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Conclusioni
Ma una fonte più attendibile da prendere in considerazione è la SEFIT (Federazione
dei servizi funerari italiani) che ogni anno pubblica un rapporto sulla cremazione in
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Italia con interessanti dati censiti per regione. L’ultimo rapporto in nostro possesso è quello del 2012 pubblicato nella circolare 1/8/2013 p.n 3812/Ag Federutility Sefit che
segnala un’incidenza sull’aumento di impianti di cremazione e della presenza della
crisi economica. Secondo questo rapporto, nel 2012, le cremazioni sono cresciute del
15% rispetto all'anno precedente con un aumento di 13.300 unità.
In quest'anno il tasso di cremazione generale italiano sale al 16,62%. Di questo dato, il
25,7% riguarda cremazioni in Lombardia,13,7% in Piemonte e 12,3 % in Veneto.
Le regioni in forte crescita con questa pratica sono invece, la Sardegna con un + 63,9%,
l'Emilia Romagna a + 32,8%, e l'Umbria con + 31,7%.
In numero assoluto, le città con maggior numero di cremazioni sono: Roma (9.078),
Milano (8.238), Genova (5.895), Livorno (4.815), Mantova (3.950) e Torino (3.706).
La Lombardia, è la regione dove si crema di più con 26.191 cremazioni, seguite da
Piemonte (13.968) e Veneto (12.541).
La Lombardia è anche la regione più popolosa d’Italia, nonché quella con più crematori. Ovviamente, più è vicino il crematorio al proprio luogo di residenza, più
aumentano i feretri cremati.
Ancora, per il 2017 riusciamo a riportare il numero di crematori e di associazioni per
la cremazione (So.crem) esistenti.
Regione Piemonte Lombardia
Valle d’Aosta
Trentino Alto Adige Friuli Venezia Giulia Liguria Veneto Totale Nord Italia Numero crematori attivi So.crem in regione 11 3
13 1 9 0
1 1
3 3 7 39 1 2 4 19
Toscana Marche Emilia-Romagna Umbria 7 2 10 1 9 1 4 1
Lazio 2 1
Molise Abruzzo Totale Centro Italia Puglia Campania Calabria Basilicata Sicilia 0 0 22 1 3 1 0 2 1 0 17 0 0 1 1 4
Sardegna 4 1
Totale Italia Meridionale e Isole 11 7 Fonte: www.cremazione.it – Federazione Italiana per la Cremazione, dati 2017. La lunga tradizione e le battaglie per l’affermazione sua affermazione dimostrano che la storia conta. Siamo partiti dalle differenze funzionali delle città che hanno ereditato
la loro storia più o meno influenzata dal feudalesimo e dal cattolicesimo o dal
liberalismo approdando poi all’accettazione o lotta di Massoneria e Fascismo.
Ma in tutto ciò di fondo ci sarebbe da inquadrare il capitale sociale della civic-ness,
così come l’ha intesa Robert Putnam nella sua indagine La Tradizione Civica Nelle Regioni Italiane (1993), dove le regioni con più presenza liberale sono più inclini a
organizzazioni di mutuo aiuto e più vaccinate al comune agire come succede in
Lombardia e la Toscana, mentre il Sud più atavico è incastrato in un familiarismo
amorale che, anche in presenza di organizzazioni collettive, tende a sopprimerne gli
intenti. Si tratta, è vero di una generalizzazione ma che sicuramente andrebbe meglio
indagata.
Si segnala altresì che la SEFIT, tra i punti ancora da sviluppare mette in luce che, oltre
alla lontananza dai crematori (che dovrebbe avere una distanza massima di 30 km),
evidenzia un problema dovuto alla frammentazione temporale della cerimonia funebre,
dovuta alla serialità degli interventi (partenza da un anonimo servizio mortuario
ospedaliero, funzione religiosa in Chiesa,
ritualità nell’addio al crematorio, attesa delle ceneri, consegna delle ceneri e affido,
dispersione o sepoltura) e ad una carenza strutturale dei cimiteri con sistemi di
memoralizzazione propri della sepoltura di urne cinerarie. A questi problemi di ordine
pratico si aggiunge una cornice legislativa affidata alle strutture periferiche, non
uniformi sul territorio ma frutto di norme sempre più originate da regolamenti regionali
e comunali che creano disparità territoriali accentuandone le caratteristiche di partenza.
(Fogli, D, 2007).
Conclusioni
All’interno del nostro percorso di ricerca ci siamo addentrati attraverso un percorso
variegato e multidirezionale che porta a in molteplici direzioni. Quello che lasciamo è
una sorta di scena aperta per spianare la strada a future ricerche ed approfondimenti.
Cosa genera la crescita del fenomeno della cremazione? In alcuni casi si tratta di una
modernizzazione della religione (protestanti, evangelici, valdesi), in altri di
laicizzazione come per gli ebrei che nella lotta all’antisemitismo finiscono per generare un sostituto funzionale della religione e una nuova coesione e in altri ancora di conflitto
sociale nei confronti dei Cattolici o del Fascismo. Non sono compartimenti stagni, si
mescolano, si influenzano, si sovrappongono. Ciò avviene a volte in maniera vorticosa,
si tratta di presenze transitorie, che i dati quantistici non sempre riescono a incasellare
alla perfezione perché la mobilità sul territorio sia locale che transnazionale muove
numeri che altrimenti risulterebbero più o meno alti di ciò che sono e il numero di
cremati non corrisponde sempre con certezza a defunti in quell’anno. In ciò si aggiunge
l’impronta storico-ecologica delle città portuali e dell’apertura commerciale che genera andamenti liberali che fanno propria una certa cultura di welfare. Certo la strada di
questo tema per essere studiata è ancora lunga. L’eredità che lasciamo alle future ricerche è l’appendice del nostro Database sulle cremazioni che può fungere da traccia per gli stati nazione (anche se abbiamo visto quanto incide lo story telling di ogni
singola città).
Tra le piste da seguire lanciamo qualche altro seme.