentino Leopoldo Franciolini, noto per i suoi espedienti con cui usava « battezzare » strumenti, pur pregevoli, che avevano perduto la loro connotazione di paternità.


Non vi sono comiccttc intorno al piano armonico; la rosetta è in pergamena, a cinque punte con tondo centrale, tutta traforata, e con orlo decorato da rilievi a colori (verde c rosso); i ponticelli, quello sul somiere, dalla parte degli acuti, piegato a V e quello sul piano armonico, dalla parte dei bassi. diritto c con una piccola piega in fondo) sono di acero: i piroli, in ferro, originali, sono 32, disposti in doppia fila; pure 32 sono i salterelli, di pero (non tu tti originali); i 32 tasti sono placcati: di osso i 20 inferiori (che hanno i frontaJini non scolpiti ma ricoperti di carta rossiccia), di ebano c noce tinto i 12 superiori. L'ambito è di due ottave e una sesta (sol-mi) con l'assenza del l o sol diesis e dell'ultimo

mi bemolle. Misure: lato A cm. 36; lato B cm. 22; sola tastiera cm. 32,8; alt.: aperto cm. 14,5; chiuso 18; L. vibr. c. 18 nota (sol) cm. 31,8, 1° do 27; 2° do 15,2: 3° do 7,6; ult. nota (mi) 7,4; P .to di pizzico: l " nota cm. 5,6; ult. nota 1,5; 0 rosetta: interno cm. 2,5; interno con bordo 3; esterno 4.

n. 663. - Piccolo virginale anonimo, del sec. XVTT. Eccone la descrizione: Cassa rettangolare in cipresso;

Rosetta intagliata nel piano (stella a 8 punte); Bordo del piano profilato in avorio; Manico ricoperto in avorio; R etro cassa a 9 doghe di avorio filettate di ebano: due caviglieri sono in avorio:

I 13 piroli. laterali, sono in avorio; Il capotasto è in avorio: La tastiera è in avorio profilata in nero (ad imitazione dell'ebano); La cordiera è in avorio, terminante con due uncini; Le 13 corde sono così suddivise: 3 coppie per i bordoni e 3 coppie più l singola per le tastate: sono in minugia c in acciaio.

Per la tracolla vi è un bottoncino in avorio sulla fascia del fondo.

Misure: L. tot. cm. 35: L. corpo cm. 11,5; L. manico cm. 23,8; pf. cassa cm. 43: L. piano cm. l l; l. mass. piano cm. 7,7; 0 rosa cm. 2,9; tastiera: l. su p. cm. l ,8; l. inf. 2,4; L. tot. 6,8; L. vibr. c. cm. 28.4; 15,6.

Piano armonico in abete; Somiere in noce; Tctvola di fondo (sotto) in abete; Ponticelli: quello sul somicre in noce; quello sul piano in acero; Camicette io cipresso; Striscia copri-salterelli (di restauro) in cipresso.

Tasti 45 placcati: in bosso i 27 inferiori; in legno tinto nero i 18 superiori; Leve dei tasti in faggio; Ambito 4 ottave (do-do) con P ottava corta. Misure: lato A (base con cornici) cm. 50; lato B (pf. cassa) cm. 25; alt. cm. 7,8; L. tastiera (soli tasti) cm. 45,7; L. parte visibile dei tasti: inf. cm. 6,2; sup. 3,4. L. vibr. c. 1° do cm. 45,7; 2° do 27 ,6; 3° do 15,2: 4° do 8,7; 5° do 3,7: p.to di pizzico: t• nota (do) cm. 4; ult. nota (do) cm. 2,2. Sullo stesso ripiano è esposto un modellino di chitarrollc in avorio, n. 662. del sec. XVU-XYlli. E ccone dati somatici:

Piano armonico in abete;

Segue uno spinettino in avorio, n. 664, opera di Giorgio Berncri; questo strumento è un commovente documento di amor coniugale, in quanto fu costruito, dal Bcrncri, nel 3° anniversario della morte della moglie c dedicato con ancor vivo affetto alla memoria di Ici: lo dice, con semplici ma sentiti accenti, in una scritta ad inchiostro, tracciata a mano sotto ai tasti , nel telaio della tastiera: « Giorgio Berneri da Tren to figlio di Antonio Bcrneri da Arco ha fatto in R oma il te rzo anno dopo la morte della sua fidelissima consorte Isabella l'anno MDCVlll l). A completare l'accorato rimpianto della dedica ci sono il candore dell'avorio, con cui lo strumento è costruito, quasi a ricordare la pura anima della compagna perduta, c gli angioletti o, meglio, i puttini musicanti o danzanti che sono graffiti tutt'intorno a llo strumento: le alucce che si trovavano nelle opere da cui sono stati copiati (Donatello, P erugino, Giambcllino ed altri), qui non ci sono più: è soltanto una gioiosa frotta di bambini che cantano, suonano e danzano, formando un corteggio umano e gaio al seguito del tenero rimpianto per la sposa che non ha più accanto. Di questo costruttore, purtroppo, si hanno pochi cenni biografici, tra cui questa curiosa notizia, dataci

Sala IX : La IIIIISica in casa

21.9


da A. Bertolotti (2): « Giorgio Bernerio da Trento suonatore di gravicembalo, dimorante in Roma ai Fico, il 26 dicembre 1582 veniva ferito alla da un ~cognito e secondo dichiarazione di chirurgo fatta a~ tnbun~le del governatore, trovavasi in pericolo di v.Jta • . (LI ber Barberiorum, 1581-82, fol. 159). Di lui SL conosce un altro spinettino nel Museum Art di T olo (Ohio/ USA), datato 1594 (3). Gli elementi che compongono il presente strumento sono i seguenti: piano armonico in abete; cornicerte di cipresso; rosetta traforata nel piano; somicre di pero: piroli originali: ponticelli in acero: saltcrelli originali di pero (40) senza smorzo; i 40 tasti sono: placcati in avorio i 24 inferiori e eli ebano massiccio i 16 superiori; vi sono tracce eli frontalini dorati a piccoli ferri con 4 arcate ciascuno, forse in pelle, con sotto della carta rossa (solo uno è completo); l'ambito è di 3 ottave e una 3a do-mi; è assente l'ultimo mi bemolle.

tcsU:

Misure: tastiera sola cm. 46, l: lato A cm. 51 ,5; Iato B cm. 9; lato C cm. 54; lato D cm. 26,8; alt. cm. 7; L. vibr. c. l o do cm. 50,5; 2° do 27 2· ' ' 3- do 21,6; 4° do 7,2; ult. nota (mi) 6,1; p.to di pizzico: l a nota (do) cm. 3; ult. nota (mi) cm. 2,8. Nel 3o ripiano, inferiore, si incontra, anzitutto. a destra, un piccolo virginale, n. 665, (sec. XVTI-XVITT) ricoperto di seta verde; su l coperchio ha un'imbottiluta; la ribaltina anteriore è ricoperta, all'interno, da damasco verde: all'esterno la stoffa è fissata al bordo con galloucino dorato fermato da borchiette (chiodini da tappezziere a lesta tonda). Nell'interno del coperchio: pittura ad olio raffigurante un panorama di campagna con boschi, un lago c persone sulle rive; intorno alla pittura doveva esserci un bordino ora perduto. Il piano armonico è di cipresso, come pure i ponticelli (quello di destra sul somierc, piegato ad angolo c l'altro, sul piano, diritto) e due piccoli ripostigli con coperchietti rettangolari dai bordi profilati da camicette c pomellini per aprirli, che si trovano ai lati della tastiera (per contenere corde c salterelli di ricambio). T tasti sono 26, placcati: i 16 inferiori di cipresso· i l O superiori di noce tinto. '

(2) A. BERTOLOTTJ, Curiosità storiche i~·triane, dalmatine e trentine negli archivi di Roma, VIII. Un musico trentino. In « Archivio storico per Trieste, l' l sLria c il Trentino », R oma, 1883, p. 388. (3) Boalch 2/ 1974. p. 7. (4) J. G. WAt.riiER, Musicalisches Lexicon oder MLtlicali~che Bibliothec. Leipzig. W. Deer, 1732, p. 630.

220

La Gallerill (11'11/0IIica

Ambito: 2 ottave e una quarta (do-fa).

Misure: sola tastiera: cm. 25,2; lato A cm. 34; lato 8 cm. 20; alt.: chiuso cm. 11,5, aperto cm. 8,3; L. vibr. c. 1° do cm. 28,8; 2° do 20,5; 3o do 8,8, ult. nota (fa) 5,9; P.to di pizzico: 1o do cm. 3, l: ult. nota (fa) 4. Segue un piccolo virginale in ebano tipo cembalo verticale. n. 666 (sec. XIX.). L o strumento è cont~nuto in un mobiletto (smontabile a piccoli pannelli) dt cba~o traforato con disegni ornamentali: cigni affrontati , tralci floreali ed altri fregi decorativi. Piano armonico in abete. Somiere in acero; piroli originali: ponticelli in acero: salterelli originali (orizzontali): 27, senza smorzi; tasti 27: i 16 inferiori sono placca ti in avorio e su ciascun tasto è graffito un gi rasole; vi sono dei frontalini scolpiti (ne mancano 9); gli 11 tasti superiori sono di ebano; l'ambito è di 2 ottave e l tono (la-st).

Misure: sola tastiera cm. 34,2; Iato A cm. 26,2: lato B cm. 28,5; alt. cm. 20,2; L. vibr. c.: l" nota (la) cm. Il ,3; ult. nota (si) 5,2; P.to di pizzico: l " c ult. nota cm. L Chiude la serie dei piccoli strumenti a tastiera un altro virginalino, il n. 667, ornato, nell'interno del coperchio, da una stampa fiamminga raffigurante la Madonna in mezzo ad un gruppo di quattro 1mgeli musicanti: essi leggono le loro parti in due grandi tabelle sorrette da altri due angeli, illuminate da due grossi ceri posti su alti candelabri: si tratta di un « Magnificat » a 5 voci, opera di Cornelio Yerdonck eccellente compositore di << Cantiones » sacre e profane stampate ad Amsterdam c ad Anversa, che nacque nel 1563 a Tornhout (Fiandra) e morì il 4 luglio 1625 ad Anversa, dove fu sepolto nella chiesa dci Carmelitani: colà un commosso epitaffio (ora perduto) Io ricordava chiamandolo « musicorum deliciae :. e piangendone la scomparsa. Notizie su di lui (con il citato epitaffio) si trovano nel Lexikon del Walther (4) c poi nel Gcrbcr (5): entrambi danno come data di nascita il 1564, mentre biografie più recenti anticipano tale data al 1563. I n tutte le sue biografie (6) si legge il lingo elenco delle sue opere, che abbraccia un gran numero di composizioni sacre (Mottetti, fra cui questo Magnificat), canzoni francesi e, in particolare, una grande quantità eli madriga li su testo italiano. È da notare, nel pannello o tabella

(5) E. L. GERBER, Neu-es lli.llori.lch-biographisches Lexikon der Tonkiinstler, Vicrter Teil. S-Z, Lcipzig, A. Ki.ihncl, 1912-14, col. 437-438. (6) Grovc, s• cd., 1961: MGG, 1966; the new Grovc, 1980.


di sinistra, alla fine della parte del tenor, la terminazione del nome dell'autore «Cornelio,. invece di « Cornelis » , come vorrebbe la grafia dei Paesi Bassi, il che ricorda la grafia da lui usata quando era al servizio del re Filippo n di Spagna, come cantore nella Cappella Reale di Madrid. Pochi anni dopo la stampa di questo Magnificat, e precisamente nel 1588. Verdonck doveva essere già assai rinomato se William Byrd non disdegnava di includere sue opere nella raccolta « Musica Transalpina », con madrigali di Palestrina, Phileppe de Monte, Luca Marenzio. Sulle stampe musicali fiamminghe di questo tipo è ricco di notizie uno studio di Max Seiffert (7), da cui apprendiamo che questa stampa, come molte altre edite ad Anve rsa nello stesso periodo (fra cui una « Preghiera di D avid », che, inginocchiato, suona l'arpa) fu disegnata da M. de Vos e incisa da Joan Sadelcr (Sadlcr), da J odocus a Winge e incisa da J. Saùclcr, en trambi di Bruxelles, a Francoforte sul Meno (8). di cui una riproduzione, dipinta su vetro, è esposta nella Sala v n. Ma seguiamo nei dettagli la stampa di questo « Magnificat ». In alto, in un nimbo di luce circondato da una catena di nuvole, splende il nome di Dio (J ahveh); al centro: la Madonna. con una raggiera luminosa intorno alla testa. un ampio manto che copre il capo. scende sulle spalle e si ripiega anche in terra: essa ha le mani giunte, i capelli sciolti sulle spalle. la bocca aperta perché canta, ed è inginocchiata su di un cuscino a rullo con nappe alle due stremità. Ai lati della Madonna sono due angeli che sostengono due tabelle: Quella di sini~tra contiene le parti di « I. Superius » e di << Tenor ». cui si arrianca la dicitura « Canon in Diapason ~. il che sta a significare che la pa1te del IL Superius non è scritta ma va realizzata all'S'' del Tenor: è la parte che viene cantata dalla Madonna; in basso vi sono le notizie che ci interessano: il nome dell'autore, Cornelio V crdonck, c la data: « In lucem editum obsessa arctissime Antwerpiae 1585 ». L'assedio, lungo e serrato, senza speranza, che si conchiuse il 16 agosto 1585, era quello delle truppe spagnole che ripresero. con feroci saccheggi, la città. Intanto gli as~e­ diati trovavano le forze e la calma per pubblicare stampe musicali con angeli musicanti attorno a una dolce Madonna, stampe che ben esprimevano uno stato d'animo di supplica e di speranza. Riprendendo la descrizione della scena, diremo che nella tabella di

destra vi sono le parti dell' Altus e del Bassus: a questa voce è aggiunta la dicitura « Quinque vocum », il che precisa ancora, se fosse necessario, che vi è, oltre a quelle stampate, una quinta pars che si deve realizzare, come si è detto di sopra. Ai margini estremi dell'incisione, a destra c a sinistra. sono raffigurati due enormi candelabri portanti ceri accesi. In basso, proprio sotto la figura di Maria, si trova una scritta su due righe, in latino: « COELICOLVM / l REGI

MERITAS

DEPROMITE

Lobgc~lingc).

(8) I d., lvi, p. 5Y (6. Davids Andac ht).

EA~QrUE)

PIA

147 ~ . La citazione, tuttavia, non è chiara, perché ne ll'attua le edizione del salmo 147 non è reperibile. Forse la poca leggibilità della stampa, colorata in un secondo tempo, o forse un errore di stampa, non consentono di rintracciare il passo biblico con facilità. Sul davanti della scena troviamo i quattro angeli che, inginocchiati anch'essi, come la Madonna, eseguono le quattro parti con i loro stnunenti: il I. Supcrius è interpretato dal cornetto curvo, l'Altus dal flauto traverso, il Tenor e il Bassus dalle due viole da gamba. Evidentemente un II. Superius doveva essere la voce di Maria, dato che vi è un I. Superius e il Tenor annuncia un « Canon in diapason», cioè una parte all'ottava (superiore) del Tenor stesso. Contrariamente a questa ipotesi R . van M aldeghem, nella sua realizzazione in partitura ed in notazione moderna, lo ha interpretato come un II. Tenor, il che non sembrerebbe neppure molto adatto alla voce femminile di Maria. Ad ogni modo, per completezza di informazione, se ne riporta qui la trascrizione, da lui pubblicata (9). Sempre sul 3° ripiano, in basso, attorno ai piccoli virginali , sono esposti l l campanelli da tavolo, di quelli che, fin da tempi remoti venivano usati per chi amare il personale di servizio. Le fogge varie di tali oggetti li rendono interessanti anche per la storia del costume, dato che riproducono. con dovizia di particolari, abbigliamenti ed acconciature dal '500 in poi, c dci tipi più svariati . Ecco le descrizioni di questi esemplari.

n. 668. - Campanello da tavolo, in bronzo, con batacchio, r affigurante una pastorella del '600 con pettinatura a boccoli, busto stretto e gonna a sbuffi. Misure: alt. cm. 14,5;

(7) M. SEII'FER1. C. V1 ROO:-CK, in c Tijdschrift van de Vcrcniging voor Noord-Ncderlandse muziekgeschicdcnis ~ . V !3 ( 1897), p. 181. Id. Bildzeugnis~e des 16. Jahrhundert~ fiir di e in~trumcntalc B~!g lcitung dcs Gesanges und den Ursprung cles Musikupfer~tichcs. l n: AfMW, I (1918-19), p. 55 (2. Maria

LAUDES

DOlVII VM VENERARI I.AUDE DECORVM EST. Psal.

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base cm. 7,5.

(9) R. Vi\N Mi\U)i>CilltM, Trésor musical, Collection aulhentiquc dc mu~iquc sacrée & profane des anciens maitres bclgcs, r.::cucillic et tran~crite en notat ion moderne par R.-J. van Mnldeghem, op. 170. Mu~iquc rcligieu~e. Bruxelles C. Marquardt, 1866. Deuxièmc ann éc, p. 4 l -42.

Sala IX: La musica in casa

221


n. 669. - Campanello da ta\'Ofo, in bronzo, senza batacchio. R affigura una donna, con grembiule e con la testa coperta da un fazzoletto legato sotto il mento che suona una ghironda del tipo a forma di liuto. Misure: alt. cm. IO; 0 base cm. 5,5. n. 670. - Campaneffo da tavolo, in bronzo, senza batacchio. Rappresenta una donna che indossa un abito a triangoli c paJline con berretto frigio e porta una maschera attaccata al polso sinistro. Misure: alt. cm. 9,8; 0

base cm. 5,2.

n. 671. - Campanello da tavolo, in bronzo, con batacchio. R iproduce una figura femminile dall'ampia e rigonfia gonna con sopragonna smerlata, maniche a sbuffetti c le braccia quasi conserte; nella mano destra un libretto (?), un ciondolo sul petto, pettinatura con retina cd il capo un po' reclinato in avanti. Misure: alt. cm. 11; 0 base cm. 6. n. 672. - Campaneffo da tal•olo, in bronzo, con batacchio (?) interno non visibile. Rappresenta una bambina con ampia gonna e cuffia legata soLto il mento. Forse suonava percosso con la ma no dall'alto. Misure: alt. cm. 11,5; 0 base cm. 7,5 . n. 673. - Campanello da tavolo, in bronzo, con batacchio attaccato internamente alla testa del bambino. R affigura un bambino, seduto su di un pouf, che piange; ha ncJla mano sinistra un Arlecchino c tiene la destra sollevata. Come abbigliamento è piuttosto sommario: un collarino ed una camiciola con una bretella calata suJla spalla sinistra. Misure: alt. cm. 12,2; 0 base cm. 7. n. 674. - Campaneffo da tavolo, in bronzo, a colori, senza batacchjo. R appresenta una giovane donna con abito azzurro c colore roseo sul viso, sulle mani e sul colletto; ventaglio di piume nella mano sinistra; 4 rose (o palline?) suJla chiusura anteriore della veste; maniche a sbuffi. Molta vernice è perduta. Misure: alt. cm. IO; 0 base cm. 5,3. n. 675. - Campanello da tavolo, in bronzo, con batacchio. Riproduce uan figura femminile dall'abito con falpalà a punte e falda sopra, fiocco in vita c scollo a punte; porta un cappello con tesa e cupola

222 La Galferia armonica

piuttosto conica, ornato in cima da un fiocco oppure da piume; la donna tiene la testa inclinata a destra.

Misure: alt. cm. IO; 0 cm. 5,2. n. 676. - Piccolo campanello da tavolo, in bronzo, con batacchio. Rappresenta una figurina femminile in abito di foggia settecentesca con corsetto a stringhe intrecciate, che ha una cuffia, tiene nella mano dcstra un fascio di spighe (?) c porta una borsetta a ttaccata alla cinta del grembiule. Misure: alt. cm. 10.2: 0 base cm. 6. n. 677. - Campanello da tavolo, in bronzo, senza batacchio. R appresenta una figura femminile con stretto bustino, gonna rigonfia, gorgiera c maniche a sbuffi (sec. XVI-XVIT). Misure: alt. cm. 11.5;

0 base cm. 6.7.

n. 678. - Campanello da tavolo, in bronzo, dorato, con batacchio. R affigura un negromante, dal lungo cappello conico, con la testa mobile c facente corpo con il batacchio. H a la mano destra su l pe tto e nella mano sinistra, alzata, ha una frusta. L'abito c lo scollo hanno una decorazione a V con pallina in fondo; sul davanti della veste vi sono due M e vari serpenti. Misure: alt. cm. 12,5; 0

base cm. 5.

Fuori delle vetrine sono esposti vari pezzi di interesse notevole. Anzitutto la glass ltarmonica, che in italiano è detta armonica a bicchieri. Purtroppo la terminologia italiana non ha potuto accettare in pieno la gentile dedica di Franklin, che battezzò la sua invenzione « armonica » in onore della nostra lingua e deve usare l'aggi unta « a bicchieri» per non confonderla con l'armonica a bocca o a manticino, oppure chiamarla addirittura con un termine straniero, prendendolo a prestito dall'inglese (glass harmonica) o dal tedesco (Giassharmonika). Si tratta di uno strumento cristallofono, basato sul principio dei bicchieri eli vetro riempiti a vari livelli che, strofinati all 'orlo con dita umide, dànno un suono lungo e penetrante. I « bicchieri musicali ~ avevano già trovato numerosi cultori, tra cui si possono citare l'irlandese Richard Pockrich ( Puckridge) ed E. Dclaval, nonché un virtuoso d'eccezione nella persona di C. W. Gluck il quale, il 23 aprile 1746, nel Teatro di Haymarkct a Londra c nel 17 49 a Copenhagcn, si esibì in pu bblico, come concertista, su un complesso di 26 bicchieri. T uttavia spetta a B. Franklin (1706-1790) il titolo di inventore di una « macchinetta » in cui i bicchieri venivano infilati in un perno rotante azionato


da un pedale, per essere pronti, tutti su una linea come una tastiera, ad essere sfiorati dalle dita dell'esecutore. n fisico e statista americano realizzò un tale apparato a Londra già forse nel 1761 e, con una lettera del 13 1ugEo 1762, prima di tornare in America, illustrò minutamente al suo amico Padre G. B. Beccaria i dettagli costruttivi della sua invenzione (dicendogli, appunto, che egli, in onore al nostro « musicale linguaggio • , l'aveva chiamata con un nome italiano. l' « armonica :.). Nell'ambito e nell'aspetto delle coppe la glassharmonica ebbe alcune varianti: l'esemplare originario di Franklin aveva le coppe dci semitoni lasciate in bianco, mentre quelle che produducevano i suoni diatonici erano dipinte con i colori dello spettro solare: do = rosso, re = arancio, mi giallo, fa verde, sol blu, la indaco, si porporino; nel 1787 Cari L copold Rollig, l'inventore dell'Orpbica, effettuò una modifica che ne rese più semplice l'uso: lasciò trasparente il vetro dci suoni diatonici, mentre verniciò in oro gli orli delle coppe destinate ai suoni cromatici, rendendo, così, rassomigliante l'effetto visivo delle coppe della glass barmonica a quello della tastiera del pianoforte, solo che in questo strumento i tasti cromatici sono generalmente neri, mentre quelli che qui appaiono, per an a· logia, organizzati come i tasti neri del pianoforte, sono dorati. Il nostro esemplare ha le seguenti caratteristiche: l'ambito originario dello strumento di Franklin (37 note comprendenti 3 ottave piene da so/2 a so/5) è stato modificato (secondo l'ampliamenro apportato da J. A. Schmirtbauer, di Karlsruhe, nel 1770) in 3 ottave e mezzo (42 note: da do2 a fa 5 ): gli orli dci bicchieri cromatici sono dorati, secondo il ritrovato del R ollig, ideato nel 1787, e perciò si può ritenere posteriore a questa data. Artefice della riscoperta della glass harmonica è stato ai nostri giorni Bruno H offmann, esecutore in concerti di musiche composte per glass harrnonica su un complesso di 46 bicchieri da lui chiamati « Glasharfe :. (arpa di vetro), basato sullo stesso principio sui cui è impostata la Glass barmonica: quello dei bicchieri riempiti a vari livelli c strofinati con le dita umide (nella glass harmonica vi era, sotto o presso i bicchieri, una vaschett.1 con acqua per inumidirvi le dita). Per avere un 'idea dell'importanza c del misterioso fascino esercitato da questo strumento sui musicisti, basterà ricordare qu alche nome fra quelli dci numerosi compositori che dedicarono pregevoli pagine alla glass harmonica: L. van Beethoven, H . Bcrlioz, G. D onizetti, J. L. D ussek, G.B. M artini W.A. Mozart, J .G. Naumann, J .F. R eichardt, C.L. Ri)Jiing. K. Schnyder, R . Strauss, J.V. Tomasck. Ecco la descrizione dettagliata dello strumento qui esposto.

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n. 679. - Glass harmonica anonima (sec. XIX). 11 mobile ha 4 stelle a 8 punte (bicolori) intarsiate ai lati, sul davanti della cassa, che è chiudibilc mediante tre serrature poste sul davanti. Il coperchio è ribaltabile all'indietro per consentire agli ascoltatori di seguire il movimento delle mani di chi suona lo strumento. Vi sono, sul davanti, due manigliette ad anello in ferro, con borchiette in ottone per chiudere il coperchio e, sui fianchi, due maniglie in ferro per il trasporto. L'armatura fonica è costituita da 42 coppe di vetro (di cui tre mancanti, giunte a noi in frammenti) infilate in un perno di ferro che vien fatto ruotare mediante un cordone collegato ad un pedale sulla destra. L'ambito è di tre ottave cd una 4a (do2-/a5). Ecco l'esatto ele nco delle note come è scritto nel coperchio dello strumento, in notazione alfabetica; le coppe mancanti, cioè rotte. sono Bz, mi3, do. , labz): C~CDbEEF~FG

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bB B C ~ CDbEEF ~ FGbA

A bB B C ~ CDbEEF

Misure: L. cassa cm. 128,8; l. cassa cm. 37 ,2; alt. cassa cm. 36,7; alt. cassa da terra cm. 92,8. Sulla glass harmonica occorre fare alcune preci'iazioni, dato che vi è generalmente una certa ignoranza sulla vera essenza e natura di questo strumento, soprattutto nei suoi rapporti con l'acqua. fi no al punto che taluno lo ha definito, assai impropriamente, «strumento idraulico». Qualcun altro ha ipotizzato addirittura bicchieri (o coppe di vetro) immersi nell'acqua e ruotanti (con un imprevedibile effetto di carosello idraulico meccanico). Tutte queste (antasticherie vengono <mnullate dalla lettura della lettera che lo stesso Franklin scrisse da L ondra il 13 luglio 1762 all'Abate G. B. Beccaria, professore di fi~ica nell'Università di Torino. I n tale missiva. dopo qualche cenno storico sui bicchieri musicali, è contenuta l'esatta descrizione dello strumento, e, quindi, si può dire. anche una dettagliata istruzione per costruirlo, con le notizie precise su materiali c misure; interessante è la colorazione dei bicchieri (che richiama altre teorie ed applicazioni del concetto di colore collegato alle note musicali): Franklin lascia bianco ogni semitono e assegna come abbiamo visto alle altre n ote dell'ottava i sette colori del pri ma (dello spettro solare). La prescrizione per suonare un tale ~trumento è quella di bagnare di quando in quando i bicchieri con una spugna inzuppata d'acqua chiara. Le dita voglion essere alquanto umide, e ben nette da ogni untume: c asperse d'tm cotal pocolino di gesso finissimo :. .

Sala IX: La musica in casa

223


. . Ancora nella stessa sala IX, incontriamo un piccohsstmo organo da camera costruito in un mobiletto seicentesco intagliato c scolpito, forse de un « Clemens Bevilacqua Romanus. facebat 16 ... ~ . come si legge in una scritta, a mano e ad inchiostro, con la data tagliata dopo le due prime cifre insieme alla tavoletta, che si trova sotto il telamone barbuto centrale (asportabile) della facciata. L'autore deH'organino è un membro della illustre famglia umbro-marchigiana dci Fedeli. Damaso. Ecco la descrizione dettagliata dello strumento.

n. 682. - Organino da camera. È un piccolissimo grazioso organ ino da camera conte nuto in un mobilctto intagliato: autore di questo mobi letto si può ritenere quell o citato in una scritta acl inchiostro, celata sotto la cariatide, anzi telamone, centrale della piccola facciata: « Clemens Bevilacqua R omanus faciebat 16 ... '> . Il nome dell'autore dell'organino come strumento lo si legge nella secreta: << DAMASUS FEDEI.l l FEC IT REi\T E l Anno Domini MDCCXCIV >> . Evidentemente, dopo pochi decenni lo strumento aveva bisogno di essere rimesso in ordine, pcrch~ una terza scritta, applicata sopra la tastiera. sulla destra, dice: « Francesco Tessicini restaurò 1838 • · La famiglia Fedeli, forse originaria di Camerino, ad ogni modo prevalentemente marchigiana, lavorò in molti luoghi del Lazio e delle Marche, lasciando strumenti di indiscusso valore artistico: in particolare di Damaso (che lavorava a R ieti) ricordiamo gli organi di Santa R ufina (Cittaducale/ R ieti)) del 1788, di Collebaccaro (Contigliano/ R ieti), del 1792, di Castel San Pietro (Poggio Mirteto/ Rieti), del 1794 c di S. Agnese in R ieti del 1807. Alcuni membri della famiglia (R affaele, Domenico A ntonio c Fra telli di Camerino), si fregiarono, nelle targhette manoscritte apposte nei somieri dei loro organ i, di una graziosa figurina di cagnolino in piedi sulle zampe posteriori e con la zampa anteriore destra nella mano di un simbolico padrone (vignetta anch'essa fatta a mano), a dare un significato quasi araldico al loro nome. Molti F edeli, poi. come Damaso a Collebaccaro, fanno precedere talvolta (forse in seguito ad un matrimonio) il cognome Fedeli da un altro cognome c da una particella quasi nobiliare: • Fedri de Fedeli • . Il piccolo organo del Museo ha le seguenti caratteristiche: facciata suddivisa in due campatine (comprendenti due cuspidi di 7 canne l'una, con bocche allineate) separate da tre pilastrini: quelli laterali costituiti da due cariatidi, a figura femminile, a cui fanno da aureola i capitelli c che sono del tipo dell'erma, cioè senza la parte inferiore del corpo che è sostituita da panneggi c fregi architettonici: quello centrale co-

224

!~a Galleria amwnica

stituito da una cariatide a figura di uomo (barbuto) vale a dire un telamone, pure del tipo dell'erma, che tiene fra le mani un violino. La tastiera ba un ambito di tre ottave (do-do) con l " ottava corta. e comprende 33 tasti placcati in bosso (gli inferiori) ed in noce tinto (i superiori); i registri, azionati da quattro pomelli in legno disposti in un'unica fila verticale alla destra del la tastiera, sono i seguenti: Principalino 1' ; Quinta 1/ 2' e 1/ 3'; Ottava; Flauto in quinta (sulla base del registro l). L'aria è fornita da un mantice a lanterna per la riserva e da uno a cuneo, azionato da un pedale. Data la sua conformazione c la sua piccolezza, naturalmente, questo piccolo organo non contempla nessuna pcdalicrn. Il mobiletto è coronato da una specie di piccola terrazza rettangolare, chiusa da un a ringhiera forma ta da colonnine a bulbi sovrapposti e da 6 piccoli pinnacoli torniti; sull'alto della facciata, sotto la suddetta terrazzina, nel timpano compreso nel fastigio, è intagliato uno stemma sorretto da due festoni di alloro, ma all'interno dello stemma, a meno che non sia stata abrasa. sembra che non vi sia stata scolpita alcuna arma.

Misure: cm. 60 X 38: alt. cm. 158. n. 683. - Organo Montessanti. Questo strumento, citato nei repertori come un • unicum » . ( 1O) è di un interesse tutto particolare per varie ragioni: anzitutto l'aspetto esteriore, che è quello di un mobile dipinto imitante una scrivania a ribalta, in cui la ribalta stessa, invece di abbassarsi per costituire il piano di scrittura, si alza per lasciar uscire la tastiera, ribaltata all'interno; l'ambito della tastiera è di 4 ottave e una quarta (D , -F~) con prima ottJva stesa (cioè completa c non corta); i 54 tasti sono placcati in pa lissandro (gli inferiori) cd in avorio (i superiori); la caratteristica fonica è data da lle tre fonti di produzione sonora, rappresentate dal le canne dl metallo, dalle canne di legno e da una fila di ance, situata dietro alla mostra di uno dci finti cassetti. L'alimentazione dì aria è fornita da un mantice a lanterna, che può venir azionato da un pedale fronta le, sulla destra, o da una corda che si cela dietro un pannello in basso, sul fianco destro del mobile. l primi 12 tasti corrispondono a 5 canne di cui 2 fanno suono triplo e 3 farrno suono doppio; i 20 tasti seguenti corrispondono a canne di legno e il resto a canne di metallo tappate. I primi dodici tasti di cui si è detto sopra sono usati come note di pedale (note tenute), perché sono divise dal (I 0} C. St Il M 11>1. , /Jizionorio tti/Ìl•ersale dei IIILI.!icisti, Volume 2°: M-Z. M ila no, Sonzogno, 1938. p. 123 (voce « Montcssan ti, Luigi • ).


a destra:

resto del bordone: esse sono azionate dal pomello n. l di sinistra c costituiscono, quindi, un'ottava usata come pedale, cioè registro di base, poiché lo strumento è privo di peùaliera. Le 5 canne sopra citate cambiano tono per mezzo delle valvole semitonali. Locher (11) le chiama «canne ambitonali », sistema usato da vecchi organari italiani (Serassi, ecc.) per le canne dei contrabbassi. Per quanto riguarda le ance, caratteristica tipica di questo interessante strumento, l'insigne organolego Renato Lunelli vi vedeva una analogia con i tromboncini usati dal Callido. L'autore, Luigi Montessanti, attivo a Mantova neUa seconda metà del sec. XVID, figlio di Andrea (secondo una documentazione dell'archivio della Steccata di Parma, che li dice padre c figlio), costruì quest'organo forse nell'anno 1777 (la data è aggiunta a matita sulla targhetta stampata che è nell'interno, ma visibile, sopra la tastiera). La composizione fonica è formata da otto registri spezzati, caratteristica tipicamente italiana, che risale al '500 e consente di dialogare su una sola tastiera); essi vengono azionati da pomelli in legno, quattro sulla sinistra e quattro sulla destra della tastiera, e sono i seguenti:

Una particolarità interessante di questo strumento è data da alcune istruzioni scritte a mano, ad inchiostro, che riguardano vari combinazioni dei Registri per ottenere i suoni di vari altri stn1menti a fiato e a corda. L e scritte sono ormai di difficile lettura perché molto svanite. Ne diamo qui un abbozzo di trascrizione, purtroppo incompleta per la perdita di lettere o di intere parole:

l) bordone 8' (tasti 1-12 l 5 canne); 2) bordone 8' (tasti 13-28); 3) flauto 4' (canne tappate l tasti 13-28); 4) ance 8' (tasti 1-28 - bassi fino a sol).

Cornetto con Basso di Violoncello l (?). 2 (?). 4. 6. 7. 8.; Corno inglese 1. 2 . 4 . 5. 8.; Corno inglese con Basso di Tiorba l. 3. 4. 5. 8.; Corno inglese con Basso di Flutta l. 3. 5. 8.; Violoncello suonando dalla parte dei Bassi 1. 2. 4. 5. 8.

(11) C. LociiER, Manuale dell'organista, Milano, U. Hoepii, 1940, p. 19.

(12) Lichtenthal, l , 2799. Flulta. Registro d'organo di canne ad an ima aperta di 4 piedi, che serve d'unisono al Principale.

5) ance 8' (tasti 29-54 = dal la); 6) flauto 4' (chiuso = tasti 29-34; aperto _ tasti 35-54); 7) flautino 2' (aperto = tasti 29-54); 8) bordone 8' (tappato = tasti 29-54). Misure: cm. 106 X 61, alt. cm. 125.

Combinazioni dei Registri: Violino ... ; Tutti eccettuato il n. 7; F lutta intiera L. 2, 8. (12); Due Flutte (?) 3. 8.; Flutta, e Tiorba (?); Flauto (?) l. 2. 3. 6. 8. Flutta con Bassi di Clarinetto 4. 8. Flautino ... con Basso di Tiorba J. 3. 4. 8.; F lauto intiero l. 3. 6,; F lautino con Basso di Clarinetto 4. 6.; Tiorba 3. 4. 5. 6.; Clarinetto l. 2. 3. 7. 8.

Sa la IX: La nwsica in casa

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Sala IX: La musica in casa

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P.V. 8408. Spinettilw di G. Birger - Milano. 1759 (Vetrina l )

648. M odellino di cornetta; sec. X IX (Vetrina 2)

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La Galleria armonica

662. Modellino di chitarrone; cc. XV fT-XVI Il (Vetrina 2)


667. Piccolo virginale con stampa fiamminga; sec. XVIXV[( (Vetrina 2) 669. 672. Campanelli da ta vola; sec.:. XIX (Vetrina 2) 67 3, 674. Campanelli da tavola; sec. XVTII-XIX (Vetrina 2)

677. Campanello da tavola; sec. XVl-XVIl (Vetrina 2) 678. Campanello da tavola; sec. XVlii-XIX (Vetrina 2)

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Sala l X: La musica in casa 16

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665. Piccolo virginale; sec. XV I 1-XVJTI (Ve trina 2)

661. Piccolo I'Ìrginale - scatola da lavoro; sec. XVH (Vetrina 2)

664. Spinettino in avorio di G iorgio Berneri - R oma 1608 (Vetrina 2)

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La Galleria arn w nica

682. Organino da camera di Damaso Fedeli - R ieti, 1794 (fuori Vet ri na)


683. Organo da camera di Luigi Montessanti - Mantova, 1777 (fuori Vetrina)

Sala IX: La musica in casa

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679. Glass-lwrmonica anonima; sec. X IX (fuori Vetrina)

917. Spinettino di Lorenzo Daddi - Siena 1686 e particolare della firma (Vetrina 3)

2 }4 La Galleria armonica


Sala X

Nella Sala X si vuoi riprodurre il laboratorio di un cembalaro, sulle tracce della Polyanthea tcchnica di Giampietro Pinaroli del t732. Saranno esposti: un banco e nume rosi attrezzi da lavoro (pialle, seghe, sgurbie, scalpelli, raspe, un pentolino per riscaldare la colla, ecc.) provenienti da l Museo delle Arti e Tradizioni Popolari. Dall 'ope ra del P inaroli provengono alcune tavole che sono state riprodotte e verranno esposte nella sala, opportunamente presentate c illuminate.

(in allestimento)

Nella sala sarà inoltre esposta una cassa di clavicembalo, aperta per dimostrarne la costruzione interna, la meccanica di un salterello (che ne mostra il funzionamento), una tavola armonica che lascia vedere i punti delle « catene » rife riti alla sonorità della m edesima. La sala presente rà infine cinque coperch i di clavicembalo dipinti a olio e a tempera, prove nienti anch'essi dalla collezione Gorga. Ascrivibili ai secoli XVII e XVIII, si tratta di cembali non recuperabili.

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Sala XI MEDIOEVO E RINASCIMENTO

Con la Sala Xl (la prima dell 'ala destra del primo piano) si riprende l'ordine cronologico, che era stato abbandonato dopo le Sale archeologiche l e TT, per seguire criteri monografici e tematici, creati ancbe per conferire alla sequela delle Sale una certa varietà, uscendo dai freddi schemi convenzionali di un rigido susseguirsi di secoli. Siamo, con questa Sala, nel medio evo e nel rinascimento, in quanto sono qui presentati oggetti. vetusti e gloriosi per unicità e rarità, che vanno dal secolo Xl al XVf. Prima di presentare i vari pezzi qui esposti è necessario far precedere una nota preliminare riguardante la maggior parte degli strumenti eli questa sala che, dagli ultimi proprietari, ci erano stati quali ficati come provenienti da un lascito di Benedetto Marcello al fratello Alessandro e da questo. per via di eredità, passati a loro, cioè ai discendenti della famiglia Giusti del Giardino (da cui lo Stato 1i acquisì, per il Museo, nel 1966). Sono state fatte, a cura di altro membro della famiglia, il conte Niccolò Giusti, più precise ricerche. in base alle quali sembra emergere una nuova situazione: gli strumenti a tastiera provengono quasi certamente dai Marcello (più probabilmente da Alessandro che da Benedetto). mentre l'altro gruppo di strumenti, a fiato, del sec. XVT. sembra risalire al periodo in cui la famiglia Giusti ospitava nella sua casa « alla Vittoria» in Verona, dal 1566 al 4 gennaio 1585, l'Accademia Fi larmonica veronese cd aveva quasi sicuramente un proprio strumentario da tenere in uso per le esecuzioni che si svolgevano nel Palazzo a cura della Filarmonica stessa. Questa teoria mi è stata anche confermata dalla dott. Eleanor Sclfridge-Field, la quale ha svolto molte ricerche negli archivi di Venezia ed ha trovato nel Cod. Gradenigo 200 del Museo Correr (vol. 2, f. 38") la notizia secondo cui nel 1724 giunse « da Firenze a Venezia uno strumento di grande artificio e di mollo valore. che è stato collocato nella Galleria dell'assennato Accademico Alessandro Marcello ... è opera del famoso Bartolomeo maestro di Cembali del Scr.mo Gran Duca di Toscana, quale per la perfezione della manifattura c per la soavità dell'armonia riesce meraviglioso ... • Nella vetrina l è contenuto. su l l o ripiano in allo, un rarissimo gruppo di cornamuti torti (o cromorni)

del 1524, che si può senz'altro ritenere il nucleo più importante cbe si sia conservato di un importante costruttore del sec. XVI: Joerg Weier di Mcmmingen in Baviera. Alle schede descrittive dei singoli pezzi facciamo precedere alcuni cenni sul tipo di questi strumenti perché se ne possa meglio comprendere l'eccezionale valore. l) Terminologia. - Dalla sua forma curva viene il nome tedesco Krummhorn (corno curvo), passato poi in inglese come « crumhorn • e in francese come « cromornc »: la lingua italiana ha una sua propria nomenclatura per questi strumenti che, nei trattati o nelle cronache o nelle musiche dell'epoca (primo '500) vcnoono detti << cornamuti torti » o « torti • o << storti » "'o « storte • (ma anche. talvolta. meno esattamente, « cornamuse • o « p ive • ); come strumenti affini si possono indicare il << Plalcrspiel » ed il « tournebout »: il primo può essere considerato un precedente storico, poiché è il più antico e tipicamente medievale, mentre il secondo vorrebbe essere una coda o estrema propaggine del cromorno dopo la sua scomparsa, cioè nella seconda metà del sec. xvrr. Tuttavia, benché da molti assimilati al cromorno, questi due strumenti ne differiscono nettamente per natura c conformazione, nonché per tecnica di suono. In fatti il primo è strumento utricolare, cioè con riserva di aria estensibile. in pelle, mentre il cromorno ha la « testa • (riserva d'aria contenente l'ancia doppia) rigida. cioè in legno: il secondo. poi. chiamato « tournebout • ( « terminazione ricurva '-') ha in comune con il cromorno soltanto la forma curva. mentre se ne differenzia per altri clementi essenziali ; ha un diametro di circa cm.5 (mentre il cromorno, nelle sue varie taglie, ha sempre un diametro molto minore); è ricoperto di pelle e. soprattutto, non ha la capsula per l'aria, ma soltanto un cannello per l'ancia come il fagotto. 11 tournebout fu in uso nella <~ grande Ecurie du R oi « (Luigi XIV) nell a seconda metà del sec. XVU. 2) Natura e forma dello strumento. - Jl cornamuto torto è strumento costruito generalmente in bosso, (non tornito ma curvato e scavato) ad ancia doppia, che non viene direttamente a contatto con le labbra

Sala XI: Medioevo e Rinascimento

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dell'esecutore perché è racchiusa in una capsula innestata sull'estremità superiore del tubo, come un lungo cappelletto, che fa da riserva d'aria: essa in tedesco viene detta « Windkapsel » c in italiano, secondo una notizia data da B. Disertori (l), veniva chiamata « zabussola ». Pe r questo motivo il cromorno si può considerare un qualcosa di mezzo fra uno strumento in cui te labbra prendono l'ancia (come l'oboe e gli altri legni ad ancia doppia) c lo strumento con riserva d'aria (come la cornamusa). Le labbra dell 'esecutore toccano, qui, soltanto gli orli in rilievo di una fessura praticata nella parte superiore della testina o cappeUetto. La forma dello strumento è tipica per il tubo cilindrico e diritto. che diviene conico e curvo nella sua parte finale. cioè là dove esso funge da padiglione (che non si potrebbe neppure chiamare così perché è soltanto la terminazione, leggermente svasata c quindi conica, ciel tuho cilindrico) a forma di amo dn pesca, che ricorda un po' la sagoma dell 'antico lituus etrusco o quella dell' Alphorn svizzero del tipo lungo (non piegato) o, meglio, quella di una « J » , che risponde ancora di piì:1 alla linea del cromorno c casualmente si accorda anche con quella dell'iniziale del nome del nostro costruttore, J oerg Weier. L e varie taglie di cromorni sono dotate di fori. di chiavi, semplici c doppie, e di chiavi consistenti in una piastrina rettangolare di ottone a scivolo (detta in inglese « brass slider key »); queste ultime sono presenti nelle taglie dei cosiddetti << estesi » (tenore c basso). 3) Origini e cenni storici. - Le origini di questo strumento non sono chiare, ma si sa che le pitt antiche rappresentazioni di esso sono italiane; come per il clavicordo, di cui gli esemplari più antichi conservati sono italiani, anche per il cromorno si possono supporre delle origini italiane, documentate dalJe raffigurazioni pittoriche. C. Sachs (2) aveva ritenuto che la rappresentazione di esso offerta dal Carpaccio nella Presentazione al Tempio del 1510 (Venezia, Accademia) fosse la pitl antica, ma ve n'è un'altra che la precede di circa venti anni: il « Trionro della Morte » di Lorenzo Costa. nella Cappella Bentivoglio in S. Giacomo Maggiore di Bologna, databile circa al

1490 (3). (l) B. DISERTOR I, La musica nei quadri (mtichi, Trento, 1978, p. 133. (2) C. SACIIS, Handbu c:h der Mu.\ikill.ltrltlllentenkwulf', Lcipzig, 1920, p. 327-328. (3) L. CERVELLI, Contributi alla .llnrilt degli .11rumenti musicali in llalia: Rinascimento e Barocco, Bologna, Tamari. 1967, p. 48-49.

2J8 La Galleria armonica

Come ambito cronologico in cui inquadrare la vita di questo strumento si può pensare ad una durata di circa due secoli, dal 1450 al 1650 in senso lato: l'ultima menzione stampata è nelle musiche di Jobann Herrmann Schein (1586-1630), cioè nel « Banchetto musicale. newer anmuhtigen Padoanen, Gagliarden, Courenten un d Alcmaoden ... mit 5 Instrumenten • . Leipzig, 1617, ma in senso stretto si può limitare ad un periodo più breve (fine sec. XV inizio sec. XVT). Il termine « cromorno », mai usato in Italia durante la 1•ita di questo strumen1o, vienP Orti adoperato per comodità. in luogo dei \'ocaboli contemporanei di c cornamuto torto » o « storta», anche per /'impos.ribilittì di confonderlo con altri strumenti (2).

TI cromorno, pur in una vita relativamente breve, fu a suo tempo notevolmente difruso: si può dire che ogni associazione o complesso musicale ( « cappella » o « concerto » ) ne avesse un gruppo (da quattro a dodici) in cui erano variamente rappresentati (cioè con quantità e proporzioni diverse) i vari membri della famiglia. la quale. come documenta anche il Praetorius nel 1619 (5) (cioè quando il cromorno era già avviato verso il tramonto), era formato da sopranino, soprano, contralto. tenore, basso c contrabbasso. D ei vari raggruppamenti si conserva traccia nei gruppi oggi rimasti, negli inventari c negli organici strumentali delle varie corti o cappelle musicali. Di queste ultime ricorderemo il complesso del 1582 della Hofkclpellc eli Berlino, che annoverava sette elementi: due soprani, due contralti. due tenori e un basso; tra i gruppi conservati nei musei citeremo quello di Verona, composto di cinque elementi: un soprano, due tenori, un basso e, soprattutto. il gruppo di sei, con il loro astuccio originale (che il Valdrighi. dopo aver lanciato tanti strali contro coloro che mandano all'estero rari e pregevoli !'trumenti italiani. dooo aver promesso di darli al Museo Civico di Modena, « generosamente » mandò a Bruxelles), che si dice abbiano potuto armartencre alla Corte di Alfonso Jf d'Este

(1559- 1597) (6). Essi sono tipici strumenti cinquecenteschi molto probabilmente di rattura veneziana. Costruiti generalmente in bosso, i cornamuti torti hanno diverse taglie. variamente definite dal Valdrighi, (4) A. BoRNSTEIN, Gli strumenti musicali del Rinrucimento, P adova, F. Muzzio, 1987, pagg. 106 e 107.

(5) M. PRAETORIU S, Syntagma mtHicnm. vol. H : De organographia , Wolfcnbiittcl, 1619, p. 24. 40-41 e tav. XITI. (6) L. F. VALDRIGIII, Musurgiaua N° 2), di una busta di aotjchi c rari strumenti da fiato. Firenze, G. Guidi, 1880, p. 4.


dal Mahillon e da altri: la composizione ideale di un ben assortito complesso era: un soprano, tre tenori, un basso e un basso esteso (7). Fra i gruppi strumentali in cui si trovano cornamuti torti va citato quello di « Psiche e Amore • . intermedio di Alessandro Striggio c Francesco Corteccia su parole di G. B. Cini, rappresentato a Firenze nel 1565 con apparati scenici di G. Vasari, che comprende, nel suo ricco organico. << cinque storte » e una « stortina », cioè cinque cornamuti torti c un cornamuto torto soprano o sopranino; Cristoforo di Messisbugo (tl548) riporta preziose indicazioni di strumenti che accompagnavano le varie portate nella << cena di carne et pesce » offerta da D. Ercole d'Este, allora duca di Chartres, al Duca di Ferrara suo padre domenica 23 gennaio 1529. Alla quarta vivanda una musica di M. Alfonso della Viola fu eseguita da vari strumenti, tra cui « una storta. sonata da M. Giovanbattista Leone senza bussola " (cioè senza la capsula per l'aria, quindi prendendo direttamente con le labbra l'ancia doppia) ... ; all'ottava vivanda sonarono con altri strumenti « due dolzaine, una storta » (8). Talvolta il cornamuto torto può essere adombrato sotto il termine « cornamusa • : Massimo Troiano. nei suoi « Dialoghi " (Venezia. 1569). cita forse sotto questo nome i cornamuti torti che si vedono in mano ai musici della Cappella musicale eli Monaco di Baviera ai tempi di Orlando di Lasso, in un'incisione del contemporaneo Hans Wagncr (9).

la stanza della Segnatura c quella deii'Jncendio di Borgo: vi sono rappresentati cinque membri della famiglia dci cromorni variamente disposti , in modo che se ne possano vedere fori e chiavi nonché imboccature. Ricordiamo il citato quadro del Carpaccio ( « Presentazione al Tempio », Venezia, Accademia) del 1510, ritenuto da C. Sachs la più antica raffigurazione di cromorno, a cui il Disertori (l l) ne affianca un'altra: la << Madonna con Santi » nel Duomo di Capodistria, attribuita al Carpaccio dal Longhi; come altre documentazioni italiane ricordiamo un bassorilievo (molto rovinato) di Vincenzo dc" Grandi a Trento, pure cita~o cla_l Disertori ( 12). nel Castello del Buon Consiglio, tn cur, nella decorazione del caminetto della Sala Grandc, pende dall'erma del satiro di destra una specie di trofeo consistente in un quartetto di cornamuti torti. Passando o documentazioni fuori d'Ttalia citeremo anzitutto, il Trionfo di Massimiliano l , xilografia dise~ gnata da ll ans Burgkmair imorno al 1516 ( 13). Sempre in campo di incisioni si può ricordare la « Practica musica » di Hcrman Finck, stampata a Wittenbcrg nel 1556, nel cui frontespizio sono visibili due cromorni (14). Va segnalato ancora uno scrigno in avorio per monete, opera di squrs11a fattura eseguita tra il 1618 c il 1624 da Christof Angermair (c. 1600- 1632) e conservata ne·l Bayer. Nat. Museum di Monaco di Baviera, in cui un bassorilievo mostra, sullo sfondo di una scena raffigurante Pan che suona con due pastori, un elegante cornamuto torto ( 15).

4) Iconografia. - Citiamo qui, per sommi capi, un tracciato delle documentazioni figurative del cromorno rinvenute in varie opere d'arte, sia pittoriche che di altro genere (bassorilievi. tarsie !ignee, incisioni) La più an tica raffigurazione per ora nota è quella contenuta nel « Trionfo della morte " di L. Costa a Bologna (10). che abbiamo già citato sopra; ad essa facciamo seguire la bellissima tarsia !ignea, opera di Fra Giovanni da Verona (circa 1510) la quale si trova in una porta delle Stanze di Raffaello in Vaticano, e precisamente nel retro di un battente dell a porta fra

5) Ambito e musiche. - L"ambito dei cornamuti torti non era molto ampio c generalmente non oltrepassava le nove note: citiamo le parole dello Zacconi: « l cornam uti torti non passano nove voci, incominciando da C fa ut, sino in D la sol re, come anco le Dolzaine senza chiave • ( 16). I cornamuti torti pitr bassi avevano due diverse organizzazioni delle cniavi: gli strumenti normali in luogo del doppio foro per il mignolo (destro o sinistro a piacere: quello non usato si chiudeva con la cera) avevano una chia-

(7) A. BAll\ES, W oodwind iiiHfltments a11d their lristory, London. 1957, p. 254. (8) CHRISTOFORO DI MESSISBUGO, 8a11che11i, COnlfW\itioni di vivande, et apparecchio ge11erale. Ferrara, 1549, c. 6 c 7. Ed. moderna a cura ùi F. Bandini, Venezia, N. Pozza, l%0, p. 49 e 5l. (9) A. BAIN ES, Woodwi11d in.l tmments mul their lli.l'rory, London, 1957, p. 258. (LO) L. CERVELLI , Contributi alla Moria degli ~trume11ti musicali in Italia: Ri11ascimem o e Barocco, .Bologna, Tamari, 1967, p. 48-49.

( Il) B. DISERTORI. l.a 111111ica nei quadri a11tichi, Trento 1978, p. 134. ( 12) iv i, p. 133. (13) n. BoYDELL, The C"riiiiiiiOm and other R enaissance ll'indcap i111trwnenrs, Burcn, F. Knuf, 1982, fig. XLUI a p. 263. ( 14) K. M. KOM.\1A, Mu.\ ikgeYchichte in Bildem, Stuttgart, A. Kroncr Verlag, 196 l , fig. 212 a p. 89. (15) fig. Llll a p. 271 di B. BOYOELL, The crumhom ..., cit. (16) L. ZACCONI, Prarica di musica, Libro IV, Venezia, G. Polo, 1592, c. 218.

Sala Xl: M edioevo e Rinascimento

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ve semplice con tasti a fa rfalla (per consentire di tenere in basso la mano destra o la sinistra), mentre gli strumenti di taglia cosiddetta « estesa ~ avevano una ch iave in pill che si sovrapponeva a quella della taglia normale c, ancora pitt giù n el tubo, due chiavi a scivolo con cui si guadagnavano a ltre tre note in più: per esem pi o nel basso esteso la chiave che si aggiungeva alla chiave di Fa preesistentc era la chiave di Mi, nota che si otteneva con i due scivoli aperti , mentre invece con il primo scivolo chiuso la stessa chiave dava Re c con tutti c due gli scivoli chiusi la med esim a chi ave dava Do, che risultava , così, la nota più bassa ottcnibilc. invece del Fa, nota più bassa nel basso normale; così pure dicasi per il tenore esteso e per il contrabbasso esteso, di cui, come si è detto. l'unico e emplarc si trova a Praga ( 17). Tra le musiche composte per questi strumenti vanno citate anzitutto le « Musiche della comcdia ~ . composte da France co Corteccia per le nozze di Cosimo l de' Medici con Eleonora di T olcdo ( 1539) (pubblicate a Venezia lo stesso anno delle n ozze) in cui e ra compresa la canzone «Gua rda n 'almo pastore » ( << a sci voci, cantata a la fine del primo a tto da sci pastori, et dipoi ricantata da detti et sonata insieme da sci altri pastori con le sto rte » (18). P assando, poi, fuori d' Italia, ricorderemo il Salmo 37 « Noli acmula ri » di T homas Stoltzcr ( 1480/ 851526), con una musica a 7 parti (19), una P avana di Anthony Holbornc per 5 cromorni (1599) (20) e la Pado vana del « Ba nchetto musicale» di H crmann Schein per 4 cromami (1617) (2 1). 6) Costruttori. - l più noti autori di ta li strumenti sono due: Jorg Neuschel (figlio di H ans Neuschel il giovane. morto nel 1533), attivo a N o rimberga intomo al 1542, c J org Weicr di Memmingen in Baviera, (l 7) A. BAI'IES. L:uropean llllll American musical instrumems, London. B. T. Hat~ford Ltd., 1966, p. 97. (Ri ~t. mod. Bologna, Forni, 1967). B. BovoEu, The crumhom ... , cit. pp. 46. 145, 159, 167. (18) M. FAOORr, Scheda per le « Musiche della comedia • di F. CORTECCIA, in: Spe11acolo e m11.1ica nella Firenze m edicea. Documenti c re tituzioni. l. Il luogo teatrale a Firenze. Firenze, 1975, p. 82. ( 19) v. H . MoSER. Psalm « Noli acmulari :t . In: ZfMW, 1932 . (20) « Pauan~. Gaillards, Almains and othcr sbort Aeirscboth gra uc, and light in five parts, for Viols, Vi olo ns or olber Musicali W inde Instruments • London, W . Barley, l591J (65 pezzi). Cfr. T. DAR 1 , c Tbc cittern an d its English mu~ic ,. , in: GSJ, (948) p. 46-63. (21) c Banchetto musicale », newer anmuhtiger Padoancn, Oagliardcn, Courcnten u. Allemanden ... mit 5 lnstrumcnten. Lcipzig, 1617.

240 La Galleria armonica

il quale, come si rileva dalla lettera che citeremo più avanti, era già morto nel 1563; la lettera, datata 13 maggio J 563, è di Augusto, fratello e successore del Duca M aurizio (detto M oritz, t 1553), elettore di Sassonia, a ll'a rciduca Alberto di Baviera: in essa si dice che il cardinale di Trento aveva nella sua orchestra questo tipo di c roma mi, fatti a M emmingcn (come quelli che suo (ratello aveva fatto acquistare a Norimberga) da un maestro già morto, il quale incideva sui suo i strumenti a fia to una grande F tedesca, strumenti che erano migliori di quelli di Dresda. Un breve cenno sul cardinale eli Trento di quegli anni p otrà essere utile per valutare l'ambiente in cui questi strumenti erano tanto apprez7ati ed usati. L 'a rcivescovo Cristoforo M adruzzo ( 1539-1567), succeduto a l Clesio (morto a B ressanone nel 1539), e ra « amante della musica » e appassionato cultore di voci e strume nti per la sua corte: nel 1548 aveva chiesto ad Ercole TT d'Este di F erra ra lo strumentista Antonio del Cornetto c nel 1549, per favo rire il Duca Maurizio. sopra citato, che desiderava una « musica italiana » per la sua corte di Dresd a, gli ma ndò sci dei suoi musici. Dei circa 40 comamuti torti oggi rimasti, almeno 24 sono « firmati » da J. Wicr o Weier di Memmingen e ciò mette in giusto rilievo l'importanza di tale costruttore. Tra i Musei che conservano tali preziosi pezzi ricordiamo Augsburg, Bruxelles, Leipzig, Merano (forse que lli appartenuti al Cardinale di Trento), Praga (con un cromorno contrabbasso che potrebbe essere l'unico rimasto). Vicnna. Una tavola schematica di tali esemplari è stata pubblicata da Ba rra Boydcii in un suo a rticolo s u questo costruttore (22). Noi dobbiamo ora aggiungere a tale tavola la descrizione di quelli del Museo di Roma , che tuttavia, il Boydell, il quale. ha pubblicato un ricco ed interessante volume sui cromorni, non ha veduto. Gli esemplari di R oma facevano parte della Collezione Giusti del Giardino-M arcello (passata al nostro Museo ne l 1966) e costituiscono un complesso strumenta le capace di funzionare come i concerti di cornamuti torti già citati a proposito di corti e cappelle musicali del Rinascimento: questo gruppo è scnz'altro il più ricco. in quanto consta di 7 mem bri, tutti omogenei come fattura e tutti « firmati », più o meno chi aramente, vale a dire d al nome, con data, graffito sul coprichiave del basso esteso. a l semplice marchio a fuoco del soprano. Ecco, intanto. uno schema riass untivo degli strumenti del Museo di Roma che si può aggiungere a lla suddetta tavola del Boydell:

(22) .B. Bovot:.LL. « Jcorg W cier, an carly sixteenth-century crurnhorn maker », in: Early music, Oct. 1979, p. 5 15.


l

Numero d'Inventario

Tngli~

l

Marchio a l\1oco

l

Copricbia ve inciso

684 .

Basso esteso

Doppio e triplo

.. Joerg Weier/ 1524 ,

685 .

Basso

Doppio

« 1524 >

686 .

Tenore esteso

Doppio

687 .

Tenore

Doppio

688.

Contralto

Doppio

Soprano

Singolo

Soprano

Singolo

.

689. 690. -_:c

7)

Descrizione dei cornamuti torti di Roma. -

Sono tutti di bosso e tutti mancanti .dell 'ancia doppia originale con il relativo tubetto; la cameratura è cilindrica fin verso l'apertura di uscita, parte nella quale il tubo diventa leggermente conico, per cui viene qui detto anche padiglione; al disotto della capsu la tutti i membri hanno degli anelli intagliati nel legno (intorno al tubo), anelli il cui numero è di tre nei soprani e di quattro negli altri membri della famiglia; le doppie misure indicano l'esterno e l' interno del tubo, quindi la differenza fra le due misure rappresenta lo spessore del tubo; se i marchi a fuoco si trovano sotto gli anelli, alla base della capsula, per la loro posizione essi sono qui qualificati con la dicitura « in alto ». mentre quelli presso l'orlo del padiglione vengono definiti << in basso ». La disposizione dci fori varia da un membro della famiglia all'altro: nel sopra no sono lO + l, cioè sei sul davanti, più uno per il mignolo, che, essendo ancora libera la scelta di chiuderlo con il mignolo destro o col sinistro, era doppio: quello non usato veniva chiuso con la cera: così pure dicasi dei due fori sottostanti, che dovevano determinare l'ambito dello strumento stesso e che, nei membri più bassi della famigli a, e rano chiusi dalle piastrine rettangolari di ottone delle chiavi a scivolo; inoltre, come nei flauti dolci, eli cui ripetono la diteggiatura, vi è, nel retro, un foro per il poJiice (destro o sinistro). Va notato che i fori qui sono conici e non perpendicolari ma diretti in su o in giù per consentire un'azione pilt comoda delle d ita senza costringerle ad a llontanarsi troppo le une dalle altre. g) Nome del costruttore: grafia e marchi a fuoco. Da notare, a questo punto, la grafia del nome del costruttore. Negli a ltri cornamuti torti di questo autore, che Io portano graffito per intero (e questo si trova sul n. A.217 di Vienna), come si leggeva sul copri-

chiave dell'anno l 537 (perduto nell' ultima guerra) che si trovava a Berlino e che era quanto rimaneva di un cromorno proveniente dalla collezione Snoeck, il suo nome e cognome si possono leggere chiaramen te « IOERG WIER », mentre nel basso esteso di R oma (n. 684) nelle pieghe volteggianti di un nastro, disegnato, sono incise le lettere del nome « WE IER », che è una grafia alternativa usata, con WIER, dallo stesso costruttore (23). Per quanto concerne, poi, il marchio a fuoco inciso nel legno (che, generalmente, è il bosso) dei cornamuti to rti costruiti da questo autore, occorre fare qualche considerazione. Il marchio è assolutamente tipico, inconfondibile e personalissimo, sia semplice che doppio o triplo, come in questi esemplari di Roma. facenti parte di uno stesso gruppo omogeneo, e differenziati, fra loro, solo per la « taglia » dello strumento. Non riesco, perciò, a capire come il Boydell abbia potuto pensare (24) all'eventualità di più costruttori che apponessero marchi a Fuoco semplici o doppi: a me pare ovvio, dall'esame attento dei cromorni di R oma, che si tratta sempre dello stesso autore, il quale, a seconda dell'ambito dello strumento, aumentava il numero dei marchi a fuoco (così come nel colletto sotto la capsula per l'aria il numero degli anelli a rilievo passa da tre nel soprano a quattro nel contralto, per le aumentate dimensioni e proporzioni del pezzo). Come conformazione e significato del marchio stesso, mi sembra che, oltre ad una « grossa F tedesca », come si dice nella lettera del Kurfiirst August sopra citata (25), esso si possa , paleograficamente, rico!Jegare anche ad una « J >> (26), che è quan(23) B. BoYDELL. The crumhorn ... cit. p. l75. (24) ivi. p. 168. (25) R. KADE , A ntonius Scandellus (1575-1580), Tn: « Sammelbande der Intern. Musikgesellschaft» 15 (1913 / 14), p. 544. (36) Cfr. A. CAPPELLI , Dizionario di abbreviature latine ed italiane, Milano, Hoepli, 1929, p. 168 ss.

Sala Xl: Medioevo e Rinasci111ento

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to dire all'iniziale del nome « Joerg •, con un taglio trasversale a metà altezza. Del resto. già all'inizio delle mie ricerche, avevo assimilato i comamuti torti con il solo marchio a fuoco, conservati ad Augsburg, a Praga (27), a Vienna (28) alle opere da lui firmate per esteso, considerand ole opera della stessa mano, e questo appunto mi veniva chiaramente suggerito dall'attento esame di questo « concerto • ora a Roma. proveniente, con molta probabilità. dall'ambiente artistico dell 'Accademia Filarmonica di Verona c quindi dall a Casa Giusti del Giardino che. come si è detto, la ospitò sul finire del '500. Sulla questione della doppia o tripla si può aggiungere un paragone: come si è detto sopra tali marchi a fuo co si distinguono per essere in numero crescente via via che la taglia dello strumento si fa più grande; l'impossibi lità di attribuire i marchi a due diversi costruttori (Jorg Wier o Weier I c TT) come fa il Boydell, è confermata dal fatto che nell' Archivio di Mernmingen è presente un solo cittad ino di tal nome (29). Seguono qui ora te descrizioni dei cornamuti torti del Museo di R oma.

fito con la sola data - « 1524 ~ - tra fregi vari: un viso di profilo dentro un arco di mezzaluna. raggi (lisci e ondulati) e 6 forellini; marchi a fuoco: due in alto c due in basso (fig. 1). Sotto la capsu la sono intagliati quattro anelli. n. 686. - Tenore esteso. Fornito di cap ula; con una doppia chiave a farfa lla coprichiave in ottone graffito con la sola data ( « 1524 ») tra fregi vari (sole, luna), da cui si dipartono raggi lisci e ondulati, e 9 forellini: marchi a fuoco: d ue in alto e due in basso (fig. l ). Sotto la capsula sono intagliati 4 anelli. Alla base della capsula: un anello in ottone. Misure: L. tot. cm. 96; L. capsula cm. 17 ,9; L. corpo cm. 80; L. tot. con capsula cm. 98 / 90; 0 cameratura in basso cm. 3,4/ 2.4: L. corpo senza capsula cm. 84/74,2: 0 capsula: in alto cm. 4,3; in basso 3,5/2,6.

Nella vetrina 1, sul l o ripiano in alto: Cromomi.

11. 687. - T enore. Mancante della capsula. Fra 10 fori ed una chiave semplice a farfalla: coprichiave in ottone Rraffito con la sola data ( « 1524 ») e fregi vari: due visi affia ncati di profilo in un arco di mezzaluna, raggi che da essi si dipartono, sia lisci che ondulati, e tre forellini: sotto la capsula sono intagliati 4 anelli: marchi a fuoco: due in alto e due in basso (fig. l).

n. 684. - Basso esteso. Dotato eli capsula , con una doppia chiave a farfalla: coprichiavc in ottone graffi -

Mi.wre: L. tot. 79,3 (79,7 /71 ,3): 0 cameratura: su p. l; inf. 2,3; 0 tubo: in alto 2,4/1; in basso 3.4/2.1.

Vetrina l

to: nome c data incisi tra fregi vari (un viso di profilo entro un arco di mcvaluna, raggi lisci e ondulati) e 12 forellini: il nome e la data sono contenuti in un cartiglio: « JOERG WEIER »; marchi a fuoco: due in alto c tre in basso (fig. 1). Sotto la capsula sono intagliati nel legno quattro anelli che circondano il tubo. È a quattro chiavi: 2 a farfalla e 2 a scivolo. Manca la fascia di ottone alta base della capsula. Misure: L. tot. con ca psula cm. 138, senza capsula 120: L. vibr. cm. 115: 0 capsu la: cm. 3.8/ 3,1; 0 tubo: in alto cm. 2.7 l l ,2: in bas. o · 3/ 4.1 (ovale); 2 ,8 (rotondo). n. 685. - Basso. Mancante di ca psula, con una chiave semplice a farfall a. Coprichiavc in ottone graf-

(27) F. VOI\ H UENE, Mak en' 11wrks /rom [{enaissance a111l Baroque W oodwi11ds. In: GSJ XXVH (1!174), p. 37. (28) J. SCHI.OSSER, Die S(llnmlung alter Musikinscrumente, Wien. 1920, p. 141. (29) B. BOYOELL, The crumlwrn ... cii., p. 255.

242 La Galleria armonica

n. 688. - Co11tralto. Senza chiavi: dotato di capsula: manca la fascia in ottone alla base della capsula, (presente negli altri due con capsula); marchi a fuoco : una in alto e una in basso (fig. 1).

Misure: L. corpo cm. 58,5 c.; L. tot. con capsula cm. 73,2 / 65,4; L. capsu la cm. 14, l c. n. 689. - Altro soprano, dotato di capsula, al disotto della quale si trova una fascia di ottone; marchi a fuoco: una in allo ed una in basso (fig. l).

Misure: L. tot. cm. 51, IO c.; L. capsula cm. 42,4 c.; 0 camer.: in alto cm. 7,4; in basso 17,3/ 16,4.

q.q fig. l


n. 690. - Soprano. Senza chiavi; mancante della capsula; al disotto del posto di questa sono tre anelli, intagliati a giro: marchi a fuoco: una in alto ed una in basso (fig. 1). Gli l\ fori (l O + l) sono tutti perpendicolari meno i due doppi, che sono obliqui in giù. Misure: L . tot. 44/38,2; 0 cameratura: in alto. cm. l ,7 /0,8; in basso: 2,4/ 1,6. Ancora nella vetrina l, sul ripiano intermedio, troviamo un gruppo di 5 cornetti diritti e, nel ripiano inferiore, un a ltro gruppo di 6 cornetti curvi, tutti provenienti dalla Collezione Marce llo-Giusti del Giardino. La famiglia dei cornetti comprendeva diversi tipi e forme: la principale suddivisione è quella che disting11e cor!letti diritti e curvi, chiam ati pure « bianchi » o « neri » (30) per essere di legno naturale (i « bianchi ») o ricoperti di pelle nera (i « neri »). 11 cornetto diritto (ted. gerader Zink, frane. carnet droit, inglese straight cornett) poteva essere con bocchino o senza (cioè con imboccatura intagliata nell'estremità superiore del tubo stesso); in tal caso esso veniva anche d etto cornetto muto (ted. stiller Zink, ingl. mute cornett, spago. corneda muda o cometa de Alemania) per il suo suono flebile e delicato. 11 cornetto muto fu usato nella musica da camera e da chiesa, specie in Italia ed in Germania, dove ebbe pure vita più lunga <:he negli altri P aesi: in Germania Praetorius lo dice attuale nel 1618, mentre in Francia e ra già da tempo caduto in disuso. Cornetti muti si incontrano nelle musiche degli in termedi di Striggio, iu quelle: ùc:i Ga brieli, di Schiitz e di a ltri. L 'altro tipo, d i gran lunga più noto, importante e dilfuso, era il cornetto curvo o nero (i n tcù. Zink o Krummer Z ink o schwarzer Zink, in frane. cornet à bouquin, in ingl. cornett), che è tra i più antichi strumenti d'Europa, in quanto lo si può considerare una continuazione del corno di animale con fori per le dita (in ted. G rifflochhorn aus tierschcn Materie) in uso nei secoli X-XIU . Nel cornetto curvo, o nero, il tubo, sempre conico come in tutta la famiglia, veniva formato d a due pezzi di legno scavati longitudinalmente, poi un1t1 e ricoperti di pelle nera. L ' ultima parte del tubo, oppo sta a ll 'imboccatura, era spesso o ttagonale. La fa miglia d ei cornetti curvi comprendeva quattro membri: il più noto era il cornetto curvo contralto, in la; una 5& sopra di esso era intonato il com ettino curvo soprano, in mi; ad essi seguì un terzo membro, il corno torto

(30) L. ZACCONI, Op.cit., c. 2 l ll.

o c01·none, che era il tenore della famiglia, in re, curvato a forma di esse, che si incontra già nei quadri dell a fine del sec. XIV. I più rinomati fabbricanti di cornetti curvi erano italia11i: fra essi il Valdrighi ricorda un M astro Andreas del 1420 (31.); nel sec. XVI il G alilei indicava Venezia come il centro più importante per la costruzione ed il commercio internazionale di tali strumenti. In pratica, il cornetto curvo figurava nel sec. XV, con il liuto, l'organo, l'arpa ed il flauto, tra gli strumenti usati per accompagnare le « basses dances » (v. Antonio da Cornazano: « Il libro dell'arte del danzare », 1455; ristampa moderna Firenze, 1915); nelle cblese, poi, con un organo e tromboni , era ado perato per sostenere (sostituendo o accompagnando le voci), il canto. I cornetti, oltre che nelle o rchestre di corte (da camera e da chiesa) f urono largamente usati nelle pubbliche o rchestre: sono da ricordare i complessi strumentali di chiese e cattedrali (celebre in Tta lia quello di S. M arco a Venezia, in Fra ncia la ste Chapelle di Parigi) ed i suonatori di quelle che oggi si potrebbero, con termine approssimato, chiamare bande municipa li (o trombetti comunali) delle principali città, specie in Germania, dove tali trombettieri veniva no eletti « Stadtpfeifer ». Fra i principa li autori cinque-seicenteschi di musiche da chiesa o da camera in cui figurano i cornetti vanno ricordati T. Merula, F. Maschera, L. Luzzaschi, C. Gussago, T. L. Grossi da Viadana, G. Gabrieli, J. Vivarino. D. Castello, B. Marini, mentre per il teatro li usarono in particolare, nel '600, C. Monteverdi (Orfeo, Mantova, 1607), L. Rossi (Orfeo, Parigi, J 647), J. Melani (Ercole in Tebe, Firenze, 1661), A. Cesti (Il Pomo d'oro, Vieuna, 1666), Cavalli cd altri; nel '700: C. W. Gluck (Orfeo ed Euridice, Vienna, 1762). Circa due secoli dopo l'apparizione dei cornetti curvi si aggiunse ai precedenti membri il contra bbasso del la famiglia, cioè il serpentone (ted. Serpent o LKontra] Basszink, o Schlangenrohr, frane. serpent, spagn. serpenton), la paternità del quale fu per lungo tempo attribuita al canonico E. Gui llaume di Auxerre, che lo avrebbe inventato nel 1590; poiché, invece, sembra che il serpentonc fosse già usato e costruito con grande perizia in Italia fin dalla metà del sec. XVI, esso sarà stato fo rse da lui introdotto in Francia, dove ebbe ampia diffusione, rimanendovi in auge fin o al sec. XIX inoltrato; in Inghilterra era già conosc.iuto nel 1603, mentre, dal silenzio del Praetorius, si può dedurre che nel .161 8 non fosse giunto in Germania. Il Mersenne, che aveva definito il suono del cornetto " l'erompere di un raggio di sole nell'ombra o nelle tenebre, quando lo si ode risuonare fra le voci nelle cattedrali o nelle cap(.\ l) Nomocheliurgografia, p. 4, n. 85.

Sala XI: JV/edion·o e Rinascimmlo

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pelle » (32), era pure entusiasta ammiratore del suono del serpentone, che trovava particolarmente adatto alla musica liturgica (per cui in Francia tale strumento venne anche chiamato « serpent d'églisc »). Dalla chiesa il serpentone passò, nel sec. XVIII, alle bande militari , dove fu poi sostituito daii'Ophibaryton o « basson russe» (inventato nel 1789 a LiJla dall'italiano J. J. Regibo), in cui il tubo era ripiegato come nel fagotto ed il padiglione, metallico, era spesso foggiato a testa di drago, quind i, intorno al 1800, gli subentrò il tipo perfezionato, detto corno basso o cimbasso, (ted. Basshom, frane. basse cor) inventato, sembra, da Louis Alexa.ndre Frichot e costruito, a partire dal 1800, da George Astor a Londra. Per ques to fu conosciuto sul continente anche come « English bass-horn » o « serpent anglais », di cui si considera discendente l'attuale oficleide, in metallo, appartenente al gruppo degli ottoni (un oficleide in legno fu costruito da Beacham e chiamato scrpentcleide, ma non ebbe seguito). Tutti gli s trumenti della famig lia dei cornetti avevano 6 fori (i cornetti avevano, in più, quello sul lato posteriore, per il pollice, che mancava nei serpentoni; se ne aggiungeva, talora, nel cornetto contralto e nel tenore, un 7°, coperto da una chiave. e, nel serpentone, un 7° ed un 8°, pure ch iusi con chiavi (che aumenteranno di numero via via che lo strumento subirà a ltre trasformazioni, dal Basshorn cromatico all'oficlcide con 12 chiavi). Il serpentone. oltre che nel la musica di chiesa ed in quella militare, fu usato anche nei concerti (oratori) ed in teatro: fra gli autori più noti che lo impiegarono in tali composizioni vanno ricordati Handel ( << Water music», 1717, e « Fireworks music », 1749), Rossini (« Assedio di Corinto», Parigi, l 826), Mendelssohn ( « Meercsstille und gli.ickliche Fahrt », 1828), « Paulus » (1836), Wagncr (« Rienzi », 1842).

Ambiti dei cornetli curvi: Cornettino soprano in mi o in re

Cornetto contralto in la o in sol

Corno torto o cornone (cornetto tenore) in re, con una chiave per il do

t>= J~

r

11

Serpentone (cornetto basso o contrabbasso): estensioni (sempre di 2 ottave-2 ottave e l / 2) variamente disposte (do-do, o mi-mi, o la-la, o re-re, oppure re-la, o la-re, ecc.) Es.: ambito comune

eccezionale

Il

Ambito dei cornetti diritto e muto: (Gli ampliamenti dell'ambito erano dovuti a perizia di tecnica esecutiva). BIBLIOGRAFIA

(32) M. MERSENNE, Harm onie universel/e contenant la théorie et Ìa pratique de la musique. Paris, l 636. Ristampa moderna: Paris, Ccnu·e National de la Rccherche scientifique, 1965. Vol. 3°, p. 225: Livre cinquiesme des instrumens a vent., p. 274 (Fine della « Propositioa XXII »: « Or, l'oo a coustume de couvrir les Cornets de cuir, afin de les conscrver plus loog-temps, autrcment ils se gasteroient trop aysément à raison dc lcur delicatesse; quoy que cette covcrture ne les remi pas meilleurs. Quant à la proprieté du son qu'il rend, il est sembleble à l'esclat d'un rayon de Solcil, qui paroist dans l'ombre ou dans les tenebres, lorsqu'on l'entend panny Ics voix dans Jes Eglises Cathedrales, ou dans les Chapelles ».

244 La Galleria armonica

G. KARSTiiDT, "Zu r Gesclticlue des Zinken und seiner Verwendung in der Mul·ik des 16.-18. Jahrhunderts » . In: Archiv fiir Musikforschung, 11 (1937), p. 385-432. A. BAII'.'ES, Woodwind instruments and their history. London, L957, p. 237-240. 259-263, 271.

Ecco le descrizioni dei 5 cornetti diritti esposti nel ripiano centrale di questa V etrina l.

n. 691. - Cornetto muto tenore. È in bosso, in un sol pezzo, con la camerah1ra conica ed jJ bocchino scavato nel corpo dello strumento, internamente alla testa. H a 7 fori: 6 sul davanti e uno sul retro per il pollice. Fra l'ultimo buco in basso e l'orlo del pa-


diglione è incisa (a fuoco) la sigla « HJ E.s. », firma di un costruttore che non è ancora stato identificato ma che si suppone sia un italiano c forse un veneto (dato che molti suoi strumenti provegono dalla Collezione Contarini-Correr) de lla fine del '500 o degli inizi del '600. La nota più bassa, con il corista LA 3 = 440, è la. La cameratura, conica, ha come 0 sup. mm. 5,8; inf. mm. 28,2; L. tot. 64,2. Degli altri cornetti diritti o muti si possono dire le stesse cose, poichè sono tutti di uno stesso grupp o con le medesime caratteristiche c misure leggermente diverse.

n. 692. - L. tot. 64,3; 0 camerat.: sup. mm. 5,6; inf. mm. 27,7. n. 693. - L. tot. 64,2; 0 camerat.: sup. mm. 6,3; inf. mm. 27 ,3 . n. 694. - L. tot. 64,2; 0 camera!.: sup. mm. 5,4; inf. mm. 27,7.

n. 695. - L. tot. 64, l ; 0 carnerat.: su p. mm . 5,8; inf. mm. 27,7. Seguono, qui, le descrizioni dei 6 cornetti curvi esposti nel ripiano in basso; in tutti manca il bocchino, la cameratura è conica; vi sono 7 fori (6 sul davanti ed l nel retro per il pollice).

n. 696. - Cornetto curvo tenore. È ricoperto di pelle, curvato a destra con l'esterno tondo. L tot. 56 cm.; 0 camera t.: su p. mm. 9,g; in f. mm. 27 ,3. n. 697. - Cornetto curvo tenore. Ricoperto di pelle, con esterno tondo, curvato a sinistra; decorazioni impresse sulla pelle; la nota più bassa non è rilcvabile. L. tot. 56 cm.; 0 camerat.: sup. mm. 9,9; inf. mm. 25,3. n. 698. - Cornetto curvo tenore. Esterno tondo, ricoperto di pelle con fregi impressi, curvato a sinistra. L. tot. 56 cm.: 0 camera t.: su p. mm. l O; in f. mm. 27,6. n. 699. - Cornetto curvo bassetto. .È ricoperto in pelle con fregi impressi; la nota più bassa non è rilevabile. Marchio a fuoco: gruppo di tre paia di orecchie di le pre. L. tot. 87,5 cm.: 0 camerat.: su p. mm. 12,5; inf. mm. 42,5. n. 700. - Cornetto curvo bassetto. È ricoperto in pelle con fregi impressi, curvato a esse; la nota più bassa non è rilevabile; marchio a fuoco: gruppo di

tre paia eli orecchie di lepre. L. tot. 88,5 cm.; camerat.: sup. no n rilevabile; inf. mm. 42,9.

0

n. 70 l. - Cornetto curvo. È ricoperto in pelle con esterno tondo, curvato ad esse; nota pii1 bassa non rilevabile; marchio a fuoco: gruppo di 3 paia di orecchle di lepre. L. tot. 88,5 cm.; 0 camerat.: sup. mm. 12; inf. mm. 42,8.

Vetrina 2 Nella vetrina 2, sul nptano in alto, si trova il 702, una tromba lunga da araldo, costruita a Siena, da un tedesco, Sebastiano Hainlein, nel 1461. Questo strumento è il più antico pezzo datato del Museo, così come lo è, per il Museum of fine arts di Boston

11.

che la possiede, l'altra tromba attribuita a questo costruttore e datata 1460. La tromba qui esposta ha una particolarità notevole per il nostro Paese, quella di essere stata costruita a Siena. Ricerche da me svolte negli archivi di quella città non h anno dato, per ora i risultati sperati, però mi hanno fatto pensare che, dato il fatto di eccezionale portata storica per la città di Siena, quale la canonizzazione di S. Caterina, avvenuta il 29 giugno 1461 (nella cui occasione i trombetti del Comune ricevettero speciali elargizioni per rifarsi giubbetti e strumenti nuovi), la tromba di R oma potrebbe risalire a tale memorabile circostanza. Quanto a strumenti , resta memoria a Siena di una spesa che il Comune sostenne per le « trombette e ciaramelle » quando fu trasportata la Maestà di Duccio dalla casa del pittore in Duomo (1308) e che nel secolo dopo furono rifatte nuove per il Palio. Un interessante esemplare di tromba del '400, che, purtroppo ho potuto conoscere solo attraverso le fotografie, si trova in una collezione privata in America (Williams College, Williamstown, M assachusetts): essa ha la stessa sagoma di questa; all'orlo del padiglione, reca incisa la seguente dicitura : « SENA M mr vr >> ( 1406) con uno stemmino a scudo, spaccato, molto probabilme nte in1itante il vessillo bianco e nero della città di Siena. A nch e qui il carattere della scrittura è tipicamente quattrocentesco. Essa sarebbe la più antica tromba nota di questo tipo . Fra le tante fonti di notizie sulle celebrazioni tenute in S iena per S. Caterina, ne citeremo una fra quelle più significative, prese dalle « Deliberazioni del Concistoro >>, e precisamente: « Concistoro 569 f.2 v » (Arch. di Stato di Siena): « Pro festo beate Caterine faciendo. Una cum Vexhlliferis magistris et a liis civibus e lectis super Canonizationem beate Caterine... facere et ordinare unum solemnem et gloriosum festum cum processionibus et sonu tubarum et campanarum » .

Sala XI: Medioevo e !Vnascilllelllo

24J


Della tromba datata 1460, oggi a Boston, parlò, forse per primo, il Galpin nel J 910 (33) , con piena consapevolezza teorica e pratica, in quanto essa faceva parte della sua collezione (Collezione passata, poi, in gran parte, al Museo di Boston); egli cita, in proposito, una « buzine » dipinta in un manoscritto del primo '300, conservato al Britisb Museum (Brìt. Mus. , 2 B.vii), la cui analogia con la tromba, allora da lui posseduta, è più che evidente; dopo di lui Curt Sachs, nel l 920 (34) citò un Sebastian Hainlein quale costruttore di trombe a Norimberga già intorno alla metà del sec. XV, alludendo, evidentemente, alla tromba che oggi è conservata a Boston e che, allora, era l'unica opera di lui conosciuta. Finalmente, nel 1941, uscì il colossale catalogo della raccolta dì strumenti musicali del Museum of fine arts di Boston, (curato da Nìcholas Bessaraboff), raccolta in cui erano stati incorporati i 564 pezzi della Collezione Galpin: la tromba venne, allora, presentata con una esauriente scheda personale che la consacrò cittadina dì quel Museo e del mondo degli strumenti antichi (35). Anche il Worthmi.iller, nel suo saggio sui costruttori di trombe e tromboni attivi a Norin1berga nei secc. XVII e XVIII (36) cita diffusamente lo strumento di Boston dedicandogli una lunga nota con dettagliate descdzioni e misure (3 7). Tutta via, su tale strumento, vi sono da fare molte riserve, in quanto la provenienza, il famoso antiquariato fiorentino L eopoldo Franciolini (38) è già argomento di (( legittima suspicione » : essa, infatti, è stata molto rimaneggiata e molte parti di essa non sembrano del tutto originali. La tromba di Roma, invece è tutta genuina, dalla scritta ai 2 gancetti per il pennoncello, e le uniche carenze di essa sono uno spacco e la mancanza del bocchino. L a dicitura completa, incisa all'orlo del padiglione, è la seguente: <( MACHT-SEBASTJAN0(33) F. W. GALPIN, Oid English instruments of music, th eir history and character, Loodoo, 1910, p. 201 c tav. 41. (34) C. SACHS, Handbuch der Musikinstrumentenkunde, Lcipzig, 1920, p. 285. (35) N. BESSARAlJOFF, Ancient European musical instmm ents, An organological study of tbc musical instruments in the Leslie Lindsey Mason Collcction at the Museum of fine arts Bòston. Boston, 1941, n. 198 a p. 188 e tav. VII; per la fom1a, identica, cita l' aiìafil delle « Canrigas de Santa Maria ~ (riport. dal Grove, sa ed., vol. lV, p. 184, tav. lx, n. 7). (36) W. WoRTHMOL.LUR, Die Niimberger Trompeten- und Posaunenmacher des 17. und 18. Jahrhu.nderts. Sondcrdruck aus den Mitteilungen des Vereins fUr Gescbichtc der Stadt Niirnberg. Bd. 46. Niimbcrg, 1955, p. 383 c n. 57 e 58 a p. 475 e 476; p. 387 e n. 65 a p. 476. (37) l vi, n. 58 a p. 475. (38) E. M. RIPIN, The instrum ent catalngs of L enpoldo Frandolini, Hackensack, Ncw Jcrscy, 1974, p. B JCat. n. 48) c p. 38 (Cat. 3 A , Seri es D . fig. 1).

246 La C a/Ieria armonie{!

HAINLEIN-S ENA-1461- ». La stessa italianizzazione del nome <( Sebastian » in (( Sebastiano » secondo un uso comune tra gli artigiani tedeschi che venivano a lavorare nel nostro Paese tra il '400 e 1'800 (39) già dice che il costruttore la vorò in Italia, forse chiamato da un compatriota, dato che « pifari e trombetti de Lamagna » (40) erano spesso ingaggiati nelle bande delle varie corti italiane) o, almeno, che si compiaceva di inserirsi nel nostro ambiente italiaoizzando il suo nome. Le trombe senesi del ' 600 non sono, benchè ignorate dai repertori, del tutto inedite: può essere, perciò, utile riportare qui (con qualche ritocco al testo delle scritte tedesche, non sempre esatte), le parole con cui Virgilio Grassi stese, nel 1932, in una relazione ( « situazione ») sul Museo Civico di Siena (inaugurato il 28 ottobre 1931), le notizie che riguardano gli strumenti in parola. (( Di singolare interesse sono quattro trombe lunghe d' ottone, o (( chiarine », con nodeUo al finire del canneggiamento, già appartenenti ai Musici del Palazzo Pubblico. Di queste, una reca inciso nella campana uno stemma partito, a destra aquila bicipite di nero, dimezzata, campo d'oro e a sinistra tre bande a lterne di oro a tre di azzurro; dopo l'arme l' iscrizione MACHT ICH SEBASTlAN (uno scudicciolo d'oro, coronato, caricato di capo gallo nero strappato) HAINLA M oc rx; il pennoncello della tromba con l'arme del Comune è lavoro del sec. XVIII; un'aHra simile, con incisa nella campana la dicitura « MACHT HANNS [scudicciuo1o di oro caricato di capo di gallo a nero strappato recante in testa la lettera H a destra e a sinistraJ HAI.NLEINNVRN 1659 », con pennoncello come sopra; una terza, che nella campana reca inciso il solito stemma partito, a destra aquila bicipite dimezzata di nero in campo oro e a sinistra tre bande d'oro alterne a tre d'azzurro, e dopo l'arma l'iscrizione « MACHT SEBASTJAN Lscuclicciuolo d'oro caricato di capo di gallo a nero strappato recante in testa le lettere SH] J:IAINLEIN-MDCXVIJ », con pennoncello COme sopra; la quarta in tutto simile alla precedente, ma a lla quale è stata rifatta modernamente la campana, con identico pennoncello >> (41). Fin qui Virgilio Grassi. A queste righe aggiungiamo qualche notizia descrittiva per agevolare il raffronto di queste (( chiarine » con la tromba qui esposta. La prima ha una lunghezza di cm. 127,3 senza bocchino (131,5 col

(39) L. CERVELLI, Brevi 110/e sui liutai tedeschi allivi in Italia dal .\ ecolo XVI al XVZII, in: « Stuclien zur italienischdcutsche n Musikgeschichte ~ . V (1968), p. 301. (40) A. VESSELLA, La banda, Mi lano, 1935, p. 53. (41) A. CAIROLA, Il Museo Civico di Siena, Siena, La Balzana, 1960, p 78.


bocchino) ed il padiglione, con una saldatura a greca che lo unisce al tubo, ha un diametro esterno d'uscita di cm. 10,5; nel tubo vi sono 5 raccordi e 3 anellini per il pennoncello; la seconda ha una llmghezza di cm. 131,3 senza bocchino (135 col bocchino) ed il diametro esterno d'uscita del padiglione (anche qui saldato con una greca) di cm. 9,8; il tubo ha 4 raccordi e 3 anelljni per ili pennoncello; la terza è lunga cm. 128,5 senza bocchino (con bocchjno cm. 132,4) ed il diametro esterno d ' uscita del padiglione (pure saldato con una greca) è di cm. 10,2; il tubo ha 7 raccordi e 2 anellini per il pennoncello; la quarta, che è senza dicitma alcuna, in quanto il padiglione è di restauro, è lunga cm. 129 senza bocchino (133,4 con bocchino) cd il diametro esterno di uscita del padiglione (pure qui saldato con una greca) è di cm. 10,4; il tubo ha 4 raccordi e 3 anellini per il pennoncello. Nelle prime tre trombe si trovano lungo il tubo delle decorazioni di foglioline, stelline e squame, mentre nell'u~tima i fregi sono tutti a linee senza disegni. el 1932 queste trombe erano dentro una grande vetrina in un ampio salone del Museo Civico; quando io le vidi (nel 1964) erano in un armadio; poi andarono a Firenze per restauri. Ma ritorniamo alla tromba n. 702 qui esposta. Essa ha due anellini per il pennoncello (mentre quella di Boston ne conserva uno solo) ; è lunga cm. 126 senza bocchino (perduto), mentre quella di Boston misura, senza il bocchino (che c'è ma non è originale) cm. 101 ,7; il diametro esterno del padiglione è per la tromba di Roma cm. 9, mentre per quella di Boston è cm . 8,7. La scritta è in puri caratteri quattrocenteschi; la forma, stretta e quasi cartoccio, del padiglione ed il rigonfiamento a ciambella, con fregi inclSl, (applicato là dove il tubo, cilindrico, si innesta nel padiglione, conico), richiamano senz'altro il tipo quattrocentesco immortalato da pitture e sculture dell'epoca o dei secoli precedenti, riproducenti esempi da cui direttamente la tromba lunga, diritta, da araldo, chiaramente discende, quale l'arabo « al nafir », passato poi, verso il 1000, al mondo musicale europeo tramite lo spagnolo « aiiafil », antenato diretto ed immediato della tromba riprodotta nelle miniature delle Cantigas de S. Maria (sec. XIII), documentazioni continuate, come si è detto, anche nelle opere d'arte del '300 e del '400. Per ciò che concerne le date di costruzione va citato un singolare caso di << correzione» da correggere: l'opinione del Langwill circa la data apposta a lla tromba di Boston. Egli pensa che il costruttore si sia sbagliato ed abbia inciso sullo strumento la data del 1460 invece del 1640 vale a dire MCDLX invece di MDCLX, cosa che ri'sulte-

rebbe assai strana; contro questa ipotesi si pone, ora, q~esta tromba, che non era conosciuta quando il Lang-

Wlll pubblicò la 6" edizione del suo repertorio (42); ]a tromba di Roma, infatti, meno qualche mio fugace accenno (43) o alcune brevi notizie date dai numerosi giornalisti che hanno visitato il Museo e ne hanno citati i pezzi principali, è finora inedita. La data, su questa tromba, è in numeri arabi e pen sare ad uno sbaglio anche qui sarebbe assurdo, quindi la prossima edizione del repertorio del Langwill dovrà contenere due « date sbagliate», cioè 1460 e 1461. Aggiungiamo un cenno sulla tonalità delle tre più antiche trombe lunghe, diritte, da araldo, di cui due dichiaratamente senesi, quindi assimilabili al tipo delle cosiddette « chiarine », ed una quella di Boston, con solo nome e data senza nome di città. La tromba del 1406 è in la, quella del 1460 è in re e questa, del 1461, è in SÌ 0 • I n conclusione: il costruttore delle due trombe di Boston e di Roma, potrebbe essere considerato capostipite di quella famiglia H ainlein di Norimbcrga che, nel '600, fornì a Siena trombe per il P alio, trombe di cui, come si è detto, vari esemplari sono conservati nel Palazzo eli Città a Siena (44). Prima di lasciare questa tromba occorre fare un piccolo acce1mo alla terminologia. Infatti tale tipo di strumento viene, ancor oggi, indicato, in vari manuali e repertori, col nome di « buisine » (frane.) e « Busine » (ted.), termine che l'antico francese prese dal latino « bucina », ma che ebbe una vita travagliata e sofferta per ragioni linguistiche ed organologiche, in quanto lo strumento antico romano da cui vantava le sue auliche origini era ricurvo, mentre nell'Europa medievale passò, dal significato di hmgo corno (leggermente cur vo, adoperato per segnali, significati che ebbe fino al tardo sec. XII) ad indicare una tromba lunga e diritta, tipicamente saracena (l'« al nafir » degli .arabi e l' « anafil » della Spagna moresca). Il termine « buisine » fu molto usato nella letteratura francese dell'età cortese, a cominciare dalla « Chanson de Roland » (1100-1120): citiamo qui alcuni passi in cui esso si incontra, in manifestazioni sia civili che

il

(42} L. G. LANGWILL, An index o! musical wind instrument makers, 68 ed. Edinburgb, 1980, p. 69. (43) L. CERVELLI, ConLribllli alla storia degli strumellli mu.1·icali in l/alia: rina~·cim ento e b(lrocco, Bologna, Tamari, 1967, p. 18-19. (44) Ai membri della famiglia Haìnlein del '500 e del '600, a cui dedica le pag. 442-450 del suo citato studio il Worthmiiller, si potrebbe far precedere il nome del costruttore quatLrocentesco delle due trombe, qua lificaodolo « der Alteste », mentre quelli del '500 c del '600 vengono b>ià (sempre dallo stesso Worthmlillcr) definiti « der Altere » e « der Jiiogere » , c l'albero genealogico potrebbe quindi essere così un po' p i LI completo.

Sala Xl: Medioevo e Rinascimento 17

247


militari: Chrétien dc Troyes: so 1180):

« Erec et

Enide » (ver-

« ...Sonent timbre, sonent tabor, M uses, estives et fretei Et buisines et clwlumel ~ . (versi 2045-2047).

Robert de Clari (sec. Xlii) : « La conquete dc Costantinoplc » (l « crociati salpano l da Venezia per Zara) » (45) « ... Et quant li estoi res parti du port de Venice, cb'estoit le plus bclc cose a eswarder qui fust tres le commenchement du mond car il y avoit bien chcnt paire dc busincs, que d'argcnt que d'arain, qui toutcs sonnerent a l'esmovoir, et tant de tymbres et tabours et autrcs estrumens que ch'cstoit une fine merveille ~ . « F lamenca -. (ultimo quarto del sec. XIII): << ... trompes, busines, cors, flutes ... » . Guillaume dc Macbau lt: << Remède de Fortune » (verso 1357): « ...Buisines, eles, monocordcs » . (v. 3973). Sempre di Guillaume de M achault, ricordiamo la « Prise d'Aiexandrie » ( 1369-1370): « ... Trompes, bucines et trompettes » . Tra i manuali che oggi chiamano con questo termine medievale le trombe del '400 ancora esistenti (e qui , naturalmente si allude a quella di Boston, come la sola ufficialmente nota) citiamo l'opera « Metallablasinstrumcnte » di Bahnerti H erzberg/ Schramm (Leipzig, 1958), che alla pag. 21, fig. 23. presenta, col titolo di « Busi ne mi t la ngem Schallstiick » , la tromba di Boston, di cui parla, nel testo, alle pagine 22 e 23. Un 'interessante notizia iconografica sulle chiarine del Palio è offerta da un articolo di Mario Luccarclli su un piatto di maiolica sencsc del '400, in cui si vedono sfilare in corteo i « trombetti » che dan fiato alle « chiarine » insignite del vessillo della città di Siena (46). Sempre nella vetrina 2, sul ripiano centrale, intermedio, si trovano due strumenti in avorio che risultano essere, dopo i pezzi archeologici, fra i più antichi del museo. Grazie ad essi, estratti da poco dalle riserve, la dicitura dell a Sala, che era quella di « Sala dei sec. XV-XVI », può essere mutata in quella di « Sala del medioevo e del rinascimento ~ . (45) Si tratta della lV crociata, an1z1ata nel 1202 .: terminata nel 1204 con la conquista di Co, tantinopoli. (46) M. L UCCARELLI, Contributo alla cOII OSCt'IIZa della maiolica senese: di 1111 piallo 11el Musée des Antiquités di Rouen. In: «Faenza ,., Bollettino del Museo Internazionale delle ceramiche in Faenza, LXI (1975), fase. lV-V, p 83-85 e tav. XXV II.

248 La Galleria armonica

Dei due pezzi il più interessante. storicamente cd artisticamente, è certo il n. 703. Esso ha l'imboccatura scolpita con una testa di drago c proviene (per tramite del collezionista Evan Gorga) dalla celebre Collezione Spitzer di Parigi. come documenta la piccola etichetta che ancora vi è attaccata: « 19915703. An oliphant, the end carved with a dragon's head l Ot in. Long. from the Spitzer Collection l O~ LOAt'l FROM 18 ... l Collection 1893 / Spitzer » . Evidentemente gli oggetti della collezione Spitzer di cui, certo, gli avori erano una delle più illustri sezioni, prima della loro dispersione, erano talvolta dati in prestito per rassegne e mostre: oggi essi si trovano sparsi in varie raccolte private e pubbliche (New York: Metropolitan Museum; Parigi: Muséc de Cluny, ecc.). L a storia dell'olifante non è molto lunga ma è assai interessante. Di origine islamica venuto dall'oriente verso il sec. X, esso si diffuse in occidente specie nell'ambiente cavalleresco; poiché si trattava di materiale raro e pregiato, cioè l'avorio come dice il nome, che dal latino « eléphantus » . attraverso il vocabolo antico francese « olifant », ci riporta alla zanna d'elefante; scolpito da vari intagli raffiguranti animali, e ra talvolta ornato anche da borchie c intarsi preziosi. Anche i popoli africani usano zanne di elefante (v. i corni della Sala 111) come strumenti da suono ma con la differenza che l' imboccatura viene generalmente aperta di Jato, mentre l'olifante è aperto in punta. Nella cavalleria l'olifante era, con la spada, il prezioso retaggio del cavaliere, simbolo di potere e di nobile stirpe; più che per scopi artistico-musicali era usato per segnali, di caccia e di guerra: si ricorderà il famoso corno suonato da Orlando a Ro ncisvallc, che si vuole sia conservato nel tesoro della Cattedrale di S. Veit a Praga, corno che tanta parte ha avuto in tutta la poesia dell'età cortese c soprattutto nella Chanson de Roland, ovc si dice che aveva incrostazionl d'oro e pietre preziose e che il s uo suono arrivava a 30 leghe di distanza. I corni in uso nel tardo medioevo erano di tre tipi: da segnali (il più piccolo), l'olifante (di grandezza media), militare (il pitl grande, di metallo). Molti olifanti furono donati a chiese c conventi, dove divennero reliquiari. Gli esemplari rimasti sono prevalen temente francesi, tuttavia ne esistono anche di quelli fatti da artigiani saraccni dell'Italia meridionale (Sicilia, Salerno, ecc.); a ltri ancora sono imitazioni romaniche di tipi islamici. Gli olifanti ebbero una fioritura durata oltre due secoli (sec. X-XID, ma se ne trovano rari esempi (ino al sec. XVII. L ' iconografia dell 'olifante, oltre alle numerose miniature, è data anche da raffigurazioni, in scultura, di angeli; ricor-


diamo l'angelo del Giudizio Universale del portale ovest della Cattedrale St. Lazar.e ad Autun, del secolo Xli; l'angelo dell' A11nunciazione, su una mensola della chiesa Abbaziale di Vezelay, pure del sec. XII; si può considerare olifante anche un corto corno suonato dall'angelo del Giudizio scolpito al l'esterno del Miinster di Basilea (sec. Xll). Ecco le notizie di questo pregevole strumento:

n. 703. - Olifante in avorio (sec. XI-XII). Misure: L. to t. (seguendo la linea curva interna cm. 24,7, esterna 27 ,5; 0 foro d'imboccatura cm. 2,2; Eoro interno al suddetto cm. 0,2; 0 uscita: interno cm. 4 x 3,5; esterno 4,3 X 3,7 (ovale). Etichetta esterna (stampata): << 199. An olipliant, the end carved with a dragons head; 10! in. long - from the Spitzer Collection ». Etichetta interna: « ON LOAN l~ROM. Collection l 1893 l Spitzer; Collection l 1893 l Spitzer » . L'altro strumento in avorio n. 704, esposto a sinistra, sullo stesso ripiano della medesima vetrina 2, è un richiamo per uccelli, usato dai cacciatori, databile al sec. XV: esso ha 7 facce e due imboccature, alle due estremità, per cui dà 4 suoni; vi sono dei fori per i11filarvi una cordicella di sostegno per trasportarlo appeso al fianco o alla spalla. Il tubo è chiuso, con imboccature, da ambo le patti.

Misure: L. tot. cm. 24,2; 0 3,3 X 3 ,2; l ,5 X l ,3. Sullo stesso ripiano, intermedio, della vetrina 2 , troviamo il n. 705, un esemplare incompleto ma pur sempre importante di sordone. Si tratta di uno strumento rinascimentale ad ancia doppia, d i origine italiana, citato per la prima volta da Lodovico Zacconi nella sua « P rattica di musica » (47) del 1592. Di fattura italiana sembrano essere gll esemplari conservati a Vienna, i quali erano considerati unici al mondo prima che si conoscesse questo, proveniente, come quasi tutti gli strumenti a fiato di questa sala, dalla Collezione Marcello - G iusti del Giardino. I quattro esemplari di Vienna appartenevano all'arciduca Ferdinando del Tirolo e risultano presenti (in 8 taglie) in un inventario del Castello di Ambras, steso dopo la morte di lui, avvenuta nel 1596. (47) L . ZACCON I. Pmllica di musica. Venezia, 1592, c. 218-

2 18v (Libro lV, ca p. LVI). Ristampa mod. lloloz na, Forni, s.d., vol. I. L. IV. cap. LVI, c. 218: « Vi sono poi alcuni istrumenLi che si chiamano son.loni, i quali hanno il suono come le Cornamuse, et va nno tanto basso quanto và il Fagotto cllorisla, el è di tal natura, che non ascende ne descende se non à un certo segno».

L'ultima citazione di questo tipo di strumento sarebbe, secondo C. Sachs (48), quella di Praetorius (49), quindi la durata della vita del sordone non sembra superare il mezzo secolo: vita effimera pur tuttavia illustre. Gli esemplari conservati a Vienna sono due bassi (A. 226 c A. 227) e due contrabbassi (A. '228 e A. 229): quest'uJtimo è l' unico completo dei quattro. Il nostro è simile al n. 227 di Vienna e quindi è un basso. L e raffigurazioni del sordone sono rarissime: una è riportata dal Prunères (50) e l'altra si trova nel frontespizio delle « Musae Sioniae » (Ratisbona 16051611) e della « Sciagraphia » (ultima parte del « Syntagma musicum » ) (Wolfenbtittel, 1619) del Praetorius, dove compare nelle mani di un suonatore alla destra dell'organista, in basso; tuttavia i sordoni d isegnati dal Praetorius (v. pure la ta v. XII della suddetta « Sciagraphia ») sono diversi da quelli di Vienna e dal nostro: evidentemente nell'ambiente del Praetorius erano rimasti a due chiavi mentre da noi avevano raggiunto le cinque o sei chiavi. L'ambito dei sordoni abbracciava una 13" ed era così differenziato, tra basso c contrabbasso (gli unici conserva ti): basso

contrabbasso \{)\

:v 8 ... ..... .

La conformazione dello strumento era a canneggio cilindrico, che, come sarà poi nel fagotto, formava un percorso ad U; il sordone era suonato mediante un'ancia doppia che si inseriva in un bocchino lungo e diritto ad ingresso laterale nel tubo. n tubo era cilindrico ed aveva il diametro di 8 mm. nel basso e di 10 mm. nel contrabbasso. La diteggiatura era piuttosto complicata perché richiedeva l'intervento, oltre che dei polpastrelli, anche delle falangi intermedie delle dita. Ogni foro era doppio per consentire l'uso della mano destra sopra o sotto e, a seconda se il suonatore

(4l:l) C. SACHS, Handbuch der Musikinstrumentenkttnde, Leipzig, 1920, p.329. (49) M. PRAETORIUS, Syntagma mm·icwn, Wolfenbiitte l, 1619, p. 3, 39, 40, tav. X/1 e Xll / S. (50) H. PRUNrERES, Le Bai/et sous Louis Xlii, in: « Revue musicale SIM », l febbraio 19 14: uo gruppo di musici suona: un sordone del tipo illustrato dal Praetorius, due cornetti soprani, uno shawm e una tromba.

Sala Xl : Medioe vo e Rinascimento

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teneva in alto la destra o la sinistra, i fori che non servivano venivano chiusi con la cera; questo, del resto, come il relativo uso delle chiavi a farfalla, che si prolungò fino al sec. XVITT, rientrava nella normale pratica degli strumenti a fiato del sec. XVI, in cui non era ancora stabilmente fissata la posizione delle mani, se, cioè, la mano destra stava al disotto o al disopra della sinistra. Anche il sordonc, come gli altri « legni » del suo tempo, aveva una completa e regolare famiglia, formata da cinque membri: soprano (in si b), contralto (in mi b), tenore (in do), basso (in si b) e contrabbasso (in fa); il sordonc si univa in concerto anche con altri strumenti, come è documentato da una pavana che veniva suonata alla Corte di Casse! nel '600 e di c ui una copia si trova al British Museum (51). Utili fonti per lo studio della storia c della tecnica costruttiva di questo strumento, oltre le voci dei comuni dizionari c repertori, sono, in particolare, il Catalogo del Museo di Vielllla dello Schlosser (52) e uno studio del Kinsky sugli strumenti ad ancia doppia con capsula (53). Ecco, in riepilogo, le notizie (descrizioni e misure) di questo esemplare incompleto di sordone, n. 705. Epoca: sec. XVI. È in legno; di acero riccio; a 6 chiavi: 2 lunghe e 4 piccole, a farfalla in ottone, di cui una (lunga) mancante; mancano pure la leva (a farfalla) di una chiave piccola e le tavolette coprichiave delle 4 chiavi piccole; mancano del tutto le parti estreme dello strumento. H a 16 fori, compresi i 6 coperti dalle chiavi e quello, pit• grande, in cui doveva essere inserito il tubetto con l'ancia doppia. La cameratura, cilindrica, è doppia, in quanto compie il citato doppio percorso a U.

Misure: L. to t. del corpo cm. 67 ,2; L. del corpo senza i due tenoni cm. 61,5 ; L. dei due tenoni cm. 3,5/2,2; 0 del corpo cm. 4,5; 0 dei tenoni cm. 3,2 c 3; 0 foro p. bocchino mm. 12; 0 della camcratura: dal lato del tenonc lungo 3,5; mm. 10; 2,2: mm. 9 e (tubetto piegato ad angolo retto) mm. 11.

mancante del piano, perduto in occasione della sua trasformazione in mandola, subìta forse nel '600 c documentata dall'orribile cavjgliere, a 6 enormi piroli e con una strana terminazione a piastra quadra (che ora viene qui usato per appoggio e a scopo documentario). L 'autore è un illustre liutaio tedesco trapiantato in I talia nel sec. XVI, come tanti altri suoi connazionali (54). La scritta interna, che è chiaramente visibile data la mancanza del piano, dice: « In Padua Vendelinus Tie[embrucker • e, dalla grafia, lascia pensare che si tratti di uno dei suoi primi lavori; segue a questo un altro liuto dello stesso autore, pure ridotto a mandola, n. 706, che porta, all'interno, la seguente etichetta: « In Padova Vvendelio Venerc 1 de Leonardo Ticfenbrucker l J 587. M. H. ». Queste due iniziali, scritte a mano, fanno pensare all'apprendistato di Michael Hartung (altro liutaio tedesco trapiantatosi in Italia), iniziato a Padova appunto neJla bottega di Vcndelino e proseguito poi a Venezia, donde forse era tornato, « maestro » , c di nuovo a Padova. n giovane apprendista, non potendo, perché ancora <<garzone», firmare le sue opere, può aver apposto le sue iniziali, come una tacita firma, su di un lavoro ben riuscito. Ecco le descrizioni dei due strumenti.

n. 707. - Liuto aperto e senza piano. R etro cassa a 11 doghc di ebano filettate jn avorio; 9 tasti in ottone fissati sulla tastiera (non originali); corpo, manico e tastiera originali; cavigliere c piroli sostituiti per dar luogo ad una mandola a 8 corde. Ponticello in pero tinto. Misure: L. tol. 98; L. corpo cm. 49,5; L. manico cm. 49; l. mass. corpo cm. 33; L. tol. tastiera cm. 30; pf. cassa cm. 15. n. 706. - Liuto ridotto a mandola. R etro cassa: 17 doghe di tasso (bicolori). Piroli: (di spoglio): 7 (dovevano essere 12, perché oggi ba 6 corde doppie). Cordiera: di restauro (acero placcato di ebano).

Nella stessa vetrina 2, sul 3° np1ano, in basso, è esposto ~l n. 707, un liuto, con la cassa aperta e Pavana per flauto, cornello muto, trombone, sordano, et viola da gamba. Copia da un ms di Ct1ssel del sec. XVH. Lonclon, BI'. Mus., Ms. B. M. Add. 33295. (52) J. SCIILOSSER, Sammlung alter Mu~ikinstrul'nente, Wicn, 1920, p. 87-88 c tav. XLI. (53) G. KlNSKY, Doppelrohrbla/1-/n.Hrumente mit Wintlkapse/, in: c Archiv ftir Musikwisscnschafl :., Vli (1925), p. 294-296. (51) P.

SEGARIO,

2J O La Galleria armonica

Manico: di restauro (acero). Cavigliere: di restauro (noce tinto). Misure: L. tot. 88,2; L. corpo cm. 45,5; L. manico cm. 43; l. mass. corpo cm. 31 ,2; p f. cassa cm. l 5; 0 rosa 8,7; L. to l. tastiera cm. 2 1; L. vibr. cm. 58.

(54) L. CERVbLLI, Brevi 110te ... cit., p. 299-337.


Vetrina 3 Nella vetrina 3, al ripiano superiore, troviamo un cistrum (o citola o cetera) del sec. XVI, n. 708, a fondo piatto, scavato in un sol pezzo di legno, meno il piano che veniva applicato a parte. È a 6 corde doppie ed ha in cima al cavigliere una graziosa testina di faunetto; si suonava col plettro, come si può vedere iu molti quadri di pittori fiamminghi che lo ritraggono quasi sempre in mani femmini li.

Nel ripiano più basso della stessa vetrina 3, infine, troviamo ancora due liuti ridotti a mandela; il n. 710, ha le seguenti caratteristiche: Etichetta interna (stampata, meno la data, che è manoscritta): « 1591. Jn Padova Vvendelio Venerc »;

Descrizione: Corpo piatto, tutto scavato in un sol pezzo di acero, con piano e tastiera (pure di acero) applicati; Piano armonico: in abete con doppia profilatura e rosa applicata; Cavigliere: terminante in una testa di fauno (con gorgiera al collo); Piro/i: 12 (in pero, a testa bilobata schiacciata con bottone all'apice) disposti in posizione frontale; Capotasto e tastiera in acero; Tasti: 18 (9 corti, in ebano, e 9 lunghi in ottone) sulla tastiera; Ponticello in pero tinto; Bottoni fermacorde: (chiodi in ferro);

Misure: L. colonna cm. 84; l. in alto cm. 4,8; in basso cm. 3,5; L. tavola armonica cm. 67 ,3; l. tavola: in alto cm. 6,5; in basso cm. 10,5; Pf. cassa: in alto cm. 4; in basso cm. 3,5; L. corde: mass.: cm. 70,5; min. cm. 11; 0 fori nel piano am1.: alto cm. 0,9; basso cm. 1,1.

12

Corde: 6 doppie in acciaio; Bottoni fermacorde, piroli e rosetta non originali. Misure: L. tot. cm. 76,5; L. corpo cm. 31,5; L. manico cm. 43 ,5; L. corpo cm. 27,7; Pf. cassa cm. 6,5; L. piano cm. 30: L. mass. piano cm. 25; 0 rosa cm. 7,8; Alt. fasce cm. 6,5 / 5,4; Tastiera: l. sup. cm. 5,2: inf. cm. 5,9; L. tot. cm. 30,4; L. vibr. c. 42,2. Nel ripiano intermedio è esposta una rara graziosa arpetta cinquecentesca, di sagoma gotica, a 26 corde, n. 709. Una simile è posseduta dal Germanisches Nationalmuseum di orimberga, dove si trova pur,e un ricco arazzo, sempre del sec. XVI, in cui un'arpena di questo tipo è fra gli strumenti usati da una scelta compagnia che fa musica in un giardino. Anche nei dipinti di Hans Mem.Iing incontriamo arpette di sagoma simile, ma più rigidamente gotiche, cioè più strette e piì'1 lunghe. Questo esemplare ha i numeri delle corde scritti ad inchiostro, con grafia cinquecentesca, sopra ogni pirolo; le 23 corde (originariamente di budello e oggi di nylon) sono fermate in alto da piroli in ferro e in basso da cavicchi in legno.

Piano in abete; Retro cassa a 31 doghe di tasso (bicolori); Tasti: 8 fissi sulla tastiera e 4 sul piano; Cavigliere e cordiera in acero tinto; Piroli 12 (per le 6 corde doppie della mandela); Capotasto in ebano. La cassa è l'unica parte originale. Misure: L. tot. cm. 94,8; L. corpo cm. 49,4; L. manico cm. 44,5; l. mass. corpo cm. 33,5; Pf. cassa cm. 16,5; 0 rosa cm. 8; L. tot. tastiera cm. 24; L. vibr. c. cm. 65,5. A questo strumento segue un altro liuto, pure ridotto a mandela, segnato P. V. 8184, di cui diamo qui la descrizione: Etichetta interna (stampata, meno la data, che è manoscritta): << magno dieffopruchar a venetia 1593 >> ; Piano in abete; Retro cassa a 19 doghe di avorio con doppia filettatura di ebano fra l'una e l'altra; Piroli (laterali) 6 in pero tinto; Capotasto in avorio; T astiera in ebano; Tasti 18: 12 in avorio sulla tastiera e 6 in ebano sul piano; Corde 6 doppie in acciaio; Bottoni fermacorde 6 in ebano e avorio; A !tacco inferiore per la tracolla a forma di piccolo ponticello in avorio ed ebano a strisce rettangolari sotto la parte bassa della cassa. Misure: L. tot. cm. 103; L. corpo cm. 53 ,7; L. manico cm. 49; L. piano cm. 54; l. mass. piano cm. 35,8; pf. cassa cm. 16,5; 0 foro cm. 9,3; Tastiera: l. sup. cm. 4,5; inf. cm. 32; L. tot. cm. 32, L. vibr. c. cm . 64.

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Sala Xl: Medioe vo e R inasc:imento 2 I


Vetrina 4 Per continuare il discorso sui liutai tedeschi e specialmente su Vendelino, ci avviamo ora verso la vetrina 4 (cubica), dove campieggia, solo, un antico liuto di Vendelino ridotto, nel sec. XVIII, a mandolone, con una testina di angelo, scolpita e dorata, in cima al cavigliere. Eccone la descrizione: Mandolone (già liuto) n. 711, con etichetta interna: « 1595 l lN PADOVA Vendelio Venere >> (etichetta stampata meno la data, che è manoscritta). L a cassa (unica parte originale) è a 23 doghe di tasso (bicolore); la rosetta, rientrante a più piani, è di carta verde; sul piano vi è una piastra di noce; i tasti sono: 7 in ottone fissi sulla tastiera, e 6 in avorio fissi sul piano; i piroli sono 16; i capotasti sono due; uno in avorio a forma di cetra per le 4 corde di bordone e uno, pure in avorio, per le corde tastate con 6 doppie tacche; gli 8 bottoni fermacord e sono in avorio; le corde sono suddivise in: due coppie (quelle di bordone) e 6 s ingole (quelle tastate). Misure: L. tot. cm. 87; L. corpo cm. 45,5; L. manico cm. 39,7; l. mass. corpo cm. 32 ,6; pf. cassa cm. 16; 0 rosa cm. 9,3; L. vibr. c. bordoni cm. 66, tastate 55; Tastiera: l. sup. cm. 5,3, inf. 6; L. tot. cm. 18,3.

Vetrina 5 In questa vetrina si trovano quattro flauti traversi, due flauti dolci e tre flauti dolci bassi e bassetti, tutti (meno il flauto dolce n. 716) sempre della Collezione Mar.cello-Giusti del Giardino e tutti dei secoli XVI-XVIU. Tra i flauti traversi emergono, per importanza storica ed artistica, quelli inventariati con i numeri 7 J 2 e 713 , firmati, con marchio a fuoco, da M. e C. R afi. Le misure dei flauti Rafi sono le seguenti: n. 712: L. tot. cm. 96,7; Lvibr. cm. 86 0 cm. 30,2 / 33; n. 7 J 3: L. tot. cm. 68,8; Lvibr. cm. 68,8; Lvibr. cm. 57,7; 0 cm. 24,7 / 26,7. Questi flauti sono importanti perché, oltre a risalire ai primi anni del ' 500, sono firmati da un nome prestigioso, su cui si sono fatte varie congetture. Anzitut~o va citato il flauto traverso n. 1066 di Bruxelles (55), che, nel marchio a fuoco, ha lettera C come iniziale del nome: lo strumento è stato identificato come opera di un illustre costruttore francese, Claude Rafi, che sarebbe stato attivo tra il 1515 ed il 1553 a Lione (55) Mahillon , Catalogue ... , vol. 2, p. 309. v. pure il C;::talogo « Exposition des instruments de m usique des xvr•me et xvneme siècles, organisée par le Musée instrumental de Bruxelles en l'Hotel de Sully à Paris, Juin 1969, o. 73-74, n. 62.

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La Galleria armonica

(56), sotto il regno di Fra ncesco I, e che fu oggetto di elogi da parte di vari poeti francesi dell 'epoca, fra cui Clement Marot, A. de Ba'if, Fr. de La Salle e forse anche P. de R onsard. Riguardo agli strumenti siglati R afi, la lettera C non è la sola che precede il cognome negli esemplari oggi rimasti e questo fatto può aprire la via ad accurate ricerche d'archivio che consentiranno forse di rintracciare i membri di tutta una famiglia di costruttori dallo stesso cognome, i quali dovrebbero essere almeno tre, se si considera che tre sono le iniziali chiaramente leggibili negli strumenit conservati: C, G ed M. Tale famiglia dovrebbe essere di origine ed ambiente italiani (forse vene6), come fanno ritenere le provenienze dei flauti giunti sino a noi: infatti quello di Bruxelles proviene dalla CoUezione Contarini Correr, quello di Lipsia (57), che andò distrutto durante l'ultima guerra, proveniva dalla Collezione Kraus, formata , come si sa, a Firenze; quelli di Verona e di Bologna sono patrimonio delle rispettive Accademie Filarmoniche e quelli di Roma provengono dalla Collezione Marcello-Giusti del Giardino, già conservata presso Padova ed ora patrimonio di questo Museo. Di quelli di Eisenach e di quelli di Berlino non conosco la provenienza. Oltre alla 'lettera C, seguita da tre puntini disposti a triangolo e dal cognome RAFJ, leggibile negli stru menti di Verona (Bibl. Capit. 4) , di Bologna (Ace. Fil. 4), di Bruxelles (Cons. R oy. 1066) e di Roma (n. 713), sono leggibili altre iniziali: a nzitutto la M , prese nte in R oma 712 , e poi la G , leggibile in Eisenach (Bachhaus I. 100) e in Verona (Ace. Fil. 13287); di queHo di Lipsia(n. 1274) non essendone stato pubblicato il dettaglio del ma rchio a fuoco ed essendo lo strumento andato perduto, non so dir nulla di preciso. Il marchio a fuoco RAFI , pur con le diverse iniziali ora citate, comprende, o ltre al nome, uno stemma, in forma di scudo, che contiene un an imale araldico, e qui occorre fare un' osservazione: l' animale non cambia, come potrebbe sembrare logico, da un costruttore all'altro, cioè da un nome con un'iniziale ad un nome con un' altra, bensì da un tipo di strumento all'altro, cioè dai flauti traversi ai flauti dolci: in questi ultimi (presenti a Bologna e ad Eiscnach) si tratta di un grifone, con becco e ali, me ntre nei flauti traversi si trova un leone rampante: lo stem(56) H. COUTAGNE. Gaspard Duifjoprucart et lr~ futhien lyonnais du seizième sièc/e. Lyon. l 893. G. TR!COU. Document.\' sur la musique à Lyon 1111 XV I 0 siècle. L yon, 1899. Id. Claude Rafi, fleustier lyonnais. In: 4 Revue musicale dc Lyon, 1903. (57) H. HEYDE. F/Oten. Leipzig, VEB Dcutschc Ve rl ag fiir Mus ik, 1978, n. 1274 a pag. 125.


ma col grifo è capovolto e quindi il grifo, rispetto al nome del costruttore, è a testa in giù, mentre quello col leone è diritto. Al discorso sui Rafi si può aggiungere la citazione di due strumenti rotti ed incompleti, le cui caratteristiche costruttive, tuttavia, Il fanno ritenere attribuibili ad uno dci Rafi ; a Bologna, nel fondo dell'Accademia Filarmonica, vi sono, tra gli altri, due flauti dolci bassi che sono perfettamente identici (L. tot. cm. 85, tanto che si potrebbero definire gemelli: il n. 2 ha un marchio a fuoco piuttosto mal riuscito e poco chiaro, ma assimilabile a quelli con la C; lo stemma col grifo è capovolto; l'altro, il gemello, è rotto ed incompleto: manca proprio lo spicchio di tubo che conteneva il marchio a fuoco duplice, cioè formato da nome e stemma. A Verona i'l flauto traverso basso n. 13.281 contiene il marchio a fuoco con lo stemma e l'animale araldico ma è mancante della parte col nome. Nel ripiano in alto della vetrina 5, insieme con gli strumenti firmati Rafi , si trovano altri due flauti traversi ricoperti in pelle nera (sotto alla quale sembra di poter individuare il legno come bosso per il n. 714 e come pero per .jJ n. 715), copertura molto orobabilmente dovuta ad una riparazione, peraltro inconsueta, effettuata in tempi antichi per ovviare a fenditure o comunque a danni subiti in qualche modo dagli strumenti. La taglia di questi flauti è quella di tenore-contralto e la loro intonazione è di circa un semitono sotto al diapason la3 = 440. TI suono del n. 715 è piuttosto scarno, ma quello del n. 714. al contrario, è di altissima qualità. Naturalmente. data la copertura, non si individuano segni o marchi: si sa tuttavia, che anche questi risalgono al sec. XVI. Nel ripiano intermedio della vetrina si trovano due flauti dolci, sempre del sec. xvr, in bosso. di varia provenienza e costruzione: il n. 716, già appartenente "'lla Collezione Gorga, ha come marchi due trifogli, ripetuti sia presso l'imboccatura che nel profilo dell'orlo inferiore: ciò sta a significare• che è stato costruito da Hans Rauch von Scbrattenbach, noto per altri prestigiosi strumenti a fiato in legno; ricordiamo un suo flauto dolce basso datato 1535, conservato a Salisburgo, ed un altro conservato acl Anversa. L'altro flauto simile n. 717, proveniente dalla Collezione Marcello-Giusti del Giardino, ha come marchi a fuoco le cosiddette orecchie di lepre, raggruppate a tre a tre, che, data la loro presenza su molti strumenti di provenienza veneta, hanno fatto pensare a costruttori, sempre del sec. XVI, di quella parte d'Italia. Nel ripiano inferiore sono esposti due flauti dolci bassetti e un flauto dolce basso, sempre con lo stesso

marchio a fuoco, tipo orecchie di lepre, e quind1 del sec. XVI. Ecco le descrizioni degli strumenti di questo 3° ripiano, in basso. Il flauto dolce bassetto in re n. 719, del sec. XVIXVII, è costnùto in 4 parti di bosso, con 3 chiavi aperte a farfalla per fa2, si2, do2 • La cameratura è conica e l'imboccatura è diretta, in quanto le labbra dell'esecutore aderiscono direttamente al bordo della parte superiore del cappelletto; le chiavi sono coperte da un manicotto detto « fontanelle >>, pure di legno di bosso, forato da molteplici forellini disposti in 5 tondi, e rinforzato, ai bordi inferiore e superiore, da due anelli di ottone; altro anello simile è alla base del cappelletto. Sotto al labio è impresso il marchio a fuoco, consistente in tre paia di or<!cchie di lepre disposte a triangolo, marchio che, singolo o doppio, si ritrova in vari strumenti di provenienza veneta (Coli. Contarini Correr, oggi a Bruxelles) e triplice, come qui, in strumenti (cromorni) forse di provenienza germanica, sempre del sec. XVI, oggi conservati anch'essi a Bruxelles e facenti parte di un gruppo colà inviato, con slancio «generoso», dal Valdrighi. Il segno << orecchi di lepre », tuttavia, è giunto, singolo, probabilmente, fino alla prima metà del sec. XVII, come fanno pensare il flauto dolce basso n. 303-1882 e il cornetto n. 404-1887, che sono databili fra la fine del '500 e la prima metà del '600. Il flauto dolce bassetto n. 719 è molto simile a l n. 13.249 dell'Accademia Filarmonica di Verona (58).

Misure: L. tot. 111,1; L. vibr. 102,2; L. parziali: cappelletto 7,2; corpo 107,4; « fontanelle» 25,4: 0 della cameratura: sup. mm. 30,6; inf. mm. 38 ,5. L 'altro flauto dolce bassetto, n. 720, è della stessa epoca, ma in fa ed in 5 parti; ha l chiave, aperta, a farfalla, coperta da « fontanelle >> forata da 5 rosette di forellini; anche qui l'imboccatura è, naturalmente, diretta, con foro al bordo dell a parte superiore del cappelletto. La nota più bassa (con corista /a3 =440) è sof2 •

Misure: L. tot. 94,4; L. vibr. 85,2; L. parziali: cappelletto 7,5; corpo 82; piede 11 ,8; (( fontanelle » l 0,5; 0 camera tura: sup. mm. 30; inf. mm. 28,8. Il flauto dolce basso n. 718, pure in bosso e della stessa epoca, è in do, in 5 parti, con l chiave, aperta, a farfalla, sempre in ottone, per il fm, coperta da « fon(58) J. H. Vt\N DER MI!ER-RAtNEJ~ WEBER, Catalogo degli strumenti musicali dell' Accademia Filarmonica di Verona, Verona, Ace. Filarmonica, 1982, p. 39.

Sala XI: Medioe Po e Rinascimento

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tanclle » con 5 rosette di forellini c 2 anelli di ottone alla base del cappelletto. Data la grandezza della taglia di questo strumento non è possibile l'imboccatura con presa diretta delle labbra sul cappelletto, perciò questo. anziché sul bordo, ha il foro al centro della parte superiore, in cui andava inserita una « S :. di ottone (qui mancante) che passava poi in una scanalatura laterale.

M;.sure: L. tot. 137,8; L. vibr. 127,5; L. parziali: cappelletto 9,8; corpo 98,7: piede 4; 0 cameratura: su p. mm. 43.9: inf. mm. 41 ,9. Manca la fascia di ortone alla base del cappelletto. L o strumento è simile ai n. J3.245 c 13.246 dell'Accademia Filarmonica di Verona (59). Anche qui, come su tutti e tre questi esemplari, il marchio a fuoco è costituito dalle orecchie di lepre disposte a triangolo, marchio ripetuto, triplice, sotto al labio e. doppio, nel padiglione. Fuori delle vetrine troviamo, infine, altri pezzi di sommo interesse storico-artistico. Per prima si incontra la spinetta pentagonale di G. F. Antcgnati (prima metà del sec. XVI), n. 721. Questa spinctta è particolarmente interessante per vari motivi. Anzitutto per il nome del costruttore. Si tratta, infatti, dì un membro della celebre famiglia bresciana di organari, il cui più illustre esponente fu Costanzo (1549-1624), costruttore, organista, perito collaudatore, compositore, teorico (v. « L'arte organica» del t 608), che era figlio eli Graziadio, figlio di Giovanni Battista, fratello di Giovanni Francesco, autore della nostra spinetta. Questi si distingue dagli altri membri della famiglia appunto per essere ccmbalaro. Lo ricorda il Lanfranco. nelle sue « Scintille di musica » (Brescia, 1533, p. 143) quale costruttore di « ... monocordi, arpichordi & clavacymbali », e questa spinetta. infatti, si può appunto interpretare come un esempio di « arpicordo ». Sulla striscia sopra i tasti si trova la scritta in lettere capitali: « D. D. OPVS JOANNI S FRANCI SCI BRIXTANl ». La spinetta è contenuta in un astuccio trapezoidale dipinto (n. 722). A ll'esterno vi sono tracce di fiori ; all'interno del coperchio è raffig urato David che suona l'arpa davanti al tempio, sopra cui sono vari angioletti musi canti. n piano armonico è di cipresso come pure le cornicette. Nel piano armonico sono traforate a forellini quattro rosette. li somiere è sotto il piano armonico; i piroli forse non sono originali; i ponticelli sono di

(59) J. H. VA.~ DER MEER-RAI;o.IER WEBER, Catalogo ... cit.. pag. 45.

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4 La Galleria armonica

acero. I salterclli sono di pero ed hanno un solo smorzo (con becchi di cuoio). Possiede 50 tasti: la tastiera è stata completamente rifatta. I 30 tastt tnferiori sono placcati in bosso con frontalini scolpiti ed i 20 superiori sono placcati in ebano. Forse pure il telaio è stato rifatto. L'ambito è di quattro ottave c una quarta do 1 -fa~. L a prima ottava è corta. Non vi è nessuna traccia di pedali. Le dimensioni sono le seguenti :

Astuccio: Larghezza della sporgenza della tastiera 79; Profondità della tastiera; l 0,5; Lato A: 152.5: lato B: 50; lato C: 100; Jato D: 48; lato E: 43. Strumento: Larghezza sporgenza tastiera: 72: tastiera sola: 68; lato A: 142; lato 8: 20,5; lato C: 78; lato D: 36; lato E: 43 . Lunghezza vibrante delle corde: }O do: l L3,8; 2" do: 93,5; 3c do: 57.8: 4" do: 32,8; 5" do: 17,3; 5" fa: 14,6. Punto di piz:.ico: l " do: 22: 5" fa: 8,9.

Il fatto che egli si firmasse col solo nome senza cognome non deve meravigliare, perché era consuetudine dell'epoca. Ricordiamo qui, acl esempio, la fi gura di Francesco Patavino eletto Ungaro (forse così chiamato perché di origine ungherese oppure per qualche lungo soggiorno in Ungheria), del quale ci rimangono varie opere: una spinctta nel Conservatorio di Bruxelles. firmata (( Francisci Patavini dicti hongari MDXXVTT »; una spinetta pentagonale (in astuccio rettangola re) nel Conservatorio di Venezia, firmata (( Francisci Patavini dicti Hongaro MDLII »; un cembalo nel Deutsches Museum di Monaco di Baviera. in cui si dice fosse una scritta, ora perduta, con la seguente dicitura: (( Francisci Patavini dicti ongaro - 1561 » . Altre sue opere si trovano nei seguenti Musei: una spinetta a Londra, nel Victoria ancl Albert Muscum, firmata <( A. D. Opus J oannis Francisci Antcgnati Brixlani Moxxxvrr :. ; una spinetta a Milano nel Museo del Teatro alla Scala. firmata (< A. o. OPUS JOHANNJS FRA CISCI BRJXI A l ~IDXLIII »: un cembalo del 1564 nel ational Museum of Ireland di Dublino con la scritta (( Francesco da Brescia 1564 » . Organo positivo, n. 723, che è stato messo in questa sala, dedicata a l medio evo c a l rinascimento. unicamente per la cassa, che sembra risalire alla seconda metà del '500, con belle pitture nctrintcrno dei quattro sportelli: dalla parte della tastiera sono S. Lucia, a sinistra, e S. Caterina, a destra, mentre sull'altro lato sono la Madonna (a destra) c l'Angelo annunziante (a sinistra). Tali pitture potrebbero essere originarie del nord-Italia con influssi sud-germanici. Lo strumento. invece, risale al '700, epoca in cui fu evidentemente cambiata anche la sua ubicazione: mentre prima era visibile da due lati, quello della tastiera


e quello opposto (chiaramente esso era posto in una cantoria, di dove mostrava al pubblico dci fedeli la scena dell'Annunciazione, mentre ,l'altro lato era rivolto verso l'interno ed era riservata all'organista), ad un certo momento, forse per esigenze di un mutato c ridotto spazio che condannavano lo strumento, addossato ad una parete, ad essere visto solo dall a parte dell'esecutore, fu cambiata anche la conformazione fonica dello strumento: le canne grandi, digradantì dal basso verso l'acuto (cioè da destra a sinistra per chi guardava da l lato opposto) cedettero il posto a piccole cannucce di ripieno, tipiche da interno e non da facciata. I registri, azionabili con pomelli sulla destra della tastiera, sono i seguenti: Principale, Ottava, XV, XIX. XXH, XXVI. La tastiera ha un ambito di quattro ottave (di cui la prima corta) da do 1 a do 5 e comprende 45 tasti, placcati in osso (gli inferiori) c in ebano (i superiori). Le misure sono le seguenti: cm. 138 x X IOOx202 di altezza. Segue la spinetta pentagonale n. 724 (725 astuccio). Nella tavoletta che scende verticalmente sopra la tastiera è impresso un marchio a fuoco con varie A c 8 intrecciate; nella striscia mobile sopra i tasti è la scritta (apocrifa): << Antonius Bentes in Breccia A0 1580 » (60). Tn \'ece sulla leva dell'ultimo tasto si può vedere una data che. sebbene mutilata per l'assottigliamento del tasto, si può ancora parzia lmente leggere: « 156 ... » . L'astuccio, trapezoidale. è dipinto all'esterno da una vernice verde scuro e all'interno da pitture raffigurJnti la Maddalena penitente in un romitaggio (al ct:ntro), grottesche con ange li suonatori di cornetti curvi, puttini. uccelli, farfalle (intorno) ed uno stemma nella parte che scende avanti ai tasti. TI piano armonico è di cipresso (come le cornicette); in esso è applic<tta una rosa di carta dorata digradante a tre piani, incompleta. Il somicre è coperto dal piano armonico: i piroli sono originali. Il ponticello sul piano è di faggio e l'altro è di noce. T salterelli (di cui 11 sono mancanti) hanno un solo smorzo. Dei 50 tasti i 30 inferiori sono placcati in bosso con frontalini scolpiti a lunette c piccole semisfere di avorio mentre i 20 superiori, di pero tinto, sono quasi tutti rifatti. Mancano 4 fronla lini c 2 scmisferette. L'ambito è di 4 ottave e una quarta: do, - fa5 • La prima ottava è corta. Vi sono tracce di pedali, che erano collegati ai primi 6 tasti (ottava corta anche al pedale); i fori per i legamenti dei pedali sono praticati anche nell'astuccio. (60) E. M. R IPIN , Th e iii!Jirume11t catafogs of Leopofdo Fnmciofi11i, llackcnsack. ew Jersey, 1974, p. 58, 69.

Dimensioni: Astuccio: Largh. sporgenza tastiera cm. 78,7; pf. tastiera esterna 11; Jato A cm. 172; lato 8 cm. 36,5; lato C cm. 107; lato D cm. 66: alt. con coperchio chiuso cm. 21 ,5. Strumento: Largh. sporgenza tastiera 7 4,5; sola tastiera cm. 71,5; pf. tastiera esterna 11,5; lato A cm. J 62,5; lato B cm. 35; lato C cm. 86,5; lato D cm. 27,5; lato E cm. 56,5; alt. cm. 18,5.

N.B. - La mancanza di un lato nelle misure dell'astuccio è dovuta al fatto che l'astuccio è trapezoidale mentre lo strumento è pentagonale. Lunghezza vibrante delle corde: In nota cm. 128,4; ultima nota 12,5. I ponticelli sono scollati. Punto di pizzico: prima nota cm. 25; ultima nota 7. Segue un pezzo dì eccezionale valore, il cembalo n. 726, costruito nel 1537 da Hans Muller, che fu registrato nel J 543 come « Clavichordicnmachcr » nel libro degli scabini di Lipsia (6 1). Questo strumento, oltre a quello della sua antichità, presenta altri aspetti interessanti per noi, quali i molti elementi italiani che si trovano, ad es., nella costruzione interna c per la cassa, in cui segue modelli italiani (per l'aspetto c la sagoma cfr. con il cembalo raffigurato nel frontespizio delle « FROTTOLE I NTABVLATE DA SONARE ORGAN I UllRO T'RIMO>>. Impresso in Roma da Andrea Anticho de Montana ... » - 15 17). Lo strumento è concepito per avere un astuccio: infatti, al disotto, si notano solchi che indicano ìl movimento che il cembalo doveva fare per essere parzialmente estratto dalla « cassa lcvatora • (comune agli strumenti italiani dell'epoca) ed essere così più comodo per l'esecutore: proprio come si vede nel succitato frontespizio. Naturalmente, come nel frontespizio suddetto, lo strumento non aveva proprie gambe ma era fatto per essere posato su di un tavolo. In questo esemplare non vi sono pitture ma fregi ad intarsio ~d intaglio ai bordi della cassa, che è di abete con impiallacciatura di frassino ungherese aiJ'esterno e di acero all'interno. n piano armonico (di cipresso, come è caratteristico degli strumenti ita liani) si estende anche sopra il somiere, di cui, tuttavia, sul davanti, tolta la striscia che scende sopra i tasti, si vedono gli spessori: di acero sopra e di abete sotto. La rosa non è applicata ma traforata di rettamente nel piano armonico. Il ponticello verso il somiere è di restauro; l'altro

(6t) P. Ki.iPPERS, Ein Beitrag zur Geschichte de!> Mtt· Jik-l nstrumentenmacher Gewerbes mit be.wnderer Rucksicht auf Leipzig, lnaug. Diss., Leipzig, 1886, p. 19.

Sa la Xl : Medioel'o e R inasci111ento

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è originale (di acero). ma è stato spostato. I salterclli. cbe erano del tutto assenti, sono di restauro; essi erano su due file (8'-8') ed in più vi era, sul davanti un registro nasale, che è stato ripristinato. come pure il registro di liuto (l autenzug) che era fra i due 8'. La direzione di pizzico è stata così realizzata nel restauro: ~w ~8' ~nasale

l tasti sono 44: i 27 inferiori sono placcati di radica di acero; i 17 superiori sono di quercia tinta. L'ambito è di tre ottave c una sesta: mancano il 1° do diesis e l'ultimo sol diesis. La prima onava è « stesa ~ . per la stessa natura dello strumento (traspositore). Non vi è nessuna traccia di pedali. dato che, come si è detto, doveva essere posato su di un tavolo. Dimensioni: sola tastiera: cm. 62,6; lato A: cm. 73; lato B: 149,5; lato C: 26,6: lato D: 107,5; lato E: 42; altezza: 19,2. Poiché la tastiera si sposta, per realizzare la trasposizione, si danno anzitutto le misure con la tastiera tutta a sinistra, cioè con l'accordatura pitl bassa; spostata, invece, tutta a destra risulta più alta di un tono. Lunghezza vibrante delle corde: l 0 do: cm. 112,4/ .'IJ 1,7; 2° do: 91,6/ 88,9; 3" do: 51,2/ 48,9; 4° do: 21,8/24,8; ultima nota: 16/ 15,2. Ed ora si danno le misure con la tastiera verso destra: 16 c 3a fila: cm. 111,1 / 110.2: 84,4 / 82; 41,6/ / 43,1; 23,3 / 22,3; 14,2/13.3. Punto di pizzico: prima nota (l" e 3" fila): cm. 5/19,5.

Tastiera a sinistra: ultima nota penultimo salterello: cm. 9,4/3,5. la nota (2 3 e 36 fila): cm. 19,2/16.5: ultima nota (2• e 3• fila): cm. 6,5/ 9,4.

Altro pezzo pregevolissimo per la sua rarità è la spinetta n. 727 (astuccio n. 728), opera di Joannes Karest, cembalaro tedesco di Colonia che lavorava ad Anversa intorno alla metà del '500. Lo strumento proviene dall'antiquario fiorentino Leopoldo Franciolini, da cui Gorga lo comprò. Questo antiquario, fu tristemente noto per aver avuto a che fare anche con la giustizia per certi clamorosi falsi, ma, tra la fine del sec. XIX e gli inizi del XX, era tra i più importanti ed attivi trafficanti di questo genere di antiquariato, sì da fornire pezzi anche di grande valore ai principali collezionisti dell'epoca ed anche a molti Musei (che forse oggi non amerebbero venir ricordati come clienti di Franciolini per timore di veder squalificate

2 J D l-el C alteria armonica

le loro raccolte). Tuttavia Franciolini non esitava solo falsi, di propria o di altrui costruzione, ma vendeva, pur da incompetente c da mercante qual'era, anche pezzi preziosi cd unici il cui valore non si può in alcun modo misconoscere. Anche Gorga era fra i clienti assidui di un tale antiquario ed i pezzi da lui acquistati, che si possono identificare nei cataloghi Franciolini , accuratamente ristampati da E.M. Ripin (1), sono per lo meno una quindicina. L'attribuzione di questa spinetta, nonostante la poca affidabilità dell'antiquario fiorentino , è perfettamente esatta: la scritta, chiaramente apocrifa e di « grafia franciolinesca ~ . che si legge sulla striscia che perpendicolarmente scende sui tasti ( « Joes Karest + Decolonia + Fecit... 1550 ~) è stata evidentemente copiata da una scritta apposta su di una striscia forse troppo rovinata e che, quindi, il Franciolini, dopo averla trascritta. avrebbe disinvoltamente eliminato. Anche l'astuccio, che in un primo tempo era stato accantonato perché ritenuto posteriore, dati i vistosi ritocchi « franciolineschi » (fortunatamente effettuati solo sulla parte esterna) è stato restaurato e riunito allo strumento, poiché si può ritenere originale e quindi facente parte anch'esso dell'opera del Karest. Purtroppo questa spinetta, giunta a noi con il piano armonico letteralmente vuotato da voraci insetti xilofagi, non ha potuto essere restaurata fonicamente ma solo artisticamente come mobile, dopo un'accurata disinfestazione: in una parte delicata quale è il piano armonico ogni restauro avrebbe comunque falsato lo strumento e si è perciò dovuto rinunziare, anche per accorato consiglio dello stesso Ripin. a riascoltare la sua voce purtroppo ormai inesorabilmente perduta: Ripin ha suggerito di farn e una copia per poter avere un'idea, pur approssimativa. della sua sonorità. Prima di ]asciare questo interessante strumento ne tracceremo un piccolo panorama storico, rievocando anche la preziosa e purtroppo interrotta collaborazione con E. Ripin (62). Questo raro esempi o di fattura tcdesco-fiamminP.a del '500 non è l'unico strumento conosciuto che sia uscito dalle mani di Joannes Karest, cembalaro tedesco di Colonia trapiantatosi ad Anversa ed ammesso nella corporazione (Gilda di S. Luca) di quell a città, quale fabbricante di clavicordi, nel 1523; di lui si sa che era ancora vivo nel 1557. Il competente studioso e caro amico E.M. Ripin, con profonda finezza d'intuito aveva collaborato con me studiando questo pezzo c dandomi. in base alla sua inoppugnabile analisi, (112) E. M. .RJ PlN, Tlw instrument ('(1((1/ogs or Lcopoldo Franciolini, cit.. p. 10, 14, 25. 50, 53, 58, 61, 6\:1, 70, 88, 96. 145, 159. ecc.


basata sul suo minuzioso raffronto con l'altra spinetta del Karcst che si trova al M useo di Bruxelles, la convinzione assoluta eli trovarmi di fronte ad un 'opera dello stesso autore. E.M. Ripin avrebbe dovuto dare presto in luce un suo dettagliato studio su questo strumento se la sua dipartita non avesse troncato immaturamente la sua preziosa attività di ricercatore appassionato e di generoso uomo di scienza. Segnaliamo il suo studio sul Karest, che avrebbe dovuto essere feli cemente coronato dal saggio riguardante il nostro pezzo, rammaricandoci che tale studio sia rimasto incompiuto proprio per la parte che doveva completare, con questo esemplare inedito, la personalità di questo prestigioso costruttore. Uno degli elementi basilari per l' identificazione della mano del Karest in questo strumento è stato trovato dal Ripin nella sezione delle fasce della cassa, che ha un andamento particolare, del tutto irregolare ed asimmetrico, tipico del Karest (63); altri significativi caratteri si estendono a tutto lo strumento: dalla decorazione (in cui sono tipiche le strisce spezzate cd i serpentelli che si incontrano in basso ed in alto, ai bordi esterni dci due strumenti di Bruxelles e di Roma), aUa sagoma, ai tasti ed ai loro frontalini, alle lettere della scritta, alle cornicette, ai bordi delle rosette. La forma, poi, singolarmente rassomigliante a quella della spinetta R uckers del 159 1 che si trova a Brugcs (64), si incontra in vari quadri. pure segnalati dal Ripin a proposito della spinetta di Bruxelles.

fig. l

Nell'opera del Karcst, che lo Hubbard (65) considera un trait-d'union fra gli stili fiammingo e italiano, il R ipin riscontra anche qualche affinità con il cembalo Mi.iller, il quale ha pure, come si è visto, molti elementi italiani (66). Un articolo recente sul Karest, steso sostanzialmente su com unicazioni e con l'ai uto di Ripin, è stato pubblicato nel Bollettino del Museo strumentale di Bruxelles del 1974 da Nicola Meéus (67). Appunto in questo articolo si fa cenno di uno strumento simile citato in un catalogo dell'antiquario Leopoldo Franciolini di Firenze (68), catalogo che si trova al Museo di Bruxelles e che, per tale ragione, faceva supporre al Meéus che si trattasse dello stesso strumento, anche se le misure non corrispondevano. Si chiarisce qui che lo strumento offerto in vari suoi cataloghi dal Franciolini per 500 lire, è proprio questo di Roma. Gorga, infatti, era un assiduo cliente dell'antiquario fiorentino, come si potrà constatare anche sulla base delle notizie storiche di altri strumenti che vengono date in queste pagine. Su ll a striscia sopra i tasti è la scritta: « Joannes Karcst + Decolonia + Fecit... 1550 • · La scritta è apocrifa come grafia, ma esatta come sostanza, in quanto lo strumento risulta essere proprio del Karest. Evidentemente è stata trascritta da una striscia originale l'orsc guasta, come si è già eletto. li sostegno, dorato e scolpito, triangolare, a tre gambe, non è originale. Decorazione esterna: bucrani, uccelli, fiori, spighe, cd altri motivi. Sul piano armonico sono dipinti a tempera dei fiori (oggi molto impalliditi). Il piano armonico è di abete, mentre cassa c cornicette sono di acero. All'interno, nella fascia intorno al piano armonico è la scritta « LAVDATE DOM I NVM I N CORDlS ET ORGANO. LAVOATI: EVM ... BENE SONANTIBVS ... :t (parti Originali)

(63) v. fig. l. (64) Pubb licaw da D. Boalch nella 1• tdl7.. della sua racco lta « Makers of th c harpsichorcl and davichorcl 1440 to 1840 • · Lonclon, G. Ronald, 1956, tav. VIli . (65) F. HUBBARO, Three centurie~ of harpsiclwrd making. Cambridge . MaJ)., H arvard University Prcss, 1965, p. 45 e 48-49. (66) E. M. RIPI!'. On Joe~ Kare)t'.~ virgilwl cmd the origin of tlle Ffemisll tradition. In : c Keyboard instruments. Studie<; in kcyboard organology editcd by &lwi n M. Ripin • · Edinburgh , 1971 , p. 65-73 . (67) N. ME~US, La faclurl! de virgina fs à Anvers au ]6• .viècle. In : c The Brusscl~ Museum of musical instruments Bullctin • . vol. IV. 1974, pp. 55·64. (68) E. M. RIPI!'\. The ilwrume/11 cawloif'··· cii .. p. 58, Serie A, n. 7.

Sala XI: M,•diuei'O e RillfiSCtllte/11('

2J7


a lettere giallo oro su fond o blu. c l piano armonico vi sono due rosette in carta dorata a strati (o pergamena): una più grande, verso destra, e l'altra più piccola verso si nistra. Il somiere è coperto dalla tavola armonica. I ponticelli sono di acero verniciato. l salterclli sono assenti, come lo era pure la striscia sopra di essi, che, però, è stata rifatta. I tasti sono 53: i 32 infe riori sono placcati in radica di acero con frontalini trilobati (la loro ornamentazione è costituita da un fregio in carta o pergamena su fondo blu), di cui ne rimangono solo l i ; i 21 tasti superiori sono di lignite. l tasti sono originali, meno 5 superiori c Il inferiori, che sono sta ti rifatti . Ambito: 4 ottave c una quarta: do 1-/a5 ; la prima ottava è cromatica meno il 1° do diesis. Vi sono tracce di pedali nei primj 11 tasti a l basso; nella cassa vi sono

2J8 La Galleria armonica

fori corrispondenti ai primi 7 tasti al basso c gancetti sotto i tasti.

Dimensioni strumento: tastiera sola cm. 7 6,2; Jato A : cm. 177; lato 8: 53,3; lato C: 83,5 ; lato D : 36,5 : lato E: 53,5; Jato F: 19; alt. cm. 22,7; pf. tastiera: 13,8 . Lunghezza vibrante delle corde: l • nota cm. 135,5; ult. nota 11,4. Punto di pizzico: l n nota: cm. 13,2; ult. nota 7. Restauri: per le ragioni sopra dette non si è potuto realizzare un resta uro fonico ma solo un restauro conservativo ed estetico: si è perciò provveduto solta nto alla disinfestazione mediante gas e ad alcune riparazioni al mobile.


684-690. Comamwi torti di

c: Joerg

W eir - 1524 ,. e particolare della scritta del 11. 684 (Vetrina l)

Sala X l : Medioevo e Rinmcimentu

2J.9


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• • •

69 l -695. Comeui diriui/ m mi di Hie. S.; sec. XVI-XVI I (Vetrina l)

696-70 l. Comerri cwTi ricoperli i11 pelle nera; sec. X V I-XVIII (Vetrina l)

2 00

La Gaflnia armottim

702. Tro111ba lunga da araldo di Sebastie11 Hainlein. 1461 (Vetrina 2)


705. Sordone incomplero: sec. XVl (Vetrina 21

707. Liutu rido/lo a mando/a senza piww amiOniço di Vendelinus Tieffenbrucker, 1587 (Vetrina 2)

708. Ciorola / Cetera; sec. XV I (Vetrina 3)

Sala X l : M edioevo e l?inasciJII<.!II IC.'

201


---709. Arpetta a 26 corde; sec. XVI (Vetrina 3)

710 . Liuto rido 110 a mando/a di « Vende /io V e11ere '" · 159 1 (Vetrina 3)

262 La Galleria armonica


7 11 . Mandolone (ex li111o) di «Vende/io Venere ». 1595 (Vetrina 4)

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7 l 2. Flaut o trarerso di M. Rafi; sec. XVI (Vetrina 5)

714, 715. Flawi trfll'ersi ricoperti di pelle nera; sec. XVI (Vetrina 5)

Sa la X l : Medioe i'O e Rinascimento IO

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713. Flauto traverso di C. R afi e particolare; sec. XVI (Vetrina 5)

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716. Flauto dolce e particolare del marchio a fuoco; sec. XVI (Vetrina 5)

717. Flauto dolce e particolare del marchio a fuoco; sec. XVI (Vetrina 5)

264 La Galleria armonica



723. Organo positivo con pitture; sec. XVC (fuori Vetrina)

266 L(l Galleria armonica



726. Cembalo di Hans Miiller, 1537 e particolare della scritta (fuori Vetrina)

208 /,a Galleria armonica


727. Spinelfa di Jow111es Karest. 1550 (fuori Vetrina)

Sala Xl : Medioevo e Rinascimento

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Sala XII SECOLO XVI-XVII

Questa sala contiene tutti strumenti a corda, sia con manico (liuteria) che con tastiera o senza. A quest'ultima categoria appartengono i salteri, qui esposti in grande abbondanza, dato che il nostro Museo sembra esser tra i più ricchi, in quanto dispone di ben ventinove esemplari, di cui alcuni firmati. da nomi illustri di tale materia. Molti di essi sono graziosamente decorati sia con pitture che con figurine di carta colorate e attaccate al legno (,cosiddetta << arte povera ») . Il salterio è uno strumento di antiche origini, consistente in una cassetta trapezoidale su cui sono tese le corde, ordinate in gruppi, di tre o quattro corde l'uno, detti « cori>>. Alle radici dì questo strumento vi sono due tipi: l'uno, a pizzico, detto « salterio >> (dal greco <jJaÀ1:-i}pwv e dal latino << psalterium ») che, nel medio evo, fu anche detto «strumento di porco » perché a qualcuno la sua sagoma ricordava il muso del maiale; esso aveva una certa affinità con l'arabo « santir » e col << q an un », pure arabo; l'altro, invece, era a percussione e veniva detto « salterio tedesco » in Italia, H ackbrett in Ge1mania, tympanon in Francia, dulcimer in I nghilterra, dulcemel in Spagna, dal lat. dulce melos, rimasto immutato anche nei moderni repertori (Sachs, Marcuse). Dal tipo a pizzico è scaturito lo strumento a tastiera pure a pizzico, vale a dire il clavicembalo c suoi affini, mentre al secondo si può riallacciare H clavicordo e, in ultima analisi. il pianoforte, quali esempi di strumenti a tastiera con corde percosse. Tuttavia il salterio nel '700 ha avuto una doppia possibilità: per quanto la tecnica di suono fosse sempre quella a percussione, realizzata con lunghi martelletti. talvolta si usava anche il suonare a pizzico, e ciò era praticato anche nello stesso brano e dallo stesso esecutore, per passi più brillanti, oppure in regioni nelle quali si preferiva il suono delle corde pizzicate a quello delle corde percosse. Nel '700 tale predilezione era maggiormente senti ta nei paesi meridionali, quali l'Italia e la Spagna, che amavano suoni più freschi e squillanti (ragion per cui in tali paesi ebbe più diffusione il clavicembalo del clavicordo, che, pure, fra gli esemplari più antichi, annovera strumenti italiani). Le accordature, gli ambiti, le quantità di corde, sia per ogni nota che, nel loro complesso, per ogni

strumento, variano da un esemplare all'altro e si può quasi dire che non ve ne siano due uguali. Per quanto riguarda l'accordatura vi sono, spesso, dei riferimenti concreti sulla tavola armonica, rappresentati da piccoli frammenti eli carta con su scritta la nota, in notazione alfabetica o nel pentagramma) , che venivano attaccati presso il punto dove la nota si realizzava c questo facilita non poco il riarmo di tali strumenti; i ponticelli non venivano attaccati al piano armonico ma so,lo appoggiati) su di esso per essere poi tenuti ferm i dal tiraggio delle corde. Per la tecnica eli suono è interessante notare come esposto in un poemetto sul salterio scritto da G.B. Dall 'Olio ( l ), poeta e musicista, nonché matematico e costruttore di salteri modenese del '700 - che nei paesi nordici è rimasta in uso 1a tecnica a percussione, realizzata con lunghi martelletti, cioè bacchette con testine rivestite di feltro, mentre nei paesi mediterranei (Italia Spagna) è prevalsa la tecnica a pizzico. In complessi di musica popolare del Tirolo e dell'Austria, si vedono spesso le due tecniche usate alternativamente dallo stesso esecutore. Questo discorso vale per quanto riguarda li settecento e dal settecento acl oggi; se, invece, aneliamo alle origini troviamo due distinti strumenti, considerati come due ceppi di differenti tipi, richiedenti diverse prassi esecutive. Ma passiamo ora ad esaminare il contenuto delle vetrine eli questa sala.

Vetrina 1 Nella vetrina l sono esposti cinque salteri, cosi distribuiti: sul l o ripiano in alto si trovano due esemplari con astuccio, il n. 729 (astuccio n. 730) e il n. 731 (astuccio n. 732). Eccone la descrizione: Salterio n. 729, senza corde. Ha i lati tinti in avana, il piano in abete naturale con cornicetta do-

(l) G. B. DALL.OLlo, La musica, Poemetto, Scritto nel 1770 e pubblicato a Modena nel 1794. Ristampato dal Valdrigbi nella sua « Musurgiana »; Scrandola. Pianoforte. Salterio. Modena, Olivari, 1879.

Sala Xli: Secolo XVI-XV II

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rata; le rosette sono perdute. L 'armatura è a 21 cori di 4 c 5 corde alternati, meno i 4 pitl bassi che sono di 4 corde. Sul piano armonico non vi sono nè note musicali nè pontice lli.

Misure: basi cm. 7.1 / 35; distanza fra di esse 33; lati diagonali cm. 37; alt. cassa cm. 7: 0 rose cm. 7,5 / 6,4. L. vibr. c. mass. cm. 56, 56,3; min. 27,3. L'astuccio (n. 730) è dipinto in verde marezzato dentro e fuori. Nell'interno del coperchio la decorazione in « arte povera » comprende raffigurazioni di dame, cavalieri, pellegrini, animali e piante. Manca la ribaltina.

Salterio n. 735, con i lati tinti in nero, il piano in abete naturale, su cui sono attaccati frammenti di pentagramma con le relative note musicali; la cornicetta intorno ad esso, i sei ponticclli. le due rosette e i piedini sono dorati. L'armatura è a 24 cori: 22 di 4 corde c 2 di 3. per un totale di 94 cord<!. Misure: basi cm 77,5 /4 L; distanza fra di esse cm. 34,5; lati diagonali cm. 39,5; alt. cassa cm. 7,5; 0 rose cm. 7,8 / 5,5 L. vibr. c. mass. cm. 64,3; min. 32,4. Astuccio per dello (n. 736). Nell'interno de l coperchio, decorato in « arte povera • . sono rappresentati una portantina trasportata da due cinesi, piante, archi e figurine varie.

Salterio n. 731, dorato. Sui lati della cassa sono attaccate figurine colorate di « arte povera » rappresentanti maschere, danzatori, suonatori jn costumi del '700; le rosette sono perdute: sono presenti dei ponticclli dorati. L'armatura è a 20 cori di 4 c 3 corde Gllternati, meno i 3 più bassi, che sono di 3.

Nel 3° ripiano in basso, si trova un grande salterio n. 737 di formato e struttura eccezionali, costruito nel 1779 da Antonio Battaglia (l'astuccio, dipinto in verde grigio, ha il n. 738 e non è esposto). Il salterio è dipinto in rosso e nero con 5 rosette dorate. Anche i piedi sono dorati. come pure la cornice intorno alla base.

Mimre: basi cm. 65,2 / 33,5; distanza fra di esse cm. 34: lati diagonali cm. 34,5; alt. cassa cm. 6.5. L. vibr. c. mass. cm. 54; min. 28,5.

Misure: basi (in Legno tinto nero, senza la cornice dorata) cm. 139,5/70; distanza fra di esse cm. 34; lati diag.: sin. cm. 57; d. 41 ,5; alt. cassa cm. L. vibr. c.: mass. cm. 100; min. 20,5.

Astuccio (n. 732). Decorato in << arte povera »: nell'interno del coperchio sono attaccate figurine che rappresentano danzatori, suonatori, piante cd animali.

Armatura: a sinistra: 10 cori di 2 corde l'uno; al centro-destra: 10 cori di 2 corde l'uno; a destra: 9 cori: 4 di 2 e 5 di 4 corde l'uno. Il tutto per un totale di 68 corde.

Nel 2u ripiano sono altri due salteri con astuccio:

Salterio n. 7 33, piccolo. - con i lati tinti in nero c fregi azzurri dipinti sul piano armonico, agli angoli c fra le rosette, che sono argentate. L'armatura è a 20 cori di 4 e 3 corde runo alternati. Misure: basi cm. 51 / 36; distanza fra di esse cm. 26; lati diagonali cm. 26,5: alt. cassa cm. 6: 0 rose cm. 5,8/ 4,5. L. vibr. c. mass. cm. 41: min. 27. 11. 7 34. - Astuccio per detto. Ha una decorazione analoga a quella del saltcrio; nell'interno del coperchio sono dipinti fregi azzurri simili a quelli del saltcrio ma con in più uno stemma contenente un mazzo di spighe dorate c, in alto, tre stelle pure dorate, tutto su fondo azzurro. Ai lati esterni dell'astuccio, tinti in nero, sono due anelli di ottone su attacco in ferro; l'interno deiJ'astuccio stesso era probabilmente rivestito di stoffa, come fanno ritenere le molte bullettine rimaste, che dovevano forse fissare un tale rivestimento.

272

La Galleria armonica

La prima peculiare caratlenstica di questo tipo di saJterio è quella di essere am1ato con corde di budello: il suono sarà così forse meno brillante, ma è piì1 pieno, cioè piLI simile, come dice il testo che più avanti sarà ri portato, a quello dell'arpa. Altra singolarità è il fatto di avere due piani di impostazione delle corde, quasi a formare una diversa prospettiva sonora. Di Antonio Battaglia parla Carlo Gervasoni nella sua 4 Nuova teoria di musica • (Parma, 1812, p. 47); egli si riferisce evidentemente al tipo di strumento presente qui, in quanto le caratteristiche l>Ono sostanzialmen le le stesse. Ma ecco il brano che lo riguarda: « Anche il salterio. che soltanto da mezzo secolo in addietro era uno strumento imperfetto, mancando allora di vari suoni cromatici nece~sari, onde modulare ne' diversi tuoni, lo trovian10 oggi in ogni sua parte compito. ll più moderno Salterio poi a corde di budella. in diversa forma costrutto di quello a corde d'ottone, e detto perciò Arpa distesa non conta che 30 anni circa da che fu inventato dal Padre Grazioli in Lodi, e perfezionato da Antonio Battaglia in Milano l> . Il luogo di lavoro di Antonio Battaglia. in Milano, dichiarato nella maggior parte delle etichette dei suoi salteri sparsi in vari musei del mondo, è « nella stretta


del Mangano, dirimpetto a Santa Maria Segreta, vicmo al Cordusio », luogo ancor oggi faci.Jmente identificabile, dati gli clementi anche attualmente reperibili, quali Santa Maria Segreta, di c ui esiste ancora una via, ed il Cordusio, proprio nel centro della vecchia Milano: la chiesa non esiste più, ma vi è ancora la strada ad essa dedicata. L'etichetta di Antonio Battagl ia indica chiaramente il luogo in cui egli lavorava e certo anche abitava - in una piccola strada del centro della Milano del sec. XVII e di oggi, cioè nella zona del Cordusio. La d icitura « alla stretta del Mangano, dirimpetto alla chiesa di S. Maria Segreta» è pienamente identificabile nelle piante di Milano del ' 700. Citiamo fra tutte le « Pianta del la città di Milano » del 1788 c he si trova nel Gabinelto delle stampe della Biblioteca Nazionale Braidense d i Milano, in cui si vede l<t chiesa di S. Maria Segreta, affiancat<t dall'incrocio delJa via c della Contrada di S. Maria Segreta con la relativa piazza dinan zi alla chiesa stessa. La «stretta del Mangano» si dipartiva dal la suddetta contrada e raggiungeva in breve, dato che era molto corta, la contrada del Cordusio. La « via del Mangano» , come viene definita in « Milano e le sue vie» di Felice Venosta (Milano, Giocondo Messaggi, 186 7)), era così chiamata « dall'esservi anticamente una officina da manganatori, - cioè di quelli che lisciano gli abiti dopo essere stati tinti, - forse la prima che in Milano venisse stabilita ». In allra pubblicazio ne ( « Nomi delle contrade di Milano secondo l'ordine a lfabetico e numeri co' quali sono indicate le case». Milano, Gius. Marella, 1788) vengono elencate 10 case (col relativo numero civico) che si trovavano nel « Vicolo de l Mangano ~ (dalla ristretta quantità di esse s i deduce quanto fosse corta la strada): ulteriori ricerche (se ancora esistono gli « St.atus anima rum » ) potranno portare a identificare con precisione la casa del Battaglia. Aggiungiamo una piccola notizia riguardante la zona. La chiesa di S. Maria Segreta, vicino al Cordusio, era allora (sec. XVJH) dove è oggi il Palazzo della Posta. per la costruzione del quale (1910-12) essa fu demolita; fu poi ricos truita, con pianta c materia le dell'antica chiesa, in altro luogo (all'incrocio di via Ariosto con via Lorenzo Mascheron i in piazza Tommaseo), nel 1918. Si tratta di un salterio che, a quanto risulta da ricerche effettuate su tutti i musei più importanti di strumenti musicali del mondo, risulta essere l'unico esemplare di questo ti po speciale, costruito da Antonio Battagl ia. Alt re sue opere (tutti salleri meno un pianoforte del 1778 che si trova a Milano, nel Castello Sforzesco) sono spa1·se in vari musei d 'Europa e vanno da l 1757 (detta di due saltcri conservati a Milano) al 1785 (data di un salterio alla Hiindei-Haus di Halle, strumento che mi ha consentito d i integrare l'etichetta del nostro esemplare, che era stata strappata ed era quindi lacunosa sul ma rg ine s inis tro. L'etichetta applicata allo strumento di Halle non si riferiva ad esso ma vi era stata applica ta per propagandare il nuovo tipo che da sci armi il costruttore aveva inventato: è stato, perciò, doppiamente interessante per noi trovarla in quell 'esemplare (dove si

trovava, diremmo, quasi a sproposito) perché in tal modo si è potuto ricostruire il testo della lunga illustrazione del nuovo t ipo di salterio. « Gcrol. Cattaneo Scolpi in Mi.Jano 1779 l Il Fab· bricante de Salterj d'ogni qualità Antonio Battaglia abitante nella [ Contrada detta la Stretta del Mangano presso S. 18 Maria Segreta fabbrica pure un Salterio armato di corde di Budello tutto di novissima invenz ione, il quale rende un suono armoniosissimo più forte, e pil! brillante dell'Arpa, c perciò ha incontrato l'universale aggradimento. Questi abbenché sia d ' un lavoro e figura del tutto diversa dagl i altri Salterj comuni, ciò non ostante però qualunque Sona l torc di Saltcrio può sonarl o con ogni facilità e franchezza perché si s uona coll'istcsso portament.10 di mano con cui si suonano gli altri Salteri soliti, non essendo variata in verun modo la situazione delle voci e queste voci portano due corde per ciascheduna le quali ugualmente incordate, ed unissone formémo una voce sola tutte le dete corde restano attaccate ad un recipiente, che forma corpo all'uso dell'Arpa. da dove traman.cta la voce c mantie ne egualmente l'accordatura. Per Magiore intelligenza se ne da col presente disscgno la norma, qual s ia la struttura di tale Salterio il quale però s i fabrica tanto in ottava basso, quanto in ottava alto a piacimen. 10 dc Sig.n Virtuo.S1 ».

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Vetrina 2 Su 1° ripiano in a lto si trova la chitarra n. 739, a 5 corde doppie, che ba una rosetta molto simile a quelle usate da Stra divari per le sue chitarre. Tn torno a lla rosetta vi è una doppia striscia composta da quadratini di avorio ed impasto nero. Sul ripiano, verso il basso, vi è un intarsio in ebano raffigurante un cuore in cima ad un monte. I piroli hanno du e puntini di madreperla, uno nella test ina c l'altro nella punta. La tastiera è profilata in avorio; la piastra della paletta è in avorio graifito (un fregio floreale, una testa di drago, una lira) con in cima un bottone d'avorio per sostenere la tracolla. T tasti sono 15: 11 di metallo sulla tastiera e 4 di legno scuro s ul piano.

Misure: L. tot. cm. 106; L. piano cm. 50; L. manico cm. 56; l. alta cm. 22 ,8; media cm. 19,5; bassa cm. 28,5; alt. l'asce cm. I l l 12; L. vi br. corde cm. 76,3. Segue la chitarra n. 740, firmata « IACOBVS DE FECIT BR l XIA E ». L a firma è graffita in una piastra d 'avorio rettangolare orlata da una doppia filettatma che si trova nella paletta. Questo nome, non a lt r ime nti noto, è sfuggito anche a varie ricerche espletate negli archivi bresciani e questo fatto sembra anche gettare una certa ombra sulla questione della autenticità di un tale sedicente autore. Il bordo d el piano è profilato in avorio. I l fondo è in t re parti di-

MENS!S

Sala XII: Secolo XVI-XVll

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vise da filettature di ebano. La rosa applicata nel piano è ad arabeschi floreali. Lo strumento è a 5 corde doppie ma i piroli non sono originali, anche se non sembra che i fori abbiano subito modifiche.

insent1: 12 sulle tastiera e 5 sul piano; il capostasto manca. Lo strumento, che è qui in deposito dal Museo di Palazzo Venezia, vi è pervenuto dal Lascito Wlirts col n. 1213.

Misure: L. tot. cm. 103; L . manico cm. 55; L. plano cm. 54,5: J. alta cm. 23; media cm. 20; bassa cm. 28: alt. fasce cm; 10/ 9.5: 0 rosa cm. 12,2/ 9,4; L. vibr. corde cm. 74,4.

Misure: L. tot. cm. 97.3; L. corpo cm. 46,5: L. manico cm. 50,3; l. corpo alta cm. 21; media 18,2; bassa 25; pf. cassa cm. 14; L. piano cm. 45,5; l. mass. piano cm. 25: 0 rosa (buca) cm. 7 ,9; alt. fasce cm. 6,3 / 10,5/8,5; tastiera: l. sup. cm. 4,8; l. inf. 5,9: L. tot. 43; L. vibr. corde cm. 65,5.

Nel 2° ripiano sono esposte a ltre due chitarre, che sono senz'altro le più belle del Museo, sia per i materiali usati (ebano e avorio) sia per la fattura, che, con la straordinaria leggerezza e l'eccezionale decorazione, rivelano mani particolarmente abili . L a prima è una chitarra battente, segnata P .V. 8191, opera di J acob Stadler. Questa chitarra ha, purtroppo, subito varie modifiche. diremmo costituzionali, in quanto, nata a 5 corde doppie, come d'uso al suo tempo (sec. XVTI), fu ridotta, intorno alla metà del '700, a 6 corde semplici: 4 fori sono stati chiusi ed i piroli , non originali, come la cordiera cd i bottoni fermacorde, sono quindi, attualmente, 6 (l manca). Inoltre, il foro armonico si può definire veramente, come nelle chitarre ottocentesche. « buca ~. in quanto ha perduto, purtroppo, la rosa, che era certo come quella che possiamo ancora ammirare, cd es .. nella bellisima chitarra. opera dello stesso autore, conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna (2); la segnatura viennese di questa chitarra (C. 56) ci dice che essa proviene dal Catajo, castello estense presso Padova. Altra sua chitarra battente, però, datata M onaco 1624, pare sia passata a Londra, nella Col!. W.E. l lill & Sons (3). Ma riprendiamo ora l'esame di quella qui esposta. Sulla paletta si trovano due piastre rettangolari di avorio graffito con paesaggi c la puletta stessa è profi lata in avorio, come pure lo sono la tastiera ed il piano. Il retro della cassa è a doghe di avorio e di ebano alternate; il manico è tutto ricoperto da intarsi costituiti da piccole losanghe in ebano e avorio. Nelle fasce sono inserite piastre di avorio graffito con scene di caccia al cervo. al cinghiale, alla lepre. Sempre nelle fasce, ai lati dell'attaccatura del manico, vi sono, graffite nell'avorio, due sirene che afferrano con le mani le volute delle loro doppie code; sul piano sono applicati leggeri ramagcs in ebano intorno a lla buca e sotto la cordiera; il piuno, in abete, è profiJato in ebano e avorio: la tastiera è placcata in ebano e bordata in avorio: i 17 tasti, di metallo, sono

(2) J. Sc ri LOSSER, Die Sammlung alter Mu.l'ikinstrumente , Wien, 1920, p. 58: testo c tav. IX: foto. (3) A. BAI!'.ES, America/l & European mcoical illstrumellt\. London. 1966; te~to: p. 47. fig. 291.

274 La Galleria armonica

Jakob Stadlcr era originario di Fiissen, piccolo centro delle Alpi Bavaresi che dette i natali alla maggior parte dci liutai tedeschi trapiantatisi in Italia. Sarà forse utile aggiungere, per meglio illustrarne la figura, qualche cenno sulla sua famiglia. Si sa che un Michael Stadler, parente di J akob e di Andrea, allievo di Amati. originario di Fiissen. professava a R oma tra il J 649 cd il 1657. Un Caspar Stadlcr, !iuta io c musicista alla corte di Monaco nella prima metà del '700, aveva un fratello di nome Antonio c due figli, Gaetano e Franz, la cui attività alla corte monacense si può dire abbracci il periodo 1726-1791. Opere note di Caspar sono: una viola d'amore a 14 corde, del 1716, con una testina di Amore non bendato in cima al riccio, strumento già nella Coli. Gorga, come la maggior parte degli strumenti di questo Museo: alcuni violini con volta alta, fondo in un pezzo, vernice di colore rosso-bruno (4); una viola d'amore con etichetta « Caspar Stadlcr Lauten- l uncl Geigenm acher in Miinchcn l 1714 » è al Germanisches Nationalmuseum di Norimberga con la segna tura « Ml 208 » . Segue l'altra chitarra n. 741, pure battente, in ebano e avorio, che è il vero gioiello tra le chitarre del Museo, a 5 corde doppie e con un marchio a fuoco, ripetuto due volte su l piano, presso l'attaccatura del manico. che può lasciar pensare (poiché vi si trovano una àncora ed una T ) a Vendelino Tieffenbrucker, membro più emergente di una celebre famiglia di liutai tedeschi venuti a lavorare in Italia (5). TI retro della cassa è a 3 1 doghe di ebano filettate di avorio pitl le fasce, consistenti in 7 doghe di ebano filettate di avorio. Il manico è placcato da intarsi di avorio ed ebano (rcttangolini alternati); sul piano sono intarsia ti 3 cuoricini di avorio presso l'at-

(4) R. VA:-:NES, Dictionnaire u11iversef des futhiers, I. 2me éd. Bruxelles, 1951, p. 340; alla stessa pagina è citato anche Jakob. (5) L. CERVELLI. Brevi 11ote sui liurai tetlesclli allivi itt Italia dal çecolo XV I al XV II. in: Stuùicn zur itali.:nbch-dcut)chcn Musikgc~chicbte, V. Ko ln-Graz. Bòblau Vcrlag, 1968. p. 332-335.


taccatura del manico; ai lati della cordiera si espandono fregi di ebano a ramages; in basso: un cuoricino sopra un monte (su cui è scritto a matita il numero 1589: forse una data che qualcuno poté vedere nell'intemo jn una eventuale etichetta, in occa.s ione dì un distacco della rosa, poi riparata e richiusa, e che ora nessuno si prenderebbe l'arbitrio di aprire). n bordo del piano è ornato da fregi ad intarsio (rombi e tondiai) come all'orlo della rosa. Alla base della cassa vi sono 5 viti moderne in ottone. La cordiera non è originale. Misure: L. tot. cm. 84,5; l. alta cm. 19,5; media cm. 18,2; bassa cm. 23,7; L. manico cm. 41; L. piano cm. 48; alt. cassa cm. 13; L. vìbr. corde cm. 53,8. Nel 3° ripiano, in basso, è esposta la chitarra n. 743, (Sec. XVII) molto profonda, a 5 corde doppie, con un interessante marchio a fuoco, r·ìpetuto 2 volte sul piano, presso l'attaccatura del manico: esso è costituito da un albero piantato sul più alto di tre monti sovrapposti araldicamente e fiancheggiato dalle lettere M e G, che farebbero pensare a Magno Graill. Le fasce e il fondo sono di cipresso con filettature in ebano; il piano è in abete; la rosa è perduta; al bordo della buca vuota si trovano intarsi formati da quadratini di avorio e impasto nero. L a cordiera non è originale. Tastiera e manico sono placcati in ebano. Misure: L. tot. cm. 104,5; J. alta cm. 22,5; media cm. 19; bassa cm. 28; pf. 11,7 l 10,2; 0 rosa (vuota) 11,2 l 8,5; L. vibr. corde cm. 75,5. Chiude la serie degli strumenti di questa vetrina 2 il mandolino napoletano n. 742, della fine del sec. XVUI, a 4 corde doppie, il quale, contrariamente al tipo, divenuto tradizionale, del mandolino napoletano con la « buca » vuota, ha, applicata nel piano, una rosetta digradante a 3 gradini, in carta e forse anche pergamena, a croce greca e colonnine, con il bordo intarsiato di madreperla e impasto nero. All'attaccatura del manico vi sono fregi in madreperla (una piastrina sagomata c un cuoricino); al disotto della rosetta, nel piano, è applicata la piastra dì r iparo dal plettro, in tartaruga; il ponticello, in avorio, non è originale. La tastiera, in tartaruga, è bordata in madreperla; i tasti sono 21 (20 in metallo sulla tastiera e l in legno sul piano). Sulla paletta sono applicate della piastre in madreperla graffita con scene varie: una coppia danzante, un bevitore con bicchiere, una scena di corteggiamento e, al centro, uno stemma marchionale composto da spighe, 3 monti con un leone e, sotto, forse, un berretto frigio; a i bordi della paletta vi sono pomellini dì avorio e dì osso; la parte posteriore del ma-

nico è a filettature di avorio e dì ebano; il retro della cassa è a 15 doghe più le fasce (di acero); i piroli , con pallini di avorio in cima, sono originali; l'avorio e l'ebano profilano il bordo del piano, mentre sotto la cassa, in basso, si trovano i 4 bottoncini fermacorde in osso. Misure: L. tot. cm. 55,5; L. manico e paletta cm. 29; L. piano cm. 26; l. mass. piano cm. 15,8; pf. cassa cm. 10; 0 rosa cm. 915; L. vibr. corde cm. 31,7.

Vetrina 3

Questa vetrina è dedicata alla famiglia dei liuti, a partire dal liutino n. 744, esposto sul piano in alto, per il quale s i potrebbe, tuttavia, ipotizzare un'origine come mandolino milanese, dato che manico (compresa, naturalmente, la paletta) e piroli non sono originali. L 'armatura - questo termine può sembrare troppo font: pt!r Lilla creatura così piccola a delicata, ma forse può essere un giusto contrappeso alla sua piccolezza - di questo strumento è quella tipica del liuto quale era al momento del suo massimo splendore, l'epoca rìnascimentale, cioè a 6 cori di 5 corde doppie più una semplice, per un totale di 11 corde. I tasti, secondo l'uso antico del liuto, sono di budello ed in numero di 7. La rosetta, non applicata ma intagliata nel piano, è a disegni geometrici con tralci intorno ad un quadrato. l! retro della cassa è a 11 doghe di acero tinto, con fi lettature di acero naturale; il manico è di noce con filettature di avorio. Misure: L. tot. (senza paletta) cm. 35,5; L. paletta cm. 15; l. mass. piano cm. 14,5; pf. cassa cm. 7,2; 0 rosetta cm. 7 15,7; L. vibr. corde cm. 29,5. D opo il Jiutìno si avvicendano in questo ripiano e nel sottostante vari mandolini milanesi, i quali sono, tuttavia, sempre della stessa famiglia dei liuti: lo provano i pìroli, che sono irtfissi lateralmente nel cavigliere, come nei liuti, contrariamente a quelli dei mandolì ni napoletani (e genovesi) che sono inseriti nella paletta dal dietro in avanti . Al fiutino segue il mandolino milanese n. 745, a 6 corde doppie, s·enza nome d'autore, ma certo opera di un artefice raffinato, che, nella combinazione delle tinte, data dall'alternanza della madreperla e dell'avorio, ha saputo dare a questo strumento una notevole eleganza dì ornamentazione, costituita da una rosetta geometrica non applicata ma intagliata direttamente nel piano armonico; la tastiera è placcata in ebano con intarsi di madreperla e avorio: 4 piastre esagonali (2

Sala XII : Secolo XVl-XVll

27J


in avorio e 2 in madreperla) piLI un rettangolo ed un cuoricino, entrambi di madreperla; alla base del piano si trova una piastra di avorio e i bordi del piano c della tastiera sono profilati di osso e di avorio. Il retro della cassa è a l l doghe (filettate di ebano) cui si aggiungono le fasce; il retro del manico è placcato con imitazione di tartaruga; la cordiera è placcata di avorio; il manico termina in una piastra quadrata con intarsi: 2 triangoli rettangoli di ebano e avorio combacianti per le loro ipotenuse. l piroli hanno in cima alle testinc dci pallini in avorio e osso; il cavigliere è bordato in avorio c osso. Misure: L. tot. cm. 57,2; l. mass. piano cm. 14,4; pf. cassa c. 7,5; 0 rosa cm. 5,814,7; L. vibr. corde cm. 33,2.

Segue il mandolino milanese n. 746 (con astuccio accanto), che potrebbe, più che milanese, definirsi forse mantovano, a 5 corde doppie, opera di « Giovanni Smorsone 1 In Roma l 1709 ~ (etichetta manoscritta nell'interno). Lo strumento ha una linea affusolata, con il retro della cassa a 13 doghe più le fasce; sulla tastiera, profilata in avorio, sono applicate 4 piastre rettangolari di madreperla, anch'esse profilate in avorio. Sul piano in alto si trovano un cuoricino ed una piastrina sagornata in madreperla; la rosetta, intagliata nel piano, è una stella a 12 punte (2 rosette a 6 punte sovrappostc); il retro del manico c il cavigliere sono ornati da quadratini di avorio c palissandro intarsiati; il piano, il manico ed il cavigliere sono profilati in avorio.

Coli. Care! van Leeuwen Boomkamp già a Bussum ed oggi ad Amsterdam, ed un altro è nel Gcrmanisches ationalmuseum di Norimberga (MlR 878, già nella Coli. RUck), non datato ma attribuito da antichi cataloghi al 1690 circa. Le date di questi due strumenti sono, in verità, piuttosto distanti da quella che sembra di poter leggere nel nostro strumento, date estreme che farebbero pensare acl una attività lavorativa di 80 anni: la cosa è piuttosto eccezionale ma non impossibile, se si pensa che Stradivari lavorò per oltre 70 anni. Ambrogio Maraffi abitava nel centro di Milano: il nomc di Case Rotte dato alla zona si riferiva alle antiche case del la famiglia Della T orre, che furono distrutte nel 1311 dai soldati di Arrigo VII d i Lussemburgo. La chicsa di S. Giovanni Decollato, detta anche « alle Case Rotte • per essere nella zona suddetta, fu poi anch'essa demolita in occasione dell'ampliamemo della strada per la costruzione della sede Banca Commerciale Italiana. La parte centrale della facciata fu rimontata nel 1924 su di un fianco della chiesa di S. Maria Segreta, in piazza Tommaseo, vicino al Cordusio, dove si trovavano varie botteghe di costruttori di strumenti musicali, fra cui il già ci tato Battaglia. fabbricante di salteri.

li rnandolino milanese del Maraffi ha le seguenti caratteristiche: 6 corde doppie, una rosetta (applicata, o, meglio. inserita 11el piano) del tipo di qucUe usate dagli altri celebri liutai milanesi Presbler; il piano, la tastiera, il cavigliere e la piastra in cima al ncc1o sono profilati in avorio; il retro della cassa è a 9 doghe di noce più le fasce; il piano è in abete.

Misure: L. tot. cm. 56; l. mass. piano 12,5; pf. cassa cm. 7,5; 0 rosetta cm. 5,615; L. vibr. corde cm. 35,7.

Misure: L. tot. cm. 56; L. mass. piano cm 14,5; pf. cassa cm. 8,7; 0 rosa cm. 615,2; L. vibr. corde cm. 31,3.

Astuccio, n. 747, il quale, anche se non fu fatto per questo strumento, vi si adatta benissimo e lo contiene perfettamente: esso è in legno ricoperto di pelle, fermata ai bordi con chiodini da tappezziere a testina semisferica, ed ha dei disegni romboidali incisi nelle fasce. Tn cima, presso il luogo dove si appoggia il cavigliere, vi è una serratura, ma la chiave è perduta. L'interno è foderato di tela fiorata, fermata al bordo con un nastrino verde scuro incollato. Misure dell'astuccio: L. tot. 59,5: l. mass. 18,5; alt. 12.8. Segue, nel 2° ripiano, centrale, il mandolino milanese n. 748, firmato da un noto liutaio milanese: « Ambrogio Maraffi l vicino a S. Giovanni 1 Alle Case Rotte l in Milano l 1769 ~ (etichetta, stampata, nell'interno). Di questo autore, attivo a Milano alla fine del sec. XVll c nel sec. XVIII, specializzatosi particolarmente in chitarre e mandolini milanesi, un pregevole mandolino milanese, datato l 689, si trova nella

Segue un altro mandolino milanese, il n. 749, pure a 6 corde doppie, in cui l'etichetta interna, manoscritta, sembrerebbe, sulle prime, « Benedetto Gualzatta l Roma 1629 • ma, osservando meglio. si può ritenere che la data vada letta « 1679 ~ . il che appare anche più in accordo con le date degli altri suoi strumenti: un «Cavaco» (6) del1716, già nella Coli. Crosby Brown col n. 144 è ora al Mctropolitan Muscum di New York col. n. 1044, firmato « Bcnedito Qualzatta l [R ]oma 1716 • . Questo strumento ha un piccolo corpo tondo formato da w1a zucca ornata da incisioni rappresentanti figure grottesche con strisce di disegni

27O La Galleria tm110nica

(6) Chitarra portoghese che è un ibrido fra la chitarra c il mandolino, con 4-6 corde; il tipo a 4 corde è dcito cavaquinho o machete; il tipo a 6 corde è accordato come la chitarra.


raffiguranti foglie; il piano armonico è bordato di avorio. Una pandurina del 1718 è a Norimberga (Germanischcs Nationalmuseum, MIR 875, già Coli. Ri.ick). Un'altra pandurina, del 1725, è nello Schweiz. Landcsmusetml di Zurigo, firmata <<Benedetto Qualzatta a Roma 1725 ». L'iniziale del cognome è anche qui la « Q ». Caratteristiche dello strumento qui esposto. oltre la data, di cui si è parlato sopra, sono le seguenti: piroli, profilo del cavigliere c piastra quadrata in cima al cavigliere stesso sono in osso; la rosetta (eseguita con la tecnica che imita nastri intrecciati), non originale, è applicata nel piano, mentre quella originale era traforata nel piano stesso. II retro della cassa è a 11 doghe più le fasce (in acero filettato di osso). La tastiera e un fregio a forma di cuoricino applicato in cima al piano sono in madreperla graffita con disegni di tralci floreali. Anche i piroli, in avorio, sono graffiti; così pure il cavigliere termina con una piastra di avorio grafEita in cui è raffigurata una maschera. La cassa è a 14 daghe di ebano, filettate in avorio, più le fasce.

Misure: L. tot. cm. 57,5; l. mass. piano cm. 15,5; pf. cassa cm. 9,7; 0 rosa cm. 6,615,7; L. vibr. corde cm. 34,7. L'ultimo del 2° ripiano è il mandolino milanese, anonimo, n. 750. Esso ha, naturalmente, 6 corde doppie; i piroli sono in osso e avorio; la piastra in cin1a al cavigliere, i bordi del cavigliere, della tastiera e del piano sono profilati in avorio; il retro del manico è placcato in ebano filettato di avorio; la tastiera è placcata di madreperla. Pure in madreperla sono due piastrine, in alto e in basso sul piano, e all'orlo della rosa. La rosa, purtroppo, è perduta.

Misure: L. tot. cm. 56,5, l. mass. piano cm. 16; pf. cassa cm. 9,8; 0 rosa cm. 815,7; L. vibr. corde cm. 31,2. Nel 3° ripiano, in basso, sono esposti due liuti, il n. P.V. 8190 ed il n. 751. Eccone la descrizione:

P. V. 8190. È opera del noto liutaio tedesco Buechcnberg, uno fra i piì:1 celebri artigia1ù tedeschi trapiantatisi in Italia tra il 1400 ed il J 800 (7). All'interno si trova la seguente etichetta manoscritta: « Matheus Bucchenberg l Roma l i6i7 :1} . n retro de lla cassa è a l 1 doghe (più fasce) in acero filettate di ebano. La rosetta, traforata nel piano, è a fregi floreali. Il marchio a fuoco è costituito da 3 monti, di (7) V. L. dt .. pag. 305.

CERVELLI,

cui il centrale è araldicamente sovrapposto agli altri due, sormontato da un albero con tronco fiancheggiato dalle lettere M e B; tale marchio è ripetuto 2 volte: sul piano, verso l'attaccatura del manico, e sotto la cassa, in basso. Lo strumento è stato. purtroppo, « chitarrizzato >>, secondo una deplorevole consuetudine invalsa nell'ottocento. c quindi il cavigliere. il manico con la tastiera e la cordiera non sono originali. Il capotasto (con 8 intaccbe) e il ponticello sono di madreperla. Sulla tastiera sono fissati 10 tasti di metallo (di cui l è perduto).

Misure: L. tot. cm. 99; l. mass. piano cm. 36; pf. cassa cm. 17; 0 rosa cm. 12,2/ 10,5; L. vibr. corde cm. 63,2.

n. 751. - LitiiO con etichetta interna (ms.) « Bastiano Plardjini ('?) in Firenze», liutaio attivo, secondo il Vannes (8). nella prima metà del sec. XVII. Tnoltre sempre all'interno vi sono due etichette manoscritte. di restauratori: « Zaccaria Petrai l dilettante R omano l al 1816: 26 luglio » l « A ... R estaurò a di l 15 gennaio 1856 • . Lo strumento è a 16 corde. H retro della cassa è a 25 doghe (di tasso) più fasce; il retro del manico è in ebano filettato in avorio, come pure la paletta, che ha il retro decorato da intarsi in ebano ed avorio. TI capotasto è in avorio. Sulla tastiera si trova una piastra in madreperla talmente bombata che non consente di tastare le corde, quindi di suonare lo strumento: forse fu messa in sostituzione di una piastra d'avorio graffita, perduta o rovinata. Per la tracolla vi sono due pomeUi: uno in avorio in cima al cavigliere e l'altro in legno sotto la cassa. Misure: L. tot. senza cavigliere cm. 69,8; L. cav. cm. 25; L mass. piano cm. 30; pf. cassa cm. 14,7; 0 foro rosa cm. 10,518,4.

Vetrina 4 Nella vetrina 4. che ospita altri sette salteri, troviamo, sul 1° ripiano, lo strumento segnato P .V. 8 185, con astuccio; il piano armonico è in abete naturale con camicetta. rosette e ponticelli dorati. È stato riarmato con corde di ottone. L'accordatura è a 24 cori di 3 e 4 corde l'uno alternati, tranne i 3 piLJ bassi, che sono di tre corde.

Misure: basi cm. 71 139; distanza fra dj esse cm. 34; lati diagonali cm. 37,8137 ,6; alt. cassa cm. 7; 0 rose cm. 8 / 5,7. L. vibr. c. mass. cm. 59,5; min. 30,2.

Brevi note .wi liwai tede.1chi ... (8) R. VAN,ES, op. cit., l. p. 268.

Sala Xli: Secolo XVI-XVII

277


Nel coperchio dell'astuccio è dipinto, su fondo verde, uno stemma che araldicamente si può così definire: Partito primo d'oro a tre bande d'azzurro, secondo d'oro al leone al naturale; il tutto al capo di rosso all'aquila bicipite d'argento. Sem pre nell 'interno, nella parte bassa, attorno allo strumento, l' astuccio è foderato di seta a fio rami di vari colori. Segue, sullo stesso piano, il salterio n. 935, senza astuccio, con lati tinti in marrone, piano naturale e due rosette bianche ad elaborati ramages (la rosetta di destra ha una piccola lacuna tonda). L 'armatura è a 20 cori di 4 c 3 corde l'uno alternati.

Misure: basi cm. 67 / 35,5; distanza fra di esse 30; lati diagonali cm. 34,5 / 34; alt. cassa cm. 6,5; 0 rose cm. 8,8 / 6,5. L. vibr. c. mass. cm. 56,5, min. 30,3. Nel 2° npmno sono esposti altri due salteri: uno senza astuccio (n. 756) c l'altro con astuccio (n. 753754).

Salterio 756. È decorato, tutt'intorno alla cassa, da « arte povera », figurin e raffiguranti dame e cavalieri , venditori di uccelli, suonatori, animali (prevalentemente uccelli) e piante. Il piano armonico, in abete naturale, è orlato da una cornicetta dorata profilata di rosso; le due rose e i ponticclli sono anch'essi dorati. L 'armatura è a 20 cori di 4 e 3 corde alternati. Misure: basi 65,7 / 34; distanza fra di esse 29,2; lati diagonali 33 ,2 / 33; alt. cassa 6,8; 0 rose 7,5 l 5,8. L. vibr. c.: mass. 54,7; min. 30,2. Segue, sullo stesso ripiano, il n. 753 (ast. 754), con piano armo11ico in abete naturale orlato da cornice dorata. Il lato anteriore della cassa è ornato da pitture raffiguranti paesaggi con alberi. Le rose sono perdute. L 'armatura è a 21 cori di 4 corde l'uno. Non vi sono nè indicazioni di note nè ponticelli sul piano armonico. Sotto la cassa sono tracciate a penna alcune lettere e segni di difficile lettura: « G M (?) Gìuf:f (?) D.C. G M (?) ».

'Misure: basi cm. 62,5/ 37,7; distanza fra di esse 24; lati diagonali cm. 27 / 26,5; alt. cassa cm. 6,8; 0 rose 5,5. L. vibr. c.: mass. cm. 48 ,5, min. cm. 27,5. L'astuccio (n. 754) è analogo allo strumento per la decorazione, costituita, nell'interno del coperchio, da una pittura raffigurante alberi e ruderi di architetture antiche; nella parte interna della ribaltina è dipinto un ovale con paesaggio.

278 La Galleria armonica

Nel 3° ripiano, in basso sono esposti 3 salteri, tutti senza astuccio. Eccone le descrizioni:

n. 934. E' dorato, con motivi dj tralci floreal·i incisi intorno alla cassa; delle due rosette, pu1·e dorate, ne resta una sola; sono pure dorati i ponticelli, incompleti, posti sul piano armonico. L 'armatura è a 22 cori di 4 e 3 corde alternati tranne i 3 più bassi, che sono di 3. Sul piano armonico sono attaccati frammenti di carta con note e relativo segmento di pentagramma. Misure: basi cm 71 / 41; distanza fra di esse cm. 28,2; lati diagonali cm. 33 / 31,7; alt. cassa cm. 7,7; 0 rose cm. 5,7 l 7,5. Lvibr. c. mass. cm. 58,5 l min. cm. 33,5. n. 755. - E' firmato, c datato, da uno dei più illustri costruttori di salteri, Antonio Berti di Firenze. Infatti , sotto la cassa, si leggono le seguenti scritte, a penna: (( Florentie l Antonius Berti Florentinus l Feci t Anno Domini l l 724 l Di e 25 Mensis Aprilis •>. A questa si aggiunge l'altra, quale segno di possesso: (( Proprietà l Cristino Pina (?) di Preneste l Anno 1861 » . 11 piano, in abete naturale, è orlato da una cornice intagliata c dorata che si ripete alla base della cassa; anche i piedini sono intagliati c dorati. Mancano rosette e ponticelli; non vi sono note sul piano. Sulla faccia anteriore della cassa, che tutt'intorno è tinta di nero, sono a pplicate, verso gli angoli, due piccole protomi di leone dorate.

Misure: basi 69,8 l 38,8; distanza fra di esse 35,5; lati diagonali 37,5 l 38; alt. cassa 7; 0 rose 7 ,5 l 5,5. Lvibr. c.: mass. 57,5 l min. cm. 30,5. P. V. 8186. - Salterio, della prima metà del sec.

xvnr, senza astuccio, con lati neri; cornicette, rosette, piedini, ponticelli e bordi del piano: di abete naturale, dorati. Sul piano, presso i ponticelli, vi sono attaccate strisce di carta con lettere e note musicali che danno la seguente accordatura: sol/ la/ sib l sol 1 re2 l dot l la1 mi2 l re1 l sih 1 faz l mi1 l do 1 l la1 miz l re1 l sih da2 l mi1 l doz l solz l fa 1 l do 2 (?) l la2 l cloz l mib 2 l si., 2 l sib 2 l mib 2 l faz l do3 l faz l sol2 l re3 l sol2 sib mi3 • Sul retro della cassa sono scritte a penna alcune lettere di non facile lettura: (( J B: ... » . L 'armatura è a 20 cori di 3 e 4 corde l'uno. alternati , tranne i 3 piLt bassi che sono di 3.

Misure: basi cm. 66/ 40; distanza fra le basi cm. 28,2; altezza cm. 6 senza i piedini (di c:ui ne rimane uno solo).


Fuori delle vetrine sono

seguenti pezzi:

n. 760. - Clavicembalo Mucciardi (sec. XVIID. Il nome e la data « Ignazio Mucciardi - 1780 » si trovano sul l o e sull'ultimo (60°) tasto; fra il nome e la data vi sono parole di difficile lettura: « nipote del Massese (?) fecit » in entrambi i citati tasti. Nell'interno della cassa, aperta in occasione del recente restauro, si trova, sul fondo, scritta a matita e in lettere maiuscole, una data ancora più precisa « DJ E u IUNri 17'd01 1780 » , in cui la seconda data è ,incorniciata da un fregio, sempre a matita, quasi a trecciolina. Lo strumento non ha un astuccio ma solo un coperchio: è quindi del tipo che lo Hubbard chiama « false inner-outer » (9), e che G. O'Brien chiama « integrale >>, vale a dire lo strumento e l'astuccio fanno un tutt'uno. Non ha gambe proprie ma dei cavalletti ad esso adattati (uno con due piedi a croce per la parte sotto la tastiera e uno con un solo piede, pure a croce, per la parte sotto la coda). Le decorazioni, costituite da pitture raffiguranti fiori (prevalentemente rose) e nastri rosa, si estende dal lato C (piccolo lato di coda) a tutto il lato curvo D e al lato E. Il somiere è di noce, come pure i ponticelli; i cartigb e le cornicctte sono di cipresso; il piano armonico è di abete; i piroli sono forse originali, certamente antichi. T 120 salterem (di cui 16 di restauro) sono in pero. Le leve dei tasti (60) sono in faggio: 23 tasti sono di restauro; i 36 inferiori sono placcati in ebano e i 24 superiori sono placcati in ebano e avorio con una placcatura che si potrebbe definire « flamboyante », cioè con una « freccia » di avorio sul fondo nero dell'ebano. L'ambito è di 5 ottave (ja1 - fas) meno il l' fa diesis; la l a ottava è stesa, cioè non corta, quindi cromatica. Misure: Lato A cm. 101; lato B cm. 260; lato C cm. 27; lato D cm. 210; lato E cm. 48; Alt. della cassa cm. 23,5. Misure tecniche: L. vi br. delle corde: l • nota (ja) cm . 215 - 214,5; 1° do cm. 200,31192,5; 2° do cm. 105,7 - 101; 3° do cm. 56-53,5; 4° do cm. 28-27; 5° do cm. 14,1-13,1; ultima nota (fa) cm. 9,4-8,4. Punto di pizzico: la nota (ja) cm. 16-18,2; ultima nota (fa) cm. 3,7 - 5,4.

Il restauro più recente fu eseguito da G. G. O' Brien nel 1980. Altre notizie tecniche sulla composizione dello strumento, dovute al Prof. Elio Corona, dendrocronologo, sono le seguenti. n piano armonico è formato da una serie di tavolette di larghezza quasi (9) F. HUBBARD. Three centuries o/ harpsichord making. Cambridge, Mass., 1965, p. 39.

uguale e di lunghezza diversa tagliate in sezione radiale e con fibratura diritta. Verso la tastiera vi è una tavoletta diversa con fibra tronca. Vi si riscontra una disomogeneità delle serie anulari che si trova anche nell'arpa Barberini. Questo cembalo appartiene, come dichiarato dalla data, alla seconda metà del sec. XVIIT. A sinistra e a destra della finestra si trovano due arpe: n. 926. - Arpa CousineaLL (sec. XVII1) a 7 pedali con movimento semplice, a 36 corde; fiori dipinti sul piano; foglia di acanto ·in cima alla colonna; retro cassa a 9 facce. Le scritte che incontriamo sullo strumento sono le seguenti: sul modiglioue è incisa la dicitura: « COUSINEAU / RUE DES l POULIES l A PARIS ». Dipinto in un nastro sul piano armonico, verso la spalla (sotto l'attacco del modiglione): « cousiNEAU l LUTHER l DE LA l REINE » .

Misure: alt. tot. cm. 170; L. piano armonico cm. 118,5; l. piano arm. in alto cm. 10,5, in basso cm. 36,4, L. corde: mass. cm. 149; minima cm. 13,8; pf. cassa cm. 5118,5

n. 927 - Arpa Cousineau a 7 pedali con movimento semplice; foglia di acanto in cima alla colonna; retro a 9 facce; pitture sul piano am1onico; a 37 corde. Scritta incisa sul modiglione: « COUSINEAU l RUE DES l POULJES

l A PAR IS ».

Misure: alt. tot. cm. 170,5; L. piano cm. 120,5; l. piano arm. in alto cm. 11; in basso 37. L. corde: mass. cm. 140; min. 11 pf. cassa 5,41 19). Cembalo n. 761. Ha un ambito di 4 ottave, di cui la prima corta. I tasti inferiori sono placcati in bosso (nessun frontalino è rimasto); quelli superiori sono placcati in ebano. li piano armonico è di cipresso, i ponticelli sono di noce, le cornicette sono di cipresso; i piroli sono forse originali; certo sono vecchi. La tavoletta che scende verticalmente sopra la tastiera (di cipresso naturale e tinto) è di restauro. Le fiancatine verticali della tastiera sono in rovere tinto, quelle orizzontali sono placcate in ebano. La striscia coprisalterelli (otiginale) è di cipresso; i supporti di essa, pure di cipresso, non sono originali. La decorazione consiste in pitture, sia all'esterno che all'interno, specie nel coperchio. All'esterno, sulla parte ribaltabile, è raffigurato un uomo barbuto c coronato, scmisdraiato, con in mano una bacchetta terminante in una piastrina dorata; nella parte ad ala è dipinto un angiolotto svolazzante con una fascia blu che va dalla spalla destra al fianco sinistro, le mani aperte e protese (il colore è in parte perduto); lungo il bordo corre un filo con foglie cuoriformi e bacche a palline; si notano tracce di pitture precedenti con scene campestri

Sala XII: Secolo XVI-XV!l 19

27_9


di migliore fattura, ma piuttosto deteriorate. All'interno, nella parte ribaltabile, è dipinto un altro angiolotto con una striscia blu come l'altro c, in più, un piffero nella mano destra. I noltre vi sono foglie e fiori color viola con un nastro rosa che volteggia intorno ad essi. Nella tavoletta (mobile) che chiude sul davanti la tastiera, sono rappresentati alberi, una casa, una piramide, una base di pietra su cui è appoggiata con la mano destra una donna seduta, che ha la mano sinistra sollevata. ln lontananza si vedono monti e case, un castello, un arco, altre case, alberi cd altro; al centro si trova una figura vestita di verde con cappello e scarpe neri. Nel fianco destro si ha una pittura di mano migliore e meglio conservata: vi sono dipinti alberi, case, un cavallo e relativo cavaliere con cappello; in questo fianco vi era la serratura, ora perduta: vi è rimasto il vano vuoto. Nella parte curva sono raffigurati alberi, case, due pastori: u110 seduto (con tracolla ed un mantello verde e rosa che lascia scoperta la spalla destra), uno in piedi, con cappello verde; presso il pastore seduto vi è un vaso su una base di pietra; nello sfondo vi sono case, alberi, monti, due buoi ed un pastore, ruderi con colonne. Nel lato C (corrispondente al pezzetlo di coda) sono dipinti alberi, una torre, case c monti nello sfondo, un fiume e sulla riva, sotto un albero, un pescatore con cappello; lo strumento non ha astuccio ma solo coperchio (vedi la formula « falsc-inncr-outer , o « integrale , già citata). All'interno del coperchio vi sono dipinti fiori; alrestcrno della cassa, nel lato curvo e nella striscia davanti alla tastiera, vi sono paesaggi con alberi, fiumi, castelli e figure.

Misure: Lato A cm. 78,7; lato 8 190,5; lato C 140; lato E 46; soli tasti cm. 63; parte visibile dei tasti: inferiori cm. 11,4; superiori cm. 7,3; altezza della cassa (con coperchio chiuso cm . 22,5; L. vi br. corde: l o do cm. 152,1 l 151,8; 2° do lll / 106,4; 3° do 56,9 / 54; 4° do 28,4/ / 27, l ; 5° do 14,2/ 13, l. Punto di pizzico cm. 13,2/ ll ,7; 12,6- 11; 11,3/ 9,5; 9,1/ 7,4; 6,4/ 4,2. Salterio grande n. 971 ! 972! 973. - (Salterio, astuccio e sostegno). - È uno strumento anonimo, degli inizi del sec. XIX, recentemente restaurato. È un salterio di grande formato (il più grande di tutti i salteri del Museo) nella sua custodia originale con tavolinetto sagomato di base, a 4 gambe. Nel piano armonico vi sono due rosette digradanti a tre gradini con ornamenti di perline. I ponticclli sono in legno con fori tondi; è armato di 180 corde suddivise in 30 cori di 6 corde l'uno.

28O La Gafleria armonica

Misure: Strumento. Basi cm. 50,5 / 94; distanza fra le basi cm. 44,3; alt. cassa cm. 14,5; lati diag. cm. 49. Astuccio: Basi cm. 51, con cornice cm. 53,5; 99 - con cornice cm. 102; distanza fra le basi cm 49; lati diagonali cm. 54 - con cornice cm. 55. Supporto: basi cm. 53/ 103,5; distanza fra le basi cm. 50; lati diag. cm. 55,5: alt. da terra cm. 57. N. 752. Spine/lino « Macerata 1778 » . Sulla striscia che scende verticalmente sopra i tasti vi sono varie scritte, dipinte su carta c attaccate sopra precedenti scritte. Quella che ora si legge (senza voler indagare al disotto perché sarebbe troppo rischioso voler alzare la scritta c indagini radiologiche non hanno dato frutto) è la seguente: Scudi quattro pagò questa Spinetta Giuseppe Barabani in Macerata che poscia fu dipinta e accomodata da Scorzi Abbare e/te in ciò si diletta. Nuova accordatura per il Cimbalo venuta di Bologna cd approvata da quell'Accademia e poi comprata da Lodovico Fray. C.G.Sc.•

E.B.Sc.a

D.F.A. Allegro

G.D.SC.•

F.C. Abb.e

A.C.E. Allegro

C.E.G. Allegro

Bfa. F. Abb.e

E.G.B. Allegro

D.A. e A.E. in Bfa. Eb. Abb.e mezzo l

2

ma con Eb.

3

Poiché le note erano indicate, fino alla fine del '700, con le lettere da A a G (da fa a so{), l'accordatura potrebbe essere così ipotizzata (dando alle note i nomi attuali anziché le lettere): quinte do-sol, sol-re, entrambe notate con L'abbreviazione « Sca » (Scarsa?); poi un triplice accordo di do magg.: do-mi-sol. Allegro. È un'accordatura basata sulle quinte e su accordi trlpllci; in notazione con nomenclatura moderna: do-sol (Sc. 3 diminuita?), mi-si idem; re-fal -la. Allegro. si-re idem; fa-do Abb.e (Abbondante?); /a-sol/ mi. Allegro; do-mi-sol. Allegro; si-fa Abb.", la-sol/ si. Allegro re-/a, e la-mi in mezzo si-mib. Abb." con mib. Fuori delle vetrine sono esposti vari interessanti strumenti a tastiera. Eccone le descrizioni.

=

Spinetta esagonale del sec. XVI ridipinta nel sec. XV /Il n. 757. - Nel retro della striscia sopra la tastiera - che tuttavia si rivela come non appartenente allo strumento perché dci fori che sono in essa non hanno fori corrispondenti nello strumento stesso - si


trova la seguente scritta a mano e ad inchiostro « Stefanus bolcionius Pratensis f. 1629 D ». La spi.netta sembra essere racchiusa in un'imitazione di astuccio pentagonale (fattura che G. O'Brien chiama « integrale»). L'esterno è dipinto con motivi decorativi ed uno stemma; l'interno del coperchio è stato mal ridipinto nel '700 con una scena biblica, sotto a cui si rivelano (grazie a sondaggi fatti in passato) tracce della pittura originaria cinquecentesca a grottesche. 11 piano armonico è di cipresso, come pure le cornicette. La rosetta, non originale, è in carta dorata e annerita. ll somiere è ricoperto dal piano armonico; i piroli, in ferro, sono originali. Dei due ponticelli quello sul piano è stato mal rifatto ed ora è distaccato, quello sul somiere è di noce. I salterelli, non originali, sono di faggio, ad un solo smorzo (il 50° salterello manca). La situazione dei 50 tasti è la seguente: i 30 inferiori sono placcati di bosso con fronta lini (completi) e i 20 superiori sono di noce tinto meno uno, di restauro, che è placcato di ebano, 8 che sono rifatti e uno che è di ebano massiccio. L'ambito è di 4 ottave e una 4n: do 1-/a5 • La prima ottava è corta. Misure: sola tastiera: cm. 70,5; 1. sporgenza tastiera cm. 76; pf. tastiera J 1 ,5; lati: A cm. 156; B 23,7; B esterno 38; C interno 80,5 CD esterno 106,6; E 42,5; E esterno 44; F 12; esterno 14,5; alt. cassa con coperchio chiuso 21,5. Cembalo italiano con la data, sul l o tasto, 1725 n. 758. - Lo strumento, come il precedente, è « integrale ». L'esterno è tinto in verde con tracce di tempera grigio e oro. Il piano armonico è in abete; le cornicette sono di cipresso. n somiere è in noce; i piroli non sono originali. I ponticelli sono di faggio; i salterelli sono di restauro (Jobn Barnes 1972); i cartigli sono d i cipresso. I registri sono 2 X 8'; la direzione di pizico è:

Dei 45 tasti i 27 inferiori sono placcati in bosso (i frontalini sono tutti perduti meno uno, il 1° sol nat. i 18 superiori sono di legno tinto. L' ambito è di 4

ottave: dor do5 • La prima ottava è corta. Misure: lato A cm. 76,5; lato B 197; lato C 49; lato D 122; lato E 47; tastiera sola cm. 64; alt. cassa cm. 20,5; alt. da terra (ma i cavalletti non sono originali) cm. 93. L. vi br. corde: l o do cm. 146,2/ 143,8; 2° do 105,6/99,4; 3° do 52,3 / 50,2; 4° do 26,6/ 25; so do 12,4/ 3,6. Queslù cembalo ha, nella sua semplicità, caratteristiche peculiari che ne fanno un pezzo interessante dal punto di vista costruttivo e musicale. Otre al suono,

brillante, ottenuto a pizzico ma qui reso più pieno dal metallo usato per le corde (in questo caso l'ottone), va notata l'estrema semplicità della parte decorativa, che si limita al gioco dei vari legni, suddivisi in tre pannelli o «specchi » in legno di tasso nella tavoletta cadente verticalmente sulla tastiera (fra la parte visibile dei tasti ed il pancone, o somiere, in cui sono infissi i piroli che regolano il tiraggio delle corde) ed in quattro altri piccoli << specchi» nella striscia copri-salterelli pure questi di tasso. Una delicata tinta verdolina con leggere e quasi impercettibili profilature dorate, ricopre la cassa, che è la parte più caratteristica. Questo strumento, infatti, è, come il precedente, del tipo che Frank Hubbard (10) ha chiamato « false inner-outer (o falso interno·esterno) e Grant 0' Brien ha defi.nito «integrale »: qui la cassa non è più la «cassa levatora » (cioè un astuccio da cui lo strumento si poteva « levare»), tipica della tradizione italiana, ma è la stessa « cassa armonica »; in essa, con vari accorgimenti (fiancatine della tastiera, cornice supplementare al disopra dì una rifoderatura dello stesso tipo di legno del piano armonico - che, per gli strumenti italiani, era generalmente il cipresso - all'intorno e al disopra di esso), l'astuccio viene ora soltanto simulato con un proced imento, pure italiano, che si può a buon diritto definire un vero e proprio « trompe l'oeil », qui non pittorico, come in vari altri strumenti del Museo (organi e cembali), ma addirittura costruttivo. Quell'astuccio, che era retaggio di pregevoli strumenti (come, ad esempio, il clavicembalo più antico che sì conosca, costruito da I:-lieronymus Bononìensis a Roma nel 1521 ed oggi conservato al Victoria and Albert Museum di Londra) e pareva conferir loro un maggior pregio nella pratica confortevole e decorativa di una custodia, viene qui ridotto, con sapienti giochi prospetticì di sovrapposìzionì ed accostamenti di partì !ignee, ad un effetto ottico che tuttavia riesce appieno nel suo intento di riprodurre un astuccio soltanto simulato.

Un pezzo molto importante di questa Sala XII è il cembalo a due tastiere n. 759, costruito nel 1637 ad Anversa da Joannes R uckers. Lo strumento era originariamente traspositore, poi fu ridotto a comune cembalo a due tastiere, con impropri registri a mano piazzati sul davanti, a destra, e quindi completamente svjsato dalla sua natura originale: per rimetterlo nel suo stato d'origine fu chiamato un 1·estauratore che ben conosceva un altro cembalo traspositore di J. Ruckers, costruito nel 1638, appartenuto a Raymond R ussell ed ora conservato a Edimburbo: il restauratore era John Barnes, appunto di Edimburgo. Ecco la scheda di questo cembalo. n. 759. - Cembalo trasposi/ore di J. Ruckers Anversa - 1637. - Nella striscia sopra la tastiera superiore si trova la scritta (a stampa) JOANNES (10) F. H UBBARD, Three cen turie.f of harpsichord making.

Cambridge Mass., 1965, p. 20 c p. 350.

Sala XII: Secolo XVI-XVJI

281


FECJT A• TVERP!IAE] ~ . Sul piano armonico, presso la estremità posteriore del ponticelJo 4', è la data « 163 7 ~ . Sulla parte di ribalta davanti alla tastiera, dal lato interno ma ripiegata all'esterno, si trovano dci fregi c la scritta, sempre a caratteri capitali, « ACTA VlR UM PROBAl T ~ , Stampata SU carta e poi attaccata. Il coperchio non è originale; la cassa è dipinta a finto marmo (all'esterno). Vi era un sostegno sagomato con 4 gambe, ma non era originale ed era assai inadatto e pesante, ragion per cui fu sostituito con cavalletti dell'epoca. Sulla tastiera inferiore ed all'interno della cassa sopra il piano armonico sì trovano strisce di carta con medaglioni e fregi. Il piano armonico è in abete con pitture (fiori, uccelli, pesci, frutta). L a rosetta, non originale, è dorata. J1 somiere è ricoperto in abete; i piroli sono originali, tranne dieci che sono stati rifatti. I ponticelli sono di differenti materiali: quello s ulla tavola armonica, il 4', è di faggio, quello sul somiere, di 8', è di ciliegio. I salterelli mancavano: quelli presenti, su 4 file, sono di restauro. I registri sono 4: 2 X4' e 2 x8'; 4 tiranti fuoriescono sul lato destro della cassa + l (il L autenzug). RUCKERS

282 La Galleria armonica

Direzione di pizzico:

La tastiera superiore ha 27 tasti inferiori e 18 superiori; la tastiera inferiore ne ha 30 e 20. T tasti inferiori hanno i frontalini trilobati (di cui, però, ne mancano 14 nella l a tastiera e l nella 2a tastiera); i tasti superiori sono di legno di quercia. L 'ambito è di 4 ottave (do 1-do 5), per la tastiera superiore e di 4 ottave c l / 2 (do 1-fa 5) per la tastiera inferiore. La prima ottava è <<stesa», cioè non « corta », dato che lo strumento è traspositore. Non vi è nessuna traccia di pedali nè di tiranti in basso. Misure: tastiera sola: l " tastiera = 71; 23 tastiera = 64. Lati: A cm. 78,8; B 224; C 25 ,4; D 125,5. E 70,6; alt. cassa 26,4; alt. da terra (tuttavia con cavalletti non propri) 102/ 72. L. vibr. corde: 8': 1° do cm. 170; 2° do 140,7; 3° do 89, 1; 4°: do 41,6; do 23,3; ult. fa 17,5; 4': 1° do 95,9; 2° do s5,8.

so


731. Sa/1erio co11 astuccio; sec. XVIII (Vetrina J)

735. Salterio con astuccio; sec. XVTTI (Vetrina l)

737. S(llterio di A11tonio Battaglia, Milano, 1779 (Vetrina l)

Sala XII: Secolo XVI-XVll

28J


P. V. 8185. Sa/terio con astuccio; sec. XVIII (Vetrina 4)

753. Salterio con astuccio: sec. XVTIT (Vetrina 4)

739. Chitarra a11onima e particolare; sec. XVIII (Vetrina 2)

284 La Galleria armonica


740. Chitarra firmata « lacobus de Mensis jecit Brixiae » (Vetrina 2)

P.V. 8191. Chitarra bartenre di .!acob Stadler e particolare; sec. XVII (Vetrina 2)

Sala Xli: Secolo XVl-XVJI

28J


741. Chitarra balle/Ile COli marcl1io a fuoco e particolari del retro, della rose /la, del IIU/rchio a fuoco; sec. XVII (Vetrina 2)

28O La Galleria armonica


742. Mandolino napoletano anonimo e particolare della rosa; sec. XVlll (Vetrina 2)

744. Liwino; sec. XVII (Vetrina 3)

749. Mandolino milanese di Benedetto Gualzatta. Roma, 1679 (Vetrina 3) Sala Xli· Secolo XV I-XVII

287


743. Chitarra con marchio a fuoco (M ! G) e particolare del marchio a fuoco: sec. XVII (Vetrina 2)

745. fYJ(mdolino milanese anonimo e particolare della rosetta: cc. XVIT (Vetrina 3)

28 8 La Galleria armonica


746. M andolino milanese l ma n tovann di Giovanni Smorsone. Roma, 1709 (con a.\luccio) e retro (Vetrina 3)

748. Mando/i no milant•se di Ambrogio/ Maraffi - Milano, 1769 e particolare della rosetta (Vetrina 3)

P.V. 8190. Liuto chitarrizzmo - Marchio a fuoco M l 8 « Mmheus Buechenberg - R oma 1617 » (Vetrina 3)

Sala Xli: Secolo XV 1-XVll

289


751. Liuto di • Bastiano Pardini in / Firenze •. rerro cassa; sec. XVII (Vetrina 3)

757. Spinetta esagonale: sec. XVI (fuori Vetrina)

2.9 O La Gtlileria armonica


758. Cembalo anonimo, 1725 (fuori Vetrina)

Sala XII: Secolo XVI-XV/l

2!)1


759. Cem balo a due tastiere di Joannes R uckers, 1637 (fuori-Vetrina)

292 La G alleria armonica


760. Cembalo eli Ignazio Mucciardi, 1780 (fuori Vetrina)

Sala XII: Secolo XVT-XVII

2}J}


761. Cembalo anonimo; sec. XV l [l (fuori Vetrina)

2 94 La C a/Ieria armonica


926. Arpa Cousineau a 36 corde; sec. XVfiT (fuori Vetrina)

927. Arpa Cousineau a 37 corde; sec. XVIII (fuori Vetrina)

Sala XII: Secolo XVI-XVII 20

29f


752. Spinettino Macerata, 1778 e particolare della scritta (fuori Vetrina)

2!JD L a G alleria armonica


Sala XIII SECOL O X VII-X VIII

Vetrina l Questa Sala sembra quasi irradiata dall'aurea bellezza dell'arpa Barberini, di cui parleremo dopo aver descritto il contenuto dell vetrine. Sono qui esposti due pregevolissimi chitarroni che, per l loro autori, per la loro epoca e per la loro artistica fattura, si impongono subito all'attenzione ed all'ammirazione del visitatore.

Chitarrone n. 975. - È opera di Magno Graill (1), che, nato ad Augsburg nel 1572, si stabilì ai primi del '600, col fratello Giorgio, a Roma, dove esercitò l'apprendistato presso la bottega di Matbeus Buechenberg, i cui insegnamenti egli trasmise al figlio P ietro (R oma, 1617-1649). I a bottega dei fratelli Magno e Giorgio e di Pietro, figlio di Magno, fu molto feconda anche come scuola di liuteria; era situata nella famosa Via dei Leutari ed apparteneva quindi alla parrocchia di S. Lorenzo in Damaso. Magno morì il 22 febbraio 1642 a R oma, dove viveva già dal 1603. li suo marchio a fuoco, nello strumento qui esposto, si trova sul piano armonico, presso l'attaccatura del manico; è costituito da un sole circondato da raggi, ad uno dei quali sono collegate, in basso, le due iniziali M e G. Questo strumento ba la cassa formata da 37 doghe dì tasso più le fasce e, sul piano, ha un gruppo di tre rosette formate da fregi a foglie trllobate. La testa e la cordiera (di ebano) sono di restauro. I plroli erano originariamente 10 al cavigliere alto c 6 a quello

(l) F. NoACK. Das Deutschtum in Rom seit dem Ausgang des Mittelalters. 2. Band. Berlin-Leipzig. Deu tscbe VcrlagsAnstalt Stuttgart, 1927, pp. 89, 90, 237, 238. R. BLJ.!TSCIIACHER. Die Lauten- und Geigenmacher des Fussener Landes. H ofheù11 am Taunus, F. Hofmeister, 1978, p. 195. E. PoHLMANN. Laute, Theorbe, Chitarrone. Die Lautenlnstrumeme, ihre Musik und Literatur von 1500 bis zur Gegenwart. Bremcn, Ed . .C:res, 1975, p. 363. L. CEJlVELLI. Brevi note .wi fiutai tedeschi attivi in Italia dal sec. XVI al XVIII, in: « Studicn zur italienischen-

deutschen Musikgeschicbte 1968, p. 311.

V.

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Bohlau

Verlag,

basso: ora ve ne sono solo 4, e non originali, al cavigliere basso. Il manico è pla·c cato in ebano; mancano i capotasti. Misure: L. tot. cm. 206,5; L. piano cm. 68; l. mass. piano cm. 42,7; pf. cassa cm. 17,4 ; L. tastier& cm. 42; l. tastiera: in alto cm. 8; in basso: 10,2; L. vibr. corde: tastate (cavigliere basso) cm. 96,3; libere (cavigliere alto) 79,5; gruppo delle tre rosette, di cui la superiore più grande: diametri 0 sup. cm. 8/ 6,5; le 2 inf. 9/7,3.

Chitarrone n. 976. - Anzitutto qualche cenno sulla figura dell'autore. P ietro RailJjch (2) membro di una illustre famiglia di liutai di origine bavarese, era, con il fratello Matteo, figlio di Andrea. A proposito di Matteo, il Yannes ipotizza che egli fosse originario di Hohenschwangen, dove sarebbe nato forse il 1614, per poi trasferirsi a Brescia (Contrada della Palada). L 'antico dominio di Hohenschwangen, presso Fussen, regione particolarmente feconda di liutai, si suddivide oggi nelle parrocchie di Waltenhofen, Bayerniederhofen e Trauchgau (3); della seconda, Bayerniederbofen, Mattbaus e Pet.er, nati colà tra il 1614 ed il 1639 (4). Su Peter è necessario soffermarsi alquanto per chiarire un punto rimasto oscuro anzi travisato dai repertori e

(2) .BLETSCIIACIIER, Op. cit., p. 203; CERVELLI. Brevi note ... cit., p. 322-323. H. J. MOSER, Die Musik in friihev , Osterreich, Kassel, Hionenthal, 1954, p. 90. A. LAYER. Mauhias Klotz v. Mittenwald, Ei n berLihmter Geigenbauer der Barockzeit. Feld<tfing, F. Brehm, 1959, p. 10 ss. A. LAYER, « Railich, Geigenbaue1jamilie », in: MGG, 10 (1962), col. 1873. W.v. LOTGENDORFF, Geigen- und Laute11macher von Mittelalter bis zur Gegenwart, II, Frank(urt a/M., Frankfurter Verlags-Ansta lt A.G., 1922, vol. 2°, p. 400: Giovanni (Zuane) R aillic h; p. 401: Peter. E. PoHLMANN. Op. cit., p. 309, 324, 345, 353. M. T OLL. Die deut:;che Nationalkirche S. Maria dell'Anima in Neapel, Freiburg i. Br., H erder, 1909, p. 104, l 18. VANN J!S, op. cit., p. 291-292. (3) R. BLETSCHACHER, Op. cit., p. 68. (4) ivi, p. 69.

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2!)7


che invece risulta essere di importanza notevole (5). Riporto qui un brano del mio studio sui liutai tedeschi già citato (6). « Sulla base di una dichiarazione attestante il servizio prestato da Mathias Klotz (il fondatore della celebre scuola di liuteria di Mittenwald) nella bottega di un maestro di Padova quale apprendista, o << gargione ~, cioè « garzone :~>, si è affermato e sempre si ripete, che egli fu allievo di Giovanni Raillich, con bottega « al Santo ~ in Padova. Tuttavia, considerando più attentamente il documento in parola può darsi che si giunga ad una conclusione leggermente diversa. Eccone il testo integrale:

mio padre •, parole a clli segue l'impronta del marchio a fuoco di Pietro Raillich (P + R ) quale lo vediamo sui suoi strumenti. Non si comprende come Giovanni Raillich, anch'egli liutaio, in 24 anni non si sarebbe fatto un sigillo proprio, se avesse voluto imprimerne uno su un documento ufficiale (che oggi diremmo <<autenticato » da un notaio, il quale convalida anche le firme di due testimoni). Inoltre vi è da notare la citazione dell'insegna della bottega: « Al Santo »; dalle varie etichette degli strumenti conservati, sia del padre (la maggior parte) che del figlio, si ricava quanto segue: il padre aveva realmente (dopo

- Laus Deo Arti io Maggio .i678. Padoua. Attesto io sottoscritto con mio Giuramento à chiunque si sia come à Mattia Cloz dà Mìthbolth hà sentito per Gargione et operò nella mia Bottega di Lautaro al Santo il corso d·anni sei con tutta honoreuolezza e fedeltà et hauersi dimostrato sempre pontuale obbediente, e morigerato ne in conto alcuno hauer deturpato i termini della propria reputatione, e decoro, anzi reso sempre essemplare nelle sue opere et attioni, in fede di elle io Zuane Railihe lzafermo a quanto di sopra l o Ventura Mancini attesto à quanto di sopra l o bortolo moro atesto quanto di sopra Nos Ascanius Justiniano pro Ser:"' 0 Due: Dominio Venetiarum (?) Prçtor attestamur suprascriptas subscriptiones esse manibus propriis scriptas à supra."• D.D. Joanne Railihe, Ventura Mancini, et Bartholomaeo Mauro. In quorum Pad:• Die 20 mis Maij L702 - Darius rle Saviolis Not: Can[cellerius] M{aior] Civ.[itatis] ...

(Una fotocopia di questo interessante documento mi fu gentilmente donata al Museo di Mittenwald, dove il documento è conservato). La redazione del documento ha degli elementi poco chiari che occorre spiegare. Anzitutto le due date (iniziale e finale): 1678 e 1702: ventiquattro anni di intervallo durante i quali molte cose possono essere successe, come, ad esempio, la morte del primo compilatore del foglio. Infatti, dopo le parole « in fede di che •, vi è una sospensione ed una riga viene tirata a spezzare il testo, che rimane, così, interrotto. Sotto tale linea un'altra mano scrive: « io Z uaoe Railihe hafermo a quanto di sopra questo se il sigilo de (5) A. LAY ER, voce ~ Raillch • in: MGO 10 (1962), col. 1873. (6) L. CERVELLI, Brevi note ... cit., p. 316-317.

2.98 La Galleria armonica

una prima fase veneziana) la sua bottega contraddistinta (per la sua vicinanza con la Basilica di S. Antonio) dalla dicitura « Al Santo in Padova», che si ritrova in tutte Je sue etichette padovane, mentre l'unico strumento del figlio di cui si sia conservata notizia era un colascione della Collezione Correr di Venezia, la cui etichetta portava la scritta « Giovanni R ai lich l L autaro in Padova ». Tutti gli altri strumenti R aillich portano il nome, l'insegna o il marchio a fuoco del padre. Questi era, evidentemente, venuto a mancare dopo aver provveduto alla stesura della prima parte del documento. Dopo molti anni il Klotz, desiderando avere il certificato che comprovava il suo lungo tirocinio presso il rinomato maestro padovano (lo si può chiamare così per la sua piena ambientazione nella corrente artistica della colta città veneta), lo richiede al figlio di lui, che glielo controfirma, divenendo, così, firma-


tario in mancanza del padre defunto, al posto di lui, c testimone di quanto da lui asserito. La sua firma, infatti, è, a parità di condizioni con quelle degli altri testimoni, convalidata dal notaio, che appone la data e sottoscrive. Si tratta, quindi, di tre testimonianze - prima c più autorevole fra tutte quella del figlio, convalidata dal sigillo paterno che attestano la vericidità di quanto affermato dall'autore del testo interrotto, Pietro Raillich. Chiarito questo punto, passiamo ora a considerare lo strumento. La cassa è formata da 35 doghe di tasso (oltre le fasce); il piano armonico è in abete; la cordiera è in ebano; il capotasto è in avorio; il manico è placcato in ebano con doppia filettatura di avorio e, sul retro, ha, nella parte aHa, una freccia in avorio con cuore, pure in avorio, sulla punta, intarsiato nell'ebano; il marchio a fuoco (lettere P- R unite da una croce) si trova sul piano armonico presso l'attaccatura del manico e sul fondo (nella fascia); i piroli (con un pallino d'avorio in cima alla testa) sono 6 al cavigliere basso e 8 al cavigliere alto. Misure: L. tot. cm. 192; L. piano cm. 56,8; L. manico (esci. tastiera) cm. 99; L. tastiera cm. 36; l. manico cm. 35; L. vibr. corde: tastate (cav. basso) cm. 82,3; libere (cav. alto) 167 ,7; diametri delle rosette (raggruppate): rosetta sup. cm. 0 7,5/6,2; 2 rosette inf. cm. 8/6,8 .

Vefrina 2 Questa vetrina, cubica, contiene due strumenti del tipo che potremmo definire citola, cistola. cister, cistrc o, latinamentc, col Mersenne, cistrum. La loro forma è a pera, piatta e con manico dal cavigliere ricurvo, terminante in una piastra quadrata. Essi sembrano uguali, ma la descrizione che segue ne farà rilevare le differenze.

n. 766. - Cistrum inglese a 5 corde doppie; sotto alla cassa, nella fascia, vi sono 10 bottoncini fermacorde, di cui 8 in avorio; il ponticello. di legno, è forse di acero. n costruttore di questi strumenti è J ohn Preston, liutaio e mercante inglese di strumenti musicali, attivo a Londra dal 1774 al 1800, epoca in cui la gestione della ditta passò a l figlio Thomas fino al 1823 . John, oltre cbe costruttore di questa << English guitar », fu anche inventore della meccanica (realizzata con particolari denti di attacco delle corde nel cavigliere arcuato): infatti sul meccanismo di metallo che provvede al tiraggio delle corde appare incisa la scritta « PRESTON JNVENTOR • ; SUl retrO del manico, alla base del cavigliere si trova incisa un 'altra scritta « PRESTON MAKER / LONDON » sotto il monogramma P. R. sormontato da una corona a tre palle.

Sulla tastiera, che è di tartaruga, si trova un fregio in madreperla ad intarsio; il capotasto è in avorio; in cima al manico, alla sommità del cavigliere, vi è una piastra quadrata con intarsi in madreperla: il pomello inferiore per la tracolla è perduto; nel piano vi è una rosa metallica traforata con la raffigurazione del sole e di strumenti.

Misure: L. tot. cm. 68,5; L. piano cm. 34; l. piano cm. 29,2; pf. cassa cm. 7,2/ 5,7; 0 rosa cm. 8,5; L. vibr. corde cm. 41.5.

n. 767. - Altro cistrum inglese a 5 corde doppie; al disotto della cassa, nella fascia, vi sono l O bottoncini fermacorde (9 a semplice chiodino più uno di avorio); pontice llo di ebano; rosa di metallo traforata, con la raffigurazione di una donna che suona uno strumento a corda provvisto di manico; intorno ad essa svolazzano nastri e corre una ghirlanda di foglie: la tastiera è in finta tartaruga; il capotasto è in avorio; in cima al cavigliere vi è una piastra quadrata formata da quattro triangoli: due di legno e due di avorio. Sotto la cassa, nella fascia, vi è un pomello per la tracolla. Nel cavigliere, alla base del meccanismo di tiraggio delle corde, vi sono incise nel metallo alcune lettere (note musicali in notazione a lfabetica) per l'accordatura dello strumento ed il nome dell'autore: « C / E/ G/ / C / / E / G/ PRESTON lNVENTOR • . Misure: L. tot: cm. 68,5; L. piano cm. 33.5: l. piano cm. 29,2; alt. fasce cm. 7,2 l 5,3; 0 rosa cm. 8,3; L. vibr. corde cm. 42,5. Di questo costruttore possiamo dire che fu una figura assai interessante, in quanto fu inventore della meccanica dci suoi cistri, fu commerciante di strumenti e anche editore di musica. La ditta che egli fondò a Londra nel 1774 al n. 0 9 eli Bamburg Court, Long Acre, si trasferì nel 1776 al nuovo indirizzo: Strand n. 0 105, dove iniziò anche l'attività di editore musicale e di mercante: nel 1800 cedette la direzione della ditta al figlio Thomac;, che la tenne fino a l 1823; intanto nel 1778 la ditta si era trasferita in Strand 97, dove rimase fino al 1823. Tn seguito l'attività editoriale continuò come ditta « Novello & Cie • (7).

(7) VANNES, Op. cit., p. 288.

G. K!NSKY. Musikhisrorisclzes Museum von Wilhelm Heyer in Ci:iln. Katalog, 2. Bd. Ci:iln, 1912, p. 188, 190, 262, 263-264. N. B ESSARABOFF. Ancient European Musical instmments ... Boston, 1941 , n. 250 a p. 240. A. B AII,'ES. European & American nwrical imrrumentr. London. B. T . Batsford, 1966. p. 44; fig. 249 e 254. LOTGEt-.'DORFF, Op. cir. vol. H p. 396.

Sala XIII: Secolç XVII-XVlll

21fJ


Vetrina 3

Sono qui esposti, con 2 violoncelli, 5 esemplari della ricca collezione di fagotti di cui il Museo dispone (oltre 40 pezzi).

n. 768. - Violoncello anonimo del sec. XV III con stemma dipinto sul retro, sormontato da una corona a 5 punte; araldicamcnte si può definire «spaccato , . Nella parte superiore si trova una rosa (né di Tudor né di a ltro tipo araldico, ma dall 'aspetto di rosa norma le con petali avvolti a bocciolo) e, sotto, 3 bande rosse c 3 bande oro; in mezzo: una striscia orizzontale con un serpente verde. A l disotto dello strumento un puntate fuoriesce di cm. 25. Misure: L. tot. cm. 121,5; L. m anico cm. 49; L . piano cm. 75; l. piano: alta cm. 35,2; media cm. 24,5; bassa cm. 44,8; alt. fasce cm. 13 l 12,5.

n. 769 - Fagotto, in cui il nome dell'autore è ricoperto dalla vernice nera, non originale, e quindi illeggibile, a 6 chiavi ottagonali di ottone, armatura che risale all'ultimo quarto del '700. Il bordo del padiglione è in ottone lavorato a giglietti e [ori. Le misure sono le seguenti: Alt. tot. 125,5; L. sacco 43,5; L. grande corpo 81 ,6; L. p iccolo corpo 4 7 ,2; 0 padiglione 5,2: L. colonna d'aria vibrante c. 25 1. Due anelli di legno sono stati aggiunti alla base del grande e del piccolo corpo, cioè proprio sopra il sacco: essi sono mobili e diversi di spessore: quello sotto il grande corpo è a lto cm. l ,8 e l'altro è cm. 1,9. n. 770. - F agotto a 9 chiavi, in legno tinto color noce. Nel grande corpo è firmato « * E.RMENEG JLDO l MAGAZAR I l BOLOGNA* ) : nelle altre tre parti è firmato soltanto « • 1 Magazari J BOLOGNA l • »; una de lle chiavi. posta di traverso. non è originale; sotto la « esse » vi è un piccolo galletto a vite: le 9 chiavi sono: 3 aperte e 6 chiuse, tutte di ottone, tonde. Misure: Alt. tot. cm. 125,5; L. sacco cm. 42.8; L. grande corpo cm. 82,5; L. piccolo corpo cm. 45,8; 0 pad.: est. cm. 5,5 l int. 3,2; L . colonna d'aria vibrante cm. 250. Ermenegildo M agazari (o anche Magazzari) nacque il 2 luglio 1767 a Bologna, dove esercitò la professione di « tornitorc e fabbricatore d'islromenli da fiato'> in Strada Castiglione 416 èal 1805 al 1808 (Comunicaz.ionc privata). M olte sue opere sono datate: un clarinetto in questo Museo, del 1792: un flauto traverso del 1799 cd un ottavino del 1801 al Museo Civico di Bologna. Un flauto traver o, non daLato sullo strumento ma brevettato con W . Wheatstone di Londra. uale al 18 13 c. La maggior parte dei suoi strumenti che non sono datati si trova nei musei civici di Bologna c di Mo:!ena.

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La Galleria armonica

n. 771 - F agotto di Carlo P a lanca in legno tinto color noce, a 4 chiavi originali di ottone ottagonali pitl una, aggiunta, rotond a. Il nome è inciso due volte: una nel sacco e una nel padiglione. L o strumento ha tre fasce d i ottone e l'orlo del padiglione di corno. Misure: Alt. tot. cm. 125; L. sacco ero. 43; L. grande corpo cm. 81,7; L. piccolo corpo cm. 43,5; 0 pad.: est. cm. 5,2 l int. cm. 3,4. L . colonna d'aria vibrante ero. 250.

n. 772. - A ltro fagotto di Carlo P alanca. Anche qui il nome è inciso due volte: una nel sacco c l'altra nel padiglione. Misure: Alt. tot. cm. 125,5: L. sacco cm. 44: L. grande corpo cm. 84,3; L. piccolo corpo cm. 47,4; 0 pad.: est. cm. 4 l int. cm. 3,2. L. colonna d'aria vibrante cm. 250. Carlo Palanca. contrariamente a quanto pubblicato nel repertorio del Langwill (8), non fu attivo a Milano, bensì a Torino. dove aveva f unzioni di fagottista presso la Cappella Reale e dove costruiva nauti. flagioletti. piffari e fagolti, stn1menti che oggi sono sparsi in vari musei in Italia e all'Estero (9). Aggiungiamo qui una curiosa notizia sul suo stipendio. attinta da un piccolo volumctto di Gi ulio R obcrti su « La Cappella Regia di Torino 15151870 » (Torino, 1880. pag. 39): « Nel medesimo anno 1775, alla categoria dci giubilati (cappella). figurano colla intiera paga di cui godevano in attività di servizio. Nicola Giovannetti. musico contralto, L. 800. Gio. Fontana, musico basso, L. 800, Lorenzo Somis, suonatorc di violino, L. l 000, c Carlo P alanca, suonatore di autbois, L. 700. Nel decennio susseguente non accadde cosa degna di menzione speciale, e l'orchestra continuò ad essere composta in modo pressoché identico: 17 violini oltre il P ugnani, 2 viole, 3 violoncelli, 2 bassi, 3 contrabbassi, 3 autbois, due bassoni o fagotti di autbois, 3 corni da caccia».

Chiude la famig lia dei fagotti un fagottino, n. 773 , opera di: « fleoncino rampante) l cusTODE l I N NAPOLI l * » a 4 chi avi di cui una a fa rfa lla.

Misure: L. tot. cm. 62; L. sacco cm. 40,3; L. grande corpo cm. 24; L. piccolo corpo cm. 2 1,5; 0 pad.: est. cm. 2,7 l int. cm. 1,3.

(8) L. G. L-':-IGWILL. An index o/ musical wind inflrument makers. 6• ed., Edinburgb, 1980, pag. 131. (9) v. A. BERN-'ROINI. Carlo Palanca e la costruzione di strumenti a jiaw a T orino nel ~·ettecento. In : c TI flauto dol-

ce», n. 1.3, ottobre 1985, p. 22-26.


Di questo costruttore si sa ben poco: il Langwill (10) lo cita come « Custodi , a Napoli per un flauto traverso del sec. XIX ad Halsinborg. Il piccolo grazioso strumento è lavorato con molta finezza in un legno dalla calda tonalità rossiccia: si tratta di bosso tinto. P er il fagottino ci si può riallacciare a quanto dice il Mahillon per il fagottino n. 990 di Bruxelles, già della Collezione Correr ( Il): esso è forse all'8• acuta del fagotto normale in do. ma regolato secondo un diapason particolare usato, secondo il Praetorius, in Ttalia, Inghilterra e Paesi Bassi per accordare strumenti a fiato e che era più basso di una 3• minore del Cammerton generalmente usato. Tuttavia, date le proporzioni ridottissime di questo strumento, si potrebbe ipotizzare un'intonazione ancora più alta del1'8" superiore. Purtroppo la mancanza di una appropriata « esse » ne impedisce un immediato controllo.

n. 774. - Violoncello piccolo a 4 corde. La tastiera è in palissandro: la cordiera, non originale, è in ebano con filettatura in osso; i piroli sono di ebano: all'orlo del pi ano vi è una doppia filettatura in ebano. All 'interno si trova un'etichetta stampata, moderna c del tutto falsa, che el ice: « Nicolaus Amatius Cremonien. H iero- l nymi Filii , Antonii Nepos fecit Anno 1662 :. . Misure: L. tot. cm. l 06: L. manico cm. 42,5; L. piano cm. 64; alt. fasce cm. 12,2: l. piano: alta cm. 28,5; med ia cm. 20: bassa cm. 35 ,5.

Vetrina 4 n. 776. - Viola da gamba di scuola francese a 5

corde (il cavigliere è stato tagliato, il che fa supporre che lo strumento abbia originariamente avuto la normale armatura di 6 corde). Tn cima al cavigliere si trova una tcstina femmini le diademata. All'orlo del piano vi è una doppia filettatura in ebano. T fori armonici sono a forma di C. La tastiera è in legno tinto nero con placcatura di ebano; alla base di essa è stata applicata un'aggiunta di legno tinto nero. M ancano cordi era e ponticcllo, come pure un pirolo. È presente la piega alle spalle, caratteristica dello stru-

(10) LANGWILL, op. cit., p. 131. MAHILLON. Catalnguc descriptif et analytique du Musée Iostrumcntal du Conscrvatoire Royal de Musique dc Bruxelles, 2• vol., 2me ed, fanc, 1909, pp. 264. (l l)

mento che dal 1600 circa al 17 50 era uno degli strumenti pitl considerati per la musica solistica (12). Misure: L. tot. cm. 113,4; L. manico cm. 43,5; L. piano cm. 70; l. piano: alta cm. 34,2; media cm. 25,5; bassa cm. 40,5; alt. fasce cm. 14,2 l 9,4. n. 777. - Viola da gamba con armatura originaria a 7 corde. Nell'interno vi è l'etichetta stampata con nome e data particolarmente significative: « Francesco R uger detto il Per l fece in Cremona anno 1726 :. . Con la sua data questo strumento ci permette di posticipare quella che sembrava l'ultima della vita lavorativa e, forse, della stessa esistenza , di Francesco Ruger, cioè la data del 1720 che si trova in una pochette della Collezione di E. A. Gand (Esposizione I nternazionale di Parigi 1900, n. 48) cd in un violino della Coli. Rushwort di Liverpool, a dopo il 1726. Questo illustre liutaio, amevo di Niccolò Amati, e quindi condiscepolo di Antonio Stradivari, esercitava la sua professione nel centro della città di Cremona, dove si trovavano le botteghe dei principali liutai del tempo: Antonio Stradivari, Carlo Bergonzi, i Guarneri del Gesù, Antonio c Girolamo Amati, Lorenzo Storioni, Niccolò Amati; la strada dove abitava c lavorava la maggior parte di essi, ed anche il Rugier, era la Contrada Cultellarurn. Questa viola da gamba è senz'altro la più bella di quante sono qui esposte: la sua particolare bellezza è data dalla testa di donna che è scolpita io cima al cavigliere: con i capelli legati fluenti sulle spalle e la bocca scmiapcrta; più che un semplice alitare del respiro, sembra che dalle sue labbra escano parole, e queste parole potrebbero essere q11este scritte in un'incisione di Pierre Woeriot de Bouzcy sotto al ritratto di Gaspar Duiffoprugcar del 1562: « Viva fui in sylvis, sum dura occisa securi l Dum vixi tacui, mortua dulce cano. :. (Incisione in rame; P arigi, Bibl. Nat.). Descrizione e misure della viola da gamba n. 777: P iano in abete filettato in ebano al bordo; nella parte alta del piano stesso, che rimane sotto la tastiera, vi è intagliata una rosetta a 6 spicchi in un fregio romboidale: la rosetta è lavorata al traforo, con parti in carta, e eli forma ovale. J 7 piroli, acl impianto laterale, sono eli ontano, dalla testa s-chiacciata, !ondeggiante, con bottoncino all 'apice; la cordiera, in acero tinto, piatta e rettangolare, è di restauro. Il capota-

(12) N. D oLMETSCII, T/r e viola da gamba. itJ nrigin and history, its technique mul mmcial reJources, New York etc., Hi nrichsen, l 962, p. 53 ss.

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sto è in ebano; la tastiera è in pero tinto; fasce, fondo e manico sono di acero, come pure il ponticello (non originale). Vi era stato applicato un puntate, in legno tinto e ferro , di cui resta solo il perno della vite con l'attacco in legno; manca il prolungamento. Misure: L. tot. cm. 128; L. piano cm. 69; L. manico (con cavigliere) cm. 58,5; l. piano: alta cm. 32; media cm 24; bassa cm. 40; alt. fasce cm. 14; 0 rosetta (ovale) cm. 4 X 6.

n. 778. - Viola da gamba a 6 corde, anonima, con testina di Icone dal muso dorato e criniera nera in cima al cavigliere. Fattura poco accurata e materiale scadente. Al bordo del piano e del fondo corre una striscia di tinta nera. L a cordiera è in legno tinto nero. I piroli non sono originali. 'È presente la piega alle spalle. La tastiera è placcata in ebano. Misure: L. tot. cm. 128,5; L. piano cm. 74,5; L. manico (con cavigliere) cm. 52,5; l. piano: alta cm. 39; media 27 ,5; bassa 43,5; alt. fasce cm. 15 / 9,5.

Vetrina 5

n. 904. - Violino con etichetta interna (stampata); « Pietro Antonio dalla Costa fece in Treviso l'anno 1724 ~ (ult. 2 cifre: mss). F ondo in 2 parti di acero: tastiera, cordiera c piroli in ebano. Bordo del piano e del fondo: doppia filettatura in ebano. Misure: L. tot. cm. 59; l. piano: alta cm. 16; media 10,5; bassa 20; L. vibr. corde cm. 32. n. 905. - Violino anonimo; fondo in l pezzo con doppia filettatura di ebano; fondo e fasce di ciliegio; cordiera e tastiera in ebano, con scanalature a rilievo; piroli in palissandro.

Misure: L. tot. cm. 58,4; l. piano: alta cm. 16,7; media 11; bassa 20; alt. fasce cm . 3,5; L. vibr. corde cm. 32,2.

n. 906. - Violino anonimo di scuola bresciana color marrone scuro e doppia filettatura di ebano. Fondo in 2 parti di acero a schiena d'asino; 2 fregi geometrici a forma di 8 incisi nel legno; tastiera e cordiera in ebano. Misure: L. tot. cm. 61 ,4; l. piano: alta cm. 16,4; media 11,6; bassa cm. 21,2; alt. fasce cm. 3,7.

} O2

La Galleria armonica

n. 907. - Violino « David Teccbler Fecit l R ome, Anno Dni 1722 ~ . Piroli in palissandro con puntino di madreperla; fondo in 2 parti di acero; fasce di acero. Misure: L. tot. cm. 58,3; l. piano: alta cm . 16,8; media 11,3; bassa 20,6; Alt. fasce cm. 3,7. L. vibr. corde cm. 33.

n. 908. - Astuccio per detto, in legno tinto nero, foderato di velluto grigio, con scomparti per corde; chiudibile con 2 fermagli (non serra ture). Misure: L. tot. cm. 78,5; l. 10,8/23; alt. cm. 10. Sarà opportuno illustrare qui la figura di questo liutaio, della cui vita , tuttavia , si sa ben poco. Anzitutto occorre ricordare, come premessa e antefatto storico, il movimento migratorio in seguito al quale una nutrita schie ra di liutai tedeschi venne a lavorare in Italia tra i secoli XVT e XVID (13). Alla base di questa corrente di confluenza nel nostro Paese, di tanti valorosi artigiani vi sono motivi artistici ed economici. I primi, naturalmente i più interessanti, vanno impostati nel giusto senso per essere compresi nel loro pieno valore; non si potrebbe affermare, infatti, che essi siano venuti in Italia solta nto per insegnare o soltanto per a pprendere l'arte: essi hanno portato il loro bagaglio di cognizioni, di carattere squisitamente tecnicistico. ad innestarsi sul valido ceppo della tradizione artistica italia na: da questo incontro sono scaturiti i capolavori dei Tieffenbrucker e dei R aillich a Padova, di M. Unverdoben e dei Sellas a Venezia. dei Maler, Frei. Schonfeld a Bologna. A Roma, infine, incontriamo i nomi di Matheus Buechenberg, Magno Graill, Giovanni Calar. Jac. Fichtel e Gio. Giorgio T aningart, che visse a R oma nella prima metà del '700 e operò nella zona d'inrJuenza di David Tccchel (il quale era allora la pe rsonalità dominante nel campo delIa liuteria romana) e ne assimilò lo stile. David T ecchler nacque nel 1669 ad Augsburg e venne ben presto a R oma, dove. il 4 maggio 1698, sposò Agnese dc Dominicis, e dove abitava, nell'ambito della parrocchia di S. L orenzo in Damaso (forse nella famosa Via dei Leutari). Della sua famiglia (il cui nome si scriveva a nche T eckler) si conoscono altri due liutai, pure attivi in R oma al suo tempo: Andrea, ritenuto suo figlio o giovane fra tello. e Anton Hieronymus, che si dice « D avidis nepos ~ (in un 'etichetta di violino del 1735). A R oma D avid T ecchler divenne presto celebre e fu considerato uno dei pitl importanti fiutai del tempo. Come stile egli. dopo un primo

(13) L. CF.RVELLI . Brevi note sui liurai tedeschi... cit.,

p. 328.


periodo in cm rn cui seguì i caratteri costruttivi della scuola di Jacob Staioer, si ispirò ai modelli di Nicola Amati, benché abbia conservato anche alcuni caratteri tipicamente tedeschi. A Roma fece anche parte della guardia svizzera. Sembra che non abbia mai esercitato a Venezia come taluno ha affermato, ma che abbia lavorato tutta Ia vita a Roma, da quando vi era arrivato (prima della fine del secolo XVTI) all'epoca della sua morte, avvenuta verso il 17 48.

n. 921. - Viola d'amore a 7 + 7 corde; cavigliere a riccio; fondo e fasce in radica di acero; piano in abete; piroli, tastiera e cordiera in ebano; i fori armonici sono « flamboyants >>. L'etichetta interna (stampata, meno le ultime due cifre della data, che sono manoscritte) porta: « Joan. Udalricus Eberle l Fecit Pragae 1742 ». A questa si aggiunge l'etichetta del restauratore, che la riparò nel 1862: « Rep. Ferd. H omolka l in Prag 1862 » (anche questa è stampata, meno le due ultime cifre della data, che sono manoscritte). Illiutaio boemo Eberll (o Eberle), nato il 2-7-1690 e morto il 2-7-1768, di scuola italiana e tirolese (Stainer), è considerato uno dei fondatori della scuola di Praga. Le sue opere, datate fra il 1726 ed il 1768, sono violini, viole d'amore, violoncelli e contrabbassi , tutti di alto livello artistico. Questo strumento, in particolare, ha una sooorità delicatissima ed una viva sensibilità: basta tenerla fra le mani e parlare e la si sentirà vibrare come una cosa viva. La sua costruzione è particolarmente pregevole, sia per i materiali che per la raffinata fattura.

Misure: L. tot. cm. 67,5; l. piano: alta cm. 15; media cm. 10,5; bassa cm. 20,5; alt. fasce cm. 5 l 4,2; L. vibr. corde cm. 32,5. Occorre aggiungere qualche cenno anche sull'altra etichetta, quella del restauratore : si tratta di Ferdinand Auguste Vincent Homolka (1828- 1890), figlio di Emmanuel Adam (1796-1849), illustre ed antica famiglia dì liutai, musicisti e docenti.

n. 922. - Viola d'amore anonima a 7 + 7 corde, con testina di Amore bendato in cima al cavigliere; piano in abete; fondo , fasce e manico in acero; fori armonici « flamboyants >>; tastiera in ebano; piroli: parte in legno tinto e parte in ebano.

Misure: L. tot. cm. 82,3; L piano: alta cm. 18,5; media cm. 13,2; bassa cm. 23,7; alt. fasce cm. 615; L. vibr. corde cm. 37. n. 923. - Viola d'amore anonima a 7 + 7 corde;

testina di Amore bendato in cima al cavigliere; fondo

in 2 parti divise da una striscia di ebano; piano in abete; fondo, fasce e manico in acero; tastiera, cordiera e piroli in ebano (alcuni piroli sono in legno tinto). I fori armonici sono « flamboyants » .

Misure: L. tot. cm. 82,3; l. piano: alta cm. 18,5; media 13,2; bassa 23,7; alt. fasce cm. 615; L. vibr. corde cm. 37.

n. 924. - V1iola d'amore (anonima) ridotta a 4 corde; testina di Amore bendato in cima al cavigliere; tastiera e cordiera in ebano; 4 piroli io bosso; manico, fondo e fasce io acero. Misure: L. tot. cm. 69; l. piano: alta cm. 19 media 12,2; bassa cm. 23,8; alt. fasce cm. 5,515; L. vibr. corde cm. 37. n. 925. - Viola d'amore a 6 + 6 corde, con cavigliere a riccio, fori armonici a « effe » come il violino; 12 piroli nuovi (di frassino); fondo, fasce e manico io acero; piano in abete; tastiera e cordiera in ebano. L'etichetta intema (manoscritta) porta la seguente dicitura: « Fabrizio Senta l fecit in Florence l anno 1716 ». Non risulta chiara la ragione per cui viene qui usato l'inglese, invece dell'italiano, per il nome della città di Firenze, città che, del resto, non risulta, nei repertori , come sede dell'attività del Senta, il quale figura sempre come attivo a Torino (infatti un violoncello che si trova al Museo di Firenze porta l'etichetta « Fabritius Senta fecit l Taurini anno 1667 » . Si sa, dunque, che egli lavorava a Torino nella seconda metà del seicento e, secondo il Liitgeodorff, agli inizi del '700, ma anche in Firenze. Incontriamo il suo nome anche in un« Inventario di diverse sorti d'instrumenti musicali in proprio del Serenissimo Sig. Principe Ferdinando di Toscana » datato 1700; alla c. 90 è notato « Un violoncello da gamba a quattro corde, con fondo di abeto, manico fascie e corpo di acero verniciato con due filetti neri intarsiati su le testate torno torno, con ponticell o di acero senza vernice, con bischeri tinti di nero, con cordiera e tastiera impiallacciata di ebano, con un polizzino stampato per di dentro nel corpo che dice « Fabritius Senta fecit Taurini anno 1667 », con suo arco verniciato, e sua contro cassa bianca d'albero e sua toppa » . Lo strumento citato in questo inventario si trova oggi nel Museo del Conservatorio di Firenze. Ma chiudiamo la scheda della viola d'amore conservata a Roma.

Misure: L. tot. cm. 73; l. piano: alta cm. 18; media 12,8; bassa 27 ,7; a lt. fasce cm. 5,5 l 5,2; L. vibr. corde cm. 35,5;

Sala XIII: Secolo XVll-XVlll

JO J


Vetrina 6

P.V. 8182. - Tiorba di « Matteo Sellas alla Corona l .in Vcnetia 1640 ». Casse a 21 doghe di tasso oltre le fasce; triplice rosa intagliata nel piano; pirol.i di faggio non originali: 7 al cavigliere alto e 12 (per 6 corde doppie) aJ cavigliere basso; il retro del manico è filettato in ebano c avorio. Sul piano, presso l'attaccatura del manico e sotto la cassa, nella fascia, si trova il marchio a fuoco « MS », ma la corona, cbc stava sopra alle iniziali, non si vede. Misure: L. tot. cm. 123; L. piano cm. 56,5; L. manico (tutto) cm. 66; l. mass. piano cm. 35,2; prof. cassa cm. 15,5; 0 rosette: superiore cm. 6,5/5,2; inferiori 7,3/5,8; L. vibr. corde: cav. alto cm. 97; cav. basso 63,3.

n. 775. - Chitarrone d i souola romana, con cassa a 25 doghe di cipresso filettate di noce tinto, più fasce; manico di palissandro. Nell'interno l'etichetta manoscritta: « Antonio Giauna Romano fecitc (sic) 1604 ». Tale dicitura risulta destituita di ogni fondamento, in quanto lo strumento può risalire tutt'al più al sec. XIX, ·se non addirittura agli inizi del XX. Nel piano armonico è intagliata una rosetta geometrica, costituita da due triangoli sovrapposti, che danno una stella a 6 punte. Manico e tastiera sono in palissandro. Cordiera e piroli non sono originali; il prolungamento in alto del manico e il cavigliere alto sono di legno e fattura scadenti. Forse originariamente era un liuto. Misure: L. tot. cm. 183; L. piano cm. 55; L. tastiera cm. 28; l. mass. piano cm. 36,5; pf. cassa cm. 19,5; L. vibr. corde: cav. alto cm. 159,5, basso 71; 0 rosa 10/8,4. Piro/i: cav. alto: erano 8, ora sono5: basso: 6+6

per corde doppie. P.V. 8183. - T iorbino a 14 corde doppie (tot. 28 corde; all'interno: etichetta stampata « Matteo Sellas alla Corona l in Vcnetia. 1636 ». Sul piano armonico, presso ]'attaccatura del manico, si trova il marchio a fuoco· MS, con sopra la corona, ripetuto tre volte. La tastiera è in ebano; i piroli, non originali, sono in faggio; cassa a 13 doghe di avorio più le fasce con doppia fi lettatura in ebano fra l'una c l'altra. n retro del manico, c del suo proseguimento verso il cavigliere alto, è in avorio filettato di ebano. Nel piano è intagliata una rosetta a tralci di fogl ie. Sul retro del manico, in alto, v'è un ponticello per il nastro di trasporto; in basso sul piano, è intarsiato un cuoricino di ebano. L a cordiera non è originale.

304 La Galleria armonica

Misure: L. tot. cm. 109; L. piano cm. 40,4; l. mass. piano cm. 29,4; L tastiera cm. 28,5; pf. cassa cm. 13. L vibr. corde: cav. alto cm. 86,2/87,2; cav. basso cm. 61,6/60,8; 0 rosa cm. 9,8/8,7.

Matteo Sellas nacque, molto presumiblmentc a Fiissen, tra il 1574 cd il 1586; era figlio di un Mathcis e fratello di Giorgio, altro valentissimo liutaio: si trapiantarono presto a Venezia, dove aprirono due diverse botteghe: Matteo « alia Corona » c Giorgio «alla Stella ~ ; i marchi a fuoco dei due fratelli consistevano appunto nelle loro iniziali sormontate da una corona o da una stella. Le opere di Matteo, come quelle di Giorgio ma ad un livello forse superiore, hanno una decorazione particolarmente ricca, che utilizza materiali rari e prcgiati, come l'avorio, l'ebano, la madreperla, la tartaruga, il che sta a significare come la personalità dei due fratelli Sellas aveva saputo assimilare e far propri il decorattvsmo orientaleggiante dell'arte veneziana.

Vetrina 7

Nella vetrina n. 7 si trova il modellino di cembalo in terracotta dorata, segnato P .V. 10.373. Si tratta di un piccolo cembalo trasportato sulle onde da naiadi e tritoni, mentre un puttino segue, seduto su di una conchiglia trainata da due delfini. Figure distaccate ma facenti parte di uno stesso gruppo col cembalo sono GaJatea (a destra), forse in atto di sorreggere un velo (ora perduto) c Pol.ifemo (a sinistra), seduto su di una roccia, intento a suonare una « surdelina » (o musctte), specie di cornamusa senza bocchino (la musette, per l'alimentazione dell'aria, non usava il fi ato bensl un piccolo mantice che il suonatore teneva sotto l'ascella cd azionava col movimento del braccio, ma qui Polifemo agisce direttamente sull'otre) . Il manticctto in questo modellino è andato perduto, mentre si è conservato nel gruppo di grandezza normale (oggi a Ncw York), che faceva parte di uno fra i primi musei di strumenti musicali , la « Galleria armonica ~ . allestita a Roma da Michele Todini. Questo ingegnosissimo studioso, inventore e costruttore di strumenti meccanici, stese, del suo Museo, una specie di catalogo nella « Dichiaratione della Galleria armonica» (Roma, Tizzoni, 1676). Sul Todini non si hanno molte notizie biografiche ( 14). ma su quelle poche è bene fare qualche rettifica. Di lui si

(14) A.

KiRCHER,

ten), 1673, p. 120 ss.

Phonurgia nom. Campidonae (Kemp-


sa che dal 1650 al 1652 fu custode degli strumenti della Congregazione di S. Cecilia e che nel 1681 era decano dei rnusici di Campidoglio. Come di nascita si suppone il 1625 e come data di morte il 1689 (forse a Roma) secondo altre ipotesi sarebbe vissuto a Roma dal 1650 al 1700 c. La data del suo arrivo a Roma dalla natia Saluzzo in Piemonte, va invece anticipata di 15 anni circa, e questo possiamo affermarlo con sicurezza: basta attentamente la « Dichiaratione » per vedere, a pag. 38, la notizia: « Nel corso di quarant'anni in circa che sono in Roma ... ». Sottraendo i 40 anni suddetti dal 1676, anno di stampa della << Dicbiaratione », si arriva intorno al 1636 e non al 1650. La « Gall-eria » era ordinata, già nel 1673 (14a), in tre stanze della casa del Todini in v·ia dell'Arco della Ciambella (strada che unisce via de' Cestari a via Torre Argentina), per l'esattezza al secondo piano dell'attuale numero civico 19, e fu poi da lui ridotta in una stanza del Palazzo Verospi al Corso (eretto ai primi del '600 da Onofrio Longhi , rimodemato nel 1906 e oggi sede dell'Ufficio di rappresentanza del Credito Italiano), dove effettivamente ancora esiste una sala con affreschi di Sisto Badaloccbio (distaccati da una sa1la del pianterreno e portati al secondo piano) raffiguranti scene col mito di Polifemo e Galatea, il che fa ritenere che colà fosse appunto stato il cembalo dorato sorretto da tritoni e nereidi uscenti dalle onde, con le' statue di Polifemo e Galatea. Anche gli strumenti contenuti in questo gruppo (cioè (surde1ina e cembalo) erano meccanici, come tutti gli altri del Museo, costruiti dal Todini. Infatti egli chiama questo complesso la « macchina di Polifemo e Galatea >>. ?nesto pezzo è l'unico che si conosca come provemente dalla « Galleria armonica >>; degli altri ci rimangono solo i disegni (15) ed il rimpianto che si può avere per le cose uniche durante troppo poco. Ancora nel 1732, quando J. G. Walther pubblicava il suo «Musicalisches Lexicon >>, la « Galleria » era visibile e forse ancora udibile (16), ma già nel 1770 il Buney, che pure vi era accorso, richiamatevi dagli elogi di cui erano pieni i resoconti dei viaggiatori, non aveva potuto nulla ascoltare perché un certo Cicerone, custode e illustra~o­ re della « Galleria » medesima, già molto vecchJO, era morto da poco ( 17).

(14a) A.

KJRCHER.

Phonurgia nova, Campidonae, 1673.

p. 168.

(15) F. BONANN I, Gabinetto armonico, Roma, 1722, tav. XXXIII (v. un esemplare nella Vetrinetta con libri verso la Sala X). ( 16) J. G. WALTHER , Musikalisches Lexicon oder Musica-

lische Bibliothec. Leipzig, W. Deer, 1732, p. 160. (17) Ch. BU&'IEY, Tfle present stme o! music in France and ltaly. Vol. III, 28 ed., London, 1773, p. 392 (diario di martedì 20 novembre 1770).

Fuori delle vetrine incontriamo, sulla sinistra, un cembalo con astuccio ricoperto di pelle. n. 779. - Cembalo parzialmente enarmonico. Strumento che presenta un particolare interesse per la sua tastiera, in cui si trovano 6 tasti tagliati, cioè enarmonici. È interessante notare che vi sono due date: una sul prolungamento (leva) del l o tasto e una su quello dell'ultimo: s ul I o tasto si legge « 1630 » e sull'ultimo « 1830 »: la prima si riferisce alla nascita dello strumento, mentre la seconda ricorda l'anno in cui esso fu ridotto ad essere una specie di pianoforte, in quanto i salterelli furono rimaneggiati ed usati come martelletti. Il recente restauro, eseguito da G.G. O'Brien nel 1979, ha riportato Io strumento al suo stato originario, cioè alla sua condizione di cembalo. I 5 tasti tagliati, che erano stati, per fortuna, solo attaccati, sono stati nuovamente separati, di modo che sono tornati alla loro primitiva funzione enarmonica. Piano armonico in abete; cornicette, cassa e lati di cipresso. Rosetta di carta (incompleta); somiere in noce; piroli forse originali. Ponticelli di faggio. Registri 2 X 8'; 51 tasti: i 27 inferiori sono placcati di bosso; i 24 superiori sono così suddivisi; 13 placcati, 2 verniciati, 3 rifatti (senza vernice), 6 originariamente tagliati; frontalini: originali IO, rifatti 17. Misure: Lato A cm. 70,2, tastiera sola 63,5; lato B 197, lato C 39, Iato D 122,5, lato E 51; alt. cassa 22; L. vi br. corde: l" nota cm. 149,7 l 148,3 ult. nota cm. 14,5/ 13,8. Ambito: 4 ottave do1-do5 ; prima ottava corta.

Sulla tavoletta ·Che scende verticalmente sopra i tasti si trovano vari intarsi e, pure intarsiata, al centro, una piastra ovale di avorio con stemma cardinalizio, dal quale il nome è stato abraso (vi è stato poi scritto, ad inchiestro e con mano non di artista, « Casa l de l Angelis »). Per quanto riguarda l'autore si hanno di lui soltanto delle inizìa·li, che, con ricerche e confronti, si potranno forse chiarire: sulla leva del l o tasto si legge » + l G A l 1630 »; S111I'ultimo tasto si trovano i numeri « 51 14511830 ». Misure: L ato A cm. 70,2, tastiera sola 63,5; lato B 197; lato C 39; lato D 122,5; lato E 51; alt. cassa cm. 22.

n. 780. - Astuccio per detto, ricoperto in pelle con dorature a piccoli ferri, raffiguranti tralci di fiori, fregi a grottesche con rose e leoncini rampanti. Nell'interno del coperchio vi sono due pitture ad olio: sopra la tastiera una scena forse mìtolo-

Sala XIII: Secolo XV!l-XVIII

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gica o cavalleresca in un bosco; sopra le corde un veliero tirato in secco in una rada per essere riattato.

Misure: lato A cm. 80,. lato B 206,5, lato C 40,5, lato D 124, lato E 55,5; alt. (ast. chiuso) cm. 26. n. 781. - P iede doppio per il cemba1lo n. 779 in legno verniciato rosso e oro con due leve da prcmersi con i piedi per alzare, tramite due bacchette di tondino di ferro, una tavola sopra le corde per aumentare la sonorità.

Misure: cm. 72 X 63,5 (alt.).

n. 782. - Piede singolo per lo stesso cembalo n. 779. Misure: cm. 26 X 63,5 (alt.).

n. 783. - Cembalo in astuccio ricoperto di pelle. P iano armonico non originale di acero, molto rovinato. Epoca c. 1640. La cassa è in acero (contrariamente alla tradizione); le cornici sono di cipresso, come pure i lati della tastiera e ~a striscia sotto la tastiera stessa; ai lati della cassa vi sono due finestrini in corrispondenza delle griglie dei salterelli. La rosa, in legno e pergamena, è originale c presenta dei guasti all'orlo. Il somiere è di acero; i piroli non sono originali. Il ponticello sul piano armonico, originale, è di cipresso; quello sul somiere, pure originale, è di faggio; la striscia sopra i tasti e la striscia sopra i salterelli sono rifatte. I saltcrelli, in gran parte non originali, sono tutti differenti: alcuni con 2 smorzi, alcuni con l, alcuni senza smorzi affatto; i cartigli sono in cipresso. R egistri: 2 X 8'. Tasti: 45: i 27 inferiori sono in legno di granadiglio; hanno le placca tu re rifatte: il l o fa diesis, il 2° si, il 3° fa, il 3° la, il 4° re, il 4° sol; 18 superiori sono placcati in ossa c avorio. Ambito: 4 ottave. Prima ottava corta.

Misure: Lato A cm. 77; lato B 197,5; lato C 38; lato D 126; lato E 53; alt. cassa cm. 22; alt. da terra cm. 87,5.

n. 785. - Piede doppio per detto. L. cm. 73 X alt. 60.

n. 786. - Piede singolo per detto cm. 32 X alt. 60. n. 85 l. - Arpa grande (sec. XVIIT) con retro cassa a 11 facce e tre piedini in ferro. Questo strumento ha forti analogie con un altro, pure con retro a 11 facce, opera di Giovanni Vettorazzo (Vicenza, 1973), che ornava il Museo di Lipsia (18), ma che fu fortemente danneggiato durante l'ultima guerra. È a tre ordini di corde, ed ha, quindi tre file di piroli (28,23, 25) per un totale di 76 corde. N el piano armonico vi sono 8 croci di 5 forellini l'una; la colonna è scanalata e sopra il modiglionc vi è una foglia di acanto bipartita. Misure: Alt. tot. con piedini cm. 216/ 207; senza piedini 199,5/ 187.5; L. piano armonico senza cornice cm. 150; I. piano armonico: in alto cm. 5,5; in basso 49,5; pf. cassa: in alto cm. 8,8; in basso cm. l 0.2: a metà 8.9: in alto 6,7, in cima 5; 0 forellini cm. 1,2/ 1,2/ 0.9 / 0.9; l. tot. arpa in alto 69; L. vibr. c.: minimo cm. 9; mass. 174,5. n. 790. - Arpa Barberini. Anzitutto qualche cenno sulle origini dello strumento, cioè sul suo « atto di nascita » che nessuna ha mai redatto per iscritto ma che l'arpa stessa ci offre, grazie ad una nuova dic;ciplina (o. per lo meno. a nuove applicazioni scientifiche di essa), la dendrocronologia, nelle interessanti ricerche del prof. Elio Corona (19). Secondo quest'ultimo i lejini dell'arpa sono vissuti tra il 1537 e il 1604; quindi lo strumento dovrebbe essere stato costruito tra il 1605 e il 1620: viceversa Emanucl Winternitz riteneva evidente che un tal pezzo fosse stato commissionato poco dopo l'elevazione al soglio pontificio di Urbano VITI. delia famiglia Barberini. e cioè dopo il 1624 (20). Un elemento interessante che

Misure: Lato A cm . 68,5, lato B 188,5, lato C 31,5, lato D 125, Jata E 49; alt. cassa cm. 22, l. tastiera cm. 62,5; L. vibr. c.: 1° do 138,6/ / 137,2; 2° do 103,3/ 97,1; 3° do 51,9/ 49,7; 4° do 20,4/ 18.

(18) G. KlNSKY. Musikhirtorisches Museum von Wilhelm fleyer in Co/n. II. Cèiln. 1912. p. 17-18 e foto a p. 20. (19) E. CORONA, Dendrocronologia e organologia musicale, in: c Atti del seminario per la didattica del restauro liutario e

n. 784. - Astuccio per detto. Nella parte interna del coperchio è dipinta una danza di giovani e ragazze in un giardino, ma la pittura è moho perduta e si scoprono sotto di essa le fibre del legno.

M ostra di liuteria " Premeno (Novara). 14-19 settembre 1981. p. 128-129. Id. In quell'albero c'è un archivio che ci racconta il pas.m to. Un esodo rcrino nell'arpa. In: • Corriere della sera •. martedì 31 mai!Aio 1983 - Anno l 08. n. 126, paj.t. 13. (20) E. WINTERNITZ. Musical in.lfmmenrs nf rhe western world. London. 1966. p. 125.

JO6 La Galleria armonica


si può rilevare osservando l'arpa è che, in alto, sotto lo stemma Barberini con le tre api, si trova il Toson d 'oro, ordine cavalleresco tra i più antichi ed importanti (fondato nel 1429 a Bruges dal duca Filippo il Buono di Borgogna), che veniva concesso soltanto a sovrani e a no bili di altissimo lignaggio. E qui si presenta una circostanza piuttosto curiosa. Poiché, quando il Toson d'oro venne conferito al primo Barberini, il Principe D on Maffeo, nel 1671, l'arpa era già fatta, i Barberini fecero aggiungere la sua raffigurazione (un vello d'oro legato e appeso) allo stemma de lla casa, che già troneggiava al sommo della colonna dell'arpa: in questa operazione, tuttavia, le cose forse non andarono troppo lisce, e forse un piedino dei due puttùti che sorreggono lo stemma fu danneggiato o distrutto e l'ebanista doratore ebbe l' incarico di rifarlo, ma la sua coscienza gli vietava di « inventare » qualche cosa su un pezzo di così alto pregio, ed egli deve aver trovato un << escamotage » per cavarsela senza troppo compromettersi e quindi, invece di « creare » un piede destro, copiò il piede sinistro de l puttino, il quale, così, si è trovato ad avere due piedi sinistri. Questo prestigioso strumento potre bbe far proprio il motto apposto ad una spinetta italiana oggi al Metropolitan Museum di New York: « Ricco son d'oro r icco son di suono, non mj toccar se tu non bai del buono ». Questo pezzo unico per preziosità storica, artistica e musicale, era di proprietà della famiglia Barberini, che la fece scolpire e decorare, c che la dette in uso al virtuoso Marco Marazzoli (1619-1663), detto appunto « dell'arpa », il quale, morendo, la restituì, per testamento, al Cardinale Antonio Barberinj, cui apparteneva. H Marazzoli è una figura di primo piano nell'ambiente musicale del seicentesco teatro Baxberini, e, oltre alla s ua attività di cantore e di strumentista, è nota la sua opera di compositore, dedicata, specie dal 1637 (anno in cui era entrato al servizio dei Barberini), a1l'attività teatrale, in collaborazione con Virgilio Mazzocchi (ricordiamo gli oratori « Chi soffre speri», « Dal male il bene», « Il trionfo della pietà », ecc.). Nella contabilità di Casa Barberini (ora consultabile nella Biblioteca Vaticana) si incontrano riferimenti all'Arpa che possono aver rapporto con il nostro strumento: « 19 giugno 1631: ... canne tre e mezza di tela incerata nova per la cassa del Arpa ... »; « 5 nov. 1639: se. 6,70 à Marco Marazzoli per haver fatta fare una cassa di legno per l'arpa d'ordine di S. Em.za cioè legno, e ferramento ». Che lo strumento sia della prima metà de l seicento può essere provato anche dal quadro di G. M. Lanfranco (1582-1643), in cui l'arpa è suonata da

una bellissima donna seminuda, forse una allegoria della «Musica », forse una « Venere » , come la definjsce il Ma razzoli stesso nel suo testamento ( « Lascio a l s. Card. Aut. un quadro grande originale del Can. Lanfranchi con la sua cornice ner a e oro: è una Venere che suona d'Arpa e d ue Amori. l Item lascio che Anna gli consegni due Arpe una indorata con la sua cassa, et l'altra di legno ordinario, essendo dell'Em.za Sua. >>) Oltre all'importanza storica, dovuta alla famiglia Barberini, la seconda ragione di importanza dello strumento è il suo valore artistico: la colonna scolpita con le statuine dorate ha quasi l'aspetto di un candelabro di cero pesquale; i !pezzo, di alta qualità come ideazione ed esecuzione, supera il livello artigianale per assurgere a vera opera d'arte. Una credenza tramandata - a quanto pare solo verbalmente - nella fantiglia Barberilli, vorrebbe che fosse stata disegnata dal Bernini: la notizia sarebbe sensazionale se potesse essere corroborata da attendibili documentazioni, ma, per ora, purtroppo, le ricerche d'archivio non hanno portato a creare un rapporto tra l'arpa ed il Be rnini , ed i disegni da lw pubblicati nei « Poemata >> di Urbano Vlll del 1638 (citatimi anche dalla ex proprietaria dell'arpa, la stessa principessa Harriette), non mostrano che arpe semplicissime e del tutto disadorne. La terza motivazione, che ne fa un pezzo d'eccezione, è musicale, in quanto l'armatura di tre ordini di corde consente di eseguire anche le note croma· tichc, nonostante che non siano stati ancora inventati i pedali, il che avverrà soltanto ai primi del '700. È interessante risalire aHe origilli stilistiche dell'arpa. Un djsegno che si trova al Gabinetto degli Uffizi di Firenze, col n. 1594. E, presenta un'arpa che ha molte affinità con questa (21); il disegno fu pubblicato nella « G eschicbte der neucren Baukanst >> di Jacob Burckhardt e Wilhelm Lubke (vol. I, Stuttgart, 1891, p. 316 c 322) e stampato dai F.lli Alinari di Firenze col n. 521. Così pure è interessante prendere in considerazione il dipinto di Giovanni L anfranco (1582-1643), nella Galleria Nazionale di P alazzo Barberini, che raffigura una donna che suona appunto l'arpa Barberini (22). n dipinto è del 1639 e l'arpa, secondo i cal-

(21) v. L. PARIGI. l disegni musicali del Gabinetto degli e delle minori collezioni pubbliche a Firenze. Firenze, L. S. Olschki, 1951, pag. 100, n. 666. L. MARcuccr Mostra di strumemi musicali in disegni degli U//izi. Firenze, L. S. Olscbki, 1952, pag. 32, n. 13. (22) R. ENGGASS. La « Musica ., Barberini del Lanfranco. Jn: «Commentari, rivista di critica e storia dell'arte », anno X, fase. IV; ott.-dic. 1959, pag. 201-203 e tav. LXXXVI-LXXXVII. « U//izi »

Sala XIII: Secolo XVII-XVT/l

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coli del prof. Corona, doveva essere stata costruita tra il 1605 ed il 1620. Un particolare degno di nota per la tecnica esecutiva dello strumento è che dalla posizione delle mani della suonatrice si rivela che essa suonava con tutte le dita, mentre alla stessa epoca, in Spagna, si suonava con due sole dita (comunicazione verbale del Prof. Nicanor Zabaleta). Vale la pena di ripetere che l'importanza di questo pezzo, veramente unico, è triplice: valore storico per la famiglia che l'ha posseduta, artistico per la bellezza delle sculture lignee dorate che l'adornano, facendo quasi assomigliare la colonna di essa ad un candelabro barocco, e valore musicale, perché armata con tre file o meglio ordini di corde, il che consente d i

J08 La Galleria armonica

eseguire anche le note cromatiche, benché non siano ancora stati inventati i pedali (che saranno realizzati da H ochbrucker nel 1720). 11 piano armonico ha quattro fori o rosette; il retro della cassa armonica è a undici facce. Le sculture !ignee dorate raffigurano: nella parte a lta della colonna due putti, di cui si è parlato, che sostengono lo stemma Barberini; nelle zone sottostanti: in alto due putti, e nell a zona centrale due giovani, tutti abbigliati .:on pelli di leone.

Misure: L. tot. cm. 120; l. piano armonico: in alto cm. 14,5;in basso 39,5; L. modiglione cm. 98; l. modiglione cm. 70; L. vibr. c. mass. cm. 172.9, min. 20,6.


976. Chitarrone di Pietro Railliclz, 1702 e particolari del retro cllSsa, rosette e marchio a fuoco (Vetrina l)

Sala Xlll : Secolo XV I/-XVlll

JO}J


766. Cistrum inglese John di Preston - 1774-1800 (Vetrina 2)

767. Cistrum inglese jo/111 di Preston - 1774- 1800 (Vetrina 2)

JI O U1 Galleria armonica




776. Viola da gamba scuola francese; sec. XVTI L (Vetrina 4)

778. Viola da gamba anonimt1; sec. XVTII-XIX (Vetrina 4)

Sala XIII: Secolo XVIT-XVIII

}l}


777

777. Viola da pamba di 4: FmiiCl!~co U uger di!tlo il l'N "' Crt•molla, 1726 e particolare (Vetrina 4)

777

<J2!. Viola d'a11101t> di .low1 Udaliic111 l:.bl'rle - Praga, 17-12 (Vdrina 5)

JI 4 La G alleria armo11ica


907 . Violino di /Jm·irl T eccltler con nvtuccio - Noma, 1722 (Vetrina 5)

923. Viola d'amore ano11i111a: :.cc. XV I I I (Vt'trina 5)

P. V. 10373. \/odel/1110 di Ct'/1/bulo in terracoltu: ~~~- X V II (Vcrrma 7)

Sa la Xli i : S ecolo XVII -AVI/l

JIJ



779. Clal'icembalo tmonimo, 1630 (fuori Vetrina)

Sala Xlii : St•wiu AVll ·ÀV/11

3J/


783. C/avice111halo, c. 164V (fuori Vetrina)

31 O0 La GaiiPria

tlllllfllt ica


790. Arpa Barbcrini. lato de~tro: ~cc. XVI I

790. Arpa Barbuini, retro; sec. XV l l

790. Arpa Barberini, lato sinistro; sec. XV !l (fuori Vetrina)

Sala X!J! : Secolo XVII-XVIII

}lf}



Sala XIV SECOLO XVII-XVIII

Vclrina l

n. 795. - Clarinetto d'amore in 5 parti, (sec. XIX) di acero, a Il chiavi: 9 quadrate, di cui l aperta. c 2 tonde aperte. Il nome dell'autore è inciso 4 volte: sul padiglione e sulle altre tre parti: « * l CASTI.AS l 11 ruRtN 1 [rosa TudorJ )) vi sono 5 fasce di avorio c una di legno (non origina le). Su questo costruttore v. Langwill (1). Misure: L. tot. (!>cnza bocchino) cm. 71: 0 (int.) cm. 4.

uscita

11. 796. - Clarinetto in fa a 5 chiavi, in 5 parti di bosso con 6 anelli di avorio. TI marchio del costruttore è inciso 4 volte: nella parte verso il padiglione, nelle altre 2 parti centrali c nel bariletto: « GR JI~SLING l & SCHLO'I T » « F » [aquila ad ali aperte con una spada nella zampa destra c globo nella sinistra]. casa fondata nel 1802 (2). Nelle parti centrali: « GIUESLING l & SCIILOTT l BERLI N .t: nel bariletto: l aquila) GR l ESLI\10 l & SCHLOTT 2 :t .

Miwre: L. rot. (senza bocchino) cm. -10,7; 0 patl. cm. 7/4,4 (int.). 11. 797. - Clarinetto a 5 chiavi quadrate di ottone. La scritta, ripetuta 4 volte, è: rcorona] l l. T'. I.AMP. 1\URNBERG » (Joh. trieclr. Lamp, 1788-1832).

Misure: L. tot. (senza bocchino) cm. 39: 0 cm. 6,4 l 4,5.

paci.

- Clarinetto in do (sec. XIX) « * :-.IARU 1 1 PAHRIA~O l * » « c » (scritta ripetuta nelle 3 parti centrali) 1 in 5 parti l di bosso a 5 chiavi di ottone quadrate di cui l ape rta; con 4 anelli di corno, pii:• uno mancante in cima al bariletto. 11. 798.

Mi.\ure: L. tot. (senza bocchino) cm. 50,3; 0 putl.

cm. 7,2/ 5.

(l) Op. ci1., p. 26. (2) iv i, p. 66-67.

n. 799. - Clarinetto a 5 chiavi quadrate di ottone (di cui l aperta): in 5 parti di bosso con 5 anelli di ebano. Sulla parte centrale. verso il padiglione, è inciso << 1 INK E l ORESDEN ~ : nella parte centrale superiore: << fcorona) 1 1·11\KE ~ . (c. 1822). Misure: L tot. (senza bocchino) cm. 45,5; 0 pad.

cm. 8/ 5.

n. 800. - Clarinetto in 5 parti di bosso con 5 anelli di corno, a 5 chiavi quadrate in ottone (di cui 1 aperta). Scrittu. completa nella parte verso il padiglione: « * l MA<;AZAR l BOLOGNA l E l 1798 * l l » ; nel padiglione » * \IAGAZARI l E l l »: nella parte centrale superiore: : » * 1 MAGAZART l l l E » nella pn rte verso il bariletto: << * l MAGAZAR J » l l * l l:lOLOGNA l E >> . L. tol. 44,8; 0 paci. 6, 3 l 4, 6. 11. 801. - Clarinetto anonimo. in fa, a 5 chiavi quadrate in ottone (di cui l aperta), in 5 parti di bosso con 5 anelli di avorio. Inciso: « 2 / F » ripetuto 3 volte;

Misure: L. tot. (scn7a bocchino) cm. 38,7: col

bocchino cm. 44,2; 0 patl. (est.). cm. 6,5; 0 sotto bocchino cm. 2, 2 / l, 8.

n. 802. - Flauto traverso in ebano, a l chiave in ottone quadrata e 5 anelli d'avorio, con 2 pezzi di ricambio (N' l, 2, 3). Misure: L. tol. cm. 63,2 con pezzo n. l; cm. 62.2

con pezzo n. 2: 61,4 cm. con pezzo n. 3: 0 Jato imboccatura cm. 3; 0 estremità opposta cm. 2, 2/ l, l (aperta).

n. 803. - Astuccio per eletto (Flauto traverso n. 802), in noce, con serratura senza chiave c cerniere rotte. Mi.\ ure: cm. 27 X 21,7 X alt. 5,4. 11. 804.

- Ottavino in re in 4 parti di bosso con 5

anelli d'avorio, a 4 chiavi di ottone quadrate. 11 nome

Sala XIV: Secolo XV /1 -XVJ/l

}21


è ripetuto 3 volte, meno che sulla parte dell'imboccatura: « [Stella a 5 punte) l P. PIANA. l A :0.11LANO l D :t . t\1/i.wre: L. tot. cm. 32; 0 lato chiuso cm. 1,7; 0 lato aperto cm. 1,41 l. 11. 805. - Ollavino senza chiavi, in bosso con 2 anelli di corno e l anello di avorio (estremità di uscila). li nome è inciso l sola volta dalla parte dell'imboccatura: ~ [gig lio! l CRO. E l * » (fam. di Lipsia, del '700).

Misure: L. tol. cm. 27,7; 0 lato chiuso cm. l .~; 0 lato aperto cm. 1.410,6.

n. 806. - Ottavino ad l chiave quadrata di ottone, in 4 parti eli bosso con 3 anelli di corno. TI nome « PANORM l E FiGLI l NAPOLI » è ripetuto 4 volte. Di

questa famiglia di costruttori si sa ben poco: si ritiene che sia stata élttiva tra la fin e del sec. XYI H e gli inizi del XIX. Misure: L. tot. cm. 30.3; 0 lato aperto cm. 2.2; 0 lato chiuso cm. l ,210,8.

n. 807. - Flauto traverso ad l chiave di metallo bianco con 2 « B » intrecciate e graffite. Jl nome dell'autore, prestigi oso costruttore attivo tra il 17 58 ed il 1801 a Norimberga, città la cui iniziale figura sopra il ca rtiglio, è Johann Friedrich Engelhard, noto ed ammirato per i uoi fl auti cd i suoi oboi. che sono oggi diffusi nei più importanti musei. Lo strumento ha 6 pezzi di ricambio (numerati da l a 7, compreso il n. l, cioè quello innestato sullo strumento stesso. M ijure: L. to t. con i vari pezzi: con ( l ) cm. 65,5;

(2) cm. 64,5; (3) cm. 63,7; (4) cm. 63; (5) cm. 62,3; (6) cm. 6 1,5; (7) om. 60,7 ; 0 lato chiuso cm. 3; 0 lato ape rto cm. l ,41 l .

n. 808. - Astuccio per detto. in legno, di forma irregolare, foderato di velluto rosso con bordi di nastrino giallo: vi sono ganci da lucchetto (l è rotto). ,\tijttre: cm. 32, 5; 23,5; 28,8 x alt. 5, 8.

Vetrina 2

n. 809. - Flauto traverso ad l chiave trapezoidale eli metallo bianco o argento graffito (fregi a disegni geometrici e a tralci rioreali); in 4 parti di ebano con 5 anelli d'avorio. La scritta « IOA:\: l Panorm » è ripetuta su tutte c 4 le parti. Misure: L. tot. cm. 61.5: 0

to cm. 2. 4/ l ,8.

}22

Ln Gaflerìn armonica

chiuso cm. 3; aper-

11 810. - l-lauto traverso in avorio ad l chiave pure in avorio, in 4 parti. Il nome « tOAN l PANOR~I >> è inciso su tutte c 4 le parti.

Misure: L. tot. 6 1,7: cm. 21 l ,5.

0 chiuso cm. 2,8: aperto

n. 8 11. - Flauto traverso a 2 chiavi, in avorio, di " w. OBERt.ENDER » di Norimberga, 2a metà del "700. Le due chiavi sono: una quadrata in metallo bianco graffito c una quadrata non originale. Il cartiglio col nome, che nella parte inferiore sovrasta una ,, O l , è inciso su tutte c 4 le parti. M isure: L. tot. cm. 59,9 senza cappelletto (mancante) 0 chiuso cm. 2,8; aperto cm. 2, l l l ,4. 11. 812.- Flauto traverso ad l chiave ovale in metallo bianco; in 4 parli di ebano con 5 anelli di avorio. « +. l RAV ER l A BOROI~AUX l l » SCritta in cisa SU tutte e 4 le parti.

;\!isure: L. tot. 65:

0

cm. chiuso 3; aperto cm.

2,2 l 1,5 . n. 813. - Flauto traverso (sec. XYITT) a l chiave trapczoidale di metaJio bianco graffito (a reticolati); in 4 parti di ebano con 4 anelli di avorio e l anello di meta llo bianco non originale (per contenere il cappelletto rotto). .\1i:wre: L. tot. 61: 2,4 l 1,5.

0 chiuso cm. 3: aperto cm.

11. 814. - Flauto traverso in fa, ad l chiave quadrata in ottone, in 4 parti di bosso con 5 anelli di avorio. 11 nome del costruttore è inciso solo una volta sulla parte dell ' imboccatura: « r l J. Brendling l London » (John Brendling. 1835-1854).

Misure: L. tot. cm. 50,7: 0 chiuso cm. 2,5; aperto cm. 2/ l , 4. 11. 815. Flauto traverso ad una chiave. in re in 4 parti eli bosso con 5 anelli di avorio. Il nome del costruttore è ripetuto 4 volte, cioè su tutte c quattro le parti: « [giglio j l F. LO I! NER l NURN13ERG l * * 1 D » . Si tratta di Friedrich Lohner (t737- l 8 16).

Misure: L. tot. cm. 61.2: 0 chiuso cm. 2,8;

n. 816. - Flauto traverso ad l chiave, in 4 parti eli bosso con 5 giri di avorio. Sulla parte della chiave è inciso il nome: << [ 2 spade incrociate] A. GRENSER 1 DRESDEN » ; sulle altre tre parli è ripetuto senza , DRESDE:--1 • : ulla parte centrale verso la parte del-


l'imboccatura vi è: « lspade incrociateJ l A. <.t~ENSER 1 l .. . Si tratta di (Cari) August Grenscr ( 1720-1807). Mi!lure: L. tot. cm. 62,5: aperto cm. 2,4 J l ,5.

0

chiuso cm. 2,7;

n. 817. - Flauto traverso in 4 parti di bosso con 5 anelli di avorio, ad l chiave, che era leggermente trapczoidale (mancante). Il nome c la data sono incisi solo due volte. sulla parte dell'imhoccaturn e sulla parte della chiave: « KRI:'I'!-.Ct IMAR. l 1791 ' + :t ; nella parte centrale verso la parte delln chiave vi sono solo 3 apparenti crocette e \'erso la parte dell'imboccatura ve ne sono 2.

Misure: L. tot. 62,5 (senza piroletto); cm. 2,8; aperto cm. 2,5 J l ,5.

0 chi uso

11. 818. - F lauto traverso ad l chiave tonda di ottone, in 4 parti di bosso. li nome è inciso su tutte e 4 le parti: « Isole con raggiJ l I 'I~ANCO I S l Non r E l (stella) ». La casa Noblet fu fondata ne l 1750.

11. 819. - Flauto traverso ad una chiave in metallo bianco quadrata con graffiti di non facile lettura (+T oppure C) in 4 rmrti d i bosso con 5 anelli di corno. Il nome ddl'autore è inciso su tutte c quattro le parti « GRASSI l 1:-.1 MILA ma sulla parte centrale verso l'imboccatura vi è in più. prima di << GRASSI :t , un numero << 3 » che sta ad indicare che vi è innestato il pezzo di ricambio n. 3. Da notare la particolarità della « » rovesciata. o. meglio. girata. L 'autore era attivo n Milano nel sec. XV Ili.

MiHtre: L. tot. cm. 62; 0

chiuso cm. 2,7; aperto

cm. 2,2 J l ,4. n. 820. - Flauto traverso in 4 parti di bosso, ad l chiave qundrata di ottone. L'autore è Cari Satller. forse padre di Christian friedrich (nato a Lipsia nel 1778) e attivo n Lipsia intorno al 1770. li mnrchio: «fgiglio] l CARL SATTI.ER l s >> è inciso sulla parte dell'imboccatura: sul la 2" parte vi è: c, l l Lgiglio l l CARL SA'I 11 t::R 1 s :. : sulla 3'' e 4 " pnrtc solo il giglio. /lfiwre: L. tot. cm. 52; 0

chimo cm. 2.3; aperto

cm. l , X J 1, 1. n. 821. - Flauto traverso ad l chinve Londa di ottone, in 4 parti di bosso con 5 anelli di corno. Il nome << Isole con raggi] 1 A: RICCHI IN ROì\1 ,\ l TI nome « lOM.:: l I'ANORl\1: » è inciso su tutte c 4 le pa rti. /1/isure: L. tot. cm. 63: 0

cm. 2,3 / l ,4.

chiuso cm. 2.8: aperto

11. 822. - Flauto traverso ad una chiave di metallo bianco trapcLoidale, in 4 parti di tutto bosso. Il nome (( IOAN: J PANORM: • è inciso tu tutte c 4 le parti.

Miwre: L. tot. cm. 6 1,2: 0 chiuso cm. 2,7: aperto cm. 2,4/ l ,4. n. 823. - Flauto traverso ad unn chiave quadrntn di ottone, in 4 parti di bosso con 2 anelli di corno; manca l'anello dell'estremità aperta. Anche il cappelletto è di bosso. 11 nome cd il luogo del costruttore sono ripetuti su 3 parti meno che sulla parte dell'imboccatura: « *l ANORE: \VALCH l BI~ R\HTESGA l DI:N l * » (C. 1825).

Misure: L. tot. cm. 6 1,4; 0 aperto cm. l, l J.

cm. chiuso 2.X:

n. 824. - Flauto traverso ad l chiave rettangolare di ottone, in 4 parti eli bosso più 5 anelli eli corno. 1ome c luogo del costruttore sono ripetuti su tutte e 4 le parti e, inoltre, sulla parte verso l'imboccatura, il n. « 3 » e o 1stella] l ANT. SCHEI LY t IN l'EST » Antal Scheily, era un costruttore di (Buda) Pcst, (18 16- 1838). Questa datazione sta appunto a confcrmnrc che ci si trova in un periodo anteriore al 1872, anno in cui le due città, Buda, sulla riva destra del Danubio, c Pcst, sulla riva sinistra. furono unifi cate. n. 825. - Flauto traverso in quattro parti di bosso. ad l chiave reltangolare leggermente trapczoidale di ottone chiusa. rl nome del costruttore è inciso sulle tre parti principali: sulla parte della chiave vi è solo l'aqui la; di questo autore non vi sono notizie nei repertori: si tratta forse di un tedesco del settecento che lavorava a Padova, ma non se ne conosce neppure il nome. Eccone i dati incisi su questo strumento: « Laquila bicipite coronatal l CIU:SSI:-o:co l PADOVA - lsolcl b (sec. XV III).

Misure: L. tot. cm. 6 1.2: 0 chiuso cm. 2,7: aperto cm. 2.2/ l .3. L. col. aria vi br. cm. 53.4. n. 826. - Flauto traverso in 4 parti di bosso c 5 anell i di corno con l chiave di ottone dcggcrmente trapczoidale; di questo autore, non altrimen ti noto i cui dati qui incisi sono: << [sole] l DE GIORGIS l l i\lexandrie J Lsolej :-. non si hanno notizie. La dicitura si trova completa solo nella pnrtc dell'imboccatura: nelle altre due pa rti si legge « * J DE C: IORG ts l * » c nella pnrte della chiave: « Alcxanclrie ».

Misure: L. tot. cm. 63 .8: 0 chiuso cm. 2,7: aperto cm. 2.3 / 1,7.

Sala XIV: Secolo XV II-XV III

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11. 827. - Oboe in 3 parti di bosso con 2 chiavi in ottone tonue, di cui l aperta. a farfalla. ll marchio a fuoco, ripetuto 3 volte. porta: « LLeone di S. Marco rivolto a sinistra l l Al' C 1\ 1 1 l A .\11LA. o l 1709 :t . T ale dicitura è completa solo nella parte centrale con le chiavi: nella pane del padiglione si trova da una parte « ANCJ\'11 • c dall'altra :-.111.A:-l »: nella parte superiore, verso l'imboccatura: « A:-ICIV"II l A MILAN '> .

«"

Misure: L. tot. cm. 55,7; inf. cm. 614,2.

0 su p. cm. 2,81 l ,7;

Vch·ina 3

n . 828. - Oboe in 3 parti di palissandro, con 3 chiavi in metallo bianco: la centrale a farfalla, aperta, le laterali trapezoìdalì; ha 5 anelli dì avorio scolpito con fregi di fogli e c, in ci ma, due file di pallini. TI nome completo è soltanto s ulla parte centrale: « !Leone di S. Marco! l 17 18 l A C IVTI l i\ MILAN » : nella parte del padiglione vi c « ANCIVTI :~> da una parte e « A \IILA ':~> dall'altra; nella parte dell"imboccatura si ha pure << A C"IV" II l A 1\IILAN ». Misure: L. tot. cm. 55.7: inf. cm. 6/ 4,5.

0

sup. cm. 1,510,7 ;

Gio1'a1111i Maria A11ciuti (il11om e intero lo si apprende da 1111 co11trojagollo che .\ i trova al Museo Carolino AuguHeu111 di Sali.1lmrgo e che ha la dicitura « JOANNES MARIA A l C I VT I l l VE /T ET FECIT l MEDIOLA l M O CCX X Xl/ » . scrilla sopra la quale è inci.\0 il Leone di S. Marco) era 1111 CO\"triii/Ore di strumen ti a fiato in leKIIO (flauti dolci, flauti Tr<ll'ersi, flutes d'accorri. oboi, c:omrofas:otti, tutti pezzi di grande pregio anche dal ptiiiiO di l'ista decorativo, per i fregi in bassoriliero con cui egli ornava. in modo speciale. le parti di O l'Orio dei suoi strumenti. A /tra carmteriftica interessante è ch e egli, col w o m archio a f u oco col simbolo araldico del leo11e. i11cide quasi sempre la data sulle sue opere. Della sua vita e delle sue origini 11011 si sa nulla: forse il sim bolo d el l-eone di S. Marco po tre bbe far pensare ad

}24 La Galleria armo11ica

n. 830. - Oboe (tenore) in 3 parti di bosso con anello di corno, a 2 chiavi quadrate di ottone, di cui una, aperta, a fa rfal la. n nome del costruttore, eli cui non si hanno notizie (se si eccettua quella del Langwill , il quale elice che nel 1826 e nel 1833 sarebbe andato a Londra come costruttore di chitarre, notizia che per il nostro argomento non interessa, è << IOAN: l PA O R~1 : l t\EAPOLl », la cui esistenza e a tti v it~t lavorativa si possono far rientrare tra il sec. XVIU c il XTX. Mi.w re: L. tot. cm. 73.5; inf. cm. 4,5/2,8.

0 sup. cm. 2.7 10 .1;

0 sup. cm. 2,810,7;

n. 829. - Oboe in 3 parti di bosso con 3 chiavi tonde dì ottone. di cui la centrale. aperta, a farfall a. Vi sono 3 anelli o fasce di ottone e 3 anelli di spago avvolto (dalla parte dell ' imboccatura). I l nome è inciso 3 volte: in allo si trovano: « l Leone di S. Marco l l ANCIVII l A ;\1II.A »;tra il foro 4° ed il 5°: « 173~ l [Leone di S. MarCO [ ANC IVT I l A MlLA » e al disotto la stessa scritta senza la data: [Leone di S. Marcoj l ANC IVT l l i\ MILAN » . Misure: L. tot. cm. 5 1,7; inf. 6/ 4,4.

u11a ori~:ine I'I!III'Ziana, ma llltiiiC(III(} elementi in proposito. Quello e/w 11 JIIIO con .\ icurr:.:a alfermare è che i 1110i Mrumt·utt, tft ulw lil·t'llu arti1tico, fllrono OSlai ric:ercmi ed oggi Hl/IO dii/usi nei principali Musei europei. La nw data di na:,cita 11011 è IlOta. ma de1·e rientrare nella lecmula meuì del sec. XVII, dato che abbiamo llle opere datate dal 1709 al 1740. Il Langll"il/ fa iniziare l"attll'tllÌ lm·orati1·a di lui circa col 1717 pere/tè non conoJce Kli strumetlli di l? oma. La data di morte di A11ci11ti, poi, si pub aHeg11are ad u11'epoca, pure i11cerra, dopo il nw ultimo stmmento datato, e cioè dopo il 1740, come fa andu! il l.allgwt/1.

11. 83 l. - Oboe in 4 parti di bosso con un anello di corno. a due chiavi ottagonali di ottone. L'autore è W. Kies. di Vicnna, che Langwill indica attivo intorno al 1820 c di cui, effettivamente non si hanno noti7.ie. oltre questa, nei repertori. Il nome è inciso tre volte: l) nella parte cilindrica sotto l'ancia; 2) nel pezzo centrale, di ri ca mbio, segnato col n. << 2 >> : 3) nella parte inferiore: << w. KIES »: 4) nel padiglione: (( w .

KI ES

l WIEN » .

Misure: L. tot. cm. 55,4; basso cm. 6,2/4,5.

0 alto cm. 2,610,5;

n. 832. - Oboe in 3 parti di bosso tinto, con 2 chiavi di ottone tonde. di cui una, aperta, a farfalla. li nome del costruttore, di lettura non certa quanto all'ini7iale è « J (oppure N) CAS l' EL l [Leone rampantcl » . ripetuto su tutte e tre le parti. Il Langwill. datando il « Castel », ci rca all'anno 1775 specifica. poi. che sopra al nome vi è un « :-.r3 ,. o un « 3. » c sotto vi è un Icone rampante, come qui. ,\li.\ ure: L. tot. cm. 50,3: 0 inf. est. cm. 6,2.

0 sup. est. cm. 2,4;

11. 833. - Oboe in 3 parti di bosso, a 2 chiavi di ottone: l trapezoidalc c l'altra tonda, a farfalla, aperta. 11 marchio è eli assai difficile lettura: si tratta di un ca rtiglio con le due piccole volute di accartocciamento ai margini c, nell'interno, due lettere: D op-


pure K. Questo si verifica soltanto nel padiglione; nelle altre 2 parti si trova solo un piccolo giglio. ,\lh,ure: L tot. cm. 56,7: 0 -;up. cm. 2.4 l 0,7; inf. cm. 6 l 5,5. 11. 834. - Oboe .in 3 parti di bosso con 3 anelli di avorio. a 2 chiavi ottagonali di ottone, di cui 1 aperta, a farfalla. 11 nome dell'autore Johann Fricdrich Engelhard, si dispiega in un sinuoso cartiglio, sormontato dalla « N » di Norimbcrga, che era la città dove egli lavorò c morl nel 180 l (era nato ad l latten nella Bassa Alsazia forse nel 1730). Ecco in ordine i marchi jncisi '>ulle tre parti dello strumento: 1) «N (= Nii rnbcrg) l l. r. ENGE I.II ARD l * 2 * » (li che sta a significare che vi è innestato il pezzo di ricambio n. 2, ma non vi sono gli altri). Abbiamo già incontrato questo illustre costrultore nel flauto traverso n. 807; 2) idem come sopra meno il n. 2 che ~ sostituito da tre stelline; 3) tutto come sopra.

Mi:.ure: L. tot. cm. 57; 0 0,7: inferiore cm. 6,5/4.

superiore cm. 2,5 l

n. 837. - Oboe in 3 pnrti di bosso. a 2 chiavi n.:ttangolari di ottone, con 2 pezzi di ricambio, numerati 2 • e « 3 • · Il nome inci O ~ « l IOA'I l PANOR~I: NI.APOLT >> sul pezzo n. 1; stessa dicitura sui pezzi 2 c 3 ma senza l' « 1 :. . Misure: L. tot. cm. 57.2 0 sup. cm. 2,7 10,5; inf. cm. 613,8; pezzi di ricambio: 'l. 21 ,7

(tenore); 3 = 20,8 (tenore).

=

n. 838. - Sacca a 5 tasche con legaccio di fettuccia verde per dello, in pelle verde scuro con bordino di seta. Misure: aperta cm. 41 x33,5; chiusa cm. 29 x23.5.

n. 839. - Oboe in 3 parti di bosso a due chi avi ottagonali di ottone, eli cui una, aperta. a farfalla; sotto l'ancia vi è un anello di ebano. Sulle tre parti vi sono i seguenti marchi: sulla n. l una lettera non ben chiara (forse « J :. ): sulla 2 non vi è nulla; sulla 11. 3 vi è la firma dell'autore: « [aquila bicipite] l A \Ili CH l WJEN » , costruttore del tardo '700, di cui non si hanno molte noti7ie c non si ha nemmeno il nome completo. 1Hisure: L. lot. cm . 57,2; 0 sup. cm. 2,6/ 06; inf. cm. 6/3,5.

n. 835. - Oboe in 3 parti eli bosso con 3 anelli

ru avorio, a 2 chiavi ottagonali in metallo bianco, di cui 1, aperta, a farfalla. L'autore, il cui nome è ripetuto su tutte c tre le parti dello strumento, è « w. MILHOUSE l LONDON », il più celebre membro della famigli a, 'le cui opere, assai numerose, sono diffuse tra i principali musei e le pitl importanti collezjoni. Si tratta di flauti, oboi, fagotti, serpcntoni e, tra il 1836 ed il 1839, anche di ottoni. William Milhousc ha al suo attivo una maggiore produzione ed anche una più vasta notorietà di Richarcl, forse suo figlio. La sua attività si esplicò a Newark, nel ottinghamshirc. dal 1763 al 1788 c a Londra, dapprima a Soho, dal J 788 al 1798, poi, dal 1799 al 1828. al 337 di Oxford Strect. L a ditta « Milhouse & Son » continuò ad esercitare in questa sede fino al 1836, ma non sono noti suoi strumenti. tot. cm. 57; inf. cm. 5,813,8.

Miwre: L

0 sup. cm. 2,510.7:

11. 836. - Oboe in 3 parti eli bosso con l anello eli corno, a 2 chiavi ottagonali di ottone. di cui una, aperta, a farfalla. Il nome deirautore, che abbiamo già i11contrato nella Sala per i s uoi due fagotti colà esposti, è « CARLO l PALANCA » , qui ripetutO SU tutte c tre le parti dello strumento. (c. 1775).

Mi.wre: L. tot. cm. 55,7: 0 sup. cm. 2.6/ 0.7; inf. cm. 5.9/ 4,2 <manca orlo).

11. 840. - Oboe in 3 pani di bosso. con l anello di corno, a 2 chiavi ottagonali di ottone, di cui una, aperta, a farfalla. Il nome dell'autore, jnciso su tutte C tre le parti, è « 131\ l, I'RAM l l IN M I LANO». Con questo nome il Langwi ll (p. 12) cita l'a utore eli un flauto a 6 chiavi e di un fagotto a l O chiavi, con un marchio a fuoco costimito da una lira e due stelle, che qui non figura, ubicanclolo a Lugano c dando la data del « 1830? » : mollo probabi lmente si tratta di un altro Beltrami.

Misure: L. tot. cm. 55,5; 0 su p. cm. 2, 710,7: inf. cm. 6 / 4,2; L. col. aria vibr...

n. 841. - O boe in 3 parti (sec. XVIII) di bosso con 3 anelli di corno, a 2 chiavi ottagona li di ottone (a quella aperta manca la leva, perciò non si può sapere se fosse a fa rfalla) . Aveva tre pezzj, numerati con « 2, 3, 4 », ma il pezzo n. 2 si è perduto ed ora ne ha solo due: il n. 3 cd il n. 4 (i l n. l è innestato sullo strumento); il numero si trova in alto, pri ma del ma rchio a fuoco col nome. Mi:.ure: L tot. cm. 57,8; 0 sup. cm. 2,510.6. inf. 6,5 16,5/3,7; pezzi di ricambio (con teno-

ne):

11 .

3 =20,8; n . 4 = 20,8.

11. 842. - Oboe in 3 parti di bosso con l anello di corno (come forse sarà stato l'orlo del padiglione.

Sala XIV· Secolo XV II -XVIII

}2f


che manca), a due chiavi ottagonali di ottone di cui una, aperta, a farfalla, piì:t una nella parte superiore, non originale e mancante. Il nome del costruttore, che abbiamo già incontrato nei flauti, è qui ripetuto su tutte e tre Je parti: « IOAt" l: PANORM ».

Misure: L. tot. cm. 59,2; cm. 5,7/ 4.

0

sup. cm. 2,5 / 6;

n. 843. - Oboe da caccia. curvo, in l pezzo, ma costituito da due pezzi longitudinalmentc scavati e poi riuniti, quindi ricoperti di pelle, con padiglione svasato. Ha 8 fori di cui 2 doppi e 2 coperti da chiavi (perdute). Sulla pelle sono impressi disegni dorati ed una scritta di assai difficile lettura, ora molto svanita: << PACEM (?) l DILIGENTI (?) MDCCXXXIX » . Misure: L. tot. (curva esterna) 84; 0 3,5 / 0,6 (per il tubetto porta ancia).

alto cm.

n. 844. - Oboe da caccia - simile al precedente ad eccezione della scritta qui assente. J n l pezzo, a 2 chiavi (mancanti). Le dorature sono in migliore stato di qucHe del n. 843. Misure: L. tot. (curva esterna) cm. 85,8; cm. 2,5/ (?), 0 pad. cm. 9,4 (esterno).

0

alto

n. 845. - Corno inglese in 3 parti con corpo curvo ricoperto di pelle nera, tranne il padiglione, a bariletto, che è di ,legno tinto nero, come pure la parte verso il bocchi no. Ha 8 chiavi ottagonali di ottone. Il corpo ha tre anelli di avorio ed uno di corno. La scritta, ripetuta tre volte (sul padiglione a bariletto e sulle due parti coperte di pelle) porta il nome di un illustre costruttore viennese, vissuto tra il 1758 ed il 1827: « (aquila bicipite·! TAUBER WIEN >> .

l

!

Misure: L. to t. (curva esterna) cm. 77 ,4: 0 cm. 2,6 (sec.XIX) 0,8; 0 pad. cm. 5/ 3,2.

alto

n. 846. - Corno inglese con corpo curvo ricoperto di pelle tranne il padiglione che è di legno tinto nero; a 5 chiavi ottagonali di ottone di cui una, aperta, a farfalla. Le chiavi erano 6, ma il foro di una è stato chiuso e la chiave è stata tolta. L'orlo del padiglione ed un anello sono di avorio, gli anelli sono di corno; il padiglione è a bariletto. L 'autore, il cui nome è inciso una sola volta, su l padiglione, è « !stelP . PIANA A MILANO (stella a la a 5 punte) 5 punte] >>, qualificato costruttore di flauti, oboi, corni inglesi, clarinetti, clarinetti d'amore, fagotti, corni bassetti che sono oggi patrimonio dei principali musei italiani e stranieri.

l

l

Misure: L. tot. (estuno) cm. 77,5; 3/ (J,8; 0 pad ." cm. 5,5 /3,4.

}26 La Galleria armonica

n. 847. - Corno ing lese cu rvo in 3 parti, tutto ricoperto di pelle, a 2 chiavi, di cui una aperta, a farfalla; le chiavi erano 3: l è stata tolta cd è .stato chiuso il foro; il corpo ha 2 anelli di avorio e l di corno verso il bocchino, sopra e sotto l'anello li gneo di rigonfiamento; dorature con lma linea a va ri tondini, a 6 fori di cui l doppio; padiglione a bariletto. Misure: L. tot. cm. 77,6; pad. cm. 4,9/ 3.5.

0

alto cm. 3/ 0,8;

0

n. 848. - Corno inglese curvo ricoperto di pelle con anelli di avorio: di uno è presente una sola metà, uno (l bocchino) è intero, uno manca e manca pure l'orlo del padiglione. Lo strumento è in tre parti, con tre chiavi di ottone quadrate, di cui una a farfalla (aperta); vi sono, nella parte alta e in quella centrale, due mensoline d i sostegno, o eli appoggio, in avorio. TI nome dell'autore, il già noto « IOAN: l PA>JORM: NEAPOLI », è ripetuto due volte, nel le due parti rkopertc di pelle. Misure: L. tot. cm 75 (curva esterna): cm. 2,8 / 0.8; 0 pacl. cm. 4,2 / 3,2.

0

alto

n. 849. - Corno inglese piegato con due angoli , in 4 parti di acero con 5 anelli di avorio, a 6 fori eli cui uno doppio, più 2 chiavi quadrate di ottone. Misure: L. tot. esterna cm. 78,8: 0 alto cm. 2,5 / 0,9; 0 pad. cm. 7 / 3,5. 11. 850. - Corno inglese in bosso piegato ad angolo con 5 anelli di avorio e 2 chiavi rettangolari eli ottone. Lo strumento è in tre parti con 6 fori di cui uno doppio pitl le suddette chiavi. ll marchio a fuoco ripetuto quattro volte (sul padiglione, sul la parte immediatamente sopra ad esso, sul gomito, sulla parte verso il bocchino) è il seguente: « [forse una sci.mmi.etta] l SCHULTZ l IN NAPOLI l (stella a piLt punte! » . Di questo costruttore si conoscono poche opere e non si hanno notizie sulla vita.

Misure: L. tot. (esterno) cm. 78,2; 0 3,3/ 0,9; 0 pad. cm. 4,5 / 3,3.

alto cm.

l

0

alto cm.

n. 910. - A rpa/ a 7 pedali con movimento semplice. La scri tta « LOUVET A Pi\IUS » (1750-59) si trova sotto i piedi del mezzo leone che è accovacciato sul capitello in cima aUa colonna. Al capitello è appeso un festone di foglie e ghiande in legno intagliato. La colonna è scanalata con motivo di perle al centro,


cioè a mezza altezza della colonna stessa. ll retro della cassa è a 7 facce; l'armatura è di 35 corde. Sul piano armonico vi sono o gruppi di forellini a rosa ({) 1- 1 al centro).

.\li:,ure: Alt. tot. cm. 57,5: L. tav. arm. cm. 112,5; l. tav. arm. in alto li, in basso 33; pf. cassa 6,5/ 19: L. corde: mass. cm. 140: min. 12.

n. 787. - Cembalo italiano decorato a « trompe l'oeil ». Nel telaio, sotto la tastiera, vi è il monogramma « NAT , « Nicola Angelo Trencij f », scritta di difficile lettura. Sul 23° tasto si legge: << 11 rned. fù comprato dalla casa Angeloni l P. Sante Sorini di Chiaravalle dcll 'Ord. della Penitenza 1816 ». Il pi ano a rmonico è in abete; i lati della cassa, i cartigli, le cornici c la striscia sopra i salterelli sono di cipresso; l'orlo della cassa c i lati della tastiera sono ornati su l profilo da semisferctte di avorio, che sono perdute in a ltri luoghi (sulla striscia sopra .i salterelli e sull'orlo della cassa intorno al somiere). li somiere, di noce, come pure i ponticelli e i piroli sono originali. l salterelli originali hanno un solo smorzo; alcuni, non originali, ne hanno due; i cartigli sono di cipresso. Registri: 2 x 8'. Tasti: 47. I 27 inferiori sono placcati in bosso (mancano tre frontalini) ed i 20 superiori sono in legno di castagno tinto nero con placcature in ebano. Ambito: 4 ottave do1-do5. Prima ottava corta c spezzata. I primi nove tasti inferiori (diatonici) a l basso hanno dci fori aggiuntivi pe r i pedali della l a ottava (con tracce di ro nde lle) a lla fine della parte visibile dei tasti: cm . l ,6-3,5 avanti a i fori dei perni; i tasti superiori (cromatici) non hanno mai avuto pedali.

Misure: L ato A cm. 69,7; lato 8 cm. 138; lato C cm . 26,5; lato D cm. 101 ; lato E cm. 45; alt. cassa cm. 17,55. L. 1•ibr. corde: 1° do=l l5 ,5/ ll5 ; 2° do=l05,3 / 104,6; 3° do= 57/ 54,6; 4° do= 28,9/ 27,5: so do = 6,1 / 4,3.

Punto di pi-;.zico: 1° do= 15,6/ 14: 5° do= 6, 1/ 4 ,3. M odi/ielle lo strumento fu tagliato in coda c novolmente accorciato (di circa mezzo metro), come risulta anche dalla pillura all'esterno del mobile che è stata , quindi , pure mutilata.

11. 788. - Astuccio per detto, con pitture ad olio all'esterno: sulle fasce verticali vi sono motivi ornamenteli costituiti c.Ia mescheroni, uccelli. farfalle, fiori: sulla parte superiore si trovano carte da gioco strappate ( trompc l'ocil • ) e 2 fogli di carta da musica con le seguenti arie a 2 voci:

l) « Un leggiadro satiretto

Donne care è qui venuto, che, per farla da saputo, Raggionar (!) s'udrà così: Lascio ad altri il van pensiero Di tacciare e veli c piume Mc la prendo col costume Del frisarsi d'oggidì ». 2) << Più ch'a te penso, o cara ...

(il resto è illeggibile perché la pittura è scrostata) 11. 789. - Sostegno per detto a tre zampe scanalate (verde scuro e verde chiaro) a tronco di cono capovolto.

n. 852. - Clavicembalo dipinto. Questo cembalo risale alla prima metà del seicento, epoca in cui erano ancora di viva attualità i tentativi del rinascimento (che ogni tanto si sono riaffacciati nel tempo, fin quasi ai nostri giorni, con i più vari esperimenti) per far rivivere l'enarmonia di ellenica memoria anche nel campo degli strumenti a tastiera. L o strumento aveva una tastiera cromatico-enarmonica (con tasti tagliati) di cui, nonostante il rimaneggiamento subito forse a lla fine del '600, conserva tracce visibili. Jn origi ne doveva avere un solo registro, di 8'.: il secondo fu forse aggiunto in occasione del ci tato rimancggiamento. Sulla leva del l o tasto vi sono delle iniziali puntate, precedute da un segno di croce: » + l G.B.C. » (forse G. Boni Cortonesc). li piano armonico è di cipresso, come pure le cornicctte. Il somiere è di noce rivestito di abete. I piroli sono originali. I ponticclli sono di noce, spezzati al basso. I salterelli originali sono 2, quelli non originali 3; gli altri mancano; manca una griglia e quella che c'è non sembra originale. Oltre i salterelli, verso la coda, vi sono sul piano a rmonico tracce di una lista incollata: forse un Lautenzug a testine di feltro. I registri attuali sono 2 x 8'. l tasti erano 51, ma il 51° manca; i 3 1 tasti inferiori sono placcati in avorio, 3 sono riplaccati pure in avorio con 2-3 placcature sovraposte; i 19 tasti superiori sono placcati in ebano e sono in parte rifatti . M ancano 10 frontalini. La l " ottava è corta ed organizzata nel modo seguente: sol, la, si, do, re,

Sala X I V: Secolo XV/l-X V III 22

}27


mi; i tasti sol, si b, si, re, sono verso il dietro (il si b è un piccolo tasto nero); gli altri sono disposti sul davanti c procedono nella seguente maniera: la. do, mi. fa, sol, la. ecc. In origine vi erano dei tasti tagliati enarmonicamente. on vi era nessun registro estraibile sulla destra (la cassa non ha tracce di fori). L'ambito è di 4 ottave e una 4 a (so~-do5). Lunghezza vibrante delle corde: l a nota = 167,5 / 163,5: ult. nota= 14,5/ 13,5. Larghezza dell'ottava do-si= 16,6/ 16,8; l a ottava= 16,7; larghezza tasti = 2,3. Punto di pizzico non rilevabile per assenza dci saltcrelli. Misure: Lato A cm. 78,5/77,2; sola tastiera cm. 70; Jato 8 cm. 1 92,5/19 1 ~,5; lato C= cm. 40; lato D = cm. 120. Lato E = cm. 52; alt. cassa cm. 22. 11. 853. - Astuccio per detto. E' d ipinto a tempera all'esterno. con motivi e fregi in un tono grigio che imita quasi la pietra, e ad olio all'interno: nella parte sopra la tastiera vi è un paesaggio rupestre con folta vegetazione boschiva; nella parte ad ala sopra le corde si trovano: Ja veduta di un lago, un fiume, una cascata, una diga, dei monti, una chiesetta, degli alberi, dci pescatori e. sull'altra riva, di fronte, una cittadella fortificata.

n. 854. - Piede doppio per detto. Anche le gambe, tornite ma distaccate, simili a cavalletti. secondo ruso del tempo, sono dipinte, a tempera, con gli stessi motivi e nelle stesse tonalità di grigio dell'esterno dell'astuccio. n. 855. - Piede si ngolo per detto, nello stesso sti le c con la stessa decorazione del piede doppio.

P. V. 8630. Arpa, finemente decorata. Sul modigliene sono dipinte, da ambo i lati, su fondo nero, figurine di tipo cinese (« chinoiseries :l)), che rappresentano uomini, fiori, uccelli; sul piano armonico sono dipinti due alberi, una torre, un uomo che cammina appoggiandosi ad un bastone, due grandi anfore, fiori, foglie, ghirlande. n modiglione è pure intagliato e dorato, anche nel capitello, costituito dalla solita foglia di acanto avvolta in cima alla colonna, che è scanalata e dorata; dal capitello pendono, pure dorate. frutta e ghirlande. Anche alla base sono applicati intagli dorati. Forse, come decorazione, è la più ricca tra le arpe settecentesche qui esposte. Sotto la placca (amovibile) del modiglione, davanti alla meccanica, è applicata un'etichetta (stampata, meno la prima riga, al di fuori del fregio che

328 La Galleria armonim

circonda la scritta, e meno la data, che rimane in basso a destra). Eccone il testo: ,~ 2 "

an~c

dc la rcpuplique (sic)

H. 1\AOcRMAN

l

Editcur et Marchand de Musique ... Factcur de Jlarpes, et autres Instruments ... Rue d'Argenteuil Butte St. Roch A PARIS

l 1794 ..

Di questo costruttore, J ean-Henry Naderman, si può dire che il suo nome si trova a buon diritto tra quelli dci più celebri arpari di Francia; egli è l'artefice di varie arpe per Maria Antonietta, oggi conservate da importanti Musei (Victoria & A lbert Muscum, Conservatorio di Parigi cd altri); non se ne conosce la data di nascita ma si sa quella deHa morte, avvenuta nel 1797 a Parigi. Ebbe due figli, che seguirono ed eguagliarono la sua fama: François-J oseph (P arigi 1773-1835), allievo di Krumpholz (per l'arpa) e di Dcsvignes (per la composizione), fu, dal 1815, arpista della cappella reale c, dal 1825, il primo insegnante di arpa al conservatorio, pubblicando una « Méthodc » c molta musica per arpa; H enri (nato a Parigi noi 1780 e morto dopo il 1825), arpista e liutaio, che difese, contro Erard, l'arpa a movimento semplice fabbricata dalla sua casa, fino a che, nel 1809, il brevetto Erard ebbe la vittoria. cosa che decise l'injzio della definitiva decadenza della casa Naderman. Ma ritorniamo al nostro autore, capostipite della gloriosa famiglia Naderman: la sua attività, come editore c come costruttore, iniziò nel 1770 c si svolse, dal 1787, specialmente al servizio della regina Maria Antonietta; la data riportata sull'etichetta dello strumento qui esposto sembra chiudere, con dignità c serenità, una vita di lavoro in uno stile cd in un'epoca: la dichiarazione, oltre la data - 1794 - scritta a mano alla fine dell'etichetta, corrisponde alla « 2m• anée dc la repuplique » (aggiunta forse vergata da un incolto lavorante) fa quasi notare la continuità. nonostante il mutamento dei tempi c gli avvenuti rivolgimenti sociali; il tipo di arpa preferito da Maria Antonietta, infatti, sembra ancora rivivere in questi pezzi di squisita fattura e dalle caratteristiche stilistichc c Ici care: foglia di acanto intagliata c dorata in cima alla colonna: gli ornamenti, costituiti da pitture c dorature, pur pregevoli, non sono certo del livello delle arpe costruite per la regina, veri capolavori d'arte, ma ben si adeguano a tutta la corrente di stile propria della sua epoca, che lascia una viva impronta nella storia del costume c dell'arredamento.


Descrizione c misure dell'arpa P. V. 8630:

Retro cassa: a 7 facce, senza fori: Nel piano armonico sono aperti vari forellini: due in alto, uno per ogni porzione di esso, ai lati delle corde, e quattro gruppetti di forellini disposti in circolo, due per lato c di circonferenza più ampia quelli pitl in basso; Corde 40; Pedali: 7 a movimento semplice; a capo alt. tot. cm. 165; l capitello - spalla (estremi del modiglione) cm. 93,5; L. piano armonico 114; l. piano armonico aJta cm. l 0,5; l. piano armonico bassa cm. 35 L. vibr. c. massima cm. 143; l. vibr. c. minima cm. 8,8; Pf. cassa in alto cm. 6,5; Pf. cassa in basso cm. 22; (senza cornici); l. base cm. 41; pf. base cm. 30.

n. 856. - Organo positivo settecentesco di scuola napoletana, contenuto in una cassa dipinta di azzurro con fiori, raffigurati in due mazzi legati con nastri (sul lato interno delle portellc che chiudono la facciata); questi ultimi compongono due tralci discendenti (nei pilastrini che delimitano la facciata stessa verticalmente) e due festoni sul fastigio, sotto il cornicione. Le 19 canne di facciata (con bocche non allineate ma discendenti al centro, con labbro superiore a mitria decorato da un puntino a sbalzo sulla sommità di esso) sono disposte a cuspide; due graziosi fregi in legno intagliato e dorato occupano i vuoti lasciati dalle canne degradanti verso destra c verso sinistra, in alto, agli angoli della facciata. La tastiera ha il solito ambito di 4 ottave di cui la 18 corta (do1 - dos). con 45 tasti: placcati in bosso con frontalini intagliati a semicerchio (gli inferiori) c placcati in ebano (i superiori); è senza pedaliera; i registri, comandati da 4 pomelli di bronzo allineati verticalmente su due file alla destra della tastiera, sono: Principale 4', Ottava 2', XV, XIX; i mantici, a llbro, sono racchiusi nella cassa di base e vengono azionati a mano con due corde che escono sul lato destro. TI somiere è a tiro. Misure: cm. 92 X cm. 65 X alt. cm. 200.

n. 857. - Organo positivo, anche questo di scuola napoletana, pitl seicentesco che settecentesco; è contenuto in una cassa dipinta; all'interno delle portelle sono raffigurati dei puttini che giuocano nei boschi

e stù lati esterni delle stesse portelle sono riprodotti dei maschcroni di marmo e festoni di fiori; sopra la tastiera è dipinto un folto gruppo di rose in forma di festone sorretto da due borchie (pure dipinte) in alto, ai lati; le canne di facciata sono divise in tre campate (orlate da una bordura lignea in cui la pittura imita un mosaico di frammenti di marmo mescolati) di 5 canne l'una (fermate sul davanti da traversine lignee intagliate e dorate) che hanno bocche basse allineate; la tastiera, dal comune ambito di 4 ottave (do,-do;) di cui la l" corta, comprende 45 tasti placcati in bosso con frontalini intagliati a semicerchio (gli inferiori) e placcati in ebano (i superiori); i registri, governati con pomelli di ottone disposti su una fila unica alla destra della tastiera, sono: Principale 8', ottava, XV, XIX, XX.ll. Non vi è pedalicra. I due fori rettangolari aperti sul davanti nella cassa di base erano stati fatti per lasciar passare due leve che consentivano all'organista di azionare da solo i 2 mantici a libro (infatti, essi sono disposti frontalmente con la parte bassa sul davanti c la parte alta, dall'apertura a ventaglo, sul retro); ora essi si alzano con tiro a mano per mezzo di corde che escono dal Iato sinistro della cassa; il sorniere è a tiro. La nota centrale della facciata è il sol diesis del 2a ottava del Principale.

Misure: cm. 108 X cm. 83 X alt. cm. 215. 11. 858. - Arpa a 37 corde c 7 pedali con movimenot semplice. Il nome, « H. Naderman l à Paris ~. è scritto in alto sul piano armonico, lungo il quale sono dipinti dci fiori; in cima alla colonna vi è la consueta, per l'epoca, foglia di acanto avvoltolata. Il retro della cassa è a 7 facce. La famiglia Naderman rappresenta, come già detto, tutta una genealogia dedita all a musica cd in particolare all'arpa. Particolarmente importanti sono gli strumenti di Jcan Henry, autore dello strumento qui esposto di cui diamo ora i dati somatici.

Misure: alt. tot. da terra (con piedini) cm. 158; L. tavola armonica cm. l 11,5; l. tavola armonica: in alto cm. 8,5; in basso cm. 32,5; pf. cassa: in alto cm. 4,5; in basso cm. 16,5.

P. V. 3862. - Cembalo dorato a due tastiere (sec. XVlll). J:: uno strumento del tipo detto « False inneroutc » . a 7 gambe intagliate e dorate, riunite da una unica sagoma, simile a quella dello strumento, come base. Lo strumento presenta all'esterno doratura con pitture, c al l'interno altre pitture che hanno malamente ricoperto una delicata decorazione verdonc e ero; sul coperchio si conservano ancora, non troppo guastate da ritocchi, raffigura-lioni di putti con ghirlande

Sala XIV: Secolo XV/l-XVI II

J2!J


di fiori. Il piano armonico è in abete, le cornicette sono di cipresso; il somiere ed i ponticelli sono in noce: di questi ultimi 2 sono sul somkre c due sul piano. l salterclli sono pochi e non originali (forse di originali ve ne sono soltanto 2): sono armati con becchi di latta e senza smorzi. I registri sono 2 X 8'; l X 4'. La direzione di pizzico è: l tasti sono 53 per ogni tastiera: i 32 inferiori sono placcati in ebano con frontalini semicircolari e i 2J superiori sono placcati in avorio. L'ambito è di 4 ottave e una quarta: sol0 -do 5 (meno il l o sol diesis).

Misure: sole tastiere: sup. cm. 71.9; inf. cm. 70,9; lato A , senza cornici cm. 82; con cornici cm. 85,5; lato 8 cm. 206; lato C cm. 27,5; lato D cm. 194,5; la to E cm. 57,5; alt. strurn. cm. 25,5; alt. strum. con gambe cm. 104. L. vibr. corde: 8': l a nota cm. 161 ,2/ 160,5; ult. nota 13,7 / 13; 4': 13 nota cm. 84,7; ult. nota 6,2.

n. 859. - Clavicembalo con cinque tasti tagliati (enarmonici). È uno strumento della prima metà del seicento, del tipo che G. O'Brien chiama « integrale » e che Frauk Hubbard chiama « Fai e inner-outer ~ (3), cioè il tipo in cui si imita un astuccio ma in sostanza non vi è una cassa separata. L'ambito è di 4 ottave (do 1-do5) con la prima ottava corta e spezzata; tasti spezzati in quanto enarmonici (quelli della l a ottava sono cromatici) sono: re diesis/mi bemolle e sol diesis/ la bemolle delle altre tre ottave. (3) F. H uoOARD, Three cenwries of harpsichord making. Cambridge, Mass., Harvard Universily Prcss, 1965, p. 39.

33O La Galleria armonica

Questa organizzazione della tastiera richiama ali:~ mente quella, analoga, della tastiera del cembalo firmato << Gio.Battista Boni Cortcnesi 1619 » che si trova al Museo di Bruxelles (n. 1603: v. Mahillo n, Catai., III. 169-171). D piano armonico è in abete; le cornicette e i cartigli sono cti cipresso; somicrc e ponticclli sono di noce. I registri sono 2 X 8'; i tasti sono 52. Come cenno storico possiamo dire che lo strumento ongmariamentc aveva una sola fila eli corde c salterelli, poi fu rifatto con due file e con tasti tagliati.

Misure: lato A cm. 74,5; lato 8 cm. 200; lato C cm. 45; lato E cm. 53: alt. cassa cm. 23,5.

n. 860. - Piede doppio per detto. Misure: alt. cm. 73; l. cm. 71,5; pf. in alto cm. 12; in basso cm. 35.

n. 861. - Piede singolo per detto. Alt. cm. 73: l. cm. 12; piede: cm. 34.5 x 34,5. n. 91 L. - Arpa Holtzman a 7 pedali con movimento semplice, armata di 36 corde. In cima alla colonna: una foglia di acanto arricciata cd una voluta. La scritta << HOLTZMAN / A PARIS » sec. XVlfl) è incisa nella spalla. 11 retro della cassa è a 7 facce: sul piano armonico vi sono 6 gruppi di forellini disposti a rosa (6 intorno e l al centro). Misure: Alt. tot. da terra cm. 162.5: L. tav. arm. cm. 112; l. tav. arm. in alto cm. 11,5; in basso cm. 34,2; pf. cassa cm. 6/ L7; L. corde: mass. cm. 142: min. 12.


795. Clarinetto d'amore di « Castlas A ' Turin •; sec. X I X (Vetrina l)

l

l 796. Clarinello dt

Griesfing

l & Schlott • : ~1.:1:. X LX

(Vetrina I)

804. Ouavino di c P. Piana trina 2)

798. Clarinetw dt c Marwi trina

a Milano-..; cc. X IX (Ve-

Fabriano -.. ; sec. XLX (Ve-

I)

H06. Otull'ino tlt c Panorm l e Figli l Napoli • ; sec. XVlll· X IX (Vetrina 2) Sala XI V: Secolo XV /l-XVlll

331


l 828, 832. Oboi di Cìim . Anciuti Milww l 1718 r di Castel; sec. XVIII (Vetrina 3)

836. 839 , 840. 833. Oboi di C. l'a/anca (c. 1775): di "' Amic/1 IVien • : sec. XVIII; di c Beltrami Milano »: sec. XVIIT e di autore non identificato; <;ec. XV III (Vetrina 3)

843, 844. Oboi da caccia ricoperti di pelle: ~cc. XVII l (Vetrina 4)

332 La Galleria armonica

850, 849. Comi inglesi di ., Sclw/tz l in Napoli » e di anonimo; sec. XIX (Vetrina 4)


787. Cembalo di Nicola An~:elo Trenlij; sec. XVlii-XIX (ltwri Vetrina)

Sala XIV : Sewlo XV /1-XV/If

333


852. Cembalo dipinlo .viglalo « +

334 La Galleria armonica

l G . B. C. l> ; sec. X V Il (fuori Vetrina).




856. Organo positivo; sec. XVIII (fuori Ve trina)

Sala XIV: Secolo XVll-XVlll

337


857. Organo posilil'<>; ~cc. XVII-XVUI (fuori Vetrina)

} 38 /,a Galleria armonica


859. Cembalo con Cinque . tatr· • l enarmoniel, ·. sec. XV IT (fuon. Vetrina)

Sala XIV·. •")eco/o XV Il -XVIII

33.9


P. V. 3862. Cembalo dorato a due tastiere; sec. XVI Il (fuori Vetrina)

340 L a Galleria armonica


Sala XV IL TRIONFO DEL BAROCCO

Questa Sala è l'ultima delle grandi sale dell'ala destra del l 0 piano. Essa si può a buon diritto qualificare con la definizione di « trionfo del barocco ~ dato che qui sono riuniti i pezzi più significativi di tale epoca. La sala contiene solo due vetrine e molti importanti pezzi isolati.

manico e armato di due, tre e più tardi di cinque o sei corde, di metallo o anche di budello, che venivano s uonate a pizzico, con le dita nude o col plettro, Riepilogando qui, a mo' di conclusione, le fasi principali della sua storia, ripetiamo le varie accordature del colascione che ci interessano perché attribuibili agli strumenti esposti: diremo che il colasciontino n. 428, a due corde aveva, probabilmente questa accordatura:

Vetrina l Nella vetrina l sono esposti un piccolo chitarrone, segnato P.Y. 8 196, cd una specie di liuto, il n. 868 : seguono ora le descrizioni di essi con alcuni particolari cenni per il secondo.

P. V. 8196. - Piccolo chitarrone con intarsi in avorio sulla tastiera, a 6 corde doppie (cavigliere basso) c 6 semplici (corde libere, cav. alto). Misure: L. tot. cm. 160.5: L. piano cm. 45; l. mass. piano cm. 29,7: L. vibr. corde cm. 53 / 128; pf. cassa cm. 14,5: 0 rosa cm. 13 / 8.

n. 868. - Liuto già colascione = gallicane. Etichetta interna (manoscritta) « Andrcas Jai ~ Lautten l macher in TO!tz A o: j73 j ~ . R etro cassa a 9 doghe a 6 corde doppie; rosetta non originale; Misure: L. tot. cm. 82,3 fino all'angolo della piegatura manic<rpaletta; L. paletta cm. 19; L. piano cm. 54,5; l. mass. piano cm. 3 l ; L. manico cm. 27 ,8; pf. cassa cm. 14,2; 0 rosetta cm. 8/ 6. Lo strumento riveste un particolare interesse in quanto sembra un liuto mentre invece è il frutto della modificazione di un colascione, detta pure « calichon ~ e « gallicona » . La natura di questo tipo originario, il colascione, di cui si è parlato nella sala IV, pur sembrando di una semplicità che rasenta la povertà, presenta nella sua storia varie fasi che hanno attirato l'attenzione di studiosi, teorici e compositori. Si tratta, come SI è già detto, di uno strumento con corpo simile a quello del liuto, dotato di un lungo

2= J

r

11

mentre quella dell'altro a 5 corde doppie di metallo (n. 429) poteva essere

(accordatura che. con raggiunta di un re all'acuto, veniva usata pure per la mandora a 6 cori). Con questo strumento siamo già nel sec. XVIII, mentre per !"altro, a 2 corde, ci si manteneva nel sec. XVII. Passati, quindi, a questo interessante pezzo, che sembra un liuto, ora. mentre era in origine un « gallieone ~ , diremo che la sua accordatura poteva essere quella citata poco sopra per la mandora a 6 cori, e cioè:

La datazione, oltre che dalla sua armatura, CJ viene confermata dalla etichetta interna (manoscritta, in caratteri gotici): « Andreas Jai~ Lauttcn = l Macher in Toltz J Ao: j73j , . Di questo costruttore si sa che nacque intorno al 1685 e morì dopo i l 1751. Visse a Tolz, nell'alta Baviera, dove si sposò due volte cd ebbe 6 figli. I suo primi lavori risalgono al 1707 e l'ultima sua opera nota è una viola d'amore che si trova nel Museo di Ginevra (n. 9338), datata 17 51. Altri suo i strumenti sono conservati in. vari altri musei: un violoncello piccolo al Germanisches Nationalmuseum di Norimberga (segnato M IR 838), datato 17 13; una viola ad Eisenach (Bacbhaus, n. 34); un contrabbasso a Berlino (n. 141 0), datato 1730;

Sala XV: Il trionfo del barocco

341


un liuto al Museo di Copenaghen (n. 304), datato J 743: un a mandora, pure a Ginevra (n. 9366), datala 17 51. La cordiera è in pero, il capotasto, di restauro, è in ebano, il cavigliere è in acero ricoperto di pero; per la tracolla vi sono 2 piccolt bottoni o pirolini in avorio: uno sotto la cassa e l 'altro presso l'attaccatura del manico. Ciò che ha chiarito ·la sua origine e cioè la sua vera natura, non di liuto, come appare oggi, ma di colascione, è stato J'ampio rimaneggiamento cbe dimostra di aver subito, tuttavia senza cancellare del tutto il suo stato originale: anzitutto, fra gli interventi mistificatori, va considerata la vernice, chiaramente non originale, applicata anche sul piano armonico; il capotasto e i piroli non originali, per quanto riguarda i tasti, ne rimane traccia di nove che sono la più aperta denuncia della modificazione eli struttura: iJ tasto più alto è a 1111a distanza troppo ravvicinata al cavigliere per lasciar pensare di essere al posto giusto: evidentemente il manico, che era assa.i più lungo, come si conviene ad un colascione, fu tagliato e lo strumento fu assimilato ad un liuto. Ma per tornare alla sua orjgine va detto che esso appartiene a quella tardiva fase della storia del colascione, in cui esso è indicato con i termini di « colachon », « calichon », « gallichona » (1), armato di 6 corde singole con l'accordatura già precedentemente citata, che era pure usata per la mondola a 6 cori (2) armatura del colachon in Germania pubblicata dal Mattheson (3), che si riferisce a 6 corde singole di metallo e che è pure tipica del colascione italiano del sec. XVITI. Occorre qui notare che questo strumento è stato, in verità, finora poco considerato dagli studiosi e dai ricercatori, mentre meriterebbe più attento studio, sa come strumento solista che come realizzatore di un basso continuo in fase di accompagnamento. Alle musiche che si conoscono composte per colascione, già cìtatc per gLi strumenti della Sala IV vanno aggiunte le « XVTTI Partite per colascione » del Brescianello (c. 1690-1757). Per completare la scheda del liuto- gallicone qui esposto ne diamo ora le misure: L. tot. cm. 82,3; L. corpo cm. 52,5; L. manico cm. 29; pf. 13,7; L. piano cm. 54,5; l. mass. piano cm. 30,8; 0 rosa cm. 7 ,8; ·tastiera = l. su p. cm. 6,8; 1. in f. 7; L. tot. cm. 26,6 L. vibr. corde cm. 73,3. La cassa, è di sagoma stretta e allungata e di leggerezza massima. (l) D. FRYKLUN'D, Colascione och colasciomsrer, in « Svensk TidskriJt fOr Musiforskning », XVII (1936), p. 93. (2) D. G ILL. Mcmdores and colachons, in: « GSJ •, XXX1V (1981), p. 130-141.

(3) J. MATTIIESON, Das neu-ero/fnete Orchester. Hamburg, 1713, p. 279.

342 La Galleria armonica

Nel ripiano inferiore delia vetrina sono esposti due cornetti curvi, illustre famiglia che, con l 'altra dei cornetti dirtti, abbiamo già incontrato nc)]a Sala XI (Vetrina l); qui si trovano due esemplari dei tipi più grandi: un contralto, n. 869, cd un tenore,

n. 870. n. 869. - Cornetto torto in legno ricoperto di pelle, esternamente conico fino all'attacco della chiave, quindi ottagonale; cameratura conica; 7 fori e l chiave chiusa a mezza farfalla forse non originale. Misure: L. tot. cm. 71,4; 0 cameratura: est. sup. cm. 1,07; jnf. 14.

n. 870. - Cornetto curvo a sezione esterna ottagonale e, superiormente, a tortiglione, ricoperto in pelle con fregi impressi in oro; cameratura conica; manca il bocchino; i fori sono 7; la chiave (chiusa) manca, come pure ma ncano l anello alla estremità superiore e lo zoccolo del bocchino. Misure: L. tot. cm. 88,4; 0 cameratma

Vetrina 2 È tutta dedicata ai flauti dolci. Sul 1° ripiano sono 7, tutti dj avorio.

n. 871. - Flauto dolce in avorio in 4 parti , senza chiavi, a 7 fori + l sul retro. È tenore. Misure: L. tot. cm. 58; 0 becco cm. 2,2; uscita cm. 1,6/ 0,3; Col. vibr. cm. 50,5.

0

n. 872. - Flauto dolce in 3 parti di avorio, a 7 fori + J; parte terminale eli uscita non originale; manca il tappo.

Misure: L. tot. cm. 30,8; 0 becco cm. 2,2; uscita cm. l ,6/0,3; col. vibr. cm. 26,7.

0

n. 873. - Flauto dolce jn 3 parti di avorio, a 7 Eor.i + l. Spacchi e rincollature nella parte terminale legate con filo di ferro. Misure: L. tot. cm. 27,3; 0 becco cm. 2; uscita cm. 2,1/0,4. Col. vibr. cm. 24,4.

0

n. 874. - Flauto dolce in 3 parti di avorio, con 7 fori + l. Misure: L. tot. cm. 24, l; 0 usc. cm. 2,6/ 0,3.

becco cm. 2,1; 0


n. 875. - Flauto (dolce) di avorio in un sol pezzo. a 6 fori anteriori c 2 posteriori. Si può definire « flauto verticale :. senza becco e senza padiglione di fattura piuttosto anomala in confronto al flauto dolce. Mancano due frammenti all'estremità di uscita. Misure: L. tot. cm. 24,6; 0 alto cm. 2; basso cm. 2.3 / 0,3. Col. vibrante 22. Cameratura conica.

n. 876. - Flagioletto di avorio in 2 parti, a 4 fori anteriori + 2 nel retro, firmato da un « DAVID Al 1~ • c he si può riferire al David di Dijon citato dal Langwill (4) come costruttore di un «triple flageolct » che si trova a Parigi (n. 385). È uno strumento del tipo che veniva suonato con il tamburello c che costituiva con esso l'antica e storica coppia di « flabiol i tamborino », <<pipe and tabor », che risale al medio evo come esempio più antico del «suonare insieme». Misure: L. tot. cm. 20,7; uscita cm. 2,1 / 0,4.

0

becco cm. 2;

0

n. 877. - Flageolet francese in avorio senza chiavi (sec. XVllf-XIX) firmato « DAVID l AINE ». Il nome è ripetuto 2 volte: l) sotto; 2) fra il 1° e il 2° foro. È in tre parti (in avorio c legno). La nota più bassa è fa. Ha cameratura conica e 6 fori. Misure: L. tot. cm. 27; L. vibr. cm. 16. l. parziali : testata cm. 9,5; blocco cm. 4,5; corpo cm. 12,4; 0 camcr.: estr. sup. cm. 0,72; estr. inf. cm. 0,71.

n. 878. - Flauto dolce in legno tinto marrone (tiglio?) in 3 parti, a 6 fori con l chiave a farfalla in ottone, quad rata con angoli tagliati (jn modo da risultare quasi ottagonale); labio rovinato; manca l frammento all'attaccatura della chiave. Il marchio a fuoco è misterioso, in quanto è costituito da 3 piccoli stemmi c soprattutto da un monogramma formato da tre lettere riunite, in cui si può vedere una B (runica certa), forse una C cd un altro segno del tutto incerto. Tale marchio è ripetuto 3 volte: sul padiglione, sopra i fori e nel rigonfiamento fra fori e labio. Misure: L tot. cm. 68,3; 0 becco cm. 4,5: 0 uscita cm. 5,8/ 1,4 Col. vibrante cm. 61,3.

n. 879. - Flauto dolce in 3 parti di legno tinto marrone (pero?), a 7 fori + l. Il marchio N. / CAs-rEr./ [leone rampante] è ripetuto 3 volte: sotto il (4) LANOWILL, Op. cil., pag. 131.

Jabio, fra 3° c 4 ° foro, nel padiglione. Consultando il repertorio del Langwill viene fatto di pensare che questo strumento sia forse l'unico genuino e completo di questo autore, poiché gli esemplari citati dal Langwill sono tutti compositi, cioè misti con pezzi di J . Panormo, di Carlo Pala nca e di E. Magazari. La datazione del 177 5 proposta dal Langwill non ha solide basi. Di questo autore incontreremo tra breve un altro flauto dolce, ancora in migliore stato, poiché questo presenta 2 spacchi nel becco e nel rigonfiamento fra fori e labio. e il labio rovinato.

Misure: L tot. cm. 50,3; 0 becco cm. 3,7; 0 uscita cm. 4,4/ l ,3; col. vibr. 44,3. 11. 880. - Flauto dolce in 3 parti eli legno tinto (pero?) con un anello di como e un anello di metallo per sostenere il tubo che ha uno spacco nel becco; ha 7 fori + l: il foro per il mignolo ha il bordo di corno; il padiglione forse non è originale.

Misure: L tot. cm. 43,8; 0 becco cm. 3: uscita cm. 4,8/ 2.4: col. vibr. cm. 38,5.

n. 881. - Flauto dolce in 3 parti di bosso con 2 di avorio c l anello di metallo (per spacchi). 11 nome dell'autore, che abbiamo già incontrato nel flauto traverso n. 821 (Sala XIV, vetr. 2), è « GRASSI IN ~IILAN ». Da notare, caratteristica di questo costruttore, la << » girata. Il marchio a fuoco è ripetuto 3 volte: sotto il labio, fra il 3° ed il 4° foro c nel padiglione. ~mciii

Mi::.ure: L. tot. cm. 47,7; 0 becco cm. 3,4; 0 uscita cm. 4.5/ 1,1; col. vibr. cm. 41,7. n. 882. - Flauto dolce in 3 parti di bosso con un anello di corno; labio ricoperto in tartaruga per riparazione eli una rottura; ba 7 fori+ l. Misure: L tot. cm. 50,7; 0 becco cm. 3,8; 0 uscita cm .4,4/ 1,1; col. vibr. cm. 44,5.

n. 883. - Flauto dolce in 3 parti di bosso, opera di un costruttore del '700: « H (einrich?) SCHELL » . di Norimbcrga, che vi ba impresso il suo marchio a fuoco, in realtà molto artistico, poiché sotto al nome. che è contenuto in un cartiglio leggermente ricurvo, si trova un fregio a volute intrecciate, che è stato pubblicato, nel repertorio del Langwill (5) da un flauto dolce contralto del Museo di Basilea. Misure: L tot. cm. 65; 0 becco cm. 4,5; 0 uscita cm. 5,5 / 1,3; col. vibr. cm. 57,2. (5) Op. cir., p. 222.

Sala XV: Il trionfo del barocco 23

0

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n. 884. - Flauto dolce in 3 parti di bosso, con anello metallico per uno spacco nel bariletto; ha 7 fori+ l. li nome del costruttore, che abbiamo già incontrato in un oboe della Sala XLV, è « N. CASTEL / l [leone rampantc] ~. qui ripetuto 3 volte: sotto al labio, fra il 3° c il 4° foro, nel padiglione. Misure: L. tot. cm. 57,8; 0 becco cm. 4,2; 0 uscita cm. 4,6/ 1,3; col. vibr. cm. 50,7.

n. 885. - Flauto dolce in 3 parti di bosso, a 7 fori+ l. li nome del costruttore, che già abbiamo incontrato nel flauto traverso 71 1, è quello di Johann Wilhelm Oberlender, di Norimbcrga; con questo nome operarono due diverse persone: Johann WilhcJm I ( 1.681-1763) e Johann Wilhelm H (1712-1779), che nel 1735 alla morte di Jacob D enner ne rilevò la bottega. li nome di Oberlender è, come al solito, contenuto in cartiglio leggermente ricurvo e con sotto una « O ». Misure: L. tot. cm. 52,3 0 becco cm. 3,7; 0 uscita cm. 4/ l ,2; col. vibr. cm. 45,6. n. 886. - Flauto dolce in 3 parti di bosso, a 7 fori+ l. Qui il nome è consunto: resta il cartiglio inciso, una volta sola, e la « O », sotto il labio. Misure: L. tot. cm. 44,5; 0 uscita cm. 3,2/1,1.

0

becco cm. 3,3;

n. 887. - Flauto dolce in 3 parti di bosso, a fori 7+1. Il nome del costruttore « . CASTEL l Lleone rampante] è ripetuto 3 volte: sotto il labio, fra il 3° e il 4° foro e nel padiglione. Misure: L. tot. cm. 51,3; 0 becco cm. 3,8; 0 uscita cm. 4,8 / 1,2; col. vibr. cm. 45,2. n. 888. - Spinetta traversa con decorazione rosso c oro datata 1668 c attribuita ad Onofrio Guarracino. La motivazione di ciò sta nelle tracce di scrittura presenti sulla leva del l o tasto che si possono interpretare « Onofrio Guarracino fcclt l 668 » e nell'uJtin10 tasto: « 45 l o.G. » (iniziali di Onofrio Guarracino). Il piano armonico è di abete; le cornicette sono di cipresso. L a rosa applicata del piano è quadrilobata, digradante a tre piani, in carta dorata. Somlerc, ponticelli e griglie, tutti originali, sono in noce. I saltereui, anch' essi originali, sono forse in prugno a 2 smorzi. I tasti sono 45: i 27 inferiori placcati in avorio con frontalini intagliati a mezaluna (ne rimangono 4); i 18 superiori in noce placcati di ebano. Ambito: 4 ottave do,-do5 con J• ottava corta.

344 La Galfnia armonica

Misure: sola tastiera cm. 63,8; l. sporgenza tastiera cm. 67,5; pf. della tastiera cm. 8,7. lato A cm. 9 1,5; lato 8 cm. 13; lato C cm. J56; lato D cm. 38,7; lato E cm. 53,5; L. vibr. corde: l o do cm. 129,9: 2° do cm. 106,9; 3° do cm. 57 .3; 4° do cm. 29; 5° do cm. 5; punto di pizzico: l o do cm. 10,3; 5° do cm. 5.

n. 889. - Astuccio per eletta. ~ dipinto all'esterno con una decorazione marmorizzata e all'interno con cineserie dorate su fondo rosso. Vi sono poi tre organi positivi, due ad ala ed uno dalla normale sagoma verticale, alta e dalla forma quasi di un grande armadio. Va innanzi tutto illustrato storicamente il tipo cosiddetto «ad ala», che risulta sia stato usato in particolare dagli ·organari romani del '600, come apprendiamo da un prezioso trattatello del sec. XVII, pubblicato da R enato Lunelli: si tratta dello scritto intitolato « Regole e breve raccordo per far rendere agiustati e regolati ogni sorta di Jnstrumenti da vento, cioè Organi, Claviorgani, RegaU e simili, e contengono le vere maniere per formare detti !strumenti dciii più buoni, belli e ben compattiti composta da Antonio Barcollo da Montagnana Fabricator d'organi abitante in Padova, li 4 Febraro 1652 ,. (6). Nel capitolo 13, « Delli organi portatili • (positivi), troviamo il seguente passo: « Li megliori Organi portatili sono queJ.li fabricati ad ala, come si usano a Roma, li quali Organi sono molto armoniosi, che non sono quelli di questa Città, la causa di ciò è, perchè quelli sono fabricati ad ala, il che è di gran avvantaggio per farli fare più buona riuscita poichè a ala non vuoi dire solo, che tutte le canne grosse sono da una banda, ove il rinforzo del vento va a dare a quelle, che ricercano più vento, ed è anco più pronto all'istesso, essendo tutte da una parte, che poi con ordine vanno callando, e così fa anco il vento, che con il suo rinforzo va a corrispondere alle canne, che ricercano maggior forza, e quelle canne, che per ordine van callando e che non ricercano tanto vento, per conseguenza vanno ricevendo anco manco vento. E per quest'ordine questa forma d'Organi è assai meglio che non è quella di altro ordine, csendo che anco il vento, conforme il sommiero, e conforme li manteci, è proporzionato • · La duplicità di facciata , inoltre, suddivisa in facciata anteriore, sulla tastiera, e facciata posteriore, sul retro, aggiunge sonorità, in quanto una doppia diffLtsione di onde sonore si riversa all'esterno della (6) R. L UNELLI, Un trattate/lo di Antonio Barcotto colma le lacune dell'Arte organica, in c Collectanea historiac musicae •, Vol. l, Firenze, L. S. Olschki, 1953, p. 135-155.


cassa: è certo una ricchezza fonica che va notata cd ammirata; la voce di questi due strumenti ha , infa tti, una particolare risonanza, degna di organi di ben maggiori dimensioni.

Misure: tastiera sola cm. 64,3; alt. cassa cm. 22; alt. tastiera cm. 34; a lt. tot. cm. 174; lato A cm. 74,6; lato B cm. 58,5; lato C cm. 112; lato D cm. 14,5: lato E-D; Jato F-C; la to G-8.

n. 890. - Organo veramente notevole per la sua

Lunghezza vibrante delle corde: l o do cm. 126,5 l 126,5, 2° do cm. 1002/ 91,4, 3° do cm. 46,8 / 42,7, 4° do cm. 24,5/ 22,3, 5° do cm. 12,5/ li ,2.

potenza, che sembra di gran lunga al disopra delle sue modeste dimensioni. Esso ha una facciata anteriore di 14 canne (registro di Oliava) t!d una facciata posteriore con il registro del Principale 8 ' ; dietro a questo si trovano, sempre sul retro, in 2a fila, le canne del registro Voce umana; le canne hanno le bocche a llineate con labbro superiore a mitria e piede molto basso; il sorniere è a tiro; vi sono, sulla destra della facciata anteriore, proprio sopra gli ultimi tasti all'acuto, i 6 pomelli in bronzo dci registri, così disposti (a lternativame nte a sinistra e a destra): Principale 8', Voce umana. Ottava, XV, XIX, XXII. La tastiera ha un ambito di tre ottave (do 1-do4 con ottava corta) cd è composta di 33 tasti, gli inferiori placcati in bosso ed i superiori in ebano. L a cassa è chiusa da due sportelli articolati, uno anteriore e l'altro posteriore; davanti alle canne delle due facciate sono due strisce di legno intagliate che sostengono le canne in diagonale, seguendo la linea delle canne stesse, dccrescente verso destra; a i lati della cassa si trovano, per il trasporto, due maniglie in ferro artisticamente decorate da incisioni geometriche, di un tipo piuttosto arcaicizzante che avvicina molto lo strumento al sec. XVI.

Misure: cm. 57 X45 x alt. cm. 182.

n. 891. - Cembalo verticale (claviciterio). Questo interessante strumento italiano della seconda metà elc i '600, la cui sagoma rarissima, perché simmetrica, << ad modum mitrae espiscopalis ~ . trova riscontro forse soltanto in un altro strumento simmetrico di questo tipo, costruito da Martin us Kaiser, appartenuto a Leopoldo I (1658-1705), oggi conservato al Kunsth1storisches Museum di Vieona. Sulla parte esterna del coperchio è dipinto un gra nde vaso con fiori su cui vola un uccelletto. 11 piano armonico c le cornicette, come pure i ponticelli, sono di cipresso; il somicre è in noce placcato eli cipresso. I piroli sono in parte originali. I salte relli sono quasi tutti originali, a 2 smorzi. Registri: 2 X 8'. Ambito: 4 ottave (do 1 -do~) con la l " ottava corta. 45 tasti: i 27 inferiori sono placca ti in bosso con frontalini trilobati a fondo nero e i 18 superiori sono placcati in ebano. Nel piano armonico, invece della rosa c'è solo un foro tondo, profilato ma nudo. Direzione di pizzico (originale):

Punto di pizzico: l " nota: cm. 14,7 / 13; ultima nota: cm. 6/ 4.

R estauri: Museo l 967-68 .

n. 892. - Cembalo italiano della seconda metà del sec. XVll. Sotto la tastiera vi è una scritta recente acl inchiostro: « Ri parato l Venezia: GB. Botta ri: 22-3-27 » . Sul 52° tasto la data incompleta « 165 .. ~ tagliata per rifilare il tasto stesso. Piano armonico in abete. Comicette di cipresso. Ponticelli: di faggio (non originali) sul somiere, di acero sul piano. Salterelli (104) in parte rifatti, ad un solo smorzo; Tasti 52: i 3 1 inferiori sono placcati di bosso (mancano 3 frontalin i) e i 21 superiori sono placcati in ebano. Originariamente i tasti erano 58. Ambito (non o rigina le): 4 ottave e una 3": la, dos. Prima ottava stesa. Misure: l. sola tastiera cm. 70,5; lato A cm. 82,4; lato B cm. 258,5; lato C cm. 27; Jato D cm. 205,5; lato E cm. 49. n. 893. - Astuccio per detto. Dipinto all'esterno con putti che sostengono ghirlande di fiori; all'interno del coperchio: lato sopra tastiera: paesaggio con boschi; lato sopra corde: scena biblica raffigurante il piccolo Mosè salvato dalle acque.

Misure: lato A cm. 90; lato B cm. 267; lato C cm. 31; lato V cm. 206,5; lato E cm. 54,5; a lt. cassa con astuccio chiuso cm. 26,5; alt. con gambe cm. 88,5. n. 894. - Sostegno per detto: 6 gambe unite da una sagom a ricurva forse settecentesca. L o strumento ha una straordinaria affinità con un cembalo che si trova al Museo Civico di Treviso, che aveva, anch'esso, in origine, 58 tasti e che subì le stesse modificazioni. Anche la decorazione è specularmente simile, ragione per c ui si potrebbe pensare che i due s trumenti fossero stati fatti per una medesima sala e colà posti con le tastie re affrontate e i lati lunghi aderenti a lla parete, forse per eseguire concerti a due cembali.

Misure: a lt. gambe cm. 62 . n. 895. - Grande organo positivo settecentesco di scuola napoletana. La cassa è dipinta a motivi archi-

Sala XV: TI trionfo del barocco

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tettonici (nella base c negli sportelli) e floreali (nella base, sopra la tastiera, nel fastigio sotto al cornicione e, verticalmente, in tre strisce ai lati ed in mezzo alle due campate di canne). La facciata è composta di due gruppi di 9 canne l'uno, di altezze crescenti e decrescenti, in modo da formare una cuspide; davanti e sopra le canne si trovano artistici fregi di tipo floreale in legno intagliato e dorato; al sommo delle tre strisce ed in mezzo alla cuspide di canne si trovano tre capitelli di legno, pure intagliati e dorati; nelle tre strisce scendono tralci di fiori dipinti. Le canne hanno le bocche molto alte, allineate e con labbro superiore a mitria. A chiudere la facciata provvedono due ampi sportell i, o, meglio, due portellc articolate, dipinte all'esterno c all'interno. Purtroppo non se ne conosce l'autore. Sulla facciata , sotto le canne c sopra la tastiera, vi sono quattro lette re incise nel legno: << S.M .D.P. ~ (Forse le sigle di una chiesa o di un oratorio, come, ad esempio, Santa Maria del Pianto, ai Calderari in R oma, o a Napoli. Come attrezzatura fonica quest'organo è l'unico, fra tutti i positivi del Museo, ad avere una personalità per cosi dire autonoma che consenta di eseguire musiche solisticbe (gli altri sono prevalentemente organi da accompagnamento, per sostenere voci o strumenti, data la limitazione dei registri), in quanto è dotato con il Principale 8' e l'Ottava, di un ricco Ripieno (XV, XTX XXH e XXIX) c di un Fla uto in XII (dal miz) .

Nota caratteristica cd interessante è il registro, con la nota continua, degli « uccelletti », formato da una vaschetta di piombo con l O cannucce, pure di piombo, che portano l'aria nell'acqua (di cui va parzialmente riempita la vaschelta), dove produce gorgheggi simili al canto degli uccell i. Questo accessorio è azionato da un proprio tirante e si trova dietro ad uno sportelletto a sin istra della tastiera. n gorgheggio prodotto giustifica ampiame nte il nome che a questo accessorio fu dato attraverso i secoli: « stortae philomelae ~ . passeri, rosignoli, « u ccelli ~ . « uccelletti » . La sua nascita si può dire, con un abusato luogo comune, che si perda nella notte dei tempi, poiché soffiare in una cannuccia immersa nell'acqua è passatempo antichissimo che ancor oggi si ripete con facilità . in ambiente infantile e popolare; ad es. nel gruppo degli « Ocarinisti di Budrio » (centro romagnolo dove l'ocarina è nata) vi è un membro. che diremo aggiunto al complesso, il quale suona appunto un tale primitivo strumento, composto di un bicchiere con acqua e di un « flautino ~ che vi pesca dentro. Diamo qui un breve elenco di organi in cui è stato applicato questo accessorio in Italia: da esso

340 La Galleria armonica

sì potrà seguire un itinerario ricco e variato di autori c di paesi che dimostra quanto esso si sia diffuso in tutto il nostro Paese. Citiamo quindi alcuni esemplari che ne potranno consentire un breve excursus cronologico. Nell'ottobre del 1535 troviamo un contratto tra il Convento di S. Maria di Castello a Genova e un prete Filippo per un « organo di 5 piedi ... et il flaut et il tamborino et il rosignolo (l); nella seconda metà del '500 a Roma, nella Basilica di S. Maria in Trastevere, nell'organo situato nel braccio destro del transetto, troviamo un esempio superstite di « uccellini »; nel 1580, a Bologna, nella chiesa di S. Procolo, un organo di Baldassarre M alamini possiede « storte » (cromorni), tremolo e uccellini »; nel 1583 a Roma, nella chjesa di S. Apollinare, viene inaugurato un organo di Sebastiano Hay (7), che era stato costruito nel 1581 a Loreto e portato a R oma nel 1582; esso e ra stato dotato di due tastiere « more flandro ~ e di 15 registri, fra cui: tromboni, flau ti, timpano o tamburo, tremolo c« stortae philomelae ». Nel 1585-86, sempre a Roma, nella Basilica di S. Maria in Aracoeli, viene posto un organo costruito da Domenico Benvenuti e Francesco Palmieri sul modello detrorgano H ay dell'Apolliare, che aveva, come accessori, tamburo, uccelli e tremolanti con le sue trombette ( « stortis philomelis, tremolantibus, timpanis scu tamburis » ). A questo punto, con l'organo Hay, possiamo ricordare vari organi del gesuita olandese Guglielmo (Willem) H ermans, di Limburg: a Como, organo del 1649-50 (8), al Collegio Germanico di R oma altro costruito verso il 1666; a Pistoia (Chjesa di S. Spirito) un organo del J 669; a Genova (S. Maria di Carignano) altro del 1686. In questo stesso anno ricorre la citazione di un organo dì E. Casparini ncHa chiesa di S. Maria Maggiore a Trento; in data 14 ottobre 1706; a S. Margherita L igure v·iene stipulato un contratto per un organo da porr·e nella chiesa di S. Maria della Rosa, con « una mezza tromba, un rosignolo e un tamburo ... » . A Verona, nella chiesa di S. Tommaso Cantuariensc, viene posto un organo di G. Bonatti nel 17 J6. Venti anni dopo, nel 1736, a Roma, viene costruito. dal celebre organaro tirolese Joannes Conradus Worlc per la chiesa della Maddalena, un organo in cui il 16° registro era un « usignolo :. . Nel 17 50 a Corato (Bari), nella chiesa di Maria SS. del Carmine, viene posto un organo di Pietro de Simone con « uccelliera a 6 canne, zampogna a l canna e cornamusa » (è stato restaurato nel 1977). A Manduria (T aranto),

(7) T11. CULLEY, Organari fiamminghi a S. A po/linare a Roma, l. In c L'organo :t , V (1967), p. 93. (8) P. Wn. LIAMS, The European orga11 1450-1650. London, B. T. Batsford Ltd, 1966, p. 222.


nella chiesa della Congrega dl S. Leonardo, fu posto un organo, firmato «Nicola fecìt A. D. 1773 » che aveva due vaschette con 3 canne l'una. Ultima citazione « storica » è quella dell'organo del Conservatorio di S. M. degli Angeli a Firenze, costruito nei secoli XVI- XVTT ma ampliato da Luigi e Benedetto Tronci nel 1793, con il registro « uccellini » . Un esempio moderno di questo accessorio è nell'organo (Tamburini 1967) della Basilica di S. Maria dei Servi a Bologna (9). I pomelli che costituiscono i tiranti dei registri si trovano alla destra della tastiera, nella seguente dis posizione:

Principale 8' Ottava Flauto in X Ila Ripieno Tiratutti del ripieno Nella base vi è, chiuso da nottolini. un grande sportello che permette di controllare i due mantici, a libro, e, in basso, sulla sinistra, un altro sportello, pitl piccolo, fa pensare che vi fosse stata applicata una piccola pedalicra, riproducente la prima ottava (corta) della tastiera. I somieri sono quattro: un principale, a tiro. per le canne di metallo e altri tre, piccoli. per le canne di legno (di castagno), che vengono alimentate per tramite di canaletti. In occasione del restauro, a l momento di montarlo nel Museo, vi è stato applicato un elettroventilatore, il quale. sistemato nella cassa di base al disopra di un mantice, fornisce aria senza impedire che i mantici possano essere azionati anche a mano, per mezzo delle due corde che fuoriescono dalla cassa sul Jato destro.

Ambito: 4 ottave do1-do5. Misure: cm. 130 X 94 X alt. 280. La vaschetta per il registro degli « uccelletti » che, come abbiamo detto, si trova in un suo proprio vano, dietro uno sportelletto a sinistra della tastiera, è costituita da una vaschetta di piombo in cui pescano l O canntlcce, pure eli piombo. Le misure sono: L. della vaschetta cm. 2l: l. cm. 8: alt. cm. 14; la canna curva per l'aria è lunga cm. 12.

n. 896. - Spinctta rettangolare di Onofrio Guarracino - 1692. Dopo la spinctta n. 888, attribuita, con ragione. ad Onofrio Guarracino qui ci troviamo da(9) C. MORETTI, L'nrgmw iwlimw, Milano, ECO, 2" cd. 1973, p. 508.

vanti ad una delle due sue spinette regolarmente firmate che il Museo possiede. Questa è senz'altro la più notevole per la decorazione pittorica che orna l'astuccio, di cui si parlerà più sotto. Si premette che, di questo autore, il Museo possiede anche un tasto isolato, firmato e datato « Onofrio Guarracino fecit 25 ottobre 1679 » , rimanenza, forse, di una spinetta rovinata e perduta. La personalità di questo costruttore è assai interessante, non solo per l'alta qualità dei suoi lavori, ma anche per certe sue caratteristiche, quali la posizione dei piroli nelle spinette rettangolari: essi sono posti dietro alla fila (diagonale) dci salterem anziché su l lato destro del piano armonico. Altre sue spinette note in Italia sono: una, del 1663 (senza astuccio) nella Collezione del M. Prof. L. F. T agliavini, Bologna, e l'altra al Museo Teatrale alla Scala, di Milano, del 1667, con astuccio ricco di ornamenti pittorici. Scritte: sul 45° tasto: « Honofrius Guarracino fecit 1692 »: sotto allo stesso tasto: « Per uso di Luigi Tartaglioni nell'Anno 1842 » . 11 piano armonico è in abete; le comiccttc sono di cipresso. La rosa è eli carla dorata a1merita, ma è di rifacimento: originale è solo l'orlo, in legno c in pergamena dorata. I piroli sono quasi tutti originali. Somiere e ponticclli sono di noce. T salterelli sono in gran parte originali, a due smorzi; le griglie sono eli noce. Ambito: 4 ottave do1-<lo5 • l tasti sono 45: i 27 inferiori sono placcati in bosso senza frontalini (perduti) e i 18 superiori sono placcati in ebano. Prima ottava corta.

Misure: sola tastiera cm. 64,5; largh. sporgenza tastiera cm. 69: p f. tastiera cm. 11; rientranza tastiera cm. 5,5; Jato A cm. 148,6; lato B cm. 43; lato C A; lato D 8: alt. cassa cm. 18. Lvibr. corde: 1° do cm. 137; 2° do cm. 113,8; 3° do cm. 54,5; 4° do cm. 28,5; 5° do cm. 14,4.

=

=

Punto di pizzico: l o do cm. 13,2; ult. do cm. 6,2.

n. 897. - Astuccio per detto. All'interno del coperchio è dipinta una pregevole natura morta, con frutta fio rie strumenti musicali, firmata « Casissa » Questo pittore ( + 1730), a llievo di Andrea Belvedere ( + 1732) era un pittore napoletano, specializzato, come il suo maestro, in frutta e fiori. era considerato un « giordanesco » . icola Casissa non fu il solo pittore che decorasse le opere del Guarracino: in una spinetta che si trova al Museo teatrale alla Scala di Milano, è dipinta una scena in cui Giuditta mostra .l a testa di Olofcrne agli ebrei: la pittura è datata 1669 c filmata con la sigla « AS » , sigla non di facile interpretazione. L 'esterno dell'astuccio è tinto in verdone. M isu re: Lato A cm. t 54; latoB cm. 52: alt. cassa n. 24/ 22.

Sala XV : Il trionfo del bttrocco

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n. 898. - Spinetta traversa verde, degli inizi del sec. XVJII. È del tipo «False inner-outer » o « integrale», vale a dire che strumento ed astuccio sono una sola cosa; nel coperchio è dipinta la storia di Agar nel deserto con il piccolo Jsmaele: essi stanno per morire di sete quando appare in cielo un angelo che addita loro una fonte poco lontana, a cui si sta abbeveran do un piccoJo cane. Il piano armonico è di abete; le cornicette sono di cipresso: il somicre è di noce; i ponticelli sono di faggio. I salterclli sono stati rimaneggiati ed alcuni sono stati sostituiti (a 2 smorzi, a l smorzo, senza smorzi). I tasti sono 45: i 27 inieriori sono placcati in bosso con frontalini intagliati a semicerchio (ne mancano 4) e i 18 superiori sono in noce tinto placcati in ebano. Ambito: 4 ottave do 1-do5 con prima ottava corta. Misure: sola tastiera = 64,8; larghezza sporgenza tastiera cm. 68,7; lato A cm. 85,4; lato B cm.9,2; lato C cm. 142; lato D cm. 23,5; lato E cm. 59; alt. strum. con coperchio chiuso cm. 18; id. da terra cm. 80,5.

Lunghezza v ibr. delle corde: 1o do cm. 127 ,8; 2° do cui 107,9; 3° do cm. 50,9; so do cm. 13,2 . Punto di pizzico: 1° do cm. 11; 5° do cm. 4,7. n. 899. - Sostegno per detta, a 4 gambe che sostengono un ripiano dalla stessa sagoma dello strumento.

Misure del sostegno: alt. da terra cm. 80. n. 900. - Organo positivo ad a la grande. Ha due facciate: di 20 canne l'anteriore e di 21 la posteriore, con bocche allineate, dal labbro superiore a mitria c piede molto basso; la tastiera ha un ambito d i 4 ottave D o 1- Do5 con la prima ottava corta e comprende 45 tasti: placcati in bosso con frontalini intagliati a semicerchio (gli inieriori) ed in ebano (i s uperiori). Gli otto registri, comandati da pomelli di bronzo disposti in un' unica fila verticale alla destra della tastiera, sono i seguen ti: Principale, Ottava, XV, XTX XXU, XXVI, XXIX; segue un pomello per il Tiratutti del ripieno, che muove tutti insieme gli ultimi quattro tiranti. A nche questo strumento ha due sporte lli articolati, uno sul davanti e l'altro sul retro, a sagoma digradante da sinistra a destra come :Le canne, che sono sorrette, sulle due facciate, da due strisce dj legno decorate da fregi fJoreali intagliati.

Misure: cm. 57 X 45

x

alt. L82. Sola tastiera

cm ....

n. 90 l. - Spinetta rettangolare Guarraci no 1677. Sulla leva del l o tasto vi è una croce e su quella dell'ultimo (45°) la scritta « H onofrius Guarracino fecit

348 La Galleria armonica

1677 l> . Il piano armonico e m abete; le co micette sono di cipresso. L a rosa, incompleta, è in carta dorata e annerita, legno e pergamena. n somiere ed i ponticelli sono di noce . I piroli sono originali. La g11ida dei salt<erelli è in faggio. I salterelli sono assenti. Ambito: 4 ottave do 1- , . Prima ottava corta. I tasti sono 45: dei 27 inferiori, placcati in avorio con fronta li ni intagliati a semicerchio, ne rimangono solo 5; i 18 superiori sono di ·noce placcati in ebano.

Misure: l. sporgenza tastiera cm . 69,4; sola tasticera cm. 64,2; sporgenza tastJera cm. 11; rientranza tastiera cm. 5,5; lato A cm. 149,3 lato 8 cm. 42,5; lato C= A; lato D = C. L. vibr. delle corde: l' nota cm. 137,7; ult. nota cm . 14,5 . 11 ponticeUo sul piano è staccato.

Punto di pizzico: l o do ·cm. 13; ult. cm. 6. P resso la porta della Direzione, a sinistra della finestra, vi sono d ue vetrinette incardinate in parete, contenenti un gruppo completo di pedine (15 gialle e 15 nere) per il gioco del tric-trac o tavola reale. Il gioco per cui servivano queste pedine era il tric trae o tavola reale, di antichissime origini (c. 3000 anni a. C.), che oggi è ancora valido col nome di backgammon: si giocava in due, come si può vedere nel grande quadro. appeso alla parete afligua. presso la porta della Direzione, quadro attribuito a Gerhard Seghers o Theodor R ombouts, ad ogni modo ad un caravaggesco fiam mingo della prima metà del '600. Si giocava con dadi e pedine (15 di wz colore e 15 di un altro) su una scacchiera cosrituita da una cassetta apribile (le due metà erano incernierate fra di loro) con L'interno dipinto a funghi triangoli di varie tinte. Vi è una ricca bibliografia in merito, ma qui si citeranno solo due titoli, per dare un'idea dell'argomento che, effetlivamente, esorbita dalla materia degli strumenti musicali e che qui viene citato solo per le raffigurazioni di SLrumenti che queste pedine contengono (10).

L'importanza di questo gruppo di pedine risulta chiara quando si pensi che esse furono eseguite nel 1683, anno in cui l'Europa ri uscì a bloccare i Turchi che minacciavano Vienna. Tale anno è documentato, anzitutto, da una pedina su cui è raffigurato, in rilievo, il panorama di Vienna con la dicitura « NEC LVNA DVAB US » e, in alto, due aquj!e coronate (Austria e

(IO) v. N. SCERNI. Trenta medaglie di leg no al posto de lle pedine. In : Cronaca numismatica, n. IO, giugno 1990, pag. 23. Va chiarito che qui non si tratta di «analogie di legno », bensì proprio di pedine. O. JACOSK- J. R. CRAWFORD, IL libro del backgammon, M ilano, Sperling & Kupfer, 1976. CH. H . GOHEN, Il backgammon, 4• ed. Milano, Mursia, 1982.


Polonia) che spezzano la mezzaluna turca (11) e poi dalla serie di ritratti di regnanti dell'epoca scolpiti sulle due facce delle pedine stesse. Per l'identificazione e la datazione dci monarchi raffigurati sono di valido aiuto le medaglie, coniate all'epoca, reperibili nei ricchi repertori di medaglie commemorative, come pure i cataloghi di vendite e di aste di medaglie e monete; ad esempio, per la medaglia del 1683, coniata per la liberazione di Vienna dall'assedio dei turchi, va citata la medaglia, del 1683, fatta per Johann TII Sobieski (1674- 1696) in Polonia; per quella di Leopoldo I (1658- 1705) la medaglia del 1676, coniata per festeggiare le nozze di Leopoldo I con Eleonora Magdalena Theresia di Pfalz ( + 1720). I ritratti, opera di mano quanto mai raffinata, di sconosciuto autore che si cela sotto il monogramma MB , inciso in talune pedine rappresentano i seguenti monarchi: n. 938. - Federico Guglielmo di Hohenzollern (1620-1688), detto « il grande Elettore » (« Friedrich Wilheln der Grosse Kurfiirs.t) (1640-1688); intorno al ritratto è la scritta << FRIEDR. WILH. D. G. MA RC: BR. ET. ELECTOR » (Federico Guglielmo re di Gran Bretagna ed elettore). Sul retro: il motto « SAXO PER SAXA PER IGNES » e la raffigurazione di un uomo a cavallo con la spada sguainata; nella sfondo: soldati schierati a battaglia con camwne, !ance e bandiera. n. 939. - Leopoldo I Imperatore d'Austria (16571705): « LEOPOLDVS. AVG. TMP. CAESAR. P. F.» t: raffigurato con il Toson d'oro appeso al collo; al rovescio: « ELEONORA. MAG: TERES. C.P.R. l.C.F.M.D. ROM. IMPERAT ». (Eleonora Magdalena Theresia di Pfalz (1720). All'attaccatura del braccio sinistro porta la data « 1678 » . n. 940. Carlo XI re di Svezia (1660-1697) Le diciture sono: intorno al r.itratto. « CAROLVS. xr. D.G. REX. SVEClAE » e, sul retro, « HlC FERIT. ILLE TEGIT » con un leone ritto sulle zampe posteriori, portante scudo e spada nelle zampe anteriori.

Luigi XlV, detto il Re Sole (1638-1715), re dal 1643, re di Francia e di Navarra; sul retro: Carlo il di Spagna (1674-1700). La dicitura è, intorno al ritratto, « CAROL. II.D.G. REX HISPANTAE » . n. 942. - Cristiano V re di Danimarca (1646-1699) con ]a dicitura << CHlHSTIANVS. V. REX DANIAE >>; il monarca porta al braccio un ciondolo raffigurante un elefantino. Al rovescio. Carlo n d'Inghilterra (1660-1685): << CAROLVS. 11. D.G. MAG. H.F. E.H. REX » .

n. 943. - Giovanni lll Sobieski re di Polonia (1674-1696): « JOAN: III D.G. REX POLONJARUM » . Sul retro il motto « NEC. LVNA. DVABVS ». e due aquile coronate, affrontate, in volo sopra le nuvole, con due corni (?) negli artigli. Sotto: panorama di Vienna con la dicitura: «VIENNA L!BE/ RATA. A. 1683/ DJE 12 SEPT».

n. 944. - VlEl\'NA AVSTRIAE 4 / 14 JVLIJ AB ACHMETE Il. OBSESSA 2/ 12 SEPT. EXINSPERATO AB EO DESERTA EST». Panorama di Vienna assediata/ 1683 / cupole a cipolla e guglie con mezzaluna. Sul retro il motto: << A DOMINO VENIT PAX ET VICTORIA ». (Combattimento contro i turchi/ J 683). n. 945. - « VT FORMA DECORA ». Nano violinista

(mancino) con baffi, cappello a larga falda, mantellina e sciabola al fianco. Sul retro: << s IC LYRA SONORA » . Nano, con un occhio bendato da una pezza, suonatore di ghironda aL fianco sinistro: una borsa e tre chiavi; ai piedi: ciabatte. n. 946. - << FORTVNATA QVLES ». Giovane coronato

di spighe con un ramo di melograno; aL suo fianco sinistro: un alveare; dietro al braccio: uva/« 1679 ». Sul retro il motto « SIC PROSVN DAM NOSA » . Tre puttitù con spade e lancc/ << 1679 » . n. 947. -

« MENS MENTO FRONTE MANVQVE »:

n. 941. Luigi XIV re di Francia ( 1643- 1715) con la dicitura « LVDOVICVS. Xlii D.C. FRAN. ET NAV. REX »,

guerriero che abbraccia un giovane con manto; a terra: un arco da fTecoe; un'arpa con testa di rapace. Su retro il motto « CHARlTAS OMNIA SUFFERT )) ; raffigurazione di una donna con quattro bambini e un cagnolino.

( l l) Pedina che trova riscontro in una medaglia de l 1683, coniata per festeggiare la liberazione di Vienna dai Turchi, con la d icitura « CHRISTANVS. V. D.G. REX DANI.AE ~ ; il monarca porta a l braccio un ciondolo raffigurante un elefantino. Al rovescio: Carlo d'Inghilterra (1660-1685): « CAROLVS. Jl. G. D. REX HTSPANIAE ».

n. 948. - << 1NTVS ET FORTS / IVNGJTVR HAC / TRIGA NOR IS ». Tre donne con specchio calice, bilancia con spada c una croce. Vi è inciso il solito monogranlilla MB. Su retrO il motto << FRVIT HO ORE ARTE ET LABORE / SVB HOC FLORE>> tre stemmi: un'aquila

Sala XV: Il trionfo del barocco

349


bicipite, un'aquila con una sola testa, un'aquila dimezzata; tre oggetti intrecciati: un violino, un mappamondo e un calamaio. Vi è inciso il solito monogramma M B.

n. 949. - « PROSIT VTRVMQVE » . Un frate con rosario alla cintura porta in spalla una persona; un cane gli cammina accanto; dietro, nel fondo, un ragazzo agita un bastone con attaccato io cima un oggetto indefinibile. Sul retro: << NE SVTOR VLTRA CREPIDAM » . Un calzolaio misura la lunghezza del piede di una donna. n. 950. - << P ERPOSTO >> : un gobbo, con lancia e spada al fianco, batte il passo col piede destro alzato; neiJa mano destra ha un cartiglio con le parole « Mùnsùe et l cito ». Sul retro: « QVIS CVPIT » . Un gobbo con due spade puntate c cappello a larghe falde in testa. n. 951. - << l'VA FISTVLA DVLCIS » . Una donna seduta sotto un albero con un lungo bastone e una pecora; di fronte a lei un cavaliere suona un flauto. Sul retro: « PERDITE A VENERE l ADAMAT UR ADONIS » . Un giovane seduto in terra, appoggiato al grembo di una donna con ampia scollatura, seduta sotto un albero: a terra una faretra. n. 952. - « OMNIA+SUNT+RISV+ ». Un vecchio barbuto con Ja mano destra su un globo e la mano sinistra alzata; su! retro: « FLETV +SVNT +aM NI A+ DIGNA+ » . Sotto al globo i,l nome « 1-!ERAC.LJTVS » , sotto al globo il nome « DEMOCRJT VS >> preceduto dalle lettere TCM. Sul retro: << Fl.ETV + SUNT+OMNIA + D1GNA >> . Un vecchio barbuto, anche questo a mezzo busto, come l'altro, con la mano sinistra sopra un globo. n. 953. - Questo secondo gruppo è composto dalle pedine nere. « FREQVENS. TIBJ. DISSIPAT. AVRVM » . Una mano, uscente da una manica, getta, con una coppa, i dadi s u una tavola reale (da tric-trac). Sul retro: « FERT. PRAEMIA. FAVSTA. ». Un cappello con alette, sormontato da un dado, si libra sopra una bassa scatola cilindrica sulla qua,l e è posata una corona di foglie con al centro un fiore. n. 954. - « SAT. LOCVLO. 1-J,\VT . OCVLO » . Un bambino, con fascia a tracolla, apre un forziere, apparentemente pieno di grosse monete. Sul retro: « CONSTANS. IN. LEVITATE » . Un bambino, con una fascia sulla spalla sinistra, una mezzaluna in testa ed un fior di palude nella mano destra, corre col piede sinistro su una palla.

JJ O La Galleria armonica

n. 955. - « SIS. MEMOR. ADVERSI ». Un tamburo con due dadi sulla faccia superiore ed una spada pendente verticalmente sopra di essa. Sul retro: « LVDITV R. l CVNCTIS » . Un globo circondato da nuvole e sormontato da tre dadi. n. 956. - « PERCASVS. AD. PASSVVS ». Un bambino con pattini ai piedi è caduto e giace a terra con i piedi all'aria; accanto a lui, per terra, il suo cappello. Sul retro: « AD. LAPSVM. TOLLITVR » . Un bambino s ui trampoli, di cui il sinistro si è spezzato. n. 957.- « PERFER ET OBDVRA ».Un uomo è legato ad una bassa colonna ed una donna alata lo percuote con uno scudiscio a 4 code. Sul retro: « GRATA. SVPER. VENtET ». Sotto un sole raggiante allo zenith una donna alata tiene nella mano destra un cesto di frutta e nella sinistra un fiore; ai lati: due filari di cipressi e dietro ai suoi piedi una ringhierina. n. 958. - « SOClETAS. DISPAR » . Un leone accovacciato è circondato da conigli, eli cui due gli stan no sulla schiena. Sul retro: « NON. TEMNERE. PARVOS >> . Un'aquila ad ali spiegate e piedi a terra guarda con aria minacciosa e becco aperto una grossa ape in volo.

n. 959. - « VINO. PRVDENTIA. CONSTAT » . Un bambino nudo, con una fascia sulla coscia destra, a cavallo di una botte; nella mano destra ha una statua di Minerva e nella sinistra un calice. Sul retro: « BACCI IAI~J. PRVDENTIA. NESCJT ». Un uomo, col capo riverso ed il piede destro alzato tiene nella destra una lunga spiga e neiJa sinistra una brocca da cui versa del liquido; a terra è un'altra brocca rovesciata. n. 960. - « PROVJDE. ET. PRVDENTER » . Una testa bifronte appoggiata su una base: la mezza testa di sinistra è sormontata da fiamme, mentre quella di destra ha gli occhiali sul naso. Sul re tro: « src. coEcvs. OBERRAT » . Un bambino nudo con gli occhi bendati cammina a tentoni fra grosse pietre.

11.

961. - « GARRVLA. LINGVA. NOCET >> . Un bam-

bino nudo cammina tenendo sulla mano destra un uccello; a terra: w1'oca. Sul retro: << CONTICV ISSE DECET » : un bambino nudo. con una fascia che gli svolazza a tracolla, tiene un pesce nella mano sinistra e con l'indice della destra sulla bocca fa cenno di tacere.


n. 962. - « VIRTUS. CONTRARIA. FATO». Un'erma con in cima un mezzo busto di uomo paludato (forse di ermellino) con a tracolla un festone di foglie in cui è infilato un grosso randello; dietro: nuvoloni e una testina di putto che soffia. Sul retro: « VOLVITUR. HVC. ILL ve >> . La Fortuna che spinge una grossa ruota. 11. 963. « TUTIUS EMTTTIS Una balestra puntata verso l'alto.

QUAM

AMI1TIS » .

n. 964. - « IRA. PVROR. BREVIS. EST» . Un uomo con gonnellino corre: ha nella sinistra una lunga falce e nella destra un corto pugnale. Sul retro: « NEC. VERBO, NEC. LAEDERE. FACTO» . Una donna con in mano due briglie che fanno capo ad un morso di cavallo da cuJ pendono due delfini. n. 965. - « SOU. CONCEO!TVR. VN! ». Una poltrorla con grandi ruote e gancio per essere trainata. Una foglia di palma infilata nella ruota di destra. Sul

retro: « PRAEVENJRE. MELIVS ». Due cavalli corrono in un'arena con obelischi. n. 966. - « * FRONTE. CAP JLLATA. EST». Un uomo barbuto tira per i capelli una donna nuda che ha in mano una lunga e ~arga striscia sventolante e sta con un piede su una sfera alata. Essa sta nel mare (?) e lui sulla terra ferma. Sul retro: « POST. HAEC. OCCASJO. CALVA». Un uomo seduto sulla riva leva le braccia verso una donna nuda con i capelli al vento e una lunga striscia fissata in quattro punti ad un bastone nella mano sinistra; la mano destra è alzata. La donna ha il piede destro su una sfera e va sulle onde del mare. n. 967. - « NEC TVMIDE * NEC. TJMJDE ». Un cinghiale azzanna un cane. Un altro cane (?), in fondo , Fugge sotto un grande albero. Sul retro: « INVIDEAT. ET. v rDEAT ». Un cane cammina guardando la luna in cielo, dove sono anche nuvole e tre ste!Je.

Sala XV: Il rrio11/o del barocco

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868. Liuto/ Ga/licone di Andreas Jai B, 1731 (Vetrina l)

P.V. 8196. Piccolo chitarrone anonimo; sec. XVU (Vetrina l )

90 l. Spine/la rettangolare di Onofrio Guarracino, 1677 (fuori Vetrina)

Sala XV: li trionfo del barocco

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888. Spinetta traversa di Onofrio Guarracino, 1668 (fuori Vet rina) 898. Spinel ta trcn·ersa anonima: sec. XVIII (fuori Vetrina)

888

898

3J4 La Galleria armonica


895. Organo posi l i l' O di scuola napoletana; sec. XV m (fuori Vetrina)

Sala XV: 11 trionfo del barocco

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891. Claviciterio; sec. XVII (fuori vetrina)

JJD La Galleria armonica


892. Clavicembalo:

ec. XVII (fuori Vetrina)

Sala XV: Il trionfo del barocco

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896. Spinetta rettangolare di Ono/rio Guarracino, /692 (fuori Vetrina)

JJ 8 La G a/leria armonica


890. Organo ad afa piccolo anonimo; sec. XVII (fuori Vetrina)

Sala XV: Il trionfo del barocco Zl

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900. Organo ad ala anonimo; sec. XVII (fuori Vetrioa)

360 La Galleria armonica


Sala XVI STRUMENTI MECCANICI

Le Sale XVI, XVII e XVIII sono dedicate alla '' Musica in scatola », cioè agli strumenti musicali meccanici. Di tutto il Museo essi sono forse gli unici che, a djspetto di tante disavventure, peripezie e calamjtà, da parte degli eventi c degli uomini, fanno talvolta ancora sentn·c la loro voce e le loro melodje: esse sembrano venire da un altro mondo, quasi fiabesco, di serenità c di pace, di dolcezza e di semplicità. È questa una preziosa cd interessante documentazione di un'epoca c eli un ambiente che sembravano perduti per sempre, vivi soltanto nei ricordi dei nostri maggiori e giunti a noi attraverso le loro romantiche narrazioni. Questi strumenti sono stati spesso sottovalutati o mal compresi o limitati agli organi da fiera ed ai pianini da strada, mentre occorre tener presente che compositori di fama, tra cui Haydn, Mozart, Beethoven, Cherubini e molti altri, non disdegnarono di scrivere per essi stupende pagine, in qualche caso a noi pervenute soltanto nella loro originaria preparazione meccanica.

Vetrina l

La vetrina contiene sci pezzi molto diversi tra loro anche come funzionamento. Il l o a sinistra suJ primo ripiano ~n alto, .il n. 454, è un oggetto che si può far rientrare .nei '' quadri animati », in cui il movimento anima una scena e, al tempo stesso, produce una melodia. con un meccanismo di carillon. Qui la scena è rappresentata da un fiume che, scorrendo, fa muovere la ruota a pale di un mulino; sulla riva, in fondo a destra, si scorge un viale alberato con persone in passeggiata: tuttavia l'azione preminentte si svolge appunto sulle onde, agiratc da una tempesta, da cui una barca viene paurosamente sollevata; il funzionamento è manuale, mediante manovella. Le misure sono: alt. tot. cm. 31, largh. tot. cm. 30, pf. cm. 17. Segue un altro oggcno simile, il n. 455, in cui due scimmiette « fanno musica • , l'una archeggiando su un piccolo violino e l'altra « suonando » uno strumento a tastiera; mentre il movimento della bocca e delle mani delle scimmiette è assicurato mediante una molla a carica, la musica si produce tirando un cordoncino che fuoriesce dalla base, sulla destra. La me-

!odia ha suoni molto dolci e pastosi. Le misure sono le seguenti: alt. tot. cm. 28,5; largh. tot. cm. 32,5; pf. cm. 16,5. Sia il n. 454 che iJ n. 455 sono racchlusi in una campana di vetro e poggiano su di una base eli legno tinto nero; le misure di questi due oggetti sono, naturalmente, riferite alJa base ed alla campana di vetro, riunite. 11 2° ripiano, intermedio, contiene due strumenti, diversi tra loro ma entrambi molto interessanti. TI primo, n. 456, è una fisarmonica a cilindro denominata '' Concertion » c brevettata - " D.R. Patent (n. 25904) » - , strumento in cui basta azionare il manticino e muovere una piccola leva perchè si sentano subito brillanti melodie, liedcristiche, operist.iche o da ballo. Eccone l'elenco: « N° l 086: l. Brautchor - Lohengrin; 2. Carmen. Quadrillc. Erste Liebe. Wlayarke (?). 4. Lorelcy. Lied. N° 1087: l. Donau Walzer. 2. Gruss an Lcipzig. \Valzer. 3. Stille Nacht. Lied. 4. Graziosa. Polka ». n funzionamento è dovuto ad un cilindro con punte metalliche che muovono le ance: lo si vede ruotare da una finestrella aperta sulla destra. Le misure della fisarmonica (chiusa) sono le seguenti: alt. tot. cm. 38,5; largh. tot. (compresi i luoghi per le mani) cm. 35; pf. cm. 19. Questa fisarmonica è corredata di tre cilindri, che portano i n. 457 e 458. Segue il n. 459, strumento dal nome grazioso di '' Orgaruna », che la dkitura jncisa internamente definisce addirittura " meraviglia musicale) ( « The Musical Marvel ORGANINA »; costruita verso il 1884 dalla '' Automatic organ Co. » di Boston, era distribuita in Francia dalla " J. Thibouville Lamy et C.ie » che ne fece, in Francia, un proprio brevetto (il n. 181276 del l o febbraio 1887), come organo a manovella con meccanismo semplificato, detto (( Organina Thibouville :t . Funziona a manovella con striscia di carta forata. Misure: alt. cm. 26,7; base cm. 20,3 x22,6 (l).

( l) v. R. Boorv, The organica. ln: « Tbc musi c box, an intcrn:1ti o nal m<Jgazinc of mecbanical rnusic ,., Tbc Journal of the musical box Society of Grcat Britain, vol. Il, number 3, Autumn 1983, p. 119-122.

Sala XVI: Srrumenti meccanici

JDI


Nel 3° ripiano, in basso, si trova un singolare strumento, il n. 460, in cui il disco (quadrato) sta fermo, mentre la barra di lettura gira. La marca è « H erophon » « D.R.P. N ° 24074 und 25745 l Patent of America l Great Britain Oestrcich und anderc « Uinder » . Il nome è « Scraphon » ; questo strumento era un autornatofono ad ancia libera inventato da C.F. Pietschmann et Fils c da loro brevettato in Francia il 26 settembre 1876. L'ornamcntazione e le caratteristiche de l mohiletto fanno ritenere questo strumento uscito dalla stessa fabbrica dcll'Organina ora citata.

Misure: cm. 48 x 48; alt. cm. 29,5 (compresi i piedini). Segue un altro strumento, il n. 461, pure a rullo eli carta forata, con due manovelle.

Misure: alt. cm. 30, base cm. 55'>< :n.s.

Vetrina 2

Nella vetrina 2 si trovano strumenti funzionanti con dischi di cartone forato o con strisce circolari metalliche forate: essi hanno preso nomi diversi, ma sono quasi tutti eletti « organencs » . Essi vennero prodotti da due sole fabbriche di Lipsia: quella fondata da Pau! Ehrlich nel 1876 (che costruì i modelli Ariston c Aristonette, a dischi tondi) e l'Europhonika, fondata nel 1840 (che costruì i modelli H erophon cd Herophonctte a dischi quadrati). Ma seguiamo l'ordine degli strumenti esposti nella vetrina. Sul l 0 ripiano in alto si trovano due esemplari a dischi tondi, del tipo piccolo, della fabbrica Ehrlich. Il funzionamento, azionato a manovella, avviene mediante un gioco di ance che vengono messe in vibrazione dalle molle tte del meccanismo aJlorchè esse vengono Liberate dai fori del disco. I due pezzi qui esposti sono il n. 476, che ba le seguenti misure: cm. 23X23xalt. cm. 14,2; e il 11. 482, che misura cm. 22,7 x23 x alt. cm. 14,5; il n. 476 ha 5 dischi (di cartone forato), che portano i n. 477-481; il n. 482 ha 7 dischi contrassegnati con i n. 483-489.

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La Galleria armonicfl

Nel 2° ripiano, intermedio, si trovano due esemplari di un tipo diverso, che la dicitura dichiara brevettato c definisce « Euphonium-Patcnt • . 11. 490. - L a base è quadrata cd ha la parte superiore rotonda: attorno ad essa si avvolge un nastro di metallo forato: quello montato sullo strumento porta la scritta « Garibaldi Hymn l L. Cruzzi » .

Le misure sono: per la parte quadrata: cm. 40 X 40 s u alt. di cm. 10; per la parte tonda: 0 cm. 27,5 su alt. di cm. 14; alt. tot. cm. 24.

n. 49 l. - Lo strumento è di legno tinto nero e di metallo (lamiera zincata). Il brano qui presente è intitolato « Polka - La Mascotte. l La Chanson de l'ourang utang ». Le misure sono: base parte quadrata cm. 40 X 40 x alt. cm. lO; parte tonda cm. 0 38 X alt. cm. 14. Alt. tot. cm. 24. Sia nel n. 490 che nel n. 49 t sopra la parte tonda, sul piano orizzontale, in alto, vi è la scritta « EUPHONIUM • ·

Nel 3° ripiano, in basso, si trovano altri due strumenti, n. 492 e n. 502, a disco di cartone forato, di formato grande, definiti, dalla scritta, « Ariston Patenl >>, della E hrl ich. Le misure sono, per entrambi, di cm. 3J x 38 x alt. cm. 19,5 senza i piedini. l dischi annessi, tanto degli esemplari grandi quanto di quelli piccoli, contengono per lo più musiche operistichc o da ballo, a cui si aggiungono alcune canzoni in voga alla fine dc ll'800. li n. 492 ba 9 dischi, numerati da 493 a 50 t c il n. 502 ne ha 7, nn. 503-509. Presso la porta che dà sul pianerottolo è uno strumento a tavolino stile Impero. 11. 513, che ha la meccanica priva di tastiera ma dotata di un ciJjndro che con le sue punte aziona i martelletti che percuotono le corde e tre campanelli. L'ambito è di 3 ottave più una nota (fa-sol). Il mobile, che è profilato alla base della cassa da una cornicetta in bronzo con motivi floreali. misura: cm. 113 x 52,4 x 28 di alt. della ,c assa e cm. 84 d i alt. da terra. Il funzionamen to è a manovella.


454. Carillon animato; sec. XIX (Vetrina l)

456. Fisarmonica a cilindro; sec. XIX (Vetrina l )

455. Carillon animato; sec. X IX (Vetrina

l)

459. cOrganill(t», organo a manovella; sec. XIX (Vetrina l)

Sala XVI: Strumenti m eccanici

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460

4fil

476

460. Heroplton seraplton - Strumento a disco: sec. XIX (V e trin a l )

461 . Strum ento a milo di carta perforata (Ve trin a

476, 503. St rumento a disco trina 2)

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}64 La Galleria armonica

l)

sec. X IX (Ve-

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491

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491. Strumento a nastro metallico forato « Euphonium ~; sec. Xl X (Vetrina 2) 482. Strumento a disco di cartone fo rato c Ariston >; sec. XlX (Vetrina 2) 513. Strumento meccanico a manovella; sec. XIX (fuori Vetrina)

Sal a XVT: Strumenti meccanici

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Sala XVII STRUMENTI MECCANICI

Vetrina l . ella vetrina l (cubica) sono racchiusi, come in uno scrigno, pregevoli pezzi in miniatura tutti funzionanti mediante un meccanismo di carillon: si tratta di due ciondoli d'oro, n. 488 (misure cm. 3 X 4,5) e 11. 449 (misure cm. 4,5 x 4,5), i quali, mediante un anello, venivano sospesi acl una collana o ad un braccialetto; essi, nella base ovale, nascondono un minuscolo meccanismo musicale: basta girare appena la colonnina, adorna di piccole pietre, che si trova al centro de ll'arco impostato sulla base, perchè da que· sta si sprigioni una tenue delicatissima musica; a ltro oggettino prezioso è un piccolo puntaspilli, pure d'oro. n. 450 (misure cm. 3,5 x 4,5), (da fissare al bordo di un tavolino mediante un morsetto), in cui la manovra di avviamento è a ncora pill semplice: basta aiLare il coperchio perchè il meccanismo, caricabile con chiavetta, si metta a suonare. ln modo simile funzionano le tre tabacchiere che si trovano nella stessa vetrina. La tabacchiera n. 45 l ha sul coperchio una figura femminile a mezzo busto dipinta a o lio e le seguenti misure: cm. 5 x 9 x 3 di altezza. Quella col n. 452 ha un nome e una data, che, in realtà, non ci illuminano molto: « Ste Helène 15 octobre 1840 :~> ; le sue misure sono: cm. 6.5 x l0,5 x 3,5 di a ltezza. L a terza, n. 453, ha la d ici tura, pure non mo lto chiara, << Mort dc Socrate » c le misure cm. 6 x 9,5 x 3 di altezza . Il meccanismo di questi pezzi è costituito da un cilindro con punte e pettine metallico. Nel centro della vetrina è esposto il n. 475, una statuina in porcellana francese del sec. scorso riproducente una graziosa arpista del '700, seduta, in atto di suona re il suo strumento. Questo ha, in cima alla colonna, una testina di amori no ed è armata di 12 corde in ottone: natura lmente no n ha pedali. L 'abito della suonatrice è riccamente ornato. Nella base è contenuto il meccanismo, a cilindro e pettine, ch e, caricato con una chiavetta, si mette in moto spostando una levetta posta nella b ase. L e misure sono: altezza cm. 25, base cm. 18 x 15 . Lungo le pa reti si trovano a ltri interessanti pezzi . Subito sulla d estra è esposto un piano a cilindro , n. 516, di quelli che si portavano in giro per le strade. su un carretto trainato da un somarello o spinto a mano. Il suo n° di fabbrica è il 1973 e l'ambito è

di 3 ottave: D-D-D-F + (re-re-fa diesis). Le etichette riguardanti il costruttore sono due, attaccate nell'intern o del coperchio: una, più ampia, porta: ~ Fabbrica premiata all'Esposizione di L ondra - Napoli - Vienna Utrccht c Mclbourne 1riproduzione di m edaglie] Giuliano 1riproduzione di medaglia con Vittorio E manuele 11 re d ' rtalia ] Nolo e vendita Riparazio ni cd Accordi Napoli Strada Monte Oliveto N o 6 1 l Gran de posito di pianoforti cd armonium l fabbrica eli pianini a cilindro • . L'altra. attaccata verticalmente sul lato destro (sempre all'interno del coperchio), dice: « Giuliano l Napoli 1 Strada Monteolivcto N ° 6 1 l (-) - l Gran fabbrica di pianini a ci lindro l Vendita, Nolo e Riparazioni ». Nell'interno del coperchio sono pure i programmi di 3 cilindri , di cui è qui presente il solo no l, montato al suo posto. Sul primo cilindro alcuni titoli dci sci brani non sono indicati.

Cilindro 11. l: l.

2. 3. Lancieri 4. 5. 6. 7. Quadriglia - Donna J ua nita - Suppé 8. 9. Valzer - Mad.m• Angot L ecocq l O. Polka - Viaggio in Africa - Supp~.

Cilindro n. 2: l. Serenata - B occaccio 2 . Mazurka - Vio lettcs - Faust 3. Gallop (sic) Gioconda - Danza delle ore - Ponchielli 4. VaiLcr - T elegrammi - Strauss 5. Va lzer Saluti di gioia (J. Polka - Excelsior - Marcnco 7. Mazurka H. Polka - Sul lago di Como - Biffoli 9. Scottish - Pi pistrello - Strauss l O. Tarantella - Festa a P iedigrotta - Valente.

Sala XV II: Stmmenti m eccanici

367


Cilindro n. 3:

l. Valzer - Articolo di fondo - Strauss 2. Valzer Souvicns-toi - Wa1dtcufcl 3. Canzone Santa Lucia - Gottrau 4. Polka - Vie Parisicnne - Offcnbach 5. Polka - Mani delle Abermuth - Zìchrer 6. Mazurka - Canard à 3 becs - Jona 7. Quadriglia - Lcs cloches dc Cornevìlle - Planquctte 8. Quadriglia - Madame Favart - Offenbach 9. Galo p - Excclsior - Marenco l O. Tarantella - Masaniello. Lo strumento, su sollecitazione della manovella posta in facciata, mette in movimento il c ilindro « chiodato ». il quale agisce su una fila eli martelletti che percuotono le corde ed un campanello (che si può inserire o escludere con un comando apposito). Le melodie sono, come di consueto, da sccglicrsi mediante i vari scatti a cui, con una apposita manovella, è sottoposto lo spostamento del cilindro. Misure: alt. cm. 109; l. cm. 75.5: pf. cm. 47.

n. 510. - H armonium della fabbrica « L M. Marix/ Facteurs/ 46 Pas.ge des P anoramas » . che si può suonare sia a mano, sulla tastiera, che a man ovella, azionando così il cilindro che, .contiene dive rse melodie. Tanto per l'esecuzione manuale che per quella meccanica occorre alimentare i mantici mediante il movimento dci pedali. Questo strumento è piuttosto raro. L'ambito della tastiera è di tre ottave e una terza (do-<io+mi): ha un solo registro: quello della « vò1x celeste». È fornito di due candelieri, girevoli su perni, pe r ill uminare il leggio durante le esecuzioni manuali. Misure: alt. cm. 79, largh. cm. 61, pf. (compresa

tastiera) cm. 37.

n. 511. Piccolo strumento a cassetta con intarsi e specchi costruito dalla fabbrica « Gavioli & C. » che potrebbe essere definito << Uniflute » o « Gavioliflùte »: è a manovella, con molte canne di legno a sezione quadrata, piegate più volte per sfruttare al massimo Io spazio interno della cassetta. Nei vari pezzi dell'interno (mantici c canne, cilindro) si trovano stampigliati altri nomi di costruttori: sono i fabbricanti dei vari pezzi che Gavioli acquistava ed inseriva nei suoi strumenti. Questo autore è uno dei più interessanti del suo campo, perciò richiede un cenno biografico particolare. Lodo1•ico Gm•ioli (Ctii'I?ZZO Modenese 1807 - Modena 1875) da semplice, ma ingegnosissimo, orologiaio,

}68 La Galferia armonica

divenne inveruore e costruttore di Slmmenti musicali meccanici.· n el 1823 costruì Wl secondo orologio (il primo lo aveva realizzato. in legno, a soli nove anni) ed 1111 altro ne presentò nel 1830. riscuotendone ammirazione e plauso, all'Accademia Modenese. Oltre a vari orologi da rorre, egli è /lOto per il suo Dm•id, automa ultimato nel 1838, che a/zm·a gli occhi al cielo, prendeva i11 mano l'arpa e scorreva le corde co11 le dita, me/lire sotto fa sua sedia 1111 meccanismo composto da 1111 cilindro in rame e tasti d'acciaio, ru·nwti di tiranti rolfegati con le dita, faceva udire salmi davidici ed anche musica di Ros!.ini; altra sua prodigiosa creatura fu il Panarmonicon, che gli costò 1•ari fmni di swdi e /miche e nel 1843 riscos.se t1ppro1·azioni e lodi dalla ~:icì ritara Accademia di scie11ze, lettere ad arti di Modena. Sez. Arti. Il riconoscime11to gli ve11ne co11ferito nella seduta de{ J0 giugnO , dura nte fa qua{e Vl'nlle pure menzionatO i{ premio straordinario di ww mPdagfia e fa nomina a meccanico di corte conferiwgli da 11110 dei suoi pilÌ enlllsiasti ammiratori, il Duca di Modena Francesco V (1846-1859). Il .w o Panormonicon imitava, con ww complicata macchina musicale cosrituita da due cilindri e da 240 tasti, gli ,çtr11111enti a fiato di ww intera orchestra. Purtroppo tanta ammimzi<me e tami momfi apprn:.zamenli 11011 corrispondevano a reali guadag11i. di cui il Gavioli aveva necessità, non solo per vivere nw per realizzare i suoi congegni meccanici e musicali. Per questa ragione vi trasferì, nel 1853. a Parigi. do1·e continuò fa sua intensa attività di inventore e di co.çtruttore. ricevendo, nel 1854, l'iscrizione affa c Société Nationafe de Paris » e, nel 1855, Il/l posto fra i membri deffa «A cadémie Nationafe Agricole, manifacturière er Commerciale». Prime sue in1•enzioni elaborate a Parigi, e da fui esposte nel 1855. furono il Poliacord. strumento imitante il wono del l'iolino, ed il Clal'iacortl, una specie di pianoforte. Le onorificenze non gli mancarono: medaglie d'onore della Soc. Nationale ( 1857), medaglie di J• classe affe Espmizioni Universali del 1857 e del 1865. medaglie d'oro afi'Esposiziolle di 'l'o/osa (1865) e a quella Uni,·er.wfe di Parif?i (1867), a rui si aggiu11sero anche altri nwnerosi e lusinghieri riconoscimenti. A Parixi egli ass1mse, per vari anni, la direzione delfa fabbrica di pianoforti Pleyel. apportando in essi mili innovazioni per u1w maggiore solidirà e agibilità della tastiera. Nel 1868 fa Repubblica di S. Marino lo creò suo cavaliere ufficiale e, nel 1870, il Re d'Italia lo nominò cavaliere deffa Coro11a. Negli ultimi anni , fas ciata in mano ai fiRfi la casa fondata a Parigi, tornò, per assistere il padre quasi novantenne, a Modena, dove morì, a 68 anni. tre mesi dopo il padre. il 21 giugno 1875. Ricca messe eli notizie su Lodovico Gavioli e sul padre Giacomo. che da umile birocciaio era divenuto il primo orologiaio di Modena, si trovano particolarmente nel vofumetto c l due Gaviofi », pubblicato da A. G. Spineffi a Modena nel 1901; a ques/0 si posso11o aggiun· gere le numerose citazioni contenute in vari repertori, come fa c Nomocheliurgografia {l/l/ieri e modema • di Luigi- Francesco Vale/righi (Modena. /884. alfe pagine 154- 155) e la c Cronistoria dPi 1emri di Modena dal


1539 al 1871,. (Modena, 1873. 3 volumi) di Alessandro Gandini. Questi, coetaneo del Gaviali, alle pagine 388389 del vol. l , ricorda l'esposizione di automi realizzata nel teatro Vecchio di via Emilia, a Modena, nel 1847, in cui erano presenti, del Gaviali, due statue IliO · bili (il Davi d e Papa l X) ed il Panarmonicon.

n. 518. - Carrettino per il suddetto strumento, verniciato di verde con filettature bianche, fornito di due barre per poterlo spingere o trainare.

n. 512. - Altro strumento dello stesso tipo di quello del Gavioli: è un piccolo organo a cilindro con canne

è una specie di teatro o stanza-scena in cui quattro

Misure: alt. cm. 124; largh. cm. 54,5; pf. cm. 48. 11.

di metallo e di legno piegate a gomito nell'interno; all'esterno è tinto di colore rossiccio c ha due finestrine ad arco tondo chiuse da stoffa rossa. Un programma manoscritto attaccato nel coperchio, porta i seguenti titoli: 1) Le Carneval de Venisc 2) Marche 3) Bourrée 4) Valse 5) Valse 6) Eco fleis (?) 7) Contredance 8) Monferine

Misure: cm. 61 X 34 X alt. 50. 11. 517. - Strumento a ci lindro a l'orma d.i pianoforte verticale (ma senza tastiera) verniciato in rosso a finto legno. Alla base si trovano due colonnine tornite e due manovelle, di cui una frontale ed una laterale. Presenta un segnalatore di posiLione del rullo. laterale. a forma di orologio rotondo. Vi sono due maniglie di metallo lavorato, ai lati. Il coperchio si apre longitudinalmente, per metà. I bordi della cassa sono verniciati in giallo. Un'etichetta ovale, metallica, porta uno stemma c la scritta, entrambi dorati su fondo nero, col nome del costruttore. « Vicente Llineares/Faventia Barcelona ».

Misure: alt. cm. 59,3, largh. cm. 56.5. pf. cm. 32,5.

515. - Pezzo veramente raro cd interessante:

automi agiscono c si muovono in modi ed attività diverse accompagnati da un organioo ad ance: un sultano con turbante solleva la lunga pipa fino alle labbra, le quali si schiudono per aspirare e mandar fuori il fumo, che un bambino, facendogli vento con un piccolo flabello, provvede a disperdere; ai lati egli ha due strumentisti, vestiti con lussuosi abiti settecenteschi: alla sua destra un violinista ed alla sua sinistra un violoncellista; essi fingono di suonare i loro strumenti, battendo il tempo col piede destro; tutti c tre, sultano e suonatori. muovono gli occhi. Insieme con i collegamenti che fanno muovere gli automi, una manovella, che viene aLionata a mano sul retro, agisce anche sul cilindro, da cui dipende lo svolgersi di varie melodie, selezionabili con successivi spostamenti longitudinali del cilindro. Da una piccola etichetta posta sul leggio del violinista si ricava il nome della casa costruttrice; eccone il testo: « FABRJQUfl/D'INSTRUMENTS DE MUS IQUE./ HUSSON-BUTHOr> & THIUOUV!LLE/Rue St. Martin, 254, ci-devant. Rue Grénetat, 13 & 15./ à PARIS • · Segue una piccola melodia di tre righe. La genealogia di questi costruttori. originari di Mirecourt trasfcritisi a Parigi, è ampiamente descritta nel repertorio del Vannes, a cui si rinvia (l). Questo << tcatrino » di automi ha, in facciata, l'altezza di cm. 91 ,5 al centro e 87 ai lati; la base misura cm. 62 x 32.

( I) RENÉ VANNES, Dictionnaire universel de~ lutlriet.l, 2m• éd. Bruxelles, 1951, pag. 171 (Husson) e pag. 359 (Thibouvillc/ Buthod).

Sala XVII: Strumenti meccanici

3(}_9



45 l. Tabacchiera cm1 carillon; sec. XIX (Vetri na l)

475. Stawina in porcellana con carillon; sec. X VII I-XIX (Vetrina l)

5 l l . Uni-/fute a l/ W /I O Velia di Ludovico Gaviofi ; sec. X IX (fuori Vetrina)

5 l 2. Piccolo Mgano a cilindro ano11imo; sec. X IX (fuori Vetrina)

Sala XVII: Strumenti m eccanici

37I


J

448, 449, 450

517

448, 449. Ciondoli con carillon incorporaro: sec. XIX (Vetrina l)

450. Punraspilli con carillon incorporato; sec. XLX (Vetrina l) 515. Teatrino COl! automi di << Husson Buthod & Thibouville l Paris »; sec. X IX (fuori Vetrina) 517. Piano a cilindro con carretto di Vicente Llinares. Favenria - Barcellona; sec. XIX-XX (fuori Vetrina) 515

372 La Galleria armonica


Sala XVm STRUMENTI MECCANICI

La vetrina l è occupata prevalentemente da ~ serinettes :t . Il nome eli questo strumento viene dal francese « seri n • , che vuoi dire « canarino " , in quanto veniva usato dalle donzelle del sette e ottocento per insegnare il canto ai canarini. Si tratta di una Cé'lssettina, che trae le sue origini dal tardo seicento, nella quale sono allogati un ci lindro, un mantice e piccole canne. generalmente l O, di stagno o di legno. 11 funzionamento della scrinette si svolge nel seguento modo: una manovella muove il cilindro (le cui punte aprono gli scomparti del somiere su cui si trovano le canne) e aziona il manticetto che manda aria nelle canne (labiali, simi li a flauti dolci). Passiamo ora ad esaminare questi organi in miniatura, leggendo i titoli dei programmi (applicati, anche qui, nell'interno del coperchio): sarà più facile, così, riportarci all'atmosfera idillica del '700, immortalata da vari pittori (come J. B. Chardin. « Dama con serinctte " - New York, Coli. Frkk, in cui una gentile signora gira la manovella di una serinettc mentre in una gabbia un pennuto allievo apprende le melodie programmate). Ecco le notizie sugli strumenti qui esposti. Nel l o ripiano, in alto, nella vetrina l. a sinistra, è la serinette n. 469, con l O cannucce di m~tallo (mancante di manovella), che offriva il seguente « menu " : << Noms <.Ics

airs contenus au présent instrumcnt. l. Ronde cles fraises: 2. les zoncaves (?); 3. Garibaldi; 4. Berangcrc et J'escader (?); 5. C'est l'amour; 6. Petitc chasse; 7. Rigolo; 8 . . . . . . . . . Valse. Misure: cm. 27,5 X21 x alt. 16.

Segue la scrinettc n. 470, con manovella c 9 cannucce di legno, piegate, al disotto della cassa. li programma è il seguente: « . . . . . . . . . . im Siegerkranz. 2. Lied. Andreas Hofer.

3. lch hab sie-ja nur auf die Schulter gcki.isset. 4. lch hatte eincn Kameraden. 5. Lang ist her. 6. Schier 30 Jahre bist du alt.

7. Wir windcn vir (?) den Jungfernkranz.

8. So leben wir » . Misure: cm. 28x22xalt. 20.

Nel 2° ripiano, intermedio, segue la serinette n. 471, con 10 cannucce di stagno. Qui c'è anche, stampato sul ci lind ro, il nome del costruttore: « Bourdot- Bopan/Facteu r d'Orgues et Serinettes/ à Mirccourt/Dépldes Vosges/ Fai t des envois dans l'interieur, ainsi/ qu'à J'etrangcr • . Il programma è variato. in quanto comprende canti popolari. musica d'opera e da ballo. Eccone l'elenco: (( Noms cles Airs/ contenus au prcsent lnstrument. l. Polka National.

2. La donna è mobile-Viscarclello. 3. La petite chasse. 4. Petite fleur cles Bois. 5. Lcs ad ieux de Stc ll clènc. 6. Di quella pira-Trovatore. 7. C'est l'amour. 8) La Villageoise. Mi111re: cm. 27 x20,7 x alt. 15,5.

Su llo stesso ripiano, centrale, è pure l'altra serinette, n. 472. con 10 cannucce di stagno ma senza manovella. Sul cilindro si trova un 'etichetta rettangolare. stampata, con un fregio al bordo e la seguente scritta: << Ch. D~Nts, cadet, Facteur dc l Serinettes, à Mirecourt c n Vosges » . Questo nome potrebbe corrispondere ad un Christophe Denis citato nei repertori di Li.itgendorff c di Vannes, in cui si dice di lui che era liutaio, che vivea a Mirccourt intorno al 1740 e che non si conoscono suoi lavori, naturalmente di liuteria.

Sala XVI rr: Strumenti llleCC(IIIici

373


« N oms d es airs

l. A 2. Le Coeur de Nanettc 3. La . . . . . . de Crequi (?) 4. La Soirée craqueuse 5. Lazare 6. . . . . . . . e lion 7. La rosalie 8. AUemande. »

Misure: cm. 27 X 20,5 X alt. 15.

Nel 3° ripiano, in basso, c'e un pezzo djverso: una « Séraphine », n. 473, senza manoveUa, con la dicitura: « Seraphine/ TradeMark/ D. R. Patent Breveté P a-

tented 1889 ».Manca l'elenco dei brani musicali. Il fun zionamento avveniva mediante un rullo di carta forata, che qui manca. Le misure sono: cm. 30 x 28 X alt. 24. Un tipo di Seraphine, con ance libere, simile alla fisarmonica, era stato inventato da John Green in Inghilterra nel 1833; vari miglioramenti furono brevettati tra il 1839 ed il 185 1. Questo tipo è forse uno dei più recenti. Misure: cm. 30 X 28 X alt. 24.

L'ultima serinette della vetrina e di tutta la sala

è quella segnata col n. 474, mancante di manovella e di cannucce (erano l O); il programma è pressoché illeggibile: « Noms cles airs. Contenus au présent Instrument.

l. Valse;

Misure: 27 ,5 x 20,7 X alt. 15.

Nella veb·ina 2 sono esposti, anzitutto, due piccoli meccanismi dal movimento a cilindro e pettine, nudi, cioè senza scatol::~. per mostrarne la struttura. Sono i numeri:

462. - Più grande, dalle misure: base cm. 25,7 8,7; alt. cm. 5,5;

x

463. - Pitl piccolo, dalle misure: base cm. 7,2 5,8; cilindro cm. 9.6 x 0 4; a lt. cm. 2,4.

x

La Galleria armonica

n. 645. - È marcato « c OLUM13I A 2 » ed ha un programma di 8 pezzi , di cui trascriviamo i titoli, presi dal cartoncno attaccato nell' intemo del coperchio. « 8 airs 5 Yz Pouces/ 1213 ... in. co/ cOLUMB IA/ Marche 8 à LO rninutes » . (Sul coperchio si trova una decorazione con motivi floreali ora molto logorati) . « l. Inno di Garibaldi

2. Excelsior. Mazurka - Marenco 3. Santa Lucia. 4. Zigeneuerbaron . Polka, Strauss 5. La Traviata. Brindisi - Verdi 6. Cloches de Co rnevillc. Valse. Planquette 7. Funiculi. Funicula. Danzas 8. Il Bacio. Valse. Arditi l 107729. » Misure: cm. 4 7 X 22,5 X alt. cm. 15,5 (con coperchio chiuso).

2. Gavote, destre 3 . . . . . . . . ., 4. Gatita cb . . . . . . ; 5. Romance et l . . 6. Charante (?); 7. Roma felìx (?) » ;

}74

n. 464. - Portagioie, costruito come un piccolo organo, sulla cui facciata , in alto, si libra un angioletto in atto di suonare una tromba. Anche qui, come in altri pezzi già visti, il meccanismo (a cilindro e pettine) si mette in moto e suona allorché si aprono gli sportelli con le riproduzioni di canne d'organo. Le misure sono: alt. tot. cm. 28. largh. tot. cm. 22, pf. (con tastiera) cm. 15. Nel 2° ripiano, intermedio, sono esposte due cassette musicali (dette, in francese « boite à musique »,in inglese « music box » e i.n tedesco (( Spieldose ») sempre basate sul principio del cilindro e del pettine, fabbricate per lo più in Svizzera, nella seconda metà del sec. XIX. Eccone le descrizioni:

n. 466. - Altro strumento simile, ma più piccolo, sul cui coperchio è dipinta una scena rappresentante una donna seduta su una panchina con un bambino in braccio ed una bambina che si affaccia verso di lei da dietro la panchina; in lontananza una spiaggia con bambini. n repertorio, date le limtate dimensioni, è di soli 4 pezzi. Trascriviamo qui i l programma. (( 4. AIRS [disegno con un gruppo di strumenti] 4 pouces 14 lignes. l. Aida Celeste Aida. Romance. Verdi 2. Il trovatore. Il balen del suo sorriso. id . 3. Der Feldprediger. Mazurka Millocker 4. Boccaccio. Walzer. C01·adi. ETOUFFO!RS ASPIRA UX » .

E

ACIER

lLiraJ

n.

55444

SOIT


l titoli stampati sul cartoncino posto all'interno del coperchio sono fiancheggiati da due colonne a cui sono avvolte strisce con nomi di musicisti. 1Hiwre: cm. 31.5 X 15,5 X alt. 13.

el 3° ripiano, in basso, sono altre due cassette simili : quella col n. 467. la meglio conservata di tutte, è integra e suona molto bene. Ne riportiamo qui il programma: « FABRtQUE DE GE EVE ldisegno con strumenti l FABR IQLJE DE GENEVE / J2 A irs. l. Une folie à Rome . . . Valse de l'opera. 2. Un Ballo in Maschera . . . La rivedrai.

3. Crispino e la Comare . .. quanti bacci (sic) 4. Le Petit Faust . . . Air: Pour me braver; 5. La Sonnambula . . Ma perché non posso

6. La Reine T opaze . . . Chanson de l'abeille 7. Simple et Jolie . . . Scottish 8. Faust . . . Va lse de l"opéra 9. La P~richo l e . . . Air de la lettre l O. Diabolica . . . Polka l l. La Belle H élène Quadrillc 12. 11 Giovane Boemo . . . Galop l 12183- ». Anche qui il programma è fiancheggiato dalla raffigu razione di due colonne intorno alle quali si attorcigliano strisce recanti nomi eli musicisti. Sul coperchio vi è un intarsio con motivi geometrici. .\l i.111re: cm. 65 X 26 X alt. 17 ,5.

L'ultima cassetta musicale della vett•ina è il11. 468.di cu i segue qui la trascrizione della targa che è alrintcrno del coperchio: (( PAIUS

1878

MEDAILLES

PII l LA DEl P H lA

2125

n. 6981 2 125 E XPR ESS I F » . Anche qui il programma è inquadrato fra due colonne a cui sono avvolte stric;cc con nomi di musicisti. SPJRALDAMPFER

Mi.1·ur~:

cm. 62 X 24,5 X alt. 17,5 (compresi piedini e cornici).

Fuori delle vetrine si trova il n. 514. - , interessante strumento dalla voce piena c robusta: si tratta di un organetto a cilindro e a canne fjrmato da R osario Porto di Catania, compositore c appassionato costruttore di strumenti meccanici formati con vari elementi provenienti da diverse fabbri che. Le due etichette manoscritte neU'interno del coperchio riportano i programmi offerti dai due cilindri di cui uno solo (il n. l) è nello strumento (l'altro manca). « ROSAR IO

PORTO

E

f'IGLI

l

PA BB IU CANT l

D'ISTRU-

MENT! A MANTICE DI TUTTE LE QUALI'I À l

Catania,

Via Ammalati n. 50 l . Cilindro n. 1:

l. Aria nell'opera Trovatore. Zingari - Verdi 2. Aria nell'opera Norma - finale Bellini 3. Inno Garibaldi. 4. Mazurka. Serenate. 5. Mazurka Leonora 6. Valzer Le Rose - Strauss. 7. Valzer - Diane. 15. Polka - Ficlonius (?) 9. Polka - Calena (Elena ?) l O. (Quadriglia) o Tarantella;

18761 .

l Puttini musicanti. riproduzione delle due medaglie: 2 facce l'una! 12 Airs 1. l. Madame Favart. Valve. Offenbach 2. Les Noces d.Oiivette. The Farandole - Audran. 3. Pinafore . . . a maiden fair to sca - SuUivan 4. Thc Sorcerer. With hearth and with voice. Sullivan 5. Jack Robinson; 6. T he Gentleman Blokey 8. Home sweet home Sinclair. 9. Saint Patrik Day in the morning. 10. The Death of elson. Braham 11. The Paddis Wcdding. Dibdin. 12. Thc Loss o l goverie Brown.

Cifi11dro n. 2:

l. Aria nell'opera Trovatore - Finale - Verdi 2. Aria nell'opera un Ballo in maschera 3. Aria Siciliana Biddicchia 4. Mazurcka (sic) - Le Rondinelle - Porto 5. M azurka - Le Spine - Porto 6. Valser brillante - Porto 7. Polka Frisina - Porto. 8. Marcia D'Africa - Porto 9. Ula Ula Ula Porto l O. Da [strappataj di ere ? Lo strumento consiste in un mobile con canne di legno di bambù in facciata e le seguenti misure: l. cm. 83 x pf. 36 x alt. 68 (compresi i piedi). Funziona a manovella con moto continuo.

Sala XVlll : Strumenti meccanici

37J


La lettura dei programmi di tutti questi strumenti meccanici, la cui citazione potrebbe parere oziosa e noiosa, aiuta a comprendere le conoscenze e le preferenze di determinate fasce sociali per un tipo di musica più che per un aJtro. [ generi musicali di questo tipo di strumenti sono assai vari e comprendono anche quelli delle classi colte, testimoniati dai cilindri pertinenti ai due stupendi organi della Reggia di Caserta, oltre naturalmente, a quelli prediletti delle masse popolari (che oggi si chiamerebbero « classi subalterne • , con un termine del

J7D La Galleria armonica

tutto inesatto perché completamente squalificante vcr~o un ambiente dove regna la più fresca delle autonomie di gusto e di semplicità), una fascia sociale che sapeva c sa, insieme con i ritmi orecchiabili delle canzoni popolari e degli allegri ballabili, apprezzare le bellezze dci rari brani d'opera e la delicatezza di squ isi ti Licder d'oltr'Alpe. Queste ultime tre sale, quindi, sono come un tuffo in un recente passato, profumato di fresche ed olezzanti corolle di fiori musicali destinati a non appassire mai, nel ricordo e nell'ascolto delle venture generazioni.


4fJ9. Serinette anonima; sec. XIX (Vetrina 2)

471. Serinette di « Bourdot-Bopan. Mirecourt »; sec. XIX (Vetrina 2)

472. Serinette di « CII. Denis ... Mirecourt / Vosges »; sec. XVlll-XIX (Vetrina 2)

474. Serinette anonima; sec. XVIli-XlX (Vetrina 2)

Sala XVIII: Strumenti meccanici

377



514. Organt'tto a cilmd1o 1 a Clllll1l' di

Rosario l'olio e Figli ... Catania

'.:c X l\. !luon \'errina)

Sala XVIH: Strtll11<'1111 mtccamn

}7.9



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