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Capitolo 3 La cremazione in Italia
Capitolo 3
La cremazione in Italia
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Dopo aver affrontato l’analisi di scenario sulla cremazione europea, andiamo con questo capitolo, nello specifico del case study italiano. Ciò ci darà la possibilità di
inquadrare da vicino il framework del tema della cremazione in uno stato nazione e
quindi di scendere più nello specifico di dinamiche cittadine e della sua composizione
demografica di ceto, religione e sesso, non solo, ma di porci in una casistica particolare
in termini di conflitto sociale.
In particolare l’Italia vedrà il contrapporsi della forza progressista e laica della Massoneria da un lato e della Chiesa Cattolica Romana dall’altro, avremo poi modo di
attraversare la storicizzazione del Fascismo che pure acquisisce un valore militante per
i sostenitori anarchici, radicali, socialisti ed ebrei che vi si contrappongono.
Non manca in Italia il nostro fil rouge di correlazione tra vie di comunicazioni (città
portuali e snodi ferroviari) e cremazione così come quella densità sociale della vita
urbana che ne fa sviluppare la pratica.
Allo stato dell’arte, per quanto riguarda le ricerche accademiche sulla cremazione in Italia, si fa riferimento in particolare alla Fondazione Ariodante Fabbretti che dal 1992
ha riunito un’interessante corpus di opere sul tema soprattutto con ricerche storico-
etnografiche nelle città italiane: questa metodologia fa cogliere soprattutto gli iter
amministrativi e le interazioni tra cittadini e Municipi con uno studio sulla burocrazia
e i dibattiti locali.
L’indagine sul territorio nazionale viene affidata a Gerardo Padulo che riesce ad acquisire complessi documentari conservati presso l’Archivio centrale dello Stato e,
sul piano locale, la documentazione degli archivi comunali e della Società della
Cremazione di alcune situazioni rilevanti per il movimento cremazionista (Lodi,
Cremona, Mantova, Pavia). Daniela Di Girolamo gli si affianca per quanto riguarda la
Società di Cremazione in Liguria e Antonio Dieni per la ricerca relativa ai fondi
dell’Archivio del Comune di Torino. Negli anni successivi, per le indagini su scala locale entrano altri ricercatori: Monica Casini (Bologna, Modena, Reggio Emilia,
Parma), Rossella Ropa (Piacenza, Ferrara, Ravenna, Padova, Udine, Venezia, Verona),
Mirtide Gavelli (Forlì), Silvia Mascagni (Pisa, Livorno), Catia Sonetti (Livorno),
Maura Tesei (Roma), Franco Bozzi (Perugia e Spoleto), Gianluca Corradi (Firenze),
Daniele Pasquinucci (Siena), Pietro Graglia (Arezzo), Luciano Bruschi (Pistoia), Sara
Sinigaglia (Milano), Marco Novarino (Milano, Lugano, Torino), Walter Tucci (Torino,
Bra, Novara). Nell’Archivio Segreto Vaticano e in quello del Sant’Ufficio è stato impegnato Federico Musso. (De Luna in Conti F., Isastia A.M., Tarozzi F.,1998: VII)
In questa bibliografia risulta particolarmente studiato il fenomeno crematorio degli
albori, dalle sue origini al 1920, a questo elenco ci pare giusto aggiungere anche il
valido contributo i Marcella Filippa che con La Morte Contesa nel 2001 si è occupata
di cremazioni nell’Italia fascista. Poco c’è invece sul fenomeno dal secondo
dopoguerra in poi.
Come ci è già capitato di segnalare, la prima cremazione italiana è quella della salma
di Alberto Keller a Milano avvenuta nel 1876. Vari riferimenti della letteratura però
segnalano che la prima cremazione dei tempi moderni si fa risalire al 1822 e riguarda
la morte del poeta Percy Bysshe Shelley, poeta giovane e dalla vita travagliata, nonché
marito in seconde nozze di Mary Shelley, autrice di Frankenstein. Shelley, in esilio in
Italia dal 1818, abita a Lerici nelle Cinque Terre, parte a bordo di una feluca per
raggiungere la Toscana, ma a seguito di un naufragio, il suo corpo rinviene senza vita
a largo delle coste di Viareggio. Grazie all’interessamento del suo amico Lord George Byron, il corpo di Shelley viene arso su pire alla maniera degli incenerimenti funebri
dell’età classica e qui in particolar modo con un rito rievocativo delle scritture omeriche reso ancora più evocativo sullo scenario italico del Grand Tour. La struttura
ideata per l’incenerimento, che prevede anche una struttura in acciaio, viene ideata a Livorno da Edward Trelawny. Per la verità, il cadavere di Shelley non fu il primo
incenerimento, bensì quello del suo compagno di viaggio Edward Williams le cui
ceneri furono arse il giorno precedente. Eppure, la morte a 30 anni del poeta romantico