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3.7 Verso gli scenari contemporanei
tempi passati . Sulla dispersione delle ceneri, i vescovi francesi e statunitensi si sono
espressi negativamente già dal 1997 nei documenti Points de rèpere en pastorale des
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funérailles e Reflection on the body, Cremation and Catholich Funeral Rites 2
Per quanto riguarda gli altri culti, l’Ebraismo si muove su una geometria variabile. Quello ortodosso rifiuterà tale pratica, si pensi ad esempio al racconto talmudico del
luz, un osso sacro di ogni salma da cui ogni corpo resusciterà. La posizione degli ebrei
italiani è sincretica, alcune comunità israelitiche (più vicine alla posizione del
Rabbinato romano) sono ortodosse, ma altri, come i sefarditi laici di città come Livorno
ci abituano ad una versione ebraica più riformata e quindi vicina alla way of life degli
ebrei americani. Una svolta di modernizzazione molto forte se si pensa che alla voce
Cremazione dell’Enciclopedia Judaica richiamandosi all’Antico Testamento (Deuteronomio 21, 23, Genesi 3, 19, Levitico 20,14, e 21, 9), nei quali viene ribadito
che la pratica della cremazione era una sorta di umiliazione inflitta ai criminali.
Per dirla con Emmanuel Levìnas, l’eclissi del magico, la de-folklorizzazione della
religione e dei suoi simboli bigotti è un’elevatura alla purezza, una desacralizzazione che non vuol dire disincanto, ma ritorno dal sacro al santo nell’Ebraismo post cristiano:
Mi sono sempre domandato se la santità, cioè la separazione e la purezza,
l’essenza senza commistione che si può chiamare Spirito e che anima il Giudaismo – o a cui il Giudaismo aspira – può dimorare in un mondo che non sia
desacralizzato. Mi sono domandato – ed è questo il vero problema – se il mondo
2repubblica.it/vaticano/2016/10/21/news/vaticano_cremazione-150273438/
è abbastanza desacralizzato per accogliere una simile purezza. Il sacro è infatti
la penombra in cui fiorisce quella magia che al Giudaismo fa orrore. (Levinas:
1985, 86).
Per quanto riguarda l’universo protestante, il tema della cremazione non determina
particolari controversie di carattere teologico in particolare per i pastori evangelici.
Motivo per cui nei paesi a maggioranza protestante in cui la Massoneria è diffusa, non
troviamo particolari speculazioni in chiave conflittuale su cui indagare.
Sullo scenario italiano, si noti il netto appoggio delle comunità evangeliche verso la
cremazione già a partire dal 1898. Contraria a esso rimaneva la chiesa ortodossa, senza
però giungere a drastiche censure.
Sul rifiuto della Chiesa Cattolica all’ufficializzazione dei riti, si noti qualche presenza di pastori protestanti viene segnalata nel corso dei funerali “sovversivi”. Sarà anche occasione di proselitismo, infatti, negli anni Cinquanta, quando vige ancora il divieto
di officiare funerali cattolici nei confronti dei comunisti, in alcune comunità abruzzesi,
intorno alla cittadina di Vasto, giovani pastori valdesi accettarono di seguire il feretro
e di effettuare il rito religioso. Proprio allora molti militanti comunisti, insieme alle
loro famiglie, aderiscono alla chiesa valdese, creando nelle comunità di appartenenza
un’ulteriore divisione fra comunisti e non, così come fra cattolici e valdesi, che si
esplicitava anche nell’occupazione degli spazi del paese… (Filippa, 2001:77-84).
3.7 Verso gli scenari contemporanei
La letteratura accademica ha dedicato ancora poco spazio al mondo della cremazione,
forse perché la sua spinta anarchica, la sua narrazione in direzione opposta e contraria
non è più militante anche a fronte della fine delle grandi narrazioni. Ma setacciando le
fondi possiamo trovare qualche direttiva.
Le cremazioni eseguite ogni anno in Italia sono state in media 5-6.000 negli anni ’50, 7-8.000 negli anni Sessanta, e superano le mille unità nel 1970 oltrepassando la quota
di 3.000 nel 1986. In quest’anno le città dove si ebbe il maggior numero di cremazioni furono nell’ordine Milano, Torino, Genova (le più industrializzate del Paese), seguite da Livorno, Bologna, Savona e Firenze. A Roma in quest’anno sono eseguite solo 82 cremazioni. Nel 1987, la cremazione è equiparata all’inumazione ed è diventata un servizio pubblico gratuito a carico dei Comuni. Ciò ha dato un forte impulso al
movimento cremazionista, ma quasi solo nell’Italia centro-settentrionale (infatti nel
1998 le uniche società attive nel Sud erano quelle di Matera, Catania, Torre del Greco
e Cagliari, unica fra queste città dove esiste anche un’area crematoria). L’incidenza delle cremazioni eseguita in Italia rispetto al totale dei deceduti è passata dallo 0,7%
del 1988 al 7,4 % del 2003, quando ormai nelle grandi città del nord un cittadino su tre
sceglie questo tipo di sistema di sepoltura. (Sonetti, 2007:16)
Ma cosa resta della tradizione eversiva del movimento? C’è ancora un’eredità o è ormai il semplice frutto di una scelta personale? È utile in questo senso sondare i dati che nel
1994 la So.crem di Torino raccoglie attraverso la somministrazione di un questionario.
Certo c’è uno stretto rapporto fra tale scelta personale e un network parentale intragenerazionale. Sono quasi scomparse però le ideologie politiche in senso stretto e
la valenza eversiva perde d’intensità come l’anticlericalismo.
A livello soggettivo, troviamo esponenti di diverse correnti politiche, di essi solo il
25% si dichiara ateo, mentre gli altri si professano credenti di essi quasi tutti sono
cattolici.
Un’azione della contemporaneità nei confronti dello sviluppo di tale rito sarà la battaglia per rendere possibile la dispersione delle ceneri. Il presidente torinese Bruno
Segre dal 1958 al 1998 è stato un antifascista partigiano a fianco della I Divisione di
Giustizia e Libertà e militante nel Partito d’azione e poi socialista è stato impegnato per anni nella battaglia per l’autorizzazione in Italia della dispersione delle ceneri e in
particolare a favore dell’abolizione dell’articolo 411 del Codice penale che vietava tale
atto come vilipendio di cadavere. L’autorizzazione alla dispersione sarà legge il 7 marzo 2001.
Tornando all’indagine del 1994 la maggior parte degli intervistati si dichiara favorevole sia alla dispersione delle ceneri che alla donazione degli organi con una
lieve preferenza per la seconda mentre la prima appare più appannaggio di un retaggio
culturale più per così dire bohemien.
Temi come l’igiene e lo spazio per i vivi scompaiono dalle tematiche come pure la
paura della morte apparente, resta invece forte l’orrore per la decomposizione del
cadavere e si ha un nuovo sguardo verso la tutela ambientale che fa percepire la
cremazione con un impatto più ridotto sull’inquinamento.
La maggior parte delle persone iscritte alla So.crem di Torino nel 1994 che partecipa a
questa indagine ha più di sessant’anni, pochi i quarantenni e solo tre individui tra i diciannove e i venti quattro anni. Ciò a conferma della scarsa cultura previdenziale
sulla morte e del disinteressamento dei giovani. Si tratta di un’interruzione nella trasmissione tra generazioni? Di un disinteressamento dei temi legati alla morte? O di
una strategia comunicativa che andrebbe ampliata a target più ampli non facendo del
tema della cremazione una sensibilizzazione all’argomento a cui avvicinarsi solo negli ultimi anni di vita? Ciò anche nella strategia di sostenibilità delle So.crem stesse per
avere al suo interno capitale umano più duraturo in termini di battaglie, divulgazione e
proselitismo.
Per far seguito a questi dati, il ricercatore non troverà al momento altre fonti
accademiche, segnaliamo però che al di là del monitoraggio della stampa che riporta
ora dibattiti in consiglio comunale, sconti politici sul tema, fenomeni nimby al sud in
nome di un presunto inquinamento dei fumi dei forni crematori e routinarie
inaugurazioni di nuovi forni al nord Italia, oltre che a segnalazione di nuove trovate
commerciali per la cremazione. Il più delle volte si tratta di fonti poco interessanti su
un valore quantistico, con qualche spunto sulle obiezioni di questa o quella fazione
politica.