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Internet e il diritto a conoscere nei confronti delle pubbliche amministrazioni

Fernanda Faini

1. L’evoluzione del diritto a conoscere nell’ordinamento giuridico

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La trasparenza costituisce lo strumento fondamentale per garantire l’apertura del patrimonio informativo pubblico, al ine di consentire un controllo permanente dell’operato delle amministrazioni e permettere la partecipazione dei cittadini, promuovendo allo stesso tempo l’accountability degli amministratori pubblici.

Il principio di trasparenza ha conosciuto un crescente interesse da parte della normativa italiana, particolarmente accentuato negli ultimi anni.

La trasparenza, che già nella legge 7 agosto 1990, n. 241, come modiicata nel 2005, costituisce principio dell’attività amministrativa1 , si conigura come garanzia di accesso per coloro che ne hanno diritto2, ma nell’evoluzione normativa si pone, altresì, come accessibilità che prescinde dalla sfera giuridica di determinati soggetti ed è tesa ad assicurare una conoscenza diffusa e generale delle informazioni.

L’avvento e la diffusione delle tecnologie informatiche si pongono come signiicativi alleati del principio di trasparenza: Internet è capace di rendere l’informazione disponibile a un numero indeinito di soggetti e consultabile in ogni momento da luoghi isici diversi, permettendo così una diffusione inedita e pervasiva. Di conseguenza, la trasparenza caratterizza fortemente il codice dell’amministrazione digitale, il d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82; è stata poi fortiicata da successivi interventi normativi, che hanno aumentato le informazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria, come la legge 18 giugno 2009, n. 69, ai sensi della quale gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti web da parte delle amministrazioni3 .

1 Art. 1, co. 1, legge 241/1990, come modiicato dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, che pone il principio accanto ai criteri di economicità, eficacia, imparzialità (inserito dalla legge 18 giugno 2009, n. 69) e pubblicità.

2 Il Capo V della legge 241/1990 è dedicato al diritto di accesso ai documenti amministrativi.

La c.d. Riforma Brunetta (di cui alla legge delega 4 marzo 2009, n. 15 e al relativo d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150) segna un passaggio signiicativo, dal momento che, con particolare riferimento all’organizzazione e alla gestione del personale pubblico, statuisce il concetto di total disclosure, accessibilità totale coniugata alla inalità di forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità4. Nel corso degli anni, sono state emanate al riguardo norme, direttive e linee guida; anche la profonda modiica al d.lgs. 82/2005, recata dal d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, ha inciso sugli strumenti con cui si garantisce la trasparenza, ampliandoli e cercando di conferire loro maggiore effettività5 .

L’evoluzione normativa conduce al cosiddetto decreto trasparenza, il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 che, in attuazione della cosiddetta legge anticorruzione (legge 6 novembre 2012, n. 90), ha compiuto un corposo riordino degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni previsti da disposizioni che si erano succedute e sovrap- poste nel corso degli anni; il decreto trasparenza è stato oggetto di una profonda recente riforma, recata dal d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97, in attuazione della legge 7 agosto 2015, n. 124, cosiddetta Riforma Madia.

3 Art. 32, legge 69/2009.

4 Art. 4, co. 7, legge 15/2009 e art. 11, co. 1, d.lgs. 150/2009 (quest’ultimo è stato abrogato dal d.lgs. 33/2013). Cfr. M. Savino, Il Foia italiano. La ine della trasparenza di Bertoldo, in Giornale di diritto amministrativo, 2016, 5, 593 ss. che sull’“accessibilità totale” sottolinea che «tale non poteva essere, giacché le informazioni pubbliche (accessibili online) erano soltanto quelle corrispondenti alle ipotesi di pubblicazione doverosa».

5 In merito sia consentito il rinvio a F. Faini, Dati, siti e servizi in rete delle pubbliche amministrazioni: l’evoluzione nel segno della trasparenza del decreto legislativo n. 235 del 2010, in D. Tiscornia (a cura di), Open data e riuso dei dati pubblici, in Informatica e diritto, 2011, 1-2, 263 ss.

2. Trasparenza proattiva: la pubblicazione

Le disposizioni che caratterizzano i provvedimenti normativi nel corso degli anni sono risultate prive di forti meccanismi di enforcement, spesso frammentarie, ridondanti e caratterizzate da un alto tasso di inosservanza: il d.lgs. 33/2013 ha tentato di ovviare a tali problematiche6 .

A tal ine, il d.lgs. 33/2013 ha riordinato gli obblighi di pubblicazione, suddividendoli in macro-ambiti concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, l’uso delle risorse pubbliche, le prestazioni offerte e i servizi erogati e, inine, i “settori speciali”7: il web diventa la strada maestra per la trasparenza, che viene garantita dalla pubblicazione di documenti, informazioni e dati concernenti l’organizzazione e l’attività delle amministrazioni nei siti istituzionali8; si parla al riguardo di trasparenza proattiva.

Il d.lgs. 33/2013 disciplina una speciica sezione nella home page del sito web istituzionale, denominata “Amministrazione Trasparente”, in cui devono conluire i dati, le informazioni e i documenti oggetto di pubblicazione ai sensi della normativa vigente, dettagliandone organizzazione e struttura, in modo da conferire volto omogeneo alla trasparenza delle amministrazioni9: i siti istituzio-

6 Cfr. M. Savino, La nuova disciplina della trasparenza amministrativa, in Giornale di diritto amministrativo, 2013, 8-9, 795 ss.

7 Tra i settori speciali rientrano i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, le attività di pianiicazione e governo del territorio, le informazioni ambientali, il servizio sanitario nazionale, ecc. Seppur il decreto Trasparenza compia un corposo riordino, alcuni obblighi di pubblicazione non sono compresi nel d.lgs. 33/2013, ma sono previsti da norme vigenti, precedenti e successive: per esempio gli obblighi di pubblicazione previsti in materia di class action dagli art. 1, co. 2, e art. 4, co. 2 e 6, d.lgs. 20 dicembre 2009, n. 198.

8 Art. 2, co. 2, d.lgs. 33/2013.

9 Art. 2, co. 2 e art. 9, co. 1, d.lgs. 33/2013. L’allegato A dettaglia struttura e organizzazione dei contenuti della sezione “Amministrazione Trasparente”.

Nodi virtuali, legami informali: Internet alla ricerca di regole nali, ai sensi dell’art. 54 del d.lgs. 82/2005, devono contenere i dati di cui al d.lgs. 33/2013.

Il principio di trasparenza viene fornito di un solido fondamento costituzionale quale canone interpretativo e di orientamento, dotato di chiara forza espansiva: acquisisce esplicita e diretta derivazione costituzionale e viene posto in posizione servente, quale sorta di meta-principio, rispetto a una serie di principi costituzionali10 .

Al ine di garantire effettività a quanto disposto, il d.lgs. 33/2013 prevede signiicativi meccanismi di enforcement, quali strumenti di vigilanza sull’attuazione delle disposizioni e sanzioni relative al mancato rispetto delle norme11. In particolare, al ine di permettere un controllo democratico, agli obblighi di pubblicazione viene collegato un istituto, l’accesso civico, ossia il diritto di chiunque di richiedere documenti, informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione, senza necessità di motivazione e gratuitamente (art. 5, d.lgs. 33/2013, nella formulazione prima della riforma del d.lgs. 97/2016)12 .

Di conseguenza, il d.lgs. 33/2013, prima della riforma del d.lgs. 97/2016, non prevedeva un vero e proprio diritto all’informazione nei confronti delle istituzioni, dal momento che la normativa si afidava esclusivamente ad un meccanismo di pubblicità obbligatoria di speciici documenti, dati e informazioni, garantiti dalla possibilità di azionare il diritto di accesso civico, che aveva come presupposto l’inadempimento degli obblighi di pubblicazione; per tutto ciò che non è oggetto di pubblicazione obbligatoria, la trasparenza è facoltativa, a seguito della scelta discrezionale dell’amministrazione, e la disciplina di riferimento resta quella del diritto di accesso della legge 241/1990, che prevede la necessità di una legittimazione soggettiva e di una motivazione: si conigura un “diritto a conoscere” condizionato13 .

10 Art. 1, co. 2 e 3, d.lgs. 33/2013 e art. 1, co. 36, legge 190/2012. In tal senso E. Carloni, I principi del codice della trasparenza (artt. 1, commi 1 e 2, 2, 6), in B. Ponti (a cura di), La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, Rimini, Maggioli, 2013, 38 ss.

11 In particolare Capo VI (art. 43 ss.). La vigilanza sull’attuazione delle disposizioni viene afidata a una serie di soggetti interni ed esterni all’amministrazione, quali il Responsabile per la trasparenza, gli Organismi Indipendenti di Valutazione (OIV) e l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). L’inadempimento delle disposizioni costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, è eventuale causa di responsabilità per danno all’immagine dell’amministrazione e comporta comunque una valutazione ai ini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale (art. 46); sono previste inoltre sanzioni per casi speciici.

12 M. Savino, Il Foia italiano. La ine della trasparenza di Bertoldo, cit., 593 ss. rileva come lo strumento dell’accesso civico nella prassi sia rimasto pressoché lettera morta.

In considerazione di questi limiti e alla luce del contesto internazionale che tutela il right to know nei cosiddetti Freedom of Information Act in molti Paesi, anche a seguito delle sollecitazioni della società civile14, è stato approvato il decreto legislativo 97/2016 che, in virtù della delega di cui all’art. 7 della legge 124/2015, ha modiicato il d.lgs. 33/2013, al ine di garantire un autentico “diritto a conoscere” della collettività nei confronti delle istituzioni.

La trasparenza, a seguito della riforma, viene intesa come «accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche»15 .

Per raggiungere tali obiettivi, il d.lgs. 97/2016 ha apportato profonde modiiche al d.lgs. 33/2013; fra queste vengono razionalizzati e resi più sostenibili gli obblighi di pubblicazione16 e si ampliano responsabilità e sanzioni17 .

Le novità più signiicative riguardano il diritto di accesso civico.

13 In tal senso E. Carloni, cit., 29 ss.

14 In particolare l’iniziativa Foia4italy, che ha coinvolto più di 30 associazioni (www.foia4italy.it).

15 Art. 1, co. 1, d.lgs. 33/2013.

16 La sempliicazione degli obblighi di pubblicazione si pone come conseguenza del riconoscimento del right to know come diritto fondamentale, come sarà esaminato nel paragrafo successivo. Per un’analisi dei meccanismi di razionalizzazione degli obblighi di pubblicazione, cfr. M. Savino, Il Foia italiano. La ine della trasparenza di Bertoldo, cit., 593 ss.

17 Questi obiettivi del d.lgs. 97/2016 sono precisati dalla stessa relazione illustrativa al provvedimento. Per un commento sistematico del d.lgs. 33/2013, a seguito della riforma del d.lgs. 97/2016, cfr. B. Ponti (a cura di), Nuova trasparenza amministrativa e libertà di accesso alle informazioni, Rimini, Maggioli, 2016.

3. Trasparenza reattiva: le diverse forme di accesso

Accanto alla “trasparenza proattiva” (proactive disclosure), che si realizza con la pubblicazione di documenti, informazioni e dati, viene deinita come “trasparenza reattiva” (reactive disclosure) quella che si ottiene in risposta alle istanze di conoscenza avanzate dagli interessati18. Sotto questo proilo il d.lgs. 97/2016 ha portato signiicative novità: il diritto di accesso civico disegnato dal d.lgs. 33/2013 viene profondamente modiicato e viene ampliato il “diritto a conoscere” della collettività nei confronti delle istituzioni; per questo motivo è stato denominato come il Freedom of Information Act (FOIA) italiano.

Il d.lgs. 97/2016 non impatta sulla legge 241/1990 e sul diritto di accesso ivi previsto, che pertanto rimane strumento vigente19, ma incide sul diritto di accesso civico disciplinato nel d.lgs. 33/2013. Di conseguenza, nell’ordinamento giuridico italiano vigente convivono diverse forme di accesso, quali strumenti di “trasparenza reattiva”: l’accesso ai sensi della legge 241/1990, che non viene superato, e l’accesso civico “generalizzato” ai sensi del d.lgs. 33/2013, che viene introdotto dal d.lgs. 97/2016 e si afianca adesso all’accesso civico “semplice”, ossia quello già previsto come risposta all’inadempimento degli obblighi di pubblicazione.

Le modiiche si sono rese necessarie per tutelare pienamente il right to know.

Il diritto di accesso della legge 241/1990, infatti, prevede un diritto a conoscere, che si può dire condizionato, dal momento che sono necessari alcuni requisiti per poterlo esercitare: la legittimazione soggettiva, che spetta a tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso (art. 22) e la motivazione, in quanto l’istanza deve essere motivata (art. 25). La distanza dalla freedom of information si coglie anche nel li- mite al controllo generalizzato: «non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni» (art. 24, co. 3, legge 241/1990). Il diritto di accesso, ai sensi della legge 241/1990, si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi: la richiesta di accesso deve essere rivolta all’amministrazione che ha formato il documento e che lo detiene stabilmente, che ha un termine di 30 giorni per rispondere, altrimenti la richiesta si intende respinta; vige di conseguenza il cosiddetto silenzio diniego. Sono previste ampie esclusioni e limitazioni nell’art. 24, relative alla difesa di interessi pubblici e privati, quali il segreto di Stato, il segreto statistico, il segreto industriale e la protezione dei dati personali20 .

18 In tal senso il Consiglio di Stato nel parere sullo schema di quello che sarebbe diventato il d.lgs. 97/2016, reso nell’adunanza di sezione 18/02/2016 (n. 00515/2016 del 24/02/2016).

19 L’art. 6, co. 11, d.lgs. 97/2016, esplicitamente afferma che restano ferme le diverse forme di accesso degli interessati previste dal capo V della legge 241/1990.

Si atteggia in modo diverso il diritto di accesso civico “generalizzato”, che si somma all’accesso civico “semplice”, già previsto prima della riforma.

Il principio, posto dalla legge delega, è il riconoscimento della libertà di informazione21: tale libertà è «garantita, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti, tramite l’accesso civico e tramite la pubblicazione di documenti, informazioni e dati concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni»22 .

Il diritto di accesso civico “generalizzato” permette a chiunque senza motivazione di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalla pubblica amministrazione, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria: oltre al diritto di chiunque di richiedere documenti, informazioni o dati di cui sia stata omessa la pubblicazione obbligatoria (accesso civico “semplice”), la riforma ha previsto il diritto di accesso civico su documenti e dati diversi e ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria (accesso civico “generalizzato”)23. Lo strumento è, infatti, teso a «favorire forme

20 In caso di diniego, espresso o tacito, o di differimento il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale o richiesta di riesame al difensore civico competente o alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi.

21 Art. 7, co. 1, lett. h), legge 124/2015.

22 Art. 2, co. 1, d.lgs. 33/2013.

23 Art. 5, co. 1 e 2, d.lgs. 33/2013. M. Savino, Il Foia italiano. La ine della trasparenza di Bertoldo, cit., 593 ss.: «Di questo nuovo diritto si detta una disciplina es- diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche» e nel «promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, comma 2, d.lgs. 33/2013).

L’esercizio del diritto di accesso civico cosiddetto “generalizzato”, a differenza del diritto di accesso della legge 241/1990, non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente, non richiede motivazione e non prevede il limite del controllo generalizzato24. L’istanza di accesso identiica i dati, le informazioni o i documenti richiesti, può essere trasmessa in via telematica e presentata alternativamente a una pluralità di ufici dell’amministrazione, previsti dalla norma25 .

A seguito di istanza, il procedimento di accesso civico deve concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di 30 giorni (non è ammesso il silenzio diniego) e il riiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso devono essere motivati con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti26: grava, di conseguenza, sull’amministrazione dover provare l’esistenza di motivazioni che impediscono di soddisfare l’istanza27. La normativa dispone, infatti, il diniego dell’istanza se necessario per evitare un “pregiudizio concreto” alla tutela degli interessi pubblici e privati protetti dall’ordinamento e previsti dall’art. 5-bis: le eccezioni disposte sono state interpretate come numerose, particolarmente ampie e talvolta eccessivamente indeterminate28. Al riguardo, è prevista l’approvazione di linee guida recanti senziale, che lascia in vita le altre forme di accesso procedimentale (1990) e civico (2013) destinate, tuttavia, col tempo, a divenire superlue».

24 Art. 5, co. 3, d.lgs. 33/2013.

25 Il rilascio di dati o documenti in formato elettronico o cartaceo è gratuito, salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall’amministrazione per la riproduzione su supporti materiali. Art. 5, co. 3 e 4, d.lgs. 33/2013.

26 Art. 5, co. 6, d.lgs. 33/2013.

27 Sono previsti il ricorso al tribunale amministrativo regionale, la possibilità di richiesta di riesame al responsabile della prevenzione e della trasparenza dell’amministrazione e, qualora si tratti di atti delle amministrazioni delle regioni o degli enti locali, il rimedio stragiudiziale del ricorso al difensore civico (art. 5, co. 7 e 8, d.lgs. 33/2013).

28 Cfr., inter alia, E. Carloni, Se questo è un FOIA. Il diritto a conoscere tra modelli e tradimenti, in Rassegna Astrid, 2016, 4, e B. Ponti (a cura di), Nuova trasparenza amministrativa e libertà di accesso alle informazioni, cit., ma contra M. Savino, Il Foia italiano. La ine della trasparenza di Bertoldo, cit., 593 ss.: «il numero e la indicazioni operative, adottate dall’ANAC, d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza Uniicata, ai ini della deinizione delle esclusioni e dei limiti dell’accesso civico (approvate con determinazione n. 1309 del 28/12/2016)29 .

L’ordinamento giuridico vigente conosce, pertanto, una “trasparenza reattiva” che si articola in diverse forme di accesso, fra le quali, a seguito del d.lgs. 97/2016, il diritto di accesso civico “generalizzato”: grazie a questo strumento l’ordinamento italiano si allinea oggi agli altri Paesi del contesto internazionale, prevedendo una disciplina della freedom of information30 .

4. Trasparenza attiva: gli open data

La trasparenza si declina in proattiva e reattiva, ma nell’evoluzione normativa italiana si collega, altresì, in modo signiicativo con l’apertura, grazie alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie: si conigura una trasparenza che si può deinire “attiva”, realizzata con gli open data31. Il paradigma che emerge è quello di restituire i dati alla collettività, per mezzo degli open data, e lasciare che l’intelligenza formulazione degli interessi-limite indicati dal legislatore delegato sono in linea con lo standard prevalente. I dieci interessi pubblici e privati indicati dall’art. collettiva ne faccia uso, potendoli trasformare in leve di nuove e inedite potenzialità economiche e sociali32 .

5-bis corrispondono all’elencazione che compare nella maggior parte dei FOIA europei, rispetto ai quali, anzi, il nostro legislatore è stato più parco. Occorre, poi, considerare che gli interessi indicati coincidono con differenze marginali con quelli del FOIA dell’Unione europea».

29 Art. 5-bis, d.lgs. 33/2013. Le amministrazioni pubbliche e gli altri soggetti previsti devono adeguarsi alle modiiche introdotte e assicurare l’effettivo esercizio del nuovo diritto di accesso civico, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore, avvenuta il 23 giugno 2016 (art. 42, co. 1, d.lgs. 97/2016).

30 Il Consiglio di Stato, nel parere sullo schema di d.lgs. cit., parla esplicitamente di una «trasparenza di tipo “reattivo”, cioè in risposta alle istanze di conoscenza avanzate dagli interessati. Il passaggio dal bisogno di conoscere al diritto di conoscere (from need to right to know, nella deinizione inglese F.O.I.A) rappresenta per l’ordinamento nazionale una sorta di rivoluzione copernicana, potendosi davvero evocare la nota immagine, cara a Filippo Turati, della Pubblica Amministrazione trasparente come una “casa di vetro”».

31 Sugli open data, inter alia, D. Tiscornia (a cura di), Open data e riuso dei dati pubblici, in Informatica e diritto, 2011, 1-2.

L’ordinamento fornisce una deinizione normativa degli open data. I dati aperti o open data sono deiniti nelle dimensioni giuridica, tecnologica ed economica dall’art. 68, co. 3, lett. b), del d.lgs. 82/2005, come modiicato dal cosiddetto decreto Crescita 2.0 (d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 convertito con modiicazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221) e, di recente, dal d.lgs. 18 maggio 2015, n. 102 e dal d.lgs. 26 agosto 2016, n. 17933. I dati di tipo aperto sono i dati che presentano le seguenti caratteristiche:

1) «sono disponibili secondo i termini di una licenza che ne permetta l’utilizzo da parte di chiunque, anche per inalità commerciali, in formato disaggregato» (dimensione giuridica)34;

2) «sono accessibili attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ivi comprese le reti telematiche pubbliche e private, in formati aperti […], sono adatti all’utilizzo automatico da parte di programmi per elaboratori e sono provvisti dei relativi metadati» (dimensione tecnologica)35;

32 Sul collegamento tra trasparenza e apertura cfr., inter alia, B. Coccagna, G. Ziccardi, Open data, trasparenza elettronica e codice aperto, in M. Durante, U. Pagallo (a cura di), Manuale di informatica giuridica e diritto delle nuove tecnologie, Torino, UTET, 2012, 395 ss. e G. Mancosu, Trasparenza amministrativa e open data: un binomio in fase di rodaggio, in federalismi.it, 2012, 17. Gli open data possono essere prodotti da soggetti privati o pubblici; la presente analisi tratterà questi ultimi, deinibili quali open government data, per i quali, però, per semplicità, sarà utilizzato il generico termine open data.

33 Secondo la Open Knowledge Foundation un contenuto o un dato si deinisce aperto se chiunque è in grado di utilizzarlo, riutilizzarlo e ridistribuirlo, con la limitazione, al massimo, della richiesta di attribuzione e condivisione allo stesso modo (http://okfn.org e http://opendeinition.org).

34 I dati hanno un titolare (art. 1, co. 1, lett. cc), d.lgs. 82/2005) e, di conseguenza, l’uso legittimo del dato avviene per mezzo di apposita licenza. Le licenze aperte, usate per gli open data, si distinguono dalle licenze di tipo chiuso in relazione ai diversi diritti concessi a chi fruisce dell’insieme di dati protetti dal diritto d’autore, ai sensi della legge 22 aprile 1941, n. 633: più che stabilire quali sono i limiti di utilizzabilità, tendono a garantire una serie di diritti; si parla di copyleft (in contrapposizione al copyright). Sono licenze aperte le Creative Commons (CC) (www. creativecommons.it) e le Italian Open Data Licences (IODL) (www.dati.gov.it/iodl/2.0).

35 L’art. 68, co. 3, lett. a), d.lgs. 82/2005 deinisce un «formato dei dati di tipo aperto» come «un formato di dati reso pubblico, documentato esaustivamente e neutro rispetto agli strumenti tecnologici necessari per la fruizione dei dati stessi». Sul grado di “apertura” è comunemente richiamata la classiicazione “5 stars” di Tim Berners-Lee (http://5stardata.info).

3) «sono resi disponibili gratuitamente […] oppure sono resi disponibili ai costi marginali sostenuti per la loro riproduzione e divulgazione, salvo i casi previsti dall’articolo 7 del decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36, e secondo le tariffe determinate con le modalità di cui al medesimo articolo» (dimensione economica).

Gli open data permettono di raggiungere molteplici inalità. Sono strumento di trasparenza e di controllo democratico, contribuiscono a garantire maggiore eficienza pubblica e costituiscono eficace mezzo di prevenzione e lotta alla corruzione; questo permette di rafforzare la iducia nelle istituzioni, garantendo allo stesso tempo maggiore partecipazione. I dati aperti contribuiscono, poi, al miglioramento della qualità di vita dei cittadini che possono utilizzarli e condividerli e, allo stesso tempo, concorrono al miglioramento delle politiche pubbliche, costituendo un valido supporto alle decisioni. Last but not least, gli open data permettono di dare sostegno allo sviluppo economico: i dati aperti possono essere utilizzati per creare nuovi prodotti, app e servizi che impattano sulla pubblica amministrazione, sulla collettività e sullo sviluppo economico36 .

Negli ultimi anni la normativa italiana ha promosso esplicitamente gli open data e l’apertura del patrimonio informativo pubblico, sotto lo stimolo del panorama internazionale ed europeo.

Già il d.lgs. 24 gennaio 2006, n. 36, in attuazione della direttiva 2003/98/CE (modiicata dalla direttiva 2013/37/UE), trattava il riutilizzo dei documenti nel settore pubblico, ma non imponeva l’obbligo di consentirne il riutilizzo, seppur i dati pubblici siano visti come importante “materia prima” per prodotti e servizi digitali, da riutilizzare per contribuire alla crescita economica e sociale. Di recente il d.lgs. 102/2015 ha attuato la direttiva 2013/37/UE, modiicando il d.lgs.

36 I dati “da aprire” sono un elenco necessariamente non deinibile, perché non ne sono predeterminabili gli usi e, di conseguenza, tutti i dati possono risultare utili: dati sui bilanci, dati ambientali, dati sanitari, dati sui trasporti pubblici, dati geograici, dati turistici, ecc.

36/2006, e ha rafforzato gli obblighi delle istituzioni, prevedendo che le amministrazioni provvedano afinché i documenti siano riutilizzabili a ini commerciali o non commerciali secondo le modalità previste.

Il d.lgs. 82/2005, negli artt. 52, 53 e 68, modiicati dal citato decreto Crescita 2.0, dal d.lgs. 102/2015 e, di recente, dal d.lgs. 179/2016, ha introdotto l’esaminata deinizione di open data e ha inserito disposizioni generali con la inalità di razionalizzare il processo di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico nazionale. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a pubblicare sul proprio sito web il catalogo dei dati e dei metadati deinitivi, nonché delle relative banche dati in loro possesso e i regolamenti che disciplinano l’esercizio della facoltà di accesso telematico e il riutilizzo di tali dati e metadati, fatti salvi quelli presenti in Anagrafe tributaria37 .

Il favor verso gli open data è evidente nel principio dell’“open data by default”: i dati e i documenti pubblicati dalle amministrazioni con qualsiasi modalità, senza l’espressa adozione di una licenza, si intendono rilasciati come dati di tipo aperto, ad eccezione dei casi in cui la pubblicazione riguardi dati personali; l’eventuale adozione di una licenza deve essere motivata ai sensi delle linee guida nazionali deinite dall’Agenzia per l’Italia digitale38 .

L’art. 52 del CAD si preoccupa di assicurare effettività a quanto previsto e, a tal ine, collega espressamente le attività volte a garantire l’accesso telematico e il riutilizzo dei dati delle pubbliche amministrazioni ai parametri di valutazione della performance dirigenziale39. Inoltre, da un punto di vista di governance, la normativa assegna un ruolo signiicativo all’Agenzia per l’Italia digitale, organismo cui sono attribuite funzioni strategiche e tecniche al ine di assicurare la corretta attuazione delle norme e accompagnare le amministrazioni nell’apertura dei dati40 .

In questo percorso si è inserito il d.lgs. 33/2013, da ultimo modiicato dal d.lgs. 179/2016, che collega esplicitamente trasparenza e apertura nel combinato disposto degli artt. 3 e 7: tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico, compresi quelli og- getto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente, sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’art. 7; i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria, resi disponibili anche a seguito dell’accesso civico, sono pubblicati in formato di tipo aperto e sono riutilizzabili ai sensi del d.lgs. 36/2006, del d.lgs. 82/2005 e del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, senza ulteriori restrizioni diverse dall’obbligo di citare la fonte e di rispettarne l’integrità. Pertanto la normativa pone non solo il diritto a conoscere, ma anche il diritto all’apertura e al riutilizzo41 .

37 Art. 53, co. 1-bis, d.lgs. 82/2005.

38 Art. 52, co. 2, d.lgs. 82/2005.

39 Art. 52, co. 4, d.lgs. 82/2005.

40 Art. 52, co. 5, 6 e 7, d.lgs. 82/2005.

L’apertura, ancor più della trasparenza, deve necessariamente fare i conti con esclusioni e limiti previsti a tutela di altri interessi protetti dall’ordinamento, quali il segreto di stato, il segreto statistico, il diritto d’autore. Da tale punto di vista risulta particolarmente complesso il bilanciamento tra open data e protezione dei dati personali. Il proilo è oggetto di norme speciiche nel d.lgs. 33/201342 e delle linee guida del Garante per la protezione dei dati personali del 201443, secondo cui i dati pubblicati online non sono liberamente utilizzabili da chiunque per qualunque inalità e i dati personali sono riutilizzabili solo in termini compatibili con gli scopi per i quali sono raccolti e nel rispetto delle norme sulla privacy; non possono essere riutilizzati dati sensibili e giudiziari44 .

41 Per il diritto al riutilizzo cfr. B. Ponti, Il regime dei dati oggetto di pubblicazione obbligatoria: i tempi, le modalità ed i limiti della diffusione; l’accesso civico; il diritto di riutilizzo (artt. 4, 5, 7-9, 52 commi 2 e 3, 53), in B. Ponti (a cura di), La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, cit., 112 ss. Nel 2011 il Governo italiano ha lanciato il portale nazionale di open data (www.dati.gov.it) e nel corso degli anni ha realizzato portali tematici. Anche le amministrazioni territoriali e gli utenti (cittadini, associazioni e imprese) sono stati particolarmente attivi nel realizzare progetti in materia di open data.

42 In particolare art. 7-bis, d.lgs. 33/2013.

43 Provvedimento n. 243 del 15 maggio 2014, doc. web n. 3134436.

44 Art. 7-bis, co. 1, 3 e 4, d.lgs. 33/2013 e provvedimento del Garante privacy n. 243 del 15 maggio 2014, secondo cui le pubbliche amministrazioni devono inserire nella sezione “Amministrazione trasparente” un alert con cui informare il pubblico che i dati personali sono riutilizzabili solo in termini compatibili con gli scopi per i quali sono raccolti e nel rispetto delle norme sulla privacy. Al riguardo cfr. E. Carloni, Le Linee guida del Garante: protezione dei dati e protezione dell’opacità, in Giornale di diritto amministrativo, 2014, 11, 1113 ss. e sia consentito il rinvio

Nodi virtuali, legami informali: Internet alla ricerca di regole a F. Faini, Quale equilibrio fra trasparenza, apertura e privacy nello scenario del d.lgs. 33/2013?, in Diritto, Economia e Tecnologie della Privacy, 2014, 57 ss.

Nell’evoluzione normativa italiana, si assiste pertanto ad una maturazione della trasparenza: viene garantita oggi in modo proattivo dalla pubblicazione e dall’ampliamento significativo delle possibilità di accesso, grazie al nuovo strumento dell’accesso civico “generalizzato”, ma viene assicurata, altresì, come trasparenza “attiva”, nella prevista possibilità di riutilizzare i dati per creare nuova conoscenza, inediti prodotti e servizi, a favore dell’evoluzione della società.

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