OPERATION “HUSKY”
L’INVASIONE DELLA SICILIA E L’INTERVENTO DEGLI AEROSILURANTI DELL’ASSE
Francesco Mattesini
LO SBARCO IN SICILIA E L’ATTIVITA’ DEGLI AEROSILURANTI ITALIANI TRA IL 9 E IL 15 LUGLIO 1943
Lo sbarco in Sicilia (operazione “Husky”), era stato deciso dal Primo Ministro britannico Winston Churchill e dal presidente statunitense Frank Delano Roosevelt a Casablanca nella seconda metà di gennaio 1943, con l’intendimento di riaprire il Mediterraneo alla navigazione degli Alleati, fu pianificato e preparato dagli anglo-americani sotto la direzione del Comandante in Capo Alleato, generale Dwight Eisenhower, con sede ad Algeri. L’operazione anfibia fu preceduta da un’impressionante offensiva aerea diretta contro gli obiettivi dell’isola, gli aeroporti in particolare, sui quali furono letteralmente fatti a pezzi i reparti da caccia italotedeschi rimasti a difendere l’isola, dopo il ritiro dalla Sicilia e dalla Sardegna dei bombardieri e degli aerosiluranti dell’Asse, che furono trasferiti nelle basi del continente verso la fine di giugno per sottrarli a quella temibile minaccia.
L’operazione “Husky” iniziò nella notte tra il 9 e il 10 luglio in un tratto di costa lungo ben 110 km, tra Gela e Siracusa, che rappresentò la maggiore estensione di un’operazione anfibia realizzata nel corso della seconda guerra mondiale. Vi parteciparono 3.445 velivoli e ben 2.590 unità navali di ogni tipo, di cui 1.614 britanniche, 945 statunitensi e 31 di altre marine alleate. La forza anfibia fu ripartita in 21 convogli d’attacco, che trasportavano 181.000 uomini, 14.000 veicoli e 600 carri armati, mentre le forze navali destinate alla scorta, in massima parte britanniche, possedeva il suo nucleo principale nella famosa Forza H che, dislocata nello Ionio, comprendeva le corazzate Nelson, Rodney, Warspite e Valiant, le portaerei di squadra Indomitable e Formidabile (con 73 caccia e 27 aerosiluranti), cinque incrociatori e quindici cacciatorpediniere.
Vi erano poi le moderne corazzate Howe e King Gorge V, gli incrociatori Dido e Sirius e sei cacciatorpediniere, con il compito di proteggere il movimento verso levante dei convogli d’assalto in navigazione tra Algeri e l’entrata occidentale del Canale di Sicilia, di effettuare diversioni in direzione della Sardegna, e di rinforzare la Forza H in caso di necessità. E infine altre numerosissime unità navali, comprendenti nove incrociatori (i britannici Uganda, Maritius, Orion, Carlisle, Colombo, Delhi, gli ultimi tre contraerei, e gli statunitensi Philadelphia, Savannah e Boise) erano assegnate alla scorta dei convogli d’invasione e per l’appoggio d’artiglieria nelle spiagge di sbarco. Infine la componente aerea degli Alleati comprendeva una massa di 3.680 velivoli di tutti i tipi, ossia bombardieri, aerosiluranti, cacciabombardieri, caccia e velivoli da trasporto per il lancio di paracadutisti.
Per opporsi a questa imponente massa di mezzi, alla data del 9 luglio le forze dell’Asse potevano contare in Sicilia su 260.000 uomini, dei quali circa 30.000 tedeschi, mentre la forza aerea di prima linea, ripartita nelle basi della penisola italiana, in Sardegna e nella Francia meridionale, si avvaleva di 932 velivoli germanici della 2a Luftflotte (inclusi 50 ricognitori, 356 bombardieri, 32 aerosiluranti, 81 distruttori, 134 assaltatori e 279 caccia), e di 932 velivoli italiani (inclusi 3
ricognitori strategici, 192 bombardieri, 77 aerosiluranti, 20 da combattimento, 28 tuffatori, 161 assaltatori e 514 caccia).1
Occorre dire che da parte degli Stati Maggiori delle Forze Armate italiane e e dei Comandi tedeschi in Italia, in particolare del Comando del Sud (OBS) del feldmaresciallo Albert Kesselring, l’operazione di sbarco degli in Sicilia era attesa e, contrariamente a quanto troppo spesso viene affermato con troppa enfasi, non generò alcuna sorpresa nei comandi dell’Asse, dal momento che non servirono ad ingannarli i vari espedienti realizzati dagli Alleati.
1 Secondo quanto è scritto nella lettera del 4° Reparto di Superaereo n. 7025077 del 9 luglio 1943, la Regia Aeronautica poteva fare assegnamento su una massa di circa 280 velivoli siluranti dei tipi S. 79 e S. 79 bis, dei quali 180 destinati alle linee, e 100 di riserva. Tuttavia poiché 170 velivoli dovevano ancora completare la trasformazione in aerosiluranti, prevista nel termine di quattro mesi – con un ritmo di circa 40 esemplari al mese – ne restavano realmente disponibili 110, dei quali, escludendo i 30 assegnati ai gruppi complementari e alle scuole, soltanto 80 velivoli erano ripartiti nei vari gruppi d’impiego.
Due giorni prima
Il più famoso fu quello del cadavere di un uomo deceduto in Inghilterra di polmonite e che, sotto il nome fittizio di “maggiore William Martin dei Royal Marines” e per simularne la morte per annegamento, fu mollato in mare, la notte del 29-30 aprile, dal sommergibile Seraph e fatto arenare sulle coste spagnole di Cadice, con lettere contraffatte di alti ufficiali britannici che indicavano la Grecia quale obiettivo dello sbarco. Nessuna forza tedesca, com’è stato sostenuto per vantare il presunto successo dell’Operazione “Martin”, lasciò la Sicilia che, anzi, fu per quanto possibile rinforzata, senza togliere forze destinate alla Grecia (1a Divisione corazzata dalla Francia) come dall’autunno 1942 Hitler spingeva per convincere il suo Alto Comando, l’O.K.W. In definitiva, nonostante quanto è stato detto e scritto, l’Operazione “Martin” non servì a nulla.
Il primo contrasto ai convogli d’invasione degli Alleati si realizzò per mezzo dei sommergibili. Dopo la perdita di Pantelleria (10 giugno) e l’incertezza sulle prossime azioni nemiche, la Regia Marina mantenne agguati preventivi lungo le coste metropolitane e in una zona a sud della Sardegna. Da qui nel mese di giugno i sommergibili nazionali effettuarono alcune puntate offensive senza esito verso i porti algerini di Bougie e Philippeville, in cui era segnalato ingente traffico nonché il
concentramento di una parte cospicua del naviglio anglo-americano destinato all’invasione dell’Italia. Vi furono alcuni attacchi ma senza successo.
E poiché anche in precedenza, a parte in qualche occasione, i risultati degli attacchi dei sommergibili italiani erano stati deludenti, direi penosi non essendo riusciti a colpire una sola nave negli ultimi quattro mesi, e specie se confrontati con i risultati conseguiti degli U-boote tedeschi, era evidente che le modalità di addestramento e d’impiego dettate da Maricosom (il Comando della Squadra Sommergibili) e da Supermarina (L’organo operativo dello Stato Maggiore della Regia Marina) erano rimaste del tutto insufficienti. Perché altrimenti non si possono spiegare i mancati risultati conseguiti nei lanci di siluri, tutti da lontano e andati a vuoto, se non considerando che gli attacchi erano portati dai comandanti con estrema prudenza e da distanze eccessive. I rapporti britannici sostengono che gli attacchi dei sommergibili italiani erano sempre portati da grande distanza e i siluri, avvistati per tempo dalle navi che avevano il tempo di poter manovrare per evitarli.
Lo stesso accadeva d'altronde anche nei reparti degli aerosiluranti, e questo era in gran parte da addebitare, più che alle modeste caratteristiche dei velivoli, alle deficienze di addestramento del nuovo personale, e a una certa prudenza nel condurre gli attacchi.
Mezzi da sbarco britannici LCI in convoglio diretti verso le spiagge meridionali della Sicilia.
Notte del 9-10 luglio. Con pessime condizioni atmosfere, che avevano fatto temere di dover sospendere l’operazione di sbarco a causa delle onde che rendevano pericolosa la navigazione dei mezzi da sbarco calati dalle navi da trasporto, uno dei convogli britannici si avvicina alle coste della Sicilia.
Da parte tedesca erano disponibili soltanto diciotto U-boote, i quali però furono opportunamente concentrati a ponente e a levante della Sicilia, ove ai primi di luglio ebbero modo di trovarsi sulla rotta di alcuni convogli d’invasione. Tre sommergibili, attaccando con la solita determinazione lungo le coste algerine il convoglio KMS.18/B – proveniente dalla Gran Bretagna con elementi della 1a Divisione Canadese – riuscirono a silurare ed affondare, nei giorni 4 e 5 luglio, tre piroscafi britannici, due dei quali, St. Essylt e City of Venice, ad opera dell’U 375 (tenente di vascello Jürgen Konenkamp), mentre il Devis subì la stessa sorte per attacco dell’U 593 (tenente di vascello Gerd Kelbling). Un altro piroscafo britannico, lo Shahjehan – del convoglio MWS.36 proveniente dal Medio Oriente – fu attaccato il 6 luglio ad ovest di Derna dall’U 453 (tenente di vascello Gert Von Schlippenbach) e si perse con uomini e mezzi della 231a brigata di fanteria. Lo stesso sommergibile aveva silurato e danneggiato in precedenza, il 1° luglio, la grossa cisterna Oligarch, a nord di Tolemaide.
Il sommergibile tedesco U-593 che il 1° luglio silurò e danneggiò la grossa cisterna britannica Oligarch, a nord della Cirenaica, e il 5 luglio affondo il piroscafo britannico Shahjehan.
Infine, quando ormai le unità navali degli Alleati avevano iniziato l’invasione della Sicilia, il mattino del 10 luglio arrivò a bersaglio l’U-371 (tenente di vascello Waldmar Mehl), che al largo di Bougie silurò e danneggiò gravemente la nave Liberty Matthew Maury e la petroliera Gulf Prince, facenti parte di un convoglio d’invasione statunitense. Invece, attacchi senza esito realizzarono l’U 431 e l’U 616,
mentre da parte tedesche andarono persi tra il 7 e il 12 luglio, a opera di unità navali britanniche l’U-409, a levante di Algeri ad opera del cacciatorpediniere Inconstant, e l’U 561, che fu silurato poco a sud dello stretto di Messina dalla motosilurante MTB81.
Al momento in cui l’invasione ebbe inizio, a iniziare dall’alba del 10 luglio tutti i mezzi disponibili delle due aviazioni dell’Asse furono gettati nella battaglia al prezzo di elevate perdite, soprattutto a causa dell’aggressività dei caccia della RAF e dell’Air Force statunitense, di base a Malta, Pantelleria e Tunisia, e dei bombardieri strategici B.17 e B.24 della 9a e 12a Air Force, che partendo dalle basi del Nord Africa Francese e della Cirenaica avevano martellato gli aeroporti dell’isola,
rendendoli impraticabili, tanto che le azioni aeree dovettero essere svolte dalle basi meridionali della Penisola italiana, in Puglia, Calabria e Campania.
A cominciare dalle ore 04.30 del 10 luglio la zona di sbarco statunitense di Scoglitti fu violentemente investita da ben centosette bombardieri “Ju.88” della 2a Luftflotte, dei quali novanta raggiunsero gli obiettivi, accolti da un violentissimo fuoco contraereo. Sei velivoli non rientrarono alla base, mentre i successi conseguiti furono limitati all’affondamento del cacciatorpediniere Maddox, che saltò in aria davanti a Gela, e del dragamine Sentinel, al largo di Licata. Seguirono le incursioni di quarantasei FW.190 assaltatori e cacciabombardieri Bf.110 che, scortati dai caccia Bf.109, durante tutta la giornata si dedicarono ad attaccare anche le unità navali presenti nelle aree di sbarco britanniche. Andarono perduti cinque velivoli (un FW. 190 e quattro Bf. 109), mentre i risultati conseguiti furono limitati all’affondamento della nave da sbarco per carri armati statunitense LST 313 Infine, a conclusione delle azioni della giornata, al crepuscolo tornarono all’attacco novantasei bombardieri Ju.88, che riuscirono però ad affondare soltanto la nave ospedale britannica Talamba, regolarmente illuminata al largo di Avola, e a danneggiare il monitore Erebus.
Da parte della Regia Aeronautica furono impiegati quindici bombardieri e dodici aerosiluranti, che non conseguirono alcun successo, perdendo un quadrimotore
P. 108 e tre trimotori S. 79.
Mentre si svolgevano le azioni aeree a Roma fu discussa l’eventualità di poter fare intervenire il grosso della flotta italiana, come era stato pianificato e
promesso ai tedeschi, che assieme alla Regia Aeronautica, avrebbero dovuto fornire alle navi il più efficace appoggio aereo. Ma le possibilità di realizzare l’azione, concentrando la flotta dell’alto Tirreno a Napoli, per poi attaccare all’alba, a seguito di una navigazione notturna, nella zona di Augusta, fu sconsigliata dalla realtà della situazione. La decisione di non intervenire, che avrebbe generato polemiche a non finire da parte dei tedeschi, in particolare del Comandante in Capo della Kriegsmarine Grande ammiraglio Karl Donitz, fu presa dopo una discussione che si svolse al Comando Supremo tra l’ammiraglio Arturo Riccardi, Capo di Stato Maggiore della Marina, ed il generale Vittorio Ambrosio, Capo di Stato Maggiore Generale.
Benito Mussolini, lasciato arbitro di decidere l’intervento navale, autorizzò a non far intervenire le navi, perché si convinse che i rischi erano effettivamente troppo alti, per una flotta che, dopo i danni subiti dalle corazzate nell’attacco di sessanta aerei statunitensi B. 17 della 12a Air Force realizzato il 5 giugno sul porto della Spezia, avendo ancora in riparazione a Genova la nuova grande corazzata Roma (classe “Littorio”) poteva soltanto andare a compiere una missione di sacrificio. La flotta poteva disporre in efficienza soltanto sulle due navi da battaglia moderne Littorio e Vittorio Veneto, su cinque incrociatori leggeri (Garibaldi, Abruzzi, Aosta, Eugenio di Savoia e Scipione Africano), e al massimo su una decina di cacciatorpediniere.
Nessun aiuto potevano dare le corazzate minori, la Duilio e l’Andrea Doria, che per mancanza di nafta erano state praticamente poste in riserva all’inizio del 1943, soltanto da alcuni giorni avevano ripreso l’addestramento a Taranto.
Quanto alla Giulio Cesare essa era da tempo immobilizzata per lavori a Pola, dove si trovava anche la Conte di Cavour che stava cercando di ultimare le riparazioni dei danni riportati a Taranto l’11 novembre 1940, e per i radicali lavori di modernizzazione, specialmente nell’armamento contraereo. Lavori che non furono mai ultimati perché dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 cadde in mano ai tedeschi, che non sapevano che farsene. La Cavour fu affondata a Trieste il 20 febbraio 1945 colpita da due bombe di aerei britannici.
In queste condizioni d’impossibilità operativa ogni sforzo per contrastare l’invasione della Sicilia fu riposto sul naviglio sottile e subacqueo, mandando di notte le motosiluranti a insidiare, senza successo, la zona a sud dello Stretto di Messina, e cercando di fare affluire i sommergibili alle aree di sbarco. Ciò avvenne al prezzo di fortissime perdite e risultati modestissimi, rappresentati dal mancato rientro alla base, tra l’11 e il 16 luglio, di cinque sommergibili (Flutto, Bronzo, Nereide, Acciaio, Remo), cui corrispose come unico successo italiano soltanto il danneggiamento dell’incrociatore Cleopatra, colpito da un siluro del sommergibile Alagi L’episodio sarà descritto cronologicamente dopo quello che, sei ore prima, aveva portato al siluramento della portaerei Indomitable.
Bellissima e aggressiva immagine della corazzata Littorio, che era la nave ammiraglia della Squadra Navale italiana. L’unità dispone sul torrione di due antenne di apparati radar “Gufo”, entrambi, dopo otto anni di lavori (1935-1943), di caratteristiche mediocri, da far disperare il Comandante della Flotta, ammiraglio Carlo Bergamini, irritato con l’industria che li costruiva. Altro che radar che ci invidiava tutto il mondo secondo quanto riportato in un discutibile saggio della Rivista Marittima, scritto da un visionario!
La Vittorio Veneto l’altra corazzata tipo “Littorio” efficiente a La Spezia per l’intervenire nelle acque della Sicilia, movimento che non si verificò.
Durante la campagna di Sicilia, a dispetto delle affermazioni dei bollettini di guerra che nel periodo 1° luglio 5 settembre 1943 vantarono l’affondamento di ben trentasei navi e il danneggiamento di altre sessantotto, i successi dei piloti degli aerosiluranti italiani si contarono sulle dita di una mano, cinque siluri a segno, sebbene che, come vedremo, in questo periodo fossero stati ben maggiori dei risultati positivi conseguiti dai colleghi tedeschi.
Il primo attacco contro i convogli d’invasione vide protagonista la 205a Squadriglia aerosiluranti della Sardegna, dislocata a Milis, il cui comando la sera del 9 luglio mandò quattro S. 79 in ricognizione offensiva sulle coste della Tunisia, tre dei quali attaccarono altrettanti convogli, con gli equipaggi che riferirono al ritorno, con il consueto ottimismo, di aver colpito tre piroscafi, uno dei quali visto esplodere a nord di Capo De Garde. L’Aeronautica della Sardegna impiegò altri due aerosiluranti nella notte del 10-11 luglio, uno dei quali rientrò con il pilota che sostenne di aver attaccato un convoglio di dieci navi a 5 miglia ad est di Capo Blanc con rotta est, notando lo scoppio del siluro seguito da violenta esplosione. Poi nella notte del 12 fu addirittura il Comandante degli Aerosiluranti, generale di brigata aerea Vittorio Sala, decollando con il suo S. 79 dalla Sardegna, ad attaccare un presunto incrociatore da 10.000 tonnellate nelle acque a sud di Gela, ma non poté constatare l’esito del lancio del siluro a causa della fortissima reazione contraerea.
Nel frattempo, a iniziare dal mattino del 10 luglio tutti gli aerosiluranti disponibili dei vari reparti dislocati nella penisola italiana, si erano concentrati negli aeroporti della Campania e della Puglia, per attaccare le navi nemiche impegnate
nello sbarco della Sicilia sud orientale. Contemporaneamente tutti i mezzi aerei italiani e tedeschi disponibili entravano in azione, e gli aerosiluranti per raggiungere le zone di sbarco furono costretti a lunghe navigazioni, che comportarono un maggiore consumo di carburante per aumentare l’autonomia.
Ha scritto il generale Giuseppe Santoro, che ricordiamo durante la guerra, fino al settembre 1943, fu il Sottocapo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica:2
Fu subito evidente, però, che bombardieri e siluranti non avrebbero potuto essere impiegati di giorno se non a costo di immediato annientamento a causa della forte e continua difesa aerea delle spiagge e dei mezzi navali e della efficientissima reazione contraerea. Bombardieri e siluranti dovettero perciò limitare la loro azione alle ore notturne, subendo anche così notevoli perdite, soprattutto per la presenza di caccia notturni avversari che li attaccavano e li inseguivano a lungo, a volte fino su gli aeroporti, per mitragliarli nella fase di atterraggio … Le pochissime forze da bombardamento italiane e le poche forze aerosiluranti, dislocate nella maggior parte nell’Italia centrale, dovettero appoggiarsi per le azioni su campi intermedi, agirono con minor rendimento e nelle notti illuni non agirono affatto … Perdite notevoli subirono gli aerosiluranti.
Da una tabella dell’Ufficio Aerosiluranti di Superaereo, dal titolo “Azioni di aerosiluramento effettuate contro naviglio nemico dal 7 luglio al 15 luglio 1943”, dall’autore di questo saggio pubblicata nel Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare di marzo 2002, risulta che furono svolti 136 attacchi, con 39 siluri a segno su altrettante navi, mentre in realtà soltanto un siluro, come vedremo, raggiunse il bersaglio danneggiando la portaerei britannica Indomitable. Dalle 136 missioni non rientrarono sei equipaggi con i loro velivoli. Di essi quattro andarono perduti l’11 luglio (capitano Frongia del 1° Nucleo Addestramento, Tenente Mario Baroni del 108° Gruppo, tenente Claudio Setta del 131° Gruppo, sergente Liberato Salvatore della 294a Squadriglia) e altri due il 13 luglio (tenente Luigi Buonaiuto del 41° Gruppo, e tenente Mario Tripodi della 204a Squadriglia).
Dal rapporto dell’ammiraglio Andrew Browne Cunningham, Comandante in Capo delle Forze Navali Alleate, ad Algeri, fu noto fin dagli anni ’50 che il 14 luglio 1943 sei aerosiluranti italiani attaccarono gli incrociatori britannici Euryalus e Cleopatra e due cacciatorpediniere, al largo di Capo Spartivento, ma le quattro navi riuscirono a schivare tutti i siluri. Quel giorno il tenente Remo Romani del 104° Gruppo della 4a Squadra Aerea riferì di aver attaccato e colpito un incrociatore, mentre il tenente Guido Focacci del 1° Nucleo Addestramento sostenne di aver affondato un cacciatorpediniere.
LA COMPOSIZIONE E L’ATTIVITA’ DELLA FORZA H PER APPOGGIARE LE OPERAZIONI DI SBARCO IN SICILIA
Per appoggiare le operazioni di sbarco in Sicilia, la Forza H del vice ammiraglio John Cunningham, imbarcato sulla veterana corazzata Nelson, era ripartita con le sue unità principali in tre divisioni:
1a Divisione, con le corazzate Nelson e Rodney, la portaerei Indomitable, gli incrociatori Cleopatra e Euryalus e i sette cacciatorpediniere Offa, Panther; Pathfinder, Quail, Queenborough, Qulliam e Piorum (polacco);
2a Divisione con le corazzate Warspite e Valiant, la portaerei Formidable, gli incrociatori Aurora e Penelope e gli otto cacciatorpediniere Faulknor, Fury, Echo, Eclipse, Inglefield, Ilex, Raider, Quenn Olga (olandese);
;
3a Divisione (cui fu assegnata la sigla di Forza Z), con le corazzate King George V e Howe, gli incrociatori Dido e Sirius e sei cacciatorpediniere Jervis, Panther, Patfinder Penn, Paladin e Petard.
Queste tre divisioni navali, nel periodo precedente allo sbarco in Sicilia, dovendo proteggere una quantità imponente di naviglio in movimento verso il Mediterraneo centrale da eventuali puntate della Flotta italiana, erano state ripartite rispettivamente tra le basi di Mers-el-Kebir (Orano), Alessandria e Algeri. Quando il
4 luglio ebbe inizio il movimento navale che doveva portare allo sbarco in Sicilia, la 1a e la 2a Divisione della Forza H, salpando dalle basi, furono trasferite a sud di Malta, per operare nello Ionio, mentre la 3a Divisione restava di riserva ad Algeri, pronta ad intervenire verso il Canale di Sicilia in caso fosse stata segnalata la partenza dalle basi di La Spezia e Genova della Squadra Navale italiana.
In quel momento il gruppo aereo della portaerei Indomitable, la nave di bandiera del contrammiraglio Lumley Lyster, Comandante delle portaerei del Mediterraneo, era composto da circa 50 aerei, di cui 40 caccia Seafires, ripartiti negli Squadron 807°, 880° e 889° Squadron, mentre la componente d’attacco era di 15 Albacores dell’817° Squadron, impiegati come velivoli aerosiluranti e per la caccia antisom, diurna e notturna grazie al fatto che disponevano di radar di scoperta navale ASV.
La portaerei gemella Formidable poteva contare su circa 45 aerei, dei quali 39 caccia, 5 del tipo Seafire dell’855° Squadron e 24 Martlet (lo statunitense F4F Wildcat) degli Squadron 888° e 898°. La componente d’attacco disponeva di 12 velivoli Albacore dell’824° Squadron.3
3 Secondo i dati più attendibili, tra i 100 aerei della Indomitable e della Formidable si aveva la seguente ripartizione: Indomitable, 12 Seafire IIC dell’807° Squadron, 14 Seafire IIC dell’880°
Mare Ionio, 4 luglio 1943, la corazzata Warspite, nave ammiraglia della 2a Divisione della Forza H, rifornisce di nafta il cacciatorpediniere della scorta Raider, durante il passaggio del Canale di Sicilia per raggiungere da Gibilterra la base di Alessandria, per poi assumere la scorta di un convoglio da sbarco diretto verso la Sicilia.
Squadron, 14 Seafire IIC dell’899° Squadron, 15 Albacore dell’817° Squadron; Formidable, 5 Seafire IIC dell’885° Squadron, 14 Martlet IV dell’888° Squadron, 14 Martlet IV dell’898° Squadron, e 12 Albacore dell’828° Squadron.
La Indomitable che il pomeriggio del 12 agosto 1942, nel corso della grande Operazione Pedestal, era stata gravemente danneggiata a nord della Tunisia da tre bombe sganciate dai bombardieri in picchiata tedeschi Ju. 87 del I./St.G.3 (capitano Martin Mussdorfer), era appena rientrata in servizio dopo estensive riparazioni in un arsenale degli Stati Uniti. E nella base scozzese di Scapa Flow (Isole Orcadi), prima di essere trasferita nel Mediterraneo, era stata messa in condizioni di integrare e potenziare la sua componente aerea e gli impianti radar.
Il ponte di volo della portaerei Indomitable dopo l’attacco del 12 agosto 1942.
Per il suo grande ascensore prodiero la Indomitable era in grado di stivare i caccia Supermarine Seafire, che non avevano ali pieghevoli, all’interno delle aviorimesse sottostanti al ponte di volo, generando però non poche difficoltà di spazio di manovra dei velivoli, e per consentire agli addetti alla manutenzione e alle loro attrezzature di muoversi in modo efficiente.
Invece la Formidable, con ascensori molti più piccoli, era costretta a dover tenere in coperta i suoi cinque Seafire, allineati avanti e dietro l’isola, per permettere decollo e atterraggi degli altri velivoli. Ma quando dovevano atterrare aerei, specialmente se danneggiati e con limitate possibilità di manovra, questa sistemazione sul ponte dei Seafire portava spesso a intralci e di sovente anche a collisioni.
La Formidable sarebbe stata in grado di ricevere nelle aviorimesse molti più aerei da caccia; ma questa possibilità era allora resa difficile dalle scarse forniture statunitensi, poiché i Grumman F4F Wildcat erano richiesti sulle portaerei americane impegnate nella guerra del Pacifico contro i giapponesi, e quelli che arrivavano all’Aviazione Navale britannica (FAA) servivano appena a reintegrare le perdite sulle sue portaerei, di squadra e di scorta che, con le nuove costruzioni, erano sempre più numerose.
Con la Marina italiana che aveva deciso di non intervenire con le sue navi di superficie, lasciando il compito degli attacchi soltanto ai sommergibili e al naviglio sottile durante la notte, nel periodo fino al 14 luglio i radar delle navi britanniche della Forza H stazionanti nello Ionio, a levante di Malta, percepirono numerosi avvistamenti aerei, che costrinsero i velivoli da caccia in pattugliamento sopra la flotta a intervenire per intercettare gli intrusi.
Non vi furono attacchi aerei alla Forza H, poiché lo sforzo dei velivoli offensivi della Regia Aeronautica e della Luftwaffe (II Luftflotte) continuava a essere rivolto principalmente ad attaccare il naviglio nemico nelle aree di sbarco siciliane, dove i bersagli non mancavano.
Dopo le incursioni del 10 luglio, i bombardieri Ju. 88 della 2a Lutflotte avevano continuato a realizzare attacchi in massa, che portarono l’indomani ad affondare nelle zone di Avola, di Gela e di Licata il piroscafo olandese Baarn e due unità statunitensi, il piroscafo Robert Rowan, che essendo carico di munizioni saltò in aria, e la nave da sbarco per carri armati LST 158. Tuttavia, le forti perdite riportare dai reparti di volo costrinsero il feldmaresciallo von Richthofen, Comandante della 2a
Luftflotte, a variare le tattiche d’impiego, rinunciando con i bombardieri alle azioni diurne in favore di quelle crepuscolari e notturne, e limitando agli attacchi di giorno l’impiego dei soli assaltatori Fw. 190, adottando la tattica “colpisci e scappa”, volando veloci e bassi, generalmente in piccole formazioni, per poi allontanarsi e svanire dopo aver sganciato le loro bombe.
Ciò portò, durante le ora di oscurità, ad una minore possibilità di poter individuare i bersagli da attaccare, e di colpirli. Ne conseguirono risultati particolarmente modesti, quantificati, tra il 12 e il 13 luglio, dall’affondamento di due piroscafi, il britannico Ocean Peace e lo statunitense Timothy Pickering
In definitiva le azioni dei velivoli da bombardamento tedeschi portarono a subire fortissime perdite e risultati praticamente modesti, mentre altrettanto scarsi furono quelli conseguiti dai velivoli assaltatori e cacciabombardieri. Nessun successo ottenne fino alla notte del 16 luglio l’Aeronautica italiana, che pure dovette lamentare il mancato rientro alla basi di gran parte dei velivoli impiegati; anche perché la quantità delle forze aeree messe in campo, che poi era tutto quello che restava disponibile, risultò di natura quasi insignificante. I bombardieri in quota Cant. Z. 1007 bis e S. 84, dalle caratteristiche di velocità ed armamento inferiore ai corrispondenti velivoli degli alleasti tedeschi Ju. 88 e Do.217, generalmente venivano impiegati di notte in modeste aliquote che raramente superavano la mezza dozzina. I bombardieri in picchiata Ju. 87 e Re. 2002 e i cacciabombardieri Mc. 200 e G. 50 che attaccavano gli obiettivi navali di giorno in formazioni altrettanto esigue, sebbene
fossero scortate da caccia Mc. 202 e Mc. 205, furono fatti letteralmente a pezzi dalla vigile caccia diurna e notturna del nemico e dalla violenza dei bombardamenti realizzati dagli anglo-americani contro gli aeroporti della Sicilia e dell’Italia meridionale.
Nel frattempo, con la conquista dei porti meridionali della Sicilia, l’11 e il 12 luglio, in particolare di quelli di Siracusa e Augusta, gli Alleati poterono cominciare a sbarcare truppe e rifornimenti all’interno di quei vasti ancoraggi. Conseguentemente furono quelli gli obiettivi delle incursioni notturne, che però, nonostante il numero di Ju.88 impiegati, costituirono per il nemico soltanto punture di spillo, dal momento che soltanto il 17 luglio, per un attacco che vide l’impiego di ben ottantacinque velivoli, riportarono danni il piroscafo statunitense William P. Coleman e la grossa nave da sbarco per fanteria britannica Queen Emma.
Straordinaria immagine di un bombardiere tedesco Junker Ju. 88
Da parte italiana di notte, nell’attacco agli obiettivi navali in navigazione, erano impiegati esclusivamente gli aerosiluranti S.79 italiani, restando quelli tedeschi del KG.26 in Provenza per attaccare i convogli Alleati lungo le coste dell’Algeria.
Da parte delle portaerei della Forza H, trovandosi distanti di almeno 50 miglia dalle aree di combattimento, nella zona a sud di Capo Passero, ben poco potevano fare i velivoli da caccia Seafire e Martlet, se non impegnarsi contro i ricognitori dell’Asse, generalmente del tipo Ju.88D del II Fliegerkorps che volavano ad alta quota. Più impegnati erano stati i biplani Albacore nella ricerca dei sommergibili, anche se non portarono direttamente a conseguire un qualche successo, che invece fu
realizzato da due cacciatorpediniere della scorta della 2a Divisione, Echo e Ilex, che il 13 luglio affondarono il sommergibile italiano Nereide (tenente di vascello Renato Scandola) a 25 miglia a sud-ovest di Capo Spartivento, per poi recuperarne i superstiti. Decedettero ventuno uomini dell’equipaggio del sommergibile.
Nel frattempo l’Aurora e il Penelope (famosi per le distruzioni causate negli ultimi due mesi del 1941 al naviglio dell’Asse diretto in Libia), al comando del capitano di vascello (commodoro) William Agnew Comandante della 12a Divisione Incrociatori sull’Aurora, si erano staccati dalla 2a Divisione della Forza H, assieme ai cacciatorpediniere Offa e Inglefield, per bombardare Catania (Operazione “Arsenal”).
La loro impresa aveva generato invidia nel personale delle altre navi della formazione, in particolare da quelli delusi delle corazzate che anelavano a impegnarsi con le navi da battaglia italiane, venute a mancare all’attesa prova di forza.
Il 12 e il 14 luglio, con le navi italiane rimaste nei porti, e con nessun accenno da parte dei ricognitori Alleati che si preparassero a muovere, la 1a e la 2a Divisione entrarono a turno nel Grand Harbour di Malta dove le navi da battaglia, le portaerei e le unità di scorta restarono ogni volta meno di ventiquattrore. Ossia il tempo necessario per rifornirsi di nafta e di imbarcare la benzina per gli aerei, per poi tornare in mare e riprendere il pattugliamento nello Ionio, a sud dello Stretto di Messina, da dove poteva verificarsi un possibile intervento della Flotta italiana, diretta dall’Alto Tirreno ad attaccare il naviglio di sbarco dei britannici nella zona Augusta – Siracusa.
La corazzata Howe, che assieme alla gemella King George V (entrambe della 3a Divisione della Forza H), potevano essere in eventuale combattimento le antagoniste delle “Littorio”, se non altro nella velocità di 29 nodi, mentre le corazzate tipo “Nelson” e “Warspite” avevano una velocità di 23-24 nodi. Rispetto ai nove cannoni da 381 mm delle unità italiane le “King George V” potevano opporne dieci da 356 mm, mentre l’armamento contraereo era nettamente migliore di quello delle “Littorio” sia come calibro e numero dei cannoni (16 da 133 mm contro 12 da 90 mm) e mitragliere da 40 e 20 mm, superiori anche nella cadenza e precisione del tiro.
IL SILURAMENTO DELLA PORTAEREI DI SQUADRA BRITANNICA INDOMITABLE
Poiché ancora oggi vi è molta incertezza nei paesi anglo-sassoni per come avvenne la notte del 16 luglio 1943 il siluramento della portaerei HMS Indomitable, successo che, a pensar male (forse per sottovalutazione delle possibilità combattive degli italiani), si continua ad assegnare a un aerosilurante Ju.88 della Luftwaffe, mentre invece in quelle ore notturne parteciparono agli attacchi al naviglio alleato soltanto otto aerosiluranti S. 79 italiani, trovandosi quelli tedeschi nella Francia meridionale, sugli aeroporti di Salon de Provence e Montpelier, riportò la mia ricostruzione, già pubblicata nel 1980 in forma più schematica nel libro La partecipazione tedesca alla guerra aeronavale nel Mediterraneo (1940-1945), di cui è coautore il compianto amico Professor Alberto Santoni.4
4 Alberto Santoni & Francesco Mattesini, La partecipazione tedesca alla guerra aeronavale nel Mediterraneo (1940-1945), Edizioni dell’Ateneo, Roma, 1980, p. 435-436. * In quest’opera, che ha costituito un radicale cambiamento nella conoscenza della guerra aeronavale nel
Il 16 luglio qualche ora prima del sopraggiungere dell’oscurità, trovandosi l’intera Forza H del vice ammiraglio John Cunningham in pattugliamento a circa 90 miglia a nord-est di Malta per proteggere le operazioni di sbarco sulle spiagge meridionali della Sicilia, la corazzata Warspite (capitano di vascello Herbert Annesley Packet ), nave comando della 2a Divisione (vice ammiraglio La Touche Bisset che era anche il comandante in seconda della Forza H), segnalò la presenza di un ricognitore ostile, che poi aveva trasmesso un segnale di avvistamento. Non era un evento insolito, ma durante la notte, alle 00.23, accadde, qualcosa d’inaspettato.
Poco dopo la mezzanotte il capitano Carlo Capelli, comandante della 204a Squadriglia del 41° Gruppo Aerosiluranti (maggiore Massimiliano Erasi) della 4a Squadra Aerea (generale Ferruccio Ranza), decollato con il suo S. 79 dall’aeroporto pugliese di Gioia del Colle, dirigendo a sud della Sicilia con notte illuminata dalla luna e con ottime condizioni di visibilità attaccò, alle ore 00.25 a 50 miglia a levante di Capo Passero, la grossa portaerei di squadra britannica Indomitable, di 22.637 tonnellate, e riuscì a colpirla al centro del fianco sinistro, proprio sotto l’isola, e sotto la cabina del Comandante, capitano di vascello Guy Grantham.
Su questo importante episodio, riporto integralmente quanto ho personalmente scritto nel 1980:5
Riferiscono gli inglesi che nelle prime ore del mattino [del 16 agosto] la portaerei INDOMITABLE fu silurata a cinquanta miglia a sud-est di Capo Passero (latitudine 36°22’ nord, longitudine 16°08’ est) da un aerosilurante italiano e che alcune ore più tardi, esattamente alle 06.40, un sommergibili colpì con un siluro l’incrociatore CLEOPATRA al largo di Augusta (latitudine 37°13’ nord, longitudine 16°00’ est).
Fino ad oggi nessuno era riuscito a stabilire la paternità del siluramento dell’INDOMITABLE, tanto che recentemente tale successo italiano è stato messo in dubbio e si è tentato di assegnarlo ad un aerosilurante Ju. 88 tedesco. In realtà nessun velivolo germanico armato con siluro operò quella notte nelle acque della Sicilia orientale mentre da parte italiana vennero impiegati otto S. 79. Fu proprio uno di questi ultimi, appartenente al 41° Gruppo Autonomo Aerosiluranti della 4° Squadra Aerea (Puglia) ad effettuare l’attacco in questione. Il velivolo, pilotato dal capitano Carlo Capelli e dal sottotenente Ennio Caselli, approfittando della luminosità lunare, alle 00.25 del 16 sganciò contro una grossa unità facente parte di una formazione navale di oltre dieci navi con rotta 110° a ottanta chilometri a levante di Capo Passero e dall’equipaggio dell’aereo, che riuscì a dileguarsi prima
Mediterraneo, ponendo fine a parecchi miti, Alberto Santoni ha scritto i Capitoli “Introduzione” e “Conclusioni”, ed ha curato l’ortografia, mentre Francesco Mattesini, oltre alle ricerche d’archivio prolungatesi per oltre due anni, ha sviluppato tutta la parte operativa, statistica e iconografica, nonché l’intera battitura delle bozze e del testo definitivo. Le cartine sono state disegnate dal padre Antonio Mattesini, in guerra dal 1940 al 1945 capo disegnatore del SIM – Comando Supremo.
5 A. Santoni e F. Mattesini, La partecipazione tedesca alla guerra del Mediterraneo (194045), cit., pag. 435 sg.
che da bordo aprissero il fuoco, fu osservato lo scoppio del siluro sul bersaglio. Il capitano Capelli riferì trattarsi di un piroscafo di 15.000 tonnellate, mentre il secondo pilota apprezzò giustamente trattarsi di una portaerei.6
Particolare pittorico di un S. 79 bis della 204a Squadriglia del 41° Gruppo del Raggruppamento Aerosiluranti nell’estate 1943.
La portaerei Indomitable.
Il Servizio Informazioni Segrete della Regia Marina (S.I.S.), tramite le intercettazioni e decrittazioni radio, comprese subito che qualche grossa nave era stata danneggiata, e alle 16.25 il colonnello pilota Francesco Martini, della Regia
6 Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico, Comunicazione telefonica del Comando 4a Squadra Aerea a Superaereo delle ore 04.20 del 16 luglio 1943.
Aeronautica in servizio presso Supermarina, ne informò per telefono il maggiore pilota Boduel di Superaereo, riportando:7
Si riferisce all’azione del velivolo S.79 silurante della Quarta Aerosquadra che alle ore 00.25 di oggi 16 corrente a 40 migli a Sud di Capo Passero la lanciato e colpito unità apprezzata piroscafo da 15000 [tonnellate] o nave portaerei. Da fonte SIS azione sembrerebbe confermata da telegramma operativo lanciato alle ore 0037 dalla zona del siluramento e diretto a Malta. La caratteristica del telegramma e la sua composizione lasciano supporre che il velivolo abbia causato danni ad una unità importante. A detto telegramma dalla stessa zona e dalla stessa Stazione R.T. sono seguiti altri telegrammi con uguali caratteristiche che dovrebbero aver dato notevoli ragguagli sui danni subiti dal nemico.
Alle ore 20.15 del 16 luglio, accertato che l’azione era stata realizzata da un proprio aerosilurante, Superaereo ritrasmise la notizia per telescrivente al Comando
Supremo nella seguente forma:8
7 Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico, Comunicazione telefonica delle ore 16.25 di Supermarina a Superaereo.
1-B/11239 SUPERAEREO PUNTO Per doverosa conoscenza si partecipa che fonte S.I.S. confermerebbe siluramento di unità importante (piroscafo da 15000 Tonn. o Nave Portaerei) effettuato da nostro aerosilurante alle ore 0025 di oggi 16 in zona 40 Mg. Sud Capo Passero/./Telegramma operativo intercettato alle ore 0037 da zona siluramento diretto Malta lascia supporre che velivolo abbia causato danni a unità importante /./ A detto telegramma dalla stessa zona emesso dalla stessa stazione R.T. sono seguiti altri cui caratteristiche lasciano supporre contenessero ragguagli su danni subiti da nemico /./ Velivolo aerosilurante era pilotato da Cap. Capelli Carlo da Budrio (Bologna) e da Ten. Caselli Ennio da Bologna /./ Generale Fougier/./
L’avvicinamento dell’S. 79 del capitano Capelli fu favorito dall’assenza di reazione della formazione navale britannica, che procedeva in linea di fila, con in testa l’incrociatore Aurora, seguito dalle corazzate Nelson (vice ammiraglio John Cunningham) e Rodney, dalla Indomitable (contrammiraglio Lumley Lyster) e dall’incrociatore Penelope, mentre otto cacciatorpediniere si trovavano di prora in posizione di scherno difensivo, nell’ordine da nord verso sud: Piorum, Tyrian, Tumult, Troubridge, Quennborough, Offa, Ilex e Echo (vedi grafico a p. 33). Questa formazione, la 1a Divisione della Forza H, avrebbe dovuto l’indomani svolgere un
8 Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico, Messaggio in chiaro n. 1243 trasmesso per telescrivente alle ore 20.15 del 16 luglio 1943, a firma del generale Rino Corso Fougier, Capo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica.
bombardamento navale di Catania, che in seguito al danneggiamento dell’Indomitable non ebbe luogo.
La manovra di sgancio, realizzata dall’S.79 del capitano Capelli con i motori al minimo, fu agevolata, oltre che dalle favorevoli condizioni meteo e di luminosità lunare, dal fatto che sebbene dalla Nelson avessero avvistato l’aereo italiano alla distanza di 8 miglia, e dalla stessa Indomitable si fossero accorti della sua presenza, sulle due navi britanniche gli ufficiali del personale di servizio ritennero, erroneamente, si trattasse di uno dei sei velivoli Albacore dell’817° Squadron muniti di radar di scoperta navale ASV, che stava rientrando sulla portaerei da un volo di pattugliamento notturno antisom, iniziato alle 23.30 del 15 luglio. La Nelson e le altre navi britanniche, che per precauzione avevano già i pezzi in punteria, seguirono attentamente la manovra del velivolo in avvicinamento, fino a quando una vedetta dell’Indomitable avvertì che da quell’aereo si era staccato qualcosa. Immediatamente
l’ufficiale di guardia dette ordine alla sala macchine di accostare alla massima velocità, ma era ormai troppo tardi per evitare il siluro.9
Nella fase di scampo, l’S.79 del capitano Capelli, passando tra la l’Indomitable e la corazzata Rodney e poi sorvolando lo schermo della scorta proprio sopra il cacciatorpediniere Ilex (capitano di corvetta Vere Alison Wight-Boycott), poté agevolmente allontanarsi senza subire danni.10 Un ufficiale osservatore dell’Indomitable riconobbe che il velivolo attaccante era un aerosilurante italiano, e ciò contrasta con il fatto che, a causa di quanto scrisse nella sua relazione il contrammiraglio Lyster, parecchie fonti britanniche, di Internet e cartacee, continuano a ritenere che il siluramento fu causato da uno Ju. 88 tedesco.11
Il siluramento della portaerei Indomitable da una carta britannica. La disposizione di crociera n. 23 della formazione navale britannica alle ore 00.20 del 16 luglio 1943.
9 Fabio Bianchi e Antonio Marazziti, “Gli aerosiluranti italiani 1940-45”, collana Dossier di Storia Militare, giugno 2014.
10 T. Marcon, “La doppietta del 16 luglio 1943”, Storia Militare, aprile 1995, p. 39-40.
11 E’ stata cura dell’Autore di far conoscere la vera causa del siluramento dell’Indomitable in siti Internet di lingua inglese, in particolare in Wikipedia e uboat.net.
Il siluro che colpì l’Indomitable esplose sotto la linea di galleggiamento presso il locale caldaie di sinistra, che ne fu devastato assieme ad alcuni compartimenti adiacenti che si allagarono rapidamente per le infiltrazioni d’acqua, entrata attraverso uno squarcio nello scafo di circa 8 metri, con lacerazioni che si prolungavano verso poppa per più di 18 metri. A causa della forza dell’esplosione, che oltre a causare sette morti determinò a bordo dell’Indomitable un certo stato di ansia fra quanti furono bruscamente svegliati mentre dormivano, uno dei complessi contraerei pompom a otto canne da 40 mm, che si trovava sopra il punto d’impatto del siluro, fu asportato dal suo supporto. E poiché subito, a causa dell’allagamento della sala macchine si ebbe il rallentamento della velocità della nave a 7 nodi, ed uno sbandamento che raggiunse i 12 ½ gradi, vi fu il timore che l’Indomitable potesse fare la fine dell’altra moderna portaerei Ark Royal, colpita da un solo siluro del sommergibile tedesco U-81 (tenente di vascello Fritz Guggenberger) il pomeriggio del 13 novembre 1941 a est di Gibilterra e per gli allagamenti affondata il mattino dell’indomani.12
Per l’affondamento della portaerei Ark Royal vedi, in Accademia EDU, il recente esaustivo saggio dell’Autore L’Operazione “Perpetual I” e l’affondamento della portaerei Ark Royal (10
14 Novembre 1941).
Il maggiore Massimiliano
A questo punto, per ordine del comandante della portaerei, capitano di vascello Grantham che, come scrisse il contrammiraglio Lyster si assunse la responsabilità di un rischio calcolato, l’equilibrio fu corretto con il contro-bilanciamento allagando i locali dall’altra parte del siluramento, e impiegando le pompe per espellere l’acqua dai locali allagati. Era questa una misura cui Grantham aveva in modo fragrante disubbidito al volere dell’Ammiragliato britannico, che nonostante l’esempio della fine dell’Ark Royal, riteneva, con pensiero ridicolo, che “lasciare che l'acqua entrasse nella nave fosse esattamente ciò che il nemico intendeva” . 13
Quindi, ripristinato l’equilibri, con le pompe che funzionavano e con il mare calmo, la Indomitable inizialmente assistita da due cacciatorpediniere, alle 02.30 diresse per Malta, navigando alla velocità di 11 nodi, per il timore che attraverso il grande foro al di sopra della linea di galleggiamento la condizione degli allagamenti interni della nave peggiorasse.
Nel frattempo fu presa la decisione di scortare la Indomitable con le due corazzate della 2a Divisione della Forza H Warspite e Valiant, e con tutti gli otto cacciatorpediniere della scorta Faulknor, Fury, Echo, Eclipse, Inglefield, Ilex, Raider e Quenn Olga. E ciò comportò di mandare la portaerei Formidable, che faceva parte di questa divisione, con i due incrociatori Aurora e Penelope, a inserirsi nella 1a Divisione in modo da rimpiazzare in quella formazione la Indomitable.
La Indomitable arrivò nel porto della Valletta alle 07.30 del 17 luglio, e alle 12.30 si ormeggiò nel Grand Harbour. Quindi, dopo sommarie riparazioni in bacino prolungatesi per dieci giorni, la portaerei partì da Malta e scortata dalle corazzate della 3a Divisione Howe e King George V, arrivò a Gibilterra alla velocità di 14 nodi. A sostituire la Indomitable nella Forza H fu inviata la gemella Illustrious della Home Fleet, che arrivò nel Mediterraneo ai primi di settembre in tempo per partecipare all’operazione Avalance, lo sbarco a Salerno.
La falla del siluro sganciato dall’S. 79 del 41° Gruppo sullo scafo della portaerei Indomitable. Al momento del siluramento aveva a bordo 55 aerei, dei quali 40 caccia Seafie IIC degli Squadron 807° (12), 880° (14), 899° (14) e 15 aerosiluranti Albacore dell’817° Squadron.
Nella terza decade di agosto, scortata dai cacciatorpediniere Odburate, Obedient e Opportune, l’Indomitable, avendo sbarcato a Gibilterra la sua componente aerea con il personale di volo, attraversò l’Atlantico fino all’arsenale statunitense di Portsmouth (Virginia), per riparazioni complete ultimate in otto mesi; ma la nave non fu operativa fino al giugno 1944, quando salpò dalla Gran Bretagna per rientrare in servizio nella Flotta Orientale dell’Oceano Indiano, partecipando agli attacchi contro Sumatra e Giava.
Nel febbraio del 1945 la portaerei si trasferì nel Pacifico con la costituita Task Force 57, per partecipare alle operazioni dello sbarco di Okinawa (Operazione Iceberg), dove il 4 e il 9 maggio la Indomitable fu danneggiata da due Kamikaze, che colpirono il ponte di volo, per poi entrare in collisione il giorno 20 con il cacciatorpediniere Quillian che fu gravemente danneggiato. Dovette andare in riparazione prima a Manus e quindi a Sydney, per poi rientrare nella Task Force 57 in tempo per assistere alla resa del Giappone.
Non si può dire che fosse stata una nave particolarmente fortunata, poiché trascorse gran parte della guerra in continue riparazioni. Fu messa in riserva a Clyde il 5 ottobre nel 1953, e smantellata due anni dopo, a iniziare dal mese di ottobre.
E il fatto che la portaerei non fosse particolarmente fortunata lo dimostra quanto gli accadde nel dopoguerra. La Indomitable rimase assegnata alla Flotta del Pacifico (Pacific Fleet) fino al 12 novembre 1945, e rientrò in Gran Bretagna il successivo 12 dicembre. Trasferita in riserva nel 1946, tra il 1948 e il 1950 fu sottoposta ad estesi lavori di ammodernamento comprendenti la modifica dello scafo e l’installazione di nuovi apparati radar.
La nave rimase assegnata alla Pacific Fleet fino al 12 novembre, tornando in patria il 12 dicembre seguente. Nel 1946 fu trasferita in riserva e tra il 1948 e il 1950 venne sottoposta ad estesi lavori di modernizzazione comprendenti la modifica dello scafo e l'installazione di nuovi radar.
Rientrata in servizio quale nave ammiraglia dell’Home Fleet, il 3 gennaio 1953, nel corso di un’esercitazione in mare presso Malta, per un’esplosione di benzina verificatasi in uno spazio vicino all’entrata dell’aviorimessa, la Indomitable fu preda ad un grosso incendio nel quale decedettero tre uomini dell’equipaggio.
Nel 1954 fu nuovamente trasferita in riserva e poi messa in vendita come rottame. Il 30 dicembre 1955 giunse a Faslane, nella Clyde (Scozia) per l'inizio della demolizione.